imitazioni di ceramica egeo-micenea nel bronzo medio a catania?

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TRA LAVA E MARE Contributi all'archaiologhia di Catania Atti del Convegno a cura di Maria Grazia Branciforti e Vincenzo La Rosa Le Nove Muse Editrice

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TRA LAVA E MARE

Contributi all'archaiologhia di Catania

Atti del Convegno

a cura di

Maria Grazia Branciforti e Vincenzo La Rosa

Le Nove Muse Editrice

Tra lava e mare : contributi all'Archaiologhia di Catania : atti del convegno, Catania, ex Monastero dei Benedettini, novembre 2007 / a cura di Maria Grazia Branciforti e VincenzoLa Rosa. - Catania : Le nove muse, 2010.ISBN 978-88-87820-46-11. Zone archeologiche - Catania - Atti di congressi.I. Branciforti, Maria Grazia <1949->. II. La Rosa, Vincenzo <1941->.937.8 CDD-21 SBN Pal0228924

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana "Alberto Bombace"

Progetto grafico e impaginazioneElisa [email protected]

Volume stampato con il contributo di:

Regione SicilianaAssessorato dei Beni Culturali e dell'Identità SicilianaDipartimento dei Beni Culturali e dell'Identità SicilianaServizio per i Beni Archeologici di Catania

Università degli Studi di Catania

Università degli Studi di CataniaFacoltà di Lettere e Filosofia

© 2010 Le Nove Muse Editrice - Tiziana GuerreraVia Sant'Euplio 68, Catania (Italy)tel. 095 2245369 - 095 [email protected]

Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione di testi e fotografie.

Direzione editoriale Ezio Costanzo

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SommArio

Nota dei curatori .....................................................................................................................................

Indirizzo di saluto di E. Iachello..............................................................................................................

Indirizzo di saluto di G. Campo..............................................................................................................

r. CriStofolini, Per una storia delle eruzioni etnee dalla Preistoria al Medioevo ..................................

e.f. CAStAGnino berlinGhieri-C. monACo, Paesaggio costiero e variazioni della linea di costa: nuovi risultati interdisciplinari sul porto di Catania antica ..................................................

f. PriviterA, I disiecta membra delle età più antiche ..........................................................................

S. AGodi, Testimonianze della Tarda Età del Rame dal vano 8 dell'ex monastero dei Benedettini ...........

m. CultrAro, Imitazioni di forme egeo-micenee nel Bronzo medio a Catania? .......................................

d. tAnASi, Gli scavi di Monte San Paolillo e le presenze di tipo miceneo nel territorio di Catania ...........

e. Ciliberto-f. mAnuellA, Analisi tramite spettroscopia FT-IR di un vago d’ambra proveniente dagli scavi di Monte S. Paolillo (CT) ...........................................................................................

m. frASCA, Il periodo protostorico e le prime fasi della colonia .................................................................

A. PAutASSo, Santuari lungo le rotte: per una storicizzazione della stipe votiva di piazza S. Francesco ........................................................................................................

S. AmAri, Importazione e produzione a Κατάνη della ceramica calcidese non figurata .............................

m.G. brAnCiforti, Da Katane a Catina ..........................................................................................

A. mArlettA, L’edificio termale di piazza Dante ..................................................................................

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» 109

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» 259

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f. tomASello, La viabilità suburbana in età imperiale .........................................................................

e. tortoriCi, Ulteriori osservazioni sulla topografia di Catania antica..................................................

A. PAtAné-d.CAlì-d.tAnASi, Indagini archeologiche a Sant’Agata la Vetere e Sant’Agata al Carcere

l. ArCifA, Da Agata al Liotru: la costruzione dell’identità urbana nell’alto medieovo.............................

A. tAorminA, Per una storia della città medievale e rinascimentale..........................................................

G. PAGnAno, Ultra Catinam: il Teatro e il suo quartiere......................................................................

v. lA roSA, Considerazioni conclusive.....................................................................................................

m.G. brAnCiforti-S. rizzA, Per una carta archeologica di Catania.....................................................

p. 289

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» 355

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IMITAZIONI DI CERAMICA EGEO-MICENEA NEL BRONZO MEDIO A CATANIA?

massimo cultraro

La recente revisione dei principali complessi funerari del Bronzo Medio nel comprensorio di Si-racusa (Alberti 2004; id. 2006) offre nuovi spunti di riflessione sul problema della articolazione in-terna della cultura di Thapsos e sulla definizione degli indicatori crono-tipologici sui quali si fonda tale sequenza.

