affari di gola - ottobre 2011

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO ottobre 2011 Supplemento al n. 37 de “La Rassegna” del 20 ottobre 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 Passione zucca Con l’autunno, torna sulle nostre tavole il versatile ortaggio protagonista di molti piatti. Due chef ci svelano i loro “segreti” MOTTA E CAZZAMALI Chef, alla scoperta dell’emergente Lorenzo Cogo ACCADEMIA DEL GUSTO La cucina italiana decolla grazie a un bergamasco A PECHINO IL PRODOTTO Uova di pesce, una delizia per il palato I “ritagli” di carne secondo i grandi macellai

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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Passione zucca

Con l’autunno, torna sulle nostre tavole

il versatile ortaggio protagonista

di molti piatti.Due chef

ci svelano i loro “segreti”

MOTTA E CAZZAMALI

Chef, alla scoperta dell’emergente Lorenzo Cogo

ACCADEMIA DEL GUSTO

La cucina italiana decolla grazie a un bergamasco

A PECHINO

IL PRODOTTO

Uova di pesce, una delizia per il palato

I “ritagli” di carne secondo i grandi macellai

OTTOBRE 2011

S O M M A R I O5

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PENNA ALL’ARRABBIATAValcalepio, il modello Franciacorta è possibile. Produttori permettendo

FOCUSTagli e "ritagli" dimenticati,la carne secondo i grandi macellai

ACCADEMIA DEL GUSTOCogo, lo chef emergenteche ama la cucina istintiva

SAPORIUova di pesce, perle di bontà

IL RISTORANTE"Drago", l'antico ristoranteche non teme lo scorrere del tempo

IL PRODOTTOCon l'autunno la cucinava fuori di... zucca

LA STORIAPechino scopre la cucinaitaliana grazie ad un bergamsco

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamotel. 035/213030 - fax 035/224572 - [email protected]: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Riccardo Lagorio, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella TiraboschiImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTIL'Art Caffè, Bergel, Brevi due, Il Cipresso, Delizie di Mare, Grappa Gaudes, Metalfrigor Arredamenti, La Rocchetta, Trismoka.

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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MEDAGLIA D’ORO

ALLA VI EDIZIONE 2011

“ACQUAVITI D’ORO”

E ALLA XXIX EDIZIONE 2011

“ALAMBICCO D'ORO”.

RICONOSCIMENTI PER PARTIRE

CON ALTRETTANTA PASSIONE

ED ENTUSIASMO PER RAGGIUNGERE

NUOVI TRAGUARDI.

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Valcalepio, il modello Franciacorta è possibile. Produttori permettendo

Si fa presto a dire vendemmia. Pare che anche la spremitura dell’uva, in Italia, sia a macchia di leopardo, tanto per non farci stare tranquilli

nemmeno lì.Un po’ bene lassù, decisamente peggio costì e via grap-poleggiando.Da una ricognizione dei vigneti nella prima settima-na di settembre, ad opera dell’Unione Italiana Vini e di Ismea, si stava delineando una vendemmia 2011 ai minimi storici, con una produzione inferiore del 10% rispetto all’anno precedente, numeri che riporterebbero il nostro Paese dietro la Francia.E la cosa, canticchiando come Paolo Conte in “Bartali”, ci procura dispiacere, nel ricordo dello storico controsorpasso ai loro danni (“I francesi ci rispettano, che le balle ancor gli girano...”).Ma la sorpresa, in questa vendemmia ridotta, non sta tanto nelle cifre, quan-to nelle motivazioni: il caldo, ci dicono i due istituti, unitamente alla prolungata assenza di piogge, ha causato stress idrico ai grappoli che sono maturati in anticipo con una concentrazione di zuccheri mag-giore e quindi una minor resa in quantità di vino rispetto al 2010.La macchia di leopardo, stavolta, ci ha det-to bene.Perché nella nostra provincia, invece, per gli stessi motivi, si prospetta una delle vendem-mie migliori dell’ultimo decennio. A sancir-lo è Sergio Cantoni, enologo e direttore del Consorzio Tutela Valcalepio: “Sarà una rac-colta caratterizzata da condizioni climatiche ottimali, con scarsissime piogge e un tasso di umidità davvero basso. Ciò ha consentito una perfetta matura-zione delle uve che favorirà soprattutto la produzione di vini rossi”.Come si può evincere facilmente, le stesse condizioni meteo hanno favorito qualche zona e creato problemi in altre: lo scriviamo, oltre che per dare una notizia, anche per suggerire prudenza a quanti, nello scivo-loso percorso dell’enogastronomia, sono convinti di avere il verbo in tasca.Ma non è la quantità di grappoli che, in questo mo-mento, ci sta più a cuore: è il futuro del vino di casa nostra.

Dopo aver salutato con gioia la prima vendemmia della nuova Doc “Terre del Colleoni”, facciamo un passetto a ritroso per ricordare quanto avvenuto alla fi ne del mese di giugno, all’insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione del Consorzio Tutela Valcalepio.Enrico Rota, nell’occasione, viene eletto presidente e dà così il cambio al conte Bonaventura Grumelli Pe-drocca, al quale tutti dobbiamo infi nita riconoscenza per la sua missione enoica.

Vengono fi ssate le nuove linee guida del Consorzio e qui Rota, da manager intelli-gente qual è, trasforma in punto di forza quella che a qualcuno poteva sembrare una criticità di vertice, il fatto cioè che lui rappresentasse un’azienda di distribuzio-ne e non un produttore.Il neopresidente distribuisce così incarichi nei vari settori da presidiare, sicuro che i soci, considerandolo “super partes”, si atti-vino ancor di più nel loro stesso interesse. Almeno, questo è quanto ho percepito fos-se nelle sue intenzioni. E lo si può leggere chiaramente, credo, nell’importanza che, da subito, viene data alla promozione, “anima dell’attività consortile”.All’insediamento dei nuovi vertici e del-la nuova politica da perseguire, quindi, troviamo solo tanto entusiasmo e tanta voglia di fare.È passata l’estate e abbiamo dato il tempo ai grappoli di maturare, più o meno zuccherini, più o meno disi-dratati. Anche il Consorzio sta matu-rando? Ho idea che lì i grappoli siano

ancora un po’ acerbi e mi tocca leggerlo tra le righe, nel corso di “Emozioni dal mondo, Merlot e Cabernet insieme” quando Enrico Rota picchia sul tasto dell’u-nità d’intenti tra i produttori di Valcalepio.Ohibò, non è che, invece di fare squadra (Franciacor-ta, ahinoi, docet) siamo ancora alla coltivazione del proprio orticello, alias fi lare di vite? È solo un sospetto, il nostro, fi glio di un solo indizio. Non aspettiamo gli altri due per fare una prova. Nell’interesse comune chiediamo un salto. E per avvicinare la Franciacorta, lo chiediamo lungo.

[email protected]

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Affari di Gola ottobre 2011

Scelgono i capi ancora “in culla” dagli allevatori cui ne affidano la crescita, ne studiano e curano l’alimentazione, macellano in proprio e valorizza-

no, con i loro consigli e con lavorazioni delle carni par-ticolari, tagli dimenticati del quarto anteriore e il quin-to quarto, le leggendarie frattaglie che ormai sono quasi scomparse dai menù. Gli artigiani-artisti del coltello hanno una ricetta sempre pronta da suggerire e sanno trasformare, grazie a una frollatura più lunga o ad una lavorazione ad hoc, tagli a torto considerati meno pregiati in carni dalla tenerezza sorprendente o sfidare il tempo renden-

FOCUSdi Laura Bernardi Locatelli

Tagli e "ritagli" dimenticati,la carne secondo i grandi macellai

6 Affari di Gola ottobre 2011

Per Franco Cazzamali e Sergio Motta, grazie al mestiere e alla fantasia, è possibile, nell’era di filetti, fettine, scamone e fiorentine, proporre qualcosa di diverso, dal gusto sorprendente. Come? Maneggiando sapientemente parti poco gettonate e trattandole a regola d’arte. Ecco i loro consigli

La Premiata Macelleria Cazzama-li, nel centro di Romanengo, pae-sino di un pugno d’anime in pro-vincia di Cremona, rappresenta da 25 anni un punto di riferimen-to se non una fonte d’ispirazione per gourmand, chef blasonati e per tutti gli appassionati di car-ne. Qui, nel suo piccolo regno, Franco Cazzamali, bergamasco di

origine (di Antegnate), con il pre-zioso aiuto della moglie Raffaella, ottima cuoca e dispensatrice di ricette, e dei figli Danilo e Marco, propone ogni giorno le migliori carni piemontesi, salumi leggen-dari e formaggi selezionatissimi, dalla Robiola di Roccaverano al parmigiano Vacche Rosse mille-simato. Un cartello ricorda che

fare i macellai significa proporre ciò che si macella, per cui se in negozio non si trova ciò che si cerca è semplicemente perché non lo si è macellato e a Roma-nengo Cazzamali macella dal 1° gennaio al 31 dicembre, senza sosta, per soddisfare le richieste che arrivano ogni giorno da ogni angolo d’Italia, isole comprese,

«Dal “quinto quarto” si riconosce il vero artigiano della carne»

Premiata Macelleria Cazzamali

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do più espressa la preparazione di carni che tradizio-nalmente richiedono lunghe cotture. Franco Cazzamali, macellaio cult di Romanengo, e Sergio Motta, ormai battezzato dagli amanti di gossip e dintorni “macellaio dei vip”, spiegano come con tan-to mestiere e un po’ di fantasia sia possibile, nell’era di filetti, fettine, scamone e fiorentine proporre qualcosa di diverso, dal gusto sorprendente. Perché nelle nostre cucine e in quelle di troppi ristoranti sono sempre i tagli nobili del quarto posteriore a farla da padrone. Ci vuole passione e tecnica per invertire questa ten-denza e fare in modo che non solo non si butti via nulla, ma si esaltino tagli di carne da troppo tempo relegati nel dimenticatoio. Così il macinato del quarto anteriore diventa, con l’arte certosina di Cazzamali, Giotto, cerchio perfetto di carne piemontese, orgo-glio italiano che è un delitto anche solo azzardarsi a chiamare hamburger; la coscia frollata fino a sessanta giorni da Motta diventa tenera come il filetto e ribat-tezzata bisteccone; e ancora il riscatto del diaframma, dalla “battuta al coltello del muscolo respiratorio” di Cazzamali alla “panera” (“pannicolo”) e “costello” pro-poste da Motta. Per non parlare di spezzatini e bolliti leggendari già pronti per la cottura, carni marinate al punto giusto, piccioni “pret- a- manger” con tanto di doppia ricetta, una per il risotto, l’altra per un secon-do espresso proposti da Cazzamali; senza dimenticare i super-spiedi dove per ore ed ore vengono arrostiti quarti di bue interi in un rituale quasi tribale al Risto-rante Motta e le bresaole ciclopiche realizzate con il bue. Ma il pezzo forte per un artista-macellaio sicuro di ciò che propone è la “macelleria sanguinolenta”: via libera a tartare e cruditè, da gustare “nature” senza condimenti o peggio salse e salsine.

Nella Bassa, a Inzago, paese in provincia di Mi-lano a ridosso della Martesana, la famiglia Motta ha costruito il suo successo, forte di una tradi-zione inaugurata da papà Giusep-pe che ancora oggi è una pre-senza insostitui-bile nell’attività, e portata avanti dal figlio Sergio. An-che Galdino, det-to Dino, che ha scelto gli studi e la professione di veterinario, dà il suo fondamen-tale contributo all’impresa di famiglia, attraverso una costante supervisione sanitaria e dispen-sando buoni consigli per selezionare i migliori capi. La macelleria rappresenta un punto di rife-rimento nazionale per la carne piemontese e ha contribuito alla fama di vitelloni e buoi di razza nutriti e cresciuti nell’allevamento di Moncalvo, patria del bue grasso e delle leggende legate a questo colosso di una tonnellata, protagonista in-discusso della storia e della vita rurale di cui ha scandito tempi e stagioni, che, grazie ad esempla-ri magnifici portati in esposizione, ha garantito molti premi in casa Motta. Il negozio è un indirizzo apprezzato da chef di rango, da gourmand e dai vip, tra cui il presiden-te del Consiglio Silvio Berlusconi. Anche qui, ad Inzago, in macelleria i tagli più richiesti anche dalla ristorazione sono quelli nobili del quarto posteriore, ma Sergio Motta non si stanca mai di studiare nuove lavorazioni per valorizzare i tagli che hanno meno richiesta e che possono essere esaltati dalla fantasia e dall’arte di un bravo chef: “I tagli nobili vanno ancora per la maggiore, il filetto in primis, facile e comodo per tutti i cuo-chi da cucinare - spiega Sergio Motta -. Anche la costata, la classica fiorentina, viene ancora molto richiesta dalla ristorazione, così come dai priva-ti”. L’artista del coltello, che ha scelto di valoriz-zare la qualità della carne anche nel ristorante

«Snobbate in negozio, le frattagliehanno successo nel mio ristorante»

Premiata Macelleria Motta

FOCUS

Quando Gabo e Greta m’hanno chiesto se volevo andare con loro, a inizio ottobre, da Dario Cec-

chini, il macellaio-poeta di Panzano in Chianti, non potevo più rifiutarmi, sarebbe stata la quarta volta. Il tempo l’avevo, quello che mancava era il perché fare 330 chilometri per una cena, pur trattandosi dell’ec-cellenza della carne italiana. Comincio ad assaporar-ne la risposta appena sceso dalla macchina. Passiamo davanti al ristorante, l’Officina della Bistecca dove Dante, il braccio destro di Dario, ci accoglie amiche-volmente uno ad uno (siamo in quindici) e di li a po-co ci offre un bicchiere del loro vino. I volti si disten-dono, la stanchezza lascia il posto ai sorrisi. Dante si congeda per tornare ai suoi impegni. Una volta siste-mati nei vari bed&breakfast tutt’intorno andiamo verso la macelleria dove tutto è cominciato.

Il profumo di spezie ci avvolge già ai piedi della via. Dario è, come sempre, dietro al bancone, gli occhi ac-cesi, completamente assorto mentre insaporisce la carne, quasi lo spirito di un antico macellaio si fosse impossessato di lui. Ci saluta cordialmente dandoci il benvenuto e torna alla sua carne. Sulla destra due ta-voli sono imbanditi con pane e olio, pane e burro del Chianti e salame. Uno dei suoi ragazzi si fa largo tra le persone che affollano la piccola macelleria con u-na sola occupazione: assicurarsi che tutti abbiano il bicchiere sempre colmo. Alle spalle della cassa un car-tello in legno recita:”Quello che assaggiate in questa macelleria ve lo offro in segno d’ospitalità”.L’Officina della Bistecca ha un arredamento moder-no, all’interno del quale si celebra una tradizione an-tica. La sala è dominata da un tavolo centrale per 30

di Alessandro Capozzi

Da Dario Cecchini, non una cena ma un’esperienza

LA TRASFERTA

8 Affari di Gola ottobre 2011

dal Monte Bianco a Ragusa. Le prenotazioni arri-vano da oltre un mese fino a Natale e, con un po’ di tempo d’anticipo, è possibile riuscire ad acca-parrarsi un pollo ficatum, ingrassato come usava-no gli antichi con i fichi, ed altre specialità. Per ribadire che tutto l’arco della liturgia macellare deve rispettare regole che non possono piegarsi alla legge dei grandi numeri, delle catene di smon-taggio di quarti e controfiletti, da Cazzamali si va-lorizzano tagli e ritagli dimenticati dall’impazzare

PREMIATA MACELLERIA CAZZAMALIvia Vezzoli

Romanengo (Cr)

persone, altri due da 6 formano col principale una semi corona intorno alle griglie. La preparazione del-la carne è un rito e le viene riservato il posto d’onore. Tutto è affascinante. Dante e Angelo (il braccio sini-stro di Dario) si alternano tra la cucina e le griglie, Marcello (lo spirito guida) vigila affinché i ragazzi si assicurino che tutti i commensali stiano bene e siano serviti con cura e attenzione. Questo trio non man-ca mai di passare a scambiare due chiacchiere con gli ospiti nonostante in sala si corra perché la carne va servita alla temperatura perfetta. Vi è mai capitato di andare a cena da amici che cucinano per voi e di portare il vino, non per cortesia, ma perché così pre-ferite, sapendo che chi vi invita ne è felice perché sa-pervi soddisfatti è il suo desiderio più grande? Questo è quello che succede da lui. Non s’è perso inutilmente cercando di proporre vini diversi, lui si limita a fare bene quello che sa fare. Sincera ospitalità, prodotti ec-cellenti e l’accento toscano sono il mix d’ingredienti alla base del suo successo. Se però togliete l’arreda-

mento moderno e la notorietà, quello che rimane è si la stanchezza che questo lavoro porta con sé, ma so-prattutto la felicità che prova solo chi fa un me-stiere che ama profondamente.Inutile dire c h e l a cena è s t a -t a e c -cellente: ognuno, secondo il proprio gusto, elegge tra la Costata alla Fio-rentina, la Bistecca Pan-zanese e la Bistecca Fiorentina la sua preferita anche se va comunque reso omaggio a tutto il menù.Chi volesse può trovare tutte le indi-cazioni, anche per dormire, su www.dariocecchini.com.

