innovazioni costituzionali, comunitarie e nazionali nella

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© 2017 Diritto.it s.r.l. - Tutti i diritti riservati Fondatore Francesco Brugaletta P.I. 01214650887 Diritto & Diritti ISSN 1127-8579 1 di 30 Innovazioni costituzionali, comunitarie e nazionali nella disciplina dei servizi pubblici locali Autore: In: Diritto civile e commerciale Innovazioni costituzionali, comunitarie e nazionali nella disciplina dei servizi pubblici locali[1]

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Innovazioni costituzionali, comunitarie e nazionalinella disciplina dei servizi pubblici locali

Autore:In: Diritto civile e commerciale

Innovazioni costituzionali, comunitarie e nazionali nella disciplina dei servizi pubblici locali[1]

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1- Innovazioni costituzionali ex lege costituzionale n.3/2001

La riforma costituzionale operata con la legge Costituzionale n.3/2001 ha profondamente modificato ilquadro normativo inerente i servizi pubblici locali sotto diversi profili, accentuando il ruolo delle Regioni edegli Enti locali nella materia e modificando i principi generali che riguardano le funzioni amministrative eil riparto delle competenze legislative in tali ambiti tra i soggetti istituzionalmente deputati al presidio delsettore dei servizi pubblici.

In tale quadro va subito menzionato l’art.4 della L. 3/2001 che modifica l’art.118 della Cost. il qualeprevede che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo, che per esercitare l’eserciziounitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni a statuto speciale, sulla base dei principidi sussidiarietà, di differenziazione (in relazione alle diverse caratteristiche associative, territoriali,demografiche degli enti locali), di adeguatezza (in relazione all’idoneità organizzativadell’amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l’esercizio dellefunzioni)[2].

Questi principi hanno assunto rango costituzionale per effetto della Legge n. 3/2001 e particolarerilevanza per la materia dei servizi pubblici ha assunto il principio di sussidiarietà che suggerisce diavvicinare il potere decisionale alla collettività locale della quale devono soddisfarsi i bisogni inalternativa al sistema amministrativo centralista che risulta distante dalle esigenze delle società locali.

Il principio di sussidiarietà si fonda sulla regola in base alla quale l’attribuzione della generalità deicompiti e delle funzioni amministrative avviene, prima di tutto, in favore dell’ente o della Comunità dibase, cioè del Comune, e solo successivamente in favore della provincia, della Comunità Montana, dellaRegione, dello Stato stesso, secondo la dimensione territoriale, associativa ed organizzativa.

Il principio implica che le funzioni amministrative devono essere quindi attribuite all’ente di base, cioè alComune in via principale e solo per ciò che i Comuni non possono svolgere o realizzare subentra, comeente di sussidio e di aiutol’altro ente con maggiori dimensioni territoriali, ovvero la Provinciae così via nell’ordine territorialmente di importanza.

Da questo principio deriva che non c’è più l’amministrazione che discende sino al cittadino, ma, alcontrario l’amministrazione ha un centro decisionale determinante il più vicino possibile al cittadino, siasotto il profilo territoriale, sia sotto il profilo delle stesse funzioni amministrative ‘locali’ che vengonosottratte allo Stato con esclusione delle materie

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di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art.117 della Costituzione.

Le innovazioni della disciplina dei servizi pubblici locali derivanti dalla introduzione dei nuovi principi dirango costituzionale si sono intrecciate con le nuove linee direttive fornite dall’ordinamento comunitario econ le interpretazioni evolutive dettate dalla Corte Costituzionale. L’effetto di tali interventi è stato diridisegnare i confini della nozione di servizio pubblico locale o meglio degli indici rivelatori di talecategoria e allo stesso tempo dimodificare le modalità di gestione e di affidamento degli stessi servizi pubblici locali rispetto a quelliprevisti negli artt.113 e 113 bis Dlgs 267/2000 (TUEL) introdotti dall’art.35 della L.448/2001 e dallespecifiche leggi di settore che già avevano modificato la disciplina dettata della L.142/1990 trasfusa nelTUEL.

Successivamente la disciplina dei servizi pubblici locali è stata ulteriormente modificata per effetto diimportanti interventi legislativi operati mediante l’art. 14 D.L. 269/2003, conv. in L.326/2003 e dall’art.4,comma 234, L. 350 del 2003 intervenute in materia di trasformazione e privatizzazione dellaamministrazione e delle public utilities.

2- Art.35 legge 448/2001 e titolo V Costituzione (artt.117-118)

L’art.35 della legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002)ha riformato la disciplina dei servizi pubblici locali introdotta dalla legge 142/1990 (art.113.Dlgs267/2000) restringendo la potestà delle autonomia locali e successivamente è intervenuto il DL 269 del2003 convertito nella legge 326 del 2003 (art.14) che hanno introdotto modifiche significative all’art.35.L’intervento del legislatore si è rivelato invasivo della autonomia regionale in materia dei servizi pubblicilocali in quanto si è rivelato non conforme ai principi di adeguatezza e di proporzionalità a cui deveconformarsi il legislatore statale in attuazione del principio di tutela della concorrenza.

L’art.35 della 448 del 2001 si presenta come norma complessa e restrittiva del principio di sussidiarietàper l’impianto in esso previsto e soprattutto per:

a)

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il sistema delle gare, le cui modalità sono fissate in modo analitico nella legge;

b)

per il divieto per le aziende che gestiscono servizi pubblici locali a concorrere fuori dai loro comuni (art.35comma 2);

c)

per il divieto per le aziende speciali di partecipare alle gare di assegnazione delle gestioni dei servizipubblici di rilevanza industriale;

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d)

per la limitazione della discrezionalità dell’Ente locale nella scelta delle forme di gestione del serviziopubblico a rilevanza industriale.[3]

Con l’introduzione del nuovo articolo 118 della Costituzione è stato eliminato tutto il sistema delle deleghedelle funzioni da parte dello Stato alle Regioni e dalle Regioni agli Enti Locali e nel settore dei servizipubblici locali l’organizzazione in forma decentrata è finalizzata essenzialmente alla soddisfazione deibisogni individuali e collettivi in quanto l’ente locale più vicino al cittadino che è identificato nel Comune onella Provinciaè sicuramente l’interprete primario dei bisogni e delle esigenze delle rispettive comunità e pertanto, l’entesi pone come elemento centrale nel sistema dei servizi pubblici.

La centralità attribuita al servizio pubblico a livello locale tuttavia non impedisce allo Stato o alle Regionidi intervenire. Infatti l’art.117 della Costituzione riserva allo Stato la potestà di intervenire in conformitàalle proprie competenze in alcuni settori ben specificati, tra i quali la politica economica (lett.e) ed irapporti internazionali (lett.a).

In ogni caso resta il dato incontestabile secondo cui l’area delle materie di intervento statale risultanotevolmente affievolito dopo la riforma costituzionale.

Il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni secondo il testo costituzionale precedente allariforma del titolo V attribuiva alle regioni ordinarie la potestà legislativa concorrente nelle materietassativamente elencate nell’art.117Cost. nelle quali spettava alle Regioni dettare le norme legislative nel rispetto dei principi e dei limitifissati con legge statale. Mentre nelle materie non ricompresse nell’elenco veniva attribuita potestà

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legislativa residuale esclusiva allo Stato il quale poteva mediante legge attribuire, a sua volta, alle Regioniil potere di emanare delle norme attuative.

