la poetica delle raccolte di gabriello chiabrera

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1 MATTIA COPPO - LA POETICA DELLE RACCOLTE DI GABRIELLO CHIABRERA Il contesto storico all'interno del quale la produzione del Chiabrera va inserito è un sistema composito, retto su equilibri talvolta di difficile lettura, giochi a due fra committenza ed in- venzione: lo stesso rapporto di committenza non è unidirezionale, dal momento che la spregiudicatezza dell'artista secentesco (ed il pur pacifico savonese ne è un esempio eviden- te) spesso cerca l'attenzione della corte emergente, lusinga il possibile signore e cerca di atti- rarsene benevolenza e benefici. Per questo motivo abbiamo deciso di premettere alla descrizione delle singole raccolte un piccolo cappello introduttivo di carattere storico, cercando di ricostruire, soprattutto attra- verso l'epistolario del poeta, i fatti politici, d'amicizia e di denari che hanno accompagnato l'ideazione e la realizzazione delle singole sillogi. Il nostro autore non pubblica ciò che non gli serve: ce lo dimostra il fatto che l'unico tratto della sua vulcanica attività a rimanere inedito alla data della sua morte sono i Sermoni, testi di carattere intimistico e privato; e pure fino al 1638 raccoltine di canzoni encomiastiche e poemetti continuano ad andare in stampa presso gli editori romani e fiorentini. Non fanno eccezione le tre raccolte di cui ci occuperemo, cercando di mettere in luce come l'ambiente culturale della corte di riferimento (su tutte, quella fiorentina per le prime due, quella romana per la terza) abbia condizionato le scelte testuali e strutturali del savonese. Ciò non toglie, però, che le operazioni di cassatura, risistemazione, dislocazione e riparti- zione del materiale lirico abbiano qualcosa da dirci riguardo allo sviluppo della poetica chiabreresca: anzi, siamo convinti che proprio l'occasione antologica si sia presentata al no- stro autore come sede di importante riflessione estetica sulla propria opera. Come vedremo, quella che verrà tracciata sarà la linea di una poetica in continuo movimen- to oscillatorio attorno ai due istituti della materia e della maniera: perché il Chiabrera è, al tempo, barocco al quadrato, moltiplicatore infinito tanto di temi quanto di forme (ciò che non è invece il Marino, impareggiabile nella variazione tematica su forme tradizionali), e classicista in evoluzione. Proprio la dialettica insita nella tradizionale etichetta di «classicista barocco» apposta all'o- pera chiabreresca sarà il filo rosso della nostra indagine: perché lo stesso concetto di classico si definisce come alterno richiamarsi all'antichità greca ed alla Toscana della tradizione pre- petrarchista (non pre-petrarchesca, attenzione), sul sottofondo di un carsico appropriarsi delle suggestioni poste dai poeti della Pléiade. Attraversando le strutture delle tre raccolte, osserveremo il classicismo di matrice cinque- centesca della prima (ricerca della coincidenza armoniosa fra forma e contenuto, ordina- mento gerarchico dei componimenti organizzati in verticale, dal basso e leggero all'alto ed

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MATTIA COPPO - LA POETICA DELLE RACCOLTE DI GABRIELLO CHIABRERA Il contesto storico all'interno del quale la produzione del Chiabrera va inserito è un sistema composito, retto su equilibri talvolta di difficile lettura, giochi a due fra committenza ed in-venzione: lo stesso rapporto di committenza non è unidirezionale, dal momento che la spregiudicatezza dell'artista secentesco (ed il pur pacifico savonese ne è un esempio eviden-te) spesso cerca l'attenzione della corte emergente, lusinga il possibile signore e cerca di atti-rarsene benevolenza e benefici. Per questo motivo abbiamo deciso di premettere alla descrizione delle singole raccolte un piccolo cappello introduttivo di carattere storico, cercando di ricostruire, soprattutto attra-verso l'epistolario del poeta, i fatti politici, d'amicizia e di denari che hanno accompagnato l'ideazione e la realizzazione delle singole sillogi. Il nostro autore non pubblica ciò che non gli serve: ce lo dimostra il fatto che l'unico tratto della sua vulcanica attività a rimanere inedito alla data della sua morte sono i Sermoni, testi di carattere intimistico e privato; e pure fino al 1638 raccoltine di canzoni encomiastiche e poemetti continuano ad andare in stampa presso gli editori romani e fiorentini. Non fanno eccezione le tre raccolte di cui ci occuperemo, cercando di mettere in luce come l'ambiente culturale della corte di riferimento (su tutte, quella fiorentina per le prime due, quella romana per la terza) abbia condizionato le scelte testuali e strutturali del savonese. Ciò non toglie, però, che le operazioni di cassatura, risistemazione, dislocazione e riparti-zione del materiale lirico abbiano qualcosa da dirci riguardo allo sviluppo della poetica chiabreresca: anzi, siamo convinti che proprio l'occasione antologica si sia presentata al no-stro autore come sede di importante riflessione estetica sulla propria opera. Come vedremo, quella che verrà tracciata sarà la linea di una poetica in continuo movimen-to oscillatorio attorno ai due istituti della materia e della maniera: perché il Chiabrera è, al tempo, barocco al quadrato, moltiplicatore infinito tanto di temi quanto di forme (ciò che non è invece il Marino, impareggiabile nella variazione tematica su forme tradizionali), e classicista in evoluzione. Proprio la dialettica insita nella tradizionale etichetta di «classicista barocco» apposta all'o-pera chiabreresca sarà il filo rosso della nostra indagine: perché lo stesso concetto di classico si definisce come alterno richiamarsi all'antichità greca ed alla Toscana della tradizione pre-petrarchista (non pre-petrarchesca, attenzione), sul sottofondo di un carsico appropriarsi delle suggestioni poste dai poeti della Pléiade. Attraversando le strutture delle tre raccolte, osserveremo il classicismo di matrice cinque-centesca della prima (ricerca della coincidenza armoniosa fra forma e contenuto, ordina-mento gerarchico dei componimenti organizzati in verticale, dal basso e leggero all'alto ed

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eroico) includere e rilevare quale massima espressione una poesia di matrice pindarica, ge-niale ripresa dell'intuizione ronsardiana con cui conferire dignità estetica anche alla produ-zione encomiastica. Descriveremo poi l'intellettualistica e tecnicissima ripartizione operata nella seconda (fra le tre sillogi quella più radicata nel classicismo toscano e cruscante della Firenze del primo Sei-cento), in un laborioso confrontarsi di esibita moltiplicazione di maniere e materie e, in una molto barocca mise en abime, di maniere nella stessa materia e materie nella stessa maniera. Il percorso troverà il proprio completamento nei quattro volumi del 1627, momento della sintesi che a noi pare definitiva per il classicismo chiabreresco: il modello vero e finalmente interiorizzato è ancora quello di Pindaro, ma stavolta il maestro greco rappresenta più una cifra diffusa, una poetica a tutto tondo, applicabile al di sopra delle categorie di forma e contenuto. La poetica delle raccolte del Chiabrera non è, va ricordato, che un aspetto della macropoeti-ca del nostro: parallela a questa corre sempre quell'inesauribile vena che si concretizza in raccolte di canzoni, canzonette, poemetti e testi teatrali.1 Essa tuttavia denota (ed anche questo è indicativo di una lettura attenta della parabola ronsardiana, di profonda compren-sione del significato dell'esperienza del grande lirico francese)2 l'urgenza e la necessità di fare della propria opera un canone, emblematico e rappresentativo della propria produzione. In questo il Chiabrera è veramente classico, nell'intendere il tragitto poetico individuale come monumentum da lasciare tanto ai posteri quanto alla contemporaneità; c'è, possiamo dire, un'istanza quasi etica, di poesia che, pur senza dirsi impegnata, ambisce pindaricamente ad intervenire sul presente, e sul presente attivo, ufficiale e pubblico. Un concetto di poesia, questo, che si integrerà in maniera del tutto naturale con le esigenze della corte barberinia-na, dando inizio alla lunga fortuna chiabreresca nella storia delle nostre lettere. La prima silloge: Delle Poesie 1605-1606 A cavallo degli anni 1605-1606, all'età di cinquantatré anni e con alle spalle già una decina di raccolte (fra liriche e poemetti),3 il Chiabrera decide di selezionare e riunire la propria produzione in un silloge tripartita, titolandola Delle poesie; una decisione, questa, di cui

1 Ancora nel 1636 (all'età di ottantaquattro anni) il Chiabrera darà alle stampe La lotta di Ercole ed Acheloo poemetto in endecasillabi rimati a selva. 2 Sul valore e sulla novità rappresentata dall'attività ronsardiana (a partire dal 1560, data della prima edizione delle Oeuvres) si vedano A. GENDRE, L'esthetique de Ronsard , Paris, SEDES, 1997 e, più nel dettaglio, M. SI-MONIN, «Ronsard et la poétique des Oeuvres», in Ronsard en son IV centenaire, Genève, Droz, T.H.R., Vol I, 1988, pp. 47-60. A differenza di quanto farà poi il Chiabrera, il lirico francese andrà ad identificare, fin dal 1560, la propria poetica personale con quella delle Oeuvres, sede privilegiata ed unica della sistemazione ed in-tegrazione della sua produzione successiva. 3 I tre volumi Delle canzoni (1586, 1587 e 1588), l'edizione 1591 delle Canzonette, i Poemetti (1598), il ditti-co Le maniere dei versi toscani e gli Scherzi e Canzonette Morali (1591), il poemetto in ottave Il Batista (1602), il volume di canzonette, ballate e madrigali Alcuni Scherzi (1603) e le Rime sacre del 1604. Già a quest'altezza il nucleo forte tanto della produzione leggera (a tema amoroso o anacreontico) quanto di quella elevata (le canzoni di ispirazione -non metro- pindarico) è definito.

