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I promessi sposi - Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/I_promessi_sposi[12/01/2017 6.09.29] I promessi sposi La copertina dell'edizione del 1840 del romanzo di Manzoni Autore Alessandro Manzoni 1ª ed. originale 1827, poi 1840 e 1842 Genere romanzo Sottogenere romanzo storico Lingua originale italiano Ambientazione Lombardia, 1628-1630 Protagonisti Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Antagonisti don Rodrigo , conte Attilio, conte zio Altri personaggi don Abbondio, Innominato, Federico Borromeo, monaca di Monza, Agnese , fra Cristoforo, Perpetua Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi I promessi sposi (disambigua) . I promessi sposi è un celebre romanzo storico di Alessandro Manzoni , ritenuto il più famoso e il più letto tra quelli scritti in lingua italiana. [1] Preceduto dal Fermo e Lucia, spesso considerato romanzo a sé, fu pubblicato in una prima versione nel 1827 (detta edizione ventisettana); rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1842 (edizione quarantana). Ambientato tra 1628 e il 1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo, fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazione risorgimentista il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludere al dominio austriaco sull'Italia settentrionale. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di tutti i tempi anche con le imperfezioni di adesso. [2] Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII secolo, come ad esempio le vicende della monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631, si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca. Manzoni per il suo romanzo prese come base la religione cattolica: infatti uno dei personaggi principali che viene nominato raramente all'interno della vicenda (anche se importantissimo, se si vuole capire l'aspetto religioso) è la Divina Provvidenza, la mano di Dio che tutto volge verso il bene. In questo senso si possono considerare Renzo e Lucia (i personaggi principali del romanzo) non come unici protagonisti, che si possono invece dividere in tre gruppi distinti. Protagonista storico: il XVII secolo (1600). Manzoni tesse il suo racconto su una base di fatti realmente accaduti durante questo secolo. Protagonista religioso: la Provvidenza, la mano di Dio. Protagonisti materiali: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella (i "promessi sposi" del titolo). Altri due personaggi, Fra Cristoforo e la monaca di Monza, sono comunque protagonisti assoluti dei capitoli loro dedicati. Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della lingua italiana. Nei dialoghi riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella lingua standard, tra cui il frequente uso dell'anacoluto. Indice 1 L'opera 2 La stesura e le edizioni 2.1 Fermo e Lucia 2.2 La ventisettana 2.3 La quarantana 2.4 La struttura del romanzo 3 Genesi interna e genesi esterna 4 Gli umili, la Provvidenza e il Seicento 5 Il paesaggio 6 I promessi sposi e Ivanhoe 7 Trama 7.1 La finzione del manoscritto seicentesco 7.2 Quel ramo del lago di Como 7.3 I bravi minacciano don Abbondio 7.4 L'incontro tra don Rodrigo e fra Cristoforo 7.5 La notte degli imbrogli e dei sotterfugi 7.6 La fuga 7.7 L'"Addio ai monti" 7.8 In convento a Monza 7.9 I tumulti di Milano 7.10 L'Innominato 7.11 La peste 7.11.1 La madre di Cecilia 7.12 Conclusione 8 L'ambientazione geografica I promessi sposi Cerca all'interno di W

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https://it.wikipedia.org/wiki/I_promessi_sposi[12/01/2017 6.09.29]

I promessi sposi

La copertina dell'edizione del 1840 delromanzo di Manzoni

Autore AlessandroManzoni

1ª ed. originale 1827, poi 1840 e1842

Genere romanzo

Sottogenere romanzo storico

Lingua originale italiano

Ambientazione Lombardia,1628-1630

Protagonisti Renzo Tramaglinoe Lucia Mondella.

Antagonisti don Rodrigo,conte Attilio,conte zio

Altri personaggi don Abbondio,Innominato,FedericoBorromeo,monaca di Monza,Agnese, fraCristoforo,Perpetua

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi I promessi sposi (disambigua).

I promessi sposi è un celebre romanzo storico di Alessandro Manzoni, ritenuto il piùfamoso e il più letto tra quelli scritti in lingua italiana.[1] Preceduto dal Fermo eLucia, spesso considerato romanzo a sé, fu pubblicato in una prima versione nel1827 (detta edizione ventisettana); rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattuttonel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1842 (edizionequarantana).

Ambientato tra 1628 e il 1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo, fu il primoesempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazionerisorgimentista il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludereal dominio austriaco sull'Italia settentrionale. Quella che Manzoni vuole descrivere èla società italiana di tutti i tempi anche con le imperfezioni di adesso.[2]

Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII secolo, comead esempio le vicende della monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631, sifondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca. Manzoni per il suoromanzo prese come base la religione cattolica: infatti uno dei personaggi principaliche viene nominato raramente all'interno della vicenda (anche se importantissimo,se si vuole capire l'aspetto religioso) è la Divina Provvidenza, la mano di Dio chetutto volge verso il bene. In questo senso si possono considerare Renzo e Lucia (ipersonaggi principali del romanzo) non come unici protagonisti, che si possonoinvece dividere in tre gruppi distinti.

Protagonista storico: il XVII secolo (1600). Manzoni tesse il suo racconto su unabase di fatti realmente accaduti durante questo secolo.Protagonista religioso: la Provvidenza, la mano di Dio.Protagonisti materiali: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella (i "promessi sposi" deltitolo). Altri due personaggi, Fra Cristoforo e la monaca di Monza, sonocomunque protagonisti assoluti dei capitoli loro dedicati.

Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteraturaitaliana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della linguaitaliana. Nei dialoghi riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo nonammissibili nella lingua standard, tra cui il frequente uso dell'anacoluto.

Indice1 L'opera2 La stesura e le edizioni

2.1 Fermo e Lucia2.2 La ventisettana2.3 La quarantana2.4 La struttura del romanzo

3 Genesi interna e genesi esterna4 Gli umili, la Provvidenza e il Seicento5 Il paesaggio6 I promessi sposi e Ivanhoe7 Trama

7.1 La finzione del manoscritto seicentesco7.2 Quel ramo del lago di Como7.3 I bravi minacciano don Abbondio7.4 L'incontro tra don Rodrigo e fra Cristoforo7.5 La notte degli imbrogli e dei sotterfugi7.6 La fuga7.7 L'"Addio ai monti"7.8 In convento a Monza7.9 I tumulti di Milano7.10 L'Innominato7.11 La peste

7.11.1 La madre di Cecilia7.12 Conclusione

8 L'ambientazione geografica

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9 Personaggi10 Fonti manzoniane11 Frasi e personaggi proverbiali12 Opere derivate13 Adattamenti

13.1 Opera lirica13.2 Musical13.3 Teatro13.4 Cinema13.5 Sceneggiati televisivi13.6 Parodie13.7 Parodie a fumetti

14 Note15 Bibliografia16 Voci correlate17 Altri progetti18 Collegamenti esterni

È considerata l'opera più rappresentativa del Risorgimento, del romanticismoitaliano e una delle massime della letteratura italiana. Dal punto di vista strutturaleè il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana. Ebbe ancheun'enorme influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana.[3]

Considerato principalmente un romanzo storico, in realtà l'opera va ben oltre iristretti limiti di tale genere letterario: Manzoni infatti, attraverso la ricostruzionedell'Italia del Seicento, non tratteggia soltanto un grande affresco storico, maprefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nelsuo tempo, non limitandosi a indagare il passato; bensì riflettendo su costantiumane – culturali, psicologiche, spirituali, sociali, politiche – e tracciando ancheun'idea ben precisa del senso della storia, oltre che del rapporto che il singolo hacon gli eventi storici che lo coinvolgono.[4]

È allo stesso tempo romanzo di formazione (si veda in particolare il percorsoumano di Renzo, da ingenuo contadino ad abile – troppo – attivista politico fino asaggio e conscio "filosofo"), ma per alcune ambientazioni e vicende presenti (lamonaca di Monza, il rapimento di Lucia segregata poi nel castello), ha anchecaratteristiche che lo possono accomunare ai romanzi gotici sette-ottocenteschi. Il romanzo tuttavia è anche e soprattuttofilosofico, profondamente cristiano, dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane. Il male èpresente, il gioco dei contrapposti egoismi genera effetti a volte disastrosi nella storia, ma Dio non abbandona gli uomini ela fede nella Provvidenza, nell'opera manzoniana, permette di dare un senso ai fatti e alla storia dell'uomo.

« Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; mache la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, lafiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. »(I promessi sposi, cap. XXXVIII, 465-469)

In particolare il romanzo ha un suo punto di forza nella scelta e nella raffigurazione dei personaggi, resi tutti con grandeforza narrativa, scolpiti a tutto tondo dal punto di vista psicologico e umano, tanto che alcuni di essi sono diventati deglistereotipi umani, usati ancora oggi nel linguaggio comune (si pensi ad esempio a un don Abbondio o alla figura del dottorAzzecca-garbugli o di una Perpetua). Una rappresentazione psicologica così accurata dei suoi personaggi fa sì che, salvopoche eccezioni, quasi nessuno di essi sia completamente "positivo" o "negativo".

Anche il malvagio trova un'occasione di umanità e redenzione, così come anche il personaggio positivo, quale ad esempioRenzo, non è immune da difetti, azioni violente e riprovevoli ed errori anche gravi. La stessa Lucia viene tacciata spessocome egoista e addirittura solipsista, non sempre a torto: il discorso che fra Cristoforo fa alla giovane al lazzaretto, benchépaterno e benevolo, è durissimo.

