educazione all'addio, 2015 (unpublished)
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© 2015 Massimo Barbaro
www.apofatie.wordpress.com [email protected]
In copertina: Virgo Supercluster, osservatoriogalilei.com
Ho sempre avuto un desiderio strin-gente del deserto, non ne ho mai visto uno e forse mai lo vedrò. La rassegnazione, per fortuna, è diventata per me un dovere.
E.M. Cioran
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E non credere che… cosa? Semplicemente,
non credere. Una nota lunga, trattenuta. Modo minore.
Non puoi scriverla. (Sì che puoi. Ma non suonarla).
Allora alzati. Vai via. La superficie lunare, guardata per la prima
volta, con un binocolo qualsiasi. Quasi una pau-ra.
La fiducia è tutto? Tante altre cose sono tut-
to. Niente. «Cosa fai?». L’evidenza, evidentemente, non
basta. Di questo passo, qualsiasi purezza è sozzura.
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Venderei l’anima per la musica. Crisi della domanda.
Cacciar fuori tutto il fiato, senza esprimersi. Più la calligrafia diventa illeggibile, più… Nel vuoto dello spazio esterno è inutile urla-
re. Il buio – la natura umana. Una rarità, in natu-
ra. La carta assorbe umido e parole. Bruciare pagina dopo pagina, man mano, non
alla fine... Alimentare un fuoco. Il grido trascritto: maiuscolo, grassetto? Ogni parola, scritta, urla il suo silenzio di
morte. Stare lontano dalla scrittura, soprattutto
quando se ne ha il tempo. Creando la noia, Dio si è tradito.
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L’autenticità più profonda, il peso più inso-stenibile
Non sopportare le inezie sino a morirne, vi-
vere sopportando pesi intollerabili. Stare lontano da sé. Alla larga… Ci sono parole che spezzano la punta alle
matite. E parole che le consumano. Smettere ogni franchezza, ogni autenticità, a
partire da se stessi; ingannarsi, tendersi trappole. La durezza con se stessi, con il mondo.
Cos’altro? La carta secerne veleni interiori. Apprezzare ogni singola maledizione di noi
stessi. Una dolcezza tanto infinita quanto inutile. Accettare la propria mediocrità, trovarla qua-
si quasi apprezzabile. Tacere sempre, sino a essere ripudiati e scac-
ciati da ogni umanità.
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Vegetare. Vivere stormendo foglie. Ogni fibra del corpo, ogni cellula vuole tor-
nare alla terra. Atomi. La fine diventa inizio. Ecco la spiegazione
del tutto. Intuizioni geniali, ma taciute. Poi arriva la
scienza a dimostrarle. Da quel momento, guai a parlarne.
L’unica libertà è nella costrizione. L’uomo e l’ambiente. Bisognava impedire
quell’incontro. Il Valzer delle candele: educazione all’addio. Ogni profondità, in fondo in fondo, è banale. Correre rischi inutili? Si può smettere? Ri-
schiare da fermi. Anche se si odiano i sistemi, alcune idee di
fondo sono necessarie. Come tre sassolini in ta-sca, o nel palmo di una mano.
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La fatica di vivere. La stanchezza di morire tutti i santi giorni.
Tutto si riduce a ben poco. Così si presenta la fine: aver capito poche
cose, capire di aver bisogno di poco, accettare le possibilità. Senza coglierle.
Ringraziare dal profondo del cuore chi ci
chiama vigliacchi. Smettere di odiare chi non si fida, per
l’impossibilità di odiare tutti, ringraziare anche loro, ringraziare tutti. (Ma poi, uscire di scena, una buona volta).
Aver saputo che esistono persone capaci di
toglierti la disperazione. Devo ammettere di amare la vita. Uno smac-
co. Essersi ricordati di avere una testa, per cam-
minarci alti. Dilatare lo spazio tra le vertebre, per via.
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Sapere chi si è. Anche se non c’è alcun biso-gno.
