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PSICOFARMACI IN ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA
J.Blom, MD/Ph.D, specialista in Neuroscienze pediatriche, UO Oncologia pediatrica, Università di
Modena e Reggio Emilia, componente GdL Psicosociale AIEOP
E. Barisone, oncoematologa, AIEOP, SC Oncoematologia e Centro Trapianti, AOU Città della Salute e
della Scienza, Torino, componente GdL AIEOP “leucemie linfoblastiche acute”
C.A. Clerici, dirigente medico Ist.Tumori, spec. Psicologia Clinica, psicoterapeuta, ricercatore
Università di Milano, componente GdL Psicosociale AIEOP
G.Poggi, NPI, Responsabile UOC di Riabilitazione Neuroncologica e Neuropsicologica
IRCCS E. Medea- Bosisisio Parini (LC), componente GdL Psicosociale AIEOP
R.Torta, Professore Associato di Psicologia Clinica, Direttore Psicologia Clinica e Oncologica U,Città
della Salute e della Scienza - Università di Torino, componente CD Nazionale SIPO
M.Bertolotti, psicoterapeuta, psiconcologa, responsabile Psiconcologia pediatrica, SC
Oncoematologia e Centro Trapianti, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino. Coordinatrice GdL
Psicosociale AIEOP e Comitato intersocietario SIPO- AIEOP.
GDL PSICOSOCIALE
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PSICOFARMACI IN ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA J.Blom, E.Barisone, C.A. Clerici, G.Poggi, R.Torta, M. Bertolotti
Comitato intersocietario Società Italiana di Psiconcologia (SIPO) – Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP) INTRODUZIONE Il presente documento nasce dalla riflessione comune e dalla condivisione di competenze differenti e integrate di oncologi, psicologi medici, neuropsichiatri infantili, psiconcologi e psicoterapeuti. Obiettivi sono: fornire ai Centri italiani per la cura delle malattie oncoematologiche pediatriche un quadro sintetico delle principali manifestazioni di sofferenza psichica che si possono incontrare in bambini e adolescenti trattati per neoplasia, e dare indicazioni per un supporto psicofarmacologico nei casi in cui l’intervento psicologico, almeno inizialmente, non sia sufficiente e/o possibile. E’ evidente, dunque, che si considerano situazioni di emergenza/urgenza con l’intento di farvi fronte nell’immediato con una terapia che ha il compito di contenere temporaneamente le manifestazioni di sofferenza, dando la possibilità di rendere
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trattabile il paziente in modo “globale” (psicoterapia, interventi psicosociali, sostegno alle famiglie…). La cura svolta secondo il modello pediatrico offre, per disponibilità di risorse di supporto (psicologico, sociale, scolastico ed educativo) e specifica attenzione alla dimensione evolutiva, importanti possibilità di assistenza all’adattamento alla malattia grave e di riscontro dell’efficacia dei trattamenti psicologici attuati. L’integrazione di diversi trattamenti del disagio emotivo basati sul sostegno psicosociale, colloqui psicologici, psicoterapia e interventi psicofarmacologici è però meritevole di ulteriori perfezionamenti. La sofferenza psichica è infatti tradizionalmente affrontata nelle pediatrie oncologiche più con interventi psicologici e psicosociali che con terapie psicofarmacologiche, non solo perché nella maggioranza dei casi l’approccio psicologico, preventivo e/o terapeutico, risulta sufficiente e appropriato, ma anche per la scarsa tendenza (cultura, abitudine) all’uso di farmaci “per la mente”in un contesto di cura in cui certamente i pazienti sono già “bombardati” di farmaci antiblastici e di supporto e l’impatto emotivo con l’esperienza di malattia sembra a volte giustificare qualsiasi manifestazione di sofferenza psicologica, senza tenere conto delle notevoli differenze individuali. La situazione è complicata anche dal fatto che i trattamenti psicofarmacologici in infanzia e adolescenza sono gravati anche da pregiudizi ideologici contrari, anche se le prospettive neuroscientifiche evidenziano il vantaggio di un impiego sinergico delle diverse risorse terapeutiche (Kay 2010).
