corso scuola secondaria 2018 - unitn.it · lacan j. (1949) lo stadio dello specchio come...
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Invece di definire l’uomo
come un animal rationale si dovrebbe dunque definirlo come un animal symbolicum.
In tal guisa si indicherà ciò che veramente lo caratterizza e che lo differenzia rispetto a tutte le altre specie e si potrà capire la speciale via che l’uomo ha preso: la via verso la civiltà.
Ernest Cassirer (1944), Saggio sull’uomo, Roma, Armando, 1969, II, pp. 79-81.
La vocazione simbolica dell’ Homo Sapiens fa
si che abbiamo sempre sentito il bisogno di
testimoniare simbolicamente presenza e
identità Grotta Romanelli (Castro Marina) Grotta di Lascaux Grotta di Sosorra
Telmo Pievani, filosofo della
scienza è autore, assieme a Luca
Cavalli Sforza di ricerche che
hanno permesso di ridefinire le
caratteristiche dell’Homo Sapiens.
:
Telmo Pievani, filosofo della
scienza è autore, assieme a Luca
Cavalli Sforza di ricerche che
hanno permesso di ridefinire le
caratteristiche dell’Homo Sapiens.
: "Abbiamo iniziato a dipingere e a disseminare di
graffiti le caverne più inaccessibili, ad abbellirci e
colorarci il corpo, a seppellire in modo cerimoniale i
nostri defunti (...) ma perché solo in un certo periodo
abbiamo cominciato a esibire queste "stranezze" in
sostanza inutili? (Pievani 2010).
• Cfr: Cavalli Sforza L, Pievani T, Homo Sapiens. La grande storia della diversità
umana, Torino, Codice Edizioni, 2013.
A detta di molti studiosi, il motivo è legato al fatto che
in quel periodo (...) alcune popolazioni sapiens
iniziarono a unire al linguaggio articolato - frutto di un
fenomeno anatomico precedente (la discesa della
laringe), con l'identificazione del sé, con quella che poi
diventerà l'intelligenza simbolica, l'intelligenza
intersoggettiva basata sulla comunicazione linguistica
e sulla lettura delle menti altrui, sulla capacità di
associare suoni a oggetti e a concetti, da cui
un'esplosione ricorsiva di riferimenti astratti. Si tratta di
una transizione evoluzionistica fondamentale, perché
l'evoluzione culturale inizia lì ad innestarsi in quella
biologica (…)
Pievani T. (2010) Scritture della creatività scientifica in: Biffi E. (cura) Scrivere
altrimenti, luoghi e spazi della creatività narrativa, Rho (Mi), Stripes Edizioni, 2010,
pp. 52/53.
Ciascun bambino, fin
dai primi mesi di vita,
costruisce una
rappresentazione di sé
sperimentandosi nella
relazione con il mondo
oggettuale e con chi lo
accudisce.
A partire dal 9°mese
I bambini cominciano ad avere
COSCIENZA DI SÉ e COMPETENZA SIMBOLICA
Lacan J. (1949) lo stadio dello specchio come informatore della funzione dell'io in: Scritti,
Torino, Einaudi, 1974, vol. primo.
Questa scoperta,
oltre a contribuire in
maniera
fondamentale alla
crescita della
consapevolezza di
sé, permette di
accorgersi di esistere
anche fuori dal limite
del proprio corpo.
Un altro segnale della conquista della competenza simbolica infantile riguarda la scoperta di poter lasciare traccia di sé e di essere riconosciuti non solo per la propria presenza reale ma anche per le proprie tracce simboliche.
Forse la scuola dovrebbe interrogarsi sul seguente
dilemma: gli universi simbolici sono soltanto
strumenti per organizzare e scambiare relazioni e
conoscenze o sono fini, strumenti di pensiero e di
integrazione socio-culturale, valori in sé?
Forse la scuola dovrebbe interrogarsi sul seguente
dilemma: gli universi simbolici sono soltanto
strumenti per organizzare e scambiare relazioni e
conoscenze o sono fini, strumenti di pensiero e di
integrazione socio-culturale, valori in sé?
La risposta a questo
quesito fondamentale
pone seri problemi non
soltanto sull’impostazione
epistemologica e
didattica, ma anche
sull’ideologia e sulle
pratiche della valutazione.
Qual è, oggi, l’identità e la funzione
dell’insegnante?
Albert Samuel Anker La scuola del villaggio 1848
Insegnante: Chi si dedica
all’insegnamento, chi esercita la
professione d’insegnare.
Insegnare: insegnare v. tr. [lat. insĭgnare]
«imprimere segni (nella mente)»
Insegnante: Chi si dedica
all’insegnamento, chi esercita la
professione d’insegnare.
