unità didattica n. 3 il bambino e la malattia come vive il bambino la propria malattia? che...
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Unità didattica n. 3Il bambino e la malattia
• Come vive il bambino la propria malattia?
• Che significati attribuisce al dolore, all'ospedalizzazione e alle altre limitazioni che essa comporta?
• Come interpreta gli eventi che si verificano in relazione alle proprie condizioni?
• ……….
La malattia si pone come un evento di rottura nella vita del bambino a seguito del quale tutto cambia:
• Si trasforma il modo di considerare e trattare il suo corpo;
• Cambiano l'ambiente fisico e relazionale,
• Mutano il clima emotivo e lo stile educativo usuali;
• Tale discontinuità rappresenta di per sè un'esperienza potenzialmente traumatica per il bambino; come la sopravvivenza biologica è garantita dal mantenimento di una omeostasi interna ed esterna, così per l'equilibrio psico-emotivo è indispensabile una certa continuità o prevedibilità degli accadimenti, e le principali teorie dello sviluppo psicologico concordano sul fatto che l'esperienza della discontinuità costituisce il motore dello sviluppo se si mantiene entro i limiti della tollerabilità, superati i quali assume la valenza del trauma e diviene fonte di angoscia.
Il supporto naturale per una crescita continua ed armonica è legato al processo che concilia gli
apporti provenienti da :• maturazione• esperienza con gli oggetti• esperienza sociale
Progressive compensazioni in cui il bimbo oppone a perturbazioni esterne (ambiente)
Nuovi comportamenti
Nuove coordinazioni gestuali e verbali
Il processo è alimentato, nel bimbo piccolo, dalla costante empatia del rapporto madre-bambino
Uno dei compiti fondamentali dell’adulto è adattare l’ambiente ai bisogni e all’età del bambino
(mettere a disposizione del bambino tanti oggetti da scoprire-manipolare guardare).
L’attaccamento alla madre deve essere rispettato
La separazione crea ANSIA nel bambino• è una fase di crescita• deve essere graduale• il bimbo deve essere rassicurato
L’ospedalizzazione spesso disorienta il bambino
La consapevolezza di malattia
Le reazioni che il piccolo paziente tenderà a mettere in atto di fronte a questa realtà nuova e sconosciuta saranno quindi in larga misura determinate da.
• dall'età • dallo stadio dello sviluppo intellettivo
raggiunto• dalle sue esperienze precedenti• dalla qualità delle relazioni che ha
instaurato con le figure di riferimento• dall'assetto psico-emotivo interno.
Reazione al dolore e alla malattia I bambini reagiscono al dolore e alla malattia
in modo molto vario, diverso da individuo a individuo e per gli adulti spesso difficilmente comprensibile. Tali differenze individuali non consistono tanto nell'esperienza del dolore in sè, quanto nel significato psicologico che vi si sovrappone. (Anna Freud)
• C’è una mescolanza tra componenti fisiche, psicologiche e relazionali dell'esperienza della malattia particolarmente stretta nelle fasi molto precoci dello sviluppo.
Reazione al dolore e alla malattia (2)
• Nella prima infanzia il funzionamento del bambino è in gran parte determinato dalla condizione di simbiosi con la figura di attaccamento e dalla capacità di questa di svolgere efficacemente il ruolo di mediatore con il mondo esterno e pertanto le reazioni alla malattia saranno strettamente correlate a quelle della madre.
• Col procedere dello sviluppo psicologico ed il perfezionarsi della percezione del proprio corpo, l'esperienza di malattia si delinea in modo più appropriato ma si arricchisce contemporaneamente di ricordi di esperienze precedenti, di rappresentazioni e fantasie che derivano dal mondo interno del bambino.
Reazione al dolore e alla malattia (3)
• Il bambino vive i suoi dolori fisici come la conseguenza non di accadimenti interni ma di un'aggressione, di un castigo o quantomeno di una mancanza di protezione da parte dell'esterno e perciò si sente nel dolore trattato male, minacciato, punito, in pericolo.