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Alcune manifestazioni in particolare psico-organiche (Clerici 2013), anche indotte da farmaci (v. cortisone), possono rendere necessario un intervento psicofarmacologico. Non esiste sempre una demarcazione netta tra sofferenza emotiva e situazioni di patologia psichica, ma i pazienti possono presentare sintomi variabili, nelle diverse fasi della malattia e della cura, lungo l’intera gamma di possibilità di adattamento / disadattamento: possiamo incontrare “manifestazioni psicopatologiche” in assenza di una “struttura” di personalità francamente patologica; casi non riconducibili alla consueta reazione fisiologica all’esperienza di malattia, ma reattivi in senso patologico, scompensati; rari casi in cui l’impatto emotivo con la malattia slatentizza nuclei psicopatologici precedentemente non riconosciuti. Un filone di ricerca sulla salute mentale in oncologia pediatrica che ha valutato la presenza di sintomi psicopatologici nei pazienti in terapia o guariti, ha evidenziato come la maggior parte dei pazienti non presenti franche patologie psichiche (Bauld 1998, Kopel 1998). Occorre segnalare come diagnosi secondo il Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders DSM-5 (American Psychiatric Association 2013) siano raramente impiegate in oncologia pediatrica o al più siano limitate per le caratteristiche di brevità del periodo di osservazione, la natura spesso reattiva, acuta e transitoria dei sintomi e la difficoltà di svolgere estese valutazioni della personalità a causa delle differenti priorità della cura nel contesto oncologico. L’adattamento a una malattia grave è peraltro caratterizzato da molteplici vissuti, relazioni, modalità difensive, messa in gioco di risorse,
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e i sintomi psichici possono non costituire entità da eliminare, in un quadro di "compenso patologico” che ha molto spesso necessità di essere rispettato e sostenuto (Sala, 1997). Si segnala l’importanza rilevante del lavoro psicologico coi genitori i quali per primi devono poter rappresentare un contenimento per i figli. Tuttavia un aspetto problematico riguarda il crescente numero di genitori che presentano una patologia psichiatrica antecedente la malattia del figlio, o che necessitano comunque, per grande fragilità, di un aiuto farmacologico per affrontare ansia/depressione correlate alla malattia del figlio. In tali casi deve essere attivata una collaborazione con Servizi di Psiconcologia dell’adulto/ Psichiatria. In oncologia pediatrica, ancora più rispetto alla psichiatria di consultazione-collegamento dell'adulto, sono ancora scarsamente codificati i criteri per integrare gli interventi sia dal punto di vista metodologico sia da quello clinico, anche se l’uso di terapie a componenti multiple è diffuso in vari contesti internazionali (Pao 2006; Phipps 2010). Alla base di questa situazione di migliorabile integrazione vi è da ricordare come in molti centri di oncologia pediatrica italiani non sia sistematicamente disponibile una consulenza per interventi psicofarmacologici estesi oltre la sola visita / parere su chiamata. Alcuni elementi utili per orientare la pratica clinica possono essere mutuati da contesti che presentano analogie con la malattia oncologica, come il trauma. Tutte le risorse terapeutiche psicologiche e psicofarmacologiche sono chiamate a collaborare, sia per il trattamento di manifestazioni acute sia per la prevenzione di manifestazioni a lungo termine.
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Disporre di equipe dotate di competenze multidisciplinari nel campo della salute mentale in un contesto caratterizzato da casistiche limitate e aspetti economici problematici (Clerici in press) costituisce una sfida rilevante perché il supporto possa essere efficace e di valido aiuto nel contenere la vulnerabilità e nell'aumentare la resilienza dei pazienti rispetto alla malattia.
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Quando è appropriato l’uso di psicofarmaci nei bambini e adolescenti affetti da neoplasia? Al fine di promuovere l'uso appropriato e sicuro dei farmaci psicotropi in bambini e
adolescenti con diagnosi e trattamento per cancro dobbiamo sottolineare i principi di una
buona pratica clinica per una corretta e consapevole prescrizione dei farmaci stessi.
Dopo accurata analisi dei risultati dello studio condotto in diversi centri AIEOP sull’uso di
terapie psicofarmacologiche, abbiamo sviluppato una serie di raccomandazioni con
l’intento di coadiuvare l'oncologo pediatra nella gestione delle emergenze acute e gravi
che possono sorgere nel decorso clinico, spesso in assenza di specialisti nel campo della
salute mentale.
Per quanto riguarda i segni e i sintomi che conducono alla prescrizione di psicofarmaci, i
dati ottenuti mostrano come il target-cluster sia più spesso rappresentato da “ansia e
depressione”. Per i pazienti di età maggiore si evidenziano però più spesso agitazione e
aggressività, a volte presenza di allucinazioni, soprattutto se in trattamento con steroidi.
In più della metà dei centri italiani gli psicofarmaci sono somministrati nei primi sei mesi
di trattamento e generalmente in concomitanza con l’assunzione dei corticosteroidi.
