affari di gola dicembre 2009-gennaio 2010

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Parte da Bergamo la scalata italiana al Bocuse d’Or LA COPERTINA L’esperto svela i segreti del locale di successo L’INTERVISTA L’omaggio dell’Ascom ai nuovi locali stellati IL RICONOSCIMENTO Il farmacista birraio di San Pellegrino IL PERSONAGGIO Un formaggio al mese, ecco la mini guida IL PRODOTTO IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO dicembre 2009 - gennaio 2010 Supplemento al n. 44 de “La Rassegna” del 17 dicembre 2009 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile - Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio

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Page 1: Affari di Gola dicembre 2009-gennaio 2010

Parte da Bergamo la scalata italiana al Bocuse d’Or

LA COPERTINA

L’esperto svelai segreti del locale di successo

L’INTERVISTA

L’omaggio dell’Ascom ai nuovi locali stellati

IL RICONOSCIMENTO

Il farmacista birraiodi San Pellegrino

IL PERSONAGGIO

Un formaggio al mese, ecco la mini guida

IL PRODOTTO

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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DICEMBRE 2009 - GENNAIO 2010

S O M M A R I O5

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PENNA ALL’ARRABBIATATra pizze, locali stellati e spumantiaffrontiamo il 2010 carichi di speranza

L’EVENTOParte da Bergamo la scalata al Bocuse d’Or

IL DIBATTITOIl Valcalepio e il nodo della promozione

LA PROPOSTAIl calendario del formaggio, ogni mese il suo gran Cru

L’INTERVISTA“Vi svelo i segreti del ristorante magnetico”

IL BILANCIODieci piatti per dieci emozioni

TENDENZEBirra artigianale, anche Bergamo ci prende gusto

IL PREZZO FISSOAl Ponte, la clientela ora la porta anche il tram

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: S.P.M. srl - viale Papa Giovanni XXIII, 120/12224121 Bergamo - tel. 035 358 888 fax 035 358 753Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Donatella Tiraboschi, Sara VavassoriImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

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Page 4: Affari di Gola dicembre 2009-gennaio 2010

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Page 5: Affari di Gola dicembre 2009-gennaio 2010

Tra pizze, locali stellati e spumantiaffrontiamo il 2010 carichi di speranza

Doveva ancora iniziare, questo 2009, e già la faccenda si presentava problema-tica: Fabrizio Del Noce, direttore di rete

in diretta televisiva, si presentava sul palco di Carlo Conti, nella festa Rai-uno a Capodanno, con tanto di champagne in mano.Che avrebbe bevuto poi, allo scoccar della mez-zanotte, addirittura a canna.Pochi giorni or sono, il ministro delle Politiche agroalimentari, Luca Zaia, a scanso di equivoci, è intervenuto sulla questione: “Ho chiesto alle principali televisioni e radio italiane di scegliere, per il tradizionale brindisi dell’ultimo dell’anno, le bollicine dei nostri spumanti. Sarà un modo per fe-steggiare insieme non solo il nuo-vo anno, ma anche uno dei pro-dotti simbolo dei nostri territori e, con esso, l’agricoltura italiana tutta”. Meno male, almeno lì ci ab-biamo messo una pezza. Come per la pizza.E non è un gioco di parole. Perché se quest’anno era cominciato maluccio, ringraziando il cielo sta terminando assai meglio.È sempre di questi giorni, infatti, la notizia che per la “Pizza napoletana” è arrivato il ricono-scimento europeo di specialità garantita (Sgt) che la garantirà da falsi ed imitazioni. È una notizia che in Campania attendono da almeno vent’anni e che per l’Italia tutta, a difesa dei suoi giacimenti gastronomici, rappresenta una vittoria dall’altissimo valore simbolico.La garanzia della Pizza napoletana, per cui è stato ringraziato nuovamente il ministro Zaia (un leghista che difende una leggenda parteno-pea), va infatti molto al di là di qualsiasi confi-ne regionale.In ballo c’è molto di più, c’è la difesa ad oltran-za di ogni peculiarità dei nostri territori, troppo spesso minacciati da copioni e mascalzoni oltre-frontiera. Si tratta di un riconoscimento che ha superato, in seno all’Unione Europea, anche i rilievi mos-si dalla Germania e le obiezioni da parte della Polonia. Fatemi capire questi qui cosa volevano.Pretendevano forse, i tedeschi, che la Pizza po-

tesse essere un vanto della città di Baden-Baden?E se non avessimo più garanzie sulle nostre spe-cialità, nessuna di nessuna regione, in Polonia che proposito potrebbero covare, magari quello di promuovere gli “Scarpinocc” de Poznan? Ma tra il brindisi sciagurato e il via libera eu-ropeo sul disco di pasta più buono del mondo c’è stato ovviamente dell’altro: un anno di con-

trazione economica che ha mes-so a dura prova gli operatori del settore accoglienza e ristorazione da una parte e la stessa clientela dall’altra, impossibilitata a fare escursioni enogastronomiche a go-gò, considerato il momento.In diversi hanno chiuso bottega, anche insegne prestigiose: qual-che analista sostiene che è meglio così e che è proprio nei momenti di crisi che la scrematura lascia a galla i più meritevoli. Non lo sappiamo, non abbiamo alcuna verità in tasca. Certo è che quelli

che riusciranno a superare la burrasca (perché finirà prima o poi, porca miseria), si ritrove-ranno più saggi e fortificati, questo è fin troppo facile da pronosticare e lo possiamo fare anche noi. Nel frattempo la ristorazione bergamasca, ridi-mensionata leggermente dalle altre due guide, ha ricevuto grande spinta proprio dalla rossa Michelin che, giratela come volete, è quella desti-nata a far discutere di più, quindi la più golosa in prospettiva. Le tre stelle a Vittorio, le nuove stelle a Roof Garden e Al Vigneto, la riconferma delle altre nostre eccellenze, spingono Bergamo verso un percorso che sarebbe follia non caval-care con entusiasmo.Nuove iniziative si affacciano e, nell’aria, si av-verte una volontà di costruire e promozionare le bontà del nostro territorio, insegne e prodotti, al di là di stupidi steccati che, ovviamente, divido-no e indeboliscono. Oltre al nuovo anno che ci viene incontro, zeppo di prospettive e di positività, brindiamo anche a questo palcoscenico rinnovato, agli uomini e alle donne di buona volontà, al nostro domani, personale e lavorativo.E ai nostri figli, certezza di un futuro migliore.

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Affari di Gola dicembre 2009

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I più grandi nomi della ristorazione e gli chef emer-genti del nostro Paese si danno appuntamento il 15 e il 16 marzo prossimi, alla fi era di Bergamo - in

occasione di “Cooking Expo” - per le selezioni nazionali del Bocuse d’Or, il più importante concorso gastronomi-co del globo, creato nel 1987 da Paul Bocuse, papà della Nouvelle Cuisine e chef-star di fama planetaria. Lione ha scelto Bergamo come luogo dove selezionare il meglio della cucina e del gusto italiani: la Gl Events - Sepelcom, società organizzatrice del Bocuse d’Or, ha assegnato le selezioni italiane alla neocostituita Associa-zione di Promozione del Territorio, nata per valorizzare i giacimenti golosi, la ristorazione e tutto il mondo impren-ditoriale del comparto enogastronomico bergamasco. L’Associazione senza fi ni di lucro, presieduta da Carlo Spinetti, riunisce Ascom, Camera di Commercio, Confi ndustria, Ente Fiera Promoberg e Bergamo Fiera Nuova (rappresentate dai rispettivi presidenti) e si avvarrà, nell’organizzazione dell’evento, del contributo e della competenza dell’Accademia del Gusto (la scuola di cucina dell’Ascom) nonché dell’esperienza della Fe-derazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe), che organiz-zerà, sempre in occasione dell’evento fi eristico “Cooking Expo”, fi rmato da Promoberg, gli Stati generali della ri-storazione italiana. Saranno due giorni intensi all’insegna della sfi da per i 16 chef ammessi a partecipare alla manifestazione che, cimentandosi su due temi, l’halibut bian-co per il pesce e il vitel-lo svizzero per la carne, andranno in cerca della coppia di ricette perfetta per tenere alto il tricolore a Ginevra alle selezioni europee. La sfi da del gusto am-

Si è messa in moto la macchina organizzativa che il 15 e il 16 marzo prossimi, in fi era, darà il via alle selezioni italiane del più importante concorso gastronomico mondiale. Sedici gli chef a caccia dell’oscar. Il ruolo dell’Associazione Promozione del Territorio e il contributo dell’Accademia del Gusto-Ascom

L’EVENTO di Laura Bernardi Locatelli

di Carlo Spinetti*

Parte da Bergamo la scalata al Bocuse d’Or

6 Affari di Gola dicembre 2009

Un’occasione per impostare

Il 15 e 16 marzo prossimi Bergamo ospiterà la Se-lezione italiana del Bocuse d’Or, il più importante

concorso gastronomico a livello internazionale, e la Lombardia diventerà la capitale dell’alta ristorazio-ne italiana. Questa iniziativa rappresenta una gran-de opportunità e una sfi da per il rilancio della cuci-na italiana nel mondo; sfi da che l’Associazione Pro-mozione del Territorio, in collaborazione con Fipe e Accademia del Gusto, ha voluto cogliere, condividen-done le potenzialità con i più qualifi cati e dinamici operatori economici legati all’alta ristorazione ita-liana. Promozione del Territorio, con i suoi cinque soggetti che la costituiscono, Camera di Commercio, Ascom, Confi ndustria Bergamo, Ente Fiera Promo-berg e Bergamo Fiera Nuova, vuole proprio valoriz-zare l’arte della cucina e l’enogastronomia in una logica di fi liera produzione-distribuzione-servizi. Pubblico e privato si uniscono per il bene di un in-tera comunità, valorizzando due tasselli importanti dell’economia nazionale: l’alta ristorazione e l’inte-ra fi liera agroalimentare. Quando, durante una vi-sita al Sirha a Lione, ci si è presentata l’opportunità

di candidarci per la selezione italiana del Bocuse d’Or non abbiamo esitato, e, forse, mossi anche da una passione personale, da subito abbiamo valuta-to le nostre possibilità e potenzialità e ci siamo messi in gioco. L’ideale è alto, il podio del Bocuse d’Or, e la strada per raggiungerlo non è semplice, ma le ba-si su cui poggiamo sono solide a parti-re dalla presenza di grandi ristoratori nella nostra città, dalla vivacità delle nostre associazioni imprenditoriali e

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mette in Europa un solo candidato per nazione delle 20 partecipanti: il 7 e l’8 giugno la città svizzera sve-lerà i nomi dei 7 chef del Vecchio Continente che voleranno a Lione, sede della fi nale dei “Mondiali” della cucina, cui partecipano i migliori chef dei 5 continenti, in programma a gennaio 2011, in occasione del “Sirha” (rendez- vous mondial restau-ration et hotellerie). “Il Comitato organizzatore, presieduto da uno chef di rango come Giancarlo Per-bellini, dovrà scegliere il miglior can-didato possibile per salire sul podio a Lione - ha dichiarato Marie Odile Fondeur, direttore del Sirha e di Se-pelcom Events nel corso della confe-renza stampa di presentazione delle selezioni italiane, svoltasi a Milano -.

L’Italia è patria di grandi tradizioni gastronomiche e depositaria di un patrimonio culinario d’eccellenza, Bergamo ne è una conferma, grazie alla competenza dell’Accademia del Gusto e ad un’Associazione dedica-ta alla promozione del patrimonio enogastronomico del territorio”. Il concorso creato da Paul Bocuse rappresenta dalla sua istituzione il

sogno di ogni chef in tutto il mon-do: “Da più di vent’anni l’evento rappresenta un trampolino di lancio per i cuochi emergenti, è un appun-tamento imperdibile per valorizzare la cucina di 24 Paesi e confrontare culture gastronomiche diverse - ha spiegato Florent Suplisson, di-rettore del Bocuse d’or-. È lo show più bello del mondo, un’occasione d’oro per far brillare la cucina ita-liana”. Una sfi da mondiale che, con disciplina, allenamento ed impegno, potrebbe vedere l’Italia conquistare la vetta della ristorazione: “I Mondiali di cucina rappresentano per noi una bella sfi da: la qualità della ristorazio-ne italiana è fuori discussione, ma è anche una caratteristica talmente scontata che non è mai stata comuni-

7Affari di Gola dicembre 2009

Suplisson e Fondeur

e una rifl essione sulla ristorazione di qualitàdall’operosità delle nostre imprese. A ciò si aggiunge anche la presenza di una scuola di grandi ambizioni e potenzialità come l’Accademia del Gusto, all’avan-guardia per quanto riguarda la fi losofi a didattica, il corpo docenti e le attrezzature, tanto da riscuotere, a soli cinque anni dalla nascita, un particolare successo nel mondo della ristorazione non solo lombarda. Da Bergamo parte una sfi da: vincere il Bocuse d’Or. Ma non è una sfi da fi ne a se stessa. Il Bocuse è solo una tappa, o forse meglio il punto di partenza di un per-corso che ha come meta mostrare la cucina italiana in tutta la sua grandezza; per questo abbiamo chiamato i migliori chef a colla-borare con noi. Ringrazio a que-sto proposito Giancarlo Perbelli-ni, che abbiamo chiamato a pre-siedere la Selezione italiana. La Selezione italiana del Bocuse d’Or è l’occasione per impostare una rifl essione seria sul tema della ri-storazione di qualità, delle rego-le e della disciplina che devono caratterizzare questo importante settore. Ci siamo chiesti, nel corso di questi mesi preparatori alla candidatura, perché l’Italia non abbia mai vinto l’ambita statuetta di Paul Bocuse e non sia neppure salita sul podio. I nostri chef sono bra-vi, la cucina italiana è conosciuta in tutto il mondo come una delle migliori. Ma cosa ci manca? Forse non abbiamo quella disciplina, quel rigore delle regole che caratterizza altre nazioni e che le fa eccellere. La no-stra è un’ambizione: esaltare, attraverso una maggior disciplina, la capacità, la creatività, l’intraprendenza, il gusto di chi fa già grande la cucina italiana. Come

il Bocuse d’Or a Lione si svolge all’interno del Sirha (rendez-vous mondial restauration et hôtellerie), la Se-lezione Italiana si svolge a Cooking Expo, una nuova fi era dedicata all’alta ristorazione e alla fi liera agro-alimentare, in cui sarà possibile valorizzare al me-glio l’industria alimentare italiana, il patrimonio e la tradizione enogastronomica del nostro Paese. Tutto ciò anche attraverso l’organizzazione mirata di work shop, seminari, convegni e meeting. Tra gli eventi in programma anche gli Stati Generali della ristorazio-

ne lombarda e italiana. Con Coo-king Expo vogliamo confermare il ruolo fondamentale che oggi han-no l’industria alimentare e la ri-storazione di qualità, non solo per la grande e prestigiosa tradizione che vantano nel nostro Paese, ma anche perché sono tasselli fonda-mentali dell’intera fi liera agro-ali-mentare, sulla quale si investono sempre più risorse per migliorar-ne l’effi cienza con processi di inno-

vazione all’avanguardia. I settori rappresentati vanno dall’arte della tavola alle attrezzature per cucina, sale e bar (dalle attrezzature più tradizionali a quelle più avanzate) dalla caffetteria alla fi liera di produzione, al food e drink, all’hotellerie, ai materiale d’arredo fi -no al software per ristorazione e banqueting. Infi ne, voglio dire che la scelta di Bergamo per le selezioni, per ora limitate all’Italia, del Bocuse d’Or si inserisce bene nei programmi dell’Expo 2015, una sorta di anticipo di alcuni dei temi che caratterizzeranno il nostro Pae-se da qui al 2015.