Insegnare: insegnare v. tr. [lat. insĭgnare]
«imprimere segni (nella mente)»
Insegnare: Verbo di uso limitato, ma d'impiego ben
individuato nelle sue poche occorrenze. L'accezione
più frequente è " indicare ", " mostrare " con
riferimento a via o cammino.
educare v. tr. [dal lat. educare, intens.
di educĕre «trarre fuori, allevare»,
comp. di e-1 e ducĕre «trarre,
condurre»] In generale, promuovere
con l’insegnamento e con l’esempio lo
sviluppo delle facoltà intellettuali,
estetiche, e delle qualità morali di una
persona, spec. di giovane età
Didattica: In senso generale si
configura tuttora come l'arte di
insegnare. Essa indica soprattutto
l'attività di esporre in maniera
facilitata, con procedure adatte ai
destinatari, giovani o adulti, i contenuti
di apprendimento.
L'educazione in generale e
l'istruzione in particolare, come il
suo atto esplicito di attuazione nel
rapporto bilaterale fra maestro e
scolaro, sono un tipo di comunicazione particolare e privilegiata in
quanto intenzionale e selettiva, e per lo più
impartita in situazioni istituzionali, ove
assume l'aspetto di una delega sociale.
Forse nell’identità e alla funzione
dell’insegnante dovrebbe essere restituita la
funzione del MENTORE…
Johann Tischbein, Diogene cerca l'uomo 1794
Al mestiere di insegnante di scuola secondaria
dovrebbero essere riconosciute le prerogative di
una professione d’aiuto?
La relazione di aiuto può essere definita come una relazione in
cui almeno uno dei protagonisti ha lo scopo di promuovere
nell’altro:
1) la crescita ( progressione lungo le tappe del ciclo vitale)
2) lo sviluppo ( stima di sé e realizzazione delle potenzialità)
3) la maturità
a) dal principio del piacere a quello di realtà
b) integrazione tra aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali
4) l’integrazione sociale:
a)acquisizione di un modo di agire più adeguato al contesto e
all’alterità b)capacità di adattamento c)accettazione ed utilizzo costruttivo
della diversità d) consapevolezza e capacità di affrontare conflitti e difficoltà
relazionali.
Il compito delle istituzioni educative oggi
dovrebbe essere la strutturazione
dell’identità personale
Con questo termine si intende definire
l'autorappresentazione e la percezione di sé come un
soggetto unitario, con caratteristiche e qualità stabili,
permanenti e diverse da quelle altrui. Il senso di
identità (personale, culturale, etnica, sessuale…)
presuppone la relazione sociale: esso nasce e si
rinforza sia tramite la relazione con l'altro percepito
come simile, sia attraverso la relazione con l'altro
percepito come diverso.
• Piero Bertolini Dizionario di Pedagogia e Scienze dell’Educazione Bologna Zanichelli 1996
In passato, a partire dal periodo
post Risorgimentale fino all’ultimo
dopoguerra, il compito di insegnanti
e educatori era quello di creare il
cittadino italiano contrastando le
differenze (culturali, sociali) in nome
del principio dell’uguaglianza.
In passato, a partire dal periodo
post Risorgimentale fino all’ultimo
dopoguerra, il compito di insegnanti
e educatori era quello di creare il
cittadino italiano contrastando le
differenze (culturali, sociali) in nome
del principio dell’uguaglianza.
Per questo esistevano i programmi, il libro
di testo unico, e si dava importanza
soprattutto alle conoscenze e ai processi di
apprendimento.
La valorizzazione del principio
dell’uguaglianza in educazione ebbe
inizio con Jan Amos Komenský, (1592 –
1670) teologo, pedagogista, filosofo,
grammatico, scrittore, educatore,
pacifista.
La valorizzazione del principio
dell’uguaglianza in educazione ebbe
inizio con Jan Amos Komenský, (1592 –
1670) teologo, pedagogista, filosofo,
grammatico, scrittore, educatore,
pacifista.
Ai tempi di Comenius l'istruzione era riservata ai
benestanti che potevano permettere ai loro figli un
istitutore privato, ma lui promuove e diffonde
un'istruzione pubblica e generalizzata, inventando
le strategie e gli strumenti per realizzare, a costi
contenuti, questo progetto.
Due sono i principali strumenti del suo modello
innovativo: l'aula scolastica e il libro di testo.
La valorizzazione del principio
dell’uguaglianza in educazione ebbe
inizio con Jan Amos Komenský, (1592 –
1670) teologo, pedagogista, filosofo,
grammatico, scrittore, educatore,
pacifista.
Ai tempi di Comenius l'istruzione era riservata ai
benestanti che potevano permettere ai loro figli un
istitutore privato, ma lui promuove e diffonde
un'istruzione pubblica e generalizzata, inventando
le strategie e gli strumenti per realizzare, a costi
contenuti, questo progetto.
Due sono i principali strumenti del suo modello
innovativo: l'aula scolastica e il libro di testo.
L’aula era organizzata con una cattedra posta sulla
predella, in modo che tutti gli alunni potessero
vedere il maestro.
