tesi triennale1

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Università degli studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di economia Corso di laurea in Economia e Management Tesi in Economia e Gestione delle Imprese Titolo “L’impresa competitiva: il caso Mazda” 1

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Page 1: Tesi triennale1

Università degli studi di Roma “Tor Vergata”

Facoltà di economia

Corso di laurea in

Economia e Management

Tesi in Economia e Gestione delle Imprese

Titolo

“L’impresa competitiva: il caso Mazda”

Il Relatore Il laureando

Prof. Roberto Cafferata Roberta De Bernardinis

Anno accademico 2008/2009

1

Page 2: Tesi triennale1

Alla mia famiglia

2

Page 3: Tesi triennale1

INTRODUZIONE....................................................................................4

1. LA COMPETITIVITA’......................................................................6

1.1 L’IMPRESA COME “SISTEMA”...........................................................61.2 IL SISTEMA D’IMPRESA COMPETITIVO..............................................71.3 L’ANALISI DEL SETTORE.................................................................111.4 LO SCHEMA DELLE CINQUE FORZE COMPETITIVE DI PORTER.........151.5 LA STRATEGIA COMPETITIVA........................................................241.6 L’EFFETTO DELLE CORE COMPETENCE SULLE PERFORMANCE DELL’IMPRESA......................................................................................27

1.6.1. Le risorse intangibili: una fonte del vantaggio competitivo?33

2. IL PRODOTTO COME FATTORE COMPETITIVO.................35

2.1 UNA PREMESSA..............................................................................352.1.1. Cos’è il marketing?................................................................362.1.2 Il marketing mix e le quattro P di Kotler................................37

2.2 IL PRODOTTO..................................................................................372.2.1 Cos’è il prodotto? Elementi tangibili e intangibili.................372.2.2 Il ciclo di vita del prodotto.....................................................382.2.3 La programmazione di nuovi prodotti....................................40

2.3 LA QUALITÀ DEL PRODOTTO..........................................................412.3.1 Potere di mercato e qualità del prodotto................................412.3.2 Il concetto di qualità del prodotto..........................................45

2.4 LA CUSTOMER SATISFACTION........................................................46

3. IL CASO MAZDA.............................................................................49

3.1 LA STORIA......................................................................................493.2 LO SPIRITO DI MAZDA: LA FILOSOFIA ZOOM ZOOM......................503.3 OBIETTIVI.......................................................................................513.4 I PRODOTTI MAZDA: UNA PANORAMICA NEL CORSO DELLA STORIA

.............................................................................................................523.4.1 I Prodotti e la Tecnologia.......................................................53

3.5 MAZDA E LA QUALITÀ....................................................................553.5.1 Leader della qualità................................................................56

3.6 I RAPPORTI CON LA CLIENTELA......................................................603.6.1 L’assistenza post-vendita........................................................62

Conclusioni..............................................................................................63

3

Page 4: Tesi triennale1

INTRODUZIONE

La competitività è un tema centrale in ogni ambito della nostra società.

Già nel corso della carriera scolastica emergono delle pressioni

competitive sia dall’interno, i compagni di classe, professori, familiari,

che dall’esterno, altri studenti, scuole, professori, famiglie, che

sviluppano le nostre capacità competitive. Ma cosa intendiamo per

capacità competitive e, più in generale, competitività?

La competitività può essere intesa come quella capacità che ci permette

di reagire alle sfide, interne ed esterne, e di uscirne come vincitori.

Ovviamente, questo comporta lo sviluppo di capacità che ci rendono,

appunto, competitivi. Le capacità possono essere sviluppate da nostre

caratteristiche personali oppure possono essere acquisite dall’esterno.

In ambito aziendale la procedura è identica con la sola differenza che, se

l’impresa non è competitiva o non sviluppa e mantiene le proprie

capacità distintive, essa non sopravvive nel tempo. Ecco dunque spiegato

il motivo per cui oggi siamo spronati ad “essere competitivi”. In primo

luogo, individui competitivi possono creare imprese con le medesime

caratteristiche o parteciparvi attivamente. In secondo luogo, le imprese

competitive possono influire positivamente sul sistema economico di un

paese, rendendolo più efficiente e più efficace rispetto agli altri e

nell’intero sistema.

Il concetto di competitività viene analizzato compiutamente nel primo

capitolo. Innanzitutto, vengono considerati i fattori necessari all’impresa

affinché si faccia “sistema competitivo”. A fronte dell’analisi dei fattori

di sistemicità, viene studiato l’ambiente settoriale esterno all’impresa,

attraverso lo schema di Porter. Sempre con Porter, vengono analizzate le

tre strategie competitive di base: leadership di costi, focus e

differenziazione del prodotto. Infine, negli ultimi due paragrafi del primo

capitolo, emerge uno studio delle c.d. core competence, ossia le capacità

4

Page 5: Tesi triennale1

necessarie che l’impresa deve sviluppare e mantenere per essere in

vantaggio rispetto ai concorrenti.

Nel secondo capitolo , l’analisi si concentra sulla scelta del prodotto

come fattore competitivo. Lo studio di questa strategia parte da una

panoramica delle funzioni aziendali e, in particolare, del marketing. In

seguito viene fornita una definizione del prodotto e delle sue

caratteristiche principali nonché del percorso necessario per realizzare un

nuovo prodotto. Per concludere, si arriva al concetto di qualità, alle sue

determinanti e alla sua evoluzione nel corso della storia e ai vantaggi

propri della customer satisfaction.

Nel terzo capitolo viene fornito un esempio di impresa competitiva che

ha scelto di confrontarsi sul mercato con un prodotto altrettanto

competitivo e di elevata qualità: la Mazda Motor Italia. Partendo dallo

spirito Zoom Zoom, vengono analizzate tutte le determinanti dell’azienda

compresi obiettivi e modelli commercializzati.

Un ringraziamento particolare a mio padre Piero Giardini per avermi

fornito tutte le informazioni necessarie sulla Mazda Motor Italia e per

aver contribuito allo sviluppo di questo lavoro.

5

Page 6: Tesi triennale1

1. LA COMPETITIVITA’

1.1 L’impresa come “sistema”

Nel corso dello sviluppo degli studi di economia delle imprese, il termine

sistema è spesso utilizzato proprio in riferimento alle imprese, per

evidenziarne le caratteristiche di unitarietà e interdipendenza delle sue

componenti. I sistemi, prendendo la definizione di Ludwig von

Bertalannfy1, sono “quei complessi costituiti di elementi di interazione,

che interagiscono tra di loro e con l’ambiente circostante”. L’impresa è

dunque un sistema unitario, ove ogni elemento è legato agli altri e, con

gli altri, interagisce. Sono numerosi gli studiosi che utilizzano

l’approccio sistemico per l’analisi del comportamento delle imprese.

L’approccio sistemico, infatti, “consente, da un lato di cogliere le

relazioni intercorrenti tra le componenti del sistema impresa e, dall’altro,

tra il sistema impresa e le molteplici entità sistemiche che qualificano il

contesto”2. Da Zappa in poi, molti studiosi hanno infatti utilizzato tale

approccio per lo studio delle caratteristiche, composizione interna, e dei

legami che l’impresa instaura con l’ambiente esterno. Si parte da una

definizione di impresa come sistema meccanico3 , basti pensare al

successo del binomio taylorismo-fordismo dei primi del ‘900, per poi

arrivare ad una concezione di tipo organico, ove sono cruciali i temi

dell’adattamento all’ambiente e delle routines, fino ad arrivare ad

un’impresa quale sistema cognitivo che produce e diffonde conoscenza.

Per concludere, ricordiamo che l’essere sistema non è un dato di fatto nè

un punto di partenza: le condizioni di sistemicità devono essere create,

mantenute e vivificate nel tempo.

1 Fonte: Roberto Cafferata, Lezioni di economia e gestione delle imprese, razionalismo economico ed imperfezione dei sistemi, I Edizione, Texmat, Roma, 2005)2 Tratto da fonte web: http://www.gaetanogolinelli.it 3 Taylor con lo scientific management convince i dirigenti di fabbriche del primo novecento a concentrarsi su principi scientifici di organizzazione e gestione per razionalizzare il processo produttivo.

6

Page 7: Tesi triennale1

1.2 Il sistema d’impresa competitivo

Esaminiamo il processo evolutivo che rende l’impresa un sistema

competitivo, ossia i fattori di sistemicità per competere e sopravvivere

nel tempo4.

La differenziazione razionale

La differenziazione riguarda la divisione del lavoro in parti, ognuna con

una specifica funzione. Per “parti” , in effetti, intendiamo le funzioni

aziendali, quali la produzione, gli approvvigionamenti, le vendite e così

via. La divisione del lavoro deve essere inerente alla direzione, gestione

ed organizzazione delle funzioni aziendali. La razionalità nella

differenziazione presuppone l’esistenza di un progetto di divisione del

lavoro. Tale progetto è necessariamente legato ad uno o più obiettivi e

segue il criterio dell’economicità di gestione, secondo cui a fronte della

produzione deve risultare un reddito. La differenziazione non è statica,

ma ha carattere dinamico. Il soggetto economico che sceglie una

configurazione unicentrica nei primi anni di vita dell’impresa, deve

necessariamente cambiarla al variare delle dimensioni aziendali e

dell’arena competitiva nel corso del tempo.

La strutturazione

La strutturazione si riferisce all’assetto organizzativo. Per prima cosa,

occorre definire delle procedure e delle regole di comportamento, delle

routines alla Simon5, per creare le basi di interazione tra parti, tra

partecipanti, e tra parti e partecipanti. Di nuovo, il concetto analizzato ha

carattere dinamico. Il soggetto economico cha ha ordinato l’assetto

organizzativo deve poter sempre modificarlo a seconda delle necessità.

Infine, le norme autodeterminate dagli organi aziendali vengono

4 Roberto Cafferata, Lezioni di economia e gestione delle imprese, razionalismo economico ed imperfezione dei sistemi, I Edizione, Texmat, Roma, 2005)5 Per una definizione di routines rinviamo al paragrafo 1.6

7

Page 8: Tesi triennale1

formalizzate in organigrammi e funzionigrammi. Attraverso i primi viene

evidenziato l’assetto formale dei livelli di autorità presenti, mentre i

secondi si occupano di definire i compiti di lavoro di parti e partecipanti.

Integrazione e leadership

Per integrazione s’intende la riconduzione ad unità di tutto ciò che è stato

in precedenza differenziato e strutturato. Questa particolare condizione di

sistemicità può essere creata oppure acquisita. Nel primo caso, a seconda

delle dimensioni e della complessità dell’impresa, l’integrazione verrà

operata da un soggetto che varia dalla persona dell’imprenditore, per le

imprese di piccole dimensioni, a quella del manager, per le imprese di

medie-grandi dimensioni. Se l’integrazione non c’è, allora si può

procedere in due modi:

I. Il soggetto economico, a fronte di una complessa analisi

dell’organico aziendale, individua la figura con le capacità

manageriali ottimali per raggiungere l’obiettivo d’integrazione

preventivato.

II. Il soggetto economico, non avendo nel proprio organico la figura

professionale richiesta, si fa carico di un costo organizzativo

aggiuntivo per ottenere il livello d’integrazione necessario.

E’ evidente che nelle imprese di medie-grandi dimensioni la funzione di

integrazione è sempre legata alla figura del manager. Il manager di

successo non si limita a dirigere, controllare e coordinare, ma, grazie alle

sue doti carismatiche, trascina i subordinati verso l’obiettivo e, in caso di

conflitti, li risolve evitando la crisi dell’impresa. Il manager è anche, e

soprattutto, un leader. Essere leader non riguarda delle capacità oggettive

di professionalità, ma attiene alle caratteristiche personali del manager

stesso.

Finalizzazione chiara e condivisa

8

Page 9: Tesi triennale1

Quando parliamo di finalizzazione vogliamo ribadire che l’impresa non

è, e non può essere, senza uno scopo. Al di là di quello che è lo scopo

generale dell’impresa, ossia la produzione di un bene o di un servizio, ci

sono poi delle finalità particolari, quali la generazione di un reddito

oppure la finalizzazione non-profit, che vengono esplicitamente

dichiarate nello statuto. Accanto a queste, occorre considerare anche gli

obiettivi dei singoli componenti dell’organizzazione: quadri, impiegati ed

operai. Se le due finalità coincidono, il problema non sussiste, ma se si

verifica una separazione, si può incorrere in una crisi aziendale. Ecco che

torna nuovamente il concetto di leader che fidelizzi i collaboratori,

creando una visione chiara e condivisa del fine aziendale. Chiara

all’interno e all’esterno e condivisa affinché ogni partecipante ci si possa

identificare.

Equilibrio nelle tre componenti

In economia aziendale la condizione di equilibrio, ovvero omeostasi, si

raggiunge con il perseguimento dell’equilibrio economico e finanziario.

