francesco caparezza, un 'genere' cantato della scuola poetica siciliana?

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1. I. FRANK, Poésie romane et Minnesang autour de Frédéric II. Essai sur les débuts de l’école sicilienne, «Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani», III, pp. 51-83, a p. 54 n. 16. FRANCESCO CARAPEZZA UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? …die Strophe eines Organismus darstellt der aus dem auf ein bestimmtes Ziel gerichteten Formwillen seines Schöpfers geboren ist. Es handelt sich deshalb in erster Li- nie darum, den Formwillen zu erkennen. Er geht am deut- lichsten aus der Verbindung der musikalischen Struktur mit dem Bau des Textes hervor. Beide Komponenten müssen zusammenwirken, woll eine richtige Charakteristik der Strophe möglich werden. (FRIEDRICH GENNRICH, Grundriss einer Formenlehre des mittelalterlichen Liedes als Grundlage einer musikalischen Formenlehre des Liedes, Halle, 1932, p. 18) 0.1. «C’est un problème insoluble, dans l’état actuel de nos con- naissances, que de savoir si les compositions de l’École sicilienne furent chantées ou récitées sans mélodie». Cosí István Frank po- neva nel 1955 1 la questione dei rapporti fra poesia e musica al fiorire della prima lirica in volgare italiano, e a tutt’oggi – nono- stante gli apporti significativi da parte di molti filologi e musico- logi – l’asserzione del grande provenzalista non sembra potersi dire superata. Mentre, da una parte, la tendenza dei filologi è stata di collocare proprio all’altezza della Scuola siciliana il diva- rio tra fatto musicale e fatto letterario, centralizzando cosí l’im- portanza della parola scritta autonoma in vista degli ulteriori svi- luppi della lirica italiana; dall’altra, i musicologi hanno inteso la questione in maniera storicamente e culturalmente ampia e mai hanno trovato motivazioni plausibili a che il connubio fra poesia e canto potesse rompersi in seno alla produzione lirica dei Sici- liani. Le due tendenze presentano tuttavia, in molti casi, punti di

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1. I. FRANK, Poésie romane et Minnesang autour de Frédéric II. Essai sur les débutsde l’école sicilienne, «Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani»,III, pp. 51-83, a p. 54 n. 16.

FRANCESCO CARAPEZZA

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA?

…die Strophe eines Organismus darstellt der aus demauf ein bestimmtes Ziel gerichteten Formwillen seinesSchöpfers geboren ist. Es handelt sich deshalb in erster Li-nie darum, den Formwillen zu erkennen. Er geht am deut-lichsten aus der Verbindung der musikalischen Struktur mitdem Bau des Textes hervor. Beide Komponenten müssenzusammenwirken, woll eine richtige Charakteristik derStrophe möglich werden.

(FRIEDRICH GENNRICH, Grundriss einer Formenlehre desmittelalterlichen Liedes als Grundlage einer musikalischenFormenlehre des Liedes, Halle, 1932, p. 18)

0.1. «C’est un problème insoluble, dans l’état actuel de nos con-naissances, que de savoir si les compositions de l’École siciliennefurent chantées ou récitées sans mélodie». Cosí István Frank po-neva nel 19551 la questione dei rapporti fra poesia e musica alfiorire della prima lirica in volgare italiano, e a tutt’oggi – nono-stante gli apporti significativi da parte di molti filologi e musico-logi – l’asserzione del grande provenzalista non sembra potersidire superata. Mentre, da una parte, la tendenza dei filologi èstata di collocare proprio all’altezza della Scuola siciliana il diva-rio tra fatto musicale e fatto letterario, centralizzando cosí l’im-portanza della parola scritta autonoma in vista degli ulteriori svi-luppi della lirica italiana; dall’altra, i musicologi hanno inteso laquestione in maniera storicamente e culturalmente ampia e maihanno trovato motivazioni plausibili a che il connubio fra poesiae canto potesse rompersi in seno alla produzione lirica dei Sici-liani. Le due tendenze presentano tuttavia, in molti casi, punti di

2. V. DE BARTHOLOMAEIS, Primordi della lirica d’arte in Italia, Torino, SEI 1943,p. 121.3. G. CONTINI, Poeti del Duecento, Milano-Napoli, Ricciardi 1960, I, p. 45 e ID., Va-rianti e altra linguistica, Torino, Einaudi 1970, p. 176.4. G. FOLENA, Cultura e poesia dei Siciliani, in Storia della letteratura italiana, a c. diE. CECCHI e N. SAPEGNO, I. Le Origini e il Duecento, Milano, Garzanti 1965, pp. 273-347, a p. 280.5. AU. RONCAGLIA, Sul «divorzio tra musica e poesia» nel Duecento italiano, ne L’ArsNova italiana nel Trecento, IV, Certaldo, Centro di studi sull’Ars nova italiana del Tre-cento, pp. 365-97.6. C. BOLOGNA, Tradizione e fortuna dei classici italiani, I. Dalle origini al Tasso, To-rino, Einaudi 1993, p. 41.7. M.L. MENEGHETTI, Il pubblico dei trovatori. La ricezione della poesia cortese finoal XIV secolo, Torino, Einaudi 1992, p. 167.8. N. PIRROTTA, I poeti della scuola siciliana e la musica, «Yearbook of Italian Stu-dies», 4 (1980), pp. 5-12, da cui si cita (ora in ID., Poesia e Musica, Firenze, La NuovaItalia 1994, pp. 13-51) e ID., Federico II e la musica, in Federico II e l’Italia. Percorsi,luoghi, segni e strumenti. Catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, 22 dicembre1995 – 30 aprile 1996), Roma, De Luca-Editalia 1995, pp. 145-47.9. PIRROTTA, I poeti della scuola siciliana..., p. 10.10. G.A. CESAREO, Le origini della poesia lirica e la poesia siciliana sotto gli Svevi, se-conda edizione accresciuta, Milano, Sandron 19242, p. 74.

contatto e tentativi di compromesso. La tesi del ‘divorzio’ fra poesia e musica nella Scuola siciliana

è di lunga tradizione: la sostenevano De Bartholomaeis2, Con -tini3, Folena4, fino al fondamentale saggio di Roncaglia del19785, che riflette con profondità e ampiezza sulla questione ri-velando però un’impostazione chiaramente centrata sull’ideadella preminenza di una parola letteraria svincolata dal supportomelodico. Da qui hanno proceduto i pareri recenti di studiosiquali Bologna6, Meneghetti7, Antonelli (v. infra), che ritengonola tesi del ‘divorzio’ sostanzialmente valida sotto molti aspetti.La tesi invece di una possibile fruizione musicale dei compo-

nimenti dei poeti Siciliani ha trovato un agguerrito sostenitorenel musicologo palermitano Nino Pirrotta8, di recente scompar-so, il quale – facendo leva sull’idea di una tradizione non scrittadella musica – decisamente affermava: «da nessuna parte potevavenirgli [scil. a Federico II] il suggerimento di togliere drastica-mente all’attività poetica il complemento di una divulgazione at-traverso l’esecuzione cantata»9. Prima di lui, Cesareo10 e i musi-

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11. O. TIBY, La musica alla corte dell’Imperatore Federico II, estratto dagli «Atti delCongresso Internazionale della poesia e della lingua italiana» (Palermo, giugno 1951),Palermo, Pezzino 1951.12. R. MONTEROSSO, voce Canzone, «Enciclopedia Dantesca», Roma, Istituto dellaEnciclopedia Italiana, I, 1970, pp. 802-9.13. A. ZIINO, Rime per musica e danza, in Storia della Letteratura Italiana, II. Il Tre-cento, cap. VIII, Roma, Salerno 1995, pp. 531-80.14. F.A. GALLO, Dal Duecento al Quattrocento, in Letteratura italiana, VI. Teatro,musica, tradizione dei classici, Torino, Einaudi 1986, pp. 245-63.15. Soprattutto R. ANTONELLI, La scuola poetica alla corte di Federico II, in FedericoII e le scienze, Palermo, Sellerio 1994, pp. 309-23 e ID., La corte «italiana» di FedericoII e la letteratura europea, in Federico II e le nuove culture. Atti del XXXI Convegnostorico internazionale (Todi, 9-12 ottobre 1994), Spoleto, CISAM 1995, pp. 319-45.16. J. SCHULZE, Sizilianische Kontrafakturen. Versuch zur Frage der Einheit von Musikund Dichtung in der sizilianisch und sikulo-toskanischen Lyrik des 13. Jahrhunderts,Tübingen, Niemeyer 1989.17. Durante il recente Convegno di studi Dai Siciliani ai Siculo-toscani (Lecce, 21-23aprile 1998, di cui si preparano gli Atti) molti degli studiosi presenti si sono confron-tati sull’argomento (in special modo, P.G. Beltrami ha centrato su di esso il propriocontributo): la tendenza di tutti è di riesaminare con attenzione e senza preconcettil’irta questione dei rapporti fra testo poetico e canto musicale presso i poeti dellaScuola.18. Tratto essenzialmente da F. CARAPEZZA, Indizi di “vocalità” nei testi della Scuolapoetica siciliana. Per una definizione dei rapporti fra poesia e canto presso i poeti della

cologi Tiby11 e Monterosso12 s’erano espressi a favore di un rea-le connubio tra parola e musica ancora ai primordi della liricaitaliana. Dopo di lui, Ziino13 e Gallo14 ritengono l’esecuzionecantata una possibile ed eventuale “modalità di fruizione” delleliriche di Scuola siciliana.Concreti approfondimenti della questione provengono, non a

caso, non piú da musicologi, ma da filologi romanzi, essendo lamateria da indagare unicamente letteraria e gli strumenti e i cri-teri metodologici da adottare precipuamente della scienza filolo-gica. I contributi di Roberto Antonelli15 e il lavoro di JoachimSchulze16, nonché le conseguenze della recente scoperta d’unframmento in siciliano antico (v. infra), hanno determinato unasensibile svolta nell’ambito della questione, per cui l’autorevoletesi del ‘divorzio’ andrà oramai considerata alla luce delle nuoveprospettive17.

