appunti sulla crisi del v secolo

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STUDI E MATERIALI DI STORIA DELLE RELIGIOI\I pubblicati dal Dipartimento di Srudi storico-religiosi dell Università di Rorna "La Sapienza, Anno 1995 o n.s. XlX,2 vol .67" dalla fondazione JAPADRE EDITORE I,:AQUILA - ROMA . .,ut.satÈtfn., . .-

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STUDI E MATERIALI DI

STORIA DELLE RELIGIOI\I

pubblicati dal Dipartimento di Srudi storico-religiosidell Università di Rorna "La Sapienza,

Anno 1995o

n.s. XlX,2

vol .67"dalla fondazione

JAPADRE EDITOREI,:AQUILA - ROMA

. .,ut.satÈtfn., . .-

APPUNTI SULLA CRISIDEL V SECOLO

Claudia Santi

7. Premessa

Un drastico mutamento di costume, maturato all'interno dellasocietà romana alla fine del VI e nel corso del V sec. a.C., si vadelineando sulla base dell'analisi del fenomeno della cd. sparizionedel corredo funebre nelle tombe latine di eta protorepubblicana, sulquale Colonna per primo ha richiamato l'attenzione degli studiosi t.

All'evidenza dei documenti archeologici sembra contrapporsi il si-lenzio della tradizione letteraria; ciò nonostante, la prégnanza deldato suggerisce la possibilità di collocarlo all'interno di un quadrocomplessivo coerente, per colmare così alcune reticenze e lacunedelle nostre fonti.

2. Le tombe latine del W e V secolo a.C.

A partire dalla seconda metà del VI a.C., la documentazionearcheologica testimonia, nelle tombe di area latina, una progressivariduzione della quantit4 di oggetti, di lusso o di uso quotidiano, de-posti in omaggio al defunto. Nel corso del secolo successivo la ten-denza grà in atto si accentua, tanto da provocare una totale spa-rizione del corredo funerario, mentre solo dalla seconda meta dellV secolo si assiste ad una ripresa di questo uso t.

_ La povertà delle sepolture latine del VI-V secolo segna unafrattura sia sul piano diacronico rispetto alla ricchezza degli arredidelle necropoli di "età regia", sia su quello sincronico rispetto alIusso funerario documentato in altre aree limitrofe, ad es. nella Sa-bina a. Per quanto riguarda I'Etruria, il quadro si presenta più ar-

'CoLoNNA 1977; Cor,omn 1981.

' Cor,orvna 19?7, 155-6.t Cfr. Colorwe 1981, 231, n. 9; per la necropoli di Colle del Forno, cfr. Sermo-

no 1977, ZLl sgg.

296 ùe::i - craud,ia santi

.nere-spese che si ritengono eccessive. Ora neanché in questo sen-'so

si pàhebbero definiré suntuarie le norme ?ttribuite a Numa, dalmomànb che secondo la tradizione egli fu il primo a dare un as-getto alla materia religiosa; dunque anche la presenza dt -lnqe-àienti rituali poco costosi nella celèbrazione dei sacrifrci, che le fon-ti fanno risalire a Numa (Plut. Num- 8, 15), non ha carattere sun-tuario, ma è da porsi in relazione con I'ideale di austerita e di par-simonia con cui l'annalistica forgiò la figura del re-legislatore, non-ché I'immagine del "Sabino frugale" ro, in contrapposizione al "Sa-bino opulenlo" rappresentato da Îitus Tatius 17.

Dí una regolamentazione dei riti funebri introdotta in epoca

serviana non àsiste traccia nella nostra documentazione. Ciò nondi meno essa viene postulata da più parti 18, sulla base di un ar-gomento analogico e cronologico al tempg ttgso che po_ggia sul pa-

iallelismo conle vicende della Grecia del VI secolo. In tale pro-spettiva, il carattere "tirannico" (in senso greco) che_spesrso viene.it"iUoi[o al regno di Servius Tullus e l'epoca a cui data la spari-zione del corredo offrirebbeto gataazia sufiiciente (a giudizio di ta-luni studiosi) per ipotizzate per Roma uno svolgimento simile aquello della Grecia, dove è dòcumentata un'attivifi legislativa diúranni e di nomoteti volta a limitare il lusso Oryphe) in ogni sua

manifestazione ". Ma, lo ripetiamo, al di là di questa coincidenzatemporale e della pretesa.analogia formale, nes.cuna testimonian-za avvalora questa supposizione. Inoltre' come ha rilevato Pallot-tino, un sistéma coeréitivo di leggi suntuarie non sarebbe suffi-cienie comunque a spiegare "la rapida scomparsa dei grandi equi-

" Le fonti, nel caratterizzarela figura del re, mostrano una tendenza univoca

ad associare in lui parsimonia e moralita, due quahta strettamente solidali spesso

i"aiot" come p"oprie dei Sabini: Numa è infatti o1rglnalo di Cures (Liv. 1, 18, 1;yetg. Aen. g, egg; oion. Hal. 2, 58, 3; Plut. Num. 3,6), dove era divenuto noto perf" rír."gg"!rza (Liv. 1, 18, l)'ragginnta anche attraverso la p:atica della mortifr-;;rl;;raFftt. Num.3,'?); aveva-lanaito dalla sua casa ogni lusso e sfarzo (Plut'Num. 3,'8) ed aveva inizialmente rifiutato il trono di Roma (Plut. Num. 5, -4-8;-óio".

lth. 2, 60,l,-2); divenuto re, Numa continuava a vivere in una casa arredatai" Àoà" moóesb (Dion. Hal. 2, 60, 6) e non disdegnava di presentare ai suoi ospi-

li* po""o molto semplice (Piut. Nurn.15,,2); per guesll igmagine di Numa "Sa-bino frugale", cfr. MoNTAt'nu 1990, 56-61; Sewn-1993'-62'6q.

'I Sabini di T. îatius sono deecritti come chrysophoroi = "portatori d'oro" da

Fabio Pittore (frs. 8 Peter) e da Cincio Alimento (frg. 20 Peter); per una lettura deiprotteuri cotttte"ii alla rappresentaziole dei Sabini, cfr' Morurvaru 1990, 56'58; perquesti problemi, cfr' anche Saxtt 1993, 5l'72.'

" iot oNxl 19?7, 15&161; Cor,orNe 1981, 229; Auporo 1984' 80 sgg; contro,

Conoexo 1980, 18?-188: lo studio condotto dalla studiosa su vasi e--pinahes cot

"app"esentazione pittorica delle varie fagi del funerale provenienti dalle tombe gre-

;Étllap.;" a".ài.a escluderebbe che la riforma suntuaria ateniese nella forura

in cui ci è nota possa risalire all'eta soloniana; il materiale archeologico indiche-rebbe piuttosto càme Solone awebbe dato solo I'awio a questo processo, perfezio-

nato in seguito probabilmentc all'epoca di Pisistrato.

" per il conètto ùr tryphé, cfr. Musrr 1981, 54-55; NeNfl 1983, 1019-1031.

Appunti sullo crisi del V secolo 297

paggiamenti tombali oltre che a Roma praticamente in tutto il La-zio." 20. Acquista quindi consistenza la possibilità che alla base del-l'eliminazione del corredo funerario non vi siano stati prowedi-menti legislativi (introdotti solo in un'epoca successiva (vd. infro));a sostegno di una tale ipotesi, accanto al già espresso argomentoex silentio, si possono affiancare alcune considerazioni riguardantila legislazione decemvirale (metà del V sec. a. C.), e in particolarela X tavola, che, come è noto, regolamentava diversi aspetti relativiallo svolgimento del funerale ed alle caratteristiche del sepolcro.

4. Le nonne suntuarie delle XII Tauole

Il dettato della X Tavola, noto per fnrstoli soprattutto attra-verso il dialogo ciceroniano de legibas (Cic. dc leg. 2, 59-6t), è sta-to ricostruito per quanto possibile, e coilrmentato in modo siste-matico ed esauriente da Ampolo 21: alla sua lettura rimandiamo perquanto concerne il contenuto della Tavola, limitandoci in questasede a proporre alcuni spunti di riflessione in merito al valore del-le norme suntuarie decemvirali ed al clima culturale entro cui ma-turarono.

E' stato giustamente ossenrato 2 che la X tavola ridimensionòsoprattutto gli elementi del culto esposti aI pubblíco come la la-mentazione, la cd. doppia sepoltura, la deposizione nel sepolcro dimonili d'oro o di oggetti di lusso che non derivassero da vittoriemilitari o agonistiche, e da ultimo, le misure delle tombe 23.

Se "carattere proprio delle leggr che intendono correggere lapubblica moralità è quello di cadere presto in disuso perché con-tro la coercizione della legge opera insensibilmente ma di continuola forua delle cose e del costume" %, bisogna riconoscere che la X

o Plr,r,o,rtrro 1993, 331-332; controverso è il ruolo degli Equi e dei Volsci nelquadro delle relazioni tra Roma e I'Italia antica: DEvoto, 1987a )Oil/-)O(\II, pro-pende per attribuire in toto alla discesa dei Volsci la responsabilita del diradareidei contatti tra Boma e la Campania, laddove al contrario per Slratrucct 1975,31-39 e 72, Volsci ed Equi, nell'annalistica, sembrano esistere piuttosto come tra-sposizione esterna dei dissidi interni a Roma tra patrizi e plebei; per le diffrcolÈdi ricostruire la storia esterna di Roma in questo periodo, cfr. Gurvxstl,t 19766, 182.

2r ArvFoLo 1984, 80-92.t Aupor,o 1984, 86.a Qic. d.e leg. 2, 59: Iam cetera in XII minuendi sumptus sunt lamentationísque

funebris (...).'Hoc plus', in4uit;' ne faeito. Rogum oscea ne polito'. (...) Extenuato igi-tur sumptu tribus reciniis et tunbuln purpunea et decem tibicinibus, tollit etiom lo-mentationem (...).; Cic. de leg. 2, 60:- 'Homini' inquit'mortuo ne ossa legito quoi pos

funus faciat' (...)'Seruilis unctura tollitur omnisque circumpotatio.' (...)'Ne sump-tuoso respersio, re longae coronoe, ne acerree (...)'neue aurutn oddito'L) At cuiauro dentes iuncti escunt, ost im cum illo sepeli.et uretue, se fraude esta.'; Cic. dcleg. 2,6L: Duaz sunt praetered leges de sepulcris ...

il Savro 1940, 194.

298 Claudia Sonti

Tavola riuscì ad eludere per cilqa un secolo questo destino. InfattiI'archeologia ci ha dato prova ndn solo di una generale accettazionedella norma decemvirale, ma anche di una significativa eccezionerappresentata dalla cd. tomba del Gue-ryiero a Lanuvio (V sec. a.C.)dove il defunto è stato sepolto con I'arúatura s, secondo un uso cherisulta specificamente ammesso nelle XII Tavole (Cic. de leg. 2,60).