Tuttavia, per la nostra analisi è necessario ricordare un ulteriore stato di

equilibrio che crea le condizioni affinché gli altri due possano verificarsi:

l’equilibrio organizzativo. Analizziamo compiutamente le tre componenti

dell’equilibrio.

Equilibrio economico: si riferisce al risultato economico del

periodo. L’attività produttiva deve essere sviluppata in modo che

il valore economico della produzione risulti sempre superiore al

valore dei fattori utilizzati nel processo produttivo6. Per

raggiungere questo risultato occorre utilizzare il criterio

dell’economicità di gestione, ovvero la tensione permanente

all’efficacia strategica ed all’efficienza operativa. La prima

6 Enrico Cavalieri, Rosella Ferrarsi Franceschi, Economia Aziendale, vol I, attività aziendale e processi produttivi, G.Giappichelli Editori-Torino, 2000

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Page 10: Tesi triennale1

riguarda la necessità di raggiungere gli obiettivi prefissati, mentre

la seconda ribadisce che, nel farlo, occorre minimizzare i costi

ovvero massimizzare il rendimento delle risorse utilizzate.

Equilibrio finanziario: riguarda gli investimenti posti in essere

dall’impresa nel periodo considerato. L’impresa è in equilibrio

finanziario se soddisfa le condizioni di solidità patrimoniale e

solvibilità. Un impresa si definisce solida se ha un corretto

rapporto tra capitale proprio e capitale di credito, ovvero tra

finanziamento interno e finanziamento esterno. La solvibilità

riguarda la capacità dell’impresa di rispondere alle obbligazioni

contratte.

Equilibrio organizzativo: è la madre di tutte le componenti

dell’equilibrio. Rappresenta uno stato a cui l’impresa deve

aspirare se vuole mantenere l’omeostasi all’interno. L’equilibrio

organizzativo è raggiunto quando i partecipanti hanno instaurato

rapporti forti e duraturi tra loro e le parti sono strettamente

connesse. Il raggiungimento dell’equilibrio organizzativo

presuppone il sostenimento di un costo, detto appunto costo

“organizzativo”.

Una volta create le condizioni di sistemicità che rendono l’impresa

competitiva, il soggetto economico deve occuparsi di analizzare la

situazione esterna, ossia il cosiddetto ambiente settoriale.

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Page 11: Tesi triennale1

Economia nazionale e internazionale

Economia nazionale e internazionale

TecnologiaTecnologia

Attori istituzionaliAttori istituzionali

Assetto della societàAssetto della società

Struttura demograficaStruttura demografica

Ambiente naturaleAmbiente naturale

Settore:-Fornitori-Concorrenti-Clienti

Settore:-Fornitori-Concorrenti-Clienti

1.3 L’analisi del settore

Per “ambiente settoriale” di un’impresa intendiamo uno spazio,

delimitato, in cui opera un’azienda ed è composto da tutte le variabili

esterne che influenzano le decisioni e i risultati dell’impresa stessa7 e da

un nucleo centrale che invece influisce dall’interno.

Riportando in uno schema illustrativo:

Schema n.1: Analisi dell’ambiente settoriale

7 Robert M.Grant, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, 2001, Il Mulino, Bologna

11

Page 12: Tesi triennale1

Le variabili esterne sono determinanti perchè definiscono il peso che il

“macroambiente” ha sul settore in cui opera l’impresa. Tali variabili

esterne sono ricollegabili a :

L’economia

La tecnologia

L’istituzione

L’ambiente naturale

La struttura demografica

L’assetto sociale

Per comprendere invece le forze che influiscono sul settore dall’interno

occorre analizzare qual è l’ambiente di riferimento con cui si confronta

l’impresa, il cui scopo principale è quello di creare valore.

In primo luogo, l’impresa ottiene un profitto se crea valore per i suoi

clienti. Un’impresa, quindi, deve comprendere a fondo quali sono le

esigenze del mercato che serve.

In secondo luogo, nel processo di creazione del valore l’impresa acquista

beni e servizi dai suoi fornitori. In questo caso, il target principale è

stabilire una relazione forte con essi, adeguandoli alle esigenze proprie

dell’impresa considerata.

Infine, la capacità di generare profitti dipende dal grado di competitività

della concorrenza fra le imprese che si confrontano nel settore

considerato. L’impresa deve pertanto comprendere il “gioco

competitivo”.

Questo è l’ambiente settoriale dell’impresa.

Sulla base delle informazioni appena esposte, possiamo fare un ulteriore

passo avanti soffermandoci sul concetto di “creazione del valore”.

12

Page 13: Tesi triennale1

L’attività d’impresa, infatti, mira a creare valore per il consumatore

attraverso la produzione, ossia la trasformazione di input in output,

oppure attraverso l’arbitraggio, cioè trasferendo i prodotti nello spazio e

nel tempo.

Questo processo di creazione del valore necessita di una differenza

positiva tra il prezzo che il cliente è disposto a pagare e i costi sostenuti

dall’impresa.

Tuttavia, la creazione di valore non si traduce direttamente in profitto.

L’eccedenza del valore sul costo è distribuita tra i clienti e i produttori

dal gioco delle forze competitive: maggiore è la concorrenza tra i

produttori, maggiore sarà la differenza tra il prezzo che i consumatori

pagano e il prezzo massimo che sarebbero stati disposti a pagare.

Inoltre, se nel settore i fornitori hanno un forte potere contrattuale, allora

una parte significativa del surplus considerato può essere acquisito

proprio da essi.

I profitti realizzati dall’impresa sono dunque determinati da tre fattori:

Il valore del prodotto o servizio per il consumatore

L’intensità della concorrenza

Il potere contrattuale relativo dei diversi attori della catena

produttiva

Tornando ai fattori che determinano la redditività del settore, per

completare la nostra analisi, dobbiamo comprendere a fondo le

implicazioni della struttura del settore sulla redditività.

In altre parole: quali sono le caratteristiche della struttura di settore

influenti per l’intensità della concorrenza e dunque per la redditività di un

settore? Possiamo elencarle di seguito:

Concentrazione

13

Page 14: Tesi triennale1

Barriere all’entrata e all’uscita

Differenziazione di prodotto

Informazione

Prima di entrare nello specifico, ricordiamo brevemente quali sono le

quattro variabili strutturali che influenzano la concorrenza e la redditività

nel settore, partendo da un esempio standard: la concorrenza perfetta.

Quando siamo in presenza di un mercato composto da “numerose piccole

imprese che offrono prodotti identici e le cui dimensioni sono troppo

limitate per influenzare il prezzo di mercato” allora siamo in regime di

concorrenza perfetta. In caso contrario, quando cioè “un’impresa è in

grado di influire in modo significativo sul prezzo di mercato del proprio

output”, si dice che l’impresa in questione opera in regime di

concorrenza imperfetta8. Gli economisti suddividono la concorrenza

imperfetta in tre diversi regimi di mercato: il monopolio, il duopolio e

l’oligopolio. Il primo è la struttura opposta a quella della concorrenza, il

caso estremo in cui un unico venditore ha il totale controllo di

un’industria (il termine deriva dal greco monos che significa “solo” e

polistes che significa “venditore”. Un esempio concreto è il monopolio

della Microsoft). Il termine oligopolio significa “pochi venditori”, un

numero che può variare da 2 a 10-15 imprese. Il concetto importante è

che il comportamento delle singole imprese può influire sul prezzo di

mercato. Infine, si parla di duopolio quando il mercato è in mano a due

imprese.

Vediamo ora, in uno schema illustrativo, come interagiscono tra loro le

caratteristiche della struttura del settore con le forme di mercato appena

esaminate.

8 Paul A. Samuelson, William D. Nordhaus, Economics, XVII edition, 2001, The MC Graw-Hill Companies s.r.l.

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Page 15: Tesi triennale1

Tabella n.1: La struttura del settore

Caratteristiche

Tipologie di settori

Concorrenza

perfettaOligopolio Duopolio Monopolio

Concentrazione Molte imprese Alcune imprese Due imprese Un’impresa

Barriere entrata e

uscita

Nessuna Barriere

significative

Barriere

significativeBarriere forti

Differenziazione

di prodotto

Prodotto

omogeneo

Potenziale per la

differenziazione

di prodotto

Potenziale per la

differenziazione

di prodotto

Potenziale per la

differenziazione

di prodotto

Informazione Perfetta Imperfetta Imperfetta Imperfetta

Per lo studio della tabella sopra esposta che collega la struttura del settore

alla concorrenza ed alla redditività, è necessario analizzare a fondo lo

schema delle cinque forze competitive di Porter.

1.4 Lo schema delle cinque forze competitive di Porter

Uno schema molto diffuso di analisi dei fattori indicati nella tabella

precedente è quello sviluppato da Michael Porter della Harvard Business

School.

Gli studi di Porter partono dall’individuazione della formula competitiva

e, in particolare, della strategia competitiva, punto di partenza per

influenzare la struttura del settore e le sue fonti di competizione. La

strategia competitiva ha dunque l’obiettivo di ottenere vantaggi

15

Page 16: Tesi triennale1

competitivi sui concorrenti, che assicurino una soddisfacente redditività

nel tempo ed il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’impresa9.

A questo proposito, analizziamo quali sono i fattori determinanti per la

redditività a medio termine di un’impresa:

L’attrattività del settore

La capacità competitiva dell’impresa

In breve, la strategia deve definire i mercati in cui operare ed i vantaggi

competitivi da acquisire.

L’attrattività del settore è definita dall’intensità della competizione tra le

forze competitive e determina il profitto potenziale del complesso delle

imprese del settore. La capacità competitiva, invece, determina la quota

di valore di cui un’impresa può appropriarsi. L’impresa competitiva, per

ottenere nel lungo termine risultati superiori alla media, deve acquisire un

vantaggio competitivo sostenibile nei confronti dei suoi concorrenti.

Del vantaggio competitivo parleremo a breve. Torniamo ora allo schema

di Porter.

Porter individua tre fonti di competizione “orizzontale”: la concorrenza

dei potenziali entranti, la concorrenza dei concorrenti e la concorrenza

dei prodotti sostitutivi; e due fonti di competizione “verticale”: il potere

contrattuale di fornitori, da un lato, e di clienti, dall’altro.

Analizziamo uno ad uno le componenti dello schema di Porter.

1. I potenziali entranti

9 La strategia generale d’impresa è un insieme armonico di decisioni che, partendo dall’analisi dell’ambiente e dello stato aziendale, definisce il posizionamento strategico futuro e di conseguenza i campi d’azione, gli obiettivi perseguibili, le attività chiave da svolgere tenuto conto dei fattori critici di successo e del posizionamento strategicoanalizzato (Sergio Cherubini, Giorgio Eminente, Marketing in Italia per competere nel terzo millennio, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2005).

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Page 17: Tesi triennale1

I potenziali entranti sono le imprese che, attirate dai profitti di un

settore, intendono entrare nel mercato. Se ciò avviene, il profitto del

settore scenderà a livello competitivo (ricavi=costi) e, in ogni caso, la

sola minaccia di nuove entrate può essere sufficiente per garantire

che le imprese mantengano i prezzi a livello competitivo. In regime

di concorrenza perfetta, dove non esistono barriere all’entrata, il

livello dei prezzi e dei profitti rimane sempre a livello competitivo.

Al contrario, quando siamo nell’estremo opposto, il monopolio, la

situazione cambia e il cambiamento si evidenzia con la presenza di

barriere all’entrata. Queste rappresentano le caratteristiche di un

settore che implicano un vantaggio delle imprese affermate sulle

nuove entranti. Possiamo raggruppare le fonti delle barriere

all’entrata in sette variabili principali:

- Fabbisogno di capitale I costi per l’avvio di un’attività possono

essere troppo elevati per la maggior parte delle imprese,

precludendone l’entrata nel settore considerato.

- Economie di scala Nei settori in cui l’efficienza richiede

operazioni su larga scala, entrare su piccola scala comporterebbe

costi unitari elevati e il sostenimento di perdite.

- Vantaggi assoluti di costo Un’impresa ha un vantaggio assoluto di

costo se ha l’esclusiva di fonti di materie prime a basso costo.

- Differenziazione del prodotto Le imprese già affermate nel settore

detengono i vantaggi del riconoscimento del marchio e della lealtà

del consumatore. I nuovi entranti in questi settori devono investire in

pubblicità e promozione in modo esponenziale per ottenere gli stessi

livelli di riconoscimento della marca.

- Accesso ai canali distributivi La limitata capacità di assorbimento

dei canali di distribuzione provoca una riluttanza dei distributori nel

trattare un nuovo prodotto.

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Page 18: Tesi triennale1

- Barriere istituzionali e legali Alcuni settori sono regolati da

licenze e permessi e altri implicano il possesso di specifici brevetti.

Questo rende difficile l’entrata di nuovi concorrenti.

- Ritorsione Quando c’è una minaccia credibile di un abbassamento

dei prezzi, o di un incremento della pubblicità da parte delle imprese

già esistenti nel settore, questo scoraggia l’ingresso di nuovi entranti.

