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QUADERNO n.5 A cura di Giancarlo Navarra Sesto Seminario ArAl Belluno 7-9 settembre 2005 Relazioni www.aralweb.it www.eun.org ottobre 2005

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QUADERNO n.5

A cura di Giancarlo Navarra

Sesto Seminario ArAl Belluno 7-9 settembre 2005

Relazioni

www.aralweb.it www.eun.org

ottobre 2005

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

1

Indice Programma del Seminario……………………………………………………………..………….. 2

Relazioni……………………………………………………………………………………..……. 7

C. Tièche Christinat: La costruzione della memoria didattica in classe e il suo ruolo nell'insegnamento…………………………………………………………………………… 7

A.M. Facenda, J. Nardi, D. Zamboni: Per fortuna che facevamo questi lavori così non facevo matematica; Relazione sulle attività del Progetto ArAl – Unità ‘Verso le funzioni in tre classi di Fano (PU)..………………..…………………………….…...…… 15

A. Giacomin: Una proposta didattica collegata alle attività pluriennali ArAl sulla ricerca di regolarità ….………………………………………………………………...…. 24

L. Gherpelli, Roberta Fantin: Lo sviluppo del pensiero proporzionale Aspetti di un progetto didattico attuato nella scuola secondaria di primo grado con possibili raccordi nella scuola primaria…………………………………………………….………. 30

R. Iaderosa: Un inquadramento della divisibilità, dalla teoria degli interi a quella dei polinomi, nell'ottica di una prospettiva unitaria ………………………………………. 37

N. A. Malara: Dalla modellizzazione di problemi allo studio di equazioni e disequazioni: un’ipotesi di lavoro……………………………………………………………………...… 43

N. Miolo: ArAl, nuove tecnologie, E-learning: chissà come si divertivano… …………....… 55

G. Navarra: Primi appunti per un’esplorazione del progetto ArAl………………………..… 61

A. Pra Baldi: Proposte per una valutazione di efficacia del progetto ArAl ……………….… 71

M. T. Zamboni: Letture del triennio di attività sperimentali sulla ricerca di regolarità nella scuola dell’infanzia…………………………………………………...……………… 75

Elenco dei partecipanti al Seminario…………………………………………………….………. 78

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

2

SESTO SEMINARIO Belluno, Scuole elementari ‘A. Gabelli’, 7 - 8 – 9 settembre 2005

Scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado

PROGRAMMA

1. Destinatari ● Docenti dell’area logico matematica degli istituti della ‘Rete ArAl’:

Sezione di Belluno: Istituto Comprensivo di S.Giustina, Istituto Comprensivo di Cesiomaggiore, Istituto Comprensivo di Mel, Istituto Comprensivo di Quero, 1°Circolo Didattico di Belluno, Circolo Didattico di Feltre, Circolo Didattico di Sedico, Istituto Magistrale ‘G.Renier’ di Belluno, IPSAA di Feltre (BL).

Sezione di Modena: Scuola Media G.Carducci, Istituto Comprensivo ‘Fabriani’ di Spilamberto, Istituto Comprensivo di S.Cesario sul Panaro.

● Docenti dei gruppi che hanno svolto attività sulla pre-algebra in collaborazione con i ricercatori del progetto ArAl: Cesano Boscone (MI), Pesaro, Rescaldina (MI), Tione (TN), Rete di scuole della val di Fiemme e di Fassa (TN).

● Docenti esterni al progetto che partecipano o hanno partecipato ad attività di sperimentazione su materiali ArAl. ● Docenti interessati alle tematiche della didattica dell’aritmetica e dell’algebra, e in particolare dell’approccio

anticipato al pensiero pre-algebrico.

2. Obiettivi del Seminario Favorire la riflessione e il confronto: ● sulle tematiche generali concernenti l’approccio anticipato al pensiero algebrico; ● sugli aspetti psicologici e pedagogici del progetto attraverso l’analisi delle relazioni fra ricercatori, docenti e alunni,

con riferimento particolare alla metodologia delle attività in compresenza fra insegnanti ricercatori e docenti di classe;

● sulle relazioni fra aspetti teorici e didattici del progetto nella prospettiva di una sua integrazione con i curriculum; ● su contenuti, metodi e risultati attraverso l’analisi dei diari delle attività in compresenza elaborati dagli insegnanti di

classe in relazione alle sperimentazioni giunte al loro terzo anno su: ricerca di regolarità, proprietà distributiva; ● sui complessi aspetti della valutazione di attività sperimentali connesse con pratiche didattiche innovative; ● sulla continuità in relazione ai temi del progetto ArAl fra ordini diversi di scuola, dall’infanzia alla secondaria di

primo grado; prospettiva verso il primo anno della scuola secondaria di secondo grado; ● sul primo triennio continuativo di attività in compresenza in classi di scuola primaria di Belluno e Modena; ● sulle relazioni fra gli aspetti scientifici, formativi e divulgativi e le nuove tecnologie per l’educazione in riferimento

allo sviluppo del sito www.aralweb.it e della comunità ArAl in www.eun.org e alle iniziative in atto e in via di programmazione per favorire lo sviluppo delle competenze e dei ruoli dei docenti della Rete e la collaborazione a distanza con scuole ed istituzioni che aderiscono alle metodologie e alle iniziative del progetto;

● sulle attività da svolgere nel sesto anno (ufficiale) del progetto (a.s.2005/2006).

3. Mostre didattiche Durante il Seminario e nei giorni successivi saranno visitabili presso le scuole Gabelli le due Mostre itineranti ArAl: la Mostra Generale e la Mostra dell’Infanzia. Saranno operative anche una mostra virtuale e una rassegna multimediale di lavori svolti dalle scuole dell’infanzia di Belluno, Rescaldina (MI), Spilamberto (MO). Sono previsti dei momenti di visita guidata alle Mostre e agli annessi banchetti-laboratorio.

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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4. Iscrizioni e informazioni ● ISCRIZIONI: vanno inviate a Serena Rui ([email protected]).

Nell’iscrizione vanno specificati: nome, istituto di appartenenza, livello, indirizzo privato, telefono, indirizzo e-mail I referenti ArAl degli istituti della Rete sono pregati di inviare a Serena gli elenchi relativi alle loro scuole.

● PERNOTTAMENTI: a Belluno presso il consueto Centro Giovanni XXIII ([email protected]) in piazza Piloni. Tutte le stanze hanno il bagno. Le prenotazioni vanno effettuate direttamente dagli interessati. Prezzi: singola 25€, doppia 40€, prima colazione al ristorante annesso al Centro: 3,50€

● PERCORSI E PARCHEGGI: Dalla stazione ferroviaria il Centro Giovanni XXIII è raggiungibile a piedi in meno di 10 minuti. Le scuole elementari Gabelli, sede dei lavori, sono a metà strada fra la stazione e il Centro. Le automobili possono essere parcheggiate nel cortile della scuola (chiuso di notte) o nella piazza antistante il Centro. È anche molto pratico il parcheggio di Lambioi (lato sud di Belluno) dal quale si raggiunge il centro città attraverso un sistema di scale mobili.

● ATTREZZATURE: saranno a disposizione lavagne luminose, video proiettori, computer portatili, connessioni internet

● INFORMAZIONI: Belluno: G. Navarra, [email protected]; A. Giacomin, [email protected]; M.T. Zamboni, [email protected] Modena: N.A. Malara, [email protected]; R. Nasi, [email protected]

5. Relatori e coordinatori (GREM: Gruppo di Ricerca in Educazione Matematica, operante presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Modena e Reggio Emilia)

Tempi: ● Relazioni plenarie: 1 ora; i relatori sono stati invitati a lasciare 5 o 10 minuti per le domande; ● Comunicazioni nei Gruppi: 15-20 minuti

Note sulle modalità delle presentazioni: ● le comunicazioni nei gruppi, data la brevità del tempo a disposizione, saranno soprattutto una riflessione sull’attività

svolta

Informazioni sugli interventi: ● nel sito www.aralweb.it verrà aperta un’area dedicata al Seminario in cui verranno inseriti materiali informativi

(abstract delle relazioni e delle comunicazioni e altro); ● è nostra intenzione redigere anche quest’anno un Quaderno ArAl in forma di Atti del Seminario.

Chantal Tièche Christinat [email protected], ricercatrice presso l’Institut de Recherche et de Documentation

Pédagogique, Neuchâtel (CH) Loredana Gherpelli [email protected], docente presso la Scuola Media ‘Ferrari’ di Maranello (MO),

ricercatrice GREM Antonella Giacomin [email protected], docente presso l’istituto magistrale ‘G. Renier’ di Belluno, collaboratrice

alla definizione dei materiali sperimentali del progetto ArAl Rosa Iaderosa [email protected], docente presso il liceo scientifico ‘G.B. Vico’ di Corsico (MI), ricercatrice

GREM, formatrice nel progetto ArAl Nicolina A. Malara [email protected], professore presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Modena

e Reggio Emilia; direttore del GREM, direttore scientifico del progetto ArAl Nicola Miolo [email protected] , docente presso l'ITIS ‘F. Severi’ di Padova, webmaster ArAl Romano Nasi [email protected], docente presso la SMS ‘G. Carducci’ di Modena, tutor ai corsi SSIS di

Modena Giancarlo Navarra [email protected], docente presso l’ICS ‘G. Rodari’ di S.Giustina (BL), ricercatore del GREM,

coordinatore collaboratore scientifico del progetto ArAl Alvaro Pra Baldi [email protected], docente presso l’ITIS ‘G. Segato’ di Belluno, ricercatore e docente a

contratto presso il corso di laurea in scienze psicobiologiche dell’università di Padova Maria Teresa Zamboni [email protected], docente presso il Primo Circolo Didattico di Belluno,

coordinatrice del gruppo scuola dell’infanzia del Progetto ArAl

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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PROGRAMMA

7 settembre, mercoledì

Mattina (9.00 – 12.30) - Relazioni plenarie: aspetti psico-pedagogici e alla valutazione 9.00 – 9.30 Apertura dei lavori

9.30 – 10.30 Chantal Tièche Christinat: (in italiano) La costruzione della memoria didattica negli allievi giovani e il suo ruolo nell'insegnamento

Aula magna

10.30 – 11.00 coffee break

11.00 – 12.00 Alvaro Pra Baldi: Sulla valutazione

12.00 – 12.30 Discussione sulle relazioni Aula magna

Pomeriggio (15.00 – 18.00) - Gruppi di lavoro

Gruppo A: SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA coordinatori C. Tiéche Christinat e Maria Teresa Zamboni TEMA: letture del triennio delle attività sperimentali sulla ricerca di regolarità Comunicazioni: Zamboni

Aula magna

15.00 – 17.00

Gruppo B: SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO Coordinatori: Gruppo di Modena Partecipano: Iaderosa, Giacomin, Gherpelli, Malara, Navarra TEMI: (a) bilancio sulle attività dalla ricerca di regolarità alle funzioni (c) continuità scuola superiore di primo / secondo grado COMUNICAZIONI: Gruppo di Modena Giancarlo Belfiore, Rita Dalla Corte (Cesiomaggiore, BL) Janna Nardi (Pesaro)

Aula

17.00 – 17.15 coffee break

17.15 – 18.00 Discussione generale Aula magna

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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8 settembre, giovedì

Mattina (9.00 – 12.30) - Relazioni plenarie: proposte del GREM 9.00 – 10.00 Nicolina Malara: Digressioni sul progetto ArAl: nuovi temi, espansioni,

approfondimenti

10.00 – 10.45 Rosa Iaderosa: Un inquadramento della divisibilità dalla teoria degli interi a quella dei polinomi, nell'ottica di una prospettiva unitaria

Aula magna

10.45 – 11.15 coffee break

11.15 – 12.15 Loredana Gherpelli, Roberta Fantin: Sul pensiero proporzionale

12.15 – 12.30 Discussione sulle relazioni Aula magna

Pomeriggio (15.00 – 18.30) - Gruppi di lavoro e tavola rotonda

Gruppo C: BILANCIO TRIENNIO SPERIMENTAZIONE REGOLARITÀ Coordinatore: G. Navarra Comunicazioni: Dea Beppiani, Anita Da Pont, Vanna Incerti, G. Navarra,

Aula magna

Gruppo D: RICERCA DI REGOLARITÀ IN QUARTA E QUINTA Coordinatrice: M. Teresa Zamboni Comunicazioni: Nadia Bottega, M. Teresa Zamboni

Aula 15.00 – 16.15

Gruppo E: PROPRIETÀ DISTRIBUTIVA Coordinatrice: A. Giacomin Comunicazioni: Dina Burtet, Tiziana Dell’Eva, A. Giacomin

Aula

16.15 – 16.45 coffee break

16.45 – 18.00 Discussione su relazioni e lavori di gruppo Aula magna

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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9 settembre, venerdì

Mattina (9.00 – 12.30) - Relazioni plenarie: bilanci e progetti 9.00 – 10.00 A. Giacomin: Bilancio delle attività pluriennali ArAl sulla regolarità

10.00 – 10.45 G. Navarra: Una lettura ‘meta’ del progetto ArAl (pensando anche ai curricoli) Aula magna

10.45 – 11.15 Coffee break

11.15 – 12.00 N. Miolo: ArAl, Nuove Tecnologie, E-learning: chissà come si divertivano...

12.00 – 12.30 Discussione sulle relazioni Aula magna

Pomeriggio (14.30 – 16.30) - Riunione Comitato

14.30 – 16.30

Riunione del Comitato dei delegati degli istituti della Rete ‘ArAl’: (i) incarichi (referenti scuole, coordinatori, …); (ii) incontri sezione Belluno 05/06: date e tipologia; (iii) compresenze 05/06: criteri e organizzazione; (iv) collaborazioni (Rescaldina, Tione, Pesaro); (v) eventi 05/06 (Castel S.Pietro 2006, altri convegni); (vi) pubblicazioni (Unità, articoli); (vii) Siti, Nuove Tecnologie, E-learning; (viii) Mostre: gestione e appuntamenti; (ix) concorsi 0506; (x) ipotesi di un convegno o di una scuola estiva; (xi) varie

Aula magna

S.Giustina, 25 maggio 2005 Giancarlo Navarra (coordinatore del Progetto ArAl)

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La costruzione della memoria didattica in classe e il suo ruolo nell'insegnamento1

Chantal Tièche Christinat2

Institut de Recherche et de Documentation Pédagogique, Neuchâtel (CH)

Perrenoud (1997) in un libro che attualizza la riflessione sullo scopo della scuola, pone la domanda seguente: Si va a scuola per acquisire delle conoscenze o per sviluppare delle competenze? (p.7).

Presa nella tormenta della politica, la scuola del 21o secolo diventa l'oggetto di talmente tanti dibattiti appassionati che bisogna di nuovo interrogarsi sulla sua utilità, sulla sua funzione generale. L'introduzione di Perrenoud, anche se butta olio sul fuoco nel dibattito corneliano3 tra conoscenze e competenze, dà tuttavia una risposta indiretta. Dalla scuola ci si aspetta ovviamente che prenda in carico gli studenti e che modifichi il loro sapere e il loro saper fare. Ogni insegnamento tende a trasmettere e/o a costruire nuove conoscenze e nuovi saperi culturalmente definiti. Questa affermazione ci permette di formulare il primo postulato riferito all'atto dell'insegnamento:

Postulato 1: ogni insegnamento ha per scopo la trasmissione e la costruzione di nuove conoscenze e nuovi saperi definiti dalla cultura scientifica.

Tuttavia se questo postulato conferisce alla costruzione della conoscenza una posizione centrale, bisogna definire le modalità che l'insegnamento mette in opera per riuscire a tenere fede alla sua scommessa. Più particolarmente la ricerca nel campo della didattica4 (Brousseau, 1986; Mercier, 1997; Schubauer-Leoni, 1995; per dare alcuni esempi) ha messo in evidenza l'importanza dell'accordo tacito che dà senso alle azioni dell’insegnante durante le lezioni. Da qui discende il

Postulato 2: l'atto dell’insegnamento riposa su una intenzione sociale, riconosciuta e rivendicata dall’insegnante, e costituisce l’oggetto d’un contratto nel seno di una Istituzione chiamata Scuola.

La natura del contratto didattico lega in modi diversi l'insegnante e l'alunno alla scuola e chiarisce i ruoli rispettivi degli attori impegnati nella lezione. Per quel che concerne il docente, egli dichiara una volontà d'insegnare e di modificare il rapporto con il sapere degli alunni, e si sottomette agli obbiettivi dichiarati dall'Istituzione Scuola.

Questi due postulati definiscono alcuni dei differenti parametri da cui trae origine l'atto d'insegnamento. Sotto queste condizioni, il docente darà corpo alla situazione didattica, ed è in questo stesso ambito che lo studente s'impegnerà nello studio.

La mia preoccupazione è di capire perché, nonostante questa volontà presunta da parte dell'insegnante di modificare il rapporto al sapere, nonostante l'impegno dell'alunno nello studio, nonostante i libri di testo o le attività che suscitano curiosità e conoscenze nuove, ci possa essere successo o fallimento. Le risposte sono numerose e molto diverse fra loro, ed esistono indagini che 1 Testo originale scritto dall’autrice in italiano. Revisione di Giancarlo Navarra approvata dall’autrice. 2 L’autrice ha collaborato nel corso dell’a.s. 2004/2005 con i docenti delle scuole dell’infanzia della provincia di Belluno coordinati da Maria Teresa Zamboni e con quelli di Spilamberto (MO) e Rescaldina (MI) sulla base di presupposti metodologici elaborati durante il Quinto Seminario ArAl (S. Giustina (BL), 2-4 settembre 2004). L’itinerario sulla ricerca di regolarità, che ha ispirato le attività originali sviluppate dalle insegnanti, è descritta nel Quaderno ArAl n. 3, reperibile in versione pdf nel sito www.aralweb.it nell’area ‘Biblioteca’. Materiali prodotti dalle insegnanti si trovano nell’area ‘Cantiere’ alla voce ‘Materiali’. [ndr] 3 Il termine francese ‘Cornélien’ allude al conflitto tra sentimento e dovere [ndr]. 4 Ci si può riferire ai primi lavori di Brousseau (1996) e ai lavori di Mercier.

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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prendono in considerazione i singoli elementi impegnati in ogni situazione didattica. Il tema della mia relazione considera due elementi del triangolo pedagogico, l'alunno e il docente, e si concentra sull’atto di insegnamento e sulla gestione delle lezioni. Lo studio della gestione della situazione didattica rende visibili certi elementi centrali dell'atto di insegnamento. I lavori condotti attualmente dai ricercatori francesi nel campo della didattica mettono in evidenza, per ogni fase della lezione, alcuni processi che favoriscono la coerenza della lezione e del suo svolgimento.

In questa relazione sarà messo in evidenza un aspetto particolare della gestione didattica della classe che contribuisce in un modo sorprendente, e quasi mascherato, allo sviluppo del tempo didattico e quindi alla modificazione e alla costruzione delle nuove conoscenze. Questo aspetto, denominato memoria didattica. partecipa in un modo molto importante alla costruzione del sapere nel seno della classe e della scuola.

Poiché la memoria didattica partecipa alla costruzione delle conoscenze, bisogna rapidamente ricordare alcuni principi della psicologia dello sviluppo secondo le teorie di Piaget e di Vygotsky che costituiscono le mie referenze teoriche. Secondo queste teorie - costruttiviste e sociocostruttiviste - la conoscenza nasce dalle relazioni d'un soggetto attivo e reagente a un ambiente che subisce le azioni del soggetto. L'ambiente può anche modificare le azioni e le reazioni del soggetto e le conoscenze nascono dunque dall'equilibrio tra l'ambiente e il soggetto. L'apprendimento è guidato e condotto dalle azioni del soggetto. Vygotsky sottolinea come la condizione essenziale per lo sviluppo delle conoscenze sia l'azione del linguaggio e più particolarmente la mediazione verbale. Costruire delle conoscenze, e di conseguenza acquisire nuovi saperi, sono dipendenti da tre fattori che agiscono contemporaneamente e che Conne (1996) nel suo articolo sulla dialettica conoscenza/sapere formula in un modo molto preciso: ”Le conoscenze derivano dalla capacità di adattamento da parte del soggetto, dalla situazione e dall'equilibrio delle strutture cognitive”. Questo equilibrio è reso possibile dai processi mentali di assimilazione e di accomodamento.

Imparare suppone dunque mettere in gioco delle conoscenze nuove che possono emergere grazie a schemi di assimilazione e di adattamento che permettono di porsi in relazione con l’ambiente: il processo di adattamento permette allo schema di adattarsi all'oggetto, mentre l'assimilazione consiste nell’integrare dati e caratteristiche dell'oggetto in uno schema conosciuto, ripetibile e generalizzabile.

Tre aspetti caratterizzano lo schema d'assimilazione secondo Piaget. L'assimilazione è riproduttrice, nel senso che ogni schema tende a consolidarsi e a conservarsi. Tende inoltre ad essere generalizzatrice e a propagarsi verso altri oggetti, altre situazioni. Il suo terzo carattere porta al fatto che è ricognitiva5; infatti l'assimilazione comporta la possibilità di riconoscere gli oggetti o le situazioni per le quali la sua applicazione è possibile e produttiva. Questo principio di riconoscimento permette di utilizzare lo schema in un modo efficace e pertinente e dà luogo alla costruzione delle classi di situazioni e, indirettamente, alle conoscenze. La ricognizione svolge dunque un ruolo importante nella costruzione di conoscenze nuove.

Imparare richiede l'evocazione e il riconoscimento delle situazioni che permettono al soggetto di selezionare uno schema operazionale, funzionale nelle diverse situazioni specifiche. Inoltre memorizzare permette di determinare il nostro presente percettivo, e di scoprire la novità.

L'importanza di questo carattere merita di soffermarsi brevemente sull’uso della memoria nell'atto dell’insegnamento. Varie osservazioni sul quotidiano della classe mostrano che non è sufficiente dire all'alunno "Non dimenticare", "Ricordati bene questa regola" perché davvero riesca a farlo.

Numerose ricerche sottolineano come il sistema didattico prenda in carico il compito di suscitare l'evocazione con modi diversi, all’interno dei quali la memoria didattica svolge un ruolo centrale.

5 Il termine, proposto dall’autrice, nel linguaggio giuridico significa ‘che riconosce o accetta come valido’ (Devoto-Oli); non è d’uso molto comune, ma nel contesto è appropriato. [ndr]

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Definizione della memoria didattica Secondo Brousseau e Centeno (1991) , si può definire la memoria didattica in questi termini:

La mémoire didactique conduit l’enseignant à modifier ses décisions en fonction de son passé scolaire commun avec ses élèves, sans pour autant changer son système de décision. Le caractère didactique de cette mémoire vient de ce que les décisions modifiées concernent le rapport de l’élève (chaque élève) avec le savoir (son savoir ou le savoir à enseigner) ou/et un savoir particulier. (La memoria didattica conduce l'insegnante a modificare le sue decisioni in funzione del suo passato scolastico comune con i suoi studenti, senza tuttavia cambiare il suo sistema decisionale. Il carattere didattico di questa memoria proviene dal fatto che le decisioni modificate concernono il rapporto dello studente (ogni studente) con il sapere (il suo sapere o il sapere che in quel momento gli viene dato) e/o un sapere particolare).

La memoria didattica si differenzia dalla memoria classicamente studiata per il fatto che comporta elementi, oggetti o nozioni incontrati durante le lezioni. Non si tratta dunque della memoria di fatti precedenti l'incontro dell'alunno con l'oggetto insegnato, ma di eventi particolari e sottolineati che si svolgono durante la lezione. Questi elementi sono evocati esplicitamente in seguito e contribuiscono al consolidamento dell'apprendimento.

La costruzione della memoria didattica L'alunno che inizia lo studio di un nuovo oggetto di sapere, ha sviluppato precedentemente certe

conoscenze e ha delineato certi schemi d'azione che gli permettono di impegnarsi nell'attività. L'alunno non è totalmente ignorante, e giunge all’incontro con la matematica così come all’incontro con la lettura e la scrittura con una memoria composta di elementi che ha selezionato secondo criteri che appartengono a lui, alla sua famiglia, alla sua cultura. Cosi, durante la scuola, l'incontro con un nuovo oggetto presentato suscita l'evocazione d'un certo rapporto privato al con il sapere e al con il sapere fare. Di conseguenza si può affermare che nello studio ogni alunno si impegna – attraverso il suo passato - nella scoperta di un nuovo oggetto. Questo significa che ogni alunno che entra in classe mobilita in modo differente dei saperi che raramente sono organizzati come un testo razionale, ma che possono qualificare saperi provenienti dall'esperienza, presenti in noi stessi (frayage6), acquisiti spontaneamente per ‘immersione’ in uno specifico tema, e così via.

L'insegnante che non adotta una metodologia di tipo trasmissivo n ella costruzione delle conoscenze, ma privilegia la loro costruzione, dà l'opportunità agli alunni di confrontarsi con un’esperienza nuova o parzialmente nuova per affrontare la quale l'alunno tiene conto in un certa misura, o dovrebbe tener conto, dei suoi ‘sapere’ e ‘saper fare’ antecedenti rispetto alla situazione di classe. La preoccupazione dell'insegnante è di conseguenza quella di regolare la sua azione e la sua gestione didattica secondo le esperienze degli alunni. Tuttavia, è evidente che egli non lo potrà fare fintantoché l’alunno non avrà mostrato i suoi saperi, man mano che le pratiche personali saranno state progressivamente omogeneizzate dalla classe anche attraverso la maturazione dei rapporti fra docente e alunno. Da questi rapporti nasce la memoria didattica.