Il legislatore statale nel nuovo assetto viene ad avere una potestà legislativa residuale con una inversionedi rotta rispetto all’assetto vigente in precedenza in cui lo Stato ha sempre avuto un potere di interventoforte a livello generale nei settori economici-produttivi e nelle materie ora attribuite alla potestàlegislativa regionale e da tale inversione di tendenza deriva la necessità di riformare tutto il sistemalegislativo adeguandolo alla Legge Costituzionale 3/2001 e ridimensionare alcuni interventi legislativinazionali che risultano invasivi delle prerogative regionali e locali in settori ancora molto statalisti[4].

Emerge in tal modo il secondo profilo di incidenza della riforma del Titolo V della Costituzione sulladisciplina dettata dall’art.113 del D.lgs 267/2000, comma 3, che, appunto, riguarda il netto ampliamentodella potestà legislativa delle Regioni in merito alla parte dell’art.113 che prevede che siano le disciplinedi settore a stabilire i casi di separazione tra l’attività di gestione delle reti e degli impiantie delle attività di gestione dei servizi. Tali normative di settore, a causa della loro natura di norme didettaglio, rientrano in base alla attuale impianto legislativo nella competenza regionale.[5]

Il nuovo articolo 117 della Costituzione inverte il criterio di riparto delle competenze e investe illegislatore regionale di ampia autonomia legislativa e contiene un elenco tassativo delle materie in cui loStato dispone di potestà legislativa esclusiva (comma 2). Fra le varie materie di competenza esclusivastatale vengono menzionate alla lettera p) la legislazione elettorale, organi di governo, e funzionifondamentali di Comuni e Province e Città Metropolitane; alla lettera e) la tutela della concorrenza cheincidono sulla materia dei servizi dei servizi pubblici insieme ad un’altra ‘competenza trasversale’ che èindicata nella lettera m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili esocialiche devono esseregarantiti su tutto il territorio nazionale. Nel comma successivo (comma 3) sono elencate le materie dilegislazione concorrente[6] nelle quali spetta allo Stato la potestà di determinare i principi fondamentalied alle Regioni emanare la disciplina di dettaglio. In particolare l’ordinamento dei servizi pubblici localiabbraccia le materie indicate dal costituente nel comma 3 art. 117 Cost. come l’istruzione, l’ordinamentosportivo, il governo del territorio; grandi reti di navigazione e in generale le procedure di produzione,trasporto, distribuzione nazionale dell’energia, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e proprio intali ambiti quindi gli Enti regionali possono emanare le norme di dettaglio mentre allo Stato spetta dettarenorme quadro, principi e criteri generali che le Regioni devono seguire nella normativa di dettagliosempre nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e internazionale oltre che dellaCostituzione italiana.

Si profila così un contesto normativo disorganico e non molto chiaro in cui l’art.35 della legge 448/2001norma della cui legittimità costituzionale si è dubitato sin dalla approvazione nella finanziaria 2002 per laragione che l’art.117 non menziona i servizi pubblici locali nelle materie di legislazione concorrente né dilegislazione esclusiva dello Stato, con la conseguenza che, a parere di una certa dottrina, dovrebbero

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rientrare nella potestà legislativa esclusiva regionale proprio in virtù dell’art. 117, comma 4, Cost.

La conseguenza della attribuzione alla potestà legislativa regionale della materia di servizi pubbliciimplica che spetterebbe soltanto alle Regioni legiferare sulla disciplina dei servizi pubblici locali, sullaorganizzazione e sulle modalità di gestione, nel rispetto dei vincoli imposti dallo stesso articolo 117 dellaCost., ovvero vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Una parte della dottrina favorevole alla conclusione appena menzionata, ha individuato una competenza dinatura trasversale rispetto ai servizi pubblici locali, che l’art.117, secondo comma, riserva allo Stato in viaesclusiva, ovvero della tutela della concorrenza di cui alla lettera e) e della determinazione dei livelliessenziali delle prestazioni e concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto ilterritorio nazionale (lettera m) e funzioni fondamentali di Comuni, Province, Città metropolitane (art. 117lett.p).

Tuttavia il tema della competenze legislative, regolamentari ed amministrative in merito ai servizi pubblicilocali è molto delicato e complesso in quanto da un lato si scontra con la incertezza che in via generaleconcerne la corretta definizione del riparto delle competenze nelle materie contenute nel Titolo V dellaCostituzione ( art.117) e dall’altro vi è la circostanza che la materia dei servizi pubblici locali coinvolgeinteressi sensibili quali i diritti sociali alla cui soddisfazione devono essere finalizzati i servizi pubblici etocca la tematica della unità giuridica dell’ordinamento visto che il nostro Stato nasce costituzionalmentecome ‘Stato sociale’ basato sulla uguaglianza sostanziale e sulla tutela dei diritti fondamentali e dei valorisociali.[7]

In particolare la dottrina ritiene che la materia dei servizi pubblici locali non rientra tra quelle dicompetenza esclusiva dello Stato di cui all’art.117 comma 2, Cost. e nemmeno tra quelle oggetto dilegislazione concorrente di cui all’art.117, comma 3, Cost., pertanto sarebbe facile attribuire lecompetenze legislative in via esclusiva alla Regione e conseguentemente le competenze regolamentaridividerle tra Regione ed Enti Locali cui spetta la titolarità dei servizi stessi e assegnare le competenzeamministrative- regolamentari agli enti locali[8].

Tale postulato è stato alla base di alcuni ricorsi contro l’ art.35 della legge finanziaria 2002. Ad esempio ilricorso della Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Umbria per presunta illegittimità della normadovuto al fatto che la disciplina dei servizi pubblici appartiene alla competenza esclusiva delle Regioni.

Le Regioni hanno fondato i propri ricorsi sui seguenti motivi: A) il riferimento alla lettera e) art.117 Cost.non fosse pertinente perché la disciplina dei servizi pubblici locali implica la promozione dellaConcorrenza che non è riservata allo Stato. B) la lettera m) art.117 Cost. non riguarda i servizi aventinatura industriale ma solo quelli sociali. La competenza statale per i servizi sociali rimane, comunque

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limitata alla determinazione dei livelli essenziali, e quindi degli standard minimi delle prestazioni, e ciònon preclude la competenza regionale per la disciplina dell’organizzazione del servizio. C) non èpertinente il riferimento alla lettera p)dell’art.117 Cost. perché la gestione del servizio pubblico non è una funzione fondamentale dell’entelocale ma attività esercitata generalmente in concorrenza e quindi, sottratta ad una gestione effettuatacon strumenti del pubblico potere.

In sintesi il richiamo alla legislazione concorrente non appare giustificabile in base al riferimento allafinanza pubblica perché l’art. 35 l.448/2001 non produce effetti su tale piano dal punto di vista delleprevisioni di bilancio pluriennali.

Inoltre l’art. 35 l.448/2001 è stato ritenuto incostituzionale per violazione dell’art.117 comma 6.

Infatti il comma 16 dell’art.35 della legge 448/2001 rinviava ad un successivo emanando regolamentostatale la determinazione delle disposizioni di esecuzione e attuazione della norma e individuazione deiservizi a rilevanza industriale, tuttavia in base all’art.117, comma 6, Cost. spetta allo Stato la potestàregolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, tra le quali non rientrano i servizi pubblici locali conconseguente competenza regolamentare regionale e non statale.

