il balneum in piazza sant’antonio a catania: una riscoperta archeologica

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CATANIA ANTICA Nuove prospettive di ricerca

A cura di

Fabrizio Nicoletti

Palermo

2015

Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

Museo Regionale Interdisciplinare di Catania

CATANIA ANTICA NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA

a cura di Fabrizio Nicoletti Il volume è stato realizzato nell’ambito del Progetto per l’incremento della valorizzazione e pubblica fruizione del Teatro Ode-on e delle Terme della Rotonda di Catania - PO FESR Sicilia 2007-2013. Asse 3. Linea d’intervento 3.1.1.1. Dipartimento: Servizio Attuazione programmi nazionali e comunita-ri - APQ Maria Elena Alfano, Benedetta Cacicia Responsabile unico del procedimento e coordinatore per la sicurezza Giuseppe Sciacca Ufficio di progettazione Maria Grazia Branciforti, Giovanna Buda, Antonio Fer-nando Chiavetta, Roberto Sannasardo, Cornelio Tripolone Direzione dei lavori Giovanna Buda

Direzione operativa e coordinamento scientifico per le indagini archeo-logiche e i restauri Maria Grazia Branciforti, Fabrizio Nicoletti Direzione operativa per le indagini geologiche Antonio Fernando Chiavetta Collaboratore al responsabile unico del procedimento Anna Toscano Collaboratori alla direzione dei lavori Giuseppina Ferlito, Pamela Nicolosi, Giuseppe Santonoci-to, Cornelio Tripolone, Vincenzo Toscano Collaudi Giovanni Patti, Francesco Privitera Impresa esecutrice Consorzio Stabile Vitruvio s.c. a r.l. - Gioiosa Marea (ME)

VOLUME

Progettazione e impaginazione Fabrizio Nicoletti Stampa Grafica Saturnia - via Pachino 22, Siracusa © Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e del-l’Identità Siciliana, Dipartimento dei Beni Culturali e del-l’Identità Siciliana Volume fuori commercio, vietata la vendita

Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

Catania antica : nuove prospettive di ricerca / a cura di Fabrizio Nicoletti. - Palermo : Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e dell'identità siciliana, 2015. ISBN 978-88-6164-348-2 1. Odeon <Catania> [e] Terme della Rotonda <Catania>. I. Nicoletti, Fabrizio. 937.8131 CDD-22 SBN Pal0283796 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

ABBREVIAZIONI

Le abbreviazioni bibliografiche sono quelle dell’Année Philologique online, all’indirizzo:

http://www.annee-philologique.com/files/sigles_fr.pdf

I simboli delle misure sono quelli del Système international d’unités.

Le principali abbreviazioni usate nel testo sono le seguenti: bibl. = bibliografia C = centro c., cc. = colonna colonne ca. = circa cat. = catalogo cd. = cosiddetto/a c.da = contrada cds = in corso di stampa cfr. = confronta D/ = dritto diam. = diametro doc. docc. = documento documenti E = est Ead. = Eadem ed., eds. = editor/s h = altezza Ibid. = Ibidem Id. = Idem inf. = inferiore inv. = inventario largh. lungh. max. = massimo/a mq = metro/i quadrato/i N = nord n. nn. = numero/i p. pp. = pagina pagine prof. = profondità q. = quota R/ = rovescio S = sud s.a. = senza autore s.d. = senza data s.l. = senza luogo sec. = secolo sgg. = seguenti s.l.m. = sul livello del mare spess. = spessore sup. = superiore v. = vedi W = ovest

INDICE

ANTONIO PURPURA

Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana .............. 9

CARMELA VELLA

Dirigente del Servizio Museo Regionale Interdisciplinare di Catania .. 11

FABRIZIO NICOLETTI

Prefazione ......................................................................................................... 13

ANTONIO FERNANDO

CHIAVETTA

Aspetti geologici, morfologici e idrogeologici dell’area del teatro antico di Catania 23

FABRIZIO NICOLETTI L’acropoli di Catania nella preistoria ................................................................ 33

DARIA PETRUSO GIOVANNI DI SIMONE VINCENZA FORGIA

La fauna a mammiferi dell’abitato preistorico sull’acropoli di Catania ...............

99

ORAZIO PALIO FRANCESCO PRIVITERA

L’età del Bronzo nella grotta Petralia di Catania ..............................................

125

DAVIDE TANASI La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio ... 143

MASSIMO FRASCA Gli scavi all’interno dell’ex monastero dei Benedettini e lo sviluppo urbano di Catania antica ..................................................................................................

163

MARCO CAMERA Le coppe di tipo ionico del deposito votivo di piazza San Francesco a Catania. Alcune riflessioni tra tipologia, produzione e dinamiche territoriali ......................

179

MICHELA URSINO Un cratere del Pittore del Louvre F6 dalla stipe di piazza San Francesco a Ca-tania .................................................................................................................

203

DANIELA MIDOLO UMBERTO SPIGO

Catania. Ricerche sotto palazzo Sangiuliano (piazza Università) ......................

213

GIOVANNA BUDA Teatro antico di Catania. Lavori tra il 2014 e il 2015 ..................................... 247

AGATA TAORMINA

Nuove ricerche archeologiche nel teatro antico di Catania ....................................

281

GIUSEPPE GUZZETTA

Monete dagli scavi 2014-2015 nel teatro antico di Catania ............................... 351

TERESA MAGRO ANTONINO MAZZAGLIA

Indagini in via San Francesco d’Assisi ..............................................................

359

SUSANNA AMARI Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica ...... 379

ELISA BONACINI Il “portico dell’Atleta” di via Crociferi: i dati dello scavo del 2006 ..................... 399

ELISA BONACINI La domus con fontana di via Santa Maddalena: i dati dello scavo del 2007 .... 413

FABRIZIO NICOLETTI La tomba romana di via Sanfilippo a Catania .................................................. 431

FRANCESCO TOMASELLO Bain du Temple de Bacchus a Catania ....................................................... 445

PATRIZIO PENSABENE Il contributo degli elementi architettonici in marmo del Museo Civico di Castello Ursino alla storia dell’architettura romana di età imperiale a Catania ................

471

GIOVANNA BUDA FABRIZIO NICOLETTI VIVIANA SPINELLA

Catania. Scavi e restauri a nord della Rotonda .................................................

507

GIUSEPPE GUZZETTA Monete dagli scavi del 2015 a nord della Rotonda a Catania ............................ 573

PAOLO BARRESI Testimonianze di scultura romana a Catania ..................................................... 591

PAOLO MILITELLO Le Antichità catanesi nelle fonti cartografiche d’età moderna ............................. 609

GIUSEPPE GUZZETTA La numismatica di Catana dal Rinascimento all’età dei Lumi .......................... 629

ROSA LANTERI La collezione numismatica dell’Università di Catania ........................................ 663

ANNA MARIA IOZZIA Documenti dell’Archivio di Stato di Catania per la storia dell’archeologia cata-nese. 1743-1932 ...............................................................................................

673

ANTONELLA PAUTASSO Giovanni Rizza e l’archeologia urbana a Catania nella seconda metà del XX secolo .................................................................................................................

721

DARIO PALERMO Spigolature catanesi ........................................................................................... 741

Catania Antica Nuove prospettive di ricerca

SUSANNA AMARI(*)

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

RIASSUNTO - Nel 1997 in occasione dei lavori promossi dal Comune di Catania per la riqualificazione della piazza S. Anto-nio, ubicata nella zona meridionale del centro storico ad E della chiesa di S. Antonio Abate, la Soprintendenza di Catania è intervenuta per eseguire una indagine archeologica a seguito dei ritrovamenti di alcune strutture murarie. Lo scavo nella piazza ha permesso di individuare i resti di un pozzo e di un edificio di epoca romana, e riscoprire alcuni ambienti di un bal-neum privato coevo, in parte rinvenuto dal principe di Biscari nell’ultimo trentennio del XVIII sec., rilevato dall’architetto e pittore francese Hoüel, e dall’architetto Sebastiano Ittar. Per un secolo l’edificio fu considerato tra i più prestigiosi della città antica. Le edificazioni sette e ottocentesche delle case del dott. Sapuppo hanno coperto quasi del tutto la domus romana, comprese le strutture descritte da Biscari, il quale in buona parte le aveva lasciate a vista per il loro pregio architettonico. Nell’appendice SE della piazza, che è insinuata tra due palazzi a mo’ di corte interna, dove i privati avevano da secoli scavato le fosse settiche e goduto del pozzo di luce risparmiato da edificazioni in area demaniale, si conservano i resti di nove am-bienti del balneum, costruito con muri in conglomerato cementizio rivestito da doppio paramento di pregevoli conci lavici con ricorsi di bipedales. Gli ambienti interni sono articolati da nicchie, lesene, pilastri e colonne, le pareti e i pavimenti erano riccamente decorati con marmi, affreschi e stucchi policromi. Al I sec. d.C. sono databili i rivestimenti di marmo in opus secti-le e l’opus signinum con il motivo del punteggiato regolare, disposto a riquadri tra i pilastri del vano che meglio si è conservato. I numerosi frammenti di affreschi e di stucchi che rivestivano le pareti consentono di datare l’uso della domus tra il I e il III sec. d.C. Le strutture antiche sono state riconosciute di eccezionale interesse archeologico e subito dopo lo scavo sottoposte a vincolo di tutela da parte del Dipartimento dei Beni Culturali. In seguito, il Comune di Catania nella corte sopraelevata del-la piazza, dove è il balneum, ha posto una copertura di metallo e vetro, e un cartello che segnalano l’edificio antico. La risco-perta consente la rilettura delle notizie storiche di ritrovamenti di ruderi di età romana imperiale negli isolati limitrofi e per-mette di articolare il quadro topografico e urbanistico di Catina, in questo settore della colonia romana, destinato all’edilizia residenziale privata, presumibilmente, per la felice dislocazione sul pendio meridionale della collina di Montevergine con vi-sta sul mare. SUMMARY - THE BALNEUM IN ST. ANTHONY SQUARE IN CATANIA: AN ARCHAEOLOGICAL REDISCOVERY - In 1997, dur-ing the work promoted by the Municipality of Catania for the requalification of the St. Anthony square, located in the southern part of the old town and to the east of the St. Anthony Church, the Superintendence of Catania has conducted an archaeological research following the discovery of some walls. The excavation allowed us to identify the remains of a well and a Roman building, to rediscover some rooms of a coeval private balneum, partly recovered by the Prince of Biscari last third of the eighteenth century, drawn by J. Hoüel and S. Ittar, architects. For a century, the building was considered among the most prestigious of the ancient city. The houses of dr. Sapuppo, in the eighteenth and nineteenth centuries, have cov-ered almost the Roman domus, including the structures described by Biscari, which largely had left in view for their architec-tural prestige. In the appendix southeast of the square, placed between two buildings as a kind of inner court, where for cen-turies private individuals had dug septic tanks and enjoyed the well of light, are the remains of nine rooms of the balneum, built with walls in opus caementicium covered with double face of fine lavic blocks and bipedales belts. The interiors are articu-lated by niches, pilasters, pillars and columns, walls and floors were elaborately decorated with marble, frescoes and poly-chrome stuccoes. To the first century AD. are dating coatings marble opus sectile and opus signinum with the motif of the regu-lar dotted willing to panels between the pillars of the room that has been preserved best. The numerous fragments of fres-coes and stuccoes that covered the walls, allow us to date the use of the domus between the first and third century AD. The ancient structures have been recognized of exceptional archaeological interest and immediately after excavation subject to restrictions of protection from the Department of Cultural Heritage. Later, the Municipality of Catania in the court raised of the square, where is the Roman bath, put a cover of metal and glass, and a sign showing the ancient building. The find al-lows to check the news of discovery of the ruins of Roman age in the neighboring blocks and to articulate the framework of urban topography of Catina, in this area of the Roman colony, housing-private, presumably, for the happy dislocation on the southern slope of the Montevergine hill with sea views. (*) Via Vitaliano Brancati 13, 95030 Nicolosi (CT); tel. 347/8051981; e-mail: [email protected].

