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anno 9, n° 4/5 settembre - ottobre 2013 Stampato in proprio da Arte Città Amica, via Rubiana, 15 - Torino - www.artecittaamica.it - [email protected] - tel.: 011 771 74 71 L a tregua alla cultura non lascia requie. Non possiamo nasconderci dietro il dito della crisi social economica per dire che lo spirito artistico – culturale abbia subìto una frenata o un rallentamento. Io direi, piuttosto, un cambiamento cosciente. Basta alla cultura fatta con le strutture dei soldi e dei potentati, e quindi, delle correnti che comandano in quel momento. E’ l’ora della cultura dei singoli, dei gruppi spontanei e delle coscienze. E’ ciò che si sente muovere nell’aria in questo momento storico, fatto di incertezze, di dubbi, ma di molte domande che aprono il solco al desiderio di sapere e di conoscere insieme, unendosi nel desiderio di non lasciarsi prendere soltanto dall’onda dell’entusiasmo interiore, fatto di armonia e piacevolezza di sentirsi bene con se stessi e con ciò che ci circonda. Il sapere poi amplifica il desiderio di utilità in senso assoluto. Siamo comunque coscienti che il rischio del debordaggio e della risacca psicologica nel non riuscire a controllare desideri e gli obiettivi secondo una logica comune almeno negli intenti, fa rischiare grosso a chi porta avanti dei messaggi culturali che più non hanno altro scopo che trovare consenso, attraverso la capacità di colpire ed emozionare profondamente, tra contenuto e forma del messaggio artistico trasmesso. A volte, il desiderio perde di forza, rallentato dalle distrazioni della pesante realtà sociale che trova altri bisogni primari fortemente sbilanciati nella realtà della vita, e l’arte, pur mutandosi a volte in “refugium peccatorum” contro le perplesse delusioni della cruda vita reale, viene recepita più debolmente ed, a volte, deformata nel suo messaggio essenziale. Non lasciamoci prendere da questa apparente abulia del momento e continuiamo per la nostra via, seppur a volte in silenzio, nella penombra, nascosti dai venti impetuosi di chi urla per rabbia o per paura di perdere. Perdere un posto di lavoro, perdere la fiducia, perdere la voglia di credere nella cultura, specialmente di quella apparentemente gratuita. E ’ importante considerare che, in tutta questa riflessione, l’elemento fondamentale di difficile evidenza diretta, è il tempo della memoria, specialmente riferibile alle nuove generazioni, in cui il forte impatto dinamico della tumultuosa realtà attuale così vorticosa, così caotica e insistente nel ridurre tempi e momenti sempre consapevoli soltanto di trasformazione, comporta perdite consistenti di quella comunicazione che rende la cultura radicata nella sua evoluzione, mantenendo considerazioni e logiche che siano lo zoccolo duro di un comportamento culturale sociale che abbia punti fermi, condivisi e praticati. Questo purtroppo non è, nell’attuale sarabanda vorticosa delle relazioni sociali nazionali e internazionali. L’informazione culturale attualmente è tanta, ma male organizzata, strutturata per “parrocchie” e non inserita in una cognizione informativa di ampio respiro e ben condizionata nel contesto nazionale. Miriadi di attività culturali, focherelli sparsi per tutta la penisola che esplodono con forza e convinzione, morendo poi purtroppo per la loro insufficiente consistenza nell’ottemperare un messaggio, una riflessione emozionale, un indirizzo di percorso. Q uesto mi serve per dire come il direttivo della nostra Associazione sia cosciente nel perpetrare un tipo di messaggio culturale che ricerca praticamente la realizzazione dei singoli entusiasmi di chi partecipa all’associazione e ne fa parte col desiderio di realizzare un po’ di più il suo bisogno di concretizzazione artistica. E’ da anni che la nostra associazione, con i suoi eventi artistici e culturali, ha saputo ottenere un buon riconoscimento nelle attività culturali del territorio torinese, facendosi ben conoscere ed apprezzare. Si continuerà a farlo, senza pregiudiziali economiche o di altro genere, con il solo scopo di continuare ad emozionarci ed a scoprire nuove vie per la crescita virtuosa, trasparente ed autentica, nell’amore appassionato per la cultura e l’arte, elementi imprescindibili e probanti del bisogno dell’uomo di crescere nella conoscenza e nell’equilibrio virtuoso e armonico della vita e delle sue espressioni più vere e profonde. IL TEMPO E’ TIRANNO Di D. Tacchino In questo numero: Uno sguardo verso l’oriente di Silvia Ferrara Pag 2 I poeti di “Ottovolante”, rubrica Pag. 2 Mongardino. Un sacro monte sotto tono di M. Centini Pag. 3 Le auto dell’avvocato di D. Tacchino Pag. 3 Il cavalier Mattia Preti di R. Curione Pag. 4 Due artisti al mese di D. Tacchino Pag. 5 ACA informa Pag. 6 Il bacio di Klimt Di M. Parodi Pag. 5 Editoriale di D. Tacchino Pag. 1