Questa constatazione sembra fornire un ulteriore argomentoper negare all'origine un intervento impositivo della legge: infattise il costume è risultato così diffirsamente adottato, che senso aweb-be avuto da parte dei decemviri tornare su di una materia già di-sciplinata e intervenire su di un terreno ove, almeno per quanto ènei nostri dati, non sembra si siano registrate violazioni?

Anche un motivo staremmo per dire ontologico, dato dalla spe-cificità della materia regolnmentata che è di ambito religioso-sacrale,suggerisce di postulare I'azione preparatoria di un orientamentoideologico preesistente sul quale si sarebbe innestato, a mo' di ra-tifica, il dispositivo coercitivo della legge: in altri termini, trattan-dosi di un prowedimento in materia religiosa, campo colservativoquant'altri mai, riteniamo che la X Tavola non abbia avuto alcunantecedente legislativo, ma abbia assecondato una tendenza già af-fermatasi all'interno della società romana 26, superando le eventualiresistenze, rappresentate forse dagli esponenti delle etnie etruscae sabina presenti nel territorio latino.

Dal commento ciceroniano alle norrne decemvirali pochi sonogli elementi che sembrano potersi ricavare oltre all'indicazione diuna coincidenza tra le disposizioni delle XII Tavole e le leggi diSolone ad Atene (Cic. de leg. 2, 59: Iam cetera in XII minuendísumptus sunt larnentationisque funebrís, translata de Solonis ferelegibus), che ha sollevato e continua a sollevare parecchie discus-sioni tt. Senza addentrarci nel problema, vorremmo al contrario ri-chiamare I'attenzione sul passaggio in cui Cicerone è sembrato of-frire un'interpretazione in una certa misura democratica del det-tato della X Tavola 8. Ecco come si esprime: HAEC (scl le normerelative al trasporto funebre) LAUDABILIA ET LOCUPLETIBUSFERE CUM PLEBE COMMUNIA. Quod quidem rnaxime e naturaest, tolli fortunoe diserimen in morte. (Cic. .de leg. 2,59). It richia-mo al carattere naturale della legge, tipico delle discussioni del Isecolo a.C. influenzate dalla speculazione filosofrca, non è di per sè

indicativo del clima di un'epoca. Al contrario, di maggiore interes-

5 Cfr. ColonrNa 19?7, 150-155; Cot ottxe 1981, 230; Aueor,o 1984, 89.r Color.rxa 1981, 230-231.n Per una eintesi del problema, dr. la bibliografia ragionata in GasM 1966, 169

n. 1, dove si trova anche formulata l'ipotesi che un confronto fra norme funerariesoloniane e delle XII Tavole fosse sviluppato gia da Aristotele (fr. 604 Rose); tra glistudi più recenti, Ducos L978, g7-4L e ConoeNo 1980, 187-188 e n.7.

4 Aupor,o 1984, 86-87.

Appunti sullo crisi del Y secolo DOO

se appare la scelta lessicale operata dall'autore con l'uso della me-tafoià locupletes contrapposta a plebs. Occorrera, infatti, ricordarecome Devoto abbia proposto di affiancare la metafora locuples ="pieno di terra" e quindi "ricco o', àd un primo nucleo di termini

- individuato da Marouzeau 30

- da datarsi al V seeolo (vd- infro)che a suo giudizio starebbero ad indicare un riflesso a livello lin-guistico dell'arricchimento degli ideali rustici, come conseguenzaàeila presa di potere da parte delle classi legate ad interessi fon-diari. Potrebbe quindi non essere casuale I'utilizzo del termine lo'cuples al posto del più generico díues, dal momento che Cicerone(o-la sua lonte) awebbe avuto modo così di alludere ad una fasesociale in cui la ricchezza era costituita esclusivamente dal pos-

sesso della terra. Non sembra tuttavia, a nostro giudizio, che Ci-cerone fornisca un'interpretazione "democratica" delle norme de-cemvirali, bensì che si limiti a constatare un'uniformità di costu-me al vertice come alla base della piramide sociale, uniformita chel'autore ritiene lodevole (ma a cui non si conforma: cfr. le grandimanifestazioni di lutto per la morte della figlia, Cic. ad Att. t2,18, 1). Se non siamo di fronte ad una semplice laudatio tetnporisocúi, possiamo ipotizzare che Cicerone avesse preSente un commentoove ancora si sarebbe mantenuto il ricordo del motivo "ideologico"che sosteneva, per così dire, questo movimento d'opinione.

5. Rispond.enee pitagoriche

Nulla sappiamo quindi riguardo la fase che ha preceduto lastesura delle XII Tavole; per colmare questo vuoto gli studiosi sisono rivolti al confronto con la legislazione suntuaria di Ateng (come

accenna Cicerone le norme erano "quasi tradotte da quelle di So-lone", Cic. de leg. 2, 59: Iarn cetera ín frI minuendi surnptus suntIarnentationisque funebris, translata d.e Solonis fere legibus) o dialtre città della Grecia arcaica 31. Il filone è stato gia ampiamentetrattato e non sarà il caso in questa sede di tornare sull'argomen-to; è nostra intenzione al contrario indagare sull'eventuale rapportocon ciffia italiote o siceliote. I primi fi:utti documentati di questerelazioni si hanno in epoca successiva a quella che stiamo qui esa-minando; ciò nonostante non si può dubitare che legami e relazioni

P Duvoro 1987, 101.s Manouznlu 1941, ?0; alcuni esempi: dc.lírere è "uscire dal solco" (lira); prae'

uaricari è "fare un solco storto" (uarus); il riualis è il "proprietario abitante lungonn corso d'acqua al quale si disputa l'acqua del rivo"; robur -- "quercia' indica an-che la "îotza\ il concetto di eccellenza è espresso con I'aggettivo e-gregius "trattodal gregge"; filius in latino definisce il "figlio", mentre in gmbry definisce il "maia-linol ii termine laztamen appare formato dalla stessa radice di laet-us'

3'AMPoLo 1981, 92-98.

300 Claudia Santi

risalissero ad un'eta ben anteriore. La successiva ricostruzione pro-postaci dalla vulgata hp. spesso.obliato il ricordo di tali contatti,nell'evidente sforzo "di superare la cerchia italiota e di riallacciarsialle citta del'Ellade, ad Atene con Solone ed a Sparta con Licur-go"'. Ineludibile è, in questo ambito, la valutazione del ruolo diCicerone: egli da una paÉe, come abbiamo visto, r.el de legibus ac-credita un'ascendenza soloniana per le indicazioni suntuarie dellaX Tavola, dall'altra, nelle Tuseulanae afferna una diretta influen-za di Pitagora sulle leggi repubblicane (Cic. Tusc. 4, L-Z).

Questa influenza pitagorica, difticile da rinvenire tra I'altro perl'assenza di testimonianze organiche, contrappone un centro di ir-radiazione magno-greco ad uno greco-continentale. Il primo ci sem-bra in grado di esercitare un'attrazione maggiore su Roma, non so-1o per la vicinanza geogîafìca, ma anche per le specifiche dinamicheche si ebbero nell'arco di tempo che stiamo esaminando. Infatti unsingolare sincronismo lega le vicende di Roma e di Sibari: mentrea Roma veniva instaurata la res publica, nella Magna Graecia siconsumava la completa disfatta e distruzione di Sibari ad opera diCrotone (Diod. 11, 90); e non è pensabile che l'eco di quella di-struzione non sia giunta a Roma s.

Lo scontro assunse un valore "ideologico", dal momento che al-la fine del VI secolo a.C. Crotone rappîesentava il maggior centrodel pitagorismo, mentre Sibari, insieme con gli Ioni e gli Etruschi,faceva parte di quella che è stata efficacemente definita una sor-ta di "Internazionale dei popoli rammolliti" 30. La notizia secondocui l'atleta pitagorico Milone di Crotone, rivestiti i panni di He-rakles, si sarebbe posto alla grrida dei suoi concittadini nell'assal-to a Sibari (Diod. L2, 9,2), testimonia il valore fortemente simbo-lico che tale scontro poteva assumere fin dalle sue origini. Fu pro-prio la tryphé dei Sibariti ad essere combattuta da Crotone e daiPitagorici, poiché a Pitagora si doveva, secondo la tradizione, la ri-generazione dei costumi di Crotone (îrog. Just. 20, 4,1-2). C'è in-fine ehi ha creduto di poter rinvenire nelle analogie tra le vicendepolitiche di Samo e di Sibari la prova del fatto che il topos dellatryphé avesse in origine una connotazione pitagorica 36. Se Diodoro(8, 18, 2) e Ateneo (12,518-519), dipendendo da Timeo (fim. FGrHist

3r FERRERo 1955, 139.!' Cfr. Pucr,rsso CARRATEI U 1969, 67: "L'immagine della 'gtande Roma dei Tar-

quini' induce a vedere più che una pura coincidenza nel sineronismo della cadutadi Sibari e dell'espulsione dei dinasti etruschi; induce a chiedersi se questi o i lo-ro sostenitori non siano stati travolti dal crollo di fortune che dové seguire allascomparsa di un emporio internazionale al quale erano legati tanti interessi di ciftAe di privati."

s Arrrpor,o L993,22L; cfr. Tnnpo FGrHist 566 F 50; Diod. 8, 18, 1; che Sibari fog-se gia assurta a simbolo della degenerazione dei costumi nel corso del V secolo a.C.è provato da Aristofane Pdr 344.

s Lr Bul 1993, 502-503.