Una prima considerazione riguarda il siste-ma di relazioni tra la ceramica locale e quella di fabbrica egeo-micenea trovata in associazione con la prima.

La questione non è solo di natura cronologica, ma di ordine metodologico: infatti, la presenza di ceramica di importazione all’interno di un com-plesso chiuso non necessariamente si qualifica come un elemento di cross-dating in termini asso-luti. In questa prospettiva è sufficiente richiama-re il quadro emerso dallo studio del sacello del Bronzo Tardo localizzato presso il moderno aeroporto di Amman, in Giordania (hAnkey 1974). I nuovi saggi di scavo e la revisione della stratigrafia hanno permesso di stabilire che l’edi-ficio rimase in uso per un breve periodo duran-te il quale erano stati impiegati vasi di fabbrica egeo-cipriota del TE IIIA2-IIIB1, riferibili alla fase di costruzione del complesso, insieme con altri prodotti di importazione dal Peloponneso che addirittura risalirebbero al TE IIB, risultan-do di fatto più antichi dei primi di almeno cento o cento cinquant’anni (vAn WijnGAArden 2005, pp. 408-410).

Il caso di Amman, ai quali si sono aggiun-ti anche altri esempi sempre dall’area levantina

(vAn WijnGAArden 2005, pp. 410-412), invita ad una certa prudenza nel costruire facili e mec-canici sincronismi, soprattutto quando uno dei due elementi chiamati in causa è la ceramica egeo-micenea che, al di fuori del suo luogo di produzione e distribuzione, potrebbe essere ri-masta in uso per lunghi periodi in quanto bene esotico. Nel caso specifico del contesto siciliano e, in particolare nell’insediamento di Thapsos, è opportuno sottolineare che manca ancora oggi una correlazione tra la sequenza interna della necropoli e le serie stratigrafiche proposte per l’abitato: una griglia di riferimento aiuterebbe a comprendere in una visione più ampia i mec-canismi di circolazione e i processi di durata della ceramica d’importazione egea, in linea con quanto è stato ricostruito per alcuni importan-ti siti dell’Italia meridionale (Alberti-bettelli 2005, spec. pp. 547-548).

Mettendo da parte, pertanto, il problema della costruzione di una cronologia relativa, che richiede altri parametri di verifica, uno degli elementi di un certo interesse emerso dalla rilettura delle ne-cropoli siracusane è certamente quello dell’origi-ne allogena di alcuni dei principali tipi che com-pongono l’articolato repertorio della cultura di Thapsos.

Il problema era stato sollevato anni addietro da W. Taylour (tAylour 1958, pp. 74-75) nel suo lavoro sui materiali micenei nel Mediterraneo occidentale, in piena sintonia con certe interpre-tazioni proposte, negli stessi anni, da L. Bernabò Brea sulla presunta matrice egea di alcuni manu-

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con becco a crivello destinato a diventare una delle fogge più popolari nell’ambito del reperto-rio ceramico del Bronzo Recente e Finale sicilia-no (CultrAro 2006).

Un nuovo contributo in tale direzione è of-ferto dalla revisione di un deposito di cerami-che raccolto casualmente agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso nel centro storico di Catania e in seguito trasferito nei magazzini del Museo di Adrano. Non si conosce con precisione l’area di rinvenimento, per la quale possediamo solo la generica indicazione di alcune strade urbane (Via Ardizzone e Via S. Maddalena), localizzate sul versante sud-occidentale della collina dell’ex monastero dei Benedettini. Tra i materiali di quest’area (PriviterA, in questo volume), figura un gruppo di ceramiche riferibili alla cultura di Thapsos; in particolare, si segnala la porzione di vasca e parete pertinente ad una forma aperta che, per le caratteristiche morfologiche, merita uno specifico approfondimento.

Frammento di forma aperta, vasca a calotta, orlo svasato, profilo lievemente concavo raccordato alla vasca mediante un carena poco accentuata. Superfi-cie lisciata e lustrata, color grigio dai riflessi argentei. Impasto grigio, ben cotto, con piccoli inclusi bianchi e vulcanici. Modellata al tornio (?).Dimensioni: h. 4 cm.; lg. 3 cm; diam. ricostruito 13,5 cm. (fig. 1).