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Page 1: Settembre ottobre

anno

9

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20

13

Stampato in proprio da Arte Città Amica, via Rubiana, 15 - Torino - www.artecittaamica.it - [email protected] - tel.: 011 771 74 71 Anno 9°, n° 4/5

Inaugurazione mostra Cottino – Morgillo L

a tregua alla cultura non lascia requie. Non possiamo nasconderci dietro il dito della crisi social economica per

dire che lo spirito artistico – culturale abbia subìto una frenata o un rallentamento. Io direi, piuttosto, un cambiamento cosciente. Basta alla cultura fatta con le strutture dei soldi e dei potentati, e quindi, delle correnti che comandano in quel momento. E’ l’ora della cultura dei singoli, dei gruppi spontanei e delle coscienze.

E’ ciò che si sente muovere nell’aria in questo momento storico, fatto di incertezze, di dubbi, ma di molte domande che aprono il solco al desiderio di sapere e di conoscere insieme, unendosi nel desiderio di non lasciarsi prendere soltanto dall’onda dell’entusiasmo interiore, fatto di armonia e piacevolezza di sentirsi bene con se stessi e con ciò che ci circonda. Il sapere poi amplifica il desiderio di utilità in senso assoluto. Siamo comunque coscienti che il rischio del debordaggio e della risacca psicologica nel non riuscire a controllare desideri e gli obiettivi secondo una logica comune almeno negli intenti, fa rischiare grosso a chi porta avanti dei messaggi culturali che più non hanno altro scopo che trovare consenso, attraverso la capacità di colpire ed emozionare profondamente, tra contenuto e forma del messaggio artistico trasmesso.

A volte, il desiderio perde di forza, rallentato dalle distrazioni della pesante realtà sociale che trova altri

bisogni primari fortemente sbilanciati nella realtà della vita, e l’arte, pur mutandosi a volte in “refugium peccatorum” contro le perplesse delusioni della cruda vita reale, viene recepita più debolmente ed, a volte, deformata nel suo messaggio essenziale.

Non lasciamoci prendere da questa apparente abulia del momento e continuiamo per la nostra via, seppur a volte in silenzio, nella penombra, nascosti dai venti impetuosi di chi urla per rabbia o per paura di perdere. Perdere un posto di lavoro, perdere la fiducia, perdere la voglia di credere nella cultura, specialmente di quella apparentemente gratuita.

E ’ importante considerare che, in tutta questa ri flessione, l ’elemento fondamentale di difficile evidenza

diretta, è il tempo della memoria, specialmente riferibile alle nuove generazioni, in cui il forte impatto dinamico della tumultuosa realtà attuale così vorticosa, così caotica e insistente nel ridurre tempi e momenti sempre consapevoli soltanto di trasformazione, comporta perdite consistenti di quella comunicazione che rende la cultura radicata nella sua evoluzione, mantenendo considerazioni e logiche che siano lo zoccolo duro di un comportamento culturale sociale che abbia punti fermi, condivisi e praticati. Questo purtroppo non è, nell’attuale sarabanda vorticosa delle relazioni sociali nazionali e internazionali. L’informazione culturale attualmente è tanta, ma male organizzata, strutturata per “parrocchie” e non inserita in una cognizione informativa di ampio respiro e ben condizionata nel contesto nazionale. Miriadi di attività culturali, focherelli sparsi per tutta la penisola che esplodono con forza e convinzione, morendo poi purtroppo per la loro insufficiente consistenza nell’ottemperare un messaggio, una riflessione emozionale, un indirizzo di percorso.

Q uesto mi serve per dire come il direttivo della nostra Associazione sia cosciente nel perpetrare un tipo di

messaggio culturale che ricerca praticamente la realizzazione dei singoli entusiasmi di chi partecipa all’associazione e ne fa parte col desiderio di realizzare un po’ di più il suo bisogno di concretizzazione artistica. E’ da anni che la nostra associazione, con i suoi eventi artistici e culturali, ha saputo ottenere un buon riconoscimento nelle attività culturali del territorio torinese, facendosi ben conoscere ed apprezzare. Si continuerà a farlo, senza pregiudiziali economiche o di altro genere, con il solo scopo di continuare ad emozionarci ed a scoprire nuove vie per la crescita virtuosa, trasparente ed autentica, nell’amore appassionato per la cultura e l’arte, elementi imprescindibili e probanti del bisogno dell’uomo di crescere nella conoscenza e nell’equilibrio virtuoso e armonico della vita e delle sue espressioni più vere e profonde.