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moderno e la notorietà, quello che rimane è si chezza che questo lavoro porta con sé, ma so-to la felicità che prova solo chi fa un me-he ama profondamente.e dire a

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e: o, secondo il o gusto, elegge Costata alla Fio-a, la Bistecca Pan-e la Bistecca Fiorentina la sua

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che porta il nome di famiglia, a Villa Fornaci, non si stanca mai di mettere a punto lavorazioni ad hoc per valorizzare al meglio, anche in cucina, tagli tutti da scoprire, a torto considerati minori. “Ho deciso di far frollare quasi un mese in più la coscia, in modo da conferirle la tenerezza del filetto: è così che è nato il bisteccone, grazie ad una frollatura che dura per 40/60 giorni - spiega Motta -. Ho rubato alla porchetta il suo spiedo per cucinare lentamente alla brace un quarto in-tero di bue: 100-150 chili di carne vengono cotti su legno di ulivo dalle 8 alle 12 ore. Si chiama superspiedo e nasce per proporre un modo di-verso di gustare il quarto anteriore, che così ri-scuote un successo grandioso”. È così che nascono anche salumi incredibili: “Per riuscire ad ottenere più lombate ho creato dei grandi prosciutti di manzo, delle giganti bresa-

ole realizzati con il bue. È un’invenzione che, come spesso accade, nasce dalla disperazio-

ne: utilizza lo stesso principio usato per i prosciutti crudi di Parma per servire

fettine gustosissime, ideali per i piat-ti freddi o estivi”. Ricette che tutti o quasi conoscono, ma che nessu-no mangia praticamente mai, vuoi per il tempo tiranno, vuoi perché nei locali nessuno le propone più,

sono invece esaltate nel menù del Ristorante Motta, vero e proprio

tempio della carne: “Abbiamo inseri-to in menù le frattaglie: se in negozio

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della macellazione gestita in modo industriale. È così che i tagli del quarto anteriore e le frattaglie - e non a caso Cazzamali ha contribuito in modo fondamentale alla stesura de “Il libro delle fratta-glie” dedicato esclusivamente al quinto quarto - si impongono per gusto e vengono rilanciate: “Solo da questi tagli si riconosce se il macellaio macella - spiega Cazzamali -. Il quinto quarto, in particolare il fegato e le animelle, è lo specchio della salute di ogni animale”. Al giorno d’oggi i macellai devono essere sempre più degli artigiani del coltello e ri-vendicare questo ruolo attraverso una proposta in grado di soddisfare le esigenze di un mondo che va sempre più di corsa: “Dobbiamo essere sempre più artigiani. Dobbiamo creare, attraverso lavora-zioni e materie prime, dei prodotti che agevolano la vita in cucina, da quella sempre più espressa dei ristoratori alla vita frenetica di lavoratrici-mamme e casalinghe. Il petto di pollo marinato, lo spezzatino in salsa di pomodoro già pronto da cuocere con tanto di sacchetto di cottura, la testina e il cotechi -

Dario Cecchini

10 Affari di Gola ottobre 2011

FOCUS

PREMIATA MACELLERIA MOTTAvia Matteotti, 8

Inzago (Mi)

no pronti da tuffare in acqua bollente, i Giotto (medaglioni di carne piemontese da cuocere così come sono, “nature”) rappresentano solo alcune delle proposte che è possibile trovare nel mio negozio. Anche il piccione lo propongo così: la carcassa pronta per un brodo eccellente o per un risotto dal sapore eccezionale e le coscette e il petto belle che pronte da far saltare in padella”. Educare al gusto e alla qualità rientra tra i compiti del macellaio, unitamente a quello di dispensare ricette o suggerire il recupero di piatti della tradi-zione: “Bisogna mettersi sempre più a disposizio-ne del consumatore: ogni giorno mi impegno a trasmettere il valore di ogni etto di carne che ven-do e a far capire tutto il lavoro che ci sta dietro, dall’allevamento all’alimentazione, fino alla ma-cellazione”. Carni leggendarie vengono vendute in pacchetti monoporzione sottovuoto, anche da un etto o ancora meno per poter gustare al me-glio la carne, alla faccia delle confezioni famiglia già pronte al supermercato: “È un’esigenza nata per far gustare al meglio un etto di carne, senza alterarne il gusto e le caratteristiche. Solo così è possibile gustare al meglio per diversi giorni an-che la carne sanguinolenta, che resta la mia prin-cipale passione. Sono così sicuro di ciò che pro-pongo, da sapere che non c’è nulla per gustare la carne al meglio di una battuta al coltello… La co-stanza del servizio e il rispetto del consumatore sono regole che tengo sempre a mente. Oggi più che mai nel nostro settore è importante essere più artigiani e meno commercianti, proporre la massima qualità al giusto prezzo, perché la qua-lità si paga, va sempre riconosciuta all’allevatore, ed è l’unica garanzia e l’unico ideale per costrui-re il successo di ogni impresa”.

FOCUS

non vanno perché non tutti hanno voglia di cu-cinarle, riscuotono sempre un buon successo al ristorante. I piatti di quinto-quarto più richiesti sono il fegato e il rognone, mentre il cuore non gode della stessa popolarità, probabilmente è il nome a disincentivarne il consumo. Periodica-mente, a rotazione, proponiamo anche nervetti, lingua salmistrata… La guancia ormai va molto di moda, anche per la sua pezzatura, dai 4 ai 6 etti, ma per il resto le frattaglie non si trovano spesso al ristorante. Ci sono tanti tagli che me-ritano d’essere utilizzati, lo stinco ad esempio è fantastico. Inoltre ci sono tagli quasi dimenticati come il diaframma, molto ricco tra l’altro di ferro e vero e proprio toccasana per l’anemia: “pane-ra” e “costello” sono tagli da scoprire, da cucinare ai ferri o da utilizzare per un ragù succulento, come si usa in uno dei migliori ristoranti d’Italia, da“Aimo e Nadia”. Il segreto che sta alla base del-la qualità delle carni proposte è la famiglia: “Mio padre ha avuto la lungimiranza alla fine degli anni Sessanta di puntare sulla razza piemontese, con l’arrivo della bruna alpina, che in Lombardia ha finito per spopolare. La scelta di puntare su una razza antica e pregiata come la piemontese ci ha portato a costruire negli anni un rapporto privilegiato con gli allevatori. Scegliamo i vitelli più belli da piccoli, selezioniamo l’alimentazio-ne. Il vero segreto è scegliere i vitelloni il più possibile fassoni, con i muscoli più in vista di un culturista”.

11Affari di Gola ottobre 2011

I prodotti golosi e le attrezzature da cucina non mancano mai tra

le tante merceologie presenti alla Fiera Campionaria di Bergamo. L’e-sposizione, che da 33 anni a questa parte, sotto la regia della Promo-berg, raccoglie in un’unica vetrina le ultime novità delle aziende, torna al polo fi eristico di via Lunga dal 21 al 24 ottobre e dal 28 otto-bre al primo novembre. I settori legati al gusto troveranno posto nel padiglione C. Una sosta fragrante potrà essere quella allo stand dell’Aspan (n. 84-86-88-90), dove i fornai bergamaschi saranno impegnati a realizzare in diretta pane e altre golosità da forno che saranno proposte al pubblico in cambio di un’offerta a sostegno di due progetti missionari: “Un pane oltre le sbarre”, laboratorio di pani-fi cazione in una casa di accoglienza

per ex detenuti in Malawi, e il pa-nifi cio della missione di Allipalli in India. La fi era sarà anche lo scenario di due concorsi gastronomici orga-nizzati dall’Associazione cuochi bergamaschi. Sabato 29 ottobre sa-ranno giudicati i piatti del concorso regionale dedicato agli allievi delle scuole alberghiere, intitolato ad Alfredo Sonzogni, che quest’anno ha per tema “I prodotti del tagliere Bergamo Città dei Mille... Sapori”. Il giorno successivo sarà la volta degli chef professionisti (più il vin-citore del trofeo Sonzogni) che si sfi deranno nel concorso a caldo in memoria di Fiorenzo Baroni. Ai for-nelli a gruppi di tre, i partecipanti si dovranno cimentare anch’essi con i prodotti tradizionali riconosciuti dal marchio della Camera di Com-mercio, ma proposti a sorpresa in

un “paniere misterioso” sorteggiato all’inizio della gara. I concorrenti avranno un’ora a disposizione per creare la ricetta partendo dagli in-gredienti dati e per realizzarla. L’ingresso alla fi era è gratuito.

Assaggi e concorsi, anche il gusto è di scena alla Fiera Campionaria

La montagna e il lago possono essere meta di inte-ressanti escursioni anche in autunno. E con i pri-

mi freddi sedersi a tavola diventa forse un momento ancor più confortante e ristoratore. Ad invogliare ad una visita tra i suggestivi scenari che la Bergamasca offre in questo periodo, o semplicemente ad una serata diversa, ci sono due rassegne gastronomiche. Nei comuni del distretto del commercio Alta Valle Seriana, che fa capo a Clusone, sono partite le “Pro-mozioni di ottobre” che sino a fine mese propongo-no, in 15 ristoranti, menù a base di prodotti tipici e di stagione ad un prezzo fisso compreso tra i 20 e 25 euro, vini esclusi. Queste le insegne aderenti: Da Bono e La Cantoniera a Piario; Vecchio Mulino a Rovetta; Break Cafè a Cerete; Hotel Ristorante Ambra, Il Mascherone, La Brasca, La Bussola, La Taverna del Ghiottone e Trattoria dei Porti-ci a Clusone; Ristorante Albergo Centrale a Fino del Monte; Agriturismo Fattoria della Felicità a Onore; Belvedere, Il Moro e Miravalle a Parre. (La locandina con i menù può essere scaricata dal sito www.commerciovalserianaclusone.it)

Nell’Alto Sebino è invece in programma fino al 18 dicembre la seconda edizione di “Autunno in Colli-na” che dà la possibilità di gustare menù a chilome-tro zero in sei locali. A prezzi dai 20 a 40 euro, vini compresi, si possono scegliere proposte che vanno dai classici della cucina nostrana di terra (salame, funghi, castagne e coniglio su tutti) alle portate a base di pesce di lago (antipasti, ragù, risotti fino alle specialità essiccate). Partecipano i ristoranti Bellavi-sta, Al Guelfo Negher, Miranda, Poggio d’Oro e Trenta Passi di Riva di Solto e Panoramico di Fon-teno, mentre la Caffetteria del Centro di Fonteno e il wine bar Tre Corone di Riva di Solto propon-gono nei fine settimana apertivi a base di prodotti tipici. Eventi speciali sono organizzati domenica 30 ottobre (uno spettacolo di cabaret storico-gastrono-mico sull’Unità d’Italia, a Fonteno), venerdì 4 novem-bre (“La focaccia è servita...” al ristorante Al Guelfo Negher) e sabato 19 novembre (“Formaggio a nozze con miele” al ristorante Poggio d’Oro). Il pieghevole è consultabile sul sito www.rivadisolto.org

I sapori dell’autunno celebrati in due rassegne

Sei mesi fa, a soli 25 anni di età, Lorenzo Cogo ha inaugurato il ristorante “el Coq” a Marano

Vicentino. La critica ha già acceso i rifl ettori su questo ragazzo, salutato come la nuova promessa della risto-razione italiana. Con un curriculum d’eccezione, Cogo ha quindi deciso di mettersi in pro-prio. In questi anni, ha collezionato im-portanti esperienze a l l ’ e s t e ro n e l l e mig l io r i cuc ine del mondo: grazie allo chef Renato Rizzardi della stella “Locanda di Piero” di Montecchio, è volato a Melbourne da Shannon Bennet per poi approdare a Sidney da Mark Best e infi ne da Heston Blumenthal. Al la

corte di Seiji Yamamoto ha appreso i segreti della cucina nipponica per poi tornare nella Vecchia Europa ad Axpe, nei Paesi Baschi, da Victor Ar-guinzoniz chef-patron di Etxtebarrì, per un’esperienza che ha segnato profondamente il suo cammino. Si è poi trasferito a Singapore, di nuovo a Tokyo e ancora a Etxtebarrì prima di volare in Danimarca al Noma, il miglior ristorante del mondo secon-do la Guida San Pellegrino.In questi anni si è confrontato con diverse fi losofi e di cucina, dalla molecolare alla giappone-se, dall’australiana alla danese, esaltate da grandi maestri. Qua-le incontro ha lasciato il segno?“Delle esperienze collezionate all’estero, tutte importanti, lavorare fi anco a fi anco con Victor Arguin-zoniz mi ha dato tantissimo: è un uomo eccezionale, che considero

quasi come un padre. La sua non è una cucina nata per stupire, ma è una cucina in cui si riconosce la passione di chi l’ha ideata. Non una cucina che desta stupore, ma che fa bene all’anima. Era quello di cui avevo bisogno dopo l’esperienza della cucina molecolare. Dal Giap-pone ho imparato molto: l’incontro con Seiji Yamamoto mi ha insegnato l’importanza della materia prima e il rispetto che va tributato ad essa e alla tecnica con cui si lavora, oltre ad un modo di affrontare con rigore ed amore questo mestiere”.Quando nasce la sua passione per la cucina, inseguita poi con le valigie sempre in mano in giro per il mondo?“Rappresento la terza generazione di ristoratori ed ho iniziato presto a dare una mano in cucina. Ma il mio interesse e la passione per questo

Trasferta a “el Coq”, alla scoperta di un cuoco sul quale la critica ha già acceso i rifl ettori. “Il futuro per me sta nella ricerca, ma senza uscire dai binari della tradizione”

Cogo, lo chef emergente che ama la cucina istintiva

12 Affari di Gola ottobre 2011

ACCADEMIA DEL GUSTOdi Laura Bernardi Locatelli

CONVIVIUM DI STELLE

Il 16 novembre tappa a Marano VicentinoIl primo appuntamento del "Convi-vium di stelle" premia la giovane pro-messa della ristorazione italiana Lo-renzo Cogo. Il pranzo degustativo a Marano Vicentino, a “El Coq”, è in pro-gramma mercoledì 16 novembre, con partenza dall’Accademia del Gusto con autobus privato alle 10.30. Il se-minario, rivolto ai professionisti della ristorazione, andrà alla scoperta di un ristorante che critica ed esperti ten-gono già d’occhio a pochi mesi dalla sua inaugurazione.tel. 035 4185706; [email protected]

lavoro sono cresciute nel tempo. In questi anni ho sempre seguito sti-moli nuovi, cercando qualcosa che giustifi casse le 16-18 ore al giorno passate dietro ai fornelli. A farmi partire e lasciare per anni un Paese di cui sono innamorato sono state una serie di circostanze fortuite, così come a farmi tornare è stato ancora in un certo senso il destino: il desiderio di fuggire per un po’ quando sono partito era per me un’esigenza in quel periodo”.È stato definito il rappresen-tante della cucina italiana del futuro. Che immagine ha della cucina che verrà? Qual è la sua fi losofi a in cucina?“Il futuro per me sta nella ricerca, ma senza uscire dai binari della tradizione. La mia è una cucina che

amo defi nire istintiva, che non fa capo a nessun movimento, che non vuole portarsi appresso etichette e defi nizioni. Credo che ogni piat-to debba esaltare l’equilibrio dei sapori e sono convinto che solo attraverso una cucina riconoscibile, diretta e semplice si possa raggiun-gere tutti, dal bambino al gourmand. È fondamentale che ogni mio ospite capisca che cosa sta mangiando… Una cucina riconoscibile, quindi, senza dubbio pensata e tecnica, ma senza forzature. Impiego al massimo 4- 6 ingredienti per non accumulare e concentrare il piatto in uno spazio determinato, per favo-rirne la degustazione”. Qual è il suo rapporto con la tradizione?“La tradizione per me è un “totem”

da non toccare: non la dimentico mai e non si può prescindere da essa, ma non ho scelto di proporre piatti tradizionali nel mio risto-rante. Ci pensano i miei genitori a renderle omaggio con una cucina tradizionale e legata al territorio nel loro ristorante. Io mi impegno a cercare ingredienti che si stanno dimenticando, come la portulaca, la pastinaca, per citarne alcuni, che appartengono alla nostra tradizione e meritano di essere riscoperti”. Dove nasce la voglia, ma anche il coraggio, di mettersi in pro-prio a 25 anni?“Il percorso di uno chef è molto lungo e la gavetta è fondamentale, ma bisogna porsi degli obiettivi. Senza dubbio per importi serve la precisione. Insegna a lavorare in team ed è importante per un percorso formativo. Ma per espri-mersi veramente al meglio bisogna rischiare, mettersi in gioco in prima persona ed investire su se stessi. Lavorare da soli per me signifi ca costruire qualcosa, anche se certo non è semplice. All’estero è più fa-cile: ho moltissimi amici che dopo aver aperto un piccolo ristorante sono riusciti a farsi un nome ed ora guidano grandi ristoranti. Però io amo la mia terra e da qui ho deciso di partire”.In Italia insomma è tutto più diffi cile…“Sarebbe bello che i grandi chef prendessero sotto la loro ala un gio-vane, così come accade in altri am-biti: nelle sfi late di moda un giovane stilista mostra in passerella la pro-pria collezione prima delle grandi maison, nei concerti sono le band emergenti ad intrattenere il pub-blico prima dell’ingresso sul palco di pop star e artisti affermati… In Italia guardiamo poco ciò che acca-de fuori dal nostro Paese e non c’è un vero e proprio dibattito; se c’è tende ad arrovellarsi su se stesso e accade che spesso ci si addormenti sugli allori. La nostra immagine all’estero non è delle migliori: come ha detto senza mezzi termini More-no Cedroni, siamo conosciuti per la tovaglia a quadretti, la pizza e la pa-sta, ma per il resto siamo snobbati”.

