vps settembre/ottobre 2011

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GENERAZIONI A COLORI I giovani e il mondo che verrà V p S L’oro sporco di Napoli Israele “in sciopero” Ong e imprese Stranieri “cittadini” Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. DL. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 CNS/CBPA/TORINO - settembre ottobre 2011 - anno XXVIII - foto: Volontari per lo sviluppo La rivista di chi abita il mondo

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GENERAZIONI A COLORII giovani e il mondo che verrà VpS

L’oro sporco di Napoli Israele “in sciopero” Ong e imprese Stranieri “cittadini” Po

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VpSLarivistadichiabitailmondo

Finanza virtuale, povertà realePorre fine alle speculazioni finanziarie. E’ stata la parola d’ordine del Simposio pubblico annuale di

Unctad (l’agenzia Onu per il Commercio e lo Sviluppo) e del G20 dei ministri dell’Agricoltura che si

sono svolti lo scorso giugno rispettivamente a Ginevra e Parigi. Ma anche la risposta alle operazioni

di miliardi di dollari al giorno condotte da pochi potentissimi operatori finanziari sulle principali

Borse mondiali che, a soli 3 anni dalla crisi del 2008, nei primi mesi del 2011 hanno fatto di nuovo

schizzare alle stelle i prezzi delle materie prime agricole.

Di fronte alle emergenze umanitarie di interi popoli e davanti al terrore di un’ulteriore crisi economi-

co-finanziaria scatenata dal debito Usa, è evidente che la ripresa economica del mondo industrializ-

zato e soprattutto dei paesi più poveri non può prescindere dal porre regole e controlli sulla finanza

internazionale. Una finanza impazzita che, speculando anche su ciò che l’Onu considera un diritto

fondamentale come l’accesso al cibo, sta vanificando i pur ingenti sforzi e annullando le misure

intraprese dai governi per porre rimedio alla difficilissima congiuntura in cui vertono le economie

mondiali. Opinione, questa, condivisa dal Segretario Generale Supachai Panitchpakdi in apertura del

Simposio Unctad.

Le organizzazioni internazionali della società civile da tempo ricordano come la precedente crisi

abbia indotto le istituzioni italiane, europee e internazionali a evocare la necessità impellente di

nuove regole. Anche l’ex governatore di Banca Italia, Mario Draghi, designato presidente della Banca

centrale europea, ha speso tempo e sforzi nel presiedere lo Stability Finacial Forum, la struttura

voluta per l’individuazione di un nuovo ordine finanziario globale, e ha più volte sollecitato i governi

nazionali ad applicare politiche di austerità e di “rientro” dall’enorme esposizione debitoria degli

Stati.

Tra le organizzazioni internazionali della società civile, il Comitato italiano per la sovranità alimentare

(Cisa) - rete di oltre 270 realtà che ho l’onore di presiedere - proprio in vista del summit parigino ha

inviato una lettera aperta al presidente del Consiglio e al ministro dell’Agricoltura chiedendo una

presa di posizione netta dell’Italia al G20 agricolo. Lo ha fatto, tra l’altro, citando due dichiarazioni

dello stesso Berlusconi. La prima in occasione del vertice di Pittsburgh con cui il premier italiano

aveva comunicato ai paesi partner che “le attività speculative hanno determinato in larga parte tali

fluttuazioni dei prezzi, con un forte impatto negativo sulla vita delle persone. Mentre l’intermedia-

zione finanziaria è necessaria, la volatilità eccessiva nei mercati delle commodity non può essere

spiegata solo dai fondamentali economici e rappresenta una minaccia alla crescita globale”. La

seconda dichiarazione alla vigilia del vertice G20 di Seul, in cui Berlusconi aveva ribadito che “questi

eventi, nonché l’eccessiva volatilità nei mercati delle materie prime, non derivano esclusivamente

da fattori economici e devono essere affrontati tramite misure appropriate”.

Quando alle parole seguirà qualche fatto concreto? Se lo domandano un miliardo di persone che

nei Sud del mondo non sanno se domani mangeranno.

editoriale di Sergio Marelli - Segretario Generale Focsiv

IN PRIMO PIANO8 L’ORO (SPORCO) DI NAPOLIIl business del traffico di rifiuti: chi c’è in regia?

VOCI DAL SUD16 GIOVANI BURKINABE’ IN RETENel Centro di Ziniarè, al lavoro per lo sviluppo

COOPERAZIONE35 MATRIMONIO D’INTERESSILe nuove partnership tra ong e imprese

39 CAVE FAMEMUn Forum fa il punto sulla sicurezza alimentare

PERCORSI DI CITTADINANZA44 LA NOTIZIA COMPRATAUn libro sulle 20 famiglie che “governano” l’Italia

PERCORSI PIONIERI50 CITTADINI MADE IN ITALYUna campagna per la cittadinanza e il voto agli stranieri

PERCORSI MIGRANTI53 ALLA SALUTE!Il diritto degli stranieri alle cure sanitarie

VpSn.05/2011

Reportage e notizie daicinque continenti,

progetti di solidarietà,proposte di turismo

alternativo, consumocritico e molto altro

volontariperlosviluppo.it

Rubriche6 @ Volontari13 Da non perdere14 Mondo news26 Osservatorio cooperazione42 Ict & Sviluppo48 Altroturismo56 Attivati57 Il mondo in pellicola58 Multimedia60 Cose buone dal mondo62 L’esperto risponde

Riso amaro

VpSLarivistadichiabitailmondo

“Entro una decade nessun uomo, donna o bambino andrà a letto affamato”: a dichiararlo, nel ‘74, lo

statista Henry Kissinger. Un’affermazione che oggi fa quasi ridere, visto che 1 miliardo di persone la

sera non sa se l’indomani avrà qualcosa da mettere sotto i denti. A ottobre a Roma si svolge l’enne-

simo Forum sulla sicurezza alimentare; ma stavolta - stando alle aspettative del Comitato italiano

per la sovranità alimentare, ‘rete’ di 270 realtà della società civile - sembra che possa finalmente

venirne qualche risposta concreta (vedi Cooperazione). Un primo passo per il futuro agroalimentare

mondiale sarebbe mettere i freni alla finanza, che con le sue folli speculazioni rende volatili i prezzi

delle materie prime vanificando le misure anti-crisi dei governi (vedi Editoriale). E mentre il mondo si

dibatte tra questi dilemmi, in Italia trionfa sempre più l’intreccio perverso di imprenditoria-finanza-

informazione-politica, che concentra il potere in mano a un’oligarchia di famiglie e sradica diritti e

democrazia (vedi Percorsi di cittadinanza).