I L T E M P O E ’ T I R A N N O

Di D. Tacchino

In questo numero:

Uno sguardo verso l’oriente

di Silvia Ferrara

Pag 2

I poeti di “Ottovolante”,

rubrica

Pag. 2

Mongardino. Un sacro monte

sotto tono

di M. Centini

Pag. 3

Le auto dell’avvocato

di D. Tacchino

Pag. 3

Il cavalier Mattia Preti

di R. Curione

Pag. 4

Due artisti al mese

di D. Tacchino

Pag. 5

ACA informa Pag. 6

Il bacio di Klimt

Di M. Parodi

Pag. 5

Editoriale

di D. Tacchino

Pag. 1

Page 2: Settembre ottobre

Anno 9° , n° 4/5 pag. 2

L’amore è un gioco di parole

L’amore, un caro gioco di parole

dove la matematica non conta o conta poco,

dove tutto si perde e nulla si guadagna,

nel punto di massimo

l’utile è zero.

Dove uno più uno resta sempre uno.

Dove lo zero e l’infinito sono uguali,

l’ora e l’eterno s’incontrano.

Nell’amore la parola “ vuoto ” non esiste,

si riempie di significato,

l’amore gli dà senso svuotandola del suo

non senso

e riempiendola cancella il vuoto.

L’amore, che strano gioco di parole.

Il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno.

Nella metà vuota: le bugie, le rinunce, le

futili parole.

Nella metà piena : le risate, le lunghe pas-

seggiate.

Quando ho voglia di bere,

svuoto il bicchiere

e penso che tu non ci sei.

Tu invece, sei in me, “ti ho bevuto”.

L’amore che strano gioco di parole,

nell’amore il vuoto non c’ è

tu sei finito in me

e per un io tendente allo zero

tu sei infinito.

Immacolata Schiena

UNO SGUARDO VERSO L'ORIENTE

Silvia Ferrara

Rubrica

I POETI DELL’

“Perché tu mi dici poeta?”

S i tratta di un percorso di

conoscenza per incontrare chi fa

poesia oggi e cercare i rispondere a

cosa possa servire ancor oggi, nel

mondo e nel tempo di internet, scrivere

versi poetici.

Arduo è il compito di ascoltare,

catalogare, stimolare un gruppo di poeti

al fine di comprendere meglio il sacro

fuoco dell’ispirazione che spinge a

scrivere.

(A. Bolfi, M. Parodi)

N ella splendida cornice di Palazzo

Strozzi a Firenze, si è inaugurata il

27 settembre la mostra dal titolo:

"L'Avanguardia Russa, la Siberia e l'Oriente".

Il percorso espositivo mostra come viene

riconosciuta l'importanza delle fonti orientali

nel Modernismo Russo. L'arte russa ha attinto

ad un Oriente molto complesso ed esteso

ricco di ghiacci e deserti infiniti.

Kandinsky, Malevič, Filonov, Gončarova

sono i noti artisti protagonisti di tale

interessante esposizione. Se citiamo le

Avanguardie russe non possiamo tralasciare

alcuni cenni storici ed in particolare

ricordiamo che agli inizi del Novecento

proprio in Russia si sono sviluppate differenti

correnti poetiche che si interessavano a ciò

che stava accadendo in Europa Occidentale.

Tra il 1910 e il 1916 si sviluppa il Futurismo

con l'influenza del maestro Chlebinkov che fu

fautore di una prima pubblicazione futurista.

Anche in Italia il movimento futurista

acquista grande importanza e Marinetti in

particolare viene considerato uno dei padri di

tale corrente.

Il cubofuturismo, l'astrattismo e il

costruttivismo rappresentano i movimenti più

importanti delle Avanguardie Russe.

Nel percorso espositivo, interessante notare è

come la cultura russa provi una sorta di paura

per tutto ciò che riguarda l'ignoto e l'esotico.