*presidente Associazione Promozione del Territorio

Spinetti, Perbellini e Stoppani

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La sfi da si gioca su due temi: halibut bianco e carne di vitello

Il concorso è aperto a tutti i cuochi professionisti di ristoranti o hotel, di nazionalità italiana, nati pri-ma del 25.01.1988 (di età maggiore o pari a 23 an-ni il 25 gennaio 2011), con almeno tre anni di espe-rienza lavorativa come chef, sous chef o chef di par-tita. La squadra può essere composta al massimo da 3 persone: lo chef, un assistente di cucina e un alle-natore. L’assistente dello chef deve essere nato dopo il 25 gennaio ‘89 (di età minore di 22 anni il 25 gen-naio 2011). È prevista l’assegnazione di un trofeo, da parte de “l’Académie des lauréats du Bocuse d’Or” e dell’Accademia del Gusto, per il miglior commis che si esibirà al concorso. Ogni squadra può designare al suo interno un allenatore uffi ciale, che sarà autorizza-to ad essere presente in scena, ma non potrà accede-re alle cucine, né al backstage. Le candidature vanno inoltrate entro il 25 gennaio 2010.Gli chef prescelti dovranno sostenere, entro il 10 febbraio 2010, un colloquio con i componenti del Comitato Organizzatore al fi ne di raccontare le loro esperienze professionali e motivare la loro scelta di

partecipare al Bocuse d’Or. Entro il 15 febbraio 2010, il Comitato Organizzatore Italiano selezionerà i 16 candidati che gareggeranno il 15 ed 16 marzo 2010 a Bergamo.

• MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEL CONCORSO Le prove del concorso si svolgono in due giornate:

8 candidati gareggiano il giorno 15 marzo ed altret-tanti il giorno successivo.

La gara prevede la preparazione “a caldo” di due piatti: uno di pesce ed uno di carne. L’inizio delle prove ha luogo la mattina, alle 10.30. I candidati co-minciano la loro prova a distanza di 10 minuti l’uno dall’altro. Il primo candidato presenta alla giuria le 14 porzioni a base di pesce 5 ore dopo l’inizio della prova e le 14 portate a base di carne 35 minuti do-po. Gli altri candidati presentano di seguito i loro piatti ogni 10 minuti.

• LE REGOLE PER PRESENTARE LE DUE RICETTE Gli chef dovranno cimentarsi su due temi, l’Halibut

cata e promossa adeguatamente - ha dichiarato Lino Stoppani, presiden-te nazionale della Fipe -. La cultura dell’impresa familiare ha concentra-to le attenzioni sulla cura del cliente e sulla selezione delle materie prime, ma raramente sulla cura della pro-pria vetrina. Se vogliamo dimostrare anche con medaglie e coppe il va-lore della cucina italiana dobbiamo impegnarci seriamente, altrimenti siamo al paradosso di una gastro-nomia d’eccellenza riconosciuta a livello mondiale, ma impietosa sulla carta degli albi d’oro di concorsi

come il Bocuse d’Or”. La federazione dei ristoratori supporterà l’organiz-zazione della competizione in ogni angolo d’Italia, attraverso le 108 asso-ciazioni territoriali che segnaleranno i propri candidati. “Vogliamo - puntualizza Giancarlo Perbellini - dell’omonimo locale stellato di Isola Rizza, presidente delle selezioni italiane del Bocuse d’Or - che l’Italia sia protagonista del concorso che vedrà sfi darsi i migliori chef di tutti i continenti. Il nostro so-gno è vedere l’Italia salire sul podio a Lione nel 2011”.

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IL REGOLAMENTO / IL 25 GENNAIO 2010 IL TERMINE PER ADERIRE AL CONCORSO

L’Accademia del Gusto: una palestra per i migliori chef

L’Accademia del Gusto apre la por-ta agli chef per allenare campioni ai fornelli che si sfi deranno per an-dare a Lione. “Aggiudicandoci le se-lezioni italiane del più prestigioso concorso gastronomico al mondo, superando l’attento esame della

8 Affari di Gola dicembre 2009

Alberto Capitanio e Stefano Cristini

Malvestiti, Rodeschinie Ferrari

L’EVENTO

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commissione organizzatrice francese, abbiamo mo-strato il nostro valore a livello internazionale - dichia-ra Daniela Nezosi, direttore didattico e organizzativo dell’Accademia del Gusto di Osio Sotto -. Un risultato importante, frutto di mesi di lavoro intenso portato avanti attraverso una stretta collaborazione con Lione, a partire dalla prima visita al Sirha, che ci riempie d’or-goglio, ma che rappresenta solo il punto di partenza di un percorso di formazione e “allenamento” per portare la nostra cucina nel mondo. I docenti dell’Accademia del Gusto - un parterre illustre di chef - avranno il com-pito di “vegliare” sulla ristorazione italiana, attraverso la presenza nel Comitato di Sorveglianza e affi ancando il

Comitato Organizzatore del Bocuse d’Or presieduto da Giancarlo Perbellini”. Bergamo si prepara a diventare capitale dell’alta ristorazione a marzo: “I più grandi no-mi della ristorazione provenienti da tutta Italia si dan-no appuntamento in Fiera per eleggere il migliore rap-presentante del gusto italiano, pronto a competere per il titolo europeo a Ginevra e cercare di aggiudicarsi la fi nale di Lione - continua Nezosi -. Sarà un’Expo dell’ec-cellenza della ristorazione italiana che radunerà i più illustri rappresentanti dell’alta cucina delle più impor-tanti associazioni di chef, rappresentate da “Le Soste” e “Le Jeunes Restaurators d’Europe”, per la prima volta unite in una manifestazione”.

per il pesce e il vitello che vengono forniti obbliga-toriamente dall’organizzazione. I candidati avran-no a disposizione 1 Halibut Sterling bianco intero con testa, di 5/6 kg e 2 decorazioni libere ed 1 carré di vitello “6 coste” di 3.5 kg circa e 2 decorazioni li-bere; facoltativa la scelta di impiegare anche le frat-taglie (testina di vitello rasata disossata o piedini o animelle di vitello per la carne).

Tutti gli altri prodotti necessari alla realizzazione delle ricette sono a cura degli chef. Sono tassativa-mente proibiti i prodotti già preparati, eccezion fat-ta per i fondi per le salse e le verdure crude pelate, pulite ma non tagliate. Le ricette, per 14 porzioni, devono riportare il titolo, l’elenco degli ingredien-ti espressi in grammi e centilitri, la descrizione del procedimento per ogni fase di preparazione, le tecniche di cottura, oltre all’elenco degli utensili e delle attrezzature utilizzate e alla scelta del piatto di presentazione (rotondo, 80 cm di diametro; ret-tangolare 90x60 cm; ovale, 100x60 cm). L’impiatta-mento avviene secondo le seguenti regole: 10 por-zioni sono sistemate sui piatti da presentazione e 4 porzioni sono sistemate su piatti da portata.

• VALUTAZIONE Il Bocuse d’Or Europa è attento alle tendenze più

attuali della cucina internazionale e vuole privile-giare il gusto.

pgiare il gusto.

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Page 10: Affari di Gola dicembre 2009-gennaio 2010

Il Comitato Organizzatore si pone l’obiettivo di se-lezionare, per la competizione europea, un candi-dato che riesca ad esprimere quanto più possibile le peculiarità del gusto italiano. I candidati dovran-no evitare qualsiasi elemento decorativo superfl uo nella disposizione del cibo nei piatti. Tutti i piatti e le preparazioni devono essere interamente confe-zionati sul posto e saranno controllati dal Comitato di Sorveglianza della cucina. La valutazione è sta-

bilita su un totale di 60 punti, 40 per la degu-stazione e 20 per la presentazione.

Un voto di “metodologia, pulizia, corretto uti-lizzo dei prodotti” (massimo 20 punti) è dato ad ogni candidato dal Comitato di Sorveglian-za della cucina. Questo voto tiene conto del ri-spetto dei prodotti, del metodo, della pulizia e della corretta utilizzazione delle merci per limitarne lo spreco. Il voto più basso e il voto più alto non sono presi in considerazione nel conteggio totale. I voti fi nali risultano dalla somma dei voti ottenuti dai candidati ad ogni prova.

• GIURIA La Giuria è composta da venti giurati (dieci per il

pesce e dieci per la carne), obbligatoriamente cuo-chi professionisti di ristorante o hotel. L’intero con-corso è presieduto dallo chef Giancarlo Perbellini (presidente del Concorso), che non vota i piatti, ma il cui giudizio, in caso di contestazioni, è decisivo ed irrevocabile.

• COMITATO DI SORVEGLIANZA DELLA CUCINA Otto controllori formano il Comitato di Sorveglian-

za della cucina. Saranno presenti nel backstage per controllare il materiale, i prodotti dei candidati e il corretto svolgimento del concorso.

Questo comitato è formato da quattro allenatori di squadra (due per giorno), la cui designazione è sorteggiata e da sei controllori designati dal Comi-tato Italiano Organizzatore. Il comitato osserverà la metodologia, l’igiene ed il corretto utilizzo dei pro-dotti. Questa osservazione, che sarà valutata con un massimo di 20 punti, servirà a decretare il migliore in eventuali casi di ex aequo.

• CLASSIFICA E PREMI Ai primi tre classifi cati saranno riconosciuti i se-

guenti premi: 1° premio 6.000 euro; 2° premio 2.500 euro e 3° premio 1.500 euro.

Il primo classifi cato accede alla selezione europea del Bocuse d’Or che si svolgerà a Ginevra il 7 e l’8 g g

10 Affari di Gola dicembre 2009

Rodeschinie Prati

Sommarivae Venturini

L’EVENTO

Page 11: Affari di Gola dicembre 2009-gennaio 2010

Trigona e Malvestiti premiano i Cerea

giugno 2010. La partecipazione al concorso di Ginevra e, se classifi cato, a quello di Lione (25 e 26 gennaio 2010), costituiscono elementi con-trattuali imprescindibili al fi ne di acquisire il di-ritto alla conservazione del premio.

Trigona e Malvestiti premiano i Cerea

L’omaggio dell’Ascom ai locali “stellati”

A conferma di una eccellenza gastronomica da sempre riconosciuta, Bergamo ha brillato anche quest’anno sulla guida Michelin. A far cronaca, soprattutto, la terza stella al ristoran-te Da Vittorio di Brusaporto, riconoscimento che proietta il locale di Chicco e Bobo Cerea tra i sei mi-gliori ristoranti d’Italia. Entrano invece per la prima volta nella guida rossa due ristoranti con una stella: il Roof Garden dell’Hotel Excelsior San Marco di Bergamo (già “promessa” nella passata edizione) - guidato dallo chef Fabrizio Ferrari - e Al Vigneto di Grumello del Monte, patron Vito Siragusa e chef Simone Scrivo.Con i loro ingressi, salgono a nove i ristoranti stellati di Bergamo. A Chicco e Bobo Cerea e a Fabrizio Fer-rari - presenti a Milano alla conferenza stampa sulle selezioni italiane del Bocuse d’Or - l’Ascom, attraver-so le parole del presidente Paolo Malvestiti e del direttore Luigi Trigona - ha fatto giungere parole di congratulazione dell’Associazione per i prestigiosi traguardi raggiunti, offrendo in omaggio una com-posizione fl oreale.