I banchi rivolti verso la
postazione dell'insegnante,
consentivano a un solo
educatore di occuparsi di molti
allievi, coadiuvato dal libro di
testo anch’esso uguale per
tutti
L’aula era organizzata con una cattedra posta sulla
predella, in modo che tutti gli alunni potessero
vedere il maestro.
I banchi rivolti verso la
postazione dell'insegnante,
consentivano a un solo
educatore di occuparsi di molti
allievi, coadiuvato dal libro di
testo anch’esso uguale per
tutti
Nel libro di testo di
Comenius il
linguaggio delle
immagini e quello
delle parole
collaboravano per
facilitare la
comprensione e
diffondere un
sapere di base
uguale per tutti in
cui il latino era un
elemento centrale
Oggi, a fronte di mutate
condizioni sociali, politiche e
culturali, si da più importanza
alla valorizzazione delle
differenze
Differenze legate alle caratteristiche
genetiche, ai talenti e ai gusti personali,
all’identità di genere, alla cultura d’origine…
Dice l’antropologa
Matilde Callari Galli:
La storia della nostra specie può anche essere letta come sforzo continuo di distinzione: distinzione dalle altre specie, dagli altri gruppi, dagli altri individui dei gruppi a cui si appartiene.
Il linguaggio umano nelle sue forme gestuali, di postura, di verbalizzazione, di espressione estetica, può essere interpretato come una tensione costante a qualificare l’unicità della nostra specie, e l’unicità dei soggetti all’interno della specie.
Callari Galli M. Il valore della differenza in : Bertolini Dallari Il valore della differenza Firenze, La Nuova Italia, 1988 p. 72.
• L’aspirazione all’uguaglianza riguarda i diritti, ma sul piano della costruzione delle identità è tempo di accogliere e promuovere il valore della differenza.
• L’aspirazione all’uguaglianza riguarda i diritti, ma sul piano della costruzione delle identità è tempo di accogliere e promuovere il valore della differenza.
Oggi occorre dunque darsi, come insegnanti e formatori, il compito di favorire i processi di costruzione dell’identità personale.
• L’aspirazione all’uguaglianza riguarda i diritti, ma sul piano della costruzione delle identità è tempo di accogliere e promuovere il valore della differenza.
Oggi occorre dunque darsi, come insegnanti e formatori, il compito di favorire i processi di costruzione dell’identità personale.
Questo significa preparare i cittadini di domani a un modello di cittadinanza e di democrazia basato sulla capacità di convivere e collaborare in una comunità di soggetti differenti.
I linguaggi non servono solo a comunicare, ma
anche a pensare e a costruire rappresentazioni del
mondo e di sé. Il linguaggio delle parole, quello
delle immagini e tutti i linguaggi che gli essere
umani hanno a disposizione sono ingredienti
fondamentali per la costruzione dell’autonomia e
dell’identità.
La costruzione della conoscenza del mondo
e della conoscenza di sé è sempre fatta di
ESPERIENZE (relazione con gli altri e con
le cose) unite alla loro RIDUZIONE
SIMBOLICA
La costruzione dell’identità ha bisogno di
esperienze di autoaffermazione che non va identificata e confusa con la capacità di
prevalere in situazioni di competizione ma va
intesa come possibilità di farsi riconoscere dal
gruppo di appartenenza per le caratteristiche più
autentiche della propria personalità.
autoaffermazione
é poter dare, simbolicamente, testimonianza di
sé. Occorre che i soggetti in formazione vivano
le conoscenze e le competenze messe a loro
disposizione dal sistema formativo come risorse
dell’autoaffermazione e di costruzione
dell’identità personale
• La costruzione dell’dentità è anche nella
valorizzazione della dimensione affettiva e
SENTIMENTALE, nella consapevolezza del
proprio patrimonio emozionale e desiderante
inconsapevole e consapevole
• Identità è anche capacità di accettarlo, sentirlo,
dirlo, compararlo con i modelli culturali condivisi.
• Nel tempo in cui prevale la
convinzione della supremazia della
ragione della scienza della tecnica
e in cui gli individui sono giudicati
in base alla loro capacità di
controllo e di prestazione
l’educazione è intesa soprattutto
come valorizzazione e
accelerazione della perdita della
dimensione irrazionale,
desiderante, fantastica.
INSEGNANTE: Persona che si dedica
all'insegnamento a livello professionale; docente,
professore, maestro
Forse oggi quella dell’insegnante è
soprattutto una PROFESSIONE D’AIUTO
e l’insegnamento, più che consistere in un
travaso di conoscenze, dovrebbe essere
una PRATICA DI CURA
• Il pensiero umano funziona attraverso processi
LOGICI e ANALOGICI • I linguaggi e gli apparati simbolici di cui la mente
si serve e che vengono utilizzati in ambito
educativo e formativo dovrebbero assecondare
entrambe queste caratteristiche, stimolando così
il funzionamento e l’allenamento sia
dell’emisfero destro che di quello sinistro del
cervello.