Ciò che la mostra desidera mettere in risalto è

l'incontro tra culture differenti, ed una sorta di

"nascita" di un linguaggio artistico universale

radicato in momenti storici del passato ma

carico di aspettative per il futuro. Wassily Kandinsky, Kazimir Malevič,

Natal’ja Gončarova, Michail Larionov, Léon

Bakst, Alexandre Benois, Pavel Filonov

descrivono con le loro splendide opere i

rapporti tra l'arte russa e l'Oriente. Il percorso

artistico consta di 130 opere tra cui 79 dipinti,

acquerelli, disegni, 15 sculture e 36 tra oggetti

e incisioni popolari.

L 'Oriente con le sue peculiarità

rappresenta una fonte culturale dalla

quale attingere e mettere in risalto il

suo fervore; sussiste dunque una severa

diversità fra l'Occidente e l'Oriente ma al

tempo stesso un continuo desiderio di

avvicinamento e di relazione tra i due popoli. La mostra ricorda che per anni il simbolo

della Russia Imperiale ovvero l'aquila, guardò

in una duplice direzione cioè tra Occidente ed

Oriente non stabilendo così alcuna

supremazia ma il desiderio di un continuo

dialogo.

Tra le molte opere da annoverare quelle di

artisti minori come Nikolai Kalmakov, Sergej

Konenkov e Vasilij Vatagin, dei quali si

evidenza la loro prima esposizione in

Occidente.

La mostra è curata da John E. Bowlt

(University of Southern California, Los

Angeles), Nicoletta Misler (Università di

Napoli l'Orientale), Evgenia Petrova (Deputy

Director for Academic Research, State

Russian Museum, St. Petersburg). L'esposizione si conclude il 19 gennaio 2014.

Didascalie

1:Wassily Kandinsky (Mosca 1866-Neuilly-

sur-Seine 1944), Uccelli

esotici, 1915, acquerello su carta; cm 33,4 x

25,2. Mosca, Galleria

Statale Tret’jakov, inv. 9887

Page 3: Settembre ottobre

Anno 9° , n° 4/5 pag. 3

R ealizzato sul modello della Via Crucis, il Sacro Monte di Mongardino è un complesso di

limitata dimensione e estensione, posto tra i colli astigiani in una posizione di notevole fascino paesaggistico. Nella tradizione locale, l’insieme devozionale è definito “le cappelle”: si tratta di tredici edifici, strutturati appunto secondo il modello architettonico della cappella, realizzati a partire dal 1739 e poste ad anello sul colle. All’interno di ognuna vi sono statue di gesso e scagliola, alcune in pessimo stato, che riproducono alcuni episodi della Passione di Cristo fino all’arrivo al Calvario: la cripta della chiesa di Sant’Antonio corrisponderebbe alla quattordicesima cappella. Le preesistenti statue in cotto, molte delle quali realizzate da don Tagliano, sono quindi andate perdute, ad esclusione di alcune che si trovano all'interno della chiesa di Sant’Antonio. Le quattro cappelle che si trovano all'inizio del percorso, risultano preliminari al ciclo passionale e sono dedicate alle Anime del Purgatorio, alla Natività, all'Ultima Cena e a Gesù nell'orto del Getsemani. La disposizione intorno al colle Sant’Antonio di questi edifici consacrati al culto, sacralizzò e determinò un repentino cambiamento di fisionomia del sito. Infatti, quest’area, nel 1706, venne utilizzata per realizzare una struttura difensiva, resasi necessaria per difendere la località dalle azioni belliche francesi, in quel tempo impegnate nell’assedio di Torino. In seguito tutta l’area fu affidata a don Giuseppe Tagliano che,a partire dal 1730, volle convertire la funzione di quel luogo: si fece così via via sempre più forte l’idea di una Via Crucis da adagiare sul perimetro circolare del trincerone che cingeva il colle. All’impresa parteciparono artigiani e artisti rimasti anonimi, che certamente subirono l’influenza dell’arte più aulica caratterizzan-te i Sacri Monti alpini e prealpini, più noti e divenuti una sorta di archetipo per numerosi percorsi devozionali realizzati tra XVI e XVIII secolo. Di certo, nel corso del XIX secolo, la Via Crucis di Mongardino subì un notevole degrado e solo agli inizi del Novecento furono attuati i necessari interventi di restauro (1906 - 1939). Le nuove statue in gesso e scagliola, un’ottantina, misurano circa un metro di altezza e furono donate dall'Istituto Salesiano di Torino.