Trigona e Malvestiti premiano Ferrari

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Giancarlo Perbellini

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Ha 20 anni. Ed è il concorso più ambito dagli chef

Il Bocuse d’Or rappresenta dal 1987 una sorta di Oscar per gli chef: il trofeo della manifestazione dal richiamo hollywoodiano è infatti l’ ambita statuet-ta d’oro che ritrae Paul Bocuse, celebre per aver ri-voluzionato non solo la cucina, ma anche il modo di comunicare e promuovere la buona tavola a tut-ti i livelli. “Bocuse ha avuto un’idea semplice ma rivoluzio-naria: far uscire gli chef dalle cucine per dare vita ad uno show mediatico e ad una sfi da che raduna a Lione, al Sirha, i migliori chef dei 5 continenti - spie-gano Marie Odile Fondeur e Florent Suplisson di Sepelcom Gl Events, rispettivamente direttore del Sirha e direttore del Bocuse d’Or -. Un laboratorio di tendenze, ricerca e creatività in diretta, con tanto di sfi da, con supporters da tutto il mondo e una copertura mediatica degna di un Mondiale, nell’ambito di un salone che mette in mostra il meglio della ristorazione, dell’hotellerie e

dell’intera fi liera agroalimentare”. Stessa spettaco-larizzazione e stesso sapore agonistico per la sfi da culinaria italiana: gli chef, in un’area appositamen-te dedicata al concorso nell’ambito di Cooking Expo, dovranno cimentarsi nei box allestiti con le due ricette ideate e cercare di conquistare la giuria, composta da 10 giurati per la carne ed altrettanti per il pesce. Il concorso sarà presieduto da Gian-carlo Perbellini, chef dell’omonimo ristorante di Isola Rizza a Verona, insignito di due stelle Miche-lin. La giuria, presieduta dai fratelli Cerea, Enrico e Roberto, sarà composta da chef delle rinomate associazioni “Le Soste” (rappresentata da Antonio Santini ) e da “Le Jeunes Restaurateur d’Europe”, presieduta da Emanuele Scarello, a cui si affi anche-ranno Michel Roth (chef del Ritz di Parigi e presi-dente dell’ Accadèmie de Laurèats du Bocuse d’Or) e Sergio Mei, executive del Ristorante “Il Teatro” del Four Seasons di Milano.

LA STORIA DEL BOCUSE D’OR

12 Affari di Gola dicembre 200912 Affari di Gola dicembre 2009

L’EVENTO

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IL PUNTO di Daniela Nezosi*

Ricca di spunti ed emozioni la trasferta dell’Accademia

del Gusto al congresso di Alicante

Prendere un aereo per la Spagna a metà novem-bre signifi ca, per quanti si occupano di alta cu-cina, intraprendere un viaggio per assistere ad

una delle convention gastronomiche più importan-ti del panorama internazionale. Fino allo scorso an-no la tappa d’obbligo era San Sebastian. Quest’anno invece il nostro volo ci ha portati ad Alicante, nuova sede de “lo Mejor de la Gastronomia”. Recarsi a que-sta manifestazione signifi ca poter incontrare in un unico luogo il gotha della ristorazione mondiale e, soprattutto, assistere in diretta alle creazioni dei mi-gliori maestri. È come se un tifoso di calcio potesse ve-der giocare in un unico stadio i più grandi campioni del mondo. Queste le aspettative che hanno animato la delegazio-ne dell’Accademia del Gusto nel viaggio iberico. Aspettative un po’ disattese nel vedere la nuova sede dell’evento (auditorium po-co confortevole, assenza di tra-duzione simultanea) e nel fare i conti con la regia improvvisa-ta che ha penalizzato l’organiz-zazione. Forse è stato il prezzo che Rafael Garcia Santos, patron della manifestazione, ha dovuto pagare per la brusca separazio-ne dall’ organizzazione di San Sebastian. Ma Rafael ci ha ribadito che il punto di forza de “lo Mejor” resta-no i suoi grandi chef, che si alternano sul palco e il-lustrano ricette, tecniche, fi losofi e. Come dargli torto. Un giorno, nell’arco di sole due ore, abbiamo assisti-to agli interventi consecutivi di Joan Roja, Paco Torre-blanca e Quique Dacosta. La loro presenza ha annul-lato la percezione spazio temporale dell’auditorium: un silenzio assoluto ha accompagnato le esposizioni, segno evidente del loro forte carisma. L’ostrica il tema interpretato sia da Quique Dacosta sia da Torreblan-ca. Quella di Dacosta era l’ “Ostrica Iberica 2009”, un piatto dall’aspetto lunare con gelatina di brodo di prosciutto e “rocce” ottenute con l’abbattimento rapi-do dell’acqua di ostriche. Torreblanca, da abile pastic-

cere, ha rivendicato l’importanza del dessert nella ri-storazione e strabiliato il pubblico sviluppando una creazione di cioccolato intitolata “Ostrica con perla di vodka e spuma di mare”, incredibile imitazione di una vera ostrica nella sua conchiglia di madreper-la. Roja ha invece presentato la “Sogliola alla piastra, dai sapori mediterranei”. I fi letti di sogliola, immersi in una salamoia al 10% per cinque minuti, sono stati uniti a due a due, cotti sottovuoto a 55° per 4 minu-ti e poi scottati velocemente su brace di legna. Roja li ha adagiati in modo perpendicolare su di un piatto rettangolare, divisi in cinque tranci e cosparsi, rispet-tivamente, con buccia di arancio confi t, fi ori di fi noc-

chio, caramello all’olio d’oliva, pinoli crudi e fi ori di bergamot-to. Accanto vi ha posizionato cinque gocce delle diverse emul-sioni. Ogni assaggio provocava sensazioni diverse al palato. Du-rante il congresso ha ricevuto il premio per la migliore innova-zione tecnica e concettuale. “La base dell’alta cucina spagnola - ha detto Roja - consiste nell’evo-luzione e nella ricerca di nuove tecniche. Noi siamo stati premia-ti per il percorso che abbiamo

intrapreso nello studio dell’estrazione degli aromi e dei profumi”. Tra gli italiani abbiamo assistito all’in-tervento di Paolo Lopriore che ha presentato un pet-to di piccione in “civet”, una preparazione che tende ad esaltare il fondo di cottura con la quale è prepara-ta. Un po’ timido il suo intervento sul palco, Loprio-re sembrava soffrire un po’ la presenza di un audito-rium così vasto. D’altronde la sua fi losofi a è che siano i suoi piatti a parlare per lui. Ed in questo momento, in cui tanti parlano di lui, anche a sproposito, vi invi-tiamo ad assaggiare le sue creazioni. Non si può com-prendere o giudicare uno chef se non si è mai assag-giato qualcosa preparato da lui.

*direttore didattico ed organizzativo dell’Accademia del Gusto

Le magie de “lo Mejor”

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Joan Roca Paco Torreblanca Quique Dacosta

Affari di Gola dicembre 2009

Rafael Garcia Santos con Daniela Nezosi

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14 Affari di Gola dicembre 2009

di Enrico Rota

Enrico Rotaconsigliere delegato

e responsabilevendite Italia della QUATTROERRE

di Torre de’ Roveri (Bg)Per ulteriori informazioni

scrivere [email protected]

I l Valcalepio oggi è un prodot-to conosciuto e affermato. Quindicimila quintali di uva

danno vita ogni anno a 1.400.000 bottiglie, grazie ai 360 ettari vitati e alle oltre 90 aziende che lo imbotti-gliano. Sono numeri che attestano la dimensione del comparto. Tutto inizia nel 1976 grazie al decreto del presidente Leone (dpr del 3 agosto 1976), con la nascita della denominazione di origine control-lata “Valcalepio”. Un anno dopo, ventidue aziende decidono di fondare il Consorzio di Tutela, istituzione volontaria che,

oltre a vigilare sulle disposizioni dettate dalla legge ed esaminare ulteriormente i vini, si deve occupare anche della promozione del prodotto. Promozione che - non dimentichiamolo - è anche nelle mani dei produttori: più vino si vende, più se ne parla, più il marchio si af-ferma. Quindi la comunicazione di un vino non deve essere un’esclusiva del presidente o del direttore di un Con-sorzio, ma deve essere compito anche di tutti gli ope-ratori del settore. Con intelligenza e coraggio dobbiamo accettare le critiche espresse da terzi e capire se sono costrutti-ve e poi affrontarle seriamente. Parlare del vino del territorio non è “cosa personale”, è un patrimonio da condividere e divulgare. Nel caso del Valcalepio lo si è capito da tempo.

Il Valcalepio e il nodo della promozione

dbaglaindadlaUdd

Gentile direttore,Le scrivo in merito all’arti-

colo apparso sul numero di ot-tobre, a fi rma Enrico Rota, e alle risposte che ha suscitato e pub-blicate sul numero di novembre. Innanzitutto mi permetta di ri-volgere al signor Rota i compli-menti in quanto raramente mi è capitato di leggere un artico-lo su un argomento così ostico esposto in modo così chiaro ed esauriente.Purtroppo così non posso di-re per le risposte che sono state pubblicate nel numero scorso e

fi rmate dai vertici del Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo. Non entro nel merito degli ar-gomenti, mi limito ad osservare che i termini utilizzati nel par-lare del vino da noi tutelato, il Valcalepio moscato passito, so-no, quantomeno, inopportuni se non offensivi. Faccio mia in toto la risposta del signor Rota, ma ci tengo a precisare ulteriormente i termini della questione.Nel 1993, con la modifi ca del di-sciplinare del Valcalepio, fu chie-sto al Consorzio di Tutela dello stesso di consentire ai produttori

del vino passito ottenuto con le uve Moscato di Scanzo di entra-re in questa denominazione di origine. La cosa fu ampiamente dibattuta e si pervenne ad una soluzione piuttosto elaborata. Si creò una tipologia, il Valcalepio Moscato Passito, prodotto con uve Moscato di Scanzo ottenute nei comuni della denominazio-ne Valcalepio. Per alcuni comuni della provincia che vantavano una storicità nella produzione - ed esattamente Cenate, Albano Sant’Alessandro, Carobbio degli Angeli, Gandosso, Grumello del

Sul “Valcalepio Moscato passito” parole poco opportune

BOTTA E RISPOSTA

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15Affari di Gola dicembre 2009

La preziosa eredità lasciata da Quinzani

Gentilissimo direttore,le scrivo questa lettera per ricordare un

amico a un anno dalla sua scomparsa. Parlo di Al-do Quinzani, uno dei primi bergamaschi cono-sciuti quando nel 1978 sono arrivato a Bergamo per iniziare la professione di enologo. Aldo era un vero appassionato, nel suo negozio di ricambi automobilistici nel centro di Bergamo si respira-va l’entusiasmo dell’ esploratore, del ricercatore di quel mondo che andava facendo i primi passi e che sarebbe diventato la Valcalepio. Ricordo le discussioni, le degustazioni, i confronti che si fa-cevano periodicamente, la passione che traspira-va in ogni giudizio, le sue schede di degustazio-ne, che non mancava mai di compilare ad ogni nuovo prodotto e che, puntualmente, mi invia-va quasi a ringraziare di averlo voluto prendere in considerazione. Aldo ci ha lasciato un libro “I vini della bergamasca” scritto nel 1983, quando parlare di vino a Bergamo era quasi un’ eresia e che ha spinto i produttori a migliorarsi, a cercare di rendere i bergamaschi orgogliosi del loro vino. Penso che oggi sarebbe contento dei progressi ottenuti e con il suo stile giornalistico saprebbe stimolare ulteriormente i miglioramenti che an-cora ci aspettano. Questo libro rappresenta una pietra miliare per l’enologia bergamasca e un punto fermo per chiunque voglia parlare dei vini di Bergamo. La raccolta dei vini e dei produttori di quegli anni aiuta a ricordare e a non mentire inventando cose che non esistono. In questi gior-ni ho trovato alcune schede dei vini da lui degu-stati con alcune foto, ed allora lo voglio invitare ad un brindisi con il vino che più, secondo me, amava e che rappresentava la povertà e la since-rità: la Schiava. E quindi, caro Aldo, in alto i calici, e perdonami se il mio stile non si avvicina mini-mamente al tuo, volevo semplicemente salutarti

*direttore del Consorzio Tutela Valcalepio

IL RICORDO - di Sergio Cantoni*Abbiamo un Consorzio che raggruppa il 98% dei pro-duttori, promotore di un concorso internazionale e di infi niti interventi sul territorio. Cosa bisogna fare allora per far crescere ulteriormente il nostro Valcalepio? Sostanzialmente sviluppare tre situazioni, dando ovvia-mente per assodato che prima di ogni azione occorre fare un vino di qualità, che abbia mercato. Primo: bello sarebbe poter utilizzare tutte le leve che il Consorzio di Tutela mette a disposizione ai produttori, a partire, per esempio, con l’adozione dell’emblema del consorzio stesso o con l’utilizzo della bottiglia marchiata che mette in evidenza la denominazione Valcalepio. Secondo: tutti i produttori dovrebbero testimoniare at-traverso la propria presenza e il prodotto la credibilità del vino stesso in ogni evento possibile e promuovere, quando possibile, altri avvenimenti. Terzo, e non ultimo per importanza: tutti gli operatori interessati alla promozione del territorio (associazioni, produttori, distributori, ristoratori, albergatori, rappre-sentanti, giornalisti, etc.) dovrebbero agire in base alle proprie potenzialità nel divulgare e far conoscere uno degli ambasciatori del nostro territorio. Il turista o più semplicemente il consumatore abituale, vuole risco-prire i sapori tradizionali e premierà di conseguenza chi è attento a formulare proposte convincenti. In que-sto modo è più facile comprendere come ognuno di noi può fare la propria parte con la gradita conclusione di sviluppare un settore che può far leva su numeri im-portanti ed è fortemente intrecciato al territorio. Auguriamoci di ritrovarci attorno ad un tavolo per brindare al rilancio del nostro territorio, naturalmente con un buon bicchiere di Valcalepio!