13Affari di Gola ottobre 2011

SAPORIdi Riccardo Lagorio

Le uova di pesce regalano sensazioni uniche al palato, che siano di trota, di storione (caviale), di muggine o tonno (bottarga). Ecco una piccolaguida e qualche locale dove togliersi lo sfizio

Perle di bontà

14 Affari di Gola ottobre 2011

I l piacere e la raffi natezza a tavola trovano nelle uova di pesce uno dei momenti più alti. Cosa vi è infatti di più prezioso e affascinante di una porta-

ta di caviale? Ne sapeva qualcosa la casa reale persiana dei Pahlavi, regnante prima dell’avvento della teocra-zia islamica nel febbraio 1979. In un documento reso pubblico presso il Museo di Niavaran, a Teheran, da-tato 24 ottobre 1967, riportante i piatti preparati dal drappello di cuochi di corte per la cena, spicca come prima portata, accanto all’insalata alla Ordov (fatta di pomodori, funghi, olive e sedano), il caviale di Rudbar, provincia che dà sul Mar Caspio e tra i principali cen-tri di diffusione del prelibato prodotto. Del resto l’Iran è, allora come ora, il maggiore produttore mondiale di caviale da storioni allo stato brado. Lo rende prezioso la rarità: bisogna infatti attendere la completa maturità sessuale degli esemplari femmina, che avviene intor-no ai 15 anni di età, perché l’ovario presenti elementi d’interesse commerciale. E ciò avviene solo nel periodo tra fi ne settembre e fi ne gennaio. In natura circa il 75% dei capi pescati non presenta le ca-ratteristiche necessarie

ad ottenere il caviale e la pesca di frodo, ben più am-pia di quella uffi ciale, è una delle ragioni alla base del declino vertiginoso del numero di storioni. Tra le varietà disponibili sul mercato, il caviale Beluga è quello più costoso (con quotazioni intorno ai 4.600 euro al kg) per il suo gusto straordinariamente dolce e burroso e per la dimensione e colore delle uova, gran-di sino a 3 mm di diametro e dal colore grigio perla e grigio scuro. Il caviale Oscietra ha gusto complesso, vagamente di nocciola, dai rifl essi di colore bruno scuro e la sua grana ha dimensioni medie. Di gusto intenso e aromatico è il Sevruga, dal colore tra il gri-gio chiaro ed il grigio antracite, che si caratterizza per uova di piccole dimensioni. Non le più piccole: spetta infatti al caviale Starlet, pressoché scomparso, questo primato. Uova chiare e tutte di uguale dimensione, un miracolo della natura dal gusto delicato e di frutta secca. Per rispondere alle necessità di tracciabilità ed igieni-cità del caviale, nonché per scongiurare l’estinzione dello storione, affl itto da dissennate catture e inquina-mento delle acque, in Italia esiste il più grande centro al mondo di storione in cattività.

pgennaio. In natura circa il 75% dei capi pescati presenta le ca-

eristiche essarie

Il caviale

Le uova di trota

15Affari di Gola ottobre 2011

IL CAVIALE ITALIANONella bassa bresciana, a Calvisano, zona ricca di acque sorgive, dagli anni Ottanta Agroittica alleva alcune delle varietà più pregiate di storione in vasche sotto costante osservazione sanitaria. Gli esemplari ven-gono monitorati sin dalla nascita con microchip che permettono di conoscere quali sono gli animali da cui poter trarre le uova, evitando in questo modo inutili sacrifi ci, e solo nel momento più adatto. La garanzia di un prodotto diffi cilmente eguagliabile ha permesso all’azienda di Calvisano di volare alto. Le migliori com-pagnie aeree offrono infatti ai loro clienti fi rst class caviale italiano, di cui se ne producono ormai 24 ton-nellate l’anno, addirittura un terzo della produzione dell’intera Russia, fornendo peraltro un’opportunità in più alla ristorazione tricolore.

Molti importanti locali utilizzano infatti per i loro piatti più suggestivi il caviale di Calvisano. Come la mousse di stoccafi sso e caviale del Ristorante Gam-bero, proprio a Calvisano, dove l’incessante rincor-rersi di gusti e consistenze, diversi ed apparentemen-te inconciliabili, è sorprendente. O come il risotto allo Champagne con fi ori di zucca e caviale dell’elegante ristorante Don Carlos nel centro di Milano, prezioso sotto il profi lo cromatico ancora prima che gustativo.

LA BOTTARGADi uova di pesce lavorate in maniera del tutto singola-re è invece la bottarga. La sacca ovarica di muggine o tonno dopo essere stata estratta, viene accuratamente pulita, salata, pressata e stagionata per un periodo variabile tra 4 e 6 mesi. Si presenta come se fosse un vero e proprio insaccato, dal colore nocciola dorato nel caso si tratti di uova di tonno, ambra se le uova provengono dalla muggine. Per la cattura si sfrutta la naturale migrazione del pesce dal mare alla laguna: ciò consente la cattura nel momento ottimale della maturazione delle sacche ovariche, che avviene in agosto. Che sia di muggine o di tonno la consistenza fi nale della bottarga deve essere tale da permettere di affettare il prodotto, che può trovarsi anche sbri-ciolato in polvere, pronto magari per condire, non senza un fi lo d’olio extravergine d’oliva, un piatto di spaghetti al dente. Patria della bottarga di muggine in Italia sono Cabras, in provincia d’Oristano, e Orbetel-lo nel Grossetano; la bottarga di tonno è invece tutta isolana: Favignana in Sicilia e Carloforte in Sardegna. Anche la bottarga è considerata un prodotto pregiato, tanto che nell’antichità veniva utilizzata come pre-ziosa merce di scambio, specie grazie alla sua lunga conservabilità dovuta alla salatura.

Non per nulla nel bistellato ristorante Sadler di Mi-lano uno dei piatti più caratteristici sono gli spaghetti trafi lati in oro con dadini di tonno, scorzetta di limone e bottarga grattugiata.

LE UOVA DI TROTAMa anche dalla trota si ottengono ottime uova, che si presentano di colore arancione, media e grande dimensione. In uno dei pochi centri esistenti in Italia dove si ottiene il nobile alimento, a Zuclo in Trentino, le trote vengono spremute, lavate e conservate con sale dolce e zucchero di canna a temperatura control-lata. La trota inizia a produrre uova dal secondo anno di vita sino al quinto e con il passare del tempo la dimensione del singolo uovo cresce. Straordinarie per gusto ma soprattutto per croccantezza, distinguendo-si in questo da quelle di salmone che hanno una con-sistenza gelatinosa, sono ideali per la preparazione di crostini o il condimento di primi piatti.

Irresistibile a tale riguardo la proposta di Enrico Gerli de I Castagni di Vigevano: girandola di pasta al pomodoro ripiena di crema di zucchine, barba dei frati, uova di trota e sugo di gamberi di fi ume.

La bottarga

APPUNTAMENTI

16 Affari di Gola ottobre 2011

Appuntamenti a tavola o manifestazioni di più ampio respiro. Sono nu-merose le iniziative d’autunno promosse da Slow Food. La Condotta Valli Orobiche lunedì 7 novembre alle 19.30 organizza un incontro/ce-

na con i casari dei Presìdi orobici e con gli allevatori della razza piemontese alla Trattoria Dentella di Bracca, premiata a Che-

ese come Locale del Buon Formaggio. Sarà presente tra gli altri Angelo Santinelli, allevatore di vacca piemon-

tese del Presìdio in terra bergamasca, che racconterà la sua esperienza soffer-

mandosi in particolare sul benessere ani-male e sull’alimentazione in riferimento al

disciplinare di Slow Food. Tutti i Presìdi lombardi saranno invece ospi-

ti all’interno di piccolo “Mercato della Terra” nel corso della seconda edizione di Adda’s Wine, dome-

nica 20 novembre: un viaggio tra le produzioni vinicole che si susseguono lungo il fiume ad opera di 15 vignaioli selezionati, con i finger food degli chef dell’Alleanza ad accompagnare le degusta-zioni. Dal 21 al 27 novembre toccherà alla “Settimana del castrato orobico” promossa da Slow Food Lombardia in collaborazione con le Condotte locali, mentre dal 29 prenderà il via in varie location della Bergamasca “(P)assaggi di cinema”, rassegna su cinema e alimentazione, valori ter-ritoriali, agricoltura e sviluppo con assaggi e approfondimenti. Tra gli appuntamenti di dicembre, organizzati dalla Condotta Valli Orobiche, da segnalare giovedì 8 la camminata gastronomica all’agriturismo Pra-ti Parini di Sedrina nell’ambito di Terra Madre Day, per gustare, come vuole la manifestazione, un Cibo Quotidiano della Tradizione, ovvero la “polenta consa(da)”, con burro e panna di produzione familiare; e gio-vedì 15 una serata di solidarietà per finanziare il progetto “100 vigne per 1.000 orti in Africa”: al ristorante Sorsi & Bocconi di Albino saranno messi in vendita i Vini della Condotta ed una serie di altre grandi botti-glie di annate prestigiose. www.slowfoodvalliorobiche.it

La passeggiata del sabato pomeriggio in centro città può diventare più ghiotta approfittando della nuova proposta della Pasticceria Salvi. Lo storico locale di via Tasso ha predisposto da qui al 10 dicembre un ca-lendario di appuntamenti a tema - dal titolo i “Sabato di Goloseria” - con una speciale offerta che invita a gustare di volta in volta prodotti diver-si. Si comincia il 22 ottobre con il cremino “Fiat” Majani, per proseguire il 29 con la cioccolata calda con panna, il 5 novembre con le castagne, il 12 con le nocciole, il 19 con la giornata della Sacher e il 26 con l’arrivo del panettone. Il 3 dicembre sarà la volta delle meringhe con panna e il 10 di “Santa Lucia prima passa da noi” che offrirà un dolce pensiero ad ogni bimbo in attesa della notte dei doni. Tel. 035 243623

Cibo e territorio, le proposte d’autunno di Slow Food

Da Salvi la sosta è più golosaFINO A DICEMBRE I SABATI "SPECIALI"

5 E 6 NOVEMBRE

Whisky, duemila etichette in degustazione a MilanoIl Milano Whisky Festival na-sce dalla passione di due ami-ci che, durante una vacanza in Scozia, «decidono di impegnar-si per far conoscere le emozio-ni uniche regalate da un sorso di single malt Scotch whisky». Ancora una volta – i prossimi 5 e 6 novembre all’hotel Marriott in via Washington – sarà possi-bile assaporare 500 anni di sto-ria incontrando i prodotti delle distillerie delle Highlands e le persone che vi lavorano. Sono oltre 2.000 le etichette in de-gustazione, ma sarà anche pos-sibile acquistare una bottiglia da “meditazione”, una mignon da collezione o altri prodotti scozzesi come salmone e mar-mellate, partecipare alle degu-stazioni guidate e provare ac-costamenti di whisky a formag-gi o cioccolato. Quest’anno si potranno degustare anche sin-gle malt provenienti dalle più varie parti del mondo (Breta-gna, Repubblica Ceca, Galles, Giappone, India e Tasmania), in una degustazione guidata in programma il sabato. L’ingres-so costa 7 euro e comprende il bicchiere, un gettone per una degustazione e la Guida al Whi-sky by Milano Whisky Festival. www.whiskyfestival.it

merose le iniziative d autunno pValli Orobiche lunedì 7 novembr

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nica 20 novembre

17Affari di Gola ottobre 2011

Approda nelle suggestive Casematte delle mura l’edizio-ne 2011 di “BuonGusto”, mostra mercato di prodotti e-nogastronomici organizzata dal 29 ottobre all’1 novem-bre da Pizzighettone Fiere dell’Adda col patrocinio del Comune di Pizzighettone e della Provincia di Cremona. Un circuito espositivo al coperto delle Casematte (anti-chi ambienti a volta di botte all’interno delle mura) farà scoprire artigiani, consorzi di tutela, produttori, aziende agricole e vitivinicole e commercianti specializzati pro-venienti da tutta Italia ed offrirà la possibilità di assaggia-re ed acquistare le loro proposte. La rassegna, ad ingresso

gratuito, si svolge in contem-poranea con la 19esma edi-zione di “Fasulin de l’òc cun le cudeghe”, degustazione del piatto locale tipico della solennità dei defunti e di al-tre specialità della zona, or-ganizzata dai volontari all’in-

terno delle antiche mura che, riscaldate da grandi camini d’epoca, si trasformano per l’occasione in una grande o-steria d’antan che richiama ogni anno migliaia di buon-gustai. Per la preparazione della ricetta si utilizzano gli ingredienti e le dosi tramandate: cotenne morbide di ma-iale, salamelle di pasta fresca, carni di manzo e di maiale, verdure di stagione, olio d'oliva e brodo di carne. Come dolce viene servita in esclusiva per la festa la “Torta dei Morti”, a base di farina bianca e gialla, mandorle tritate, burro, strutto, uova e zucchero. www.pizzighettone.it

Pizzighettone, mercato e cena nelle antiche mura

DAL 29 OTTOBRE AL PRIMO NOVEMBRE

DAL 4 AL 7 NOVEMBRE

Merano, per i vent’anni del Wine Festivalsi stappano le vecchie annateTaglia il traguardo dei vent’anni il Merano Wine Festival e conferma la mission per cui è nato, ov-vero mettere in luce il meglio della produzione enologica italiana e mondiale. Anche in questa e-dizione - in programma dal 4 al 7 novembre - sui banchi d’assaggio allestiti nelle sale della storica Kurhaus, le aziende vitivinicole potranno proporre unicamente i vini che hanno superato le ri-gide selezioni della Commissione di degustazione del Festival e il giudizio finale del Presiden-te Helmuth Köcher. Le degustazione sono durate tre mesi ed hanno stabilito l’ammissione dei prodotti di sole 290 aziende italiane (altre 362 sono state escluse) provenienti da tutte le regio-ni. A queste si aggiungono 30 produttori selezionati in qualità di new entry, presenti nella giornata di lunedì 7. In totale si potranno degustare 700 vini italiani, ai quali si affiancano, vista la vocazione internazionale dell’evento, le bottiglie di 150 super-selezionati produttori stranieri dalle più note aree vitivinicole. Tra i momenti salienti, la premiazione delle sette aziende presenti ininterrottamente dal 1992 ad oggi e la possibilità di degustare i vini di vecchie annate, anche oltre i dieci anni, che i produttori proporranno ai banchi d’assaggio (un’occasione unica offerta solo lunedì 7). Oltre alla sezione “Wine”, ci sono quelle dei vini biodinamici, delle specialità gastro-nomiche artigianali, dei distillati, dei birrifici, dei “Wine Resorts”, senza dimenticare lo spazio dedicato agli show culinari. www.meranowinefestival.com

al

r cui è nato, ov-che in questa e-ale della storica superato le ri-el Presiden-

missione dei utte le regio-

enti nella giornata ista la vocazione internazionale aree vitivinicole. Tra i momenti