Reportage

Dossier

20 Una tenda per una casa

27 Generazione a colori

Le manifestazioni di piazza contro il carovita in Israele

Giovani e intercultura: un anno di iniziative

16 luglio 2011: l’operazione Ragnatela, coordinata dalla procura di Napoli e condotta dal Noe, Nucleo operativo ecologicodi Ancona, riesce a sgominare un’organizzazione criminale con base nelle Marche e diramazioni in Campania, Puglia,Abruzzo, Lazio e Sicilia. L’organizzazione tra il 2005 e 2009 era riuscita a buttare in discarica illegalmente 100 mila tonnel-late di rifiuti speciali, soprattutto in Campania. L’indagine “Ragnatela” è solo l’ultima in ordine di tempo sullo smaltimentoillegale di rifiuti nel nostro paese che vedono implicata la Campania: “Adelphi” nel ‘93 rivelava un traffico già ben struttu-rato di rifiuti industriali dalle regioni del nord verso il sud; “Re Mida” nel 2003 rivelava lo smaltimento illegale in provinciadi Napoli di oltre 40 mila tonnellate tra fanghi industriali e oli minerali derivanti dalla lavorazione di idrocarburi prove-nienti dal nord; “Cassiopea”, sempre nel 2003, denunciava l’arrivo di 40 tir la settimana carichi di rifiuti pericolosi, sempreprovenienti dalle regioni del nord, in Campania; “Madre Terra”, nel 2006, denunciava lo smaltimento illegale di 38.000 ton-nellate di rifiuti pericolosi. Sempre in Campania. Sempre in discarica.

Cittadinanza attivaNegli stessi giorni dell’operazione Ragnatela, in cui gli inquirenti indagano 30 persone e ne arrestano 5, tra cui un agentedi polizia giudiziaria, a Napoli un folto gruppo di persone organizza un flash mob presso i giardinetti di Porta Capuana eun altro in piazza Santa Maria La Nova. Il tam tam della pagina facebook di “CleaNap-Piazza pulita” si diffonde sempre piùtra i napoletani, indignati ma non rassegnati. Centinaia di persone armate di scopa, paletta e sacchi neri dell’immondiziacercano di “ribellarsi” al degrado ambientale della città. Che sembra ormai soffocare tra i cumuli di spazzatura inevasa e lepire fumanti degli incendi che sprigionano diossina.Due fatti apparentemente non collegati che avvengono negli stessi giorni, sullo stesso territorio: da una parte la criminali-tà organizzata che fa business riempiendo le discariche, legali e abusive, del territorio campano con rifiuti industriali, peri-colosi e di ogni altro genere, pur di fare quattrini; con le autorità giudiziarie che cercano di fermare un mercato illegaleormai miliardario. Dall’altra la città di Napoli piena di rifiuti lasciati marcire per strada e una società civile che “non ci sta”,reagendo in maniera costruttiva con i mezzi a disposizione.In realtà le due cose non sono affatto distinte, come spiegava bene Roberto Saviano nella trasmissione Rai ‘Vieni via conme’ del 22 novembre 2010: «A Napoli l’emergenza dura da 16 anni. Le discariche sono piene e i camion non sanno doveandare a versare l’immondizia».Secondo l’autore di “Gomorra” le discariche sono piene per due semplici motivi: una politica di raccolta rifiuti fallimentare,con l’85% dell’immondizia non differenziata che finisce in discarica e gli esperimenti legati agli inceneritori naufragati; e lamiriade di discariche presenti sul territorio campano ormai piene di “rifiuti delle industrie del nord”, che ormai da decine dianni vengono spediti in Campania con la complicità della camorra, interessata agli alti profitti.

Ecomafia«La situazione emergenziale di Napoli si protrae ormai da anni. Ricordo che in Commissione parlamentare d’inchiesta sulciclo dei rifiuti già nel 2002 alcuni politici, di cui non posso naturalmente fare i nomi, mi raccontavano di come eranocostretti, per non avere accumuli di immondizia per strada, a sedersi al tavolo e trattare con i camorristi. La mia sensazio-

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L’oro (sporco) di Napolidi Maurizio Dematteis

Un business in ascesa, capace di fruttare in Italia oltre 20 miliardi di euro l’anno, supe-rando per profitti il narcotraffico: è il commercio illecito di rifiuti, che vede il suo epicen-tro nella Regione Campania. Ma quanti, investigatori o magistrati, hanno cercato di ferma-re l’ecomafia, sono stati tutti destituiti o… “promossi”.

In primo piano

In Campania le discariche sono piene per due semplici motivi: una politica di raccolta rifiuti fal-limentare, con l’85% dell’immondizia non differenziata e le discariche del territorio piene dirifiuti delle industrie del nord

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ne è che questi signori ormai hanno talmente le chiavi della città in mano che le usano per fare fortune e sfortune dellacoalizione politica al potere. Che sia di destra o di sinistra. Un vero attentato alla democrazia».A raccontare questi retroscena è il pubblico ministero Luciano Tarditi, colui che nel lontano ‘94, grazie a un’inchiesta parti-ta da irregolarità nello smaltimento di fanghi prodotti dall’alluvione piemontese nel comune di Asti, per primo ha scoper-chiato il calderone delle ecomafie, il traffico illecito di rifiuti. Un business in ascesa, capace di fruttare in Italia, nel solo2009, oltre 20 miliardi di euro, pari al fatturato di colossi come la Telecom, superando per profitti quello del narcotraffico.Anche grazie all’inchiesta di Tarditi, che seguendo lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi da Asti è arrivata alla discaricadi Pitelli a La Spezia, per poi approdare addirittura sulle coste della Somalia incrociando le indagini del duplice omicidiodella giornalista italiana Ilaria Alpi e del suo operatore video Miran Hrovatin, il tema dello smaltimento illegale dei rifiuti èoggi argomento di discussione della Direzione nazionale antimafia. Attività che, per quanto riguarda i traffici a livellonazionale, vede in Campania il suo epicentro.Il triste primato è confermato dallo studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, pubblicato nell’agosto 2004 dalla prestigiosarivista scientifica The Lancet Oncology (edita da Elsevier), all’interno del quale la vasta area della provincia di Napoli com-presa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano viene definita “triangolo della morte”. Nel triangolo, scrivono gli studiosi,abitano circa 550.000 persone e l’indice di mortalità per tumore al fegato sfiora il 38,4 % per gli uomini e il 20,8 per ledonne, dove la media nazionale è del 14. La mortalità è più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancroalla vescica e al sistema nervoso. L’incremento della mortalità viene attribuito senza ombra di dubbio da Senior e Mazzaall’inquinamento causato dallo sversamento illegale di sostanze tossiche di varia provenienza, in particolare dalle industriedel nord Italia, operato dalla camorra.