0.2. Il presente articolo18, partendo dai contributi menzionati e

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Magna Curia, tesi di laurea in Filologia romanza, discussa presso l’Ateneo di Palermoil 1° aprile 1998.19. P. ZUMTHOR, La lettre et la voix. De la «littérature» médiévale, Paris, Seuil 1987[tr. it. La lettera e la voce. Sulla «letteratura» medievale, Bologna, Il Mulino 1990, p.47].20. Cfr. DVE, II, iv, 2; II, viii, 4; II, x, 2. Pier Vincenzo Mengaldo, nel commento al-l’edizione del trattato di Dante, osserva come vi sia richiesta «la postulazione di unostretto e genetico legame formale con la musica», e che, nella canzone come la intendeDante, sia ben presente «la nozione [...] di un’organizzazione del materiale verbale inrapporti precisi voluti dalle necessità intrinseche del rivestimento musicale, che èquindi teleologicamente presente al produttore del testo» (D. ALIGHIERI, De vulgarieloquentia, a c. di P.V. MENGALDO, in D. A., Opere minori, vol.III, t.I, Milano-Napoli,Ricciardi 1996 [= MENGALDO 1996], p. 201 n. 7 e p. 203 n. 5).21. «Preterea disserendum est utrum cantio dicatur fabricatio verborum armonizato-rum, vel ipsa modulatio. Ad quod dicimus quod nunquam modulatio dicitur cantio,sed sonus, vel thonus, vel nota, vel melos. Nullus enim tibicen, vel organista, velcytharedus melodiam suam cantionem vocat, nisi in quantum nupta est alicui cantio-ni; sed armonizantes verba opera sua cantiones vocant, et etiam talia verba in cartulisabsque prolatore iacentia cantiones vocamus.» (MENGALDO 1996: II, viii, 5).

analizzando il corpus poetico dei Siciliani, intende raccogliereorganicamente gli indizi di ‘vocalità’ presenti nei testi dellaScuola che potrebbero rimandare ai rapporti fra testo poetico emusica. Come Paul Zumthor chiamava ‘indizio di oralità’ «tuttoquello che, all’interno di un testo, ci dà informazioni sull’inter-vento della voce umana nella sua pubblicazione»19, utilizziamoqui il termine “vocalità” in riferimento al canto musicale vero eproprio. I ragionamenti che si faranno andranno intesi – in man-canza di dati materiali cogenti – quali dati puramente indiziari, ele loro implicazioni andranno valutate con cautela. L’esame delcorpus è stato condotto secondo i criteri terminologici e metrico-formali qui di séguito esposti.Le posizioni di Dante nel De vulgari eloquentia (d’ora innanzi

DVE) circa i legami fra testo poetico e sua realizzazione musica-le lasciano intendere che ancora al principio del XIV secolo ilconnubio non si fosse del tutto spezzato20. Considerando il pas-so del trattato in cui Dante discute se il termine cantio debba ri-ferirsi alla costruzione di parole oppure alla modulazione melo-dica e conclude asserendo che la canzone è cosí chiamata a pre-scindere dalla melodia che l’accompagna21, Pirrotta argutamen-te ne deduce che «il dubbio non avrebbe avuto luogo di esistere

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22. N. PIRROTTA, Ars nova e stil novo, in ID., Musica tra medioevo e rinascimento, To-rino, Einaudi 1984, pp. 37-45, a p. 44 n. 2, corsivo nostro.23. PIRROTTA, Ars nova..., p. 44.24. Nel DVE si denota la perfetta sinonimia dei termini dicere e canere ai passi II, iv,5 e xiv, 2.25. Ad esempio, come ricorda PIRROTTA, Ars nova..., p. 65, nell’invio della ballatagiovanile Per una ghirlandetta, dove è richiesto l’adattamento dei versi ad una melodiapreesistente perché vengano cantati: «Le parolette mie novelle, | che di fiori fatto hanballata, | per leggiadria ci hanno tolt’elle | una veste ch’altrui fu data: | però siate pre-gata, | qual uom la canterà | che li facciate onore.» (D. ALIGHIERI, Rime, a c. di G.CONTINI, Torino, Einaudi 1939, pp. 43-44, corsivo nostro).26. AU. RONCAGLIA, Sul «divorzio»..., p. 380.27. Cfr. SCHULZE, Sizilianische..., specialmente alle pp. 18 e sgg. e F. BRUGNOLO, Lascuola poetica siciliana, in Storia della letteratura italiana, I. Dalle Origini a Dante, Ro-ma, Salerno 1995, pp. 265-337, a p. 331.

senza la consuetudine di poesia e musica nella canzone»22, e am-mette perciò che Dante «aveva in mente, non solo possibile madesiderabile, la concreta presenza di una melodia»23. Inoltre,sotto un rispetto prettamente terminologico, il sostantivo cantusviene utilizzato nel trattato come termine tecnico a designare lamelodia di rivestimento della canzone. Cosí «cantus divisione»(II, ix, 4) indicherà la partizione della melodia all’interno dellastrofa; «sub certo cantu [...] compagem» (II, ix, 6), detto dellastanza, corrisponderà – con Mengaldo – a «un assieme organicosubordinato a una melodia ben determinata»; «ingeminatio can-tus» (II, xii, 9) è la replicazione di una frase musicale all’internodella stanza, e via dicendo. Lo stesso termine cantare (seppureall’altezza di Dante venga ampiamente utilizzato come sinonimodi ‘poetare’, di ‘dire in versi’24) conserva, in alcuni luoghi dellaproduzione dantesca in volgare, il suo significato musicale25.Nella lirica italiana del Duecento il termine cantare presentadunque un’oscillazione semantica che andrà tenuta in considera-zione trattando la produzione dei Siciliani. Uno degli argomenticentrali a sostegno della tesi del ‘divorzio’ era stato quello diconsiderare le poche occorrenze del verbo cantare nient’altroche «l’impronta lessicalizzata d’una situazione anteriore»26; ma,benché tale asserzione sembri valida per molti luoghi testuali,non è sembrato lecito a taluni studiosi27 estenderla a tutti i casiin cui il termine appare. Abbiamo perciò vagliato le occorrenze

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28. BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 320.29. F. BRUNI, La cultura alla corte di Federico II e la lirica siciliana, in G. BARBERISQUAROTTI-F. BRUNI, Storia della civiltà letteraria italiana, I. Dalle Origini al Trecento,Torino, UTET 1990, pp. 211-72, a p. 262.

del verbo cantare e delle sue forme sostantivali in riferimento al-l’io poetico nel corpus della Scuola, ottenendo risultati potenzial-mente indicativi.L’espressione Formwillen del testo di Gennrich citato in epi-

grafe bene si attaglia alla produzione dei poeti Siciliani. Come haosservato Brugnolo, caratteristica peculiare della lirica dei ‘fede-riciani’ rispetto al modello trovadorico è «la necessità di ri-confi-gurare il sistema in base ad altri tratti, quelli fino ad allora nonpertinenti (o solo parzialmente pertinenti): i tratti metrico-forma-li», per cui si sarebbe passati, coi Siciliani, ad un «sistema fonda-to – in assenza di tematiche diversificate – sull’opposizione delleforme»28. Come si sa, esistono all’interno della produzione dellaScuola tre ‘generi’ poetici chiaramente definiti dal punto di vistametrico-formale: la canzone (derivata dalla canso trovadorica), lacanzone eterostrofica (modellata sul descort occitanico) e il so-netto, invenzione metrica di assoluta originalità. Inoltre, all’inter-no del genere canzone (che copre circa i due terzi dell’intera pro-duzione), si osserva la tendenza a polarizzare, da un lato, schemimetrici complessi e inusitati in concomitanza con un registro sti-listico ‘elevato’ e tematiche per lo piú cortesi e retoricamente raf-finate; mentre, dall’altro lato, a strutture strofiche estremamentesemplici (quasi sempre isometriche) e con precedenti di tradizio-ne trovadorica, si accompagnano una cifra stilistica ‘mediocre’ etematiche dall’espressività, come si usa dire, ‘popolareggiante’.Tratteremo quindi i vari ‘generi’ separatamente, nella convinzio-ne che la forte e costitutiva coscienza metrico-formale riscontratanei Siciliani giocò un ruolo determinante circa i rapporti fra testopoetico e un suo eventuale rivestimento musicale. Con particola-re riguardo verrà esaminata la tipologia della canzone isometricadi versi minori dell’endecasillabo, che inquadra la cosiddetta«canzonetta»: genere poetico fortemente connotato e in cui, se-condo Bruni, «è forse lecito individuare uno dei momenti dimaggiore originalità della produzione siciliana»29.

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30. Cfr. AU. RONCAGLIA, De quibusdam provincialibus translatis in lingua nostra, inLetteratura e critica. Studî in onore di Natalino Sapegno, Roma, Bulzoni 1975, II, pp. 1-36, sp. p. 34.31. ANTONELLI, La scuola poetica..., p. 321.

1. La grande maggioranza dei componimenti della Scuola che cisono trasmessi è costituita da canzoni di strofe eterometrichedalla netta articolazione interna in due piedi e sirma, quest’ulti-ma spesso suddivisa in volte. L’attenzione dei filologi si è dasempre appuntata sulla estrosa inventiva metrica dei Siciliani,creatori (primo fra tutti il caposcuola Giacomo da Lentini) dischemi strofici innovativi e strutturalmente elaborati rispetto al-la tradizione trovadorica. Tale rigoglioso lavorio formale sarebbe– secondo il sostenitore della tesi del ‘divorzio’ – un sintomodell’affievolirsi del legame che teneva uniti versi e canto, e fun-zionerebbe addirittura da risarcimento puramente letterario diquell’esausta congiunzione30. Una prova del fenomeno verrebbedal fatto che – come fa notare Antonelli biasimando le eccessiva-mente ottimistiche teorie di Schulze circa la pratica dei contra-facta musicali presso i Siciliani – quando questi traducono il te-sto di un modello trovadorico (come accade a Giacomo da Len-tini con Folchetto e Perdigon, a Rinaldo d’Aquino con Folchet-to, a Jacopo Mostacci con un componimento attribuibile a Ca-denet), essi «trasformano radicalmente la struttura metrica, sianella formula rimica che in quella sillabica»31. L’idea di fondo èinsomma che una struttura metricamente articolata e una sintas-si particolarmente complessa, quali si riscontrano nelle canzonidei Siciliani, osterebbero a un eventuale rivestimento melodico.A rigore però, quanto può dirsi con certezza è che – consideran-do la contraffattura quale unica prassi compositiva possibile –nei casi in cui la canzone eterometrica presenta uno schema me-trico originale (caso frequentissimo presso i Siciliani), il riutiliz-zo di una melodia preesistente, magari di tradizione trovadorica,non può essersi verificato.Un diverso tipo di risarcimento dell’interrotto vincolo tra

musica e poesia potrebbe supporsi considerando la frequenzacon cui ricercate figure di suono s’incastonano per le lunghestrofe delle canzoni dei Siciliani: pure qui il Notaro Giacomo è

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32. Cfr. CONTINI, Poeti..., pp. 53 e sgg.33. Questa considerazione è di Antonelli, che ringrazio per la proficua conversazionecon lui avuta sull’argomento durante la preparazione della tesi.34. Venuto m’è in talento, v.6 (B. PANVINI, Le rime della Scuola poetica siciliana, Fi-renze, Olschki 1962, I [= PANVINI 1962], p. 95); Poi li piace c’avanzi suo valore, v.2(ivi, p. 99); Amor che m’à ’n comando, v. 2 (ivi, p. 103).

senza rivali. Si faccia caso – un esempio lampante per tutti – allamaestria ‘melodica’ con cui è tramata l’ultima stanza della cele-berrima canzone Madonna, dir vo voglio, dove il serpeggiante ri-correre della consonante s (solo sorda in siciliano), sia scempiache geminata, pare annunziare, mediante una preziosa e semprecoerente onomatopea, l’arrivo di una vera, sibilante «vipera»32:espressiva similitudine da bestiario che risalta al fine d’un capo-lavoro d’arte consumata. Innumerevoli altri luoghi, soprattuttonelle canzoni del lentinese, permettono simili considerazioni. Ilfenomeno di ‘introiezione’ della melodiosità nella testura verba-le dei componimenti potrebbe, in linea di principio, intendersicome una risultante di quel processo che tendeva a scinderel’invenzione verbale da quella prettamente musicale. Una con-gettura, senz’altro, ma che acquista un certo rilievo se si riscon-tra come nelle «canzonette» isometriche della Scuola (per cuicfr. § 2) le figure retoriche di suono diminuiscano sensibilmen-te. Pure se la melodiosità verbale non pertenga allo stile solita-mente mediocre della «canzonetta»33, credo che la possibilità divedere nella ricercatezza melodica ‘interna’ delle canzoni un ri-sarcimento alla perdita dell’elemento musicale vero e propriovada considerata.Nelle canzoni eterometriche dei Siciliani il numero dei casi in

cui il termine cantare viene adoperato in riferimento all’io liricoè relativamente basso, essendo proprio quest’ambito metrico-formale quello piú frequentato in assoluto dai poeti della Scuo-la. Nelle canzoni della massima parte dei poeti noti il terminenon compare mai. Significativa eccezione fanno il «canzoniere»di Rinaldo d’Aquino, nei cui componimenti il termine apparecon una certa frequenza34, e una delle due sole canzoni (il planhMorte, perché m’hai fatto sí gran guerra, v. 16 [CONTINI, Poeti...,p. 146]) a schema strofico elaborato di Giacomino Pugliese: perentrambi questi poeti si è sospettata da tempo, come si dirà piú