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vanno intese tanto le motivazioni, quanto la portata sulla successiva definizione dell'arte chiabreresca. Sorprende un po', in effetti, tale mossa compiuta da un temperamento come quello del no-stro, piuttosto teso all'esplorazione del nuovo (sia esso inteso come esperimento metrico o accoglimento di nuova materia poetabile) che alla limatura incessante dell'opera perfetta: basti ricordare il motto con cui il Chiabrera, novello Colombo si è fatto interprete dello spi-rito della propria epoca («egli voleva trovare novi modi, o affogare»).4 L'occasione (o meglio le occasioni) che di fatto hanno portato il nostro autore a ragionare per la prima volta5 dell'opportunità di raccogliere e selezionare la sua già cospicua opera in versi l'offre la storia: un primo problema lo pone al Chiabrera l'esuberante attività del vo-lonteroso amico ed antologista Piergirolamo Gentile Ricci, il quale sul finire del 1604 stava mandando in stampa, presso l'editore veneziano Combi, una corposa ma non autorizzata selezione della produzione del savonese, con dedica a Giacomo Doria.6 Dei criteri di selezione del Ricci, dell'insufficiente cura posta nell'ordinare e comporre le proprie poesie, il Chiabrera si lamenta in modo esplicito nell'introduzione alla Parte prima del suo volume collettaneo: poca stima faceva io de' versi che di mano in mano io componeva; anzi nelle mani d'amici per loro trastullo io li abbandonava e quasi d'averli composti mi dimenticava; né altro pensero averei fatto su loro se altro non fos-se avvenuto. Percioché alcuni, io voglio credere miei amorevoli, in diversi tempi hanno preso a raccorre mie poesie e senza ordine, mutando i titoli, scambiando i nomi, tutte o disperse o confuse l'hanno stampate, e, fat-tisene padroni, ne hanno, come di lor patrimonio, a loro talento disposto; e più oltre, vaghi solamente di stamparle, come elle si stampassero non hanno preso cura niuna, sì che cariche di scorrezioni, non ch'a porger diletto, non sono atte ad essere intese. Ho pertanto cambiato pensiero; e poiché contra mio proponimento deono le ciancie mie divulgarsi, io sono per procurare ch'elle si divulghino con minore vergogna di me.7 Esplicitamente, dunque, il nostro autore rivendica la necessità di una raccolta da lui stesso ordinata e voluta, onde evitare che la sua opera esca danneggiata da curatele meno attente e rispettose della sua poetica.

4 Citiamo dall'edizione approntata da C. Carminati, in C. CARMINATI, L'autobiografia del Chiabrera secondo l'autografo, «Studi secenteschi», XLVI, 2005, pp. 3-43. Il passo in questione, celeberrimo, è alla pagina 40, e messo a testo per lectio difficilior dall'editrice («tutti i testimoni hanno novo mondo», p. 40, nota 107): solu-zione che si accorda ancor più di quella precedentemente vulgata al temperamento strettamente poetico del Chiabrera. 5 L'unico cenno precedente il 1605 potrebbe essere quello contenuto nella lettera 143 (a Bernardo Castello, Savona, 25 dicembre 1602: «Ancora se a sorte ella gli ha, o sa chi gli abbia, io vorrei aver un poco tra le mani alcuni sonetti, che io composi già per la morte del Duca di Guisa; due sono appresso me, gli altri gli ho smar-riti, e vorrei un poco rivederli, e porli poi insieme in un libretto con altri. Se V.S. può soddisfarmene l'avrò caro. Di me posso dire che sono questi mesi stato attorno al mio canzoniere, e presto se piace a Dio, ridurrollo là dove per me si può»). Viene da pensare che il canzoniere cui il C. fa riferimento possa essere la raccoltina Alcuni Scherzi, andata in stampa nel 1603, di per sé piuttosto esile ma concepita quale ideale completamento della traiettoria iniziata con il dittico, datato 1599, Le maniere dei versi toscani e Scherzi e Canzonette morali. Lo stesso Donnini, che suggerisce invece come questo cenno possa essere visto in prospettiva dell'antologia del 1605, ammette come non vi siano prove a supporto della propria congettura (vedi G. CHIABRERA, Opera liri-ca, Genova, Edizioni RES, 2005, Vol. V, p. 180). 6 Si tratta dell'edizione Rime [...] Raccolte da Piergirolamo Gentile, stampate a Venezia tra il settembre 1604 ed il gennaio 1605 (la silloge comprende, oltre alla selezione della produzione lirica chiabreresca, anche le Ven-demmie del Parnaso, il Rapimento di Cefalo, l'Erminia, L'Alcina prigioniera, le rime sacre). 7 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, pp. 363-64.

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Ma nel 1605 il Chiabrera ha un altro, ben più prosaico motivo per affrettarsi a pubblicare un'opera significativa: egli si trova a dover risolvere un serio contenzioso con il fisco roma-no, causatogli dall'inopinata gestione del suo patrimonio operata dal fratello naturale Augu-sto; da una lettera inviata a Bernardo Castello il 20 dicembre 1605 apprendiamo che «Questo agosto passato io andai Roma per gravissimi accidenti, i quali quasi m'hanno abbattuto in terra, e giuntovi assai presto caddi infermo; riavutomi, e dato quello ordine agli affari miei, che per me si poteva mi-gliore, io per consiglio di medici e di amici mi sono tolto a quell'arie pessime, e sono in patria per Dio gra-zia.»8 Tali «gravissimi accidenti» sono spiegati dal C. stesso nella sua Vita9 et all'hora egli hebbe a perdere tutto il suo havere in Roma: ivi condannato per pasquini chi maneggiava i suoi affari, il fisco gli occupò, ma con mostrar ragioni, e col gran favore del signor cardinale Cintio Aldobrandini il trasse di novo a sé. e, sebbene si risolvessero positivamente, devono aver gettato il Chiabrera, personaggio sen-sibile alle problematiche generate dal denaro nella vita dell'uomo, in uno stato di sincera preoccupazione. Ricorse sicuramente ad un ingente prestito, ricevuto dal nobile genovese Giovan Vincenzo Imperiali, il cui nome ritorna con costanza nell'epistolario relativo alla stampa della raccolta, e dedicatario del terzo volume della raccolta stessa: Finalmente il tempo venne, benché pregato, e ripregato: sono a casa, e aspetto V.S. quando ella potrà, e vorrà venire alla divozione. Qui in tanto io metto in ordine la terza parte delle mie poesie, per uscir di cose fatte e dare loro alcuna forma, e ordine men biasimevole. Questa parte io per molte cagioni, io voglio donarla e dedi-carla al Sig. Gio. Vincenzo Imperiale.10 Della dedicazione io scrissi a V.S. temendo non incertare l'umore di quel signore, perché io veggo che a cote-sti Signori in stampa si dà dell'Illustrissimo [...] non avendo esempio inanzi del Sig. Gio. Vincenzo [Imperia-li], spio il vostro parere.11 Già mandai la copia al Pavoni con la lettera, e ogni cosa appartenente alla stampa; e quello che io potei giun-gere col mio discorso ho adempiuto, cioè che il libretto si possa legar solo, e accompagnato con l'altre parti. De' titoli miri V.S. come posso io secondare la modesta gentilezza del Sig. Gio. Vincenzo?12 Attraverso le tre lettere citate riusciamo a seguire abbastanza agevolmente (ma mancano i cenni alle prime due parti, quelle dedicate a Giacomo Doria)13 le fasi dell'invio del testo della parte terza e della stampa della stessa; allo stesso tempo, comprendiamo quanto il

8 L. 156, in G. Chiabrera, Lettere (1585-1638), cit., p. 136. 9 C. CARMINATI, L'autobiografia del Chiabrera secondo l'autografo, cit., p. 35. Con buona probabilità al fratello Augusto era stata imputata la composizione di testi satirici sgraditi alle autorità romane (interpretiamo così il «pasquini» del rigo primo). 10 L. 158 a Bernardo Castello del 25 aprile 1606, G. Chiabrera, Lettere (1585-1638), cit., p. 139. 11 L. 159 a Bernardo Castello, data 6 maggio 1606, ibidem. 12 L. 160 a Bernardo Castello, data 31 maggio 1606, ivi, p.140. 13 In nessuna lettera del Chiabrera troviamo elementi relativi alla stampa delle parti I e II dell'edizione 1605: con tutta probabilità i contatti fra autore ed editore (Pavoni stampava a Genova) saranno avvenuti di persona (a proposito vedi Donnini in G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. V, p. 181).

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Chiabrera necessitasse della somma che si aspettava di ricevere dall'Imperiali: così scrive il nostro autore nell'autunno del 1606:14 che il mio poemetto sia stato volentieri ricevuto dal Sig. Gio. Vincenzo [...]. Ora perché cotesto signore vi ha fatto motto di alcuna cosa, che al presente da me si desidera, io dico a V.S. che se più ne parlerà può dirgli, che come mio grande amico sa la tempesta, che mi turba in questo tempo; e che se mai fui soccorso, non già mai sarei mai opportunamente. E però se dee uscire di sua mano niuna galanteria, ella sia in modo, che io possa valermene.15 Questi due fattori dunque stanno alla base dell'ideazione e rapida realizzazione della prima raccolta chiabreresca: per noi è importante sottolinearne l'occasionalità, la spendibilità im-mediata, fatto che la distanzia già nello spirito da raccolte "ultime" come quelle cinquecen-tesche (pensiamo ovviamente alla linea Bembo - Casa, e qui rientra a pieno anche il Tasso, inesausto rielaboratore delle sue Rime). Consideriamo ora la struttura della raccolta: Delle Poesie 1605-0616 riunisce, in una struttu-ra tripartita (in un labile richiamo alla tripartizione tassiana, ma i contatti, almeno quelli strutturali, si fermano qui), 171 componimenti; la raccolta è (e non poteva essere altrimen-ti) estremamente variegata tanto da un punto di vista contenutistico quanto formale, moti-vo per cui abbiamo preferito illustrarne l'ordinamento nella tabella che segue:

Delle Poesie 1605-06

PARTE LIBRO FORME METRICHE / SOGGETTO prima 1 6 madrigali, 20 ballate / amoroso prima 2 12 componimenti in distici di settenari a rima baciata / amoroso prima 3 21 sonetti / amoroso prima 4 27 sonetti / encomiastico prima 5 21 sonetti / tirtaico

seconda 1 10 canzonette / amoroso seconda 2 10 canzonette / anacreontico-mitologico seconda 3 18 odi tetrastiche / morale, pindarico seconda 4 7 canzoni / pindarico seconda 5 6 canzoni / pindarico seconda 6 6 canzoni / sacro

terza unico 8 poemetti narrativi (terza rima, ottava, sciolti)

14 Quando si avviava, fra l'altro, a richiedere un secondo prestito al nobile genovese, in curiosa concomitanza con il di lui notevole accrescimento patrimoniale in seguito al matrimonio contratto con la ricca Laura Gri-maldi (a riguardo vedi R. MARTINONI, Gian Vincenzo Imperiale politico, letterato e collezionista genovese del Seicento, «Medioevo e Umanesimo», 51, Antenore, Padova, 1983, pp. 188-190). 15 L. 164 a Bernardo Castello, Savona, 4 settembre 1606 (in G. Chiabrera, Lettere (1585-1638), cit., p. 143). Si noti qui come la questione fiscale non si fosse, ancora all'altezza del settembre 1606, appianata, ed il riferi-mento ai benefici attesi dall'autore dal ricco dedicatario. 16 Da questo punto indicheremo la raccolta con la sigla P05-06, tanto per brevità quanto per facilitare un'e-ventuale lettura affiancata all'edizione Donnini, che sigla così l'edizione della raccolta di cui ora ci occupiamo. La numerazione stessa dei componimenti citati seguirà quella della medesima edizione (indicheremo dunque La violetta come 59, come in G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 145).