• Dolori fisici anche molto intensi vengono sopportati bene dal bambino finchè non siano investiti da angosce e da paure legate ai significati che al dolore stesso viene attribuito (abbandono, rifiuto, punizione, colpa). Quando l'angoscia aumenta, il dolore diventa per il bambino un avvenimento traumatico, del quale si ricorderà a lungo e contro la cui ripetizione cercherà di proteggersi con meccanismi di controllo, di evitamento o di tipo fobico, in misura tanto maggiore quanto più è stata impedita l'espressione dell'angoscia legata all'esperienza originaria
Reazioni emotive all’ospedalizzazione
BAMBINO: • Tenderà a vivere tutta l'esperienza con un
senso di minaccia che deriva principalmente dall'impossibilità a comprendere, a controllare e dal sentir venir meno la presenza del genitore, perché è il genitore stesso che lo affida al medico o all'infermiere o perché è troppo in ansia per essere realmente disponibile per il bambino.
• Se l'evento viene vissuto in un clima di dramma, di aggressività o di colpevolizzazione si può arrivare all'emergere di sintomi nevrotici.
Reazioni emotive all’ospedalizzazione
ADOLESCENTE:• capace di comprendere gli eventi e le
conseguenze della malatti/ospedalizzazione ma entrano in risonanza con i mutamenti fisici e di personalità, i dubbi relativi all'identità, i conflitti circa l'autonomia e l'indipendenza, enfatizzandoli.
• La situazione di malattia si caratterizza sul piano emotivo per l'aspetto della diversità, dell'estraneità dell'esperienza e per l'incomunicabilità, e tali vissuti possono complicare il già problematico confronto con gli altri, sfociando in reazioni di chiusura e isolamento, all'interno delle quali l'adolescente cerca anche di difendere il bisogno di indipendenza, minacciato dalla necessità di affidarsi alle cure esterne.
Effetti dell’ospedalizzazione
Sono state condotte numerose ricerche psicoanalitiche sulle implicazioni emotive della separazione precoce madre-bambino:
• R. Spitz(fine anni ‘50) egli riporto l’osservazione di bambini istituzionalizzati che vivevano esperienze di carenza affettiva parziale o totale i quali subivano un progressivo arresto di sviluppo della personalità. Questi disturbi di relazione passavano a stadi sempre più critici a seconda dei tempi più o meno lunghi della separazione.
• J. Bowlby (1969) ha dato sempre più importanza agli aspetti emozionali della ospedalizzazione, con la sua teoria psicologica sul “legame di attaccamento” e sulle conseguenze di una precoce separazione della diade madre-bambino: angoscia e depressione.
Attaccamento:
la relazione che si crea fra chi cerca sicurezza e protezione e colui che gli fornisce aiuto e conforto.
• Il sistema di attaccamento influisce sul comportamento e fornisce l’esperienza emozionale: il bambino prova PAURA se la figura di attaccamento non è più vicina, RABBIA se essa non risponde alle sue esigenze, SODDISFAZIONE se capisce la natura delle sue richieste.
Reazioni comportamentali – prima infanzia
• J. Robertson (1973): individua nella ospedalizzazione due tipi di pericoli principali causati dalla separazione della madre:• Traumatico: per la perdita della relazione
con la madre;• Deprivativo: per la perdita delle cure e
dell’accudimento materni.Dall’osservazione dei bambini ospedalizzati
Robertson evidenzia tre fasi di reazione:• Protesta: fase iniziale. Si attua attraverso
l’agitazione e il pianto Il bambino ha un forte bisogno della madre, nutre la speranza che ella risponderà al suo pianto. E’ addolorato, confuso, spaventato, spesso urla.
