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1 Le edizioni de “I Promessi Sposi”

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Le edizioni de

“I Promessi Sposi”

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1. Oggi i promessi sposi sono il romanzo più letto nelle scuole italiane, ma all'epoca della sua prima uscita fu il romanzo per eccellenza della nuova borghesia cittadina. Quante copie vendette la prima edizione? Le successive edizioni? Quali altri romanzi italiani dll'800' ebbero pari successo di pubblico? La prima edizione ebbe molto successo: le duemila copie della tiratura comune e le poche altre in carta velina andarono esaurite in meno di due mesi, ma purtroppo già a partire dal dicembre del 27, con grande disperazione dell’autore, comparvero sul mercato circa otto edizioni “pirata”. Mentre l’edizione “quarantana”, contenente per la prima volta la Storia della colonna infame, uscì in sottoscrizione a spese dell’autore, ma, nonostante le ottime aspettative, l’operazione si rivelò un fiasco: delle diecimila copie solo la metà fu venduta e Manzoni ci rimise quasi la metà del capitale investito. Per di più, nonostante le precauzioni prese, ricominciò ben presto la giostra delle contraffazioni. Altri libri che ebbero un successo pari a quello di Manzoni furono: Carlo Collodi – Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1880) In trentasei capitoli il libro raccontata, come ben sappiamo, è quella delle avventure di un burattino di legno che, in un lungo e tormentato percorso di maturazione, riesce infine a diventare un bambino vero. Alcuni ritengono che Pinocchio, piuttosto che una favola per ragazzi, sia in effetti un'allegoria della società moderna in un periodo (fine Ottocento) di grande severità nell'attenzione al formale.

Edmondo De Amicis – Cuore (1886) Il libro è basato sulla vita di tutti i giorni di una classe di alunni fra gli otto e i dieci anni in una scuola di Torino e degli adulti che li circondano. Il periodo storico ha molta importanza e nel fornire il pretesto alle intenzioni dell'autore. Siamo nella Torino dell'unità di Italia e questo libro ha come obbiettivo principale quello di insegnare ai nuovi cittadini del Regno le cosiddette "virtù civili": l'amore per la patria, il rispetto per le autorità e per i genitori, lo spirito di sacrificio e l'eroismo, la carità e la pietà, l'obbedienza e la pazienza nelle tribolazioni.

Emilio Salgari – Il Corsaro Nero (1899) Fu il primo di una serie di cinque romanzi collettivamente noti col titolo I corsari delle Antille, e avente come protagonista il personaggio del Corsaro Nero. Questo libro narra la storia di un cavaliere che diventò il Corsaro Nero per vendicare la morte dei fratello maggiore. Ma il protagonista conosce la bellissima Honorata e se

ne innamora, solo in seguito scopre che è la figlia del suo nemico e la abbandona su una zattera. Il libro si sviluppa così in numerose vicende avventurose.

Luigi Capuana – Giacinta (1879) "Giacinta" è la storia di una giovane che, a causa di evento traumatico dell'infanzia, finisce con il condizionare la sua intera esistenza, decidendo di vivere ai margini della rispettabilità e della accettazione sociale. E' ispirato ad una storia vera, infatti l'autore cerca di mantenere sempre un certo distacco dalla vicenda narrata, osservandola come caso clinico - il modo in cui un tragico evento ha profondamente condizionato la vita della protagonista, senza mostrare dunque alcun coinvolgimento emotivo.

Giovanni Verga – I Malavoglia (1881) Nel libro “I Malavoglia” una famiglia di pescatori vive e lavora ad Aci Trezza, un paese della Sicilia. La famiglia Toscana, nonostante sia dedita al lavoro viene soprannominata Malavoglia. Il mezzo di sussistenza della famiglia è la Provvidenza, un’imbarcazione con cui vanno a pesca. Un giorno il nipote di Padron ‘Ntoni, il capo famiglia, parte per la leva militare. Diventa così un libro in cui si susseguono molte sciagure: povertà, galera, prostituzione e morte sono solo alcuni dei temi trattati e delle tragedie che toccano direttamente i componenti della famiglia. Tutti verranno segnati da tragedie e intanto la gente mormora e il peso da sopportare è sempre più grave.