2. I prodotti sostitutivi

Due prodotti si dicono “sostitutivi” quando hanno la stessa funzione e

gli stessi clienti, ma tecnologie diverse (ad esempio: treno e aereo).

Essendo l’elasticità della domanda al prezzo una misurazione della

variazione della quantità domandata di un bene al variare del

prezzo10, allora se il prezzo aumenta la domanda di quel prodotto

diminuirà e si sposterà al prodotto sostitutivo. La propensione degli

acquirenti alla sostituzione dipende dalle caratteristiche di prezzo e di

prestazione e determina variazioni di prezzo e dunque nei profitti11.

3. I concorrenti

I concorrenti di un settore sono costituiti da tutte le imprese che

producono il medesimo prodotto. Il grado di competizione e la

presenza di concorrenti sono le determinanti principali del livello di

redditività del settore. Esistono sei fattori che determinano l’intensità

della concorrenza:

10 L’elasticità rispetto al prezzo può essere definita in modo più preciso come la variazione percentuale della quantità domandata divisa per la variazione percentuale del prezzo (Paul A. Samuelson, William D. Nordhaus, Economics, XVII edition, The MC Graw-Hill Companies s.r.l., Milano, 2001).11 L’elasticità rispetto al prezzo tende ad essere più elevata per i beni di lusso, quando i consumatori hanno più tempo per adattare il loro comportamento alla nuova situazione (Paul A. Samuelson, William D. Nordhaus, Economics, XVII editino, The MC Graw-Hill Companies s.r.l., Milano, 2001).

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Page 19: Tesi triennale1

La concentrazione: si riferisce al numero di imprese presenti e la

quota di mercato che esse detengono. Se è alta significa che poche

imprese detengono una quota significativa di mercato (es: duopolio e

oligopolio). Queste imprese sono dunque in grado di coordinarsi sul

prezzo in modo da salvaguardare la redditività del settore. Se è bassa

significa che il settore è composto da un numero elevato di imprese

( es: concorrenza perfetta), le quali si faranno concorrenza sul prezzo.

La conclusione sarà un abbassamento della redditività del settore

considerato.

La diversità strutturale dei concorrenti: esprime la capacità delle

imprese di sottrarsi alla concorrenza, differenziandosi da essa per

origini, obiettivi, costi e strategie.

La differenziazione dell’offerta: come evidenziato in precedenza,

un prodotto percepito come “unico” dalla clientela, porta l’impresa

che lo produce al raggiungimento di un vantaggio competitivo in

termini di brand awareness. Quanto più i prodotti offerti alla clientela

saranno simili tra le imprese, tanto più il cliente è disposto a scegliere

in base unicamente al prezzo; questo spinge le imprese a ribassare

ulteriormente i prezzi nella speranza di incrementare le vendite.

Capacità in eccesso: si verifica quando le imprese vendono meno

di quello che producono. La capacità inutilizzata costringe le imprese

ad abbassare i prezzi per attrarre nuovi ordini e distribuire i costi fissi

su un più grande volume di vendite.

Barriere all’uscita: sono costi associati alla capacità di uscire da un

settore nei casi in cui le risorse sono durevoli e specializzate e in cui

gli impiegati hanno diritto alla tutela del lavoro.

4. Gli acquirenti

19

Page 20: Tesi triennale1

Le imprese operano in due tipi di mercati:

Il mercato degli input, dove acquistano materie prime dai

fornitori

Il mercato degli output, dove vendono i prodotti finiti o i

semilavorati

Operare nel mercato degli output vuol dire operare come “fornitori” per

gli acquirenti.

In entrambi i casi, comunque, la redditività delle parti nella transazione

dipende dal relativo potere economico.

Partendo innanzitutto dalle vendite ai clienti, due fattori sono importanti

nel determinare il potere d’acquisto degli acquirenti: la sensibilità al

prezzo e il potere contrattuale relativo.

La sensibilità al prezzo degli acquirenti rappresenta la variazione

della domanda al prezzo. Dipende da quattro variabili principali:

Maggiore è l’importanza del costo del componente rispetto al

costo totale del prodotto, maggiore sarà l’elasticità della domanda

al prezzo e tanto più gli acquirenti saranno sensibili al prezzo

pagato.

Minore è la differenziazione dei prodotti delle imprese fornitrici,

maggiore sarà la disponibilità dell’acquirente a sostituire fornitore

sulla base del prezzo.

Più elevata è la concorrenza tra acquirenti, maggiore è la loro

pressione per una riduzione dei prezzi da parte dei fornitori.

Infine, la sensibilità degli acquirenti aumenta all’aumentare

dell’importanza del componente sulla qualità del prodotto finale.

Il potere contrattuale relativo è costituito dal potenziale rifiuto

degli acquirenti a concludere una transazione con la controparte.

20

Page 21: Tesi triennale1

Considerando che l’equilibrio tra il potere delle parti dipende

dalla credibilità della minaccia, il punto focale della nostra analisi

è il costo relativo che sostiene ciascuna delle parti come

conseguenza di una transazione non avvenuta. I fattori che

influenzano il potere contrattuale degli acquirenti rispetto a quello

dei venditori sono:

La dimensioni degli acquisti: se il volume di acquisti generato

dallo stesso cliente è una parte notevole del fatturato totale, tanto

maggiore è il potere contrattuale dello stesso, specialmente

quando può avere lo stesso prodotto da altri facilmente.

La concentrazione della clientela: Quanto più basso è il numero di

clienti che l’impresa ha nel proprio portafoglio, tanto maggiore

sarà il loro potere contrattuale.

Possibilità di integrazione verticale: in questo punto si prende in

considerazione la possibilità che ha un cliente di scegliere se

comprare un dato prodotto oppure se produrlo da sé. Facciamo un

esempio concreto: supponiamo che un commerciante di

abbigliamento all’ingrosso decida di cominciare a produrre con

un proprio marchio e con propri stabilimenti, invece di continuare

a comprare i capi da altre imprese manifatturiere. Nel caso questo

accada l’azienda avrebbe perso un cliente e guadagnato un

concorrente. Questo è un caso di integrazione verticale: un

distributore che sceglie di integrarsi “a monte” con il settore della

produzione.

Le informazioni degli acquirenti: se la clientela è ben informata

riguardo i fornitori, i loro prezzi e i loro costi, sarà sicuramente in

grado di negoziare meglio. Mantenere l’ignoranza dei clienti sui

prezzi rispettivi è dunque un’efficace limitazione del loro potere

contrattuale.

21

Page 22: Tesi triennale1

5. I fornitori

L’analisi dei fornitori mira a comprendere la figura degli stessi e la

loro capacità di influire sulla capacità competitiva dell’azienda. La

forza contrattuale del fornitore dipende dai seguenti elementi:

Percentuale di acquisti presso un unico fornitore: se nel

mercato esiste un unico fornitore, egli ha un potere

elevatissimo, dato che senza di lui l’azienda chiuderebbe.

Esistenza di prodotti sostitutivi: il potere contrattuale del

fornitore aumenta se il bene che egli procura ha delle

caratteristiche esclusive. In questo caso, l’azienda non può

sostituire il fornitore considerato, almeno fino a quando non

trova un altro che venda un prodotto con le stesse

caratteristiche.

Costi di cambiamento del fornitore: quanto maggiori sono le

spese in caso di interruzione dei rapporti con il fornitore, tanto

maggiore è il potere contrattuale dello stesso. Anche se non

siamo in presenza di clausole contrattuali onerose, ci possono

essere consistenti diseconomie legate al fatto che il nuovo

fornitore può non accordarci lo stesso sconto, o lo stesso

livello di servizio del precedente.

Possibilità di integrazione verticale: come evidenziato in

precedenza con l’analisi della clientela, un fornitore di filati

può decidere di produrre magliette e capi d’abbigliamento,

oppure può integrarsi con la distribuzione creando “a valle”

un proprio canale distributivo.

22

Page 23: Tesi triennale1

Figura 1: Lo schema delle cinque forze competitive di Porter

1.5 La strategia competitiva

Dice Porter : “Una volta che le forze che influenzano l’ambiente

settoriale sono state esaminate, l’impresa può identificare le proprie forze

e debolezze nel settore considerato”12.

La definizione di una strategia che permetta all’impresa di difendersi

dalle minacce poste in essere dalle cinque forze competitive è dunque 12 Michael E.Porter, Competitive strategy, Techniques for analyzing industries and competitors, Macmillan Publishing Co., Inc., 1980

23

Page 24: Tesi triennale1

necessaria. Diversi sono gli approcci possibili per l’individuazione della

strategia competitiva migliore:

- Posizionamento strategicoL’impresa sceglie di posizionarsi nell’arena

competitiva in modo da massimizzare i propri punti di forza e da

minimizzare le proprie debolezze. In questo caso, la struttura è data e

l’impresa si limita a modellare forze e debolezze su di essa.

-Influenzare l’equilibrio delle forze competitiveL’impresa può

cambiare, a proprio favore, l’equilibrio dell’ambiente circostante,

ideando una strategia di tipo offensivo. Ad esempio, se la funzione di

marketing viene rinnovata e potenziata, l’impresa può raggiungere dei

vantaggi in termini di “brand identification” oppure in riferimento ad una

maggiore differenziazione del prodotto.

-Sfruttare i cambiamentiQuando si verifica un’evoluzione nel settore

industriale di riferimento, l’impresa può cercare di sfruttarlo a suo favore.

A titolo di esempio, ricordiamo le influenze sulla congiunture economica

e competitiva del settore del ciclo di vita del prodotto.

Ovviamente, la strategia di un’impresa dipende innanzitutto dall’impresa

stessa e, per questo, non si può tracciare un elenco di tutte le strategie

che essa può attuare. Tuttavia, Porter individua tre strategie di tipo

generico, analizzandone rischi e vantaggi connessi:

Leadership di costo

Differenziazione

Concentrazione

Leadership di costo: la strategia considerata ha come obiettivo principale

( e unico) la minimizzazione dei costi. I vantaggi sono molteplici. Per

prima cosa, la leadership di costo permette all’impresa di rispondere

efficacemente alle pressioni competitive dei concorrenti.

Secondariamente, praticare costi bassi, rende l’impresa invulnerabile di

fronte alle pressioni al ribasso (del prezzo dei prodotti) degli acquirenti,

da un lato, e quelle al rialzo (del prezzo degli input) dei fornitori

24

Page 25: Tesi triennale1

dall’altro. In più, una politica di bassi costi crea delle barriere all’entrata

consistenti in termini di economie di scala. Infine, una strategia di

leadership di costo, pone l’impresa in una posizione vantaggiosa rispetto

ai concorrenti nei confronti dei prodotti sostitutivi.

La strategia di leadership di costi ha dei vantaggi, ma anche dei rischi.

Un cambiamento tecnologico improvviso può destabilizzare e,

addirittura, annullare le conoscenze acquisite, costringendo l’impresa a

valutare una nuova strategia. La politica di basso costo può essere

compresa ed imitata dai potenziali entranti e non rappresentare più un

vantaggio per l’impresa. Il cambiamento del livello dei prezzi, ad

esempio a causa di fenomeni inflattivi, può minare la capacità

dell’impresa di mantenere i costi bassi. Infine, la concentrazione troppo

elevata sulla politica dei costi minimi può rendere l’impresa incapace di

captare altre variabili cruciali.

Differenziazione del prodotto: Si verifica quando l’impresa sceglie di

competere attraverso la realizzazione di un prodotto unico. La

differenziazione di prodotto può essere creata attraverso molte forme:

una tecnologia particolare, un’assistenza post-vendita efficiente, una

brand image unica e così via. La strategia di differenziazione permette

all’impresa di competere con le forze competitive. In primo luogo,

attraverso la differenziazione, l’impresa si isola dalle pressioni

competitive dei concorrenti, creando delle barriere all’entrata che

facilitano il processo di “brand loyalty” e rendono gli acquirenti meno

sensibili ad aumenti del prezzo. In aggiunta, la strategia di

differenziazione fornisce margini di contribuzione maggiori, attraverso

cui l’impresa può difendersi dal potere contrattuale dei fornitori. Infine,

l’impresa che persegue la differenziazione è in una posizione migliore

rispetto ai concorrenti nei confronti dei prodotti sostitutivi. Veniamo ora

ai rischi connessi ad una strategia di questo tipo. Una politica di

differenziazione può aumentare la separazione, in termini di prezzi

25

Page 26: Tesi triennale1

praticati, esistente tra l’impresa considerata e i concorrenti. Gli

acquirenti, quindi, pur di acquistare il prodotto ad un prezzo inferiore,

saranno disposti a fare a meno dei maggiori servizi connessi al prodotto

dell’impresa considerata. Inoltre può verificarsi un cambiamento nele

preferenze dei clienti che destabilizza la strategia di differenziazione

posta in essere. Infine, come analizzato per la leadership di costo, anche

per la differenziazione può verificarsi l’imitazione da parte dei

concorrenti.