• Disperazione: subentra alla protesta; cessa l’agitazione, cresce il sentimento di sfiducia. Il bambino è meno attivo, il pianto monotono, continuo, spesso distaccato e apatico.
• Negazione: è una fase di maggior interesse per l’ambiente che viene spesso considerata dal personale positiva, perchè il bambino sorride, partecipa attivamente ai giochi, sembra adattato. In effetti in questa fase esso attua una difesa e nega il bisogno della madre perchè non può sostenere il disagio del suo distacco. All’arrivo della madre si comporta come se non la conoscesse o la conoscesse appena e poi scoppia a piangere.
Reazioni comportamentali – seconda infanzia
• Fra i 4 e 10 anni la malattia è prevalentemente l'occasione di una regressione più o meno profonda e duratura e le manifestazioni comportamentali sono inquadrabili nell'ambito del come queste dinamiche vengono gestite nella coppia madre-bambino.
• Rischio è che i comportamenti regressivi o manipolativi durino nel tempo e si stabiliscano come modalità relazionale privilegiata.
• Le procedure hanno un alto potere avversivo (= sono stimoli negativi che producono un effetto di disagio e pertanto una reazione oppositiva), acuito dall'essere somministrate non come conseguenza al comportamento del bambino, ma sulla base delle sue condizioni cliniche. Gli stimoli avversivi che il bambino riceve nell'ambiente medico sono quindi indipendenti dalla risposta; qualsiasi cosa farà il bambino non avrà modo di sottrarsi, nè potrà in alcun modo prevedere quando l'evento negativo si verificherà. Questa mancanza di controllo e di prevedibilità sugli eventi negativi che ci occorrono è tra le esperienze più patogene, e si associa secondo numerosi studi a reazioni gravi sul versante depressivo (Seligman, 1975).
• Poiché è il personale infermieristico a fornire le procedure, esso diventa facilmente uno stimolo discriminante per gli stimoli avversivi, avente cioè la funzione di anticipatore dell'evento spiacevole, e in quanto tale sarà in grado, da solo, di provocare la reazione negativa nel bambino.
• Questi meccanismi spiegano l'instaurarsi di reazioni di carattere fobico o di tipo ossessivo (finalizzate rispettivamente all'evitamento e al controllo delle situazioni negative) rispetto alle quali la soluzione non è certo ridurre gli stimoli avversivi, ma piuttosto aumentare il numero di stimoli neutri o positivi che vengono forniti (contatti visivi, interazioni verbali, gesti di affetto) in modo che il personale diventi uno stimolo discriminante per conseguenze sia negative che positive.
ATTEGGIAMENTI DI DIFESA MESSI IN ATTO DAL BAMBINO NELLE MALATTIE DI LUNGA DURATA
• OPPOSIZIONE: rifiuta le limitazioni imposte dalla malattia o dalle cure
• SOTTOMISSIONE E INIBIZIONE: vissuto depressivo vergogna del proprio corpo e senso di colpa incapacità di comprendere la propria malattia
• SUBLIMAZIONE E COLLABORAZIONE: meccanismi difensivi positivi. Identificazione con l’aggressore (medico- infermiere) identificazione con il familiare colpito dalla stessa malattia
Reazioni comportamentali - preadolescenza e adolescenza
• Adattamento alla malattia e alle cure è facilitato dall'acquisizione di abilità cognitive e relazionali che gli permettono di assumere un ruolo più attivo e partecipe.
• E’ fondamentale la fiducia che il paziente sente di poter riporre in quanti si occupano di lui.
• Rispetto delle sue esigenze e necessità, soprattutto quella di essere informato su ciò che sta accadendo e quello di essere garantito nel bisogno di indipendenza e di controllo.
• La qualità della relazione instaurata tra l'adolescente e il personale sanitario e l'efficacia degli scambi comunicativi saranno i migliori predittori delle reazioni del paziente di fronte alla malattia e delle sue conseguenze a lungo termine.