Lo stesso padre Cristoforo, il personaggio forse più positivo del romanzo assieme al cardinale Federico Borromeo (il qualeanch'egli non è esente da tragici errori, come si vede dal romanzo stesso e dalla Storia della colonna infame), ha anche luiuna grave macchia nel suo passato. È anche questa caratteristica quindi a consentire al romanzo di elevarsi ben al di sopradel livello medio dei romanzi storici e gotici dell'Ottocento, con i "buoni" radiosi da una parte e i "cattivi" truci dall'altra. Lamaestria del Manzoni nel tratteggiare i suoi personaggi emerge soprattutto nei dialoghi, scritti con sottile cura, che spessosono i veri rivelatori dei personaggi, della loro psicologia e delle loro motivazioni.

La prima idea del romanzo risale al 24 aprile 1821,[5] quando Manzoni cominciò la

L'opera [modifica wikitesto]

«Quel ramo del lago di Como...»

La stesura e le edizioni [modifica wikitesto]

Fermo e Lucia [modifica wikitesto]

Modificacollegamenti

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stesura del Fermo e Lucia, componendo in circa un mese e mezzo i primi due capitoli e laprima stesura dell'Introduzione. Interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimentodell'Adelchi, al progetto poi accantonato della tragedia Spartaco e alla scrittura dell'ode Ilcinque maggio. Dall'aprile del 1822 il Fermo e Lucia fu ripreso con maggiore lena eportato a termine il 17 settembre 1823 (sarebbe stato pubblicato nel 1915 da GiuseppeLesca col titolo Gli sposi promessi). In questa prima redazione è presente, in breve, latrama del romanzo.

Tuttavia il Fermo e Lucia non va considerato come laboratorio di scrittura utile apreparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una strutturainterna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore. Rimastoper molti anni inedito, il Fermo e Lucia viene oggi guardato con grande interesse. Anchese la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de I promessi sposi, nei quattro tomidel Fermo e Lucia si ravvisa un romanzo irrisolto a causa delle scelte linguistichedell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza e ultimascrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove si intrecciano e si alternano traccedi lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Nellaseconda Introduzione a Fermo e Lucia l'autore definì la lingua usata «un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po'toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavateper analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse».

Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva. Sullo sfondo laLombardia del XVII secolo è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, lacui ragione (come insegna La Fontaine) è sempre la migliore. Romanzo dell'arbitrio e della violenza, mostra l'eternaoppressione dei potenti nei confronti degli "umili", riprendendo il tema già presente nell'Adelchi dei "due popoli", quello deglioppressi e quello degli oppressori, vicenda eterna di ogni tempo.

Una seconda stesura dell'opera (la cosiddetta ventisettana, che è la prima edizione a stampa) fu pubblicata da Manzoni nel1827 (a fascicoli tra il 1825 e 1827) con il titolo I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta daAlessandro Manzoni e riscosse notevole successo. La struttura più equilibrata (quattro sezioni di estensione pressochéuguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ovvero la storia della monaca di Monza, lascelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono i caratteri diquesto che è in realtà un romanzo diverso da Fermo e Lucia.[6]

Manzoni non era però soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera era ancora troppo legato alle sueorigini lombarde. Nello stesso 1827 egli si recò a Firenze, per "risciacquare – come disse – i panni in Arno" e sottoporre ilsuo romanzo a un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice.

Tra il 1840 e il 1842 Manzoni pubblicò quindi la terza e ultima redazione de Ipromessi sposi, la cosiddetta quarantana, cui oggi si fa normalmenteriferimento. Il proliferare di edizioni abusive, dovuto al grande successodell'opera, spinse Manzoni a dotare l'edizione di alcune attrattive in più: uncorredo di illustrazioni, l'utilizzo della carta e dell'inchiostro migliori e l'aggiunta,in allegato, di un romanzo del tutto nuovo, Storia della colonna infame. Per leillustrazioni Manzoni pensò dapprima a Francesco Hayez, che ne inviò due aParigi, «ove vennero incise nel bosso da Lacoste, e, per parere concorde,furono scartate. In seguito l'Hayez declinò l'offerta adducendo come scusa cheun simile lavoro gli avrebbe rovinata la vista». Lo scrittore chiese quindi aiuto inFrancia all'amica Bianca Milesi, che si rivolse al pittore francese LouisBoulanger. Nemmeno questo tentativo, testimoniato da un solo disegno, sirivelò fruttuoso.[7] Quando Francesco Gonin, giovane e promettente pittorepiemontese, fu ospitato a Milano da Massimo d'Azeglio, il Manzoni riconobbe inlui la persona giusta. Una volta concluso l'accordo Gonin si mise all'opera.

Il suo lavoro convinse pienamente l'autore, che con il Gonin intrattenne neiprimi mesi del 1840 una fitta corrispondenza.[8] Il rapporto fra i due è di grandeintesa: lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questiquadretti. La forza espressiva delle litografie è notevole, al lettore si rivela unmondo vastissimo di volti e fisionomie sempre diverse; personaggi che passanodal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che nontrascura mai una certa accattivante ironia. Su quest'ultimo punto si consideri,ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stessoscrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti a unrassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resocontosecentesco della vicenda, quanto il romanzo che chi legge ha sotto gli occhi inquel momento.

La più recente critica manzoniana, si pensi solamente a Ezio Raimondi o a Salvatore Silvano Nigro, ha lungamentesottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio paratesto alla narrazione delle vicendematrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa anastatica, privano i lettori

Illustrazione di don Abbondio difronte ai bravi di don Rodrigo

La ventisettana [modifica wikitesto]

La quarantana [modifica wikitesto]

Ritratto di Alessandro Manzoni a opera diFrancesco Hayez

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di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzoni che unodei nodi principali de I promessi sposi consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.

Aver trovato l'illustratore non era tuttavia sufficiente: era necessario anche un buon incisore. Per tramite del pittore eincisore Giuseppe Sacchi, Manzoni riuscì a far venire dalla Francia i transalpini Bernard e Pollet e l'inglese Sheeres. Ladirezione del lavoro fu affidata al Gonin, incaricato di valutare e approvare le incisioni. Siccome queste ultime andavano arilento, l'autore fece pressione sul Sacchi perché venissero inviati d'oltralpe altri collaboratori e fu accontentato con l'arrivodei francesi Victor e Loyseau. A questo punto Manzoni poté pensare al contratto con gli stampatori Redaelli e Guglielmini,firmato il 13 giugno 1840.[9]

Secondo un tipico cliché della narrativa europea fra Settecento e Ottocento che l'influenza de I promessi sposi avrebberilanciato,[10] il narratore prende le mosse da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo eLucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda; non siesclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo della sua storia. Il topos dellatrascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore digiocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere uncomponimento di fantasia che spesso non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico reale ed affidabile.

Conclude il testo la Storia della colonna infame, in cui Manzoni ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui sisvolgevano gli assurdi processi contro gli untori, al tempo della peste raccontata nel romanzo. Secondo alcuni studiosi nonsarebbe un'appendice, ma il vero finale del romanzo, come dimostrerebbe l'impaginazione stessa, stesa dallo stesso Manzoni.Interessante anche l'analisi narratologica dell'opera manzoniana, da cui si comprende la distanza esistente fra narratore eautore.[11]

Nella narrazione l'intreccio si discosta poco dalla fabula e solo quando la trama lo richiede. Ciò accade per esempio quandol'autore tratta parallelamente le vicende di Renzo e Lucia, le vicende storico-sociali (carestia, guerra, peste) o quandocompie delle analessi per le biografie di fra Cristoforo (cap. IV), della monaca di Monza (cap. IX-X), dell'Innominato (cap.XIX) e del cardinale Federigo Borromeo (cap. XXII). Per narrare le vicende l'autore si affida a un "narratore eterodiegetico"(esterno) e "onnisciente", il quale conosce tutto della storia.

Il narratore partecipa ai fatti, li spiega, li commenta, inserendovi proprie considerazioni e riflessioni, usando spesso anchel'ironia. Alcune volte sono presenti altre voci narranti di secondario grado, in particolare quella dell'ipotetico autore delmanoscritto seicentesco. Il ritmo narrativo è costituito da rallentamenti e accelerazioni con l'uso di diverse tipologie disequenze (narrative, dialogiche, espositive, descrittive e riflessive).

La genesi interna del romanzo I promessi sposi è costituita dalle idee di partenza,dall'ideologia di base che la poetica di Manzoni doveva propagandare. È stata evintasoprattutto grazie alle lettere che lo stesso scrisse mentre stava preparando le diverseedizioni. Il romanzo era infatti fondato su tre perni principali.[12]

1. Il vero per soggetto: l'autore mette al centro la ricostruzione storica degli eventiche caratterizzarono quei luoghi a quel tempo.

2. L'utile per scopo: l'opera deve mirare ad educare l'uomo ai valori che Manzonivuole diffondere.

3. L'interessante per mezzo: l'argomento del romanzo deve essere moderno,popolare e quindi avere forti legami con la realtà contadina ed operaia.

La genesi esterna comprende invece tutte le letture e gli autori che hanno ispiratoManzoni. Tra le principali abbiamo l'Ivanhoe di Walter Scott, da cui l'autore prendel'ispirazione per la tipologia del romanzo, anch'esso a sfondo storico; e la Storia Milanese(del 1600) di Giuseppe Ripamonti, da cui l'autore prende la maggior parte degliavvenimenti storici che vengono intrecciati con le vicende dei personaggi.[13] Altre fontisono le opere dell'economista Melchiorre Gioia e del cardinale Federico Borromeo, al cuiscritto De Pestilentia Manzoni si ispirò per l'episodio della madre di Cecilia.