Monte, Chiuduno e Torre dei Roveri - si consentì la citazione del comune in etichetta, e per il comu-ne di Scanzorosciate si fece lo stesso restringendo inoltre in questo caso le rese produttive di uva per ettaro. Successivamente, nel 2002, i produttori di Scanzorosciate richiesero una loro denominazio-ne di origine e si pervenne così alla denominazio-ne Scanzo o Moscato di Scanzo, mentre il resto ri-maneva inalterato. Questo è quanto ritengo di do-ver aggiungere, lascio ai lettori ed ai consumatori ogni valutazione successiva. Penso comunque che non sia mai opportuno parlare in termini dispre-giativi degli altri, sarebbe, rimanendo nel mondo enologico, come se i produttori del Barolo parlas-sero negativamente del Barbaresco, ignorando che la madre del loro vino è la stessa, varia solamente il territorio di produzione.Ringraziando per l’ospitalità porgo distinti saluti

Il Presidente del Consorzio Tutela ValcalepioBonaventura Grumelli Pedrocca

Aldo Quinzani

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GENNAIO Gran Sardo. È uno dei grandi sottovalutati d’Italia: la sua lavorazione a grana, più difficile con il latte di pecora, è di grandis-sima resa, a patto che l’affi namento sia felice. La pasta è di un bianco pa-glierino che si fa più intenso con il passare del tempo. La caratteristica granulosità ben si sposa con l’im-patto morbido, sontuoso. Il gusto sorprende per la rara dolcezza e l’aroma particolarissimo. Abbinamento: una composta di fi chi e zenzero o di cipolla. Vino: Restiamo in Sardegna con un Vermentino.

FEBBRAIO Asiago d’allevo Dop. Altro grande cru italiano che paradossalmente è più stimato all’estero che nel Belpaese. L’Asia-go d’allevo Dop è il Cru della pro-duzione ed è senz’altro il più vicino ai gusti e alla tradizione dei vecchi montanari altopianesi. E’ detto “di allevo” perché la stagionatura ne costituisce un vero e proprio “al-levamento” condotto con cura ma-niacale dai casari in appositi locali. Si fa utilizzando solo latte di vacca lasciato riposare da sei a dodici ore in apposite vaschette, per permet-

terne la scrematura. Abbinamento: miele di

castagno. Vino: Se ben stagionato, ci si può spingere fi no all’Amarone.

MARZO Gruyère Dop. Questo gioiello svizzero a pasta dura cotta ha il pregio di reggere anche 26

mesi di stagionatura mantenendo la sua consistenza cremosa e nel contempo cristallina. I migliori esemplari si trovano attorno al co-mune di Bulle (Cantone Friburgo). Vaccino puro, in bocca unisce deli-catezza, intensità e un sapore unico. Abbinamento: un outsider come la mostarda di ciliegie. Vino: un calice di Muller Thurgau teme pochi confronti.

APRILE Strachitunt. Citazione non casuale perché l’aprile 2010 potrebbe davvero essere, secon-do le previsioni, il traguardo per ottenere l’agognatissima Dop per quella che è la gemma più pura dell’intero e ricchissimo panorama caseario bergamasco. Latte vaccino crudo, lavorazione ancora a due paste, gusto unico: il vero papà del gorgonzola è pronto al lancio defi -nitivo in Europa. Abbinamento: vada per la marmel-lata di pomodori verdi.

Vino: restiamo all’om-bra delle Orobie, con

un bicchiere di Mo-scato di Scanzo.

MAGGIO Robiola di Roccave-rano Dop. Questo portento asti-giano, reso famoso dal compianto prete bergamasco don Roberto Verri da Bonate (per tutti era don Caprino) è l’unica Dop di capra che riesce a battere i francesi sul loro terreno. Ricca di aromi e sapori di erbe, timo serpillo, rovi, è fortemen-te caratterizzata a seconda del tipo di pascolo in Langa.

Abbinamento: tutto piemontese, con la Cugnà, la salsa al mosto d’uva unica nel suo genere. Vino: riscoprire un simbolo di quelle terre come il Grignolino è doveroso.

GIUGNO Cantal. È il francese preferito da “Ol Formager” Giulio Signorelli e al suo giudizio ci in-chiniamo. Prodotto nella regione dell’Auvergne, ha origini antichissi-me (ne parlava già Plinio il Vecchio) ed è un vaccino prodotto a freddo e lasciato maturare in grotta. Il suo sapore pungente vi conquisterà. Abbinamento: se lo trovate buono (vi costerà), il miele amaro di cor-bezzolo sardo è l’ideale. Vino: Un buon passito è il top, an-diamo sul sicuro: Pantelleria.

LUGLIO Agrì. Torniamo in Berga-masca per questo piccolo grande formaggio brembano. Da queste parti ci sono grandi Cru come il Formai de Mut Dop o caci popolari come il Branzi, ma è questo piccolo bon bon prodotto a mano dai casari di Valtorta e dalla vita brevissima, che diventa la miglior merenda per la stagione estiva: versateci sopra una goccia di olio extravergine e una spruzzata di pepe: sarà irresi-stibile. Abbinamento: se vi piacciono le sfi de, provate una mostarda di fi chi

o peperone. Vino: il Recioto di Soa-ve sa regalare ulterio-ri emozioni.

In vista del 2010, l’intenzione di Affari di Gola è di consigliare agli appassionati di formaggi, un popolo che continua a crescere non solo numericamente, ma anche a livello di passione e competenze, un grande Cru al mese, con abbinamenti sia sul fronte di mieli, composte e marmellate, sia su quello enologico. È un gioco che potrà trovare gradimenti e le immancabili obiezioni: cominciamo.

Il calendario del formaggio, ogni mese il suo gran Cru

16 Affari di Gola dicembre 2009

LA PROPOSTAdi Leo Bartoli

Per il 2010 proponiamo ai lettori un prodotto al mese, consigliando anche gli abbinamenti di confetture e vini

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AGOSTO Parmigiano reggiano Dop vacche rosse. Il monarca è sempre lui, immancabile a due con-dizioni: che sia stravecchio e che sia prodotto nel Reggiano, sulle alture appenniniche che portano a Canos-sa e rigorosamente da vacche rosse del luogo, che danno meno resa, ma una qualità superba di latte. La piccantezza dell’assaggio e il giallo intenso della pasta sono una festa rispetto alle forme “pallide” che spesso arrivano sulle nostre tavole. Abbinamento: di rigore, aceto bal-samico tradizionale di Modena o di Reggio Emilia. Vino: un Sagrantino di Montefalco Rosso Riserva può essere una scelta un po’ diversa dalle solite.

SETTEMBRE Provolone del Mo-naco. Una delle migliori delizie del sud, chiamato così perché i ca-sari sorrentini che lo vendevano al mercato di Napoli, per proteggersi dal freddo, usavano coprirsi con un mantello di tela di sacco simile a quello dei monaci. Pasta filata artigianale, grande sapore e piccan-tezza unica, viene stagionato anche oltre l’anno. Attenti alle imitazioni. Abbinamento: con la mostarda

cremonese sarà una bella sfi da per il palato. Vino: strappiamo un’eccezione al gioco: perché no una robusta birra rossa, magari irlandese?

OTTOBRE Fontina Dop. Si fa pre-sto a dire fontina valdostana: per noi quella davvero speciale è soltanto estiva e naturalmente d’alpeggio. In questo caso, sia mangiata “in purez-za” che sciolta nella fonduta, magari con una spolverata di tartufo, è tra i più grandi formaggi di montagna al mondo, con quel gusto dolce, quasi soave, che aumenta di intensità con la maturazione. Abbinamento: mostarda di zucca, uno sfi zio per pochi. Vino: Restando in zona, consigliabi-le un Val d’Aosta Chambave Rosso.

NOVEMBRE Roquefort Dop. Tra gli erborinati “nobili”, quelli che hanno fatto la storia dei Blu, il Ro-quefort ha un posto speciale. Latte di pecora crudo, dopo la sgoccio-latura e la salatura, viene trasferito nelle grotte famose di Roquefort sur Soulzon, situate alle pendici del-la montagna di Combalou, un luogo in cui è obbligatorio effettuare la

stagionatura (pena la non conces-sine della Dop) che gli dona una piccantezza unica e meravigliosa. Abbinamento: la mostarda di an-guria bianca è indicata, così come il miele d’acacia. Vino: Naturalmente il Sauternes, sposalizio classico, ma ancora insu-perato.

DICEMBRE Torta del Casar. Delizia spagnola che arriva dal paesino di Casar de Caceres, in Extremadura. Si tratta di uno dei migliori caci di peco-ra iberici con una particolarità: dopo la stagionatura, la forma cilindrica mantiene l’alta crosta esterna dura, mentre all’interno il formaggio, se scaldato, si scioglie, diventando un intingolo meraviglioso in cui i ghiot-toni spagnoli, come alle prese con una Bourguignonne, immergono dal-le carni alle verdure, fi no a spalmare pani e focacce. Esperienza unica, an-cora poco conosciuta da noi, ma im-pedibile per gli amanti del formaggio e grande momento di aggregazione. Abbinamento: tutte le verdure e le carni immaginabili. Vino: Pedro Ximenez invecchiato oltre i 15 anni, perché la fi esta sia completa.

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18 Affari di Gola dicembre 2009

Non ha studiato a Harvard. E neppure in altre università prestigiose. È nato in un paesino del Mantovano dove c’erano più vacche che

persone e il suo granitico credo è da sempre: “So solo che non so niente”.Attacchereste mai il vostro curriculum con questa se-quenza? Immaginiamo di no. Roberto Brisciani - suo il ritratto - l’ha invece fatto. Anzi, non perde occasione per rivendicare il suo “basso profi lo” e ribadire che titoli e master servono a poco se alla base non ci sono desideri, obiettivi e volontà ferrea. Materie prime che non gli fanno certo difetto. 43 anni, perito industriale mancato, alle spalle una parentesi poco soddisfacente all’Enel, Brisciani deve in effetti alla tenacia e alla curiosità i traguardi raggiunti in terra spagnola, dove è approdato una ventina di anni orsono per seguire la donna della sua vita. Leggere per credere: il nostro oggi è a capo della “Escuela Nacional de Pizza y Restauración” di Gan-dia (scuola che ha contribuito a dare vita a centinaia di locali in Europa e in America Latina); è direttore ed editore dell’affermata “Revista de Pizza y Restauración Italiana”; è amministratore delegato del “Gruppo Pizza” (società dedicata alla consulenza e alla realizzazione di ristoranti “chiavi in mano”); tiene corsi e conferenze sulla ristorazione in Spagna ed è anche consulente per le maggiori industrie di pizza in tutta Europa. Non pago, ha trovato pure il tempo per scrivere un libro - El secreto de un Restaurante Magnetico - che ad Ali-cante, all’ultimo congresso lo Mejor de la Gastronomia, è stato premiato come miglior pubblicazione di settore dell’anno. Il riconoscimento è andato ad un volume elegantemente progettato ma di facile lettura, ricco di consigli per chi vuole aprire un locale di successo. C’è tutta l’esperienza di Brisciani nelle oltre 300 pagine pa-tinate: da quella sul campo, acquisita con l’apertura in proprio della prima pizzeria, appena arrivato in Spagna, a quella teorica guadagnata negli anni grazie alla lunga attività editoriale e di consulenza. Brisciani, come le è venuta l’idea del ristorante magnetico? “Semplice. Ho cercato di dare una risposta alle doman-de che da anni mi ronzavano in testa. Mi sono sempre chiesto, in effetti, perché alcuni ristoranti fossero pieni e altri no. Perché solo alcuni trionfassero mentre altri

sopravvivevano quando non chiudevano. Così ho stu-diato a lungo i locali affermati, ho cercato di capire il loro potere d’attrazione, la capacità di trasformarsi in luoghi magnetici in grado di catturare, oltre al palato, anche la mente e il cuore dei clienti”.E ce l’ha fatta?“Beh, credo di sì. O quantomeno, sono convinto delle teorie che ho raccolto nel mio libro”. Allora, cosa ha scoperto?“Innanzitutto, che dietro l’affermazione di un locale - bar, pizzeria o ristorante che sia, non importa - devono essere presenti fattori imprescindibili, direi quasi scon-tati: la qualità costante della proposta e la capacità di cre-

“Vi svelo i segreti del ristorante magnetico”Si chiama Roberto Brisciani, da 20 anni vive in Spagna ed è un consulente gastronomico apprezzato a livello internazionale. Ora ha scritto un libro, già premiato, in cui spiega come realizzare un locale di successo. Ecco il suo pensiero