6 Il vocabolo francese usato dall’autrice è ‘frayage’; termine della psicologia, indica ‘l’impressione lasciata nel sistema nervoso da ogni avvenimento’. [ndr]

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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Ad esempio: la costruzione di una strada con bottoni di quattro differenti 4 colori7. Prima i bambini lo fanno liberamente, senza aver l'idea di dover costruire un ritmo. Utilizzando le loro conoscenze, costruiscono una fila di bottoni mescolando i colori senza ritmo o regola di successione; in seguito, ‘fare una strada’ evocherà la necessità di creare un ritmo, o almeno di avere alcuni bottoni dello stesso colore che si ripetono con un certo ordine.

I caratteri della memoria didattica La memoria didattica è provvisoria. Gli elementi che contiene si riferiscono a delle conoscenze

contestualizzate utili soltanto a una classe ben precisa di situazioni. Peraltro, permette l'evocazione di eventi particolari legati ad un oggetto di sapere ‘di transito’ (transitionnel) e in costruzione. Gli esempi che seguono si riferiscono alle attività delle scuole dell’infanzia

Esempio 1 Una classe della scuola dell'Infanzia Don Pozzi8 ha incominciato a studiare le regolarità a

partire della canzoncina "Dorme ogni bimbo di questo mondo”. Questa classe ha una esperienza che non è simile a quella della classe di Luisella (stessa scuola) che ha incominciato le attività col “Gioco dei due fratelli”.

L'evocazione di ciò che è successo nella classe di Luisella è utile soltanto ai suoi alunni, e non può servire di sostegno agli alunni di Angela. La canzone purtroppo è un sapere di transito, non consiste nell'oggetto centrale della sequenza didattica.

Le procedure utilizzate nella classe di Angela, ma anche le esitazioni, e la regola costruita basandosi su criteri diversi, sono tante risorse e appoggi che l'insegnante poi riprende in lezioni e attività successive. Per esempio, certi bambini hanno costruito la successione basandosi sulla componente numerica: due balene, due coniglietti, ecc.. Altri hanno presso come criterio di costruzione la componente spaziale (la balena deve essere vicino all'altra balena e il coniglio vicino all'altro coniglio.) Questi due criteri, il numero due e la particolare prossimità degli animali sono utili per la classe per favorire la costruzione di una successione. La classe durante nuove lezioni può riprendere questi caratteri, ma essi saranno dimenticati quando la classe avrà costruito e assimilato altre regole, più generali e più formali – come ad esempio la nozione di infinito della serie - o quando avrà stabilito la nozione di modulo della successione.

La memoria didattica è anche collettiva e in ciò diverge della memoria privata. Questa

caratteristica permette di creare un legame tra i differenti momenti della sequenza didattica, aumentando la loro coerenza. L'insegnante può, grazie a questo carattere, evocare differenti elementi e i sistemi ai quali essi appartengono, costruendo la possibilità di creare delle classi di situazioni. Quest’ultima caratteristica è centrale per lo sviluppo delle conoscenze: la costruzione di classi di situazioni è una condizione per permettere l'emergere di una conoscenza e per far sì che un gesto o un’azione si trasformino in uno schema stabile, ripetibile e generalizzabile.

Esempio 2

Recuperare collettivamente la conoscenza in gioco e favorire la sua evocazione crea dei riferimenti comuni alla classe e stimola il ricordo degli allievi. L'elaborazione di questa memoria

7 L’autrice fa riferimento ad uno dei lavori sulla ricerca di regolarità condotti nelle scuole dell’infanzia descritti nella Nota 2. [ndr] 8 Scuola dell’Istituto Comprensivo ‘A. Manzoni’ di Rescaldina (MI), insegnanti Luisella Bresciani, Angela Landonio, Chiara Rauzi. Nel 2004/2005 ha partecipato alle sperimentazioni del progetto ArAl. Le esperienze sono state filmate dalle insegnanti e montate su CD. Raccolte assieme ad altre di Riscalda (MI) e a quelle di Spilamberto (MO) sono state oggetto di analisi da parte dell’autrice. [ndr]

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richiede dalla parte degli insegnanti di appoggiarsi in un primo tempo alla memoria individuale dei loro allievi. Ma progressivamente si abbandona questa risorsa (la memoria individuale) per appoggiarsi alle regolarità osservate, ricavabili dalle azioni dei bambini. Le regolarità saranno descritte soprattutto attraverso il linguaggio naturale, ma saranno anche poste in evidenza attraverso gesti, disegni, grafici. Le serie create con i bottoni evidenziano, all'inizio, una difficoltà a creare ritmi. Progressivamente, i bimbi si mostrano capaci di riprodurre e di memorizzare delle serie più o meno difficili. La regolarità osservata, per esempio, ‘due azzurri, due marrone, due rossi, un grigio’, crea una regola di nella diversità e anche una regola di nella ripetizione che la maestra ricorda. Ad un certo momento della lezione non accetta una serie troppo regolare, basata su un solo criterio9, e chiede all’autore di diversificare la sua serie, chiedendogli di ricordarsi come avevano fatto gli altri. L'insegnante si appoggia su questa memoria, la evoca e ne fa un riferimento comune a tutta la classe.

La memoria didattica è anche integrativa; la sua evocazione riposa su una informazione che tutta la classe ha integrato durante le lezioni precedenti. Permette alle conoscenze costruite anteriormente o durante le lezioni di iscriversi in nuovi saperi, assimilando le nuove situazioni agli schemi d'azione sviluppati in precedenza e adattandoli alle specificità delle varie situazioni.

Durante una lezione basata sulla situazione del puzzle quadrato di Brousseau che introduce lo studio della proporzionalità, l'osservazione fatta da Centeno e Brousseau in una classe ha messo in evidenza il carattere integrativo della memoria didattica. Ad un momento cruciale della risoluzione, la maestra chiedeva agli studenti non soltanto di riconoscere la forma generale della puzzle, ma di verificare se la forma fosse effettivamente un quadrato. In questa situazione, l’evocazione della forma iniziale - osservata prima della scomposizione e prima di avere aumentato proporzionalmente i diversi pezzi del puzzle - è stimolata con l’intenzione non soltanto di assicurarsi che gli alunni sappiano riconoscere la forma, ma che siano in grado di sottomettere la figura "quadrato" e le sue proprietà alla la verifica e alla prova.

Esempio 3 L'organizzazione spaziale che è stata osservata e poi disegnata dagli alunni della scuola di

Rescaldina dopo aver saltato di seguito <piedi insieme – piedi separati> e che loro riescono a simbolizzare sulla carta non è la conoscenza che interessa all'insegnante. Anche se i bimbi hanno dato prova delle loro conoscenze e di sapere fare disegni molto belli, e sono stati gratificati per il loro successo, l'insegnante non riprende questo sistemazione spaziale, ma mette l'accento sulla ripetizione. L'attrattività di questa sequenza <uno grande - due piccoli> è il modulo, in quanto entità che si può ripetere. All'evocazione della serie, l'insegnante sempre cerca di promuovere il fatto che la serie continua all’infinito. Lei propone, attraverso l'evocazione della serie, di costruire un’altra conoscenza che permetterebbe di integrare il concetto del modulo nella costruzione e nella comprensione dell’infinito.

La memoria didattica ritiene soltanto gli elementi pertinenti all'apprendimento. L'evocazione da parte dell'insegnante si riferisce ad una situazione che tutti gli alunni hanno vissuto, o su una azione che essi hanno intrapreso. Questo fatto sottolinea il carattere selettivo della memoria didattica.

Esempio 4 Fra tutti i momenti importanti che le sequenze mostrano, l'esempio che ho fatto precedentemente

mostra anche la selezione dell’informazione e degli elementi che l'insegnante decide di mettere in evidenza.

9 Per esempio variare il colore mentre la numerosità è invariante.

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Le conseguenze dell'uso della memoria Ricorrere alla memoria didattica nel senso definito prima permette - in situazioni che non si

fondano su una organizzazione testuale del sapere, cioè ad un insegnamento basato esclusivamente sulla trasmissione delle conoscenze e del sapere, di sistemare una dinamica propria, interna alla classe. L'insegnante crea attraverso l'evocazione della memoria didattica un senso e un continuo alle diverse attività condotte in classe, e di conseguenza attribuisce senso all'apprendimento. L'evoluzione delle conoscenze, la loro appartenenza ad una linea temporale che genera la storia di questa conoscenza, del sapere o saper fare, è stimolata dall'evocazione di questa memoria. In altre parole si può dire che la memoria didattica contribuisce alla topogenesi10 della conoscenza.

Per esempio in classi di alunni più grandi, dove l'evocazione ha rappresentato un appoggio per l'atto d'insegnare, la moltiplicazione potrà prendere un senso più concettuale, e forse le conoscenze degli alunni potrebbero presentarsi sotto un pattern narrativo di questo tipo:

"All'inizio ho costruito un modulo, l'ho puntato e gli ho dato una struttura che era invariante. Qualsiasi sia il numero di oggetti che contiene e qualsiasi sia la sua organizzazione interna, la posso riprodurre quante volte voglio. Posso attribuire un nome, una lettera, un simbolo, anche una misura. Il numero di volte che riproduco questo modulo si può tradurre con l'operazione di moltiplicazione".

Il ricorso alla memoria didattica sembra essere spesso utilizzato per introdurre la contraddizione opponendosi al corpo delle conoscenze costituite fino a quel momento e obbliga da un lato gli alunni a costruire nuovi invarianti, o a modificare gli invarianti che avevano scoperto prima, e dall’altro l’insegnante ad adattare la sua gestione al contenuto degli oggetti evocati dall'alluno. Lo obbliga anche a prendere in conto altre situazioni per ampliare la classe delle situazioni. Quindi gli permette di costituire un corpo di nuove conoscenze, di un nuovo sapere e di un nuovo saper fare.

In una parola potremmo riassumere il ruolo della memoria didattica, dicendo che è al servizio di una migliore articolazione del sapere e che permette la creazione di piani nell'apprendimento.

Elementi evocati dalla memoria didattica Durante le osservazioni fatte da Brousseau e da Centeno, ma anche attraverso le osservazioni che

ho fatto nelle classi e attraverso le sequenze filmate, si vede che il ricordo può evocare differenti parti della situazione didattica.

a) il decoro didattico, cioè il ricordo di una situazione conosciuta, più o meno similare. In questo caso, l'insegnante deve essere molto attento a non incitare troppo direttamente i bimbi nell’uso di una procedura. Questo ridurrebbe la situazione didattica ad un effetto Topaze11 e impedirebbe la possibilità di costruire la sua azione.

b) la formulazione verbale, che permette di identificare l'oggetto, di parlarne e di nominarlo. Questo evocazione e frequente ed è una base del progetto ArAl. Ad esempio:

10 La topogenesi rileva la condivisione dell'impegno e della responsabilità dell'alunno e del professore verso il sapere insegnato (Sensevy, Mercier, & Schubauer-Leoni, 2000). 11 L’’effetto Topaze’ riconduce ad una commedia di Moliére, in cui un giovane allievo dell’alta borghesia deve imparare a scrivere correttamente nella lingua francese. L’istitutore – per l’appunto il signor Topaze - sta insegnandogli che le parole scritte, al plurale, acquistano la –s, che però, nel parlare, non viene pronunciata. Sta dettando la parola ‘moutons’ (montoni) e vorrebbe che l’allievo capisse dal contesto della frase che si tratta di un plurale. Naturalmente non pronuncia la ‘s’, e si accorge che lo studente sta scrivendo ‘mouton’. Volendo fare bella figura con un genitore che assiste alla lezione, si mette a sibilare sempre più forte la ‘s’ finché l’allievo si illumina e scrive correttamente ‘moutons’. Naturalmente lo fa non perché abbia capito la regola, ma per pura imitazione di ciò che ha fatto l’istitutore. [ndr]

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successione è il festone che abbiamo da costruire modulo è il ritmo, il gruppo che si ripete.

Questa conoscenza formulata è in quel caso nata da una fase di istituzionalizzazione. Potrebbe tuttavia anche essere una conoscenza provvisoria, formulata dall'alunno o dal maestro, che serve alla risoluzione ma che ha lo statuto di una conoscenza di transito.

c) la verifica o la prova: in questo caso il ricordo fa riferimento a delle conoscenze strutturate, che ammettono e permettono di costruire nuove conoscenze, integrando quelle più anziane e precedentemente costruite.

d) la tecnica o i saperi istituiti dalla scuola: la focalizzazione su questo aspetto permette di rinforzare il sapere da trasmettere e di far risaltare l'obsolescenza di certe conoscenze e di certe competenze efficaci sino a quel momento, ma che in seguito si mostravano cronofagi e poco economici.

A seconda del livello di apprendimento, il docente si appoggia maggiormente su uno piuttosto che su un altro di questi aspetti. Tuttavia ho potuto osservare che con alunni del secondo anno della scuola primaria l'evocazione della memoria didattica comportava questi differenti aspetti.

Conclusione La memoria didattica contribuisce all'apprendimento di conoscenze nuove. All’interno della classe,

sia per il docente che per l'alunno, occupa un posto centrale nella gestione della situazione didattica. Tuttavia ci pare che questa gestione non sia sempre di facile uso. Scegliere la pertinenza degli

elementi per costruire una conoscenza di transito significa sapere quali elementi saranno adatti a tutta la classe e non soltanto ad un gruppo di studenti. Se oggi si conoscono alcuni effetti che la memoria didattica crea, bisognerebbe effettuare altre osservazioni che permettessero di definirla in modo ancora più accurato. Bisognerebbe anche determinare in quali momenti il docente evoca o domanda il ricordo di un fatto didattico pertinente rispetto a quella determinata circostranza.

Il sapere matematico è costituito dalla memoria delle pratiche ad esso collegate e intenzionalmente rappresentate attraverso degli ostensivi12. Il docente favorisce attraverso questi oggetti (o segni ostensivi) la messa in memoria, ma egli e l'alunno hanno sicuramente dei modi specifici all’interno della loro relazione e della loro classe per creare l'attenzione necessaria a mettere in evidenza gli elementi forti da memorizzare che a loro volta contribuiscono alla costruzione delle conoscenze e permettono all'atto d'insegnamento di essere efficace.

Per terminare, vorrei aggiungere che nei sistemi di insegnamento che non richiedono la memoria didattica, sistemi che Brousseau e Centeno chiamano sistemi senza memoria, i risultati comparativi sembrano mostrare che l'assimilazione di saperi nuovi prende più tempo in questi sistemi che in quelli con memoria, e rende dunque l'apprendimento meno efficace, poiché lo studente non riesce a partecipare alla costruzione del sapere. Bibliografia

Brousseau, G. & Centeno, J. (1991). Rôle de la mémoire didactique de l'enseignant, Recherches en didactique des Mathématiques Vol 11/2.3, pp 167-210, Grenoble

Brousseau, G. (1986). Fondements et méthodes de la didactique des mathématiques, Recherches en didactique des mathématiques, 7.2, Grenoble, La Pensée sauvage.

12 Col termine ostensivo si indica ogni oggetto che materializza in modo particolare un’idea o un concetto. Gli ostensivi, secondo Bosch e Chevallard (1999), sono costituiti da una parola, una frase, un grafismo, una scrittura o un gesto. Per esempio l’idea di ‘addizione’ può essere rappresentata dal segno ‘+’.

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Conne, F. (1996). Savoir et connaissance dans la perspective de la transposition didactique. IN: J. Brun (sous la direction de) Didactique des mathématiques, Delachaux et Niestlé, Coll. Textes de base en pédagogie, pp. 275-338.

Mercier, A. (sans date), Le temps didactique. Document en ligne, voir le URL http://recherche.aix-mrs.iufm.fr/publ/voc/n1/mercier3/index.html

Mercier, A. (1997). La relation didactique et ses effets. In C. Blanchard-Laville (Eds), Variations autour d'une leçon de mathématiques à l'école élémentaire, l'écriture des grands nombres, pp 259-312, Paris: L'Harmattan.

Perrenoud, P. (1997). Construire des compétences à l'école, Paris: ESF. Schubauer-Leoni, M. L. (1996). Le contrat didactique: un cadre interprétatif pour comprendre les savoirs

manifestés par les élèves en mathématiques, Journal européen de psychologie de l'éducation, 2. Sensevy, Mercier, A. & Schubauer-Leoni, M. L. (2000). Vers un modèle didactique de l'action du professeur à

propos de la course à vingt, Recherches en didactiques de mathématiques, 20(3), 263-304.

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Per fortuna che facevamo questi lavori così non facevo matematica Relazione sulle attività del Progetto ArAl –

Unità “Verso le funzioni” - in tre classi di Fano (PU)

Anna Maria Facenda, Janna Nardi, Daniela Zambon13 Sezione Mathesis Pesaro

Introduzione Le attività del progetto ArAl sono state portate avanti nel periodo gennaio-maggio 2005; dapprima

si è lavorato sulla sezione “Corrispondenze” poi sulla sezione “Verso le funzioni”, a cui è dedicata la presente sintesi14.

Le tre classi coinvolte, di cui si parlerà in dettaglio nel prossimo paragrafo, non hanno svolto tutte le stesse attività, pertanto le osservazioni contenute in questa relazione non sono sempre generalizzabili e ciò verrà specificato caso per caso.

Le classi e i docenti ● Una classe di scuola media (la 2aD dell’I.C. “Gandiglio”), composta da 26 alunni, nella quale

una delle autrici è docente curricolare di Scienze matematiche. Si tratta di una classe complessivamente di livello medio, con alcune individualità eccellenti e altre invece piuttosto modeste sia sul piano logico che linguistico. Nel contratto didattico abituale tra docente ed allievi hanno largo spazio le situazioni aperte e quindi la discussione, la formulazione di congetture, l’argomentazione. Pertanto il lavoro è stato accolto dagli alunni con naturalezza e la partecipazione ai momenti di dibattito è stata spontanea ed ampia, anche da parte degli alunni più deboli. Il lavoro si è svolto sotto la guida dell’insegnante curricolare.

● Due classi di scuola primaria (5aA e 5aB della Scuola primaria “F. Gentile”, afferente all’I.C. “Gandiglio”), rispettivamente di 21 e 22 alunni. Nella 5aB è presente un’alunna portatrice di handicap (ipoacusia grave), seguita da un’insegnante di sostegno che è stata sempre presente agli incontri ed ha svolto il ruolo di mediatrice della comunicazione, quando necessario. Le due classi hanno entrambe come insegnante curricolare dell’area matematica la maestra Daniela Zambon che ha gestito il lavoro in collaborazione con le altre due autrici. In 5aA è intervenuta regolarmente Nardi, in 5aB Facenda. Entrambe le classi hanno accolto con simpatia e semplicità le due docenti sperimentatrici. I due gruppi hanno però caratteristiche diverse: la 5aA è intellettualmente più vivace, esuberante e propositiva; ne fanno parte numerose personalità forti, che sono di stimolo agli altri. L’altra classe è più eterogenea: i pochi alunni “forti” non riescono a trainare gli altri, anche perché sono presenti diversi bambini con situazioni personali e/o familiari complesse che li rendono spesso insicuri, demotivati o con un livello di maturazione non adeguato.

Nelle classi di primaria, compatibilmente con gli impegni della didattica ordinaria, è stata dedicata un’ora settimanale a questa attività. Nella classe di media, invece, c’è stata una interruzione (per motivi vari: impegni della classe, altre scadenze, malattie) e poi nell’ultimo periodo si è lavorato in modo più intensivo.

Un’altra differenza tra le classi, come si è accennato sopra, è stata la conduzione: nelle due quinte, infatti, l’insegnante curricolare ha lavorato in compresenza con una o l’altra delle

13 A.M. Facenda e D.Zambon sono docenti presso l’Istituto Comprensivo “A.Gandiglio” di Fano. 14 Le attività descritte fanno riferimento a: AAVV, Unità 9, Verso le funzioni, di prossima pubblicazione nella Collana ArAl, Pitagora Editrice Bologna.

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insegnanti sperimentatrici. Pertanto ci sembra corretto riportare anche, in questa sede, le osservazioni della maestra sugli stili di lavoro delle due docenti esterne (che qui indichiamo con le sigle D1 e D2): - D1 (Classe 5aA) – ha utilizzato con i bambini una modalità di lavoro più “da grandi”,

soffermandosi maggiormente su aspetti teorici e usando un linguaggio più difficile. - D2 (Classe 5aB) – ha assunto atteggiamenti di maggior comprensione, cercando di ridurre la

complessità degli argomenti e adeguando in misura maggiore il linguaggio. In ambedue le situazioni, tuttavia, l’accordo tra docente esterna e docente curricolare è stato totale,

date la reciproca conoscenza e la collaborazione costante nella preparazione dei materiali, nell’analisi dei protocolli e nelle riflessioni sui risultati.

Attività svolte Come in precedenza accennato, per vari motivi le tre classi – pur avendo seguito lo stesso percorso di lavoro - non sono arrivate al medesimo punto; in particolare: - la seconda media ha svolto le attività sulle situazioni: Frecce e storie Racconta una storia Giochi Palloncini - la 5aA ha svolto le attività sulle situazioni. Frecce e storie Racconta una storia Giochi Palloncini In famiglia Da uno dei tanti libri di enigmi (mattoncini) Una festa in maschera e una parola d’ordine - La 5aB ha svolto le situazioni: Frecce e storie Racconta una storia Giochi Palloncini

Riflessioni generali Un resoconto dettagliato dell’esperienza, attività per attività e differenziato per classe, è disponibile

su richiesta15. In questa sintesi è nostra intenzione, invece, proporre alcune osservazioni e riflessioni di carattere generale, non organicamente collegate – data la limitatezza del campione su cui abbiamo lavorato - ma tuttavia, a nostro avviso, significative. Nelle Figure (v. Allegato) sono rappresentate le situazioni alle quali esse si riferiscono.

Il problema della comprensione della consegna Nelle due classi di scuola elementare, ma in parte anche nella classe di media, la comprensione

effettiva della consegna non è stata immediata; in particolare gli allievi hanno incontrato difficoltà nell’interpretare la parola “relazione”, che viene letta come una sorta di “proprietà comune” agli elementi di ciascuno dei due insiemi. Di conseguenza, alcune proposte avanzate dai bambini consistevano nel formulare classificazioni ulteriori all’interno degli insiemi stessi. Ciò si è presentato in maniera più evidente nella situazione “Giochi” (Figura 1) molti alunni hanno proposto di suddividere in sottogruppi sia gli oggetti in vetrina (ad es. Giochi/Cose utili; Giochi per maschi/giochi per femmine…) sia i prezzi (prezzi che iniziano con la stessa cifra; prezzi inferiori/superiori a 5 Euro …). Anche la richiesta “Quali informazioni ti dà…?” è stata vissuta con

15 Scrivere a: Janna Nardi, [email protected].

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spirito più creativo che sistematico; gli alunni tendono a costruire storie, preoccupandosi anche della loro coerenza con la realtà:

● “La bambola gioca con il peluche sull’aereo” [I Giochi] ● “ Emanuele dà un appuntamento a Ilaria per mangiare un gelato al Pino

bar” [La storia, Figura 2] ● “Dei ragazzi vanno a fare un pik nik e con loro portano dei palloncini.

Esempio: Anna ha un palloncino di color verde e quindi lei mangia tutto quello che è verde” [I palloncini, Figura 3]

Può accadere allora che la relazione inversa sia vista come una sorta di “risposta”, temporalmente differita, a quella diretta.

● “Se inverto le frecce, Ilaria e Valeria danno appuntamento a Federico” (dopo?)

● “Dafne e Martina si incontreranno con Francesco” [ambedue da “La storia”]

oppure, nella situazione “La festa”, Figura 4:

● “Se inverti le frecce vuol dire l’ospite ha dato la risposta per primo quindi la sentinella e obbligato a dirli un numero che è +2 a quello che ha detto l’ospite”

Ci sembra che si possa collegare questo atteggiamento delle classi con la frase che abbiamo voluto riportare come titolo di questo lavoro: le situazioni e le attività proposte non sono state percepite come matematica.

L’interferenza del linguaggio Nelle attività sulle leggi di corrispondenza, questo problema non si è posto in maniera significativa;

infatti si è lavorato su “traduzioni” dal linguaggio naturale a quello formale – e viceversa - e pertanto oggetto della riflessione erano le analogie e le differenze tra le strutture sintattiche dei due linguaggi. Due frasi, con lo stesso significato ma espresse in linguaggi diversi possono essere confrontate elemento per elemento, analizzando con gli allievi la corrispondenza tra parola o espressione verbale e sua traduzione formale, anche in relazione alla loro posizione nella “frase” linguistica o algebrica.

Il problema dell’interferenza è emerso invece in tutte e tre le classi in questa sezione del progetto, dato che qui non è possibile un confronto tra i due linguaggi giocato sul piano sintattico; si è posto in maniera evidente al momento della formulazione delle relazioni inverse e particolarmente nel caso di relazioni non simmetriche. Se la relazione è simmetrica, infatti (ad es. A. studia con F o simili) non ci sono problemi; è sufficiente scambiare tra loro dominio e codominio senza dover modificare la forma verbale. I problemi insorgono, invece, quando si deve intervenire sulla forma verbale. Insorgono infatti due ordini di difficoltà:

a) necessità di trasformare il verbo da attivo a passivo, con conseguente inversione dei ruoli tra soggetto e complemento, come nel caso (non tratto da questa esperienza): A. pettina B, B è pettinata da A; al di là della difficoltà grammaticale (eventuale) i bambini comunque “riconoscono” i connotati della situazione, semplicemente commentano che è “un altro modo di dire”.

b) necessità di cambiare radicalmente il predicato, oltre che invertire i ruoli tra soggetto e complemento: F. è nata a maggio; maggio è il mese di nascita di F. (Figura 5)

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Nel caso a) la competenza linguistica e grammaticale degli allievi rappresenta l’ostacolo principale; nel caso b), oltre alla competenza linguistica intervengono notevolmente considerazioni d’uso: i bambini osservano, infatti, che frasi come “maggio è il mese di nascita di F.” non fanno parte del linguaggio quotidiano: “non si dice” oppure “è brutto”. Di conseguenza non le formulano spontaneamente: interviene da parte loro una sorta di censura sulla frase inversa corretta, in quanto questa urta con il modo comune di parlare o non fa parte del loro bagaglio espressivo proprio perché non l’hanno mai sentita usare. In alcuni casi, se il predicato della relazione diretta è molto diverso da quello della forma inversa, i bambini vivono la trasformazione come se fosse un cambiamento di situazione: come se “si parlasse d’altro”.