Il processo logico è
LINEARE Sequenziale
NECESSARIO
Ha direzione obbligata
▬▬▬► ,
é formalmente predefinito
Per Jean Piaget
i procedimenti logici consistono nelle
operazioni di
seriazione, calcolo,
misurazione,confronto, classificazione.
Per Jean Piaget
i procedimenti logici consistono nelle
operazioni di
seriazione, calcolo,
misurazione,confronto, classificazione.
È dunque regolativo e
organizzativo.
• Il pensiero analogico produce libere associazioni, riguarda la comprensione e la produzione di metafore e l’universo delle manifestazioni simboliche da cui l’essere umano, come ci ha rivelato la psicoanalisi, è attraversato, ma di cui, come accade nei sogni, non ha il pieno controllo.
• M’illumino d’immenso
• Lirica di giuseppe Ungaretti scritta il 26 gennaio 1917
………………………………………………………………………………………mentre era soldato sul fronte del Carso durante la Prima ………………………………………………………………………………………guerra mondiale
IL PROCEDIMENTO ANALOGICO È
PLU
Trasversale RI SO casuale dis-continuo VER
Grazie a queste caratteristiche è
GENERATIVO
IL PROCEDIMENTO ANALOGICO È
PLU
Trasversale RI SO casuale dis-continuo VER
Grazie a queste caratteristiche è
GENERATIVO
IL PROCEDIMENTO ANALOGICO È
PLU
Trasversale RI SO casuale dis-continuo VER
Grazie a queste caratteristiche è
GENERATIVO
IL PROCEDIMENTO ANALOGICO È
PLU
Trasversale RI SO casuale dis-continuo VER
Grazie a queste caratteristiche è
GENERATIVO
IL PROCEDIMENTO ANALOGICO È
PLU
Trasversale RI SO casuale dis-continuo VER
Grazie a queste caratteristiche è
GENERATIVO
Un approccio tipicamente analitico e classificatorio è
quello dell’Anatomia
Differenza nella lingua tedesca, di Leib (corpo vissuto) e
Körper (corpo oggetto)
• La funzione logica è soprattutto analitica,
classificatoria, argomentativa, si serve
degli avverbi QUINDI, POI, DUNQUE.
• Quella analogica è generativa attiva le
produzioni associative, metaforiche,
poetiche, si serve degli avverbi INVECE,
COME.
METAFORA Il postino - film del 1994
diretto da Michael Radford
Con Massimo Troisi, Pilippe Noiret,
Maria Grazia Cucinotta
Il pensiero analogico genera libere
associazioni del tutto incontrollabili e il cui
senso è per lo più oscuro. Evolvendosi
permette la produzione e la comprensione
di metafore.
La metafora e i costrutti con lei imparentati
favoriscono i processi di comprensione e apprendimento perché
forniscono suggestioni indirette
Ciò anche perché, ci spiega la
psicolinguistica, il suo
contenuto viene captato
in maniera privilegiata
dall'emisfero destro del cervello.
M e t a f o r e
È molto importante sottolineare come «chi fa metafore, letteralmente parlando mente, e tutti lo sanno. […] infatti, i tropi comportano la sostituzione di un termine letterale (quello che le convenzioni richiederebbero in quel determinato posto) con un termine figurato, che crea uno straniamento e ci obbliga ad un surplus di interpretazione. Se dico che Laura ha i capelli d’oro ovviamente non sto intendendo che i capelli di Laura siano veramente di metallo, ma, appunto, sto facendo una metafora. Ciò non toglie, però, che da un punto di vista letterale io stia mentendo . Eco U., 1984, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino p. 144
Il TROPO (dal greco trópos, derivato da trépō, «volgo, trasferisco») o traslato è l'utilizzo retorico di una deviazione e trasposizione di significato, quando l'uso di un'espressione normalmente legata ad un campo semantico viene attribuito "per estensione" ad altri oggetti o modi di essere.
Il tropo indica qualsiasi figura retorica in cui un'espressione è trasferita dal significato che le si riconosce come proprio ad un altro figurato è destinata a rivestire, per estensione, un contenuto diverso da quello originario e letterale.
M e t a f o r e
È molto importante sottolineare come «chi fa metafore, letteralmente parlando mente, e tutti lo sanno. […] infatti, i tropi comportano la sostituzione di un termine letterale (quello che le convenzioni richiederebbero in quel determinato posto) con un termine figurato, che crea uno straniamento e ci obbliga ad un surplus di interpretazione. Se dico che Laura ha i capelli d’oro ovviamente non sto intendendo che i capelli di Laura siano veramente di metallo, ma, appunto, sto facendo una metafora. Ciò non toglie, però, che da un punto di vista letterale io stia mentendo . Eco U., 1984, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino p. 144
Il TROPO (dal greco trópos, derivato da trépō, «volgo, trasferisco») o traslato è l'utilizzo retorico di una deviazione e trasposizione di significato, quando l'uso di un'espressione normalmente legata ad un campo semantico viene attribuito "per estensione" ad altri oggetti o modi di essere.