Secondo il critico Giovanni Getto una fonte per l'opera manzoniana potrebbe essere stataanche la Historia del Cavalier Perduto, romanzo erotico-cavalleresco del XVII secolo scritto dal vicentino Pace Pasini.[14] Ilprofessor Claudio Povolo dell'Università di Venezia con recenti documentati studi ha dimostrato che una ulteriore fonte delromanzo potrebbe essere la storia di Paolo Orgiano, signorotto di Orgiano (Vicenza), violento, rapitore di donne, condannatoal carcere a vita nel processo del 1607. Molte sono le analogie con la vicenda descritta nei Promessi sposi.[15] E secondo gliatti del processo che Paolo Orgiano subì, egli pronunciò la fatidica frase:"Questo matrimonio non s'ha da fare". [16]

Molti personaggi e situazioni del romanzo manzoniano presentano analogie conprecedenti opere della letteratura europea. L'argomento è trattato molto esaurientementeanche dal critico Giovanni Getto nel suo libro Manzoni europeo. Per limitarsi ad alcunicenni c'è da rilevare una evidente analogia fra il capolavoro manzoniano e i romanzi delloscozzese Walter Scott, iniziatore del romanzo storico. Manzoni però elimina gli aspettifavolosi presenti nelle opere di Scott (per esempio, in Ivanhoe nel primo capitolo si parladel "favoloso dragone Wantley" e di "riti della superstizione druidica").

Esistono rapporti con il gusto inglese del “quotidiano”, tipico del romanzo borghese

La struttura del romanzo [modifica wikitesto]

Genesi interna e genesi esterna [modifica wikitesto]

Ritratto di don Rodrigo, simbolodella prepotenza e della crudeltà

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dell'Inghilterra sette-ottocentesca (Samuel Richardson, Jane Austen, Thomas Hardy eWilliam Makepeace Thackeray, per citare gli autori più noti), gusto trasferito dal Manzonisul mondo popolare. Riguardo all'Innominato sono state notate analogie col mito satanicodel "grande ribelle", personaggio titanico e individualista presente in certi poeti romanticiinglesi e tedeschi come Schiller e Byron (ad esempio ne I Masnadieri di Schiller e ne IlCorsaro di Byron).

Egidio e – in minor misura – don Rodrigo richiamano gli eroi libertini del Settecentofrancese, moralmente anticonformisti, dissacratori della tradizione e rinnegatori della virtùnell'esaltazione del desiderio, degli istinti naturali, come i protagonisti dei romanzi delmarchese De Sade (Juliette e Justine o le disavventure della virtù). Lucia è la giovaneinnocente e virtuosa, perseguitata come Clarissa Harlowe dell'omonimo romanzo diSamuel Richardson; inoltre il suo rapimento si può avvicinare a quello di Lady Rowenadescritto da Walter Scott in Ivanhoe. Il rapimento di Lucia e la sua prigionia nel tetro castello dell'Innominato nonché ladescrizione del castello e del suo ambiente (cap. XX) richiamano analogie con il romanzo gotico, il genere “nero” inglese delSettecento: The monk di Matthew Gregory Lewis, The castle of Otranto di Horace Walpole e The Mysteriers of Udolpho diAnn Radcliffe.

Per la storia di Gertrude si è trovato un riferimento nel romanzo La monaca di Diderot: è la storia della monacazione forzatadi una figlia della ricca borghesia. Nel romanzo di Diderot c'è però una avversione contro le istituzioni ecclesiastiche,risalente all'Illuminismo, che è assente in Manzoni. Inoltre si rileva una descrizione più positiva in Diderot in cui manca lacupezza tragica di Manzoni. Sono riscontrabili echi dal romanzo epistolare Giulia o la nuova Eloisa di Jean-Jacques Rousseau:la descrizione del paesaggio del lago Lemano (vedi il lago di Como nel romanzo manzoniano), la figura di Giulia (letteraXVIII, III parte) che richiama quella di Lucia. Le avventure di Renzo sono invece accostabili a quelle del picaro dei romanzipicareschi spagnoli del XVI e XVII secolo.[17][18]

I promessi sposi sono una vicenda di umili. Si attua un capovolgimento della storia: gliumili sono i veri protagonisti. Lucia Mondella è una contadina umile, riservata e dotata digrande fede religiosa. Renzo Tramaglino ha le doti di un uomo di popolo: bontà,giustizia, religiosità, liberalità e ingenuità. Gli umili sono i protagonisti della storia, noncome eserciti o gruppi sociali, ma ciascuno per sé, con il suo gruzzolo di sentimenti e diidee e le sue opere buone. Intorno ai due protagonisti, Renzo e Lucia, è presente unmondo di esseri semplici, contadini, artigiani, barcaioli e barrocciai sempre pronti al benenei pensieri e nelle opere.

Nel romanzo c'è la vita del villaggio con i suoi interni squallidi e le campagne, bruciatedalla siccità. Ogni vicenda storica è vista in quanto aderisce alla vita degli umili, li agita eprocura loro sofferenza. È questa novità di un giudizio morale che esce da tutte le normee le convenzioni e attua il paradosso del Vangelo, che dà al romanzo la sua sostanzareligiosa e rivoluzionaria. Il romanzo ha uno sfondo popolano dove gli umili sono solidalinella sventura. La stessa pietà per gli oppressi vi è contenuta, dissimulata dal sorriso concui sono contemplate le loro debolezze ed errori. Non vi sono solenni quadri storici, ma èpresente la fisionomia varia e minuta di un'epoca.

I grandi personaggi sono in funzione subordinata: protettori dei deboli (FederigoBorromeo, fra Cristoforo e l'Innominato con la sua conversione) o incarnano gli aspettinegativi di un secolo (don Rodrigo, il dottor Azzeccagarbugli, conte Attilio, conte Zio e il

padre provinciale). I reggitori del destino dei popoli sono macchiette insignificanti: capitani di ventura, sovrani, ministri, ilconte duca d'Olivares, Ferrer e il vicario di provvisione.[19] Il romanzo manzoniano è stato sempre considerato dalla criticatradizionale il romanzo della Provvidenza Divina. L'intervento di Dio è vivo in tutto il romanzo, ma avvertito con la fedesemplice degli umili: "Quel che Dio vuole, Lui sa quel che fa; c'è anche per noi"; "Lasciamo fare a Quel lassù"; "Tiriamoavanti con fede, Dio ci aiuterà".

L'opera di Dio si sente soprattutto negli affanni e nelle tribolazioni; essa è una presenza paterna, amorosa e severa. "Laprovvida sventura" del coro di Ermengarda (Adelchi), il "Dio che atterra e suscita che affanna e che consola" dell'odenapoleonica, sono anche il filo conduttore la trama segreta del romanzo, ma espressi in termini più delicati, familiari,popolareschi.[20] Nell'epilogo dell'Addio monti (cap. VIII, 573 - 574) l'autore scrive: «Chi dava a voi tanta giocondità è pertutto, e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una certa e più grande». Il senso di tutta la storia delromanzo (cap. XXXVI, 478-480) sta nelle parole di fra Cristoforo a Renzo e Lucia: «Ringraziate il cielo che v'ha condotti aquesto stato, non per mezzo dell'allegrezze turbolente e passeggere, ma co' travagli e tra le miserie, per disporvi adun'allegrezza raccolta e tranquilla».

La "provida sventura" è il dolore che redime, che purifica ed eleva spiritualmente l'animo. La Provvidenza è intesa come unafiducia in Dio e nella sua grazia, un invito ad affidarsi alla Fede e agli insegnamenti cristiani di fronte alle avversità della

Ritratto di fra Cristoforo,personificazione della bontà, dellasaggezza e della ProvvidenzaDivina

Gli umili, la Provvidenza e il Seicento [modifica wikitesto]

Il cancelliere Ferrèr cheacquieta la folla di Milano intumulto, promettendo pane egiustizia

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vita: «È una delle facoltà singolari ed incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, inqualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa» (cap. X, 432-434). Nessuno dei personaggi è inquadrabilein una rigida opposizione tra bene e male e la Provvidenza si manifesta loro, anche ai potenti, come voce della coscienza,che essi possono decidere di ascoltare oppure no.

«Il pessimismo cristiano di Adelchi si è schiarito ed intenerito in questo dono di fiducia edi attesa in questa luce di "allegrezza raccolta e tranquilla"».[21] Tuttavia a questa chiavedi lettura tradizionale del romanzo, che vede nella "Provvidenza" la vera protagonistadella vicenda, si contrappone un'altra, invero molto stimolante, soprattutto perché forieradi riflessioni ancora di scottante attualità. Avanzata dallo scrittore Leonardo Sciascia(1920-1989), uno dei massimi autori italiani del secolo scorso, ma in effetti già fattapropria dal critico salernitano Angelandrea Zottoli, uno dei maggiori e nello stesso tempomisconosciuti studiosi manzoniani nel suo Il sistema di don Abbondio;[22] tale chiave dilettura, pur senza ovviamente voler negare il rilevante aspetto religioso dell'opera, vedenel romanzo soprattutto "un disperato ritratto dell'Italia", del Seicento, dei tempi delManzoni e dei giorni nostri, di sempre.[23]

Secondo questa ottica il vero protagonista del romanzo sarebbe don Abbondio, proprio ilpersonaggio «[...] perfettamente refrattario alla Grazia e che della Provvidenza siconsidera creditore».[24] In effetti, simbolo di grettezza ed egoismo portato a livellisublimi, il curato manzoniano finisce proprio per identificare il prototipo dell'italianopeggiore, menefreghista, convinto che la regola principe alla base della civile convivenzasia quella di farsi gli affari propri anche di fronte alle più palesi iniquità, atteggiamento mentale e di vita che finisce con ilfavorire le prepotenze di chi calpesta leggi e persone emarginando altresì in maniera micidiale chi tale andazzo vuolcombattere.