L’INTERVISTAdi Giuseppe Ruggieri

Roberto Brisciani premiato da Rafael Garcia Santos per il suo libro

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19Affari di Gola dicembre 2009

are un’equipe solida e motivata. Quanto all’ubicazione è sì un elemento importante, ma non decisivo. Così pure per gli investimenti in strutture e infrastrutture. L’arre-damento conta, d’accordo, ma non fa la differenza”.E cosa fa la differenza? “L’energia, quel mix che noi amiamo chiamare “chimi-ca”, quell’insieme di elementi intangibili che produ-cono un valore in più capace di attrarre e fi delizzare il cliente”.In altre parole? “Diciamo la capacità di trasmettere emozioni, vibra-zioni. Se consideriamo che il 99% degli acquisti che facciamo vengono decisi dalla nostra sfera emotiva, comprendiamo come aprire un ristorante non signifi -chi solo vendere un piatto di pasta. Sarebbe un approc-cio errato”. E qual è quello giusto?“Quello che io defi nisco un ristorante magnetico deve saper raccontare una storia, parlare al cuore dei clienti attraverso tanti dettagli in grado di creare la giusta con-dizione ambientale”.Facile a dirsi...“Guardi è meno diffi cile di quel che si può immaginare. Certo, per raggiungere l’obiettivo sono indispensabili una grande passione e una vision chiara. Il cliente per-cepisce la “tensione positiva”, il progetto del ristoratore e partecipa emotivamente se si sente elemento fonda-mentale del disegno e non solo un numero”. Bando all’improvvisazione, insomma..“Evidente. Ora immagino che non mancheranno gli scettici, chi, preso dalle mille incombenze quotidiane, leggendo queste parole prenderà sotto gamba le mie teorie. Ma posso assicurare che si sbagliano. L’estrema semplifi cazione nasconde un argomento complesso, ricco di sfaccettature e sfumature”. Proviamo a sintetizzarle? “Di solito mi affi do a tre concetti basilari”.Partiamo dal primo...“Bene. Chi punta al locale di successo deve assoluta-mente avere un’idea forte di quel che vuol fare, un con-cetto chiaro, che sia traducibile sul campo e percepibi-le dal target a cui ci si rivolge. In altre parole, deve saper creare un’esperienza emotiva unica al proprio cliente”. Poi?“Bisogna essere diversi dalla massa, chiedersi perché un cliente dovrebbe scegliere il locale che si ha in testa. È un passaggio decisivo per defi nire l’offerta vincente. Faccio un esempio: i vertici di Burger King si sono con-trapposti a McDonald´s puntando sul sapore dei propri hamburger cotti alla brace, dunque, secondo loro, mi-gliori. È una differenziazione marcata. Per ottenere ri-sultati è tuttavia decisiva la coerenza tra concetto/idea e pratica. Tutti gli elementi che andranno a determinare la nuova offerta, dalla qualità al servizio, dovranno esse-re privi di contraddizioni fra loro. Il cliente le percepi-sce e si allontana”. Terzo elemento? “Una forte attenzione a quello che io chiamo il Si-

stema operativo. Come in un computer, occorre una modalità d’azione che faccia funzionare bene il locale. Quante volte, per esempio, siamo andati a mangiare in un ristorante e ci siamo accorti dai piatti che uno degli chef non c’era. Ebbene, un locale che funziona, e che emoziona, sa garantire la stessa qualità in ogni condizione, deve avere una costanza qualitativa che prescinde dall’assenza di una o più persone. Occorre allora mettere a punto un’organizzazione effi ciente in modo da poter governare ogni evenienza e mantenere gli standard elevati”.Serve per forza un consulente? “Non necessariamente. Guardi, uno dei consigli che do spesso è quello di viaggiare, ma con un’idea in testa. Quando giri il mondo e osservi la realtà con un obiet-tivo già chiaro vedi cose che altrimenti non vedresti. Carpisci segreti, scopri modelli acquisibili e funzionali alla tua futura attività”.Qualche esempio pratico di locale magnetico?“Le cito l’ultimo che ho seguito a Granada. Lì, pochi mesi fa, abbiamo inaugurato “El Deseo”, un ristorante che fonde la cucina laziale con quella granadina, la qua-lità a prezzi medio bassi. I piatti che abbiamo elaborato sono originali e sorprendenti, così pure l’offerta enoica studiata per coinvolgere il cliente”.Ovvero? “Beh, su ogni bottiglia abbiamo deciso di aggiungere, a seconda del vitigno e della struttura del vino, una stri-scia con diverse scritte: seduttore, afrodisiaco, unico, attrattivo, simpatico, aristocratico e via a seguire. Chi lo desidera può scegliere il vino della serata in base al proprio umore, alla circostanza, senza per questo togliere nulla al ruolo del sommelier e al confronto sulla proposta, che resta basilare per rafforzare il concetto di interattività”.Il risultato?“Siamo più che soddisfat-ti”.Conosce la ristorazione bergamasca?“Non così a fondo da poter-ne tracciare un giudizio. Da quel che leggo mi pare di buon livel-lo, senza contare Da Vittorio dove ho pranzato di recente. Davvero un’esper ienza unica per il gu-sto”.

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Tartare di salmerino crudo con crema acidaal formaggio e yogurt del caseifi cio Monte Bronzone di Vigolo Un piatto verticale, che dalle profondità del lago risa-le la montagna delle antiche tradizioni casearie (quel-le di Vigolo hanno radici lontanissime). Un piccolo miracolo di equilibrio tra la nota acidula della crema di formaggio e yogurt e quella delicata del pesce cru-do di lago, un ingorgo di tradizione lacustre e inno-vazione.Ristorante Zu (Riva di Solto)

Mezzelune di branzino con asparagi di mare Una proposta che fonde bellezza, semplicità e rigo-re, dove l’insieme è molto più della somma delle sue parti. Un piatto che è l’espressione

compiuta di una cucina classica mediterranea giova-ne, eppure già consolidata, perturbata solo da alcuni fermenti creativi, abile nel potenziare l’espressività della materia, a perfetta misura di un ristorante fresco di stella Michelin. Ristorante Al Vigneto (Grumello del Monte)

Guancetta di vitello brasata con polenta e verdure Per la serie, come fare di un brasato, di un taglio po-vero e di ortaggi umili un piatto di sublime sapore e consistenza. Un saggio del-la capacità di questa cucina di rinverdire una tradizione acquisita come dato geneti-co con l’ausilio delle nuove tecniche, depurandola di tutto ciò che appesantisce per lasciare solo il piacere del gusto. Ristorante Posta di Frosio (Sant’Omobono Imagna)

Il Giro degli antipastiPeperoni con salsa al tonno, sformatino di asparagi o porri, coppa e salame di Palazzago, carciofi e uova, paté di fegatini di coniglio nostrano. Il tipico è davvero mitico qui a Pa-lazzago, minuscola enclave che vanta un concentrato di mi-cro-produttori. Poetica della semplicità e sapori rullanti in queste deliziose miniatu-re di tradizione valligiana. Osteria Burligo (Palazzago)

Gnocchi di pane conditi con ricotta e burro grasso di malgaSiamo alla tradizione allo stato puro. I ricordi di un’in-fanzia povera fi ltrano da questo piatto, in origine pre-parato con gli avanzi di pane che mai si buttavano e col burro comprato alla stalla più vicina. Era una

Dieci piatti per dieci emozioni

IL BILANCIOdi Lelia Parisi

Con l’ultimo numero dell’anno, ecco una carrellata delle proposte che più ci hanno colpito nelle nostre recenti degustazioni

Affari di Gola dicembre 2009

Doveva essere la “rossa”, con la sua piog-gia di stelle, a ricordarci che la cucina del nostro territorio è tra le più dinamiche e

in buona salute di Lombardia? Una vera e propria standing ovation quella tributata alla cucina ber-gamasca (due nuovi locali stellati e una fulgente terza etoile a un bistellato), che avrà risvegliato sicuramente qualche rancore nelle confi nanti province, a strattonarsi in nove, poverette, le ri-manenti tre nuove stelle. Eppure, a ben guardare, al di là del riconoscimen-to del suo indiscutibile valore, in fondo neppure le stelle (Michelin) sanno dirci cos’è oggi la Ber-gamo gastronomica. Per questo vogliamo raccontarlo attraverso i suoi piatti, eclissandoci, e dando loro voce. Perché rac-contino se stessi e attraverso di sé raccontino an-che di noi. Perché, se sappiamo ascoltare un piat-to, scopriremo che in esso ci può essere un mon-do intero, come un ologramma. Il cibo non è fatto solo di sapori e odori. È un garbuglio di esperien-

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povertà che aizzava la fantasia e che ha partorito mol-ti dei nostri migliori piatti cosiddetti regionali. Una commovente sonata della nostalgia.Ristorante Al Museo (Castione della Presolana)

Porci con le ali, ovvero maialino da latte farcito con crostaceiCome mettere insieme carne e pesce e scova-re nuovi algoritmi del gusto, giocando la carta dell’ironia. Sì perché è proprio la leggerezza dei crostacei a far “volare” il ma-ialino. Una cucina intellettuale, ma non cerebrale, sottilmen-te provocatoria. Che ama le lunghe gittate. Forse è anche per questo che ha afferrato la stella Michelin.Ristorante Roof Garden (Bergamo)

La RicciolaIn uno dei santuari della cucina d’avanguardia ecco un piatto classicissimo, che non sfonda certo le linee della geometria euclidea, come è costume per questo locale. Carpaccio di ricciola con tartufo di Norcia, oli-ve Piano Grillo, mozzarella di bufala. In cima, in pre-cario equilibrio, una piccola bolla trasparente e fl uida che, spezzata, feconda magnifi camente il tutto con essenza liquida di pomodoro. Se ben assestato, basta un cenno di creatività ad aprirci un mondo intero. Ristorante Anteprima(Chiuduno)

Risotto mantecato con astice e asparagi di AlbengaVirtuosismi grafi ci, rigore, fer-rea disciplina, materie prime in-discutibili. Siamo ai piani nobili del sapore. Tutto perfetto, tutto calcolato, eppure così convin-cente da sembrare improvvisato lì per lì. L’astice che affi ora, morbido e sapido, tra un chicco e l’al-tro, l’asparago a cordializzare il tutto. Un tempo la chiamavano sprezzatura. L’arte di nascondere l’arte.Ristorante Il Saraceno (Cavernago)

Lombatina di cervo speziata su purea di zucca con mirtilli Cotture (a basse temperature) controllate e sapori ben torniti per questo classico che reimpagina la tra-dizione con sapori speziati di antica memoria e trova il punto d’incontro (non facile) tra il dolciastro della zucca e l’acidulo del mirtillo, tra l’ortaggio più gran-de e il frutto più piccolo. Una carne tenerissima che si scioglie liberando tutti i suoi succhi e tutte le sue virtù.Ristorante del Bobadilla (Dalmine)

Torta di pere In questa torta di pere, semplicissima, servita nuda (ma non cruda) sul piatto, per un attimo cogliamo istintivamente la verità del dolce di pere in senso kan-tiano. E cioè, il dolce di pere nella sua essenza e nella totalità delle sue condizioni. Capace di riappacifi carci col mondo. Dolce come il bacio di un bambino.Ristorante Nosh (Treviglio)

Affari di Gola dicembre 2009

ze, ricordi, emozioni, sentimenti, errori e ripensamenti. Va solo districato. E quando troviamo il fi lo, quel fi lo ci condurrà nel-la personalità, nella storia, nella

cultura di chi l’ha ideato. Ma non dimentichiamo. Il piatto ci parla solo se è un piatto riuscito. Un piatto che non ci dice nulla è perché non ha nien-te da comunicare. Ci è rimasto estraneo. Così come un piatto troppo cerebrale ci respinge, lo sentiamo artefatto, vuoto, senza anima. Ecco, tutti i piatti che seguono hanno una storia, un colore, sono l’espressione della personalità di chi li ha creati, del luogo in cui sono nati. Non solo. Ogni interazione che abbiamo col cibo è un’espe-rienza unica perché il cibo non è riproducibile come qualsiasi altra cosa. Nessun piatto è uguale a un altro. Gli ingredienti non potranno mai es-sere gli stessi. Se è vero quello che diceva Walter Benjamin, che nella nostra epoca la creazione ar-tistica originale è impossibile perché tutto è ri-producibile, allora l’unica arte originale è quella culinaria. Quelli che abbiamo selezionato sono piatti che disegnano lo scenario della nuova cucina ber-gamasca. Piatti che parlano una lingua raffi nata, colta, ricca di citazioni, ma anche umile, persino vernacolare. Creazioni dove la sperimentazione interseca la tradizione, il passato feconda il presente. E che ri-verberano una cucina matura, vivace, multiforme, e, fi nalmente, pienamente consapevole dei propri mezzi e delle proprie possibilità.

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22 Affari di Gola dicembre 2009

Nei primi nove mesi del 2009, il saldo tra imprese avviate e impre-se cessate è stato negativo per 634 unità. Si tratta di un dato “storico” per i pubblici esercizi perché mai si era registrato un bilancio nega-tivo su un arco temporale di circa un anno. I deboli segnali di ripresa, da più parti annunciati, non trova-no riscontro, dunque, nella realtà delle piccole imprese che vivono

di consumi interni. Soltanto in sei delle venti regioni italiane, in preva-lenza meridionali, il bilancio è sta-to positivo. Preoccupante, al nord, il dato dell’Emilia Romagna (-189 imprese), al centro del Lazio (-158 imprese) e al sud della Sicilia (-216 imprese). Il turnover imprendito-riale si dimostra particolarmente elevato in Lombardia dove, in nove mesi, hanno chiuso circa 2.500 im-

prese, anche se il saldo è stato po-sitivo per 140 unità. La mortalità è stata pesante anche in Piemonte, Veneto e Lazio sebbene una natali-tà altrettanto elevata abbia consen-tito, in queste regioni, di contenere le perdite. “Al di là del segno nega-tivo del saldo, che comunque deve suscitare forte preoccupazione per aver invertito un ciclo di espansio-ne che durava da decenni, occorre

Imprese, bilancio in rosso per bar e ristoranti

I DATI SUI PRIMI NOVE MESI DELL’ANNO / LA LOMBARDIA LIMITA I DANNI

Se il calciomercato è concentrato in alcuni perio-di predefi niti, per le gestioni dei bar il mercato è sempre aperto e quello che sta per terminare è un

anno di grandi mutamenti nella guida di tanti locali a Ber-gamo e provincia. Anche il 2010 si annuncia ricco di altri cambiamenti signifi cativi. Alla fi ne della scorsa estate, una nuova società composta da 5 ragazzi milanesi (che nel capoluogo lombardo hanno lo Stardust) ha rilevato uno dei caffé più importanti della città, il Gran Café Suite di viale Papa Giovanni XXIII. Molti lo ricordano ancora come Dessert, legato alla famiglia Vavassori. Dopo un ul-

teriore restyling, il Gran Café si ripropone con un nuovo servizio per la ristorazione con il marchio Panino Giusto e si offre come punto d’incontro per il centro città con lungo orario d’apertura: dalle 4 e mezza del mattino alle 2 di notte, tutti giorni. “La prima cosa che abbiamo osserva-to a Bergamo - annota - Marco, uno dei soci - era la totale mancanza di un bar aperto anche la notte e posizionato nella via principale della città. Con i nostri orari d’aper-tura pensiamo di offrire un valore aggiunto anche per il turismo”. Chi invece abbandona il centro e il bar dove collaborava, lo 035 Caffè, per aprire un suo locale è uno