In apertura e pagine seguenti: immagini dell’emergenza rifiuti a Napoli, che si protrae da quasi sedici anni

CleaNap«Le prospettive della cittadinanza puntano al raggiungimento della raccolta differen-ziata porta a porta» racconta Emiliana Mellone, giovane laureata in storia dell’arteartefice dell’iniziativa CleaNap. «Noi vogliamo risolvere e accantonare definitivamentequesto periodo opaco della nostra storia e aprire un nuovo radioso capitolo, ma c’èbisogno della collaborazione di tutti: i cittadini e i diversi livelli delle istituzioni».CleaNap nasce il 4 giugno 2011, quando Emiliana, di ritorno da una passeggiata inpiazza Bellini, si rende conto che il potenziale turistico di quel luogo sta venendo defi-nitivamente mortificato dal degrado e dall’incuria. Appena tornata a casa lancia unaproposta su facebook: recarsi in quella piazza armati di scopa, paletta, piantine, perfare “piazza pulita”. «CleaNap ha attirato l’attenzione su un’altra faccia della città»continua Emiliana Mellone, «la “faccia pulita” di chi vuole resistere, in maniera fattiva».Sono ormai centinaia gli iscritti alla pagina facebook http://it-it.facebook.com/cleanap,quella parte della società civile che, come ricordano i fondatori del movimento, “lavora

ogni giorno in silenzio da anni, senza avere particolari riconoscimenti, ma rendendopossibile tante piccole rivoluzioni interne”.«La situazione attuale è altalenante - continua Emiliana Melone - si alternano setti-mane di pseudo normalità a settimane nere, inimmaginabili per chi non vive qui.Ultimamente poi vige una sorta di ostruzionismo dal chiaro impianto camorristico: nes-sun cittadino normale, anche se esasperato, incendia cassonetti e lascia sprigionarediossina sotto casa. Per non parlare del boicottaggio: cumuli di rifiuti differenziati get-tati sui marciapiedi, e poco più in là gli appositi raccoglitori vuoti, ribaltati».

11In primo piano

Poteri forti«E’ niente meno che l’emergenza a tenere aperta l’industria del rifiuto», continua il Pm Luciano Tarditi. «Perché solo inemergenza vengono meno una serie di controlli, e solo in emergenza si possono gonfiare i prezzi legati al ciclo di smalti-mento dei rifiuti». Lo sanno bene gli inquirenti, che dall’inizio degli anni 90 cercano di arginare l’ascesa irrefrenabile delbusiness legato alle ecomafie. Dove criminalità organizzata, politica e poteri forti dello Stato potrebbero, forse, venire acontatto.«Credo di aver iniziato l’attività ancora prima che venisse istituito il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri negli anni80» racconta Rino Martini, ex colonnello del corpo forestale dello Stato, alla Commissione sul ciclo di rifiuti nel febbraio2010. «A quell’epoca non c’erano strutture investigative che disponessero di dati sul traffico illecito dei rifiuti, anche per-ché allora esisteva solamente la rotta nord-sud con smaltimenti nelle discariche campane, in particolare Di.fra.bi. diPianura e di Montagna Spaccata gestita da altri gruppi campani». Il colonnello, che nel giro di pochi anni diventerà unotra i maggiori esperti del tema, si imbatte a un certo punto in un’indagine sull’affondamento di alcune “navi carretta”cariche di rifiuti radioattivi nel Mar Mediterraneo, grazie anche alla collaborazione di Natale De Grazia, capitano di frega-ta della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Il 1° dicembre ‘95 però il colonnello Martini lascia il suo incarico perandare a lavorare come direttore operativo della municipalizzata di Milano, città che versa in una grave emergenza rifiu-ti, con 30.000 tonnellate di rifiuti per strada. 13 giorni dopo il capitano De Grazia muore in condizioni che il Comitatocivico a lui intitolato definisce ancor oggi “poco chiare”.Candido De Angelis, senatore della Commissione sul ciclo dei rifiuti, nel corso dell’audizione di febbraio 2010 domanda

A Napoli vige una sorta di ostruzionismo camorristico: nessun cittadino normale,anche se esasperato, incendia cassonetti e lascia sprigionare diossina sotto casa

all’ex colonnello Martini: «Vorrei sapere se lei non abbia mai pensato che il suo incarico per l’emergenza dei rifiuti aMilano fosse stato un modo per distoglierla dall’indagine». La risposta di Martini è illuminante: «Mi sono dimesso il 16ottobre ‘95, e il 17 ottobre avevo già il decreto del Ministero dell’agricoltura firmato che accettava le mie dimissioni,quindi era già passato all’Ufficio regionale, ed era andato al Ministero dell’agricoltura, ove era già stato accettato. Questole dà la risposta». L’impegno e la dedizione del colonnello Rino Martini hanno lasciato in eredità al paese un pool di sette persone pressol’Ufficio del corpo forestale dello Stato di Brescia ultra specializzato in ecomafie. Ma anche questo oggi è stato sostan-zialmente smantellato. «In Italia esistono solo una ventina di investigatori in grado di condurre inchieste a un certo livel-lo sulla criminalità ambientale» dichiarava Nicola Pace, allora capo della Direzione distrettuale antimafia di Trieste, oggiprocuratore distrettuale antimafia di Brescia, in un articolo di Giuseppe Altamore pubblicato su Famiglia Cristiana nelmarzo del 2000. «Dissolvere una risorsa così importante, come il gruppo di Brescia, è un delitto. Questi uomini sonodetentori di conoscenze e posseggono un patrimonio di esperienze che rischia di sparire».Nel 2003 l’ispettore Gianni De Podestà, vero depositario delle competenze ed esperienze del pool, viene trasferito in pro-vincia di Torino con la qualifica di ispettore capo, comandante della stazione di Lanzo Torinese, paese ai piedi delle Alpioccidentali.