Insomma quel tipo di italiano ancora oggi lungi dall'essere stato messo all'angolo e che già nel finale de I promessi sposiappare, secondo Sciascia, come il vero vincitore, perché don Abbondio se la cava allegramente senza pagare dazio anessuno, tetragono alle sofferenze di Renzo e Lucia, ma anche ai rimproveri del cardinale Borromeo, che converte sì ilterribile Innominato, ma non il curato, con cui predica praticamente al vento. Proprio l'esigenza di non continuare a subire il"sistema di don Abbondio", secondo Sciascia, costituisce il vero motivo per cui alla fine del romanzo, a tempesta placata,Renzo e Lucia decidono di abbandonare, stavolta spontaneamente, il loro paese: perché quel sistema, a dispetto del lietofine, «è uscito temprato dalla vicenda»,[24] quel sistema in cui accanto a don Abbondio fanno spicco i "Ferrer dal doppiolinguaggio", gli "Azzeccagarbugli", i conti Zio, i padri provinciali" e più in generale "le coscienze che facilmente siacquietano".[24]

In quanto romanzo storico e "sociale" I promessi sposi delineano un quadro completo delle gerarchie tra le diverse classisociali nella società lombarda del Seicento e delle attività che le caratterizzano. L'autore scrive (cap. I, 303-304): «Il clerovegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gliartigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici una corporazione». IlSeicento è dipinto come un secolo nel quale dominavano privilegi di alcune classi, soprusi, arbitri, violenze e ingiustizie.Manzoni infatti aggiunge: «La forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avessealtri mezzi di far paura altrui. [...] L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride[25] non toccavano, o non potevanosmovere» (cap. I).

La violenza e l'ingiustizia erano diffuse, come appare dal comportamento dei soldati spagnoli verso la popolazione e dalleintimidazioni dei bravi a don Abbondio (cap. I). Fra i potenti era diffusa la corruzione morale (don Rodrigo e l'Innominato) ele leggi erano inefficienti, come le grida promulgate contro i bravi. Le istituzioni pubbliche erano incapaci e spesso complicidei violenti e dei potenti.

Dato che il romanzo ha un carattere volutamente popolare, Manzoni è attento a figure della piccola borghesia (mercanti eartigiani) e degli strati più umili della società (contadini e operai).[26]

Il Manzoni ha la facoltà sovrana del poeta di vedere e suggerire, senza guastarle esprimendole, le segrete affinità tra l'animae il mondo e le misteriose influenze dell'uno sull'altra, è tra i nostri poeti uno di quelli che ebbero più profondo e religioso ilsentimento della natura e che in questa sentirono meglio Dio. Domina nello sfondo del romanzo il paesaggio familiare diLombardia, con i suoi cieli, i suoi monti, le sue acque e la sua mite luce autunnale: «Quel cielo di Lombardia così belloquand'è bello, così splendido, così in pace» (cap. XVII, 209). Il paesaggio è calato nella realtà storica e umana del romanzo.La sobrietà delle descrizioni è il risultato di uno scarnimento ricco di possibilità liriche ed evocative; i passi descrittivi sonotrascrizioni di un momento di vita interiore. Il paesaggio è sempre smorzato e triste, in armonia con il tono del racconto.[27]

L'autore non si diffonde in descrizioni paesistiche, tuttavia l'aria del paese natìo circola in tutti i capitoli, evocata dalle azionidegli uomini. Nei riquadri paesistici spesso s'insinua una musica elegiaca, che nasce dalla riverenza con cui il poeta si accostaagli aspetti della natura. In effetti l'intero incipit dell'opera è una dettagliata descrizione del paesaggio del Lecchese, fino poia inquadrare la figura di don Abbondio e quindi dei due bravi, puntando finalmente sulle persone anziché sui luoghi.

Manzoni segue la concezione, propria del Romanticismo, di un paesaggio proiezione di emozioni, sensazioni, stati d'animo deipersonaggi. Per esempio il paesaggio è oggettivo e realistico nel primo capitolo ("Quel ramo del lago di Como..."); descrittocon affettuosa nostalgia e profonda, accorata intimità da Lucia nell'Addio ai monti (cap. VIII, 345 e segg.); pauroso eminaccioso nel bosco sull'Adda (cap. XVII, 94-105) allorché l'animo di Renzo è pieno di timori, ansie, tensione e stanchezza;aspro, arido, minaccioso e incutente paura nella valle del castello dell'Innominato, del quale rispecchia la personalità e lostile di vita; diventando poi, parallelamente alla conversione dello stesso, un luogo di sicurezza in cui i "buoni" si possano

Il pentimento dell'Innominatodi fronte al cardinale FedericoBorromeo

Il paesaggio [modifica wikitesto]

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rifugiare.

Il romanzo manzoniano presenta varie analogie, ma anche evidenti differenze, con l'opera di Walter Scott Ivanhoe,ambientata nel Medioevo inglese sullo sfondo delle lotte e della successiva unione tra i normanni invasori e le popolazionipreesistenti, in primo luogo i sassoni. Manzoni infatti non indugia, come Scott, sul pittoresco e il fantastico nonchésull'accavallarsi di fatti avventurosi. Tuttavia in entrambi i libri riscontriamo una grande passione per le descrizionipaesistiche e per le ricostruzioni storiche. Vi sono anche analogie nella trama. Nel romanzo di Scott si incontrano amoriostacolati da antagonisti stranieri: uno spagnolo, don Rodrigo (nel caso dei lombardi Renzo e Lucia) e due normanni (nelcaso del romanzo di Scott), nel quale l'amore dei sassoni Ivanhoe e Rowena è contrastato dal cavaliere De Bracy; mentrel'ebrea Rebecca, a sua volta innamorata di Ivanhoe, è insidiata da Brian de Bois Guilbert, appartenente all'ordine deiCavalieri templari. In entrambi i romanzi il tentativo di impedire il felice legame tra i protagonisti avviene anche mediante ilsequestro delle giovani amanti. Lucia è fatta prigioniera dall'Innominato, che l'ha rapita e portata nel suo castello perassecondare i disegni di don Rodrigo. Rebecca, rinchiusa nel castello del nobile normanno Reginald Front-de-Beuf, subisce lelusinghe del templare de Bois Guilbert.

Il romanzo si apre, come già accennato in un precedente paragrafo, con una finzioneletteraria: la trascrizione dell'inizio di un manoscritto (una Historia) di un romanzo delSeicento, nello stile altisonante e ampolloso proprio della lingua del tempo ("questodilavato e graffiato autografo"). In esso è scritto che, mentre la storia ufficiale si occupasolo dei grandi avvenimenti e dei personaggi famosi, il nostro autore vuole raccontare lastoria di umili persone del popolo. Tale finzione o "falso" letterario serve a inquadrare levicende narrate in uno sfondo storico. Si crea così una duplice prospettiva nella qualevengono visti gli avvenimenti: una secondo i fatti narrati, attribuiti all'autore delmanoscritto; l'altra secondo i commenti e le riflessioni del romanziere sulle vicendetrattate.

Si tratta di un espediente già usato da altri autori: per esempio Walter Scott in Ivanhoe(un manoscritto anglonormanno), Jan Potocki nel Manoscritto trovato a Saragozza,Nathaniel Hawthorne ne La lettera scarlatta, Cervantes nel Don Chisciotte (il manoscrittoin aljamiado di Cide Hamete Benengeli), Matteo Maria Boiardo nell'Orlando innamorato,Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso e Giacomo Leopardi nel preambolo al Frammentoapocrifo di Stratone da Lampsaco nelle Operette morali. L'espediente fu ripreso nelNovecento, tra gli altri, da Umberto Eco nel romanzo Il nome della rosa e – con unavariante – ne Il cimitero di Praga.

Nel corso del romanzo vengono usati dal Manzoni degli asterischi, come in occasione didue analessi all'inizio del IV capitolo (biografia di Fra Cristoforo, 45 e segg.) e all'iniziodella biografia di Gertrude (capitolo IX, 256 e segg.). L'espediente, come scrittonell'Introduzione, è motivato dall'ipotetico autore del manoscritto con l'opportunità diattribuire un certo anonimato e una certa indefinitezza alla vicenda, per rispetto eprudenza nei riguardi di casate e personaggi che al tempo di quello scritto (il Seicento)potessero essere ancora vivi: «[...] questi asterischi vengono tutti dalla circospezione delmio anonimo», scrive Manzoni nel IV capitolo. Con questa premessa il Manzoni, usandomaliziosamente il fiacco espediente, ne fa automaticamente una caricatura.

« Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene noninterrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare diquelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra unpromontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; »

L'intonazione del passo iniziale è sentimentale e nostalgica, pur nella sua concretezza descrittiva. L'atteggiamento psicologicoe artistico di Manzoni è di chi rivede i luoghi cari della sua infanzia e li ricostruisce amorosamente in tutti i loro particolari.L'aggettivo dimostrativo iniziale ("Quel") esprime con efficace evidenza il senso del ricordo. Nella descrizione c'è unapittoricità a larghe tinte, che si fa via via sempre più minuziosa; nella solitudine dei luoghi è come il vagheggiamentodell'anima. Lo scrittore passa, con tecnica che si può dire cinematografica, dall'ampiezza e indeterminatezza delle primeimmagini (il ramo del lago "che volge a mezzogiorno" e le "due catene non interrotte di monti") a un successivo articolarsi diparticolari, resi con immediatezza e freschezza quasi fotografiche.