Per un più corretto inquadramento del re-perto, occorre formulare alcune osservazioni di carattere generale sulle tecniche di manifattura e dell’esecuzione. Dal punto di vista del tratta-mento della superficie non sembrano esistere ostacoli nel collocare il frammento in oggetto nell’ambito della tradizione ceramica del Bron-zo Medio siciliano: sulla parete esterna si notano alcune leggere striature oblique probabilmente ottenute dall’azione di levigatura (polishing) tesa a regolarizzare le superfici del vaso a pareti umide, mediante un fascio di fibre vegetali o un panno.

Questa tecnica di politura e il particolare co-lore grigio dai riflessi argentei sulla superficie si addicono coerentemente alla produzione della ceramica di Thapsos della Sicilia orientale: que-ste ultime, infatti, appaiono profondamente di-

fatti siciliani del Bronzo Antico (bernAbò breA 1958, pp. 109-110). Il caso della cultura di Thap-sos risulta ancora più interessante perché offre l’opportunità di mettere in relazione, all’interno di un articolato ordine di livelli, lo sviluppo del-la ceramica locale con il repertorio dei prodotti egeo-micenei di importazione.

Se per alcune fogge vascolari, quali ad esem-pio la pisside globulare su piede, è possibile rilevare la sopravvivenza di elementi più anti-chi risalenti all’età del Bronzo Antico (Alber-ti 2004, pp. 108-109, tav. IV.11), per altri tipi è lecito supporre la derivazione da modelli del repertorio egeo-miceneo. In particolare, mi rife-risco alla brocca a corpo globoso schiacciato e collo distinto, presente nella tomba D di Thap-sos, per la quale i confronti con esemplari della forma Furumark 25 (small globular jug/FS 114) dal Peloponneso e da Rodi depongono a favore di un’imitazione locale (Alberti 2004, pp. 128-129, tav. IX,7). Altre possibili imitazioni in loco riguardano il tipo della ciotola su piede ad anello e ansa a piastra bifida, presente nelle necropoli di Thapsos e Cozzo del Pantano (Siracusa), foggia per la quale sono stati evocati convincenti con-fronti nell’ambito della classe Base Ring I di Cipro (Alberti 2005, pp. 344-345, tav. LXXIV, 1-2).

Queste proposte di lettura offrono elementi di assoluta novità e consentono di identificare i principali elementi caratterizzanti che qualifica-no il repertorio ceramico della cultura di Thap-sos: esisterebbe uno solido sostrato derivato dalle culture del Bronzo Antico, in particolare quella di Castelluccio (CultrAro 1999), sostra-to sul quale si innesterebbe anche l’eredità delle ceramiche grigie della classe Rodì-Tindari-Valle-lunga, tema sul quale L. Bernabò Brea aveva in-sistito nel tracciare gli antecedenti dell’orizzonte di Thapsos (bernAbò breA 1990, p. 20). Su que-sto livello locale si sarebbe sviluppato un secon-do nucleo, che prende origine dalla circolazione delle ceramiche egeo-micenee e che, a sua vol-ta, avrebbe innescato meccanismi di ricezione e riproduzione in loco di fogge vascolari estranee al patrimonio culturale isolano (lA roSA 2004, pp. 24-26). Uno dei casi più illuminanti è quello dell’assimilazione e trasformazione della forma Furumark 51 (FS 195), da cui deriverà l’askòs

Massimo Cultraro

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visto di un qualche elemento di presa, mentre il leggero rigonfiamento nella parte inferiore della vasca potrebbe concordare con la presenza di un piede a basso anello o, comunque, di una base sagomata (fig. 1).

L’insieme di queste caratteristiche formali, allo stato attuale della documentazione, risul-terebbe privo di confronti nel vasto panorama del repertorio vascolare della cultura di Thapsos. Nella tomba 48 della necropoli eponima è docu-mentata una varietà a vasca alquanto globulare con alto colletto distinto (orSi 1895, col. 127, fig. 39 in alto) (fig. 2.2). Anche l’esemplare dalla tomba 1 di Molinello di Augusta (orSi 1902, p. 415, fig. 4, destra) (fig. 2.1) sembra discostarsi per il profilo a vasca troncoconica e per l’orlo che, in questo caso, appare rigido e rientrante.

