principi di medicina interna

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31 MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE Anatomia e Fisiologia Il cuore è un organo muscolare cavo che occupa la parte del mediastino anteriore, dietro lo sterno, tra i due polmoni. Ha una forma a tronco di cono, con base rivolta verso l’alto, leggermente spostato a sinistra dietro la linea mediana. Formato da 4 cavità (due atri posti superiormente e due ventricoli posti inferiormente) separate longitudinalmente da un setto divisorio (interatriale e interventricolare). Ogni atrio comunica con il ventricolo sottostante attraverso un orifizio munito di una valvola fibro- muscolare. La valvola tricuspide, ossia la valvola atrio-ventricolare destra è una struttura con tre lembi, ognuno di essi connesso ai muscoli papillari attraverso delle carde tendinee. La valvola mitrale è costituita da due lembi che dividono l’atrio sinistro dal ventricolo sottostante. Le valvole semilunari (polmonare ed aortica) separano i ventricoli dai loro rispettivi tratti di efflusso (arteria polmonare ed aorta). L’irrorazione del cuore è assicurata da due arterie coronarie, destra e sinistra. La sinistra si divide in discendente anteriore e circonflessa, irrorando la maggior parte del ventricolo sinistro. La coronaria destra alimenta la parte posteriore del cuore, l’atrio destro e il ventricolo destro. Il ciclo cardiaco è un fenomeno continuo e chiuso. Esso riceve sangue da due grandi vene: la vena cava superiore e la vena cava inferiore, e nell’altro destro confluisce anche il sangue venoso coronarico, attraverso il seno coronarico. Durante la diastole il sangue venoso passa dall’atrio destro al ventricolo sottostante attraverso la tricuspide. Il ventricolo destro si contrae subito (SISTOLE) dopo la chiusura della tricuspide, spingendo il sangue nell’arteria polmonare diretta verso i polmoni. Dai polmoni, attraverso quattro vene polmonari, il sangue ossigenato torna nell’atrio sinistro, attraverso la valvola mitrale passa nel ventricolo sinistro e poi viene pompato in tutto il corpo. L’attività elettrica del cuore origina dal NODO DEL SENO ATRIALE, situato tra la giunzione della vena cava superiore e l’atrio destro. Attraverso le cellule muscolari atriali l’impulso elettrico arriva al NODO ATRIOVENTRICOLARE, che continuandosi con il FASCIO DI HIS nel seno intraventricolare, si divide poi nelle due branche di destra e sinistra, raggiungendo le pareti del ventricolo mediante rami fini e numerosi detti FIBRE DI PURKINJE. Il cuore si contrae ritmicamente 60-80 volte al minuto in condizioni di riposo, con una gittata cardiaca di circa 5 litri di sangue. Sotto sforzo, si arriva anche a 20 – 25 litri di gittata cardiaca. Tale aumento può essere ottenuto mediante due meccanismi: AUMENTO DELLA FREQUENZA CARDIACA (fino a 180 cicli al minuto) e L’AUMENTO DELLA GITTATA SISTOLICA (da 70 a 120ml per ogni contrazione), ciò si verifica sotto l’influenza di sostanze ormonali come le CATECOLAMINE. PATOLOGIE A CARICO DELL’APPARATO CARDIVASCOLARE. SCOMPENSO CARDIACO CONGESTIZIO L’insufficienza cardiaca è una situazione fisiopatologica in cui il cuore non è in grado di soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo. Perciò vengono messi in opera una serie di meccanismi di compenso: 1. TACHICARDIA; 2. DILATAZIONE DELLE CAVITA’ CARDIACHE; 3. IPERTROFIA PARIETALE; 4. REDISTRIBUZIONE DEL FLUSSO AD ORGANI VITALI; 5. RITENZIONE RENALE DIN a E H2O. Questi meccanismi sono inizialmente efficaci a garantire un adeguato flusso ematico periferico, ma con il tempo aggravano il carico di lavoro del cuore, peggiorando le condizioni. LO Scompenso cardiaco congestizio è la fase successiva, dovuta all’inadeguatezza dei mezzi di compenso e si traduce in una sindrome clinica caratterizzata dalla congestione venosa (STASI

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Page 1: Principi di Medicina Interna

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MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLAREAnatomia e FisiologiaIl cuore è un organo muscolare cavo che occupa la parte del mediastino anteriore, dietro lo sterno, tra i due polmoni. Ha una forma a tronco di cono, con base rivolta verso l’alto, leggermente spostato a sinistra dietro la linea mediana.Formato da 4 cavità (due atri posti superiormente e due ventricoli posti inferiormente) separate longitudinalmente da un setto divisorio (interatriale e interventricolare).Ogni atrio comunica con il ventricolo sottostante attraverso un orifizio munito di una valvola fibro-muscolare. La valvola tricuspide, ossia la valvola atrio-ventricolare destra è una struttura con tre lembi, ognuno di essi connesso ai muscoli papillari attraverso delle carde tendinee. La valvola mitrale è costituita da due lembi che dividono l’atrio sinistro dal ventricolo sottostante.Le valvole semilunari (polmonare ed aortica) separano i ventricoli dai loro rispettivi tratti di efflusso (arteria polmonare ed aorta).L’irrorazione del cuore è assicurata da due arterie coronarie, destra e sinistra. La sinistra si divide in discendente anteriore e circonflessa, irrorando la maggior parte del ventricolo sinistro. La coronaria destra alimenta la parte posteriore del cuore, l’atrio destro e il ventricolo destro.Il ciclo cardiaco è un fenomeno continuo e chiuso. Esso riceve sangue da due grandi vene: la vena cava superiore e la vena cava inferiore, e nell’altro destro confluisce anche il sangue venoso coronarico, attraverso il seno coronarico.Durante la diastole il sangue venoso passa dall’atrio destro al ventricolo sottostante attraverso la tricuspide. Il ventricolo destro si contrae subito (SISTOLE) dopo la chiusura della tricuspide, spingendo il sangue nell’arteria polmonare diretta verso i polmoni.Dai polmoni, attraverso quattro vene polmonari, il sangue ossigenato torna nell’atrio sinistro, attraverso la valvola mitrale passa nel ventricolo sinistro e poi viene pompato in tutto il corpo.L’attività elettrica del cuore origina dal NODO DEL SENO ATRIALE, situato tra la giunzione della vena cava superiore e l’atrio destro. Attraverso le cellule muscolari atriali l’impulso elettrico arriva al NODO ATRIOVENTRICOLARE, che continuandosi con il FASCIO DI HIS nel seno intraventricolare, si divide poi nelle due branche di destra e sinistra, raggiungendo le pareti del ventricolo mediante rami fini e numerosi detti FIBRE DI PURKINJE.Il cuore si contrae ritmicamente 60-80 volte al minuto in condizioni di riposo, con una gittata cardiaca di circa 5 litri di sangue. Sotto sforzo, si arriva anche a 20 – 25 litri di gittata cardiaca. Tale aumento può essere ottenuto mediante due meccanismi: AUMENTO DELLA FREQUENZA CARDIACA (fino a 180 cicli al minuto) e L’AUMENTO DELLA GITTATA SISTOLICA (da 70 a 120ml per ogni contrazione), ciò si verifica sotto l’influenza di sostanze ormonali come le CATECOLAMINE.

PATOLOGIE A CARICO DELL’APPARATO CARDIVASCOLARE.

SCOMPENSO CARDIACO CONGESTIZIOL’insufficienza cardiaca è una situazione fisiopatologica in cui il cuore non è in grado di soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo. Perciò vengono messi in opera una serie di meccanismi di compenso:

1. TACHICARDIA;2. DILATAZIONE DELLE CAVITA’ CARDIACHE;3. IPERTROFIA PARIETALE;4. REDISTRIBUZIONE DEL FLUSSO AD ORGANI VITALI;5. RITENZIONE RENALE DIN a E H2O.

Questi meccanismi sono inizialmente efficaci a garantire un adeguato flusso ematico periferico, ma con il tempo aggravano il carico di lavoro del cuore, peggiorando le condizioni.LO Scompenso cardiaco congestizio è la fase successiva, dovuta all’inadeguatezza dei mezzi di compenso e si traduce in una sindrome clinica caratterizzata dalla congestione venosa (STASI

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POLMONARE, EDEMA PERIFERICO) e dall’insufficienza portata cardiaca (ASTENIA, SEGNI DI RIDOTTA PERFUSIONE PERIFERICA).Nella maggior parte dei casi agisce un fattore precipitante che aggiungendosi alla patologia di base, determina il manifestarsi o l’aggravarsi dello scompenso cardiaco congestizio.

CAUSE DI BASE DELL’INSUFFICIENZA CARDIACA• Funzione ventricolare depressaCardiopatia ischemica, ipertensiva,dilatativa, congenita.• Riempimento ventricolare ridottoCardiopatie restrittive, malattie pericardiche.

MECCANISMI DI COMPENSAZIONE1. AUMENTO DELL’ATTIVITA’ SIMPATICA: il sistema nervoso simpatico viene attivato,

aumentando la portata cardiaca, la frequenza e la forza contrattile del miocardio.Risvolto negativo: costrizione venosa periferica aumentando così il ritorno venoso al cuore e quindi il carico di lavoro.

2. IPERTROFIA CARDIACA: il cuore aumenta la sua massa di fibre muscolari.Risvolto negativo: il circolo coronarico rimane invariato quindi non riuscirebbe a soddisfare le esigenze di un muscolo più grande.

3. PEPTIDI VASODILATATORI: ANP e BNP sono peptidi che vengono prodotti dagli atri e dai ventricoli in risposta alla distensione delle camere cardiache. Hanno effetto vasodilatatorio e aumenta l’escrezione di Na e H2O.

SCOMPENSO CARDIACO CONGESTIZIO

VALVULOPATIEINSUFFICIENZA CARDIACA

CARDIOPATIAISCHEMICA

IPERTENSIONE ARTERIOSA

CARDIOPATIADILATATIVA

CARDIOPATIERESTRITTIVE

MECCANISMIDI

COMPENSAZIONE

Aumentoassunzione

di sodiotachicardie Infarto Anemia

Infezioni, febbre,

gravidanza

FATTORI SCATENANTI:

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4. AUMENTO RITORNO VENOSO AL CUORE: attraverso la VENOCOSTRIZIONE SIMPATICA e la RITENZIONE di Na e H2O da parte dei reni a causa della diminuita perfusione renale (viene attivato il sistema RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE)

SCOMPENSO SINISTROÈ una diminuita funzione del Ventricolo Sinistro che prova riduzione della portata sistemica e congestione vascolare polmonare.Sintomi principali: Dispnea dispnea da sforzo, ortopnea, respiro di CHYENE STOKES, edema polmonareEsame Obiettivo rantoli alla base del torace, broncospasmo, tachipnea, ritmo di galoppo da tono aggiunto S3.ECG segni tipici di cardiopatia.RX TORACE cardiomegalia, congestione polmonare.ECOCARDIO ed ECODOPLER Permettono di visualizzare la causa se: disfunzione sistolica o preservata funzione sistolica.DOSAGGIO DEL PEPTIDE BNP per chiarire se la dispnea è causata da cardiopatie o pneumopatie.

SCOMPENSO DESTROÈ spesso una complicanza dell’insufficienza ventricolare sinistra. Il quadro clinico è dominato dai segni della congestione venosa sistemica. Il turgore della giugulare riflette un’elevata pressione nel cuore destro.Segni e sintomi:

• TURGORE DELLA GIUGULARE;• EPATOMEGALIA e REFLUSSO EPATOGIUGULAREdovuti a congestione della vena

epatica.• EDEMA PERIFERICO: dovuto sia alla stasi venosa che alla ritenzione di Na E H2O.• CIANOSI DELLE ESTREMITA’• ASCITEnella fase tardiva dell’insufficienza cardiaca.

TERAPIA DELLO SCOMPENSO CARDIACOÈ volta al controllo delle cause che possono indurre a peggiorare l’insufficienza cardiaca:

• MISURE GENERALI;• CORREZIONE DELLA CAUSA SCATENANTE;• RIMOZIONE DELLA CAUSA PRECIPITANTE;• PREVENZIONE DEL DETERIORAMENTO FUNZIONALE DEL CUORE.