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Ad uno sguardo come dall'alto la percezione è quella di una struttura asimmetrica e pirami-dale, tanto nelle ripartizioni interne (mentre la parte prima e seconda differiscono di poco, cinque libri a sei, la terza risulta indivisa), quanto nella distribuzione dei componimenti: la parte prima contiene quasi il doppio delle liriche della seconda (107 a 56). La prima suddivisione segue un criterio eminentemente metrico: come possiamo osservare, il Chiabrera raccoglie nella parte prima i testi in forme due-trecentesche (madrigali,17 balla-te, distici di settenari,18 sonetti), mentre nella seconda organizza la propria moderna produ-zione strofica (canzonette, odi tetrastiche, canzoni a strofe esastica). In chiusura, i poemetti. Una ripartizione basata su criteri tematici viene poi a sovrapporsi (con un intreccio che de-nuncia la tensione, di matrice cinquecentesca, all'accordo di materia cantata e forma eletta) a quella metrica sopra individuata: anche questo un fattore che contribuisce a rappresentare la raccolta come un percorso ascensionale, dall'iniziale leggerezza amorosa ai più nobili nu-clei di marca tirtaica19 (i sonetti della parte prima, libro quinto), etica (parte seconda, libro terzo), pindarica (parte seconda, libri quarto e quinto) e sacra (parte seconda, libro sesto). Uno sguardo ora ai criteri di selezione del materiale ed all'organizzazione dello stesso all'in-terno dei singoli libri. Da subito va detto come manchi, nella strutturazione globale della silloge chiabreresca, ogni accenno ad uno sviluppo anche latamente narrativo, ad una diege-si lirica d'un fatto di sentimento, o di un fatto tout court. D'altro canto, buona parte della produzione del savonese, compresa quella amorosa, nasce come encomiastica. I testi si susseguono piuttosto per nuclei tematici, come osserviamo, ad esempio, nella strut-turazione del libro terzo della parte prima:

SONETTI AMOROSI

TESTO INCIPIT ARGOMENTO 121 Giovane fiamma di cortesi amanti Dama mascherata 122 Chi fur le due che 'l vivo avorio ascose Dame mascherate 155 La beltà che sì forte oggi innamora Dama mascherata 156 Perch'a nostri desir voglia rubella Dama mascherata 157 Non è questa colei che con l'ardore Dama mascherata 123 Donna vidi io che di bellezze altiera Dama che danza 158 là 've d'alta beltà luce infinita Dama che danza 159 Aura, che sul mattin vaga ti giri Dama che danza 160 Qual se ne va talor rapidamente Dama che danza 125 Quando gioiosa infra celesti Amori Dama in abito vedovile

17 Il madrigale che ha in mente il Chiabrera è quello antico: «Di qui io mossi a tentare diverse cose; et hora con gli scherzi che V.S. leggerà [Alcuni Scherzi, raccolta del 1603]ho voluto toccare di quei concetti, che i La-tini e i Greci toccarono rallegrandosi con Bacco; et in cambio de' moderni madrigali licentiosi assai per verità ho ritrovato la forma degli usati dagli antichi formati con regola». Questo in L 154 (a Roberto Titi, Savona, 29 settembre 1604, in G. Chiabrera, Lettere (1585-1638), cit., p. 134). Ed effettivamente la strutturazione del madrigale chiabreresco è quella ternaria, antica, petrarchesca (vedi ad esempio il metro di 168 e 169, modella-to su RVF 54, il cui schema è ABA CBC DE DE). 18 Il modello per tale forma è ronsardiano, come indicato da Neri nel suo importante F. NERI, Il Chiabrera e la Pléiade francese, Torino, Bocca, 1920, p. 42. 19 L'etichetta è nostra, anche se il Chiabrera avrebbe probabilmente definita la maniera dei sonetti in questio-ne come piuttosto quella d'Alceo (si veda l'introduzione alla parte seconda di Delle poesie 1618: «Alceo, esper-to delle guerre, compose canzoni attorno a gli affari de i regni». Citiamo da G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. II, p. 251).

7

126 Se di quei vaghi fiori, onde riveste Dama in abito vedovile 127 S'a l'amato Peleo Tetide riede Dama in abito vedovile 128 Né d'oro in vaga rete il crin raccoglie Dama in abito vedovile 211 Già fresco per lo ciel trascorre il vento Saluto alla dama che parte 124 Duo bei cristalli ch'a ria sete ardente Lode della liberalità 161 Queste mie labbra e questa lingua a pena Lode della liberalità 212 Questo fin or d'almo tesoro ornaro Lode della liberalità 35 Qual infra l'aure candide, succinta Loda la pittura di B. Castello

213 Se l'opra, ove mio stil per sé vien meno Loda la pittura di B. Castello 214 Angela io vidi, e ch'a mostrarne scese Dama che danza 36 Perché forte ragion freni il talento Loda la pittura di B. Castello

L'ordinamento è, anche ad un livello inferiore, progressivo: si parte dalle situazioni più leg-gere (scene di vita mondana), quindi si loda la dignità vedovile; oltre il sonetto di stacco 211 (inedito in precedenza), il tono sale leggermente, e si passa a tematiche quali l'amicizia, la liberalità, l'attività creatrice dell'amico pittore.20 Motivi di carattere formale sono invece evidenti nella selezione delle canzoni filtrate dalla primissima raccolta chiabreresca (Delle Canzoni 1586) al libro quarto della parte seconda di DP05-06: gli otto componimenti eletti si strutturano tutti su strofe esastica, mentre vengo-no respinte le canzoni con strofe più ampia; giusto per esemplificare, delle tre canzoni che aprono la raccolta del 1586 l'autore riprende la prima, Questa, che nova infra le man mi suo-na (strofe a schema ABbACC) e la terza, Viva perla de' fiumi (schema aBbAcC), mentre scarta la seconda, Se barbarico ardire (schema aBbCaDdCcefEfGG)21. L'operazione effettuata nella ripartizione delle canzonette nei libri 1 e 2 della parte seconda è, dal nostro punto di vista, esemplare: anche in questo caso, iniziamo col visualizzare il fe-nomeno nella tabella che segue:

CANZONETTE (PARTE II, LIBRI 1 E 2) LIBRO TESTO INCIPIT ARGOMENTO SCHEMA METRICO

1

60 Un dì soletto amoroso a5a5b7c5c5b7 81 Belle rose porporine amoroso a8a4b8c8c4b8 59 La Violetta amoroso a5a5b7c5c5b7 84 O begli occhi, o pupillette amoroso a8a4b8c8c4b8

261 In più modi amoroso a4a4b8c4c4b8 87 Vaghi rai di ciglia ardenti amoroso a8a4b8c8c4b8

20 In tutto questo, non siamo riusciti a capire il significato dell'inserimento del sonetto 214 in penultima posi-zione, delocalizzato rispetto alla serie tetrastica 123-158-159-160. Tale sonetto è stato per di più composto in occasione della silloge stessa e, se inserito in coda alla stringa sopra menzionata, avrebbe bilanciato perfetta-mente i componimenti dedicati alle Dame mascherate (cinque contro cinque). Ma il Chiabrera è anche questo, autore vulcanico e talvolta del tutto incomprensibile nelle sue scelte; a questo proposito vale la pena di citare le sorridenti parole con cui Merola chiude la sezione biografica della voce chiabreresca del Dizionario Biogra-fico: «[Il Chiabrera] Muore prima di avere ulteriormente complicato la vicenda delle sue opere, a Savona, il 14 ottobre 1638, all'età di ottantasei anni...» (citiamo dalla voce "Chiabrera" , N. MEROLA, Dizionario biografico degli italiani, VOL. 24, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1980, p. 472). 21 Facciamo notare che anche sul piano metrico la disposizione dei testi tende a descrivere una parabola di progressivo innalzamento: i componimenti posti a chiudere la sezione sono la sestina semplificata (con retro-gradatio ma costruita sui rimemi, non sulle parole-rima, e senza congedo) Certo averrà che di Nettun fremente (11), e la canzone Non perché umile in solitario lido (dedicata a Cristoforo Colombo, è l'unica delle otto ad es-sere composta di soli settenari).

8

62 Chi può mirarvi amoroso a5a5b7c5c5b7 50 Del mio sol son ricciutegli amoroso a8a4b8c8c4b8 78 Quale appare Iri celeste amoroso a8a4b8c8c4b8

262 Fama, che d'auree piume amoroso a7b7b7a7a7c7d7c7d7e7e7

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64 Poi ch'al forte Cavagliero anacreontico a8a4b8c8c4b8 65 Damigella anacreontico a4a4b8c4c4b8 66 Ecco la luce anacreontico a5a5bc5c5b 67 Amarilli, onde m'assale nucleo mitologico a8b8a8b8c8c8 68 Amarillide deh vieni nucleo mitologico a8b8a8b8c8c8 72 Febo ne l'onde ascoso nucleo mitologico abbaacddc 73 Corte, senti il Nocchiero nucleo mitologico abbaacddc 74 Fra le Ninfe de' fonti nucleo mitologico abcabccdd

263 Volgi, Iole nucleo mitologico a5b5a5b5c5c5d5d5 264 Rinuccini, il bon nocchiero nucleo mitologico a8b8b4c8a8d8d4c8c8e4f8e8f8

Il libro primo (testi 60-262) si sviluppa prima con un terzetto di liriche incentrate sul paral-lelo elemento floreale-donna amata (60, 81, 59), poi con una serie tetrastica dedicata agli occhi della dama (84, 261, 87, 62); il terzetto conclusivo è inaugurato dalla canzonetta Del mio sol son ricciutegli, ponte fra la seconda serie (perché loda una caratteristica fisica dell'a-mata) e i due componimenti conclusivi, in cui compare la materia mitologica (presente an-che in 50 nella tratteggiata nascita di Amore).22 Significativamente a staccare, in ultima po-sizione, vi è 262, unica lirica del gruppo composta di soli settenari, caratterizzata dunque da un incedere più elevato rispetto ai testi precedenti. Nel libro secondo il Chiabrera raccoglie invece liriche di ispirazione anacreontica, contrad-distinte da una pervasiva presenza di temi mitologici: anche in questo caso la disposizione è progressiva, con il terzetto d'apertura costruito su metri più semplici, la coppia (metrica-mente identica, e con versi più lunghi) 67-68 in posizione mediana, indi la seconda terna (72, 73 e 74), canzonette di soli settenari, infine i due testi inediti, Volgi Iole e Rinuccini, il bon nocchiero. Dei due, è semplice comprendere la posizione di 264: è la canzonetta dalla strofe più lunga (tredici versi) e conseguentemente composita del gruppo; dunque le spetta il compito di chiudere la sezione. Assieme a 263, essa segna l'addio del poeta alla lirica amo-rosa (che di fatto, nel prosieguo della raccolta, non verrà più toccata), abbandonata per più elevati ragionamenti di sapore morale (le odi tetrastiche del libro successivo):

Un, quattro, sei, Sette, otto, venti; Oimé chiedei Fulmini ardenti; O occhi crudi! Iole,23 chiudi I lampi loro, Ch'io me ne moro.24

22 Citiamo i vv. 18-21: «E che ei nacque di una dea. | Non fu dea sua genitrice, | Come om dice: | Nacque in mar di qualche scoglio | ...». (da G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 136). 23 Segnaliamo come «Iole» vada scandito, per costruire un quinario, come trisillabo, e quindi con inconsueta (ed obiettivamente difficile) dieresi. 24 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 409.