Il frammento di Catania, inoltre, non pre-senta alcuna decorazione a fasci di linee incise e, nonostante la modesta estensione della parete superstite, non ritengo che la vasca esterna fos-se provvista di decorazione, perché gli esemplari integri dalle necropoli siracusane presentano un sistema a linee oblique esteso sull’intera superfi-cie esterna, dal colletto alla base (fig. 2.2).

Più in generale possiamo affermare che nei principali complessi del Bronzo Medio siciliano, sia in ambito domestico che funerario, emerge-rebbe una certa variabilità morfologica e morfo-metrica del tipo della tazza o ciotola a vasca fon-da: nei siti della regione siracusane e, in generale

verse da quelle della successiva fase del Bronzo Recente, dove dominano colori maggiormente tendenti al rosso-camoscio, ottenuti con siste-mi e temperatura di cottura differenti da quel-li impiegati nella realizzazione delle ceramiche grigie. Nel caso del frammento da Catania, l’as-senza di variazioni cromatiche sulla superficie e la colorazione omogenea dello spessore interno depongono a favore di un certo livello tecno-logico nell’esecuzione e nella cottura, che pre-vede l’impiego di forni chiusi con temperature non inferiori a 900°C. Mi pare utile ricordare che queste caratteristiche si ritrovano in altre produ-zioni del Bronzo Medio dell’Italia meridionale (CinquePAlmi et al. 2003).

Dal punto di vista della foggiatura, lo spes-sore uniforme del vaso e la regolarità del rac-cordo della vasca mediante una breve carena la-sciano intuire che il prodotto ceramico sia stato eseguito a mano e successivamente regolarizzato mediante l’impiego della ruota. Questo sistema di foggiatura risulta pienamente coerente con il quadro emerso da un recente studio sulle ce-ramiche dall’insediamento dell’età del Bronzo Medio presso Monte San Paolillo-Canalicchio a Nord di Catania, dove è stato riscontrato l’im-piego di manufatti realizzati a mano e rifiniti al tornio (tAnASi 2008, p. 71, fig. 55a).

Per quel che riguarda gli aspetti tipologico-formali, le dimensioni ridotte del frammento non permettono di stabilire se il vaso fosse prov-

Imitazioni di ceramica egeo-micenea nel Bronzo Medio a Catania?

Fig. 1. Catania. Frammento di tazza a calotta, dal versante sud-occidentale della collina dell’ex monastero dei Benedettini.

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nella Sicilia orientale, sembra dominare il tipo a vasca troncoconica oppure emisferica, con lab-bro non distinto e ansa a piastra sormontante (AdAmo et al. 1999, fig. 7, 158-161; fig. 8, 162-164). Anche in area agrigentina (Madre Chiesa, Licata) domina una certa variabilità morfologica, che comprende il tipo a vasca emisferica e quello a profilo dritto, generalmente privo di elementi di presa (CAStellAnA 2000, p. 74, fig. 8b; p. 100, fig. 32).

Alla luce di queste considerazioni, l’esame delle caratteristiche morfologiche della tazza ca-tanese porta a concludere che siamo in presenza di un tipo che, allo stato attuale della documen-tazione, non avrebbe confronti nel repertorio tipologico del Bronzo Medio siciliano. Dobbia-mo, pertanto, estendere la nostra indagine ad al-tri ambiti culturali extra-insulari.

Il marcato arrotondamento dell’orlo estro-flesso e l’accenno ad una carena sono elementi che ricorrono in una specifica classe di ciotole carenate, in argilla grigia tornita, diffuse in con-testi del Bronzo Recente 1 della Sibaritide. Gli esemplari da Broglio di Trebisacce (berGonzi-CArdArelli 1982A, p. 52, tav. 9.3; berGonzi-CArdArelli 1982b, p. 28, tav. 7.11) (fig. 3.1-3), a cui si aggiungono anche le ciotole da Torre Mordillo (ArAnCio et al. 2004, p. 182, fig. 3 in alto a destra), indicano che siamo in presenza di una varietà vascolare di fattura specializzata che rappresentava, anche se in misura minore rispet-to alla tazza con ansa a nastro o a bastoncello sopraelevato, uno degli elementi costitutivi del servizio da banchetto (CAStAGnA 2004, fig. 2).