MISURE GENERALI: l’insufficienza cardiaca va trattata facendo prevenzione, trattando l’ipertensione e altri fattori di rischio CORONARICI, somministrando ACE-INIBITORI o i BLOCCANTI i RECETTORI DELL’ANGIOTENSINA.Avere una dieta iposodica, controllo del peso, regolare l’esercizio fisico, evitare alcool, temperature troppo alte o troppo basse. Evitare il rischio di FLEBOTROMBOSI ed EMBOLIA POLMONARE con anticoagulanti e calze elastiche.

ACE INIBITORI: sono farmaci inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (Angiotensin Converting Enzim: ACE), che fa parte di una cascata regolatrice della pressione arteriosa (sistema RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONA). Es ace: CAPTOPRIL, ENALPRIL, LISONIPRIL

CONTROLLO DELLA RITENSIONE IDROSALINA: attraverso i diuretici come i tiazidici che agiscono sul tubulo renale distale impedendo il riassorbimento del sodio, possono provocare

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ipopotassiemia e ipomagnesia. I diuretici dell’ansa (FUROSEMIDE) inibiscono il riassorbimento del sodio nella parte ascendente dell’ansa di HENLE.PREVENZIONE DEL DETERIORAMENTO FUNZIONALE CARDIACOQuesto obiettivo si realizza somministrando farmaci che bloccano il sistema adrenergico e il sistema renina-angiotensina-aldosterone. Vengono somministrati farmaci ACE INIBITORI, I BLOCCANTI IL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA, BETABLOCCANTI, ANTAGONISTI DELL’ALDOSTERONE.Trattamento:

• Tenere il paziente in posizione seduta per ridurre il ritorno venoso;• Somministrare O2 al 100% per raggiungere un PaO2 di almeno 60mmhg• Somministrare diuretico dell’Ansa (FUROSEMIDE), in caso di risposta negativa aumentare le

dosi ogni 30 minuti.• Somministrare MORFINA ENDOVENA.• Somministrare vasodilatatori (NITROGLICERINA) per diminuire il ritorno venoso e

migliorare l’ischemia.• Possono essere utilizzati ACEINIBITORI, farmaci inotropi e inodilatatori.

Vanno inoltre ricercate e trattate le cause scatenanti dell’edema polmonare, soprattutto le ARITMIE ACUTE, le infezioni e l’infarto al MIOCARDIO, e altre patologie che causano permeabilità capillare.

SHOCKQuadro clinico che indica una condizione di estremo deficit circolatorio e che conduce ad una alterata perfusione di tutti i tessuti, a degenerazione cellulare e morte.Dal punto di vista fisiopatologico lo shock può essere:ALTERAZIONE DEL TONO VASCOLARE che comprende:

SHOCK NEUROGENO: dovuto a lesione della spina dorsale, si avrà vasodilatazione massimale generalizzata per deficit di azione di vasocostrizione simpatica.

SHOCK SETTICO: frequente nei neonati, anziani e defedati, causato da endotossine batteriche di GRAM negativi o da Staphilococus, Streptococchi, funghi e protozoi.

SHOCK ANAFILATTICO: ipersensibilità immediata caratterizzata da dilatazione arteriolare e capillare, aumentata permeabilità capillare generalizzata.

SHOCK IPOVOLEMICO: dovuto alla riduzione acuta del volume intravascolare per cause diverse, come emorragie, perdita di liquidi gastrointestinali (vomito e diarrea), Ustioni (aumento della permeabilità vascolare), sequestro interno (ascite, pancreatite, ostruzione intestinale).

SHOCK CARDIOGENO: dovuto all’incapacità del cuore di mantenere una gittata cardiaca adeguata, si verifica quando il 45% del tessuto miocardico è distrutto (INFARTO) o per ARITMIE, INSUFFICIENZA MITRALICA, STENOSI AORTICA GRAVE.

MANIFESTAZIONI CLINICHE: le più comuni manifestazioni dello shock sono ipotensione (PA media < 60mmhg), TACHICARDIA, TACHIPNEA, AGITAZIONE, ALTERAZIONE DEL SENSORIO, SUDORAZIONE, INTENSA VASOCOSTRIZIONE PERIFERICA (pallore, polsi deboli,estremità fredde).Nello shock settico prevale la vasocostrizione e l’acidosi metabolica. Il quadro clinico dipende dallo stato dello shock che si divide in: 1.stadio precoce-reversibile, 2. stadio intermedio-progressivo, 3. stadio tardivo-irreversibile.

1. FASE PRECOCE-REVERSIBILE: è quella iniziale in cui i meccanismi di compenso mantengono i livelli pressori normali o quasi, consentendo di soddisfare i fabbisogni metabolici dell’organismo.

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Segni e sintomi: pallore, ipotermia, irritabilità. Leggero aumento della FC, tachipnea e oliguria.2. FASE INTERMIEDIA E PROGRESSIVA: in questa fase i meccanismi di compensazione

divengono inefficaci, comincia a determinarsi una progressiva ipossia tissutale con acidosi metabolica.

Segni e sintomi: il paziente presenta cute fredda, ipotermia, aumento del senso della sete, apatia, confusione, alterazione della risposta a stimoli dolorosi, diminuzione della P.A., tachicardia e oliguria.

3. FASE TARDIVA IRREVERSIBILE: è quella fase in cui i meccanismi di compenso sono totalmente inefficaci. Si instaura necrosi cellulare multi organo e la morte è immediata per ischemia cerebrale e morte cellulare, arresto cardiaco e respiratorio.

Segni e sintomi: il paziente presenta cute fredda, drastica riduzione della T.C., incoscienza, pupille dilatate non reattive, riduzione della P.A, riduzione della F.C., respiro regolare, anuria ed infine EXITUS.Trattamento: da praticarsi laddove fosse possibile in unità di terapia intensiva, il trattamento è volto al ripristino della perfusione tissutale, valutare lo stato sensorio, la P.A., la F.C., la diuresi per mezzo di un catetere vescicale.

ARITMIESono anomalie della frequenza, della regolarità o della sede di origine degli impulsi cardiaci, oppure disturbi della loro conduzione che causano una anomalia nella sequenza di attivazione del miocardio. Le aritmie quindi possono essere causate da alterazioni della generazione o della conduzione dell’impulso o da entrambe. La loro sede può essere sovra ventricolare o ventricolare.DISTURBI DELLA FORMAZIONE DI UN IMPULSO (aritmie ipercinetiche):

• Extrasistoli sopraventricolari e ventricolari;• Tachicardia;• Flutter atriale;• Fibrillazione Artiale/Ventricolare;

ARITMIE DA DISTURBI DELLA CONDUZIONEBlocchi di branca (totale o parziale);Blocchi atrioventricolari;

Quadro clinicoÈ variabile e dipende dalla malattia di base. Nella aritmia benigna (EXTRASISTOLE), in un cuore normale, il paziente può essere asintomatico, oppure avverte cardiopalmo. In alcuni casi si può avvertire dolore toracico, vertigini, sincope, perdita di conoscenza, debolezza, affaticamento, sudorazione, pallore, nausea, vomito, torpore, parestesie degli arti, cute fredda.Diagnosi: anamnesi (storia di valvulopatie, fattori di rischio come fumo o ipercolesterolemia). Stimolazione vagale per differenziare la tachicardia sovra ventricolare da quella ventricolare.Ecg, ecografia, doppler cardiaco, scintigrafia.TRATTAMENTOLa terapia per le aritmie è piuttosto complessa, prima di iniziare il trattamento farmacologico antiaritmico, bisogna correggere o rimuovere tutti gli altri fattori aggravanti (alterazioni metaboliche, insufficienza cardiaca congestizio, ischemia acuta), in alcuni casi già questo può essere sufficiente a controllare le aritmie, pertanto i farmaci antiaritmetici sono usati in 3 situazioni principali:

1. per interrompere una aritmia acuta;2. prevenire la ricorrenza di una aritmia; 3. prevenire una situazione ad altissimo rischio di aritmia;

è importante ricordare che tutti i farmaci anti-aritmici hanno potenziali effetti tossici, compreso lo scatenamento di aritmie ventricolari, la terapia va pertanto iniziata con bassi dosaggi. I principali farmaci anti-aritmici secondo la classificazione di Williams sono:

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• Stabilizzatori di membrana: riducono la velocità massima di depolarizzazione, bloccando i canali rapidi del Na. Es: CHINIDINA, LIDOCAINA, FLERAINIDE.

• BETABLOCCANTI;• AGENTI CHE PROLUNGANO LA DURATA POTENZIALE D’AZIONE: inibitori della

ripolarizzazione. ES: AMODARONE.• CALCIO-ANTAGONISTI: inibiscono le correnti lente del Ca nel nodo AV. ES:

VERAPAMIL, DIATIAZEM.

ATEROSCLEROSIPatologia responsabile della maggior parte dei casi di infarto miocardico e cerebrale, rappresenta la principale causa di morte e di invalidità nel modo occidentale.Questa patologia è caratterizzata dalla formazione di ATEROMI.PLACCHE ATERONSICHE: lesioni inspessite, indurite e ricche di lipidi delle medie e grandi arterie sia elastiche che muscolari. Le due principali forme di aterosclerosi sono la lesione precoce o STRIA LIPIDICA e la lesione avanzata o ATEROMA.

• STRIA LIPIDICA: è la più comune lesione aterosclerotica. È localizzata nell’INTIMA, è ricoperta da un endotelio intatto ed è costituita da macrofagi ripieni di lipidi e linfociti T; quando si accresce, alle due precedenti componenti si aggiungono cellule muscolari lisce migrate dalla tonaca MEDIA. Essa è la più precoce forma di aterosclerosi ed è presente anche in età infantile, di solito è reversibile.

• ATEROMA: consiste in una placca fibroadiposa subintimale con nucleo centrale costituito da lipidi e da un involucro fibroso.

Nel tempo la placca può andare in contro ad una serie di complicazioni (lesioni) portando alla formazione di un trombo o di un occlusione, provocando ischemia o necrosi dell’area irrorata dal vaso.

Le arterie più comunemente interessate sono: AORTA, FEMORALE, POPLITEA E TIBIALE, CORONARIE, CAROTIDI INTERNE ED ESTERNE, ARTERIE CEREBRALI.FATTORI DI RISCHIO

• Iperlipidemia: alto livello di LDL e basso livello di HDL;• Fumo: effetto aterogenico, rilasciando CATECOLAMINE che elevano i livelli di fibrinogeno

aumentando i rischi di ictus, infarto ed aterosclerosi.• Diabete mellito: nei diabetici le particelle di LDL sono più ATEROGENE in quanto più

piccole e dense; i livelli di trigliceridi alti e HDL bassi.• Ipertensione arteriosa;• Obesità: predisposizione all’ipertensione, ipertrigliceridemia, diabete HDL bassi.• Inattività fisica: la sedentarietà predispone all’aterosclerosi, uno stile di vita attivo rende HDL

alti.• Fattori genetici;• Età e sesso: più predisposizione oltre i 45 anni, uomini>donne.

TRATTAMENTOEssenzialmente di tipo preventivo, cessazione del fumo, trattamento del diabete, cambiamento delle abitudini alimentari e dello stile di vita. I farmaci vengono utilizzati contro l’iperlipidemia se superiore a 160 mg/dl in assenza di cardiopatia ischemica e con un solo fattore di rischio, altrimenti il trattamento farmacologico va attuato con valori di LDL superiori a 100 mg/dl

CARDIOPATIA ISCHEMICADisturbo della funzione cardiaca dovuto ad uno squilibrio tra richiesta ed apporto di O2.

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La più comune causa di ischemia è l’aterosclerosi ostruttiva delle coronarie. Diminuendo così la perfusione miocardica. Può essere causata da un anemia grave che riduce la capacità di trasportare O2.Ischemia da ridotto apporto: aterosclerosi ostruttiva coronarica.Ischemia da aumentata richiesta di O2: ipertrofia ventricolare sinistra.

MANIFESTAZIONI CLINICHE:Angina Pectoris, infarto del miocardio, scompenso cardiaco, arresto cardiaco, aritmia, ischemia silente.DiagnosiIn un paziente con sospetta cardiopatia ischemica vanno eseguiti i seguenti esami di laboratorio:

• COLESTEROLO TOTALE, HDL E LDL, GLICEMIA, CREATINEMIA, TRIGLICERIDI ED EMATOCRITO;

• ESAME DELLE URINE;• RX TORACE per evidenziare cardiomegalia, aneurisma ventricolare o segni di insufficienza

cardiaca;• ECG: ricerca dei segni tipici del tratto ST-T;• SCINTIGRAFIA;• ECO-BIDIMENSIONALE;• HOLTER,• CORONAROGRAFIA.