Susanna Amari

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INTRODUZIONE Nei mesi di febbraio e marzo 1997 ho colla-

borato alle indagini di scavo archeologico strati-grafico condotte dalla Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambienta-li di Catania, in occasione dei lavori promossi dal Comune di Catania per la riqualificazione della piazza S. Antonio (fig. 1); un’area di proprietà del Demanio pubblico (foglio 69 allegato R della mappa del catasto urbano) posta nel centro stori-co pochi metri a S della via Garibaldi, uno degli assi viari principali EW già della città settecente-sca. La piazza è ubicata tra la via Sapuppo a N, la via Abate Ferrara ad W - dove è la chiesa di S. Antonio Abate, ormai sconsacrata - e la via SS. Trinità ad E (queste ultime due sono state recen-temente indicate tra gli antichi assi viari della città romana, corrispondenti ai cardines I e V di Catina in Branciforti 2010, pp. 234, 244, fig. 162); a S è delimitata dalla cd. “Casa Pacini”. Nel palazzetto, probabilmente all’epoca adibito a locanda, l’11 febbraio del 1796 (come attesta l’atto di battesi-mo custodito nella parrocchia della Madonna dell’Aiuto) nacque il musicista e compositore Giovanni Pacini, da Luigi e da Isabella Paulillo, cantanti non catanesi, che si trovavano nell’isola in tournée (Lamacchia 2014). Sul prospetto setten-trionale del palazzo, sono visibili tutt’oggi un al-torilievo del busto di Pacini e una lapide di mar-mo, posti a memoria del lieto evento. L’isolato, costruito sulla cinta di fortificazione medievale e a ridosso del bastione di Sant’Euplio, è definito a S da via Naumachia, l’edificio che Biscari sperava di mettere in luce con il suo scavo intrapreso nel-le case Sapuppo (Paternò Castello di Biscari 1779; Pagnano 2001, p. 49).

LA SCOPERTA. DA BISCARI A HOLM Tra le strutture archeologiche recentemente ri-

trovate è il balneum che già la letteratura archeolo-gica dalla fine del Settecento conosce e ricorda come il bagno nella Casa Sapuppo (Paternò Castello di Biscari 1779; 1781; 1817, pp. 33-34) o come le terme esistenti nei pressi della chiesa di S. Anto-nio (Hoüel 1784, pl. CXXVIII, O. 1785, p. 4; Holm 1873, pp. 21, 47, 49 n. 25; 1925, p. 51).

Jean Pierre Louis Laurent Hoüel, architetto e pittore del Re, in visita in Sicilia nel 1770 e poi

dal maggio 1776 al giugno 1779 (Amari 2010, pp. 13-14), si trovava a Catania quando il principe di Biscari metteva in luce il “Bagno di Casa Sapup-po”, a 10-12 piedi sotto terra (Hoüel 1785, p. 4; 1989, p. 308). Nel corso degli scavi, Hoüel realiz-za una guache, dal titolo Veduta di ruderi di terme rin-venute vicino alla chiesa di Sant’Antonio a Catania (fig. 2) e la Pianta delle terme vicino alla Chiesa di Sant’Antonio a Catania (fig. 3). Entrambe sono parte del “Catalogo ragionato”, manoscritto da Hoüel, contenente i 260 disegni conservati all’Ermitage: Catalogue Raisonné des Tableaux à Guasse et Dessins du Voyage Pittoresque de la Sicile, de l’Isle de Malte et de celles de Lipari fait pendant les an-nées 1776, 1777, 1778 et 1779 par Jean Hoüel de Rouen, Peintre du Roi (Id. 1989, p. 10). Nella gouache sono rappresentate, guardando dal lato della attu-ale via SS. Trinità, alcune delle imponenti volte in conglomerato cementizio, di oltre m 4 di altezza al colmo, che coprivano l’edificio antico prima della costruzione delle case del dott. Sapuppo, che prospettano su via Sapuppo e via SS. Trinità. Nella planimetria sono accuratamente rilevati tre ambienti in successione: il vano voltato dipinto nella gouache, con i canali di adduzione dell’acqua al frigidarium, il vano quadrato con otto sedili e quattro scale al centro delle pareti (vano B/1997), e l’ambiente di passaggio A/1997, correttamente rilevato (Ibid., p. 308, figg. 129-130, Catalogo nn. 254-255). Il balneum è segnato, anche, nella pianta

Fig. 1 - Pianta di piazza S. Antonio da nord (dal rilievo aerofo-togrammetrico 1990).

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

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della città; indicato con la lettera “O” nella dida-scalia a cartiglio posta in alto a sinistra nella Plan de la Ville de Catane tra gli Òbjets le plus remarquables de l’antique Catane, O. Bain froid, pres de St. Antoine (Hoüel 1784, pl. CXXVIII).

Biscari, Regio Custode del Val di Noto e del Valdemone, già dal 1748 aveva avviato a sue spese scavi antiquari col permesso del Senato di Catania (Amari 2010, p. 13). L’indagine nella proprietà Sapuppo potrebbe essere stata condot-ta tra l’estate del 1776 e l’estate del 1777, poiché Hoüel dall’ottobre del 1777 al marzo 1778 era ad Agrigento (Ibid., p. 125), e la sua planimetria del balneum è parziale; è la rappresentazione dello scavo in corso, rispetto al rilievo di gran lunga più tardo e diversamente circostanziato eseguito dall’architetto Sebastiano Ittar (1768-1847). Lo scavo, inoltre, deve essere stato eseguito ben prima della consegna del Plano, avvenuta nel febbraio 1779 (Pagnano 2001, p. 24), se Biscari scrive Esiste ancora scoperta la maggior parte di questo scavo.

Del principe di Biscari, Magnifico Genio Restau-ratore delle Antichità Siciliane (Ibid. 2001, p. 76) an-cora una volta, all’evidenza delle scoperte degli ultimi anni, possiamo apprezzare la precisione e

l’attendibilità del suo Plano del 1779, redatto per l’istituzione della Regia Custodia borbonica, e del suo Viaggio come guida archeologica. E seppure, a causa della morte nel 1786, non fece in tempo a pubblicare il manoscritto delle Antichità di Catania - dove erano le notizie relative alle vicende della sua epoca, le riflessioni personali, i dati di scavo corredati dalle incisioni dei rilievi - nelle pur brevi note del rinvenimento del “bagno” nella casa del Sign. D. Giuseppe Sapuppo, nel Plano e nel Viaggio, scrive della presenza di un edificio elegantemente decorato. Nella guida invita il Viaggiatore [ad] os-servare gli avanzi di non picciol bagno diviso in più stan-ze, con capriccioso disegno. Sono formate di riquadrate pietre: ma ben si conosce, che molto nobile quell’edifizio fosse stato ai suoi tempi, giacché nello scavare si trovarono molte impellicciature di marmi, il pavimento di mosaico bianco, che nello stesso luogo ancora si conserva: ed una delle stanze adornata era con Colonne formate di grossi mattoni, e probabilmente coperte di stucco; di una delle quali se ne vede un pezzo ancora a suo luogo (Paternò Castello di Biscari 1817, pp. 33-34). Il Bagno in Casa Di D. Giuseppe Sapuppo [lo rinvenne], Cercan-do di trovare alcuno avanzo della Naumachia, vicino la Chiesa di Santo Antonio, tra le Case del D.r D. Giu-seppe Sapuppo. Lo definì Magnifico e diviso con bel-

Fig. 2 - Veduta della terma (da Hoüel 1989, fig. 129).

Susanna Amari

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la simmetria. Esiste ancora scoperta la maggior parte di questo scavo, nel quale si osserva, che le stanze comunica-vano tra loro per via di Scale di quattro Scalini, in ma-niera che in ogni parte si saliva da una stanza per scende-re nell’altra, onde giudico, che questi fossero stati Bagni freddi, o che queste stanze si empivano di acque sino al livello della Porta, ed essendovi in tutti i vani tanti sedili capaci di due, o tre persone, incassati tutti nel grosso della muraglia, questi restavano ancor essi a fior di acqua, in modo che potevano comodamente lavarsi. Una di queste Porte era adornata con Colonne di Mattoni forse coperte di stucco, come ne fa Testimonio un pezzo di una di esse situata a suo luogo, ed il pavimento era formato di bianco mosaico, esistendone ancora un pezzo (Id. 1779. Pagna-no 2001, p. 111).