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35. Il termine cantare appare almeno una volta, inoltre, in tutte le canzoni attribuitea Jacopo Mostacci. È ben probabile però che in questi casi le occorrenze del verbo ri-ferito all’io poetico non rappresentino altro che una mera per quanto pittoresca ‘imi-tazione’ del piú caratterizzante dei temi trovadorici: il ‘canto per amore’; e che il ter-mine sia quindi utilizzato in maniera metaforica. Lo denuncerebbe il fatto che neicomponimenti del Mostacci, «rappresentante dell’ortodossia cortese e dell’aulicità deldiscorso lirico» (BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 298), sia l’atteggiamento metricofervidamente innovativo (si tratta di lunghe strofe con estese sirme, entro cui s’alter-nano tre tipi di verso imparisillabo), sia – cosa piú importante – gli stessi contesti incui è adoperato il termine cantare, che sono topici della tradizione trovadorica (risve-glio primaverile e sprone al canto; canto connesso alla gioia, all’«allegranza», al «gio-co»; canto amoroso «in faccia» ai maldicenti, e via discorrendo), sembrano denunzia-re un’attitudine stilistica, e non tanto musicale, tipica del poeta. Non si dimentichi –per inciso – che Jacopo Mostacci è traduttore piuttosto pedissequo d’una canzoneprovenzale trasposta in siciliano illustre con lo schema metrico variato, e che egli ap-partenne a una fase tarda della Scuola, in cui è presumibile che il divario fra poesia ecanto fosse piú avvertito. Un discorso simile potrà farsi per la canzone ‘provenzaleg-giante’ Pir meu cori alligrari di Stefano Protonotaro (CONTINI, Poeti..., p. 130), conser-vata in siciliano illustre, in cui si trovano varie occorrenze del verbo cantare riferito al-l’io poetico in apertura (ai vv. 4, 9, 12, 14). La situazione (tipico esordio col topos del‘canto per amore’) farebbe pensare piuttosto a un sapiente riutilizzo di stilemi trova-dorici, se si considera che il nucleo della canzone è costituito dall’immaginoso calco diuna similitudine da bestiario tratta dai vv. 25-29 di Ben volria saber d’amor di Rigautde Berbezilh (A. PILLET-H. CARSTENS, Bibliographie der Troubadours, Halle, Nie-meyer 1933 [d’ora in poi PC], 421, 5) e che Stefano è attestato anch’egli in una fasetarda della Scuola (1261). Infine, andrà indicata la canzone Gioiosamente canto, attri-buita a Guido delle Colonne, dove il tema del ‘canto per amore’ è sviluppato nella ter-za stanza attraverso la colorita metafora della fontana e la similitudine fra canto delpoeta e canto degli uccelli, ed è ripreso nella fronte dell’ultima strofa. MENEGHETTI, Ilpubblico..., p. 172 considera quest’esempio un mero divertissement letterario del giu-dice messinese, il cui stile è solitamente ricco di preziosismi retorici. A corroborarequesta tesi vengono le considerazioni di Brugnolo che rintraccia nel componimentoun’ampia «contaminazione» delle fonti (sia trovadoriche che di Scuola siciliana) dacui i motivi tematici proverrebbero (BRUGNOLO, La scuola poetica..., pp. 315 e sgg.).36. Un indizio che porta acqua al mulino di questa ipotesi proverrebbe, com’è statosegnalato di recente (mi riferisco alla comunicazione di C. DI GIROLAMO e A. FRATTA,Gli endecasillabi con rima interna e la metrica dei Siciliani, presentata al Convegno diLecce sopra menzionato), dal fatto che nei testi dei Siciliani l’endecasillabo italiano (o,secondo la terminologia di Di Girolamo, ‘decenario’, di diretta derivazione dal déca-syllabe gallo-romanzo) presenta in alcuni casi una cesura (epica) interna e quindi unasillaba in soprannumero (ma giustificata dalla cesura, in piú coincidente con la rimainterna) che sarebbe forse arbitrario emendare come s’era fatto finora (segnatamente

oltre, una possibile attitudine musicale35. Nei rari componimentieterometrici dei poeti della Scuola in cui occorre il termine can-tare, insomma, è ben difficile attribuirgli il suo senso primo in ri-ferimento all’atto musicale36.

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 329

CONTINI, Poeti...). Un esempio è costituito dalla canzone endecasillabica di Guidodelle Colonne La mia gran pena e lo gravoso afanno (CONTINI, Poeti..., p. 97), i cui ver-si 16, 25, 34, 43, 44, presenterebbero nei mss. una sillaba in soprannumero, ma metri-camente ineccepibile se si accetta la cesura. Ora, tale oscillazione del numero delle sil-labe nei versi con rima interna verrebbe a ripercuotersi sulla struttura d’un eventualerivestimento melodico, rendendo necessario l’adattamento strofa per strofa del verso‘ipermetro’ alla frase musicale: una prassi quanto mai improbabile entro i rigorosi pa-rametri del ‘gran canto cortese’. Seppure tale considerazione sia da prendere conestrema cautela, essendo la questione della rima interna nella lirica italiana delle Ori-gini anch’essa assai spinosa, tuttavia ci sembra utile indicare che, nell’ambito dellaproduzione di Scuola siciliana, ‘decenari’ con rima interna si riscontrano esclusiva-mente in canzoni eterometriche (o isometriche endecasillabiche).37. J.H. MARSHALL, The «Donatz Proensals» of Uc Faidit, Oxford, University Press1969, p. 230.38. SALIMBENE DE ADAM, Cronica, nuova edizione critica a c. di G. SCALIA, Bari, La-terza 1966, I, p. 686.

2.1. Trattando della cantio quale componimento poetico eccel-lente, Dante la definisce «tragica coniugatio», ‘concatenazionein stile tragico’, e questa specificazione consiste nel fatto che«cum comice fiat hec coniugatio, cantilenam vocamus per dimi-nutionem» (DVE, II, viii, 8, corsivo nostro). Un diminutivo, in-somma, che è pure registrale («comice»), e proprio di quest’am-bito poetico ‘comico’ intendeva egli parlare nel quarto libro, maicomposto, del trattato. Alcuni luoghi della trattatistica medieva-le lasciano chiaramente intendere che il genere della cantilenafosse specializzato in senso propriamente musicale, o che co-munque mirasse alla esecuzione orale, alla performance pubbli-ca: cosí sembra suggerire la distinzione che fa Pietro di Blois frai diversi carmina «poetarum» da una parte e le cantilene «iocula-torum» dall’altra (cfr. DVE, MENGALDO 1996, p. 205 n. 5). NelDonatz di Uc Faidit, il trattato di grammatica provenzale dedica-to a due funzionari di Federico II, il discordo è definito «canti-lena habens sonos diversos»37, testimoniando forse di un’intimaconnessione fra il termine cantilena e l’elemento musicale. Unanetta distinzione fra cantio e cantilena adduce Salimbene deAdam parlando di Manfredo Maletta, conte camerario e musicoalla corte di Manfredi, di cui è detto: «Et est optimus in cantio-nibus inveniendis et cantilenis excogitandis, et in sonandis in-strumentis non creditur habere parem in mundo»38; e simile for-mulazione si trova nel celebre passo a proposito di Federico II:

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39. SALIMBENE, Cronica..., p. 508.40. RONCAGLIA, Sul «divorzio»..., p. 389. Per il diffuso utilizzo del termine cantilenacome sinonimo di ‘melodia cantata’, cfr. N. PIRROTTA, Musica polifonica per un testoattribuito a Federico II, in ID., Musica tra medioevo e rinascimento, Torino, Einaudi1984, pp. 142-53, alle pp. 142 e sgg.41. Ad esempio, nella seconda stanza del poemetto anonimo L’Intelligenza, compo-sto alla fine del Duecento, si incontrano questi versi: «Ne li bei mesi d’aprile e di maio| la gente fa di fior le ghirlandette, | donzelli e cavalier d’alto paraio | cantan d’amornovelle canzonette, | cominciano a gioire li amadori, | e fanno dolzi danze i sonatori»(L’Intelligenza, a c. di V. MISTRUZZI, Bologna, Carducci 1928 [= MISTRUZZI 1928],corsivo nostro). Boccaccio, in un componimento in versi: «Sulla poppa sedea d’unabarchetta [...] | la donna mia con altre accompagnata | cantando or una or altra canzo-netta» (G. BOCCACCIO, Rime, a c. di V. BRANCA, Padova, Liviana 1958, parte I, n. 6,corsivo nostro).

«legere, scribere et cantare sciebat, et cantilenas et cantiones in-venire»39. È lo stesso Roncaglia a riconoscere in quest’impiegoterminologico «una funzionale e per noi preziosa precisazione»:cantilena, secondo il filologo, «ha senso specificamente musica-le»40, al contrario di cantio che vorrebbe significare un testo pu-ramente letterario. Nella nota al passo dantesco sopra citato,Mengaldo ricorda altresí che «i Memoriali bolognesi applicanoil “diminutivo” alle ballate», un genere, come si sa, destinatoprecipuamente alla fruizione musicale. Ora, sempre secondoMengaldo, il termine cantilena (diminutivo di cantio nel trattatodi Dante) «è evidentemente calco del volgare canzonetta (e vediprovenzale chansoneta), ampiamente attestato nel Duecentopresso i poeti a indicare, per lo piú, la canzone con prevalenza oesclusività di versi minori dell’endecasillabo (e generalmente set-te o ottonari) e tonalità eventualmente piú mediocre e cantabi-le» (MENGALDO 1996, p. 205 n. 5). Se la coincidenza dei terminicantilena e «canzonetta» è – come parrebbe – esatta, si potràcon relativa cautela estendere le peculiarità musicali a questaforma ‘mediocre’, come voleva Dante, di canzone. Del resto,molti luoghi letterari cronologicamente successivi alla Scuola si-ciliana mostrano come il genere della «canzonetta» si fosse viep-piú specificato in senso musicale41.