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2. Chi fu il primo editore del romanzo? Manzoni, che iniziò la stesura del romanzo “Fermo e Lucia” nel 1821, nel 1824 stipulò un contratto con l'editore Vincenzo Ferrario, che pubblicò il romanzo a Milano nel 1827, con una modifica del titolo in “I Promessi Sposi”. A dire il vero, lo stampatore Vincenzo Ferrario era in grado di sottoporre al Censore il primo tono dell’opera già il 30 giugno 1824 e l’intenzione, o almeno la speranza, era quella di portare a conclusione l’intero romanzo entro il 1825. La tabella di marcia venne rispettata con il secondo tomo, ma per il terzo fu necessario attendere di più e anche se la data posta all’inizio del volume fu 1826, la diffusione di “I Promessi Sposi” si ebbe solo nel giugno del 1827. Vincenzo ebbe sempre l'interesse per le questioni editoriali e spesso assisteva il fratello Giulio nell'elaborazione dell'iniziativa legata ai “Classici italiani”. Ottenne, non senza difficoltà e ritardi, la patente di libraio e tipografo nel luglio 1815. Iniziava così la sua più che ventennale attività imprenditoriale nella Milano della Restaurazione, nella quale avrebbe trasfuso una perizia e un'attenzione che gli avrebbero meritato l'apprezzamento di molti intellettuali, primo fra i quali Alessandro Manzoni, che ammirava in lui l'intelligenza, l'accuratezza e l'onoratezza delicata e sdegnosa.

Quando e perché lo stesso Manzoni si dedicò alla cura delle edizioni del romanzo? Manzoni si dedicò personalmente alla cura e alla modifica delle edizioni intorno al 1840. Inizialmente il motivo era economico, infatti si stava diffondendo la contraffazione e per fermarla doveva modificare alcuni aspetti del romanzo. Inoltre il testo andava sottoposto ad un riesame critico per correggere tutti gli errori; infatti egli voleva offrire ai lettori un Manzoni finalmente perfetto. L'aggiunta delle illustrazioni avvenne per due principali motivi: la necessità di fermare la contraffazione e anche per un motivo estetico. Manzoni infatti aveva cura dei dettagli, e le illustrazioni di Francesco Gonin divennero parte integrante del testo e non più solo un'aggiunta.

3. “I Promessi Sposi” ebbero un successo anche europeo? Erano letti in traduzione o anche in lingua originale? La pubblicazione in Italia del romanzo “I Promessi sposi” ha riscosso un notevole successo anche in altre nazioni, tra cui: Francia, Germania, Spagna e Inghilterra. Diffusione in Francia:

Nel 1805 Claude Fauriel, ed altri ancora, si interessarono affinché Manzoni scrivesse e pubblicasse in Francia, per presentare un modello di romanzo antagonista e innovativo a quello, oramai totalizzante, scottiano (da Walter Scott l'iniziatore del romanzo storico).

Manzoni e i suoi collaboratori si vollero assicurare con Trognon, il traduttore scelto da Fauriel per il lavoro, che l’opera venisse compiuta, ma l’edizione, che sarebbe dovuta uscire in contemporanea con l’Italia, fallì. Si cercò subito un nuovo traduttore: inaspettatamente

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però, a Parigi, poco tempo dopo l’uscita in Italia dei Promessi Sposi, il romanzo venne pubblicato in italiano dall’editore Baudry, senza l’autorizzazione dell’autore. Lo sconcerto e lo scandalo fu grande: Trognon venne accusato di aver venduto la sua copia per la traduzione. L’edizione, comunque, ebbe una grandissima fortuna, ma per la prima traduzione francese si dovette aspettare il 1828. Il giovane letterato Rey-Dusseuil venne incaricato di portare a termine la traduzione in lingua francese: il titolo è Les Fiancés, histoire milanaise du XVII siècle, découverte et refaite par Alexandre Manzoni; l’opera è stampata presso l’editore Gosselin di Parigi.

Le traduzioni francesi di Rey-Dusseuil e Pierre Joseph Gosselin però presentavano alcuni errori a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana; saltando pagine intere di capitoli per eliminare parti storiche e dare al lettore un libro di più facile lettura. Jean-Baptiste marquis curò una traduzione che, come anche Manzoni intuì, fu nettamente superiore a tutte le precedenti, ed ebbe così tanto successo che una seconda edizione venne subito allestita l’anno successivo.

Diffusione in Germania

È l’inizio del 1828 quando Eduard von Bülow è il primo a mettere mano al romanzo con l’intento di tradurlo: nel settembre dello stesso anno è pubblicato a Lipsia il primo tomo; gli altri due saranno pronti in novembre.