Appunti sulla crisi del V seeolo 301

566 F 50), contrappongono Sibari e Sparta, Quintiliano contrappo-ne gli usi dei Sibariti a quelli della Roma arcaica: frugalitas apudSybaritos forsitan odio foret, ueteribus Romanis sutwnutn lururiacrimpn (Quint. inst. or. 3, 7, 24) a sostegno del fatto che una po-larità Sibari-Roma in una certa misura emerge anche nelle pole-miche degli antichi. Per quanto attiene all'oggetto di indagine, unacompleta comparazione tra i resti delle sepolture non è allo statoattuale possibile, dal momento che il sito della necropoli di Sibarinon è stato ancora rintracciato 36; a fronte di ciò, I'esame sia puresommario della necropoli di Crotone in località Carrara 37 ha rive-lato l'esistenza di un'alta percentuale di tombe prive di corredo o

dotate di un corredo assai sobrio, ponendo in evidenza una fortedifferenziazione rispetto allo "sfarzo di certe tombe di ambienteapulo" tt e facendo balenare una significativa concordanza tra Cro-tone e Lazio arcaico. Sarebbe utile confrontare i diversi usi fune-rari, ma purtroppo sappiamo molto poco di quelli delle città pita-goriche ed altrettanto poco delle città ad esse contrapposte. Dallefonti apprendiamo che i Pitagorici consenravano l'antica usanza dideporre la salma nelle foglie (Plin. nat. hist. 35, 160), non awol-gevano il defunto in vesti di lana (proibite ai Pitagorici anche invita (Herod. 2, 81) e non raccoglievano il cibo caduto per terra perlasciarlo alle anime dei morti (Diog. Laert. 8, 34; Jamb. V. Pyth.126; Plin. nat. hist. 28,27). Si tratta di testimonianze sporadichee decontestualizzate che non valgono a ricostruire un quadro com-pleto di quella che doveva essere una cerimonia funebre pitagori-ca: ciò non di meno esse consentono di intrawedere un rigore piut-tosto accentuato, che possiamo accostare all'atteggiamento attri-buito ai legislatori magno-greci artefrci di limitazioni nelle ceri-monie funebri ed attratti nella sfera di influenza pitagorica, comeCaronda di Catania (Stob. 44, 2,24, NI p. 153 Hense) e Gelone diSiracusa (Diod. 11, 38, 2). E'ipotizzabile che a Taranto, altro im-portante centro pitagorico e colonia lacedemone, vigessero gli stes-si costumi di Sparta, dove, secondo la tradizione, il divieto di de-porre oggetti nel sepolcro era fatto risalire ad una legge di Licur-go (Plut. Lyk. 27, 2). Sappiamo infine che da Anassagora "pitago-rico" (Diog. Laert. 2,3) e da Empedocle "pitagorico' giungevano cri-tiche alle dimensioni eccessive delle tombe (Diog. Laert. 8, 65); ta-li testimonianze confermano la preoccupazione di riportare a di-mensioni accettabili i monumenti sepolcrali, preoccupazione condi-visa anche dai legislatori ateniesi (Cic. de leg. 2,65).

Le origini di tale atteggiamento, al di fuori della cerchia pita-gorica che faceva dell'esaltazione della frugalità un punto-forza del-

o Gvzao 1993, 58.

'Forr 1975, 303-309.

" Forr 19?5, 309.

302 Claudía Santi

la propria dottrina, sono da ricerqr+rsi, come è stato indicato, nel-la diversa temperie culturale che si realizzò dopo le Guerre Per-siane, quando l'esibizione di lusso privato non fu più sentita comeun valore positivo s. L'esaltazione del ponos contrapposto all'ha-brosyne a (presente grà in Esiodo) si sviluppò allora provocando unirrigidimento nei costumi; a Roma, I'originaria contrapposizione traotiurn e negotium al non fu mai tributaria di contatti con la civiltaellenica, ma si sviluppò per canali indipendenti (l'otíurn ha fin daiprimordi una connotazione negativa; bisogna arrivare a Mecenateper trovare una teonzzazione dell'otium luxuriosum n'). Ma tuttoquesto è troppo poco per definire una diretta influenza pitagoncaa Roma, relativamente agli usi funerari.

6. Una prima ÍLessa a punto

La nostra ipotesi di partenza (vd. p. 294-295) sembra dunqueplausibile, nel senso che :

1) la sparizione del corredo funerario che si registra in area lati-na non sembra derivata da modelli esterni;

2) l'insorgenza del fenomeno non sarebbe imputabile a motivi og-gettivi di carattere economico, nè ad interventi di tipo legisla-tivo mutuati dalla Grecia.Alla base del fenomeno non vi è neppure un motivo religioso

in senso stretto. All'ipotesi formulata da Colonna di un mutamen-to della prospettiva religiosa e cioè del superamento di quello cheegli definisce il concetto primitiuo di una vita del defunto nellatomba e dell'affermazione di dottrine escatologiche as si possonomuovere almeno due obiezioni: 1. La presenza del termine "primi-tivo" sta ad indicare quanto ancora siano radicati orientamenti in-terpretativi di stampo evoluzionistico. La religionè romana, così co-me ci è documentata, possiede ab antiquo un aspetto saldamentecompiuto in senso politeistico: in particolare il complesso rapportotra mondo dei vivi e mondo dei morti è regolato all'interno di unaserie di feste calendariali, dedicate ai morti nelle loro singole spe-.cificità di Manes, Lares, Lemures, Penates, Divi Parentum; 2. sela sparizione del corredo indicasse realmente il superamento di unaconcezione religiosa primitiva, il ritorno del corredo intorno allametà del W secolo a.C. dowebbe segnalare tra I'altro un regressodella societa, almeno in termini di ideologia funeraria. Questa idea

s Arrlpor,o 1993,222.o Per il concetto di habrosyne, cfr. lvlezzanrxo L947, LgL-252; Lourmoo 1983,

1077-11 03.{r Per la non omologabiliÈ dellbtium alla tryphé, cfr. NsNcr 1983, 1026.s Per il concetto di otium luxuriosum, cfr. Le Pexue 1989, 25-26.'Colottte. 1977, 158 (il corsivo nel testo è nostro); Cor,oNNa 1981, 230.

Appunti sullo crisi del V secolo 303

è palesemente assurda e quindi dobbiamo ricercarne le cause altrove.Non saremmo quindi di fronte a un motivo prettamente religioso,almeno non nei termini formulati da Colonna.

rnoltre, come si è detto, la x tavola ridusse soprattutto lo sfarzocollegato a particolari del culto esposti al pubblico. Nessun accennonelle nostre fonti documenta un intervento normativo nella sferadel rituale privato, ossia uno sconfinamento del legislatore dal cam-po sacrale e pubblico a quello religiosus e gentilizio. Ciò signichereb-be a nostro parere che la voluta poveÉa del rituale funebre latinodel vI e v secolo a.q. fu un episodio nella elaborazione della catego-ria del pubblico (che a Roma è spesso convergente con tl sacio),una tappa nel passaggio da un diritto "aristocratico" e gentilizioad un diritto "civico". In tal senso, appare significativo come la ri-nuncia al lusso funerario coincida con la nascita della res publicae sembri procedere di pari passo con la rinuncia al patrimonio mi-tico-genealogico e ad un universo miticamente fondato (anche perquesto motivo non riteniamo che le leggi suntuarie delle XII Tavoleabbiano avuto un precedente in eta regia)'. Nelle civiltà limitrofe,miticamente orientate e organízzate su base gentilizia, la commi-stione tra sfera del "pubblico" e sfera del "privato" costituì tra I'altroper sempre un freno ad una dinamica culturale simile a quella diRoma. Ildagare sulle cause di un fenomeno come quello dàlla spa-rizione del corredo funebre significa allora indagale su un fram-mento di "ideologia della res publica" 6. E non t'è dubbio che ilgruppo sociale artefice del movimento di opinione da cui scaturì lariforma del costume funerario sia da individuarsi, come suggeritoda C_olonna nt, nella classe egemone dell'epoca, owero nel patriziatoe nella grande proprieta terriera; "a riprova di quanto affermato,nel momento in cui il patriziato cede il passo alla nobiltà patrizio-plebea, nel pieno IV secolo, viene meno anche il rigore funerario edi fatto riappaiono sia i corredi che le tombe a camera" {?. L'eclis-sarsi del fenomeno all'incirca all'epoca delle leggr Liciniae-sextiae- -ghe

perrfezionano il processo di integrazione (o di re-integrazione)della plebe al_ vertice della res publica - starebbe a significare chevennero a cadere le cause che lo avevano determinato. O anche cheal problema posto dal lusso funerario si diede una díversa solu-zione. Prima di tentare di sciogliere tale nodo sarà opportuno vol-gerci all'esame della tradizione letteraria, alla riceróa di qualcheeventuale traccia dell'ideologia della classe egemone ai primordidella res publica.

{ Per i problemi connessi alla demitizzazione romana, cfr. Kocs 193?; Mor.rra-xam 1988, 17-60.

$ Il termine ideologia non richiama in questo caso il "sowastrutturale" in sen-so mamiano, ma l'insieme di valori, antropologicamente intesi, elaborati ed espres-si da un determinato gruppo sociale.

' Cor,ouNl 1981, 230-231; contra Mlsrnocweur: 1988, L67 n. L4.'? CoLoNNA 1981, 231.

304 Claudia Santi

7. Personalità carismaticipe e. funerali di epoca protorepubblicana

Il primo caso di nrrr"r"tJ ii orru frgura istituzionale di epocarepubblicana è, secondo la tradizione, quello di L. Iunius Brutus,console insieme con P. Valerius Publicola nel primo anno della respublica (509 a.C.) s. A questo proposito, Livio allude ad una ceri-monia sobria e contenuta la cui celebrazione è affidata a P. Vale-rius Publicola: Collegae funus quanto tum potuit apparatu fecit; sedrnulto maius mortí decus publica fuit rnaestitia (Liv. 2,7, 22). Quin-di, stando alle parole di Livio, P. Valerius Publicola predispose uncerimoniale "tanto grande quanto fu possibile" e che queste possi-bilità fossero alquanto limitate, appare deducibile dalla considera-zione che segue: infatti, I'autore afferma che I'onore più grande re-so alla memoria del defunto fu dato dalla generale mestizia con cuiil popolo compianse il console scomparso (Liv. 2, 7, 23). Non è age-vole individuare la fonte seguita da Livio per questa notizia: tut-tavia, considerando I'orizzonte ideologico proporremmo di indivi-duarla in L. Calpurnio Pisone F*gr, la cui presenza nei primi li-bri dell'opera liviana è stata di recente rivalutata dalla critica ae.

Questo annalista appartenente ad una delle quattro gentes - Pom-ponii, Pinarii, Calpurnii ed Aemilii Mamerci - che vantavanoun'ascendenza dal re Numa o dai suoi frgli (Plut. Num. 21, 2-3) fumolto impegnato nella polemica contro il lusso e nell'esaltazione diquella frugaliÈ che egli portava anche nel nome s. Tornando al-l'esame del testo di Livio, vi è da'osservare che l'intera espressio-ne quanto tum potuit apparatu con I'uso di potuit (e non dt licuit),sembrerebbe rimandare ad un contesto ove la modestia del ritua-le funebre è determinata non tanto da un'imposizione quanto daimpedimenti esterni, dovuti forse più all'urgenza che ai pochi mez-zi a disposizione. Per contro Dionisio sembra accennare ad una cer-ta magnificenza del rituale tributato a L. Iunius Brutus ((Dion.Hal. 5, t7, 2); Plutarco non entra in dettagli, ma accentua il valo-re prototipico del funerale di L. Iunius Brutus, commentando chele onoranze rese da P. Valerius Publicola al collega furono ben ac-cette al popolo (Plut. Popl. 9, 10: nel paragrafo immediatamenteprecedente aveva trattato del trionfo la cui introduzione si dovevaugualmente a lui (Plut. Popl.9, 9)). In tale ambito si inserisce an-che la notizia (con ogni probabilità falsa) dell'elogio funebre pro-nunciato dal console superstite sul corpo di L. Iunius Brutus (Dion.