Oltre 24 tonnellate di torrone venduto, più di 50 iniziative culturali e di intrattenimento, oltre 100.000 presenze: sono i numeri della passata edi-zione di “Torrone & Tor-roni”, la festa che Cre-mona dedica al suo dol-ce tradizionale. Il nuovo appuntamento sarà nel fine settimana dal 18 al 20 novembre e - accanto all’a-rea commerciale che vede in piazza Stradivari esposi-tori di torrone e dolci e nel Cortile Federico II quelli di prodotti tipici cremonesi - propone ancora moltis-sime iniziative per tutti e per tutti i gusti. Tema di quest’anno è il viaggio, sul quale si sviluppa-no giochi, momenti di intrattenimento, laboratori per i bambini, appuntamenti culturali ed enogastronomi-ci, tra cui si segnala la possibilità di salire a bordo del-la storica motonave Stradivari, che in occasione della Festa rientrerà a Cremona lungo le acque del Po e pro-porrà golose degustazioni a base di torrone. Imman-cabile anche la consegna del premio “Torrone d’oro”, quest’anno assegnato calciatore Gianluca Vialli, cre-monese doc. www.festadeltorronecremona.it

A Cremonail torrone

dà spettacolo

DAL 18 AL 20 NOVEMBRE

18 Affari di Gola ottobre 2011

A Oltre il Colle, il locale guidato da Paolo e Renata Maurizio continua nel solco della tradizione,proponendo ricette del territorio che si tramandano da generazioni. E a fi ne pasto è pronta la cartolina da spedire

C’è un pezzetto di storia di Oltre il Colle scritta nelle vicende dell’Osteria del Drago (come si chiamava un tempo). Una storia che sconfi na

nella leggenda e che affonda nelle acque gorgoglianti di una fonte - del Drago, appunto - che per qualche tempo, verso fi ne Ottocento, fece la fortuna di Oltre il Colle, sal-vo scoprire che le acque del Drago, come in certe fi abe, nascondevano un’insidia, essendo troppo mineralizzate e perciò meno salubri di quanto si credesse. Una storia che parla di un angolo di valle, dove «abbondano i latticini per il grande numero di mandrie che pascolano nei vicini monti» (testimonianza del 1874), e di una «osteria del Drago» di recente costruzione, che «tiene alloggi, buona cucina e servizio e vi ha un uffi cio postale». Testimonian-za che torna nelle parole dell’architetto Luigi Angelini, prestigioso ospite dell’osteria dal 1936 al 1938 durante la ristrutturazione della chiesa di San Bartolomeo, che alla insegna del Drago alato a 7 teste, ancor oggi simbolo del locale, dedica un’affascinata descrizione. Una storia, non solo sancita dall’assegnazione all’Anti-co Ristorante Drago dell’attesta-to di Locale Storico della Regione Lombardia nel 2005, ma che troviamo scritta nei piatti del Dra-go, frutto di un fi lo ininterrotto tra quattro generazioni. Che dal fondatore, Gerolamo Maurizio, passa per via paterna per arrivare a Paolo e Renata Maurizio, attuali gestori. Piatti che portano la fi r-ma del Drago nonostante il suo-no li accomuni ai soliti noti della tradizione bergamasca, brasato con polenta, casoncelli, tagliatel-le al sugo di lepre o con porcini, polenta taragna, costine di maiale con le verze.

Ma sono piatti che dicono con le stesse parole cose di-verse. Il brasato, per esempio, ha accorciato la marinatura di qualche sillaba, il sugo di lepre ha rafforzato linguali e dentali della frollatura, i casoncelli han subito un’inquisi-zione di uvetta e di ogni fonte di tentazione zuccherina. «Tutte le nostre ricette sono state tramandate oralmente da una generazione all’altra, senza apportare modifi che – racconta Paolo -. Per il brasato, per esempio, utilizziamo il cappello del prete, ma non lo facciamo marinare nel vino come si fa in genere, perché prenderebbe troppo sapore. Il vino lo mettiamo alla fi ne, dopo aver rosolato la carne in padella con il lardo. Così il sapore resta più delicato e la carne più digeribile».Discorso opposto per il sugo di lepre. «Facciamo frollare per 3 o 4 giorni la lepre conservando cuore, polmoni e reni, che, tritati fi nemente dopo una cottura di tre ore, andranno ad arricchire le tagliatelle al sugo di lepre». Un gusto ardito, non per tutti i palati. «Sapori che molti nostri

clienti apprezzano e cercano, perché ormai quasi scomparsi». Quasi penitenziali invece, i ca-soncelli, con ripieno di solo bra-sato, uova e formaggio, conditi con burro d’alpeggio e salvia «è la sola ricetta che ci è stata tra-mandata», precisa Paolo. Ma vuol dire che c’è tutto quello che ser-ve, se ancora funziona dopo 140 anni. Tutt’altra combinazione di sapori, all’insegna dell’agrodolce, il risotto con pere e strachitunt, una delizia da non perdere, così come il morbido e sapido risotto ai porcini.E poi c’è tutto il corredo di pro-dotti dell’alta valle, mascherpe, salami, lardo, caprini, formaggelle profumate degli alpeggi del Bran-

“Drago”, l’antico ristorante che non teme lo scorrere del tempo

IL RISTORANTEdi Lelia Parisi

19Affari di Gola ottobre 2011

chino, senza i quali la tavola del Drago non sarebbe la stessa. «Ci riforniamo dai nostri cugini di Zorzo-ne, titolari dell’azienda Tiraboschi, che hanno muc-che e maiali, oppure localmente, per quasi tutto il nostro fabbisogno di materie prime - ammette Paolo -. Solo il prosciutto di cervo, servito con bacche di ginepro pestate nel mortaio, proviene dalla Valtellina. Anche la cacciagione, soprattutto lepre e capriolo, cucinato in bocconcini arrostiti con bacche di ginepro e cannella, ce la procurano i cacciatori dell’alta valle. E ogni tanto ci arriva pure il tartufo nero di Zorzone e Val Parina che affettia-mo sul risotto».Tra i dessert, crostate di frutta fresca fatte in casa, ce n’è uno che Paolo cita con una certa commozio-ne: «Un tempo, quando non c’era altro, si facevano bollire le castagne addolcendole con panna e un poco di liquore. È per questo che ancora oggi ab-biamo a menù le castagne peste bollite servite con grand marnier e panna montata». Come chicca finale, in chiusura troverete sul tavolo una cartolina del Drago già affrancata da spedire a chi volete. Una tradizione lunga100 anni, che nell’era di internet fa un po’sorridere. Ma che eppur funziona. Un pasto completo alla carta si degusta a 30-35 euro, vini esclusi.

AMBIENTE 7/10Il locale, gestito dal 1870 dalla famiglia Maurizio, è stato com-pletamente ricostruito per problemi strutturali nel 1996. Lo stes-so Comune ha sovrinteso ai lavori di ristrutturazione per salva-guardare l’identità storica del locale. Tutti i pezzi antichi, porte, fi nestre, camino, sono stati smontati e rimontati nella posizione originale. Gli interni ricreano le atmosfere di fi ne secolo XIX, con le loro stampe antiche, arredi originali del ‘700 e ‘800, pareti dis-seminate di vecchi attrezzi da lavoro e da miniera, la suggestiva batteria di 95 pezzi in rame appesi nella Sala del camino. Tre le salette, per un totale di 70 coperti.

CUCINA 18/30Tipica dell’alta Val Brembana, e quindi esclusivamente di terra, dai sapori pieni e decisi, anche grazie all’uso di materie prime locali (sono 30 le aziende agricole presenti a Oltre il Colle, un record per la valle). Una cucina ad andamento stagionale, come precisa Paolo Maurizio, che ha scelto di fare della tradizione il punto di forza della sua proposta, mantenendosi fedele alle vecchie ricette di famiglia anche se in qualche caso possono non incontrare il gusto moderno. Ai fornelli c’è Renata, sorella di Paolo, mentre la mamma, una fi bra solida del 1925, interviene tuttora in cucina.

CANTINA 9/20La lista dei vini spazia, con una quantità congrua di etichette, considerata l’impostazione a senso unico del menù, in tutte le regioni italiane, con particolare attenzione alla Lombardia (Valca-lepio, Valtellina e Oltrepò) e Trentino. Presente anche una piccola selezione di bollicine e bianchi fermi.Come vino della casa, il Drago propone il Monzio Compagnoni, anche al bicchiere. Buoni i ricarichi.

COMPETENZA 7/10Ricette e tecniche collaudate in un periodo così lungo sono cer-tamente una garanzia per il cliente. A ciò si aggiunge la mano sicura di Renata e della mamma, depositaria di un patrimonio di ricette di prima mano. «Abbiamo clienti che ci seguono da 50 anni, quando al timone c’era ancora la terza generazione, e che tornano qui perché ritrovano immutati i sapori - racconta Paolo -. Nulla è cambiato, le stesse tecniche di cottura dei piatti, gli stessi tagli di carne, c’è ancora la vecchia stufa a legna in cucina, non abbiamo neanche la friggitrice».

SERVIZIO 8/10In sala Paolo con la moglie Maria Luisa svolgono il servizio ai tavoli in modo effi ciente e veloce, dando consigli e personaliz-zando gli antipasti, se richiesto.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO 9/10Buon rapporto qualità/prezzo. Presenti anche due menù della Tradizione, comprensivi di vino (Monzio Compagnoni): a 25 euro il menù completo (lardo alle erbe, casoncelli, brasato e polen-ta, dessert); a 15 euro il menù a una portata (brasato e polenta, dessert). Buona l’idea di mettere in carta i singoli formaggi (tutti della valle), dando la possibilità di costruirsi il piatto come si de-sidera.

p.s.

IL GIUDIZIO

ANTICO RISTORANTE DRAGOvia Roma, 520Oltre il Colle

tel. 0345 95006chiuso il martedì

20 Affari di Gola ottobre 2011

Aperitivo e dintorniIl corso “Tapas e finger food” in programma il 2 novem-bre, dalle 14 alle 18, con lo chef Francesco Gotti, offre u-na serie di ricette sfiziose per portare innovazione in ogni locale, con stuzzicanti bocconcini particolarmente adatti sia per l’aperitivo che per gli happy hour.

Degustazione, il mondo dei formaggiIl corso, tenuto da Giulio Signorelli nei mercoledì dal 2 al 16 novembre, è articolato in tre incontri, dalle 20 alle 22.30, e fa conoscere e apprezzare le caratteristiche orga-nolettiche ed alimentari dei migliori formaggi italiani. Un “viaggio sul tagliere” a tutto tondo.

Bar & WineIl corso “Le nuove tipologie del bere moderno”- a cu-ra di Sergio Moro e in programma il 9 e 10 novembre dal-le 15 alle 17- è rivolto ai professionisti del settore pronti a cogliere la tendenza di nuovi cocktail, realizzati con tecni-che che fondono la moderna miscelazione con strumenti e procedimenti tipici della cucina molecolare.

Vorrei fare il pizzaioloIl corso, articolato in 13 incontri in programma dal 3 no-vembre al 22 novembre, consente di avvicinarsi alla pro-fessione di pizzaiolo e di scoprire le tecniche del mestiere attraverso nozioni pratiche e teoriche relative a strumenti, tipologie di farina, metodi di impasto e cottura, ricette per i condimenti e consigli per la presentazione. È condotto da Tiziano Casillo e fornisce tutti gli strumenti utili per tra-sformare una passione in professione.

Dolci d’autoreIl maestro pasticcere Maurizio Santin sale in cattedra - il 7 e l’8 novembre dalle 14.30 alle 18.30 - con il corso “Nuovi dessert al ristorante” ideato per gli chef che intendono rinnovare la propria proposta e presentare un dessert al piatto che sia frutto di un processo di costruzio-ne fondato sulla conoscenza e sulla filosofia del proprio ristorante. Per concludere il pasto emozionando, senza in-terrompere il dialogo tra cliente e cucina che si stabilisce fin dal primo assaggio.

Il sottovuoto come tecnica di cotturaIl sottovuoto diventa sempre più spesso la scelta ottimale per la cottura a bassa temperatura di pesce, carne e frutta. Non solo tecnica di conservazione, ma metodo di prepa-razione e aromatizzazione del prodotto. Il seminario, pre-sentato dallo chef Fabrizio Ferrari – in calendario il 16, 23 e 30 novembre - è rivolto ai professionisti che intendono apprendere nuove tecniche e conoscere la personale in-terpretazione dello chef sulla preparazione e la presenta-zione di piatti che lo hanno reso celebre.

L’Accademia del Gusto è a Osio Sotto in piazzetta Don Gandossi 1.

Tel. 035 4185706; [email protected]; www.ascomformazione.it

Corsi, le proposte dell’Accademia del Gusto

21Affari di Gola ottobre 2011

La tazzina di caff è è meglio prenderla al bar. Una recen-te confronto tra i dati forniti

dall’Istat sull’andamento dei prezzi delle materie prime (caff è +11,5%

in un anno; zucchero +9,4%) e quelli praticati dai pubblici esercizi evidenzia

la maggiore competitività di questi ultimi. «La tazzina consumata al bar – ha evidenzia-

to la Fipe, la Federazione nazionale dei pubblici esercizi - continua a mantenere un profi lo virtuoso no-nostante i forti incrementi di prezzo subiti principal-mente dalle miscele più pregiate destinate al canale». Nell’ultimo anno la variazione del prezzo della tazzi-na si è assestata intorno al 2,5%, al di sotto del tasso di infl azione generale. «Nessuno è in grado di dire se questo atteggiamento di prudenza da parte delle im-prese proseguirà nei prossimi mesi - ha commentaro il presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani - ma è certo che la tazzina al bar resterà lontana dagli incrementi a due cifre registrati dal caff è consumato in casa. Ancora una volta il bar – ha concluso - si rivela in grado di assorbire gli aumenti delle materie prime a difesa del potere di acquisto dei consumatori».