La concentrazione: La strategia considerata consente all’impresa di

concentrarsi su un particolare gruppo di acquirenti, su un segmento della

linea del prodotto ovvero su un mercato geografico specifico. L’obiettivo

è consentire all’impresa di rivolgersi ad un target molto specifico, in

modo da raggiungere una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti.

L’impresa riesce a: 1) soddisfare meglio un gruppo di clienti oppure, 2)

minimizzare i costi nel soddisfare quel target specifico oppure 3)

entrambi13. E i rischi? Di nuovo, i differenziali di costo per l’impresa

considerata e i rivali diventano molto elevati ed essa non ha più vantaggi

nel perseguire la strategia di concentrazione. I concorrenti, inoltre,

possono trovare dei nuovi segmenti da servire all’interno del target

perseguito dall’impresa, influendo negativamente sulla strategia.

1.6 L’effetto delle core competence sulle performance dell’impresa14

L’importanza di comprendere la performance delle imprese, come

risultato dell’uso efficiente di capacità distintive uniche che creano un

vantaggio competitivo sostenibile e duraturo, è uno degli argomenti più

dibattuti del nostro secolo. A partire dalla teoria evoluzionistica15 e dalla

13 Michael E.Porter, Competitive strategy, Techniques for analyzing industries and competitors, Macmillan Publishing Co., Inc., 198014 Fonte web: www.repec.org.(Geert Duysters and John Hagedoorn ,article :“The effect of core competence building on company performance”, Faculty of Economics and Business Administration, University of Limburg, Maastricht, Netherlands, 1996).15 Nelson and Winter, 1982

26

Page 27: Tesi triennale1

teoria delle capacità dinamiche dell’impresa16, che analizzano le

differenze interne tra le imprese in termini di strategia, struttura e

capacità core17, la fonte delle performance di successo di alcune imprese

rispetto ad altre è sempre stato un tema chiave nella letteratura

riguardante gli studi sull’impresa.

In effetti, nella letteratura viene spesso utilizzato, come base per l’analisi

della competitività, il concetto di “core competence”, a cui peraltro, sono

state date molte definizioni. Agli studi di Prahalad e Hamel si affiancano

quelli di Williamson e Markides, i quali collegano il concetto dibattuto

all’esperienza, alla conoscenza e ai sistemi che, insieme, possono creare e

accumulare nuove forme di vantaggio strategico. Queste peculiarità delle

imprese sono difficilmente imitabili e costituiscono dunque un vantaggio

competitivo. Come già accennato in precedenza, lo stesso Nelson unisce

le core capabilities alle routines sviluppate all’interno delle imprese.

Nelle industrie dove l’innovazione tecnologica è un fenomeno cruciale le

core capabilities sembrano dipendere molto dalle capacità e dalle routines

collegate alla funzione di ricerca e sviluppo. Prima di proseguire

nell’analisi, ricordiamo il concetto di routines, emerse per la prima volta

negli studi di Simon, e la teoria evoluzionistica di Nelson e Winter. Nel

“comportamento amministrativo” Simon critica il modello neoclassico,

ove emergono due soggetti economici, consumatori e imprese, entrambi

soggetti ad un algoritmo con scopi e caratteristiche esogenamente

determinate. Pertanto, i due soggetti, agendo sulla base di informazione

perfetta, portano a termine una serie di operazioni atte a rendere massimo

il valore di una funzione obiettivo18 . La critica di Simon parte

16 Nelson, 199117 Le “core competence” sono definite da C.K.Prahalad e G. Hamel come quelle competenze che forniscono un potenziale accesso a una grande varietà di mercati, sono difficili da imitare e fanno la differenza in termini di benefici percepiti dal consumatore nel prodotto finale.18 Pasquale Lucio Scandizzo, Il mercato e l’impresa: le teorie e i fatti, 2002, G.Giappichelli Editore, Torino

27

Page 28: Tesi triennale1

dall’assunzione che la mente umana è razionalmente limitata, poiché nel

processo decisionale entrano in gioco fattori esterni, come i sentimenti e

le emozioni, che rendono il decision maker aziendale razionale solo nelle

intenzioni19. Gli agenti economici sono dunque lontani dal prendere

decisioni ottimali che massimizzano il loro profitto, potendo al massimo

raggiungere risultati, più che ottimali, soddisfacenti. Il processo

decisionale degli individui è ora guidato da routines che si distinguono

per la loro semplicità e per le loro ricorrenza. Simon definisce le routines

organizzative come quel comportamento che viene messo in atto “quando

i metodi di trattazione di questioni ricorrenti divengono oggetto di prassi

organizzative […] e cessano di essere riconsiderati col sopraggiungere di

tali questioni”. In altre parole, gli individui si servono di regole

decisionali ricorrenti per classi di problemi, evitando di cercare una

soluzione differente per ogni problema individuale che si presenta.

Un’analisi più specifica sulla tipologia e sulle fonti delle routines viene

fornita da Nelson e Winter, i quali partono dal presupposto che,

nonostante l’informazione imperfetta e la razionalità limitata, gli agenti

economici hanno come obiettivo principale la massimizzazione del

profitto. Le routines vengono generate in un processo evoluzionistico e

regolano il comportamento dell’impresa nel breve e nel lungo periodo.

Le procedure operative standard si occupano delle decisioni di breve

periodo, mentre il secondo insieme di routines definisce le scelte

d’investimento dell’impresa nel lungo periodo. Nelson e Winter

individuano un ulteriore gruppo di routines, le c.d. “regole guida”, che

riguardano il processo di esplorazione, ossia la possibilità di migliorare le

procedure operative.

Proseguiamo ora la nostra analisi, partendo dalla relazione tra le

dimensioni delle core competence e delle performance economiche

19 Roberto Cafferata, Lezioni di economia e gestione delle imprese, razionalismo economico ed imperfezione dei sistemi, I Edizione, Texmat, Roma, 2005)

28

Page 29: Tesi triennale1

dell’impresa in termini di specializzazione tecnologica, capacità

innovative, diversificazione e specializzazione. La relazione esistente tra

le variabili appena citate viene considerata come data. In più, possiamo

aggiungere altre due variabili, in questo caso esterne, che influiscono

sullo sviluppo delle competenze core: le alleanze tecnologiche

strategiche e le fusioni (M&As).

Specializzazione tecnologica

L’importanza delle competenze core è spesso legata alla tecnologia, alle

capacità tecniche e allo sviluppo della conoscenza all’interno

dell’impresa (Hamel and Prahalad, 1994; Markides and Williamson,

1994; Nelson, 1991). Altri studiosi come Teece, Robins e Wiersema si

occupano del concetto di coerenza: le capacità dell’impresa devono

essere coerenti con l’organizzazione stessa e con l’ambiente esterno per

poter rafforzare il vantaggio competitivo. Le compagnie multi-business,

che condividono capacità e know-how, sembrano avere performance

economiche più elevate (Robins and Wiersema, 1995). Nel processo

evolutivo dell’impresa la tecnologia svolge dunque un ruolo

fondamentale poiché influenza il posizionamento competitivo e le

relazioni interorganizzative. Un elemento comune alle teorie sopra citate

riguarda le capacità tecnologiche sviluppate.

Una delle variabili chiave per capire il grado di specializzazione delle

imprese è da ricercarsi nelle statistiche sui brevetti. I brevetti, infatti,

indicano se un’impresa è riuscita efficacemente a trasformare la ricerca e

le altre attività legate all’innovazione in nuove invenzioni che vale la

pena proteggere. In relazione alla specializzazione tecnologica, la

concentrazione di brevetti in particolari aree dell’attività produttiva

indicano delle scelte precise riguardanti gli investimenti nella funzione di

ricerca e sviluppo. Tuttavia, la tecnologia è soprattutto una variabile di

29

Page 30: Tesi triennale1

confine, esogena ed endogena allo stesso tempo, e, molto importante, la

“dinamica tra competenze interne e conoscenza acquisibili dall’ambiente

esterno condiziona la capacità competitiva delle imprese20”.

In conclusione, emerge una correlazione positiva tra le performance

economiche di successo e la specializzazione tecnologica dell’impresa

che le raggiunge.

La capacità innovativa

Gli studi sulla rilevanza dell’innovazione sulle performance d’impresa

affermano che le opportunità tecnologiche agiscono spesso come fattori

intermedi nell’analisi delle differenze settoriali21. Se prendiamo in

considerazione un settore in particolare, quello della c.d. high-tech

industry22, possiamo evidenziare una relazione positiva tra innovazione,

misurata in termini di intensità di R&S, e performance economiche

positive. La capacità innovativa, a fronte di consistenti investimenti nella

ricerca e sviluppo, è una core competence cruciale.

Diversificazione e specializzazione

Il grado di diversificazione o, al contrario, quello di specializzazione, è

considerato rilevante nell’analisi del ruolo giocato dalle core competence

nella creazione dei differenziali di performance. La ricerca finalizzata

alla diversificazione ha avuto risultati molto contrastanti. Da un lato, un

numero crescente di studi dimostrano che il grado di diversificazione è

positivamente correlato alle performance d’impresa, dall’altro molte

analisi hanno evidenziato una correlazione negativa. In particolare,

20 Marco Frey, Economia e Gestione dell’innovazione aziendale, flessibilità, interazione e integrazione nei processi innovativi, CEDAM, 200521 Dosi, 1984; Cohen, 198722 Per high-tech industry intendiamo l’industria ad alta tecnologia.

30

Page 31: Tesi triennale1

ricerche recenti hanno stabilito che più l’impresa è specializzata,

maggiori saranno le sue performance positive.

In conclusione, sembra esistere una relazione inversa tra il grado di

diversificazione delle imprese e le loro performance, o, ponendola

diversamente, una relazione positiva tra il grado di specializzazione e i

risultati economici.

Le fusioni

Come evidenziato in precedenza, le fusioni sono uno strumento utilizzato

dalle imprese per acquisire dall’esterno le capacità competitive

necessarie per operare nel mercato. Facendo una panoramica degli effetti

economici delle fusioni23, è emerso un dato contrastante: gli effetti ex-

post sui profitti delle M&As sono in realtà negativi. Lo stesso Porter

arriva al medesimo risultato, a seguito di uno studio effettuato su un

campione di imprese alla fine degli anni 80: le fusioni, benché positive

all’inizio, dopo pochi anni si rivelano controproducenti. La motivazione è

da ricercarsi nelle conseguenze della fusione. Innanzitutto, l’aumento del

debito destabilizza le imprese che ne fanno parte e, secondariamente, la

moltiplicazione delle figure di controllo ha un effetto negativo.

Tuttavia, se le imprese che si fondono sono già legate tra loro da

caratteristiche comuni, la fusione può rappresentare un supporto alle

attività innovative.

Le alleanze tecnologiche strategiche

Le alleanze tecnologiche strategiche possono essere utilizzate dalle

imprese per assorbire nuova tecnologia dai proprio patners oppure per

23 Meeks, 1977, ha analizzato le performance dei gruppi di imprese che si sono fusi tra gli anni 50 e 60.

31

Page 32: Tesi triennale1

sviluppare insieme nuove capacità innovative. L’evidenza di un effetto

positivo creato da questo fenomeno non è sempre riscontrabile nella

realtà. Tuttavia, è emerso che nelle industrie ad alta tecnologia, alla

creazione di un’alleanze strategica sono associate performance

economiche superiori. La caratteristica principale del fenomeno è legata

al carattere complementare delle imprese costituenti l’alleanza. In effetti,

un’alleanza tra organizzazioni complementari alle proprie capacità

endogene ha risultati migliori rispetto ad una dove le imprese considerate

hanno capacità parallele e simili.

Per concludere la nostra analisi occorre considerare come il cambiamento

di una delle variabili precedentemente analizzate influisce sull’impresa.

Se consideriamo l’impresa come un sistema di risorse interdipendenti tra

loro24, allora il cambiamento di un processo in un’area funzionale

individuale avrà un impatto considerevole su tutte le altre risorse legate

agli altri processi. L’approccio per funzioni individuali, e non nel

complesso, può avere effetti negativi sulla competitività aziendale.

A titolo di esempio, supponiamo che un’impresa voglia implementare un

FMS25 per sviluppare le risorse dell’area operativa. Se la tecnologia rende

le operazioni più efficienti, allora questa deve essere rafforzata per

controbilanciare l’implementazione del FMS. E’ evidente come ogni area

e funzione è collegata alle altre da uno stretto legame. Questo

collegamento deve essere chiaro al management, che, prima di prendere

qualsiasi decisione, deve poter avere un quadro complessivo

dell’impresa.

24 In proposito si veda il paragrafo 1.1.25 FMS, o flexible manufacturing system, è un sistema di più stazioni di lavoro in grado di produrre automaticamente qualunque pezzo compreso in una gamma o famiglia di prodotti definita

32

Page 33: Tesi triennale1

1.6.1. Le risorse intangibili: una fonte del vantaggio competitivo?

Molti studi discutono l’importanza delle risorse intangibili nella

creazione e nel sostenimento del vantaggio competitivo. Le risorse

intangibili includono il capitale umano26, la cultura aziendale e l’abilità di

innovare nuovi prodotti. Questi fattori interni all’azienda sono molto più

difficili da imitare rispetto alla struttura organizzativa e alle strategie e,

per questo, possono rappresentare un enorme vantaggio per l’impresa.