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Già da questi pochi, veloci spunti possiamo trarre un'idea piuttosto netta dell'opera del Chiabrera giudice ed antologista di sé stesso: i criteri su cui la selezione si basa sono, sin dal livello più alto (la tripartizione della raccolta), formali e contenutistici assieme. L'attenzione per le maniere della poesia è evidente nello stacco fra la parte prima e la seconda, stacco tut-to metrico e teorico (la tradizione pre-bembiana prima, il nuovo canone chiabreresco poi); ad un livello inferiore l'ordinamento continua a seguire questo doppio binario metrico-tematico, con movimento verticale ed ascendente (forme leggere cui seguono metri più ele-vati, materia amorosa posta prima del canto morale, a sua volta subordinato a quello pinda-rico e sacro): quasi la successione di stili ed argomenti venisse a sostituire, con un'operazio-ne tecnicissima, intellettualistica, il romanzo lirico canonizzato dal Bembo. La raccolta del 1618-1619 Nel decennio successivo alla stampa della prima silloge l'attività del nostro autore si focaliz-za sull'infinito lavoro di revisione, modifica e riadattamento dell'Amedeide, poema epico commissionatogli dal duca di Savoia Carlo Emanuele I: vicenda travagliata, segnata dalle difficoltà di rapportarsi con un committente esigente oltre le abitudini del poeta.25 Da parte sua, il Chiabrera intensifica, già sul finire del 1614, i contatti con l'amica corte medicea; lo troviamo a Firenze dal dicembre dello stesso anno fino al settembre 1615, in un soggiorno che produrrà due piccole raccolte d'occasione (Alcune canzoni composte per la cor-te di Toscana e Alcune poesie sopra la morte del Principe don Francesco Medici) e, nei primi mesi dell'anno successivo, un sostanzioso aumento del beneficio mensile anticamente con-cessogli da Ferdinando I: Gabriello Chiabrera [...] riceve per grazia da V.A.S. [Cosimo II de' Medici] sino alla somma di s. 25 il mese di provvisione per il tempo che egli dimora in Firenze. E per qualche sinistro accidente accadutogli supplica V.A.S. di lasciarlo anco godere l'istessa somma stando a casa sua, dove procurerà di servirla et esser pronto a ogni suo comandamento.26

25 Il poema viene presentato per la prima volta al duca nel 1607, poi ripreso ed aumentato fino alla seconda revisione, avvenuta nel 1610. Ancora nel 1612 troviamo il Chiabrera a presentare il poema all'incontentabile committente: l'esito è ancora una volta negativo, tanto che il duca richiede la consulenza di Honoré d'Urfé, marchese di Valromey e cavaliere della SS. Annunziata, poeta in proprio e cortigiano. La revisione terminerà solo nel 1618; nel frattempo, ironia della sorte, saranno le disastrose vicende della campagna antispagnola in-trapresa da Carlo Emanuele (terminata nel settembre 1617 con la pace di Madrid e la conseguente rinuncia dei Savoia al Monferrato) a costringere il Chiabrera a tornare sul poema, da dedicare ora ad un duca uscito piuttosto ridimensionato dai fatti d'arme. Per una ricostruzione della vicenda vista dalla prospettiva chiabrere-sca si veda G. PONTE, L'"Amedeide" di Gabriello Chiabrera, in La scelta dalle misura. Gabriello Chiabrera: l'al-tro fuoco del barocco italiano, atti del convegno di Savona 4-6 novembre 1988, acd. F. BIANCHI e P. RUSSO, Genova, Cosmi & Nolan, 1988, pp. 210-223. 26 L. 286 a Cosimo II de' Medici non datata ma congetturalmente collocabile nei primi mesi del 1616, in G. Chiabrera, Lettere (1585-1638), cit., pp. 232-233. Chiabrera era divenuto gentiluomo del Granduca di To-scana nel 1600, dopo il clamoroso successo del Rapimento di Cefalo, rappresentato a Firenze in occasione delle nozze di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia. Vale la pena di notare, perché indicativo del tempera-mento chiabreresco, la deliziosa disinvoltura con cui il nostro autore chiede che la cifra gli sia corrisposta domi suae.

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Sempre al 1616 risale il primo cenno ad un progetto di una seconda raccolta della sua opera poetica: Di me poco posso dirle salvo la mia sanità; riveggo i miei versi, e gli ordino tutti, e desidero stamparli, perché si vegga quanto ho pensato intorno a questi studi.27 Non ci sembra di sovrinterpretare se intendiamo quel «si vegga» come riferito alla corte medicea: nella mente del Chiabrera la silloge trova la propria naturale destinazione nell'am-biente fiorentino. Nel 1617 l'autore pubblica un ulteriore libretto in lode al Gran Duca (Alcune canzoni sopra alcune vittorie delle galere toscane), e sembra aver momentaneamente accantonato il progetto della raccolta: se non che torna in gioco, inattesa, l'implacabile Amedeide. Con la grazia di Dio Benedetto si spera certamente la pace in Piemonte, e però io penso che intorno all'Ame-deida sia da fare dadovvero, e non cercare prove, le quali io proponeva di fare per dar tempo al tempo. Ora io mi risolvo fermarmi questi mesi di verno a casa, e non passare in Toscana, e mettere il libro in chiaro, e pro-curare che si sottoscriva dal R. Inquisitore, e finire il suo corso. [...] Intanto per avanzar tempo, e per mandare alcuna cosa in Toscana, io voglio stampare la prima parte delle mie rime ordinate come desidero che riman-gano dopo me, specialmente non esseno per più comporne.28 La dinamica ci sembra piuttosto chiara: l'autore si trova a dover riprendere in mano un la-voro che presuppone ostico (dati i precedenti), ed al tempo stesso si trova nella condizione di produrre dei versi in onore di un altro committente, generoso ma esigente; la soluzione più praticabile è, ancora una volta, quella della raccolta: e intanto per alcuni miei disegni voglio stampare la prima parte delle mie rime, cresciute, scemate, ed in effet-to ordinate come dopo la mia vita ho caro che si leggano.29 Il senso di urgenza che accompagna la stesura della seconda silloge chiabreresca è percepibi-le con evidenza in diversi passi del suo epistolario, costellato di solleciti affinché il Castello (paziente tramite fra il Chiabrera e l'editore Pavoni) acceleri i tempi della stampa: Mando a V. S. il polizzino dei versi segnati ed acconci. V.S. solleciti il Pavoni a mio nome, perciocché a me sarebbe comodità grande mandargli in Corte di Toscana per le feste di Natale, e le occasioni non sono da per-dere.30 Il Pavone in effetto è lento con me; è quasi due mesi che in palazzo sono quei fogli, e non mai li ha ricoverati; io se per mezzo gennaro non ho quel libretto stampato, perdo l'occasione per la quale lo stampo. Di grazia V.S. glielo dica.31 Esauriti i tempi tecnici, nella primavera 1618 la prima parte della raccolta è terminata, e si-gnificativamente in viaggio con l'autore stesso verso Firenze:32 nel frattempo viene recapita-to al Pavoni il manoscritto contenente i componimenti destinati a costituire la parte secon-

27 L. 289 a Bernardo Castello, Savona, il 17 marzo 1616, ivi, p. 235. 28 L. 318 a Bernardo Castello, Savona, il 19 settembre 1617, ivi, p. 254. 29 L. 319 a Bernardo Castello, Savona, il 25 settembre 1617, ivi, p. 254. 30 L. 326 a Bernardo Castello, Savona, il 17 novembre 1617, ivi, p. 260. 31 L. 328 a Bernardo Castello, Savona, il 21 novembre 1617, ivi, p. 261. 32 Vedi L. 339 a Bernardo Castello, Savona, il 24 aprile 1618, ivi, p. 266.

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da, che vedrà la luce nell'autunno successivo; l'edizione si completerà infine con la stampa della parte terza, contenente i poemetti, nel marzo 1619. Anche Delle poesie 1618-1619 presenta, dunque, una struttura tripartita: due sezioni pret-tamente liriche seguite dai poemetti. Il materiale lirico è quello prodotto fino al 1605 (gli inediti sono una trentina, cifra che corrisponde ad un quinto del corpus complessivo), men-tre vengono profondamente riveduti i criteri relativi all'organizzazione interna dei compo-nimenti: Ho dunque de' miei lirici componimenti fatte due parti, et in una sono le poesie distinte non guardando alle cose che in esse si trattano, ma riguardando alla maniera delle rime messe insieme per variamente trattarle; nell'altro legerannosi le poesie non con riguardo alle rime, ma solamente a' soggetti ch'elle contengono.33 Nella parte prima, quindi, i testi sono raggruppati in libri in base alla loro forma metrica; le suddivisioni interne alla parte seconda, invece, seguono criteri tematici. Il Chiabrera torna sulla varietà dei soggetti poetabili nell'introduzione alla parte seconda: I Greci, Illustriss. Signor Leonardo, i quali abbondavano d'ozio et erano a meraviglia forniti d'ingegno, poe-tando per le antiche stagioni e per varie strade salendo al Parnaso, poche materie lasciarono che da' loro nobili versi non fossero illustrate. Anacreonte, secondando i suoi costumi con soavità da non pareggiarsi, assegnò il suo canto all'allegrezza de i conviti et alle feste del bon Dionigi; Saffo mitigò le fiamme d'Amore, onde era ac-cesa, cantando le sue passioni; ma Pindaro, con grandezza di spirito incomparabile, celebrò i travagliosi esser-cizii de' Cavallieri; all'incontra Simonide ebbe vaghezza di piangere le altrui morti; et Alceo, esperto delle guerre, compose canzoni intorno a gli affari de i regni. Per sì fatta varietà di scritture non pò negarsi andarsene altiera infinitamente la greca poesia [...] Ora io, per lo spazio de la mia gioventù dilettandomi nella piacevo-lezza delle muse, presi consiglio di comporre alcuni pochi versi ne i quali si richiudessero tutte quelle sì fatte materie.34 L'operazione del Chiabrera è, almeno negli intenti, chiara: presentare una raccolta che si proponga quale nuovo canone tecnico e tematico della poesia toscana, un canone alla sua maniera, potenzialmente inesausto tanto tematicamente quanto formalmente; un canone che incontri quelle istanze classiciste (di un classicismo più a-bembiano che antibembiano) che venivano esprimendosi alla corte di Cosimo II. Cominciamo ora ad occuparci della strutturazione della silloge, di cui riassumiamo prima di tutto il traliccio nella tabella alla pagina seguente