L’opera di salvaguardia ebbe anche il ruolo di variare l’aspetto primitivo del complesso; inoltre furono anche sostituite le statue con nuove realizzazioni di gesso e scagliola e ogni cappella fu affidata a una famiglia del paese perché provvedesse al mantenimento. Ulteriori interventi alle soglie degli anni Quaranta del Novecento e altri in tempi recenti, hanno salvaguardato il Sacro Monte di Mongardino dal degrado, mantenendo viva una testimonianza di fede e di cultura che meriterebbe maggiore attenzione. Interessante la disposizione delle cappelle che, in parte, si amalgamano a una struttura abitativa privata, divenendone parte e assegnando all’insieme una vivida aura di sacralità. L’apparato decorativo dimostra limpidamente come l’impiantistica tipica dell’arte popolare riesca ad amalgamarsi con grande spontaneità ai modelli colti che, in questo caso, hanno il loro principale referente nella topografia e nella decorazione dell’arte devozionale ben documentata dall’arte monferrina. Anche se le statue policrome risultano fortemente scrostate e segnate dagli assalti del tempo, alcuni complessi plastici conservano ancora tutta la spontaneità del primitivo progetto evocativo: di grande

fascino, per esempio, la cappella dell’Ultima cena, in cui la differenza tra gli apostoli è scandita da una semplice ma robusta impostazione classificatoria, che ne accentua il legame con la tradizione evangelica. Ormai molto deperiti i fondali dipinti, in alcuni casi la scenografia è vitalizzata dalla presenza di materiali contadini, semplici, ma che ben si adattano alle necessità rappresentative. Emblematica la cappella della Natività, in cui predomina il legno lavorato secondo un’impostazione che crea un continuum tra l’interno e il mondo esterno, dove il legno era un materiale necessario per il lavoro in campagna.

MONGARDINO: UN SACRO MONTE SOTTO TONO

Di Massimo Centini

N el nuovo e funzionale museo dell’Automobile a Torino, dal 13

marzo al 2 giugno si è svolta una particolare e d interessante esposizione di vetture. L’esposizione delle auto personali dell’avvocato Giovanni Agnelli, a dieci anni dalla sua scomparsa, accompagnate da una rassegna fotografica, grafica ed audiovisiva di immagini simbolo dell’avvocato e della storia industriale del ‘900. Un’esposizio-ne di modelli di automobili personalizzate appositamente, a livello estetico e funzionale, secondo i gusti dell’avvocato. Un viaggio nell’essenza del design automobilistico italiano del novecento, sino alle origini di un nuovo approccio in ambito “automotive”, caratterizzato dalla creazione di esemplari concepiti su misura. La mostra è stata concepita su tre differenti aree, ognuna arricchita da materiale grafico, fotografico, audiovisivo e multimediale. Nella prima area, si sono ripercorse tutte le fasi dell’epopea Fiat e il loro incontro con i momenti storici più

importanti del nostro paese. La seconda parte, dedicata alle auto personali dell’Avvocato, ha esposto nel dettaglio una Lancia Thema S.W. Zagato, una Fiat Panda Rock Moretti, una Lancia K Limousine, una Fiat 130 Shooting Brake Maremma, una Fiat 130 Familiare, una Fiat Croma, una Ferrari 360 Speedway, una Lancia Delta Spider Integrale, una Fiat Multipla Mare, e per finire la sua favorita, la famosa Fiat 125. Tutte autovetture caratterizzate da interventi di personalizzazione stilistica o meccanica. L’attuale direttore del Museo dell’auto Rodolfo Gaffino Rossi, che io conobbi in azienda quando era il direttore dello Stabilimento Pilota di Via Medardo Rosso, nonché dei prototipi per la industrializzazione, ha lasciato il suo contributo diretto sulle scelte operative dell’avvocato: “Periodicamente , tramite il suo fido autista, venivo invitato ad andare a t rovar lo con lo scopo d i Continua a pag 4 →

LE AUTO DELL’AVVOCATO

Page 4: Settembre ottobre

Anno 9° , n° 4/5 pag. 4

← da pag 3 discutere le sue idee in merito a questo o quel modello. I

l punto di partenza delle vetture dell’Avvocato, sono state le auto di

serie, così come uscivano dalla produzione, poi si interveniva sulla motorizzazione, sugli interni da personalizzare e sul colore della carrozzeria.” La terza parte, ha approfondito il tema del Tailor Made applicato all’automotive; un argomento che rappresenta il continuum tra l’esperienza dell’Avvocato e l’attività svolta negli ultimi dieci anni all’interno del Gruppo Fiat. Sono stati esposti infatti

alcuni significativi progetti di vetture personalizzate in collaborazione con il Centro Stile Fiat, in particolare sul modello Fiat Panda, Fiat 500 e Fiat 500 Large, ed il progetto “Ferrari Tailor Made”, realizzato dal Centro Stile Ferrari nel 2012. Una bella e particolare mostra, non c’è che dire, che ha aperto nuove riflessioni sui gusti e sulle scelte strategiche e di marketing su una delle maggiori personalità industriali italiane del periodo che giunge sino agli inizi del nuovo millennio.