INFARTO DEL MIOCARDIONecrosi circoscritta del miocardio dovuta ad un improvviso arresto della perfusione coronarica. I segni tipici dell’ECG in caso di infarto sono un sopraslivellamento del tratto ST-T caratterizzato da ischemia miocardica acuta profonda (TRANSMURALE) di estese aree miocardiche.CAUSEConseguenza di una trombosi coronarica che a sua volta può essere causata da un’emorragia, dalla rottura, fessurazione o ulcerazione di una placca ateroma sica complicata.Come conseguenza dell’occlusione, si ha prima un’ischemia che se è grave esita in un infarto.L’estensione della necrosi è in rapporto alla gravità e durata dell’ischemia e all’area di muscolo irrorato dalla coronaria ostruita.MANIFESTAZIONI CLINICHEDolore toracico, descritto come costrizione, compressione in sede retro sternale e/o epigastrica, con irradiazione al braccio e al collo, alla nuca e alla mandibola.All’esame fisico compaiono sudorazione, nausea, vomito, capogiro e agitazione.L’IMA (infarto acuto del miocardio) può presentarsi senza dolore negli anziani e nei diabetici, in primo momento può presentarsi come dispnea che evolve in edema polmonare.In altri casi i sintomi possono essere perdita di coscienza, confusioni, profonda debolezza, comparsa di aritmie, embolia periferica, riduzione della P.A., morte improvvisa.

DIAGNOSI• ECG: sopraslivellamento del tratto S-T seguito da inversione dell’onda T e dalla comparsa di

un onda q.• ENZIMI CARDIACI: il miocardio danneggiato rilascia CK e LDH (rapporto CK-MB/CK

>2,5 indice di infarto).• TROPONINE CARDIOSPECIFICHE: di tipo I e II sono indice specifico di danno

miocardico, rimangono elevate per 7-10gg.• MIOGLOBINA: macromolecola rilasciata dal miocardio danneggiato.• ECOCARDIOGRAMMA: per evidenziare alterazioni della motilità della parete ventricolare.

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• SCINTIGRAFIA CON TALLIO-201 E TECNEZIO-99: per evidenziare aree fredde corrispondenti o aree necrotiche.

• INDII DI INFIAMMAZIONE TISSUTALE: si può avere leucocitosi e aumento della VES.

TRATTAMENTO: il paziente deve essere condotto in UTIC. Nella fase acuta si interviene per attenuare il dolore e somministrando Morfina, Lidocaina e per prevenire fibrillazioni.Ripristinare immediatamente la perfusione con trombo litici o tramite intervento chirurgico di ANGIOPLASTICA e applicazione di uno STUNT.

MALATTIE DELL’APPARATO URINARIOANATOMIA e FISIOLOGIAL’apparato urinario è costituito da reni e dalle vie escretrici. I reni sono organi pari posti nello spazio retro peritoneale sulla parete posteriore dell’addome in corrispondenza della 12° vertebra dorsale e 1°-2° lombare.Le vie escretrici comprendono CALICI MINORI E MAGGIORI, PELVI, URETERE, VESCICA ED URETRA.Il rene ha forma ovalare con due poli, inferiore e superiore e due margini laterale e mediale.Il margine mediale è intaccato da una profonda fessura, chiamata ILO, attraverso il quale passano i vasi e i nervi renali e in cui si trova la pelvi renale, continuazione della porzione superiore dell’uretere. Le pelvi si suddividono all’interno del rene in tre CALICI maggiori, ciascuno dei quali da origine a dei calici minori caratterizzati dalla forma a coppa attorno agli apici delle piramidi renali.Il rene è formato da una porzione interna, la midollare e una esterna la Corticale.La midollare renale è costituita da 12-18 piramidi i cui apici, chiamate papille sporgono nei calici minori.Le piramidi contengono l’ansa di HELNE e i DOTTI COLLETTORI. La corticale renale, dello spessore di 1cm, ricopre le basi delle piramidi; in corrispondenza della corticale sono contenuti i gromeruli.Il glomerulo è costituito da un gomitolo di anse capillari chiamate capillari glomerulari racchiuso della capsula di BOWMAN. I capillari glomerulari originano dalla divisione dell’arteriola afferente e confluiscono a formare l’arteriola efferente che lascia il glomerulo in corrispondenza del polo vascolare.La capsula di BOWMAN formata da uno strato epiteliale esterno e da uno interno viscerale a ridosso dei capillari, delimita uno spazio dove filtra del liquido (ULTRAFILTRATO) dal lume dei capillari. La capsula di B. continua con la prima porzione del tubulo prossimale in cui passa l’ultrafiltrato.Il tubulo ha una lunghezza variabile; segue alla capsula di Bowman e con l’estremità finale (DOTTO PAPILLARE) che si apre in un calice minore.Si suddivide in:

• tubulo prossimale contenuto nella corteccia;• ansa di henle contenuto nella midollare;• Tubulo contorto distale posto nella corticale, in prossimità del glomerulo• Tubulo collettore

Il sangue entra in ciascun rene mediante l’arteria renale da cui si diramano le arterie interlobali, arciformi e interlobulari che originano in una serie di arteriole afferenti, ciascuna delle quali termina in un letto capillare, IL GLOMERULO.I capillari glomerulari confluiscono a formare l’arteriola efferente che emerge in corrispondenza del polo glomerulare vascolare.Il sistema venoso è sovrapponibile a quello arterioso.

SCHEMA DI FORMAZIONE DELL’URINA

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La filtrazione glomerulare è quel processo per cui nella capsula di Bowman si raccoglie l’ultrafiltrato. La parete dei capillari glomerulari è liberamente permeabile all’acqua e ai soluti di peso molecolare molto basso e relativamente impermeabile alle proteine.La selettività dipende sia dalla caratteristiche strutturali ed elettriche della parete, sia dal peso molecolare-forma-car. Elettrica delle sostanze.

FUNZIONI TUBULARIIl tubulo renale può essere distinto funzionalmente in tre parti:

1. TUBULO PROSSIMALE: riassorbe isotonicamente i 2/3 del Filtrato Glomerularee completamente alcuni soluti organici come glucosio ed amminoacidi.

2. L’ANSA DI HENLE: provvede a rendere iperosmolare (alta concentrazione di sodio), l’interstizio della midollare. In seguito al riassorbimento di H2O nel tratto discendente e Na lungo quello ascendente, solo 18 dei 180L/24 ore dell’iniziale filtrato glomerulare, raggiunge il tubulo Distale.

3. IL TUBULO DISTALE: è la sede di fine regolazione del riassorbimento di H2O ed escrezione degli elettroliti.Il tubulo CONTORTO DISTALE assorbe Na sotto l’influenza dell’ALDOSTERONE e secerne K+ assieme a NHa ed H+ acidificando le urine.I dotti collettori regolano la concentrazione di urina. Il riassorbimento dell’H2O è regolato dall’ADH

ESCREZIONE DEI PRODOTTI DI SCARTOUREA: prodotto di scarto del metabolismo degli amminoacidi, è il costituente più abbondante nell’urina. Sintetizzata nel fegato e filtrata liberamente nel rene, viene poi riassorbita dal tubulo per il 40-60%. La concentrazione plasmatica non dipende solo dalla funzione renale, ma anche dalla dieta e dallo stato di disidratazione.ACIDO URICO: deriva dal catabolismo di DNA-RNA, liberamente filtrato viene riassorbito per il 90%CREATININA: prodotto terminale del metabolismo della CREATINA, viene sintetizzata nei muscoli in quantità giornaliere costanti. La sua concentrazione plasmatica dipende solo dalla sua escrezione urinaria. Non né risente dalla dieta ne dallo stato di idratazione, viene completamente filtrata e totalmente escreta nelle urine. Ne consegue che ALTE CONCENTRAZIONI PLASMATICHE sono indice di COMPROMISSIONE GLOMERULARE.

NEFROPATIE GLOMERULARISono affezioni che colpiscono i glomeruli ed occupano i primi posti tra le cause più frequenti di IRC (insufficienza renale cronica).Si dividono in:

• PRIMITIVE O IDEOPATICHE: sono prodotte da una reazione autoimmunitaria Ag+Ab. Ci sono forme in cui vengono prodotti Ab contro Ag circolanti, formazione di immunocomplessi e loro successiva deposizione nella parete dei capillari glomerulari. Altre forme sono causate da produzione di Ab anti-membrana basale glomerulare.Questi due meccanismi provocano nei glomeruli una risposta immunitaria acuta o cronica, attraverso l’attivazione di mediatori umorali e cellulari dell’infiammazione (COMPLEMETNO, POLIMORFONUCLEATI, PIASTRINE, FATTORI DI COAGULAZ) che a sua volta provocano il danno anatomico responsabile della RIDUZIONE DEL FILTRATO GLOMERULARE.

• SECONDARIE: sono dovute a malattie sistemiche come diabete mellito, amiloidosi, LES e anomalie genetiche, o a malattie infettive come endocarditi e polmoniti

MANIFESTAZIONI CLINICHEAGeneralmente sono ematuria, proteinuria, riduzione VFG, ipertensione.

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Sindrome nefrosica: caratterizzata da edema, proteinuria massiva > 3g/24h, ipoalbuminemia, ipercolestemia.Sindrome nefritica: esordio improvviso di macroematuria, ipertensione, oliguria, edema al volto, iperazotemia, ipercreatinemia.

GLOMERULONEFRITI CHE CAUSANO SINROME NEFRITICA ACUTA1. GLN ACUTA POST-STREPTOCOCCICA

Insorge dopo un breve periodo di latenza da un processo infettivo, i bambini tra 6-10 anni sono più colpiti degli adulti. L’agente eziologico di solito è lo STREPTOCOCCO B-EMOLITICO DI GRUPPO A che può causare un danno renale.Il danno è provocato da immunocomplessi circolanti che si depositano in corrispondenza del glomerulo, attivando la risposta immunitaria mediata dal complemento.MANIFESTAZIONI CLINICHESindrome nefritica acuta dopo 1-3 settimane dall’insorgenza di infezione faringea o cutanea da streptococco.Diagnosi: tampone faringeo positivo, aumento del tas (titolo anti-streptolisina), ipercreatinemia, Biopsia renale.TRATTAMENTO: di supporto. Trattamento degli edemi, con restrizione dell’apporto di liquidi e sale, uso di farmaci diuretici e antiipertensivi. Eritromicina in caso di infezione in atto, in caso di complicanze come IRA, i pazienti devono essere sottoposti a dialisi.

2. GLN RAPIDAMENTE PROGRESSIVANefropatia con rapido deterioramento della funzione renale che porta in breve tempo (settimane o al massimo mesi) verso un quadro clinico di INSUFFICIENZA RENALE PROGRESSIVA.L’eziopatogenesi è IDIOPATICA, sovrapposta ad un alta glomerulopatia primitiva o secondaria, a patogenesi comunque è mediata in molti casi da Ab-anti-membrana basale glomerulare, immunocomplessi circolanti o Ab-anticitoplasma dei nutrofili.Le lesioni tipiche di questa patologia sono le SEMILUNE originate dalla proliferazione delle cellule epiteliali della capsula di Bowman che interessano oltre metà dei glomeruli.Queste semilune comprimono i capillari glomerulari ostacolando la filtrazione causando riduzione della diuresi

MANIFESTAZIONI CLINICHESindrome nefritica con incremento dell’azoto urico, oliguria ingrovesciente che può evolvere in anuria.

La prognosi è sfavorevole e il 50% dei casi inizia la dialisi entro 6 mesi dalla diagnosi.TRATTAMENTODialitico; in alcuni pazienti con l’associazione di farmaci corticosteroidi, immunosoppressori e la plasmaferesi possono essere efficaci.

La plasmaferesi è una tecnica di separazione del plasma sanguigno dagli altri elementi del sangue mediante centrifugazione, usata a scopi terapeutici quali la cura di particolari anemie, per arricchire il sangue di cellule (nell'autodonazione) e per la preparazione di plasma da impiegare nelle trasfusioni.

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GLOMERULONEFRITI CHE CAUSANO SINDROME NEFROSICA• NEFROPATIA A LESIONI MINIMEÈ la più frequente nefropatia glomerulare in età pediatrica, responsabile dell’85% delle sindromi nefrosiche infantili. Caratterizzata dall’assenza di evidenti lesioni istologiche, rilevabili solo con la biopsia al microscopio elettrico.Le cause possono essere VIRALI, ALLERGICHE, ALTERATA FUNZIONE DEI LINFOCITI T SOPPRESSOR.Si manifesta con una SINDROME NEFROSICA PURA: la pressione arteriosa, il filtrato glomerulare e il sedimento urinario sono NORMALI. L’IRA si manifesta raramente. La terapia è a base di corticosteroidi.