Nella pendenza dei suddetti ricorsi contro l’art.35 della legge 448/2001 la norma è stata modificatadall’art.14 del DL 269/2003 e quindi non è intervenuta alcuna sentenza della Corte Costituzionale.

3- L’art.14 DL 269/2003 convertito in legge con modifiche L. 326/2003[9]

La disciplina deimodelli di organizzazione e di gestione deiservizi pubblici locali è attualmente contenuta nell’art.113 dlgs 267/2000 novellato dall’art.14 Dl 269/2003convertito in L.326 del 2003 (come modificato dalla sentenza 272/2004 della Corte Cost. che ha abrogatoart.113 bis) e dall’ art.4, comma 234, L.350 del 2003.

Le norme modificano e abrogano parzialmente l’art.35 L.448/2001e sostituiscono alla precedente distinzione tra servizi pubblici locali a rilevanza industriale e privi di talerilevanza lanuova dizione di servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica.

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L’art.14, legge 326/2003, espressamente dispone che le disposizioni in esso contenute concernono solo latutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative della disciplina di settore ed è stato impugnatoda alcune Regioni che hanno ritenuta la disciplina invasiva della sfera di attribuzioni legislativa regionaleai sensi dell’art.117 della Costituzione

Il giudice costituzionale si è pronunciato con la sentenza n.272/2004 che ha stabilito che la disciplina dellagestione dei servizi pubblici a rilevanza economica rientra nella potestà legislativa statale, in quantoambito attratto dalla materia-funzione “tutela della concorrenza”, riservata alla competenza esclusivadello Stato mentre i servizi privi di rilevanza economica sono di competenza regionale, perché conriferimento ad essi non esiste mercato concorrenziale.

Sulla base di tali premesse, la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimi l’art.14,comma 1, letterae) e comma 2 legge n.326 del 2003, nonché conseguentemente, l’art.113, comma 7, secondo e terzoperiodo, e l’art.113 bis del Dlgs 267/2000, come lesivi dell’autonomia regionale in materia di servizipubblici locali, in quanto non effettivamente conformi ai criteri di adeguatezza e proporzionalità secondocui devono essere valutati gli interventi legislativi statali rispetto all’obiettivo della tutela concorrenza.

In merito ai modelli di gestione per i servizi pubblici di rilevanza economica il comma 5 del nuovo art.113Dlgs 267/2000 prevede tre modelli per la gestione delle local utilities, stabilendo che l’erogazione delservizio avviene, secondo le discipline di settore e dell’Unione Europea, con il conferimento della titolaritàdel servizio a[10]:

1)

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Società di capitali individuate mediante procedure ad evidenza pubblica.

2)

Società a capitale misto pubblico e privato nelle quali il socio privato venga scelto mediante gara conprocedure ad evidenza pubblica.

3)

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Società a capitale interamente pubblico a condizione che a) l’ente o gli enti locali titolari del capitalesociale esercitino sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e b) la societàrealizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

L’affidamento dei servizi pubblici locali a società di capitali con procedure ad evidenza pubblica mediantegara è rimasta come possibile modello e non più come regola generale ed esclusiva. Infattil’ordinamento precedente prevedeva la gara come unica possibilità di affidamento dei servizi a rilevanzaindustriale ora la nuova norma conferma che la titolarità del servizio dovrà essere attribuita a società dicapitali individuate attraverso gare pubbliche resta salva la possibilità di affidamento contestuale conunica gara di una pluralità di servizi pubblici locali ad eccezione di quelli di trasporto.

Per la scelta del socio privato nell’ipotesi di affidamento dei servizi a rilevanza economica a società misteè prevista la procedura ad evidenza pubblica mediante gara nel rispetto della normativa sullaconcorrenza.

La novità introdotta dal punto 3, comma 5, nuovo art.113 del Dlgs 267/2000 è l’avere previstol’affidamento diretto o c.d. in house providing a società a capitale interamente pubblico di gestione dellelocal utilitiesse 1-gli enti proprietari esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; 2-la societàrealizza la parte più importante della propria attività con gli enti proprietari.

Nell’ambito della definizione della figura dell’ in house providing un ruolo importante assumono lenumerose pronunce giurisprudenziali comunitarie alle quali sono seguite molteplici sentenze dei giudicinazionali amministrativi e della Cassazioneche hanno specificato e circostanziatoquanto stabilito dalla Corte di Giustizia con la sentenza “Teckal” che rappresenta la sentenza capostipitein materia. Basta ricordare in merito che secondo la giurisprudenza amministrativa e comunitaria, "percontrollo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione disubordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziariostringente dell'ente pubblico sull'ente societario" (così Cons. Stato, VI Sez., 25/1/2005 n°168, si vedaanche Corte Giust. C. E. 18/11/1999, in causa C-107/98).

4. Innovazioni costituzionali e giurisprudenziali sul sistema normativo in materia di gestione diservizi pubblici locali: Sentenza della Corte Costituzionale 27/07/2004 n. 272

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Dettagliatamente la Corte Costituzionale nella sentenza 272/204 ha dichiarato l'illegittimità costituzionalea) dell'art. 14, comma 1, lettera e), e comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, là dovestabilisce, dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara vieneaggiudicata, introduce la prescrizione che le previsioni dello stesso comma 7 "devono considerarsiintegrative delle discipline di settore", poiché l'intervento legislativo statale risulta ingiustificato e nonproporzionato rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza; b) dell'art. 113, comma 7, limitatamenteal secondo ed al terzo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggisull'ordinamento degli enti locali); c) dell'art. 113-bis dello stesso decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267(TUEL) nel testo introdotto dal comma 15 dell'art. 35 della citata legge n. 448 del 2001, poiché siconfigura come illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale, in quanto, relativamente aiservizi pubblici, privi di rilevanza economica, sono inapplicabili i principi comunitari in tema diconcorrenza. L’insieme delle disposizioni colpite dai giudici costituzionali è in definitiva da ritenersi lesivadell’autonomia regionale in materia di servizi pubblici locali, in quanto non effettivamente conformi aicriteri di adeguatezza e proporzionalità secondo cui devono essere valutati gli interventi legislativi statalirispetto all’obiettivo della tutela concorrenza.

Gli effetti dellapronuncia della Corte 272/2004 sono stati incisivi nel diritto dei servizi pubblici locali sia sotto il profilodella definizione della nozione di servizio pubblico a rilevanza economica e privo di tale rilevanza e quindidi servizio locale rientrante nell’uno o nell’altro sia sotto il profilo più strettamente inerente alla disciplinaapplicabile in ordine alle modalità di gestione e di affidamento posto che è stato interamente eliminatol’art.113 bis del TUEL e il comma 7 secondo e terzo periododell’art.113 del TUEL con le conseguenze che vedremo. Tuttavia numerose sono le problematiche nonrisolte dalla sentenza della Corte Costituzionale 272/2004. In particolare:

1) Non si rinviene una definizione dei servizi pubblici privi di rilevanza economica. Il legislatore italianonon affronta il problema e analogaincertezza in merito si rinviene negli indirizzi della Commissione Europea espressi nel Libro Verde 2003sui servizi di interesse generale che si limita a ribadire il carattere dinamico ed evolutivo della distinzionetra attività economiche e non ma espressamenterileva l’impossibilità di fissare a priori un elenco di tali servizi. (vedi capitolo due della presente tesi didottorato ).