Delle Poesie 1618-19

PARTE LIBRO FORME METRICHE/SOGGETTO prima (testi

ordinati per

maniera)

1 42 sonetti / amoroso, encomiastico, tirtaico, morale 2 4 canzonette, 5 canzoni / amoroso, pindarico (nucleo mitologico) 3 25 odi tetrastiche / morale, pindarico 4 7 canzonette, 1 ballata / amoroso, pindarico, morale 5 13 componimenti in distici di settenari a rima baciata / amoroso

33 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. II, p. 193. 34 Ivi, pp. 251-252. Nell'arco della produzione del nostro autore, ci troviamo di fronte al raccordo teorico e programmatico tra forma ed argomento, la chiusura di un cerchio aperto nel 1599 con l'avvertenza posta ad inaugurare la raccolta Le maniere de' versi toscani: lì il concetto di varietà veniva applicato all'ambito metrico e ritmico (si veda G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 125-27).

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seconda (testi

ordinati per

materia)

1 6 ballate, 5 canzonette / anacreontico 2 14 canzonette / amoroso 3 18 canzoni / pindarico 4 7 canzoni / funebre 5 4 canzoni / alcaico

terza 1 7 poemetti in sciolti inediti 2 6 poemetti in sciolti già editi

Il numero totale dei componimenti è sceso leggermente (dai 171 di DP05-06 a 164), ma permane la proporzione di due a uno nel rapporto fra la parte prima, più corposa, e la parte seconda: ritorna insomma a costituirsi quella struttura asimmetrica e piramidale che aveva-mo intravisto nella prima raccolta. L'ordinamento è però profondamente mutato, in segui-to ad operazioni che potremmo riassumere come:

i. delocalizzazione: ovvero lo spostamento di una sezione rispetto alla posizione occu-pata in DP05-06. È il caso dei libri 2 e 3 della seconda parte di DP05-06 (canzonette anacreontiche ed odi tetrastiche), che salgono in seconda e terza posizione nella prima parte di DP18-19; i distici di settenari a rima baciata slittano da DP05-06 I, 2 a DP18-19 I, 5. Infine il fatto più evidente, la salita dei sonetti nel libro d'apertura della prima parte (in DP05-06 la posizione era I, 3-4-5).

ii. accorpamento: restiamo sui sonetti, che nella prima silloge si distendevano lungo tre libri. Nella nuova raccolta essi vengono a costituire un solo libro (per evidenti moti-vi, dal momento che l'autore in essa distribuisce la materia secondo i differenti me-tri). Qualcosa di simile avviene per le canzonette contenute in DP05-06 II 1-2, riu-nite in DP18-19 II, 2, e per le canzoni nobili che troviamo in DP18-19 II, 3, deri-vanti dai libri 4, 5 e 6 della parte seconda di DP05-06.

iii. creazione di nuove sezioni: è il caso di I, 4 (in cui cinque delle sette canzonette sono inedite, a cui va aggiunta una sesta, assente in DP05-06), di II, 1 (che riunisce, è ve-ro, materiale presente di DP05-06 I, 1 e II, 2, ma in una compresenza concettual-mente nuova); ancora, II, 4 (che recupera canzoni del 158735 escluse dalla silloge precedente, più una, inedita, posta in coda) ed infine II, 5 (tre inediti più una can-zone, Febo s'infiamma e rimenando il giorno, assente in DP05-06).

Iniziamo dal fondo: la novità dei libri II, 4 e II, 5 corrisponde alla necessità espressa dall'au-tore di dispiegare diverse materie nella seconda parte della raccolta, inserendo dunque la materia funebre (alla maniera di Simonide) nel quarto libro e quella alcaica nel quinto at-traverso il recupero di canzoni del tutto assenti in DP05-06 (II, 4) e la scrittura ex novo delle quattro liriche contenute in II, 5. Il primo libro della parte seconda ha invece una genesi differente e composita: vi troviamo sei ballate (171, 173, 174, 176, 178, 177), presenti in DP05-06 I, 1, combinate con cinque canzonette, di cui due (64, 65) già raccolte in DP05-06 II, 2, e tre (356, 357, 358) inedite. Il tratto comune è dato dalla tematica strettamente anacreontica

Evoé tutto ederoso, Pampinoso; Ecco movo i passi erranti,

35 Si tratta dei testi 13, 14, 15, 16, 17, 18, ovvero del libro secondo di Delle canzoni 1587.

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E di nebride coperto, Nel deserto Vo' cantar fra le Baccanti.36 Lasso, mio duol più si commove e bolle; O sconsigliato aviso! Ma se fra quattro nappi, onde io son molle, Un non ce n'ha di riso, Bacco, temprami il quinto, e sia di sonno.37 Sono io sentito? Mal vive om che non beve: Clori, rechisi vin, rechisi neve; Io tutti invito: Beviam, che non è ria Una gentil follia.38

esplorata con grande varietà di forme metriche che vanno dalla ballata minore all'odelette ronsardiana, come possiamo osservare nella tabella che segue:

PARTE II, LIBRO 1

TESTO INCIPIT METRO SCHEMA

171 In quel terso cristal profondo e largo ballata XX aBaBBX 173 Tutto infocato alberga ballata xyyX ABABbccX 174 I sospir tanti confortar non ponno ballata XyZyZ ABABCdCdX 176 Tosto che per le vene erra ondeggiando ballata Xyyzzx ABABBccddx 178 Se tuoi begli occhi vaghi ballata xyyX ABABxccX 177 Lascia la varia sete ballata xYZyZ ABCABCxYZyZ 64 Poi ch'al forte cavalliero canzonetta a8a4b8c8c4b8 65 Damigella canzonetta a4a4b8c4c4b8

356 S'oggidì spalma suoi legni canzonetta a8a4b8b8c4c8 357 Su questa lira canzonetta a5b7Ba5c7c7 358 Gonfio le gote canzonetta a5b7Ba5c7c7

Le sei ballate presentano tutte schemi diversi tra loro, ordinati (come abbiamo visto essere la prassi chiabreresca anche nella raccolta precedente) in un crescendo di complicazione me-trica: notevole è 177, in cui la mutazione viene di fatto a coincidere con la totalità (sillabica e rimica) della ripresa (e con rientro delle parole-rima degli ultimi tre versi); le canzonette interpretano la strofe esastica con tre schemi differenti, alcuni più comuni (si pensi soprat-tutto a quello di 64 e 356), altri innovativi (357-358, schema speculare con settenari e qui-nari che ruotano attorno all'unico endecasillabo, posto centralmente in terza posizione). Si tratta di uno sfoggio di abilità tecnica, quasi a dimostrare di saper trattare la medesima ma-teria (quella anacreontica) con maniere molto diverse; lo stesso intento ci sembra di ritrova-re in I, 4, laddove il Chiabrera esibisce una rassegna di maniere d'interpretare la medesima maniera, la forma canzonetta:

36 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 155, vv. 49-54. 37 Ivi, p. 292, vv. 10-14. 38 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. II, p. 255, vv. 19-24.

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PARTE I, LIBRO 439

TESTO INCIPIT METRO SCHEMA 264 Rinuccini, il bon nocchiero canzonetta a8b8b4c8a8d8d4c8c8e4f8e8f8 210 Dal cor tragge nocchier sospiri amari ballata Xy5y5X a5a5b7c5c5b7Bd5d5X 348 Al gran coro Febeo cetra diletta canzonetta Ab5b5ABc5c5ADD 349 Se per vecchiezza rea canzonetta a7BBa7c4d8d8c8 319 Questa che 'l bon Vulcano canzonetta aBbAcDDcx 350 Io pure il veggio, ahi lasso, io pure il miro canzonetta Ab_Ab_ccB_ 351 In su la ghiaia canzonetta a5b5a5b5BcD_cD_ 352 Già tornano le chiome a gli arboscelli canzonetta Ab_Ab_c8c8b4b4B_

Una specie di repertorio, di libro-contenitore delle più variegate forme con cui interpretare la canzonetta (intesa, ovviamente, nella sua accezione più ampia, quale forma metrica strofi-ca non riconducibile tanto al modello della canzone petrarchesca quanto a quello oraziano, filtrato attraverso Bernardo Tasso, della strofe esastica): nell'ordine, troviamo l'espansione dell'odelette ronsardiana in ottonari e quadrisillabi (264), una ballata maggiore (210),40 una canzonetta a fronte scalare (348, dove si susseguono endecasillabi, settenari e quinari); ab-biamo poi tre canzonette contraddistinte dalla presenza di rime tronche che si ripetono nel-la medesima posizione in ogni strofa (irrelata in 319, nelle rime b in 350 e nelle rime D in 351), ed infine 352, costruita sulla rara alternanza di misure dispari e pari, anche in questo caso con il ritorno di rimemi tronchi (la rima b, due settenari ed un endecasillabo). Allo stesso tempo I, 4 è anche la dimostrazione di come attraverso la stessa maniera sia pos-sibile trattare diverse materie, oscillando preziosamente tra le varie sfumature d'un registro leggero e sereno: 264 ricorda la pericolosità di Amore, 350 e 351 sono scherzi amorosi, mentre 352 loda l'amore coniugale; 210, 348 e 349 ragionano sull'animo umano, sul ruolo della poesia e sui legami d'affetto, mentre 319 distende la materia anacreontica. Intrave-diamo qui un moto oscillatorio risultante dall'attrazione attorno a poli, in un comporsi vor-ticoso di realizzazioni possibili: ci torneremo. Occupiamoci ora dei casi di libri distinti di DP05-06 che vengono accorpati in un unica se-zione nella nuova silloge: si spiega da sé la destinazione dei sonetti al solo I, 1 in DP18-19 39 Indichiamo con il trattino basso, nella tabella seguente, i casi di rima tronca in posizione fissa. 40 A riprova di come la determinazione terminologica della forma canzonetta fosse, all'altezza del Seicento, an-cora fluttuante. Il termine canzonetta sembra indicare, nell'ottica chiabreresca, ogni componimento strofico d'argomento leggero (gli "scherzi") cui sia possibile associare un accompagnamento musicale. Si intrecciano insomma i piani formali con quelli contenutistici, e non è sempre facile districarsene con agio. Prova ne è che il Chiabrera stesso inserisce alcuni testi talvolta in libri in cui si trovano sole canzoni, talvolta in contesti di so-le canzonette (si pensi alla terna 72, 73, 74, in DP05-06 posizionata assieme a canzonette in quadrisillabi ed ottonari, che in DP18-19 I, 2 trova posto, invece, fra le canzoni di marca pindarica).