• GLOMERULONEFRITE MEMBRANOSAForma più frequente negli adulti di sesso maschile. Nell’eziopatogenesi prevale la forma idiopatica, ma tuttavia può essere secondaria a LES, epatite B, neoplasie (carcinoma broncogeno e colon).MANIFESTAZIONI CLINICHEAll’esordio i pazienti presentano edemi, proteinuria, P.A. e filtrazione glomerulare NORMALI.In seguito si manifestano ipertensione, insufficienza renale lieve, alterazioni del sedimento urinario.La trombosi della vena renale è una complicanza frequente. Circa il 50% dei pazienti va in contro a remissione spontanea completa mentre gli altri vanni in contro a insufficienza renale terminale entro 10 anniTRATTAMENTO: corticosteroidi e farmaci citotossici.

• MALATTIA DI BERGERRappresenta la causa più comune i ematuria ricorrente di origine glomerulare. È particolarmente frequente nei giovani (va dai 15 ai 35 anni).La biopsia renale mostra depositi di IgA in corrispondenza del mesangio. La prognosi è variabile, la malattia tende ad avere un decorso lento, circa il 40-50% dei pazienti va in contro ad insufficienza renale terminale entro 20 anni dalla diagnosi.MANIFESTAZIONI CLINICHELa presentazione classica è quella di episodi di macroematuria associati ad una sintomatologia influenzale. Di solito è presente proteinuria lieve, inferiore a 1g/24h

• GLOMERULOPATIA CRONICA

LESIONE DEL GLOMERULO

RIDUZIONE DELLA FILTRAZIONE

RIDOTTA ESCREZIONE URINARIA di Na e H2O

ESPANSIONE DEL VOLUME PLASMATICO

EDEMA PERIFERICO

EMATURIA E PROTEINURIA

INCREMENTO DI AZOTO URICO E IPERCREATINEMIA

IPERTENSIONE ARTERIOSA

SINDROME NEFRITICA

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Caratterizzata da anomalie urinarie persistenti con PROTEINURIA, EMATURIA e dalla compromissione lenta e progressiva della funzione renale. Nel corso della malattia può comparire proteinuria massiva, sindrome nefrosica.Successivamente nella fase avanzata si manifestano IPERTENSIONE ARTERIOSA ed INSUFFICIENZA RENALE TERMINALE con UREMIA.TRATTAMENTOIl controllo della pressione arteriosa è di fondamentale importanza e rappresenta il fattore che maggiormente influenza la velocità di progressione. Efficace è l’uso di ACE-inibitori.• GLOMERULOPATIE ASSIOCIATE A MALATTIE SISTEMICHENEFROPATIA DIABETICAÈ una causa frequente di GLN secondaria e IRC, la sua incidenza è del 30-50% nel diabete di tipo1.Il termine NEFROPATIA DIABETICA indica tutti i tipi di lesioni che si possono verificare nei reni dei pazienti con diabete mellito. Queste lesioni sono: GLOMERULOSCLEROSI DIFFUSA e/o NODULARE, NEFROANGIOSCLEROSI dell’arteria efferente, NEFRITE INTERSTIZIALE CRONICA e NECROSI PAPILLARE.MANIFESTAZIONI CLINICHEProteinuria, inizialmente lieve e poi progredisce nel giro di qualche anno a LIVELLI NEFROSICI.Quando la proteinuria diventa conclamata, il filtrato glomerulare diminuisce, sviluppando insufficienza renale ed ipertensione. In genere la proteinuria si manifesta 15-20 anni dopo l’esordio del diabete e progredisce a proteinuria conclamata in 5 anniTRATTAMENTOControllo della glicemia, trattamento dell’ipertensione, restrizione del contenuto proteico della dieta. I farmaci ACE-INIBITORI possiedono azione antiproteinurica e possono ritardare l’esordio della nefropatia.

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA)

È una sindrome clinica caratterizzata dalla rapida e grave compromissione della funzione renale con incapacità da parte dei reni di regolare l’omeostasi dei liquidi ed elettroliti e di eliminare le sostanze di rifiuto. L’IRA frequentemente è reversibile.

SINDROME NEFROSICA

ALTERATA PERMEABILITA’GLOMERULARE PER LE PROTEINE PLASMATICHE

PROTEINURIA MASSIVA (> 3,5g / 24 ore)

IPOALBUMINEMIA IPERCOLESTEROLEMIA

RIDUZIONE DELLA PRESSIONE ONCOTICA

PASSAGGIO DI LIQUIDI NELLO SPAZIO INTERSTIZIALE

EDEMI E VERSAMENTI NELLE GRANDI CAVITA’

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EZIOPATOGENESI• IRA PRERENALE: dovuta all’inadeguata scarsa perfusione dei reni. La maggior parte dei

casi è dovuta alla perdita di liquidi (disidratazione, deplezione di volume), alla loro ridistribuzione interna (ipoproteinemia), alla riduzione della gittata cardiaca o ad alcuni farmaci (diuretici, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, FANS), spesso somministrati in associazione. Il fattore più importante che contribuisce all’elevata incidenza dell’IRA prerenale negli anziani è la perdita del meccanismo regolatore della sete, accentuata da una relativa incapacità a conservare il sale e da una perdita della capacità di concentrazione delle urine.

• IRA POST-RENALE: determinata da processi morbosi che determinano un’ostruzione delle vie escretrici renali (è bilaterale).

• IRA CRONICA: alterazioni patologiche che interessano il parenchima renale in uno o più distretti (GLOMERULI, TUBULI, INTERSTIZIO E VASI).

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA PRERENALELe manifestazioni cliniche sono oliguria, ipotensione ortostatica, tachicardia, mucose secche, cute sollevabile in pliche, ipotonia dei bulbi oculari, torpore.DIAGNOSI: iperazotemia, ipercreatinemia, urine iperosmotiche ad alto peso molecolare, proteinuria.DECORSO E TERAPIA: tendenza alla regressione spontanea, la terapia prevede a seconda delle cause una immediata riperfusione renale, somministrazione di catecolammine per l’ipotensione arteriosa, plasma e colloidi. In caso di disidratazioneintroduzione di Sali minerali, e trasfusioni in caso di emorragie.

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA POST-RENALELe cause postrenali dell’IRA sono quelle responsabili di ostruzione del sistema collettore a qualunque livello delle vie escretrici. Se l’ostruzione è al di sopra della vescica, poiché si instauri un IRA è necessario l’interessamento di entrambi i reni.Tra le cause ricordiamo la calcolosi renale, neoplasie, ipertrofia prostatica o carcinoma, stenosi uretrale o ureterale, flogosi croniche, legatura accidentale degli ureteri.MANIFESTAZIONI CLINICHEOliguria ingravescente fino ad anuria, idroureteronefrosi, globo vesciale, dolore colico nella zona lombare.DIAGNOSIEco-renale e vescicale per evidenziare eventuali idronefrosi. Rx diretta addome in caso di calcoli radio opachi. Cistoscopia per la localizzazione dell’ostacolo.TAC per evidenziare neoplasie o fibrosi retroperitoneale.DECORSO E TERAPIASe l’ostruzione è prolungata si possono avere alterazioni istologiche tubulo interstiziali e NECROSI GLOMERULARE, quindi si andrà verso un IRC.La terapia è volta a rimuovere le cause dell’ostruzione quindi si tratta di una terapia chirurgica o endoscopia curativa o chirurgia palliativa.

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA CRONICAÈ dovuta a fattori diversi che determinano lesioni istologiche renali, a queste includiamo malattie renovascolari, glomerulo nefriti, nefrite interstiziale acuta, necrosi tubulare acuta (NTA).La NTA è una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita simultanea e progressiva della funzione tubulare e glomerulare, causata da una lesione ischimica o tossica dei tubuli e/o glomeruli e dei vasi renali.NTA ISCHEMICA: successiva a IPOPERFUSIONE acuta o IRA prerenale protratta;

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NTA NEFROTOSSICA: causata da NEFROTOSSINE esogene, quali antibiotici (gentamicina), mezzi di contrasto iodatim o NEFROTOSSINE endogene come la mioglobina liberata in seguito a colpo di calore o a grave trauma muscolare.QUADRO CLINICOOliguria, anuria, ritenzione idrosalina, espansione della volemia, insufficienza cardiaca sinistra, dispnea, edema polmonare acuto, Respiro di Kussmaull (compenso ventilatorio dell’acidosi metabolica). Nausea e vomito.DiagnosiL’esame di laboratorio evidenzia urine a basso peso specifico, aumento della sodiuria, iperazotemia, ipercreatinemia, sedimento urinario, biopsia renale.TRATTAMENTOCorrezione delle cause pre e post renale, ripristino della diuresi con carico di volumi di fisiologia e uso di diuretici, monitoraggio del peso, correzione della terapia con sospensione di farmaci come i FANS e riduzione di antibiotici e digitalici. Somministrazione di farmaci leganti fosfati.

INSUFFICIENZA RENALE CRONICAÈ una sindrome caratterizzata dalla graduale compromissione di tutte le funzioni dei reni, come conseguenza di un danno progressivo e reversibile. È una condizione clinico-metabolica che consegue alla progressiva ed irreversibile perdita di nefroni funzionali ed insorgenza di sindrome uremica. La sindrome uremica, è espressione della disfunzione di tutti gli organi ed apparati, provocata appunto da un IRC terminale. L’IRC è IRREVERSIBILE.CAUSE DI IRCGlomerulonefriti, nefriti interstiziali, pielonefriti, nefropatia diabetica, nefropatie vascolari, rene policistico.MANIFESTAZIONI CLINICHEVariano in funzione della riduzione della massa renale funzionante, in uno stadio più o meno avanzato compaiono iperazotemia, ipercreatinemia, ipercalciemia, acidosi metabolica.ALTERAZIONI VASCOLARI: ipertensione, scompenso cardiaco, edema polmonare, ipertrofia ventricolare sinistra.ALTERAZIONI POLMONARI: stasi polmonare circolatoria, dispnea.ALTERAZIONI EMATOLOGICHE: anemia normocromica, alterazioni emostasi, immunodepressione.ALTERAZIONI GASTROINTESTINALI: anoressia, nausea, vomito, alito uremico.ALTERAZIONI DEL METABOLISMO: iperlipidemia, aumento LDL, diminuzione HDL, ipertrigliceremia.

DIAGNOSIEcorenale per evidenziare cisti, tumori ed ostruzioni.Tac Spirale: per verificare la presenza di calcoli.Biopsia renale.TRATTAMENTOterapia conservativa del danno nefrosico con dieta ipoproteica, terapia farmacologica con ACE-INIBITORI e betabloccanti, Dialisi e trapianto.

MALATTIE DELL’APPARATO RESPIRATORIOBRONCOPNEOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO)Condizione di ostruzione cronica delle vie aeree, lentamente progressiva, causata da un’infiammazione cronica delle vie aeree e del parenchima polmonare. La BPCO comprende due distinte entità:

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• Bronchite cronica: è definita dalla presenza di tosse cronica produttiva per almeno tre mesi l’anno per due anni consecutivi, potendo escludere infezioni da micobatteryum tubercolosys, cancro del polmone e scompenso cardiaco cronico.

• Enfisema: dilatazione abnorme degli spazi aerei a valle dei bronchioli terminali con distruzione dei setti interalveolari senza evidenza di fibrosi. Tale alterazione comporta un’iperestenzione del polmone con perdita della sua normale elasticità, con conseguente difficoltà nella ventilazione.

La bronchite cronica non è sempre associata a BPCO, infatti si può diagnosticare BPCO in assenza di bronchite cronica.La caratteristica fondamentale della BPCO è l’accelerato declino del FEV (volume di espirazione forzata). Tra i fattori di rischio troviamo:

1. Il fumo: 1/5 dei fumatori si ammala di BPCO. Il fumo attiva i processi infiammatori a livello delle vie respiratorie inibisce la motilità ciliare, causa l’ipertrofia delle ghiandole mucosecernenti e provoca lo spasmo della muscolatura liscia bronchiale.

2. INQUINAMENTO ATMOSFERICO: esposizione professionale a polvere o gas novici.3. CONDIZIONI GENETICHE: deficit di alpha1-antitripsina.