La chiave di una competitività sostenibile nel lungo periodo è dunque la

creazione di particolari risorse difficilmente imitabili dai rivali.

Attraverso l’utilizzo di un modello funzionale27, analizziamo le due

variabili principali:

1. Le performance: Sono una funzione delle capacità dell’impresa e

dell’ambiente circostante. Le performance sono definite come il

ROA28, ossia il valore dell’attivo aziendale.

2. Le capacità aziendali: Sono una funzione della tecnologia e

dell’abilità dei manager. Quest’ultima è definita come la capacità

di massimizzare il valore della tecnologia incorporandola alle

capacità suddette.

Ogni impresa dovrebbe investire parte del profitto nello sviluppo delle

risorse intangibili, in particolare nel capitale umano. In effetti, la

relazione tra il livello della tecnologia utilizzata, rispetto ai concorrenti, e

le performance dell’impresa è massimizzata dalle capacità del manager.

26 Barney, 1986; Pfeffer, 199427 Fonte web: www.repec.org. Michael E.Wasserman, Mark Pagell, Christian Bechtel, Resources and capabilities for substainable competitive advantage: A Cross Functional Perspective,Mid-American Journal Business, Vol.14, No.128 Return on assets. L”asset value” è il valore dell’attivo.

33

Page 34: Tesi triennale1

2. IL PRODOTTO COME FATTORE COMPETITIVO

2.1 Una premessa

Nel capitolo precedente abbiamo fatto una panoramica teorica sul

concetto di competitività. Dall’approccio sistemico all’analisi settoriale e

delle forze competitive, fino alla strategia e alle core competence,

abbiamo evidenziato quali sono le caratteristiche che rendono un’impresa

competitiva, ossia capace di rispondere velocemente agli stimoli del

mercato, di combattere efficacemente le forze avverse che la minacciano

e di mantenere una quota consistente del mercato per lungo tempo. Il

passo successivo della nostra impresa è ora legato all’obiettivo principale

per cui la stessa è stata creata: la realizzazione di un prodotto o

34

Page 35: Tesi triennale1

l’erogazione di un servizio (o entrambi) che le rendano un vantaggio

competitivo rispetto alle altre imprese produttrici. Siamo dunque tornati

alla già citata creazione del valore, attraverso cui l’impresa, tramite il

processo di trasformazione di input in output, realizza un prodotto finito

e lo distribuisce creando, appunto, valore. Un modello molto diffuso di

rappresentazione delle modalità di funzionamento dell’impresa è il

modello della catena del valore29. “Nel linguaggio di Porter il concetto di

catena del valore identifica l’insieme di attività necessarie per progettare,

produrre, vendere e consegnare un prodotto, nonché per porre in essere

adeguate forme di assistenza alla clientela successive alla vendita”30.

Ogni impresa ha dunque una catena interna del valore che la differenzia

dalle altre imprese. La catena interna è indipendente, ma anche collegata

alle altre catene e attività svolte da fornitori, distributori e clienti. In altre

parole, la catena interna del valore della nostra impresa è inserita in un

più ampio sistema del valore. Ma quali sono le attività che compongono

la catena del valore?

-Le attività primarie

-Le attività secondarie

Per attività primarie intendiamo tutte quelle attività cruciali per la

creazione del valore, ossia la logistica in entrata, la produzione, la

logistica in uscita, il marketing, la vendita e i servizi post-vendita di

assistenza al cliente.

Per attività secondarie, invece, intendiamo le attività di supporto alle

primarie, ovvero la ricerca e sviluppo, l’approvvigionamento, la gestione

delle risorse umane e l’organizzazione aziendale.

29 Porter, 198530 Fonte: Pennarelli, T., Piccola impresa, alleanze strategiche ed integrazione europea, ASPI/INS-EDIT, Genova, cap.4, pag. 174, 1996.

35

Page 36: Tesi triennale1

2.1.1. Cos’è il marketing?

Il marketing si definisce “un complesso di attività pianificate,

organizzate, controllate, che partono dallo studio del cliente/consumatore

e, più in generale, dalla domanda e dalla concorrenza e, attuandosi in

forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di

medio-lungo termine, attraverso la soddisfazione del cliente/consumatore

e la sua fedeltà”31. In primo luogo, la funzione del marketing si occupa

dell’analisi generale dell’ambiente circostante e, nello specifico, del

cliente. Secondariamente, a fronte dei risultati emersi dall’analisi, il

marketing si concentra sul conseguimento degli obiettivi pianificati,

passando per la soddisfazione del cliente e la fidelizzazione dello stesso.

La funzione di marketing si divide in tre momenti distinti:

-Marketing analitico che riguarda la dimensione di analisi dei mercati.

-Marketing strategico che attiene alla creazione e pianificazione della

strategia.

-Marketing operativo che si occupa di realizzare la strategia di marketing

studiata e di raggiungere gli obiettivi nell’immediato attraverso i fattori

di marketing mix.

Dei primi due momenti rinviamo a testi specializzati in materia. Questo

studio si occuperà solo del marketing operativo.

2.1.2 Il marketing mix e le quattro P di Kotler

Per marketing mix intendiamo la “combinazione delle variabili

controllabili di marketing che l’impresa impiega al fine di conseguire il

volume previsto delle vendite nell’ambito del mercato obiettivo” (Kotler,

1991)32. In altre parole, il marketing operativo realizza nel breve termine

la strategia pianificata, agendo sui fattori di marketing attraverso le leve

31 Sergio Cherubini, Giorgio Eminente, Marketing in Italia per competere nel terzo millennio, Franco Angeli s.r.l., Milano, 200532 Fonte: Roberto Cafferata, Economia e Gestione delle Imprese, schemi di sintesi delle lezioni, VI Edizione, Texmat, 2006

36

Page 37: Tesi triennale1

del marketing mix. Kotler individua quattro macrovariabili, ovvero le c.d.

“quattro P”:

1) Prodotto (Product)

2) Prezzo (Price)

3) Distribuzione (Place)

4) Comunicazione (Promotion)

A queste possiamo aggiungere anche le decisioni riguardanti l’immagine

aziendale.

2.2 Il prodotto

2.2.1 Cos’è il prodotto? Elementi tangibili e intangibili

Il prodotto viene definito come “un complesso di materiali e componenti,

da un punto di vista tecnico, mentre da un punto di vista di marketing

deve essere inteso più ampiamente come un qualcosa capace di

soddisfare i bisogni di individui o enti”33. Il prodotto, dal punto di vista

tecnico, è dunque composto da elementi tangibili e intangibili. Vediamoli

da vicino34:

Gli Elementi tangibili sono il rendimento, le caratteristiche, le opzioni,

lo stile, la durata e la resistenza.

Gli Elementi intangibili sono la qualità del servizio, qualità della

comunicazione umana, competenza del personale, qualità del servizio

post-vendita, qualità dell’assistenza e garanzie, cordialità, capacità di

recovery, capacità di ascolto del cliente.

Ovviamente, quando si parla di prodotto, si prendono in considerazione

tutte le caratteristiche del prodotto stesso, ovvero la gamma. All’interno

di una gamma ci sono poi un certo numero di linee che rappresentano

l’insieme dei prodotti simili e strettamente legati tra loro da specifiche

33 Sergio Cherubini, Giorgio Eminente, Marketing in Italia per competere nel terzo millennio, Franco Angeli s.r.l., Milano, 200534 Fonte web: www.marketing.it

37

Page 38: Tesi triennale1

caratteristiche. Infine, quando parliamo di modelli intendiamo le singole

versioni di un prodotto.

2.2.2 Il ciclo di vita del prodotto

Ciascun prodotto, dalla nascita al declino, ha un suo ciclo di vita che

passa attraverso quattro fasi:

1) Introduzione

Nella fase di introduzione il prodotto si affaccia sul mercato, cercando di

affermarsi. Nel contempo, l’impresa sopporta elevati costi di

distribuzione e di pubblicità, vende il prodotto a prezzi relativamente

elevati ed ha profitti molto bassi.

2) Sviluppo

Una volta che il nuovo prodotto è stato lanciato sul mercato, le decisioni

sui prezzi diventano cruciali. L’impresa, nella fase dello sviluppo,

generalmente decide di perseguire una politica di prezzi calante, in modo

da attrarre un numero sempre crescente di acquirenti. Il volume delle

vendite cresce e gli investimenti nella pubblicità cominciano ad avere gli

effetti positivi.

3) Maturità

Nella fase di maturità il prezzo si stabilizza, così il volume delle vendite

che diventa sempre più contenuto. I profitti sono comunque alti.

4) Declino

Mano a mano che il volume delle vendite diminuisce, il prodotto entra

nella fase del declino. I consumatori, avendo perso interesse per il

prodotto considerato, perché obsoleto oppure perché sostituito da altri,

non lo acquistano più. I profitti diminuiscono e il prezzo diventa

differenziato.

38

Page 39: Tesi triennale1

Prendiamo ora in considerazione due caratteristiche fondamentali del

prodotto e strumentali alla nostra analisi: 35la gamma, citata nel paragrafo

precedente e la qualità, di cui parleremo a breve. La gamma e la qualità

si evolvono nel corso del ciclo di vita del prodotto, così come abbiamo

notato per il prezzo e per il volume delle vendite. In particolare, nella

fase di introduzione la gamma di prodotto è limitata per poi aumentare

nella fase successiva. Nel periodo di maturità la gamma diventa sempre

più profonda e variegata fino a raggiungere un elevato grado di

personalizzazione nella fase di declino.

Per quanto riguarda la qualità il discorso cambia. Nella fase introduttiva

la qualità è molto elevata, mentre varia nel periodo di sviluppo,

diventando funzionale. Successivamente, quando il prodotto è maturo, la

qualità risulta essere differenziata, per distinguersi dai prodotti simili.

Infine, nella fase di declino, la qualità si stabilizza a causa della

diminuzione degli investimenti in sviluppo del prodotto ormai in declino.

2.2.3 La programmazione di nuovi prodotti

Un’analisi a parte merita la funzione di programmazione di un nuovo

prodotto. L’impresa che vuole assicurarsi una posizione di privilegio

rispetto ai concorrenti nel mercato, deve investire continuamente nella

funzione di ricerca e sviluppo. L’innovazione è dunque alla base del

successo aziendale.

Il processo di programmazione di un nuovo prodotto, lungi dall’essere un

percorso facile, segue diverse fasi cruciali:

-Ricerca delle idee di nuovi prodotti

-Selezione delle idee interessanti e la decisione di approfondirne gli studi

-Analisi di convenienza economica

-Decisione di realizzare l’idea del nuovo prodotto

-Messa a punto del prodotto e collaudo di mercato

35Sergio Cherubini, Giorgio Eminente, Marketing in Italia per competere nel terzo millennio, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2005

39

Page 40: Tesi triennale1

-programmazione della gestione del prodotto

-Lancio sul mercato

Le risorse utilizzate per mettere in campo un nuovo prodotto sono

numerose e tutte le funzioni aziendali devono essere coordinate tra loro

per raggiungere l’obiettivo sperato: il lancio di un nuovo prodotto che

abbia successo. L’impresa, nel prendere le decisioni cruciali sulle

modalità di programmazione segue tre politiche principali:

a) La politica della marca E’ la politica per differenziare le

produzioni aziendali. La marca si fonda sull’immagine aziendale,

ovvero la differenziazione psicologica del prodotto. L’impresa

può scegliere una marca unica per l’intera famiglia di prodotti

(family brand), o marche distinte per ciascun prodotto (product

brand). Scegliere una marca adeguata influisce sulla percezione

del prodotto che si vuole commercializzare. La problematica

principale della scelta del marchio è dunque collegata alla

notorietà che si vuole raggiungere in riferimento al marchio

stesso.

b) La politica del prezzo E’ l’elemento su cui si fonda la scelta del

consumatore finale, soprattutto per i prodotti difficilmente

differenziabili sotto il profilo qualitativo. La leadership di costo,

infatti, si esprime nella possibilità di praticare prezzi più bassi

della concorrenza e di trarne vantaggio36. Il prezzo di un prodotto

dipende per larga parte dal valore attribuito al bene dal

consumatore finale e da altri elementi, quali la qualità del servizio

accompagnato al prodotto, la concorrenza reale, potenziale e

indiretta. Per un’impresa che lancia un nuovo prodotto sul

mercato, le strategie applicabili sono numerose. L’impresa

potrebbe scegliere di vendere il bene a prezzo molto basso per

36 Si veda in proposito il paragrafo 1.5

40

Page 41: Tesi triennale1

stimolare i consumatori all’acquisto, oppure può sfruttare i diversi

segmenti del mercato a proprio vantaggio.

c) La politica della promozione Riguarda lo studio di obiettivi,

mezzi e modalità di comunicazione con l’esterno. Attraverso

l’attività promozionale, l’impresa rende noto il prodotto al

pubblico. Tuttavia, l’obiettivo di marketing non attiene solo

all’aumento del volume delle vendite, ma riguarda anche

l’immagine aziendale: la promozione sviluppa e migliora

l’immagine aziendale.