2.2. All’interno del genere della canzone di Scuola siciliana èpossibile individuare (come si accennava al § 0.2) un gruppo di

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 331

42. P. BEC, La lyrique française au moyen âge (XIIe-XIIIe siècles). Contribution à unetypologie des genres poétiques médiévaux, Paris, Picard 1977, I, p. 35.43. BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 326.

componimenti dalle caratteristiche metrico-formali, stilistiche etematiche omogenee, solitamente definiti dai critici «canzonet-te», pure se questo termine non s’attagli esclusivamente al sotto-genere in questione. Le prime attestazioni letterarie in volgaredel diminutivo «canzonetta» si trovano appunto nella lirica deipoeti Siciliani. Vagliando le occorrenze del termine (riferito allostesso testo poetico nelle strofe di congedo di alcuni componi-menti della Scuola), si evince che esso non dovette designareuna forma prosodica distinta dalla canzone eterometrica, ma ca-so mai una sua caratterizzazione stilistica e tematica tendenzial-mente ‘mediocre’. L’ambiguità delle designazioni medievali ètuttavia un fenomeno comune, se – come ammonisce Pierre Becriprendendo Zumthor – «Leur [degli uomini del medioevo] ré-flexion sur la poésie est toujours fluctuante et leur vocabulairelittéraire, leurs désignations mêmes des différents genres, doi-vent être maniés avec beaucoup de prudence: il n’y a finalementque peu de chose à tirer de leur terminologie.»42. È notevole,comunque sia, che l’unico componimento del caposcuola dei Si-ciliani esplicitamente definito «canzonetta» (Meravigliosa-mente,v. 55: «Canzonetta novella»), insieme a tutti i componimenti ade-spoti definiti allo stesso modo (cfr. i nn. (4), (11), (14), (17bis),(18), (24), (32) del repertorio fornito piú oltre, dove vengono ci-tati i versi in cui il termine – segnalato in corsivo – occorre), pre-sentino dal punto di vista metrico-formale gli stessi tratti confi-gurativi: «la monometria, l’uso del verso breve, lo schema relati-vamente semplice»43. Queste caratteristiche permettono di deli-mitare, all’interno del corpus delle canzoni della Scuola, un re-pertorio di componimenti in cui si riscontrano numerosi indiziche inducono a sospettare un tipo di fruizione musicale per ilsottogenere della «canzonetta», intesa d’ora in poi (secondo ilmodello di Giacomo da Lentini) come una forma di canzonedallo schema isometrico e con «esclusività di versi minori del-l’endecasillabo». Ecco l’elenco delle «canzonette» di Scuola sici-liana che rispettano questi parametri e dei luoghi testuali in esse

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44. Dal repertorio – desunto da R. ANTONELLI, Repertorio metrico della scuola poeti-ca siciliana, Palermo, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani 1984, pp. 149-51(«Strofe monometriche») – abbiamo escluso (oltre ovviamente ai componimenti ende-casillabici) i componimenti attribuiti a rimatori non siciliani (fatta eccezione per ilcomponimento (17bis)), mentre per i componimenti anonimi di dubbia collocazioneabbiamo mantenuto il numero di repertorio in corsivo, secondo la segnalazione diAntonelli. In grassetto abbiamo posto il numero d’ordine e il nome abbreviato degliautori dei componimenti d’ambito prettamente ‘federiciano’; in corsivo le occorrenzedei termini che potrebbero rimandare al canto musicale, come verrà indicato a suoluogo. Le citazioni dei versi provengono dall’ed. CLPIO (= Concordanze della linguapoetica italiana delle Origini, a c. di D’A.S. AVALLE, Milano-Napoli, Ricciardi 1993)del ms. V (= Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticano latino 3793), del ms. L(= Firenze, Biblioteca Mediceo-Laurenziana, Laurenziano rediano 9) per i nn. (2) e(17). Gli altri mss. relatori sono siglati P (= Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,Banco Rari 217 [già Palatino 418]) e Ch (= Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana,Chigiano L.VIII.305). I nomi dei poeti sono cosí abbreviati: Comp = Compagnetto daPrato; ReFed = Federico II; GiacLen = Giacomo da Lentini; GiacPugl = GiacominoPugliese; OdoCol = Odo delle Colonne; RinAq = Rinaldo d’Aquino; RugAm = Rug-gieri d’Amici; An = anonimo.

contenuti cui si farà riferimento nei prossimi paragrafi:

Repertorio delle «canzonette» di Scuola siciliana44

(1) 82:2 An, Doglio membrando ’l partire (V 298) [CLPIO: 453]

Schema metrico: 9 a b | a b / c c c b.

11 ferò come l’ ommo salvagio12 che canta per lo temppo strano13 aspetando il buono temppo che vengna,14 cotale natura i[n] llui rengna;15 questo asempro è che mi· ’nsengna16 ralegrare lo mio core, se vano.

(2) 79:4 GiacLen, S’io doglio no è meraviglia ([V 014], L 112bis) [CL-PIO: 175]

8 a b | a b / c c b.

1 [S’] io dollio non è meravillia2 e sed io sospiro e lamento3 amor lontano, mi· pillia4 dolliosa pena ch’ eo sento,5 menbrando ch’ eo sia divizo6 di veder lo bel vizo,7 per cui p<er>eno e sto ’n tormento.

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 333

(3) 65:1 OdoCol, Distretto core e amoruso (V 025) [CLPIO: 310]

8 a b | a b / a c c a. = (4).

1 Distretto core ed amoroso2 gioioso mi· fa cantare

(4) 65:2 An, Po<i> ch’io partio, amorosa (V 299) [CLPIO: 453]

8 a b | a b / a c c a.

25 Va’, canzonetta mia novella

(5) 98:4 GiacPugl/?PVign, La dolce ciera piagente (V 060, P 035, Ch 241)[CLPIO: 326, 240]

8 a b | a b / c d d c. = (7), (17), (17bis).

(6) 91:1 GiacPugl, Donna di voi mi lamento (V 059) [CLPIO: 325]

8 a b | a b / c d . c d . 3e.

68 Poiché m’ ài al tuo dimino,69 pilglia di me tal vegianza,70 che lo libro di Giacomino71 lo· dica per rimembranza,72 amore.

(7) 98:5 ReFed, Dolze meo drudo, e<h>! vaténe (V 048) [CLPIO: 320]

8 a b | a b / c d d c.

(8) 90:2 Comp, L’amor fa una donna amare (V 088) [CLPIO: 338]

8 a b | a b / c d c d c. = (9), (10), (11), (12).

(9) 90:3 Comp, Per lo marito c’ò rio (V 087) [CLPIO: 337]

8 a b | a b / c d c d c.

(10) 90:4 GiacPugl, Quando vegio rinverdire (V 061) [CLPIO: 326]

8 a b | a b / c d c d c.

6 ed io voglio pensare e dire:7 canto per donare comfortto

(11) 90:5 An, Biasmar vo’, ché m’à mesti<e>ri (V 131) [CLPIO: 359]

8 a b | a b / c d c d c.

10 In cantando vò’ pregare[...]64 Kanzonetta mia novella

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(12) 90:6 An, L’altr’ieri fui in parlamento (V 076) [CLPIO: 333]

8 a b | a b / c d c d c.

(13) 87:1 GiacLen, Amor non vole ch’io clami (V 004, L 109) [CLPIO:303, 172]

8 a b | a b / c c d | e e d.

(14) 238:2 RugAm/BonOrb, Lo mio core che si stava (V 019, P 045) [CL-PIO: 307, 245]

8 a b c | a b c / c d d e e.

34 Canzonetta mia gio[io]sa

(15) 57:1 An, Di dolor convien cantare (V 052) [CLPIO: 321]

8 a b | a b | a b / c c c d c d.

1 Di dolore mi· comviene cantare2 com’ altr’-omo per alegranza,3 ch’ io no l’ oso dimostrare4 lo male ch’ i’ ò, per sembianza;5 in cantando il· volglio contare[...]61 Volglio che l’ amore mio canti

(16) 283:1 RinAq, Amorosa donna fina (V 034, L 119) [CLPIO: 314;177]

8 a b c | a b c / d d e | f f e.

1 Amarosa donna fina,2 istella che levi la dia,3 sembrano le vostre belleze;4 sovrana fiore di Mesina,5 nom pare che donna sia6 vostra para d’ adorneze.[...]55 Néd a null’-ommo che sia56 la mia volglia non diria,57 dovesse morire penando,58 se non èste u· Montellese,59 ciò è ’l vostro serventese,60 a voi lo· dica in cantando.

(17) 98:7 GiacLen/?RugAm, Madonna mia, a voi mando ([V 013], L 057,P 040) [CLPIO: 141, 243]

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 335

7 a b | a b / c d d c.

53 per vostro amor fui nato,54 nato fui da lLentino55 dunqua debb’ esser fino,56 dapoic’ a voi son dato.

(17bis) 98:6 Carnino Ghiberti, Disïoso cantare (V 172) [CLPIO: 384]

7 a b | a b / c d d c.

1 Disïoso cantare2 che dal core mi· vene[...]57 Veracie chanzonetta

(18) 89:1 An, Part’io mi cavalcava (V 266) [CLPIO: 432]

7 a b | a b / c d c d b.

55 Canzonetta novella,56 move ·ti e va’ ·nne alo palese,57 e va’ ·nne ala donzella58 che sta nele difese:59 a Saragosa la· manda,60 e va’ fedelemente;61 canta ·la ad ongni banda,62 per la mia rosa piaciente63 ch’ i<o> sia nel paese.

(19) 99:1 An, Quando la primavera (V 101) [CLPIO: 344]

7 a b | a b / c d d c a.

37 Lo tempo e la stasgione38 mi· comfortta di dire39 novi canti d’ amore40 per madonna servire.41 Rasgion è ch’ io ne· cante,42 ancora mi· facca orgolglio

(20) 269:2 GiacLen, Meravigliosa-mente (V 002, L 058, P 039) [CLPIO:302, 142, 242]

7 a b c | a b c / d d c.

55 Kanzonetta novella,56 va’-e canta nova cosa;57 leva ·ti da maitino58 davanti ala piú bella,

336 FRANCESCO CARAPEZZA

59 fiore d’ ongni amorosa,60 bionda piú c’ auro fino:61 «Lo vostro amore, ch’ è caro,62 donate ·lo al Notaro63 ch’ è nato da Lentino».

(21) 81:1 GiacLen, Dolce cominciamento (V 018) [CLPIO: 307]

7 a b | a b / c c b | d d b.

1 Dolcie coninciamento2 canto per la piú fina3 che sia, al mio parimento,4 d’ Agri infino in Mesina;5 ciò è la piú avenente:6 «O stella riluciente,7 che levi la maitina!

(22) 295:7 An, Non m’aven d’allegranza (V 065) [CLPIO: 328]

7 a b c | a b c / d e e d.

1 «Nonn- avene d’ allegranza2 ch’ io degia cantare;3 ma vien ·mi da movimento.

(23) 13:2 An, La mia amorosa mente (V 270) [CLPIO: 434]

7 a a b | a a b / b c c d d.

(24) 61:1 An, Oi lassa ’namorata (V 026) [CLPIO: 310]

7 a b | a b | a b / c d . c d . c d.

49 Va’, canzonetta fina,50 al buono aventuroso

(25) 273:3 An, Già non m’era mestiere (V 264) [CLPIO: 431]

7 a b c | a b c / d d e | d d e.

(26) 296:1 An, Madonna, io son venuto (V 268) [CLPIO: 433]

7 a b c | a b c / d e e | d d e.

(27) 157:1 (140:1) An, Del meo disio spietato (V 265) [CLPIO: 432]

7 a b b c | a b b c / d d d c.

69 Ben chante, – e’ perde prova70 chi sua donna rinova.

(28) 218:1 An, Sí altamente e bene (V 100, P 068) [CLPIO: 344, 254]

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 337

45. Vàrvaro, a proposito della produzione stilisticamente ‘mediocre’ dei Siciliani,parla di «un diverso livello di tradizione poetica, quello dei testi a trasmissione orale,

7 a b c | a b c / c b b c | c b b c.