L’enfisema può essere classificato in due forme: 1. ENFISEMA CENRTOARCINALE(o CENTROLOBULARE): dove viene distrutta la

porzione centrale del lobulo, cioè i bronchioli respiratori, mentre rimangono integri i dotti alveolari e gli alveoli. Al centro dell’acino si crea una zona ben ventilata, ma non perfusa, per la dilatazione dei capillari (ALTO RAPPORTO V/O).In periferia gli alveoli tendono a chiudersi, viene a crearsi una zona ben perfusa ma poco ventilata (BASSO RAPPORTO V/O). Questo enfisema si stabilisce nei fumatori in patologie come bronchite cronica, asma bronchiale, broncoectasie.

2. ENFISEMA PARACINALE (o PANLOBULARE): risultano alterate entrambe le porzioni lobulari, si centrale che periferica; la distruzione della regione alveolo capillare altera lo scambio gassoso. È dovuto ad un deficit alpha1-antitripsina (glicoproteina che esercita una azione bloccante degli enzimi alveolari).

BRONCHITE CRONICALa caratteristica distintiva della bronchite è l’ipertrofia delle ghiandole mucosecernenti dei grossi bronchi. L’ostruzione delle piccole vie respiratorie è dovuto ad una serie di meccanismi concomitanti:

• Edema e infiltrazione infiammatoria delle pareti bronchiali;• Iperplasia delle cellule caliciformi;• Fibrosi peribronchiale;• Presenza di abbondati quantità di muco nel lume;• Ipertrofia delle cellule muscolari lisce.

Possono essere distinti due quadri clinici differenti della BPCO: tipo A e tipo B.Si ritiene che nei pazienti di tipo A, la risposta ventilatoria alla tensione dei gas ematici sia aumentata, mentre sia diminuita nei pazienti di tipo B

1. TIPO APaziente nel quale sono prevalenti i sintomi di rarefazione progressiva del tessuto polmonare e quindi incapacità ventilatoria. Questi pazienti vengono chiamati SBUFFANTI ROSA (pink puffers). Il paziente non si presenta cianotico perché riesce ancora a contrastare l’insufficienza ventilatoria, magro e malnutrito per via dell’elevato lavoro dei muscoli respiratori. 2. TIPO BPaziente nel quale predominano i sintomi della bronchite cronica e che con il tempo ha causato un enfisema secondario, tali pazienti sono chiamati GORGOGLIANTI BLU (blue bloaters), nei quali

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l’ipossia cronica provocata da bronchite cronica fa si che il paziente si presenti cianotico (per ipossia a riposo), obeso, poliglobulinico (aumento di globuli rossi per contrastare ipossia),

ipertensione polmonare, edema da scompenso di cuore destro, espettorato mucoso e purulento.

SEGNI E SINTOMI DI PBCO

La BPCO è seguita da una progressione lenta con una relativa stabilità chimica, alterata a periodiche riacutizzazioni di malattia in seguito ad infezioni virali nelle stagioni fredde. La BPCO si manifesta generalmente in pazienti di 40/50 anni fumatori di almeno 20 sigarette al gg per più di venti anni. La tosse è il sintomo comune precoce con escreto mucoso e purulento in occasioni di riacutizzazioni, respiro sibilante.Dispnea: inizialmente durante le riacutizzazioni in seguito a questi sforzi negli stadi avanzati può comparire anche a riposo; presenza di cianosi.

DIAGNOSIL’anamnesi e l’esame obiettivo suggeriscono la presenza di BPCO.

• RX torace: evidenzia la trasparenza del polmone dovuto ad enfisema.• Prova di funzionalità respiratoria: è utile a diagnosticare un abbassamento della FEV.• EMOGASANALISI, emocromo e Tac torace.

TRATTAMENTO • Forma stabile: trattamento educazione smettendo di fumare; trattamento farmacologico con

broncodilatatori; trattamento non farmacologico con ossigenoterapia, riabilitazione respiratoria.

• STADIO I (lieve): Broncodilatatori al bisogno;• STADIO II (moderata): Broncodilatatori ad azione duratura più riabilitazione;• STADIO III (grave): Broncodilatatori più corticosteroidi ed Ossigeno;• STADIO IV (molto grave): CPAP;• STADIO V: intubazione del paziente.

DISPNEA GRAVE LIEVEPO2 DIMINUTA MOLTO DIMINUITAPCO2 NORMALE O DIMINUTIA AUMENTATATOSSE SCARSA; ESPETTORATO

MUCOSOPRESENTE; ABBONDANTE ESPETTORATO PURULENTO

CIANOSI SCARSA COMUNECUORE POLMONARE RARO COMUNEPERDITA DI PESO SI NOSTORIA CLINCA ETA' DELLA DIAGNOSI;

50/60 ANNI; SCARSA TOSSE; RECENTE COMPARSA DI DISPNEA INGRAVESCENTE

ETA' DELLA DIAGNOSI 40/50 ANNI; STORIA DI TOSSE ED ESPETTORAZIONE DA MOLTI ANNI; PAZIENTE FUMATORE DI VECCHIA DATA; RICORRENTI RIACUTIZZAZIONI E INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

NOME PINK PUFFER BLUE BLOATERS

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Il trapianto polmonare è indicato in pazienti con deficit di alpha1-antitripsina.

COMPLICANZEInsufficienza respiratoria con PO2 < 50mmhg, cuore polmonare cronico, ipertrofia ventricolare destra causata da ipertensione polmonare, pneumotorace.

POLMONITIProcesso infiammatorio generalmente a decorso acuto o subacuto che interessa il parenchima polmonare distalmente ai bronchi terminali.CLASSIFICAZIONE

• Polmoniti da microorganismi patogeni;• Polmoniti da diffusione aerogena;• Polmonite in soggetti immunodepressi;

POLMONITI DA MICROOGANISMI PATOGENISolitamente sono microorganismi saprofiti, queste polmoniti sono determinate da:

Progresso sociale: vita in ambienti chiusi, affollati, condizionatori, ospedalizzazioni. Ceppi batterici resistenti.

AGENTI EZIOLOGICILa maggior parte dei microorganismi fa parte della flora batterica rinofaringea, la loro patogenicità può esplicarsi qual’ora raggiungano le più basse vie respiratorie o nel caso in cui il ceppo si sviluppa a scapito degli altri (a seguito di terapia antibiotica). Gli agenti eziologici più importanti sono: pneumococco staphylus aureus, klebsiella pneumoniae, haemophilys influenzae, pseudomonas arginosa, enterobatteri, ab ingestis.VIE DI INGRESSO

Inalazione: batteri e virus; Aspirazione: dal cavo orale o dal tratto digerente; Ematologa: endocarditi, ostiomeliti.

FATTORI PREDISPONENTIIn soggetto immunocompetente sono:

Alterazioni dell’apparato muco ciliare (BPCO,infezioni virali, aria fredda, secca, difetti genetici).

Alterazioni del riflesso della tosse (dovute ad alcool, sedativi, ipossemia, FUO);In soggetto immunocompromesso:

Immunodeficienza selettiva di T o B; Immunodeficienza T e B.

In questo caso i soggetti più a rischio sono anziani e bambini.

INFEZIONI POLMONARIIn base alla distribuzione della lesione si classificano in:

• Broncopolmonite (batterica);tipica di soggetti defedati e con potere immunitario ridotto. L’agente eziologico responsabile è batterico: gram positivo (streptococco pneumoniae, staphilocco aureo, legionella); gram negativo (aemophlus influenzae, pseudomonas, e.coli, clebsiella).L’interessamento polmonare è focale, broncocentrico, spesso estensione di una bronchite, o bronchiolite. Interessa prevalentemente gli alveoli e la parete bronchiale, solitamente non si associa a pleurite eccetto forme estese. Le lesioni istologiche prevedono edema, congestione, infiltrato infiammatorio acuto con stravaso di globuli rossi ed essudato fibrinoso.• Polmonite lobale (pneumococco).

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È tipica dei giovani adulti, l’agente eziologico è in genere un microorganismo molto virulento come il pneumococco. Principali le cause di polmonite acquisite in comunità. Il processo infiammatorio suppurativo si estende ad interessare un intero lobo o anche più di uno arrivando alla superficie pleurica (pleurite). Nelle prime 24 ore si verifica una congestione vascolare (iperemia ed accumulo di essudato fibrinoso negli alveoli), successivamente dopo 2 o 3 giorni si passa ad uno stadio di EPATIZAZZIONE ROSSA, dove la congestione è al culmine. Il polmone assume un aspetto compatto simile a quello del fegato. Dopo 3 o 4 gg si passa ad uno stadio di epatizzazione grigia dove l’arrivo dei neutrofili e l’accumulo di fibrina aumenta la consistenza del parenchima polmonare e diminuisce l’afflusso ematico agli alveoli. Nei quattro o cinque giorni successivi si assiste alla risoluzione; i macrofagi detergono i detriti derivati dalla morte dei granulociti, l’essudato viene completamente riassorbito e la struttura del polmone torna alla normalità. Le complicanze si manifestano con pleurite, ascessi polmonari, organizzazione dell’essudato, batteriemia (ascessi metastatici, endocardite settica).

ASCESSI POLMONARI: processo infiammatorio suppurativo del parenchima polmonare che spesso evolve verso la colliquazione e formazione di cavità con livello idroaerei. La parete ascessuale è costituita da tessuto di granulazione, che se cronicizza diviene fibroso. Tale tessuto difende l’infezione dagli antibiotici.

POLMONITE INTERSTIZIALE (VIRALE)I virus che più frequentemente possono essere causa di polmonite sono i virus influenzali, parainfluenzali, virus morbillo, varicella-zooster, herpes virus, corona virus (sars).È una patologia frequente soprattutto in età infantile e negli anziani, se ne sospetta la presenza allorchè in questi soggetti, il decorso di una banale influenza si complica con la comparsa di disturbi della respirazione.Il quadro anatomo-patologico mostra un impegno interstiziale e un adenopatia ilare.DIAGNOSI PER POLMONITI BATTERICHE

• Anamnesi ed esame obiettivo (auscultazione di RUMORI, ottusità);• Colore dell’espettorato;• Esame colturale e antibiogramma dell’espettorato;• Rx torace;• Emocromo;• Emogasanalisi;• Emocultura.

SINTOMATOLOGIAI sintmoi generali sono iperpiressia, tosse produttiva, dolore toracico in presenza di interessamento pleurico. Le altre manifestazioni cliniche variano a seconda della sede della lesione.TERAPIA: antibiotici mirati, idratazione, riposo, antipiretici, analgesici, ossigeno, aerosolterapia.

EMBOLIA POLMONARESi definisce con questo termine la migrazione nell’albero arterioso polmonare di materiale costituito da TROMBI VENOSI partiti da arti inferiori e più raramente da arti superiori. Cause:

• stasi venosa per immobilizzazione prolungata a seguito di interventi chirurgici.• Alterazione del sistema della coagulazione;• Danneggiamento della parete vasale per traumi o processi infiammatori;

L’embolia comporta importanti alterazioni emodinamiche e degli scambi gassosi; l’ostruzione provoca la creazione di spazio morto respiratorio causando IPOSSIA, oltre che ad ostacolare la gittata del ventricolo destro.MANIFESTAZIONI CLINICHE:

• Dispnea improvvisa, tachipnea;

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• Tachicardia, ipotensione, sincope;• Turgore della giugulare;• Infarto polmonare.