2.3 La qualità del prodotto

2.3.1 Potere di mercato e qualità del prodotto37

Nel lavoro di Cinzia Colapinto viene effettuata un’attenta analisi sulla

qualità del prodotto in termini di potere di mercato. In primo luogo

definiamo la qualità del prodotto come l’insieme degli attributi di un

determinato bene, per il quale ogni consumatore sostiene che il bene in

questione sia di maggiore qualità rispetto gli altri. Ma ha il consumatore

le informazioni necessarie per affermare che un prodotto ha una qualità

superiore rispetto agli altri? Nel mondo reale, purtroppo, regna

l’informazione imperfetta e, per questo motivo, gli acquirenti spesso

hanno una visione distorta delle caratteristiche di un prodotto, ovvero la

visione che gli viene fornita dal produttore. Solo una percentuale minima

di clientela sarà perfettamente informata della qualità di un bene al

momento dell’acquisto, A questo proposito, gli economisti sono

d’accordo nel distinguere tra tre tipi di beni:

- I beni ricercati, per i quali la qualità può essere conosciuta

perfettamente prima dell’acquisto (si pensi ai PC).

37 Fonte web: www.repec.org. (Cinzia Colapinto, Market power and product quality: review of the literature, Working paper n.2006-35, Università degli studi di Milano, 2006)

41

Page 42: Tesi triennale1

- I beni sperimentati, per i quali la qualità si determina con l’uso ( ad

esempio, il sapore di una merendina)

- I beni c.d. “credence goods” ossia i prodotti per i quali la qualità non

può essere conosciuta mai totalmente (si pensi al mercato delle macchine

usate).

Il concetto di informazione imperfetta richiama alla famosa teoria

dell’agenzia38. Tra i due soggetti economici che compiono la transazione,

venditore e acquirente, esiste un rapporto asimmetrico e possono nascere

due tipi di conflitti: selezione avversa e moral hazard. Prendiamo

l’esempio delle auto usate e vediamo cosa s’intende per selezione

avversa.

Supponiamo che il proprietario di un auto usata, principale delegante,

decida di affidare la vendita del suo bene ad un venditore, agente

delegato. Tra i due esiste un certo grado di asimmetria informativa:

infatti, mentre il principale stima il valore della sua auto secondo i pregi e

i difetti, l’agente decide il prezzo facendo una media dei prezzi pagati per

le altre auto acquistate. Se il prezzo proposto dal venditore è inferiore al

prezzo supposto dal fornitore, la trattativa avrà esito negativo. Ecco che

si verifica il fenomeno della selezione avversa che, a lungo andare,

allontanerà i fornitori di auto usate dai venditori, mettendo in crisi

l’esistenza del mercato stesso.

Per quanto riguarda il “moral hazard”, l’esempio classico è riferito alle

compagnie assicurative. In questo caso, il principale è il soggetto

assicurato e l’agente è l’assicuratore. Il moral hazard si verifica nel

momento successivo alla stipulazione della polizza assicurativa: il

principale, una volta assicurato, può comportarsi senza cautela,

aumentando il rischio di incidenti.

38 Pasquale Lucio Scandizzo, Il mercato e l’impresa: le teorie e i fatti, 2002, G.Giappichelli Editore, Torino

42

Page 43: Tesi triennale1

Riprendiamo l’analisi della Colapinto e analizziamo a fondo le categorie

di prodotto considerate in precedenza.

Qualità dei prodotto ricercato: i primi studi a riguardo sono stati

effettuati attraverso un modello di monopolio39, ove un singolo

produttore produce un singolo bene. Per un livello di output dato, la

qualità fornita dal monopolista è superiore o inferiore a seconda che il

valore marginale della qualità richiesta sia maggiore o minore alla media

dei valori studiati. Al contrario, se l’output è vicino al livello ottimale per

la società, allora il produttore fornirà un livello di qualità inferiore.

Consideriamo ora un mercato con un unico produttore di più prodotti. In

questo caso la qualità sarà differente per ogni bene prodotto dal

monopolista. A titolo di esempio, consideriamo il mercato delle auto. I

produttori di auto propongono diversi modelli, con qualità differenti a

prezzi differenti, a seconda del target di riferimento. La General Motors,

ad esempio, propone la Cadillac, un prodotto di alta qualità e di elevate

prestazioni, ad un target differente da quello a cui vende la Chevrolet.

Tornando al nostro monopolista, nella produzione di più beni egli sceglie

volutamente di peggiorarne alcuni, mantenendo invariata la qualità di

altri. La motivazione risiede nelle scelte dei consumatori. Se un prodotto

di scarsa qualità viene venduto a meno e un altro di elevata qualità ha un

prezzo maggiore, il consumatore che, a parità di prezzi avrebbe

acquistato il prodotto di maggiore qualità, ora sceglie l’opposto. Ecco

perché il monopolista peggiora il livello di qualità del prodotto scarso; in

questo modo, il cliente continuerà ad acquistare il prodotto di elevata

qualità, nonostante il prezzo sia maggiore. I primi studi su questo

argomento sono stati effettuati da Mussa e Rosen (1978), i quali hanno

evidenziato come il produttore costringa la clientela ad auto-selezionarsi

per i beni con qualità diverse. La conclusione sarà un maggiore surplus

per il monopolista che, da un lato mantiene le vendite dei prodotti scarsi

39 Spence, 1975

43

Page 44: Tesi triennale1

e dall’altro continua a vendere i beni di alta qualità al prezzo maggiore.

Tuttavia il risultato ha effetti negativi sull’efficienza: infatti, i

differenziali di qualità sono maggiori rispetto a quelli necessari per

l’efficienza del sistema e così anche i margini di prezzo.

Qualità del prodotto sperimentato: torniamo al concetto di selezione

avversa. L’idea di partenza è che in un mercato competitivo, i prodotti si

differenziano gli uni dagli altri sulla base della qualità esogena. Se la

qualità di un bene non può essere distinta dal cliente, a causa

dell’asimmetria informativa, allora il prezzo è unico. Inoltre, se il costo

di produzione aumenta all’aumentare della qualità, allora a quel prezzo

può non essere offerto il prodotto di qualità. Questo porta l’acquirente a

preferire il bene con prezzo inferiore rispetto al prodotto che ha un

prezzo maggiore, in quanto si aspetta comunque di ricevere un prodotto

di qualità media. Il risultato è un calo dei prezzi e un deterioramento

della qualità che porta all’inefficienza del mercato. In effetti, Akerlof

evidenzia come in caso di selezione avversa l’esistenza stessa del

mercato è a rischio. Se la qualità non può essere conosciuta prima

dell’utilizzo, i prodotti di alta qualità non avranno un premio in termini di

prezzo maggiore e solo i beni di bassa qualità saranno offerti dai

produttori.

2.3.2 Il concetto di qualità del prodotto

Il tema della qualità è sempre stato un argomento centrale nella

produzione industriale. Già dal fordismo, l’attenzione alla realizzazione

di un bene di qualità attraverso la famosa produzione di massa, era molto

diffusa per vari motivi. In primo luogo, il prodotto di qualità deve essere

soprattutto un bene idoneo all’uso finale40 , un bene che soddisfi a pieno

le aspettative della clientela. In secondo luogo, la qualità è una

caratteristica del prodotto stesso, una specifica che deve permeare tutte le

40 Cerreti, 1988. Fonte: Marco Frey, Economia e Gestione dell’innovazione aziendale, flessibilità, interazione e integrazione nei processi innovativi, CEDAM, 2005

44

Page 45: Tesi triennale1

fasi del processo produttivo, dalla fornitura delle materie prime, alla

progettazione, fino alla realizzazione del prodotto finale. Ovviamente, la

qualità non nasce dal nulla: occorre svilupparla, mantenerla e controllarla

costantemente a tutti i livelli della filiera produttiva. Ecco dunque che

emerge, intorno al 1920, il concetto di controllo della qualità che si

estrinseca nella presenza di addetti dedicati, gli ispettori della qualità

appunto, che svolgevano la funzione sopra citata. Il controllo si sviluppa

maggiormente negli anni successivi, anni ’30-’40, ove affiora la figura

del tecnico del controllo di qualità che, negli anni ’50, evolve fino a

diventare un vero e proprio specialista41 che, utilizzando strumenti

statistici avanzati, effettua i controlli in stretta collaborazione con la

direzione aziendale. Negli anni ’60 si arriva finalmente al

coinvolgimento del personale operativo nell’attività di controllo

attraverso i c.d. circoli della qualità, nati dall’esperienza giapponese di

Toyota. Il successo della via giapponese è da ricollegarsi alla concezione

della qualità come tema centrale dell’intero sistema economico del paese,

ove ogni azienda, ogni processo produttivo e ogni bene o servizio

realizzato devono essere pervasi dal sistema della qualità.

Dall’esperienza giapponese si passa alla qualità totale, Total Quality

Management, ossia che coinvolge tutti i processi aziendali. Nello stesso

periodo,vengono sviluppate le certificazioni di qualità che riportano i

processi aziendali ad uno standard preciso. La certificazione raggiunge il

suo sviluppo massimo con la nascita di organismi appositi (ISO42) che

forniscono principi e modelli sui quali sviluppare un sistema della

qualità.

Il tema della qualità è fondamentale oggi come in passato per il ruolo

centrale che riveste il cliente nella determinazione degli obiettivi

aziendali. Realizzare un prodotto di qualità è anche, e soprattutto, 41 Emerge il cosiddetto management della qualità e la famosa ruota di Deming, consulente amricano che introduce il controllo statistico della qualità42 ISO è la sigla di “International Organization of standardisation”

45

Page 46: Tesi triennale1

realizzare qualcosa che sappia soddisfare a pieno i desideri del

consumatore e che rappresenti per l’azienda un vantaggio rispetto ai

concorrenti. In effetti, un cliente soddisfatto può tramutarsi in un cliente

fidelizzato.

2.4 La customer satisfaction

In principio la soddisfazione del cliente, o customer satisfaction, era

strettamente legata alla funzione di marketing, quasi fosse solamente un

obiettivo e una problematica del marketing stesso. In seguito, il pensiero

aziendale si è evoluto verso una considerazione più vasta della customer

satisfation, da semplice attività del marketing ad attività che pervade ogni

funzione e risorsa dell’impresa. Lo scopo principale, oltre al

raggiungimento degli obiettivi in termine di utile del periodo e

sopravvivenza dell’impresa nel tempo, è soddisfare il consumatore.

La customer satisfation è “la percezione del consumatore di aver speso

bene il proprio denaro, avendo ottenuto il massimo possibile rispetto alle

risorse disponibili e, più in generale, rispetto alla realtà ambientale in cui

vive”43. Considerato che la soddisfazione è intesa come una percezione,

allora questa può e deve essere misurata. Le misurazioni avvengono

attraverso dei sondaggi, in modo da comprendere a fondo quali siano le

cause di un’eventuale insoddisfazione oppure quali siano i miglioramenti

auspicati dai consumatori per un determinato bene. Ma quando vengono

espresse le valutazioni di un prodotto o servizio dal consumatore? In due

momenti:

1. Nel momento della scelta, ove il futuro consumatore valuta i

possibili benefici comparandoli con il prezzo.

2. Nel momento dell’utilizzo, che può confermare o cambiare le

previsioni fatte dal consumatore riguardo al bene acquistato.

43 Sergio Cherubini, Giorgio Eminente, Marketing in Italia per competere nel terzo millennio, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2005

46

Page 47: Tesi triennale1

Se i desideri del cliente sono stati soddisfatti, allora l’impresa è

eccellente e pone le basi per la c.d. customer fidelity. In caso contrario, il

consumatore deciderà di non acquistare più il prodotto considerato a

scapito dell’impresa produttrice. Oltre all’eccellenza e alla

diseconomicità (in caso di insoddisfazione della clientela) possiamo

analizzare due conseguenze intermedie all’acquisto di un prodotto. Nel

primo caso, l’impresa è intenzionata a perseguire una strategia di

leadership di costi e realizza un prodotto a basso costo e di media qualità,

Il consumatore sarà mediamente soddisfatto poiché, anche se la qualità

non è elevata, almeno il prezzo è basso. Nel secondo caso, invece,

l’impresa produce un bene di alta qualità, leadership di qualità appunto,

ma aumenta il prezzo di vendita. Il consumatore sarà comunque

soddisfatto perché il prezzo elevato è bilanciato dalla qualità.

L’analisi in questione44, ci ha permesso di studiare entrambe le

prospettive considerate: quella del consumatore e quella dell’impresa.