• In questa età l'esperienza di malattia si connota come maggiormente problematica perchè comporta un protrarsi della dipendenza fisica dalle figure genitoriali, che si scontra con la fisiologica spinta verso l'autonomia e la cura di sè.
• Rischio: l'adolescente può non accettare la malattia e mettere in atto forme di protesta con delle condotte trasgressive e di fuga, interrompendo le cure e i controlli.
A SEGUITO DI QUESTE RICERCHE SI E’ PASSATI DALLE PEDIATRIE TRADIZIONALI
ALLE PEDIATRIE “APERTE”
PRESENZA ATTIVA E COSTANTE DELLE FIGURE PARENTALI
La presenza continua delle madri in ospedale non solleva comunque il personale da un delicato e
capillare intervento in cui si rende necessaria tutta la disponibilità e sensibilità
La famiglia del bambino malato
Reazioni emozionali della famiglia• Negazione• Accettazione della realtà• Senso di colpa• Vissuti persecutori• Modificazione delle dinamiche familiari• Modificazione delle relazioni con il mondo
esterno
IMMAGINE CORPOREA NEL BAMBINO MALATO
SENSAZIONI PROPRIOCETTIVE(dolorifiche, termiche, visive...)
+SENSAZIONI CENESTESICHE
(postura e movimento)=
SCHEMA CORPOREOschema plastico in cui viene registrata ogni sensazione e
ogni movimento
LA MALATTIA PUO’ GENERARE NEL BAMBINO UN’ALTERAZIONE DELL’IMMAGINE DEL PROPRIO
CORPO
I meccanismi di difesa del bambino
• La negazione
• La regressione
• La proiezione
• Identificazione con l’aggressore
• Sublimazione e compensazione
• Isolamento e allontanamento dalla realtà
La famiglia
Il benessere del bambino è inestricabilmente legato al benessere della sua famiglia e della comunità in cui vive
Family-centered care:
Filosofia assistenziale (1987, ACCH) che riconosce la centralità della famiglia nella vita del bambino e
l’inclusione del contributo e del coinvolgimento della famiglia nel piano assistenziale.
Nasce dalla necessità di mantenere la relazione tra il bambino ospedalizzato e la sua famiglia
Il concetto di fondo è che occorre prestare
attenzione e cercare di soddisfare i bisogni
non solo del bambino ma quelli di tutta la famiglia impegnata
accanto a lui
Heller 1996 : più veloce la ripresa e la
guarigione, minori i livelli di stress
Family empawerment Modello tradizionale
Promuovere l’autonomia nella
scelta, promuovere la capacità di scegliere
valutazione
Promuovere il controllo controllo
Promuovere l’autocura dipendenza
Resistenze da parte degli infermieri
Paura di perdere il controllo sul processo di cura, di sentirsi sminuiti nel proprio ruolo di
“dispensatori di cura”
Diffidenza e sfiducia verso i genitori
Impossibilità organizzativa
L’infermiere è chiamato a integrare le informazioni provenienti dalla famiglia nel piano di cura
Fornire informazioni e conoscenza, educare
Cambiamento nel rapporto famiglia-operatori
Da dipendenza a pariteticità
Da decidere al posto di…… a sostenere la famiglia nelle decisioni da prendere (counselling)
Da una situazione di “ignoranza” ad una situazione dove l’accesso alle informazioni
sanitarie è semplicissimo (internet)
Atraumatic care
Filosofia assistenziale che promuove la minimizzazione o l’eliminazione
dei ogni distress fisico e psichico nel bambino ospedalizzato e nella
famiglia
Identificazione dei fattori di stress specifici della famiglia
Minimizzare la separazione
Minimizzare il dolore
Condizioni per favorire l’adattamento del bambino all’ ospedalizzazione:
• presenza della madre: o di una figura parentale sostituiva. Mamma = terapeuta. Per evitare conflitti con il personale sanitario è bene decidere e definire con lei cosa ci si aspetta dalla sua presenza vicino al bambino (es. cure igieniche, gioco, etc.)