C'è freschezza di acquerello nel quadro del lago e domina sempre il gusto dello spettacolo panoramico, un'atmosfera idillicadi silenzio e di solitudine alpestre («Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e variato specchiodell'acqua, di qua lago... di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora...»). Il gusto dello spettacolo panoramico è peresempio ben evidente quando Manzoni scrive: «Il luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolod'ogni parte...». Lo scenario della natura si restringe poi per mostrarci il mondo irrequieto e travagliato degli uomini («Peruna di queste stradicciole tornava bel bello...»).[28]

I promessi sposi e Ivanhoe [modifica wikitesto]

Trama [modifica wikitesto]

Renzo Tramaglino

Lucia Mondella

La finzione del manoscritto seicentesco [modifica wikitesto]

Quel ramo del lago di Como [modifica wikitesto]

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Umberto Eco ha scritto: «Una delle osservazioni che mi rendono più felice è scoprire che Manzoni in questa pagina stafacendo del cinema. Manzoni ha deciso che la sua descrizione dell'ambiente deve procedere anzitutto per un movimento cheun tecnico cinematografico chiamerebbe di zoom, è come se la ripresa fosse fatta da un aereo: cioè la descrizione partecome fatta dagli occhi di Dio, non dagli occhi degli abitanti. [....] La visione geografica, a mano a mano che procede dall'altoverso il basso, diventa visione topografica e include potenzialmente gli osservatori umani. Non appena questo avviene, lapagina compie un altro movimento, questa volta non di discesa dall'alto geografico al basso topografico, ma dalla profonditàalla lateralità: sino ad arrivare a dimensioni umane, dove la carta si annulla nel paesaggio concreto. A questo punto l'ottica siribalta, i monti vengono visti di profilo, come se finalmente li guardasse un essere umano a piedi».[29]

La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono RenzoTramaglino e Lucia Mondella, due giovani operai tessili che vivono in una località del lecchese, nei pressi del lago di Como,allo sbocco del fiume Adda. Il romanzo ebbe un impatto tanto forte sull'immaginario collettivo italiano che si volle per forzaidentificare il "paesello" dei Promessi Sposi e dopo i più capziosi ragionamenti si scelsero due quartieri di Lecco, Olate eAcquate che tuttora si contendono questo ruolo. Di fatto Manzoni non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli uniciindicati chiaramente sono il quartiere lecchese di Pescarenico, dove si trovava il convento di padre Cristoforo; e il castellodella guarnigione spagnola, posto in riva al lago.

Ogni cosa è pronta per il matrimonio di Renzo e Lucia quando un signore del luogo, don Rodrigo, scommette con il cuginoAttilio che sarebbe riuscito a concupire Lucia. Perciò il curato del paese, don Abbondio, incaricato di celebrare il matrimonio,viene minacciato durante la sua solita passeggiata serale da due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani. In predaal panico don Abbondio cede subito: il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare ilmatrimonio, non esitando ad approfittare della sua ignoranza per utilizzare come spiegazione frasi in latino.

Tuttavia Renzo, parlando con Perpetua, la domestica di don Abbondio, capisce che qualcosa non va e costringe donAbbondio a rivelare la verità. Si consulta così con Lucia e con sua madre Agnese e insieme decidono di chiedere consiglio aun avvocato, detto Azzecca-garbugli; questi inizialmente crede che Renzo sia un bravo e come tale è disposto ad aiutarlo,ma appena capisce la situazione scaccia precipitosamente il giovane. Così i tre si rivolgono a padre Cristoforo, loro "padrespirituale", cappuccino di un convento poco distante. Il frate decide di affrontare don Rodrigo e si reca al suo palazzo, maquegli accoglie con malumore il frate, intuendo il motivo della visita; Cristoforo tenta di farlo recedere dal suo proposito, maviene cacciato via in malo modo.

La forza evangelica di fra Cristoforo, straordinariamente accresciuta dalla provocazione, la sua semplice e terribile minacciadeterminano nella coscienza addormentata di don Rodrigo un segno visibile di un remoto risveglio. La sua violenzapersuasiva e ispirata spalanca per un istante all'atterrito antagonista le porte della vera, autentica vita.

Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa, pronunciandodavanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni. Con molte riserve da partedi Lucia il piano viene accettato quando fra Cristoforo annuncia il fallimento del suotentativo di convincere don Rodrigo. Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia euna sera alcuni bravi irrompono nella casa delle donne, che però trovano deserta: Lucia,Agnese e Renzo sono infatti a casa di don Abbondio per tentare di ingannarlo, mafalliscono e devono riparare al convento di fra Cristoforo, perché frattanto sono venuti asapere del tentato rapimento. Contemporaneamente fallisce anche il rapimento di Luciada parte dei bravi, che sono messi in fuga dal trambusto scoppiato nel villaggio a seguitodell'allarme dato dallo scampanio, che don Abbondio genera per chiedere aiuto contro iltentativo di "nozze irregolari". Il Manzoni, maestro di psicologia collettiva, ha schizzatoqui alcuni temi che avrebbe svolto nel grande affresco della sommossa milanese.

Secondo il critico Geno Pampaloni la notte degli imbrogli è costruita come una perfettasinfonia: «Possiamo distinguere quattro tempi, diversi per ritmo e colore. Il capitolocomincia con un allegro temperato, da opera buffa.... prevale il comico che fa centrosulla figura di don Abbondio. [...] Il secondo tempo (apparizione dei due promessi ereazione di don Abbondio) è un buffo tempestoso [....] Poi esplode un tempodrammatico, incubi e paure si affastellano e si incrociano in un clima da tregenda: le campane a martello, la fuga, l'urlo diMenico nella casetta occupata dai bravi. E infine l'adagio finale, dolcissimo e solenne, dell'addio, traversando il lago, nellaluce lunare della notte tornata disperatamente silenziosa e serena».[30]

Renzo, Lucia e Agnese giungono al convento di Pescarenico dove padre Cristoforo espone loro i suoi progetti: Renzo sisarebbe rifugiato presso il convento dei cappuccini a Milano per cercare padre Bonaventura, mentre Lucia avrebbe trovatoaiuto dal padre guardiano del convento nei pressi di Monza. Il religioso ha già scritto una lettera per ognuno dei confratelli ele consegna ai due.

Lo stesso argomento in dettaglio: Addio ai monti.

I bravi minacciano don Abbondio [modifica wikitesto]

L'incontro tra don Rodrigo e fra Cristoforo [modifica wikitesto]

La notte degli imbrogli e dei sotterfugi [modifica wikitesto]

Fra Cristoforo inveisce controdon Rodrigo

La fuga [modifica wikitesto]

L'"Addio ai monti" [modifica wikitesto]

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Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato Renzo, Lucia e Agnese scendono allerive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Lucia medita sull'addio ai monti. È unapagina permeata di spiritualità ed elegia. Domina fin dalle prime note un movimentoverticale, che va dal cielo alla terra, per risalire di nuovo al cielo e che è come unpreludio all'ascensione spirituale contenuta nella chiusa.

Il pianto segreto di Lucia sulle cose più care che deve abbandonare si compone di ungesto che è tra i più belli che la poesia italiana ha saputo attribuire alle creaturefemminili. È la grande notte di Lucia, il suo paesaggio trepido e segreto: senza l'Addio aimonti Lucia non avrebbe mai rivelato la parte più gelosamente custodita del propriocuore. Il notturno vigilante del lago è uno dei più belli di malinconia e serenità dellapoesia italiana.[31]

Giunta al convento, "pochi passi distante da Monza", Lucia viene accompagnata dal padreguardiano al convento di Monza dove vive Gertrude, la "signora" (la cui storia è ispirata aquella di suor Maria Virginia de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione.Dopo l'incontro con Lucia Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza. Gertrudeè figlia di un principe feudatario di Monza di cui il narratore, seguendo l'anonimo,tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio del primogenito si era deciso primaancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina ècontinuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile.

Divenuta adolescente Gertrude comincia a dubitare di tale scelta. Tuttavia un po' pertimore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti perdiventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di Egidio, uno "scellerato diprofessione", in una relazione che avviluppa la "sventurata", colpevole non meno chevittima, in un gorgo di menzogne, intimidazioni, ricatti – proferiti e subiti – e complicità,anche nell'omicidio di una conversa che minacciava di far scoppiare lo scandalo rivelandola tresca.

A Milano Renzo, non potendo subito ricoverarsi nel convento indicatogli da fra Cristoforo,dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, rimane coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincarodel pane. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso in cui critica la giustizia, che sta sempre dalla parte deipotenti. È tra i suoi ascoltatori un "birro" in borghese, che cerca di condurlo in carcere, ma uno stanco Renzo si ferma inun'osteria dove il poliziotto viene a conoscenza, con uno stratagemma, del suo nome. Una volta andato via costui Renzo siubriaca e rivolge nuovi appelli alla giustizia agli altri avventori.

L'oste lo mette a letto e corre a denunciarlo per proteggere i propri interessi. Il mattino dopo Renzo viene arrestato, mariesce a fuggire (incitando la folla contro le poche guardie che sono scappate) e si ripara nella zona di Bergamo, nellaRepubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro sotto falso nome. Intanto la sua casaviene perquisita e viene fatto credere che sia uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio, cugino di don Rodrigo,chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo, cosa che il conte ottiene dal padreprovinciale dei cappuccini: in questo modo padre Cristoforo viene trasferito a Rimini.

È un grande quadro della follia umana, una visione di violenza e di stoltezza, ma sollevata da un'ironia senza punte ecordiale. All'irrazionale moto della folla i singoli personaggi si mescolano e si acconciano. La folla che ha perduto i lumi crededi aver ragione e se non gliela danno, se la fa con le sue mani. Renzo si inserisce meccanicamente nella massa urlante etrova nel coro la sua voce segreta mille volte ripetuta. È un capitolo epico od eroicomico degli imbrogli e delle inversioni diquesto mondo. I luoghi topici dell'episodio sono la "profondità metafisica" del capitano di giustizia, il chilo agro del Vicario diprovvisione, la frusta del cocchiere e il Ferrer.