Consumarlo al bar convieneI prezzi della materia prima sono saliti dell’11%, ma i locali hanno contenuto i rincari

L’arte, i profumi, i sapori della caff etteria. L’Accademia del Gusto di Osio Sotto propone da lunedì 14 a giovedì 17 no-vembre un laboratorio per conoscere la storia del caff è e ap-prendere i segreti per la preparazione di espresso, cappuccino e bevande ad essi correlate. Si tratta di un percorso fortemente connotato in senso pratico, per favorire l’acquisizione delle tecniche e della manualità. In venti ore (dalle 14 alle 19) si imparerà a preparare, sotto la guida di Boris Andreoletti, pro-dotti di caff etteria che i clienti non troveranno altrove. E se il caff è deve essere preparato con arte, con la stessa arte oc-corre accostarsi alla sua degustazione. Per inoltrarsi nell’analisi sensoriale dell’espresso italiano l’Accademia dell’Ascom orga-nizza il corso “Il sommelier dell’espresso”, una full immer-sion di una giornata (venerdì 17 novembre dalle 10 alle 17), suddivisa in una prima parte teorico-illustrativa e una seconda parte di degustazione di dieci diff erenti miscele. L’approfon-dimento, curato anche in questo caso da Boris Andreoletti, è pensato per sviluppare le competenze e la professionalità di chi opera nel settore. Info: tel. 035 4185706; [email protected]; www.ascomformazione.it

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Come imparare l’arte di prepararlo e degustarlo

Chi non ricorda la reclame in cui Nino Manfredi chiu-

deva lo spot con “Il caff è è un piacere, se non è buono che pia-

cere è?”. Diffi cile non essere d’accordo. In eff etti, il caff è dovrebbe essere buono, come le lasagne o il coniglio, ma troppo spesso è un autentico tallone d’Achille per alberghi e ristoranti che vengono ricordati più per la ciofeca calda che si beve all’ultimo che, magari, per i

deliziosi manicaretti serviti in prece-denza.Un’autentica piaga, che rovina il pranzo o la cena e fi nisce per lasciare

un cattivo ricordo dell’esperienza ga-stronomica. Questo aspetto ci è sempre stato ben presente. Ed è grave, sia per una birreria o per un ristorante che avanza qualche pretesa, non rimediare ad una simile pecca: bisognerebbe sem-pre ricordarsi l’attenzione che va posta laddove si conclude il pranzo. Lo stesso avviene purtroppo anche in molti al-berghi. Insomma, permane una scarsa attenzione per quello che, al contrario, è un momento importante della gior-nata e, per una cerchia di raffi nati, addirittura un rito. Certo, un buon caff è prevede una buona miscela (ma-

gari non precisamente economica), una sapiente regìa della macinatura con le conoscenze adeguate, comprese quelle climatiche, un buon “manico” e tanta passione.Ma la faccia contenta di chi si accosta alla tazzina, non ha prezzo davvero.E lo stesso si può dire del “caff è sospe-so”, meravigliosa usanza di una Na-poli d’altri tempi, dove chi aveva più possibilità pagava due caff è, lascian-done uno “sospeso” (cioè off erto) per un concittadino meno abbiente. Un gesto nobile. Speriamo che ritorni e non solo laggiù.

Tante varietàper gusti diversi

Nel sistema di classifi ca-zione del regno vegeta-le, il caff è enne inserito

nella famiglia delle rubiacee, che raggruppa ben 4.500 varietà tra

cui 60 specie appartenenti al genere coff ea. Delle circa 60 specie di pian-

te di caff è esistenti, solo 25 sono le più commerciali per i frutti, ma di queste solo le

prime quattro hanno un posto di rilievo nel commercio: la Coff ea Arabica, la Coff ea Robu-sta, la Coff ea Liberica e la Coff ea Excelsa. Coff ea Arabica - Specie coltivata e seleziona-ta da diversi secoli. Di questa la più rinomata è la varietà “Moka”, coltivata sopratutto in Arabia, i cui grani piuttosto piccoli, hanno

un intenso profumo aromatico. Il loro colore caratteristico è il verde rame, mentre la forma è appiattita ed allungata. Altre varietà sono la “Tipica”, la “Bourbon” molto diff usa in Bra-

sile e la “Maragogype” apprezzata per i grani più grossi. Le piante di Arabica prosperano in terreni dotati di minerali, specie quel-

li di origine vulcanica, situati oltre i 600 metri di altezza. Il clima ideale deve aggi-

rarsi intorno alla temperatura media di 20°C.Coff ea Robusta - I suoi grani tondeggianti sono più piccoli, ma più ricchi di caff eina rispetto alla specie precedente e, una volta torrefatti, risultano molto profumati. Scoperta nel Con-

go è ora molto coltivata, perché oltre all’abbon-danza di produzione ed al minor costo d’im-pianto, mostra alte carat-teristiche di resistenza alle malattie, vegetando anche in condizioni disagiate. Alcune varietà ricavate da incroci di “Canephora”, a cui la Robusta appartiene, sono molto diff use in Indonesia, Uganda, India e nell’Africa oc-cidentale. Inoltre è stata ricavata “l’Arabusta”, incrocio tra le due Coff ee, Arabica e Robusta.Coff ea Liberica - Proveniente dalle foreste della Liberia e dalla Costa d’Avorio, è una bella pian-ta longeva, robusta, rigogliosa nella vegetazione con frutti e semi grandi quasi il doppio di quelli della Arabica, ed inoltre più resistenti all’assal-to dei parassiti. Per queste sue caratteristiche la Coff ea Liberica è scelta come porta-innesto e per ottenere, tramite incrocio, nuove varietà presenti soprattutto in Costa d’Avorio e nel Ma-dagascar. I suoi chicchi, sebbene di qualità in-feriore, danno un caff è profumato e gradevole. Coff ea Excelsa - Scoperta nel 1904, questa spe-cie resiste bene all’attacco delle malattie ed alla siccità. Dà una resa molto elevata ed i grani, la-sciati invecchiare, danno un caff é dal gusto pro-fumato e gradevole, simile a quello della Coff ea Arabica.

Evitiamo le amare sorprese a fi ne pasto

22 Affari di Gola ottobre 2011

Macchine per il caffè,va all’estero il 75%

della produzione

Andamento positivo per il mercato delle macchine per caff è che fa re-gistrare un +16,4% di vendite

Secondo i dati diff usi da Anima-Ucimac, il mercato delle macchine per caff è è cre-sciuto nel 2010 rispetto al 2009 (+16,4 per cento di macchine vendute, per un totale di quasi 112mila pezzi). E tre mac-chine su quattro vanno all’estero. Con-tinua quindi la diff usione dell’espresso nel mondo, con i produttori italiani di macchine per caff è leader incontrastati nei cinque continenti. Proprio dall’ela-borazione dei dati eff ettuata dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano si ricavano le linee di sviluppo dell’espresso nel mondo. Se da una parte c’è la conferma dell’Eu-ropa come principale sbocco del mercato (55% delle macchine vendute all’estero nel 2010), è anche vero che rispetto al 2009 questo mercato circa il 6% sia in

volume che in valore rispetto alle vendite mondiali. Le macchine per caff è si sono quindi spostate, in particolare verso l’E-stremo Oriente (Cina, Giappone, Corea e paesi della regione) che nel 2010 han-no guadagnato circa il 5% tanto in volu-me che in valore nelle vendite rispetto al 2009. L’Estremo Oriente ha segnato un +86% in volume e un +81% in valore rispetto alle sue stesse vendite dell’anno precedente, mentre il resto dell’Asia ha segnato +73% in volume e +75% in valo-re. Bene anche il Nord America, con Stati Uniti e Canada con una fetta di acquisti macchine nel 2010 in volume dell’8% e in valore del 7,5%, in crescita rispetto al 2009 del 50% in volume e del 40% in valore.“L’espresso ormai da anni ha raggiunto una notorietà e un apprezzamento globa-li - ha commentato i dati Gianluigi Sora,

presidente dell’Istituto Nazionale Espres-so Italiano -. La stragrande maggioranza della nostre macchine per caff è è destina-ta all’estero e lo sarà sempre di più, basti considerare la crescita tumultuosa di Asia e Nord America”. “L’espresso italiano è in questo mercato globale un modo specifi co di bere l’espresso - ha continuato Sora -. Da parte dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano la tutela è quindi duplice. Conti-nuare a migliorare la qualità del prodotto sul mercato italiano e nel contempo di-vulgare all’estero una maggiore cultura del nostro espresso a supporto dei nostri torrefattori che stanno impegnando sem-pre maggiori risorse nell’esportazione”.

23Affari di Gola ottobre 2011

Una riscoperta per un ani-male sottovalutato, a volte dileggiato, emblema di in-

dolenza, che ora si prende la sua rivincita. Per la nostra agricoltura boccheggiante l’asino può tornare ad essere una risorsa importante per la sua versatilità e i suoi mol-teplici utilizzi. Se l’uso del latte d’asina per la cosmesi si perde nella notte dei tempi (remember i bagni di Poppea?), ora si affaccia-

no all’orizzonte altri fronti legati all’agroalimentare. Più digeribile di quello bovino, altamente nu-triente, consigliato per la dieta dei neonati che presentano allergie o intolleranze alimentari, il latte d’a-sina viene ormai venduto da molti o addirittura utilizzato per yogurt o gelati, mentre questo animale re-sta un caposaldo anche per tenere puliti boschi e sentieri. Anche in Bergamasca questo ritorno comin-

cia a prendere piede: tra gli altri, ci sono insediamenti a Solto Collina (azienda agricola Asino d’oro con allevamento e trekking someggia-to) ad Albino (con la Stalletta del veterinario Mario Pucci) e in di-versi altri Comuni, mentre a Len-na, Ferdy per le sue attività ne ha comprati diversi nell’allevamento più grande d’Europa: Monteba-ducco a Quattro Castella, in pro-vincia di Reggio Emilia. E proprio

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TENDENZEdi Leo Bartoli

La rivincita dell’asino

Davide Borghi

Anche in Bergamasca si comincia a riscoprire il sottovalutato equino, che promette nuovi fronti di sviluppo sul versante agroalimentare. Oltre al latte, anche le carni iniziano infatti ad essere apprezzate. Senza contare il fi lone della cosmesi. L’esempio dell’allevamento emiliano “Montebaducco”

in questo enorme insediamento reggiano (oltre 700 capi, di più di 15 razze, tra europee e non) sia-mo stati per capire meglio come l’asino può diventare importante nell’agricoltura moderna.“L’azienda - spiega Davide Borghi, titolare con la sua famiglia dell’al-levamento - è nata nel 1990, i pri-mi asini sono arrivati poco dopo, mentre dal 1996 abbiamo iniziato anche l’attività agrituristica. Il no-stro nucleo familiare è formato da tre persone, che hanno avviato l’impresa, poi aiutati da altri pa-renti e dipendenti. Si può dire che la nostra è un’attività asinina a 360 gradi, perché riguarda ristorazio-ne, pernottamento, contribuzione per la salvaguardia delle specie a rischio di estinzione, attività di-dattiche e partecipazioni a eventi dove l’asino la fa da padrone, ma è soprattutto caratterizzata dall’al-levamento ai fi ni di produzione di latte di asina, poi trasformato in prodotti innovativi ma storici”. Così, dalla semplice vendita di latte, si è passati ad altre innova-zioni come il gelato a base di lat-te d’asina o la mortadella d’asina,

più leggera ma altrettanto gustosa rispetto a quella suina, senza con-tare che esiste una vasta casistica per il salame d’asino e che in Pie-monte vanno a ruba gli agnolotti con il ripieno di carne di questo animale. C’è poi, come detto, il fi -lone legato alla cosmetica: il latte d’asina contiene infatti composti attivi che prevengono l’invecchia-mento, antiossidanti e rigeneratori (acidi grassi insaturi, numerose vi-tamine - A, B2, C e E - e i tanto ri-cercati Omega 6). È pure utile nel-la prevenzione di alcune malattie della pelle grazie all'elevato conte-nuto di lisozima, enzima naturale dotato di proprietà battericida e di proprietà rinforzanti il sistema immunitario della pelle.Da sfatare anche la fama dell’asi-no come animale ottuso e poco gestibile. Con i nostri occhi abbia-mo ad esempio osservato quanto questi animali siano invece sensi-bili e molto "razionali": al momen-to della mungitura, un gruppo di asine si è diligentemente messo in fi la senza nessun intervento da parte degli allevatori, attendendo il proprio turno, senza accalcarsi e

dirigendosi una alla volta alla pro-pria posizione. “Per noi non è una sorpresa - afferma Borghi -: sappia-mo da sempre che l’asino è un ani-male intelligente, sicuramente più del cavallo. Questo allevamento è legato soprattutto alla passione verso questo animale, che ci au-guriamo possa venire riscoperto anche in altre parti d’Italia”.Un bell’esempio di riconversio-ne agricola, quindi, che potrebbe attecchire, senza arrivare alle di-mensioni dell’allevamento reg-giano, anche in Bergamasca, dove peraltro l’interesse verso questi animali pare nuovamente in risali-ta: lo dimostra l’attenzione con cui è stato accolto da grandi e piccini, alla recente Fiera di Sant’Alessan-dro, l’esemplare di asino albino dell’Asinara dagli occhi azzurri, diventato assoluto protagonista della kermesse. Inoltre continua a crescere l’Atab (Associazione tu-tela dell'asino della Bergamasca) che nel giro di poco tempo ha già raccolto 120 adesioni tra soci e sostenitori e che si candida a di-ventare l’avanguardia per i futuri insediamenti.

25Affari di Gola ottobre 2011

26 Affari di Gola ottobre 2011

L’EVENTO

Lo scorso 10 ottobre, al Centro Forma-zione Permanente della 4R di Torre de’ Roveri, s’è tenuto il primo Focus

Vino dei fratelli Rota, titolari dell’azienda, che hanno voluto riproporre un nuovo ap-puntamento riservato solo agli operatori, con un tema tutto dedicato all’aperitivo all’italiana. L’obiettivo era quello di raccontare i vini attraverso gli usi e i costumi moderni e di creare un momento di confronto. Come negli altri Focus dell’azienda, infatti, lo scopo è far col- limare e sviluppare due tematiche importanti a livello commerciale: identificare il consumatore tipo e cogliere il momento ideale di consumo. È stato fatto il punto soprattutto su come accrescere e consolidare le classiche proposte legate all’aperitivo all’italiana. Nell’occasione sono stati presentati in anteprima i due nuovi vini prodotti sotto l’insegna del loro marchio ammiraglio Villa Domizia, un metodo classico e un rosato aromatico, che saranno disponibili a partire dalla metà di novembre. Nel 2009 quando decisero, tramite il progetto “Gaudes”, di interpretare in modo diverso la produzione dei vini del territorio, i fratelli Rota pensarono di completare la gamma iniziando la selezione di tre uve, Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco, per la spumantizzazione del loro primo champenoise bergamasco. Dopo diciotto mesi a contatto con i lieviti e almeno sei di affinamento in bottiglia, sono riusciti a dare un vino in grado di rappresen-tare il nostro territorio, il Brut Classico Villa Domizia. A fianco poi dei vini Valcalepio e della linea informale chiamata Cuvè, è stato concepito lo “Zerotre Rosè”, un rosato fragrante prodotto di bassa gradazione da uve Schiava Grossa e Lombarda e Moscato di Scanzo. Nel voler interpretare un nuovo modo di bere, forgiando un vino che avesse caratteristiche ben precise, è stato concepito un sostituito del Prosecco, con un’alternativa intrigante, diversa dalle solite proposte. Questo vino è stato accolto dai partecipanti con grande interesse. Consapevoli del momento difficile che il mercato vive, penalizzato tra l’altro da diverse situazioni di stallo prettamente economico, è emerso come usi e abitudini dei consumatori si stanno evolvendo. Lo scambio di vedute durante la giornata ha portato ad una conclusione legata all’esigenza di una proposta pro-fessionale variegata. Con questo prodotto, i fratelli Rota sono convinti di essersi inseriti in tale contesto, senza dimenticare quel giusto rapporto qualità-prezzo. Maurizio Rota, consigliere delegato della società, ha precisato che “l’esperienza acquisita ha dimostrato quanto sia importante ospitare gli operatori per appren-dere e poi sviluppare le considerazioni che emergono. Una vera sinergia fra le parti commerciali, permette di capire le aspettative dei consumatori. Da tempo stavamo lavorando per raggiungere l’obiettivo di un vino del territorio che garan-tisse quel valore aggiunto oggi fondamentale”. Nel corso dell’evento, sono state poi presentate alcune proposte di miscelati a base di spumante e Zerotre Rosè. Di rilevanza le due ricette dedicate a questo vino: “Profondo Rosso” e “Pinky, l’a-peritivo in rosa”. “Senza stravolgere le classiche abitudini, - continua Rota - voglia-mo evidenziare e riscoprire modi diversi di vendere vino”.

a “Focus Vino” convincono le due novità di Villa Domizia

Il suo periodo è proprio questo, non c’è che dire. Le zucche infatti vengono generalmente raccolte da fine agosto a metà settembre, per diventare le

grandi protagoniste della tavola autunnale e invernale. Dopo la raccolta, un tempo, venivano lasciate sull'aia, per una quindicina giorni, in modo che finissero al sole la loro maturazione. Oggi le possiamo trovare di-rettamente al supermercato in numerose varietà, dalla

dolce Cucurbita maxima, considerata tra le migliori in cucina, alla Cucurbita moschata, dalla forma allungata e dalla polpa tenera. Su quale varietà cada la scelta è un fatto di gusto e di necessità perché, è proprio il caso di dirlo, di questo ortaggio non si butta via niente e certi suoi utilizzi possono essere, talvolta, sconosciuti e inaspettati. Scopriamone tutti i segreti attraverso i con-sigli dei nostri esperti.