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Concentrandosi infatti sui vari casi analizzati, la maggior parte degli eventi avversi di tipo
psichiatrico si registrano, per i pazienti con LLA, nelle fasi di induzione e reinduzione, o al
momento della recidiva.
In entrambe le fasi di induzione e reinduzione è prevista la somministrazione di steroidi,
prednisone o desametasone, la cui correlazione con l’insorgenza di eventi psichici acuti è
fortemente supportata dalla letteratura (refs). È evidente che i dati a nostra disposizione
non sono sufficienti a stabilire un rapporto causa-effetto certo tra somministrazione di
steroidi ed evento psichico acuto, soprattutto se si considera il gran numero di farmaci
somministrati in concomitanza ai glucocorticoidi e le numerose variabili che entrano in
gioco; ciononostante l’andamento clinico dei casi analizzati ci suggerisce in modo
abbastanza evidente come ci siano fasi del trattamento a maggiore “RISCHIO” per disturbi
psichici.
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Tuttavia, in determinate condizioni bio-psico-sociali, alcuni soggetti possono essere a
rischio indipendentemente dal protocollo terapeutico antiblastico.
Possiamo individuare dunque:
a) Stati verosimilmente iatrogeni (chemioterapici specifici, terapie ormonali,
immunitarie.., interventi chirurgici, RT..)
b) Stati non indotti direttamente dal trattamento (fattori socio-relazionali o genetici
predisponenti, struttura di personalità, impatto emotivo con l’esperienza di
malattia…)
Criteri di indicazione alla terapia farmacologica:
- Durata e intensità del disagio percepito dal soggetto e/o rilevato dai caregiver e dai
curanti;
- Impossibilità di avviare un trattamento psicologico (condizioni non idonee al dialogo
e/o al pensiero);
- Inefficacia parziale o totale del trattamento esclusivamente psicologico;
- Compromissione dell’aderenza alle cure, rischi per la sopravvivenza, condotte
anticonservative.
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PSICOFARMACI
Le classi di farmaci a cui possiamo fare riferimento comprendono antidepressivi,
antipsicotici tradizionali e di nuova generazione, e ansiolitici. (v.allegato 1)
Farmaci Antidepressivi (i più prescritti sul territorio Italiano)
Tra gli antidepressivi i farmaci più prescritti sono fluoxetina e citalopram. La fluoxetina è il
farmaco approvato per il trattamento della depressione in bambini di età superiore ai 6
anni ed è il capostipite della classe farmacologica degli inibitori selettivi della ricaptazione
della serotonina (SSRI). Dalla letteratura emerge però che, almeno per quanto riguarda la
popolazione pediatrica con malattia organica grave quale quella oncoematologica, alcuni
farmaci appartenenti alla stessa classe potrebbero avere un migliore profilo rischio-
beneficio per caratteristiche farmacocinetiche e di effetti collaterali. Infatti, come la
maggior parte degli antidepressivi serotoninergici, la fluoxetina è un potente inibitore di
alcuni enzimi del sistema microsomiale epatico, il citocromo P450, deputato al
metabolismo delle sostanze esogene e quindi dei farmaci. Questo effetto, normalmente
meno rilevante in monoterapia, è un fattore fondamentale nel guidare la prescrizione nei
casi di polifarmacoterapia, come nei pazienti oncologici, perché la riduzione dell’attività
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del sistema dei citocromi è in grado d’influenzare i livelli plasmatici dei farmaci
somministrati modificandone gli effetti terapeutici e/o potenziandone gli effetti
collaterali. Per questo motivo, in pazienti terapeuticamente complessi quali i bambini in
oncoematologia, è importante poter scegliere farmaci serotoninergici con un’attività
inibitoria molto ridotta sui citocromi. La letteratura dimostra che tra gli inibitori selettivi
della ricaptazione della serotonina l’inibizione più forte sugli enzimi del metabolismo è
stata dimostrata per fluoxetina, fluvoxamina e paroxetina. I farmaci di questa classe con
minore impatto sul metabolismo epatico sono il citalopram e il suo enantiomero
escitalopram la cui attività inibitoria sui citocromi epatici è virtualmente assente in vivo.
Tra le due molecole, il citalopram potrebbe essere vantaggioso quando si volesse
ottenere una lieve sedazione perché è anche un bloccante del recettore H1 dell’istamina.
(ref).
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Figura 1: Profilo farmacodinamico di SSRI e interazione con i citocromi.
Figura adattata da Stahl’s Essential Psychopharmacology Online.