93 Cantando mi· lamento:94 quest’ è la mia ve[n]gianza.

(29) 237:1 Tiberto Galliziani/?RinAq, Blàsmomi de l’amore (V 110, L072, P 064) [CLPIO: 349, 149, 252]

7 a b c | a b c / c d d c | c d d c.

(30) 147:1 ?GiacLen/Arrigo Testa, Vostr’orgogliosa ciera (V 035, L 061)[CLPIO: 314, 143]

7 a b b c | a b b c / c d d e | e f f c.

(31) 346:1 An, Sí m’à conquiso Amore (V 066) [CLPIO: 329]

7 a b c d | a b c d / e f e f g | h i h i g.

(32) 338:1 An, Son stato lungiamente (V 272) [CLPIO: 435]

7 a b c d | a b c d / e e f f g g | e e f f g g.

55 Chanzonetta, ch’ io mando, 56 di’ che vò chantando57 sí come l’ ommo salvagio:58 ché lo male temppo ch’ agio59 credo nom pò durare;60 ché ’l buono dé ritornare.

(33) 203:1 Pietro Morovelli/An, Donna amorusa (V 175, P 078) [CLPIO:386, 259]

5 a b b c d e | a b b c d e | f g g g g g e.

Alla compattezza metrico-formale dei componimenti in reperto-rio si aggiunge una forte omogeneità stilistica e registrale (ecce-zion fatta per il n. (13), raffinata e retorica composizione delNotaro che si discosta nettamente dalla tonalità ‘cantabile’ dellealtre sue «canzonette»). Al genere della «canzonetta» isometricaappartengono infatti le tipologie ‘dialogiche’ del contrasto fradonna e amante e della malmaritata, che utilizzano quasi semprel’espediente fortemente rappresentativo del discorso diretto: es-so potrebbe in teoria ricollegarsi all’eventualità di una fruizioneorale dei componimenti45, pure se – come si sa – questo tipo di

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che pur doveva esistere e che va considerato perduto» (A. VÀRVARO, La cultura di Fe-derico II, in Federico II e l’Italia. Percorsi, luoghi, segni e strumenti. Catalogo della mo-stra [Roma, Palazzo Venezia, 22 dicembre 1995 - 30 aprile 1996], Roma, De Luca-Editalia 1995, pp. 133-38, a p. 136).46. BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 331.47. Ricordiamo, per converso, il caso della metricamente elaborata emulazione diFolchetto di Marsiglia in Madonna, dir vo voglio, dove «rettrair’en chantan» è tradot-to – significativamente? – solo «dir(e)» (cfr. AU. RONCAGLIA, De quibusdam..., pp. 26e sgg.).

allusioni ‘retoriche’ alla performance pongono questioni inter-pretative particolarmente complesse. Sono «canzonette» in par-te o del tutto dialogate i nn. (6), (7), (8), (9), (12), (15), (18),(21), (22) del repertorio, mentre (24) è un lamento di donna noncorrisposta dall’amato. Da annettere al repertorio sarebbe infineil famoso ‘lamento per la partenza del crociato’ di Rinaldo d’A-quino Già mai non mi conforto (V 032) che – seppure non per-fettamente monometrico (lo schema, di controversa definizione,è 8 a b | a b / 7 c d c 6d secondo PANVINI 1962) – si avvicina, perle sue tematiche e peculiarità espressive, al genere della «canzo-netta».

2.3. Il termine cantare riferito all’io poetico ricorre con frequen-za nei componimenti isometrici di versi ‘brevi’ dei Siciliani, e sinota come esso, in questi casi, non necessariamente si trovi inse-rito in contesti topici della tradizione trovadorica (cfr. i versi ci-tati ai nn. (1), (3), (10), (11), (15), (16), (17bis), (19), (21), (22),(28), (32), dove l’occorrenza è segnalata in corsivo). A volte ilverbo cantare, con retorica proiezione, è riferito alla «canzonet-ta» stessa nelle strofe di congedo (cosí ai nn. (18) e (20) del re-pertorio). Il fatto che il Notaro utilizzi il termine cantare esclusi-vamente («se si prescinde dalle due occasioni presenti nel di-scordo»46, per cui cfr. § 3) nei due componimenti isometrici (nn.(20) e (21)) potrebbe forse costituire un’intenzionale allusioneall’effettiva modalità di esecuzione delle «canzonette», trattan-dosi di un poeta consapevole della sua arte come fu Giacomo daLentini47.In generale, riguardo la terminologia di origine musicale in

uso presso i poeti della Scuola, l’opinione di Pirrotta è che

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 339

48. N. PIRROTTA, I poeti della scuola..., p. 10 n. 14.49. Nella canzone di Mazzeo di Ricco Amore avendo interamente voglia (V 078: PAN-VINI 1962, p. 431), al v. 44, è detto che il cigno termina la sua vita «in cantando»; inDogliosamente e con gran malenanza (V 098: ivi, p. 388), allo stesso modo, si trova «ilciecen, che more in cantando» (v.7); e in Madonna dimostrare (P 042: ivi, p. 578), al v.30, è «(i)n cantare», durante il canto, che la Sirena uccide l’uomo affascinato dallapropria voce.50. SCHULZE, Sizilianische..., p. 20.51. PC 262, 3: G. CHIARINI, Il canzoniere di Jaufre Rudel, L’Aquila, Japadre 1985,p. 57.52. A rigore, l’espressione ricorre pure in due ensenhamen anonimi, di ambito forsenon prettamente ‘federiciano’. Nel primo, Un novello pensiero ò al core e voglia (V067), di tutti endecasillabi, si trova: «per cui sono gioioso e i[n] buona voglia | e miconforto in gioco ed in cantare.» (PANVINI 1962, p. 476, vv. 5-6, corsivo nostro); l’altro(V 276), di registro e struttura affini a quelli della «canzonetta», che esordisce con iversi: «D’una alegra ragione | comincio lo mio canto», al v. 14 recita: «ciò ch’io dico incantare» (ivi, p. 553, corsivo nostro). Ricordiamo en passant che fu proprio il v. 3 diquest’ultima canzone («e ’l fin è alegro e ’l suo buon da gradire») a dare adito a rifles-sioni riguardo l’esecuzione musicale dei testi della Scuola: esso fu emendato da Ga-spary in «e ’l suo[n] b. d. g.» e cosí accolto dall’editore Panvini. RONCAGLIA, Sul «di-vorzio»..., pp. 382 e sgg., risolve la questione riportando il verso alla lezione di V e at-tribuendo all’espressione (i)l suo buon il significato di ‘nocciòlo’, ‘nucleo centrale’ del

«Canto, canzone e cantare spesso indicarono il semplice poetare,ma non è da escludere che fossero anche usati in senso proprio,specialmente nel caso di dire in cantando»48. È notevole, effetti-vamente, che costruzioni sintattiche quali in cantando e in canta-re si trovino sicuramente connesse all’espressione canora vera epropria almeno per quei luoghi del corpus della Scuola in cui es-se vengono riferite al canto del cigno o delle Sirene49. L’espres-sione cui si riferisce Pirrotta, dire in cantando (da affiancare a di-re in cantare, che pure si trova nei testi della Scuola), è ripresa –come ricorda Schulze50 – dal provenzale «dir en chantan», ed èprobabile che sia da raccostare al termine tecnico sonum / musi-cam dicere, diffuso presso i teorici della musica, oltre che al mo-do trovatoresco di intendere «cantare» come dir so (< DICERESONUM), per cui si confronti il verso tautologico di Jaufre Rudel«Non sap chantar qui so non di» col quale esordisce una suacanzone51. Nei testi della Scuola siciliana tali o simili espressioni,riferite all’io poetico, si riscontrano unicamente nelle «canzonet-te» isometriche (cfr. le citazioni ai nn. (11), (15), (16), dove l’e-spressione è segnalata in corsivo)52.

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componimento. Ultimamente SCHULZE, Sizilianische..., pp. VI e 19, ha sostenuto anco-ra l’emendamento del Gaspary e ha anzi apposto il verso in questione in epigrafe alsuo studio, considerandolo un effettivo indizio di presenza della musica presso i Sici-liani. ANTONELLI, La scuola poetica..., pp. 319 e sgg., lo ha ripreso, giudicando il tenta-tivo addirittura «divertente» nella sua infondatezza. L’interpretazione del verso rima-ne, comunque sia, alquanto controversa.53. Cfr. ad es. C. DI GIROLAMO, I Siciliani, in Manuale di letteratura italiana. Storiaper generi e problemi, a c. di F. BRIOSCHI e di C.DI GIROLAMO, 1. Dalle Origini alla fi-ne del Quattrocento, Torino, Bollati Boringhieri 1993, pp. 297-310, a p. 305.54. Cfr. G. CONTINI, Poeti..., p. 66, n. al v. 4. All’ambito ‘canzonettistico’ della pro-duzione di Giacomo da Lentini sembra ricollegarsi la canzone anonima Amor, nonsaccio a cui di voi·m richiami (V 072), la cui penultima stanza legge: «Oi falso amore,quanto se’ abassato! | Perdut[o] ài l’onore! | Lo mal c’ài fatto non ter<r>ò celato, | di-ragiolo ad ogn’ore; | e mandolo al piú fino, | ch’è nato da Lentino; | e prego il NotarGiacomo valente, | quegli ch’è d’amor fino, | che canti ogne matino | sto mi cantarenovo infra la gente» (ed. PANVINI, p. 487, vv. 51-60). Cosí Brugnolo (riprendendoSCHULZE, Sizilianische..., pp. 13 s.) commenta i versi della canzone: «Che si tratti diun’ammiccante allusione al finale di Meravigliosa-mente [...] non implica, fino a provacontraria, che l’uso del verbo (e anche del sostantivo) “cantare” sia qui meramentepretestuoso, completamente disancorato dalla destinazione musicale del testo, tantopiú che la precisazione “infra la gente” sembra alludere a una vera performance pub-blica» (BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 331). Questa riconosciuta allusione a un ve-ro e proprio canto musicale si riconnette dunque alle «canzonette» isometriche delNotaro, richiamandole per quel sistema di rimanti (qui fino : Lentino : fino : matino)che funziona quasi da segno di riconoscimento del poeta.

2.4. La sparizione delle tornadas e, insieme a queste, di senhals edi firme d’autore notata per le canzoni dei Siciliani rispetto allatradizione trovadorica e a ragione interpretato quale indizio delladiffusione non piú cantata ma squisitamente letteraria dei com-ponimenti53, troverebbe in quest’ambito metrico-formale alcuneeccezioni. In tre delle sue «canzonette» monometriche Giacomoda Lentini si preoccupa d’inserire una sfrághis, il sigillo d’autore.Cosí mostra il congedo (quasi una tornada) di Meravigliosa-mentein cui il nome del poeta è ‘cantato’, con gioco retorico, dalla pro-sopopea del componimento (cfr. n. (20), vv. 61-63). Similmenteaccade nella strofa conclusiva di Madonna mia, a voi mando (cfr.n. (17), v. 54). In Dolce cominciamento, invece, la firma poetica ècelata nella stanza d’esordio (cfr. n. (21)), da cui il nome del poe-ta si ricava dalla serie di rimanti ([maitino] : fino : Lentino in (17)e (20), qua fina : Messina : maitina) caratteristica del Notaro,nonché dall’indicazione biografica che si ravvisa nei toponimi ci-tati e che alluderebbe a un viaggio compiuto dal poeta54.