Ci sembra perciò che sia difficile valutare realmente con quanta facilità i bambini individuano la relazione inversa, dato che le prestazioni – per così dire - “logiche” sono notevolmente condizionate da elementi che appartengono all’ambito linguistico-espressivo o, addirittura, al senso comune:

“A Marco piacciono i palloncini verdi e gialli e l’incontrario è che a Marco NON piacciono i palloncini verdi e gialli” [I palloncini]

Sarebbe particolarmente utile, nella scuola media, svolgere queste attività in collaborazione con l’insegnante di Lettere.

Le componenti affettive Come prevedibile, gli allievi – soprattutto i più piccoli - trasferiscono in questo lavoro una grossa

componente affettiva: parliamo di riferimenti al loro vissuto personale, alle loro esperienze o addirittura alle loro convinzioni, per così dire, “etiche”. Ad esempio, nel caso della situazione “Inventa una storia”, una delle proposte di relazione era: “X. ha come fidanzata Y”, che è stata scartata in sede di discussione perché “non ci si può fidanzare con due persone”. Sempre in questa situazione, la relazione “X va a casa di Y” (o simili, come “X studia con Y”) non è stata accettata con facilità; infatti dallo schema emergeva che un certo bambino era collegato da frecce con altri due, che però non erano a loro volta collegati. Sorgeva allora la difficoltà di conciliare “X studia con Y” e “X studia con Z” con il fatto che Y e Z non studiavano, evidentemente, insieme. La contraddizione è stata risolta introducendo l’elemento temporale, cioè ipotizzando che X prima studi con Y e poi con Z. Si osserva quindi che la natura della situazione esaminata non è neutra rispetto all’atteggiamento degli allievi: considerazioni di tipo affettivo condizionano la formulazione delle relazioni e la valutazione della loro accettabilità da parte dei ragazzi. Al limite, si rischia che essi perdano di vista l’aspetto funzionale e si concentrino su questioni a margine, che potremmo definire “narrative”.

La rappresentazione con le frecce L’aspetto grafico dell’attività va analizzato secondo diversi punti di vista: I – Comprensione del significato della rappresentazione: dopo un iniziale, ma non generalizzato,

disorientamento, gli allievi hanno accettato questo registro di rappresentazione, pur non avendo familiarità con esso, e sono stati in grado di “leggerlo”.

II – Rapporto tra rappresentazione grafica e linguaggio naturale: a) dalla rappresentazione con frecce alla traduzione in lingua naturale – si è già accennato alle

interferenze del linguaggio sul risultato di questa parte dell’attività. Aggiungiamo che non si sono verificati casi di interpretazioni “locali” dei grafici: una volta individuata una possibile relazione, i bambini l’hanno sempre applicata con coerenza a tutte le coppie di elementi.

b) dalla espressione in lingua naturale alla rappresentazione con frecce – il rapporto tra i due registri di rappresentazione risulta, in questa direzione, più problematico. I bambini non utilizzano spontaneamente le rappresentazioni grafiche in genere e quando sono sollecitati a farlo non sempre le costruiscono nel modo più economico. Ad esempio, nel caso dei “Giochi”, di fronte ad oggetti che costavano uguale gli alunni non hanno utilizzato una

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rappresentazione di tipo molti/uno ma hanno ripetuto lo stesso prezzo tante volte quanti erano gli oggetti (rappresentazione uno/uno). Nella discussione, gli stessi allievi hanno detto di aver notato che alcuni oggetti avevano lo stesso prezzo, ma non hanno spiegato perché hanno scelto una rappresentazione “ridondante” (ovviamente non abbiamo usato, con loro, questo termine). Non è da escludere, secondo noi, che nel contratto didattico implicito seguito dagli alunni ci sia una clausola che giudica negativamente le rappresentazioni sintetiche, come se fossero un “lavorare al risparmio”.

III – Caratteristiche e limiti della rappresentazione: gli alunni del nostro campione non hanno manifestato disorientamento di fronte a rappresentazioni senza l’ovale (“Inventa una storia”). Quando abbiamo sottolineato questa particolarità, chiedendo di commentarla, tutti hanno affermato di non esserne rimasti colpiti, perché l’ovale “lega” i componenti di un gruppo e in quel caso “non si possono mettere due ovali distinti perché vanno tutti nella stessa scuola”. Nella seconda media è emersa invece una certa insoddisfazione nei confronti dello schema a frecce nel caso della situazione “Palloncini”; in un primo momento, infatti, prevale la volontà di rappresentare la relazione “… ha un palloncino di colore..”. Quando viene suggerito di rappresentare anche il numero di palloncini con un nuovo schema (X ha n palloncino/i), parecchi osservano che dalla rappresentazione precedente si può dedurre anche il numero dei palloncini, mentre non è vero il contrario. In seguito, di fronte alla relazione “... ha un palloncino dello stesso colore di …”, tutti concordano nel giudicare inadeguata la rappresentazione a frecce, che è troppo complessa e quindi in questo caso poco leggibile. In alternativa, viene scelta la tabella a doppia entrata.

Un bilancio dell’esperienza… dalla parte degli alunni Nelle due classi quinte, in occasione dell’ultimo incontro, abbiamo chiesto ai bambini di scrivere

un breve commento su questa esperienza di lavoro, diversa e nuova per loro. Non abbiamo dato, volutamente, indicazioni da seguire; abbiamo solo raccomandato di essere sinceri e di mettere in evidenza anche eventuali aspetti negativi, perché “sono utili per le prossime classi che faranno le stesse attività”. Ne proponiamo qui una lettura “per tematiche”, che ci sembra interessante anche perché vi si possono leggere, sia pure in forma ancora ingenua, delle riflessioni di tipo metacognitivo.

I commenti originali, che sono riportati al termine delle appendici con il dettaglio del lavoro, si riferiscono all’esperienza complessiva, quindi anche alla parte sulle corrispondenze.

Una diversa immagine della matematica L’attività sembra aver contribuito ad arricchire e diversificare l’immagine della matematica;

parecchi bambini hanno messo in rilievo l’aspetto di “novità” delle proposte di lavoro e come si sia loro rivelata una faccia della materia che non conoscevano: “Ho imparato cose nuove sull’aritmetica” “Ho capito che nella matematica non ci sono solo numeri, misure e figure ma è anche collegata con la logica e italiano”. “… aver fatto l’algebra, cioè numerato con le lettere e non con i numeri”

Altri hanno sottolineato l’aspetto creativo delle attività, il piacere e anche – perché no - il divertimento insito nella scoperta: “Questo lavoro mi ha fatto esprimere anche con la fantasia” “Scoperta delle relazioni…” “È stato divertente scoprire le regole”

In questa nuova immagine della matematica, tuttavia, non manca la consapevolezza della “fatica del ragionare”: “..ci ha scervellati” “È stato difficile ma bello…” “Strizzava il cervello”

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Parole nuove, parole difficili: la questione del linguaggio Gli allievi hanno dimostrato una rimarchevole sensibilità nei confronti della lingua utilizzata

durante le attività; non hanno nascosto la difficoltà derivante dall’incontro con parole nuove e difficili ma nello stesso tempo segnalano come una conquista l’averle imparate: “Ho imparato parole nuove” ”C’erano termini un po’ difficili” “Ho imparato tante cose tipo: la lingua matematichese... ” “Per i prossimi ragazzi chiedo di spiegare semplice”

E le frecce? Quasi del tutto assenti, nei commenti degli alunni, i riferimenti alle rappresentazioni grafiche con

l’uso di frecce; solo un bambino afferma di aver capito “… cosa possono significare le frecce in uno schema” e un’altra confessa “non mi ero mai impegnata sul discorso delle freccie (sic)”. Molto più frequenti, invece, i riferimenti alle formule (“Ci ha insegnato formule..”; “Formule nuove” e altri simili). Data la non sistematicità di questa parte del lavoro non ci sentiamo di fare ipotesi in merito.

Non si può escludere, tuttavia, che l’aspetto grafico dell’attività sia stato per i bambini meno interessante di altri, vuoi per la consuetudine all’uso di questo strumento, vuoi invece per lo scarso impatto che le schematizzazioni grafiche hanno sui bambini. In quest’ultimo caso si tratterebbe di una ulteriore conferma alla ipotesi – avanzata in passato da alcuni ricercatori - che il registro grafico di rappresentazione non sia per i bambini così significativo come invece è per gli adulti. Frammenti

Tra i commenti raccolti, ci piace segnalarne alcuni che presentano interessanti elementi di originalità o spunti di riflessione: “..non esisteva la parola «sbagliato». Un bambino faceva a modo suo e così venivano fuori metodi diversi” : si affaccia un’immagine della matematica meno dogmatica, attenta al processo oltre che al prodotto, e che forse fa sentire un po’ più a proprio agio. “ … ho capito come è fatta una prof”; “la prof ha avuto pazienza” : siamo in quinta, l’anno prossimo ci sarà il passaggio in una scuola nuova e l’incontro con insegnanti diversi. L’esperienza, forse, è servita a qualcuno anche per ridimensionare le proprie preoccupazioni! “Per fortuna che facevamo questi lavori così non facevo matematica”: si fa matematica, come molti pensano e come i bambini stessi hanno affermato, solo se ci sono di mezzo numeri e figure. Questo stereotipo, anche socialmente molto diffuso, è emerso qualche volta anche all’inizio dell’attività sulle relazioni. Quando abbiamo chiesto ai bambini di cosa, secondo loro, si occupa la matematica, solo un’alunna ha detto che “la matematica fa ragionare”.

Questioni aperte Presentiamo di seguito alcuni “punti interrogativi”, cioè questioni che nella nostra analisi ci siamo

trovate a prendere in considerazione ma che noi stesse dobbiamo ancora chiarire fino in fondo. Le proponiamo perciò alla riflessione comune.

In parecchie situazioni, ci siamo rese conto che gli alunni hanno la tendenza ad interpretare la relazione inversa come “conseguenza “ di quella diretta; questo comporta un irrigidimento funzionale nel loro modo di considerare le situazioni e di stabilire lo statuto di ciascuna relazione.

Ci chiediamo anche se, per far nascere la capacità di identificare dominio e codominio, sia più utile iniziare da relazioni simmetriche o non simmetriche. Non abbiamo, allo stato attuale, una ipotesi di risposta.

?

?

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Ricollegandoci a quanto detto in precedenza sulla interferenza del vissuto e dell’esperienza personale nella elaborazione delle situazioni da rappresentare, ci siamo anche poste un’ultima domanda: poteva essere più produttivo proporre in misura maggiore (se non esclusiva, almeno all’inizio) relazioni di tipo più spiccatamente numerico-operazionale (ad es. doppio/metà; precedente/successivo, ecc.)?

Bibliografia AA.VV.: 2002, Uguale è un segno di relazione o un indicatore di procedura?, L’insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, n.3 A (255-270) Artico G.: 2001, La mia algebra, L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate, n.1 B (8-28) Bazzini L.: 1994, Il ruolo del pensiero algebrico nella costruzione delle conoscenze numeriche, Numeri e

proprietà, Università di Parma Bazzini L.: 2001, Aspetti cognitivi del pensiero algebrico e implicazioni didattiche, La Matematica e la sua

Didattica, n. 4 (314-331) Bernardi C., Cannizzaro L.: 2002, A cosa servono le lettere in matematica?, L’insegnamento della matematica

e delle scienze integrate, n.4 B (347-361) Boero P.: 1992, Sulla specificità della ricerca in matematica: il caso del formalismo algebrico,

L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate, n. 10 (963-986) Malara N. A., Gherpelli L.: 1994, Argomentazione in aritmetica, Numeri e proprietà, Università di Parma Malara N.A.: 1996, Il pensiero algebrico: come promuoverlo fin dalla scuola dell’obbligo limitandone le

difficoltà?, L’Educazione Matematica, n.2 (80-99) Malara N.A.: 1997, Problemi di insegnamento - apprendimento nel passaggio dall’aritmetica all’algebra, La

Matematica e La sua Didattica, n. 2 (176-186) Malara N.A.: 1999, Un aspetto di una ricerca sperimentale nel triennio di scuola media: la risoluzione di

problemi algebrici, L’Educazione Matematica, n.2 (96-110) Malara N.A.: 2002, Comportamenti di futuri insegnanti in relazione ai problemi dimostrativi algebrici,

L’Educazione Matematica, n.1 (40-52) Malara N.A., Navarra G.: 2000, Percorsi esplorativi di avvio al pensiero algebrico attraverso problemi,

L’Educazione Matematica, n.1 (7-21) Pesci A.: 1994, L’uguaglianza in ambito aritmetico – algebrico: attività per esplorare stereotipie e

fraintendimenti, Numeri e proprietà, Università di Parma Reggiani M.: 1994, Analisi di difficoltà legate all’uso di convenzioni nel linguaggio aritmetico – algebrico,

Numeri e proprietà, Università di Parma Vergnaud G., Cortes A., Favre-Ortigue P.: 1997, Introduzione dell’algebra ai ‘principianti’ deboli: problemi

epistemologici e didattici, La Matematica e La sua Didattica, n.3 (253-271)

?

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Allegati Da: AAVV, Unità 9, Verso le funzioni, di prossima pubblicazione nella Collana ArAl, Pitagora Editrice Bologna.

Figura 1

Situazione 3: Giochi ■ Cerca le relazioni nascoste. ■ Esprimile con le tue parole, poi rappresentale col linguaggio delle frecce.

E ora inverti le frecce. Che cosa cambia?

Figura 2

Situazione 2: Racconta una storia Otto ragazzi si incontrano tutte le mattine sull'autobus che li porta a scuola. Nell'atrio si salutano, si danno appuntamento per la ricreazione poi si separano per raggiungere le proprie classi. ■ Descrivi a parole la situazione rappresentata dallo schema a frecce 1. ■ E ora inverti le frecce. Che cosa cambia? 1

Figura 3

Situazione 4: I palloncini ■ Cerca le relazioni nascoste. ■ Esprimile con le tue parole, poi rappresentale col linguaggio delle frecce.

E ora inverti le frecce. Che cosa cambia?

Marco

Federico

Francesco

Emanuele

Ilaria Martina Dafne Valeria

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Figura 4

Situazione 7: Una festa in maschera e una parola d'ordine … un po' speciale ■ Come descriveresti questa situazione? ■ Quali relazioni nasconde? ■ Rappresentale col linguaggio delle frecce. ■ E se inverti le frecce?

■ La sentinella dice 231. Cosa risponde l'ospite? ■ Un ospite risponde 450. Perchè? ■ Come scriveresti il biglietto d'invito alla festa? Sfida: e usando le lettere?

Figura 5

Situazione 1: Frecce ■ Quali informazioni ti dà? ■ E se invertissimo le frecce?

a)

c)

2

4

8

6

7

5

b)

2

?

d)

Federica Carlo

Giovanna Giorgia

Vincenzo Dario Marco

Sandro

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

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Una proposta didattica collegata alle attività pluriennali ArAl sulla ricerca di regolarità

Antonella Giacomin

Istituto Magistrale ‘G. Renier‘, Belluno

Nel corso di questi anni all’interno del progetto ArAl le attività sulla regolarità hanno assunto un ruolo sempre più importante. Nelle prime attività erano una delle tante proposte all’interno delle unità: si pensi ad esempio alla griglia dei numeri (Unità 4), con le esplorazioni all’interno della griglia, alla ricerca sugli operatori che consentono di muoversi lungo le varie direzioni, ai giochi dell’isola da ricostruire e dell’isola che non c’è.

Ben presto la ricerca di regolarità è diventata un tema centrale nel progetto, in quanto attività fondamentale per perseguire una serie di obiettivi molto importanti per lo sviluppo del pensiero algebrico: cercare regolarità significa essere capaci di individuare relazioni, cogliere analogie e differenze, riconoscere strutture, e molto altro. Significa parlare di numeri, di relazioni, di funzioni, significa saper modellizzare una situazione concreta e riconoscere la sua struttura.

Con questa consapevolezza, creatasi via via che il progetto cresceva, è nata una serie di situazioni da esplorare, quali: “La cintura di Arabella” o “Storie di ragazzi ordinati”16, “Il problema del parcheggio”17, che partono da situazioni problematiche, ed altri che partono da pattern particolari, quali “Fregi e stampini” o “Le collane”18, fino agli ultimi che sono ancora in fase di sperimentazione, come le attività con le piastrelle triangolari: e con i quadrati colorati:

La metodologia utilizzata è quella della costruzione collettiva delle conoscenze, particolarmente proficua nelle attività di questo tipo.

Ma qual è il processo mentale dell’alunno? Quanti e quali sono i livelli di astrazione che la sua mente deve percorrere per giungere ad una lettura significativa della situazione proposta?

16 Unità 8, v. Bibliografia. 17 Verrà inserito assieme ad altri in una delle prossime Unità. 18 Unità 7, v. Bibliografia.

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Siamo certi di essere in grado di capire quale sia la scintilla che fa cogliere ad un certo momento ciò che caratterizza una certa situazione?

Proviamo ad analizzare un problema di regolarità adatto a studenti delle scuole secondarie e ad adulti. Scriviamo una funzione polinomiale di secondo grado, del tipo

cbxaxy ++= 2 sostituendo ad a, b, c dei valori a piacere, e calcoliamo i valori che la funzione assume quando

x = 0, x =1, x =2.

Ad esempio, se studiamo la funzione: 132 2 ++= xxy

otteniamo:

f(0) = 2·02 + 3·0 + 1 = 1 f(1) = 2·12 + 3·1 + 1 = 6 f(2) = 2·22 + 3·2 + 1 = 15

Calcoliamo poi le differenze:

∆1 = f(1) – f(0) = 6 – 1 = 5 ∆2 = f(2) – f(1) = 15 – 6 = 9

∆3 = ∆2 – ∆1 = 9 – 5 = 4

In questo modo, partendo dalla funzione otteniamo alcuni valori (nel nostro caso: 1, 6, 15, poi 5, 9 e infine 4).

La proposta didattica nasce dal problema precedente invertendolo:

Come si può ‘ritornare’ dai valori all’equazione della funzione?

Per raccogliere questi valori compiliamo una tabella (assume la forma di una piramide rovesciata19). Ad esempio, quella relativa alla nostra funzione 132 2 ++= xxy risulta essere:

f(0) f(1) f(2) 1 6 15 5 9 4

Nella fila in alto troviamo 1, 6, 15; in quella sottostante 5 e 9 e nella casella più bassa 4. Si scopre

che nella piramide il numero in un mattone è la differenza fra i due numeri nei mattoni soprastanti (il minuendo sta nel mattone di destra). Se partiamo da questa tabella possiamo risalire alla funzione: ma come? Per capirlo analizziamo altre tabelle. Indichiamo con un nome i contenuti delle loro celle:

19 L’organizzazione della tabella fa riferimento in modo evidente alle piramidi esplorate nell’Unità 5 (v. in Bibliografia).

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f(0) f(1) f(2) ∆1 ∆2 ∆3

Analizziamo alcune situazioni per poter fare delle ipotesi che abbiano una certa attendibilità. Iniziamo vedendo ad esempio cosa succede quando lavoriamo con una classe di funzioni del tipo

cbxaxy ++= 2 in cui rimangono invariati a e b e cambia c. Sostituiamo quindi a x i valori 0, 1, 2 e costruiamo le rispettive piramidi:

1 4 9

3 5 12)( 2 ++= xxxf c = 1 2

2 5 10 3 5 22)( 2 ++= xxxf

c = 2 2

3 6 11 3 5

32)( 2 ++= xxxf

c = 3 2

–1 3 8 3 5

12)( 2 −+= xxxf

c = –1 2

–2 2 7 3 5

22)( 2 −+= xxxf

c = –2 2 Confrontando le piramidi possiamo ricavare due osservazioni:

1. i valori di ∆1 , ∆2 e ∆3 rimangono invariati, evidentemente non sono legati al coefficiente c. 2. il valore di c si ritrova nella casella f(0).

Si possono fare delle ulteriori verifiche che confermano queste osservazioni.

Vediamo ora cosa succede mantenendo nella stessa funzione invariati b e c e modificando a. Sostituiamo a x, come in precedenza, i valori o, 1 e 2:

3 6 11 3 5

32)( 2 ++= xxxf

a = 1 2

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3 7 15

4 8

322)( 2 ++= xxxf a = 2 4

3 8 19 5 11

323)( 2 ++= xxxf

a = 3 6

3 4 3 1 –1

321)( 2 ++−= xxxf

a = –1 –2

3 3 –1 0 4

322)( 2 ++−= xxxf

a = –2 4

L’unico elemento a rimanere invariato stavolta è f(0), il che conferma la nostra ipotesi precedente. Si può anche osservare che in questo secondo caso:

3. ∆3 assume sempre un valore doppio rispetto ad a.

Analogamente si procede per capire come si possa arrivare a ricavare b mantenendo immutati a e c. Il percorso è lo stesso, anche se stavolta la regola è meno evidente:

1 3 7 2 4

1)( 2 ++= xxxf

b = 1 2

1 4 9 3 5

1)( 2 ++= xxxf

b = 2 2

1 5 11 4 6

1)( 2 ++= xxxf

b = 3 2

1 1 3 0 2

1)( 2 ++= xxxf

b = –1 2

1 0 1 –1 1

1)( 2 ++= xxxf

b = –2 2

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In accordo con quanto abbiamo già scoperto, in questo terzo caso non si modificano né f(0) né ∆3, che infatti dipendono da a e c, che in questo ultimo gruppo di funzioni assumono sempre lo stesso valore. Cambia invece il resto; in particolare:

4. si scopre che b + a = ∆1.

A questo punto, conoscendo i valori dei tre mattoni di sinistra della nostra piramide, possiamo risalire alla funzione di partenza. Infatti dalle scoperte illustrate in 3), 2) e 1) possiamo ricavare i valori rispettivamente di a, b e c:

3. ∆3 = a × 2 a = ∆3 : 2 4. b + a = ∆1 b = ∆1 – a 2. c = f(0)

Per giungere a questo risultato abbiamo utilizzato un metodo di ricerca di regolarità di tipo empirico, abbiamo cercato delle relazioni fra i numeri scritti nei mattoni delle piramidi e i coefficienti delle funzioni; in classe sicuramente si procederebbe verificando più e più volte le ipotesi via via emerse.

Per un matematico questo non è un metodo ortodosso, in quanto è una scoperta di tipo sperimentale, impossibile da verificare su tutte le equazioni polinomiali di secondo grado. Sta di fatto però che è un metodo che utilizziamo nella pratica didattica e risulta generalmente efficace e coinvolgente.

Le strade canoniche per giungere a questo risultato possono essere di tipo algebrico. Ad esempio, possiamo ragionare in questo modo: analizziamo la generica funzione polinomiale di secondo grado:

cbxaxxf ++= 2)(

Costruendo la solita piramide rovesciata otteniamo:

f(0) f(1) f(2)

c a + b + c 4a + 2b + c

(a + b + c) – c= a + b (4a + 2b + c) – (a + b + c) = 3a + b

(3a + b) – (a + b) = 2a

E quindi possiamo risalire ad a, b, c giungendo alle stesse conclusioni.

Risulta evidente che il secondo approccio è più efficace e veloce del primo, ma generalmente è anche meno spontaneo per gli studenti. Pertanto, è da pensare che un problema di ricerca di regolarità si possa generalmente affrontare a due livelli: per via, per così dire, induttiva, cercando di individuare, per tentativi, errori, verifiche continue la risposta ai quesiti. Ma c’è anche un’altra via, che giunge alla soluzione partendo dal problema generale.

Come attivare la strategia più rapida ed efficace? Servono strumenti tecnico operativi, certamente, ed anche la capacità di vedere la struttura della situazione presentata, per poterla risolvere al di là dei dati del problema. In altre parole, occorre guardare alle situazioni con occhio algebrico.

Questo è l’obiettivo, sicuramente ambizioso e raggiungibile solo su tempi lunghi, che va perseguito.