Danilo Tacchino

U na nuova interessante mostra alla

Reggia di Venaria. In singolare

coincidenza con il Salone del Libro

di Torino che inaugura la serie delle Regioni

italiane ospiti con la Calabria, proprio dalla

Sila piccola parte l'avventura umana di Mattia

Preti, nato a Taverna, ora provincia di

Catanzaro, nel 1613, da famiglia benestante.

Una lunga vita che si sarebbe conclusa a La

Valletta, capitale dell'arcipelago maltese,

allora saldamente nelle mani del Sovrano

Ordine Gerosolimitano. Dell'Ordine, di cui

divenne Cavaliere, Mattia Preti fu pittore

ufficiale. Preti fu fatto Cavaliere prima dello

sbarco a Malta: un grande onore considerato

che si trattava d'un artista (la cui fama in

genere non era apprezzata) di buona famiglia

ma non nobile. La plurisecolare presenza

dell'Ordine esercita un influenza tuttora

vivissima nell'isola ove, non a caso, divorzio

ed aborto sono di fatto tabù. Un ricordo che

supera di gran lunga quello della dominazione

inglese che pure contribuisce, con il turismo

linguistico, a gran parte del prodotto interno

lordo locale.

La mostra alla Reggia, a quattrocento anni

dalla nascita del pittore, gode della curatela di

Vittorio Sgarbi e Keith Sciberras,

dell'Università di La Valletta. Il critico

ferrarese, com'è noto, apprezza in modo

particolare il Seicento ed inevitabilmente il

Caravaggio, di cui il Preti seguì anche sul

piano biografico le orme, muovendosi in

lungo ed in largo per l' Italia (ma anche in

Europa) spingendosi poi sino a Malta, ove

morì. Ed anche Michelangelo Merisi nell'isola

principale dell'Arcipelago soggiornò (sempre

in fuga da qualche guaio e lasciò un'opera (S.

Giovanni Battista decollato) che attrae sempre

molti visitatori. Il Preti fu uno dei pochi artisti

dell'Italia meridionale che assurse a notorietà

"nazionale" nella Penisola. Ma la sua fortuna

artistica si estrinsecò proprio a Malta, in cui

operò per circa quarant'anni. Esattamente dal

1661 alla morte.

Alcune opere provengono dai più importanti

Musei del mondo e da collezioni private. La

rassegna vuole celebrare un artista forse

sottovalutato non tanto ai suoi tempi quanto in

quelli successivi. Il percorso non è

semplicemente cronologico, ma vuole mettere

in risalto l'aspetto fortemente religioso e di

fede dei suoi lavori. Caratterizzati da grande

teatralità e spettacolarità, sia nelle tele sia

negli affreschi, come quelli di Sant'Andrea

della Valle, in Roma ed in alcune Chiese di

Napoli, ove conobbe e fu intimo di Luca

Giordano.

L' artista iniziò a dipingere a bottega del

fratello Gregorio già affermatosi a Roma e

subì l' influenza di un altro pittore molto

amato da Sgarbi, il Guercino. Alla Reggia non

manca un confronto artistico con il

Caravaggio (con la tela "Il riposo durante la

fuga in Egitto") e l'amico Luca Giordano in

modo tale da evidenziare le fonti, le influenze

e gli esiti della ricerca pittorica del Preti.

Un pittore molto apprezzato da Mattia Preti fu

Albrecht Dürer come risulta da bozzetti e

disegni conservati nel Museo che la sua città

natale gli ha dedicato, ricordando un

soggiorno nelle Fiandre.

Il Preti fu influenzato anche dal Veronese,

conosciuto a Venezia.

Il Preti fu uomo dal carattere forte ma allo

stesso tempo generoso, tanto da affermare che

"la pittura era la sua vita e dipingeva per i

poveri, poiché a lui null'altro serviva". Va

detto che il '600 fu il secolo in cui la violenza

della Controriforma esplicò tutti i suoi aspetti

più devastanti nella Penisola. I cui effetti sono

tuttora presenti in molti italici comportamenti,

dalla vasta ipocrisia alla violenza ideologica

verso chi dissente, non solo dal potere, ma da

chi crede d'interpretarlo. Un periodo di grande

cupezza che si ritrova in pieno nelle tematiche

del Preti. Che, peraltro, fu anche un

innovatore, dipingendo, ad esempio, ad olio

sulla pietra maltese.