12

E’ l’emergenza a tenere aperta l’industria del rifiuto: solo in emergenza vengonomeno una serie di controlli, e si possono gonfiare i prezzi per smaltire i rifiuti

Marenostrum Il 15 ottobre aViareggio, Puntocriticoonlus promuove la VIedizione del premiogiornalistico-letterario“Marenostrum”, dedi-cato alla culturamigrante in Italia. Perla prima volta è pre-sente una sezione percortometraggi e pro-duzioni video perinternet, in modo dapremiare i miglioricontenuti sia di carat-tere giornalistico siadi auto-rappresenta-zione sul tema migra-torio, riconoscendo ilruolo di denuncia,documentazione e pro-mozione socio-cultura-le che i video svolgononella lotta al razzismo.Info: www.puntocriti-co.net

Cose “giuste”… inLiguria Si svolge a Genoval’edizione 2011 di “Fa’la cosa giusta!Liguria”, dal 14 al 16ottobre presso l’AreaPorto Antico.L’economia solidale e ilconsumo critico sirimettono in moto, conl’obiettivo di sperimen-tare nuove forme dipartecipazione attivadei cittadini, mettendoal centro non solo il“prezzo equo”, “l’agri-coltura biologica” o le“energie rinnovabili”,ma una nuova formadi socialità che ripartadalle relazioni umane,e da lì ricostruisca unsistema economicotrasparente.Info: www.falacosagiu-sta.org/liguria

La lingua necessariaSi celebra il 19 ottobrea Roma l’omonimarassegna, che pro-muove aperitivi lette-rari con scrittorimigranti e di secondagenerazione. In Italiasono oltre 400 gliautori d’origine stra-niera che hanno pub-blicato libri in italiano,facendo della linguaper loro “necessaria”anche il mezzo attra-verso cui esprimere lapropria arte. La sera-ta, presso il Caffè let-terario di via Ostiense83, ospiterà gli autoridella raccolta “Verràdomani e avrà i tuoiocchi”. Info: www.caf-feletterarioroma.it

Conoscere la coo-perazione Si tiene a Firenze, dal17 novembre al 15dicembre, la nuovaedizione del corso “Lemodalità della coope-razione” organizzatodal Cospe. Il corso sipropone di far cono-scere gli attori, gliapprocci e gli stru-menti della coopera-zione internazionaleallo sviluppo. Tra itemi trattati: i soggettidella cooperazione, illavoro delle organizza-zioni non governative,la ricerca di finanzia-menti e i bandi, le“altre” modalità dicooperazione (campa-gne, lobbying, com-mercio equo, microcre-dito).Info: www.cospe.it

Settimana delmigranteSi svolgerà a Parma,dal 5 al 12 novembre,la quinta edizionedella Settimana delmigrante, festival suitemi legati all’immi-grazione, all’intercul-tura e ai diritti dellacittadinanza. La ras-segna si compone dimostre, spettacoli,dibattiti, degustazioni,presentazioni di libri etanto altro, per offrireuno sguardo sull’im-migrazione il più pos-sibile lontano daglistereotipi e per pro-muovere e valorizzarele associazioni di stra-nieri della provinciaemiliana.Info:www.sociale.parma.it

Da non perdere a cura di Elena Poletti

Forum su populismo e politiche sociali Si svolgerà a Roma, il 24 e il 25 novembre, il Forum “Tra populismi e diritti.Politiche sociali e trasformazioni dei processi democratici”. L’edizione 2011 saràdedicata all’analisi del populismo e allo sviluppo di un percorso di riflessione sullepossibili relazioni di questo fenomeno con la dimensione dei diritti di cittadinanza edell’agire territoriale proprio delle politiche sociali. Il Forum intende analizzare cos’èoggi il populismo, com’è cambiato nel tempo, quali siano le radici storiche e le spe-cificità nazionali, esaminando nella fattispecie le peculiarità del contesto italiano.Info: www.espanet-italia.net

Lontani & vicini

13

UNA TENDA PER UNA CASAdi Cosimo Caridi da Tel Aviv

Reportage

“Campeggi” in 11 città, con migliaia di giovani in strada e manifestazioni di protesta contro il carovitain Israele. Che, con una crescita economica annua di oltre il 4% e una disoccupazione molto bassa, nonriesce però a garantire alla popolazione i servizi basilari, a cominciare dall’abitazione.

Boulevard Rotschild è un largo viale alberato nel centro di Tel Aviv; da decenni, con i suoi bar e risto-

ranti, è un luogo simbolo della gioventù israeliana. Da metà luglio è diventato un campeggio: migliaia di

ragazzi hanno iniziato a piantare tende per protestare contro il carovita. «La prima sera sono venuta

qui con un paio di amici, abbiamo montato una tenda. Pensavamo di restare un paio d’ore e poi di tor-

nare a casa a dormire. Alle 4 di mattina eravamo ancora qui. La gente continuava ad arrivare, a pianta-

re tende e a parlare. Da quella sera non sono più andata via» racconta Dana, studentessa 27enne.

Dopo qualche giorno la protesta ha preso forza e le piazze si sono riempite in diverse città: in poco più

di una settimana il movimento contava “campeggi” in 11 città e migliaia di persone per strada.

LA CASA, PUNTA DELL’ICEBERGL’economia israeliana è tra le più solide dell’occidente, con una crescita annua di oltre il 4% e una

disoccupazione molto bassa, ma questo non basta alla classe media per accedere a tutti i servizi

necessari per vivere secondo le proprie aspettative. Le manifestazioni e le tende a Gerusalemme

hanno un valore ancor più simbolico; qui Idan, una delle organizzatrici del campo, ci spiega le ragioni

della protesta: «Vogliamo che le persone abbiano il diritto e la possibilità di avere una casa. Non per-

ché bisognosi di carità, ma perché lavorano duramente eppure questo non basta per comprare una

casa». Ethan, giovane professionista, aggiunge: «La casa è solo il sintomo principale del problema di

Israele: la mancanza di giustizia sociale. La gente non può permettersi le cose basilari per vivere».