Dopo l’indagine del principe di Biscari, quindi, una parte del pregevole edificio fu lasciata a vista. Ancora nel XIX secolo esso è ricordato dai viag-giatori e degno di essere segnato nella pianta di Catania di Ittar, redatta in onore del re Ferdinan-do II. Sebastiano Ittar, acuto rilevatore delle anti-chità classiche (Dato e Pagnano 1995, p. 100-102) nella pianta, fatta incidere a Parigi nel 1832, indi-ca l’edificio antico col numero 45 e nel campo ANTICHITA' della legenda con la dicitura: 45. Vestigj di un Bagno in S. Antonio (per la pianta si

rimanda alla dettagliata scheda critica di Giuseppe Pagnano. Pagnano 1992, pp. 203-214. Dato e Pa-gnano 1995, p. 100). Durante gli anni di permanenza alla carica di architetto comunale Sebastiano Ittar elabora numerosi progetti edilizi e di sistemazione urbanistica nell’ottica della crescita controllata e ordinata del-la città (Dato 1983, p. 146). Ittar, all’interno del suo progetto di realizzazione della pianta di Cata-nia, esegue, inoltre, lo Studio planimetrico sulla strati-ficazione archeologica della città (collezione del Museo Civico nel Castello Ursino di Catania. Ibid., figg. 198-199) e tra gli altri rilievi dei monumenti anti-chi catanesi (Ittar 1812), redige in scala, usando come unità di misura il palmo siciliano, il rilievo del balneum di piazza S. Antonio. Il rilievo della collezione del Museo Civico nel Castello Ursino (fig. 4), è disegnato a penna, matita e inchiostro nero acquerellato, su un foglio di carta pesante bianca, in parte lacunoso e macchiato (foglio: cm 25,8 largh. x 22,4 h; disegno entro cornice lineare cm 25,2 largh. x 21 h, mancano parte del rilievo e la cornice del lato destro del foglio); in alto è pre-sente il titolo su due righi: PARTE D’UN BA-GNO Che vedesi nelle vicinanze della Chiesa di S. An-tonio Abate; seguono in proiezioni ortogonali, la sezione EW vista da N - ORTOGRAFIA - dove

Fig. 3 - Pianta della terma (da Hoüel 1989, fig. 130).

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

383

sono apprezzabili i paramenti con conci lavici ben squadrati, e la planimetria dell’edificio antico - ICNOGRAFIA, una sezione orizzontale. Nella legenda - INDICE - posta a sinistra della plani-metria, sono elencati vani e strutture:

A. Camera per Bagno Freddo (quadrata, con quat-tro ingressi a scale al centro di ogni parete, palmi 19; palmi 19,25 in Holm 1873, p. 21; 1925, p. 51. Vano centrale nella pianta Hoüel 1989, fig. 130. Vano B/1997, di m 4,30 di lato, del quale è visi-bile l’angolo NW, il resto è coperto dal palazzo Sapuppo).

B. Ingressi e scale per le quali discendeasi al Bagno (la scala N non è rappresentata. Biscari ne descrive quattro, visibili nella pianta di Hoüel. Resta trac-cia della W, USR 64/1997, di m 1 di largh.).

C. Camera contigua al Bagno (parzialmente obli-terata da parte della dispenza di Sapuppo).

D. Passaggio il quale conduce al piano superiore (il vano sul limite W del disegno; vano A/1997).

E. Parte del Calidario (a E del frigidarium; ormai inglobati dal palazzo prospiciente via SS. Trinità).

F. Fabriche distrutte. G. Parte di un condotto. H. Foro quadrato. I. Fabriche che sembrano attinenza al medesimo Ba-

gno (parte del vano E/1997 e il vano D/1997, di m 1,50 di largh., segnato per esteso nel disegno e solo accennato nell’incisione).

Lettere capitali sono segnate ai lati delle struttu-re descritte nell’indice in corsivo con inchiostro nero. Non ci sono indicazioni numeriche di misu-re. Al centro della pianta è indicato l’orientamento con una freccia in basso, lievemente obliqua a sini-stra. In basso a sinistra è posta a penna la firma autografa: Ittar Sebastiano; più in alto a destra della

Fig. 4 - Disegno di Ittar (Museo Civico nel Castello Ursino di Catania).

Susanna Amari

384

firma è la scala grafica in Palmi di Sicilia, a regolo lungo cm 8,2, divisa in tre campi e numerata: 10-20-30. Il primo campo è suddiviso in dieci parti da filetti verticali.

Nonostante il vedesi nel titolo del rilievo, forse, Ittar per redigere un’immagine complessiva, at-tinse dati da disegni elaborati all’epoca dello sca-vo Biscari. Sebastiano Ittar non poteva più vede-re tutti i resti dell’antico bagno e le volte docu-mentate da Hoüel – “inglobate” nel palazzo Sa-puppo, edificato dopo lo scavo che il Regio Cu-stode Biscari lasciò in maggior parte a vista, ma non tutto. Nel disegno, in particolare, le strutture W e S del passaggio D sono campite con inchio-stro dilavato, per distinguerle dalle altre in nero coprente. Strutture rilevate da altri, che Ittar inse-rì nel suo disegno in posizione errata, traslando la “sagoma” verso N di cm 40 ca. e ruotandola di pochi gradi a W. È corretto il rilievo Hoüel, dove è indicata anche la lesena NE, che non è rilevata nella pianta Ittar. Inoltre, nell’incisione del rilievo (fig. 5) che ho esaminato nell’archivio del Museo

Civico nel Castello Ursino (foglio cm 31 x 25,8; campo impresso cm 27,5 x 22,7; campo inciso cm 25,8 x 21; scala grafica cm 8,1; indicazioni numeriche delle misure del vano A e della scala S) mancano quasi del tutto le strutture murarie pa-rallele I. Fabriche che sembrano attinenza al medesimo Bagno, che sono campite in nero, in basso a destra nel disegno a penna (corrispondono al vano D/1997). L’incisione all’acquaforte firmata da It-tar, forse una prova non riuscita bene ma uguale a quella edita, non comprende la porzione del la-to destro del disegno, che quindi volutamente, fu lasciata fuori dalla composizione incisa. Un ri-pensamento sull’appartenenza al balneum delle strutture ormai coperte, o il fondato dubbio sull’esattezza del rilievo? I disegni parlano. Se a-vesse avuto possibilità di verifica, avrebbe rileva-to la lesena del vano E/1997 (presente già nella pianta di Hoüel), invertito gli spessori dei muri (il muro di spessore cm 35 è quello S) e la larghezza del vano D/1997 (m 1,50 e non m 1), e segnato 30 cm ca. più a N il muro in basso nel disegno.

Fig. 5 - Incisione del rilievo di Ittar (Museo Civico nel Castello Ursino di Catania).

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

385

A metà del secolo, nonostante l’avanzare dell’edilizia moderna, la “terma” era ancora inse-rita nelle guide dei viaggiatori, tra i monumenti antichi di pregio della città. Nel 1841 l’aggres-sione è in atto. Francesco Paternò Castello rife-risce: Sopra questi ruderi si sta alzando fabbrica che impedirà l’accesso in si fatti luoghi se non sarà l’opera sospesa, o non sarà aperto altro ingresso (Paternò Ca-stello e Cavagna Sangiuliani di Gualdana 1841, pp. 188-189). Nell’Itinerario pubblicato da Du Pays nel 1855, nella sezione Bains delle Antiquités di Catania, le terme près l’eglise de St-Antoine sono elencate per prime, seguono le terme dell’In-dirizzo, della Rotonda e le Achilliane; queste ul-time brevemente descritte. Settant’anni dopo la morte di Biscari, Du Pays inizia l’elencazione delle antichità catanesi con un caloroso elogio all’attività del principe, riconoscendogli i meriti delle sue numerose scoperte e la stima che la sua città nutre per la sua memoria. Catane honore la mémoire du prince de Biscari, à qui elle doit l’exhu-mation dequelques-unes de ses ruines (Du Pays 1855, p. 712).

Nel decennio successivo la visita di Du Pays è da ricercare la data dell’interramento definitivo del balneum per nuove edificazioni e la repentina cancellazione dalla memoria collettiva. Adolf Holm scrive che non può vedere l’antico edificio, “oggi nascosto sotto nuove costruzioni” (jetzt un-ter neuen Gebäuden versteckt, Holm 1873, p. 21); ma più che un errore di posizionamento o il conflitto di linee con la cinta muraria medievale, è plausibi-

le che non abbia trovato un catanese che ricor-dasse l’esatta localizzazione dell’edificio antico, se nella “mappa comparativa di Catania” (fig. 6) - Vergleichender Plan von Catania, unica illustrazione presente nel volume - indica le “terme” col n. 25, segnandone l’ingombro con una sagoma a fil di ferro nell’isolato più a N, prospiciente via Gari-baldi, anziché in quello a S di via Sapuppo. Liber-tini - nella traduzione del volume di Holm, cui aggiunge note, appendici e numerose illustrazioni - nella pianta in Appendice segna la sagoma indica-tiva il n. 25 nell’isolato ancora più ad W rispetto a Holm e presenta le “terme” in una tavola fuori testo, riproducendo un’incisione di Ittar, che pubblica parzialmente e scomposta in sezione e pianta (Id. 1925, pp. 24-25, 51, 107, tav. V).

Da traslazione a traslazione, l’edificio è defini-tivamente localizzato a NW della piazza. Gli stu-diosi non sono ormai in grado di indicare l’esatta posizione del balneum, che si trova “presso” la chiesa di S. Antonio. L’edificio romano che per quasi un secolo fu considerato dagli intellettuali, dagli architetti e dai viaggiatori tra i più prestigiosi della città antica, fu pian piano “sepolto” e di-menticato per l’espansione edilizia privata, non controllata e non guidata.