Mettersi il cuore in pace. La felicità ha il sa-
pore della rinuncia. Imporsi di non dirlo. Che tutta la saggezza di una vita si riduca a
cose che si sapevano già: ecco come guastarsi una felicità…
La serenità marcisce in fretta. Bandire ogni poesia da ogni parola. Esercita-
re l’ingratitudine estrema. Parola dopo parola, cancellare tutto, aggiun-
gendo. Si può vivere solo di nascosto. Ma è impos-
sibile… Giustappunto. Viaggi in angoli disparati di mondo. In cia-
scuno si sarebbe potuto vivere. Nella vita, come nei sogni, impedimenti. Siate gentili; almeno, avranno da rimprove-
rarvi qualcosa di buono.
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Il sole al tramonto oltre un lago, il vento. Davvero, solo poco è necessario.
Non volere niente, non pensare niente. Lo so,
la cosa più difficile è non sentire niente. Ma tu sforzati.
Fuggi te stesso. Almeno sai in che direzione. «Lasciatemi andare». Così disse una veggen-
te. Ma non disse dove. Non ci vedeva poi così bene; oppure, era abbagliata dalla troppa luce.
Nutrire odi e affetti per ogni persona incon-
trata. Come si fa poi a sentirsi soli? Le voci delle persone conosciute lungo tutta
una vita si mescolano ai silenzi… Un flusso in-comprensibile.
Ogni volto resta, più o meno, distinto, più o
meno confuso. Ognuno è la tomba di tutti gli al-tri.
Ti dico cose spiacevoli, ti avverto di pericoli
che ignori, e non mi credi. Forse fai bene. Anzi: sicuramente; tu in fondo vuoi solo vivere, non sapere.
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Capire quando se ne sa abbastanza, acconten-tarsi di poco. Ecco che la saggezza va contro la vita.
I puri. Sono i primi a essere allontanati, sa-
crificati, uccisi. Per allontanare verità intollera-bili.
Non sapere ciò che si fa. Unica salvezza. L’incoscienza, l’ignoranza, la superficialità:
scienze sociali. Le difficoltà migliorano l’uomo. Ma i mi-
gliori uomini o non se ne accorgono, o non ne hanno il tempo.
Tutto è nelle pause. Nel vuoto. Nelle cose
non dette, nelle cose non fatte, c’è la parte mi-gliore di noi. Come un serpente che, invece di sputarlo, inghiotte il suo veleno.
Scoprire, nonostante tutto, di essere incapaci
di biasimo (per se stessi, per la vita). Scoprire di amare ogni cosa, ad occhi sempre aperti, il cuore immobile.
Si può amare la vita, e, ancor più facilmente,
il mondo.
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Ogni io è il mondo. Si vorrebbe essere «balsamo». Sciogliersi,
donarsi interamente, per ricambiare qualche bri-ciola.
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Ecco la parte più difficile: che fare, come fa-
re quando si è diventati incapaci di disperazio-ne?
Di rancore, di odio di sé. Per fortuna rimane ancora, ineliminabile, la
scontentezza. Siamo pur sempre umani… Il distacco, la capacità di rinuncia, sapere di
potersi accontentare della possibilità, nel di-sprezzo dell’empiria, implodere lentamente in se stessi, donarsi.
Il nostro destino e quello delle stelle è in
fondo lo stesso. Scrutatori di stelle estive. Tutte le domande
tacciono in cori di grilli e debole inquinamento luminoso. Sul tardi, la Via Lattea a tagliare il cielo a metà. Ci si abbandona alla dimensione
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della profondità. Alla rotazione. Si smette di a-vere un destino, si diventa destino.
Aver pianto tutte le lacrime. Essere disposti a
berne il calice del mondo. Attenzioni, che saranno comunque
recriminate. Tanto vale smettere. Di respirare. Ma il vento alita vita e ti investe, lava ogni
fibra e canta tra i pini, quella musica che non suonerai mai, come l’eco di un lamento, e ti so-spinge, ti rende agevole ogni ritorno.
Ogni attenzione, ogni intuizione e conoscen-
za dello stato d’animo di ognuno di fronte a te, che si fonde con ciò che di te, tu sai.
Sei tu a sbagliare o sono gli altri a non cono-
scersi. Non importa. Il destino è comune. Sei capace di amare tut-
ti. Vivere sarebbe anche possibile. Ma è rinchiuso dentro muri.