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FARMACI ANTIDEPRESSIVI USATI E RACCOMANDATI NEL SETTING ITALIANO DI ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA
Farmaci
antidepressivi
Età per cui è prescritto Dosaggio impiegato
Fluoxetina
(approvato ≥8)**
> 5 aa 10-60 mg/die
Citalopram
(approvato ≥18)
>6 aa (ma più usato negli
adolescenti)
10-40 mg/die
Escitalopram
(approvato ≥12)
>6 aa (ma più usato negli
adolescenti)
10-20 mg/die preferibilmente in gocce perché permette
un titolaggio lento.
**Nota: l’uso d’antidepressivi in età pediatrica è quasi esclusivamente
off-label (consultare tabella per dose /età)
**Nota: l’approvazione dei farmaci fa riferimento a FDA e non a EMEA
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Farmaci Antipsicotici
Il trend osservato nella realtà clinica Italiana non sembra seguire quello evidenziato dalla
letteratura, secondo cui gli antipsicotici tipici come aloperidolo e clorpromazina stanno
lasciando spazio a quelli atipici come risperidone. Nella nostra popolazione prevale,
infatti, la prescrizione di aloperidolo, così come dimostrano anche i singoli casi analizzati
in cui clorpromazina e aloperidolo sono i farmaci ad azione antipsicotica più utilizzati. I
casi presenti in letteratura hanno ripetutamente dimostrato una buona efficacia del
risperidone e una minore incidenza di effetti collaterali extrapiramidali rispetto agli
antipsicotici tipici (29) (31) (56). L’utilizzo di risperidone è supportato da una serie di
considerazioni: nonostante possano essere necessarie anche due settimane per
raggiungere una piena efficacia, vantaggi non trascurabili sono dati da:
- rapida azione sui sintomi di agitazione;
- efficacia sui sintomi target a basse dosi;
- buona tollerabilità;
- assenza di importanti sindromi da sospensione;
- assenza di effetti ematologici di rilievo
A fronte di questi vantaggi bisogna sottolineare che è necessario prestare grande
attenzione all’eventuale insorgenza di effetti collaterali metabolici.
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FARMACI ANTIPSICOTICI USATI E RACCOMANDATI NEL SETTING ITALIANO DI ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA
Farmaci antipsicotici Età in cui è prescritto Dosaggio consigliato
Clorpromazina
(approvato ≥18)**
1 aa e 5 mesi 1-3 mg/kg/die
Promazina
(approvato ≥18)
>6 5-15 gocce/die
Aloperidolo (approvato >3) pre-pubertà,
post-pubertà
0.5-8 mg/die
1-16 mg/die
Risperidone (approvato ≥10
irritabilità; ≥ 13 schizofrenia )
>10 aa 0.25-6 mg/die
Olanzapina (approvato ≥10
irritabilità; ≥ 13 schizofrenia)
>6 aa 2.5-20 mg/die
*Nota: l’uso di antipsicotici in età pediatrica è quasi esclusivamente off-
label (consultare tabella per dose /età)
**Nota: l’approvazione dei farmaci fa riferimento a FDA e non a EMEA
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Farmaci Ansiolitici
Le benzodiazepine
Si segnala che in letteratura non sono presenti forti evidenze per l’uso di benzodiazepine
come trattamento di prima linea per i disturbi d’ansia nei bambini; ciononostante sia
dall’indagine condotta sull’uso di psicofarmaci sul territorio italiano, sia dall’analisi di
singoli casi emerge come nella pratica siano invece farmaci molto utilizzati,
frequentemente prescritti nei casi di ansia e agitazione acuta per l’effetto più immediato
rispetto agli SSRI e per la possibilità di somministrazione intravenosa. Ciò è in accordo con
quanto riportato in letteratura. Gli stessi autori che evidenziano questa abitudine diffusa
nella pratica clinica (ref) sottolineano però l’importanza del tenere presente l’eventuale
effetto paradosso alle BDZ, che si manifesta con agitazione post-somministrazione e che
anche nella nostra casistica è emerso nel 18% dei pazienti a cui sono stati somministrati
Delorazepam o Midazolam. Le BDZ possono allora essere considerate in quei casi in cui
l’utilizzo sia giustificato dalla copresenza di altri sintomi quali fame d’aria, convulsioni o
nausea grave. Negli altri casi invece, quando non sia possibile attendere l’effetto
terapeutico di un farmaco SSRI, può rivelarsi utile l’utilizzo di basse dosi di antipsicotico,
quale il risperidone, che possono aiutare a ridurre un’ansia significativa nell’immediato
(68). Nonostante infatti le BDZ risultino impiegate anche nel trattamento dell’ansia in
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corso di terapia steroidea, in letteratura sono descritti maggiori effetti collaterali e
minore efficacia rispetto al trattamento con antipsicotici (ref).