Ogni gesto in questa prospettiva di umana follia è innalzato nel cielo della poesia per l'efficacia liberatrice del sorrisomanzoniano.[32] La folla appare come una massa grigia di automi, ognuno dei quali contagia e ossessiona l'altro: nel tumultodi Milano (cap. XII) siamo di fronte a una moltitudine anonima, a un gregge senza capo accozzato da un comune sentimentoche qualcosa bisogna pur fare.[33]

« Di costui non possiamo dare né il nome, né il cognome, né un titolo, e nemmenouna congettura sopra nulla di tutto ciò: cosa tanto più strana, che del personaggiotroviamo memoria in più d'un libro (libri stampati, dico) di quel tempo.[34] »(I promessi sposi)

Don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato, potentissimo e sanguinario signore, che però daqualche tempo riflette sulle proprie responsabilità, sulle vessazioni di cui si è reso autoreo complice per attestare la propria autorità sui signorotti e al di là della legge, oltre chesul senso della propria vita. Costui fa rapire Lucia dal Nibbio – con l'aiuto di Egidio e lacomplicità di Gertrude – e Lucia viene portata al castello dell'Innominato. Lucia,terrorizzata, supplica l'Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che«Dio perdona molte cose per un atto di misericordia». La notte che segue è per Lucia eper l'Innominato molto intensa. La prima fa un voto di castità alla Madonna perché la

Addio monti con il Resegone eil villaggio di Pescarenico sullosfondo

In convento a Monza [modifica wikitesto]

Ritratto della monaca di MonzaI tumulti di Milano [modifica wikitesto]

L'Innominato [modifica wikitesto]

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salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo. Il secondo trascorre una notte orribile,piena di rimorsi e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campanesuonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale Federigo Borromeo è in visita pastorale nel paese.

Spinto dall'inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in canonica per parlare con il cardinale. Il colloquio,giungendo al culmine di una tormentata crisi di coscienza che egli maturava da tempo, sconvolge l'Innominato, che siconverte impegnandosi a cambiare vita e per prima cosa libera Lucia, che viene ospitata presso la casa di don Ferrante edonna Prassede, coppia di signori milanesi amici del Borromeo. Intanto il cardinale rimprovera duramente don Abbondio pernon aver celebrato il matrimonio. Poco dopo scendono in Italia i Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nellaguerra di successione al Ducato di Mantova, i quali mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo dellapeste. Molti, tra i quali don Abbondio, Perpetua e Agnese, trovano rifugio nel castello dell'Innominato, che si è fatto fervidocampione di carità.

Con i Lanzichenecchi entra nella penisola la peste: se ne ammalano Renzo –che guarisce – e don Rodrigo, che viene tradito e derubato dal Griso, il capodei suoi bravi che – contagiato anch'egli dalla peste – però non avrebbegoduto dei frutti del suo tradimento. Don Rodrigo viene portato dai monattial lazzaretto in mezzo agli altri appestati e vi muore. Una volta guarito Renzotorna al paese per cercare Lucia, preoccupato dagli accenni fatti da lei perlettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, ma non latrova e viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto.Qui trova anche padre Cristoforo, indomito nel servizio sebbene segnatodalla malattia, che scioglie il voto di Lucia e invita Renzo a perdonare donRodrigo, ormai morente.

La peste viene descritta in maniera scrupolosa e nei minimi particolari nellesue prime manifestazioni, nelle reazioni suscitate, negli interventi positivi enegativi degli uomini chiamati a occuparsene (dai medici, ai politici e allachiesa). Agli errori delle autorità e alla voluta disinformazione si sommal'ignoranza superstiziosa della popolazione; ne deriva uno sconvolgimentodrammatico della città intera, attraversata da Renzo, ormai guarito, come unluogo infernale pieno di pericoli e di insidie mortali.

La peste descritta nel romanzo ha il carattere della necessità: superfluaperciò ogni nota storica. Il prologo del dramma è nella descrizione di donRodrigo preso dal contagio. La peste appare nel suo vario orrore quandoRenzo viene al suo paese e poi a Milano. Nella descrizione della città colpitadal morbo è una spaventevole verosimiglianza: non più la luce dell'alba caraal Manzoni, ma la spietata intensità del sole a picco. La descrizione dei carri dei monatti è pagina potente e sinistra.Un'immagine di follia è nella corsa del cavallaccio spinto dal frenetico cavaliere. L'accordo dei vari temi dell'episodio si rivelaperò nelle note soavi della scena della madre di Cecilia, nell'umoristico contrasto tra l'angoscia dell'ambiente e il comicoerrore dei monatti su Renzo scambiato per untore, nell'idillica visione dell'ospedale degli innocenti, dove i bimbi allattati dadonne e da capre suggeriscono il senso di una società favolosa come l'età dell'oro.[35] Le principali fonti storiche utilizzate dalManzoni furono: De peste quae fuit anno 1630 ("La peste del 1630") di Giuseppe Ripamonti; Ragguaglio dell'origine etgiornali successi della gran peste di Alessandro Tadino.[36]

La parte più drammatica di questa descrizione si trova nel capitolo XXXIV (340-341), con una delle più celebri frasi dellaletteratura italiana: «Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falceche pareggia tutte l'erbe del prato». In tale capitolo si parla anche di Cecilia, "di forse nov'anni", la quale – ormai morta – èposta sul carro dei monatti dalla madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore e chiede poidi tornare dopo a «[...] prendere anche me e non me sola» (cap. XXXIV, 310-338; per questo episodio Manzoni trasseispirazione dal De pestilentia di Federigo Borromeo).

La donna è presentata piena di dignità umana e di amore materno che sarebbe riuscita a impietosire anche il "turpemonatto" che le voleva strappare la bambina. Il personaggio è descritto accostando coppie di termini in antitesi collegati daforme oppositive e negative (capitolo XXXIV, 301-304): «[...] una giovinezza avanzata ma non trascorsa [...] una bellezzavelata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale [...] la sua andatura era affaticata, manon cascante...». La descrizione della carestia, della fame, della calata dei Lanzichenecchi sono prove corali dell'immensarappresentazione della peste.

Infine i due promessi sposi si incontrano nel lazzaretto di Milano, dove Renzo era andato alla ricerca di Lucia. Con l'aiuto dipadre Cristoforo superano lo scoglio rappresentato dal voto di Lucia e tornano al loro paese dove don Abbondio primatentenna, poi acconsente a celebrare le nozze (avuta conferma della morte di don Rodrigo). Si trasferiscono infine nellabergamasca; Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hannouna prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, ma ne sarebbero arrivati altri. Il "sugo ditutta la storia" esplicitato da Manzoni è che con la fede in Dio tutti i problemi e le disgrazie si possono superare.[37]

L'Innominato

La peste [modifica wikitesto]

Il colloquio tra il cardinale Federigo Borromeoe il mite Don Abbondio

La madre di Cecilia [modifica wikitesto]

Conclusione [modifica wikitesto]

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Il romanzo è ambientato in Lombardia, più precisamente in una zona che comprende il ramo lecchese del lago di Como,l'Adda, Monza, Milano e Bergamo. Questa scelta non è casuale dato che Manzoni scrive di luoghi a lui familiari.

Personaggio Tipo/ruolo Caratteristichesocio-economiche Psicologia Comportamento

Don Abbondio

Principale, per codardiasi trasforma in aiutante

dell'antagonista(simboleggia chi, pur

investito diresponsabilità

istituzionali, si piega alpiù forte), personaggiomeschino e reietto, unsuccube che tenta di

avere il minor danno adiscapito dei più poveri

Curato del paese,vocazione non

spirituale, ma diconvenienza; non

benestante; esercitauna forma di banco di

pegni

Pavido, egoista,pauroso e codardo siispira alla regola di

"scansare tutti icontrasti e cederequelli che non può

scansare"

Don Abbondio è succubedel suo tempo, della suaepoca e delle ingiustiziepresenti in essa; non

riuscendo ad affrontarletenta di scansarle; vieneparagonato a un vaso diterracotta che viaggia suun carro insieme ad altrivasi di ferro; egli risulta

vittima della societàperché non possiede un

carattere forte edeterminato ("non eranato con un cuor di

leone")

PerpetuaPersonaggio minore

(simboleggia lasincerità e la genuinità)

Domestica di donAbbondio; aveva

passato l'età sinodaledei quarant'anni,

rimanendo nubile, peraver rifiutato tutti i

partiti che le si eranoofferti, come diceva lei,

o per non aver maitrovato un cane che lavolesse, come dicevano

le sue amiche

Schietta, pragmaticae determinata

Sa ubbidire e comandare,tollerare e imporre, nonsa mantenere i segreti,

poiché ha un animoabbastanza semplice e"rozzo": termine scurrileusato nel primo capitolocontro don Rodrigo: "Oh

che birbone"

Renzo Tramaglino[38]Protagonista

(simboleggia gliingenui volenterosi)

Operaio tessile econtadino, condizionieconomiche medie,orfano e fidanzato di

Lucia

Animo buono, daivalori morali semplicie onesti; ma anche

ingenuo e impulsivo;e per questo capacedi cacciarsi nei guai,

come accade aMilano

Umile, riservato, pudico eingenuo; persona di

buon cuore, ma che seistigata può diventare

persino violenta.