Sino al 15 settembre alla Sala delle arti al

piano primo della Reggia.

IL CAVALIER MATTIA PRETI. DA CARAVAGGIO A LUCA GIORDANO

Di Roberto Curione

Page 5: Settembre ottobre

Anno 9° , n° 4/5 pag. 5

A cura di Danilo Tacchino Due Artisti al Mese “Essere Artisti di Arte Città Amica significa

essere uniti nella produzione artistica e nelle

emozioni che essa offre, per determinare un

messaggio creativo nel segno di una qualità

mirata a far conoscere e conoscersi”

Elsa Bava De Mattei L'essenza dell'arte di Elsa De Mattei è l'espressione di una grande sensibilità, di una delicatezza che nasce nel profondo dell'anima e si specchia nella natura, un ruscello vivace, un lago dalle acque quiete, un filare di gelsi che, con la loro testa sferica, sembrano omini stilizzati intenti ad osservare il verde dei prati, quel fogliame un po' disordinato, che cresce sulle rive degli stagni e ha tutta l'apparenza di una foresta tropicale. Ecco ancora un paesaggio alpino: il cielo incerto, i monti sono cumuli di purezza, le acque del fiume riflettono la forma e la sostanza immateriale della montagna, gli abeti si incendiano di giallo e di arancio e di rosso, come i pampini delle vigne del Monferrato in autunno; siamo in inverno, è la neve che lo dichiara esplicitamente, ma il calore dell'autunno ancora ci conforta. Ecco una borgata di montagna, quasi sepolta dalla neve, con i tronchi degli alberi, spogli che segnano verticalmente lo spazio e i muri

delle case fiammeggiano di rosso: è il calore umano che supera il gelo dei cumuli di neve.

Raccogliamo il messaggio di Elsa De Mattei, le sue acque fresche, trasparenti, i suoi grappoli di fiori, il rosso vivo dei suoi papaveri, il giallo intenso dei suoi covoni. Sono, i suoi paesaggi, i suoi fiori, ruscelli, tramonti, nevi che non cercano rifugio in un'isola misteriosa, ma vogliono stare in nostra compagnia, per ricordarci che la vita è bella, e vale la pena di viverla.

Aldo Spinardi .

* * * Franca Valeria Oliveri Ecco come si presenta Franca: Sono nata a Torino. Sono in possesso di un diploma di maturità classica ed una laurea in biologia, ma amo dipingere da sempre, considero il mio percorso in ascesa: alberga in me una esigenza terribilmente perfezionista, direi quasi maniacale. Il confrontarmi con corsi e concorsi mi ha indotto a credere di avere grandi cose da trasmettere. Ho adibito a studio una stanza della mia casa, quando varco quella soglia sento il profumo della trementina e mi sento veramente nel mio nido accogliente e creativo. Per me l’arte è comunicazione. Comunicazione non finalizzata agli astanti, bensì a me stessa. Creare un quadro significa per me esprimere il mio essere ed il mio pensiero raffigurandolo su una bianca ed anonima tela. La grande scommessa artistica è quella di riuscire, attraverso giochi di luce ed ombre, ad evincere pensieri spesso subconsci, per

non dire subliminali, di estrazione caravaggesca, mia grande fonte ispiratrice. Quando mi accingo a creare un’opera interagisco direttamente con la tela, con i pennelli, con i colori. Spesso il quadro percorre una strada fuori da ogni mappa logica. Nasce un’idea, poi, man mano il lavoro si crea da solo. Dipingo principalmente figure femminili: “le mie bambine”, le chiamo così, mi permettono di far luce in stati d’animo che difficilmente saprei descrivere. Le coccolo, le metto in posizioni significative, parlo con loro: un po’ monelle, un po’ tentatrici, dolcissime quasi sempre. Adoro il disegno, l’acquerello, l’incisione calcografica, ma ultimamente mi dedico soprattutto alla tecnica dell’olio su tela, mi permette di dare una maggiore intensità all’atmosfera che voglio creare nei miei lavori. Ho partecipato a numerose esposizioni collettive ottenendo notevoli gratificazioni. Nei concorsi a cui ho partecipato mi sono resa protagonista conquistando premi e menzioni, anche con semplici disegni, tutto ciò è per me una grande vittoria artistica,… ne vado fiera.