DIAGNOSI:• D-dimero prodotto della degradazione della fibrina: indica l’attivazione dei processi

endogeni trobolitici;• Emogsanalisi ipossemia e ipercapnia;• Rx-torace trasparenza di aree per ridotta vascolarizzazione;• Eco-dopplerevidenzia trombosi venale profonda;• ECG;• SCINTIGRAFIA POLMONARE;• ANGIOGRAFIA POLMONARE SELETTIVA;

TERAPIA: anticoagulanti; trombolitici o posizionamento filtro in vena cava

ASMAMalattia infiammatoria cronica delle vie aeree a eziologia ignota, caratterizzata da ricorrenti episodi di ostruzione bronchiale che si risolvono spontaneamente o in seguito a terapia.L’asma si divide in:ASMA ALLERGICA asma dell’età giovanile, tipica dei soggetti allergici (atopici) e può essere stagionale o perenne. L’esposizione degli allergeni provoca una riposta bronco ostruttiva nel giro di pochi minuti oppure le crisi sopraggiungono tardivamenteASMA IDIOSINCRASICAsi manifesta in soggetti adulti e compare per la prima volta dopo infezioni virali delle vie aeree superiori.PATOGENESIl’ostruzione acuta e l’iperattività bronchiale sono le principali alterazioni fisiopatologiche dell’asma dovute a persistente stato infiammatorio delle vie aeree. L’esame istologico evidenzia una mucosa edematosa infiltrata da eosinofili, macrofagi, neutrofili e linfociti T attivati.Conseguenza dell’attivazione di processi infiammatori è la contrazione della mucosa bronchiale, lo spasmo bronchiale è la causa principale dell’ostruzione delle vie aeree, oltre all’edema della parete, vi è un aumento della produzione di muco e un danneggiamento dell’epitelio mucociliare.MANIFESTAZIONI CLINICHE: triade composta da tosse, dispnea, respiro sibilante,senso di ostruzione toracico, tachicardia, tachipnea, sudorazione e dispnea da sforzo.DIAGNOSItest di funzionalità respiratoria (spirometria) che evidenzia una riduzione della FEV e della capacità ventilatoria forzata CVF, flusso espiratorio forzato (PEF), dopo inalazione di branco dilatatori e dopo un miniciclo di trattamento con glucorticosteroidi aumentano o tornano normali.INSUFFICIENZA RESPIRATORIASignificativa riduzione delle capacità dell’apparato respiratorio di ossigenare il sangue e di rimuovere la CO2, ovvero si parla di insufficienza respiratoria quando la PaO2 è inferiore ai 60mmHg (ipossemia) e la PaCO2 è superiore ai 50mmHg (ipercapnia).CAUSE

• Alterazione del rapporto VENTILAZIONE / PERFUSIONE (polmoniti, edema polmonare);• Ipoventilazione alveolare (alterazione dell’attività dei centri respiratori, malatite

neuromuscolari);• Shunt destro-sinistro;• Riduzione della diffusione dei gas a livello della membrana alveolo-capillare;• Riduzione della PaO2 nell’aria inspirata.

SEGNI E SINTOMIDa ipossiemia Dispnea, cianosi, segni di ipossia tissutale, ansia, sudorazione, stato confusionale, convulsioni, coma, acidosi, ipertensione polmonare, aritmie, aumento della F.C.

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Da ipercapnia vasodilatazione cerebrale, cefalee, sonnolenza, agitazione, narcosi, coma, acidosi respiratoria.

FUO – FEBBRE DI ORIGINE SCONOSCIUTAFebbre: aumento della temperatura corporea con innalzamento del punto termostatico ipotalamico, per azione di CITOCHINE e PGE. Si ha vasocostrizione, aumento della produzione di calore, brividi, aumento dell’attività metabolica epatica.Ipertermia: aumento della temperatura corporea senza innalzamento del punto termoregolatore ipotalamico. Il corpo riceve più calore di quanto ne possa eliminare (colpo di calore, tireotossicosi, feocromocitoma). Il paziente si presenta caldo, ma asciutto, con allucinazioni, delirio, midriatico(occhio dilatato), rabdomidisi(danno cellulare), non risponde agli antipiretici ed ha elevato rischio di morte.Iperpiressia: aumento della temperatura corporea oltre i 41,5°, non c’è funzionamento di neuro peptidi encefalici che funzionano da antipiretici. Si presenta in casi di grave SEPSI, LESIONI DEL SNC.FUO: è una febbre superiore a 38,3°c perdurante da oltre 3 settimane e rimasta non diagnosticata dopo una settimana di accertamenti in ospedale. Si classifica in:

• FUO CLASSICA cause infettive (TBC, ascessi, endocarditi, mononucleosi), neoplasie (linfomi, leucemie,carcinomi del colon, rene e fegato), infiammazioni croniche (LES, artrite, morbo di Chron), farmaci (antimicrobici, antineoplastici e antiepilettici).

• FUO NOSOCOMIALE scaturita da almeno tre giorni in paziente ospedalizzato, che al momento del ricovero non presentava febbre e nessuna infezione. Dovuta a tromboflebiti, embolia polmonare, ulcere da decubito, farmaci, ecc.

• FUONEUTROPENICA Febbre da oltre 3gg in pazienti con conta dei neutrofili <500/mm3, ovviamente si tratta di pazienti immunoCompromessi e soggetti con infezioni batteriche o faringee.

• FUO ASSOCIATA AD HIV in pazienti con HIV confermata, in questi casi la febbre è dovuta a infezioni primarie, ad infezioni opportunistiche, linfomi N.H., farmaci, sarcoma di Kaposi. La febbre perdura più di 4 settimane in pazienti non ospedalizzati e per più di sette giorni in quelli ospedalizzati.

CAUSE: infezioni sistemiche, localizzate, neoplasie e connetiviti.

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METABOLISMO DELLA BILIRUBINA-ITTEROL’ittero è una colorazione gialla della cute, delle sclere e delle mucose dovuta ad un aumento della concentrazione di bilirubina nel sangue e al suo conseguente deposito nei tessuti. È importante segno di malattia epatica ma, può manifestarsi anche nelle ostruzioni delle vie biliari o l’emolisi o in condizioni fisiologiche, come l’ittero nel neonato.La biliverdina, prodotto del metabolismo dell’emoglobina, viene trasformata in bilirubina non coniugata (o bilirubina libera) che si lega fortemente all’albumina cicolante e pertanto non puo essere eliminata dal rene, poiché, com’è noto, l’albumina non attraversa la membrana basale del glomerulo. La bilirubina captata dall’epatocita a livello del suo polo vascolare, viene coniugata con acido glicuronico;: si forma cosi la bilirubina coniugata (o diretta) che viene eliminata attraverso la bile e, quando la sua concentrazione nel sangue aumenta, anche attraverso l’urina. Con il passaggio nell’intestino essa si trasforma in bilinogeno, che conferisce alle feci il colore marrone. Parte del bilinogeno viene riassorbita nel tratto terminale dell’ileo e, attraverso il circolo portale, è trasportata al fegato e di nuovo escreta nella bile (circolo entero-epatico della bilirubina).I valori normali della bilirubina nel siero sono compresi tra 0,3 e 1,0 mg/dl, di cui 0,1-0,3 mg/dl coniugata e 0,2-0,7 non coniugata.Il valore di soglia della bilirubinemia a livello del quale si rende evidente l’ittero è generalmente compreso tra 2-2,5 mg/dl. Nell’ittero grave la cute può assumere una colorazione verde-brunastra.

L’ittero può essere distinto in tre tipi:1. pre-epatico, in cui il difetto è rappresentato da una iperproduzione di bilirubina,

prevalentemente di tipo no coniugato, come nell’emolisi;2. epatocellulare, dovuto ad alterazioni della funzione dell’epatocita;la birilubina è di tipo non

coniugato e coniugato3. post-epatico, dovuto a ostruzione delle vie biliari intra- o extra-epatiche; la bilirubina è

prevalentemente di tipo coniugato.

EPATITEÈ una malattia caratterizzata da flogosi e necrosi del parenchima epatico da cause diverse: più spesso virus, ma anche farmaci, sostanze tossiche, alcool e anticorpi. In base alla durata viene distinta in acuta e cronica a seconda che la malattia si protragga per meno o più di sei mesi.

EPATITE ACUTA DA VIRUS AÈ causata da un virus RNA della famiglia dei Piconavirus. La trasmissione avviene prevalentemente attraverso via oro fecale. Cibi e acque contaminate possono provocare epidemie, mentre casi singoli sono osservati dopo l’ingestione di frutti di mare, verdure non lavate e in ambienti con scarsa igiene. La trasmissione parenterale è possibile ma rara. Il periodo di incubazione varia da 2 a 6 settimane. I pazienti affetti da epatite A sono pertanto contagiosi nella fase prodromica, quando l’eliminazione del virus attraverso le feci è massima, e cessano di esserlo quando la malattia diviene clinicamente evidente. A 2-3 settimane dall’esposizione al virus inizia anche la produzione di anticorpi anti-virus A (HAV Ab) prima di tipo IgM e poi di tipo IgG. Questi persistono per tutta la vita e proteggono da nuova infezione.

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EPATITE DA VIRUS BOltre che dell’epatite acuta, l’HBV è responsabile dell’epatite cronica, con evoluzione verso la cirrosi, e del carcinoma epatocellulare.La particella virale completa e costituita da uno stato esterno di rivestimento, detto envelope dove si trova l’antigene di superficie HBsAg, e da una parte centrale detto core in cui sono compresi:

• l’antigene c (HBcAg) che rimane all’interno dell’epatocita;• l’antigene e (HBeAg);• il DNA (HBV DNA);

Fase

Incubazione (2-20 settim.)

Preitterica(5-10 giorni)

Itterica (variabile)

Guarigione (variabile)

Segni e sintomi

Nessuno

Astenia, disappetenza, disturbi del gusto, vomito, vaghi dolori addominali, febbre,mialgie,cefalea

La colorazione scura delle urine precede la comparsa dell’ittero, che segna l’inizio del miglioramento soggettivo. Epato-splenomegalia di solito modeste.ComplicazioniEpatite Fulminante(1%)

Rapido peggioramento delle condizioni generali

encefalopatiaasciteriduzione del volume del

fegatoexitus

Epatite col estaticaQuadro di colestasi con

ittero marcato e pruritoDecorso benigno

Epatite cronica

Regressione dei sintomi e dell’ittero.Graduale ripresa delle forze e dell’appetito

Viremia

Il virus è presente nel sangue

Massima

Si riduce

Scompare

Esami di Laboratorio

ALT,AST: normaliBilirubina: normaleAnticorpi: assenti

ALT,AST: in aumentoBilirubina: normaleVirus evidenziabile nel sangue

ALT,AST: massimi valoriBilirubina aumentata.

Aumento bilirubina

Aumento di bilirubina coniugata, fosfatasi alcalina, gamma-GT

Ritorno a valori normali di ALT,AST e bilirubina.Comparsa di anticorpi neutralizzanti.

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• la DNA polimerasi, che determina la replicazione del DNAil periodo di incubazione oscilla tra 4 settimane e 6 mesi. L’HBV è stato isolato dal sangue,dal liquido seminale,dai secreti vaginale e cervicale, dalla saliva e dal latte materno. Le modalità di trasmissione sono quindi la via percutanea (quella più frequente), attraverso i contatti intimi e attraverso la via oro-fecale (rara ma possibile). Oltre ai sintomi già descritti possono esservi artralgie, artrite, rash cutanei, ematuria e proteinuria. Ittero e epatosplenomegalia presenti in vario grado.L’epatite fulminante si verifica nell’1-3% dei casi, l’1-2% dei pazienti con infezione acuta evolve verso l’epatite cronica che a sua volta progredisce verso la cirrosi, infine un certo numero di soggetti è portatore del virus senza manifestare la malattia (ma con la capacità di trasmettere il virus a soggetti sani) si definiscono portatori cronici, impropriamente detti portatori sani. I portatori cronici hanno un rischio aumentato di epatocarcinoma.

Dei marcatori dell’infezione da virus B, l’antigene s (HBsAg), sempre presente nella fase acuta, è il primo a comparire. È presente poco dopo l’infezione, prima dell’aumento delle amino transferasi, e scompare uno-mesi dopo l’inizio dell’ittero. Dopo la sua scomparsa appare il relativo anticorpo HBsAB o antti-HBs che persiste definitivamente indica la guarigione; l’HBsAb è un anticorpo protettivo a differenza dagli altri anticorpi indotti dal virus B.L’antigene c (HBcAg) non è rilevabile nel siero, il relativo anticorpo (HBcAb o anti-HBc) comparePoco dopo l’HBsAg. Poiché talvolta tra la scomparsa dell’HBsAg e la comparsa dell’HBsAB trascorre del tempo durante il quale il paziente è HBsAg e ABsAb negativo (finestra immunologica), l’unica prova dell’avvenuta infezione è costituita in questo periodo dalla presenza dell’HBcAb, prima di tipo IgM, e poi di tipo IgG; quest’ultimo persiste indefinitamente. L’ antigene e (HBeAg) compare contemporaneamente all’HBsAG o poco dopo. Esso coincide con alti livelli di replicazione virale e indica un elevata viremia e quindi una notevole infettività. La persistenza dell’HBeAg e/o dell’HBV dna per 6 settimane dall’inizio dell’infezione indica alta probabilità di cronicizzazione e la sua presenza nel corso della malattia cronica è segno di replicazione virale.La prevenzione si attua con l’educazione sanitaria, screening del sangue e dei suoi derivati,immunizzazione con immunoglobuline e vaccinazione.