Una considerazione a parte merita il tema opposto: l’insoddisfazione del

cliente. Quando il consumatore non è soddisfatto, per esempio nel caso

dell’impresa diseconomica, può comunicare la propria insoddisfazione

attraverso dei reclami, oppure esplicitare il proprio disappunto con altri

consumatori. La propaganda negativa ,purtroppo, ha delle conseguenze

molto maggiori rispetto a quella positiva. Degli studi sull’argomento

hanno dimostrato che un cliente insoddisfatto può influenzarne fino a

mille che, per l’impresa, saranno ormai persi.

Per concludere analizziamo il concetto di fedeltà del consumatore. Come

detto in precedenza, una volta che le aspettative del cliente sono state

completamente soddisfatte, l’impresa può gettare le basi per fidelizzare il

cliente stesso al proprio prodotto. La fidelizzazione del cliente permette

all’impresa di ottenere enormi vantaggi in termini sia di ricavi sia di

costi. In effetti, un cliente abituale rappresenta per l’azienda un ricavo

44 Cherubini, 2005

47

Page 48: Tesi triennale1

sicuro nonché una propaganda positiva per il bene consumato. Il cliente

fedele è dunque una fonte di guadagno consolidato, poiché egli è

disposto ad acquistare, oltre al prodotto che l’ha soddisfatto, tutti gli altri

beni realizzati dalla stessa impresa e anche ad un prezzo maggiore.

In più, il vantaggio si misura anche in termini di costi. Il cliente

fidelizzato non rappresenta un costo aggiuntivo per l’impresa in termini

di attività promozionali o gestionali.

3. IL CASO MAZDA

3.1 La storia

Mazda nasce nel 1920 come “Toyo Cork Kogyo, Ltd”. Nel 1930, dopo

aver cambiato il nome in “Toyo Kogyo Co., Ltd”, comincia la

produzione del primo motorino a tre ruote, grazie all’esperienza

meccanica accumulata nel corso degli anni. Tuttavia, in quel periodo, la

maggior parte delle componenti del prodotto erano importate e, per

questo motivo, la Mazda decide di concentrare i propri investimenti nella

funzione di ricerca e sviluppo. In questo modo, si vuole giungere ad una

produzione totalmente giapponese. I progressi della compagnia

automobilistica negli anni sono dovuti anche alla posizione geografica

della fabbrica principale, a Hiroshima, nella quale venivano sviluppate

lavorazioni del ferro all’avanguardia e prodotta forza lavoro altamente

specializzata. In seguito allo scoppio della bomba atomica a Hiroshima,

le relazioni della Mazda con la comunità vengono intensificate. La

compagnia si schiera in prima linea negli aiuti verso i dipendenti e i loro

familiari.

48

Page 49: Tesi triennale1

Nel 1967, Mazda, grazie ad una lunga collaborazione con Felix

Wenkel45, sviluppa la prima macchina al mondo con il motore rotativo: la

Mazda Cosmo Sport.

La produzione della Cosmo getta le basi per lo sviluppo dell’elevata

tecnologia dei prodotti Mazda che, nel corso degli anni, ha raggiunto un

notevole riconoscimento a livello mondiale. La compagnia viene

ribattezzata Mazda Motor Company nel 1984. La filiale italiana, Mazda

Motor Italia, opera all’interno del gruppo Mazda Motor Europe, con sede

a Leverkusen in Germania. Ha iniziato la propria attività nel 2000,

facendo emergere lo spirito della compagnia e il cuore della cultura

aziendale di Mazda: Zoom Zoom.

3.2 Lo spirito di Mazda: la filosofia Zoom Zoom

Ognuno di noi collega i primi ricordi dell’infanzia all’eccitazione

provocata dal movimento e dalla velocità. Andare in bicicletta, fare un

giro sulle giostre e correre nel giardino di casa: tutte queste azioni

implicano movimento e velocità. Ecco dunque dove nasce lo spirito di

Mazda, da un emozione universalmente accettata e compresa: il

movimento. E’ questo spirito di eccitazione, divertimento e dinamismo

che traspare in ogni settore dell’attività di Mazda: dai prodotti al capitale

umano che li progetta, sviluppa e produce.

Zoom Zoom è molto più di una brand promotion: è la caratteristica unica

di tutti i veicoli Mazda. Quando il responsabile della progettazione dei

prodotti riassume il lavoro svolto e le caratteristiche fondamentali dei

veicoli, cosa emerge, oltre alle preferenze dei consumatori, alle

previsioni di vendita e allo sviluppo dei costi?

Lo spirito e l’attitudine Zoom Zoom.

45Il tedesco Felix Wenkel inventa nel 1919 il motore rotativo che, essendo estremamente semplice nella struttura rispetto al motore standard, permette un grande risparmio di componenti. In più, riduce le vibrazioni e i rumori.

49

Page 50: Tesi triennale1

Gli ingegneri Mazda che progettano un nuovo modello hanno l’obiettivo

di far divertire chi guiderà la vettura, perché l’auto non deve essere solo

un mezzo di trasporto ma un’esperienza unica. Per questo motivo,

l’azienda ha definito il proprio DNA con tre caratteristiche principali:

Stylish design unico

Insightfulgrande funzionalità

Spiritedguidabilità e performance sportiva

I veicoli sono dunque progettati, non solo per catturate lo sguardo, ma

anche per comunicare l’immagine della giovinezza, dell’esuberanza e

della guida divertente.

La creatività, la passione e l’innovazione di Mazda sono utilizzati per

permettere alla clientela di vivere un’esperienza unica, divertente ed

eccitante, la stessa che ognuno di noi ha vissuto quando ha conosciuto il

movimento per la prima volta.

Con questo obiettivo sempre chiaro nella mente, la Mazda offre, con ogni

modello, nuove caratteristiche sempre sorprendenti ed apprezzate per i

propri consumatori.

3.3 Obiettivi

“Vogliamo soddisfare e guadagnare la fiducia dei nostri stakeolders

attraverso delle attività atte a fornire i prodotti e i servizi migliori, con

considerazione della qualità, della sicurezza e dell’ambiente”.

Con queste parole, Hisakazu Imaki, presidente di Mazda Motor

Corporation, delinea gli obiettivi principali dell’azienda.

In primo luogo emerge la volontà di guadagnarsi il rispetto e la fiducia

della clientela in un’ottica di lungo periodo. In effetti, Mazda aspira ad

essere una compagnia automobilistica che è, appunto, rispettata dai

consumatori e dagli stakeolders, attraverso:

50

Page 51: Tesi triennale1

La produzione di cuttin edge products che vengono apprezzati dai

consumatori e che riflettono la creatività unica di Mazda.

Il mantenimento di una serie di operazioni che sviluppano e

vivificano la competitività di Mazda nel mercato globale.

Nel 2004 è stato sviluppato il Milleniumplan, sulle basi sopra citate, il

piano di lungo periodo per i dieci anni successivi. In più è stato creato il

Mazda Momentum, ossia il piano di breve periodo che mira a

consolidare46:

il volume di vendite a 1.25 milioni di unità.

Il profitto operativo a 100 bilioni di yen.

Un capitalizzazione del debito netto del 100%.

Dal lato del prodotto, invece, l’obiettivo principale è quello di

evidenziare l’originalità di Mazda attraverso nuove strategie di brand,

ossia il messaggio Zoom Zoom adottato nel 2002. In più, l’azienda ha

applicato le proprie conoscenze tecnologiche e ha sfruttato la sinergia

con la Ford Motor Company creando nuovi modelli quali la nuova

Mazda 6 (2002), la nuova MPV (2006) e la nuova MX-5 Roadster (2005)

che ha vinto il premio “Auto dell’anno” in Giappone, Australia e Nuova

Zelanda.

Non meno importante è l’attenzione che Mazda rivolge, da sempre,

all’ambiente. L’obiettivo è concentrarsi su una produzione più rispettosa

dell’ambiente attraverso lo sviluppo di vetture con motore rotativo a

idrogeno e con bassa emissione di anidride carbonica.

Il Mazda Momentum mira anche a rinforzare la funzione di ricerca e

sviluppo, la presenza dell’azienda in mercati chiave e la specializzazione

delle risorse umane.

46 Già nel 2005 Mazda raggiunge la quota di 1.15 milioni di unità vendute, i 123.4

bilioni di yen guadagnati e un capitalizzazione del debito pari al 62%.

51

Page 52: Tesi triennale1

3.4 I prodotti Mazda: una panoramica nel corso della storia

Il primo veicolo ad essere lanciato sul mercato è la Mazda Go nel 1931,

di cui vengono prodotte 66 unità nel primo anno.

Nel 1960 viene prodotta e lanciata la Mazda R-360 che, grazie ad una

riduzione del peso, permette di risparmiare sul carburante.

Il 1967 è un anno storico per la Mazda e per l’intero mercato

automobilistico poiché viene lanciata la Cosmo, la prima autovettura al

mondo con il motore rotativo.

Nel 1978 viene introdotta la Mazda Savana RX-7, sempre con motore

rotativo, con caratteristiche di elevata stabilità e manegevolezza.

Nel 1980 la Mazda Familia vince il premio “Auto dell’anno” in

Giappone.

Il 1989 vede il lancio della MX-5, emblema della macchina sportiva,

veloce e divertente da guidare. Guinness dei primati nel 2000, è la

Roadster più venduta al mondo.

Il 2003 è un anno d’oro per Mazda che introduce il modello RX-8, che

si aggiudica il premio “2004 RJC Auto dell’anno”, la nuova Mazda 6,

che vince il premio “Auto dell’anno” in Giappone e la Mazda 3, che

vince 16 premi dal momento dell’introduzione a oggi. Sempre nel 2003,

il motore rotativo vince il premio “Motore dell’anno”.

Nel 2005 viene lanciata la nuova Mazda Roadster (Mazda MX-5) che

vince il premio 2005-2006 “Auto dell’anno” in Giappone.

Nel 2007 entra nel mercato la Mazda 6 di seconda generazione, più

scura della precedente.

Nel 2008 Mazda vince il premio “World Car 2008”.

52

Page 53: Tesi triennale1

3.4.1 I Prodotti e la Tecnologia

Mazda è sempre stata attenta alla produzione di veicoli all’avanguardia,

tecnologicamente avanzati e, al contempo, qualitativamente elevati e

rispettosi dell’ambiente. La funzione di ricerca e sviluppo ha subito un

notevole incremento nel corso degli anni e continuerà a svilupparsi in

futuro. In particolare, l’obiettivo è aumentare la R&S del 30% e

incrementare il capitale investito del 50%.

In termini di strategie di produzione futura gli obiettivi sono un

rafforzamento del brand e un aumento di efficienza nella progettazione

della linea di prodotti. In aggiunta, la Mazda si concentrarà su un

cambiamento radicale per ogni modello, a partire dalla nuova Mazda 2.

Vediamo ora i punti di forza dell’azienda in termini di tecnologia:

Il programma MDI

Nell’aprile del 2004 viene posto in essere il programma MDI47 che si

occupa di sviluppare la qualità e la tecnologia attraverso

l’implementazione di un sistema digitale condiviso da tutte le fasi della

produzione della vettura e da ogni area della compagnia. In questo

modo, il personale, ad ogni livello della struttura gerarchica, ha accesso

alle informazioni digitali più recenti sulle vetture in produzione.

Senza dubbio, l’efficienza è aumentata notevolmente grazie al

programma MDI. Inoltre, con l’introduzione della tecnologia virtuale è

possibile sviluppare le capacità, il design e la qualità della vettura prima

della produzione stessa, in modo da correggere eventuale errori. Con la

combinazione intelligente del lavoro fisico con le attività digitali è

possibile creare un prodotto più competitivo, ove il tocco umano e il

design finale sono la conclusione di un percorso formativo.

Il motore Rotativo

47 Mazda Digital Innovation

53

Page 54: Tesi triennale1

Nel 1919, l’ingegnere tedesco Felix Wenkel inventa il motore rotativo48.

Il punti di forza del motore erano fondamentalmente due:

1. La rotazione “morbida” che minimizza l’attrito

2. La minore usura delle parti che compongo il motore

Tuttavia il motore rotativo, al momento dell’invenzione, presentava

ancora non pochi problemi. In particolare, l’applicazione pratica del

motore sui veicoli era difficile.

Fu proprio la Mazda, con il lancio nel 1967 della Cosmo, a risolvere i

problemi di fondo e a sfruttare al massimo la potenza e la tecnologia

dell’invenzione di Wenkel. Nonostante dopo il 1967 un gran numero di

case automobilistiche abbiano provato ad installare il motore rotativo nei

veicoli, ad oggi Mazda è l’unica azienda produttrice di veicoli con il

motore in questione.

La tecnologia Ambientale

Nello sviluppo della tecnologia eco compatibile, la Mazda si è concentra

nella realizzazione di prodotti rispettosi dell’ambiente, ma sempre

mantenendo l’esperienza di guida Zoom Zoom.

La compagnia sta rafforzando da alcuni anni le performance del motore a

idrogeno allo scopo di creare una società più concentrata sulla

salvaguardia dell’ambiente.