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La vera maledizione: il bisogno. Bisogni. Come grandine. Scarsità del cuore. Arsure. Crepe nella terra. Detestare la parola «cuore». Conservare la
foto di una sezione anatomica cardiaca trasver-sale. Per replicare ai cuori. Gettati lontano, come sputi.
La vita sociale. Complicare la semplicità per
tenersi stretto il potere sulle vite. Voltare le spalle alla biologia. Fine
dell’umano. Norma. Regola. Dominio dell’artificiale.
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Il migliore dei mondi possibili cozza con l’altro mondo possibile. Com’è possibile?
Com’è stato possibile… La fuga dal mondo,
gli altri mondi, i luoghi, i viaggi che cambiano fintamente la vita.
Doversi imporre. Non essere mai creduti. La sfiducia andrebbe ripagata con la moneta
sonante dell’odio. E invece. Nei mondi virtuali si replicano le miserie
umane e le miserie del mondo. Si rispecchiano. Solo il linguaggio ne risente. Eppure, il mondo era linguaggio… Il mondo impoverito. I popoli diventati masse, poi moltitudini.
Sempre sostantivi plurali. Addensamento e scomposizione. Dividi, im-
pera.
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L’altrove. Fughe senza salvezza, andata e ri-torno.
Nostalgia per i buoni vecchi altrove di una
volta. Rumore di sartiame, rinunce alla poesia per il commercio d’armi.
Paesaggi bretoni dipinti a Tahiti. Un’altra vita, è possibile?
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Ho sempre avuto il sentimento dell’oltre. Mi sono impedito cose al solo pensiero che
poi le avrei respinte. Per qualcos’altro. L’assurda intenzione di non compiere gli er-
rori dei padri. Sottrarsi. Piuttosto niente. Non si è mai nichilisti abbastanza. Il niente prima. Quello più difficile. L’oltre mi ha forse salvato. La nostalgia. Il
dolore dell’altro luogo. Delle case mai abitate. Hai cercato di alleviare dolori. Non ci sei riu-
scito. Però lo riconosci. Lo leggi nei volti. Nei gesti.
Hai voluto berlo da tutti. Assorbirlo.
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Offerta la vita in cambio. Nessuno l’ha presa.
Vuoto deflazionistico. Sii grato dell’amore condizionato. Va’, comportati bene. Lo sguardo oltre l’orizzonte. Cosmologia. Domande. Abbandono.
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Il funerale nella neve. Also Spracht Zarathustra. Stazioni orbitanti. La chiave sotto il mattone. Il bambino in un angolo. Il balcone pieno di giocattoli, i colori Pola-
roid. La solitudine, le attese. Le illusioni. Gli errori. La mancanza di coraggio. In bicicletta nelle pozzanghere dopo gli ac-
quazzoni estivi. L’esplorazione del mondo. A partire da quel-
lo vicino.
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I mondi lontani. La capacità immaginativa. La vita che non arriva mai. Gli angoli nascosti. Spingersi dove gli altri non andavano. Le camminate a piedi, la stanchezza este-
nuante. Il peso. I suicidi simbolici. L’incertezza. Il fastidio per la parola «vita». Gruppo locale (Via Lattea, Andromeda M31,
Galassia del Triangolo M33, NGC 3109), Virgo Supercluster, Local Superclusters...
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Stringi le falde del cappotto. Il bavero, il collo alzato. Vai via. Le amicizie impossibili, i pellegrinaggi pari-
gini. Le strette ai polsi.
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Strati Nembostrati Stratocumuli Cumuli Cumulonembi Altostrati Altocumuli Cirrostrati Cirrocumuli Cirri
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Cosa scrivere della serenità. Scrivi: la rinun-
cia alla disperazione. Sempre un certo fastidio per la speranza. Ma sapere che il tempo è compiuto. Che non c’è altro. Che c’è sempre un oltre. (Solitudine, silenzio, dissoluzione). Da lì si doveva partire. Arrivare. Ah, averlo saputo prima.
Indice
I. .........................................................................3
II.......................................................................15
III. ....................................................................19
IV. ....................................................................25
V. .....................................................................29
VI. ....................................................................33
VII....................................................................37
VIII. .................................................................41
IX. ....................................................................45