EPATITE DA VIRUS CIl virus C è un virus RNA appartenente alla classe dei Flavivirus, è soggetto a numerose mutazioni, ciò spiega perché gli anticorpi presenti nel siero non siano protettivi, perché il paziente possa reinfettarsi e perché non si disponga ancora di un vaccino. La via di trasmissione più conosciuta è quella parenterale e la categoria più a rischio è quella dei tossicodipendenti che ricorrono alla via venosa. La puntura accidentale è una modalità possibile ma molto più rara di quanto non sia per

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l’epatite B, la trasmissione sessuale è rara, ma relativamente frequente nei soggetti che hanno rapporti promiscui mentre la trasmissione materno-infantile si verifica nel 5% dei casi.L’importanza dell’infezione da HCV sta nella sua evoluzione dalla forma cronica verso la cirrosi epatica e da questa verso l’epatorcarcinoma.L’epatite acuta, il cui periodo di incubazione dura in media 50 giorni, passa spesso inosservata poiché le manifestazioni cliniche sono di solito assai lievi e l’ittero, in particolare, è presente in meno del 30% dei casi. L’anti-HCV, se ricercato con la metodica più comune, di prima generazione, si positivizza piuttosto tardivamente e spesso quando l’episodio acuto è terminato.

EPATITE CRONICAÈ una malattia caratterizzata da necrosi e infiammazione del parenchima epatico che si protraggono per oltre sei mesi. Nelle fasi più avanzate vi è fibrosi a inizio nelle regioni periportali. Evolve comunemente verso la cirrosi.Gli agenti eziologici più importanti sono:

- virus (B, B+D, C)- Autoimmunità - Farmaci e sostanze tossiche- Steatoepatite non alcolica- Cause sconosciute- Cause rare: malattia di Wilson

Soltanto nel 30% dei casi vi è una storia di epatite acuta clinicamente definita; perlopiù la malattia si manifesta in modo graduale e talvolta per caso. Nelle forme più lievi i sintomi sono modesti e non specifici:affaticabilità, disappetenza,disturbi addominali senza definiti caratteri. Vi possono essere epatosplenomegalia e ittero di lieve grado. Nelle forme più gravi si rendono evidenti i segni della malattia epatica avanzata che può progredire sino alla cirrosi scompensata(ittero,ascite).Alcuni pazienti seguitano ad avere un’elevata replicazione virale (fase re plicativa) con titoli elevati di HBV DNA ed evolvono in tempi brevi o nel corso di decenni verso la cirrosi epatica. Tuttavia nella maggioranza dei casi il decorso è più benigno e la malattia va incontro a remissione, con normalizzazione delle aminotransferasi, riduzione del titolo HBsAg, scomparsa dell’HBeAg, comparsa di anti-HBe e cospicua riduzione dell’HBV DNA. Si ha cosi il passaggio dall’epatite cronica allo stato di portatore inattivo o asintomatico. Tuttavia la scomparsa dell’HBsAg non coincide con la guarigione completa poiché anche in questo caso possono aversi riprese di malattia e talvolta in forma grave. Nel decorso dell’epatite cronica da virus C compaiono spesso complicazioni extrepatiche: crioglobulinemia, glomerulonefrite, vasculite mucocutanea,linfoma non-Hodgkin.

EPATITE CRONICA AUTOIMMUNEÈ una malattia infiammatoria cronica del fegato di origine sconosciuta, caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi e ipergammaglobulinemia (con aumento delle IgG), nonché della frequente associazione con altre malattie autoimmuni. La malattia colpisce più frequentemente le donne giovani. Le manifestazioni cliniche sono quelle di una malattia epatica ad andamento progressivo che, se non trattata, evolve verso l’insufficienza epatica terminale. Frequentemente si associano manifestazioni extraepatiche.

CIRROSI EPATICAÈ una malattia irreversibile del fegato caratterizzata da fibrosi e rigenerazione nodulare in risposta a stimoli cronici che provocano necrosi degli epatociti. I noduli rappresentano un processo di riparazione, mentre la fibrosi esprime un abnorme processo di cicatrizzazione, sostituendo la normale architettura del fegato.È la più frequente causa di morte per malattie non neoplastiche dell’apparato digerente e alcolismo epatite cronica B e C, sono tra gli agenti eziologici più frequenti.

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Altre cause sono: • L’epatite autoimmune• La congestione venosa cronica, che si verifica nell’insufficienza cardiaca congestizia o nella

pericardite cronica costrittiva, provoca, a causa della stasi a livello della venta centro lobulare, una sofferenza anossica degli epatociti. Si stabilisce una reazione fibrotica secondaria che evolve verso la cirrosi.

• La cirrosi biliare primitiva• La steatoepatite non alcolica• Sost. Tossiche e farmaci• Cause rare: morbo di Wilson, deficit α1-antitripsina.

la cirrosi può essere asintomatica e costituire una sorpresa all’esame clinico o addirittura all’autopsia. Quando la malattia è asintomatica e non vi sono segni di disfunzione epatocellulare si dice che essa è compensata. All’esame fisico si possono rilevare segni di malnutrizione: l’ipotrofia muscolare

Stimoli patogeni

Necrosi degli epatociti

Citochine, fattori di crescita epatici

Epatociti:rigenerazione nodulare

Vasi:neoformazione prevalentemente

alla periferia del nodulo

Tessuto connettivo:deposizione di collagene

fibrosi sclerosi

Compressione dei vasi

Funzione ridotta rispetto al lobulo epatico normale

Riduzione del letto vascolare

INSUFFICIENZA EPATICA IPERTENSIONE PORTALE

Shunt porta-cavaChe “saltano” il fegato

Infettivi(HBV,HCV)TossiciCircolatori(stasi venosa)Immunitari(epatite autoimmune)Stasi biliareMetabolici (emocromatosi,morbo di Wilson)

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generalizzata contrasta talvolta con l’addome aumentato di volume a casa dell’ascite. L’ittero di grado variabile ed esprime sempre una certa gravità della malattia. Vi possono essere edema sottocutaneo, più marcato nelle regioni declivi, ascite e versamento pleurico. Il fegato può essere aumentato di volume oppure cosi ridotto da essere appena palpabile. Segni caratteristici della cirrosi sono : l’eritema palmare, gli angiomi racemosi, e nell’uomo la ginecomastia, la caduta dei peli e l’atrofia testicolare. Sono frequenti le manifestazioni emorragiche: epistassi, gengivoraggie, ecchimosi.

In condizioni normali la pressione nella vena porta, assai più bassa rispetto alla pressione arteriosa, è di circa 10-15 mmHg. L’alterazione della normale architettura del fegato conduce a un aumento della resistenza al passaggio del sangue e quindi a un aumento della pressione portale. Il sangue, spinto da questa elevata pressione, tende a farsi strada verso zone nelle quali la pressione è più bassa, come il circolo della vena cava inferiore. Si formano cosi delle vie dirette fra il sistema venoso portale e quello sistemico( vena cava) cosicché il sangue portale “salta” il fegato e giunge al sistema delle vene cave attraverso vie più facili. I circoli collaterali sono molti; il più importante dal punto di vista clinico è quello che si sviluppa tra vena porta e vena azygos attraverso le vene esofagee, che si dilatano e diventano tortuose. Le varici esofagee e del fondo gastrico sono la conseguenza più seria dell’ipertensione portale, poiché la loro rottura porta emorragie anche mortali.Altra conseguenza dell’ipertensione portale è la splenomegalia. L’elevata pressione portale si riflette per via retrograda attraverso la vena splenica e determina stasi nelle milza. Gli elementi figurati del sangue sostano pertanto più a lungo nel viscere e vengono cosi distrutti in quantità maggiore di quanto non avvenga fisiologicamente. Questo fenomeno è definito ipersplenismo e si traduce in anemia, e soprattutto, in leucopenia e trombocitopenia.

MANIFESTAZIONI

Malnutrizione

Ittero

Fegato di volume aumentatoFegato di volume ridotto

Splenomegalia

Varici esofageeEdema

Ascite

Versamento pleurico

Eritema palmare,angiomi racemosi,ginecomastia,perdita dei peli corporei,atrofia testicolare

Manifestazioni emorragiche

Encefalopatia

PATOGENESI

Scarsa sintesi proteica - Malassorbimento intestinale

Iperbilirubinemia da disfunzione epatocellulare (più raramente emolisi da ipersplenismo)

Prevalentemente steatosi (cirrosi alcolica)Prevalentemente retrazione fibrotica

Ipertensione portale

Ipertensione portaleIpoalbuminemiaRitenzione renale di sodio

Ipertensione portaleIpoalbuminemia

Ipoalbuminemia

Scarsa inattivazione epatica degli estrogeni circolanti

Difetto di sintesi di protrombina, trombocitopenia

Scarsa detossificazione epatica di NH4 di provenienza

intestinale; disturbi elettrolitici e probabilmente altri meccanismi sconosciuti

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La sodiemia diminuisce in quanto aumenta il volume del sangue e quindi i livelli di sodio sono molto più diluiti.

ASCITEÈ dovuta sia a stasi da ipertensione portale sia a riduzione della pressione oncotica del plasma a causa dell’ipoalbuminemia. Il liquido ascitico è di norma trasudato (concentrazione delle proteine < a 3 g/dl). Diviene evidente dal punto di vista clinico quando la sua quantità supera i 500 ml. Una grave complicanza causata dall’ascite è la peritonite batterica “spontanea” dovuta al passaggio di germi (E.coli, Pneumococco, Klebsielle) attraverso una parete intestinale apparentemente integra. Il quadro clinico è caratterizzato da un improvviso peggioramento delle condizioni cliniche, con aumento dell’ascite e ittero, e della comparsa di encefalopati. La febbre e i segni di peritonite posso essere scarsi o assenti. La diagnosi viene effettuata mediante l’esame del liquido ascitico che rivela leucocitosi neutrofila. Il tasso di mortalità è molto alto intorno al 30%.

SINDROME EPATORENALEÈ una grave complicazione della cirrosi epatica con ascite; progressiva insufficienza renale con oliguria e ritenzione di sodio ne costituiscono gli aspetti caratteristici. Poiché i reni non mostrano anormalità strutturali, si ritiene che l’ipotensione causata da vasocostrizione delle grandi e piccole arterie renali ne sia il principale meccanismo patogenetico.Si manifesta di solito dopo emorragia gastrointestinale, tentativi di forzare la diuresi con dosi crescenti di diuretici, paracentesi massive, somministrazione di farmaci che inibiscono la vasodilatazione renale come FANS e amino glicosidici, e talvolta in assenza di cause individuabili.La malattia epatica è sempre avanzata, con ittero e ascite. La diuresi si riduce progressivamente sino all’anuria; vi è marcata ipotensione. Gli esami di laboratorio evidenziano aumento dell’urea e della creatinina del siero, riduzione della sodiemia e della sodiuria (<10mEq/L).

Ogni tipo di trattamento è di solito inefficacie e la mortalità è attorno al 90%. Bisogna evitare ogni tipo di farmaco nefrotossico (antibiotici amino glicosidici, FANS). Si può tentare una lieve espansione del volume ematico con albumina priva di sodio ma occorre comunque evitare dosi eccessive di liquidi che possono peggiorare l’ipertensione portale e provocare sanguinamento delle varici esofagee. Attualmente l’unica forma di trattamento efficacie è il trapianto di fegato.

DIABETEDal 1997 l'Associazione Diabetica Americana ( ADA ) ha rivisto la classificazione precedente, in uso dal 1979, eliminando i termini insulino e insulinodipendente e i relativi acronimi IDDM (diabete mellito insulino-dipendente) e NIDDM (diabete mellito non insulino- dipendente), al loro posto vengono mantenuti i termini diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2. I termini IDDM e NIDDM precedentemente usati rappresentano una classificazione basata sul trattamento e non sull'eziologia (causa) e forniscono un quadro contraddittorio in quanto anche il diabetico di tipo 2 (indicato in precedenza con la sigla NIDDM) può richiedere un trattamento con insulina. Attualmente la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha deciso di allinearsi al criterio diagnostico suggerito dall' ADA e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).Questi sono i nuovi criteri di classificazione.

Diabete Mellito di tipo 1, viene suddiviso in:• Diabete Mellito Autoimmune

E' causato dalla distruzione delle cellule pancreatiche ad opera di autoanticorpi. Questi si

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trovano in più del 90% dei pazienti al momento della diagnosi. Picco d'esordio è durante l'infanzia e l'adolescenza, ma nella maggior parte dei pazienti compare entri i 30 anni.