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Per far questo, è opportuno presentare tante situazioni diverse ma strutturalmente uguali, lavorare per cogliere le analogie fra tali situazioni, ed anche, ogni qualvolta una soluzione viene risolta con il primo approccio, quello induttivo, cercare per quanto possibile di tradurre in chiave algebrica il problema, e se possibile risolverlo in modo deduttivo. Bibliografia G. Navarra, A. Giacomin, 2003, Unità 5: Le piramidi di numeri, Pitagora Editrice Bologna G. Navarra, A. Giacomin, 2005: Unità 7: Ricerca di regolarità: dai fregi alle successioni aritmetiche,

Pitagora Editrice Bologna G. Navarra, A. Giacomin, 2005, Unità 8: Esplorazioni alla ricerca di leggi di corrispondenza, Pitagora

Editrice Bologna W. W. Sawyer: 1978, Guida all'insegnamento della matematica; 2. ricerca del metodo, Boringhieri

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Lo sviluppo del pensiero proporzionale Aspetti di un progetto didattico attuato nella scuola secondaria di primo grado

con possibili raccordi nella scuola primaria

Roberta Fantini, Sara Gherpelli GREM – Università di Modena & Reggio Emilia

La conquista consapevole del pensiero proporzionale da parte degli allievi della scuola media è certamente uno dei compiti più spinosi per il docente. Posto che tutti gli insegnanti affrontano, seppur in qualche modo, il tema ‘proporzionalità’, raramente si preoccupano di verificare, al termine del ciclo di studi, se gli allievi siano effettivamente in grado di ragionare attraverso modelli proporzionali e di riconoscere e differenziare, all’interno di una gamma variegata di situazioni problematiche, quelle inquadrabili nella proporzionalità (Grugnetti, 1996). Tale comportamento, ancorato ad una didattica tradizionale ormai consolidata nel tempo, viene anche supportato dalla strutturazione della maggior parte dei libri di testo che, ancora oggi, privilegiano la trattazione del tema “proporzioni”, e delle relative proprietà, piuttosto che lo studio del pensiero proporzionale.

La rilevanza che il pensiero proporzionale ha, entrando in gioco direttamente o indirettamente in diversi contesti didattici, e la particolare importanza educativa e psicologica che esso riveste per una crescita culturale dei ragazzi sono state alcune delle considerazioni fondanti per la strutturazione di un progetto triennale teso all’effettivo miglioramento del processo di insegnamento-apprendimento della proporzionalità. La tematica è stata così inquadrata in un’ottica relazionale finalizzata cioè ad evidenziare la variabilità dei dati in gioco. In particolare questa impostazione, focalizzata sui concetti di variabile e di funzione, non solo ha promosso lo sviluppo del pensiero proporzionale e consentito agli allievi significativi collegamenti disciplinari ed interdisciplinari ma ha anche contribuito positivamente all’introduzione del linguaggio algebrico per la modellizzazione del reale (Freudenthal 1978). Di seguito verrà quindi proposta una serie di spunti operativi e metodologici al fine di assicurare organicità e continuità sistematica allo sviluppo del pensiero proporzionale auspicabile fin dalla scuola primaria.

Ipotesi e obiettivi Il progetto si basa sull’ipotesi che la conquista del pensiero proporzionale sia un processo lento che

vada attuato attraverso attività sistematiche, articolate nell’intero arco della scuola secondaria di primo grado, che diano la possibilità ai ragazzi di confrontarsi e vagliare criticamente i loro pensieri. Così facendo si permette loro di maturare nel tempo un atteggiamento mentale idoneo al riconoscimento delle situazioni di proporzionalità e alla corretta gestione anche di quelle situazioni non propriamente standard. In particolare si ritiene che gli allievi possano essere in grado di raggiungere la consapevolezza di tali relazioni facendone emergere il carattere moltiplicativo dal confronto dei vari punti di vista. Il percorso didattico è stato attuato nell’alveo dell’usuale programmazione di classe e questo ha necessariamente richiesto un’attenta pianificazione dei tempi per la realizzazione delle imprescindibili attività socio-costruttive.

Gli obiettivi del nostro lavoro sono stati quelli di: a) analizzare i modelli intuitivi del ragionamento proporzionale, b) evidenziare ostacoli e concezioni errate, c) permettere la conquista da parte degli allievi attraverso la discussione collettiva del significato della relazione di proporzionalità, d) permettere di riconoscere situazioni di proporzionalità anche attraverso il controllo consapevole di costrutti linguistici; e) analizzare ragionamenti/prestazioni degli allievi posti di fronte a situazioni di proporzionalità complesse e/o con elementi di distrazione.

Lo scopo ultimo di questo lavoro è, infine, quello di arrivare alla strutturazione di un nuovo percorso didattico fruibile dai docenti, articolabile nel triennio della scuola secondaria di primo grado

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ma auspicabilmente attuabile già dalla scuola primaria, e teso all’effettivo miglioramento del processo di insegnamento-apprendimento della proporzionalità.

Metodologia Presentiamo qui le linee guida di tale progetto con l’intento di stimolare una riflessione degli

insegnanti stessi sulle finalità e sulle difficoltà di alcune delle situazioni problematiche proposte nonché delle loro connaturali ripercussioni pedagogiche e didattiche sugli allievi.

Il percorso didattico è stato attuato nell’alveo dell’usuale programmazione di classe e questo ha necessariamente richiesto un’attenta pianificazione dei tempi per la realizzazione delle imprescindibili attività socio-costruttive. L’attività didattica si è articolata in particolare in due momenti fondamentali: 1) esplorazione individuale o a piccoli gruppi della situazione problematica; 2) discussione collettiva sulle strategie attivate ed errori emersi (ciascuna discussione si è articolata mediamente in due ore). Da un punto di vista metodologico si sono promossi un insegnamento centrato sull’indagine e sulla riflessione su quanto via via affrontato e un clima di classe in cui gli allievi potessero assumere un atteggiamento di ricerca.

Questa, per sommi capi, l’articolazione del nostro percorso triennale. In classe prima, dopo un riesame di problemi di divisione secondo i modelli di ripartizione e

contenenza, si è operato ponendo i ragazzi di fronte a situazioni del tipo “per ogni insieme di … tanti di…” in contesti problematici differenti e con dati numerici via via più difficili da gestire.

In classe seconda, una volta costruito il concetto di classe di equivalenza di frazioni, si è passati a situazioni problematiche coinvolgenti rapporti; grazie anche alla padronanza cognitiva delle classi di equivalenza, queste sono risultate notevolmente più semplici per gli allievi. In quest’ottica, le proporzioni vengono da loro viste come una particolarizzazione dell’equivalenza di frazioni ad una sola coppia. Molte sono anche le attività in ambito geometrico che, grazie all’attività pregressa, vengono gestite dai ragazzi ricorrendo al confronto dei rapporti più che alla lettura delle tabelle.

In classe terza il discorso si approfondisce e sviluppa attorno all’aspetto grafico-algebrico, sfociando sulla funzione di proporzionalità, da individuare in situazioni di proporzionalità anche non standard. La tabella viene ad assumere un ruolo importante per evidenziare la relazione tra coppie di valori corrispondenti delle variabili, per facilitare la rappresentazione grafica della funzione in gioco ed avviare alla sua rappresentazione algebrica.

Caratteri delle situazioni proposte Nell’elaborazione delle situazioni problematiche che hanno contraddistinto il nostro lavoro

abbiamo considerato l’influenza e l’importanza di diverse variabili quali: il contesto, i dati numerici, gli aspetti linguistici e l’articolazione delle domande (organizzate in più punti). Nella formulazione di tali situazioni spesso si è tenuto conto degli interessi principali dei ragazzi e si è a volte utilizzato il loro gergo, il gioco o situazioni legate al loro vissuto; per stimolare maggior coinvolgimento e partecipazione siamo poi volutamente ricorsi ad una veste grafica accattivante. In particolare si è voluto verificare se i ragazzi siano o meno in grado di cogliere le informazioni considerate essenziali anche di fronte ad un testo lungo e se una situazione più accattivante, non solo relativamente al contesto ma anche alla presentazione della scheda, produca prestazioni migliori.

Le situazioni problematiche inoltre sono state opportunamente realizzate traendo spunto anche da importanti precedenti lavori come Harper (1987), Mariotti & altri (1988), Pesci (2002), Malara & Ponzi (2003) e progressivamente adeguate alla situazione specifica della classe. Nel percorso sono state poi inserite situazioni difficili e volutamente ambigue. Situazioni di questo ultimo tipo sono state successivamente riproposte alle classi nel corso del triennio per rilevare la molteplicità delle strategie risolutive possibili, per rimarcare il processo di maturazione degli allievi e per permettere di sottolineare come una migliore conoscenza disciplinare supporti una semplificazione operativa.

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Per dare un’idea del carattere del lavoro svolto ci limitiamo qui ad analizzare due situazioni rappresentative del nostro iter didattico.

Prima situazione

Preparazione del SATANARCHIBUGIARDINFERNACOLICO

GROG di MAGOG!

… La lunga striscia di pergamena giaceva srotolata sul pavimento tenuta ferma da pile di libri perché non si riavvolgesse su se stessa. Dopo aver studiato, ancora una volta, attentamente le istruzioni per l’uso riportate, Malospirito e Tirannia, passarono alla ricetta del Grog, uno degli incantesimi più antichi e potenti dell’Universo.

(da: La notte dei desideri di Michael Ende)

Queste sono solo alcune delle indicazioni che riportava la pergamena:

….e infine mescola attentamente 3 cucchiai di Aria Fritta ogni 120 grammi di Polvere d’Ipecacuana…

Immagina ora di voler preparare il Grog con 240 grammi di Polvere d’Ipecacuana. Secondo te quanti cucchiai di Aria Fritta dovresti usare?

Prova a spiegarmi come calcoleresti quanti cucchiai di Aria Fritta ti servirebbero per preparare il Grog con 200 grammi di Polvere d’Ipecacuana.

Quanti te ne occorrono?

La prima situazione che analizziamo (Il satanarchibugiardinfernacolico Grog di Magog) è stata somministrata in classe prima a metà del percorso previsto, quando la classe aveva già avuto modo di confrontarsi su situazioni coinvolgenti coppie di grandezze legate dalle relazioni doppio/metà, ed era giunta ad individuare la relazione diretta convertendola in termini moltiplicativi (operatore ‘×2’).

Con la situazione proposta si voleva da un lato individuare la padronanza degli allievi circa la strategia moltiplicativa (I quesito) dall’altro si puntava all’esplorazione delle strategie risolutive da loro attuate (II quesito). Il testo è esemplificativo di quanto da noi detto circa il ricorso a contesti stimolanti gli interessi dei ragazzi e ad una vesta grafica accattivante; la formulazione delle domande inoltre evidenzia l’attenzione da noi data all’esplicitazione del processo di pensiero rispetto alla consueta richiesta del semplice risultato.

Le difficoltà intrinseche della situazione problematica sono legate all’analisi logica della relazione tra cucchiai di aria fritta e grammi di polvere d’ipecacuana: infatti, mentre la ricetta del Grog costringe all’individuazione della relazione tra i cucchiai di aria fritta e la polvere d’ipecacuana, la struttura sintattica del primo quesito implica l’esplorazione inversa, ossia l’analisi della relazione, e relativa traduzione in termini simbolico-matematici, tra i grammi di polvere d’ipecacuana e i necessari cucchiai di aria fritta. Inoltre mentre con il primo quesito si voleva semplificare l’esplorazione dei ragazzi proponendo un dato numerico che fosse multiplo di quello iniziale con il secondo quesito si voleva in qualche modo guidare i ragazzi al ricorso al valore unitario (un cucchiaio di aria fritta) proponendo un dato numerico la cui relazione con il dato della ricetta iniziale non fosse di facile intuizione.

Da un punto di vista metodologico si è chiesto ai ragazzi di lavorare dapprima individualmente per poi condividere opinioni e riflessioni in fase di discussione collettiva. Particolarmente importante è stato in questa fase il ricorso, suggerito dall’insegnante, all’utilizzo della tabella la quale ha permesso

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non solo di mettere in evidenza le relazioni in orizzontale e in verticale tra le grandezze in gioco ma anche di sollecitare il ricorso al linguaggio algebrico.

Seconda situazione

Leggi le seguenti situazioni e controlla se tra esse ne esistono alcune che riguardano la proporzionalità. ● Tre operai hanno ricevuto 216 € euro per un lavoro fatto insieme. Se hanno lavorato

rispettivamente per 4, 5, e 3 ore, quanto tocca a ciascuno? ● Luca e Marco fanno il gioco “Indovina il trucco”: Luca dice il numero 2 e Marco risponde 5,

Luca dice 3 e Marco 7, Luca dice 10 e Marco 21. Qual è la regola con cui Marco risponde a Luca?

● In un supermercato c’è questa offerta: ogni 50 € di spesa hai in regalo un piatto. Quanti piatti potrà ricevere in regalo Elisa avendo speso 150 €?

● D. Con uno stesso pezzo di corda ho costruito prima un rettangolo ABCD di lati AB=8u e CD=6u e poi ho costruito un rettangolo EFGH con EF=12u. Calcola la misura del lato FG del rettangolo EFGH.

La seconda situazione in esame, somministrata all’interno di una prova di verifica in classe seconda, aveva lo scopo di verificare la capacità dei ragazzi di riconoscere situazioni di proporzionalità tra una serie di contesti dati. Il tratto distintivo di tale attività è rappresentato dalla richiesta esplicita ai ragazzi non tanto di risolvere i quattro problemi proposti (possibilità che è stata lasciata comunque all’iniziativa dei singoli) quanto di collocarli, o meno, all’interno della proporzionalità.

I testi proposti nella prova di verifica rivelano poi come gli allievi avessero già acquisito una certa familiarità con leggi di corrispondenza e una prima intuitiva visione della proporzionalità dal punto di vista relazionale. Passiamo di seguito ad analizzare brevemente i quattro quesiti.

Il primo quesito è un classico esempio di ripartizione composta diretta che richiama una situazione fortemente legata al concreto. Il secondo, che rappresenta una tipologia di testo con la quale i ragazzi sono stati abituati ad operare già dalla classe prima, è volto a sollecitare l’individuazione di leggi e funzioni. Infine, con il terzo quesito si è volutamente cercato di richiamare l’attenzione dei ragazzi sul linguaggio tipico della proporzionalità: “per ogni… di … tanti di…”, mentre con il quarto si voleva monitorare la tipologia delle strategie messe in atto in una situazione abbastanza complessa anche dal punto di vista linguistico.

Considerazioni sui risultati delle nostre sperimentazioni L’approccio al pensiero proporzionale attraverso situazioni problematiche, seppure inizialmente

costoso per insegnante e ragazzi, potenzia nel lungo termine il rigore del linguaggio e si dimostra un supporto importante soprattutto per gli allievi più deboli. Si è rilevato come lo studio di problemi centrati sul costrutto linguistico “per ogni insieme di … tanti di…”, faciliti l’attivazione spontanea della riduzione all’unità, mentre in altri casi siano necessari indicazioni-suggerimenti dell’insegnante.

L’attività di gruppo è particolarmente produttiva per gli allievi più bravi: il dover comunicare con gli altri li costringe a portare alla luce ed esplicitare intuizioni, immagini e processi che in un lavoro individuale rimarrebbero sommersi.

La discussione collettiva risulta un’efficace strategia didattica per l’appropriazione del pensiero proporzionale da parte di ragazzi deboli, grazie al supporto di pensieri e riflessioni espressi dai loro compagni. Tuttavia tale attività richiede da parte dell’insegnante un’attenzione particolare

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nell’osservazione delle dinamiche relazionali e il vigile controllo dello sviluppo argomentativo per evitare contrapposizioni o momenti di stallo.

Elementi essenziali per la conduzione della ricerca sono stati le registrazioni delle discussioni e l’analisi accurata dei protocolli degli allievi. La registrazione sistematica e l’analisi metodica delle discussioni collettive e dei protocolli hanno permesso di monitorare, in corso d’opera, quanto progettato al fine di adeguare e calibrare le successive attività. Hanno permesso inoltre di controllare, per ogni situazione, l’effettiva padronanza concettuale degli allievi e di seguire in fase di discussione l’evoluzione cognitiva ed argomentativa di coloro che inizialmente avevano espresso idee errate.

Il percorso attuato e le attività operative proposte, grazie alla loro pervasività, hanno consentito agli allievi di raggiungere alla fine del triennio modelli concettuali corretti e pressoché stabili, cosa documentata dalle strategie risolutive da loro adottate in prove individuali somministrate in classe terza, in tempi successivi e lontani dal periodo di specifico trattamento didattico.

Raccordi possibili con la scuola primaria Visti gli obiettivi cognitivi e formativi raggiunti attraverso la realizzazione del progetto nell’arco

del triennio della scuola secondaria di primo grado, e la positiva risposta dei ragazzi già dalla classe prima, riteniamo possibile l’anticipazione dello sviluppo del pensiero proporzionale già dalla scuola primaria con attività graduali e calibrate. Questo potrebbe permettere, oltre ad un ulteriore approfondimento tematico, una gestione progressivamente più consapevole del pensiero proporzionale che verrebbe ad acquisire così una valenza formativa sistematica.

In particolare, ipotizzando la strutturazione di un eventuale percorso metodologico, riteniamo didatticamente e pedagogicamente efficace promuovere inizialmente un approccio al pensiero proporzionale attraverso attività manipolative su materiali e situazioni concreti (es. ricette, miscugli…). Particolarmente significativo risulterà essere il ricorso congiunto al linguaggio iconico-grafico, certamente per ragazzi più familiare, grazie alla tradizione didattica adottata, oltre che di più facile interpretazione e conseguente codifica. Si potrà poi gradualmente passare ad attività incentrate sull’utilizzo della strutturazione linguistica “per ogni insieme di… tanti….di…” per approdare, infine, ad attività incentrate sull’analogia, verso l’astrazione. È questa la finalità che secondo noi dovrebbe essere condivisa tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado.

Proponiamo di seguito un esempio di situazione problematica che può rappresentare una significativa premessa da attuare già alla scuola primaria, e alcuni spunti operativi per una sua possibile evoluzione didattica e metodologica.

La situazione

Sara vuole realizzare una collana di perline colorate. Decide così di mettere tre perline blu ogni due perline gialle. Se la collana di Sara al termine del suo lavoro ha 15 perline blu, quante perline gialle deve avere?.

Questa situazione si presta ad una molteplicità di strategie risolutive sia nell’ambito iconico, ad esempio attraverso la rappresentazione grafica parziale o totale della collana, che di quello numerico, ad esempio attraverso un possibile ricorso ai multipli. L’insegnante, in base alla strategia più frequentemente adottata, guiderà l’analisi e l’esplicitazione delle relazioni in gioco. In particolare potrà indirizzare i ragazzi all’esplorazione della situazione eventualmente suggerendo loro rappresentazioni iconiche alternative a quelle da loro individuate, di cui in seguito riportiamo alcuni esempi, e che più facilmente possano suggerire la codifica delle relazioni.

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Risposte possibili Nel caso di una rappresentazione orizzontale della collana le relazioni tra le perline gialle e blu

rimangono occultate.

Con queste rappresentazioni invece la corrispondenza e quindi le relazioni tra le perline gialle e le

perline blu sono di più facile intuizione.

Significativo potrà essere l’incoraggiato ricorso da parte dell’insegnante alla tabella. Tale strumento può essere utilizzato già in quarta o in quinta per evidenziare la corrispondenza e le relazioni tra le grandezze in gioco e per agevolare così l’osservazione della variazione congiunta delle coppie corrispondenti.

Attraverso l’inserimento dei dati numerici in una tabella, nelle cui colonne vengono inseriti i valori relativi al numero di perline gialle e il corrispondente numero di perline blu, si possono almeno inizialmente far riflettere i ragazzi sulle tabelline del 3 e del 2, e quindi sulle relazioni tra grandezze diverse, ponendo anche domande del tipo “Se decidessi di mettere 20 perline blu potrebbero nascere dei problemi?” oppure “E se Sara volesse realizzare una collana molto grande con 60 perline blu, c’è una regola veloce per determinare quante perline gialle sarebbero necessarie?”.

Progressivamente si possono condurre i ragazzi a leggere la tabella da un punto di vista funzionale. Si analizzano quindi all’interno della stessa classe le relazioni che legano le grandezze in verticale. In questo caso si possono anche introdurre i rapporti e l’uguaglianza dei rapporti 3/6=2/4.

In classe seconda lo sviluppo dell’attività potrebbe essere la lettura della tabella sempre da un punto di vista funzionale cercando di far emergere la relazione che mi permette di passare da una grandezza all’altra orizzontalmente ponendo ad esempio domande del tipo “Qual è la relazione che mi permette di passare dalle perline blu a quelle gialle? E la relazione che mi permette di passare dalle perline gialle a quelle blu?”.

La lettura della tabella suggerisce così il ricorso al linguaggio iniziale “per ogni 3 perline blu 2 perline gialle”.

L’esplorazione in verticale e in orizzontale delle relazioni tra le grandezze in gioco all’interno di una tabella e la rispettiva codifica consente di giungere conseguentemente all’utilizzo delle lettere per la generalizzazione della relazione stessa permettendo così un approccio semplice e connaturale al linguaggio algebrico.

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Ricorso alla tabella:

Vengono analizzate sia le relazioni in verticale che quelle in orizzontale. Queste ultime in particolare permettono il passaggio al linguaggio algebrico. La freccia viene così tradotta come :3×2, identificando le perline Blu con B e le perline gialle con G, è consequenziale il passaggio a

G=2/3 B.

Bibliografia Grugnetti, L.: 1997, Pensiero Proporzionale e costruttivismo: superamento di ostacoli?, in Grugnetti L. &

Gregori, S. (a cura di), Dallo spazio del bambino agli spazi della geometria, Università degli studi di Parma, 77-82

Harper, E. (ed): 1987-88, NMP Mathematics for Secondary School, Longman Essex, UK. Malara, N.A, Ponzi, S., 2003, ragionamenti intuitive di allievi posti di fronte a problemi di proporzionalità,

L’Insegnamento della Matematica e delle Scienze Integrate, vol 28A n. 3, 245-269 Mariotti M. A., Sainati Nello M., Sciolis Marino M., 1988, Il ragionamento proporzionale negli alunni di 13-

14 anni, Parte I, Parte II, L'insegnamento della matematica e delle scienze integrate, vol. 11, n. 2, 105-136, Vol. 11, n. 4, 313-339

Pesci, A., 2002, Lo sviluppo del pensiero proporzionale nella discussione di classe, Pitagora, Bologna.

Perline Blu

Perline Gialle

3 2

6 4

9 6

12

15 ……

3x2

3x3

2x5

2x2

2x3

3x5

Perline Blu

Perline Gialle

3 2

6 4

9 6

12

15 ……

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Un inquadramento della divisibilità, dalla teoria degli interi a quella dei polinomi, nell'ottica di una prospettiva unitaria

Rosa Iaderosa

Liceo Scientifico G.B. Vico, Corsico (MI), GREM di Modena I numeri naturali sono l’insieme numerico più “elementare”?

Dal punto di vista pratico lo sono: lo stesso aggettivo naturale si giustifica con il fatto che intuitivamente l’uomo arriva all’idea del contare in maniera naturale e quindi familiarizza con questi numeri già dall’infanzia. Tuttavia, se lo riguardiamo da un punto di vista più teorico, questo insieme numerico è quello più ricco di proprietà, e quindi la teoria dei numeri naturali è ricca di aspetti da approfondire.

L’allievo più piccolo non coglie la portata di queste proprietà perché non ha ancora la possibilità di confrontare le caratteristiche di questi numeri con quelle di altre strutture: è compito dell’insegnante portarlo a riflettere su queste proprietà, con la consapevolezza che gradualmente e non senza difficoltà potrà imparare a distinguerle.

All’insieme numerico dei naturali, e poi anche a quello degli interi, è legata un’idea importante che si sviluppa solo dopo che si viene a conoscenza degli altri numeri: un insieme discreto, da contrapporre naturalmente ad un insieme continuo, come quello dei reali (i razionali presentano la difficoltà di lasciar intuire la proprietà più forte di densità, ma è meno facile per i ragazzi cogliere che non sono ancora “il continuo”).

L’ampliamento progressivo degli insiemi numerici, a partire dai naturali, viene motivato con la necessità di trovare ambiti numerici in cui le varie operazioni aritmetiche abbiano significato e in cui esse trovino un risultato, necessario a risolvere problemi. Particolare importanza quindi, sin dalla scuola elementare, assumono i numeri “decimali”, che consentono di fornire un risultato più aderente alla soluzione pratica da affrontare. In genere sfugge, anche dopo la scuola elementare, il fatto che l’insieme N non abbia in tanti casi un risultato per la divisione (e quindi non sarebbe neppure da considerarsi una operazione ovunque definita sulle coppie di elementi di N).

Per gli allievi la divisione ha un risultato che è intero o decimale. Forse per questo motivo gli aspetti culturali della teoria legata ai naturali sfuggono e la stessa teoria

della divisibilità non viene interiorizzata adeguatamente nell’insegnamento dell’aritmetica elementare: come accade quasi sempre, gli aspetti legati al calcolo del risultato di una certa operazione prevalgono su quelli formali e concettuali riguardanti i numeri in gioco e la loro struttura.

Bisognerebbe quindi forse nella scuola elementare far lavorare gli allievi su molti problemi che richiedono la divisione, ed educarli a distinguere quei problemi che non trovano soluzione - se l’ambito numerico dal quale non si può uscire è quello dei naturali - dagli altri in cui considerare numeri minori dell’unità porta a quantificare comunque il risultato della divisione.

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Esempi: 1) Mario e Tina si dividono un sacchetto di 51 caramelle a menta in parti uguali. 2) La torta per il compleanno di Marco pesa 1500 g ed è stata divisa in uguali porzioni tra 16 bambini. 3) Trenta persone devono suddividersi in ugual numero disponendosi in 5 stanze (oppure in 7 stanze). Rappresenta la situazione in modo da trovare quante persone ci sono in ogni stanza.

Anche a livello elementare, si dice anche che la divisione “ha un certo quoziente intero e un resto” In realtà, per l’operazione di divisione, anche nell’ambito dei numeri naturali, è necessario

precisare che alla coppia dividendo – divisore è necessario abbinare un’altra coppia di numeri naturali: il risultato (il quoziente) e un altro numero intero (il resto).