È un dato saldamente acquisito che la pro-

duzione della ceramica grigia tornita, nota in let-teratura come ‘pseudominia’ e diffusa in contesti del Bronzo Recente dell’Italia meridionale, abbia strette affinità, morfologiche e tipologiche, con le produzioni egeo-micenee, pur risultando in-teramente fabbricata sul posto (bettelli 2002, pp. 72-95).

Nel caso specifico del repertorio vascolare del Bronzo Recente della Sibaritide, la varietà con orlo svasato e vasca poco fonda con breve accenno di carena richiede un maggiore appro-fondimento in virtù di una sua apparente anoma-lia nel sistema classificatorio. Il tipo, infatti, da un lato rientrerebbe genericamente nell’ambito della vasta famiglia delle ciotole carenate d’impa-sto fine diffuse in Italia meridionale nel corso del Bronzo Recente, dall’altro, appartenendo ad una produzione specializzata di chiara ispirazione egea, potrebbe invece tradire un’origine esotica. Infatti, ad un più attento esame degli esemplari della Sibaritide, emerge che le principali carat-teristiche strutturali della forma, quali la vasca a calotta poco profonda, la base sagomata, il legge-ro accenno di carena, sono i principali elementi formali che contraddistinguono l’ampia famiglia della ring-handled cup FS 237-238. Diffusa prin-cipalmente nella Grecia continentale nel corso del TE IIIA2-B1 (mountjoy 1999, pp. 383-385 e 412), sembra registrare una particolare popola-rità nelle regioni nord-occidentali del Pelopon-neso, in particolare in Acaia e in Elide (PAPA-doPouloS 1979, pp.119-121, fig. 270) (fig. 4.1-2).

Nelle produzioni del TE IIIA2 di questo comprensorio, le tazze di questa foggia posso-no essere ricondotte a due principali varietà,

Massimo Cultraro

Fig. 2. Tazze a vasca fonda da contesti della cultura di Thapsos: 1. dalla tomba 1 di Molinello di Augusta (da orSi 1902); 2. dalla tomba 48 di Thapsos (da orSi 1895).

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do non solo gli aspetti morfologici (vasca poco profonda, profilo con accenno di carena, ansa sormontante ad anello), ma anche quelli tecnico-formali.

Se questa proposta di correlazione cogliesse nel segno, potremmo concludere che un sotti-le filo rosso sembra legare una varietà di tazza nella classe grigia tornita della Calabria ionica, l’esemplare dall’acropoli di Catania e la classe delle ring-handled cups FS 237-238 della Grecia continentale.

La serie di considerazioni che sono state appena esposte potrebbe indurre ad ulteriori speculazioni, prima fra tutte quelle riguardanti il rapporto, nell’ambito della produzione siciliana

una con accenno di carena e labbro everso (fig. 4.1), l’altra a vasca più globosa e colletto meno distinto (fig. 4.2). La prima varietà è quella più vicina sul piano formale all’esemplare catanese e a quelli nella classe grigia tornita dell’Italia meri-dionale, mentre la seconda richiama in maniera sorprendente la tazza dalla tomba 48 di Thapsos menzionata in precedenza (fig. 2.2). Mi sembra di un certo interesse sottolineare che le tazze dall’Acaia, nelle due varietà descritte, sono in ge-nere acrome e rivestite di un leggero ingobbio di argilla chiara, mentre raramente risultano di-pinte. Le convergenze, dunque, tra le produzioni del Peloponneso e quelle dell’Italia meridionale e Sicilia sarebbero assai stringenti, coinvolgen-

Imitazioni di ceramica egeo-micenea nel Bronzo Medio a Catania?

Fig. 3. Broglio di Trebisacce (Cosenza): tazze a vasca fonda nella classe grigia tornita (da berGonzi-CArdArelli 1982 A-b), scala 1:2.

Fig. 4. Esempi di ring-handled cups FS 237-238 dal Peloponneso nord-occidentale (da PAPAdoPouloS 1979), non in scala.

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del Bronzo Medio e Recente, tra le ceramiche indigene d’impasto e le produzioni specializza-te di derivazione egea. La recente definizione, sulla base di indagini archeometriche, di una classe italo-micenea (joneS-levi-bettelli 2005, pp. 540-541) presente tra le produzioni un tem-po ritenute di importazione egea, è un dato di grande rilevanza perché permette di allineare l’artigianato siciliano con le altre grandi attività produttive dell’Italia meridionale, all’interno di quel complesso processo di osmosi, di scambio di informazioni e forse anche di circolazione di specialisti itineranti che impiegavano modelli e tecnologie di origine elladica (d’AGAtA 2000; tAnASi 2005).