• Diabete Mellito Idiopatico E' una forma rara, presente negli afro-americani, si riferisce alle forme di Diabete di tipo 1 caratterizzate da ridotta riserva insulinica, ma residua risposta ai test di sensibilità all'insulina.

Diabete Mellito tipo 2Precendentemente definito “di tipo adulto” o “non insulino-dipendente”. In questa forma la produzione di insulina è ridotta, ma non in misura cosi marcata come nel tipo 1, tanto che nella maggioranza dei casi il trattamento con insulina non è necessario. I meccanismi patogenetici sono poco conosciuti: accanto a una marcata predisposizione genetica e alla ridotta produzione di insulina è stata dimostrata un’aumentata insulino-resistenza recettoriale dei tessuti periferici. Sia la ridotta produzione sia l’aumentata resistenza sono poi peggiorate dall’iperglicemia e, a loro volta, la peggiorano, ma quale sia il punto di partenza del circolo vizioso non è ancora chiaro. La resistenza all’insulina è maggiore negli obesi e ciò spiega la relazione tra diabete e obesità.

Diabete Mellito GestazionaleSi riferisce ad un diabete che esordisce durante la gravidanza e spesso, ma non sempre, si risolve dopo il parto. Se la glicemia a digiuno o quella casuale risultano uguali o maggiori rispettivamente di 126mg/dl e 200 mg/dl la diagnosi di DMG è ovvia. Il DMG deve essere trattato esclusivamente con insulina; gli ipoglicemizzanti orali non sono indicati.

Ridotta tolleranza al glucosio (IGT) e alterata glicemia a digiuno (IFP)La diagnosi di IGT viene posta quando una persona ha valori glicemici compresi fra la normalità e il diabete, cioè glicemia postprandiale a distanza di 2 ore tra 140 e 200 mg/dl. Questi pazienti hanno normalmente una glicemia a digiuno normale o modestamente elevata, mentre hanno iperglicemia solo quando ricevono un carico orale di glucosio.L'alterata glicemia a digiuno è una nuova categoria diagnostica. La diagnosi di IFP viene posta quando le glicemie a digiuno sono comprese tra 110 e 126 mg/dl.

Altri tipi di DiabeteQuesta categoria comprende un'ampia varietà di disordini che non possono essere classificati nella categoria precedente e che riconoscono una causa nota. Comprende il diabete precedentemente conosciuto come diabete secondario (un esempio è il diabete secondario a malattie del pancreas), oppure il MODY, un diabete del giovane che in precedenza veniva collocato nel Diabete di tipo 2.

Diagnosi di Diabete Mellito Secondo i nuovi criteri, la diagnosi può essere stabilita sulla base di uno dei seguenti tre parametri:

1. sintomi di diabete più una glicemia a caso superiore o uguale a 200 mg/dl; 2. glicemia a digiuno superiore o uguale a 126 mg/dl; 3. glicemia a 2 ore durante il test di tolleranza al glucosio somministrato per via orale (OGTT)

superiore o uguale a 200 mg/dl

La modifica dei criteri diagnostici della precedente classificazione riguarda i punti 2. e 3. La glicemia a digiuno doveva essere superiore o uguale a 140 mg/dl. Il valore è stato ridotto per poter slatentizzare numerosi casi di diabete non diagnosticato fino alla comparsa delle complicanze.La glicemia a 2 ore durante il test di intolleranza, richiedeva la conferma di un'altra glicemia. ssenzialmente la nuova classificazione si basa sullo studio delle complicanze della patologia diabetica che compaiono precocemente anche con valori di glicemia diagnostici nella precedente classificazione.

Diagnosi per la ridotta tolleranza al glucosio (IGT) Secondo i nuovi criteri la diagnosi di IGT viene posta se:

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1. glicemia a digiuno minore di 126 mg/dl; 2. glicemia a 2 ore durante il test di tolleranza maggiore o uguale a 140 mg/dl e minore di 200

mg/dl 3. Anche in questo caso è diminuita la glicemia a digiuno, inoltre venivano richieste successive

misurazioni della glicemia dopo il carico orale.

Diagnosi per l'alterata glicemia a digiuno (IFP) Viene definita da una glicemia a digiuno maggiore o uguale a 110 mg/dl ma minore di 126 Mg/dl.Sintomi I sintomi di insorgenza nel Diabete di tipo 1 sono:

1. poliuria (consistente aumento della quantità di urine prodotta nelle 24 ore) 2. polidipsia (aumento della sete e della introduzione di liquidi secondario alla poliuria) 3. polifagia (aumento dell'appetito e dell'assunzione di alimenti) 4. calo ponderale (perdita di peso)

Agli esami di laboratorio:• iperglicemia a digiuno e soprattutto dopo i pasti • glicosuria (glucosio nelle urine)

Tali sintomi insorgono rapidamente ed il paziente spesso necessita di un ricovero ospedaliero per evitare l'insorgenza di complicanze pericolose per la vita conseguenti allo scompenso metabolico (chetoacidosi diabetica).Il Diabete di tipo 2 viene spesso diagnosticato casualmente nel corso di esami di laboratorio. La malattia si instaura lentamente ed occorre molto tempo prima che sia manifesta iperglicemia e glicosuria. Spesso si fa diagnosi quando è presente una complicanza diabetica.

Complicanze Diabetiche• Aterosclerosi, cioè un ispessimento ed indurimento della parete arteriosa caratterizzato dalla

deposizione di lipidi. Per questo motivo i diabetici sono a rischio per coronaropatie, disturbi ischemici cerebrali, insufficienza arteriosa degli arti.

• Retinopatia diabetica, alterazione dei capillari a carico della retina. • Nefropatia diabetica, alterazione dei capillari a carico dei reni. • Neuropatia diabetica, sofferenza del sistema nervoso periferico che si manifesta con crampi e

disturbi della sensibilità, ma può colpire anche il sistema nervoso vegetativo con disturbi diffusi ai vari organi interessati.

• Ulcera diabetica, comparsa di ulcere agli arti inferiori. • Aumentata suscettibilità alle infezioni, ad esempio cistiti, vaginiti ecc.

Nei pazienti affetti da Diabete di tipo 2 sembra esserci una associazione tra resistenza all'insulina, iperinsulinemia (elevati livelli di insulina in circolo), obesità, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, vasculopatia aterosclerotica, tale affezione viene chiamata sindrome X .

Terapia Il diabete di tipo 1 necessita di terapia insulinica. Esistono vari tipi di Insulina (ad esempio regolare ed intermedia a seconda della durata di azione); di solito si usa una terapia intensiva, con quattro somministrazioni al giorno, cioè tre insuline regolari ai pasti ed una intermedia a più lunga durata d'azione per tutta la notte, in modo da ottenere una situazione il più possibile vicina al comportamento del pancreas sano.Il diabete di tipo 2 viene trattato con diete ipolidiche, antidiabetici orali, in rari casi necessitano di trattamento insulinico (se hanno controindicazioni all'uso degli antidiabetici orali, se è esaurita la riserva di insulina prodotta dal pancreas, in condizioni particolari quali ad esempio l'insorgenza di malattie con importante rialzo glicemico). Gli antidiabetici orali sono farmaci ipoglicemizzanti che agiscono secondo più meccanismi d'azione. Due sono le classi più importanti:

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1. la classe delle Sulfaniluree: agiscono stimolando la liberazione di insulina residua del pancreas e diminuendo la liberazione in circolo del glucosio immagazzinato nel fegato;

2. la classe delle Biguanidi: agiscono principalmente aumentando la penetrazione intracellulare del glucosio a livello periferico; ... anche se attualmente esistono delle nuove categorie di farmaci ipoglicemizzanti.

L'uso dell'insulina, ma anche degli antidiabetici orali può causare crisi ipoglicemiche, cioè abbassare troppo la glicemia nel sangue. Il paziente se ne accorge per la presenza di sintomi quali stanchezza, sudorazioni, tachicardia. In questi casi è importante eseguire una glicemia capillare per valutarne la gravità, in ogni caso è sempre bene assumere dei zuccheri veloci (zolletta di zucchero, latte, succo di frutta) per riportare a valori normali la glicemia. Tutti i diabetici devono possedere dei reflettometri, strumenti che permettono la facile esecuzione di glicemie capillari a livello delle dita delle mani.

Obiettivi del trattamento del Diabete L'obiettivo è la prevenzione delle complicanze diabetiche. Ciò si ottiene seguendo una corretta igiene di vita. Ciò significa seguire la dieta impostata, fare attività fisica, non fumare, non assumere gli alcolici (è consentito un bicchiere ai pasti, ma se ne sconsiglia l'uso perché può mascherare l'insorgenza di ipoglicemie), mantenere un peso normale, curare il proprio corpo, in particolare i piedi per la prevenzione delle ulcere. Le complicanze croniche spesso si manifestano 10 - 15 anni circa dopo l'esordio del diabete. Numerosi studi hanno dimostrato che un rigido controllo glicemico, quindi il frequente monitoraggio a casa delle glicemie, riduce l'incidenza delle complicanze diabetiche. La prevenzione deve essere fatta anche mediante frequenti controlli agli esami di laboratorio del compenso glicemico (mediante il dosaggio dell'emoglobina glicosilata), del quadro lipidico (colesterolo, trigliceridi nel sangue), della funzionalità renale (proteinuria delle 24 ore).Inoltre sono necessari controlli cardiologici per la valutazione del rischio cardiovascolare, dell'insorgenza di ipertensione arteriosa, e oculistici per lo studio della retina. In questo modo si può mantenere una buona qualità della vita ed evitare o rallentere l'insorgenza delle complicanze diabetiche.

CRIOGLOBULINEMIEPatologia non propriamente neoplastica determinate dalla proliferazione di una popolazione di cellule della linea B capace di produrre componenti immunoglobuliniche che precipitano sensibilmente a bassa temperatura (sotto i 37°).

CRIOGLOBULINE: Proteine con capacità di precipitazione a basse temperature. Tale fenomeno si osserva con l’esposizione a basse temperature e si verifica nelle zone con zone dell’organismo esposte (mani, genitali, viso). Tale precipitazione provoca occlusione del microcircolo e danni delle componenti corpuscolari del sangue. In molti casi la crioglobulina è l’espressione di una patologia sottostante. Le crioglobuline mostrano una notevole capacità strutturale, sulla base delle quali sono state distinte 3 categorie:

CRIOGLOBULINE SINGOLE DI TIPO I: Ig midollari, IgM, raramente IgG sono associate al mieloma multiplo, macroglobuline mia, malattie linfoproliferative

CRIOG. MISTE CON COMPONENTE MONOCLONALE O DI TIPO II: IgM monoclonali o IgG policlonali sono associate a malattie autoimmuni, linfoproliferative, HCV

CRIOG. MISTE POLICLONALI O DI TIPO III: Le IgM policlonali sono associate a infezioni virali, malattie autoimmuni.Le IgM hanno attività rematoide

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MANIFESTAZIONI CLINICHEIn molti casi asintomatiche, in quanto la sintomatologia si presenta nei mesi invernali o per esposizione al freddo e comprendono disturbi del microcircolo; dolore articolare e alle estremità, a livello renale provoca insufficienza, edemi, ipertensione diastolica.

DIAGNOSIAttraverso test di laboratorio (criocritotest) percentuale del crioprecipitato sul totale del siero in provetta dopo 24h posto a 4°C. E’ necessario caratterizzare la componente monoclonale

TERAPIA

Eliminare la patologia di base, in caso di crioglobulinemia mista resistenti all’interferone alpha viene usato RITUXIMA B. Bisogna bloccare i cloni beta attraverso Ab monoclonali che riconoscono il CD20, viene attivato il complemento e viene distrutto il clonebeta.

La RITUXIMA B riduce l’espansione clonale ma induce un incremento dell’HCV-RNA, questa aumentata la viremia può avere effetti negativi per il paziente quindi al RITUXIMA B bisogna aggiungere IFNalpha e RIBAVIRIN.

PLASMAFERESI: Rimozione delle crioglobuline del siero tramite membrana o centrifugazione

FILTRAZIONE A CASCATA: Attraverso 2 filtri il primo separa il plasma dalla componente corpus colata, il secondo filtro con porosità minore trattiene dal plasma i componenti ad alto peso molecolare. Il plasma torna al paziente senza bisogno di soluzioni sostitutive