DAL FORMAGGIO ALLE TENDESempre quest’estate, prima della protesta delle tende, vi era stato in Israele un gruppo che aveva lan-

ciato il boicottaggio del “cottage cheese”, formaggio fresco molto presente nell’alimentazione locale. I

manifestanti chiedevano che il prezzo del formaggio venisse calmierato dallo Stato e hanno ottenuto

una riduzione del 25%. Questa vittoria ha posto le basi per la protesta delle tende. Iris spiega: «A volte

basta una piccola scintilla perché divampi un grande fuoco. Era nella coscienza collettiva, tutti aveva-

mo qualcosa da dire, ma eravamo troppo presi dal bisogno di sopravvivere. Poi abbiamo capito che si

trattava proprio della nostra sopravvivenza e abbiamo iniziato a lottare per le nostre idee».

Nir parla a un piccolo pubblico radunato attorno alla sua tenda, ci sono i suoi vicini di tenda e qualche

curioso che si è fermato ad ascoltare. Con perfetto accento britannico prova a spiegare: «Ci sono già

state manifestazioni e proteste delle tende, ma questa è la prima volta che esplode con questa poten-

za, c’è un sentimento generale, nessuno sa con esattezza quale sia il problema, ma tutti sanno che

esiste». Una sensazione condivisa da una buona fetta della popolazione: la prima manifestazione

nazionale ha portato in piazza circa 30 mila persone e in soli 15 giorni il numero dei manifestanti è

decuplicato. Il 6 agosto più di 300 mila persone hanno sfilato in oltre 10 città per chiedere al governo

provvedimenti efficaci e repentini, in particolare sulla questione del caro-affitti.

NON GUERRA MA PANESe tra le tende si trovano per lo più giovani nati negli anni 80, nelle manifestazioni di piazza si notano

22

In apertura: le tende dei

manifestanti in

Boulevard Rotschild a

Tel Aviv e un manifesto

che denuncia il

problema dell’assenza

di case. Pagine

successive: il presidio

allestito a fine luglio a

Gerusalemme e

un’artista che dipinge

Netanyahu come un

indiano tra le tende. Le

varie anime del

movimento: un ragazzo

con i dreadlocks che

viene da un kibbutz, e

un giovane

ultraortodosso. In basso

a destra: un rabbino

incita alla protesta a Tel

Aviv

«Lo Stato dovrebbe investire per realizzare l’uguaglianza sociale. I soldi per farlo cisono, ma i governi li stanno mettendo da parte per una nuova guerra»

23Reportage

24

molti di quelli che potrebbero essere i padri dei campeggiatori. Uno di questi dice: «Penso sia la stessa

generazione che protestava quando hanno ucciso Rabin, la “generazione delle candele”, che non

aveva ottenuto nulla. Avevano 15-16 anni, ora ne hanno 31- 32. Pensano al loro futuro, hanno bambini,

tentano di sopravvivere ma non ci riescono! Ci dicono che l’economia in Israele è magnifica, tutto è

magnifico, ma la gente qui non riesce a vivere». Un’altra voce “matura” raccolta durante una manife-

stazione a Gerusalemme, dice: «C’è bisogno di più uguaglianza sociale, lo Stato deve investire in que-

sto. I soldi per farlo ci sono, i governi li stanno mettendo da parte per una nuova guerra. Invece di ini-

ziare una guerra dovrebbero aiutare questa gente».

Israele e Palestina sono due entità ineludibilmente connesse, ma i manifestanti di Boulevard Rotschild

cercano di mantenere la protesta al di fuori del piano politico che riguarda l’occupazione, anche se

una signora, da 60 anni cittadina israeliana, confessa: «Ci sono sempre state manifestazioni, per lo più

politiche, sui Territori Occupati, sui soldi che vanno alle colonie, ma la maggior parte delle persone era

indifferente. I soldi vanno ancora alle colonie. Se vuoi stare sulla terra palestinese puoi avere un bel-

l’appartamento per 20 mila dollari, qui a Tel Aviv non lo trovi per meno di 500 mila». Ethan, a

Gerusalemme, dice: «In Israele non c’è una politica di welfare, nelle colonie invece sì. Se vivi nelle colo-

nie non paghi le tasse, ci sono molti appartamenti a buon prezzo. Questo è uno dei problemi, ma la

manifestazione non è contro le colonie. La gente non dice che il problema è causato dalle colonie o

dagli ultrareligiosi. Vogliono solo vivere».

VOGLIA DI DEMOCRAZIAL’accampamento di Gerusalemme è più piccolo di quello di Tel Aviv, ma ugualmente colorato e vivace:

ogni sera ci sono concerti e dibattiti. Idan, una delle organizzatrici, spiega: «La primavera araba ha

dimostrato che quando la gente scende in piazza viene ascoltata. Certo noi non vogliamo essere

come la Libia o l’Egitto, ma dobbiamo essere una società democratica. Abbiamo eletto questo governo

perché faccia quello che è giusto, ma non lo sta facendo e per questo protestiamo». Un messaggio

simile si trova tra le tende di Tel Aviv dove si legge “Rotschild un angolo di Piazza Tahir” (luogo simbolo

delle proteste egiziane).

Uno dei volontari di Rotschild prova a spiegare da dove viene e prende forza la protesta: «Questo

movimento non solo in Israele, ma a livello mondiale, è dovuto a due fattori: primo, la gente è stufa del

fatto che le multinazionali prendano il controllo dei paesi e creino disparità. Il secondo fattore è inter-

net, che ci permette di comunicare, di creare nuove idee e renderle grandi. Se 50 anni fa si voleva

organizzare una manifestazione come questa bisognava mettere la pubblicità sui giornali, ora basta

creare un evento su facebook. È più veloce e raggiunge molte più persone».

La risposta politica alle manifestazioni non è mancata: il primo ministro Benjamin Netanyahu a fine

luglio ha nominato una commissione per lo studio del problema case e ha fatto approvare al parla-

mento una serie di regolamenti che semplificano le pratiche burocratiche per costruire nuove abitazio-

ni. Questo però non è bastato ai manifestanti, che accusano il premier di sempre più scarse politiche

sociali e di eccessive privatizzazioni. A Rotschild non chiedono la costruzione di nuovi grattacieli privati

nei sobborghi cittadini, ma una nuova politica economica.