Il tropo indica qualsiasi figura retorica in cui un'espressione è trasferita dal significato che le si riconosce come proprio ad un altro figurato è destinata a rivestire, per estensione, un contenuto diverso da quello originario e letterale.
La possibilità della metafora
visiva
Il meccanismo metaforico non riguarda solamente il linguaggio verbale. Il concetto di metafora è ormai uscito dall’ambito della retorica e viene sempre più spesso utilizzato in senso generale. Possiamo, ad esempio, parlare di metafora anche nel campo del linguaggio visivo […] In altri termini, non si tratta di dire che esistono anche metafore visive (all’interno dell’universo del visivo bisognerà distinguere i sistemi figurativi, quelli gestuali e così via) o che esistono anche – forse – metafore olfattive o musicali. Il problema è che la metafora verbale richiede spesso, per essere in qualche modo spiegata nelle sue origini, il rinvio ad esperienze visive, auditive, tattili, olfattive. Eco U., 1984, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino p. 143.
La possibilità della metafora
visiva
Il meccanismo metaforico non riguarda solamente il linguaggio verbale. Il concetto di metafora è ormai uscito dall’ambito della retorica e viene sempre più spesso utilizzato in senso generale. Possiamo, ad esempio, parlare di metafora anche nel campo del linguaggio visivo […] In altri termini, non si tratta di dire che esistono anche metafore visive (all’interno dell’universo del visivo bisognerà distinguere i sistemi figurativi, quelli gestuali e così via) o che esistono anche – forse – metafore olfattive o musicali. Il problema è che la metafora verbale richiede spesso, per essere in qualche modo spiegata nelle sue origini, il rinvio ad esperienze visive, auditive, tattili, olfattive. Eco U., 1984, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino p. 143.
Italo Calvino, riflettendo sul proprio lavoro di inventore
di storie, scrive:
Possiamo distinguere due tipi di processi immaginativi: quello che
parte dalla parola e arriva all'immagine visiva e quello che parte
dall'immagine visiva e arriva all'espressione verbale
è sempre Calvino a farci notare come
[…] nell'ideazione di un racconto la prima cosa che mi viene in
mente è un'immagine e per qualche ragione mi si presenta come carica di
significato, anche se non saprei formulare questo significato in termini
discorsivi o concettuali […] sono le immagini stesse che sviluppano le loro
potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé.
Calvino I. Lezioni americane, Milano, Garzanti, 1988 p. 93
La filosofa Francesca Rigotti ci ricorda
come la ricognizione culturale
sull’avventura della conoscenza abbia
bisogno di una riflessione relativa alla
storia delle idee e alla storia delle
metafore.
La filosofa Francesca Rigotti ci ricorda
come la ricognizione culturale
sull’avventura della conoscenza abbia
bisogno di una riflessione relativa alla
storia delle idee e alla storia delle
metafore.
Accanto e spesso intrecciati ai concetti […] si trovano infatti le metafore, ovvero immagini verbali (“Sprachbilder”) che […] costituiscono un orientamento attivo, permanente e incancellabile del pensiero, una maniera originaria di donazione di senso alla realtà.
Rigotti F. (2014), Onestà, Milano, Raffaello Cortina Editore 2014 pp. 14,15.
Nelle scienze cognitive è oggi
diffusa l’affermazione secondo la
quale la mente umana funziona
come un computer, ma John Searle
(scienziato cognitivista) sottolinea la
relatività e la metaforicità, di questa
immagine:
Nella mia infanzia ci veniva sempre assicurato che il cervello era una centralina elettrica. [...]. Mi ha divertito vedere che Sherrington, il grande neurologo britannico, pensava che il cervello funzionasse come un sistema telegrafico. Freud comparava spesso il cervello ai sistemi idraulici ed elettromagnetici. Leibniz lo comparava a un mulino. Al presente, è ovvio, la metafora è il calcolatore digitale (Searle 1984).
Searle J. (1984) Mente, cervello, intelligenza, Milano, Bompiani, 1988. p.37
Nelle scienze cognitive è oggi
diffusa l’affermazione secondo la
quale la mente umana funziona
come un computer, ma John Searle
(scienziato cognitivista) sottolinea la
relatività e la metaforicità, di questa
immagine:
Nella mia infanzia ci veniva sempre assicurato che il cervello era una centralina elettrica. [...]. Mi ha divertito vedere che Sherrington, il grande neurologo britannico, pensava che il cervello funzionasse come un sistema telegrafico. Freud comparava spesso il cervello ai sistemi idraulici ed elettromagnetici. Leibniz lo comparava a un mulino. Al presente, è ovvio, la metafora è il calcolatore digitale (Searle 1984).