• possibilità di giocare: (per favorire l’inventiva, per stimolare l’apprendimento, per scaricare tensioni e ansie) Il gioco promuove il processo di identificazione e di accettazione degli interventi terapeutici. Con la fantasia il bambino può far fronte alle paure e l’infermiere può preparare il piccolo a vivere situazioni spiacevoli attraverso l’attività ludico-fantastica.GIOCO RAPPRESENTA LA CONTINUITA’ CON L’AMBIENTE FAMILIARE OGGETTO TRANSIZIONALE
• routine nello svolgimento attività assistenziali: permette al bambino di prevedere certi eventi
favorisce una sensazione di sicurezza
• Possibilità per il bambino di partecipare alle decisioni di compiere determinate scelte e attività: es. cosa mangiare, cosa bere, quando fare la medicazione favorisce la sensazione di esercitare un controllo sull’ambiente.
• Possibilità per il bambino, di ricevere tutte le spiegazioni su motivazioni e modalità di esecuzione delle varie procedure diagnostiche e terapeutiche: è importante ottenere la fiducia del bambino e questa fiducia la si raggiunge anche attraverso risposte franche alla sue domande.
• Invitare il bambino a ripetere su bambola i provvedimenti terapeutici che ha vissuto: dal al bambino la sensazione di padroneggiare la situazione
• Formazione continua del personale curante: non solo su aspetti tecnico sanitari ma anche su:
• conoscenza dei bisogni psico-sociali dei degenti e dei loro familiari
• conoscenza dei propri problemi emotivi• Possibilità di non interrompere l’attività
scolastica: fondamentale nella vita del bambino dai 7 ai 12 anni perchè:
• rappresenta la possibilità di continuare l’impegno nelle attività abituali (sentire meno l’ospedalizzazione)
• non interrompere l’abitudine al lavoro intellettuale (ripresa scolastica meno faticosa)
Malattia Cronica:
una condizione fisica, psicologica o
cognitiva che determina limitazioni
nelle attività quotidiane e richiede
trattamenti specifici per un periodo
prolungato.
Interessa il 10-15 % dei bambini
Dimensioni della Malattia cronica:
• modo e tempo di insorgenza
• progressione
• effetto sull’aspetto esteriore
• effetto sulle attività quotidiane
• effetto su comportamento e capacità di
relazione con gli altri
• tipo e intensità di cure necessarie
La malattia cronica nella prospettiva del bambino
1- gestione dei sintomi e delle limitazioni che comportano• (cambiamenti connessi con le fasi dello sviluppo)
2- gestione delle terapie necessarie
• difficoltà di accettare trattamenti che interferiscono con le normali attività quotidiane
• concretezza dei processi mentali del bambino -> difficoltà a comprendere la necessità di trattamenti in assenza di sintomi.
• “manipolazione” dei trattamenti per valutare i propri limiti e capacità
• prima adolescenza: aumento della comprensione della malattia ->risposte estreme (interruzioni trattamento, comportamenti a rischio,oppure eccessi nell’adesione al trattamento)
La malattia cronica nella prospettiva del bambino
3- risposte emotive e cognitive alla malattia cronica
• le strategie di coping messe in atto dai bambini con mc che si osservano sono grandemente differenziate: dal massimo dell’adattamento al massimo della chiusura in sé
• dipendono da contesto sociale, età, sesso, contesto familiare ecc..
4- raggiungimento delle tappe evolutive proprie dell’età
• può essere reso difficile da• limitazioni sensoriali• limitazioni imposte dal regime terapeutico• differenze nell’aspetto fisico
La malattia cronica nella prospettiva del bambino
5- Scuola• frequenza e risultati condizionati da esacerbazioni della
malattia
6- Confronto con i modelli sociali dominanti• può influire negativamente sul concetto di sè e
sull’autostima del Bambino
• può creare difficoltà al b. nell’affrontare commenti, e sguardi, atteggiamenti basati su disinformazione, luoghi comuni, idee stereotipate.