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2) La giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea richiamata dalla Corte Costituzionale definisce iservizi privi di rilevanza economica come quelli in cui vi siano “l’assenza dello scopo precipuamentelucrativo, la mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche l’eventuale finanziamentopubblico dell’attività in questione” (Corte Giust. CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Ma risultadifficoltosa la ricostruzione di tali servizi, infatti, diventa raro individuare dei servizi con talicaratteristiche in conseguenza del fatto che anche modeste attività (vedi il caso delle lampade votive nellasentenza TAR Toscana, sez. II, 28/07/03, n°. 2833 o servizi socio-assistenziali: gestione della comunitàalloggio per minori, del centro educativo diurno per minori e della mensa sociale, di assistenza domiciliarein favore di persone anziane e/o svantaggiate, consegna di pasti caldi a domicilio, lavanderia e stireria,nonché gestione del centro di aggregazione per anziani v. recentissimo Consiglio di Stato Sez. V30.8.2006 n. 5072[11]; anche il servizio pubblico di assistenza e ricovero sanitario rientra tra quelli arilevanza economica(mentre è servizio strumentale l’allestimento di locali e la fornitura di servizi di tipoalberghiero: TAR Lazio, Sez. III, 9/8/2006 n. 7126; Cass. 22 luglio 2002, n. 10726) assumono rilevanzaeconomica in presenza di soggetti imprenditoriali interessati ad assumerne la gestione, nonché i relativirischi, in cambio di un compenso determinato (corrispettivo o tariffa) perché presentano il carattere anchesolo potenzialmente e astrattamente della redditività e della concorrenzialità sul mercato nel senso disuscettibilità a sviluppare la competizione e produrre profitto.

3) Terzo aspetto si presenta il pericolo di frequenti conflitti tra Stato e Regioni in materia di servizipubblici. Considerando che difficilmente il legislatore regionale dichiarerà che taluni servizi pubblici(salvo quelli che tradizionalmente sono riconosciuti come tali: gas, energia, trasporti, igiene ambientale eservizio idrico intergrato) siano a rilevanza economica, sottraendoli così alla propria competenzalegislativa esclusiva con conseguente probabile proliferare di tale categoria e della potestà regionale equindi di leggi sempre più settoriali e rispettose delle esigenze locali, almeno si auspicherebbe taleorientamento. Infine 4) quarto aspetto:la Corte, nel dichiarare che la legittimazione dell’intervento del legislatore statale in tema di servizi varicondotto alla competenza dello Stato in materia di concorrenza e non in tema di “funzioni fondamentalidi Comuni, Province e Città metropolitane” ammette che “la gestione dei servizi pubblici non può certoconsiderarsi funzione propria ed indefettibile dell’Ente locale” con la conseguenza che mediante taleaffermazione viene ribadita esplicitamente la sussidiarietà dell’azione dell’Ente locale rispetto al mercatonel settore dei servizi.

4.1 Sentenza Corte Cost 272/2004 ed iservizi pubblici locali privi di rilevanza economica

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Il principale effetto della sentenza della Corte Costituzionale 27 luglio 2004 n. 272 è di avere prodotto unaspaccatura nella disciplina dei servizi pubblici locali tra servizi pubblici localia rilevanza economica e privi di tale rilevanzacreando due segmenti autonomi dotati di una propria disciplina [12]. L’interrogativo che si pone per iservizi privi di rilevanza economica è quello di individuare i modelli organizzativi e di gestione di questiservizi visto che la materia esula dalla competenza del legislatore nazionale non ponendosi un esigenza ditutela della concorrenza.

Con riferimento alla disciplina dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica devepreliminarmente osservarsi come l’art. 113-bis del Dlgs 267/2000 (TUEL) nella ultima versione introdottadall'art. 14, d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326) e subito dopodall'art. 4, comma 234, legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004)introduceva una nuova disciplina per la gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica,privilegiando - fatte salve le disposizioni previste per i singoli settori - l’affidamento diretto a:

a) istituzioni;

b) aziende speciali, anche consortili;

c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale socialeesercitassero sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societàrealizzassela parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

La norma inoltre ammetteva l'affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche adassociazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate, nonché in generale la gestione in economiaquando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non si potesse, perché non eraopportuno, procedere all’affidamento esterno dei servizi.

La sentenza della Corte Costituzionale 272/2004 ha completamente caducato l’art.113 bis del TUEL cheaveva una origine particolare. Infatti con atto di messa in mora del 26 giugno 2002, la Commissioneeuropea aveva dato avvio nei confronti dello Stato italiano ad una procedura di infrazione, ai sensi dell'art.

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226 del Trattato CE, in riferimento all’art. 35 della l. 448/2001 per illegittimità in quanto contraria aiprincipi comunitari di libera concorrenza e suoi corollari. L’art.113 bis TUEL si inseriva all’interno dell’originario testo dell’ art. 113 del TUEL dettando una specifica disciplina per i servizi priva di rilevanzaeconomica(precedentemente detti privi di rilevanza industriale). Lamodifica della normativa introdotta a fine del 2001 con la finanziaria 2002 era stata nuovamente oggettodi osservazione da parte della Commissione Europea che infatti aveva già da tempo (prima ancora dellafinanziaria 2002) iniziato tale procedimentocon riferimento all'art. 22 della legge 142 del 1990 ( poi art.113 TUEL), nella parte in cui questadisposizione disciplinava gli affidamenti di servizi pubblici senza il rispetto dei principi comunitari, inparticolare erano state considerate non solo le lett. b), c) ed e) della norma, ma anche la lett. d) relativaall'Istituzione. [13]

LaCommissione nel nuovo atto di messa in mora data 26 giugno 2002, evidenziava che l’art. 35 della l.448/2001 “continua(va) a consentire numerose ipotesi di affidamento diretto dei servizi pubblici localisenza il rispetto” della disciplina comunitaria. Coerentemente con l’impostazione enunciatala Commissione ritenne non conformi a tale disciplinagli affidamenti diretti previsti come regola generale in tema di gestione di servizi pubblici “privi dirilevanza industriale” (art. 113-bis TUEL)[14]

IlGoverno italiano di fronte al nuovo atto di messa in mora si difesereplicando che l’omessa emanazione del regolamento previsto nell’art.35 per disciplinaredettagliatamente ed applicare quanto stabilito nella stessa norma(...) “avrebbe privato di alcuna pratica econcreta efficacia l’intero disposto dell’art. 35 e che, quindi, in assenza del regolamento di attuazione daesso previsto al comma 16, nonsarebbe stato “ammissibile instaurare una sorta di processo alle intenzioni[15]” In secondo luogo,riguardo ai servizi privi di rilevanza industriale si segnalava che avrebbero dovuto rientrarci pure talunimarginali servizi sociali destinati alle categorie deboli[16].