* Bnoucstor.l 1951, 2.{c Cfr. BoscrERrNI 1975, 141-150; per Pisone come fonte di Livio, c{r. anche EnN-

sr 1969, 126-127.n fl cognomen Frugi è tramandato dalle fonti accanto all'altro di Censorius, a

ricordo della magistratura da lui esercitata, cfr. Pemn 1914'!, CIJOOC-CIJOO(II;per il valore di frugi= frugale, cfr. Devoto 1987'b, 102.

Appunti sulla crisi dÉI V secolo 305

Hal. 5, 1?; Plut. PopI. 9, 10-11); essa tuttavia non stravolge, maal contrario pone in risalto le caratteristiche che sappiamo propriedella laudatio funebre, ossia la sua prospezione pubblica e l'esse-re tributata a magistrati che si erano particolarmente distinti peri loro meriti nei confronti della res publica. Semmai I'unica forza-tura risiede nel fare coincidere I'introduzione di quest'uso con l'isti-tuzione della res publica, ma il confronto con la Grecia può ridi-mensionrire I'anacronismo che sembra pesare sulla tradizione: latrasformazione dell'elogio funebre da privato a pubblico ehe si com-pie nell'Atene del VI secolo a.C. consentirebbe infatti di individuareun punto di contatto tra mondo ellenico e mondo romano ór.

-Se il funerale di L. Iunius Brutus figura come il più antico del-I'epoca repubblicana, è tuttavia quelo celebrato in onore di P. Va-lerius Publicola a costituire un autentico modello e a rivestire unpiù marcato ruolo "prototipico". Come spesso awiene per gli eventidi questi primi anni della repubblica, ne esistono diverse versioni,talora assai distanti tra loro: il testo di Livio si limita a poche sec-che battute (Liv. 2, L6, 7; cfr. Plut. Popl. 23, 4),laddove Dionisioci ha conservato un resoconto più minuzioso (ma proprio per que-sto motivo anche meno fededegno). Dionisio, dopo aver celebrato laseverità di costumi di P. Valerius Rrblicola, porta a dimostrazio-ne della sua frugahta la penuria di mezzi (aporia) rivelatasi dopola sua morte, tanto che, pur avendo avuto occasioni per arricchir-si senza che nessuno, a giudizio dell'autore, potesse criticarlo, nonlasciò denari sufficienti neanche per il funerale e per la tomba(Dion. Hal. 5, 48). Intervenne perciò il senato decretando la cele-brazione delle esequie a spese pubbliche e accordando al primo con-sole onori che Dionisio paragona a quelli dei più ricchi re (Dion.Hal. 5, 48). La frugahÈ (autarkeia) associata al rifiuto dell'avidità(philochrernatia), che concorre a tratteggiare la frgura di P. Vale-rius Publicola come una sorta di magistrato ideale (o di ideale dimagistrato), risulta tuttavia, dal punto di vista concettuale, al-quanto.in contrasto con la inopia che Dionisio gli attribuisce. Inaltri termini, la condotta di vita austera può assumere un risvol-to morale se adottata a prescindere dalle effettive disponibilità pa-trimoniali: in tal senso proprio quella che l'autore ritiene una pro-va determinante sarebbe da considerarsi al contrario una vistosasmentita di quanto attribuito al console amante del popolo. Ma al-lora perché Dionisio e con lui Livio e Valerio Massimo 52, ribadi-

6r ConDANo 1980, 196-197 e n. 40; non va tuttavia trassurato il carattere col-lettivo che è tratto peculiare del threnos; per una trattazione organica dell'orazio'ne funebre in asrbiente greco, cfr. Loutx 1977.

', Valerio Massimo colloca la notizia riguardante il suo illlustre antenato inapertura del paragrafo de poupertaúe, Val. Max. 4, 4, 1; la tradizione è nota anchea Amm. Marc. 14, 6, 11.

306

scono la limitatezza deLpatrimonio familiare di P. Valerius Publi-cola? E' evidente che I'inéongruenza'non si sana-be.hon ipotizza^-do un'incomprensione sorta a monte de[4 tradizione: tutto concor-re a far credere che la notizia dell'austerità dei rituali funerari tri-butati ai primi consoli preceda la stesura della vulgata; allorchè siprocedette alla sistemazione del racconto relativo ai primi decennidellg res publico, persosi ormai il ricordo di questa fase di rigorefunerario (che del resto solo di recente siamo stati in grado di re-cuperare grazie all'archeologia), si diede del paÉicolare in questionela spiegazione più owia attribuendola piuttosto a ristrettezze eco-nomiche che tuttavia, come abbiamo notato, sono in contraddizio-ne con la pratica della frugaHÈ celebrata soprattutto nella figuradi Publicola.

I funerali di L. Iunius Brutus e di P. Valerius Publicola ap-paiono evidenti "proiezioni" alle origini di funera publica, la cuipratica, per quanto ci è noto, inizia con L. Cornelio Silla; prima diquell'epoca le cerimonie di sepoltura (funera gentilicia) mantene-vano un carattere priuato, anche se un ruolo rilevante ass.umevala partecipazione collettiva del popolo al rito (Polib. 6, 53-54). L'in-combenza di pronunciare l'elogio funefue pe{ L. Iunius Brutus, de-mandata al collega e non secondo I'uso all'hereS{ontribuisce a ri-solvere il suo personaggio in una diqensione esclusivamente pub-blica: il console erq morto sersi eredi in quanto aveva persónal-mente giustiziato ilropri figli, rei di aver appoggiato un tentativodi restaurazione dei Tarquinii (Liv. 2,5,5-8), ma questa tradizionesembra "costruita" per escludere ogni discendenza in linea direttada L. Iunius Brutus (così come non vi erano discendenti di Romu-lus) e per ascrivere integralmente alla categoria del pubblico la sua"figura".

Anche nel funerale di Menenius Agrippa si rinviene una tra-dizione analoga: huic (scl. Agrippae Menenio) (...) surnptus funeridefuit; extulit eum plebs sextantibus conlatis in capita (Liv. 2, 33,10-11). Se quelli di L. Iunius Brutus e di P. Valerius Publicola so-no i primi funerali "pubblici', quello di Menenius Agrippa è il primofunerale "pubblico e plebeo". Si può inoltre rinvenire quasi una so-lidarieta tra i due personaggi magistratuali di P. Valerius Publicolae di Menenius furippa adombrata da una sorta di passaggio diconsegne, dal momento che quest'ultimo è console nell'anno in cuimuore Publicola (Liv. 2, L6, 7) e quindi non può non aver influitosulla decisione di celebrare le esequie con denaro pubblico, così co-me P. Valerius Publicola aveva celebrato il rito per L. Iunius Bru-tus. Esiste anche una variante minoritaria, accettata da Cicerone(Cic. Brut. L4, 54) e ripresa da Valerio Massimo (Val. Max. 8, 9,1), secondo cui la composizione della secessione della plebe sul mon-te Sacro sarebbe stata opera di Publicola e non di Menenius Agrippa.

Appunti sullo crisi del V secolo

8. Discussione e prospettiue

307

8:1. Austerità funeraria corne ostacolo all'affermazione di un cari-sma indiuiduale

Nello schema di funerali a spese dello Stato o della plebe checon diverse gradazioni troviamo riferito ai personaggt più "popolari"(nel doppio senso di più cari al popolo e di più noti) degli inizi dellarepubblica può cogliersi un riflesso del costume firnerario affermatosinel VI-V sec. a.C.? L'analisi dei testi esaminati frn qui, sembraconfortare un'ipotesi di questo tipo: secondo la nostra interpreta-zione, L. Iunius Brutus, ma ancora più P. Valerius Publicola e Me-nenius Agrippa impersonerebbero il modello positivo costituito dalmagistrato chb realizza tesaurizzazione tendente a zero, tanto danon poter prowedere neanche alla celebrazione del proprio funerale.

Il tema dell'inopia familiaris - che come abbiamo osservatoinveste le più illustri figure dell'inizio della res publico - riaffio-ra anche, a distanza di tempo, nella vasta aneddotica che fiorisceintorno a Q. Fabius Maximus Cunctator: egli, dopo aver rivestitole più elevate cariche dello Stato, sarebbe morto straordinariamentepovero ed alla celebrazione dei suoi funerali avrebbero prowedutoi cittadini con una colletta (Val. Max. 5, 2, 3) *. Contro I'attendi-bilità di questa tradizione si possono avanzate concrete riserve, poi-ché nelle fonti non vi è prova di un dissesto frnanziario di tali pro-porzioni, che inoltre awebbe riguardato addirittura una delle gen-tes patriciae maiores *. Essa, tuttavia, al di là della sua fondatez-za storica, serye - come ha rilevato Montanari - a conferire unasfumatura popularis uo ad un personaggo di altissimo rango e diindubbio carisma personale.

Il caso di Q. Fabius Maximus Cunctator dimostra là persistenzanel tempo e la vitalità del modello del magistrato che risolve lasua esistenza al servizio del bene collettivo, senza curarsi del suobenessere personale. Per simmetria, agli antipodi dovremmo rin-venire il modello negativo dato dal ciuis che chiude Ia sua esistenzacon un rito tanto sfarzoso quanto dispendioso. Quanto al valore daattribuire alle definizioni di "modello positivo" e di "modello nega-

s PLumRco, Fab. 27,3-4, conosce questa tradizione del concorso del popolo nel-le spese del funerale di Fabius Marimus, ma nega che sia stato motivato dall'in-digenza del d,ictotor: egli accredita piuttosto la versione per cui il popolo Romanovolle contribuire in quanto lo riteneva quasi un padre comune.

s M.ecnogto, Soú. 3, 13, 6, accennerebbe ad un rovescio finanziario dei Fabii,attribuendone la respongabilita a Fabiue Gurges soprannominato così e devord,topatrimonio; ciò non di meno la notizia della estrema indigenza di Q. Fabiue Maxi-mus è giudicata inattendibile da Cassola 1962, 313-314, che ipotizza semmai unaposizione economica dei Fabii inferiore al loro altissimo raogo politico e sociale.

ft Moxtllren L976,232 e n. 106.

308 Claudia Santi

tivo", esse trovano il loro referente i4- -ouella che può dirsi I'edifi-cazione della res publica.