Il “212 Barcode” (ex Nazionale) passa ancora di mano

Il locale sul Sentierone sarebbe in procinto di passare ad un imprendotore di Terno d’Isola.Dolazza (“035”) apre un suo bar in zona ospedale e l’Opera Buffa diventa 30&Lode Cafè

Barcode

Single CaffèSuite30&lode Caffè

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23Affari di Gola dicembre 2009

rifl ettere - sostiene la Fipe Confcommercio - sulle di-mensioni che il turnover imprenditoriale assume nel mercato dei pubblici esercizi. Un comparto che mo-stra elementi di fragilità che dovrebbero far rifl ette-re sui costi sociali ed economici che da ciò derivano. L’instabilità delle imprese genererà reazioni a catena lungo tutta la fi liera in termini di insolvenza fi nanzia-ria, di riduzione degli ordini e degli investimenti sen-za contare, poi, il disorientamento che si alimenterà tra i consumatori. Con consumi in discesa o, nella mi-gliore delle ipotesi, stagnanti come quelli che ci atten-dono nei prossimi due/tre anni sarebbero opportune politiche commerciali tese a razionalizzare l’offerta e non a frammentarla ulteriormente come oggi, pur-troppo, avviene”.

dei barman più apprezzati e conosciuti in città. Mauro Dolazza ha infatti rilevato il Birichito di via XXIV Mag-gio, al numero 19 (zona Ospedale) e lì porterà il suo stile e un nuovo nome: Caffé Cuveè.Dopo aver diretto il mitico ex Nazionale sul Sentierone, che ora si chiama 212 BARcode in puro stile newyorkese, il barman Gabriele Aresi con la moglie Rossana Cortino-vis ha rilevato l’ex Opera Buffa, in via dei Caniana al numero 3. Il moderno ed elegante locale, situato di fronte all’Università, ha cambiato in onore della locazione la denominazione in 30&Lode Cafè, con una sala fumatori e tante iniziative: dai corsi per barman, alle cene a tema fi no al prossimo appuntamento con l’aperitivo in musica del giovedì sera in collaborazione con i pr del Bar Fly di Rovato. Quanto al 212 BARcode, ci sono contatti per l’ingresso di una nuova proprietà e “rumour” insistenti segnalano l’ingresso un imprenditore del settore di Ter-no d’Isola. L’accordo per il passaggio di mano del locale sarebbe già cosa fatta. Movimenti anche in provincia. A Ponte San Pietro, il bar principale che ha fatto la storia del paese (prima Lux e ultimamente Claro) è da pochi mesi gestito da due simpatiche ragazze, Mirella Losa e Sarah Malerba. Invitante e intrigante il nuovo nome “Sin-gle cafè”. E sempre a Ponte, la gestione del bar delle Pa-lestre Victoria di Luca Messi, è da pochi giorni passata a Gianni Lai, uno dei quattro fratelli che a Bergamo hanno il sushi bar Tsunami. In questo periodo congiunturale non certo invitante per nuove avventure (i primi dati del 2009 segnalano che nell’anno in corso per la prima volta i pubblici esercizi chiusi supereranno le nuove aperture) c’è anche chi accetta la sfi da di debuttare con un bar nuovo di zecca. Sempre a Ponte, in via Piave (zona scuola elementare) da pochi mesi è stato inaugurato Mamadà caffetteria e panineria, con annessa sala per le scommes-se sportive. A Dalmine, Marco Ceresoli è ritornato alla gestione del suo storico locale, il New Happy di viale Brembo, dopo la parentesi con il nome “La Flaca”: ora si chiama “...Brazà...” e oltre a bar-birreria propone spe-cialità di carne e pesce ovviamente alla brace.

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26 Affari di Gola dicembre 2009

CLIC & CHEF

È il quinto anno consecutivo che il ristorante Il Sa-raceno rende omaggio alla propria clientela con la pubblicazione di un calendario d’autore.

Il desiderio di Roberto Proto e della moglie Maria Morbi è quello di donare ai clienti affezionati qualcosa che li accompagni piacevolmente per un intero anno. Il tema del 2010 è legato alla cultura, dodici scatti di fo-od realizzati in “libreria”.La realizzazione creativa e fotografi ca è stata affi data, come da tradizione, a Paolo Chiodini e Lorenzo Manzo-ni. “Il calendario - spiega Proto - è frutto di lunghe sera-te trascorse dopo il servizio ad argomentare di cucina con l’amico Paolo. È da quelle conversazioni che nasce l’idea da sviluppare”. Quest’anno l’interpretazione del calendario è duplice: da una parte l’abbinamento cibo e cultura, dall’altra l’abbinamento tra il piatto e le doti

che i grandi chef dovrebbero possedere. E così da gen-naio a dicembre troviamo: l’ispirazione (capacità di prendere spunto dai grandi chef), la selezione (scelta accurata delle materie prime e dei collaboratori), l’evo-luzione (la ricerca continua della perfezione), la sco-perta (desiderio di stupirsi e di trovare nuovi stimoli), l’amore (per il proprio lavoro e per gli affetti), la disci-plina (il rispetto delle regole), lo studio (curare la pro-pria formazione), il gioco (non perdere il divertimento nel creare un piatto), l’estro (il coraggio di osare), la per-sonalità (affermazione delle idee anche se controcor-rente), il confronto (aprirsi agli altri), l’orizzonte (inteso come ampiezza di vedute). Inutile dire che, se è vero che ci sono i libri, è anche ve-ro che le assolute protagoniste del calendario sono le creazioni dello chef Proto.

Il Saraceno, dodici mesi da gustareRoberto Proto e la moglie Maria Morbi hanno dato alle stampe il tradizionale calendario da omaggiare ai clienti.Foto d’autore a cura di Paolo Chiodini

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27Affari di Gola dicembre 2009

LA POSTA

Caro Direttore,ho letto con attenzione l’articolo di Pier Carlo Ca-

pozzi e la sua galleria di ricordi gastronomici. L’ho tro-vato un modo simpatico per fermare nel tempo le espe-rienze a tavola e per mandare a memoria un anno che sta per esaurirsi. Le chiedo quindi la possibilità, limitata, di proporre anch’io qualche ricordo personale. Comin-cio con un primo e un secondo gustati recentemente alla Taverna del Colleoni dell’Angelo in Bergamo alta: “Ravioli di zucca all’amaretto con scampi dorati al pane dolce” e “Petti di quaglia glassati al forno, foie gras e cre-ma di marroni”. Proseguo con la “Catalana di aragosta e crostacei nazionali” di Lio Pellegrini per terminare con il “Risotto alla scogliera con frutti di mare morbidi” di Vittorio alla Cantalupa. Questi sono i miei ricordi 2009 a tavola e approfi tto dell’occasione per inviare a lei e ai suoi collaboratori cordiali auguri di liete festività.

Christian Belloni

Accidenti, mio caro Belloni, è proprio il caso di di-re che lei non bada a spese!

Mi faccia scherzare un po’, dai… Però mi indica tre preziosissimi templi dell’enogastronomia che, tra l’al-tro, non erano annoverati, e non certo perché man-ca loro la mia stima, nella mia pagina di novembre. Quindi le sono doppiamente grato: per l’attenzione e per l’integrazione. Anzi, dato che ci sono e che, sotto le feste, il Direttore è particolarmente ben disposto, ag-giungerò un altro ricordo dei miei. Eravamo diretti a Sondrio, io ed Enrico Sarti, amico quasi fratello, in vi-sita a Tiziana, moglie dell’indimenticabile Lino Cao, per anni nostro compagno di viaggio e di vita. Ebbe-ne, a venti minuti dalla meta, in località Forcola, sul-la statale dello Stelvio, ho visto la scritta “La Brace” sul muro, a sinistra, ho girato l’auto e ci siamo infi lati nel parcheggio. Cercavamo un panino, giusto un boc-cone, e ci siamo diretti al bar di un bel complesso che prevede anche albergo e ristorante. Ci hanno fatto ac-comodare in una saletta rustica col camino. Cercava-mo un panino, ma la signora ci ha detto che avevano appena cucinato i Pizzoccheri. Ce li hanno portati fu-manti nelle scodelle di terracotta e li abbiamo insa-poriti con la pestèda, condimento aromatico tipico di Grosio. Sarà stata l’occasione, emozionante di per sé, sarà stata la compagnia di mio “fratello” Enrico, sarà stata la pestèda, resta il fatto che quei Pizzoccheri de “La Brace”, anno di grazia 2009, resteranno per sem-pre uno dei piatti del mio buon ricordo.

Pier Carlo Capozzi

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I numeri sono contenuti, ma è una crescita continua quella che investe il mondo della birra artigianale e che vede la Lombardia, con 46 birrifi ci su un totale di

270 in tutta Italia e un aumento del 15% nell’ultimo anno, recitare un ruolo da protagonista. Anche la Bergamasca, forse un po’ attardata rispetto ad altre realtà lombarde, non si sottrae alla tendenza, che proprio in questi ultimi tempi sta registrando una signifi cativa accelerata. Un nuovo microbirrifi cio, il Valcavallina a Endine Gaiano, si è infatti aggiunto da ottobre ai tre già presenti in provincia (in ordine di “anzianità” Maivisto a Sedrina, Sguarunda a Pagazzano e Maspy a Ponte San Pietro), in primavera è annunciata l’apertura di un’altra attività a Grassobbio e qualche altra idea è in fase di defi nizione. Ma aumentano anche l’interesse e gli eventi. E così può capitare in un freddo fi ne settimana d’autunno inoltrato la festa della birra che non ti aspetti, con ben sei birrifi ci artigianali tra i più quotati dagli intenditori (il Birrifi cio Lambrate, il comasco Bi-du, l’Orso Verde di Busto Arsizio, Menaresta di

Carate Brianza, Toccalmatto di Fidenza e il nuovo La But-tiga di Piacenza) riuniti sotto lo stesso tendone in piazza a Suisio per iniziativa della dirimpettaia “Locanda del Mo-naco Felice”, locale aperto tre anni fa da Claudio Capelli e Carla Minelli, che con le sue 120 etichette è considerato un “faro” dagli appassionati. Oppure può anche nascere il primo festival “Bire de Nadal”, tre giorni di degustazioni di una cinquantina di produzioni di stagione, per lo più belghe ma anche italiane, in programma dal 18 al 20 di-

Nuovi birrifi ci, ma anche locali specializzati ed eventi: cresce l’interesse per le piccole produzioni, originali e creative

Giovanni Fumagalli di San Pellegrino è un appassionato produttore “casalingo”

TENDENZE di Anna Facci

irra artigianale, anche Bergamo ci prende gusto

Il ricordo, quasi mitico, del nonno Ermanno Bonapace, farmacista co-me lui e inventore della famosa Ma-gnesia San Pellegrino, che si faceva la birra in casa è stato il sottofondo alle sue ricerche e sperimentazioni e oggi Giovanni Fumagalli, terza ge-nerazione di farmacisti in San Pelle-grino, è un appassionato interprete di una pratica che si diffonde e gua-dagna consensi anche in Bergama-sca, quella della produzione casalin-ga di birre o homebrewing, come le esperienze già avanzate di altri Paesi hanno portato a defi nire il “fenome-no” anche in Italia.«Era una curiosità che nutrivo da sempre, forse perché vicina in qual-che modo all’attività di laboratorio – ricorda Fumagalli –, e l’avvento di

Internet a metà degli anni Novanta mi ha fi nalmente messo a disposi-zione informazioni, notizie e contat-ti per avvicinarmi a questo mondo». Fatto qualche tentativo con quelli che defi nisce i «famigerati» kit, «le possibilità – dice - erano solo due: rinunciare o mettersi a fare le cose sul serio». Il farmacista ha optato per la seconda ipotesi decidendo di par-tire dal malto in grani e di curare in prima persona ogni passaggio della produzione, dalla macinatura all’in-fusione alla bollitura con il luppo-lo alla fermentazione con il lievito. Ha anche risolto uno dei problemi più tipici dell’homebrewer, la diffi -cile convivenza negli spazi domesti-ci di attrezzi e pentoloni, allestendo un locale dove dedicarsi all’attività

insieme con gli amici che nel frat-tempo ha “contagiato”. «Chi produ-ce birra in casa – precisa – non lo fa certo per risparmiare, ma per crea-re un prodotto di altissima qualità, veramente personale. Grazie a In-ternet è possibile acquistare mate-rie prime per tutti i gusti, anche ra-re e costose, che poi possono esse-re accostate a ingredienti più legati al proprio territorio dando vita ad un’infi nita varietà di colori, profumi e sensazioni». Ma non è così facile realizzare birre originali e nello stes-so tempo equilibrate ed armoniche «è un po’ come il lavoro di un cuo-co – spiega - che deve stare attento a dosare bene le diverse componen-ti. I fl op – ammette - non mancano, ma fanno ugualmente parte del gio-

La birra del farmacista

Affari di Gola dicembre 2009

Marco Giannasso e Claudio Capelli

Simone Casiraghi

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cembre prossimi a The Dome di Nembro, recente creatu-ra di Michele Galati dell’Abbazia di Sherwood di Caprino, che per l’occasione di avvale della collaborazione dell’as-sociazione culturale La Compagnia del Luppolo. «In poco più di dieci anni – spiega Marco Giannasso, re-sponsabile culturale di Unionbirrai, associazione che riu-nisce microbirrifi ci artigianali e produttori casalinghi – il movimento nel nostro Paese è cresciuto in maniera espo-nenziale passando da una trentina di attività alle quasi trecento di oggi. Ma, cosa che più conta, si sta affermando un “gusto italiano” molto apprezzato all’estero. A caratte-rizzare le nostre produzioni è infatti uno stretto legame con i prodotti del territorio, le castagne solo per fare un esempio, che conferiscono alle birre un’identità precisa che si sta affermando nel panorama internazionale». Ma chi sono i produttori? Il loro percorso è spesso simile ed è guidato per lo più dalla passione. È successo a Rena-to Carro, 42 anni, titolare del Birrifi cio Valcavallina, che dopo una decina di anni di birra fatta in casa e collabora-zioni con birrerie nel milanese ha deciso di trasformare l’hobby in una professione (è partito con tre tipologie, il mercato di riferimento è quello della Bergamasca, del lago d’Iseo e del Milanese), ed è la strada scelta anche dal giovane Simone Casiraghi, 28 anni e un lavoro nell’infor-matica. Casiraghi aprirà un piccolo laboratorio (stima in 200 ettolitri la produzione annua) nella zona industriale di Grassobbio. Anche lui può contare sull’esperienza di homebrewer: «Fino ad ora – dice – ho fatto birre per me, la svolta sarà riuscire a mettere a punto prodotti che incontrino il favore di un pubblico più ampio. Oggi in Italia – rileva – il consumo di birre artigianali rappresenta solo l’1% del totale, lo spazio per crescere c’è senz’altro».

co». Fumagalli intanto un riconoscimento uffi ciale del-le sue capacità l’ha ottenuto, classifi candosi al quinto posto su 36 partecipanti al concorso “Una birra per l’estate” di Piozzo (Cn), promosso nel luglio scorso dal mitico birrifi cio Le Baladin di Teo Musso in cui si chie-deva di riprodurre la birra “Open” del maestro. «Un ri-sultato inaspettato – commenta -, che è uno stimolo in più a continuare in questa attività». Da buon farmaci-

sta non si sbilancia su eventuali pre-gi salutistici della birra - con l’alcol

di mezzo bisogna sempre fare attenzione -, una cosa però ha constatato fre-

quentando il mondo degli homebrewer: «produrre birra dà buon umore».