“I Promessi sposi” destarono subito l’interesse del pubblico tedesco. Appena tradotto, il romanzo fu presentato su giornali come l’«Allgemeine Literatur-Zeitung» (‘Giornale di letteratura generale’). A brevissima distanza dalla traduzione del romanzo fu pubblicato un articolo del filologo Karl Witte, che, manifestando un’opinione diversa da quella di Goethe, vedeva in Manzoni un autore capace di «congiungere colla realtà le invenzioni della sua fantasia». Quanto alla descrizione della peste, tanto biasimata da Goethe.

Diffusione in Spagna

La prima regione spagnola dove si è registrato il maggior successo del romanzo è la Catalogna. Il 25 ottobre 1823 Luigi Monteggia pubblicò un lungo articolo intitolato «Romanticismo» in cui intendeva presentare al pubblico spagnolo gli autori europei più rappresentativi all’interno del movimento romantico. La prima traduzione di successo dei Promessi sposi fu realizzata da Juan Nicasio Gallego e pubblicata fra il 1836 e il 1837. L’area centrale e le altre regioni periferiche, fra cui spicca la zona di Maiorca, vedranno affermarsi il culto di Manzoni solo nei decenni successivi, dimostrando di aver recepito la lezione europea a cui la Catalogna per prima aveva guardato.

Le scelte linguistiche di Gallego furono determinanti per il successo dell’opera, infatti la lingua della traduzione non si distacca poco dall’originale: diversi tratti dello stile di Manzoni, fra cui l’ironia, non trovano riscontro nella versione di Gallego, che impiegò una lingua arcaizzante e popolare. Pur non mancando aggiunte, omissioni e semplificazioni, la versione di Gallego godé di una grande fortuna anche dopo le prime traduzioni della Quarantana, per le quali bisognerà attendere gli anni ’50 dell’800.

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Diffusione in Inghilterra

Le traduzioni in inglese del romanzo hanno giocato un ruolo rilevante nella scarsa fortuna di Manzoni nei Paesi anglosassoni. La difficoltà di tradurre in una lingua come l’inglese un’opera plurilinguistica come la prima edizione dei Promessi Sposi è stata ripetutamente sottolineata nelle prefazioni dei traduttori. In Inghilterra vengono pubblicate tre traduzioni della Ventisettana. La prima, ad opera del pastore anglicano Charles Swan, risale al 1828; le altre due sono anonime, e compaiono nel 1834 e nel 1844. In America si basano sulla prima edizione del romanzo la traduzione di Featherstonehaugh del 1834 e quella di Norton dello stesso anno.

Le critiche più frequenti rivolte al romanzo riguardano l’eccessiva lunghezza delle digressioni storiche. I primi traduttori decidono perciò di tagliare arbitrariamente tutto ciò che è considerato «irrelevant to the story», come dichiara Swan: i capitoli storici sulla peste, la descrizione della carestia e della discesa dei lanzichenecchi e la biografia del cardinal Federigo sono le sezioni più spesso sacrificate. L’edizione anonima pubblicata da Burns nel 1844 si basa ancora sulla Ventisettana. È la prima traduzione integrale del romanzo: la tanto attesa Introduzione viene finalmente accolta.

4. L’edizione “pirata” e il fallimento della Quarantana di cosa furono segnale?

L’edizione “quarantana” uscì in sottoscrizione a spese dell’autore ma, nonostante le ottime aspettative, l’operazione si rivelò un fiasco: delle diecimila copie solo la metà fu venduta attraverso le sottoscrizioni e Manzoni ci rimise quasi la metà del capitale investito. Per di più, nonostante le precauzioni prese, ricominciò ben presto la giostra delle contraffazioni. Infatti il romanzo più famoso della letteratura italiana dell’Ottocento è anche stato definito “il libro più pirateggiato dell’intera storia editoriale italiana”.

La prima edizione de I Promessi Sposi era apparsa a Milano negli anni 1825-1826. Il suo immediato successo aveva avuto come conseguenza altrettanto immediata una serie di contraffazioni editoriali, contro le quali però c’era ben poco da fare.

Poi Manzoni procedette a “risciacquare i panni in Arno” e a riscrivere l’opera quasi integralmente: si tratta dell’edizione del 1840-42, della quale lo stesso Manzoni si fece editore, facendola pubblicare e dispensare, con le illustrazioni del Gonin, e con l’appendice della Storia della colonna infame. Si trattò, per il Manzoni, di un impegno finanziario considerevole, dal quale egli si aspettava un riscontro economico, che però non ci fu. L’autore pensava che nessuno stampatore illegale avrebbe avuto la capacità tecnica e le risorse economiche necessarie per imitare l’originale.