Lucia Mondella

Protagonista, vittima(simboleggia

l'innocenza e i valoripuri del cattolicesimo)

Fidanzata di Renzo,tessitrice e orfana dipadre; vive con la

madre Agnese

Timorata di Dio,dotata di una morale

solida, ma anchecapace di sottiliastuzie; come

quando dà a fraGaldino una granquantità di nociperché concluda

prima la questua etorni presto al

convento a chiamarefra Cristoforo; ocome quando,vedendo chel'Innominatocomincia a

commuoversi,esplode in accenti

ancora più accorati,che lo inducono a

capitolare

Lucia appare piùequilibrata e coerente di

Renzo e di Agnese,anche se talvolta cedealle loro pressioni e silascia convincere adagire contro i propri

principi, come quandoaccetta di partecipare almatrimonio a sorpresa

Aiutante dei Pragmatica, sicura di

L'ambientazione geografica [modifica wikitesto]

Personaggi [modifica wikitesto]

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Agnese protagonisti(simboleggia i valoripragmatici e materni)

Tessitrice e madre diLucia sé e dotata di

furbizia "di paese"

Materno, protettivo eimpulsivo

Azzecca-garbugli

Aiutantedell'antagonista(simboleggia la

manipolazione dellalegge a difesa dei

privilegi)

Avvocato trasandato MeschinoAl servizio dei potenti,

comicità di gesti esmorfie

Fra Cristoforo(Lodovico)

Aiutante deiprotagonisti,

personaggio storico(simboleggia un

cristianesimocoraggioso, capace diprendere posizione indifesa dei più deboli)

Padre cappuccino,appartenente a una

benestante famiglia dimercanti, in gioventùarrivista e arrogante

Irrequietezzainteriore, disciplinad'umiltà e somma

spiritualità religiosa,sebbene capace di

atti d'ira eindignazione di cui fa

subito atto dicontrizione

Costante astinenza,autocontrollo, senso dellagiustizia, determinazione

e coraggio

Don Rodrigo

Antagonista,incapricciato di Lucia

(simboleggia iprepotenti e il

malgoverno spagnolodell'epoca)

Nobiluomo Orgoglioso e malignoPrepotente, capriccioso,offensivo, sarcastico e

violento

Griso

Aiutantedell'antagonista(simboleggia la

violenza gratuita)

Uno dei bravi Opportunista Prepotente e violento

Monaca di Monza(Gertrude, "la

Signora")

Aiutante dellaprotagonista, poidell'antagonista; è

ispirata a unpersonaggio storico

(suor Maria Virginia deLeyva, la monaca diMonza; attraverso ilracconto delle suevicende Manzoni

denuncia lamonacazione forzata

figlia di un potentesignore di Monza,

secondo Manzoni èsempre stata indirizzataalla vita in convento,anche se ciò andavacontro la sua natura

Frustrata, rancorosa,debole, indecisa e

ambigua

Autoritario, capricciosoed enigmatico

Conte zio

Aiutantedell'antagonista

(simboleggia la classedei potenti e corrotti)

Potente rappresentantedella famiglia, membrodel Consiglio Segreto e

zio del conte Attilio(cugino aiutante

dell'antagonista donRodrigo, cinico e

amorale)

RisolutoSerio, paternalistico econsapevole del suo

potere

Innominato

Inizialmente aiutantedell'antagonista, poi dei

protagonisti;personaggio storico

(simboleggia ilpentimento, laconversione, la

redenzione ei valoribase del cristianesimo)

Nobile, potentefuorilegge

Crudele, risoluto,inquieto,

introspettivo esensibile

Dapprima violento,"aspro, dominante e

ostile" (v. valle); poi, aseguito del pentimento,umile e desideroso di

espiazione

Nibbio Aiutantedell'antagonista Capo dei bravi

Fedele, inquieto,anche lui come il suo

signore dubbiososulla propria

condotta

Un uomo crudele cherimane toccato dai pianti

di una fanciulla

Oste

Aiutantedell'antagonista

(simboleggia mentalitàcittadina)

Oste Opportunista,prudente e egoista

Teso al proprio interessee alla propria sicurezza

Aiutante delprotagonista Tessitore e cugino di

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Bortolo (simboleggia valorifamiliari)

Renzo Altruista Disponibile e pragmatico

Cardinale FedericoBorromeo

Aiutante deiprotagonisti,

personaggio storico(simboleggia un

cristianesimo puro eispirato)

Da facoltosa famiglialombarda, arcivescovo

di Milano

Autentica e profondaspiritualità cristiana

Puro, umile, caritatevole,altruista, disponibile,

pacato e santo

Sarto

aiutante dellaprotagonista

(simboleggia l'uomoumile e il buon

cristiano)

Sarto Altruista Disponibile, goffo eimbarazzato

Donna Prassede

Aiutante ambigua dellaprotagonista

(simboleggia ilbigottismo)

Nobildonna milanese,moglie di don Ferrante

Benefattrice bigotta,dalla carità e dallamorale malintesa,

pregiudizi arroganti eautoritari

Disponibile, maintrigante, autoritario e

malizioso

Don Ferrante

Aiutante dellaprotagonista

(simboleggia l'ottusacultura erudita e

accademica)

Uomo di cultura, maritodi donna Prassede Vuota erudizione

Non comanda néubbidisce, studia tutto il

giorno con rabbia ecompiacenza della

moglie, professore dicavalleria, quotato

consigliere su questionid'onore

Conte AttilioAiutante di don

Rodrigo, di cui è ilcugino

Nobile proveniente daMilano, sembra piùimportante di don

Rodrigo

Dal carattere moltosemplice

Sa trasformare il suocomportamento,

scherzoso con donRodrigo, serioso e

truffaldino con il conteZio

Tonio Aiutante di Renzo

Compaesano di Renzo,lo aiuta nel tentativo di

matrimonio persorpresa venendo a far

da testimone(ovviamente sotto

compenso)

Furbo e acuto, sidimostra moltoaffettuoso nei

confronti del fratelloGervaso, chedefinisce "unsempliciotto",

mentre in realtà egliè un disabile

mentale

Padre provinciale

Compare nel capitoloXIX ed è il cappuccinopiù alto in grado nel

territorio dove è situatoil convento di

Pescarenico, al quale sirivolge il conte zio su

suggerimento del conteAttilio al fine di farallontanare padre

Cristoforo dal conventoed eliminare un

ostacolo alle mire didon Rodrigo su Lucia

Vecchio mal vissuto Personaggio minore

È uno dei rivoltosi cheassaltano la casa delvicario di Provvisione

(capitolo XIII)

È il simbolo dellaviolenza irrazionale;a detta dell'autore èuna sorta di sinistro

spettacolo

Agita in aria un martello,una corda e quattro

chiodi coi quali affermadi voler attaccare il corpo

del vicario a uno deibattenti della porta, dopoche il funzionario sarebbe

stato ucciso (vienedescritto come un

personaggio dall'aspettostralunato, con "due

occhi affossati e infocati"

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e "un sogghigno dicompiacenza diabolica",mentre la sua "canizie

vituperosa" èimplicitamente

contrapposta alla"decorosa vecchiezza" di

Ferrer)

Tra le fonti storiche del romanzo, esaminate da Tano Nunnari, «Il più di quello studio se n'è andato...». Le fonti storiche de«I promessi sposi» (Milano, Centro Nazionale di Studi Manzoniani, 2013) si possono ricordare le seguenti.

Giuseppe Ripamonti, Historia PatriaMelchiorre Gioia, Sul commercio de' commestibili e caro prezzo del vittoF. Borromeo, De pestilentia quae Mediolani anno 1630 magnam stragem editCarlo Girolamo Cavatio della Somaglia, Alloggiamento dello Stato di Milano per le imposte e loro ripartimentiLorenzo Ghirardelli, Il memorando contagio seguito in Bergamo l'anno 1630D. Pio La Croce, Memoria delle cose notabili successe in Milano intorno al mal contagioso l'anno 1630Agostino Lampugnani, La pestilenza seguita in Milano l'anno 1630Ludovico Antonio Muratori, Del governo della peste e delle maniere di guardarseneGiuseppe Ripamonti, De peste quae fuit anno 1630 libri V desumpti ex annalibus urbisFrancesco Rivola, Vita di Federigo Borromeo Cardinale del titolo di Santa Maria degli Angeli, ed Arcivescovo di Milano(vedi su Google books )Pietro Verri, Osservazioni sulla torturaAlessandro Tadino, RagguaglioFrancesco Enrico Acerbi, Dottrina teorico-pratica del morbo petecchiale, con nuove ricerche intorno l'origine, l'indole, lecagioni predisponenti ed effettrici, la cura e la preservazione del morbo medesimo in particolare, e degli altri contagi ingeneraleViani, Dialoghi su i rimedi efficacissimi per guardarsi dal male contagioso

I promessi sposi hanno dato origine a diverse frasi ed espressioni che in Italia sono entrate nell'uso comune.

"Questo matrimonio non s'ha da fare""Perpetua", che ora identifica per antonomasia le collaboratrici dei parroci"Latinorum", un linguaggio o un gergo incomprensibile ai più"Carneade", per definire un illustre sconosciuto"Azzecca-garbugli", per definire un avvocato di scarsa etica professionale (o in generale un arruffone che incanta ilprossimo solo a parole) (cap. III)"i capponi di Renzo", per indicare in senso figurato soggetti deboli e destinati a soccombere che si perdono nel litigarefra di loro, invece di far fronte comune contro la fine che li attende (cap. III)"povero untorello", di persona non capace o comunque non in grado di recare male o persona accusata a torto di recarmale a molti (cap. XXXIV, 535)

Sono spesso citati inoltre interi brani del romanzo che vengono tuttora imparati a memoria e recitati, come «Addio, montisorgenti dall'acque...» e «Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...», tutti riferimenti al paesaggio dei dintornilecchesi.