Searle J. (1984) Mente, cervello, intelligenza, Milano, Bompiani, 1988. p.37
La convinzione che il pensiero coincida con il
LOGOS unita al pregiudizio romantico-idealistico
che attribuisce a naturalità e spontaneità l’uso del
simbolo visivo e ad acculturazione e conoscenza le
competenze linguistiche, ha creato una
separazione nelle modalità di approccio alle
produzioni dei due campi simbolici che ha delle
evidenti ricadute culturali, artistiche e istituzionali
anche in ambito educativo.
Il «riscatto del pensiero metaforico» è
un’importante svolta culturale, epistemologica e
politica
La convinzione che il pensiero coincida con il
LOGOS unita al pregiudizio romantico-idealistico
che attribuisce a naturalità e spontaneità l’uso del
simbolo visivo e ad acculturazione e conoscenza le
competenze linguistiche, ha creato una
separazione nelle modalità di approccio alle
produzioni dei due campi simbolici che ha delle
evidenti ricadute culturali, artistiche e istituzionali
anche in ambito educativo.
Il «riscatto del pensiero metaforico» è
un’importante svolta culturale, epistemologica e
politica
In didattica l’uso denotativo del linguaggio
caratterizza la trasmissione delle conoscenze , l’uso
connotativo la loro co-costruzione.
Senso e significato degli apparati metaforici va
negoziato e impone discussione e lavoro di gruppo.
In didattica l’uso denotativo del linguaggio
caratterizza la trasmissione delle conoscenze , l’uso
connotativo la loro co-costruzione.
Senso e significato degli apparati metaforici va
negoziato e impone discussione e lavoro di gruppo.
La didattica per
progetti,
l’interdisciplinarietà
e le esperienze di
lavoro per gruppi
favoriscono questa
impostazione
didattica.
Beatles in sala d’incisione
Per Edgar Morin una corretta esperienza scolastica,
capace di formare una ‘Testa ben fatta’ si basa su un
processo di
CO-COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA
Morin E (1999), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero,
Milano, Cortina Editore, 2000
Morin suggerisce un modello di conoscenza
come […] costruzione di un oggetto e di un
progetto nello stesso tempo interdisciplinare,
polidisciplinare e transdisciplinare che
permette di creare loi scambio, la
collaborazione, la policompetenza. (p. 118)
Morin suggerisce un modello di conoscenza
come […] costruzione di un oggetto e di un
progetto nello stesso tempo interdisciplinare,
polidisciplinare e transdisciplinare che
permette di creare loi scambio, la
collaborazione, la policompetenza. (p. 118)
Credo che il riconoscimento del soggetto richieda
una riorganizzazione concettuale che rompa con il principio
deterministico ancora utilizzato nelle scienze umane […]. Se si
è sotto la dominazione del paradigma cognitivo prevalente nel
mondo scientifico, il soggetto è invisibile e si nega la sua
esistenza. Al contrario, nel mondo filosofico, il soggetto diventa
trascendentale, sfugge all’esperienza, concerne la mente pura
e non si può percepire il soggetto nelle sue dipendenze, nelle
sue debolezze, nelle sue incertezze. Abbiamo dunque bisogno
di una concezione complessa del soggetto. (p.138)
Un sistema complesso non può
essere compreso mediante il solo
esame delle sue componenti e,
per analogia, le "cause ultime" di
un problema complesso non sono
banalmente quelle delle sue parti
essenziali, perché esso non può
essere risolto mediante semplice
scomposizione ma richiede
l'iterazione tra questa e una
visione d'insieme. Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti, La sfida della complessità,
(1985), Bruno Mondadori, Milano
Oggi studiosi e ricercatori di area cognitiva
sostengono addirittura la superiorità dell’universo
delle immagini rispetto a quello delle parole, nella
creazione di conoscenza e rappresentazioni.
Oggi studiosi e ricercatori di area cognitiva
sostengono addirittura la superiorità dell’universo
delle immagini rispetto a quello delle parole, nella
creazione di conoscenza e rappresentazioni.
Gottfried Boehm utilizza il termine Iconic Turn per indicare quella che a suo avviso è la svolta iconica della contemporaneità; una svolta iniziata, per Bohem, fin dal XIX secolo quando immagine e parola hanno cominciato ad integrarsi in un medesimo modello interpretativo. (Boehm 2005/2008)
Bohem G. (2005/2008), La svolta iconica, Modernità, identità, potere, a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Michele Di Monte Roma, Meltemi, 2009
Joseph Kosuth Una tre sedie
1965 Uno dei più suggestivi ed
interessanti stimoli alla
riflessione sul rapporto
parola-immagine nei
processi di costruzione
delle conoscenze e delle
rappresentazioni ci viene
proprio da un’opera d’arte
visuale: Una tre sedie di
Joseph Kosuth. Kosuth è
considerato il capostipite
della cosiddetta Arte
concettuale
La strutturazione dell’identità personale è un
PROCESSO mai definitivamente concluso
consistente nel
RICONOSCERSI e nell’ESSERE RICOSCIUTI
che avviene nella dialettica fra il rapportarsi a
sé e a ogni possibile altro da sé, riguarda non
l’Essere ma l’esserci (Dasein).