25Reportage

«I soldi vanno alle colonie. Se vuoi stare sul suolo palestinese puoi avere un bel-l’appartamento per 20 mila dollari, qui a Tel Aviv non lo trovi per meno di 500 mila»

di Lia Curcio Foto: Giuseppe Bigliardi

GenerAzione Intercultura Dossier

Abbattere le barriere per far incontrare culture e religioni diverse. I ragazzi si esprimono e ciinterrogano attraverso il progetto “Giovani e intercultura: un anno di dialoghi”

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Theodora è una giovane romena, arrivata in Italia otto anni fa: «Il mio cammino “extracomunitario” è cominciato il pomerig-gio di quel lontano giovedì 27 febbraio del 2003, quando sono scesa dal pullman Bucarest-Roma e mi trovavo piena di spe-ranze sul piazzale dell’autostazione Tiburtina. Tutto è ancora così nitido, i visi e gli sguardi delle persone, i bagagli dei mieiconnazionali. Avevo deciso, venendo in Italia, di prendere la mia vita tra le mani e condurla come io volevo; di trasformare imiei sogni in realtà, volevo studiare, laurearmi, esprimere il mio spirito libero senza costrizioni né condizionamenti. Gli inizisono stati cupi, giorni in cui il sole non sembrava sorridere più, paure, preoccupazioni d’imminente fallimento. Sognavo forsecose impossibili da raggiungere? La determinazione di voler riuscire nella mia impresa, la tenacia con cui i miei genitori miavevano educata mi spingevano a impegnarmi sempre di più, a soffrire in un pianto silenzioso, a sopportare le piaghe con cuila zappa aveva segnato le mie mani. Oggi, a distanza di molto tempo, posso dire che le varie esperienze lavorative mi hannofatto crescere. Ho poi deciso di fare del volontariato, perché mi sentivo di dire grazie a questa società, che ritengo ormai mia,per avermi dato la possibilità di abbracciare i miei sogni».Theodora oggi vive a Latina, dove lavora come mediatrice interculturale. L’abbiamo incontrata a Torino, dove ha partecipatoa uno stage per “peer leaders”, leader alla pari, una delle tante attività (vedi box p.32) del progetto “Giovani e intercultura:un anno di dialoghi”, svoltosi in 6 Regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia. «Il tema del progetto è stato l’intercultura; il rapporto tra giovani italiani e stranieri nelle nostre città, aprendo nel contem-po una finestra sul mondo e sulle tematiche globali. Con l’obiettivo di far esprimere i giovani e stimolare la costruzione dellesoluzioni possibili ai problemi che possono nascere dall’incontro, tra persone di culture, religioni, costumi e modi di viverediversi» spiega Monica Macciotta dell’ong Lvia, coordinatrice del progetto. «Le barriere si possono rompere conoscendosidirettamente e in questo percorso si scoprono aspetti degli altri spesso meravigliosi, qualche volta problematici, ma s’impa-ra a costruire una relazione. Questo lavoro di costruzione della relazione con gli altri e della scoperta della differenza cheognuno di noi porta dentro è fondamentale, perché un giorno lo si potrà fare in un consiglio comunale, in un’azienda, ovun-que».

Voglia di protagonismoPassivi, disinteressati, comodi, privi di ideali. Sono alcuni luoghi comuni con cui si tende a identificare la cosiddetta “gioven-tù di oggi”. Ma gli avvenimenti alla ribalta delle cronache nazionali e internazionali degli ultimi mesi hanno messo in mostraun’altra faccia della società civile, anche qui in Italia. Vanessa, operatrice del progetto a Torino, spiega: «Al fianco dei giova-ni coinvolti mi sono resa conto che non è vero che i ragazzi di oggi sono pigri, menefreghisti o quant’altro. Se si propongo-no contenuti reali e concrete opportunità di partecipazione, la risposta è forte e propositiva! Il progetto ha offerto spazi diapprofondimento con momenti di gioco e di scambio che ci hanno aiutato a esaminare le conseguenze delle nostre azioni ea capire come possiamo agire noi, giovani attivi e consapevoli. A questo punto, ti rendi conto che la realtà è differente e chequel mondo migliore che vogliamo può essere davvero costruito da noi».Il progetto si è proposto ai giovani in una prima fase attraverso alcune formazioni dinamiche su temi di attualità, d’impron-ta sociale, culturale, geopolitica e inerenti i diritti umani. I percorsi formativi hanno coinvolto più di 7.000 giovani e sonostati organizzati dagli operatori locali in ogni territorio sulla base delle esigenze e degli interessi specifici del contesto. A par-tire da maggio 2011 poi, i giovani maggiormente interessati si sono impegnati sul campo con azioni locali, esplorando il ter-

Dossier

GenerAzione InterculturaUn anno di iniziative dal basso per “colorare” i territori di 6 regioni d’Italia: questo il proget-to “Giovani e intercultura” che da ottobre 2010 ha coinvolto finora circa 13.000 ragazzi italia-ni e stranieri sui temi dell’identità, l’incontro con l’altro, i diritti e lo sviluppo sostenibile.Desiderio di relazioni, di valori, voglia di “essere nelle cose” è quanto ne è emerso.

ritorio e attivando collaborazioni per realizzare vere esperienze partecipative, innovative e intercul-turali sul terreno. Dice Mariagrazia, 23 anni: «Mi sono iscritta perché volevo aprire la mia mente,interessarmi di quello che succede intorno a me. Incontrare ragazzi che vengono da mondi diversi,da diversi modi di concepire la cittadinanza e l’impegno mi ha permesso di ampliare la mia pro-spettiva e di modificare il modo di pensare. Una predisposizione verso questi argomenti c’era già inme, ma mi mancavano gli stimoli per farla emergere».

Educare... in stradaTorino, 7 giugno, tram 13. Tre giovani ragazze parlano del prossimo voto referendario: “Domenicac’è il referendum. Dobbiamo andare a votare per quattro quesiti… Per cosa? Acqua, nucleare e legit-timo impedimento…. Dobbiamo mettere 4 sì e si può andare a votare anche lunedì” Una signora alloro fianco annuisce “Eh sì perché bisogna raggiungere il quorum! Il 50% più 1 degli aventi dirittoal voto, bisogna andare in tanti, più di 20 milioni di persone!”. Il dialogo è tratto da uno sketch diteatro che il gruppo “Giovani e intercultura” di Torino ha portato su pullman e tram cittadini perfare informazione sul voto referendario. I giovani hanno sposato il tema dell’acqua bene comune ehanno scommesso sulla possibilità di sensibilizzare la gente nei luoghi pubblici, cercando di rag-giungere chi non rientra nei circuiti degli “addetti ai lavori”. Le azioni locali si sono incentrate su

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«La costruzione delle relazioni con gli altri e la scoperta delle differenze è fondamenta-le perché un giorno si potrà fare in consiglio comunale, in azienda, ovunque…»

In apertura e nelle

pagine seguenti:

animatori e giovani che

hanno partecipato al

progetto “Giovani e

intercultura, un anno di

dialoghi” durante le

prove dello spettacolo

“La porta dei sogni”

realizzato a Parma. A

pagina 31: l’équipe di

coordinatori e operatori

locali del progetto.