Le sue previsioni ottimistiche, tuttavia, vengono totalmente smentite: la 27ana continua ad essere l’edizione più ristampata, e nuove illustrazioni meno raffinate sostituiscono quelle del pittore Francesco Gonin.

La 40ana si rivela un fallimento economico: delle ottantamila lire circa che aveva investito nell’intrapresa, pare infatti che egli ne riuscì a recuperare poco più della metà.

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Il danno economico ricevuto viene così descritto da Manzoni in una lettera a Giacomo Beccaria nel dicembre 1839: «Della prima edizione posso credere siano state fatte quaranta edizioni, delle quali una da me, di mille esemplari; le altre posso credere che abbiano sommato a 59000; il che vuol dire ch’io non ho avuto che la sessantesima parte dei compratori». Oltre a questo, il nostro Autore deve subire anche il danno intellettuale: puntando esclusivamente al ritorno economico, queste ristampe abusive immettono sul mercato edizioni di bassa qualità, dalla veste tipografica dimessa e soprattutto sfregiate da vistosi errori, tagli e rimaneggiamenti.

Tra il 1825, che è l’anno della prima edizione stampata a Milano da Vincenzo Ferrario, e il 1860, sono state contate più di cento edizioni diverse, di cui solo una diecina effettivamente autorizzate dall’autore. Di tutte le ristampe non autorizzate, i tre quarti sono anteriori al 1840, e solo un quarto successive.

Dopo la entrata in vigore della Convenzione del 1840, ovviamente, le ristampe si concentrarono a Napoli ovvero “all’estero”. Nelle altre città egli Stati che avevano aderito alla Convenzione, successivamente al 1840 sono state contate solamente quattro ristampe: tre a Parma, senza il nome dell’editore, una a Firenze, edita nel 1845 dalla casa editrice di Felice Le Monnier.

5. Le illustrazioni di F. Gonin furono un modo decisamente antieconomico per Manzoni di fronteggiare le contraffazioni o ebbe anche un ruolo più culturale?

Manzoni aveva già pensato di inserire illustrazioni nella prima edizione ma dobbiamo aspettare l'edizione definitiva in cui ci sono quattrocento disegni. Inizialmente la decisione di Manzoni di introdurre immagini era nata per difendersi dalle contraffazioni, ma finì per appassionarsi così tanto al valore artistico che considerò il corredo illustrativo come una componente necessaria del suo romanzo: da un lato serviva a documentare la realtà storica di costumi, luoghi e figure del Seicento e dall’altro doveva allearsi alla parte verbale e collaborare all’espressione del messaggio poetico.

Dopo il fallimento di una trattativa con il suo ritrattista ufficiale, il pittore veneziano Francesco Hayez, Manzoni chiese a Francesco Gonin di illustrare “I Promessi Sposi” e nelle vignette riscontrò l’esatta corrispondenza fra il registro “parlato” del linguaggio del romanzo e il livello popolare delle immagini proposte dall’artista, il quale raffigurò con minuziosa dovizia di particolari i personaggi, i paesaggi, le ambientazioni e le vicende dei “Promessi Sposi”. Il rapporto di grande intesa instauratosi fra lo scrittore e l’artista consentì a Manzoni di dotare il suo romanzo di un vasto “corpus iconografico”, guidando sapientemente la mano del pittore nella realizzazione delle illustrazioni: i disegni sono dotati di grande forza comunicativa, capace di schiudere alla fantasia del lettore un universo variegato di volti e fisionomie sempre diverse. Gonin fu in grado di interpretare alla perfezione la psicologia dei personaggi e rappresentando in maniera completa tutti i registri espressivi messi in gioco dal Manzoni: in particolare l’ironia divenne un efficace strumento di coinvolgimento del lettore proprio grazie alle illustrazioni.

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La vignetta alla fine dell'introduzione è davvero emblematica, in quanto rappresenta lo stesso scrittore, in camicia da notte e pantofole, intento a sfogliare il romanzo davanti a un camino. Le raffigurazioni, per volontà dello scrittore, non contengono didascalie in quanto avevano come scopo la rappresentazione visiva del testo scritto e di rendere palpabile la realtà storica descritta da Manzoni sulla base dello studio dei dipinti seicenteschi.

6. Tutelare un lavoro artistico è importante: perché? Rispettare i diritti di autore è solo una questione di tutela economica o c’è in gioco altro?