Pur in assenza di specifiche analisi di labo-ratorio, i termini della questione risultano salda-mente definiti in una prospettiva archeologica: il sospetto è che una tale osmosi tra artigiani locali e coloro che si servivano di tecnologie specializ-zate possa andare al di là della semplice e mec-canica imitazione di fogge vascolari mutuate dal repertorio ceramico della Grecia micenea.

Il frammento proveniente dall’acropoli di Catania pone in termini molto chiari la possibili-tà che sia esistita nella Sicilia del Bronzo Medio e Recente una classe di ceramiche grigie rifinite al tornio che si affiancherebbe a quella delle dipin-te egeo-micenee. L’esemplare siciliano, tuttavia, si discosta dalle produzioni tornite della Calabria per il notevole spessore della parete, che riman-derebbe piuttosto alla tradizione figulina del Bronzo Medio siciliano. I contatti tra le due aree sono documentati dall’evidenza archeologica, ma richiedono un approfondimento, anche alla luce del problema sollevato dalla circolazione a vasto raggio di pithoi con decorazione a linee ondulate (vAGnetti 2003).

Non ci sono dunque, al momento, elementi tali da giustificare la presenza, nell’ambito della fase di Thapsos, di una produzione di ceramiche grigie tornite che potrebbe in qualche maniera essere accostata a quella della Sibaritide. Con-tatti diretti o mediati tra le due aree nel corso del Bronzo Medio e Recente sono certamente esistiti, ma devono essere meglio chiariti nelle dinamiche interne e nei tempi di sviluppo.

Restano ancora aperti numerosi problemi, primo tra tutti quello della definizione dei cen-tri di produzione, da cui si muovevano artigiani specializzati nella manifattura di grandi conte-nitori per alimenti con decorazione a cordoni, accostabili ai tipi documentati nella Calabria ionica. La recente segnalazione di esemplari di questa classe nel villaggio di Portella, nell’isola di Salina, in un contesto della cultura del Milazzese e in associazione con importazioni di ceramica egeo-micenea (levi-joneS 2005, pp. 259-260), rafforza la ricostruzione di questo vasto circui-to commerciale e, al tempo stesso, inviterebbe a togliere dall’isolamento un gruppo di frammen-ti pertinenti a pithoi di questa classe recuperati anni addietro a Monte di Giove, presso Capo Tindari, e per lungo tempo negletti nella lette-ratura paletnologica locale (villAri 1981, p. 30, fig. 5g.).

Se è vero che tra i pithoi cordonati del sito di Monte San Paolillo a Nord di Catania, nel quale è segnalato anche un frammento di fabbrica egeo-micenea (tAnASi 2008, p. 32; tAnASi, in questo volume), è possibile riconoscere fogge vascolari specializzate, il manufatto dalla collina dei Be-nedettini di Catania non risulterebbe pertanto isolato, offrendo un ulteriore contributo al tema della frequentazione della costa ionica dell’isola da parte di genti elladiche.

Massimo Cultraro

Desidero esprimere un sentito ringraziamento alla dott.ssa M.G. Branciforti per avermi concesso di esaminare e studiare il materiale in oggetto ed aver voluto ospitare, insieme con il prof. V. La Rosa, il presente contributo negli Atti del convegno. Ringrazio anche i dott. F. Privitera e G. Alberti per i proficui scambi di opinione, mentre alla dott.ssa G. Lamagna va un gradito pensiero per le age-volazioni nello studio dei reperti conservati nel Museo di Adrano. Il disegno e la foto 1 sono stati rielaborati dai sigg. O. Pulvirenti e G. Fragalà del CNR-IBAM, Catania.

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BIBLIOGRAFIA

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CultrAro 2006 m. CultrAro, L’askòs a collo cilindrico nel repertorio vascolare del Bronzo Recente e Finale siciliano: origine della forma e articolazione crono-tipologi-ca, in Studi in onore di Renato Peroni, Firenze 2006, pp. 365-371.

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Massimo Cultraro

Finito di stampare nel mese di settembre 2010per conto de Le Nove Muse Editrice di Catania

presso lo stabilimento tipografico Priulla s.r.l. di Palermo