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(perché, lo ricordiamo, il libro appartiene alla parte prima, quella organizzata per criteri formali); spostandoci nella parte seconda, vediamo confluire in II, 2 le canzonette prece-dentemente apparse in DP05-06 II 1 e 2, e riunirsi in DP18-19 II, 3 le canzoni nobili conte-nute in DP05-06 II 3, 4 e 5. Il significato del raggruppamento dei sonetti in un solo libro è lo stesso dell'operazione compiuta nell'ideazione ex novo di I, 4: il Chiabrera propone quarantadue testi che si pon-gono come l'applicazione della medesima maniera a materie differenti. Ed è significativo che proprio in questa sede compaia una serie di sonetti inediti (330, 331, 332, 333, 334, 335 e 337), posta in chiusura di libro, nei quali vengono affrontate tematiche morali con toni sapienziali finora mai impiegati nella detta forma, che aggiunge dunque nuovi argo-menti al proprio raggio espressivo.41 Frutto di evidenti delocalizzazioni di materiale lirico è invece l'intera struttura della parte prima, di cui diamo brevemente conto: la sezione si apre sui sonetti, (posizionati nei libri I, 3-4-5 di DP05-06, quindi in conclusione della prima sezione); I, 2 è sezione nuova, conte-nente canzoni a strofa breve, non petrarchesche, di argomento pindarico, mentre di seguito troviamo le venticinque odi tetrastiche a tema morale (il blocco è quello di DP05-06 II, 3, anticipato dunque in posizione mediana nella parte prima della nuova raccolta). Chiudono i libri 4 e 5, contenenti componimenti di matrice musicale, leggeri: in I, 4 entrano le can-zonette (buona parte inedite), in I, 5 i distici di settenari a rima baciata (la cui sede in DP05-06 è I, 2). L'ordinamento, come possiamo osservare, non è più quello ascendente, verticale, rilevato nella prima silloge: la nuova raccolta si apre sul metro più tradizionale possibile, il sonetto, in chiaro omaggio al classicismo toscano della corte cui essa sarà destinata. Seguono due coppie di libri, quella centrale (I, 2-3) più nobile, quella terminale (I, 4-5) amorosa e musi-cale42. Combinando quanto osservato con la disposizione della parte seconda otteniamo un andamento oscillante alto-basso-alto, disteso lungo le due sezioni in una tensione elastica e reciproca verso i due poli dello stile alto ed ornato e di quello dolce e leggero; un andamen-to bifocale che richiama, ci sia concesso, la dinamica compresenza dei due criteri costitutivi della raccolta stessa, la maniera e la materia.

41 Possiamo fare un discorso simile guardando a II, 2 e II, 3, aggiungendo che in questi casi l'accorpamento viene a risolvere una cesura (quella fra i libri 1 e 2 della parte seconda di DP05-06, e fra i libri 4, 5 e 6 della medesima sezione) abbastanza debole, dal momento che cadeva in tutti i casi fra testi classificabili sotto la me-desima forma metrica (canzonette 1 e 2, canzoni 4, 5, 6) e trattanti gli stessi argomenti (amoroso le canzonet-te, pindarico le canzoni). 42 L'impatto della corte fiorentina sulla poesia chiabreresca è senza dubbio significativo, sin dal suo primo sog-giorno nella città dei Medici, nella sua personalissima sintesi di classicismo e musicalità: «I primi incontri fio-rentini del Chiabrera, risalenti [...] al 1585, sono con il mondo accademico ed umanistico, intonati ad un classicismo rigoroso: lo rappresentano [...] Lorenzo Giacomini e Giovambattista Strozzi.» (G. Chiabrera, Lette-re (1585-1638), cit., p. XIV). Riguardo al rapporto fra poesia e musica, va ricordato che il grande successo della prima esperienza del Chiabrera autore teatrale e melodrammatico, Il rapimento di Cefalo, andò in scena il 9 ottobre 1600 proprio a Firenze.

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L'ultima raccolta: Delle Poesie 1627-1628 Il 6 agosto 1623 il cardinale Maffeo Vincenzo Barberini viene eletto papa ed assume il no-me di Urbano VIII: Corsero anni, e fu creato papa il cardinale Barberino; Gabriello hebbe con lui amicitia fin da gli anni gioveni-li, e sempre durò, ma non con molta familiarità per la lontananza delle loro dimore; andò dunque a baciare i santissimi piedi; fu raccolto con cortesissima maestà; e diede segni d'amore sempre che Gabriello capitò in Roma, perciò che egli non volle farvi continuamente stanza; la primiera volta ch'egli se ne dipartì mandolli un bacile pieno di Agnusdei, e due medaglie, ove era il suo volto scolpito, et un quadretto dentrovi l'imagine del-la beatissima vergine miniata. Poi sotto l'anno santo egli gli scrisse un breve, come suole agli huomini grandi, e con esso invitavalo a Roma; andò e fu con accoglienze più cortesi ricevuto.43 Corre dunque un'amicizia di vecchia data fra il nuovo, ambizioso pontefice, amante delle arti e delle belle lettere, ed il Chiabrera, che vede concretizzarsi l'opportunità di accedere al-la più importante corte italiana dalla porta principale. Il classicismo chiabreresco ha trovato ora il suo secondo, nobilissimo polo, aggiungendo all'amica Firenze la capitale dello Stato Pontificio.44 Lo spostamento di baricentro è facilmente percepibile: dal 1624 la produzione del nostro autore guarda esplicitamente alle esigenze della corte romana, tanto nelle tematiche (è dello stesso anno la stampa degli Inni per alcuni santi, dedicata al cardinale Francesco Barberini), quanto nelle scelte formali (compaiono a quest'altezza le prime canzoni pindariche a strofe tripartita in strofe, antistrofe ed epodo, in chiaro omaggio al classicismo antichizzante pro-pugnato da Urbano VIII). L'oscillare dell'attività chiabreresca attorno alle due grandi città del classicismo secentesco può essere ben rappresentata dagli spostamenti del nostro autore nella prima metà dell'anno 1625: a febbraio il Chiabrera è a Roma, intento a seguire di persona la stampa, presso il Mascardi, del poemetto Il Chirone e delle Canzonette composte alla maniera di Pindaro; a maggio lo troviamo invece a Firenze, dove si occupa dell'edizione Cecchi di due volumi di Canzonette ed uno di Ballate; significativamente, la materia leggera in Toscana, quella eroi-ca alla corte papale. Questo, seppur a brevi linee, il contesto da cui nasce il progetto di una nuova raccolta, pro-getto di cui ci resta un solo cenno nell'epistolario chiabreresco: farò ciò, che fie possibile per lo desiderio cocente di giungere a Firenze ove non ho già faccenda maggiore, che stampare i miei dispersi e da disperdersi componimenti.45 I tempi sono dunque maturi, e nella lettura delle dinamiche relative alla geografia culturale il Chiabrera ha sempre dimostrato estremo acume, per proporre un nuovo canone, divul-gando una silloge che coniughi il classicismo della tradizione toscana con quello antichiz-

43 Il passo è tratto dalla Vita del Chiabrera, in C. CARMINATI, L'autobiografia del Chiabrera secondo l'autogra-fo., cit., p. 38. 44 Sull'impatto della figura del Chiabrera sulla corte di Urbano VIII si veda, soprattutto per quanto riguarda le figure del Testi e del Ciampoli, il quadro datoci da F. L. MANNUCCI, La lirica di G. Chiabrera, Perrella, Na-poli-Genova, 1925, alle pp. 252-262. 45 L. 386 a Pier Giuseppe Giustiniani, Savona, estate 1627, ivi, p. 303.

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zante ora richiesto a Roma: due direttrici, queste, da sempre presenti nel percorso poetico del savonese. L'edizione del 1627 ha quindi un'importanza particolare: sarà edizione fiorentina, ed il poe-ta ne seguirà personalmente la stampa46 presso Zanobi Pignoni; per la prima volta le parti sono quattro (contro le tre di DP05-06 e DP18-19), con due sezioni di poemetti posti a cor-nice del cuore lirico della raccolta:

Delle poesie 1627-1628

PARTE LIBRO FORME METRICHE/SOGGETTO prima 1 18 poemetti in selva e sciolti

seconda

1 22 distici di settenari a rima baciata / anacreontico 2 23 canzonette / amoroso, anacreontico 3 13 canzoni / pindarico 4 7 canzoni / funebre 5 6 canzoni / invettiva antiereticale 6 28 odi tetrastiche / morale

terza 1

32 sonetti / amoroso, encomiastico, morale, tirtaico 9 canzoni / pindarico

8 odi tetrastiche / pindarico 6 canzoni / sacro

quarta 1 11 poemetti in sciolti, selva ed ottave Le novità rispetto alle precedenti due raccolte sono evidenti. Innanzitutto, la mancanza di un'introduzione d'autore che ne motivi la necessaria stesura (vedi DP05-06), o che ne deli-nei il raffinato tracciato metodologico (DP18-19); la netta dominanza della linea alta;47 infi-ne la struttura elegantemente tetrastica, con i poemetti a redditio a racchiudere il solito sbi-lanciamento quantitativo fra le due sezioni liriche (qui 99 testi contro 55), che assumono in questa sede però una conformazione estremamente diversa: se la parte seconda riprende la partizione esastica di DP05-06 II, non abbiamo infatti nessun precedente di sezione indivisa, eterometrica e tematicamente variata come quella riscontrabile nella parte terza. Questo modulo classicamente simmetrico (cui fa da contrappunto la climax che ascende verso le tematiche più nobili) viene replicato anche nella dispositio delle singole parti: così la parte seconda ha il proprio centro attorno al libro terzo (contenente le canzoni pindariche), ed ai lati (libri primo e sesto) i testi metricamente più semplici (distici di settenari a rima baciata ed odi tetrastiche); la parte terza è costruita attorno alla serie composta dalle nove canzoni eroiche e dalle otto odi tetrastiche a tematica anch'essa pindarica; precedute dai sonetti e seguite dalle canzoni sacre.