Versatile, grande protagonista nei piatti, s’è ritagliata un ruolo di tutto rispetto.

Di lei non si butta via niente. E certi suoi utilizzi possono anche sorprendere.

La parola agli esperti

Con l’autunno la cucina va

fuori di... zucca

IL PRODOTTOdi Giordana Talamona

l suo periodo è proLe zucche infada fine agdi pr

Ve

Mantovani e ferraresi si contendo-no la paternità dei gustosi tortelli di zucca, conditi con abbondante burro fuso e salvia, o con del pesto di sala-melle lasciato sciogliere lentamente a fuoco basso. Se poi si approda in quel luoghi proprio di giovedì, non si può proprio dir di no agli gnocchi di zucca che vengono preparati con poca farina, sale e pepe, per creare un composto denso che viene but-tato a cucchiaiate generose diretta-mente nell'acqua bollente. “Pochi, semplici ingredienti - spiega Chiara Rizzi, chef e patron del risto-rante Caput Mundi di Castellucchio (Mantova) - se la zucca è dolce, meno si aggiunge e meglio è”. E allora sco-priamo con lei tutti i segreti per sce-

gliere, cucinare ed abbinare la zucca a tutto tondo. Quale varietà di zucca è più indi-cata in cucina? “Dipende da cosa si intende cucina-re. Una varietà che uso spesso è la Delica, ideale per il ripieno dei tor-telli, mentre quelle oblunghe sono perfette come base per i risotti o se si vogliono fare fritte, perché risulta-no meno dolci”. Cosa fa la differenza nella quali-tà di una zucca? “Il terreno, non c'è dubbio. Non sono tanto la varietà o le condizioni atmo-sferiche, quanto la conformazione del terreno in cui è coltivata la zuc-ca. Il paragone è simile alle differen-ze che certi terreni possono dare ai

vini. Per la zucca, come per i meloni, il principio è lo stesso. Ci sono degli agricoltori della zona del mantovano che, anche a distanza di poche cen-tinaia di metri gli uni dagli altri, pro-ducono zucche di qualità sostanzial-mente diversa”. Come si conserva? “Se la si lascia intera, in un luogo a-sciutto, può durare anche qualche mese. Mentre una volta tagliata, pos-siamo sbollentarla e metterla sotto-

LA CHEF DEL CAPUT MUNDI DI CASTELLUCCHIO (MN)

Chiara Rizzi: “Scelgo la Delica, ideale per fare il ripieno dei tortelli”

Ingredienti per 10 porzioni: 600 gr scaloppe foie gras d’anatra (10); 90 gr pasta fillo (2 fogli); 20 gr burro chiarificato; 500 gr zucca gialla; 250 gr panna fresca; 2 uova intere; sale e pepe qb; 15 gr amaretti.Per le cialde: 50 gr burro; 50 gr farina 00; 50 gr albumi d’uova; 50 gr fecola di patate; 10 gr semi di sesamo nero.Per la marmellata: 500 gr mela renetta; scorza d’arancia qb; 100 gr zucche-ro; 10 gr zucchero di canna grezzo; 300 gr pan brioche; 3 cl Sherry.Procedimento Cuocere la zucca in forno avvolta in carta stagnola. Quando è cotta, pulirla e frullarla al mixer. Preparare il composto per le cialde con gli ingredienti so-pra elencati tranne il sesamo; con il composto formare dei triangoli, cospar-gere con semi di sesamo e cuocere in forno. Avvolgere le scaloppe di foie gras con la pasta fillo e spadellarle con un po’ di burro chiarificato. Preparare la crema con 100 gr di purea zucca, 2 uova intere, 250 gr di panna, sale, pepe e 15 gr di amaretti; riempire 10 stampini ed infornare a vapore per 23 minuti a 90°. Cuocere le mele tagliate a pezzi con lo zucchero, quando cotte e a giusta consistenza incorporare la scorza d’arancia e frullare. Bruciare la crema con zucchero di canna.Impiattare e servire con spray di Sherry.

Crema bruciata di zucca, mela renetta e arance, con scaloppa di foie gras e spray di Sherry Ximenez

Ingredienti per 4 persone: 400 gr di riso Vialone nano o Carnaroli; 1 sca-logno; 400 gr di zucca già pulita e mondata; 250 gr di luganega; 250 gr burro; olio 2 cucchiai; 1 lt vino rosso corposo; 1 cucchiaio di burro lavorato (cre-ma di burro e farina); brodo di carne; Parmigiano grattugiato, sale e pepe q.b.Procedimento: In un tegame rosolare lo scalogno tritato finemente con 100 gr di burro e l'olio. Aggiungere la zucca tagliata a dadini, rosolare, salate e pepare. Portare a cottura con il brodo. Questa base per il riso è pronta quan-do la zucca sarà diventata cremosa per la maggior parte. In un altro tegame mettere a sciogliere 50 gr di burro e rosolare lentamente la luganega lascian-dola intera. Aggiungere il vino rosso fino a coprirla e lasciar cuocere lenta-mente fino a quando il vino si sarà ridotto. Procedere alla cottura del riso nel-la crema di zucca portandolo a cottura lentamente, aggiungendo brodo caldo all'occorrenza. Aggiustare di sale e pepe se occorre e mantecare il riso con il burro restate e una generosa manciata di Parmigiano. Nel frattempo la lu-ganega verrà sgocciolata e tagliata a fettine, il sugo di cottura addensato con il burro lavorato e mantenuto il tutto ben caldo. Disporre il riso nel piatto di portata, guarnire con le fettine di luganega ed irrorare con la salsa, di un bel colore bruno che contrasterà piacevolmente con il giallo aranciato del riso. L'armonia dei colori è anche armonia di sapori.

LA RICETTARisotto con la zucca e petali di luganega brasata nel vino rosso

Anche Giancarlo Morelli, chef e patron della stellata Osteria del Po-miroeu, non ha dubbi sulla versati-lità della zucca in cucina. E non po-trebbe essere altrimenti scorrendo col dito il menù del suo ristorante, da cui emergono gli evocativi “Gnocchi di zucca con carpaccio di cervo ma-rinato al timo e quartirolo” o la deli-ziosa “Terrina tiepida di zucca, uvet-ta, pinoli e crema leggera di quarti-rolo”. Di origini bergamasche, diplo-mato all'Istituto alberghiero di San Pellegrino, Morelli vanta una vasta e-sperienza internazionale come chef e consulente gastronomico, dividen-dosi oggi tra due locali, il “Pomiro-eu” di Seregno e il ristorante “Golf Far and Sure” in provincia di Como. “Con la zucca si può fare un'intera cena, dall'antipasto al dolce. È l'ide-ale in autunno, come protagonista di un piatto - spiega Morelli - o come appoggio ad altre preparazioni du-

Morelli: “Preferisco la cottura al forno. Esalta meglio i sapori”

vuoto, in modo che non perda l'aro-ma e il gusto”. Può essere surgelata? “Certamente, anzi se utilizziamo i sacchetti freezer, possiamo scottare appena la zucca, surgelarla e succes-sivamente procedere alla sua cottu-ra buttando le buste direttamente nell'acqua bollente”. Cavallo di battaglia della cuci-na mantovana e ferrarese sono i tortelli di zucca. Ha qualche se-greto per preparare il ripieno? “Gli ingredienti sono pochissimi, an-zi se la zucca è dolce, meno se ne ag-giungono e meglio è. Nella nostra tra-dizione, il ripieno si prepara aggiun-gendo l'amaretto sbriciolato, un po' di mostarda mantovana, sale e pepe; mentre in Emilia usano generalmen-te un ripieno di zucca in purezza. Se poi la zucca non è particolarmente dolce si può risolvere facendo dei

LO CHEF DELL'OSTERIA DEL POMIROEU DI SEREGNO

LA RICETTA

rante tutto l'anno”. Tra le sue varietà preferite c'è la Butternup, una zucca americana tardiva, dalla classica forma a campana, con la buccia di color verde chiaro, che con la maturazione tende a vira-re al giallo ocra, caratterizzata dal delicato gusto di nocciola. Morelli, che gestisce anche l'attività di catering e tiene da anni corsi di cucina per ap-passionati, utilizza i buoni, vecchi metodi tradi-zionali per verificare la maturazione della zucca, sentendone il suono cupo, una volta picchiettata con le nocche della mano. “Non è un metodo cer-to, ma vale almeno per l'80% delle zucche intere - spiega -. Poi capita anche a me, talvolta, di pren-dere un abbaglio, ma amo la cucina proprio per questo, perché c'è ancora un minimo margine di fallibilità che ci mette alla prova”. Il metodo di cottura che lo chef predilige è al forno, che esal-ta il gustoso sapore dell'ortaggio. “La mia zucca non deve mai toccare l'acqua in cottura - spiega -. Preferisco di gran lunga metterla nella carta da forno e poi stufarla in padella”. Se poi gli chiede-te qualche utilizzo inusuale della zucca nella sua cucina, aspettatevi di sentirvi sciorinare un elen-co interminabile di piatti dove l'ortaggio si trova presentato in mille modi diversi. Ma su tutti emer-ge dall'elenco come qualcosa di particolare la “Crema bruciata di zucca, mela renetta e arance, con scaloppa di foie gras e spray di Sherry Xime-nez”, un inaspettato accostamento che conferma a quanti utilizzi si presti questo ortaggio.

PARLA VIRGINIA BICCHIEGA, DOCENTE DI SCIENZE IN TECNICHE DIETETICHE

La zucca è tra gli ortaggi più versatili della cucina autun-nale, non solo in grado di coprire un'intera cena, ma capa-ce di trasformarsi in un valido alleato per la salute, grazie ai preziosi principi attivi contenuti nella polpa, nei semi e nella buccia. Con appena 17 calorie per 100 grammi di polpa, la zucca è un concentrato di acqua, fibre e nutri-menti essenziali capace di combattere i chili di troppo, prevenire l'insorgenza di alcune malattie e ritardare l'in-vecchiamento delle cellule grazie alle sue proprietà an-tiossidanti. Ne parliamo con Virginia Bicchiega, docente di Scienze in tecniche dietetiche all'Università di Torino, ricercatrice presso il laboratorio sperimentale dell'Istituto Auxologi-co Italiano e autrice del libro “La Dieta del Gusto”. È vero che della zucca non si butta via niente? “Possiamo ben dirlo perché di questo ortaggio è possibile utilizzare praticamente tutto, dalla polpa ai fiori, passando per i semi e la buccia. La zucca contiene, in poca quantità, un concentrato di nutrimenti essenziali per la vita essen-do ricca di vitamine, fibre, amminoacidi e sali minerali co-me potassio, magnesio, ferro, selenio e zinco”. Quali sono le principali caratteristiche della polpa?“Contiene numerosi principi attivi come il betacarotene, una molecola che conferisce alla zucca il suo colore aran-cione. Questa sostanza combatte i radicali liberi, si dimo-stra un valido alleato nella prevenzione delle malattie car-diovascolari e protegge il sistema circolatorio”. E nella buccia? “In questa parte dell’ortaggio sono concentrate delle so-stanze antivirali e antifungine capaci di prevenire le più comuni malattie micotiche, come la Candida, responsabi-le di fastidiose infezioni vaginali”.Com’è possibile utilizzare i semi? “Si possono consumare sia cotti al forno, anche se per-dono parte delle loro proprietà, che essiccati, tecnica da preferirsi se si vogliono mantenere pressoché inalterate le loro caratteristiche. Nei semi, infatti, è presente un am-minoacido, la cucurbitina, che difende l'apparato uri-nario maschile e femminile, prevenendo l'insorgenza di disturbi”.Durante la cottura, dunque, si rischia di per-dere buona parte delle sostanze benefiche del-la zucca? “Purtroppo sì, con la cottura al forno si perdo-no almeno il 30-40% dei nutrimenti come sali minerali e vitamine. Per questo è da preferir-si la cottura al vapore, che permette di trat-tenerli in percentuale maggiore”.

“Un concentrato di acqua, fi bre e nutrimenti essenziali”

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29Affari di Gola ottobre 2011

“tortelli scappati”, dei maccheroni sec-chi conditi col ripieno dei tortelli, bur-ro e salvia”.

Come possiamo usare i semi? “Facendoli tostare in forno a 40°C fin-ché non si seccano, un pizzico di sale e il gioco è fatto. Sono l'ideale come ape-ritivo”.

E nell'abbinamento col vino? “La tradizione vorrebbe il Lambrusco, ma in

questi anni ho sperimentato abbinamenti interes-santi, giocando con vini più importanti ed evolu-ti. Per esempio la tendenza dolce della zucca sta benissimo con un buon Chablis, oppure con del Nebbiolo e del Pinot Nero. Chiaramente occorre vedere com'è stata cucinata la zucca ed il grado di grassezza percepita in bocca. Per esempio, con dei tortelli di zucca conditi con del pesto di sala-mella, un metodo champenoise con sboccatura datata, potrebbe essere indicato. Oppure, con dei tortelli burro e salvia, si può potrebbe pensare ad un vino bianco che abbia fatto legno, con un aro-ma burroso e complesso”.

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Com“Facché nil giocritivo”.

E nell'

È sfida dura confrontarsi con l’eccellente, ricca e radicata cucina cinese in casa sua. Ci sta riu-scendo, con risultati addirittura al di sopra del-

le aspettative, uno chef bergamasco. Trentanove anni, papà abruzzese, mamma di Cisano, nato e cresciuto in terra orobica, Marino D’Antonio è in Cina dal 2006 e dal 2008 è alla guida di uno dei ristoranti più di ten-denza di Pechino. Si chiama Sureño - che significa “del sud” in spagnolo – e si trova all’interno dell’hotel The Opposite House a Sanlitun, una moderna area dedicata allo shopping e al tempo libero, ricca di negozi inter-nazionali, bar e ristoranti. Aperto nell’agosto del 2008, appena dopo le Olimpiadi, il locale ha ricevuto uno dietro l’altro, nei suoi primi tre anni di vita, tre rico-noscimenti dalle guide specializzate (miglior nuovo ristorante nel 2009 da Time Out Beijing, miglior risto-rante mediterraneo nel 2010 e miglior ristorante italia-no nel 2011, entrambi da The Beijinger) che lo hanno catapultato al centro dell’interesse gastronomico della capitale. Rispetto alle grandi strutture delle catene internazio-nali più famose, The Opposite House è definito “bou-tique hotel”, ovvero un piccolo contenitore (99 came-re), disegnato dall’architetto giapponese Kengo Kuma, pensato per regalare emozioni. «Propone un nuovo concetto di ospitalità – racconta D’Antonio – con un’atmosfera di livello ma che vuole essere dinamica, allegra e comunicativa. Il servizio, ad esempio, è molto

curato, ma non ingessato, tanto che il personale non porta la cravatta ed è stato selezionato anche in base alla capacità di sorridere e di entrare in relazione con i clienti». Schietta è pure la proposta del ristorante, 88 coperti più 40 nel giardino, forno a legna a vista per le pizze ed i piatti alla brace. «È una cucina mediterranea – dice

Marino D’Antonio è alla guida del Sureño, uno dei ristoranti più di tendenza della capitale cinese. «Fino a qualche anno era diffi cile proporreil vero made in Italy, oggi i prodotti originali si trovanoe la clientela ha le conoscenze per apprezzare i nostri piatti»

Pechino scopre la cucina italiana grazie ad uno chef bergamasco

30 Affari di Gola ottobre 2011

LA STORIAdi Anna Facci

“Costina bassa di manzo cotta sottovuoto con riduzione di Lambrusco e polenta”: non è certo un piatto facile da presentare ad un cliente cinese. Prima di inserire

una nuova proposta nel menù, tutto il personale di sala del Sureño segue un training di 15 giorni per imparare

a presentare al meglio le caratteristiche della preparazione

Marino D’Antonio

Distingue la sua carriera in un “prima” e un “dopo”. Il prima comincia con l’alberghiero di Nembro, prosegue con il lavoro a Londra per un anno e mezzo e l’apertura, dopo il servizio militare, di un locale tutto suo nel Bresciano. «Lì purtroppo – dice lo chef Marino D’Antonio - le cose non sono andate bene ed è così che ho deciso di aggiungere esperienze al mio bagaglio professionale». La svolta arriva con il training nella cucina dallo chef stellato Luciano Tona ed i corsi alla scuola internazionale Alma di Colorno, «tappe che mi hanno aperto nuovi orizzonti, in senso geografico e professionale». Passa quindi in Svizzera di nuovo al fianco di uno chef stellato, a Mosca per l’avvio di un locale di cucina italiana e sulle pluridecorate navi da crociera Silversea, aprendo anche lì il ristorante italiano. «Ero abituato a spostarmi – ricorda -, ma quando nel 2006 è arrivata l’offerta di trasferirmi in Cina qualche dubbio l’ho avuto. Mi ha convinto la forte motivazione di colui che sarebbe diventato il mio capo». Oggi D’Antonio non può di certo dirsi pentito di quella scelta: «Il ristorante da subito ha avuto grande successo. Sì – riusciamo a fargli ammettere -, a Pechino sono famoso. Ogni quindici giorni c’è un giornale che parla di me e delle iniziative che proponiamo. In Italia non credo proprio che avrei avuto le stesse opportunità». E le nuove sfide non mancano: «In questi giorni – aggiunge - sto ultimando un nuovo progetto che porterà la cucina italiana su tre rotte della Cathay Pacific». Nella capitale ha anche incontrato Fiona Xie la ragazza cinese che poche settimane fa è diventata sua moglie.