Presuppone l’esercizio della LIBERTÀ e
l’esperienza della RESPONSABILITÀ.
Se rispettare se stessi e gli altri vuol dire giungere
alla consapevolezza della propria fondamentale
libertà ed insieme alla consapevolezza di essere
all’origine stessa del significato che il mondo ha
per ciascuno, é chiaro che questa consapevolezza
si traduce necessariamente in termini di
responsabilità.
Essere responsabili non può significare
altro che concepirsi all’origine dei
propri comportamenti, ossia rispondere,
per così dire, di sé e di tutto ciò in cui
siamo direttamente implicati. Piero Bertolini Dizionario di Pedagogia Bologna, Zanichelli
• Ingrediente essenziale dell’identità è la MEMORIA,
sia individuale che collettiva, che il soggetto
organizza in forma di RACCONTO e di COSCIENZA
AUTOBIOGRAFICA.
• Soltanto la capacità di pensare se stessi e
rappresentarsi come portatori di un passato
consente all’individuo di pensarsi come titolare di un
futuro e non essere appiattito sul presente.
• Oggi viene molto stimolato e sviluppato il
pensiero SIMULTANEO (legato alle paratiche di
stimolo-risposta e della capacità di svolgere
contemporaneamente più funzioni cognitive e
attentive), mentre c’è un indebolimento del
pensiero SEQUENZIALE (legato all’attenzione a
lungo termine, alle operazioni di tipo deduttivo e
induttivo, alla comprensione e alla produzione di
storie e narrazioni complesse.
• Uno dei modi più efficaci per sviluppare
contemporaneamente il pensiero analogico-
metaforico e quello logico-sequenziale è la
pratica NARRATIVA.
• Uno dei modi più efficaci per sviluppare
contemporaneamente il pensiero analogico-
metaforico e quello logico-sequenziale è la
pratica NARRATIVA.
George Dunlop Leslie - Alice in Wonderland 1879
Studiare un’azione (quella del narrare) da un
punto di vista scientifico e non solo letterario
significa prima di tutto accordarsi sul significato del
termine e distinguere un racconto da un normale
discorso.
Un racconto non è un elenco di fatti, non è una
descrizione, non è un’argomentazione.
Studiare un’azione (quella del narrare) da un
punto di vista scientifico e non solo letterario
significa prima di tutto accordarsi sul significato del
termine e distinguere un racconto da un normale
discorso.
Un racconto non è un elenco di fatti, non è una
descrizione, non è un’argomentazione.
È una concatenazione di eventi che svela il
proprio significato nel tempo includendo anche
le emozioni e le sensazioni dei protagonisti.
I modelli e i modi, le forme della
narrazione sono senz’altro culturali,
sono saperi. Jerome Bruner ci
ricorda come le competenze
narrative, pur se motivate da
un'esigenza originaria, hanno
bisogno di costruzione culturale,
adattamento e apprendimento.
Jerome Seymour Bruner è lo
psicologo statunitense che ha
cambiato radicalmente il quadro
della psicologia cognitiva,
dominata prima di lui dalla teoria
comportamentista.
La sua psicologia culturale ha
influenzato molto la pedagogia e
la psicologia dell'educazione.
La mente che veniva intesa come un
congegno passivo, subordinato alla realtà,
per Bruner è una struttura attiva che
interviene sul materiale percepito dal
soggetto. Il processo cognitivo diventa così
dinamico e interattivo con la realtà.
«la narrazione ha la stessa importanza per la
coesione di una cultura che per la strutturazione di
una vita individuale» (Bruner 1996)
Bruner studia il modo in cui la cultura e la psiche si
costituiscono reciprocamente e analizza i modi in
cui la psicologia popolare contribuisce alla
costruzione dei contenuti cognitivi. Secondo
l'autore ogni cultura crea la propria psicologia
popolare,
la quale viene costruita ed espressa
soprattutto attraverso narrazioni. Bruner J.(1996) La cultura dell'educazione, Milano, Feltrinelli, 2000 p. 26
Bruner è convinto che la narrativa sia
«davvero un affare serio», e mostra come
essi diano forma alle credenze
psicologiche spontanee, 'popolari', che
conferiscono significato al mondo.
Jerome Bruner ha identificato alcune
proprietà fondamentali della narrazione:
1) la sequenzialità: nella narrazione di eventi sono
localizzati nel tempo.
2) La concretezza: le narrazioni raccontano avvenimenti
che riguardano persone, o animali antropomorfizzati
che sono i protagonisti della trama.
3) L'intenzionalità: i soggetti delle narrazioni compiono
azioni mossi da ideali, da opinioni ed emozioni. Hanno
quindi stati mentali precisi.