46 Che il Chiabrera fosse a Firenze appositamente per la stampa della raccolta ce lo testimonia anche una lette-ra del Testi, datata 4 agosto ed indirizzata al C. stesso: «Mi rallegro con V.S. del suo prospero arrivo in Firenze [...] attenderò con impazienza i suoi componimenti, perché le poesie degli altri si leggono con diletto, quelle di V.S. con profitto». A Firenze il Chiabrera rimarrà almeno fino al febbraio 1628, data dell'ultima lettera in-viata dalla città dei Medici. 47 Conti alla mano, il rapporto produzione leggera/produzione alta passa da un rapporto favorevole alla prima, 58/37, in DP05-06 (6 madrigali, 20 ballate, 12 distici e 20 canzonette vs 19 canzoni e 18 odi tetrastiche), al sostanzialmente bilanciato 50/59 di DP18-19 (7 ballate, 13 distici e 30 canzonette vs 34 canzoni e 25 odi te-trastiche), per giungere infine al 45/77, dunque con netta predominanza della linea elevata, di DP27-28 (22 distici e 23 canzonette vs 41 canzoni e 36 odi tetrastiche).

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La cifra, e ci torneremo, è data dalla sintesi di maniera e materia di Pindaro, vero protagoni-sta di quest'ultima raccolta, che dialoga apertamente con entrambe le precedenti sillogi, ed in maniera meno laboriosa di quanto avvenuto nel passaggio da DP05-06 a DP18-19: II, 2, libro di canzonette, è il risultato della fusione dei libri 1 e 2 della parte seconda di DP05-06

CANZONETTE - PASSAGGIO DA DP05-06 A DP27-28

Delle Poesie 1605-1606 Delle Poesie 1627-1628

TESTO PARTE LIBRO # TESTO PARTE LIBRO 60 II 1 60 II 2 81 II 1 81 II 2 59 II 1 59 II 2 84 II 1 84 II 2

261 II 1 261 II 2 87 II 1 87 II 2 62 II 1 62 II 2 50 II 1 50 II 2 78 II 1 78 II 2

262 II 1 359 II 2 64 II 2 66 II 2 65 II 2 68 II 2 66 II 2 72 II 2 67 II 2 73 II 2 68 II 2 74 II 2 72 II 2 80 II 2 73 II 2 67 II 2 74 II 2 263 II 2

263 II 2 470 II 2 264 II 2 47 II 2

- - - 48 II 2 - - - 64 II 2 - - - 65 II 2

La stringa dei primi otto componimenti rimane, come possiamo osservare, immutata, men-tre intervengono alcune dislocazioni interne; fra queste, assume maggior rilievo lo sposta-mento in coda della coppia 64-65: la materia anacreontica, espressa nelle canzonette in que-stione nella sua versione più pura, chiude e come smorza il contenuto erotico del libro. No-tevole è poi il recupero di 47 e 48, testi editi nel lontano 159948 ed inseriti per la prima vol-ta in una raccolta, in virtù della rivalutazione del loro forte tasso di sperimentalismo metri-co. 49

48 Si tratta dei componimenti Dolci miei sospiri e Già mi dolsi io, ch'acerbo orgoglio, rispettivamente VI e VII testo della raccolta Le maniere de' versi toscani. 49 Riguardo a 47, «Dal punto di vista metrico questa canzonetta costituisce un hapax; è infatti con Begli occhi lucenti il solo componimento chiabreresco a utilizzare versi senari, già rari di per sé, ma inusitati nella versione trocaica, con accenti di 1* 3* 5* [...], combinati inoltre in strofe di sei versi; ed è notevole che dopo una prima esclusione dalle successive stampe d'autore, insieme a quei testi che suonavano forse all'orecchio del poeta come troppo musicali, la canzonetta sia stata recuperata nelle Poesie del 1627, in omaggio probabilmente alla sua originalità metrica». Il commento è di Giulia Raboni, in Gabriello Chiabrera. Maniere, Scherzi e Canzonet-te morali, a cura di G. Raboni, Parma, Guanda, 1998, p. 25.

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L'operazione che porta alla costruzione di II, 3 è del tutto simile, dato che comporta il re-cupero delle canzoni pindariche contenute in DP18-19 II, 3 (generato a sua volta da DP05-06 II, 4 e 5), interrompendo la stringa là dove termina il libro quinto della seconda parte di Delle Poesie 1605-06:50 la posizione della cesura è qui indicativa, dal momento che recupera la separazione fra canzoni alte a tema eroico e canzoni a tema sacro, caduta in DP18-19. Di II, 5, infine, basta dire che si tratta di libro d'inediti, canzoni d'invettiva composte con-tro i maggiori eretici del tempo (due contro Lutero, due contro Calvino, l'ultima destinata a Teodoro Beza), più interessanti perché indicative dell'influenza della corte papale sull'i-deazione della raccolta che rivelatrici delle logiche compositive della stessa. Fin qui abbiamo osservato fenomeni di accorpamento: i libri a cornice della parte seconda sono contraddistinti, invece, dall'inserimento di diversi testi inediti (9 nuovi distici in sette-nari in II, 1 e 8 nuove odi tetrastiche in II, 6). Tale immissione avviene a macchia di leo-pardo all'interno delle singole sezioni, e si rileva come una sorta di contrappunto tonale nei confronti del materiale già edito: nel caso dei distici, un tono di sapienziale distacco, di adulta predilezione dell'elemento conviviale e contemplativo (espressione di una sorta di anacreontismo maturo) ridimensiona e riduce a giovanili ardori i toni erotici delle poesie più antiche. Giusto per fare qualche esempio, al termine della terna 43, 44 e 45 (Vaga su spina ascosa, Soave libertate e Occhi, ch'a la mia vita), trittico che canta la bellezza dell'amata, è posta 462 (Lungo sì puro fiume), emblematicamente titolata Ch'egli è per bere e non per amare; ancora, osserviamo come si susseguono i testi 92, 95 e 463 (quest'ultimo inedito):

92.51 Se ridete gioiose, Dolci labbra amorose, Non sa mostrarne Amore Pregio d'amor maggiore In alcun nobil viso Che 'l vostro bel sorriso; E pur ne mostra Amore Pregio d'amor maggiore Nel vostro nobil viso Col lampeggiar d'un riso, Se ridono gioiosi Gli occhi vostri amorosi. 95.52 Con sorisi cortesi Con dolci sguardi accesi E con atti soavi, Bella Tigre, giuravi Che lieto io n'arderei E lieto io morirei; ... 463.53

50 Praticamente ricalcato su DP18-19 II, 4 è poi il libro quarto della parte seconda della raccolta in esame, in cui rientrano sei delle sette canzoni funebri in esso contenute. 51 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. I, p. 206. 52 ivi, p. 207, vv. 1-6.

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S'attiene al bevere Alor ch'in gioventute D'una fresca virtute Fioriano i miei ginocchi E mi splendea negli occhi Un grazioso lume, Era di mio costume Spiare ove più belle Schiere di damigelle Guidassero carole A bel suon di viole. [...] Ora tempo è venuto Che sotto il crin canuto La vista mi s'invecchia [...] Adunque il mio danzare È starsi al focolare [...] E se freme rovaio, Comandare a Siringa Che del migliore attinga, Rosso, ma di rubino, Dolce, ma cotognino.

Componimenti che sviluppano il topos degli occhi dell'amata, dalla descrizione dell'amore giovanile alla sua sublimazione nella serena e distaccata (e più conveniente da un punto di vista etico) posizione dell'ormai canuto poeta. Nel corpus delle odi tetrastiche (II, 6), gli otto testi aggiunti completano l'immagine della senilità dell'autore, sviluppandone la vena morale e sapienziale, la serena accettazione della volontà divina e ribadendo la centralità dell'attività poetica nel suo percorso esistenziale. Questa è la figura del poeta attorno al quale il nuovo papa vorrà costruire la sua corrente classicista, ed il Chiabrera lo sa bene: non è un caso che il nome del pontefice sia posto a si-gillo dell'intera seconda parte della raccolta.

Ecco oggimai tonar fulmini orrendi, Ecco giorni di duol, giorni di pene; Miserabili noi, se già non viene Che nostri falli il grande Urbano emendi.54

Il movimento suggerito da questa parte seconda ci sembra essere una rielaborazione, più armoniosa ed efficace, della traiettoria a spirale osservata in DP18-19: attraverso un recupe-rato accordo fra materia e maniera, il Chiabrera disegna un'oscillazione fra la definizione di sé come poeta (a cornice nei libri 1 e 6), ed il nucleo della propria espressione, quella costi-tuita dalle canzoni eroiche contenute nei libri centrali della sezione. Se DP27-28 II sembra armonizzare in maniera definitiva un progetto di organizzazione della propria produzione durato oltre un ventennio, l'istituto rappresentato dalla parte terza ri- 53 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. III, p. 131. I frammenti citati sono corrispondono rispettivamente ai vv. 1-10, 13-15, 19-20 e 24-28. 54 G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. III, p. 158, vv. 33-36. L'ode tetrastica posta in conclusione della parte seconda è dedicata, significativamente, al Ciampoli.

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sulta completamente nuovo: in un libro unico il Chiabrera riunisce una selezione composta da 32 sonetti, 9 canzoni pindariche, 8 odi tetrastiche e 6 canzoni sacre. Cominciamo dai sonetti: la scrematura viene effettuata a partire dai 42 testi pubblicati nel 1618, con 13 cassature e l'introduzione di 3 testi inediti; cambia anche la dispositio dei quattro nuclei tematici, con l'inversione fra i gruppi di argomento morale e quelli d'ispira-zione tirtaica.