LA RISCOPERTA Circa 140 anni dopo, a seguito delle indagini

del 1997, è stata rimessa in luce una parte del

Fig. 6 - Localizzazione del balneum nella pianta di Holm (dettaglio da Holm 1873, p. 49).

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balneum visibile ancora nell’Ottocento, proprio là dove Biscari lo aveva trovato, constatando che la raffinatezza delle decorazioni che ornavano l’edificio antico non erano per nulla enfatizzate. Confermano lo splendore passato del luogo le numerose tessere di mosaico bianche, rosse, verdi e nere, alcune crustae marmoree di forma geome-trica, un piccolo capitello di tipo dorico, fram-menti di colonnine monolitiche e un disco, anch’essi di marmo, gli intonaci riccamente deco-rativi e gli stucchi sapientemente modanati che ornavano le pareti, i soffitti e i pavimenti.

Degli ambienti disegnati nelle piante di Hoüel e di Ittar, nel corso di questo recente scavo ar-cheologico sono stati rimessi in luce: l’angolo NW del frigidarium quadrato (A di Ittar, vano B/1997 di m 4,30 di lato) con una delle scale (B di Ittar, scala occidentale, larga m 1); il corridoio dell’ipotetico vano scala, più ad occidente (D di Ittar, vano A/1997 di m 3,25 EW x 4,30 NS); le strutture I/Ittar, all’epoca non bene comprese, che a seguito dello scavo nel 1997 hanno restitui-to a noi il piccolo ma elegantemente decorato va-no D (largo m 1,50 NS) con la nicchia inquadrata da cornici di stucco e colonnine di marmo, e il grande ambiente E con opus signinum, non scavati del tutto nel Settecento (fig. 12).

I limiti dell’area indagata nel 1997 sono costi-tuiti dal perimetro stesso della piazza, di forma quadrangolare, che nell’angolo SE si incunea for-mando una corte tra palazzo Sapuppo e il pro-spetto dell’edificio settecentesco che definisce a S la piazza. L’appendice SE, sebbene area del De-manio pubblico, era stata occupata da privati, chiusa con un cancello di ferro e utilizzata come garage e aia.

I settori della piazza (fig. 1), dove con le re-centi indagini sono state messe in luce strutture di interesse archeologico, sono tre:

1) l’area del marciapiedi settentrionale anti-stante il civico n. 2;

2) una parte del marciapiedi meridionale, po-sto tra i civici 9 e 11;

3) l’appendice SE della piazza, tra la casa dove nacque Pacini e il palazzo Sapuppo.

Settore 1 Nel settore 1 (fig. 7), mentre il cucchiaio mec-

canico svelliva il basolato del marciapiedi setten-trionale della piazza, sono stati individuati un mu-ro, della largh. di cm 50 e alla quota di m -1,57, costruito con pietre e malta (USM 20) e ai lati di questo due piani in cocciopesto rosato (USR 21 e 28), posto su un rudus di piccole pietre (USR 27). Le strutture, rinvenute per una lungh. di m 1,25 max. ed una h di cm 25, non sono più visibili sul lato meridionale, perché proprio al di sotto del marciapiedi da oltre un sessantennio è stato co-struito un pozzetto dell’acquedotto municipale, mentre sul lato settentrionale sono calate le fon-damenta del palazzo che chiude la piazza a N e fa angolo con via Abate Ferrara. Si è conservato per tutta l’estensione, di m 2,00 EW, il pavimento in cocciopesto del lato occidentale (USR 21). A li-mite col primo gradino della scala di pietra lavica che conduce all’ingresso del civico n. 2, è stato possibile vedere un breve tratto di un’altra mas-sicciata di piccole pietre, che probabilmente costi-tuiva il rudus di un piano rivestito con crustae marmoree. Le caratteristiche della tecnica di co-struzione del muro, dei pavimenti e delle massic-ciate sono del tutto simili a quelle rinvenute

Fig. 7 - Pianta del Settore 1 da sud (Archivio Parco Archeolo-gico Greco Romano di Catania).

Fig. 8 - Pianta del Settore 2 da nord (Archivio Parco Archeolo-gico Greco Romano di Catania).

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

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all’interno della corte della piazza, dove sono pre-senti alla medesima quota pavimenti a riquadri alternati di opus signinum e opus sectile. Parimente analoghi sono i pochi materiali archeologici che in quella occasione sono stati recuperati: fram-menti di intonaci dipinti in bianco e in giallo, di ceramica romana sigillata chiara di produzione nord africana e di anfore vinarie italiche pro-toimperiali. Nei limiti dell’indagine di urgenza e delle superfici libere da edificazioni non è stato possibile confermare l’ipotesi che le strutture fos-sero parte della domus cui appartiene il balneum.

Settore 2

Nell’area del marciapiedi meridionale, settore 2 (fig. 8), in modo del tutto analogo a quanto ve-rificatosi per il rinvenimento delle strutture lungo il marciapiedi settentrionale, è stato messo in luce

per una h max. di cm 30, il perimetro di un pozzo (A), di m 1,00 NS x 1,50 EW di lato, con muri - di cm 40 ca. di spess., costruiti con pietre e frammenti di mattoni legati con malta di calce - interamente intonacati, databile per la tecnica di costruzione simile a quella dei muri interni dell’edificio messo in luce nel settore 3, in età im-periale romana. Del pozzo è stato possibile rile-vare l’intero perimetro, sebbene l’angolo SE si trovi al di sotto del filo del muro di contenimento della terrazza - anch’essa ribasolata durante i la-vori comunali - che conduce con una lieve salita nell’area dove è il balneum e consente gli ingressi alle botteghe del piano terra della casa natale di Giovanni Pacini, poste ad una quota più alta del piano di calpestio della piazza. Rimane da verifi-care l’ipotesi che il pozzo si trovasse nell’atrium della domus.

Fig. 9 - Pianta del Settore 3 da ovest (Archivio Parco Archeologico Greco Romano di Catania).

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Settore 3 Uno scavo stratigrafico di maggiore estensio-

ne è stato eseguito nel settore 3 (fig. 9), area demaniale di m 9,50 in senso EW e m 13,60 NS, incuneata a mo’ di appendice SE tra gli edifici privati e sopraelevata di ca. m 1,60 rispetto al pi-ano della piazza. Al centro della corte, prima dell’inizio dello scavo archeologico, era stato co-struito un pozzetto di cemento (USM 13) di m 1 ca. di lato, per convogliare le acque meteoriche fino al tombino scavato nella via Abate Ferrara. All’avvio delle operazioni il settore 3 si presen-tava, inoltre, uniformemente ricoperto da uno strato di pietrisco siliceo, ad eccezione di due ampie fasce lungo le pareti S ed E del palazzo Sapuppo, dove attualmente si conserva un cana-le di aereazione costruito, forse, contemporane-amente al palazzo, per contenere l’interro e sal-vaguardare dall’umidità gli appartamenti del pri-mo piano, che a S e ad E erano, invece, allo stesso livello del piano stradale della via SS. Tri-nità. Proprio attraverso il canale (di cm 25-40 di largh. max. e profondo da 0,40 a 1,00 m), artico-lato in due bracci, uno NS a E della corte (USM 10), e il secondo EW a S (USM 9), erano visibili alcuni lacerti di muri e di lesene con cortina di conci lavici squadrati, e un piano costituito da due file di bipedales - sovrapposti e a giunti sfalsa-ti, relativi al balneum romano (USM 2, 5, 7, 37) - che furono inglobati nei muri esterni dei canti-nati delle case Sapuppo e collegati tra di loro con tompagnamenti di pietre o mattoni legati da malta rosa (USM 4, 6, 11). Sul lato N della corte, un muro costruito a secco con pietre di varie dimensioni (USM 34), probabilmente, è coevo al canale di aereazione, sulla cui sommità fu posta una canaletta (USM 77) rivestita da intonaco ro-sa, che tutt’oggi si estende anche sulla parete S dell’ala settentrionale del palazzo Sapuppo, nel 1997 adibita ad officina meccanica, oggi chiosco bar con internet point e sala video giochi.

Essenzialmente la stratigrafia si è rilevata di semplice lettura: al di sotto del pietrisco siliceo si è scavato uno spesso strato di interro (US 1), di colore marrone scuro, databile al più tardi nel XVIII sec. per l’abbondante vasellame di maioli-ca rinvenuto, anche con esemplari interi, che ri-copriva tutte le strutture murarie della corte. Al generale abbassamento di quota dei piani stradali della città dopo l’Unità d’Italia (Landolina et alii

1871), probabilmente, va attribuito l’aver indivi-duato al medesimo livello le superfici superiori di tutte le strutture murarie antiche e dello strato di interro. Questo (US 1), presente su tutta l’area indagata, venne posto a ricolmare e livellare la corte in seguito alla costruzione delle case del dott. Sapuppo, costituendo il piano di posa della pavimentazione ottocentesca, come confermano i frammenti, rinvenuti nella terra, di mattonelle di forma quadrata, di produzione calatina in maioli-ca policroma, decorate con un meandro continuo in giallo disposto a cerchio attorno ad un fiore blu, e da triangoli campiti in verde posti nei quat-tro angoli esterni. Lo strato era stato rimaneggia-to nel corso dei lavori promossi dall’ammini-strazione comunale. Durante lo scavo archeo-logico fu possibile riconoscere nei numerosi re-sti di una massicciata di malta cementizia, fram-misti alla terra, la moderna pavimentazione della corte, e nella zona NW, dove era stata scavata la lunga trincea (US 54) per la posa del tubo di sca-rico collegato al pozzetto di cemento, pochi re-sidui dei livelli archeologici e delle strutture nel punto nodale di collegamento tra gli ambienti E, F ed H. La trincea dopo la posa del tubo in p.v.c. era stata dapprima riempita con le grandi pietre (US 30) che il cucchiaio meccanico aveva staccato dai muri nord-occidentali dell’edificio romano (USM 35, 50, 55) e dal muro 33, siste-mate lungo le pareti della fossa stessa, poi ricol-mata con la terra marrone scura (US 1) ricca di maioliche smaltate.