4) L'opacità referenziale: con questo termine lo psicologo
intende il valore della rappresentazione. Anche quando
una storia parla di persone specifiche o realmente
esistenti il loro ruolo è quello di "personaggi", e si
assumono quindi una funzione paradigmatica.
Vediamo allora didattica e narrazione abbiano in
comune tre funzioni che si trasformano in
altrettanti, fondamentali risorse educative:
Funzione simbolico-metaforica
Funzione sequenziale-narrativa
Contratto di finzione.
La Funzione simbolico-metaforica consiste nella capacità di produrre associazioni similitudini, metafore, ecc. ma più in generale è tutta l’attività di pensiero, di espressione e di comunicazione il cui i linguaggi funzionano secondo le proprietà del pensiero ANALOGICO.
L’aspetto metaforico della narrazione consente di affrontare indirettamente (simbolicamente), nel rapporto fra adulti e bambini, temi e problemi che sarebbe difficile, quando non impossibile, affrontare in forma diretta (abbandono, conflitti, paure, ecc.)
Questa funzione è ovviamente estendibile alla relazione narrativa fra adulti.
La Funzione sequenziale-narrativa
riguarda la dimensione logica dei processi
narrativi. Funzione secondo il principio
dell’inferenza, che è la capacità di organizzare le
varie parti di un racconto in sequenza, secondo i
principi di successione teporale e di causa-effetto.
Questa funzione consente di organizzare
comprensione e pensiero in forma TESTUALE.
L’insieme delle funzioni narrative
danno origine e forma al congegno
formale chiamato TESTO
Il testo, in quanto tale, ha senso
compiuto e forma unitaria. La forma
testuale, elaborata e interiorizzata,
diviene un apparato metacognitivo di
importanza fondamentale.
Il Contratto di finzione corrisponde
alla capacità di stabilire un accordo
implicito fra narratore e narratorio
relativo alla sospensione delle
dimensione spazio-temporale
del “qui e ora”. Gianni Rodari portava
l’esempio del «c’era una volta», dove l’imperfetto che
sospende le regole della realtà per farci entrare nella
magia della narrazione, ma veniva (e ancora viene)
utilizzato dai bambini per contrattare regole e scenari
del gioco.
• Duccio Demetrio e Andrea
Smorti sono convinti che per
costruire coscienza identitaria
e conoscenza del mondo
occorre avere a disposizione
modelli di narrazione con cui
organizzare i materiali della
memoria e gli altri ingredienti
simbolici della
rappresentazione identitaria.
• Duccio Demetrio e Andrea
Smorti sono convinti che per
costruire coscienza identitaria
e conoscenza del mondo
occorre avere a disposizione
modelli di narrazione con cui
organizzare i materiali della
memoria e gli altri ingredienti
simbolici della
rappresentazione identitaria.
Noi non conosciamo noi stessi
che attraverso il
rispecchiamento nel nostro
racconto autobiografico. Demetrio D (1996), Racontarsi. L’autobiografia come cura di sé,
Raffaello Cortina Editore, Milano
Andra Smorti (1987) Il sé come testo, Giunti, Firenze
In assenza di queste prerogative culturali si rischia la
deriva narcisistica e l’appiattimento sul presente.
1903 John William Waterhouse, Eco e Narciso
• MIO è anche ciò che so, che so fare, le mie
convinzioni, la mia visione del mondo.
• MIO è l’insieme di abitudini, comportamenti,
gusti, vizi, ansie, preferenze.
Identità è, per ciascuno, il proprio patrimonio
interiore estetico e sentimentale.
Shirin Neshat Il corpo è molto importante nelle mie opere, perché sono tante le cose che sono passate nella cultura islamica attraverso il corpo della donna, soggetto a ferree regole sociali, diventando contemporaneamente un corpo politico e il referente visivo dell'effettivo svolgersi di alcuni accadimenti.
Come possiamo notare ogni giorno ci sono
forme più ingenue e rudimentali di questo tipo
di simbolizzazioni identitarie.
Come possiamo notare ogni giorno ci sono
forme più ingenue e rudimentali di questo tipo
di simbolizzazioni identitarie.
Uno dei compiti della
formazione scolastica è
proprio fornire esempi e
competenze relative ai
processi di
autoaffermazione e
autorappresentazione
• Adriana Cavarero, esponente del
“pensiero della differenza sessuale”, fa dialogare idealmente scrittrici-autrici di testi autobiografici, fra cui Karen Blixen e Hanna Arendt, a proposito dell’idea di biografia e di autobiografia.
• «il percorso di ogni vita si lascia alla fine guardare come un disegno che ha senso?»
• Secondo Cavarero, ciascun soggetto desidera ricevere da un altro il racconto della propria storia, ribadendo quindi con questa sua convinzione l’esigenza intrinseca nella ricerca autobiografica di non perderne mai il testo perché questo significherebbe perdere ogni possibile feed-back.
• Cavarero A (1997), Tu che mi guardi, tu che mi racconti.
Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano, p. 7.