Ciò è conseguenza del fatto che è possibile dimostrare il seguente teorema:

Per ogni coppia ordinata (a, b) di numeri naturali, con b > 0, esiste una ed una sola coppia ordinata (q , r) di numeri naturali, con 0 ≤ r < b tali che a = bq + r

Ecco che quindi per l’operazione di divisione tra due numeri naturali, a differenza che per le altre operazioni, sono rilevanti ben due numeri: il quoziente e il resto.

Diventa a questo punto significativo distinguere quelle situazioni più notevoli in cui il quoziente è esatto, cioè quelle in cui il resto è uguale a zero. La relazione di divisibilità è proprio quella che rende rilevanti queste ultime situazioni: dal punto di vista della divisibilità, il quoziente della divisione esiste solo se è esatto e il resto è zero.

Definizione: due numeri a e b (con a ≥ b) si dicono divisibili se esiste un numero naturale c tale che a = bc. In questo caso possiamo scrivere: ● b/a (b divide a), oppure: ● b è divisore di a, oppure: ● a è multiplo di b.

Si noti che: ● a/a (la relazione è riflessiva) ● se a/b e b/a allora a = b (la relazione è antisimmetrica) ● se a/b e b/c allora a/c (la relazione è transitiva)

La relazione di divisibilità, così definita in N, risulta una relazione antisimmetrica e transitiva, dunque è una relazione d’ordine non stretto.

Sarebbe importante, e forse possibile da realizzare, che una relazione d’ordine si riconoscesse da queste caratteristiche, indipendentemente dal contesto numerico usuale: ciò porterebbe ad un progressivo svincolamento dall’idea (diffusa più comunemente di quanto si pensi) che l’ordine naturale tra numeri sia l’unico ordinamento possibile.

A questo punto, ripensiamo alla definizione della relazione d’ordine naturale in N:

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a ≥ b se e solo se esiste un numero c tale che a = b + c.

L’analogia con la relazione definita prima è evidente: strutturalmente si tratta della stessa relazione, anche se la prima è definita con una notazione moltiplicativa, la seconda con una notazione additiva.

Ciò che però da un punto di vista formale porterebbe ad una identificazione, si rivela in realtà diverso proprio perché la struttura dei naturali si comporta diversamente rispetto alla addizione e rispetto alla moltiplicazione. Per evidenziare le differenze basti pensare che: ● la relazione d’ordine naturale è un ordinamento totale tra le coppie di numeri naturali, mentre

quella di divisibilità non lo è: esistono infinite coppie (a, b) di numeri naturali tali che non è né a divisibile per b, né b divisibile per a, e neppure a = b

● rispetto alla relazione d’ordine naturale esiste un elemento, lo 0, che è minimo perché minore di ogni altro numero naturale; rispetto alla divisibilità il minimo è 1, perché ciascun numero risulta divisibile per esso. Se si include lo zero nell’insieme dei naturali, esso risulta multiplo di ogni altro numero naturale, quindi risulta essere l’elemento massimo rispetto alla relazione di divisibilità

● mentre l’ordinamento naturale può essere rappresentato da una successione di numeri, che si dispongono quindi linearmente su una retta in ordine crescente, la relazione di divisibilità non può essere rappresentata linearmente, è necessario un grafo per evidenziare la relazione tra due o più numeri naturali.

Ancora: nel confronto tra struttura additiva e moltiplicativa dei naturali, si può rilevare che: ● la moltiplicazione può essere riguardata come un’addizione ripetuta più volte ● la divisione può essere riguardata come una sottrazione ripetuta più volte

Questa analogia viene spesso trascurata, mentre il rivedere la divisione come sottrazione ripetuta potrebbe forse spiegare diverse proprietà (soprattutto la proprietà invariantiva), ed evidenziare relazioni importanti tra: dividendo, divisore, quoziente, resto della divisione.

Ad esempio, il resto è il numero che rimane dopo tante sottrazioni successive dal dividendo, operate sempre sottraendo il divisore. Risulta evidente allora che il resto non può raggiungere il divisore, ma deve essere minore di esso, altrimenti potremmo continuare a sottrarre.

Ancora, se x è un divisore sia di a che di b, allora x divide anche a-b. E soprattutto: se a, b, q e r sono rispettivamente dividendo, divisore, quoziente e resto della

divisione, si ha: a = bq + r. Le analogie tra le tabelle operative di sottrazione e divisione sono evidenti:

sot. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 0 0 1 1 0 2 2 1 0 3 3 2 1 0 4 4 3 2 1 0 5 5 4 3 2 1 0 6 6 5 4 3 2 1 0 7 7 6 5 4 3 2 1 0 8 8 7 6 5 4 3 2 1 0 9 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 10 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 11 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

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div 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 2 2 1 3 3 1 4 4 2 1 5 5 1 6 6 3 2 1 7 7 1 8 8 4 2 1 9 9 3 1 10 10 5 2 1 11 11 1

Entrambe le tabelle non sono complete, la diagonale principale, che contiene i risultati

dell’operazione su coppie di elementi uguali, contiene in entrambe sempre uno stesso numero, nel primo caso lo 0, nel secondo 1, quindi, sempre, l’elemento neutro dell’operazione considerata.

La divisione tra numeri naturali ammette sempre un resto, che varia tra 0 e il numero precedente il divisore. I resti possibili della divisione tra un numero naturale fissato a e un altro numero b (con b ≤ a), sono in numero finito. Possiamo considerare in relazione tra loro tutte le coppie di naturali che, divise tra loro, danno lo stesso resto, e ripartire così l’insieme dei numeri naturali in classi di resti.

L’esempio seguente illustra come si possa individuare una relazione di equivalenza di questo tipo tra coppie di numeri naturali, relazione che prende il nome di congruenza modulo r , dove r è il resto fissato.

Esempio: Consideriamo le griglie di numeri 4 × 4 e 9 × 9:

I II III IV I 0 1 2 3 Che cosa hanno in comune i numeri della prima colonna? II 4 5 6 7 (prova a metterli in relazione con il numero 4, dimensione della griglia) III 8 9 10 11 e quelli della terza colonna? E della quarta? IV 12 13 14 15

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I II III IV V VI VII VIII IX X

I 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

II 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

III 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29

IV 30 31 32 33 34 26 36 37 38 30

V 40 41 42 43 44 27 46 47 48 31

VI 50 51 52 53 54 28 56 57 58 32

VII 60 61 62 63 64 29 66 67 68 33

VIII 70 71 72 73 74 30 76 77 78 34

IX 80 81 82 83 84 31 86 87 88 35 ripeti la stessa ricerca per le colonne

X 90 91 92 93 94 32 96 97 98 36

La ripartizione dei naturali in classi di resti consente di definire operazioni alquanto singolari, che

presentano situazioni insolite o addirittura impossibili nella struttura moltiplicativa dei naturali. Forse far giocare gli alunni con queste situazioni inusuali potrebbe indurre un maggior controllo su ciò che succede con i “soliti numeri” quando si ha a che fare con 0 e 1.

* 0 1 2 3 4 5 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 2 3 4 5 2 0 2 4 0 2 4 3 0 3 0 3 0 3 4 0 4 2 0 4 2 5 0 5 4 3 2 1 In questa tabella, che illustra la moltiplicazione tra le classi di resto mod.6, si osserva una

particolarità importante: ci sono elementi entrambi diversi da 0 che moltiplicati tra loro danno 0. Elementi di questo tipo sono detti divisori dello 0.

L’osservazione di questo “comportamento” può condurre ad un confronto su quanto accade tra i numeri naturali, ed anche, più in generale, tra numeri reali: la legge di annullamento del prodotto ci garantisce che se un prodotto è nullo, almeno uno dei due fattori è nullo.

Sembra una proprietà banale, ma chi abbia provato a discutere equazioni con allievi della scuola media o del biennio sa bene che questo comportamento dello zero nel prodotto viene interiorizzato con molta difficoltà.

Si pensi alla domanda: “Perché le radici dell’equazione x (x - 2) = 0 sono 0 e 2?” A molti studenti sfugge che il metodo per ricavare le due radici in questo caso è ragionare sulla

legge di annullamento del prodotto.

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Veniamo ora alla possibilità di esprimere un numero naturale mediante una scomposizione di tipo additivo, moltiplicativo, o anche additivo-moltiplicativa.

Le molteplici rappresentazioni in forma additiva di un numero consentono di confrontare numeri naturali, di operare la legge di cancellazione in una uguaglianza, di operare numerosi “giochi” che facilitino il calcolo mentale. Dunque esiste una grande varietà di possibili rappresentazioni di un numero naturale come somma di altri numeri naturali.

Che cosa avviene invece in ambito moltiplicativo? Per alcuni numeri sono possibili varie scomposizioni moltiplicative, per altri può succedere di non

trovare scomposizioni che contengano numeri strettamente minori del numero assegnato. In questi casi l’unica fattorizzazione possibile è quella che prevede come fattori il numero considerato e 1.

L’esistenza quindi dei numeri primi in ambito moltiplicativo è elemento di discontinuità rispetto alle scomposizioni di tipo additivo.

Sappiamo poi che per quanto riguarda la possibilità di rappresentare un numero in forma moltiplicativa il Teorema fondamentale dell’Aritmetica ci garantisce l’esistenza e l’unicità, per ogni numero naturale, di una rappresentazione di questo tipo, in cui i fattori siano numeri primi o potenze di numeri primi.

Ecco che allora, nell’ambito della teoria della divisibilità in N, appare una situazione notevolissima: i numeri primi sono elementi particolari perché in grado di generare tutti i numeri naturali.

Non esiste una vera analogia con i numeri primi in ambito additivo (a meno che non si consideri l’elemento unitario come quello in grado di generare additivamente tutti gli altri numeri), e questo fatto rende quindi molto interessante da studiare la struttura dei naturali nell’ambito moltiplicativo: ● non esistono interi che moltiplicati tra loro diano lo 0 ● non esistono naturali che moltiplicati tra loro diano 1 ● è possibile sempre esprimere un numero naturale come prodotto di un numeri finito di numeri

primi (nella fattorizzazione in primi di un naturale compaiono anche le potenze dei numeri primi).

Come sono fatte le potenze dei numeri primi? E quale caratteristica nella loro fattorizzazione hanno i numeri non primi? Quali le differenze tra quei numeri che ammettono più scomposizioni moltiplicative e quelli che ne

ammettono meno, in particolare una sola? La scomposizione in fattori primi è una rappresentazione privilegiata che evidenzia tutte le

caratteristiche che possiede un numero, rispetto alla divisibilità. Un aspetto didatticamente trascurato, o comunque non adeguatamente valorizzato è proprio questo: il numero naturale ha diverse rappresentazioni: quella posizionale in una certa base, più

rappresentazioni additive, più rappresentazioni moltiplicative, la fattorizzazione in primi, la rappresentazione polinomiale…

La scelta del tipo di rappresentazione è funzionale all’aspetto del numero che si voglia analizzare. In particolare, la scrittura posizionale facilita il confronto dei naturali rispetto alla relazione d’ordine naturale, mentre la scomposizione in fattori primi ne facilita il confronto rispetto alla relazione di divisibilità.

L’allievo dovrebbe quindi arrivare a scegliere il tipo di rappresentazione dei numeri a seconda dell’utilizzo del numero che gli è ogni volta richiesto.

Allo stesso modo, proprio la capacità di rappresentare i numeri naturali nelle molteplici modalità gli consentirà di distinguere tra il numero e la sua rappresentazione (non dimentichiamo il rischio, segnalato da Duval, di confondere l’oggetto matematico con la sua rappresentazione). Questo svincolamento numero-rappresentazione del numero consente poi di individuare le proprietà legate al numero in quanto tale e quelle che dipendono dalla sua scrittura:

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La scrittura 10 rappresenta un numero naturale pari, se contiamo in base 10 E se contiamo in base 3? Se un numero è divisibile per 3 in base 10 lo è in qualunque base?

Per concludere, veniamo alla scrittura polinomiale del numero naturale. Trascrivo le parole del Prof. Mario Ferrari, che illustrano molto bene come si arrivi a questa

notazione:

“…Supponiamo per un momento di non sapere come esprimere la base dieci (dopo aver introdotto le cifre fino a 9) , e chiamiamola X. I successivi numeri li possiamo scrivere:

X + 1, X + 2, …, X + 9. Il prossimo numero è X + Sc (9), ma Sc (9) = X e quindi X + Sc (9) = X + X = 2X. Poi si prosegue con 2X+1, 2X+2,……..2X+9, 3X, 3X+1, ….9X+9. Il successivo di questo numero è 9X+X=2X. La strada è ormai aperta: X2+1, X2+2, ……9X2+9X+9, X3,….. Siccome ogni numero può essere costruito partendo dallo 0 e applicando un numero conveniente di volte l’operazione successivo, cioè aggiungendo 1 ogni volta, è chiaro che ogni numero può essere rappresentato mediante le cifre 0, 1 , 2, 9 e le successive potenze della base X. In altre parole, ogni numero M ha una rappresentazione polinomiale del tipo: M= anXn + an-1Xn-1 + ……+ a1X1+a0X0…..”

Come appare chiaramente dalla descrizione di questo processo costruttivo, la notazione posizionale è conseguente a questa scrittura polinomiale: la convenzione è quella di sottintendere la base X e di abolire i segni operativi tra i vari coefficienti ai.

Un numero naturale è quindi un polinomio. Dal processo descritto appare anche molto chiaramente perché questa rappresentazione vada bene

per i naturali e non per altri numeri, per esempio i razionali. Si utilizza infatti l’esistenza del successivo di un numero, proprietà legata alla proprietà di buon ordine della relazione d‘ordine naturale.

L’utilità didattica della notazione polinomiale è forse sempre stata sottovalutata. Questa scrittura è funzionale alla dimostrazione di molte proprietà, tra le quali i famosi criteri di divisibilità. Inoltre induce, a mio giudizio, un controllo sulle due notazioni (additiva e moltiplicativa), presenti entrambe nella stessa scrittura. Con la forma polinomiale si può cambiare la base in cui si sta contando, e operare le conversioni tra le rappresentazioni in basi diverse: ciò conduce al sopra citato svincolamento tra numero e sua rappresentazione.

Un’ultima considerazione, che richiederebbe forse un lungo e dettagliato commento: l’apprendimento della teoria dei polinomi nella scuola superiore è irta di ostacoli perché i ragazzi quasi mai hanno interiorizzato tutti gli aspetti legati alla divisibilità di cui si è parlato: le fondamentali relazioni tra dividendo, divisore, quoziente, resto non sono per niente radicate nella formazione culturale degli allievi più grandi.

Un recupero quindi della relazione di divisibilità in N, e degli aspetti strutturali che questa relazione presenta rispetto alle operazioni fondamentali, è una operazione culturale che la scuola dovrebbe operare, al fine di una formazione corretta e completa di gran parte dei concetti aritmetici ed algebrici legati agli interi.

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Dalla modellizzazione di problemi allo studio di equazioni e disequazioni: un’ipotesi di lavoro

Nicolina A. Malara

Dipartimento di Matematica Università di Modena e Reggio Emilia

Sommario

Si affrontano alcune questioni connesse con l’unità ‘Dalla bilancia alle equazioni’ e si propongono alcune attività finalizzate al raccordo equazioni – disequazioni ed alla prosecuzione dello studio di queste ultime dal punto di vista sintattico. Si concentra l’attenzione sui problemi relativi al trattamento di equazioni/disequazioni nell’ambito degli interi relativi riferendo anche di alcuni risultati di ricerca in relazione al comportamento di allievi educati allo studio delle equazioni sulla base del modello della bilancia. 1. Il coordinamento equazioni – disequazioni nel quadro del ‘modello della bilancia’.

Un aspetto problematico dell’Unità della bilancia riguarda il fatto che il percorso indicato getta le basi di una possibile di separazione tra equazioni e disequazioni.

Questo va contro gli attuali indirizzi didattici che prevedono una introduzione pressoché simultanea dei due concetti. La possibile prosecuzione dell’Unità potrebbe prevedere la proposizione di problemi coinvolgenti la bilancia che presentino situazioni di non equilibrio tra i piatti.

La rappresentazione algebrica di questi problemi può essere facilitata dal fatto che gli allievi conoscono già dal primo ciclo i segni ‘<’ e ‘>’. Il loro processo risolutivo è analogo a quello delle equazioni poiché i principi di equivalenza si riadattano fedelmente: togliendo dai piatti stesse quantità o dividendo per uno stesso numero le quantità sui piatti il dislivello tra i piatti si conserva.

A titolo esemplificativo mostriamo dei problemi costruiti sulla falsariga di quelli presenti nell’Unità.

1.1. Problemi relativi a situazioni con esplicito riferimento alla bilancia

Sul primo piatto, alla tua sinistra, ci sono un pacchetto di caramelle e un peso di 30 grammi. Sull’altro c’è un peso di 110 grammi. ● Il primo piatto è più basso del secondo. Rappresenta la situazione ed esprimi cosa si

può dire del peso del pacchetto di caramelle. ● Il primo piatto è più alto del secondo. Rappresenta la situazione ed esprimi cosa si

può dire del peso del pacchetto di caramelle. ● I due piatti sono alla stessa altezza. Rappresenta la situazione ed esprimi cosa si può

dire del peso del pacchetto di caramelle.

Indicato con c il peso del pacchetto di caramelle, le rappresentazioni algebriche nei vari casi sono:

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Caso 1. c+30 > 110 Il trattamento delle c > 80 Caso 2. c+30 < 110 disequazioni porta c < 80 Caso 3. c+30 = 110 rispettivamente a c = 8020

Gli allievi dovrebbero essere abituati ad esplicitare l’interpretazione di queste scritture:

c > 80 significa che “il pacchetto di caramelle pesa più di 80 grammi”; c < 80 significa che “il pacchetto di caramelle pesa meno di 80 grammi”; c = 80 significa che “ il pacchetto di caramelle pesa 80 grammi”.

Si potrebbe anche pensare di sintetizzare i precedenti casi 1-3 e 2-3 facendo riferimento a quanto accade in realtà in caso di equilibrio precario. Queste le possibili varianti:

Caso 1-3: il primo piatto sembra essere appena più basso del secondo, ma i piatti potrebbero considerarsi alla stessa altezza. Caso 2-3: il primo piatto sembra essere appena più alto del secondo, ma i piatti potrebbero considerarsi alla stessa altezza.

La rappresentazione di queste ultime situazioni comporta l’introduzione dei segni ‘≤’ e ‘≥’. Queste le scritture cui gli allievi devono giungere:

c +3 0 ≥ 110; c + 30 ≤ 110

Il trattamento di c + 30 ≥ 110 porta a c ≥ 80; il trattamento di c + 30 ≤ 110 porta a c ≤ 80.

L’interpretazione, ma ancor più l’esplicitazione del significato di queste scritture, è delicata e comporta l’introduzione dei termini ‘almeno’ ed ’al più’ o ‘al massimo’.

Gli allievi dovrebbero essere guidati ad esplicitare le scritture nel seguente modo:

caso 1-3: c ≥ 80 significa che “il peso del pacchetto di caramelle è almeno 80 grammi”; caso 2-3: c ≤ 80 significa che “il peso del pacchetto non può essere di più di 80 grammi”. Nel caso 2-3, sarà cura dell’insegnante guidare gli allievi alla comprensione della locuzione ‘al più’ ed alla lettura dell’espressione c ≤ 80 in termini di: “il peso è al più 80 grammi”.

Altri due problemi con esplicito riferimento alla bilancia:

Problema 1. Sul primo piatto, alla tua sinistra, ci sono due scatole di tonno, una confezione di spaghetti e un peso di 200 grammi. Sull’altro una confezione di spaghetti, una scatola di tonno e 350 grammi. Situazioni: ● Il primo piatto è più basso del secondo ● Il primo piatto è più alto del secondo. ● I due piatti sono alla stessa altezza. Rappresenta le situazioni nei tre casi ed in ognuno dei casi esprimi cosa si può dire del peso di una scatola di tonno in ognuno dei casi.

20 Un elemento di difficoltà può essere per alcuni il riconoscere che il piatto più basso significa una quantità maggiore di peso. L’assenza di questa riflessione potrebbe comportare la traduzione letterale dalla situazione iconica e conseguentemente l’uso del ‘<’.

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Problema 2. Su un piatto, a sinistra, ci sono tre confezioni di biscotti e una scatola di cioccolatini. Sull’altro una confezione di biscotti. Situazioni: ● Il primo piatto è più basso del secondo ● Il primo piatto è più alto del secondo. ● I due piatti sono alla stessa altezza. Rappresenta le situazioni nei tre casi ed in ognuno dei casi esprimi cosa si può dire del peso di una scatola di cioccolatini in ognuno dei casi.

1. 2. Un problema senza esplicito riferimento alla bilancia21

In una scuola materna i bambini hanno costruito delle torri con blocchi di diversa altezza. Marco ha costruito due torri ed ha impiegato blocchi rossi, verdi e blu. La prima torre è più alta della seconda ed è fatta con tre rossi e tre verdi, la seconda torre è fatta di tre blocchi rossi ed uno blu. Ogni blocco blu è alto 48 mm. Rappresenta algebricamente la situazione ed esprimi cosa si può dire dell’altezza dei blocchi verdi.

Torri di Marco Carla per altre due torri ha impiegato blocchi gialli, rossi e blu. Precisamente la prima, più bassa della seconda, è fatta con quattro blocchi gialli, un blocco blu e tre rossi; la seconda con tre rossi e due blocchi blu. Rappresenta algebricamente la situazione ed esprimi cosa si può dire in ognuno dei casi dell’altezza dei blocchi neri.

Torri di Carla

Rappresenta algebricamente la situazione ed esprimi cosa si può dire in ognuno dei casi dell’altezza dei blocchi gialli22.

21 Dal ‘problema delle torri’ in G. Navarra, A. Giacomin, Unità 6, Dalla bilancia a piatti all’equazione, Pitagora Editrice Bologna, 2003, pag.37 22 Il problema può anche essere proposto senza la rappresentazione iconica. Sarà l’insegnante a valutare l’opportunità della presenza o meno di essa, a seconda della classe e del livello degli allievi.

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Si pone qui l’accento sul fatto che gli allievi, per interpretare correttamente la frase algebrica, devono rispettivamente aumentare e scalare di una unità i dati numerici.

Più avanti, come approfondimento, si può proporre agli allievi questa situazione:

Confronta a due a due le altezze delle torri di Marco e di Carla, cosa puoi dire?23 Questo apre la porta allo studio sotto ipotesi: ● “La prima torre di Marco è più bassa/alta della prima torre di Carla”, ● “La prima torre di Marco più bassa/alta della seconda torre di Carla”

tenendo conto delle relazioni: v > 16 e g < 12. Si apre un problema combinatorio, relativo alla elencazione di tutti i casi da esaminare, che sono:

I caso: 1a M - 1a C 3r + 3v ? 4g +48 + 3r II caso: 1a M - 2a C 3r + 3v ? 3r + 2 × 48 III caso: 2a M - 1a C 3r +48 ? 4g +48 + 3r IV caso: 2a M - 2a C 3r +48 ? 3r + 2 × 48

Lo studio di questi casi comporta di stabilire che segno (< o >) deve sostituirsi al punto interrogativo.

È bene per un certo tempo lasciare gli alunni liberi di esplorare ciascuno di tali casi per poi analizzare collettivamente i loro percorsi di pensiero. È molto importante tuttavia invitarli a non prendere in considerazione le condizioni nell’ordine come si presentano ma di leggerle tutte e di partire a ragionare dalle più semplici. Lo studio del primo caso infatti non è affatto semplice poiché, a differenza degli altri casi, cancellando i termini uguali nelle due espressioni il confronto si riduce a:

3v ? 4g +48 che coinvolge le due incognite v e g con v > 16 e g < 12.

Indicate con I M e II M rispettivamente le altezze della prima e della seconda torre di Marco e con I C e II C quelle della prima e della seconda torre di Carla le informazioni in nostro possesso si traducono in:

II M < I M I C < II C.

Il terzo ed il quarto caso, di interpretazione evidente, esprimono che la seconda torre di Marco è più bassa di entrambe le torri di Carla, in formule:

II M < I C < II C.

Il secondo caso si riduce a: 3v ? 2 × 48.

Va studiato sapendo che un blocco verde è almeno 17 mm. L’ipotesi che la prima torre di Marco possa essere più bassa della seconda di Carla si traduce in

3v < 2 × 48 che si trasforma in

v < 2 × 16 applicando l’operatore 1/3 ad entrambi i lati della disequazione. Tenendo conto del fatto che v > 16 possiamo dire che essa è più bassa della seconda di Carla quando l’altezza del blocco verde è maggiore di 16 mm ma minore di 32 mm.

Invece nel caso in cui l’altezza del blocco verde sia maggiore o uguale a 32 mm la prima torre di Marco è più alta della seconda di Carla. In formule:

23 Il problema risulta interessante se le rappresentazioni iconiche non sono date o esse non sono fedeli. Esso è

abbastanza complesso e va opportunamente mediato dall’insegnante.

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se 16 < v < 32 allora II C > I M se v > 2 × 16 allora II C < I M.

Ipotizzando v > 2 × 16 le condizioni II M < I C < II C e II C < I M per transitività del minore ci dicono che la situazione tra le altezze delle quattro torri è la seguente:

II M < I C < II C < I M Quando 16 < v < 2 × 16, le condizioni II M < I C < II C e II C > I M inducono il confronto tra I M

e I C, ci si riconduce al primo caso. Il primo caso

3r + 3v ? 4g +48 + 3r va ora studiato tenendo conto delle condizioni

16 < v < 2 × 16 e g < 12. Se si ipotizza per comodità che la prima torre di Marco sia più bassa della prima di Carla si ha:

3v < 4g +48; essendo g < 12, è:

4g < 4 × 12 e per transitività si ha

3v < 4 × 12 + 48, ossia

v < 2 × 16, cosa confermata dalla condizione iniziale 16 < v < 2 × 16.