Tra i materiali rinvenuti nello strato di interro (US 1), sono da segnalare i frammenti di cerami-che ellenistiche di produzione siciliana a vernice nera di tipo C e di lucerne acrome di produzione siciliana del VI-VII sec., decorate a rosario; ma dominano in quantità i frammenti di ceramiche del XII sec. di produzione arabo-normanna, ri-coperte da spessa invetriatura piombifera verde o policrome con reticoli e punti in bruno e verde; ceramiche di XIII e XIV sec., fra le quali molti cavetti di piatti con scudo araldico in bruno - pre-sente l’insegna della famiglia Palizzi - e numero-sissimi frammenti di piatti piani a larga tesa e cio-tole a parete emisferica, orlo arrotondato, base piana o con piede ad anello, decorati con invetria-tura piombifera di colore bianco, bianco-grigio o giallo, relativi ad almeno tre servizi da mensa; molti frammenti di ciotole di produzioni calatine del XV sec., diffuse in tutta l’isola, con cuore a

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rilievo sulla presa, dipinto in blu, o con ansa ad “u” capovolta impostata sotto l’orlo, generalmen-te estroflesso, ricoperte con invetriatura stannife-ra e decorate sul cavetto e sulle pareti interne con cerchi concentrici in blu e verde, alternati e di dimensioni diverse. Molti erano, anche, i fram-menti di maioliche italiane ed orientali, importate, e i manufatti ricoperti da invetriatura stannifera, decorati a lustro valenzano, databili al XV sec. In tale miscuglio ceramico nello strato 1 erano, inol-tre, monete che, eccetto un trifollaro di Gugliel-mo II (1166-1189), sono denari aragonesi del XV sec.

Lo spesso interro (US 1), in massima parte, è stato rinvenuto nelle zone interessate dallo scavo del principe di Biscari (anche a contatto dei pa-vimenti del balneum), e, seppure in sequenza ran-dom, documenta soprattutto la cultura materiale delle attività dei cantieri e della vita quotidiana presso la cinta urbica medievale e moderna. Al di sotto di questo strato, si conservavano sopra i piani di calpestio, ampi lacerti dello strato di ab-bandono dell’edificio romano (US 31), in giacitu-ra primaria, costituito da una grande quantità di frammenti di intonaci dipinti con motivi geome-trici e floreali, e stucchi bianchi, rossi o gialli.

Dell’edificio romano sono stati individuati no-ve ambienti (fig. 9). Nell’area meridionale della corte, sono state messe in luce alcune parti di due vani, B ad E, e C ad W, messi in comunicazione attraverso l’ambiente A, a forma di L, delimitato a N e ad E da due muri, ammorsati tra loro (USM 3 e 15) - costruiti con nucleo in conglome-rato cementizio e doppia cortina di conci lavici squadrati, fra i quali è un grande diatono posto nel paramento del muro settentrionale (USM 3) - e articolati da un pilastro d’angolo (USM 16) di cm 60/70 di lato - costruito per piani orizzontali

in opus vittatum mixtum, con ἔμπλεκτον/èmplecton in-serito tra le cortine di conci lavici squadrati, alter-nati a tre ricorsi di mattoni bipedales (alti cm 5; la malta è spessa cm 3). La grande struttura muraria (USM 12), che disimpegna il vano A dagli am-bienti B e C - caratterizzata da ampie lesene che ne articolano l’andamento, fino a raggiungere i m 2,20 di largh. max. - per la forma è stata immedia-tamente riconosciuta nei disegni di Hoüel ed It-tar, come una delle parti dell’edificio rinvenuto nel Settecento (passaggio D di Ittar). È stata mes-sa in luce per una h complessiva di cm 54, corri-spondente a due assise di blocchi lavici squadrati

delle cortine del muro. Il vano si estende per m 3,25 in senso EW, si conserva per m 4,30 NS; a S è stato attraversato dal braccio meridionale del canale di aereazione moderno, che ha risparmiato un lacerto di muro del vano (USM 2) inglobato nel palazzo.

Del vano B si conserva l’angolo NW (USM 3 e 15). Il muro W (USM 15) è articolato da una lesena (cm 40 di lato, rivestita da conci lavici squadrati, rinvenuta in pessimo stato di conserva-zione), e il piano di malta (USR 64) - che in anti-co era rivestito da una lastra di marmo di m 1 NS - della soglia d’ingresso al vano dal corridoio A. Un brandello di muro (USM 17a) a S della soglia, è appena riconoscibile come parte del muro SW del vano, il quale aveva una estensione comples-siva di m 4,30. All’interno, in epoca moderna è stata impiantata una fossa settica (USM 19) che era collegata ai piani superiori il cantinato di pa-lazzo Sapuppo attraverso una canaletta di matto-ni laterizi e malta cementizia (USM 8). Posta nell’angolo SE della corte, la canaletta si conserva nel tratto di ingresso alla fossa, oggi non attiva, e che per ragioni di igiene, nel corso dell’indagine di somma urgenza, non è stata smontata. La fossa settica si estendeva, anche, nel vano A. Il muretto moderno (USM 17) non separa gli ambienti A e B, chiude la fossa il tompagnamento di pietre (USM 14) disposte fittamente nel passaggio, largo m 1,40, verso il vano C posto più a W.

L’ambiente C, probabilmente era uno spazio aperto. I muri sono rivestiti con conci di pietra lavica squadrata, sui quali non ci sono tracce di malta. Fortemente danneggiati sono la parte della grande struttura muraria (USM 12) interna al va-no C e il muro (USM 36) vicino all’angolo SW della corte, in parte inglobato nel muro (USM 9) del canale meridionale di aereazione. Al muro 36, forse, può essere riferito un altro lacerto di muro (USM 37), del quale il conglomerato cementizio del nucleo “sbuca” dal cantinato del palazzo Sa-puppo. In antico, probabilmente, il muro (36=37) era rivestito da blocchi di pietra lavica squadrati e articolato da lesene. Terribilmente maleodorante era, anche, la terra (US 1) che ricopre l’ambiente C. Gli scavi in quest’area furono sospesi per gli intollerabili odori che esalava la terra molto umi-da, e nella parte meridionale della corte non sono stati raggiunti i livelli dei pavimenti antichi dei vani A, B e C, quest’ultimo non indagato da Bi-scari.

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Dal lato NW l’ambiente C è collegato al picco-lo ambiente D (largh. m 1,50 EW). Il vano porta è posto a S del muro 38 (spesso cm 35 appena, e lungo m 2,65, costruito a doppia cortina di pietre non lavorate, legate da malta di calce e sabbia vulcanica). Le pareti all’interno del vano D erano dipinte con intonaci posti su due strati preparato-ri, l’uno di sgrossatura di spess. cm 3-5, (trullisatio, di malta di calce, sabbia silicea e frammenti cera-mici, triangolini e quadratini di cm 8 di lato, per rendere solido lo strato, ed evitare il formarsi di crepe, aumentando inoltre l’aderenza dello strato superiore), l’altro lisciato con il frettazzo, dello spess. di cm 1, per agevolare la posa della politio, di calce e polvere di marmo (Giuliani 1990, p. 142; Adam 1994, pp. 235-239; Ginouvès e Martin 1985, s.v. Mortier, p. 50; s.v. Parement, p. 127; s.v. Enduit, p. 136; s.v. Couches préparatoires, pp. 137-138; s.v. Stuc, p. 140; s.v. Placage, p. 143). Fram-menti di intonaco bianco, rosso e giallo intenso furono rinvenuti nello strato di interro (US 1) dentro il vano. Sulla parete orientale, di fondo, è una nicchia (USM 85) modanata con doppia cor-nice di stucco (USR 82), della quale si conservano le tracce sul piano di calpestio e alcuni frammenti degli stucchi bianchi modanati, ad imitazione del-le cornici marmoree. Il pavimento, rivestito da lastre di marmo, si è conservato al livello del ru-dus, di malta e piccole pietre (USR 81), dove sono alcuni frammenti di laterizi usati per livellare le superfici. In marmo erano altri elementi della de-corazione architettonica del vano, con colonnine di cm 10 di diam., che inquadravano la nicchia.

Più a N di questo si trova l’ambiente H, esteso m 2,90 in senso NS, del quale non è più possibile vedere il limite W per la costruzione di una for-nace moderna (USM 49). Per l’esiguità dei fondi, il vano non poté essere esplorato per la presenza di una spessa massicciata di pietre e malta posata in più gettate (USS 61, 62, 63), che lo colma an-cora.

Segue l’ambiente F delimitato ad E dal muro (USM 50) comune anche ai vani H, E, G, e a S da un altro (USM 55), di cm 50 di largh. e messo in luce per m 2,25 in senso EW, costruito con pietre non lavorate legate da malta e con ricorsi di late-rizi di cm 50 di lato, tecnica consueta nel I sec. d.C. Lo scavo della trincea (US 54) per la posa del tubo in p.v.c. ha determinato la distruzione di parte del conglomerato dei muri 50 e 55; su que-sti il tubo si è posato sulla cintura di laterizi.

All’interno del vano F una risega di malta (USR 78) che corre lungo i muri perimetrali, indica la quota del piano di calpestio antico, oggi non con-servato per le modificazioni avvenute in epoca medievale in questa zona dell’edificio e in quella più ad E, con la costruzione del muro 33 in dia-gonale rispetto all’ambiente G.