Nel 2003 viene introdotta la Mazda RX-8 equipaggiata con il motore

rotativo in grado di funzionare a idrogeno. Un sistema dotato di doppio

carburante, a scelta tra benzina e idrogeno, permette al guidatore di

sostituire, in mancanza di stazioni di idrogeno di servizio, l’idrogeno con

la benzina. In più, il veicolo vanta delle performance “ambientali”

eccezionali con il risultato di zero emissioni di anidride carbonica. Il

motore a idrogeno permette dunque di mantenere le capacità proprie dei

veicoli Mazda e di rispettare l’ambiente allo stesso tempo; il tutto ad un

prezzo di vendita inferiore.

48 Il Rotary Engine

54

Page 55: Tesi triennale1

3.5 Mazda e la qualità

Il percorso che porta Mazda alla certificazione ISO 9002 nel 1994 e ISO

9001 nel 1996 si snoda in due momenti principali: i circoli della qualità e

il Mazda Quality.

Nel 1962 l’azienda lancia un’iniziativa incentrata sui circoli della qualità,

allo scopo di soddisfare pienamente la clientela con veicoli di alta

qualità. Nel 1978, l’iniziativa si espande anche ai servizi e alle

performance lavorative, grazie ad uno sforzo congiunto di parti e

partecipanti, chiamato Mazda Quality.

Finalmente, nel 1994, la Mazda riceve la certificazione ISO 9002 per

tutte le aree di business, escluse R&S e design. Il messaggio di Mazda

ora è chiaro: operare costantemente per ottenere un prodotto e dei servizi

che soddisfino i consumatori.

Nel giugno del 1996, l’azienda diventa la prima compagnia

automobilistica giapponese a ricevere la certificazione ISO 9001 per tutte

le aree di business e ad espandere ai settori di design, vendita e servizi

post vendita la ISO 9002.

Mazda, ad oggi, conta un numero pari a 180 auditing di qualità l’anno

che mantengono e migliorano il sistema di management della qualità

implementato con la ISO 9001.

A giugno 2000, l'istituto Giapponese per la ricerca automobilistica ha

assegnato a tutti gli impianti Mazda di Hiroshima la certificazione ISO

14001, comunemente nota come ISO Ambiente, mentre gli stabilimenti

di Hofu avevano ricevuto questo riconoscimento già lo scorso settembre.

Quindi, adesso, tutti gli impianti produttivi Mazda in Giappone hanno

superato, a pieni voti, questo severissimo test.

Il forte impegno di Mazda verso la qualità hanno reso possibile il

riconoscimento mondiale dell’eccellenza del sistema aziendale,

55

Page 56: Tesi triennale1

attraverso numerosi premi di riconoscimento dell’elevata qualità. Nel

prossimo paragrafo, analizzeremo i più recenti.

3.5.1 Leader della qualità

Mazda propone veicoli con uno stile distintivo che suggeriscono

dinamismo, eleganza e modernità. In più, le vetture emergono per il loro

posizionamento di prezzo; in particolare se rapportato ai contenuti tecnici

ed alle dotazioni. Tuttavia, i veicoli Mazda si distinguono dagli altri

anche, e soprattutto, per la loro qualità. A conferma di ciò, due riviste

molto autorevoli nel settore hanno premiato la Mazda.

Analisi Affidabilità di ALTROCONSUMO

Altroconsumo nasce nel 1973 e diventa, con ben 300.000 soci, la più

autorevole associazione italiana di consumatori. Gli obiettivi

dell’associazione sono l’informazione e la tutela dei consumatori,

attraverso l’esecuzione di test e prove qualitative dei prodotti. La severità

con cui vengono condotti i test di qualità rende Altroconsumo una fonte

assolutamente completa d’informazione.

Nel 2007, un’indagine che ha coinvolto oltre 15.000 automobilisti di 5

paesi europei (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Belgio) proprietari di

vetture con un’anzianità compresa tra i 6 mesi e gli 8 anni, ha visto

Mazda imporsi come marchio più affidabile tra 30 differenti brand.

Il risultato non è inaspettato: infatti, Mazda è semplicemente passata dal

secondo posto del 2006 al primo del 2007, scavalcando la Toyota.

Possiamo esaminare i risultai nella Figura n.2., nella pagina successiva.

56

Page 57: Tesi triennale1

Figura n.2: Analisi affidabilità di Altroconsumo

Come possiamo vedere, Mazda si pone come leader anche tra le case

nipponiche, staccando di addirittura mezzo punto la Toyota.

Nella classifica per modelli, ognuna delle cinque gradazioni di colore

rappresenta un livello statisticamente omogeneo di affidabilità, dal più

scuro(livello più affidabile) al più chiaro(livello meno affidabile).

57

Page 58: Tesi triennale1

Per quanto riguarda la valutazione dell’affidabilità dei singoli modelli,

l’analisi ha tenuto conto solo delle vetture che avevano percorso almeno

mille chilometri negli ultimi dodici mesi, assegnando un peso differente a

seconda della gravità del guasto. Ad esempio, i problemi ai freni o al

motore sono stati considerati più importanti del malfunzionamento

dell’impianto di riscaldamento.

Analisi Affidabilità di AUTOBILD

Autobild è un’autorevole rivista tedesca, conosciuta per aver definito la

maggior parte degli standard delle prove diffuse.

La rivista, nel mese di gennaio del 2008, ha pubblicato il Report 2008

dell’affidabilità del TUV, ente indipendente di certificazione che si

occupa di omologazioni e test di qualità in Germania, che ha visto Mazda

3 e Mazda 2 ai primi posti della classifica. Mazda MX-5, nonostante la

sua sesta posizione, si lascia dietro Porsche Boxster e Porsche Cayenne.

Vediamo questi risultati nella Tabella n.2 nella pagina successiva.

Tabella n.2: Affidabilità a 2 e 3 anni per Modelli-Report TUV

Posiz. Modello

1 Mazda3

2 Mazda2

3 VW Golf

4 Ford Fusion

5 Honda Jazz

6 Mazda MX-5

7 Porche Boxster

8 Porche Cayenne

9 Ford C-MAX

10 Mercedes-Benz A

58

Page 59: Tesi triennale1

Un risultato veramente eccezionale che prova l’indiscussa qualità dei

prodotti Mazda.

3.6 I rapporti con la clientela

Per essere un’azienda competitiva non basta realizzare un prodotto dal

design moderno e dalle prestazioni elevate: occorre che lo stesso prodotto

sia anche apprezzato dalla clientela. La soddisfazione del cliente, e la sua

conseguente fidelizzzazione, è un traguardo a cui l’impresa deve aspirare.

Ecco perché Mazda s’impegna a fornire prodotti e servizi che riflettano le

aspettative del cliente, attraverso l’elevata qualità e il giusto grado di

sicurezza e assistenza post vendita.

Le iniziative poste in essere da Mazda per incrementare la Customer

Satisfation si risolvono in tre differenti approcci:

Migliorare la qualità del prodotto

Migliorare il livello di CS

Creare prodotti attraenti

In primo luogo, l’azienda prende molto sul serio il feedback proveniente

dai consumatori, attraverso una considerazione reale delle loro opinioni.

Nel febbraio del 1984, Mazda stabilisce il Mazda Call Center per ogni

tipo di reclamo, opinione, richiesta e consultazione.

Il centro ha uno staff di 50 addetti che soddisfano tutte le esigenze

precedentemente indicate, mentre i consumatori hanno a disposizione una

linea completamente gratuita oppure il sito internet.

Mazda tiene in grande considerazione le opinioni dei consumatori poiché

è il punto di partenza per creare un prodotto migliore. Inoltre, avere a

disposizione personale addestrato a risolvere ogni tipo di problematica,

rende il cliente più soddisfatto.

59

Page 60: Tesi triennale1

Durante il 2005 un numero pari a 76,000 chiamate sono state effettuate e

altrettanti problemi sono stati risolti. Il feedbak in questione è molto

positivo e costruttivo poiché aumenta la soddisfazione del cliente

attraverso lo sviluppo dei prodotti, delle vendite e dei servizi.

Possiamo analizzare il sistema di miglioramento della CS nello schema

seguente.

Schema n.2: Sistema per migliorare la CS e l’assistenza alla clientela

Le richieste della clientela sono completamente differenti in base al

paese, alla cultura, alle preferenze e alle inclinazioni individuali.

Nell’intento di aumentare la CS in tutto il mondo, Mazda coordina

continuamente il design e le caratteristiche dei veicoli di ogni mercato, da

Mazda Motor America alle funzioni di R&S di Europa, Cina, Australia e

Asia del Sud. A titolo di esempio, ricordiamo il lancio della CX-7 nel

2006: il veicolo è stato espressamente realizzato con maggiore

considerazione del mercato Nord Americano. Il design evoca energia,

sport e potenza, sempre in linea con lo spirito Mazda.

Inoltre, la divisione globale di Marketing ha portato avanti un programma

di interscambio tra personale addetto a diverse mansioni in stati

differenti, in modo da aumentare la conoscenza dei consumatori locali e

la comunicazione tra la R&S individuale e il resto dello staff.

60

ServizioClienti

ServizioClienti

QualitàQualità Assistenza ConsumatoriAssistenza

Consumatori

Rete di

Vendita

Rete di

Vendita

ClientiClienti

Vendite Vendite

ProduzioneProduzione

TecnicoTecnico

Page 61: Tesi triennale1

3.6.1 L’assistenza post-vendita

Le priorità di Mazda sono, senza dubbio, la sicurezza, la qualità e il

rispetto dell’ambiente. Il raggiungimento di questi obiettivi richiede una

funzione di assistenza post vendita molto efficiente.

L’offerta post vendita di Mazda è onnicomprensiva, dalla fornitura di

pezzi di ricambio alla demolizione dei veicoli, in modo da consentire ai

consumatori un utilizzo del prodotto senza costrizioni o problematiche

aggiuntive. Il punto di partenza è l’affidabilità fornita dal personale

certificato a livello nazionale e l’elevata qualità dei ricambi. Mazda offre

anche un sito internet dedicato all’assistenza post vendita, ove i

consumatori possono trovare qualsiasi informazione.

I punti di forza dell’azienda nel servizio post vendita, sono:

La realizzazione di veicoli con un’assistenza veloce e

semplificata e con bassi costi per le parti di ricambio e la

manutenzione.

L’offerta dei più moderni sistemi di diagnosi dei difetti per

consentire un intervento tempestivo sul veicolo.

Lo sviluppo delle tecnologie più avanzate di riparazione.

L’offerta di formazione e training sul posto, grazie ai Mazda

Training Centres, allo staff del settore post vendita per aumentare

le capacità e l’abilità del personale.

Il mantenimento di ottimi livelli di qualità, nei veicoli e nelle

tecnologie di riparazione, grazie alla condivisione a livello

globale di informazioni up-to-date sulle nuove tecnologie e sulla

qualità.

Il servizio è dunque completo ed è, infatti, una delle fonti del vantaggio

competitivo di Mazda rispetto alle altre case automobilistiche.

61

Page 62: Tesi triennale1

Conclusioni

Negli ultimi anni, l’evoluzione della congiuntura economica, delle

relazioni internazionali e lo sviluppo della scienza hanno reso la

competitività un obiettivo primario da raggiungere e una condizione

necessaria da mantenere.

La competitività pervade ogni settore della nostra società e si esprime

con l’efficienza del sistema paese. Le imprese devono essere vincenti,

ossia sapersi difendere dalle avversità e saper sviluppare le capacità

adatte per distinguersi dalle altre realtà economiche e per sopravvivere

nel mercato. Il cliente, però, resta l’obiettivo principale da raggiungere: è

la ragion d’essere dell’impresa, la motivazione per farsi sistema

competitivo.

Ecco perché la scelta del caso aziendale è ricaduta sulla Mazda.

A mio avviso, l’azienda in questione riesce a comprendere e soddisfare la

propria clientela in modo del tutto particolare rispetto ai concorrenti.

Dal momento in cui Mazda Italia è entrata nel mercato automobilistico

italiano, ha saputo farsi spazio e competere con un prodotto

assolutamente di qualità e affidabile. Tutto ciò grazie agli obiettivi che

l’azienda si è prefissata; ognuno dei quali ruota intorno al prodotto finale.

La Mazda ha dunque scelto di competere sul mercato realizzando veicoli

altamente competitivi, sicuri, dal design moderno e dalle prestazioni

elevate.

La Mazda è, in ogni senso, un’azienda innovatrice che unisce,

all’eccellenza nipponica nella costruzione dei veicoli, un messaggio

universalmente riconosciuto di movimento e divertimento: Zoom Zoom.

Non meno importante è l’attenzione che l’azienda rivolge ai bisogni e ai

problemi dei consumatori attraverso una funzione di assistenza post

vendita particolarmente efficiente.

Pertanto, se pensiamo all’impresa competitiva, dobbiamo

necessariamente considerare la Mazda.

62

Page 63: Tesi triennale1

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