«Non credo che in Italia avrei avuto le stesse opportunità»

31Affari di Gola ottobre 2011

D’Antonio – con prevalenza di piatti e prodotti italia-ni. Dalla Spagna abbiano attinto soprattutto le tapas, dalla Grecia qualche ricetta come la moussaka ed un formaggio molto versatile come l’halloumi cipriota, mentre comune un po’ a tutta l’area del Mediterraneo è la tradizione del pesce e delle carni». Accanto ai piatti più conosciuti di ciascun Paese, a spiccare nella lista sono, in effetti, portate che vanno ben al di là dell’Italian sounding per condurre i com-mensali tra le pieghe della nostra cucina regionale. Ci sono la lingua in salsa verde, l’ossobuco, la cotoletta alla milanese e, viste le origini dello chef, non pote-vano nemmeno mancare gli abruzzesi timballo e spa-ghetti alla chitarra (memorabile la vista di mamma Rosanna che ha cucinato con lui per alcuni giorni!) e campioni della tavola bergamasca come casoncelli e polenta, compresa la taragna. «Il 90% della nostra clientela non è ospite dell’albergo ma viene esclusivamente per mangiare – spiega -. Si tratta di residenti stranieri benestanti, ma anche dei nuovi ricchi di Pechino attenti alle tendenze. Sono sta-ti in Europa e in Italia, magari per la fashion week di Milano, e hanno già assaggiato la nostra cucina, anche quella dei più grandi nomi. Fino a qualche anno fa – confessa - non mi sarei preoccupato di far uscire un piatto di spaghetti un po’ troppo cotti, oggi invece la conoscenza è molto aumentata e la qualità dell’auten-tico made in Italy è riconosciuta, almeno da questa fa-scia di mercato». Per una proposta come quella del Sureño, che parte dalla solida base dei prodotti e dei piatti della tradi-zione per creare accostamenti anche fantasiosi, sono fondamentali gli approvvigionamenti. «Fino al 2007 si faceva fatica a rifornirsi di materie prime originali – ricorda Marino D’Antonio –, ora invece abbiamo prati-camente tutto, dalla farina per la pizza all’olio extraver-gine di oliva, al riso Vialone Nano di Isola della Scala, passando da prosciutto, bresaola, formaggi come Bitto, Castelmagno, Taleggio, tomini delle Langhe e persino una burrata di Putignano, oltre a una buona selezione di vini». La vera cucina italiana in Cina è, quindi, un fenomeno davvero recente, tanto che lo chef bergamasco conta sulle dita di una mano i locali che a Pechino possono fregiarsi di tale titolo. «Oltre a noi – annota –, ci sono Sadler, La Tavola e una pizzeria di due napoletani che hanno portato la vera tradizione. E poi ci sono locali con tovaglia a quadretti e fiasco di vino, che magari ti servono una pizza con cipolle e ananas. Non è facile fare breccia in uno stile di vita molto tradizionalista come quello cinese, ma ora le possibilità ci sono. La cucina italiana ha grandi chance a patto che sia fatta come si deve. Per chi lavora all’estero è importante restare aggiornati e oggi la facilità nelle comunicazioni dà una grossa mano. Il Gruppo virtuale cuochi italia-ni, di cui faccio parte, ad esempio, è davvero un buon punto di riferimento per portare nel mondo con intel-ligenza tutta la nostra cultura enogastronomica».

32 Affari di Gola ottobre 2011

Forse anche gli stessi titolari amano un po’ prendersi in giro per la poliedricità della loro attività. Ecco quindi che nell’insegna e nel materiale pubblicitario del FuoriOrario di Trezzo sull’Adda,

con un reciproco scambio di iniziali, la pizzeria diventa “rizzeria” e, per converso, il ristorante “pistorante”, il bar “tar” e i tabacchi sono “babacchi. Non ci vuole molto a capire che il locale è concepito come un conte-nitore nel quale si possono trovare tutte le soluzioni. Il meccanismo, collaudatissimo, che fa variare più volte al giorno proposte ed atmo-sfere funziona, la clientela non manca ed è fidelizzata. Difficile comun-que appiccicare un’etichetta a questa attività. «Stiamo coronando un nostro sogno iniziato nel ’99 – racconta Greta Brambilla che con Loris

Dal bar alla ristorazione, dalla pizzeria all’intrattenimento: a Trezzo d’Adda funzioni e proposte cambiano nel corso della giornata. Alla sera piatti speciali a sorpresa

Questa visita del mio amico Fulvio a Trezzo, nel suo vagabondare alla scoperta dei locali coi menù a prez-zo fisso, è stata per me un regalo.Perché ai fornelli, con la grinta e la voglia di sempre, c’è una mia conoscenza, una persona alla quale devo molto nell’arco di un felicissimo periodo professiona-le vissuto insieme.E non parliamo di giornalismo. Giovanna Spazzini, che chiamerò Giò per affetto e brevità, è stata il mio braccio destro al GuglielMotel per diciassette anni, dall’apertura al cambio di dire-zione, attraverso mille problemi da affrontare e al-

trettante soddisfazioni da prendere.Giò c’era sempre: spesso risolveva i problemi prima ancora che io ne venissi a conoscenza. Era la governante che qualsiasi direttore d’albergo a-vrebbe voluto avere con sé.Non posso dimenticare gli affollati Brunch di Capo-danno o quando venne da noi, in due circostanze, Claudio Baglioni con tutto il suo entourage (esperien-za faticosa ma entusiasmante) ed io chiamai le mie ragazze, Giò in testa, fuori dalla cucina perché rice-vessero complimenti strameritati.Ricordi felici ai quali aggrapparsi nei momenti di malinconia.Perché può capitare che le strade si separino anche se nessuno di noi l’aveva voluto.Sapevo che Giò (a sinistra nella foto, insieme a Dava, un’altra delle mie ragazze) avrebbe impiegato un a-men per trovare un altro posto e così è stato: bravi i ge-stori del FuoriOrario a capirne al volo le potenzialità.Entrambi, cuoca e direzione, han trovato un gancio in mezzo al cielo. O al ponte.Buon lavoro Giò, verrò a Trezzo a trovarti. Strada fa-cendo.

di Pier Carlo Capozzi

E Giò ha trovato “un gancio in mezzo al cielo”

FuoriOrario, il locale che non si ferma mai

IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

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Loris Tomba e Greta Brambilla

Giovanna Spazzini e Dave Cuni

33Affari di Gola ottobre 2011

Tomba è titolare del FuoriOrario –. Ci è costato tanta fatica, anzi pensiamo di essere stati un po’ incoscienti quando abbiamo iniziato questa avventura, ma ora stia-mo raccogliendo i frutti del nostro lavoro. Non è stato semplice, oggi però possiamo dire di essere riusciti ad ottenere la quadratura».È impossibile in una sola visita rendersi conto di quan-to sia articolata l’attività del locale che si chiama Fuo-riOrario non a caso, visto che apre al mattino presto e chiude tardi. «L’attività della ristorazione si concentra maggiormente nel pranzo di mezzogiorno – ci aiuta a capire Loris Tomba – mentre alla sera cambiamo un po’ pelle, c’è più pizzeria, si fa della musica, è più un ritrovo anche se la cucina è sempre aperta. Alla sera proponiamo qualche specialità, dei piatti unici, quasi delle sorprese che i clienti apprezzano». La paella alla valenciana, il risotto con l’osso buco, gli spaghetti di mare in crosta di pane, la grigliata mista con carne ar-gentina, lo gnocco fritto con i salumi sono i piatti che caratterizzano di volta in volta le serate, mentre la carta è comunque sempre ben strutturata secondo i criteri classici dei ristoranti pizzeria.In cucina si avverte una buona mano che prepara piatti della tradizione, senza particolari elaborazioni ma con tanta genuinità e materie prime di ottimo livello. La mano è quella di Giovanna Spazzini che con la sua aiu-tante Dava Cuni sforna piatti che hanno sempre incon-trato il gradimento della clientela sino a far raggiunge-re al locale un elevato giro di frequentatori affezionati.«Ci siamo senz’altro – racconta ancora Greta Brambilla che, come il socio Loris, prima di lanciarsi in questa im-presa aveva alle spalle solo un’esperienza nella gestio-ne di bar – e ci gratifica sopratutto il tipo di rapporto che abbiamo stabilito con la nostra clientela». Ma i proprietari del FuoriOrario saggiamente guarda-no anche avanti. «Beh, di attività all’interno del locale ne facciamo già abbastanza – ha concluso Loris Tomba – ma oltre a fare del catering soprattutto per aziende della zona vogliamo puntare anche sulle cerimonie. Magari non sui matrimoni, ma per altre ricorrenze vor-remmo offrire un buffet freddo e caldo. Vedremo. Passi in avanti ne abbiano fatti e siamo soddisfatti, ma è pre-sto per fermarsi».

LA PROVA

Il menù è componibileAl di là della diversificazione e del numero dei piat-ti inseriti nella lista, la tendenza dei locali che pro-pongono il menù a prezzo fisso per la pausa pran-zo ora è anche quella di offrire al cliente la possibi-lità di articolare meglio la spesa, con soluzioni di-verse rispetto alla proposta standard all inclusive. Nella maggioranza dei casi abbiamo trovato prezzi diversi per che ordina solo il primo piatto o solo il secondo. Il FuoriOrario è andato oltre, proponen-do la possibilità di comporsi il menù scegliendo i piatti del giorno, al costo di 5 euro per i primi, 6.50 per i secondi e 2.50 euro per i contorni. Poi ci sarà il costo delle bevande e del coperto. Vista così, la soluzione potrebbe anche non sembrare una gran trovata, dal momento che il menù completo costa 10 euro, ma se ci si mette dalla parte di chi deve fare i conti con l’esigenza di mangiare fuori ogni giorno, ci si rende conto che un euro risparmiato su un pranzo può fare una gran differenza, special-mente se si viaggia con i buoni pasto. L’altra solu-zione proposta del locale è il piatto unico a 8 eu-ro, che comprende primo, secondo e contorno in porzioni ridotte. Come sempre noi puntiamo sul menù completo, che al costo di 10 euro offre primo, secondo, con-torno, acqua, vino e caffè. Gettonatissima tra i pri-mi l’insalata di orzo e verdure, ma la proposta del giorno comprendeva anche risotto alla zucca, far-falle con pomodoro e ricotta romana e pasta al pe-sto o al pomodoro. Tra i secondi invece si poteva scegliere l’arrosto di tacchino e speck, il tonnato (giustamente così nominato perché non si trattava di carne di vitello), le zucchine ripiene e la salamel-la alla piastra. Una proposta che complessivamen-te non si può considerare né banale né scontata. Fuori lista e a prezzi particolari ma accessibili piat-ti di carne argentina quali la bistecca di roast beef, il filetto al rosmarino, la tagliata all’aceto balsami-co e la paillard.Andiamo sul risotto alla zucca, delizioso, e sul ton-nato accompagnato di spinaci lessi dei quali ci ha stupito riscoprire il sapore vero. La buona mano in cucina si sente, senz’altro. Decisamente buono il rapporto qualità prezzo.

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tel. 02 90964712 - www.fuoriorario.orgchiuso la domenica

In tutto il mondo è veggie mania. L’ultimo blasonato esempio è stato il matrimonio vegetarian-biologico dell’ex Beatles, sir Paul McCartney. Ma

queste scelte di vita non stanno prendendo piede solo tra i vip. Sale sempre di più il numero di persone (il 6,5 per cento della popolazione italiana, secondo le ultime stime) che scelgono questo stile di alimentazione, con un occhio alla salute e all’ambiente.Per chi vuole immergersi nella fi losofi a “green” fuori e dentro il piatto (e magari imitare il veggie-wedding di McCartney) oggi le alternative non mancano. Per esempio Villa Calini a Coccaglio (in provincia di Brescia),

splendida residenza di caccia del ‘600, trasporta il viaggiatore gourmet in piena campagna. Dalla periferia metropolitana a uno scenario bucolico in pochi secondi: questa, infatti, la magia della Franciacorta. Basta attraversare il muro di cinta per scopre un giardino e una casa avvolti nel silenzio e nei colori mutabili della natura. Anche nel menù.Alessandro Cappotto, cuoco romano, da anni trapiantato a Brescia e docente in scuole di cucina, ha infatti creato una serie di pietanze per golosi “green”. Non semplicemente un menù vegetariano e macrobiotico, ma una “riconsiderazione dell’essenziale”, come la defi nisce Cappotto, dove sono utilizzati prodotti a chilometro zero dell’orto e ingredienti da zootecnia e agricoltura biologica rigorosamente del luogo. Da provare le “sfogliatine di acqua e farina integrale con fave, fi ori di zucca, pecorino salato e riduzione di crema di latte”, il “raviolo aperto con porcini”e, perfetto per i vegani, l’“insalatina di frutta del territorio e verdura croccante all’extravergine gardesano e caramello”. A Villa Calini tutto è fatto in casa (dai i grissini al pane fi no alle declinazioni della pasticceria). Un imperativo di cucina che permette di realizzare eventi bio ed ecofriendly. Dai meeting alle cene romantiche con piatti alternativi che seguono i colori delle stagioni, fi no ai matrimoni “in verde” con bomboniere biologiche per veri gourmet con delizie, miele e marmellate homemade fi rmate Villa Calini. E tutto da gustare in stretto contatto con la natura, in una dimora sospesa nel tempo adeguan-dosi ai ritmi lenti delle colture, così come gli uomini e i vini della Franciacorta insegnano.

34 Affari di Gola ottobre 2011

Tre serate a tema al ristoranteManhattanAl ristorante Manhattan di Ber-gamo (via Malj Tabajani 4), gui-dato dal noto chef Stefano Car-daci, proseguono le serate a te-ma. Una serie di eventi per av-vicinare gli appassionati di cu-cina a piatti e prodotti partico-lari, con frequentati “puntate” all’estero. Dopo la serata sulle specialità russe, il 13 ottobre scorso, il calendario messo a punto dal Manhattan prosegue giovedì 27 ottobre: protagoni-sta sarà la celebre chianina, ta-glio di carne d’origine toscana davvero gustoso. La tappa suc-cessiva è fissata per venerdì 18 novembre quando in tavola fi-nirà la Puglia, con i suoi sapo-ri mediterranei. Infine, marte-dì 13 dicembre sarà di scena la sagra della Santa Lucia nella tradizione svedese. Quindi me-nù e specialità nordiche per vi-vere le atmosfere scandinave. Per tutte e tre le serate il costo a persona è di 40 euro. I vini so-no inclusi nel prezzo. Per infor-mazioni e prenotazioni telefo-nare allo 035. 4220162.