Sul limite N dell’appendice della piazza si tro-va l’ambiente G, che, per la tecnica di costruzione dei muri, faceva parte del primo nucleo dell’edificio. Il vano è delimitato a S e ad E da due muri (USM 58 e 89) costruiti con pietre non lavorate legate da malta di terra, mentre sul lato W dal lungo muro USM 50 (esteso in senso NS per m 8,25 ca., largo cm 70, costruito con pietre non lavorate legate da malta di calce e sabbia, e ricorsi di mattoni di cm 5 di spess. e 50 di lato), che nel tratto N si conserva per una h di cm 70 al di sopra della risega, e nel tratto interessato dallo scavo della trincea 54 si è conservato alla quota della cintura di laterizi e della risega di malta (USR 56). All’interno le pareti del vano G erano riccamente decorate. Molti frammenti di intonaci policromi furono rinvenuti nella terra. Sulla cor-tina orientale del muro 50 si conservano parte della trullissatio (USR 51, in malta di calce e sabbia silicea) e dell’harenatum (tirato a regolo e filo, uti-lizzando, anche, piccole crustae di marmo per fa-vorire l’aderenza dello strato successivo). Sulla parete meridionale del vano G (USM 89), al mo-mento dello scavo fu possibile accertare la pre-senza di intonaco dipinto ancora adeso (USR 91). L’area del vano è occupata dal muro 33, costruito diagonalmente in senso NE/SW, nello strato di abbandono (US 52=31). In questo vano, che mi-sura m 2,25 in senso EW e si conserva per ca. m 3,00 in senso NS, il pavimento era probabilmente di marmo; così sembrerebbe per la presenza della risega di malta (USR 56) che aggetta orizzontal-mente alla medesima quota, dal muro 50 per tutta la sua estensione fino alla lesena orientale del va-no E. In questa parte dell’edificio, le trasforma-zioni medievali e lo scavo della trincea 54 per la posa del tubo in p.v.c. hanno notevolmente alte-rato i rapporti di collegamento fra i due ambienti, dei quali si può dire che avessero i pavimenti alla stessa quota.

Al centro si trova il grande vano E (fig. 10), che si conserva per ca. 30 mq. In luce per m 5,60 EW e m 5,30 NS, per la sua articolazione struttu-rale, con poderose lesene e pilastri di cm 90 di la-

Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica

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to, conservati in un quarto del vano, doveva ave-re una estensione di oltre m 8 nei due sensi. La parte meridionale, aiutandoci con il rilievo di Ittar nello sviluppo della simmetria, era articolata da due pilastri e due lesene con èmplecton di pietre e malta di calce. Le cortine murarie sono rivestite di conci lavici squadrati, e i pavimenti sono in o-pus signinum e opus sectile. Se nessuna delle lastrine di marmo del sectile si è conservata in posto, pos-sono ancora testimoniare l’alternarsi delle due tecniche differenti, tre riquadri in signino posti rispettivamente adiacenti agli angoli NE, (USR 59), SW, (USR 70) e NW, (USR 73), del pilastro (USM 22). I pavimenti sono a quota m -1,52/1,60. Il più grande e meglio conservato (USR 59), di quelli rinvenuti, tocca i muri perime-trali N e W (USM 57 e 58) costruiti contempora-neamente. Il signino 59, intenzionalmente non distrutto durante la costruzione del braccio orien-tale del canale di aereazione, che è interrotto a fi-lo col pavimento antico, è posto sul limite NE del vano E, misura m 2,70 NS, e m 2,90 di esten-sione max. in senso EW - su questo lato è calato il muro del cantinato di palazzo Sapuppo - ed è caratterizzato da un riquadro di cocciopesto rosa-to ben battuto, che alla distanza di m 1,25 dalle pareti era decorato da un rettangolo di 15 x 13 file di tessere bianche, di cm 2,5 di lato, disposte parallelamente alla distanza di cm 10 le une dalle altre, secondo lo schema geometrico del punteg-giato regolare. Su questo, al momento dello sca-vo, furono rinvenuti altri frammenti di cocciope-sto a profilo concavo, che attesterebbero la pre-senza di malta idraulica anche su parte delle pareti - noto espediente contro l’umidità - e chiodi (tra

cui uno ad occhiello), per l’aderenza della trullissa-tio. Nella terra al di sopra del pavimento si rin-venne la maggiore quantità di frammenti di into-naci policromi provenienti dallo scavo dell’edificio, relativi alla decorazione delle pareti del vano. L’area settentrionale del vano E, era colmata dallo strato di abbandono dell’edifico romano (US 31), che fu individuato per la prima volta durante lo scavo proprio in questo ambien-te, a m 1,30\1,50 più a N del pilastro (USM 22) nettamente tagliato fino al pavimento. La parte meridionale del vano E fu scavata da Biscari e ri-levata prima della costruzione del palazzo Sapup-po; alle fasi del completamento dell’edificio mo-derno, va riferito l’interro (US 1) che ricopriva tutta la corte ad eccezione dei due canali di aerea-zione. Il pavimento in signino posto nell’angolo SW del vano (USM 70), è caratterizzato da un cocciopesto rosato ben battuto e dipinto di rosso, decorato da un punteggiato regolare di tessere bianche di cm 2 di lato, disposte alla distanza di cm 16 l’una dall’altra, che era, forse, separato dal-la parete da una cornice di marmo posta sulla ri-sega di malta, presente alla base dei muri di tutti i vani. Il riquadro è tutt’oggi in buona parte coper-to dal pozzetto di cemento (USM 13, costruito per convogliare le acque meteoriche della corte), per la cui posa fu asportato dalla lesena del muro occidentale (USM 35=50) uno dei blocchi lavici squadrati del paramento, che per l’aggetto oblun-go di uno dei lati che si incatenava al riempimen-to e per l’impronta lasciata proprio sulla malta della lesena, è stato individuato tra le pietre (US 30) utilizzate nel riempimento della trincea (US 54) di posa del tubo in p.v.c. Molto poco si con-serva del terzo riquadro del pavimento in signino (USR 73) a NE della lesena. Anch’esso decorato da un punteggiato di tessere bianche di cm 2 di lato, è stato danneggiato a W e a S dalla trincea 54 e a N e ad E dallo scavo della fossa di spolia-zione (US 74 di m 1,80 NS x 1,10 EW e profon-da m 1), poi riempita dalla terra ricca di maioliche (US 75=1). La fossa fu scavata per reimpiegare le pietre dei muri più antichi dell’edificio (USM 58, 88 e 89) legate da malta di fango e, quindi, facil-mente estraibili. Attraverso la parete E della fossa di spoliazione fu possibile vedere lo spess. di cm 10 del nucleus del più grande dei pavimenti in si-gnino (USR 59) e al di sotto di questo il rudus. Sulla parete W della fossa si poté vedere in sezio-ne come il piccolo lacerto del signino (USR 73)

Fig. 10 - Foto del vano E da sud (Archivio Parco Archeologico Greco Romano di Catania).

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sia poggiato su uno strato di terra argillosa di colore marrone giallastro (US 76), simile a quella dello strato di abbandono dell’edificio antico (US 31 e 52=31); ma priva di frammenti di intonaci e ricca di grani di carbone. Qui è stato possibile re-cuperare un frammento di mattone anulare di spess. cm 7,3 e raggio cm 11. Nel vano E, alter-nati ai pavimenti in signino sono stati messi in lu-ce i piani di allettamento dei riquadri pavimentali in opus sectile: uno rinvenuto al livello del rudus (USR 67), e ben tre (due dei quali posti lungo il muro meridionale) al livello del nucleus - lo strato di malta su cui poggiavano le lastre di marmo - (USR 68, 69, 71). All’interno di questo ambiente si sono accertate almeno due fasi di costruzione e di vita dell’edificio, per la presenza di muri co-struiti secondo due tecniche differenti, una di tra-dizione greca, con muri di pietre e malta di terra (USM 57, 58, 88, 89), l’altra tipicamente romana che impiega la malta di calce e la sabbia vulcanica per l’èmplecton, doppia cortina con paramento di conci lavici squadrati e alternati ad assise di pic-

cole pietre legate da malta, e ricorsi di mattoni bi-pedales (USM 3 e 35=50). Non è certo se in segui-to all’ampliamento, fu obliterata la porta - il cui varco è definito da una soglia di pietra lavica e dalla pietra col cavo per l’alloggiamento del car-dine - posta tra i muri N e centro W (USM 88 e 89), di separazione tra i vani E e G. Il muro N e il rudus (USR 93) del signino più danneggiato (USR 73), nella parte occidentale furono coperti dal nuovo muro (USM 35=50), come si poté chiara-mente vedere al momento della pulitura della zo-na lungo la sua risega, nella quale, tra l’altro, si vi-dero inglobate nella malta alcune lastrine di mar-mi bianchi e verdi. Un frammento di olpe forma Lamboglia 11 (Lamboglia 1958, pp. 278-279), nel nucleus USR 68, conferma la cura dei domini per le ristrutturazioni e i restauri almeno fino ai primi decenni del III sec. d.C.

Per quanto riguarda i materiali rinvenuti, l’analisi complessiva dei frammenti degli into-naci dei rivestimenti parietali ha portato all’individuazione di almeno due zoccolature

Fig. 11 - Frammenti di intonaci e affreschi policromi (Deposito Soprintendenza di Catania).

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dipinte, una a tempera in giallo, l’altra ad affresco - decorata da spruzzi di colore bianco, giallo, az-zurro e verde sul fondo rosso cupo, ad imitazione delle crustae di marmo granito - e di ampie parti delle zone mediane delle pareti a fondo bianco, decorate da riquadri delineati in rosso bruno e separate dagli zoccoli da cornici in stucco bianco, oppure colorate in rosso o in giallo. Gli ampi ri-quadri dipinti sulle pareti sono delimitati da ban-de più o meno sottili, alternate tra loro o ad altre in rosso, verde, rosa e giallo. Sono delineati qua-drati alternatamente risparmiati nel colore bianco del fondo o campiti in giallo o con grandi fiori verdi. Ampie fasce rettangolari sono decorate in giallo, con moduli di cerchi concentrici accostati e campiti da V a lati inflessi e punti. Sono, inoltre, presenti rappresentazioni illusionistiche di virida-ria con fitti racemi di foglie lanceolate di colore verde, azzurro, grigio argento e nero. Su un frammento si è conservata la coda variopinta di

un volatile poggiato su un ramo; altri frammenti a fondo bianco hanno steli fitomorfi verticali di fo-glie lanceolate rosse, dipinti su macchie di colore giallo (fig. 11).