Da notare che anche la definizione "Tizzone d'Inferno", pronunciata in un momento d'ira da Renzo nei confronti di donRodrigo, viene spesso usata nei fumetti da Tex Willer.

Dino Buzzati, autore del Novecento, ha scritto – sulla base del capitolo manzoniano sulla malattia di don Rodrigo – ilracconto La peste motoria, vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini, ma le autovetture e imonatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze.

I promessi sposi di Amilcare Ponchielli (1856; seconda versione 1872)I promessi sposi di Errico Petrella (1869)

Fonti manzoniane [modifica wikitesto]

Frasi e personaggi proverbiali [modifica wikitesto]

Opere derivate [modifica wikitesto]

Adattamenti [modifica wikitesto]

Opera lirica [modifica wikitesto]

Musical [modifica wikitesto]

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I promessi sposi Musical di Tato Russo (in scena dal 2000 al 2003) con Michel Altieri (Renzo) e Barbara Cola (Lucia) –premio Massimini come miglior attore a Michel AltieriI promessi sposi - Opera moderna di Michele Guardì (in scena dal 18 giugno 2010) con Noemi Smorra nei panni di Lucia,Graziano Galatone nei panni di Renzo, Giò Di Tonno nei panni di Don Rodrigo, Lola Ponce nei panni della monaca diMonza, Vittorio Matteucci nei panni dell'Innominato e Christian Gravina nei panni di fra Cristoforo e del cardinaleBorromeo

I promessi sposi da Alessandro Manzoni, regista e interprete Massimiliano Finazzer Flory (2011)I promessi sposi, una storia lombarda da Alessandro Manzoni, regia di Luisa Borsieri, Arteatro 3

I promessi sposi, diretto da Mario Morais (1909), film mutoI promessi sposi, diretto da Ubaldo Maria Del Colle, (1913), film mutoI promessi sposi, diretto da Eleuterio Rodolfi, (1913), film mutoI promessi sposi, diretto da Mario Bonnard (1923), film mutoI promessi sposi, diretto da Mario Camerini (1941)I promessi sposi, diretto da Mario Maffei (1964)

I promessi sposi regia di Sandro Bolchi (1967) principali interpreti: MassimoGirotti, Paola Pitagora, Nino Castelnuovo, Tino Carraro, Luigi Vannucchi, SalvoRandone.I promessi sposi regia di Salvatore Nocita (1989) principali interpreti: AlbertoSordi, Danny Quinn, Burt Lancaster, Franco Nero, Helmut Berger.Renzo e Lucia regia di Francesca Archibugi (2004) principali interpreti: StefanoScandaletti, Michela Macalli, Paolo Villaggio, Laura Morante, Carlo Cecchi,Stefano Dionisi, Gigio Alberti, Stefania Sandrelli

Il monaco di Monza, regia di Sergio Corbucci (con Totò, Nino Taranto e Macario)(1963)I promessi sposi regia di Antonello Falqui, con il Quartetto Cetra (1985)I promessi sposi regia di Massimo Lopez, Anna Marchesini e Tullio Solenghi (1990)I promessi sposi in dieci minuti, riduzione-parodia degli Oblivion, regia di LorenzoScuda e Davide Calabrese (2009)

I promessi paperi (1976)I promessi topi (1989)

1. ^ Archibald Colquhoun, Manzoni and his Times, Londra, J. M. Dent & Sons, 1954.2. ^ Otello Ciacci, Studi manzoniani, A. Signorelli, 1975 p.3 e sgg.3. ^ Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi Scuola, Torino 1992, pp. 651-

653.4. ^ Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni, Principato,

Milano, 1988, pp. VIII-XI.5. ^ «[...] come è attestato dalla data che si legge all'inizio del manoscritto autografo».

Lanfranco Caretti, Manzoni. Ideologia e stile, Einaudi, Torino, 1975, p.43.6. ^ Lanfranco Caretti, Manzoni. Ideologia e stile, Einaudi, Torino 1975, pp. 46-53.7. ^ Immagini della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni (a cura di M. Parenti), Firenze,

Sansoni, 1973, pp. 155-159.8. ^ Immagini della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni, cit., pp. 160-161.9. ^ Immagini della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni, cit., pp. 162-167.

10. ^ Si pensi a Il nome della rosa di Umberto Eco (Bompiani 1980), la cui ironica introduzioneesordisce con la frase: "Naturalmente, un manoscritto...".

11. ^ Promessi sposi: il narratore - Terzo triennio - Francesco Toscano12. ^ Lettera a Cesare d'Azeglio Sul Romanticismo (PDF), digila.it. URL consultato l'11 agosto 2011.13. ^ I Promessi sposi, ed. Bulgarini, Firenze, 1992, commento di Gilda Sbrilli14. ^ Alessandro Manzoni È Al Centro Delle Discussioni Nel Mondo Culturale Italiano15. ^ La Domenica di Vicenza - Settimanale di Politica e Attualità - Ad Orgiano sorgerà un

museo... manzoniano16. ^ "Chi c'è dietro don Rodrigo?", Giuliana Rotondi, Focus storia, giugno 2016, pag. 56-57.17. ^ Giovanni Getto, Manzoni europeo , Biblioteca europea di cultura, ed. Mursia, 1971.18. ^ Per i rapporti col romanzo contemporaneo si veda anche in Storia della letteratura italiana

'800-'900 di F. Gavino Olivieri, pag. 48, Nuove Edizioni Del Giglio, Genova, 1990.19. ^ Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, cit., vol. III, pp. 210-215.

Teatro [modifica wikitesto]

Cinema [modifica wikitesto]

I promessi sposi Dina Sassoli, LuisHurtado, Gino Cervi Gilda Marchiò in unascena de I promessi sposi del 1941 diMario Camerini

Sceneggiati televisivi [modifica wikitesto]

Romina Power (Lucia) e Al Bano(Renzo) con Felice Chiusano (donAbbondio) e Lucia Mannucci(Agnese) nella parodia de Ipromessi sposi realizzata nel 1985dal Quartetto Cetra

Parodie [modifica wikitesto]

Parodie a fumetti [modifica wikitesto]

Note [modifica wikitesto]

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V · D · M

20. ^ Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, Firenze, La Nuova Italia,1952, vol. III, pp. 215-218.

21. ^ Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, vol. III.22. ^ Angelandrea Zottoli, Il sistema di don Abbondio, Bari, Laterza, 1933.23. ^ L. Sciascia, Corriere della Sera, 3 agosto 1985.24. ^ a b c L. Sciascia, Cruciverba, Einaudi 1983 - Adelphi, 1998.25. ^ Grida in Vocabolario - Treccani26. ^ I Promessi sposi, di Vincenzo Jacomuzzi e Attilio Dughera, ed. Petrini, p. 537.27. ^ Mario Marcazzan, Il paesaggio dei Promessi Sposi, in "Humanitas", III, 1948, pp. 1198-

1203.28. ^ Pietro Mazzamuto, A. Manzoni, "I Promessi Sposi", Palermo, Palumbo, 1955, pp. 9-11

(note).29. ^ Panoramica con carrellata, l'Espresso, 24 febbraio 1985.30. ^ I promessi sposi, a cura di Geno Pampaloni, De Agostini, Milano, 1988.31. ^ Giovanni Getto, Lettere italiane, 1961, pp. 428-432.32. ^ Mario Sansone, L'opera poetica di Alessandro Manzoni, Milano-Messina, Principato, 1947,

pp. 319-22.33. ^ Mario Biagini, Introduzione ai Promessi Sposi, Milano-Messina, Principato, 1952, pp. 145-48.34. ^ Alessandro Manzoni, I promessi sposi.35. ^ Francesco Flora, Storia della letteratura italiana, Milano, Mondadori, 1940, vol.III, pp. 243-

245.36. ^ Capitolo XXXI.37. ^ «Manzoni, col "sugo" della storia nella chiusa dei Promessi sposi, lascia intendere che il libro

è un romanzo a tesi; e fiumi d'inchiostro si sono versati in proposito. Ma potrebbe anchesostenersi che il libro è un romanzo "di" tesi, un teorema con più ipotesi compresenti ealternative, un romanzo di idee sotto specie di romanzo storico» (cfr. Caretti, op. cit., p. 32);Pietro Gibellini, La parabola di Renzo e Lucia. Un'idea dei "Promessi sposi", Morcelliana,Brescia, 1994; si veda anche, quale superamento della banalità del preteso "lieto fine", EzioRaimondi, Il romanzo senza idillio : saggio sui Promessi Sposi, Einaudi, Torino, 1974; esuccessive edizioni.

38. ^ Nella prima stesura si chiamava Fermo Spolino, ma in entrambi i casi il cognome alludeall'attività lavorativa (operaio tessile); come anche il cognome Mondella, Tramaglino è tuttorapresente in Lombardia e anche in altre regioni d'Italia; vedi Turismo, viaggi e tradizioni inItalia | Gens

Alessandro Manzoni, Brani inediti dei Promessi sposi. 1 , Milano, Hoepli, 1905. URL consultato il 1º aprile 2015.Alessandro Manzoni, Brani inediti dei Promessi sposi. 2 , Milano, Hoepli, 1905. URL consultato il 1º aprile 2015.Alessandro Manzoni, Promessi sposi , Milano, Hoepli, 1905. URL consultato il 1º aprile 2015.

Addio ai montiAlessandro ManzoniCrisi del XVII secoloGiuseppe RipamontiLuoghi manzonianiPeste del 1630Peste di San CarloRomanzo storicoCarlo BorromeoSerata Manzoni

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Bibliografia [modifica wikitesto]

Voci correlate [modifica wikitesto]

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