VEGGIE-MANIA

vincia di Brescia), Dalla periferia ciacorta. Basta i mutabili della

na, ha infatti crobiotico, odotti e del ato e frutta è fatto che

Per chi vuole un matrimonio alla McCartney, la tappa obbligata è Villa Calini

RISTORANTE VILLA CALINICoccaglio - tel 030 7243574 - www.villacalini.com

Alessandro Cappotto

Spettabile Affari di Gola,scrivo in merito all’articolo Penna all’ar-rabbiata del numero di settembre (Quanti

rincari dietro al bancone! Forse è l’ora del giusto compromesso), in cui Pier Carlo Capozzi cerca di fare una disamina sul diffi cile momento della ri-storazione in questi tempi di "fi acca". Tuttavia una risposta su come comportarsi per uscirne, o anche solo per "sopravvivere" in attesa del disgelo, proprio non mi sovviene. E al-lora cosa fare? Io butto lì la mia provocazione. Se qualcuno volesse aggiungersi, credo sia gratis...Mi atterrò ad un con-cetto singolo per l'atti-tudine a ragionare su una cosa per volta, le aggiunte le potran-no sempre fare altri lettori.P rend iamo come esempio il dorato mondo del pallone, dopo decenni d i sprechi e "autentici scarponi" compra-venduti a prezzi da fenomeni solo per fare buisiness, la bo l la , ormai satura, è esplosa, e allora fallimenti a iosa e tutto da ri-fare! Ecco che però da questo fumoso pianeta un'idea di riferimento ci ar-riva. Cogliamola! Si chiama FAIR PLAY FINANZIA-RIO. Cercare di trasferirlo al nostro ambito? Sarebbe un sogno!Come ho scritto prima, cercherò di stare stretto sull'argomento.In tempi in cui la ristorazione soffre come mai pri-ma d'ora, paradossalmente mai come ora gode di così alta popolarità ed immagine. E allora tutti a voler fare il ristoratore. Avvocati, astronauti e magutti, tutti allineati, dotati di pin-gue borsello e di giusto ottimismo, per imbarcarsi

su un natante che già fatica a stare a galla. E gli storici ristoratori? Quelli che non hanno fatto né l'avvocato né l'astronauta e nemmeno il magutto? E vabbè, il mondo è di tutti e nell'era della libera impresa non c'è che da presentare una domanda ed aprire, tutto regolare ed accettabile.Quel che è già meno accettabile, semmai, è sapere che il tuo vicino storico o neo-arrivato che sia, fa prezzi d'assalto per prestazioni di tutto rispetto, facendoti passare agli occhi del cliente (che spesso

guarda il prezzo senza dar-gli un solo perché) un lesto-fante o un approfi ttatore! Ma come è possibile? Sono secoli che sto dietro ad una stufa, che navigo tra tavoli e guéridon, ho i calli da ca-vatappo e non so nemmeno più far quadrare i conti??!! Per fortuna il tempo è galan-tuomo e i perché arrivano, spesso addirittura in anticipo.So per certo di decine di inse-gne in cui fanno gli "strafi ghi" non pagando i fornitori, il personale e l'affi tto. Ma dai! Ma allora se dietro carte dai prezzi "onestissimi" ci sono simili situazioni, chi è l'onesto? Io (e i tanti "allocchi" come me) o questi venditori dell'effi mero?La mia è una riflessione che anche altri seri operatori al-berghieri fanno. E allora una ricetta, o meglio un sogno per traghettare il barcone dall'altra parte (tanto la mia è solo una provocazione), potrebbe essere

proprio questa: se sei insolvente da anni, nei confronti di chichessia, fatti da parte, non prima di avere saldato i tuoi debiti! Potresti sempre tornare alla carriera forense, solcare nuovamente le side-rali vie dello spazio o riappropiarti di "fratassa" e cazzuola... E se sei uno storico ristoratore? Beh forse una di queste professioni ti si addice di più, è pur sempre un'idea! Ripeto, questo è un sogno, così tanto per non restare con in mano un pugno di castagne "genge"!

Un ristoratore da sempre

Ristorazione e prezzi, attenti ai “venditori di effi mero”

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Quanti rincari dietro al bancone!Forse è l’ora del giusto compromessoL e vacanze, per chi le ha potute fare, sono un ricordo lontano. O meglio, tanti ricordi lonta-ni: una sequenza di antipasti in riva al mare, una visita alla cattedrale, una corsa sulle strade dis-sestate che attraversano ulivi e vigneti, una scarpi-nata in montagna insieme al cane, un brindisi di mezzanotte in crociera, una visita guidata agli sca-vi, una nuotata solitaria in piscina, una spaghetta-ta con gli amici del campeggio, una sudata in bici su e giù per le colline.Ognuno di noi ha le sue fotografi e impresse nella memoria e nel cuore, immagini che ci aiuteranno a tirare avanti.In compenso sono suonate una distesa di campa-nelle e sono ricominciate le scuole.

L’autunno che incombe è anche questo. I miei ini-zi di scuola, da bambino, hanno tutti, immancabil-mente, l’immagine dell’im-pegno che ritorna severo e puntuale unito alla raccolta di castagne genge sugli spalti delle Mura. Ne raccoglievamo a decine, sotto gli ippocastani dalle foglie ormai dorate e facili a staccarsi dai rami.Quindi, vacanze fi nite e scuole ricominciate vuol dire soprattutto ritorno al lavoro anche per noi grandicelli, con tutto quello che comporta la riaper-tura di tante attività in un momento così particolar-mente diffi cile.Anche ristoratori, pizzaioli, pasticceri, cuochi e clienti (non tutti, ripetiamo) tornano da un perio-do di riposo e si ritrovano il quesito che rimbalza, recentemente, sempre più spesso: “C’è crisi, che fare?”.Sembrerebbe, a prima vista, una domanda ormai antica e un po’ logora, ma ci sono state le vacanze di mezzo e sono uscite nuove cifre su cui rifl ettere.Eh già, perché uno va in ferie e, nel bene e nel male, si trova a fare confronti di qualità, servizio e prezzi rispetto alla nostra piazza abituale e torna a casa con rimpianti o con la voglia di ritrovare quell’eccel-lenza altrove perduta.Poi ci si ferma un attimo e si scopre che, negli ulti-mi dieci anni, il tramezzino al bar è aumentato del 193%, il cono gelato del 160%, la pizza Margherita del 93,5%. Un decennio in cui gli aumenti medi sono

stati del 53,7% riducendo così il potere d’acquisto delle famiglie del 39,7%.Tutti abbiamo un colpevole da indicare, a partire dall’euro, il maggiordomo che di solito, nei gialli di una volta, era indiscutibilmente da portare via in manette.Noi crediamo che un periodo di sperimentazione (con la doppia valuta) più lungo non avrebbe fatto male, così come siamo straconvinti che sia stato un errore fatale la mancata introduzione della carta-moneta da 1 euro.Certo, anche la penna a sfera è aumentata del 208%, però i dati relativi ai bar e ai ristoranti fanno pen-sare.

E siamo al punto, al ritorno cioè dell’attività commerciale: che fare, coi venti che tirano non certo a favore? Ritoccare i prezzi all’ingiù? Sacrifi care un po’ di qualità e di servi-zio? Stare a vedere (di nasco-sto) l’effetto che fa? Crediamo che il cliente da-naroso non abbia problemi e continui a non averli.La questione riguarda la famosa fascia intermedia,

che si è vista erodere notevolmente il potere d’acqui-sto e il cui portafoglio, evidentemente, coinvolge an-che i pubblici esercizi: vediamo sempre più clienti che scelgono i locali (ristoranti, pizzerie, ma anche alberghi) non già in funzione della qualità o del servizio ma, come prima discriminante, in base al prezzo.E questa, converrete, per chi tiene alto il livello del proprio locale, è una condizione per nulla gratifi -cante. Ma crediamo ci sia spazio per un intelligente compromesso.In una ricerca recentissima, parecchi esercenti han-no dichiarato di aver lavorato di più a parità di in-casso, segno inconfutabile che la clientela, in un mo-mento di diffi coltà che non sappiamo se fi nirà mai, ha voglia di premiare chi ti garantisce il trattamento di prima a prezzi leggermente contenuti.Sappiamo che la questione sta diventando annosa, ma i pareri che raccogliamo e le esperienze dirette ci esortano a tenere viva la discussione. Credo ci sia di mezzo una bella fetta del nostro futuro.

[email protected]

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Affari di Gola settembre 2011

35Affari di Gola ottobre 2011

LA REPLICA

Dietro La RocchettaDietro La Rocchettasi cela una grande emozione.si cela una grande emozione.

Uve nobili, Chardonnay e Pinot Bianco, passione, entusiasmo e una lunga lavorazione danno vitaa uno spumante ricco di bollicine, vaporoso, aromatico,

perfetto per un aperitivo ma anche per tutto il pasto.Un Brut Metodo Classico così, è solo La Rocchetta.

Vi aspettiamo per un assaggio dei nostri Brut,Bianco e Rosè Metodo classico, l’unico da Merlot in purezzae Gran Menzione al Vinitaly 2009, e per scoprire tutti i nostri

vini: Rosso D.O.C. taglio “Bordolese”, Rosso Riserva D.O.C, Bianco D.O.C. e Rosato (da Merlot).

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SOCIETÀ AGRICOLA LA ROCCHETTA srlCastel Merlo - Via Verdi 4, 24060 Villongo (BG)Tel. 035/936.318 Fax 035/[email protected] - www.larocchetta.it

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Dietro La Rocchettasi cela una grande emozione.

La Rocchetta

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Un vero “mago” nella scoperta dei giovani talenti che nell’arco di circa vent’anni han-no calcato (e calcheranno) i campi di serie

A e B. Lui è Mino Favini, mitico e intramontabile responsabile del vivaio dell’Atalanta colui che ha rivoluzionato il modo di gestire il settore giovanile, un uomo pieno di idee ma che a tavola ama la sem-plicità e soprattutto… la cucina dell’amata moglie!Il suo piatto preferito?“Il risotto alla milanese”.Le piace cucinare?“Non proprio… l’unica volta che mi sono avvicina-to ai fornelli per preparare un risotto allo champa-gne, dopo 5 minuti mia moglie mi ha letteralmente cacciato dalla cucina… da allora non ci provo più!”.La specialità bergamasca che preferisce?“Gli scarpinòc… li porto sempre a casa così mia moglie me li cucina”.Il cibo che non le piace?“Non sono un amante particolare della carne”.La cucina regionale italiana che più apprez-za?“Amo molto il pesce e l’ho mangiato molto bene in Puglia, nella zona del Gargano”.Il suo menù ideale“Un buon piatto di spaghetti all’amatriciana, un co-niglio in salmì (come lo cucina mia moglie non lo cucina nessuno!) e, per fi nire, siccome sono ghiot-to di dolci, un bel gelato alla frutta”.Vino o birra?“Vino”.Rosso o bianco?“Mi piacciono molto i prosecchi, quindi vado sui bianchi”.Carne o pesce?“Pesce, assolutamente”.Pasta o riso?“Adoro i risotti, anche se non disdegno mai un bel piatto di spaghetti”.La cucina straniera che più le piace?“Non ce n’è una in particolare, sono piuttosto na-zionalista in fatto di cibo”.La sua pizza preferita“La più semplice e secondo me la più buona di tut-te: la margherita!”.Che alimentazione seguono i suoi ragazzi del

vivaio atalantino?“D’accordo con il medico e il preparatore, i ragaz-zi fanno un pasto lineare ed equilibrato: un primo piatto e di secondo carne o pesce con verdura e, infi ne, un frutto”.E’ diffi cile combinare tradizioni culinarie di-verse, per esempio per i ragazzi che vengono dall’estero e da altre culture?“No, di solito i ragazzi si adeguano alla nostra ali-mentazione che è decisamente apprezzata. L’unico problema sorge durante il periodo del ramadan per i ragazzi musulmani, ma anche lì medico e prepara-tore stabiliscono un piano alimentare personalizza-to per il ragazzo”.Un piatto che le mette allegria“I bolliti. Mi ricordano quando da giovane giocavo nell’Atalanta e andavamo al ristorante a mangiarli: davvero buoni e mangiati insieme ai miei compa-gni di squadra tra una battuta e l’altra diventavano un simbolo di allegria e convivialità”.Qual è stato il pranzo o la cena più emozio-nante della sua carriera?“Amo molto quando a Natale ci si ritrova tutti insie-me a festeggiare con una bella cena: è un bel mo-mento che trascorro con le persone che lavorano con me ogni giorno, con i dirigenti, i calciatori e, ovviamente, i “miei” ragazzi”.Le piace la donna che cucina?“Molto. E poi mia moglie è davvero una brava cuo-ca: si può dire che la cucina è il suo regno”.Qual è il piatto che cucina sua moglie che pre-ferisce?“Fa dei minestroni buonissimi, di cui io vado mat-to”.Come s’immagina una cenetta romantica?“Sono passati un po’ troppi anni per ricordarme-la...Comunque, la cosa più importante è stare con la persona che si ama, magari in un ristorantino da-vanti al mare a mangiare pesce fresco o crostacei e a sorseggiare un buon prosecco e per fi nire un bel brindisi con lo champagne”.Un cibo che rappresenta il suo carattere e il suo stato d’animo attuale“Il risotto allo champagne: un piatto semplice, ma con un tocco di «magia»”. Se lo dice il mago dei giovani c’è da credergli!

A tavola con lo sportivoA tavola con lo sportivodi Filippo Grossi

Mino Favini: “La magiaè in un risotto allo champagne”

Mino Favini, responsabile del vivaio dell’Atalanta

37Affari di Gola ottobre 2011

Questo piatto, facile da realizzare, è uno dei miei pre-feriti, perché è molto “gratifi cante” dopo una lunga giornata di lavoro. Lo zafferano è un prodotto na-turale, che piace sempre a tutti e che regala ai cibi un sapore inconfondibile. A causa della colorazione intensa, qualcuno crede sia “modifi cato” con lo sco-po di rendere più scenografi ci i piatti, ma è un erro-re: lo zafferano nasce dal Crocus Sativus, una pianta dai bellissimi fi ori il cui colore varia dal lilla chiaro al viola purpureo e all’interno della sua corolla si trovano tre stimmi di colore rosso, che contengono la crocina, una sostanza solubile che dà origine allo zafferano. Si tratta quindi di un alimento lontano an-ni luce dai prodotti trasformati o intrisi di coloranti. E non è solo gustoso, ma fa anche bene; infatti, pur regalando alle pietanze tanto sapore, ha il grande pregio di non aggiungere grassi e di fornire pochis-sime calorie, tanto è vero che l’apporto calorico di questa spezia è praticamente nullo: 1 bustina da 15 gr è pari a 0,4 kcal. E per questo sempre più spesso viene utilizzato nelle diete alimentari. Questa spezia

è conosciuta anche come "elisir di lunga vita" per le innumerevoli caratteristiche benefi che: possiede proprietà antiossidanti, grazie alla presenza dei caro-tenoidi, che hanno la capacità di legarsi ai radicali li-beri e neutralizzarli, proteggendo così le cellule e in-nalzando le difese immunitarie. Ma anche proprietà digestive poiché aumenta la secrezione della bile e dei succhi gastrici e facilita la digestione. La tradizio-ne cinese, poi, riconosce nello zafferano proprietà disintossicanti ed è per questo che in terra d’orien-te viene consumato in gran quantità al fi ne di riatti-vare la circolazione, eliminare le tossine e abbassare il tasso di colesterolo e trigliceridi. E non per ultimo è uno degli alimenti afrodisiaci per eccellenza: que-sta spezia infatti ha dimostrato di poter agire sulle ghiandole surrenali, stimolando la produzione di adrenalina e cortisolo. Lo zafferano era già famoso nella notte dei tempi: nella mitologia greca il dio Er-mes lo utilizzava come afrodisiaco per risvegliare il desiderio e l’energia sessuale. Insomma un alimento dalle mille risorse.

LA CURIOSITÀ

Fusilli allo zafferanoIngredienti per 1 persona100 g di fusilli1 scalogno piccoloolio d’oliva extra vergine q.b.1 noce di burro1 bustina di zafferano1 cucchiaio di ricottaformaggio di grana grattugiato sale

PreparazioneFate bollire l’acqua e cuocete i fusilli. Tagliate a pezzettini lo scalogno e soffriggetelo nel burro mischiato all’olio. Una volta che lo scalogno è ammorbidito, aggiungete un mestolo di acqua di cottura e la bustina di zafferano. Fate restringere un po’ il sugo e quindi aggiungete la ricotta e il sale, continuando a mescolare. U-nite al tutto un cucchiaio di acqua di cottura, il formaggio grattugiato e continuate a girare fi no ad ottenere una crema densa. Versate la crema sui fusilli e servite.

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Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinun-cia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o ri-lassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

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DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Zafferano, quel toccoin più alla pasta

38 Affari di Gola ottobre 2011

Enoteca Marchesi - Seriate (BG)