In sintesi, I'annullamento di ogni forma-di corredo funebre cuisi assiste all'origine della res publico può costituire una soluzionedata al problema dell'ostentazione di prestigio individuale connessaal rituale della sepoltura, ostentazione intesa come fattore destabiliz-zante. Prima che il funus gentiliciu,?? assumesse una valenza pub-blica ed un fine edificante, nel doppio senso che edifica idealmen-te tanto lo Stato quanto gli animi celebrando con la pompa funebrele res gestae dei suoi ciues più illustri ,la res publíco nascente risolseil dilemma pubblico-gentilizio relativamente al rituale funebre, li-mitando le occasioni per acquisire o esibire un carisma superiore.In questa proépettiva, si possono richiamare le conclusioni espress-eda Ampolo laddove lo studioso sottolinea I'arn'enuta formazione del-la città che nel Lazio come in Grecia conterrebbe al suo internouna spinta isonomica *. Ma l'analogia è destinata a fermarsi qui,dal momento che né la polis isonomica (o "desrocratica") equivalealla ciuitas, né la res publico è assimilabile alla tyrannis:l'isonomiagreca mira a livellare gerarchie che, proprio per le vicende speci-fiche erano già evidenti a tutti; Roma tende piuttosto a prevenirei rischi che emerga una personalità carismatica sowaordinata e

non sembra privo di significato il fatto che questo modello di par-simonia che avrebbe costituitó I'identità culturale della classe ege-mone abbia preso forma proprio nell'arcb di tempo in cui si collocala cd. serrata del patriziato.

8.2. Circolozione delle éIites, serrata del patriziato e identitù cultu'rale dcl gruppo egernone

Prima della fine del VI secolo a.C. le grandi famiglie patriciaemaiores sono attestate fuori di Roma, o se si preferisce, anche fuo-ri di Roma: i Fabii a Caere, i Valerii a Satricum, i Claudii in Sa-bina; per quanto attiene agli Aemilii, il nome Mamercus in uso giàalla fine del VI secolo 5? nel ramo più antico della gens, con la sua

$ AMPor,o 1981., 97.

"1 | Fasti consulares, CIL Ir Fosti consulares 276 e 281 aUc, e Dion. Hal. 8, 83registrano la paternita Mam(ercí) ftilius) di L. Aemiliue Mamercinus console del484 a.C.; tale àotizia cougente di calcolare per via ipotetica anche I'epoca dell'ado-zione tra gli Aemilii del nome suddetto: se si ammette che questo Mamercus siastato il primo a portarlo, il ternine a quo Wr la sua comparsa non può scendere,con ogni verosimiglianza, al di sotbo del 524 a.C., attribuendo un intervallo mini-no di 40 anni tra la nascita di Mamerqrs Aemilius ed il consolato di Lucius, suofrglio; I'elemento più significativo che emerge da una siffatta ricostruzione sronolo-gica è senz'altro il recupero di un sincronismo tra l'apparizione del nome Mamer-óus in Roma e la vénuta di Pitagora in ltalia (529-532 a.C.); per la cronologia diPitagora, cfr. RosrecNl 1956, 8.

Appunti sulla crisi d.el V secolo 309

impronta linguistica osco-sabellica, lascia intravedere la possibilitàdi un'origine italica, rnentre solo per i Cornelii non è documenta-ta una localizzazione anche extra-romana.

Un'iscrizione ceretana della fine del VII secolo a.C. ha conser:va-to la menzione di wKalatur Phapenas (TLE'?65), ossia di un araldoappartenente alla gens Fabia; questa notizia da un lato consentedi intravedere una posizione di prestigio occupata dalla gens Fabiain area laziale in epoca assai risalente, dall'altro fornisce la provadell'esistenza già in età regia di una glens rectlnte tale nome, laddove,come è noto, l'annalistica non menziona alcun esponente Fabiusanterior:nente all'istituzione della res publiea. A fronte di questosilenzio, la presenza dei Fabii in Roma era ricostruibile per via ipo-tetica a partire dalla denominazione di Luperci Fabiani data aduna delle due. meta di questo arcaico collegio sacerdotale s. Analo-gamente dall'iscrizione del lapis Satricanus 6e ricaviamo, se non lacertezza della piena storicità di un personaggio eminente come P.Valerius Publicola primo console della repubblica, almeno la certezzadell'antichita e dell'importanza della sua Stens di appartenenza o.

La priorità della familia dei Mamerci rispetto al resto dellagens Aemilia attestata dalle fonti epigrafiche relativamente al con-seguimento del consolato 6'rimanda alla leggenda di Mamercus, fi-glio di Numa e omonimo del figlio di Pitagora, capostipite degli Ae-milii (Plut. Num. 18, 8-9; Aem. 2, 2; Fest. 22 L.). Per il nome Ma-mercus (derivato dal teonimo Mamers, forma italica del nome deldio Mars (Fest. 116 L; 117 L)) de Simone ha pròposto una prove-nienza osco-sabina@. La particolare devozione a Mamers rawisa'bile nel praenotnen o cognomen MamercuslÙfamercinus I attribuitoalle prime figure magistratuali espresse dagli Aemilii, può costituire

o Per il.rapporto Fabii-Luperci Fabiqni, cfr. BnsLtcH 1976',73 n. 36; ConseNoL977,137-168.

'Cororra 7980,41-52; DE SIMoNE 1980, 71-94.o Per questi problemi cfr. Vpnsxul, 1980, 95-150; Arcnlle L992, 219-247.6r Il primo console della gens Aemilia fu L. Aemilius Manercinus (n. 96 fiE) nel

484 a.C.,; seguono: fi. Aemilius Mamercus (n. 99 8E) console nel 470 a.C.; M'.Aemilius Momercug (n. 98 RE) tribuno militum cos. pot. nel 438 a.C.; MamercusAemilius (n. 9? RE) console nel 410 a.C.. tl cognonen Manerc(in)us è attestato inun'altra famiglia "numaica", quella dei Pinarii; anche in questo caso si registra unapriorita della familia in questione nel conseguimento del consolato, poiché il primoconsole della gezs Pinaria fu P. Pinarius Mamercinus Rufus (n. 13 8E), il qualeesercitò la massima magistratura nel 489 a.C.; per la frgura di Mamercus come pos-sibile tramite dell'introduzione dei Pinarii e degli Aemilii all'interno del compleseodelle famiglie "numaiche", dr. Gesse 1969, 160; Seru 1998, 263-277;315-317.

d Mamercug <*Mamorti-ko-s, cfr. oe SntoNs 1980, 85-87.6 A Roma il nome Mamercus è adottato solo dai Pinarii, cfr. F. Mulzon 1950,

e dagli Aemilii, cfr. IÚ,sss 1893: esso figura tra i Pinarii come cognotnen, mentretra gli Aemilii è attestato a volte in quesf,uso, a volte come praenonwn: il valoreprenominale di Mamercus, che dobbiamo considerare come originario, sarebbe ga-ranzia della sua antichità e dell'antichità delle tradizioni ove frgura in questa fun-

310 Claudia Sonti

un indizio a favore della asqendenza italica della gens, dato il ca-rattere conservativo dell'onomastica gentilizia e degli antroponimiteofori *. Del resto, la nascita della gens Aemilia in ambiente non-romano è presupposta nella variante che identifrca il Mamercusprogenitoré degli Aemilii non nel figlio di Numa, bensì nel figìio-diFitàgora (Plut- Aern. 2, 2i'Fest. 22 L.). Per concludere, l'episodiodel trasferimento di Atta Clausus dalla Sabina a Roma ai primor-di della repubblica con il suo seguito di familiari amici e clienti(Liv. 2, 16, 3-6) è troppo noto per doverlo richiamare; a questo pro-posito ci limiteremo qui ad osservare che, quando le qorti dellS gensChudia si uniranno nel I secolo a.C. con quelle della gens lulia e

nuove esigenze di "nobilitazione" suggeriranno di proiettare la ve-nuta dei Claudii in epoca monarchica, si farà di Atta uno dei nobilisabini del seguito di Titus Tatius (Suet. Tib. L, 1), senza alterarei tratti generali della tradizione dell'origine sabina dei Claudii. Que-st'ultimo caso, per il quale si può accettare la cronologia della vul-gata che colloca nel 504 a.C. il loro inserimento nell'urbs, mostrala permanerrza nei primi anni della repubblica di una relativa mo-bilita sociale: questi gruppi gentilizi si sono andati integrando nelcorso dell'eta arcaica - o, stando alla tradizione, nei primissimianni della repubblica - occupando pogizioni di prcstigio a quantopare senza diffitolta 65. A distanza di pochi decenni, il quadro sipresenta sostanzialmente diverso: il colgq. di mano che ha corneprotagonista un altro sabino, Appius Herdonius ed un drappello diiuoi sodoles, e che portò nel 460 a.C. ad un'effimera occupazionedel Campidoglio, si risolse in un sostanziale fallimento dovuto al-la violenta opposizione da parte dei Romani che culminò con I'uc-cisione di Appius Herdonius e di buona parte dei suoi compagni ".Ciò sta a significare che quella mobilità sociale che aveva datoun'impronta caratteristica alla Roma degli albori (e di cui si man-tiene il ricordo in una serie di frammenti dispersi nella storia mo-narchica e protorepubblicana) subì una repentina reazione, che andòa modificare profondamente dall'interno I'assetto sociale della cittàcon inevitabili ricadute anche a livello istituzionale. E'quella che

zione (come nelle famiglie numaicheh il rapporto esclusivo per cui un nome è ri'senrato ad un'unica gens (o ad un numero ristretto di gentes), tipico dei primi se-

coli della repubbliea, è stato analizzato da Alfitldi 1966, 713; la forma Mamercinug,che spgsso alterna anche con MameÉinus, secondo Alfóldi ióid. sarebbe da ritenereiuna variante derivativa.

s Per il gentilizio teoforo di origine sabina Feronius, derivato dal nome delladea Fèroria,-cfr. AEBncHER 1934, 5-23; un altro esempio sarebbe dato dal notnenAuselius/Aurelius sempre di origine sabina e collegato al nome del dio Sol che inquella lingua sarebbe suonato Ausel, Fest. 22 L., cfr. Rtcneno 19?6, 915-925; Sen-rr.1991, 5-17.

6 Aupor,o 1988, 172-177; Tonplu 1988,257-261.8 Per I'episodio di Appius Herdoniue cfr. Bo,rrrcllnnI 1977, T-ZÙ;Psnuzzt 1987,

440-449; Mentwpz Pnrrl 1987, 87-95.