Il Governo italiano a seguito della segnalazione e della procedura di infrazione comunitaria intervennedisciplinando nuovamente la materia dei servizi pubblici locali con la recente normativa introdotta conl'art. 14, D.l. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326) e subito dopo con l'art.4, comma 234, legge 24 dicembre 2003, n. 350. In primo luogo tale normativa eliminava la distinzione fraservizi pubblici locali "di rilevanza industriale" e servizi pubblici locali "privi di rilevanza industriale"sostituendola con quella fra servizi pubblici locali "di rilevanza economica" e servizi pubblici locali "prividi rilevanza economica"

Il giudice costituzionale affronta la problematica questione di chiarire i concetti di rilevanza economica eprivi di rilevanza economica e si sofferma non solo sul profilo della compatibilità comunitaria dellaprecedente disciplina ma anche sulla distribuzione delle competenze tra legislatore nazionale

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e regionale disegnata dalla riforma del Titolo Vdella Costituzione.

Infatti con la sentenza della Corte Cost. n. 272 del 27 luglio 2004 viene interamente eliminata la disciplinadell’art.113 bis TUEL poiché, a parere della Corte, non si può invocarela tutela della concorrenza el’inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali in riferimento ai servizi "privi di rilevanzaeconomica" previsti dall’art. 113-bis, dal momentoche il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela dellaconcorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste unmercato concorrenziale.

Inoltre la Corte richiamando la costante giurisprudenza comunitaria ricorda che i servizi privi di rilevanzaeconomica sono caratterizzati in particolare, a) dall’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, b)dalla mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche c) dall’eventuale finanziamentopubblico dell’attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001).

Non si può a priori determinare tali servizi ma il giudice nazionale è il soggetto a cui spetta la competenzadi valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato per accertarne la natura, tenendoconto del soggetto erogatore, dei caratteri e delle modalità della prestazione, dei destinatari. Quindi vienevalorizzato il ruolo degli Enti locali e si apre un ampio spazio per una specifica ed adeguata disciplina difonte regionale ed anche locale.

La Corte, dichiara illegittimo l’art. 14, comma 2, in merito alla disciplina della gestione dei servizi pubblicilocali "privi di rilevanza economica", di cui all’art. 113-bis del TUEL, in quanto ritiene che esso non possaessere certamente ricondotto alle esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questoprofilo, si configura come illegittima compressione dell’autonomia regionale e locale.

L’effetto della pronuncia è stato prorompente con grande incertezzaper gli operatori del diritto e per i giudici chiamati ad applicare la legge in quanto la caducazionedell’art.113 bis ha creato un vuoto normativo non facilmente colmabile posto che i soggetti istituzionalisono chiamati a intervenire (giudici e operatori) rapidamente e coerentemente con le indicazioni dellaCorte Costituzionale e con i principi comunitari in un settore molto delicato dell’economia e della vitaeconomico-sociale del nostro Paese e che lapuntuale distinzione tra servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economicae quindi di servizio pubblico locale rientrante nell’una o nell’altra categoria è l’elemento chiave chedelimita in maniera abbastanza netta l’ambito oggettivo della disciplina del novellato art.113 del Dlgs267/2000 per l’affidamento della gestione ed erogazione dei servizi pubblici locali.

Un utile criterio inoltre per mettere ordine ed individuare i servizi privi di rilevanza economica discendedalla esistenza per questi servizi di normative speciali che gia prevalevano sul disposto dell’art 113 bis delTUEL

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in virtù dell’incisodel comma 1 cheappunto richiamavae facevasalve espressamente tali disposizionie le singole disciplinesettoriali.

Vi è anche da considerare che l'ambito di applicazione del regime dei servizi pubblici locali sociali (…) si ènel tempo drasticamente ristretto a causa dell'entrata in vigore di una serie di provvedimenti settoriali(statali e regionali) che ne hanno previsto delle specifiche e distinteforme di gestione perl'esercizio di tali servizi[17].

Le normative di settore già numerose prima della emanazione del testo unico degli enti locali hannocontinuato a proliferare anche successivamente e tutt’ora in vigenza del TUEL, numerosenormative quali quelle che sisono sviluppate per il terzo settore (v. la legge sul volontariato n. 266/91, quella sulle cooperative socialin. 381/91 modificata dalla legge 52/96 e, infine, quella sull'associazionismo n. 383/2000) dettanodisposizioni di principio che le regioni, a loro volta, hanno reso operative con linee di attuazione, per glienti locali, in ordine alla gestione dei servizi stessi.

Nel dettaglio esse prevedono in particolare ad esempio il ricorso alle convenzionicome provvedimento mediante il quale viene a costituirsi un rapporto bilaterale che funge da atto diregolamentazione con il contraente selezionato attraverso forme che non rientrano nelle procedure dievidenza pubblica né nelle altre forme menzionate del TUEL[18] e ciò discende dall’essere servizi che nonsi devono svolgere in regime di libera concorrenza perché non esiste un mercato di riferimento.

Tuttavia è curioso osservare cheleregole di settore per i servizi privi di rilevanza economica molto spesso vanno al di là dei modelli cheprevedeva l’art.113 bis (affidamento diretto se l’ente affidatario era una sorta di longa manus dell’entelocale affidante-controllante e sussistono i requisiti dell’in house providing: subordinazione gerarchica,controllo, prevalenza dell’attività svolta dall’affidatario per l’ente controllante[19] c.f.r.TAR Sardegna, sez.I, 2/8/2005 n. 1729).

Spesso le leggi di settore istituiscono forme di confronto concorrenziale tra gli aspiranti aggiudicatari delservizio[20]in questo modo continua a farsi ricorso alla esternalizzazionedei servizi che viene contemplata dalle norme di carattere speciale che regolano quella tipologia di servizi.Un esempio potrebbe essere l’affidamento dei servizi sociali,

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sportivi e culturali.

Nonostante la riforma dell’art. 113 bis TUEL fosse ispirata al principio dell’in house providing nondiscostandosi poi molto dalla disciplina dettata dall’art.113 TUEL per i servizi a rilevanza economica[21],la normativa di settore molto spesso, al contrario, si discosta dall’art. 113 bis TUEL, ora caducata dallaCorte Cost., e recepisce lo strumento dell’affidamento ai terzi come criterio generale salvaguardando edevidenziando il principio della sussidiarietà.

Infine una ultimo problemain ordine al regime applicabile ai servizi privi di rilevanza economicasi pone, in particolare, per quei servizi che non sono disciplinati da leggi statali o regionali di settore.

In tal caso, senza ombra di dubbio, continueranno a trovare applicazione le disposizioni di caratterespeciale regolanti il servizio.

Qualora, invece, il servizio non risulti disciplinato da alcuna disciplina di settore, statale o regionale, né laregione abbia adottato una disciplina generale in materia, “..ci dovrebbe esseredunque spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale”.

Quindi in assenza di previsioni statali di settore, ovvero generali o settoriali regionali, gli enti locali,nell’esercizio del proprio potere organizzativo, vedranno il ventaglio della scelta delle forme organizzative.

E’ stato osservato come: “Nel nuovo quadro normativo, gli enti locali risultano quindi legittimati aricorrere a più forme organizzative per la gestione dei servizi privi di rilevanza economica, anche se nonpreviste direttamente dal D.Lgs.267/2000.

Legittimamente potrà essere costituita, allora, un’istituzione, ma anche un’azienda speciale, figureentrambe disciplinate dall’art.114 D.lgs.267/2000.