TABELLA DISTURBI D’ANSIA E FARMACI ANSIOLITICI
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FARMACI ANSIOLITICI USATI E RACCOMANDATI NEL SETTING ITALIANO DI ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA
Farmaci ansiolitici
utilizzati
Età in cui è prescritto Dosaggio consigliato
Lorazepam
(approvato>18)*
>10aa
<10 aa
(>12: 6 mg ev in 50 cc di fisio/24 h)
10 gocce fino a 3 volte/die
Delorazepam
(approvato >18)
>3 aa 10 gocce
Alprazolam
(approvato >18)
>14 aa
0.5-3 mg/die
Midazolam >6 aa 6 mesi – 5 anni : 0,05-0,1 mg/Kg
6 anni – 12 anni : 0,025 – 0,05 mg/Kg
*Nota: l’approvazione dei farmaci fa riferimento a FDA e non a EMEA
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MONITORAGGIO
Una volta stabilito un trattamento con psicofarmaci è fondamentale definire chiaramente
un programma di monitoraggio a breve e lungo termine per verificarne l’efficacia e la
comparsa di effetti collaterali. È in questa fase che possono rivelarsi utili strumenti quali
test e questionari, da ripetere a cadenza regolare che possano inquadrare la risposta
comportamentale ed emotiva al farmaco somministrato. Potrebbe essere utile in questo
contesto che ogni clinico che si trovi a gestire un paziente con disturbo psichico acuto e
decida di somministrare uno psicofarmaco, utilizzi schemi di monitoraggio ben definiti,
affinché le modalità di trattamento e follow-up dello stesso siano più sistematiche e
riproducibili.
(Allegato 2 e 3)
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Una volta definita la necessità di intervenire farmacologicamente in quanto la gravità e
l’urgenza della situazione lo richiedono, bisogna tenere conto di una serie di aspetti non
trascurabili, che ci devono guidare nella valutazione per offrire un piano di trattamento il
più possibile basato sulle evidenze disponibili.
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a. Considerare la dimensione “evolutiva” del paziente, cioè che i sintomi sono
estremamente variabili e mutevoli e cambiano con il maturare del paziente stesso.
b. Valutare attentamente gli ipotetici aggiuntivi effetti collaterali dello psicofarmaco,
che talvolta vanno a potenziare gli effetti collaterali della chemioterapia (ad esempio
gli SSRI possono causare nausea nelle prime settimane di terapia, sintomo già
presente come effetto avverso dei chemioterapici).
c. Valutare le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dello psicofarmaco
che andiamo a somministrare, con particolare attenzione rivolta alle possibili
interazioni nell’ambito di una polifarmacoterapia.
Considerati questi fattori dobbiamo quindi rapidamente effettuare un bilancio rischio-
beneficio. Non esistono protocolli specifici che ci aiutino in questa difficile operazione. È
solo partendo dal sintomo e proseguendo con tutte le considerazioni sopra elencate che
possiamo giungere a definire qual’ è il farmaco potenzialmente più efficace e sicuro in
una determinata situazione.
L’utilizzo di farmaci psicotropi nei bambini è un argomento che è stato ed è tuttora
estremamente controverso, simile al paradosso del “catch-22”, in cui una vera soluzione
è quasi impossibile da trovare.
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Posto che eventi avversi gravi nell’infanzia e nell’adolescenza possono avere un impatto
dannoso sulla salute mentale dell’adulto, è corretto esaminare criticamente i vantaggi e
gli svantaggi di un trattamento farmacologico dei sintomi psichiatrici acuti in corso di
malattia/terapia oncoematologica.
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Definizione del rischio psicopatologico del paziente
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STANDARD DI CURA PER LO STRESS E GESTIONI DEI FATTORI DI RISCHIO
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Gli sviluppi futuri del trattamento psicofarmacologico nell’ambito dell’oncologia
pediatrica dovranno fornire una piattaforma per: (1) identificare i predittori di risposta
clinica e biologica del trattamento; (2) generare precisi profili di rischio-beneficio del
trattamento con identificazione dei sottogruppi di pazienti (tipo di tumore, modalità di
trattamento, ecc); (3) migliorare la comprensione degli effetti di un’esposizione a farmaci
psicotropi sul cervello in sviluppo; e (4) diffondere le informazioni sulle strategie di
trattamento multi-fase che utilizzano regimi dinamici / multimodali PREVENTIVI di
trattamento. Un tale approccio globale contribuirebbe a raggiungere l'obiettivo ideale di
un trattamento personalizzato della nostra popolazione giovane e vulnerabile.
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