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 341

55. RONCAGLIA, Sul «divorzio»..., p. 386.56. Questo componimento è notevole per il fatto che ogni stanza si conclude con unverso di appendice, un ternario, che si ripete identico e che canta «amore». Che lo sicantasse propriamente starebbe ad indicarlo la possibilità di vedere in questo versouna sorta di ritornello, e nell’intero componimento una «canzone a ballo» (così FOLE-NA, Cultura e poesia..., p. 325). A proposito del ritornello parla Bec in questi termini:«Son rôle est important dès la constitution des premières formes lyriques, notammentdans les genres lyrico-choréographiques, où il était repris par le chœur après chaquecouplet chanté par un soliste: ce refrain ayant une densité sémantique assez variable,depuis l’exclamation, ou l’onomatopée, jusqu’au vers entier...» (BEC, La lyriquefrançaise..., p. 42).57. BRUGNOLO, La scuola poetica..., p. 331.

A tali versi si rifà esplicitamente la strofa d’apertura della sola«canzonetta» isometrica di Rinaldo d’Aquino (cfr. n. (16), vv. 1-6) che pure v’immette un senhal pseudonimo a mo’ di sigillo delpoeta: il «Montellese» (v. 58) (epiteto toponomastico dell’Aqui-nate [cfr. G. CONTINI, Poeti..., p. 111]) si dice pronto a confidar-si – forse per mezzo di un vero e proprio canto – unicamente al-la sua donna.La consuetudine è praticata anche da Giacomino Pugliese

(secondo lo stesso Roncaglia un probabile «poeta-musico-esecu-tore»55): nella «canzonetta» dialogica Donna di voi mi lamento,la menzione del proprio corpus poetico – «lo libro di Giacomi-no» – funziona da sfrághis dell’autore (cfr. n.(6), v. 70)56. Egli neimmette una, particolarmente significativa, pure in fondo alcomponimento Resplendïente (V 062) (di cui un frammento dipoco posteriore alla composizione ha ritrovato G. Brunetti sullacarta di guardia di un ms. di Zurigo): «Di due amanti, che s’a-mar di core, | as<s>ai versi canta Giacomino, | che s[i di]parte direo amore.» (PANVINI 1962, p. 195, vv. 62-64, corsivo nostro).Lo schema metrico del componimento (a un fronte di due piedidi quinari a rima alterna si oppone la sirma di due volte di deca-sillabi) si presta, per l’opposizione di due blocchi isometrici (for-ma consueta nella lirica trovadorica), a un eventuale rivestimen-to melodico. Brugnolo inoltre ritiene che quest’occorrenza deltermine cantare sia da intendere nella sua accezione musicale,dato che «Giacomino Pugliese afferma chiaramente di “cantare”dei versi – e versi ha già il valore tecnico-metrico a noi consueto– ispirati alla propria vicenda amorosa»57. La firma di Giacomi-

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58. Cfr. ANTONELLI, La scuola poetica..., pp. 320 e sgg. e ID., La corte «italiana»...,pp. 332-37; BRUGNOLO, La scuola poetica..., pp. 332 e sgg.59. OdoCol, Distretto core (n. (3)) imiterebbe Amours de qui j’esmuef mon chant deltroviere Audefroi le Bâtard: il caso si trova al primo posto nella gerarchia delle proba-bilità (SCHULZE, Sizilianische..., pp. 78-82 e 209); la «canzonetta» adespota Po<i>ch’io partio, amorosa (4) sarebbe un contrafactum di Gace Brulé, Li consirrers de monpaïs (ibidem, pp. 83-88); ReFed, Dolze meo drudo (5) riutilizzerebbe il melos di un la-mento di donna a.fr. (Plaine d’ire et de desconfort) a sua volta contrafactum di Can veila lauzeta mover di Bernart de Ventadorn (ib., pp. 89-98). Inoltre l’anonima Già nonm’era mestiere (25) riprenderebbe Chançon legiere a chanter di Thieri de Soisson (ib.,pp. 101-106); Quando la primavera (19) avrebbe come corrispettivo melodico la rever-die di Raimon de Miraval Bel m’es q’ieu chant e coindei (ib., pp. 74-79); la «canzonet-ta» ‘dialogata’ Part’io mi cavalcava (18) sarebbe invece l’imitazione della pastorella diThibaut de Blaison, Hui main par un ajornant (ib., pp. 107-111). Infine, alla «canzo-netta» La dolce ciera piagente di Giacomino Pugliese (5) è accostato un jeu-parti ano-nimo a.fr. (Amis, quels est li mieuz vaillanz) che ne ripete lo schema metrico (ib., pp.99 sgg.).

no, infine, si trova pure al v. 40 di Tuttor la dolze speranza (V056: PANVINI 1962, p. 182), dallo schema piuttosto sempliceseppur non isometrico, e la tonalità tipica della «canzonetta».È possibile insomma ipotizzare che le sfraghídes dei Siciliani,

presenti quasi esclusivamente in questa particolare tipologia dicanzone, intenzionalmente richiamino il gesto performativo e ri-conducano all’ambito di trasmissione vocale dei versi, per cui,attraverso riferimenti autobiografici espliciti (sempre taciuti,guarda caso, nelle canzoni metricamente complesse e di registroelevato), fosse possibile riconoscere l’autore dal solo ascolto.

2.5. All’ambito metrico della «canzonetta» riconducono la quasitotalità dei casi di contraffattura musicale di modelli trovadoricio trovierici congetturati per alcuni componimenti di Scuola sici-liana da Schulze in Sizilianische Kontrafakturen, un lavoro cheinsieme al biasimo ha destato pure l’interesse e l’attenzione daparte dei filologi italiani58. Tra i tanti casi in cui ad una «canzo-netta» siciliana è accostato un piú o meno plausibile corrispetti-vo metrico e quindi melodico di tradizione gallo-romanza59, se-gnaliamo qui, in particolare, le congetture di contrafactum checoinvolgono la produzione del Notaro lentinese, caposcuola deiSiciliani.Un componimento di Raimbaut de Vaqueiras (trovatore che

ebbe sicuri influssi sulla lirica dei Siciliani), A vos, bona don’e

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 343

60. SCHULZE, Sizilianische..., p. 40.61. Cfr. A. MENICHETTI, Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima, Pado-va, Antenore 1993, pp. 112 e sgg.62. Cfr. SCHULZE, Sizilianische..., pp. 50-59.

pros (PC 392, 6), si attaglierebbe, secondo il criterio della «pari-tas syllabarum», a Madonna mia, a voi mando (n. (17)). Nono-stante i vari punti di somiglianza individuati da Schulze60 fra idue componimenti (tra cui soprattutto lo schema rimico identi-co), il fatto che per due versi della strofa si tratterebbe non giàdi «paritas» ma di «allotropia» sillabica (l’eptasyllabe femminileoccitanico – dunque materialmente di otto sillabe – verrebbe asovrapporsi al settenario piano italiano costituito materialmenteda sette sillabe) fa dubitare invero d’un effettivo riutilizzo melo-dico61. L’altra ipotesi di contraffattura del lentinese implica inve-ce le strofe monometriche di ottonari di S’io doglio no è meravi-glia (cfr. n. (2)) che sarebbe formalmente e melodicamente strut-turato sopra niente meno che Lanquan li jorn son lonc en mai(PC 262, 2), la lirica famosa sull’«amore di lontano» del trovato-re ‘classico’ Jaufre Rudel62. Effettivamente le rispondenze tema-tiche fra i due testi sono forti, pure se già il carattere astratto,de-contestualizzato e impersonale tipico dei Siciliani in Giaco-mo piglia il sopravvento, e l’alto patetismo pure verbale, l’anda-mento quasi solenne di Jaufre diventa nel Notaro una piuttostocelere movenza: il tono austero della canso s’è stemperato nellaleggiadria d’una «canzonetta». Lo stesso Antonelli, tuttavia, hadato rilievo all’eventualità di contraffattura da un cosí celebremodello provenzale. Egli riscontra la vicinanza tematica (seppu-re di un topos della poesia cortese si tratti) e anche la perfetta so-vrapponibilità dei due componimenti (pure qui agirebbe il crite-rio della «paritas syllabarum» trattandosi di ottonari contro oc-tosyllabes maschili; lo schema rimico è praticamente identico), evi rintraccia inoltre dei richiami alla canso di Bernart de Venta-dorn Non es meravelha s’eu chan (PC 70, 31) da cui il Notaro ri-prenderebbe l’incipit e certe immagini tipiche del trovatore.Questi elementi non sono ovviamente sufficienti a comprovareun’effettiva relazione di contraffattura melodica fra le due can-zoni: da prendere in considerazione sarà semmai l’influsso dei

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63. ANTONELLI, La corte «italiana»..., pp. 332-37.64. SCHULZE, Sizilianische..., pp. 160-62.65. PIRROTTA,Musica polifonica...

trovatori ‘classici’ sui poeti della Scuola, insieme al ruolo che lamusica vi poté giocare63. Infine, va ricordato l’accostamentooperato da Schulze fra la «canzonetta» Dolce cominciamento(21) e il componimento Amors me fet conmencier del troviereThibaut de Champagne: la forte somiglianza di schema metrico,uscite rimiche e soprattutto lessicale delle due strofe d’esordio(nonostante quella di Thibaut sia piú lunga di un verso) dà aditoall’ipotesi di un adattamento delle strofe siciliane al melos pree-sistente64.Astenendoci dal giudicare la liceità dei tentativi dello Schul-

ze, vorremmo qui soltanto mettere in evidenza che l’ipoteticapossibilità di un riuso melodico per i componimenti dei Sicilianipertiene unicamente al repertorio delle «canzonette» isometri-che, i cui schemi si ripetono in molti casi e in molte occasioni ri-prendono schemi trovadorici, costituzionalmente ideati per il ri-vestimento musicale (cfr. §§ 2.7 e 2.8).