Nel mio recente viaggio a Vienna, il capolavo-ro artistico che maggiormente desideravo gu-stare era “Il bacio” di Gustav Klimt. E quando lo vidi nello splendido edificio del “Belvedere” ne rimasi affascinato. Un’ attrazione particola-re, difficile procedere nella visita della pinaco-teca. E più scandagliavo l’opera per carpire la po-tenzialità dei messaggi, soprattutto la straordi-naria dimensione profetica, più ne ero come ipnotizzato. La tela è del 1907/1908. Siamo in pieno stile Liberty. L’Europa vive il suo canto del cigno, luminoso, esteticamente raffinatissi-mo. Il Simbolismo aveva raggiunto il suo api-ce, Picasso stava percorrendo nuove strade. Ma soprattutto il nostro vecchio continente nei precedenti dodici anni aveva dato il meglio di inventiva anche tecnologica, il cinematografo dei fratelli Lumiere, il ripristino delle Olimpia-di, la diffusione della bicicletta e dell’automo-bile. Fra un anno Bleriot sorvolerà la Manica. E poi il potere economico e politico. Coloniali-

smo planetario. L’Europa era davvero la pa-drona del mondo. Se mai c’è stata una età dell’oro, accanto all’-Atene di Pericle e alla Firenze rinascimentale, si può dire lo sono stati i lustri a cavaliere del 1900 per il nostro continente, alimentati dalla Belle Epoque parigina. Il bacio di Klimt. 1908. La Vienna a due passi dallo sparo di Sarajevo. C’è bisogno di un messaggio che eternizzi un periodo fortunato. Il bacio, espressione magica e interlocutoria dell’amore. E’ chiaro che la dominante è l’oro: più bruno nel fondo, più brillante al centro, fuso con preziosi fiori in basso. Le due forme umane si rivelano soprat-tutto nelle teste e nelle mani disegnate con estrema sensibilità: diafane nella donna, più scure nell’uomo, nel collo e nello scorcio del volto. La veste aderente della donna, il pesante manto dell’uomo, ornati con forme diverse, floreali nell’una, geometriche nell’altro, sono raccolti in una sorta di alone-nicchia. Tutto è prezioso, pesante involucro delle due creature,

come se si difendessero dalle cattive sorti della diacronia della storia. I fiori della veste sem-brano presagire il naufragio dei tesori europei nella tragedia del Titanic, autentica epifania del crollo del nostro continente. Baciamoci, qui a Vienna, in una fissità gelida e quasi necrotica pur nel brillare dell’oro. Come dire un valzer statico. Si spengono le luci. Uno dei più affa-scinanti imperi della storia sta per frantumarsi.

IL BACIO DI KLIMT Di Mario Parodi

Page 6: Settembre ottobre

Anno 9°, n° 4/5 pag. 6

A r t e C i t t à A m i c a i n f o r m a

P r o s s i m i a p p u n t a m e n t i

Direttore:

Danilo Tacchino.

Impaginazione e grafica:

Egidio Albanese

anno IX, n° 4/5; sett.-ott. 2013

T u t t e l e mo s t r e d i A r t e C i t t à a mi c a possono essere visitate nei seguenti orari:

Da martedì al sabato: ore 16.00 - 19.00

domenica: ore 10.00 - 12.00

Lunedì: chiuso

La zucca rapita

Antoniobruni.it

Dal 13 al 22 settembre Mostra bipersonale

di

Isidoro Cottino

Mary Morgillo Due grandi artisti che si incontrano e si confrontano

con l'arte dell'incisione

Dal 27 settembre

al 6 ottobre

Mostra collettiva.

Parallelamente, gli artisti che vorranno, potranno

ispirarsi ad una delle due poesie dei poeti:

Laurence Ferlinghetti,

Agneta Falk, Tale iniziativa è stata organizzata in collaborazione

con l’associazione "Immagine e Poesia"

Il 26 settembre

- alle ore 21.00 -

7a Serata 2013

Ottovolante

poeti:

Nicola salvini

Laura Di Corcia

Elena Bonassi

Fabrizio Tiberio

Ivana Posti

Enrica Merlo A cura di:

Andrea Bolfi e Mario Parodi

Il 10 ottobre

- alle ore 21.00 -

8a Serata 2013

Ottovolante

poeti:

A cura di:

Andrea Bolfi e Mario Parodi

Dal 11 al 20 ottobre Mostra personale

di

Franco Gotta

Ecco gli appuntamenti per questo bimestre

Sbocciata al di fuori di rete

in cerca di libero spazio

(perché non ama il recinto?)

la forma bizzarra e creativa

diversa dalle sue sorelle

sviluppa volume e colore

si offre ma insipida e acerba

dovrebbe crescere al sole

notturna una mano la ruba