Qualora più enti locali intendano addivenire alla gestione associata di uno o più servizi, potrà inoltreessere utilizzato il modello del consorzio, ai sensi dell’art.31 D.Lgs.267/2000.

Deve ritenersi, altresì, consentita la gestione in economia.

Un discorso a sé merita la forma societaria.

All’interno del D.Lgs.267/2000, l’unica norma legittimante la gestione di servizi pubblici locali, economicio non economici, tramite societàè ravvisabile nell’art.115 D.Lgs.267/2000 (come evoluzione organizzativo del modello azienda speciale), acui va ad aggiungersi la particolare ipotesi gestionale prevista dal successivo art.122 , in materia di lavorisocialmente utili, di cui all'art. 4, commi 6, 7 e 8, D.L.31/01/1995, n. 26, conv. con L.29/03/1995, n.95[22]

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“.

L’utilizzo della forma societaria risulta problematico osserva l’autore, sotto un altro profilo che già laConsulta aveva individuato evidenziando che ” i servizi privi di rilevanza economica si caratterizzano perl'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, per la mancata assunzione dei rischi connessi all’attività eper l’eventuale finanziamento pubblico dell'attività in questione, e se quindi la particolarità dei bisogniperseguiti richiedono un soddisfacimento diverso dall'offerta di beni o servizi sul mercato” e quindi ilmodello societario potrebbe essere inidoneo per la gestione di tali servizi sia se Stato optasse per lagestione diretta sia se preferisse per alcuni servizi mantenere un'influenza determinante.

Analoghe perplessità potrebbero, in vero, sollevarsi con riferimento all’azienda speciale e al consorzio,tipici enti pubblici economici, dotati di autonomia imprenditoriale.

Potrebbe trovarsi una chiave di volta dalle indicazioni della Commissione Europea “seguendo leindicazioni espresse dalla Commissione Europea nel Libro Verde sui servizi d’interesse generale (per cui iservizi non economici sono caratterizzati dal fatto che, per motivi di interesse generale, lo stato preferisceprovvedervi direttamente o sui quali intende mantenere una posizione dominante), devono però ritenersicompatibili con la gestione di servizi non economici, non tutte le forme societarie, ma i soli modelli checostituiscono espressione della gestione diretta dei servizi pubblici locali da parte dell’ente locale”Pertanto “gli enti locali potranno, quindi, legittimamente provvedere alla costituzione di società a capitaleinteramente pubblico, purché sussistano le condizioni previste per l’affidamento diretto del servizio,dedotte dalle argomentazioni contenute nella sentenza capostipite sul punto c.d. ‘sentenza Teckal’ eriprodotte nello stesso art.113, comma 5, lett.c), D.Lgs.267/2000”. In merito invece alle società mistasecondo la giurisprudenza interna, il modulo organizzativo della società mista risulta compatibile conl’affidamento cd. in house del servizio pubblico, in quanto tra comune e società viene ad istaurarsi unrapporto di delegazione interorganica che fa sì che quest’ultima divenga ente strumentale del comune[23].

Anche il Consiglio di Stato è intervenuto sostenendo che “Il modulo gestorio dell'affidamento del serviziopubblico ad una società per azioni, a capitale misto, appositamente costituita dall'ente locale, esimendoquest'ultimo dallo svolgimento di una selezione pubblica per la scelta del gestore, va qualificato comegestione diretta del servizio da parte dell'Ente locale (Consiglio di Stato Sez. V, 19 febbraio 1998, n.192),assimilabile all'affidamento c.d. in house di matrice comunitaria, e che il fondamento della suaattribuzione senza gara dev'essere rinvenuto negli atti costituivi della società ed in quelli di selezione delsocio privato”. Consiglio di Stato, Sez. V, 30/6/2003 n. 3864. In merito è recentemente intervenuta laCorte di Giustizia Europea, secondo cui “La partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata alcapitale di una società alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni casoche tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essaesercita sui propri servizi”. (Sentenza della Corte di giustizia europea, Sez. I, 11/1/2005 n. C-26/03).

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4.2.Possibili conclusioni sulla gestione mediante modulo societario

Seguendo la posizione del giudice europeo, dovrebbe quindi escludersi il modello della società mista perla gestione dei servizi privi di rilevanza economica. Analoghe perplessità, dovrebbero, in vero, sollevarsirelativamente alla concessione, laddove diversa disposizione non sia rinvenibile all’interno della normativadi settore.

Un'altra soluzione prospettabile potrebbe essere il ricorso a forme organizzative non citate dal D.Lgs.267/2000 che potrebbero trovare la legittimazione nell’art.11 codice civile, cioè nella capacità di dirittoprivato dell’ente locale

Una idea potrebbe essere il ricorso al modello della fondazione e dell’associazione, già oggetto diprevisione nell’abrogato art.113 bis, e particolarmente diffuse nella prassi per la gestione di servizi di tipoculturale.

Il ricorso dell’ente a tali figure soggettive di diritto privato deve in ogni costruirsi garantendo la congruitàtra la causa della forma giuridica e la logica del servizio gestito affinché il modello prescelto configuri unamodalità di gestione diretta del servizio.

5. Sentenza Corte Cost 272/2004 servizi pubblici locali ‘ di rilevanza economica ‘ egiurisprudenza nazionale sulla rilevanza economica

Con riferimento ai servizi che assumono rilevanza economica l’interrogativo che sorge dalla lettura dellasentenza 272/2004 è di individuare i limiti al potere legislativo della regione e comprendere che tipod’intervento il legislatore regionale sia legittimato ad effettuare nel rispetto del nuovo quadrocostituzionale e degli obblighi comunitari ed internazionali. Infatti “la gestione di detti servizi non puòcerto considerarsi esplicazione di una funzione propria e indefettibile dell’ente locale” e delladeterminazione dei livelli minimi inerenti le prestazioni essenziali a tutela dei diritti civili e sociali (perché“riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e comunque non attiene alla determinazione dilivelli essenziali”) mentre sembra plausibile ritenere che essa attenga piuttosto alla materia “trasversale”della tutela della concorrenza[24].

Argomentando la tesi sostenuta dalle regioni nell’impugnativa della normativa statale per illegittimitàcostituzionaleperché destinata, non a tutelare la concorrenza, ma a creare artificialmente tali condizioni all’interno di inmercato monopolistico,

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la Corte Costituzionale ha accolto una nozione estesa della materia “tutela della concorrenza”,comprendente anche interventi normativi diretti a promuovere situazioni di concorrenza.

Questo vuol dire che la materia della tutela della concorrenza, deve essere interpretata sia in sensostatico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche nella suadinamica che appartiene proprio al diritto comunitario e che ha determinato la adozione di misurepubbliche (interventiregolatori) volte a ridurre squilibri ed inefficienze e a favorire le condizioni per un sufficiente sviluppo delmercato o ad instaurare assetti concorrenziali (Corte Costituzionale sentenza n. 14 del 2004)

Il concetto di concorrenza accolto dal legislatore interno corrisponde, infatti, alla nozione comunitaria diconcorrenza, che include gli interventi regolativi, la disciplina anti-trust e le misure destinate apromuovere un mercato aperto.