In questo caso la prima torre di Marco risulta dunque più bassa della prima di Carla. Dunque: quando

16 < v < 2 × 16 le condizioni

II M < I C < II C II C > I M I M < I C portano alla seguente configurazione per le quattro torri:

II M < II C < I M < I C. Come già visto, nel caso in cui v >16 la configurazione per le quattro torri è invece:

II M < I C < II C < I M.

Questo gioco di interpretazioni concatenate di frasi algebriche via via più complesse non è semplice ma se opportunamente mediato porta i ragazzi ad acquisire elasticità nel comprendere il linguaggio algebrico ed a divenire consapevoli di come esso faciliti la produzione di pensiero. Sarà cura dell’insegnante costruire attività graduate e preparatorie alla esplorazione di problemi come quest’ultimo.

2. La transizione dallo studio dei problemi allo studio delle equazioni L'Unità 6 concentra l’attenzione degli allievi su situazioni problematiche relative all’equilibrio di

bilance la cui modellizzazione comporta la rappresenzione di una stessa quantità numerica in due modi diversi e dà luogo ad equazioni lineari in una o più incognite. Questo processo consente di oggettivare i principi di equivalenza delle equazioni e le leggi di cancellazione.

Le questioni che si affrontano coinvolgono quantità discrete e le relative equazioni hanno sempre soluzioni intere. In questo approccio, anche per il tipo di problemi proposti, è impossibile per gli allievi affrontare situazioni in cui occorra affrontare la risoluzione di equazioni nell’ambito degli interi.

Questioni che occorre affrontare nello sviluppo del percorso: ● la transizione dallo studio dei problemi allo studio di equazioni in quanto tali nell’ambito dei

naturali;

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● lo studio delle equazioni in ambiti numerici differenti. Per il passaggio problemi-equazioni24, una buona strategia è quella di proporre problemi di tipo puramente numerico nell’ambito dei naturali, che consentano di: ● svincolarsi dai problemi in contesto reale; ● focalizzare l’attenzione sull’oggetto matematico ‘equazione’ e giungere al loro studio

autonomo per via esplorativa. Da un punto di vista didattico questo passaggio va giocato su: ● il piano metacognitivo; ● il coordinamento dei registri linguistici verbale ed algebrico.

2.1. Un esempio Questo un possibile problema di modellizzazione nell’ambito dei naturali:

Esiste un numero naturale tale che il suo doppio più cinque sia pari al suo triplo meno due?

Una volta scelta una lettera per rappresentare il numero incognito, ad esempio n, si procede alla modellizzazione della relazione. Inizialmente è opportuno esplicitare il punto di domanda codificando il problema così:

2n + 5 ?=? 3n + 225. Il punto di domanda forza la comprensione che si tratta di una ipotesi di uguaglianza da esplorare.

Questo tipo di problemi consentono di: - concepire le equazioni come uguaglianze ipotetiche; - affrontare con gli allievi questioni di interpretazione delle scritture simboliche costituenti

l’equazione per rispondere al quesito che essa porta in sé senza l’apprendimento a priori del modo di effettuare il loro trattamento sintattico.

Tali problemi possono anche essere introdotti facendo ricorso a Brioshi.

2.2. Un problema di Brioshi

Brioshi ha inviato questo messaggio:

3n + 4 ?=? 2n + 2 Cosa significa da un punto di vista numerico?

Gli allievi dovrebbero essere chiamati a discutere il significato del “?=?” e condotti ad interpretarlo nel senso di:

Indaga se una tale uguaglianza è (a) possibile per qualche numero naturale, da assegnare come valore di n, oppure (b) se non è mai possibile o (c) se è sempre possibile.

Gli allievi devono essere portati ad interpretare la scrittura e tradurre il quesito nel seguente: 24 È importante che questo studio sia affiancato a quello dei problemi, per far comprendere agli allievi come esso non sia fine a se stesso ma sia finalizzato alla semplificazione dello studio di situazioni problematiche più complesse. 25 Nella realtà si sovrappone un punto di domanda all’uguale; per mancanza di tale simbolo nel computer si ricorre all’uguale rra due punti di domanda.

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Esiste un qualche numero naturale n tale che il suo triplo più quattro sia uguale al suo doppio più due?

Durante la discussione si dovrebbe giungere a dire che un tale numero non esiste perché:

● 3n = 2n + n (il triplo di un numero è il doppio del numero più il numero stesso); ● 4 = 2 + 2 (4 è più grande di 2) ● l’uguaglianza presunta porta a n + 4 = 2 ma un qualunque numero aumentato di 4 è sempre

maggiore di 2.

2.3. Un altro esempio

Brioshi ha inviato questo messaggio:

7n - 4n ?=? 5n - 2n Cosa significa da un punto di vista numerico?

L’interpretazione di questa scrittura può essere semplice ma la sua esplicitazione non lo è per il poco uso nel linguaggio ordinario di termini quali ‘il settuplo’ o ‘il quintuplo’ di un numero. Questo permette di forzare l’interpretazione della scrittura in termini moltiplicativi e portare al superamento del prevalere del concetto di multiplo. La corretta interpretazione di questa uguaglianza ipotizzata porta al riconoscimento che qualunque sia il valore di n, i due termini rappresentano lo stesso numero. Per questo in casi di questo tipo si parla di identità.

Ricordiamo che una delle difficoltà maggiori per gli allievi è di leggere le scritture del tipo an in termini di a × n.

È bene che gli insegnanti insistano nel chiedere l’esplicitazione verbale del significato di queste scritture. Solo così si può avere il superamento della visione della lettera come ‘marca’ e la facilitazione verso questioni sintattiche più delicate dello studio delle equazioni.

I due esempi fatti portano al superamento dello stereotipo che una equazione debba avere un’unica soluzione.

Un altro aspetto positivo dei problemi di tipo numerico, presentabili anche in forma di indovinello, è che nella equazione di modellizzazione della uguaglianza entra in gioco la sottrazione (cosa che non accade nei problemi della bilancia).

2.4. Ancora un esempio

Moltiplicando per 7 un numero e sottraendo 5 al risultato si ottiene lo stesso numero ottenuto moltiplicandolo per 5 e poi aggiungendo 7.Esiste un tale numero? Qual è.?

L’equazione di modellizzazione

7n – 5 ?=? 5n + 7

si trasforma per cancellazione di 5n in

2n – 5 ?=? 7.

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Il trattamento dell’equazione 2n – 5 = 7 non è facile se si rimane vincolati al modello bilancia. Il principio da attivare è: se a cose uguali si aggiungono cose uguali l’uguaglianza si conserva. I principi di cancellazione divengono: ● aggiungendo o togliendo la stessa quantità … ● moltiplicando o dividendo per uno stesso numero le quantità sui due piatti … Una strategia didattica per risolvere una tale equazione può essere quella di proporre agli allievi la

trasformazione di questa equazione in una equivalente in cui ci siano solo addizioni; 2n – 5 = 7 si trasforma aggiungendo 5 ad entrambi i membri in: (2n - 5) + 5 = 7 + 5 che diventa

2n = 7 + 5. A questo punto occorre svolgere un momento di studio in relazione al segno ‘-‘: è opportuno

svincolarlo dal significato di operazione binaria spostando l’attenzione sul suo significato di operatore unario: l’operatore opposto. In relazione all’equazione sopra considerata questo passaggio va reinterpretato in termini di applicazione dell’operatore ‘+5’ ai membri dell’equazione.

Il confronto tra le scritture 2n - 5 = 7 2n = 7 + 5

evidenzia una regolarità che a volte viene espressa in questi termini: il passaggio dalla prima equazione alla seconda si ottiene formalmente trasportando al secondo membro il termine 5 e cambiando di segno. Per molti allievi il segno continua a riferirsi all’operazione. È opportuno, sin da subito, esprimere questa regolarità utilizzando il linguaggio degli operatori: se si guidano i ragazzi a interpretare la scrittura 2n - 5 come applicazione dell’operatore ‘-5’ al termine 2n, il passaggio dalla prima equazione alla seconda si ottiene formalmente trasportando al secondo membro l’operatore opposto di “-5” ossia l’operatore ‘+5’.

2.5. Dalla cancellazione al trasporto Consideriamo la disequazioni

c + 30 ≥ 110 [se si preferisce, l’equazione c + 30 = 110]. L’analisi della rappresentazione porta all’attivazione del primo principio che si concretizza con

l’applicazione ad ambo i lati dell’operatore di cancellazione ‘-30’. Il risultato cui si perviene è: (c + 30) – 30 ≥ 110 – 30 [(c + 30) – 30 = 110 - 30].

La proprietà associativa dell’addizione porta all’azzeramento del termine + 30 – 30. Si giunge a c ≥ 110 – 30 [c = 110 -30].

Confrontando la situazione iniziale c + 30 ≥ 110 con quella finale c ≥ 110 – 30 ci si rende conto come vi sia la scomparsa di ‘+30’ al primo membro e la comparsa al secondo membro del termine ‘-30’.

Il primo principio garantisce e concretizza la legge di trasporto di un termine da un membro all’altro di una disequazione/equazione con il pagamento di un ‘dazio’: il passaggio all’opposto del termine (operatore) considerato.

2.6. Altri casi Studiamo la disequazione:

3x + 5 < 4x. Essa induce l’attivazione del I principio con la messa in atto dell’operatore ‘-3x’.

3x + 5 – 3x < 4x – 3x Anche qui l’azzeramento dei termini opposti uno all’altro ‘3x’ e ‘– 3x’ porta a 5 < 4x – 3x. L’effetto finale è il trasporto del termine ‘+3x’ all’altro membro ma con il segno cambiato. Studiamo ora la disequazione

5a + 9 > 6a + 1. Si sottrae 1 ad ambo i membri con l’applicazione dell’operatore ‘-1’. Si giunge a

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(5a + 9) - 1 > 6a + 0 ossia a

5a + 9 - 1 > 6a. (questa può vedersi immediatamente ottenibile da 5a + 9 > 6a +1 per trasporto diretto a sinistra di

1 dopo il passaggio al suo opposto (–1)). 5a + 8 > 6a

Applicando l’operatore (-5a) opposto di 5a ad entrambi i membri si trasforma in 5a + 8 – 5a > 6a – 5a

si giunge a 0 + 8 > 6a– 5a

ossia a 8 > a.

Questa può vedersi ottenibile da 5a + 8 > 6a per trasporto diretto a destra di 5a dopo il passaggio al suo opposto ‘-5a'.

Attraverso esempi come questi, controllando il processo attuato, si giunge a comprendere ed oggettivare la legge del trasporto, spesso visto dagli studenti come una regola cieca.

Questa legge, detta anche principio, è utile anche nel caso in cui gli allievi abbiano difficoltà ad attuare trasformazioni per cancellazione: può non essere semplice ‘vedere’ la scomposizione di un termine, ad esempio 7n, rappresentato mediante 5n, cioè come 5n + 2n.

È importante che gli allievi giungano a vedere nel principio del trasporto un abbreviazione dei processi sintattici di trattamento di una equazione per cancellazione. È necessario fare molte attività di questo tipo per far consolidare il nuovo procedimento che inizialmente potrà affiancare o sostituire il precedente.

3. Il passaggio allo studio di equazioni e disequazioni nell’ambito degli interi relativi Uno dei punti più delicati nella didattica delle equazioni riguarda lo studio di equazioni nell’ambito

degli interi relativi. Gli interi relativi, a differenza dei naturali che esprimono quantità o misure, nascono come

rappresentazione e successiva astrazione di operatori di trasformazione (lo spostarsi di tanti passi in una direzione lungo una linea, il mutamento di crediti in debiti o viceversa, l’innalzarsi/abbassarsi della colonnina di mercurio rispetto allo zero, l’indicazione di dislivelli rispetto ad una fissata altezza ecc). In tale ambito numerico il segno ‘-‘ viene a perdere il significato di operazione di sottrazione per assumerne due diversi ed intrecciati significati: uno di parte integrante del numero, l’altro di operatore opposto.

È importantissimo che gli allievi acquistino consapevolezza di questo per evitare molte delle usuali difficoltà. Qui si comprende l’attenzione data in precedenza agli aspetti linguistici ed interpretativi nella presentazione della legge del trasporto. Lo studio di equazioni e disequazioni in Z valorizza il principio del trasporto.

Ad esempio per studiare l’equazione: -3x + 6 = 2x + 16.

si possono percorrere due strade: ● applicare ad ambo i membri l’operatore ‘-2x’. Si ottiene:

(-3x + 6) + (-2x) = 2x + 16 + (-2x). L’azzeramento a destra dei termini in x si risolve nel trasporto a sinistra del termine ‘+2x’ opposto

di (-2x). ● applicare ad ambo i membri l’operatore ‘+3x’. Si ottiene:

(-3x + 6) + (+3x) = 2x + 16 + (+3x). L’azzeramento a sinistra dei termini in x si risolve nel trasporto a destra del termine ‘+3x’ opposto

di ‘-3x’.

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4. Alcuni risultati della ricerca circa le difficoltà nel trattamento di equazioni nell’ambito degli interri relativi

Recentemente la ricercatrice canadese J.Vlassis si è occupata della didattica delle equazioni dove ha privilegiato il modello della bilancia. Nei suoi studi sull’approccio alle equazioni nell’ambito dei relativi (2001) ha documentato varie difficoltà degli allievi dovute alla dominanza di tale modello. Queste le principali, legate a: ● la persistenza di modelli semantici inadeguati, la scarsa interiorizzazione di cosa sia un numero

relativo; ● la mancata consapevolezza delle regole implicite nella rappresentazione di espressioni

numeriche in questo nuovo ambito numerico. Vlassis denuncia la difficoltà degli studenti di trasformare correttamente espressioni quali:

6 + n – 2 + 5 19n + 67 – 11n – 48 per la difficoltà degli studenti di vedere il ‘-‘ come parte integrante del numero. Importanti per il superamento di questo ostacolo sono le attività di esplicitazione dei segni nascosti

nel loro seno. Gli allievi devono arrivare ad essere consapevoli che: ● l’espressione

6 + n – 2 + 5 è una rappresentazione semplificata di

(+6) + (+n) + (-n) + (+5); ● l’espressione

19n + 67 – 11n – 48 è una rappresentazione semplificata della espressione

+[(+19) × n] + (+67) + (-[(+11) × n] + (-48). Devono inoltre essere consapevoli che vi sono convenzioni tacite che legittimano l’accettazione

delle scritture semplificate, come: ● l’omissione del segno di addizione tra due numeri interi consecutivi; ● l’omissione (usuale) del segno di moltiplicazione tra due termini uno numerico e l’altro

letterale; ● l’omissione del segno ‘+’ del numero iniziale di una espressione. Un simile lavoro di analisi delle espressioni nell’ambito dei relativi consente di esaltare il fatto che

una lettera rappresenta un numero con un suo segno, che potrà essere sia positivo sia negativo. Questa consapevolezza porterà ad interpretare espressioni come –n o –11n non in termini di rappresentazione di numero intero negativo ma come rappresentazione degli opposti rispettivamente di n e di 11n. Queste negli allievi sono conquiste lente e faticose, frutto di un costante lavoro di tipo sintattico in intreccio con un’analisi dei significati delle espressioni in gioco.

Ancora Vlassis denuncia come per gli allievi di 14-15 anni la risoluzione di equazioni del tipo –ax = b

rappresenti un elevato grado di difficoltà anche in forme semplici come –5x=10.

Per l’autrice gli allievi in cui è dominante il modello della bilancia e il riferimento ai naturali, di fronte all’equazione –5x=10, non concepiscono la divisione per il numero negativo –5 né sono in grado di attuare il passaggio all’opposto che li porterebbe all’equazione 5x = -10 risolubile con facilità anche secondo il modello della bilancia. Questo è anche documentato dalle numerosi errori riscontrati in relazione alla equazione –x = 7.

Ribadiamo come sia didatticamente opportuno dare l’abitudine agli allievi di ‘radiografare’ espressioni ed equazioni, portandoli a vedere i segni inespressi. Questo li porterà ad evitare interpretazioni scorrette di semplici equazioni quali:

12 – a = 7; 4 – b = 5; -4 – v = 10 o di equazioni più complesse quali

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–3n + 6 = 2n + 16; 3t – 4 = t + 9; 7n - 5 = 5n + 7 che mettono in gioco la regola dei segni. Ovviamente questa necessita di una specifica trattazione, ma ciò esula dagli scopi di questo scritto. Riferimenti Bibliografici Malara N.A., Navarra G.: 2003, Progetto ArAl: quadro teorico e glossario, Pitagora Editrice, Bologna Vlassis, J.: 2001, Solving Equations with negatives or crossing the formalizing gap, in Von Heuvel-

Panhuizen, M. (a cura di), proc. PME 25, Utrecht University, the Netherlands, vol. 4, 375-382

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ArAl, Nuove Tecnologie, E-learning: chissà come si divertivano...

Nicola Miolo Istituto Alberghiero di Longarone (Belluno)

Sommario

L’integrazione tra apprendimento in aula ed apprendimento tramite risorse disponibili in formato digitale (in rete o non in rete) rappresenta una delle tematiche più interessanti dell’attività didattica moderna. Da un lato, infatti, la scuola non può rinunciare al suo ruolo di luogo di socializzazione, attraverso le diverse attività didattiche, d’altra parte non può fingere di vivere in un mondo distaccato dalla tecnologia, se non altro perché gli stessi alunni, nel tempo non scolastico, sperimentano quotidianamente la stessa tecnologia nelle sue diverse realizzazioni (telefoni cellulari, videogiochi educativi e non, film di animazione realizzati al computer,…).

Il progetto ArAl costituisce un esempio di tale integrazione, con il canale delle attività in aula,

dove avviene la compresenza dei docenti in servizio nelle classi e degli “insegnanti-ricercatori”, ed il canale delle attività didattiche proposte nel sito Web del progetto e nella comunità virtuale degli stessi docenti. Caratteristica saliente, dal punto di vista informatico, è la realizzazione dei materiali in formato digitale utilizzando software tra i più diffusi, scelta fatta per evidenziare il fatto che anche con questi strumenti (tecnologia “povera”) è possibile realizzare prodotti di alta qualità.

L’intervento analizza questi temi nei loro diversi aspetti, presentando anche alcune esperienze

concretamente realizzate in contesti diversi da quello del progetto ArAl. Introduzione

Nel racconto (brevissimo, ma di grande successo editoriale) “Chissà come si divertivano!”, scritto per un giornalino scolastico dal maestro della letteratura di fantascienza Isaac Asimov alla fine degli anni ‘50, si immagina la storia di un ragazzo (Tommy) ed una ragazza (Margie) del 2157 che, istruiti individualmente giorno dopo giorno da un ‘insegnante meccanico’ (un robot, diremmo oggi), scoprono improvvisamente un libro scritto secoli prima che, incredibilmente agli occhi di Margie, parla di scuola, che lei “odiava più che mai”. La sorpresa aumenta quando, leggendo lo stesso libro, i due scoprono che nella scuola di allora il maestro “…era un uomo”. Spiega infatti Tommy, rispondendo alle obiezioni della ragazza sull’impossibilità che un uomo faccia il maestro ed un estraneo entri in casa ad insegnare: “Gli insegnanti non vivevano in casa. Avevano un edificio speciale e tutti i ragazzi andavano là”. Questa frase spinge la ragazza ad iniziare a leggere il libro, e quando la madre la chiama in casa per la lezione in camera con il robot, sul tema dell’addizione delle frazioni proprie, “Margie obbedì, ma con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare. E i maestri erano persone…”. Conclusione del racconto: “…come dovevano amare la scuola. Chissà come si divertivano!”.

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Questo racconto di Asimov, scritto più di quaranta anni fa, contiene in sé, quasi profeticamente (come spesso succede con la fantascienza di qualità), l’anticipazione dei temi che attraversano la realizzazione concreta dell’apprendimento attraverso le tecnologie informatiche ed, in particolare, attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla rete Internet.

Ancora più in particolare, le questioni oggi aperte riguardano molto da vicino la situazione delle scuole dell’istruzione di base (cioè dalla scuola primaria al quinto anno della scuola secondaria di secondo grado), dove l’attività con la presenza fisica contemporanea di alunni e docenti è uno dei punti qualificanti, sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista relazionale-sociale. Da un lato, infatti, grandi enfasi è stata data, negli ultimi anni, alla dotazione informatica hardware e software realizzata negli Istituti scolastici italiani. D’altro lato, in una delle più recenti ricerche sul tema del divario digitale, lo studioso statunitense Mark Warschauer scrive, illustrando i problemi che si presentano nei tentativi di realizzazione di progetti di innovazione nel campo delle tecnologie digitali: "...questi stessi tipi di problemi si presentano più volte in progetti tecnologici in vari paesi del mondo, che troppo spesso si focalizzano nella fornitura di hardware e software e pongono insufficiente attenzione ai sistemi umani e sociali, che devono pure essi cambiare a causa della tecnologia, perché si possa registrare una differenza... l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione è inserito in un complesso insieme di fattori che circondano risorse e relazioni fisiche, digitali, umane e sociali. Contenuto e lingua, il saper leggere e scrivere e l'istruzione, la comunità e le strutture istituzionali: di tutto ciò va tenuto conto se si vuole fornire un significativo accesso alle nuove tecnologie" (2003, p. 6).

A tutto ciò, va aggiunto il dato di fatto che, per quanto si insista nell’andare nella direzione dell’apprendimento attraverso le nuove tecnologie, sia nella forma dell’uso dei computer nei laboratori di informatica (dove essi esistono) sia nell’uso a casa da parte degli studenti grazie anche alle tecnologie del Web, rimane fondamentale il momento del confronto nella classe tradizionale, sia per la classica lezione frontale che per il confronto alunni-docente o alunni-alunni.

In questo lavoro, si vuole presentare un esempio di integrazione tra attività di apprendimento in

presenza ed attività di apprendimento tramite Web, nella convinzione che questa sia una strada da perseguire per un miglioramento possibile e concretamente realizzabile nell’ambito della scuola italiana. Il progetto ArAl e le tecnologie informatiche

Fin dal suo inizio, una delle caratteristiche fondanti del progetto ArAl è stata la realizzazione di attività in aula, con la compresenza dei docenti in servizio nelle classi e degli “insegnanti-ricercatori”: dal dialogo professionale tra queste due figure, nonché tra loro e gli alunni, ha origine la verifica della validità del progetto nell’ambito della connessione tra aritmetica e pre-algebra. Nascono in questa maniera, inoltre, le indicazioni per nuove idee e per nuovi filoni di ricerca: dalla semplice lettura dei Diari degli incontri si può vedere come la reazione degli alunni alla proposta educativa di ArAl ha in sé le indicazioni per nuove scoperte relative alle potenzialità di apprendimento degli stessi alunni, che molto spesso restano inespresse o coperte dal nostro impegno di docenti verso il recupero di chi fa registrare le insufficienze.

In questo processo sono state inserite le tecnologie informatiche, grazie all’intuizione che esse, oltre ad essere strumento per pubblicare i materiali man mano realizzati dai responsabili del progetto e dai docenti coinvolti, possono essere anche strumento per costruire percorsi didattici innovativi, grazie anche alle opportunità offerte dal Web. Questo inserimento ha avuto la caratteristica saliente di essere realizzato con software tra i più diffusi, nella convinzione, confermata dai fatti, che anche con essi sia possibile realizzare prodotti di alta qualità. Altra caratteristica saliente è quella della

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libera disponibilità dei materiali realizzati, nella convinzione che tale disponibilità sia una strada importante per la crescita collettiva della preparazione dei docenti e, quindi, del sistema scuola nel suo complesso.

Innanzitutto, c’è da ricordare il riconoscimento del sito realizzato nel 2001 nell’ambito del progetto

SeT (Materiali per l’Educazione Scientifica e Tecnologica), sito che è risultato il migliore a livello nazionale.

Tra la fine di dicembre 2003 e l’inizio di gennaio 2004, poi, è nato il sito ufficiale del progetto (

http://www.aralweb.it ): in tale sito sono state man mano pubblicate le unità in formato per il Web, oltre alle linee guida del progetto, il glossario e tutto quanto ruota attorno ad ArAl.

Nello stesso periodo, la piattaforma educativa della Comunità Europea ( http://www.eun.org ) ha

concesso lo spazio per la comunità on-line del progetto: in essa, tutti gli iscritti hanno potuto iniziare (non senza qualche difficoltà a “rompere il ghiaccio”) a comunicare tra loro tramite forum, inserire notizie e file sulla pre-algebra e temi correlati, costruire elenchi di siti Web, comunicare date di convegni e corsi di aggiornamento, consultare il calendario costantemente aggiornato delle attività del progetto. Lo spirito di questo strumento informatico è che ciascuno dei docenti coinvolti, qualunque sia il suo ruolo all’interno del progetto, abbia qualcosa di importante da condividere con tutti gli altri e, quindi, sia lui stesso importante per il successo di ArAl. Attraverso la condivisione delle esperienze vissute nella comunicazione nel forum (buone pratiche), l’inserimento di file ed indirizzi Web, la segnalazione di congressi e corsi di aggiornamento, il calendario condiviso, cresce la base di conoscenza della comunità e quindi cresce l’incidenza del progetto ArAl sulla realtà scolastica.