Un microbirrifi cio può diventare anche un progetto di integrazione lavorativa e sociale per persone con handicap e un’occasione di coinvolgimento dei gio-vani. È l’idea nata dall’incontro di tre professionalità ed esperienze diverse, quella di Luca Curioni, 27 an-ni, educatore del consorzio di cooperative Solco, di Emanuele Arioli, 38 anni, psicologo dello sport, e di Omar Magoni, 33 anni, assessore ai Servizi sociali di Calcinate, che hanno sviluppato nei dettagli il piano di fattibilità dell’iniziativa fi no ad arrivare ad un pas-so dal lancio. La crisi, che ha portato il fi nanziatore a rinunciare all’investimento, ha purtroppo brusca-mente interrotto il loro programma, ma non hanno voluto richiudere nel cassetto quello che, per l’evi-dente valore aggiunto dell’operazione, è diventato un ideale da realizzare e sono pronti a rimettersi all’opera se qualcuno fosse interessato a condivider-lo. Il progetto si articola su due versanti: un micro-birrifi cio artigianale dove dar lavoro a persone con disabilità e una birreria collegata, gestita dai giovani del paese e pensata come un’opportunità di socia-lizzazione ed educazione al divertimento responsa-bile. Curioni, che già conosce il mondo delle birre artigianali e per hobby le fa in casa, ha messo a pun-to gli aspetti della produzione, prendendo contatti con i mastri birrai e individuando le mansioni degli addetti, che vanno dalla tappatura all’imbottigliatu-ra alle consegne. «Il contenuto sociale dell’iniziativa – precisano – non fa passare in secondo piano quel-lo che deve essere il fondamento dell’attività, ossia un prodotto buono e di qualità, che è stato messo al centro dell’attenzione». Con cura sono stati valuta-ti anche gli aspetti commerciali individuando, oltre al canale diretto, la possibilità di distribuzione nelle varie realtà del consumo critico, dai gruppi di acqui-sto solidale alle botteghe del commercio equo, fi no alle feste «che potranno essere occasione per far co-noscere e apprezza-re un modo diverso di bere birra». Un’idea corag-giosa «ma possi-bile», sottoline-ano.

«Un birrifi cio per dar lavoro alle persone con handicap»

L’APPELLO

lidale alle botteghe del commercio equo, fi no ste «che potranno essere occasione per far co-re e apprezza-modo diverso e birra». ea corag-«ma possi-sottoline-

da sinistra Omar Magoni, Emanuele Arioli e Luca Curioni

da sinistra Marco Orfi no, Giovanni Fumagalli e Mauro Zilli

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IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

Al Ponte, la clientela ora la porta anche il tram

Un locale storico in piena sa-lute. L’immagine del risto-rante pizzeria Al Ponte, ad

Albino, in via Stazione al numero sei, si rispecchia in questa defi nizio-ne. Al Ponte non si va mai in ferie e la chiusura settimanale è limitata al mercoledì sera, come dire: il lavoro non manca, e di rifl esso, pensiamo, anche le soddisfazioni.Prima era “il Bettinelli” poi “da Tom-maso” ora, da oltre vent’anni, “Al Ponte”. In ogni caso, dal dopoguer-ra il locale ha sempre funzionato bene pur variando nel tempo, ov-viamente, il tipo di proposte.«Siamo venuti qui il primo di dicem-bre dell’88 – racconta Massimo Ros-si che con la sorella Rachele è conti-tolare del ristorante – con tutta la fa-miglia, mamma Antonia e papà Vin-cenzo. Siamo originari di Pradalun-ga a poca distanza. Non avevamo una grande esperienza nel settore, avevamo solo gestito un bar in città. Quando siamo subentrati - ricorda -, il locale aveva già un buon avvia-mento per il pranzo di mezzogior-no, il nostro compito principale era quello di lanciarlo anche per la sera. Non è stato facile ma ci siamo riu-sciti. Da tempo ormai nei fi ne setti-mana la prenotazione è veramente consigliata».La capacità dei fratelli Rossi è sta-ta quindi soprattutto quella di pro-porre qualcosa di nuovo nella zona puntando in particolare sui piatti di pesce. «Devo dire con un certo ram-marico – continua Massimo Rossi, che con il cognato si occupa della cucina mentre la sorella segue la sala – che abbiamo tentato più vol-te di proporre piatti più elaborati,

ma la clientela ha dimostrato di non gradire particolarmente. Forse sa-rà dipeso anche da noi – ammette -, ma le scelte fi nivano immancabil-mente sul classico, è così la cucina tipica mediterranea è diventata il nostro cavallo di battaglia. Il pesce ha comunque rappresentato un po’ una novità nella zona e il merito di questo sviluppo va anche al mio padrino Ermanno che ha lavorato a lungo in una grossa azienda che commercializza pesce e mi quindi ben indirizzato. E poi c’è la pizzeria che funziona a pieno ritmo».Primi rigorosamente fatti in casa (quali ravioli di branzino e gnocchi della Versilia, ad esempio), caprio-lo con polenta taragna e involtino di salmone marinato con agrumi e gamberi sono le proposte che col-piscono in un menù ben strutturato e - nel rispetto di quelle che, come detto, sono risultate le esigenze del-la clientela - con poche concessioni alla fantasia.«La nostra è una clientela molto ar-ticolata anche dal punto di vista ge-ografi co – spiega Rossi -, non è solo

locale ma arriva anche dalla città e dall’hinterland. Sono clienti affezio-nati, vorrei dire storici, e questo si-gnifi ca che condividono le nostre scelte». La provenienza variegata è stretta-mente legata alla posizione del ri-storante che, tanto per dare qual-che rifermento, è praticamente adiacente alla sede territoriale dell’Asl, è posto all’inizio di una lun-ga e molto frequentata pista cicla-bile e con l’arrivo del nuovo tram è molto vicina al terminal dello stesso. Intuibili perciò i fl ussi che la collo-cazione può generare. Se a questo si aggiunge che il locale è stato per anni il punto di riferimento per la ri-storazione delle squadre calcistiche locali, compreso sino a poco tempo fa l’Albinoleffe, e delle squadre che venivano ospitate, si può ben capi-re come il lavoro, per i meriti ovvia-mente dei titolari, non manchi.«Sì, sono situazioni che ci hanno da-to una mano – conclude il titolare – magari offrendoci qualche occasio-ne in più. In uno di questi fi ne setti-mana, ad esempio, abbiamo ospita-to una ventina di giovani portatori di handicap. Avevano preso il tram e sono venuti da noi. Senza questa nuova linea probabil-mente non sarebbero arrivati al no-stro ristorante: tocca poi a noi fare la nostra parte. Un impegno che portiamo avanti ancora con molto entusiasmo».

Il locale di Albino ha scoperto con piacere i benefi ci, non solo viabilistici, della nuova tranvia. «Abbiamo già un buon giro, questa è un’occasione in più»

Massimo Rossi

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Ristorante Pizzeria Al Ponte via Stazione 6 - Albino

tel. 035 751026 chiuso il mercoledì sera

Al ristorante pizzeria Al Ponte la proposta per il pranzo di mezzogiorno è articolata su due me-nù: uno fi sso al costo di dieci euro, l’altro defi ni-to turistico che ne costa 15. I piatti di quest’ulti-mo sono diversi da quelli del menù fi sso, non c’è nessuna correlazione tra le due liste, ma si rifanno comunque ai classici con l’aggiunta magari di un pizzico di ricercatezza in più. Del menù turistico ricordiamo ad esempio gli gnocchi della Versilia ai frutti di mare e la grigliata con braciola, bistec-ca e salsiccia.Il nostro obiettivo resta comunque il menù fi sso “classico” che, con un’ampia rotazione di piatti nel corso della settimana, offre quotidianamente una buona scelta. Fusilli asparagi e salmone, spa-ghetti al pomodoro, maccheroni all’ortolana, pen-ne all’arrabbiata e tortellini in brodo le proposte per i primi. Calamari fritti, medaglioni di vitello al forno, paillard ai ferri, braciola alla griglia, griglia-tina mista, roast beef all’inglese e insalata fantasia costituivano invece la lista dei secondi piatti. Con-torno, acqua, vino e caffè sono, come ormai da for-mula consolidata, compresi nel prezzo.Originali e molto buoni i maccheroni all’ortola-na che abbiamo scelto: un sapore nuovo, almeno per noi, morbido e delicato, classica e ben riuscita la frittura di calamari. Le mise sono essenziali ma funzionali mentre il servizio è veramente molto attento pur tenendo conto della caratteristica es-senziale che per molti clienti è la rapidità. Abbia-mo mangiato bene e con un buon rapporto qua-lità/prezzo.

La vittoria del “classico”LA PROVA

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Un locale accogliente, dove potersi sentire come a casa propria e do-ve poter gustare piatti appetitosi e di qualità. L’“Osteria San Giorgio”, ad Albano Sant’Alessandro, con il cambio di gestione ha rinnovato la sua offerta cercando di acconten-tare tutti i palati ma anche tutte le tasche. Il marchio Pamir del titolare Fabio Cantoni è sinonimo di qualità e di affi dabilità, requisiti che i gesto-ri del ristorante, Gabriele Pezzotta (chef) e Giusy Capasso (restaurant manager), mantengono ad alto li-vello. Materie prime selezionate e grande attenzione anche al “custo-mer service”, appresa da Gabriele e Giusy durante l’esperienza in In-ghilterra, che ha dato loro molto dal punto di vista professionale e che li ha fatti anche incontrare e innamo-rare. Tornati in Italia, da circa un an-no gestiscono il locale: una sfi da da affrontare con una grande passione per questa attività. «Come punto di partenza c’è stato il rifacimento del-la cucina – evidenziano -, che è a vi-sta sulla sala da pranzo e questo in-

curiosisce molto i clienti». L’offerta dell’Osteria San Giorgio si differen-zia tra pranzi di lavoro e menù serali. La capienza è di una trentina di po-sti, per i banchetti si arriva anche a cinquanta persone ed in questi casi il menù è fatto su richiesta. Il prezzo per i pranzi di lavoro varia dai 7 ai 12 euro e comprende un’ampia scelta di primi e secondi piatti con contor-no. Mentre per la sera vengono pro-posti piatti più particolari. Tutto vie-ne fatto in casa, dalla pasta ai dolci. Lo chef, che adora i primi, ci ha dato alcuni suggerimenti sui piatti da as-saggiare: tra gli antipasti noci di ca-pasanta, come primi fregula sarda con zucca e taleggio e paccheri se-condo l’oste (con polpo, guanciale e pomodorini), per i secondi di pe-sce fi letto di rombo e, se si preferi-sce la carne, una grigliata mista ser-vita sulla piastra di ardesia, o in al-ternativa fi letto di scottona steccato al pepe nero e guanciale. Senza di-menticare i dolci, tra cui lo strudel di mele con zabaione al rum e il delica-to semifreddo alla liquirizia. La car-ta dei vini presenta scelte nel solco della tradizione, con case vinicole di tutta Italia e diverse fasce di prezzo. Per stuzzicare ulteriormente i palati, ogni mese lo chef propone un menù tipico regionale: «Siamo partiti con questa iniziativa da poco, da no-vembre, ed abbiamo iniziato questo particolare giro d’Italia con la Lom-bardia, e con piatti tipici bergama-schi – spiega Gabriele Pezzotta –. Dicembre invece è il mese del Vene-to, con piatti della tradizione come crostini di paté di fegato e radicchio trevigiano e baccalà alla vicentina.

Quest’idea nasce dalla nostra pas-sione di ricercare piatti della tradi-zione nei diversi luoghi d’Italia che visitiamo. Ci piace viaggiare e nei paesi dove ci troviamo andiamo a caccia delle trattorie tipiche». Tra le caratteristiche del ristorante c’è la speciale importanza riservata al servizio: tutti i clienti devono essere “coccolati”, e questo signifi ca avere piatti “a misura di bambino” ma an-che andare incontro alle necessità di chi è celiaco o ha intolleranze op-pure allergie. L’Osteria San Giorgio è un ristorante adatto alle famiglie, ma l’atmosfera si addice anche ad una piacevole serata a due.