Alla luce di tali conclusioni, risultano legittime le disposizioni contenute nell’art.14 D.L.269/2003 nellamisura in cui esse siano appartenenti alla tutela e/o promozione della concorrenza nel senso che sonovolte alla creazione e sviluppo di situazioni di concorrenzialità all’interno di un mercato che è ancora diimpronta ampiamente monopolistica.

Spetta quindi al giudice costituzionale individuare le disposizioni legittime senza spingersi a sindacarne ilmerito e talegiudizio ha portato la Corte a dichiarare fondate le censure di legittimità dell'art. 113, comma 7,D.Lgs.267/2000, che in maniera troppo dettagliata e con tecnica autoapplicativa definiscono i vari criteriin base ai quali la gara deve essere aggiudicata[25] con la conseguenza che l’intervento statale è invasivodella competenza della regione.

Al contrario sono legittimele norme contenute nell’art.113 D.Lgs.267/2000, in tema di gestione di servizi di rilevanza economica,perché rispettose del principio della concorrenza e sono effettivamente finalizzate alla creazione dicondizioni di concorrenzialità ( lo ribadisce il comma 1 dell’art.113). Tali norme concernono la tutela dellaconcorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore.

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5.1.Evoluzione della giurisprudenza nazionale suiservizi a rilevanza economica

Per i servizi a rilevanza economica la giurisprudenza nazionale della Suprema Corte di Cassazione nonchéil Consiglio di Stato ed i Tribunali Amministrativi richiamandosi ai principi fissati dalla Cassazione sulservizio pubblico e della UE per servizi di rilevanza economica hanno svoltoun ruolo determinante nella individuazione di una vasta tipologia di servizi a rilevanza economica sullabase delle circostanzeconcrete e caratteristiche economiche del mercato.

L’evoluzione giurisprudenziale amministrativa nazionale più recente : (ex pluribus TAR Puglia, Bari, sez. I,12/4/2006 n. 1318, TAR Sardegna sez. I 2.8.2005 n.1729 e Consiglio di Stato Sezione V 22.12.2005 n.7345nonché la recente sentenza TAR Lazio Sez. II 23.8.2006 n.7373 e Consiglio di Stato Sez. V 30.8.2006n.5072). E sempre in tale orientamentogiurisprudenziale si inserisce inoltre quanto èstato puntualizzato“in assenza di una disposizione legislativa che fornisca la definizione dei servizi pubblici locali, devonoessere ricostruite in via interpretativa la nozione di servizio pubblico locale di rilevanza economica e, perconverso, quella di servizio privo di siffatta rilevanza. Gli “indici rivelatori” in ordine alla rilevanzaeconomica dei servizi pubblici locali possono desumersi dai principi comunitari che informano la materia edagli interventi della Commissione Europea in merito.(TAR Puglia, Bari, sez. I, 12/4/2006 n. 1318) L’ordinamento comunitario distingue trai servizi di interesse economico generale ed i serviziordinari per il fatto che i primi devono essere garantiticon carattere di continuità, mediante l’imposizione di obblighi di servizio pubblico, anche quando essi nonsiano economicamente remunerativi e, pertanto, il mercato non sia sufficientemente incentivato aprovvedervi da solo.

Ciò non esclude che il mercato e la concorrenza possano costituire, di regola, la formula migliore pergestire anche tali servizi (tant’è che, ai sensi del citato art. 86 comma 2 del Trattato CE, le imprese che nesono incaricate sono senz’altro sottoposte alle regole di concorrenza), salvo il caso che, per il fatto di nonessere remunerativi, il mercato non consenta concretamente di assolvere alla loro specifica missione e sirenda pertanto indispensabile il riconoscimento di diritti speciali o esclusivi.(TAR Puglia, Bari, sez. I,12/4/2006 n. 1318). Ritiene il Collegio , dunque chela distinzione tra servizi di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza sia legata all’impatto chel’attività può avere sull’assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività, con la conseguenzache deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore per il quale potrebbeesistere -quantomeno potenzialmente- una redditività, e quindi una competizione sul mercato e ciòancorché siano previste forme di finanziamento pubblico, più o meno ampie, dell’attività in questione. Diconverso, può essere considerato privo di rilevanzail servizio che, per sua natura o per i vincoli ai quali èsottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione e, quindi, appare irrilevante ai fini

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della concorrenza. In altri termini, se il settore di attività è economicamente competitivo e la libertà diiniziativa economica consente di conseguire anche gli obiettivi di interesse pubblico sottesi alla disciplinadel settore, al servizio dovrà riconoscersirilevanza economica ai sensi dell’art. 113 del D.Lgs 267/2000, mentre, in via residuale, il servizio potràessere qualificato come privo di rilevanza economica nel caso in cuinon sia possibile riscontrare i caratteri che connotano l’altra categoria (cfr. T.A.R. Liguria II Sez.,28/4/2005 n°527).

5.2.Una ricostruzione delladisciplina dei Servizi di rilevanza economica

In ordine aiServizi di rilevanza economica la loro disciplina è dettatadall’art.113 D.Lgs.267/2000 precisamente dalleprevisioni che in termini generali sono inerenti le modalità di gestione e l'affidamento dei servizi pubblicilocali, mentre sono incostituzionali quelle norme che, disciplinando dettagliatamente aspetti che hannocarattere applicativo e quindi esulano dalla disciplina di tale genere e risultano sproporzionate edinadeguate rispetto all’obiettivo statale della tutela della concorrenza.

L’art. 14 D.L. 269/2003, conv. in L.326/2003 (e quindi l’art.113 D.Lgs.267/2000) viene consideratosostanzialmente una norma-principio della materia, che potrà essere un criterio guida perinterpretare le stesse disposizioni impugnate e per regolare il rapporto della normativa generale con lenormative di settore dal momento che“la disciplina stessa contiene un quadro di principi nei confronti di regolazioni settoriali di fonteregionale”.

Mediante tale orientamento la Corte delimita lo spazio riservato alla competenza legislativa della regionein materia risolvendo la annosa questione.

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Non vi è nel nuovo quadro costituzionale sotto tale specifico aspetto un grosso stravolgimento rispetto alsistema precedente alla legge 1/2001 in ordine al potere legislativo regionale relativamente ai servizipubblici locali di rilevanza economica[26]

In buona sostanza la regione è tenuta a limitare il proprio intervento ad una regolamentazione di tipointegrativo e di dettaglio delle previsioni generali di derivazione statale, lasciando, nel contempo, unadeguato spazio al potere organizzativo degli enti locali.

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Luisa Capicotto Avvocato

Dottore di ricerca diritto Pubbl. dell’Economia e delle imprese -Università di Pisa

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Socio AGEIE

[1]Il presente lavoro ripropone in piccola parte e amplial’analisi svolta dalla autrice nella tesi di dottorato in Diritto pubblico dell’economia e delle imprese pressoUniversità di Pisa consegnata nel mese di ottobre 2006 intitolata “La disciplina dei servizi pubblici locali.Innovazioni nelle fonticomunitarie-costituzionali e nazionali”.

[2] Capicotto L.‘’Autonomia Finanziaria delle Regioni e degli Enti locali tra vecchio e nuovo art.119 dellaCostituzione: effetti sul sistema dei controlli di gestione nelle pubbliche amministrazioni e sulla riformadella contabilità pubblica ’’, pubblicato nella raccolta degli atti del convegno ‘’Le linee di Riforma deiBilanci Pubblici’’, a cura della professoressa Cavallini, Giappichelli, Torino. Convegno organizzato dallafacoltà di giurisprudenza di Cagliari il 7-8-giugno 2002.