Nell’autunno del 2004, è stato realizzato, presso l’Istituto Comprensivo “G. Rodari” di S. Giustina

(BL) il primo corso di formazione per docenti sull’utilizzo delle tecnologie informatiche nell’ambito del progetto ArAl (nome del corso: “Brioshi nella rete”). Il percorso formativo (segnalato tra i primi 100, su 1021 partecipanti, alla selezione europea Elearning Awards 2004) prevede, oltre a tre incontri in presenza, l’utilizzo di oggetti di apprendimento liberamente disponibili nel sito Web già citato. Tali oggetti permettono di conoscere, passo passo, tutte le aree del sito ArAl, tramite presentazioni anche animate, questionari di autovalutazione, approfondimenti su vari temi della cultura informatica. Vengono poi presentate le varie aree della comunità presente in eun.org, con le loro molteplici funzionalità. Infine, vi è uno spazio dedicato ad un approfondimento culturale-metodologico sulla formazione a distanza, in particolare sulle possibilità offerte anche da strumenti relativamente semplici come i software più diffusi per realizzare prodotti di qualità.

Dopo qualche difficoltà iniziale sull’uso dei software necessari, difficoltà risolte in sede di incontri in presenza, il corso ha visto una sufficientemente buona risposta dei corsisti dal punto di vista della consultazione dei materiali disponibile nel sito, la realizzazione di semplici lavori attinenti agli argomenti dei diversi oggetti e la comunicazione dell’esecuzione degli stessi lavori ai tutor di riferimento. Meno buono è stato l’esito dal punto di vista dell’uso della comunità virtuale per la comunicazione tra corsisti e dei corsisti verso i tutor: la posta elettronica sembra essere ancora lo strumento di comunicazione largamente preferito, pur in presenza di altre opportunità più “comunitarie”.

Solo una corsista, infine, ha “osato” rispondere ai questionari di autovalutazione che erano stati predisposti per l’invio delle risposte via mail ad uno dei tutor. Rispondendo ad una domanda in tal senso da parte del tutor, un’altra corsista ha risposto di essersi sentita un po’ in difficoltà nell’affrontare una prova così strutturata. Si può quindi dedurre che molti dei corsisti abbiano

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preferito scaricare il file nel proprio computer e rispondere alle domande confrontandosi poi con le risposte fornite dal software.

Attualmente, nel sito ArAl si sta lavorando, nell’ambito dell’apprendimento a distanza, con le

cosiddette UAR (Unità di Apprendimento in Rete). In esse, si esplora un’altra dimensione dell’interazione tra attività in presenza ed attività on-line, filo conduttore di questo intervento. Si tratta di una esperienza di e-learning che vuole proporre un percorso interattivo al docente, in modo che quest’ultimo, confrontando continuamente la sua esperienza con quanto proposto dal percorso, possa aumentare la sua conoscenza sullo specifico tema dell’unità e quindi verificare sperimentalmente le sue conoscenze precedenti.

Uno degli elementi caratterizzanti delle UAR è infatti costituito dai Diari, frammenti esemplificativi di attività svolte durante le ore di compresenza fra insegnanti ricercatori e insegnanti di classe. Il loro scopo è di fornire esempi delle possibili dinamiche – ai vari piani: psicologico, sociale, cognitivo – all’interno del triangolo discenti – docente – situazione didattica. Le collaborazioni con i docenti che sperimentano materiali ArAl sono fortemente centrate sull’analisi dei Diari pubblicati e sulla produzione autonoma di Diari commentati dell’applicazione delle Unità nelle classi.

Tale metodologia si riflette nella struttura della UAR: essa è costituita da un Diario diviso in scene di classe, l’insieme delle quali rappresenta un percorso che conduce l’insegnante dall’analisi a priori della situazione problematica di partenza ad una graduale riflessione sui suoi personali atteggiamenti man mano che l’attività si sviluppa – in termini di previsione e di analisi a posteriori – sino alla sua conclusione.

La struttura delle UAR si ispira quindi al modello del WebQuest: un ambiente costruttivista di apprendimento basato sull’uso di risorse presenti nel Web e di altri eventuali risorse non in linea, in grado di mettere gli allievi (chiunque essi siano) nelle migliori condizioni per apprendere conoscenze ed acquisire competenze, con strategie di lavoro cooperativo e di problem solving. Facendo riferimento ai primi studiosi del WebQuest, B. Dodge e T. March, nell’ambito delle UAR del progetto ArAl l’ambiente di apprendimento si articola in 6 momenti suddivisi in 3 fasi:

Fase 1: La preparazione a- l’Introduzione: l’insegnante viene collocato in situazione; b- il Compito: si definiscono obiettivi di fondo; c- come procedere: si sintetizzano le prestazioni che vengono richieste per svolgere il Compito; d- le Risorse: si elencano pagine Web, bibliografie, ecc. (ampliamento, approfondimento); Fase 2: Lo svolgimento del compito (suddiviso in Scene) Fase 3: L’ultima parte e- la Valutazione: si misurano i risultati dell’attività (qualità della partecipazione ad un Forum,

scambio on-line con il tutor, relazione finale); f- la Conclusione: incontro finale fra i partecipanti alla sperimentazione, relazione, elaborazione di

materiali da inserire nei siti ArAl. Possiamo quindi dire che aspetto fondamentale delle UAR è quello di condurre i docenti ad una

rilettura di convinzioni, modelli culturali, stereotipi, in poche parole, della loro personale epistemologia. Esse possono essere viste, quindi, come una risposta, in ambito matematico, ai quesiti posti, in ambito generalmente pedagogico, dalla filosofa e pedagogista tedesca Edith Stein nel lontano 1926: "Che significa infatti insegnare, se non farsi mediatori della conoscenza? Ciò significa in primo luogo fare apprendere agli allievi giudizi veri, opinioni chiare e concetti corretti, e in secondo luogo formare, educare il loro intelletto in modo tale che essi siano fatti capaci di acquisire opinioni chiare, concetti corretti e giudizi veri."

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Altri esempi di apprendimento a distanza

Nel trarre le conclusioni di questo intervento, ritengo possa essere utile confrontarsi con altri esempi di apprendimento a distanza, concretamente realizzati nelle scuole, per poter trarre elementi utili per il lavoro futuro. I percorsi proposti dal progetto ArAl, infatti, non sono gli unici esistenti nel campo della integrazione tra apprendimento in presenza ed apprendimento via Web: dal confronto con altri esempi si può verificare il percorso fatto, possono nascere nuove idee e stimoli per il futuro.

La piattaforma TDraw (http://tdraw.iuav.it/corsi/miolo/): da alcuni anni, il Dipartimento di

Progettazione Architettonica dello IUAV di Venezia ha avviato l’utilizzo di una piattaforma Web grazie alla quale gli studenti possono inserire le loro tavole in formato pdf. Le stesse tavole vengono corrette dal docente, e dallo stesso reinserite in piattaforma mantenendo traccia delle correzioni apportate, in attesa della nuova elaborazione da parte dello studente. L’idea di fondo di questo progetto è quella di riprodurre nel Web l’ambiente dell’atelier, cioè dell’ambiente in cui maestro e discenti condividono il lavoro svolto, mantenendo storia dello stesso lavoro, giungendo ad una progressiva maggiore conoscenza.

Avendo conosciuto una ricercatrice dello IUAV durante il convegno Didamatica 2004 a Ferrara, chi scrive ha avviato una collaborazione con lo stesso IUAV, ottenendo così uno spazio all’interno della piattaforma. All’inizio dell’anno scolastico 2004/2005, ci si è trovati, lavorando in un Istituto Tecnico ad indirizzo informatico, con un problema organizzativo con la classe prima situata in succursale. Poiché il laboratorio di informatica della stessa succursale è condiviso con le classi di un altro istituto, non vi era la garanzia della continua disponibilità dello stesso settimana per settimana. Si è quindi deciso di utilizzare la disponibilità della piattaforma TDraw come spazio di condivisione dei lavori degli alunni (programmi nel linguaggio Pascal): dato che la gran parte degli alunni della classe hanno il computer a casa con connessione Internet, la risposta è stata, dopo le difficoltà iniziali di “unificazione del linguaggio”, molto positiva, anche da parte delle famiglie. Sia gli alunni che i genitori, infatti, hanno colto l’opportunità di sperimentare fin dal primo anno di corso le potenzialità delle tecnologie informatiche, senza dover necessariamente attendere il terzo anno. Tale modo di lavorare, inoltre, ha permesso agli alunni di lavorare in collaborazione tra loro, giungendo progressivamente a soluzioni dei problemi sempre migliori, sia lavorando a coppie e poi caricando il frutto del lavoro, sia consultando via Web i lavori svolti da altri. Da evidenziare, in questo strumento Web, il rilevante aspetto di essere una pratica di condivisione delle buone pratiche degli allievi, indipendentemente dalle loro diverse competenze sia iniziali sia in itinere. Ciò che conta maggiormente è il processo cognitivo-educativo, cioè come il gruppo classe, con l’assistenza tecnica e di contenuto da parte del docente, arriva alla soluzione dei problemi.

Materiali didattici Nasa in classe ( http://deepimpact.jpl.nasa.gov/ , area Education): il 12 gennaio

2005, la Nasa ha lanciato la sonda Deep Impact, con l’obiettivo di colpire, nel mese di luglio, la cometa Tempel 1. Tale missione ha lo scopo di migliorare la conoscenze della struttura e dell’origine delle comete, insieme a verificare la possibilità di colpire un oggetto spaziale in possibile rotta di collisione con la Terra con un relativamente ridotto tempo di pre-allarme. Nel mese di Aprile, nel sito Web indicato si è trovata la notizia che una ditta statunitense specializzata in progetti di formazione aveva avviato la sperimentazione nelle scuole di materiale didattico attinente a tale missione, preparato in collaborazione con la Nasa e l’Università del Maryland. Spinto dalla curiosità, chi scrive ha inviato un messaggio tramite la posta elettronica ai referenti, chiedendo se fosse possibile anche per una scuola italiana partecipare a tale attività. Contrariamente alle aspettative, la risposta è stata entusiastica, e così, in collaborazione con le docenti di Scienze e di Inglese, sono stati utilizzati i materiali liberamente scaricabili dallo steso sito per organizzare una serie di lezioni fino al termine delle lezioni, nella stessa classe coinvolta nell’utilizzo di TDraw. Il tutto si è concluso con la

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compilazione di due questionari (uno per i docenti, uno per gli studenti) nei quali venivano rivolte domande sullo svolgimento delle attività e le impressioni sui materiali utilizzati, con la richiesta dei referenti statunitensi di mantenere i contatti durante l’estate, per verificare se e come si mantiene vivo l’interesse degli studenti (e dei docenti) per l’argomento anche al di fuori del tempo scolastico. In questo caso, va evidenziato come una realtà educativa apparentemente così lontana, come quella della Nasa, possa entrare nella quotidianità didattica grazie ad un semplice strumento come la posta elettronica. Ancora una volta, inoltre, grazie alla libera disponibilità dei materiali nei corrispondenti siti Web, la tipica democraticità del Web permette di realizzare percorsi di apprendimento di alto livello utilizzando tecnologie relativamente semplici, senza costringere docenti e studenti a percorrere complicati percorsi attraverso piattaforme di e-learning con username, password, … Conclusioni

Sia l’esperienza del progetto ArAl, nelle sue diverse attività realizzate con strumenti informatici, sia gli altri esempi presentati di apprendimento con l’utilizzo di risorse Web di vario tipo, mostrano come la sfida per i tempi futuri sia, almeno per la scuola dell’istruzione di base, quella di far convivere apprendimento in presenza con apprendimento tramite risorse Web, cercando sempre nuovi modi affinché le ricchezze dell’uno facciano emergere sempre nuove ricchezze dell’altro. Gli spazi di lavoro per ciascuno non mancano: importante è mantenere aperta la possibilità al nuovo che viene sia dalle tecnologie, sia dalle innovazioni nelle diverse discipline, sia dalle sfide in campo educativo e cognitivo. Riferimenti bibliografici Asimov, I., (1975), “Il meglio di Asimov”, Vol. I, pp. 235 – 238, Milano, Oscar Mondadori. Bechtel, W., Abrahamsen, A., Graham, G. (2004), "Menti, cervelli e calcolatori", Bari, Laterza. Calvani, A., Rotta, M. (2000), "Fare formazione in Internet", Trento, Erickson. Fini, A., Vanni, L. (2004), "Learning Object e metadati", Trento, Erickson, I quaderni di Form@re. Marani, M. (2004), “Gli ambienti di apprendimento WebQuest”, in Galliani, L. “La scuola in rete”, Bari,

Laterza, pp. 136 – 153. Stein, E., (1994), “La vita come totalità”, Roma, Città Nuova, p. 39 – 40. Warschauer, M. (2003), "Technology and Social Inclusion", Cambridge, MIT Press. Warschauer, M. (2003), "Verso l'uguaglianza informatica", Le Scienze, n. 421, settembre 2003, pp. 62-67.

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Primi appunti per un’esplorazione del progetto ArAl26

Giancarlo Navarra Istituto Comprensivo ‘G. Rodari’ di S.Giustina (BL), GREM Università di Modena

1. Il Progetto ArAl sta diventando un insieme di temi sempre più articolato e per certi aspetti labirintico. Il quadro teorico si evolve, si ampliano i filoni lungo i quali si sviluppano le attività sperimentali, si arricchiscono i materiali didattici pubblicati dalla Pitagora e quelli nel sito in relazione all’e-learning e all’uso delle nuove tecnologie. La crescita del progetto può disorientare gli insegnanti e rendere difficile il loro approccio ai temi della pre-algebra, anche per la difficoltà espressa in più occasioni di integrare le attività ArAl nella quotidianità del loro lavoro. Le riflessioni che seguono intendono fornire ai ricercatori e ai docenti un contributo per l’individuazione di un sistema di riferimento che favorisca la lettura del progetto e gli spostamenti al suo interno.

2. Cominciamo con il rilevare che l’universo ArAl è privo di un centro. Usando ancora la metafora del labirinto, si può dire che non esiste un percorso pre-definito che conduca il visitatore avveduto ad una meta. Così è per concezione – cioè nella sua elaborazione teorica - e così per risultato – cioè nella sua evoluzione nella prassi. Rappresentiamolo in questo modo, come un insieme di sistemi relazionati fra loro. Si vuole suggerire l’idea di un sistema policentrico. 3. Il progetto esibisce quindi una pluralità di percorsi e richiede piuttosto riflessione e metodo per essere affrontato. Ricorriamo alla metafora dell’arcipelago: esso può essere esplorato in momenti successivi, visitando le isole più o meno vaste che lo compongono seguendo itinerari suggeriti non da un disegno preordinato ma dalla curiosità del viaggiatore, dalla casualità dei venti e delle correnti e dagli strumenti di cui è stato in grado di dotarsi.

26 Per certe idee espresse nell’articolo sono debitore nei confronti dei curatori dell’Enciclopedia Einaudi, compagna insostituibile di molte delle mie peregrinazioni culturali nei mondi della conoscenza.

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4. La comprensione approfondita di più temi connessi fra loro (le isole in rosso nel prossimo disegno) potenzia la capacità di allargare l’esplorazione ad un altro tema del progetto, e di afferrare in modo nuovo la coerenza di nuove relazioni che sino a quel momento risultavano opache.

5. La nostra prospettiva è quindi quella di individuare una chiave di lettura applicando la quale ognuno possa giungere a conoscere tutto ciò di cui sarà capace in quel particolare momento del suo viaggio, e che consenta di muoversi all’interno del binomio locale / globale lungo due direzioni:

1. all’interno del singolo locale; 2. nella mappa delle connessioni possibili fra i vari locali, la cui percorribilità sia garantita

non da itinerari predefiniti ma dal metodo che possa consentire di scegliere quelli di volta in volta più opportuni per l’insegnante, in base all’età degli alunni, alla fisionomia della classe, all’esperienza, all’investimento che egli intende fare nei confronti del progetto.

L’obiettivo è che il docente possa pervenire gradualmente - attraverso percorsi pur eterogenei e frazionati nel tempo, e una riflessione anche di rottura sulle sue conoscenze e sulle sue convinzioni - ad una visione d’insieme sempre più organica e articolata dell’universo che sta esplorando.

Si tratta quindi di organizzare delle informazioni che stimolino la costruzione di opportuni ambiti di lettura personali, che conducano a muoversi in modo significativo all’interno del triangolo

che fa interagire fra loro: E (quella che Shoenfeld ha chiamato l’epistemologia personale dell’insegnante: conoscenze, convinzioni, abitudini, pregiudizi, stereotipi); P (i temi della pre-algebra propri del Progetto ArA) e infine D (la didattica: programmi ministeriali, programmazione individuale, costruzione dei curricoli, valutazione).

6. Affrontiamo quindi l’analisi del progetto ricorrendo ad una terza metafora: ArAl come macchina di cui capire il funzionamento.

E

DP

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La ricomposizione dei meccanismi della macchina ArAl è un’avventura individuale, e dipende dai modi nei quali l’insegnante si colloca all’interno del triangolo EPD.

Questo, peraltro, è un antico problema legato all’organizzazione della conoscenza, soprattutto nei casi nei quali temi e discipline oggetto di studio sono vasti e dai confini frastagliati: la necessità di ricercare le reciproche azioni, le affinità e le opposizioni, la logica interna di oggetti che spesso hanno avuto diseguale sviluppo all’interno delle singole discipline, anche attraverso la loro evoluzione storica. Nel Progetto ArAl, esplorare le connessioni fra matematica e linguistica che privilegiano una concezione della matematica come linguaggio all’interno della quale sviluppare – negli insegnanti in prima battuta, e successivamente negli studenti - un convincente controllo dei significati.

Lo scopo che ci prefiggiamo è quindi, più che di fornire modelli di comportamento, di condurre verso un terreno concreto che favorisca la riflessione sulla grammatica necessaria per muoversi all’interno del Progetto ArAl. Nei prossimi paragrafi si illustrerà il percorso seguito per raggiungere lo scopo.

7. Il punto iniziale d’osservazione dei meccanismi della nostra macchina si colloca, inevitabilmente, all’interno del Glossario. La descrizione di ogni termine (attualmente sono 72, ma saranno più di 90 nel suo prossimo ampliamento) conduce ad altri termini del Glossario. Ad esempio, il termine Argomentare conduce a: Collettivo, Processo/prodotto, Rappresentazione, Relazione, Semantica/sintassi:

Conveniamo di chiamare quella rappresentata RETE del termine Argomentare. Assumendo come matrice delle Reti il Glossario, definiamo RETE l’insieme dei rimandi che collegano un termine ad altri termini del Glossario. Una Rete può essere considerata in maniera duplice: attraverso la sua struttura interna (come universo a sé) e rispetto alla sua possibilità di aggregarsi esternamente con altre Reti. Queste considerazioni ci portano a riflettere sulla struttura del Glossario.

8. Rileviamo innanzitutto che i 71 termini afferiscono a cinque Questioni:

Argomentare

collettivo

processo/ prodotto

semantica/ sintassi

relazione rappresentazione

Sociali

Psicologiche

Linguistiche

Generali

Matematiche

Questioni

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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Alcuni esempi dei cinque raggruppamenti: Questioni Generali:

• Brioshi • Diario • Mediatore didattico • Opaco/trasparente • Pensiero prealgebrico • Pensiero relazionale • Processo/prodotto • Rappresentare/risolvere

Questioni Linguistiche:

• Argomentare • Balbettio algebrico • Forma canonica / non canonica • Lettera • Linguaggio • Metafora • Parafrasi • Semantica / sintassi • Tradurre

Questioni Matematiche:

• Codifica formale • Forma additiva / moltiplicativa • Frase matematica • Incognita • Pseudoequazione • Regolarità • Relazione • Struttura • Uguale

Questioni Sociali - didattiche:

• Collettivo (confronto, …) • Condividere • Contratto didattico • Discussione • Mediazione sociale • Negoziazione

Questioni Psicologiche27:

• Percezione • Persistenza semantica

27 Le Questioni Pscicologiche sono state finora trattate marginalmente. Negli ultimi anni si è sviluppata una grande attenzione verso gli aspetti legati alla Percezione. Per questa ragione questo termine è stato inserito nell’elenco anche se non compare ancora nel Glossario.

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

65

Le Questioni Generali, Psicologiche e Sociali rappresentano il supporto metodologico alle Questioni Matematiche e Linguistiche.

Infatti, se è vero che ArAl è un progetto che concerne l’educazione matematica, è altrettanto vero

che il peso delle tre componenti ‘di supporto’ è determinante. L’approccio precoce all’aritmetica in una prospettiva algebrica poggia su una forte base costituita da presupposti di natura sociale e psicologica e su una serie di concetti basilari di tipo generale che l’insegnante deve imparare a promuovere e a gestire.

Acquisire la consapevolezza che la costruzione delle conoscenze avviene attraverso la promozione nella classe di dinamiche sociali che favoriscano il confronto e la verbalizzazione, che l’individuazione di opportuni mediatori didattici (ad esempio Brioshi) è determinante per una conquista stabile di significati, che è necessario promuovere attività che esaltino gli aspetti metacognitivi e metalinguistici, rappresenta un presupposto sine qua non per condurre le attività di natura più propriamente matematica.

L’impoverimento di questi aspetti di base, o un loro sviluppo superficiale o frammentario, impoveriscono la fisionomia culturale del progetto e ne inficiano gli stessi potenziali risultati.

9. La lettura analitica del Glossario ha condotto ad una tabella (Tabella 1, allegata all’articolo) che evidenzia le connessioni fra le Reti dei 48 termini presi in esame. Nell’ultima colonna a destra sono evidenziate le numerosità delle Reti; ad esempio: la Rete di Balbettio algebrico è formata da 5 rimandi, quella di Brioshi da 8 rimandi, quella di Mediatore didattico da 15.

Nella prima riga in alto sono evidenziate le ricorrenze dei termini; ad esempio, sempre a Balbettio algebrico corrisponde il numero 4: significa che questo termine compare in quattro reti. Allo stesso modo Brioshi compare in 9 Reti e Mediatore Didattico in 4. In altre parole: nel momento in cui un insegnante legga sul Glossario il termine Mediatore Didattico, trova una grande quantità di rimandi (15) che lo inviano ad altrettanti termini. La ricchezza di questo termine è quindi dovuta alla numerosità della sua Rete. Allo stesso tempo, però, non è frequente incontrarlo, perché è citato solo in 4 Reti.

Al contrario, la Rete del termine Frase matematica è povero di rimandi (solo 3) ma compare in ben 17 Reti, e quindi è molto diffuso, e la sua significatività è quindi di grande importanza trasversale. La sua ricchezza è dovuta alla numerosità delle sue occorrenze.

Queste considerazioni chiariscono e ampliano quanto è stato detto nel paragrafo 7 a proposito della struttura interna (come universo a sé) di un termine e della sua aggregazione esterna con altre Reti. Esprimendoci in termini fisici, potremmo dire che vi sono termini (come Mediatore Didattico) in cui la forza centrifuga è maggiore di quella centripeta e altri (come Frase matematica) in cui avviene l’inverso. Le ricchezze dei termini sono quindi differenti. Ampliano la percorribilità del Glossario

generali sociali

linguistiche matematiche

psicologiche

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

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ma al tempo stesso richiedono all’insegnante di porsi nei suoi confronti da angolazioni differenti, tutte da scoprire. Possiamo modellizzare così la situazione:

Mediatore didattico Frase matematica

10. Approfondiamo l’analisi della tabella. Giungiamo all’individuazione di un altro particolare tipo di termini del Glossario. Per capire di cosa si tratta ricorriamo a due esempi; il primo: la Rete di Balbettio algebrico:

I cinque termini di questa Rete (Semantica/sintassi, Traduzione, Contratto didattico, Metafora, Linguaggio) conducono ad altre Reti, allargando quindi l’orizzonte di Balbettio algebrico.

Il secondo esempio è più articolato, e fa riferimento ad una situazione molto diversa:

Questa volta nella Rete di Argomentare compare il termine Collettivo e, viceversa, nella Rete di Collettivo compare il termine Argomentare. Potremmo dire che fra i due termini vi è una sorta di

Balbettio algebrico

contratto didattico

linguaggio

traduzione

semantica/sintassi

metafora

Argomentare

Collettivo

processo/prodotto

semantica/sintassi

relazione

balbettio frase

linguaggio rappresentare/risolvere

rappresentazione

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

67

corrispondenza biunivoca. I rimandi in entrambe le direzioni, come in questo secondo esempio, rivestono uno speciale interesse. Stimolano un processo di approfondimento/estensione che pare uno strumento proficuo per affrontare i fenomeni di circolazione attorno ad un dato argomento. Lo scambio di rimandi è, in qualche maniera, la connessione più forte che si può trovare fra due Reti. In questo caso viene enfatizzata – una volta di più - l’importanza della comunicazione (l’argomentare) nella costruzione sociale delle conoscenze (evento collettivo).

I termini del Glossario ArAl che godono di questa prerogativa sono 34, e sono 23 le relazioni che li collegano (in arancione nella Tabella 2). Alcuni termini quindi sono più densi di relazioni di altri.

11. La prima tabella, che già nella sua completezza fornisce interessanti elementi per una visione d’insieme del mondo prefigurato dal Glossario, suggerisce un ulteriore approfondimento.

Proviamo a selezionare i termini con Reti e Occorrenze uguali o maggiori di 10 (evidenziati nelle rispettive colonna e riga in azzurro). Riportiamo in una tabella questi termini e suddividiamoli in base alla loro appartenenza alle Questioni. Sono 16, e conducono a letture molto interessanti.

Una prima constatazione: questi termini sono gli unici che compaiono nel paragrafo ‘Le parole

chiave di questa Unità’ in tutte le Unità ArAl (la media è di 27 termini). Ciò attribuisce loro uno status di forte rappresentatività dell’impianto teorico del progetto.