Sara Vavassori

Reduci da un’esperienza in Inghilterra, Gabriele Pezzotta e Giusy Capasso sono da un anno alla guida del locale di Albano Sant’Alessandro, di proprietà di Fabio Cantoni. La loro linea è chiara: «Le proposte della cucina devono sposarsi con accoglienza e servizio»

bano

Gabriele Pezzotta, Giusy Capasso e il titolare Fabio Cantoni

Osteria San Giorgio

Ristorante “Osteria San Giorgio” via S. Giovanni Bosco, 24

(entrata su via Tonale) Albano Sant’Alessandro

chiuso il lunedì sera e il martedìper informazioni e prenotazioni:

348 7625804 – 392 9852561

«coccolare il cliente è la nostra missione»

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Al Gourmet di Città alta il tradizionale incontro promosso dall’Ascom in occasione delle Feste. Nel menù le proposte di cinque locali

Prima di lanciarsi in uno dei periodi più impegna-tivi dell’anno, è tradizione dei ristoratori berga-maschi incontrarsi per lo scambio degli auguri di

Natale. Un appuntamento puntualmente riproposto dal presidente onorario del Gruppo ristoratori Ascom, Pino Capozzi, che ha riunito al ristorante Gourmet di Città alta colleghi, addetti ai lavori e autorità per una serata all’inse-gna dell’amicizia e dei piaceri della tavola. Fedele ad una formula consolidata, la cena è stata scandita dalle portate di cinque diversi locali a comporre una piccola escursio-ne tra le proposte della ristorazione orobica e le diverse interpretazioni degli chef: Bruno Federico della Caprese di Mozzo, Pino Capozzi dell’Agnello d’oro di Città alta, Fe-derico Coria dell’Antico ristorante del Moro di Bergamo, lo stellato Paolo Frosio dell’omonimo ristorante di Almé e Stefano Asperti, chef del Gourmet dei patron Aldo Be-

retta e Gianni Cornacchia. Bergamaschi anche i vini, del-la Brugherata di Scanzorosciate. Ben rappresentato il pa-norama istituzionale e associativo, con il presidente della Camera di Commercio Roberto Sestini, il segretario gene-rale Emanuele Prati, l’assessore alle Attività produttive del Comune di Bergamo Enrica Foppa Pedretti, il presidente e il direttore dell’Ascom, Paolo Malvestiti e Luigi Trigona, e la presidente dei ristoratori Petronilla Frosio. La cena seguiva di pochi giorni due importanti eventi per la ga-stronomia bergamasca, la conquista della terza stella Mi-chelin da parte del ristorante Da Vittorio e l’assegnazione alla città delle selezioni italiane del prestigioso concorso Bocuse d’Or: due traguardi che, a detta di tutti, aprono importanti prospettive per l’affermazione della Bergamo del gusto in campo nazionale e internazionale e sono da stimolo alla crescita di tutto il settore.

Ristoratori, gli auguri nel piatto

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È aperto sette giorni su sette e nel corso della giornata si trasforma

da tavola calda a sala da tè, da bar per l’happy hour a ristorante.

Senza dimenticare la solidarietà

Nulla di casuale, nessuna scelta fatta per il sem-plice gusto di tentare. Al Niniva restaurant and music fashion bar di Almè si respira tutta l’im-

pronta dei sui creatori che dal marzo 2007 lo gestisco-no anticipando stili e tendenze. Manuela e Fabio Vanini hanno voluto un locale che si adatti alle diverse fasce orarie e quindi alle diverse esigenze di una clientela più che mai eterogenea. Disposto su un piano, il Niniva of-fre un’area ben arredata, ricca di particolari che sanno coinvolgere: dall’originalità dell’ambiente fi no al servi-zio. L’apertura è alle 5,30 per accogliere chi deve affron-tare anzitempo la prima colazione. A mezzogiorno la prima trasformazione. Il locale diventa tavola calda ca-pace di ricevere oltre un centinaio di clienti ai quali vie-ne proposta una cucina creativa a prezzi in linea con la pausa pranzo. Nel pomeriggio, sino alle 17,30, il Niniva diventa luogo ideale per chi è alla ricerca di una giusta miscela di tè (48 i gusti a disposizione) o più semplice-

mente di una fumante cioccolata disponibile in 36 tipo-logie. A partire dalle 18 ecco l’ora dell’aperitivo: un hap-py hour modaiolo, apprezzato da giovani e giovanissi-mi che posso approfi ttare di un ricco buffet e di buona musica. Oltre 80 le etichette di vino a disposizione per la degustazione. Particolarità del cibo offerto è la sele-zione di formaggi tipici dell’alta Valle Brembana. Alle 21 nuovo cambiamento ed il locale diventa un music bar. Ampia la scelta dei cocktail con particolare attenzione a quelli innovativi a base di birra. La musica durante la settimana è soft, mentre il venerdì, sabato e domenica la proposta diviene da ballo. Ad impreziosire l’offerta sono le tante feste a tema che variano per frequenza e giorno. Fisso invece è l’appuntamento di ogni ultimo giovedì del mese dedicato a tributi di grandi autori. An-che il sociale riveste un ruolo importante per questo lo-cale: ogni anno viene realizzato un evento con l’intero incasso devoluto in benefi cenza.

NINIVAvia Milano 42/a - Almè

orari: dalle 5.30 alle 2 - chiusura: mai telefono 035 638123 - www.niniva.it

È aperto sette giorni su sette

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Niniva, il locale poliedrico

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Alla pasticceria Salvi la sosta è ancora più golosaLa Pasticceria Salvi, storica insegna di via Torquato Tasso, in città, è l’indirizzo ideale per il rituale del tè, una sosta relax con infusi e tisane e una pausa golosa con ciocco-lata e creme. Due le nuove liste del locale con 32 gusti di cioccolata e creme - dallo zabaione allo whisky alla vani-glia - e 48 varietà di tè da tutto il mondo. I cultori potran-no rinnovare il rituale Zen degustando il mitico “cerimo-nial tea”, affi ancato da tè verdi, neri e bianchi provenienti da ogni angolo del globo; non mancano 18 tè freddi sha-kerati: dai classici alla frutta, alla liquirizia ai fi ori egizia-ni al “paradise ice”. Anche per le cioccolate non c’è che l’imbarazzo della scelta: cioccolate alla frutta, al latte, alla mandorla, alla nocciola, gianduja e marron glacè e cioc-colato bianco affi ancano la classica extrafondente. Per rendere la pausa ancora più golosa sono stati inseriti per-corsi di degustazione, accompagnati da frutta, pasticcini, candele e cioccolato. Un servizio per due, con simpatiche e golose varianti, come la ciocco-dama: una scacchiera con pedine-biscotti per fare a gara a chi riesce a mangiare più pedine all’avversario, gustandosi con calma la ciocco-lata preferita. Non mancano tris, con la possibilità di sce-gliere tre tipi di cioccolate accompagnate da pasticcini, magari puntando sulla scelta di cioccolate d’altri tempi, ispirate ai salotti parigini del Settecento ed Ottocento. Pasticceria Salvi via Tasso, 48 – Bergamo tel. 035 243623.

Per gli appassionati di selvaggina un appuntamen-to da annotare. Dal 15 al 21 febbraio prossimi, con la possibilità di proroghe in vari ristoranti della Ber-gamasca, torna “Caccia in cucina”, la rassegna dedi-cata alla valorizzazione della gastronomia venatoria promossa da Anuu Migratoristi con la collaborazio-ne dell’Ascom, in programma, oltre che a Bergamo, in altre otto province lombarde (Brescia, Como, Cremona, Lodi, Milano, Monza e Brianza, Pavia e Va-rese). Nei ristoranti sarà possibile trovare piatti o in-teri menù a base di cacciagione abbinati ai vini più adatti, un’occasione per scoprire, o riscoprire, ri-cette “classiche” o nuove interpretazioni degli chef e, più in generale, i prodotti del territorio. L’elenco dei locali sarà pubblicato sul sito www.ascombg.it

I sapori della cacciatornano in tavola

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Il “San Leonardo” tiene banco Ai SantiAi vini italiani capita di frequente di raccogliere risultati sorprendenti nelle degustazioni alla cieca, anche battendo case francesi blasonate. Ne sa qualcosa la Tenuta Guerrie-ri Gonzaga di Avio. Con il suo pregevole “San Leonardo”, la casa trentina è riuscita a surclassare vini blasonati come il celebre Château Petrus, le cui bottiglie hanno un costo al-meno 20 volte superiore. Si comprende allora l’orgoglio del marchese Carlo Guerrieri Gonzaga e del fi glio Anselmo per questo felice uvaggio di Cabernet Sauvignon (60%), Cabernet Franc (30%) e Merlot (10%), che da anni racco-glie consensi tra guide e consumatori. Un taglio bordole-se poderoso (si sente la mano di Tachis) che affascina per eleganza e compiutezza. E che anche recentemente, in de-

I GRANDI VINI ITALIANI

“Voltolina come detto valle circondata da alti e ter-ribili monti fa vini potenti e assai”. Lo sosteneva, nel 1490, nel Codice Atlantico, un certo Leonardo da Vin-ci. Il quale, dunque, oltre che artista e scienziato ec-celso, può essere considerato a buon diritto, se non proprio un enologo, un fi ne intenditore di vino. Altre epoche. Con inverni rigidissimi, in cui la coltivazione delle uve era veramente, come si dice oggi, “eroica”. E con un prodotto che rispecchiava, nelle sue caratteri-stiche, la durezza di quei terribili inverni. Oggi le cose sono cambiate. A cominciare dal fatto che, negli ultimi 15 anni, i vini valtellinesi si sono potuti avvantaggia-re di quell’aumento delle temperature della terra che viene additato da più parti come il responsabile di tan-ti sconvolgimenti naturali, dal ritiro dei ghiacciai alla desertifi cazione e alle alluvioni. Per Sassella, Inferno e Sfursat, invece, l’incremento delle temperature è stato un toccasana, perché ha esaltato quell’ “acidità fresca” che è la peculiarità tipica dei vini valtellinesi. Si è par-lato di questo e altro al convegno “Dal bicchiere alla vigna” promosso dal Consorzio tutela vini valtellinesi al Grand Hotel Bagni Nuovi di Bormio. Ma perché, in-nanzitutto, quel titolo “Dal bicchiere alla vigna”? Non dovrebbe essere il contrario? Il capovolgimento è sta-to spiegato da Giacomo Mojoli, della Facoltà di Scien-ze Gastronomiche dell’Università degli Studi di Mila-no: “Non vogliamo oggi soffermarci su ciò che c’è den-tro il bicchiere, ma andare a vedere ciò che sta al di fuori di esso, esaminando le caratteristiche specifi che generate dalla peculiarità del versante retico valtelli-nese. In questa degustazione il vino vuole diventare uno strumento per affermare un’identità territoriale molto forte”. Attraverso il vino, cioè, si può “leggere”

Valtellina, là dove i vini sanno IL CONVEGNO - di Pierluigi Saurgnani

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gustazione al ristorante “Ai Santi” di Bergamo, non ha man-cato di affascinare i numerosi buongustai. Tre le annate in mescita (2001, 1999 e 1996), tutte convincenti e sapiente-mente abbinate alle proposte degli chef Maurizio Bonomi e Mattia Giupponi che affi ancano Daniela e Nicola Zanini da sei anni alla guida del locale. Come hanno illustrato il di-rettore vendite dell’azienda, Fulvio Rimini, e la rappresen-tante per Bergamo e provincia Anna Maria Belotti, le anna-te ‘99 e 2001 hanno ancora ampi margini di invecchiamen-to, possono subire tranquillamente quella lenta maturazio-ne che ha reso il San Leonardo uno dei grandi vini rossi ita-liani. A completare la gamma della Tenuta trentina anche il Villa Gresti (assemblaggio di Merlot 90%, Carmenère 10%) e il Terra di San Leonardo, classico taglio bordolese.

il territorio vinicolo, e quello della Valtellina presenta una combinazione unica di fattori: terrazze vitate, ter-reni di origine morenica, altitudine tra i 300 e i 700 me-tri, esposizione a Sud, clima endoalpino, forte fraziona-mento della produzione, scelte agronomiche peculiari, presenza di un unico vitigno, il Chiavennasca, che ha as-sunto nei secoli caratteristiche proprie pur mantenen-do i caratteri di base del Nebbiolo. Tutto ciò rende unici i vini valtellinesi. Ciò che è nel bicchiere ha quindi uno stretto legame con il concetto agronomico e con fatto-ri come quello di altitudine, di radiazione solare, di ca-ratteristiche legate alla tipicità anche morfologica del territorio e alle diverse espressioni che trova qui il viti-gno. Ecco perché per il futuro si vuole dare un ruolo di primo piano a quanto avviene in vigneto rispetto alla cantina, puntando sulle caratteristiche che si formano in vigna (le note varietali o aromi primari che si forma-no nella bacca e infl uiscono sulla qualità fi nale del vi-no in bottiglia). “Il futuro del vino valtellinese sta nella capacità di legare ciò che c’è dentro il bicchiere con le specifi cità del proprio territorio vinicolo e del proprio vitigno”, ha concluso Mojoli. Un concetto di “percorso inverso” ripreso da Osvaldo Failla, dell’Università degli Studi di Milano: quando si assaggia un vino, si cerca di trovare la matrice ambientale e varietale da cui deriva, il nesso tra suolo e clima e i profi li sensoriali di un certo vino. Mentre l’enologo Claudio Introini ha sottolineato il fatto che i produttori in Valtellina hanno dovuto fare all’inizio un grande sforzo sugli aspetti enologici, segui-ti da quelli fatti in vigneto, in un territorio che basa la sua produzione su piccoli viticoltori che detengono il 60% della produzione complessiva: 40mila ettolitri, va-le a dire cinque milioni di bottiglie.

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