Nell’ambito di questo gusto decorativo pro-toimperiale bene si inseriscono i frammenti di stucco che costituivano pannelli singoli con cor-nici aggettanti dal filo del muro per separare le zone decorate della parete, o rivestimenti di co-lonne in mattoni, ricordando con Biscari che …una delle stanze adornata era con Colonne formate di grossi mattoni, e probabilmente coperte di stucco (Biscari 1817, p. 34). Nello strato di abbandono sono stati rinvenuti numerosi frammenti di mattoni anulari per colonnine di suspensurae e per colonne in mu-ratura (diam. cm 21, 29 e 50; spess. cm 4,3, 5,8, 7,3) e stucchi sagomati a mo’ di scanalature di co-lonne, ed essi stessi posteriormente a sezione curva come doveva essere la superficie della co-lonna da rivestire. Gli stucchi bianchi, i più nobili

Fig. 12 - Pianta del Settore 3. In grigio, i resti delle strutture rilevate nel Settecento e riscoperte nel 1997.

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perché imitanti il marmo, sono nella maggior par-te plurimodanati e perfettamente politi, mentre quelli dipinti a tempera, in rosso o in giallo, ri-producono per lo più semplici bastoni. Alcuni dei frammenti, pur concreti di terra, hanno ancora la superficie traslucida per la abbondante presenza di polvere di marmo nella malta.

Per la tipologia dei motivi decorativi gli into-naci possono essere riferiti al gusto pittorico dei piccoli fregi di età flavia; la decorazione parietale, priva di elementi architettonici è su fondi mono-cromi campiti da riquadri e motivi fitomorfi (Wirth 1934, p. 33; Adam 1994, p. 236, fig. 507 decoro con archetti e punti). Tale cronologia è confermata dai materiali numismatici rinvenuti durante lo scavo e da quelli in uso nella domus, quali le coppe in African red slip ware con forme della prima fase di produzione, Hayes 8A, 3, 21 e 23 (Hayes 1972, pp. 33-35, fig. 4,1; pp. 19-21, fig. 2,23; pp. 45-48, fig. 7,AII), datate tra gli ultimi decenni del I sec. d.C. e la prima metà del II sec. d.C. Tra i numerosi frammenti di lucerne fittili è stato rinvenuto un fondo, con corpo ceramico di

colore giallo chiaro, con il marchio , della ben nota fabbrica siciliana di Proclo, attiva nei primi secoli dell’impero romano (Branciforti 1992). Immancabili in un balneum i resti di ampol-le e coppette di vetro, i piccoli cucchiaini rotondi, le spatoline e gli aghi crinali di osso.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Dall’analisi della planimetria del balneum in

piazza S. Antonio (fig. 12), risulta evidente che con la recente indagine in tutta l’area della corte sono state rimesse in luce alcune parti degli am-bienti scavati nel Settecento, ora denominati am-bienti A, B e C, e del muro meridionale del vano E, e sono state rinvenute altre parti, non viste o non del tutto indagate nel XVIII sec., quali gli ambienti D, F, G, ed E, che rispetto ai rilievi di Hoüel e di Ittar vanno collocati nell’area a N e a W della “vasca quadrata”, che fu ben descritta e identificata da Biscari come frigidarium. Rimesso in luce il passaggio A - …il quale conduce al piano superiore, scrive Sebastiano Ittar nella legenda del rilievo dell’edificio - è stato possibile verificare l’esistenza del piccolo vano D riccamente decora-to, e del grande ambiente E coi pavimenti in si-gnino, ed assegnare al medesimo “bagno” le fabri-

che che ad Ittar “sembravano” attinenti all’edificio antico senza averne certezza. Lo scavo recente ha consentito di ampliare le conoscenze del-l’estensione dell’edificio romano, documentare le fasi di utilizzo, gli interventi e le modificazioni che lo stesso ebbe a subire in antico. Proprio all’interno degli ambienti E, I e G si è potuto documentare che il primo nucleo dell’edificio a-vesse i muri costruiti secondo la tradizionale tec-nica greca, con pietre e malta di terra, ed a questi si legava uno dei riquadri del pavimento in si-gnino del vano E, dal quale attraverso una porta si accedeva all’ambiente G. Per i numerosi fram-menti di ceramiche di età tardo classica rinvenuti - fra cui produzioni attiche e protosiceliote (crate-re a calice a figure rosse con Dioniso con collane di perle incrociate sul petto, la tenia sul capo, e il braccio destro proteso in avanti; e lekythos a figure rosse con un viso maschile di profilo) - non è e-scluso che nel primo impianto furono riutilizzate murature con malta di fango relative a costruzio-ni della fase edilizia dionigiana, come documenta-to negli edifici ellenistici catanesi rinvenuti nel monastero benedettino e nel reclusorio della Pu-rità. Nella fase seguente, protoimperiale, i muri furono costruiti con pietre legate da malta di cal-ce, le pareti dei vani coperti furono affrescate, e i prospetti esterni rivestiti con conci lavici squadra-ti. Pur conservando i pavimenti in signino in al-cuni ambienti, in altri furono realizzate pavimen-tazioni in opus sectile, con lastre sottili di marmo disposte in modo da formare motivi decorativi di tipo geometrico.

Si individuano così due fasi costruttive di epo-ca romana. La prima di età tardo ellenistico-re-pubblicana con molti materiali cronologicamente associabili: patere e piatti a vernice nera di tipo C (per il tipo si rimanda a Amari 2012, pp. 246-250), unguentari fittili fusiformi, alcuni frammenti di rilievi e statuine di terracotta, una moneta gre-ca della zecca di Siracusa della fine del III sec. a.C. La fase seguente di ampliamento della domus si data in età protoimperiale. Per le tecniche co-struttive, la tipologia dei pavimenti e degli affre-schi, e i materiali, l’edificio va inquadrato tra la fine del III sec. a.C. e il III sec. d.C. Tra le tecni-che murarie documentate nell’edifico è l’opus vitta-tum mixtum, con conci lavici squadrati alternati a tre ricorsi di mattoni bipedales. L’opus vittatum mi-xtum di età traianea, si diffonde con Adriano ed è utilizzato fino alla fine dell’Impero. I ricorsi di

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mattoni, impiegati dall’ultimo ventennio del I sec. d.C., distinguevano spesso una giornata di lavoro dall’altra, e avevano funzione statica “di incatena-re le cortine al nucleo e ripartire i carichi con maggiore efficacia” (Adam 1994, pp. 151-156, 159-160; Giuliani 1990, pp. 180-181). La scelta della tipologia dell’opera muraria e la cura nella posa in opera delle murature e dei paramenti, de-notano la volontà del dominus di costruire un im-pianto solido e duraturo, ed inoltre sottintendono il pregio dell’edificio. I pavimenti realizzati con ottimo cocciopesto sono riferibili al primo im-pianto dell’abitazione, e non furono sostituiti per scelta dei proprietari e per la loro resistenza al tempo e alla manutenzione ordinaria. La suc-cessione stratigrafica delle decorazioni parietali, invece, più sollecitate dal degrado naturale ed antropico, documentano le più frequenti ristrut-turazioni della domus e i gusti decorativi nella scelta del linguaggio pittorico fino al II sec. d.C. La domus fu modificata nel tempo con l’am-pliamento di ambienti “collegati” con pavimenti in opus sectile, che al bisogno furono restaurati almeno fino all’inizio del III sec. d.C. (vedi supra il frammento di olpe Lamboglia 11 nel nucleus USR 68 del vano E).

Con le indagini archeologiche condotte su ampie aree all’interno dell’ex monastero di S. Ni-colò l’Arena è stato possibile verificare come in-torno alla metà del III sec. a.C. Catina ebbe una nuova fase edilizia, conseguente all’occupazione romana del 263 a.C., che vide la costruzione di un complesso di abitazioni, in uso poi sino alla fine del I sec. d.C., disposte scenograficamente sul fianco orientale della collina, su tre terrazza-menti digradanti da SW verso NE (Branciforti 2010, pp. 141-144, ivi bibliografia precedente). Le caratteristiche tipologiche ed architettoniche dell’abitato ellenistico romano sono ben confron-tabili con l’edificio rinvenuto in piazza S. Anto-nio, costituito da ambienti con pareti affrescate e pavimenti in opus signinum, tra i quali tre decorati col motivo del punteggiato regolare di tessere bianche. In uno dei vani delle case nel cortile o-rientale del complesso benedettino, il riquadro in opus signinum è alla distanza di un metro dalle pa-reti e il piano è dipinto in rosso, come sono i pa-vimenti in signino del vano E del balneum. Il mo-tivo del punteggiato regolare, ampiamente docu-mentato in Sicilia già dalla prima metà del III sec. a.C. a Morgantina, Marsala, Siracusa, Agrigento

tra gli altri, rimane in uso fino al II sec. d.C., e come nel caso di Catina gli interventi di manuten-zione nel corso dei secoli portarono al rifacimen-to dei rivestimenti parietali, mentre i pavimenti in signino, per la loro naturale resistenza, furono conservati e di tanto in tanto ritoccati col colore rosso. Analogie con gli intonaci parietali dipinti tra la metà del I sec. a.C. e il I sec. d.C., sulla pa-rete del portico della casa meridionale del quartie-re abitativo rinvenuto presso l’ex monastero di S. Nicolò l’Arena (Branciforti 2010) e nella domus nell’ex reclusorio della Purità di Catania (Amari 2005, p. 67; Branciforti 2005, p. 56), sono eviden-ti anche per quanto riguarda i rivestimenti parie-tali e i repertori decorativi del balneum di piazza S. Antonio - per la presenza di zoccoli generalmente monocromi imitanti marmi, a riquadri delineati da linee rosso brune, e la rappresentazione illu-sionistica di un viridarium, con fiori, racemi e vola-tili, nella zona mediana delle pareti. Nella fase di massima estensione del quartiere abitativo roma-no nell’ex monastero benedettino, nel I secolo le case prospettano su una strada larga m 4,40, pa-vimentata con basoli poligonali di pietra lavica, internamente sono modificate - riducendo gli spazi aperti per ricavare nuovi vani - e riaffresca-te. Sempre a Catania in uno dei vani della casa centrale si trova un confronto puntuale per il mo-tivo dei fiori stilizzati con petali a tremoli, rinve-nuto in alcuni frammenti di intonaco dipinto in verde e giallo nel vano E del balneum in piazza S. Antonio, sebbene quello sia monocromo nero. Le forti analogie con le pitture parietali e i signini pavimentali rinvenuti a Solunto (De Vos 1975, pp. 195-205, figg. 13-20) confermano ulterior-mente l’omogeneità del gusto in età romana nell’adozione del linguaggio pittorico in voga. Nell’ambiente a N del vestibolo nella casa di Le-da, il pavimento in opus signinum è decorato da un punteggiato regolare di tessere bianche, come nel nostro vano E, insieme alle lastre romboidali di un pavimento in scutulatum posto al centro della palestra del Ginnasio, e le decorazioni parietali delle fasi di restauro del I sec. d.C. Le fasce me-diane delle pareti sono decorate da sequenze di pannelli a fondo bianco riquadrati da bande ros-so-brune e campite con motivi geometrici e fito-morfi, e gli zoccoli rossi spruzzagliati con colori vivaci ad imitazione del marmo.