SONETTI DP27-28

TESTO INCIPIT ARGOMENTO 121 Giovane fiamma di cortesi amanti amoroso 122 Chi fur le due che 'l vivo minio ascose amoroso 156 Perch'a' nostri desir voglia rubella amoroso 123 Donna vidi io che di bellezza altiera amoroso 160 Qual sen va talor rapidamente amoroso 126 Se di quei vaghi fior, onde riveste amoroso 127 S'a l'amato Peleo Tetide riede amoroso 128 Né d'oro in bella rete il crin raccoglie amoroso 211 Già fresco per lo ciel trascorre il vento amoroso 124 Duo bei cristalli ch'a ria sete ardente amoroso 161 Questa mia lingua e queste labbra a pena amoroso 35 Quale infra l'aure candide succinta amoroso

215 Sol dagli aspri Apennini al mar Tirreno encomiastico 216 Cosmo, a cui stanca e d'aspri affanni oppressa encomiastico 217 Il gran destrero al gran Piroo sembiante encomiastico 219 Qual su la forza de le regie piume encomiastico 330 Col soave licor de' buon falerni morale 332 Quale splendor? Qual de' begli occhi ardore? morale 481 Zefiro corse e, presi i nembi a scherno morale 482 Strozzi, chi gode sul gioir presente morale 483 Già con la notte pareggiando il giorno morale 336 Sempre del vulgo vil vegghia la cura morale 242 Fregiar d'Olanda et incresparsi i lini tirtaico 243 Eufrate, Gange, e de l'aurora i regni tirtaico 244 Verrà stagion, voi, che fra danze e canti tirtaico 245 Lungo tempo non ha, dolce a membrarsi tirtaico 246 Azappi, Alcanzi, miserabil gente tirtaico 248 Tergete l'aste, e su per gli elmi, o franchi tirtaico 250 I Guerrier sacri, a cui lodar le voci tirtaico 251 Forse aspettiam che le caucasee cime tirtaico 252 Che largo sangue, e che sì gran sudori tirtaico 256 Poi che 'l fervido suon de' miei lamenti tirtaico

Ne risulta un bilanciamento pressoché perfetto da un punto di vista quantitativo, con le stringhe più corpose (12 amorosi e 10 tirtaici) a cornice, ed all'interno quelle più brevi (4 encomiastici e 6 morali); al tempo stesso, l'ordine impresso sembra gerarchizzare eticamente le occupazioni del poeta, dal giovanile canto d'amore all'ardore per la causa cristiana, attra-verso la celebrazione dei grandi del suo tempo e la riflessione appartata e pacata sulla natura dell'uomo.

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A seguire troviamo una serie di 9 canzoni, tematicamente molto eterogenee, riunite però dallo stile colto e raffinato, ricco di allusioni mitologiche: insomma un'evidente pindarismo diffuso, applicato ad una materia solitamente trattata con un registro più pacato

CANZONI IN DP27-28 III, 1, PRIMA SERIE

TESTO INCIPIT ARGOMENTO SCHEMA METRICO

75 Certo ben so che ti lusinga il core lode ad una dama AbbAaCDdC 76 Febo s'infiamma, e rimenando il giorno lode ad una dama AbBAaCDdC

338 Poi che de gli abissi pregar fu lasso nozze di Cosimo II Medici AbbAAcDDc

353 Se 'l fiero Marte armato gioco del pallone a Firenze aBaBbCdDC

325 Fia ch'altri forse imprese delle galere

toscane contro i Turchi

a5b5ca5b5cDeeDf5g5hf5g5h

484 O Cicognino, o caro invito all'amico abaBcdcDceE

485 Mentre di più color per te nascea invito a ritrarre una dama AbbACddCEE

486 Se di bella, ch'in Pindo alberga, o Musa invito alla pittura ABBAacdcd 70 Fra duri monti alpestri lode della poesia abCabCcdeeDfF DfF

Si noti innanzitutto la varietà dei metri coinvolti, tutti diversi dal canone esastico stabilito dal Chiabrera per la strofe eroica: l'escursione va dalla strofe in combinazione ascendente di versi dispari nobili (quella di 325) alla canzone di stampo petrarchesco (70). Estremamente variate sono le tematiche, che attaccano sulla lode femminile (75, 76)55 per giungere, pas-sando attraverso la celebrazione della nobiltà medicea colta nei momenti mondani (338, 353) o nei fatti d'armi (325) e la riflessione morale e contemplativa (484), alla pacata ma si-cura affermazione della superiorità dell'attività creatrice dell'artista (485, 386 e 70). Il tutto si concretizza in una sorta di repertorio della maniera pindarica, giunta a quest'al-tezza a determinarsi con sicurezza quale bagaglio formale e contenutistico applicabile a qualsiasi materia: emblema di quest'istanza è il recupero della canzone Fra duri monti alpe-stri, alla sua prima comparsa in una silloge, canzone che è «emulazione, esibita e ambiziosa» del modello petrarchesco, ma anche suo superamento nella creazione di «una lirica pieghe-vole nel calco verso ogni direzione e contemporaneamente capace di rileggere e ricreare an-che i modelli più canonici».56 55 Questa l'efficace lettura data dalla Raboni alle prime due canzoni. Su 75: «Tanto la dichiarazione d'impo-tenza al canto eroico (seppur momentanea e climaticamente determinata), quanto quella di modestia della donna celebrata sono topiche, in particolare della tradizione che si rifà alle odi pindariche (la via sublime cui allude al v. 8 il Chiabrera stesso)». In riferimento a 76, la studiosa scrive invece: «L'ode a Maria de' Medici [76, appunto] si configura immediatamente, per l'importanza della dedicataria, privilegiata all'interno della raccolta [Scherzi 1599], e non a caso è posta in chiusura al primo libro. E ancora all'aspetto del testo contri-buisce l'accenno riassuntivo alla propria attività poetica (strofe VI e VII), nonché l'utilizzo, finalizzato alla ce-lebrazione della futura regina di Francia, dei miti di Dafne, Siringa e Callisto. [...] qui i tre miti vengono solo velocemente evocati, a rafforzare la propria richiesta: in questo avvicinando la tecnica della canzonetta al mo-dello pindarico -e ronsardiano- (come già nella lirica precedente, anch'essa accostabile ad un tipo di produzio-ne encomiastico-eroica)». Citiamo da Gabriello Chiabrera. Maniere, Scherzi e Canzonette morali, cit., rispetti-vamente alle pp. 148 e 154. 56 Così Raboni in Gabriello Chiabrera. Maniere, Scherzi e Canzonette morali, cit., p. 118. Ed il modello è quel-lo più classico possibile: «la conformazione metrica [...] è quella canonica della canzone petrarchesca, anzi di

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La terza serie si compone, dicevamo, di otto odi tetrastiche, la cui peculiarità sembra risie-dere sull'ibridazione della tipica vena morale con ulteriori istanze, quali quella encomiastica e di riflessione estetica, il tutto come circonfuso in un'atmosfera di pacata appercezione del-la caducità dell'essere umano: dopo l'apertura dedicata al Cardinale Barberini (487), tro-viamo una coppia di odi (306-320) dedicate a Giovanni Medici, coppia che termina sul monito

Pensa che morte ci minaccia a tergo, Che come vento il nostro dì s'avanza, Che su le stelle è sempiterno albergo, E che la terra di poche ore è stanza.57

Simili a queste sono 301, dedicata a Cosimo II dopo la morte del Gran Duca Ferdinando; 190, 488 e 465 sono invece definitivi omaggi agli storici protettori dell'autore, i Gonzaga ed i Medici, ed all'amico e maestro Angelo Grillo: lo stile è ricco ed elevato, quello dell'ul-tima, definitiva celebrazione dei punti saldi della traiettoria esistenziale compiuta dall'an-ziano Chiabrera. Chiude la serie l'ode a Cicognini, altro amico e colto interlocutore chiabreresco, testo di pacata ma salda rivendicazione (di matrice oraziana) di superiorità dell'intellettuale nella lettura delle profonde leggi che regolano l'esistenza umana:

"Che badi? il viver tuo sen va veloce Più che 'l corso non fa di coteste onde". Io tosto ch'ascoltai l'alte parole Di mia felicità ben disiose, Mi scossi e mossi il core a pensar cose Che de la plebe il cor pensar non suole.58

La parte terza culmina sull'ultima stringa, costituita da sei canzoni a tematica sacra: 23 e 24 dedicate a Santa Lucia, 273, 185, 188 e 186 alla Vergine; tutte liriche a strofe esastica, iso-metriche le ultime quattro (condividono lo schema ABbACC). Ci sembra questa l'ultima versione del pindarismo chiabreresco, applicato qui alla materia più nobile, il canto della Grazia illuminante e della Grazia più pura: a ciò punta la collocazione in chiusura estrema della propria silloge lirica di questa serie, significativamente conclusa dal recupero di 186 (Provarsi a celebrar lingua mortale), alla prima presenza in una raccolta, che sigilla così, nell'evocazione della visione mariana, il lungo tragitto poetico del Chiabrera:

uno dei modelli più prestigiosi di questo istituto metrico: la CXXVI del Canzoniere petrarchesco, Chiare, fre-sche e dolci acque, di cui riproduce lo schema, anche nel congedo, aggiungendo però tre strofe. E immediata-mente riconoscibile è l'esempio petrarchesco anche nell'esordio, che rinvia a due delle rime più topiche dei RVF: il sonetto XXXV, Solo e pensoso, e la canzone XXIX, Di pensier in pensier» (ibidem). Va notato che anche la canzone che segue Fra duri monti alpestri (Come franco Augelletto, testo 71 nella numerazione Donnini) pre-senta il medesimo schema metrico di RVF CXXVI, e lo stesso numero di strofe: che il Chiabrera abbia scelto la prima e non la seconda è un ulteriore indizio dell'istanza di superamento che ne contraddistingue l'operazione emulativa. 57 Questi i vv. 33-36 dell'ode 320, Già lieto a gli occhi tuoi venni sovente, in G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. II, p. 145. 58 Seguitando il tenor de' pensier miei, vv. 11-16, in G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. III, p. 170.

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"Chi è costei che se ne va qual suole Novell'Alba salir da l'aria bruna? Bella come la Luna Eletta e singolar sì come il Sole, Terribile non men ch'un campo armato Fuor de le tende a guerreggiar schierato?"59

La parte terza di quest'ultima raccolta dunque ci si presenta quale espressione di un pindari-smo come interiorizzato ed onnipresente, non più legato alle tematiche strettamente eroiche o celebrative, ma cifra stilistica nobilitante la materia trattata, ed al tempo vera misura clas-sica del gusto e dell'espressione del savonese. Questo spiega l'isolamento dei componimenti rispetto alla parte seconda: in quella il Chia-brera ha ridisegnato un nuovo canone, fondato sull'armonioso accordo tra materia e manie-ra, equilibrando con sapienza tecnica i due fuochi attorno ai quali sempre la sua arte ha oscillato; in questa, atto consapevole dell'autore maturo, proprio quel rapporto viene annul-landosi, sublimato dalla profonda comprensione ed interiorizzazione del concetto di classi-cità compiutasi lungo l'intero tragitto poetico chiabreresco.

59 Provarsi a celebrar lingua mortale, vv. 43-48, in G. CHIABRERA, Opera lirica, cit., Vol. II, p. 309.