Appunti sullo crisi del V secolo 311

viene comunemente definita dagli storici la "serrata del patriziato" 6?

ossia un arco di tempo di circa un quarantennio (dal 485 al 445a.C.) entro cui tutte le principali cariche della repubblica sonodetenute da un gîuppo ristretto di eminenti famiglie patrizie. I Fa-sti consolari (la cui sostanziale autenticità è in linea di massimaconcordemente ammessa 68) offrono la prova di questo irrigidimentonella gestione della cosa pubblica. Infatti mentre tra il 509 ed il486 a.C. la lista dei consoli contiene una percentuale ragguarde-vole di nomi plebei e di nomi riferibili a gruppi etnici non-romanisoprattutto etruschi tt, a partire da questa data i nomi plebei scom-paiono dai Fasti, così come í nornina Tusca si flanno assai rari, riaf-fiorando significativamente solo tra il 461 ed il 448 a.C. in conco-mitanza con una pausa nella pluriennale guerra contro Veio ?0.

Durante questo periodo, la massima magistratura appare pre-rogativa per lo più delle influenti famiglie patrizie cui abbiamofatto riferimento in apertura 7r; esse quasi monopolizzano il pote-re, esercitandolo in accordo tra loro e opponendo nei fatti uno sbar-ramento nell'accesso alle cariche pubbliche. Quale "patto'questefamiglie e questi gruppi gentilizi abbiano stretto tra di loro, non èfacile intendere. Eppure non si sara lontani dal vero ipotizzandoche alla base dovesse esservi anche il riconoscersi in una serie divalori comuni, nonché l'accettazione di un unico codice di compor-tamento. In tal senso a ragione Colonna ha evidenziato il caratte-re polemico che la "sparizione del corredo' in area laziale rivesti-rebbe nei confronti soprattutto della civiltà etrusca 72 dove, comeabbiamo visto, I'uso si manterrebbe saldamente radicato, senza so-

d Dn Slxc,rrs 1956t, 228; Rrcxeno 1978, 519-541; Musrr 1988, 377; Srewr.sy1983.{ Per una dieamina delle posizioni dei vari studiosi, cfr. Rromy 1980, 264-298.r I consoli di estrazione plebea sarebbero: Postumius Cominius Auruncus (con-sole nel S01); M. îullius Longus (console nel 500); M. Minucius Augurinus (conso-le nel 497); Postumius Cominius Auruneus II e Sp. Cassius (consoli nel493); P. Mi-nucius Augurinus (console nel 492); M. Minucius Augurinus II (console nel 491); T.Sicinius Sabinus e C. Aquilius Tuscus o Sabinus (consoli nel 487); dopo questa da-ta: T. Minucius (console nel469); P. Volumnius Amintinus Gallus (console nel461);L. Minucius Esguiiinus Augurinus (console nel 458); Q. Minucius Esquilinus (con-sole nel 457);T. Genucius (console nel 452); T. Genucius (console nel 1145); cfr. Rl-oHARD L976, 523-641; MAsrnocweue 1988, 96-101.

n Per i personaggi di origine non romana, Pll.lottrNo 1963, 34-35; Ar,róLDI 1965,337-338; Attrpolo 19?5, 410-416.

?' Tra il 485 ed il 450 a.C. (anno di istituzione dei d.ecemuiri legibus scribundis)le cinque gentes dei Fabii, dei Valerii, degli Aemilii Mamerci, dei Claudii, dei Cor-nelii si aesicurano venticinque coneolati su settanta: circa il 36 7o dei magistratieletti appartengono a questa ristretta cerchia, con una netta predominanza dei Fa-bii con dieci consoli (di cui sette nei sette anni consecutivi dal 485 aL 479 a.C.), se-guiti dai Valerii e dagli Aemilii Ma"'erci con cinque consoli ciascuno; chiudono iClaudii e i Cornelii rispettivamente con tre e due consoli; Bnoucnrox 1951,2L-46.

'ColoNNa 1977, 161.

3t2 Cl.aud,ia Santi

luzione di continuita, "i?.luziónè

aeit. "orr"

dî v"io ?3..L'oligarchia

romana si rappresenta in aristocrazia: gli aristoi loptirnates sono

coloro che si modellano in base ad un ideale di moralita e di austeri-à; la lotta al lusso parte da questo ambiente e coincide con I'iniziodi un più marcato piocesso di stratifrcazíone sociale. In tale contestodtcirico, anche al fine di limitare i possibili attriti sociali, i pro-prietari terrieri patrizi awebbero elaborato e proposto un'ideologiadella fruga[ta, come chiave della loro legittimazione al potere e co-

me fuIcro della loro identita di classe; l'atteggiamento di austeritàawebbe le medesime implicazioni ideologiche, sia che si esprimanella sua forma positiva di tendenza alla frugalità o negativa direazione al lusso: colpire non tanto la tesaurizzazio\e, quanto piut-tosto l'esibizione di prestigio legato alla trcchezza mobile. Sigtrifi-cativa, in questo senso, è la ripresa dell'uso del corredo funerarionella seconda meta del tV secolo: dopo il 367 a.C. cade il codice

comportamentale perché la res publica patrizio-plebea con I'appro-vaziòne delle leges Liciniae-Sertiae ha assimilato la plebe e ne hafatto una classe di governo con conseguente piena integrazione (ore-integrazione) del gruppo sociale prima "escluso" ".

t. t. l:::t: rírlr::rt""i

eont r aétdittlrie, chiusur a tínguistic a e ap er'

La situazione di differenziazione e di isolamento che il muta-mento dei costumi religiosi funerari in area latina lascia intravedereappare riscontrabile anche in campo lingUistico: gli studi condottida-G. Devoto sul latino del V secolo a.C. hanno posto in evidenzaI'affermarsi di cinque innovazioni fonetiche (quattro delle quali sono

attestate esclusivamente nel sistema linguistico latino) che, giunte

?s Su un piano diverso sembra collocarsi aI contrario il nos gentilicius dei--Cor-

nelii, di tutte le famiglie dei Cornelii, che mantenevano I'antica pratica dellìnu-

-a"íotre, Cic. d.e leg. 2, 56; Plin. nat. hist. 7, L87. Il primo a disattendere la pr-e-

scrizione e ad esseie cremato fu Silla, Qic. ibi.d., Ptin. ióid.; è ipotizzabile che lascelta non partl da Silla stesso, ma dai suoi partigiani che te-mevano un oltraggioal cadavere. L'ugo dell'inumazione da parte dei Cornelii è senza dubbio assai risalente,dal momento che accomuna l'intero grruppo gentilizio; il fatto che Cicerone (ibid'.)

riporti la notizia e proponga un accostamento con quanto era_attribuito a NunaPòmpilius - sul rir.-venimento del ctri cadavere fiorì tutta una leggenda pitagorica

- lascerebbe intravedere la possibilià di estendere anche ai Cornelii un'interpre-tazione sub specie pythagorica

'. Non si prende in questa sede in'esame il periodo in cui il p,otere è esercitatodal collegio dài tribuni militum consulari potestate al cui interno figurano in alcunianni dei-magistrati plebei; tale omissione si giustifica con il fatto che, pur-essendorilevante ai Éni di una completa ricostruzione storica, l'esperimento dei tribuni mi'litum cos. pot. non sembra àggiungere elementi utili ai fini della definizione del pa-norama ideologico dell'epoca.

Appunti sullo crisi del V secolo 313

a maturazione durante questo periodo, awebbero sconvolto I'aspet-to della lingua latina, con un effetto di trasformazione superiore aquello intervenuto nel passaggio alle lingue romanze ro. Nel latinoproto-repubblicano si verificherebbe quindi, secondo Devoto, una si-tuazione di chiusura a correnti linguistiche esterne in antitesi conI'apertura che il latino avrebbe manifestato nel corso dell'eta re-gia". La vieenda fonetica del latino del V sec. ricostruita in questomodo da Devoto, rifletterebbe una scelta di rottura rispetto alleculture circostanti, scelta assolutamente imprevedibile a partiredalla situazione precedente dell'eta regia 7, ma che trova un analogonelle tombe laziali del VI e V sec. a.C.

Per quanto riguarda il livello lessicale, da un lato si assiste aduna forte contrazione nell'introduzione di parole derivanti dal gre-co, dall'altra si rinvenirebbe un arricchimento degli ideali rustici,ulteriore segnale di chiusura, testimoniato dall'uso di metafore ru-rali che si ritrovano incastonate nel registro lessicale urbano. Ol-tre al gia citato locuples, si può ricordare I'indeclinabíle fnqi, p€rtraslato "fnrgale" 78 (dall'espressione esse bonae frugt= "essere dibuon raccolto"), rilevante per i risvolti che assumerà nelle polemi-che contro il lusso fino alla sua adozione come cognornen da partedella famiglia "numaica" dei Calpunii e di un suo esponente se-natore e storico L. Calpurnio Pisone Censorino Frugi (vd,. infra).

Per datare I'affermazione di tali metafore all'interno del lati-no Devoto procede sulla base di considerazioni di carattere lingui-stico e sociale; il fenomeno, essendo riferito non all'adozione di unaradice i.e. piuttosto di un'altra, è relativamente "recente", in quan-to riplasmazione di elementi che appaiono giù come latini (dondeil sistema linguistico doveva essere già costituito ed adottato): ciòconsentirebbe di escludere la fase preistorica del latino'e. D'altrondeesso rimanda ad una fase economico-sociale in cui predominantisono ideali "ruralistici" estesi anche all'ambiente cittadino: "l'im-pronta rurale, documentata dalle metafore citate sopra (...) rap-presenta il periodo successivo alla brillante vita cittadina, quandola reazione antietrusca ha portato o riportato aI potere le classiche più si appoggiavano alla campagna, e quando f inaridirsi dellerelazioni commerciali con la Campania ha fatto sì che al di fuoridei campi poche risorse restassero per gli abitanti di Roma." t. Que-ste considerazioni, a giudizio di Devoto, escludono di poter scendereal di sotto della soglia del V secolo a.C. per collocare I'insorgere

'r DEvoîo 19873a, )Oil-)O(W.?' Dsvoro 19873a, )O([I-IOUII.7 Dnvoro 1987ra, )O(II.r Dsvoro 198?t, 102.

'e DEvoro 1987t, 102.r Dpvoro 1987'b, 102.

314 Claudia Sontif :' rì" ''

del fenomeno 8r, in quanto già nel secolo successivo "il latino di Ro-rna" awebbe superato la fase di isplamento per awiarsi ad una fa-se di p"og""r.ii" unificazione ed àspansionè t'.