-> infermiere: relazione, ascolto, informazione
La malattia cronica nella prospettiva del bambino
7- Rapporto con gli operatori sanitari e l’ospedale• reazioni = adulti:sentimento di frustrazione, oggettificazione.
La partnership di cura va costruita anche col bambino.
8- Preparazione all’ingresso nell’età adulta• il b. tende naturalmente a contenere la malattia in modo che
non pervada tutti gli aspetti della vita
• fornire con gradualità nuove informazioni sulla malattia
• consentire con gradualità che il ragazzo bilanci da solo i limiti imposti dalla malattia con il compiere talvolta atti a rischio.
• malattia cronica ≠ dipendenza
La malattia cronica nella prospettiva dei genitori
1- Acquisizione delle competenze necessarie a prendersi cura del bambino e gestire la malattia
2- Adattare i tempi quotidiani alle necessità della malattia del bambino
3- Aggiustamento dei ruoli familiari
4- Carico assistenziale e necessità di aiuto esterno alla famiglia
La malattia cronica nella prospettiva dei genitori
5- risposte emotive e cognitive:
• diagnosi = fasi del lutto• stress psicologico, isolamento, stanchezza• frustrazione per l’assenza di miglioramento nonostante le cure e
per il non raggiungimento dell’indipendenza.
il lutto cronico o ciclico: il processo di aggiustamento non si conclude in una sola volta ma si ripresenta periodicamente
strategie di coping: mantenere interessi personali, utilizzare aiutiesterni, cercare informazioni, focalizzare gli aspetti positivi,programmare giorno per giorno, parlare con altre persone.
La malattia cronica nella prospettiva dei genitori
6- riorganizzazione della vita familiare• normalizzazione: adattare i ritmi familiari al regimeterapeutico del bambino e il regime terapeutico ai ritmiFamiliari
7- Rapporto con gli operatori sanitari e l’ospedale• potenzialmente conflittuale (proiezione), taloradifficile (difesa del bambino, pretese eccessive)• sete di informazioni, contrasto di informazionisulla malattia, (Internet)• fare tesoro dell’esperienza dei genitori nel gestirela malattia a domicilio durante le ospedalizzazioni
La malattia cronica nella prospettiva dell’infermiere
L’infermiere deve dimostrare:
competenza tecnica
• fiducia
• ridurre paura, ansia, dolore
• abilità tecnica nelle procedure invasive
La malattia cronica nella prospettiva dell’infermierecompetenza relazionale
• rapporto stretto, ripetuto, prolungato col bambino e la famiglia
• fiducia e alleanza nel processo di cura
• punto di riferimento nel centro di cura
• elaborazione di informazioni e di input, “mediazione” con altre figure coinvolte e coi genitori
Rischio elevato di Burn out
La malattia cronica nella prospettiva dell’infermiere
competenza educativafondamentale nelle malattie croniche
• informazioni sulla patologia modulate
• addestramento all’autocura
• rinforzi e riaddestramenti periodici
• verifiche
• monitoraggio dell’aderenza
DIRITTI DEL BAMBINO
• 1925: Dichiarazione di Ginevra (Unione Internazionale di soccorso ai bambini, auspicio Lega delle Nazioni)
• 20/11/1959: Dichiarazione dei diritti dei bambini (Assemblea delle Nazioni Unite). Viene affermato il principio fondamentale che il bambino possiede dei diritti a lui propri non è proprietà dei genitori.
• Carta dei diritti del bambino ricoverato in ospedale (U.N.E.S.C.O.)
• 13/05/1986: Carta Europea dei bambini degenti in ospedale (votata dal parlamento europeo).