Il progettoIl progetto “Giovani e Intercultura:un anno di dialoghi” è promossodall’ong Lvia, in collaborazione con ilCentro Studi Sereno Regis, il parte-nariato di Cem Mondialità e il finan-ziamento del Dipartimento della gio-ventù della Presidenza del Consigliodei Ministri. Le azioni si svolgono traottobre 2010 e novembre 2011 coin-volgendo giovani italiani e stranieriin percorsi e attività di dialogo inter-culturale sui propri territori.6 regioni d’Italia. 12 operatori localiintorno ai quali sono stati identifica-ti i gruppi di lavoro con i giovani.Piemonte: Cuneo, Torino e cintura,Rete comuni Dudal-Jam (Piossasco,Orbassano, Avigliana, Villarbasse,Roletto, Airasca, None, Frossasco,Cantalupa, Pinerolo)Lombardia: BresciaEmilia Romagna: Forlì, Parma

Toscana: FirenzeLazio: Latina, RomaSicilia: Palermo, Comuni delleMadonie Visita il blog di “Giovani eIntercultura” su: www.lvia.it/bloge unisciti al gruppo facebook“Giovani e Intercultura: un anno didialoghi”

31Dossier

temi che i ragazzi hanno identificato, preso a cuore e ritenuto importante portare all’attenzione dellacittadinanza. Un percorso che non è stato sempre semplice, perché i giovani e gli operatori del pro-getto hanno cercato di coinvolgere ambienti diversi, anche realtà “ai margini” che si nascondononelle nostre città. A Latina, il gruppo ha lavorato con i ragazzi ospitati in casa-famiglia. Tommaso spiega: «I ragazzi cistudiavano, cercavano di capire, lo si notava dai loro occhi, per quali motivi fossimo lì. La rabbiadovuta alla problematicità della loro infanzia e condizione familiare si percepiva costantemente. Illoro atteggiamento irriverente inizialmente ci ha turbati, ma poi abbiamo iniziato a comprenderlo.Dovevamo prima guadagnarci la loro fiducia, poi tentare di proporre qualcosa. La partecipazione diun nostro amico coetaneo marocchino e la condivisione dell’esperienza di volontariato del sottoscrit-to in Africa, ci ha permesso di metterci in gioco e questo ha aperto la porta per far loro capire che lanostra presenza lì era per sostenerli, accettandoli per quello che sono e non per modificare la loronatura». A Forlì i ragazzi sono scesi in piazza con l’educativa di strada: «La piazza di Forlì è un luogosimbolo della difficoltà che la città ha di interagire con il diverso. Spesso si sente parlare della piaz-za come di un luogo espropriato ai cittadini, perché abitato da “stranieri”, quando in realtà la diffi-coltà sta proprio nel mancato dialogo tra le persone che la “abitano”» spiega Elena, operatrice loca-le. «Abbiamo coinvolto figure chiave, dai vigili di quartiere all’assessore, a referenti di associazioni, edeffettuato una mappatura del centro, per capire quali gruppi informali frequentano queste zone. Poii ragazzi sono “scesi” in piazza per conoscere e farsi conoscere da altri giovani e per sapere a qualibisogni doveva rispondere l’azione locale che si accingevano a progettare. È stato un momento moltosignificativo: l’imbarazzo è stato presto sostituito dalla voglia di raccontarsi e condividere le diversepercezioni dell’essere giovani a Forlì. Da questo incontro è nato spontaneo il desiderio di mantenere

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il contatto con i ragazzi della piazza e, da qui, l’idea di organizzare gli “aperitivi sociali”. Qualcuno deiragazzi conosciuti ora è entrato a far parte del gruppo». Mohammed, 25 anni, senegalese è tra que-sti: «Ho incontrato i ragazzi una sera, in piazza, tornando dal lavoro. Mi è piaciuto il loro approc-cio e mi sono fermato a fare due chiacchiere. Poi ho deciso di partecipare attivamente alle diver-se iniziative, perché così noi giovani possiamo esprimere le nostre idee e fare nuove amicizie. Intv vedo solo l’Africa che muore di fame. Vorrei dire a gran voce che l’Africa non è solo questo.Ai miei connazionali e stranieri sul territorio vorrei dire che è possibile non rinunciare alla pro-pria identità e al tempo stesso essere partecipanti attivi di questa società che ci ospita».

Conoscere i “vicini di casa”Comune denominatore delle azioni locali è stato il coinvolgimento del territorio per stimolarespazi di dialogo e d’incontro. Francesco, operatore a Firenze, spiega: «Il nostro gruppo, tramiteazioni ludico-educative, ha cercato di mostrare un modo diverso di interagire con l’altro e un’at-tività strutturata è stata dedicata a un gruppo di bambini cinesi in forte situazione di disagiosociale». A Roma, il gruppo locale ha lanciato il concorso fotografico ‘Dietro l’angolo’. «La pro-posta fatta ai nostri coetanei» racconta Giorgia, «è stata di esplorare la città e catturarla inimmagini che parlassero d’integrazione, intercultura, cittadinanza, confronto, diritti, persone,

«Ai miei connazionali vorrei dire che è possibile mantenere la propria identità e insie-me partecipare attivamente a questa società che ci ospita» dice Mohammed, 25 anni