Il diritto d’autore, un istituto giuridico che ha lo scopo di tutelare i frutti dell'attività intellettuale attraverso il riconoscimento all'autore originario dell'opera di una serie di diritti di carattere sia morale che patrimoniale, è un diritto moderno.

Quando la cultura ha cominciato a diffondersi in tutte le classi e a non essere più retaggio di pochi privilegiati, gli ordinamenti hanno avvertito l’esigenza di tutelare chi la cultura la produceva. Ecco perché, a differenza di molti altri diritti, il diritto ha una storia piuttosto recente, che generalmente si fa risalire allo Statuto di Anna, nell’Inghilterra del XVIII secolo, e che poi si è sviluppata nell’Europa continentale attraverso gli ideali della rivoluzione francese.

In Italia il diritto di autore arriva con la legge cisalpina del 9 maggio 1801 che ricalca quella francese del 24 luglio 1793, e cioè riconosce agli autori “il diritto esclusivo di vendere, far vendere, distribuire le loro opere nel Territorio Cisalpino( uno Stato dell'Italia settentrionale che si estese principalmente nelle odierne regioni Lombardia ed Emilia-Romagna e, marginalmente, in Veneto e in Toscana) e di cederne la proprietà in tutto o in parte, a condizione che abbiano depositato due copie della loro opera alla Biblioteca Nazionale a Milano.”

In questo momento l’Italia, intesa come Stato unitario, non c’è ancora ma era divisa in Stati e il fatto che il diritto di autore sia protetto a Milano non risolve il problema perché potevano essere legittimamente pubblicate all’insaputa dell’autore a Firenze o a Napoli. Qualcosa, certo, si muove anche altrove. Nello Stato della Chiesa, ad esempio, il 25 settembre 1826 viene emanato un editto pontificio “col quale sono dichiarate d’assoluta proprietà le nuove opere scientifiche e letterarie, che si pubblicano dai rispettivi autori, o quelle non mai pubblicato d’autori estinti”. Sempre nel 1826, negli Stati Sardi Carlo Felice Re di Sardegna, con la Patente del 28 febbraio 1826 denominata “sui privilegi d’invenzione”, aveva accordato agli autori il diritto esclusivo di stampa e vendita per quindici anni. Ma accanto a stati che riconoscono qualche tutela, ci sono stati che la ignorano: è l’esempio di Napoli e Firenze dove mancava una normativa sulle proprietà letteraria e si poteva legalmente stampare opere altrui, senza oneri, sia per il mercato interno, sia per esportarle e venderle sottocosto favorendo lo svilupparsi di un mercato delle contraffazioni.

Il diritto d’autore è protetto perché si ritiene che chi crea debba poter trarre sostentamento da ciò che produce. Da un certo momento in poi, i legislatori hanno ritenuto che, esattamente come avviene con il falegname, che viene retribuito per il mobile fabbricato, anche l’autore debba trarre un reddito da ciò che scrive.

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Il copyright, offrendo un reddito, doveva favorire la crescita e lo sviluppo culturale: con la tutela patrimoniale del diritto d’autore gli autori non avrebbero più avuto bisogno di un mecenate da compiacere, ma, grazie al loro pubblico, avrebbero goduto di maggiore libertà creativa.

Una seconda motivazione a favore del diritto d’autore è di natura morale. Chi crea un’opera ha diritto non solo a trarne profitto, ma anche ad esserne riconosciuto come padre. Per questo motivo il diritto d’autore è stato avvicinato al diritto di proprietà, diritto che la tradizione illuminista annovera tra i diritti fondamentali dell’uomo. Essendo l’opera frutto dell’ingegno, del lavoro ed espressione della personalità dell’individuo che la crea, il diritto morale dell’autore diventa un vero e proprio diritto della personalità, cioè un diritto che contraddistingue l’individuo. Esattamente come avviene con il diritto al nome, all’immagine o alla riservatezza.

Mentre il diritto patrimoniale d’autore, ossia il diritto di ricavare denaro dal proprio intelletto, può essere ceduto a terzi, ad esempio attraverso un contratto di edizione, il diritto morale d’autore, come tutti i diritti della personalità, è indisponibile e non è soggetto a termini di prescrizione.

Le motivazioni che spinsero Manzoni a fare causa non c’erano soltanto delle legittime richieste economiche ma lamentava il fatto che, ristampando una versione del suo romanzo, lo si privava del controllo e della paternità della sua opera; in sostanza, “rubando” la sua opera ci si impossessava di una sua idea.