Ad una fase posteriore all’abbandono dell’edificio romano di piazza S. Antonio è da riferire il muro

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(USM 33) - costruito con pietre di medie dimensioni, non sbozzate e legate da abbondante malta, che con-serva sulla cresta un mattone di terracotta (di cm 50 x 35 x 5) - orientato in maniera differente rispetto a tutte le altre strutture murarie messe in luce. Il muro si conserva per ca. m 3 di lungh., è orientato in senso NE/SW, e posto in diagonale nell’ambiente G, do-ve, a livello della fondazione, copre la risega di malta (USR 56) del muro protoimperiale ad W del vano (USM 35=50) e il muro a N (USM 57) relativo alla prima fase dei vani E, G e I.

Una fase altomedievale è attestata nella zona NW dell’area scavata, all’interno del vano F dell’edificio romano, dove sono presenti un muro (USM 80, di m 0,60 x 1,50 NS), ed un focolare con cenere e pietre (USS 87 e 86) non trovate in cerchio perché anche questo livello fu superfi-cialmente interessato dallo scavo della trincea di posa del tubo in p.v.c. Raschiando la superficie di questo strato sono stati rinvenuti tre folles bizanti-ni di Costantino V (741-775), ed una fibbia di forma circolare in bronzo con perno in ferro, co-eva. Certamente posteriore all’edificio romano si deve intendere, anche, la fornace (USM 49), po-sta sul limite centro W della corte, la cui costru-zione ha determinato il danneggiamento del pic-colo vano D e dell’ambiente H. Si riferiscono a questa struttura (di m 1,30 di luce interna, aperta sul lato S), il muro USM 47, fondato al di sotto della quota dei pavimenti dei vani H e D, e il mu-ro USM 42, che si è conservato fino alle reni della volta in mattoni di cm 22 x 15. Un piano di baso-le laviche (USR 43) tangente al muro 42 è poggia-to direttamente sullo strato di terra bruciata ricca di scorie di ferro informi e listelli di rame (US 48). Anche nell’area della fornace non si è scavato per esaurimento dei fondi.

Nel centro storico di Catania, ovunque si in-daghi, riemergono le successioni edilizie del pas-sato. La città è stata antropizzata fin dalla preisto-ria, cresciuta e stratificata sulle sue rovine; è anco-ra là con i resti della cultura materiale e delle strutture antiche che di tanto in tanto circostanze favorevoli, come questa, danno l’opportunità di rimettere in luce. Anche se il frigidarium è una fos-sa settica e le volte continueremo a descriverle con la gouache di Hoüel, la riscoperta del balneum presso la chiesa di S. Antonio Abate riveste una straordinaria importanza per la conoscenza della città antica e delle sue fasi urbanistiche ed archi-tettoniche. Dal punto di vista topografico sono

unici i dati messi a disposizione dalla recente in-dagine per questa parte della città posta sulle pendici meridionali della collina sede dell’acropoli della città calcidese di Κατάνη, e quartiere residen-ziale già di età ellenistico-romana, che abbraccia il complesso del teatro e dell’odeon di Catina e che la violenta colata lavica del 1669 circondò più ad occidente. La domus si trova sulle pendici SW del-la collina, che alla luce delle recenti scoperte risul-ta, in età ellenistica e romana, area di residenza privata. All’unicità del ritrovamento si associano, inoltre, le preziosissime informazioni che l’edi-ficio ci offre a conferma di come, anche, questa zona della città fu interessata dalle due principali fasi urbanistiche di età romana: quella ellenistico-romana nella quale Catina, molto abitata (Strabo-ne, Geografia VI, 2, 3; VI, 2, 6), giunge alla sua massima espansione in età antica, e quella impe-riale di eclatante monumentalizzazione. La dedu-zione della colonia augustea potrebbe avere pro-mosso e dato inizio ad una importante fase edili-zia per la città di Catania, che vede tra l’età flavia, Adriano, restitutor Siciliae (RIC II, p. 467, nn. 965, 966, zecca di Roma 134-138 d.C.), e gli Antonini il compimento della monumentalizzazione di aree pubbliche, con la costruzione di nuovi edifici, l’ampliamento e la pavimentazione delle strade. I ritrovamenti di edifici imponenti e mosaici poli-cromi sul pianoro della collina di Montevergine documentano importanti fasi edilizie anche in età severa. I dati forniti dallo scavo in piazza S. An-tonio si aggiungono alle notizie storiche di ritro-vamenti occasionali di strutture di epoca romana nelle aree vicine (reclusorio delle Verginelle, piaz-za Dante, via Teatro greco, via Quartarone, con-vento della Trinità, convento di S. Chiara, via Consolato della Seta, piazza Castello Ursino, chiesa di S. Sebastiano; Branciforti 2010, pp. 135-258), e li rendono di estremo interesse e unici per la rilettura dell’inquadramento urbanistico e to-pografico della colonia romana in questo settore della città, dislocato tra l’attuale piazza Dante e il pendio meridionale della collina di Montevergine, che giungeva al mare prima della colata lavica del 1669. Qui, non a caso, si erigevano le ville resi-denziali private - al più costruite su due piani - vanto e decoro di una città antica, che ancora og-gi si sveglia al mattino guardando innanzitutto l’Etna e il mare.

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(Fin qui i risultati scientifici della ricerca - prelimi-narmente presentati insieme a Maria Grazia Branciforti e Giuseppe Pagnano in conferenza stampa nel maggio 1997 (La Sicilia 28 maggio 1997, p. 15) - che attendevano da molti anni di essere pubblicati in un’opera su Catania an-tica e oggi vedono la stampa grazie all’invito del collega dott. Fabrizio Nicoletti. Ringrazio la dott.ssa M. G. Branciforti, all’epoca direttrice della Sezione Archeologica della Soprintendenza di Catania e direttrice dei lavori, per avermi affidato la pubblicazione dei risultati dell’indagine. Un grato ricordo va al prof. G. Rizza, allora direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica dell’Università degli Studi di Catania, poiché nell’ambito delle attività dell’anno accademico 1996-97, in qualità di allieva, ho avuto l’opportunità di questa collaborazione. Mi piace ricordare che nei due freddi mesi di febbraio e marzo del 1997 in piazza S. Antonio lavoravamo in tanti per la Soprintendenza e il Comune. Grazie per le proficue disquisizioni all’arch. Vittorio Percolla della So-printendenza di Catania, al quale era stata affidata la catalogazione dei beni architettonici di questa parte del centro storico. Ringrazio la prof.ssa S. Zanghì, allora as-sessore alla cultura, l’arch. Areddia, i tecnici del Comune e l’Impresa Sanfilippo per la collaborazione nella risolu-zione dei numerosi problemi di cantiere che giornalmente si ponevano. Un ricordo speciale all’Impresa Scalia, le sue maestranze e, in particolare, il sig. Nino Lo Faro, uomo buono e mastro di vecchia scuola, con il quale ogni lavoro è stato un buon lavoro. Alla Direzione Cultura del Comu-ne di Catania, in particolare, alle dottoresse Valentina Noto e Floriana Cappadonna, un sentito ringraziamento per la disponibilità nella ricerca dei disegni inediti di Ittar nel Museo Civico del Castello Ursino.

Una nota sentita va agli abitanti del quartiere San Cristoforo, che quotidianamente hanno osservato il nostro lavoro, dapprima con diffidenza e poi con garbata curiosi-tà ed interesse. Oggi saranno genitori i tanti bambini della zona che abbiamo lasciato giocare intorno a noi, nell’area del Settore 3 che gli avevamo “tolto e distrutto”. Osserva-tori curiosi, i bambini, che hanno deposto le armi della rabbia e hanno aperto la mente alla conoscenza di un mondo per loro del tutto sconosciuto, fatto di domande sul modo di fare lo scavo archeologico e sui romani di Cata-nia, che abitavano dove ora abitano loro - orgogliosi del loro quartiere e dei ritrovamenti, ogni giorno, facevano cer-chio intorno a noi. Il loro stupore, le riflessioni e i sorrisi hanno riscaldato tutti i freddi pomeriggi di quel rigido in-verno. Oggi sarebbero contente anche quelle mutili pietre di risentire le voci dei bambini che parlano di loro.

Per l’inquadramento topografico è stata impiantata una rete di punti, determinati con strumenti elettronici ad

alta precisione, in tutta l’area della piazza S. Antonio. Come quota di riferimento assoluta (0,00) è stato utiliz-zato il livello del piano di calpestio rinvenuto all’avvio del-lo scavo, ovvero quello del pietrisco siliceo al centro della corte della piazza, nell’angolo NW del pozzetto di cemen-to. Le triangolazioni-poligonazioni strumentali sono state eseguite dal geom. A. Spampinato e dal sig. P. Nobile, della Soprintendenza di Catania. I rilievi, in scala 1:50 le piante di scavo e 1:20 le sezioni verticali, sono della dott.ssa C. Torrisi. La pulitura dei materiali metallici è stata eseguita dal sig. Emanuele Parisi, lo studio delle monete è lavoro della dott.ssa Emilia Oteri. Le fotografie e le elaborazioni digitali sono della scrivente, che ha seguito e coordinato quotidianamente gli scavi archeologici in tutti i settori.)

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