2.6. Come si sa, una storica eccezione contro la tesi del ‘divorzio’fra musica e poesia nella Scuola siciliana è costituita dal f. 29vdel ms. di Parigi B.N. nouv. acq. frç. 6771 (siglato PR e detto«codice Reina»), di origine veneta, su cui Pirrotta lesse la «canzo-netta» Dolze meo drudo (attribuita da V a «Re Federigo», identi-ficato da sempre coll’imperatore svevo secondo di quel nome)(n. (7)) sotto un rigo musicale composto probabilmente nel sec.xv nello stile dell’ars nova65. Non riportiamo qui le varie dedu-zioni che da allora sono state fatte, e che non risolvono material-mente la questione se la musica del codice Reina potesse in qual-che modo risalire all’evo federiciano o meno. Interessante è chequest’unico caso documentato di esecuzione cantata di un com-ponimento di Scuola siciliana riguardi proprio una «canzonet-ta», trasformata e musicata in forma di ballata. In un saggio cheriprende la questione della siciliana trecentesca, Pirrotta – esami-nando la ballata [E] vantènde, segnor mio (anch’essa contenutain PR, a f. 38v) – si accorge della concomitanza formale (sia mu-

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66. N. PIRROTTA, Nuova luce su una tradizione non scritta, in ID., Musica tra medioe-vo..., pp. 154-76, a p. 162. Significativa a questo proposito la deduzione di Schulze ri-guardo una plausibile ricezione orale della «canzonetta» Dolze meo drudo da parte delcompositore della ballata trecentesca, per cui «der Komponist der Ballata den Textder Kanzone wohl nicht aus einer alten Handschrift ausgegraben hat. Er dürfte ihnvielmehr zusammen mit der Melodie als lebendiges Lied kennengelernt haben.»(SCHULZE, Sizilianische..., p. 96, corsivo nostro). Le suggestioni di Dronke (P.DRONKE, La poesia, in Federico II e le scienze, Palermo, Sellerio 1994, pp. 43-66, a pp.59 e sgg.), il quale rileva sostanziali affinità (sia tematiche che formali) fra la canzonedi Federico e il Wechsel (contrasto) musicale dei Minnesänger, sono anch’esse indica-tive in questo senso.67. Lo stesso accade per i componimenti nn. (3) e (4) (il primo ascritto ad Odo delleColonne e l’altro adespoto), e per i nn. da (8) a (12) (ossia le due «canzonette» diCompagnetto, una reverdie di Giacomino Pugliese, e due componimenti anonimi),come si può vedere dagli schemi indicati nel repertorio (§ 2.2).

sicale che testuale) di questo componimento con Dolze meo dru-do, per cui in entrambi i casi si tratterebbe di una struttura dicanzone a strofe monometrica poi adattata alla caratteristica for-ma di ballata conosciuta nel XIV secolo col nome di siciliana.«Considerando che la forma di ballata è estranea alla tradizionedella poesia siciliana, la cui norma sembra essere stata una seriedi versi di uguale lunghezza messi in musica due alla volta con laripetizione dello stesso elemento melodico, si può argomentarecon forza in favore della tesi che testo e musica di PR rielabori-no in forma di ballata testo e musica di un autentico canto sici-liano»66. Una prassi, insomma, secondo cui componimenti origi-nariamente costituiti da strofe monometriche e destinati al cantofurono successivamente adattati allo schema della ballata, e dif-fusi sotto questa nuova forma nell’Italia continentale. Ciò riportaall’ambito formale specifico delle «canzonette» di Scuola sicilia-na e permetterebbe di ipotizzare (se l’esempio di Dolze meo dru-do fosse valido in questo senso) un loro utilizzo musicale, magarimediante sonorità autoctone (non per forza contrafacta), e forseaddirittura all’altezza del regno di Federico II.

2.7. Le «canzonette» contrassegnate nel nostro repertorio dainn. (5), (7) (per l’appunto Dolze meo drudo), (17), (17bis), costi-tuiscono un caso particolare: nei quattro casi, lo schema rimicosi ripete identico67. Oltre a ciò, questi componimenti sono acco-munati da relazioni d’intertestualità e da una forte omogeneità

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68. ANTONELLI, La corte «italiana»..., specialmente alle pp. 338 e sgg.69. PC 70, 44: C. APPEL, Bernart von Ventadorn. Seine Lieder, Halle-Tübingen, Nie-meyer 1915, p. 259.70. Cfr. ANTONELLI, La corte «italiana»..., p. 329.

stilistica e tematica. I rimatori cui tre di essi sono ascritti (Giaco-mino Pugliese, Federico II, Giacomo da Lentini) appartengonocronologicamente – come ha notato Antonelli68 – a una fase alta,di ‘fondazione’, della Scuola siciliana, ed è probabile che i con-tatti letterari fra di loro fossero particolarmente intensi. Lo di-mostrerebbe il fatto che le «canzonette» in questione di Giaco-mino e del Notaro si richiamano esplicitamente per il riferimen-to alla saga tristaniana in esse contenuto. La dolce ciera piagente,ai vv. 25-28 recita: «Io nom fui ·vi sí lontano | che ’l mio amorev’ ubriasse, | e non credo che Tristano | Isaotta tanto amasse»(CLPIO: 326); nel componimento di Giacomo da Lentini, inve-ce, la rievocazione letteraria si sviluppa per un’intera strofa (vv.41-48: «In gran dilettans’ era, | madonna, in quello giorno |quando ti· formai in cera | le bellesse d’ intorno. | Piú bella mi·parete | cha Izolda la bronda: | amoroza, gioconda, | che sovroogn’ altra siete.» [CLPIO: 142]), riecheggiando forse l’episodiodell’effige scolpita d’Isotta contenuto nel frammento torinesedel Tristan di Thomas oltre che un luogo di Bernart de Venta-dorn (Tant ai mo cor ple de joya, vv. 45-48: «tant trac pena d’a-mor | c’a Tristan l’amador | non avenc tant de dolor | per Yzeutla blonda»69). Carnino Ghiberti, rimatore ‘siculo-toscano’, cheutilizza il medesimo schema metrico dei due ‘federiciani’ nella«chanzonetta» Disïoso cantare (cfr. n.(17bis)) – in evidente rela-zione intertestuale con le «canzonette» del Notaro –, v’incastonaanch’egli un riferimento alla saga bretone (vv. 21-24: «Quant’eo, non amara | nesuno altro cristiano; | credo lo buono Tristano| tant’ amore nom portara» [CLPIO: 384]). Fatto sta che talipreziosi riecheggiamenti dell’epos tristaniano (che dovette circo-lare, in ambito ‘federiciano’, nella versione ‘cortese’ di Thomasd’Angleterre70) si riscontrano unicamente nelle «canzonette» so-pra menzionate, nonché in due (Giacomo da Lentini, Dal coremi vene, 27-40 e Re Giovanni, Donna audite como, 51-64) delletre canzoni eterostrofiche attribuite a poeti della Scuola, quasi

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 347

71. Cfr. ANTONELLI, La corte «italiana»..., p. 338.72. H. VAN DER WERF, The Chansons of the Troubadours and Trouvères. A Study ofthe Melodies and their Relation to the Poems, Utrecht, Oosthoek 1972, pp. 60-64.73. Riporto qui una riflessione destata dal contributo di Beltrami al Convegno diLecce, dove egli osservava che la partizione in piedi e sirma della strofa trovadorica èspesso rilevabile soltanto grazie alla struttura melodica ad essa pertinente, dato che loschema strofico (solitamente isometrico e comunque metricamente poco articolato)non definisce chiaramente una partizione interna. Una struttura melodica del tipo αβ

certamente ‘canzoni a ballo’ musicate e cantate (cfr. § 3). Saràpossibile ipotizzare che le ammiccanti allusioni alla celebre leg-genda romanzata si facessero coll’intenzione di pubblicarle inoccasione d’una cortese performance musicale?A questo proposito, Antonelli considera la tipologia della

«canzonetta» «il genere in cui piú fittamente si è sviluppato ildialogo poetico interno alla corte, e in cui piú complesso appareanche l’intreccio di relazioni con le altre letterature europee»71.La fase iniziale della Scuola in cui la frequentazione del generemassimamente avvenne (a giudicare dai nomi dei rimatori cui icomponimenti vengono attribuiti, «quanto a dire alcuni tra i piúantichi poeti della Scuola» e i piú vicini al soglio imperiale), la-scerebbe ipotizzare un’influenza ancora cospicua dell’arte trova-dorica (soprattutto per quanto riguarda le piú celebri e diffusecansos occitaniche) e quindi la possibilità di un mantenimento(almeno per questo ambito metrico della produzione) di quellafastosa consuetudine per cui sul testo veniva imbastita una me-lodia perché fosse cantato dal poeta stesso o da un cantore.

2.8. Alcuni dati materiali relativi alle «canzonette» lasciano ef-fettivamente ipotizzare che cosí fosse avvenuto. Discutendo lecaratteristiche metrico-formali delle canzoni cortesi di trovatorie di trovieri, van der Werf72 rintraccia una «conventional stan-zaic structure» – secondo cui a un fronte ripartito in due pedesidentici di due versi ciascuno si oppone una cauda di lunghezzavariabile – descritta dalla formula ab ab x o ab ba x, dove le pri-me quattro lettere rappresentano le rime del fronte e x la sirmavariabile. Tale pattern strofico convenzionale i trovieri lo utiliz-zano per circa l’85% dei componimenti tramandati, mentre itrovatori per circa i due terzi della produzione nota73. Inoltre

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αβ γδεζ..., invece, evidenzia la partizione strofica ab ba x, segnalando musicalmente idue piedi e la sirma (cfr. VAN DER WERF, The Chansons..., p. 64: «the ab ab x sequence[delle canzoni liriche gallo-romanze] is matched in two out of three cases by the ABAB X [ossia αβ αβ x] melodic form»; in altri termini, la struttura melodica delle can-zoni a schema ab ab x riflette, per i due terzi dei casi, la struttura strofica). Ciò inducea considerare la realizzazione musicale quale fattore costitutivo per la comprensionedel componimento trovadorico dalla strofa ‘convenzionale’. Ora, nelle canzoni etero-metriche di Scuola siciliana (come si accennava al § 1) l’elaborata articolazione metri-ca serve il piú delle volte a definire con chiarezza la partizione fra i piedi della fronte ele volte della sirma all’interno della strofa: il fenomeno potrebbe teoricamente inten-dersi quale conseguenza dell’ormai assente rivestimento melodico (il quale invece,nella tradizione trovadorica, segnalava le partizioni interne della strofa). Tale mancan-za avrebbe reso necessario l’utilizzo di uno schema prosodico nettamente articolato infronte e sirma, in piedi e volte, a prescindere dalla melodia. Lo stesso discorso, ovvia-mente, non può farsi per le «canzonette», la cui costitutiva monometria non consentesensibili articolazioni prosodiche, mentre un’eventuale struttura melodica sovrappostasegnalerebbe facilmente il disegno della strofa, similmente al modello provenzale.74. VAN DER WERF, The Chansons..., p. 63.75. I. FRANK, Répertoire métrique de la poésie des troubadours, Paris, Champion1953, I, pp. 90-147.

egli rileva che «the troubadours and trouvères wrote primarilypoems of from seven to ten lines per stanza», con schiacciantepredominanza della strofa di otto versi; ma è soprattutto note-vole il fatto che essi mostrano «a very strong preference for iso-metric, or monometric, stanzas, that is, stanzas in which all linesare of equal length. [...] Approximately two-thirds of all chan-sons have such isometric stanzas»74. Questi rilievi sono ovvia-mente condotti sul Répertoire métrique di Frank75 dal quale sievince che all’incirca 1000 canzoni provenzali posseggono lastruttura strofica ab ba x, e che lo schema ab ba ccdd è condivisoda piú di 300 componimenti, per circa la metà composti da«isometric ten-syllable lines».Raffrontiamo adesso le strutture strofiche delle «canzonette»

di Scuola siciliana, e in particolare di quelle attribuite a rimatoriprettamente ‘federiciani’ e di quelle adespote che appaiono lega-te ai poeti della Scuola per omogeneità stilistica e talvolta per ri-mandi intertestuali:

(2) 8 a b | a b / c c b.(3) 8 a b | a b / a c c a. (4) 8 a b | a b / a c c a.(5) 8 a b | a b / c d d c.

UN ‘GENERE’ CANTATO DELLA SCUOLA POETICA SICILIANA? 349

76. Nell’edizione delle poesie di Giacomo da Lentini, Antonelli rileva che lo schemastrofico piú frequentato nelle «canzonette» dai Siciliani (ossia quello dei nn. (5), (7) e(17) del nostro repertorio, per cui cfr. § 2.7) «è ben attestato anche nella lirica troba-dorica, con 37 esemplari (FRANK, Répertoire métrique, n° 421), ivi compreso quellocon formula sillabica composta da soli versi di sei sillabe ([...] ma la maggioranza è indécasyllabes); due soli esempi invece nella lirica francese e uno fra i galego-portoghe-si.» (G. DA LENTINI, Poesie, edizione critica a c. di R. ANTONELLI, Roma, Bulzoni1979, I [= ANTONELLI 1979], p. 160).