Leader “alla pari”Il 16 e 17 aprile 2011 si è svolto a Torino lostage per “peer leaders”, a cui hanno parte-cipato 55 ragazzi provenienti dalle seiRegioni coinvolte nel progetto “Giovani eintercultura”. Umberto Forno, del CentroStudi Sereno Regis, spiega: «Si è pensato diindividuare all’interno dei gruppi localialcuni ragazzi sui quali investire per il futu-ro, permettendo loro di fare un passo in più.L’azione dei giovani “peer leaders” o leaders“alla pari” è infatti importante per facilitarei processi comunicativi con i giovani, concui essi sono accomunati dall’età, da lin-guaggi e interessi simili». Lo stage haavuto l’obiettivo di costruire aggregazione eincontro tra le varie esperienze e i giovanipartecipanti, rispetto a due temi: acquisirecompetenze per la conduzione di gruppi dilavoro e la progettazione. Questa secondaesperienza, in particolare, si è fatta provan-do a simulare una progettazione partecipatadella Giornata del Dialogo Interculturale.

nella consapevolezza che proprio sul nostro impegno si fonda la ricerca di una società “accogliente” e capace di valo-rizzare il contributo di ciascuno». A Cuneo, la priorità è stata data al dialogo con le comunità immigrate: «Nella nostracittà il 14% dei residenti è composto da cittadini stranieri» ci dice Cristina. «Ma cosa sappiamo noi di questi “nuovivicini di casa”? Poco, a dir la verità. Ed è questa considerazione che ci ha spinti ad approfondire queste tematiche, inmodo da dare ai ragazzi alcuni elementi per conoscere un po’ di più i piccoli “pezzi di Sud” che abbiamo qui al Nord». Fantasia e creatività artistica hanno caratterizzato le attività interculturali promosse dai giovani a Parma e in una retedi 10 Comuni della provincia di Torino. Nicoletta racconta: «Nei dieci Comuni (Avigliana, Airasca, Cantalupa, Frossasco,None, Orbassano, Pinerolo, Piossasco, Roletto, Villarbasse) abbiamo parlato d’intercultura come conoscenza dell’”altrolontano” legata al rapporto di amicizia con realtà del Burkina Faso a cui questi territori sono legati da un decennaleprogramma di cooperazione». Tra le tante azioni avviate, particolarmente interessanti due percorsi: a Pinerolo, con “l’in-tercultura a fumetti”, e a Piossasco, dove la musica ha portato i giovani a conoscere nuove culture.A Parma, il veicolo di espressione è stato il teatro. Lo spettacolo dal titolo “Porta dei sogni” è stato costruito e messoin scena con i ragazzi e inserito nel programma della Festa dell’Europa. Ilaria, operatrice locale, spiega: «Lo spettacolonasce da un laboratorio interculturale che ha coinvolto il polo scolastico di via Toscana. È approdato al teatro un grup-po di studenti di diverse nazionalità e provenienze che ha lavorato su identità, differenza, memoria, conflitto, apparte-nenza, futuro. Su queste parole i giovani si sono interrogati e ci interrogano, smontando certezze e facili pregiudizi,gridando il loro diritto a esserci, in una città che li ascolti e si lasci scuotere dalle loro paure e dai loro sogni. ViaToscana per molto tempo è stata considerata “il bronx” della città. In verità qui si gioca il futuro, perché c’è una gran-de concentrazione di giovani che vengono da mondi diversi e che da qui partiranno per costruire la loro vita e il mondodel futuro».Palestra di democrazia

33Dossier

Al termine di questa ricca e variegata esperienza, il 19 novembre in ognuna delle sei regioni i gruppiorganizzeranno la Giornata del dialogo interculturale per unire tutta l’esperienza fatta. Antonella, ope-ratrice del progetto a Palermo, osserva: «Grazie al progetto “Giovani e intercultura” scopriamo che unnativo italiano, Silvio, di pelle bianchissima, vissuto per più di 20 anni in Congo, afferma di appartene-re al popolo congolese, mentre una nativa camerunense, Makaping, di pelle nerissima, di appartenere aquello italiano, anzi calabrese…». E Vito, anche lui operatore in Sicilia, conferma: «Viviamo già nel vil-laggio globale dove non ci si può interessare soltanto della libera circolazione delle merci, ma delle sortie del buon vivere di ogni uomo, qualunque sia la sua cultura, la religione, la provenienza geografica…Siamo tutti parte della stessa e unica famiglia umana. Le persone che abbiamo conosciuto grazie a que-sto progetto ci hanno insegnato a leggere la storia contemporanea con gli occhi sgombri da pregiudizie con la voglia di costruire un mondo più giusto e più equo». Così, per il prossimo anno, diversi gruppilocali hanno deciso di continuare il loro impegno promuovendo la campagna “L’Italia sono anch’io” asostegno del diritto alla cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia (vedi articolo a pag. 50). Questo “anno di dialoghi” si è rivelato, insomma, una palestra di riflessione e di azione in cui ragazze eragazzi si sono preparati a cambiare il mondo. Come dice Pier Paolo Eramo, consigliere Lvia, «il proget-to è stato in piccolo un esempio di quello che dovrebbe succedere in grande, nella nostra società e nellapolitica. Incontrare l’altro, conoscerlo, negoziare le regole di convivenza, risolvere insieme i problemi ei conflitti, creare qualcosa che prima non c’era. Intercultura? No, democrazia. L’unica vera arma di“costruzione di massa” che finora l’uomo ha inventato».

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A scuola di paceDudal Jam è il nome di una “scuola di pace” fondatanel nord del Burkina Faso dall’ong locale Union frater-nelle des croyants per promuovere il dialogo interreli-gioso soprattutto tra i giovani. Un’esperienza portataavanti in Italia da un’ampia rete di enti, tra cui i 10Comuni della provincia torinese partecipanti al progetto“Giovani e Intercultura”, Lvia e Cem Mondialità.L’obiettivo dello stage “Dudal Jam”, organizzato aBrescia dal 13 al 15 maggio 2011 da Cem Mondialità, èstato dunque preparare i ragazzi a un futuro viaggio diconoscenza in Burkina Faso. Attraverso alcuni laborato-ri interattivi si è cercato di decostruire l’idea di Africa,spesso connotata da stereotipi creati da secoli di narra-zioni e rappresentazioni fuorvianti. Illuminante è statal’analisi dei messaggi veicolati dai mass-media e lospettacolo di teatro civile di Mohamed Ba, educatore,attore e scrittore senegalese. Spiega Clelia Minelli diCem Mondialità, operatrice locale del progetto:«Abbiamo cercato di comunicare ai ragazzi la necessitàdi essere critici verso ciò che ci viene raccontato, aentrare con curiosità in un dialogo con l’altro fatto diincontro vero, a non accontentarci di vedere l’africanosempre e solo come il destinatario delle nostre azioni».