Devoto ritenne di trovare un'altra conferma alla chiusura cul-turale che awebbe carattenzzato la società romana del V secolonel brusco arresto nell'importazione di culti stranieri che si regi-strerebbe dopo iI484 a.C. con il voto del tempio a Castor *. Eppure,se valutato nel suo complesso, il campo religioso presenta almenoun aspetto in controtendenza, dal momento che nel corso del V se-colo a.C. si situa secondo la tradizione la prima consultazione deilibri Sibyllini. Questo repertorio oracolare di origine sicuramenteextra-romana, acquisito secondo la leggenda ai tempi di Tarquinius,consultato per ordine del senato da parte di un collegio sacerdotaleapposito (i duouiri sacris fa,ciund.is) in occasione di prodigi, divenneinfatti col tempo (insieme con l'euocatio) il maggior strumento dirlinamismo religioso u. lJ p iaculurn con cui ripristinare la compromes-sapax deorurn prescritto dal collegio s.f, conteneva spesso I'indicazio-ne della introduzione di nuove qualita divine che diventavano desti-natarie di un culto pubblico stabile: è il caso ad es. della cd. triadeplebea Cerer, Liber e Libera e del tempio votato nel 493 a.C. perordine dei librí. Secondo Dionisio sarebbe stata questa la primaconsultazione (Dion. Hal. 6, 94,3), mentre Livio ne sposta la datapiù avanti di circa un trentennio (461 a.C.), differendo da Dionisioper quanto attiene all'occasione ed all'egito della lettura dei librinonché per il nrolo di primo piano all'interno della vicenda attribuitoad un magistrato della gens Fabia, il praefectus urbis Q. Fabius(Liv. 3, 9, 8). Ci siamo occupati in altra sede del caso del 461 e delcomportamento prototipico dei Fabii rispetto alla consultazione deiIibri Sybillini ú. Per quanto riguarda il rapporto tra le versioni dio-nisiana e liviana, noteremo solo che, sebbene la presenza dei libriSibyllini alle origini del culto della triade plebea sia sembrata ataluni un anacronismo s e sebbene le fonti non siano univochequanto alla data della prima consultazione, ciò non di meno apparesignificativo che esse siano concordi nel collocarla nel corso del Vsecolo: e se pure un velo di sospetto si stende sulla prima consul-tazione, la fondazione del tempio ad Apollo nel 431 a.C., a segui-to della pestilenza del 433 (Liv. 4, 25, 3), offre la garanzia dell'ope-ratività del collegio sacris faciund,is nell'arco di tempo che stiamoconsiderando.

'! Dgvoro 1987rb, 103a Dwmo 1987'c, LIV.s Dwoeo 19873a, )QffV.s DuuÉzu, L972t,435; per i earatteri di questo sacerdozio, cfr. Sam 1985.e Ser.ltr 1994,330-332.r DuuÉzrl 1972', 434.

fupunti sulla crisi del V secolo 315

8. 4. Re sponsab ilità delle gentes o nu.maiche" e nnumaico- pitagoriche'nell'elaborazione del rnodello di frugalitù

Abbiamo già detto della difficoltà di isolare con buona ?Ppros-simazione le corrispondenze pitagoriche che Cicerone credeva dirinvenire nella legillazione proto-repubblicana. Abbiamo tuttaviaprospettato I'ipoteéi di uno sviluppo analogo relativamente agli usiiunei.ari a Crótone ed a Roma, ipotesi confortata almeno a livelloarcheologico dai rinvenimenti della necropoli arcaica di Crotone inlocalità Óarrara, dove è stata portata alla luce una considerevolequantità di tombe prive di corredo (vd,. supra). Al contrario non è

stato possibile scorgere alcun indizio certo di un influsso gleco omagno-greco sulle norme suntuarie delle XII Tavole.

-Peicompiere qualche passo avanti in questa direzione, dob-biamo tenerò conto delle modifrche istituzionali e nella composi-zione sociale intervenute nella seconda metà del V secolo a.C.. Do-po le norme suntuarie della X Tavola,_ 4ol_vi fu_rono altri inter-venti legislativi analoghi fino alla fine del III secolo a.C. con la lexMetilia-del2L7 (vd. iifra). Il motivo può essere ricercato nel fattoche a breve distanza dalla promulgazione del codice decemviralefu istituita, secondo Ia tradizione, una magistratura ad ft.oc di_ap-pannaggio esclusivo dei patrizi, la-censura, cui fu affidata tra I'al-iro la-lura rnorurt. dei èittadini di rango più elevato 67. A dimo-strazione della possibilita riconosciuta ai censori d.i intervenire an-che nella sfera-dei costumi privati dei senatori, la tradizione ri-corda il caso di Cornelius Rirfinus colpito nel 275 a.C. da espuJ-sione dal senato ad opera dei censori e. Fabricius Luscinus ed Q.Aemilius Papus, in quanto possedeva vasellame d'argento p-er oltredieci libbre (Gell. noct. att. 1?, 39). Evidentemente tale lusso siconsiderava indecoroso per un senatore che aveva ricoperto la mas-sima magistratura e detenuto i massimi onori. Di rilevante inte-resse ai fini della presente ricerca è il ruolo giocato in questo campodallagens patrizia degli Aemilii che, attraverso il proprio capostipiteMamàrcus-Aemilius, poteva ricollegare le sue origini tanto a Pita-gora quanto a Numa "pitagorico", ai quali _erano attribuiti dallalradizione due figti aventi lo stesso nome Mamercus (Plut. Num.18, 8-9; Aem. 2,2i Fest. 22 L.>. Se, come abbjamo titt9, Q. $emi-lius Papus collega di C. Fabricius interpreta il compito di vigilanzademandato alla óensura con una valenza anche restrittiva del sump-úus, bisogna ricordare anche che a Mam. Aemilius Mamerci4us, dit-tatore nàl +g+ a.C., si deve l'introduzione della norma che, frssandoil limite della durata della censura a diciotto mesi (ler Aemilia decensuro, rninuenda), contribuì a definire l'identità specifica di questamagistratura s. Mam. Aemilius Mamercinus subì per questa sua

I Per i caratteri della censura, cfr. Suolanfi 1963 (con ampia trattazione an-che delle figure dei singoli magistrati); Plnru 1968.

c Clssol,l-LasnuNA 1979, 185.

316 Claudía Santi

iniziativa le ritorsioni dei censori in carica che, secondo Livio, lorimossero dalla sua tribù e lo iscrissero tra i cittadini dell'ultimaclasse (aeroriurn fecerunt) Ee, aumentando di otto volte le tasse cuiera soggetta la sua proprietà (Liv. 4, 24,3-9). Dunque per il tra-mite del dittatore Aemilius Mamercinus I'interesse della gens Ae-milia per la censura si proietta alle -origini dell'istituzione stessa(il primo collegio censorio sarebbe entrato in carica secondo Livionel 443 a.C., Liv. 4, 8, 2); non solo, ma arizi, secondo uno schematipico dell'annalistica, l'autore della "riforma", stimato per la suairrepren3ibilità, awebbe subito un effetto di quell'arbitrio che in-tendeva correggere con il suo intervento legislativo tu.

A partire dalla fine della Seconda Guerra Punica, il problemadella morigerazione dei costumi e della repressione del lusso privatosi viene ponendo in termini nuovi. Infatti in quest'epoca si collocala promulgazione della ler Metilia sulla lavorazione delle stoffe (217a.C.), che inaugura la serie delle leggr suntuarie, limitando I'usodi vesti ritenute indecorose (Plin. nat. hist.35, 197-198). Anche inquesto caso deterrrinante appare il ruolo di un Aemilius, L. AemiliusPapus console nel 225 a.C. e censore nel 220 a.C. insieme con C.Flaminius er: secondo la critica infatti M. Metilius, tribuno nel 217a.C., awebbe trasformato in plebiscito una disposizione contenutanell'editto censorio del 220, o almeno un suo progetto t'. Se quindigli Aemilii appaiono per tradizione fin dai primordi impegnati sulversante della moderazione dei costumi, non poteva non far notiziail caso di M. Aemilius Lepidus Porcina colpito nel t25 a.C. da unagrossa multa per essersi costruito una villa eccessivamente sfarzosa(Val. Max. 8, 1, 20). La vicenda doveva essere tanto più scandalosain quanto nello stesso arco di tempo un altro esponente degli Aemiliisi faceva promotore di una lex sumptuaria,la lex, Aemilia del 115a.C., nella quale proseguendo I'impegno dei suoi predecessori, sistilava un minuzioso elenco dei cibi non ammessi alle mense deiRomani a causa del loro elevatissimo costo e8.

E' stato ossenrato come le leggi suntuarie, che pure non eli-minavano le competenze dei censori, avessero tuttavia una portataed un significato più vasto proprio per il fatto di proporre una re-golamentazione organica attraverso cui un determinato gruppo so-

o Per il valore di questo tipo di sanzione, cfr. Suorastl 1963, 43; Ptrnt 1968,t15-L22.

s Circa le possibili riserve riguardo alla storicita deil'episodio, cfr. PreRI 1968,119.

or Per i caratteri della ceneura esercitata da L. Aemilius Papus, c&. Suournt1963, 300-304.

a E'questa I'opinione prevalente, cfr. Clnuemp 1981, 4-5; sul contenuto dellalex Metilia, cfr. Sluenwgw 1970, 36-40; Suounu 1963, 300-304; CLelrsNrB 1981,4-5; Cessou L962,2L9 e 361, con discussione anche dei problemi connessi alla da-tazione della ler.

e Per la lex Aemilia, cfr. Kugl,pn 1931; Snuunwnn* 19?0, L2O-127.