Le Reti con più di 10 rimandi sono sei. Esse svolgono un ruolo chiave nella teoria del progetto. In un ambiente così profondamente segnato dall’intreccio fra matematica e linguaggio l’individuazione di mediatori come ponti fra le due discipline rappresenta un’esigenza generale di importanza determinante, così come avviene per gli aspetti sociali concernenti i processi didattici messi in opera ai fini di una costruzione collettiva – cioè condivisa – delle conoscenze. Il termine Lettera può essere visto come ‘scontato’ (ci ritorneremo fra poco) ed è inevitabile che emergano le difficoltà nel suo uso (ebbrezza da simbolo, incognita). Anche il quarto termine è paradigmatico di quello che forse è l’obiettivo principale del progetto, e cioè di favorire lo sviluppo del pensiero relazionale, alla ricerca del superamento del locale, e della ricerca di visioni proiettate verso la modellizzazione e la generalizzazione.

Passando alle occorrenze, notiamo che Lettera compare nuovamente: è l’unico termine con la Rete e il numero delle Occorrenze maggiori di 10. Costituisce assieme alle sue parafrasi ((Indicatore, Iniziale, Segnaposto) il principale snodo stradale del Glossario. Le peculiarità di Lettera che stiamo ricostruendo confermano che ci si muove in un terreno di confine tra lingua e matematica e sottolineano efficacemente l’assunto teorico del progetto ArAl. Conducono a tre domande di fondo:

Questioni Reti $ 10 Occorrenze $ 10

Generali Mediatore Ebbrezza da simbolo

Processo/Prodotto Rappresentare/Risolvere

Rappresentazione

Sociali/didattiche Collettivo

Linguistiche Lettera

Lettera Linguaggio

Semantica/Sintassi Frase Matematica

Tradurre

Matematiche Relazionale Incognita

Additivo-moltiplicativo Relazione

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1. Cosa rappresenta la lettera quando è usata in matematica? 2. Come si sviluppa la ‘didattica della lettera’? La lettera come ente matematico è intuibile e il suo

significato si acquisisce con l’esercizio, come avviene nella didattica tradizionale, o è necessario, come si sostiene in ArAl, l’uso di mediatori che ne favoriscano una comprensione graduale per passi successivi molto diluiti nel tempo?

3. L’uso corretto della lettera, in particolare in un linguaggio formalizzato, poggia su un sistema di regole. Per comprendere la loro necessità/importanza è ancora sufficiente l’esercizio? O sono necessarie altre strategie? Nel progetto ArAl si ricorre a questo scopo al mediatore Brioshi.

Il punto di vista ArAl è: l’approccio alla lettera non è né semplice né intuitivo, i suoi significati si chiariscono e si consolidano con l’esercizio solo in modo superficiale. È necessario costruirli con opportuni mediatori che favoriscano la graduale consapevolezza del sistema di regole soggiacenti alla costruzione delle rappresentazioni nel linguaggio matematico.

Lettera è il principale snodo stradale. La tabella evidenzia come l’area Relazione/relazionale e tre coppie: Processo/prodotto, Rappresentare/risolvere, Semantica/sintassi, siano altrettanti snodi autostradali.

Incognita e Mediatore didattico sono i termini con le Reti più numerose (15); Linguaggio quello con più occorrenze (20); Brioshi (Rete di 8 termini, 9 occorrenze) conferma la sua grande centralità.

Attorno al controllo di questi termini si gioca, in larga misura, la costruzione di una comprensione approfondita dell’impianto teorico del progetto e delle sue implicazioni nella prassi.

12. La maggiore quantità di termini legati alla Questione Linguistica (e il particolare ruolo di Lettera) le conferiscono un ruolo che suggerisce una diversa rappresentazione delle relazioni fra le cinque Questioni:

Le Questioni generali, sociali-didattiche e psicologiche rappresentano il supporto metodologico alle Questioni linguistiche che, a loro volta, intrecciandosi con le matematiche, ne favoriscono la comprensione.

Riferimenti bibliografici

Materiali relativi alla Collana Progetto ArAl, Pitagora Editore, Bologna e al sito www.aralweb.it AAVV, Enciclopedia, 16: Indici, Giulio Einaudi Editore, 1984

generali sociali

linguistiche

matematiche

psicologiche

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

69

Tab. 1

Add

itivo

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20 4 3 1 5 1 2 2 1 1 6 4 12 4 1 14

18 0 1 5 10 2 3 11 3 5 12 2 1

Addit/mol 5 Argoment 5 Balbettio 5 Brioshi 8 Canonica/ 6 Codifica 8 Collettivo 10 Computaz 1 Contratto 0 Descriver 4 Diario 2 Eebbrezz 10 Enunciato 1 Etichetta 2 Frase mat 3 Incognita 15 Indetermi 4 Leggi can 0 Lettera 12 Linguaggi 4 Mediatore 15 Metafora 2 Negoziazi 3 Opa/trasp 7 Oper (co 5 Parafrasi 8 Persisten 5 Prealgebri 2 Princ eco 4 Procedura 4 Proced.le 2 Proc/prod 7 Protocoll 4 Pseudoeq 5 Rappres/r 8 Rapprese 1 Rappr pol 1 Regolarit 2 Relaziona 11 Relazione 6 Relaz equ 1 Sagittale 5 Seman/si 3 Senso/con 1 Struttura 4 Tradurre 4 Uguale 3 Verbalizz 6

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

70

Tab. 2

Add

itivo

/mol

tiplic

ativ

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occorrenz 16 3 4 9 5 2 8 1 4 3 1 3 0 1 17 3 2 0 10

20 4 3 1 5 1 2 2 1 1 6 4 12 4 1 14

18 0 1 5 10 2 3 11 3 5 12 2 1

Addit/mol 5 Argoment 5 Balbettio 5 Brioshi 8 Canonica/ 6 Codifica 8 Collettivo 10 Computaz 1 Contratto 0 Descriver 4 Diario 2 Eebbrezz 10 Enunciato 1 Etichetta 2 Frase mat 3 Incognita 15 Indetermi 4 Leggi can 0 Lettera 12 Linguaggi 4 Mediatore 15 Metafora 2 Negoziazi 3 Opa/trasp 7 Oper (co 5 Parafrasi 8 Persisten 5 Prealgebri 2 Princ eco 4 Procedura 4 Proced.le 2 Proc/prod 7 Protocoll 4 Pseudoeq 5 Rappres/r 8 Rapprese 1 Rappr pol 1 Regolarit 2 Relaziona 11 Relazione 6 Relaz equ 1 Sagittale 5 Seman/si 3 Senso/con 1 Struttura 4 Tradurre 4 Uguale 3 Verbalizz 6

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

71

Proposte per una valutazione di efficacia del progetto ArAl (testi delle diapositive della relazione)

Alvaro Pra Baldi

ITIS ‘G. Segato’ di Belluno Ricercatore e docente a contratto presso il corso di laurea in scienze psicobiologiche dell’università di Padova

Come valutare l’efficacia di ArAl Distinguiamo due situazioni:

• Valutare l’efficacia di quanto finora fatto senza disporre di un disegno a priori che prevedesse misure iniziali

• Valutare l’efficacia delle prossime attività predisponendo un adeguato disegno. Cominciamo con vedere come e in che misura è possibile affrontare il primo punto

ArAl è stato efficace? • Il progetto incide su aspetti che esso definisce concettuali e non tecnico-manipolativi al fine di

sviluppare abilità di ragionamento, di migliorare gli atteggiamenti nei confronti della matematica, di ridurre l’ansia, di superare le false credenze

• Si tratta quindi di obiettivi di medio-lungo termine che dovrebbero portare ad una migliore riuscita in matematica.

Una valutazione di efficacia dovrebbe pertanto basarsi sulla misura delle prestazioni scolastiche e sul confronto con quelle di quanti non hanno partecipato al progetto.

Quando e come misurare la prestazione scolastica Quando: In classi successive a quelle in cui è stato attuato il progetto Come: Con docenti non coinvolti nel progetto usando:

• I giudizi degli insegnanti • Delle prove oggettive

Con i giudizi degli insegnanti • Esiste un problema di soggettività del giudizio (in termini di maggiore o minore peso assegnato ai

diversi aspetti della disciplina, di metro di giudizio, di sensibilità ad aspetti di comportamento ecc.).

Una possibile parziale soluzione (assumendo che ciascuna classe sia un campione rappresentativo della popolazione) può essere: • Non usare le valutazioni (insuff., suff, buono, distinto, ottimo) • Chiedere di collocare ciascun allievo in una fascia di rendimento definita rispetto alla classe, in

altri termini in uno specifico quartile - 25% inferiore della classe (I), 25% medio-inferiore (MI), 25% medio-superiore (MS), 25% superiore (MS): una misura ordinale.

Come procedere alla valutazione di efficacia •Gli allievi di ciascuna classe verranno quindi collocati in quattro fasce di circa pari numerosità e quindi anche il campione complessivo:

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

72

I MI MS S Tot

Freq

%

N1

25

N2

25

N3

25

N4

25

Tot

100

Il confronto •Riorganizzando il dato raccolto in una tabella a doppia entrata è possibile valutare se il gruppo dei

partecipanti si distribuisce nelle 4 categorie in maniera diversa rispetto ai non partecipanti

I MI MS S Tot

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? ?

? ?

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Non Partecipa %

? ?

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? ?

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N3 25

N4 25

Tot 100

• L’analisi della tabella rende possibile valutare se l’aver partecipato al progetto incrementa,

decrementa o non incide sulla probabilità di collocarsi nelle fasce superiori e se le eventuali differenze fra le frequenze attese in assenza di effetto del progetto e quelle osservate è statisticamente significativa.

Punti di forza e criticità dell’uso dei giudizi dei docenti • Vantaggi: basso costo, modesto impegno richiesto ai docenti, velocità, considera gli esiti scolastici

effettivi e riferiti alla classe, non risente della qualità dell’insegnamento dopo progetto. • Svantaggi: limitato numero di analisi possibili, non fornisce informazioni sulle competenze

promosse dal progetto e sul loro grado di incidenza nella determinazione delle differenze eventualmente riscontrate

Utilizzando test •L’individuazione degli aspetti da valutare •La scelta delle prove pertinenti •Il metodo

Aspetti da valutare Aspetti da considerare potrebbero consistere, ad esempio: • Nella capacità di soluzione dei problemi (nelle sue componenti) • Nell’atteggiamento nei confronti della matematica con particolare riferimento agli aspetti

attribuzionali e alle teorie implicite dell’intelligenza • Nell’ansia • Nelle credenze a proposito della matematica

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Quaderno n.5., Sesto Seminario ArAl, S.Giustina (BL), 7 – 9 settembre 2005

73

Scelta delle prove pertinenti Limitandoci al primo aspetto, una prova pertinente potrebbe essere l’SPM che si caratterizza per considerare 5 componenti dell’abilità di problem-solving: • Comprensione delle informazione e delle relazioni fra esse • Rappresentazione tramite schema • Categorizzazione (appartenenza ad una classe) • Pianificazione del percorso di soluzione • Valutazione della correttezza della procedura

Il metodo • Riferirsi a classi successive alla partecipazione al progetto contenti anche allievi non partecipanti • Somministrazione della prova • Confronto fra le medie del gruppo che ha partecipato al progetto e del gruppo che non ha

partecipato • Confronto fra le varianze dei due gruppi • Il confronto fra medie fornisce informazioni circa le modificazioni introdotte dal progetto nelle

abilità considerate • Il confronto fra le varianze dei due gruppi permette di valutare se le attività di progetto hanno

ridotto la variabilità nella prestazione in altri termini se sono riuscite a ridurre le distanze fra abili e meno abili più di quanto ha fatto un insegnamento diverso.

Punti di forza e criticità dell’uso dei test in una valutazione a posteriori • Vantaggi: fornisce informazioni più articolate, più pertinenti agli obiettivi di progetto e utili al

miglioramento del progetto, permette analisi più sofisticate, non risente della qualità dell’insegnamento dopo progetto

• Svantaggi: tempi lunghi di somministrazione, correzione e elaborazione, costi, una certa distanza rispetto a quanto valutato a scuola, difficoltà di accettazione da parte della scuola soprattutto se le prove sono molte.

Come integrare la valutazione di efficacia in ArAl • La valutazione si basa sul confronto fra 2 o 3 momenti: prima e alla fine del progetto e dopo un

intervallo più o meno grande dall’uscita dal progetto (follow-up) • Possono essere utilizzati due approcci: con gruppo di controllo e senza gruppo di controllo.

Con gruppo di controllo • Il gruppo di controllo si rende necessario per valutare il “valore aggiunto” del progetto a quella che

è la normale evoluzione delle competenze. • Il gruppo di controllo idealmente dovrebbe avere in comune col gruppo dei partecipanti tutte le

caratteristiche all’infuori dell’esposizione alle attività di progetto. • Possono essere utilizzate prove o test non necessariamente normative • Le analisi consistono essenzialmente in confronti fra medie in termini di significatività e ampiezza

delle differenze (dimensione dell’effetto).

Senza gruppo di controllo Per poter rinunciare al gruppo di controllo è necessario disporre di test normativi che permettano di

esprimere i punteggi come posizione di un allievo rispetto ai coetanei. Analisi

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• L’analisi della significatività delle differenze fra medie in test normativi prima e dopo delle attività e di follow-up

• L’analisi della dimensione dell’effetto • L’analisi dell’efficacia sul singolo allievo attraverso l’uso del Reliable Change Index- RCI Il

Reliable Change Index è definito come (Misura finale – Misura iniziale) / Errore standard della differenza.

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Letture del triennio di attività sperimentali sulla ricerca di regolarità nella scuola dell’infanzia

Maria Teresa Zamboni, coordinatrice del gruppo Scuola dell’infanzia28

1° Circolo Didattico di Belluno

1. Le esperienze ArAl effettuate nella Scuola dell’Infanzia sembrano avere tutte in comune almeno quattro aspetti:

PRECONTESTO è l’analisi della situazione ambientale; in essa vengono considerati il numero dei soggetti coinvolti (adulti e bambini), la loro età, gli spazi disponibili, lo sfondo motivazionale.

CONTESTO è la metodologia, l’agire dell’insegnante, l’insieme delle strategie di lavoro, le modalità di conduzione del gruppo, l’animazione dell’attività, la scelta e la produzione del materiale, la registrazione degli interventi.

COMUNICAZIONE nella Scuola dell’Infanzia l’oralità è necessariamente privilegiata, emittente e ricevente variano, così come i contenuti del messaggio:la comunicazione alunno/alunno diventa discussione, scambio e confronto; quella fra alunno/gruppo assume connotazioni relazionali ricche di elementi legati alla socializzazione, quella fra alunno/docente diventa occasione per acquisire consapevolezza.

CONTROLLO è il momento della registrazione e della riflessione, dell’esplicazione dei problemi, dell’aggiustamento e della ri-strutturazione dell’attività.

2. Analizzando i comportamenti dei bambini della Scuola dell’Infanzia che lavorano in ambiente ArAl è possibile individuare una molteplicità di azioni che testimoniano la ricchezza di opportunità educative fornite dal Progetto e il conseguente sviluppo degli aspetti cognitivi ad esse legati.

Gli alunni OSSERVANO – ASCOLTANO – PARLANO. Ciascuna di queste complesse abilità sottende numerose altre competenze che vanno conosciute e

considerate per assicurare la completa integrazione delle proposte ArAl nel piano educativo della scuola in cui si opera.

Nello schema sottostante sono riportate le azioni che generalmente convergono nelle attività ArAl; si tratta di competenze trasversali che durante le performance vengono arricchite, consolidate e “aggiustate”.

28 Della stessa autrice è inserita in www.aralweb.it (Area Biblioteca, Quaderni ArAl) la presentazione in Powerpoint della comunicazione Dalla regolarità alle funzioni; un’attività di verifica / valutazione tenuta durante il laboratorio ‘Ricerca di regolarità in quarta e quinta elementare nel corso del Sesto Seminario ArAl.

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Osservare Ascoltare Parlare

- Esaminare - Esplorare - Ricercare - Riconoscere - Individuare - Analizzare - Memorizzare

- Porre attenzione - Comprendere - Ricordare - Memorizzare - Ricostruire

- Intervenire - Riferire - Ripetere - Ricordare - Organizzare - Ordinare - Formulare - Descrivere - Produrre

In generale, proprio per le peculiarità delle azioni a cui si è appena fatto riferimento, sembra

possibile parlare, per i bambini della Scuola dell’Infanzia, di un’attività di DESCRIZIONE, operazione che implica:

- la lettura o decodifica del contesto (comprensione del problema); - l’azione ovvero una proposta di risoluzione del problema; - la traduzione dell’azione in linguaggio verbale; - la riflessione sulla rappresentazione mentale o sull’atto di conoscenza (aspetto

metacognitivo); - la revisione critica che si attua con il confronto e la verifica.

Nella Scuola dell’Infanzia tutte queste attività si effettuano attraverso l’uso del LINGUAGGIO che, se da un lato può dimostrarsi un limite perché si chiede a bambini di cinque anni di - DEFINIRE - SPIEGARE - ESSERE PRECISI - PARLARE DI COSE CHE NON CI SONO (rappresentazioni mentali), dall’altro rappresenta uno stimolo perché - FAVORISCE LO SVILUPPO DELLE CAPACITÀ LOGICHE. - INFLUENZA L’ORGANIZZAZIONE DELLE CONOSCENZE

Questa riflessione porta alla formulazione di due domande:

● Quali sono i prerequisiti linguistici necessari per accedere alle attività proposte con il progetto ArAl?

● Si può ipotizzare che il patrimonio linguistico posseduto dal bambino possa influenzare la sua comprensione logica?

Parafrasando un celebre detto e invertendone i termini, sembrerebbe opportuno affermare che per il bambino della Scuola dell’Infanzia “il mare”, cioè la complessità, stia nel passaggio tra il

FARE e il DIRE

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3. Rivisitando le attività sperimentali ArAl sin qui svolte, all’insegnante può capitare di chiedersi quali aspetti cognitivi abbiano determinato le differenti interpretazioni offerte dai bambini.

Per esempio riportiamo le risposte di due alunni ai quali è stato chiesto di completare una successione (nei riquadri le loro scelte):

1.

2.

Alla domanda “Perché hai scelto questa forma?” il primo risponde “Cuore, cuore, sole, cuore, cuore, sole” e il secondo “Perché questa forma mancava”. Entrambi gli alunni hanno letto e interpretato il significato dei segni rappresentati e possiamo

ipotizzare, rifacendoci ad una visione piagettiana, che le letture non sono le stesse perché diversi sono gli schemi assimilatori di base dei due bambini.

Si tratta di considerare una nuova, complessa azione che è quella del leggere, alla quale se ne accompagna una successiva che è la rappresentazione.

Nella Scuola dell’Infanzia questi due termini assumono significati più primitivi rispetto a quelli delineati nel glossario ArAl: si deve ricorrere ai temi della percezione, dell’orientamento, della lateralità, e dell’acquisizione del linguaggio per definirne, almeno in parte, le molteplici sfaccettature.

Sono sistemi cognitivi interdipendenti tra loro e implicati in notevole misura nelle proposte ArAl; per questo, in qualità di insegnanti, possiamo utilizzare i contenuti del Progetto sia per evitare di produrre, fin dalle prime fasi del processo d’insegnamento, quei blocchi concettuali che in seguito sembrano ostacolare altre fasi dell’apprendimento, sia come strumento di lavoro nel quotidiano impegno di sviluppo del pensiero infantile.

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PARTECIPANTI AL SESTO SEMINARIO ArAl

ISTITUTO sede GRADO NOME E-MAIL

1 Dirigente Fattori Laura [email protected]

2 primaria Candaten Antonella [email protected]

Libano

primaria Ren Nadia [email protected]

primaria Carazzai M.Grazia [email protected]

3 primaria Colle Claudia [email protected]

5

Sedico

primaria Dall'O Ornella [email protected]

7 primaria Ren Mavi [email protected]

8 Sospirolo

primaria Longo Michela [email protected]

9

Direzione Didattica Sedico

Bribano primaria Vedana Cosetta [email protected]

10 sede media Navarra Giancarlo [email protected]

11 sede primaria Da Pont Anita [email protected]

12 Meano primaria Pasini Anna

12 Meano primaria Sgro Alessandra

13 Meano infanzia Bitondo Angela [email protected]

14

IC S.Giustina

Meano infanzia Centeleghe Patrizia

15 IC Tione (Tn) Tione media Speranza Mariella [email protected]

16 Falcade superiore Della Giacoma Odilla [email protected]

17 IC Cencenighe Agordino

Tomaselli Ivonne

18 Carve infanzia Da Canal Elvia [email protected]

19 Villapiana primaria Beppiani Dea [email protected]

20 Carve primaria Cavallet Reginetta

21 Villa di V. primaria Comiotto Marina

22 Carve primaria Comiotto Marzia [email protected]

23 Carve primaria Lorenzet Assuntina

24 Villapiana primaria Menel Antonella [email protected]

25 Mel primaria Paolin Antonella

26 Villapiana primaria Sommacal Elena

27 Carve primaria Scarton Maura [email protected]

28 Mel media Zornitta Francesca [email protected]

29 Pieve Cad. infanzia? De Francesch Sara

30 Mel primaria Burtet Dina [email protected]

31 Carve infanzia Deola Teresita

32

IC Mel

Mel media Doglioni Laura

33 Longarone superiore Cielo Roberta

34 I.P.S.S.A.R. "Dolomieu"

Longarone superiore Miolo Nicola [email protected]

35 Media "Nievo" Belluno media Barion Annamaria [email protected]

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36 media Berneri Gabriella [email protected]

37 media Colleselli M. Francesca [email protected]

38 media Dalla Bernardina Elena [email protected]

39

media Meneghel Patrizia [email protected]

40 infanzia Bresciani Luisella [email protected]

41 infanzia Landonio Angela [email protected]

42 Dirigente Menilli Anna [email protected]

43

IC "Rescaldina" IC Cerromaggiore

Dirigente Restelli Anna [email protected]

44 Trichiana media Agnoli Mirca [email protected]

45 IC Trichiana

Trichiana media La Grua Antonella [email protected]

46 Dal Farra Romina [email protected]

47

Studentesse Scienze formazione Antoniacomi Sara [email protected]

48 Incerti Vanna [email protected]

49 IC Spilamberto Modena

Vezzalini Patrizia [email protected]

50 media Nasi Romano [email protected]

51 media Stefani Paola [email protected]

52

S.M.S. "Carducci" Modena

media Marchi Sandra [email protected]

53 Fiorini Roberta [email protected]

54 IC S.Cesario

Piumazzo primaria Ballotta Isaura [email protected]

55 "Renier" Belluno Belluno superiore Giacomin Antonella [email protected]

56 Nardi Janna [email protected]

57 "Gentile" primaria Zambon Daniela [email protected]

58

IC "Gandiglio" Fano

media Facenda Anna Maria

59 IC "Gaudiano" Ps Carducci primaria Pacchetti Marisa

60 B. Piave primaria Bianchet Ivana [email protected]

61 Castion primaria Sommavilla Tiziana [email protected]

62 Castion primaria De Biasi Jole [email protected]

63 B. Piave primaria Pol Fabio [email protected]

64 Gabelli primaria Neri Chiara [email protected]

65 Badilet primaria Buzzatti Barbara [email protected]

66 Gabelli primaria Dell'Eva Tiziana [email protected]

67 Gabelli primaria Monaco Paola

68 Gabelli primaria Piat Michela [email protected]

69 Gabelli primaria Rui Serena [email protected]

70 B. Piave primaria Zamboni M. Teresa [email protected]

71 Castion primaria Dal Pont Silvia

72 Gabelli primaria Molin Pradel Lucia

73 Visome infanzia Isotton Pia [email protected]

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Dir. Did. 1 Circolo Belluno

Visome infanzia Dall'Armi Manuela

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75 Visome infanzia D'Agostini Rita

76 Visome infanzia Moretti Manuela

77 Levego infanzia Tollot Maria Grazia

78 Levego infanzia Vidori Mara

79 Levego infanzia Pierelli Renata

80

Levego infanzia Cara Daniela [email protected]

81 Cesiomag. infanzia Cecchet Rita

82 infanzia Corrent Marilena

83 infanzia Magrin Valentina

84 primaria Bettega Nadia [email protected]

85 primaria Canal Patrizia [email protected]

86 primaria Collet Manuela

87 primaria De Bastiani Gloria

88 primaria De Paoli Tiziana

89 primaria Gaio Anna Maria [email protected]

90 primaria Pellegrin Irene [email protected]

91 primaria Rento Daniela

92 media Belfiore Giancarlo

93

IC Cesiomaggiore

media Miglioranza Antonella

94 Neuchâtel Chantal Tieche Christinat [email protected]

95 Milano Iaderosa Rosa [email protected]

96 Modena Malara Nicolina [email protected]

97 Ricci media Da Rin Spaletta Anna [email protected]

98 Ricci media Cichetti Mariella [email protected]

99 Ricci media Cavalet Mirka [email protected]

100 Ricci media Pilla Gabriella [email protected]

101 Ricci media Panzera Iole

102 Ricci media Benvegnù Barbara

103

Scuola Media "Ricci" Belluno

Ricci media Cassol Maria Teresa

104 I.C.Seravezza (LU) media Romanelli Carlo [email protected]

105 Vas infanzia Bagatella Bona [email protected]

106 IC Quero

Morassuti Maria Lucia [email protected]

107 Materna Bribano Bribano infanzia De Bacco Monica [email protected]

108 IC Ponte n. Alpi Polpet primaria Giust Rita [email protected]

109 Foen primaria Perotto Mara [email protected]

110 Direzione Didattica Feltre

Villabruna primaria Slongo Dirce [email protected]