(6) 8 a b | a b / c d c d | 3e.(7) 8 a b | a b / c d d c.(8) 8 a b | a b / c d c d c.(9) 8 a b | a b / c d c d c.(10) 8 a b | a b / c d c d c.(12) 8 a b | a b / c d c d c.(13) 8 a b | a b / c c d | e e d.(14) 8 a b c | a b c / c d d e e.(16) 8 a b c | a b c / d d e | f f e.

(17) 7 a b | a b / c d d c.(18) 7 a b | a b / c d c d b.(19) 7 a b | a b / c d d c a.(20) 7 a b c | a b c / d d c.(21) 7 a b | a b / c c b | d d b.*

* lo schema rimico della sirma varia qui da strofa a strofa.

Dalla tavola si nota come la quasi totalità dei componimenti uti-lizzi la «conventional stanzaic structure» di trovieri e trovatori,col fronte di due piedi di due versi ciascuno e la sirma variabile(ab ab x); che la lunghezza della strofa varia dai sette ai dodiciversi, ma il gruppo piú folto ha la strofa di otto versi (nn. da (3)a (7)); e che, naturalmente e soprattutto, si tratta di schemi iso-metrici, di ottonari o di settenari. Insomma, le caratteristichemetrico-formali piú tipiche della canso musicale trovadorica etrovierica si ritrovano tutte nella tipologia della «canzonetta» deipoeti Siciliani76.

3. Direttamente dalla tradizione trovadorica proviene altresí ilmodello formale del discordo di Giacomo da Lentini (Dal coremi vene [V 005: ANTONELLI 1979, p. 224]), ancora una voltaprobabile prototipo delle rare altre canzoni eterostrofiche di

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77. Re Giovanni, Donna audite como (V 024); Giacomino Pugliese, Donna per vostroamore (V 057); anonimo, De la primavera (V 053); anonimo, Fresca ciera ed amorosa(V 273); anonimo, Rosa aulente (V 271).78. P. CANETTIERI, Descortz es dictatz mot divers. Ricerche su un genere lirico romanzodel XIII secolo, Roma, Bagatto 1995, pp. 289-316 e specialmente alla p. 315.79. CANETTIERI, Descortz..., p. 314. Cosí del resto lascia intendere la terminologiamusicale in riferimento alla canzone stessa da tempo riscontrata nei componimenti diGiacomino e di Re Giovanni (CANETTIERI, Descortz..., pp. 290-93). Alla proposta eti-mologica per il termine caribo (variamente attestato nel XIII sec. ad indicare una musi-ca a ballo, forse d’origine specificamente siciliana, e che occorre al v. 49 della canzoneeterostrofica di Giacomino Pugliese a sancirne la funzione ‘coreografica’) di Canettie-ri, secondo il quale esso deriverebbe dal greco (in relazione «con la famiglia lessicalefacente capo a chorus» e quindi inteso in connessione «alla danza in tondo e ai cori»[CANETTIERI, Descortz..., pp. 293 s.]), opporrei una derivazione dall’arabo, a mio avvi-so la piú convincente e significativa di tutte. Non però, come credeva Spitzer (L. SPIT-ZER, Caribo, «Lingua nostra», XV [1954], pp. 65-66), gharîb (ossia ‘gergo’, ‘discorsoinintellegibile’) sarebbe l’etimo semitico da ricercare, bensí (come del resto rileva ilREW [= W. MEYER-LÜBKE, Romanisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg,Winters 1935]: 4680) kasîba, lí definito «Art Flöte»: una sorta di flauto. Che di stru-mento musicale si tratta, del resto, è chiarito dall’accezione che il termine presenta nel-la stanza 295 de L’Intelligenza, un repertorio di strumenti musicali, dove si legge «Udi-vi suon di molto dolzi danze | in chitarre e carribi smisurati» (MISTRUZZI 1928, corsivonostro). Che dallo strumento caribo si sia passati per metonimia a definire con lo stes-so termine la danza che lo strumento accompagnava non è difficile da ammettere.80. SCHULZE, Sizilianische..., pp. 199-201; CANETTIERI, Descortz..., pp. 297-300.

Scuola siciliana trasmesse dal codice Vaticano77. Paolo Canettie-ri78 ha bene evidenziato la stretta connessione fra descort occita-nico – composizione precipuamente destinata all’esecuzionemusicale – e le canzoni eterostrofiche italiane, che rivestirono lamedesima funzione di svago ludico e cortese, e che furono anzi«con un buon margine di ragionevolezza [...] componimenti ete-romodulari per ballo, con musica non originaria, ma tratta da al-tri testi strumentali e non»79. Si trattò dunque, quasi certamente,di contrafacta musicali: versi imbastiti su melodie preesistenti in-tese per la danza. A surrogare questa tesi accorre, come ha os-servato Schulze e ha chiarito Canettieri80, un caso lampante dicontraffattura del discordo del Notaro: il componimento etero-strofico anonimo De la primavera (CLPIO, p. 321-22) riutilizzagli stessi moduli metrici di Dal core mi vene. Quale fosse la dire-zione di contraffattura non è semplice da dimostrare; pare tutta-via assodato che elemento determinante per l’imitazione fu pro-prio la melodia su cui entrambi i testi venivano cantati, causa

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81. Significativi riscontri intertestuali fra il Cligès di Chrétien de Troyes, il Romand’Eneas e le tenzoni di «sonetti» siciliani hanno rilevato S. BIANCHINI, Cielo d’Alcamoe il suo contrasto. Intertestualità romanze nella scuola poetica siciliana, Soveria Mannel-li-Messina, Rubbettino 1996, pp. 7-71, e R. ANTONELLI, «Non truovo chi mi dica chisia Amore»: l’Eneas in Sicilia, in Studi di filologia e letteratura italiana in onore di M.Picchio Simonelli, a c. di P. FRASSICA, Alessandria, Edizioni dell’Orso 1992, pp. 1-10.82. AU. RONCAGLIA, Le corti medievali, in Letteratura italiana, dir. da A. ASOR ROSA,1. Il letterato e le istituzioni, Torino, Einaudi 1982, pp. 33-147, a p. 144.83. R. ANTONELLI, L’«invenzione» del sonetto, in Miscellanea di studi in onore di Au-relio Roncaglia a cinquant’anni dalla sua laurea, Modena, Mucchi 1989, I, pp. 35-75, ap. 53.84. SCHULZE, Sizilianische..., specialmente a p. 19.

per cui gli schemi metrici si ripeterono identici. È bene sottoli-neare, infine, che alla produzione di questo genere musicale ‘co-reografico’ parteciparono personalità quali Giacomo da Lentini,Giacomino Pugliese, forse Giovanni di Brienne, suocero di Fe-derico II: di nuovo nomi collocabili in una fase cronologicamen-te alta della Scuola e ai quali è legata la produzione di molte del-le «canzonette» isometriche di versi minori dell’endecasillabo(cfr. § 2.7).Riguardo il «sonetto», genere metrico ‘inventato’ dal capo-

scuola dei Siciliani e frequentato da alcuni di essi, si sa che essofu impiegato dai rimatori ‘federiciani’ soprattutto per la corri-spondenza poetica (tenzoni), in cui essi dibatterono di fenome-nologia amorosa traendo spesso sottili concetti e immagini dallatradizione romanzesca francese, di natura eminentemente lette-raria81. Ragionevolmente, dunque, si trattò di «“rime di corri-spondenza” diffuse attraverso scambi epistolari»82. Cosí, nel suoimportante saggio sul «sonetto», Antonelli ammette che «sareb-be ben difficile considerarlo musicato, malgrado la sua etichetta[...]. E del resto non musicate dovevano essere con ogni proba-bilità le “vere” coblas esparsas»83 di tradizione trovadorica, dicui il «sonetto» siciliano rivestí la funzione. All’ipotesi di un «so-netto» composto per essere recepito soltanto attraverso la lettu-ra si è opposto Schulze, ma in forza solo del fatto che la denomi-nazione «sonetto» deriva dal prov. sonet con accezione specifica-mente musicale, a significare la melodia su cui venivano intonatii versi delle cansos84. È interessante notare, tuttavia, che la paro-la «sonetto» non compare mai nei componimenti della Scuola a

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definire la nuova forma metrica. Vero è che l’unica occorrenzadel termine in ambito siciliano («che me ne facie un sonetto», alv. 59 del ‘lamento’ di Rinaldo d’Aquino Già mai non mi confor-to, per cui cfr. § 2.2) dev’essere intesa probabilmente nell’acce-zione etimologica musicale, ma in questo luogo il termine nonsembra affatto riferirsi alla forma metrica denominata esplicita-mente «sonetto» solo da rimatori successivi ai ‘federiciani’. Inol-tre può essere significativo il fatto che, similmente alla stragran-de maggioranza delle canzoni eterometriche dei Siciliani (per cuicfr. § 1), nei «sonetti» della Scuola il termine cantare riferito al-l’io poetico non compare nemmeno una volta. La questione diun «sonetto» eventualmente musicato rimane, comunque sia,aperta: nessun dato formale osterebbe alla possibilità di vederenell’aurea struttura del componimento (quanto meno ai primor-di della sua prestigiosissima tradizione) una strofa da cantare.

4. Questa ricognizione di indizi di ‘vocalità’ nei testi della Scuolapoetica siciliana mostra – come del resto già da tempo alcunistudiosi si erano resi conto – che la tesi del ‘divorzio’ fra poesiae musica al sorgere della tradizione lirica italiana non può piúessere accettata in senso vasto, a coinvolgere integralmente ilcorpus tramandato in massima parte dai tre canzonieri d’area to-scana V, L, P, e riferibile all’attività poetica dei funzionari e di-gnitari di corte sotto Federico II. La produzione dei Siciliani sirivela infatti, sotto i punti di vista metrico-formale, tipologico,stilistico e probabilmente pure cronologico, estremamente varie-gata. Tale complessità è da tenere in gran conto, ci sembra, trat-tando la questione dei rapporti fra testo poetico e canto musica-le. È quasi certo, come s’è visto, che almeno per il genere dellacanzone eterostrofica (frequentata da alcuni dei piú importanti e‘antichi’ poeti della Scuola) il vincolo non si fosse scisso. A unafase cronologicamente alta della produzione appartengono puregli autori noti delle «canzonette» isometriche, un sottogeneredella canzone aulica cortese dalle spiccate caratteristiche stilisti-che e formali sul quale molteplici e piú o meno validi indizi difruizione musicale convergono.Fermo restando che la questione non potrà essere risolta

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esaustivamente in mancanza di dati materiali evidenti o di testi-monianze storiche atte a dimostrare un’effettiva congiunzionetra i testi della Scuola siciliana e la musica, è possibile che gli ele-menti provenienti dalla nostra indagine abbiano almeno contri-buito alla definizione d’uno specifico e peculiare sottogenere (senon proprio un genere) poetico, quello della cosiddetta «canzo-netta», che senz’altro giocò un ruolo importante all’interno dellarigogliosa produzione dei fondatori del canone lirico italiano.

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