[3] Sull’art.35 della legge 448/2001 si veda Losco V.”La riforma dei servizi pubblici locali secondo l’art.35della legge finanziaria del 2002” in Economia Pubblica n.3/2003; Si veda anche sul tema Perfetti L.R : “ Iservizi pubblici locali .Riforma del settore operata dalla legge 448 del 2001 possibili profili i evolutivi”, inDir Amm.2002 p.575 ss

[4] Si veda per una trattazione generale AAVV ”I servizi pubblici locali” Cosa e Come della Giuffrèedizione 2004;

[5] Sul riparto delle competenze legislative, regolamentari ed amministrativetraStato ed Enti Locali in base al principio di sussidiarietà verticale e quindi individuazione delle fonti

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normative abilitate a determinare la nuova disciplina si veda Caravita B La Costituzione dopo la riformadel Titolo V, Stato, Regioni, autonomie fra Repubblica ed Unione federale Torino 2002. Mangiameli Lariforma del regionalismo italiano, Torino 2002, Pizzetti F. il nuovo ordinamento italiano fra riformeamministrative e riforme costituzionali, Torino 2002. Poggi A. Le autonomie fra sussidiarietà verticale esussidiarietà orizzontale,.Milano 2002.

[6] Sulla competenza in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione siveda Zito A. “I Riparti di competenze in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma del Titolo V dellaCostituzione, pubblicato tra gli scritti in onore di G.Berti tratto dal Convegno sulla riforma dei servizipubblici locali- Roma 15 0ttobre 2002.

Cammelli M.,Amministrazione ed interpreti davanti al nuovo titolo V della Costituzione in Le Regioni 2001 p.1273.

Moscarini A., Competenza e sussidiarietà nel sistema delle Fonti, Padova 2003 e sulle funzioniamministrative;Follieri E, Profili amministrativi nella individuazione delle materie di cui all’art.117 Cost., in AIPDAAnnuario 2002 Milano 2003 p.479.

[7] Sul punto si veda Berti G, I pubblici servizi tra funzione e privatizzazione, in Jus 1999 p.867 ss;

Pastori G Diritti e Servizi oltre la crisi dello Stato Sociale, in scritti in onore di V.Ottaviano I Milano 2003p,1082 sulla tematica dello Stato sociale e dei servizi pubblici.

[8] Sul tema dell’inquadramento delle materie non ricompresse nell’elenco dell’art.117 e loroinquadramento, si veda in dottrina Gallo G. Le Fonti del diritto nel nuovo ordinamento regionale Torino2001.

TorchiaLa potestà legislativa residuale delle Regioni in Le Regioni 2002 p.343

[9] Sulla novità introdotte dall’art.14 DL 269/2003 convertito in legge con modifiche L. 326/2003[9] siveda CAPICOTTOL.‘’Novità introdotte dalla finanziaria del 2004 e dall’art.14 del DL 269/2003 in merito a:

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A) modelli di gestione e affidamento dei servizi pubblici locali; B) modelli di gestione delle reti e degliimpianti; C realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete. Solo spiragli di Concorrenza?Pubblicato nel 2004 sul sitowww.covalori.net( link contributi) anno 2004.

[10] In poche parole la scelta è rimessa alla potestà discrezionale dell’ente locale titolare del servizio, ilquale potrà scegliere la strada più conservatrice, mantenendo ancora in vita le società pubbliche e dunquenon favorire la concorrenza in casa propria oppure potrà percorrere la strada più favorevole allaconcorrenza. Resta la facoltà delle normative di settore di introdurre delle deroghe e dei criteri digradualità nella scelta delle modalità di conferimento del servizio al fine di assicurare il superamento degliassetti monopolistici e favorire la concorrenzialità del mercato dei servizi.

[11] Ribadisce il Consiglio di Stato una sentenza precedente chiarificatrice sul punto del TAR Sardegna:“La distinzione tra servizi pubblici di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza è legataall'impatto che l'attività può avere sull'assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività; di modoche deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore per il quale esiste,quantomeno in potenza, una redditività, e quindi una competizione sul mercato e ciò ancorché sianopreviste forme di finanziamento pubblico, più o meno ampie, dell'attività in questione; può invececonsiderarsi privo di rilevanza quello che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativagestione, non dà luogo ad alcuna competizione e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza.

[12]Franchi Scarselli G. La gestione dei servizi culturali tramite fondazione,in www.Aedon.Mulino.it,n.1/2002

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[13] Sciullo, I servizi culturali degli enti locali nella finanziaria per il 2002, in www.aedon.mulino.it, n.1/2002 per alcune riflessioni sul tema in esame.

[14] In particolare pp. 27,28 dell’atto di messa in mora della Commissione

[15] pp. 9 e 10 op.sopra cit.

[16] P.11 op.sopra cit.

[17] Franchi Scarselli G. o.p. cit.

[18]Ad esempio la giurisprudenza amministrativa ha qualificato laGestione di una casa di riposo comunale come servizio pubblico locale di rilevanza sociale. VedasiTARMarche, 24/5/2004 n. 317

[19] Secondo una recentissima sentenza del Consiglio di Stato Sez. V, 30/8/2006 n. 5072, che confermal’orientamento precedente ormai consolidato: “ in base all'art. 113, c. 5 lett. c), del D. Lgs. n°267/2000,anche la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata senza gara "a società a capitaleinteramente pubblico", ma ciò, "a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale socialeesercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzila parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano" (c.d.affidamento in house providing). Secondo la giurisprudenza amministrativa e comunitaria, "per controlloanalogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazionegerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringentedell'ente pubblico sull'ente societario" (così Cons. Stato, VI Sez., 25/1/2005 n°168, si veda anche Corte

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Giust. C. E. 18/11/1999, in causa C-107/98).

[20] Franchi Scarselli G. o.p. cit

[21] Scillo G.op.cit.

[22] Per una ampia trattazione: si veda: Caroselli A. “Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale27/07/2004, n. 272 sul sistema normativo in materia di gestione di servizi pubblici locali” inwww.dirittodeiservizipubblici.it del 17.2.2005

[23] TAR Campania, Salerno, Sez. I, 6/11/2003 n. 1494.

[24]G.Sciullo “Stato, Regioni e servizi pubblici locali nella pronuncia n. 272/04 della Consulta”, pubblicato.sulla rivista telematica: lexitalia.it, 7-8/2004. , recentemente, G.Marchi, I servizi pubblici locali tra potestàlegislativa statale e regionale, su Giornale di diritto amministrativo, 1/2005.

[25] ) Il comma 7 dell’art.113 ormai caducato disponeva : “ La gara di cui al comma 5 è indetta nel

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rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e disicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara èaggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e diprestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degliimpianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente commadevono considerarsi integrative delle discipline di settore .”

[26] Con riferimento al quadro normativo antecedente alla L.C.3/2001, cfr, M.Dugato, Le società per lagestione dei servizi pubblici locali, Il ruolo della legge regionale, Ipsoa, 2001, pagg.48 e ss..

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