Appunti sulla crisi del V seeolo 3L7

ciale rappresentava la propria volontà ed offriva una qualificazionedel proprio ruolo e della propria connotazione ideologrc? *. Inoltreil primó prowedimento di questo genere, ossia la ler Metilia del2L1 a.C.,-fu fatta votare quasi in contemporanea con il plebiscitoClaudio del 21.9 o 2L8 a.C., che proibiva ai senatori ed ai loro fr-gli il commercio, tranne che per i prodotti delle proprie terre (Liv.2L, 63, 3-4). Anche le leggr suntuarie Fannia e Licinia, mentreponevano un tetto per le spese nei banchetti, consentivano senzalimitazioni il consumo dei prodotti della terra $. La classe dominantedei proprietari terrieri, che secondo la nostra interpretazione avevaelaboralo nel V secolo a.C. un'ideologia "frugalistica" in funzionesoprattutto anti-tirannica per evitare che I'esibizione della rtcchezzamóbile consentisse I'acquisizione di una posizione sowaordinata,prosegue nel III e II secolo a.C. il suo impegno di autoconsenazione,òorreggendo il tiro rispetto alla mutata formazione della compaginesociale. Le leggi suntuarie del III e II secolo a.C., infatti, sono voltea limitare principalmente I'uso politico della rícchezza in relazioneall'istituto della clientela. E'significativo che l'insorgere del fenome'no delle leggr suntuarie sia collegato cronologicamente con un prov-vedimento anti-mercantile come il plebiscito Claudio che ne rafforzalo spiritos, così come non appare privo di implicazioni il fatto chenella cura norzrn siano risultati impegnati per ltntero arco dellastoria repubblicana esponenti di una gens "numaica" e "qitagorica"quali gli Aemilii. Per avere un quadro più completo del ruolo ri-vestito dalle famiglie cd. numaiche, nella battaglia per la rigene-razione dei costumi, bisogna, sia pur brevemente, richiamare la fi-gura del senatore e storico autore di un'opera di Annales, L._Qal'purnius Piso: le polemiche moralistiche della storiografi.a del II se-éolo a.C. trovarono in lui un sostenitore di rango che abbracciò ilprogramma politico di moralizzazione propugrato da M. PorciusCató. Come abbiamo ricordato, le origini della gens Calpurnia ve-nivano fatte risalire in linea diretta a Numa attraverso il figlioCalpus; con il suo antenato regale L. Calpurnius Piso doveva con-dividere un regime di vita austero, un segno di distinzione riflessonel Frugi che egli associò a quello della familio e che unì all'altrocognornen Censorius, che recava in ricordo della magistratura eser-citata e?. E' probabile che L. Calpurnius Piso Censorinus Frugi, nelsuo lavoro di ricostruzione della storia di Roma rinvigorisse e raffor-zasse la tradizione sulla frugalità dei costumi del re Numa: non èinsomma assurdo pensare che, in omaggio alle sue origini "nu-maiche" ed aI suo ideale politico, l'annalista tratteggiasse di Nu-

r Clpupxro 1981,4.s Per la ler Fennia, cfr. Slupnwnn 19?0, 79-83; ClnupNrs 1981, 10; per la Jer

Lieinid, cfr. Slvro 1940, 185-186; SeunnwslN 1970,94-113; CLUMPNTS 1981, 10.s Cr,nunNts 1981, 5 e 9-10; per il plebiscito Claudio, cfr. Gleaa 1980, 91.

" Per il cogtwnen Frugi cfr. n 48; per la cengura esercitata da L. CalpurniusPiso, cfr. Suor.*ru 1963,414-41?.

318 Cloudio Santi

ma un ritratto marcatamente austero, orientato a sostegno dellatesi della bontà dei tempi andati e della necessità di un ritorno al-le antiche abitudini di vita. Di sicuro sappiamo che si interrogò suimotivi della decadenza morale e giunse ad attribuire I'esordio delprocesso degenerativo della societa ail'awenimentó'ilel 187 8. C.,'allorché Cn. Manlius Vulso, vittorioso in Asia, trasportò a Romala suppellettile di lusso conquistata in quell'occasione come botti-no (frg. 34 Peter: Triclinia o,erata abacosque et monopodia Cn. Man'lium Asia deuicta primum inuerísse triurnpho suo, queÍL duxit an'no urbis DLlNn, L. Piso auetor esú). Non è forse casuale la scel-ta operata da L. Calpurnius Piso Frugi di assumere questo episo-dio come turning point della storia di Roma: esso propone infattiuna interessante contiguità ideologica con la le* Aemilia del 115a.C., varata da un magistrato appartenente ad un'altra famiglianumaica, che limitava pesantemente il lusso nelle mense. Questointeryento legislativo, a quanto ci è dato comprendere, possedevauna forma più organica rispetto agli altri che lo avevano precedutoe insieme con la lex Licinia, posteriore di circa un decennio, chiu-se la stagione delle leggt suntuarie di pieno spirito repubblicano.Da L. Cornelio Silla, da Cn. Pompeo, da Giulio Cesare, autori cia-scuno di una legge suntuaria, il problema fu affrontato in terminidiversi tt, ha è comunque signifrcativo che nel corso del II secoloa.C. si individuasse nel lusso a tavola il terreno attraverso cui lacornrzione dei costumi si introdusse nel cor?o della società fino aminarla irreparabilmente. Il pensiero non può non andare alloraall'immagine del "Sabino frugale" che ritroviamo in Manius CuriusDentatus che cenava con delle semplici rape (Plin. nat. hist. L9,87; Val. Max. 4, 3, 5) s, e alla modesta mensa imbandita con vi-vande molto comuni che, stando alla versione di Plutarco (Plut.Nurn. L5, 2), il re Numa aveva presentato ai suoi convitati; solol'arrivo della dea Egeria, coniunr del re, aveva trasformato quellaumile tavola in un sontuoso banchetto. In questa sorta di eta deil'oro,che era rappresentata per i Romani dal regno di Numa 1ú, i re nondisdegnavano di apparecchiarsi un desco frugale né le divinità di-sdegnavano di sedere alla povera mensa degli uomini e suum cuí-que satis erat.

8.5 Verso un nuouo codice di comportarnento

Ancora all'epoca di Cicerone, lo svolgimento dei funerali nonera "liberoo, ma risultava regolamentato da un editto degli edili cu-ruli (Cic. Phil. 9, L7), cui il Senato poteva concedere il permesso

s Per i caratteri di questi prowedimenti cfr. Sauo 1940, 186-192.e Per una lettura dell'episodio, cfr. Petennlo 1980, 349-369.

'o Cfr. Serrr 1993, 142-156.

Appunti sulla crisi del V secolo 319

di deroga nel caso di eminenti personaggr (Cic. PhiI. 9, 16). Tut-tavia, a partire dal III secolo a.C. fu soprattutto l'adesione allo stoi-cismo a dettare la scelta di un cerimoniale povero: emblematico ilcaso di Q. Tubero, che allestì il banchetto funebre per lo zio P. Cor-nelius Scipio Africanus con inusitata austerita (Cic. Pro Mur. 75).Cicerone critica quelle pelliculae haedinoe, q'uei Lecticuli Punici,quei uoso Sannia, che a suo parere si sarebbero attagliati piuttostoa Diogene Cinico che non ad un uomo divino come P. CorneliusScipio Africanus (ibid.) e concorda nella stroncatura subita da Q.Tubero come candidato alla pretura, stroncatura che egli attribuiscein primo luogo a quell'episodio di esagerata austerita (Cic. Pro Mur.76).

ll populus Romanus si era dato nel frattempo un nuovo codice:odit populus Romanus priuatam lu*uriorn, publicam rnagnificentiamdiligit; non amat profusas epulas, sordes et inhurnanitatem multorninus; distinguit rationern officiorurn ac temporurn, uicissitudinemIaborís ac uoluptatis (ibid.). Abbiamo riportato per esteso il branoperché contiene una serie di concetti-chiave per intendere le mo-difi.cazioni tealizzatesi nel costume. Innanzi tutto figura ancora ilrichiamo ai banchetti lussuosi (profusas epulas), nei cui confrontisi continua ad esprimere un giudizio negativo ma - e questo è ilprimo segnale del diverso clima - di portata inferiore a quello chesi esprime per I'avarizia (sordes) e per ltnurbanità (inhurnanita-tern); in aggiunta si afferma la necessità di una corrispondenza tragli onori (evidentemente anche funebri) da rendere in relazione agliincarichi ed ai tempi (rationem officiorum ac temporum). E'proprioin questa ratio officiorum ac ternporum che può cogliersi, a nostrogiudizio, la misura della distanza che separa il nuovo codice di com-portamento da quello rinvenibile nel V secolo a.C.: alle differenzedi rango devono ora corrispondere anche differenze esteriori nel te-nore di vita'0'. Infine la uoluptas giunge ad integrarsi nel sistemacome elemento compatibile, purché si alterni con il labor.

Vero è che Seneca esalta la figura di Q. Aelius Tubero e contrap-pone il destino effimero del lusso all'eternita di quelle povere sup-pellettili (epist. 95,72-73); ma la sua è una voce isolata e per certiaspetti convenzionale.

L'ideale di firugalità elaborato nel corso del V secolo a.C. si èandato progressivamente irrigidendo fino a ridursi alle dimensio-ni di topos: è quanto è awenuto ad es. nel caso del cd. "modelloagrario arcaico" tE e del suo rappresentante più autorevole, M. Por-cius Cato. "Catone e i catoniani non combattono I'accumulo di ric-chezza, che anch'essi praticano egregiamente, ma I'uso politico del-

tot Questo sarebbe secondo Wrnsaussxl L950,27 il principale argomento porta-to avanti a favore dell'abrogazione delle leggi suntuarie.

'€ La Pprm 1989, 32.

320 Claudia Santi

la ricchezza.i il lusso, specialmente il hxsg della mensa con folle diinvitati, serwiva ad accrescere il prestigio di alcuni nobili, a rom-pere I'uguaglianza all'interno della nobilitas che ne garantiva lastabilità e il dominio. Le leges.sumptuoria{hanno funzione simile

"alle leggi de arnbitu e rientrano nella ben nota strategia di Cato-ne contro le personahta carismatiche emergenti." r03. Vi è da ag-giungere che la vicenda personale di M. Porcius Cato è tanto piùinteressante in quanto denuncia una "divaricazione tra fatti 'rea-li" e trama storica "costruita" ln: egli infatti, pur combattendo larelaratio rrloru,nt, pur avendo promulgato una ler Porcia de sump-tu prouinciali che colpiva soprattutto le appropriazioni indebite dibottino'*, por vantandosi di aver rifiutato di indossarre una vestedi lusso ricevuta in eredità, che aveva immediatamente rivenduto(Plut. Cato 4,4), non aveva in odio né l'intraprendenza né il gua-dagno, al punto da considerare uguale ad un dio chi riuscisse adincrementare il proprio patrimonio (Plut. Cato 21,8); pur avendopronunciato il discorso contro I'abrogazione della ler Oppia (Liv.34, I sgg.), non disdegnava di ricorrere anche alla cd. usura nau-tica per aumentare i suoi profitti, e di far crescere il figlio Marconell'agiatezza.Insomma, M. Poreius Cato "costruiva la sua teoriadel "Sabino frugale" (...) proprio nel momento in cui la sua vita co-stituiva una vistosa conferma del Sabino raffinato e opulento"'6.

Analoga contraddizione può forse proiettarsi anche sull'ante-cedente storico dei prisci Romani del V secolo, ove - secondo lanostra interpretazione - ristretti gruppi sociali, che detenevanosaldamente il potere politico ed economico, awebbero plasmato unostile di vita austero, nonostante le vistose stratificazioni sociali esi-stenti gia in quel medesimo periodo li collocassero tra un'éIite de-cisa a relegare in ambito subalterno gli altri soggetti sociali.

'G La PENNI L987,21t.'q MoNTexaRI 1990, 61.

'6 Per la ler Porcía de sumptu provinciali e per un esame dell'impegno di M.Porcius Cato in questo campo, cfr. BuoNerrluurE 1980.

'' MoNreNaRr L990, ibid..

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