diagnosticare la malattia di alzheimer

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I 17-056-A-20 Diagnosticare la malattia di Alzheimer M. Sarazin, L. Hamelin, F. Lamari, M. Bottlaender Il numero di pazienti dementi è stimato pari a 24 milioni di individui nel mondo, dei quali la maggio- ranza è affetta da una malattia di Alzheimer (MA). È stato realizzato uno sforzo crescente per contrastare l’espansione della malattia. Questo ha permesso di comprendere meglio la fisiopatologia della malattia e di sviluppare nuovi strumenti diagnostici in grado di individuare, in vivo, i meccanismi biologici. Tale arse- nale clinico permette, ormai, di porre una diagnosi fin dallo stadio iniziale della malattia, basandosi, al tempo stesso, su degli indicatori clinici neuropsicologici e di neuroradiologia (risonanza magnetica [RM], medicina nucleare) e su degli strumenti laboratoristici (bioindicatori del liquido cefalorachidiano [LCR] e immagini amiloidi alla tomografia per emissione di positroni [PET]), che informano sull’eziologia. Questo iter clinicobiologico ha portato a ridefinire i criteri della diagnosi di MA. Questi strumenti biologici per- mettono anche di pensare alla malattia diversamente, riferendosi non più unicamente all’identificazione di una sindrome clinica ma anche all’identificazione del processo fisiopatologico sottostante. Questo ragionamento biologico tiene conto delle due vie patologiche proteiche principali associate alla malattia, quella della proteina amiloide che porta alle placche amiloidi, che si instaurano parecchi anni prima dei sintomi, e quella della proteina tau, che conduce alla formazione delle degenerazioni neurofibrillari e associate ai segni clinici. © 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Alzheimer; Diagnosi; Bionidicatori; MCI Struttura dell’articolo Contesto: integrare gli indicatori biologici all’iter clinico 1 Fisiopatologia ed espressione clinica della malattia 2 Classificazione degli strumenti diagnostici 2 Strumento neuropsicologico e valutazione clinica 4 Sindrome amnesica come indicatore della lesione ippocampale 4 Lesione delle funzioni strumentali ed esecutive 5 Atipie cliniche 5 Esame neurologico somatico 5 Risonanza magnetica cerebrale 5 Risonanza magnetica strutturale: evidenziare un’atrofia ippocampale 5 Risonanza magnetica e lesioni vascolari 6 SPECT e PET-FDG: indicatore topografico della disfunzione neuronale 6 Indicatori fisiopatologici della malattia di Alzheimer 7 Bioindicatori del liquido cefalorachidiano 7 Immagini amiloidi alla tomografia per emissione di positroni 10 Diagnosi genetica della malattia di Alzheimer 11 Nuovi criteri diagnostici della malattia di Alzheimer 11 Contesto: integrare gli indicatori biologici all’iter clinico Da più di 25 anni, la diagnosi della malattia di Alzheimer (MA) si basa sui criteri clinici del National Institute of Neu- rological and Communicative Disorders and Stroke (NINCDS) e dell’Alzheimer’s Disease and Related Disorders Association (ADRDA). Questi criteri propongono tre livelli di certezza diagno- stica: la diagnosi è definitiva se la diagnosi clinica è confermata dall’esame neuropatologico; la diagnosi è probabile se la sindrome clinica è tipica ma senza una conferma neuropatologica; la diagnosi è possibile se la sindrome clinica è atipica ma senza altra alternativa diagnostica apparente e malgrado l’assenza di una conferma neuropatologica [1] . Secondo questa definizione, il quadro clinico tipico di MA associa un deficit della memoria episodica di instaurazione pro- gressiva alla lesione di almeno un altro settore cognitivo e a possibili sintomi neuropsichiatrici, inducendo una ripercus- sione nella vita sociale e nell’autonomia della vita quotidiana. I criteri NINCDS-ADRDA propongono la realizzazione di esami di neuroradiologia (TC o risonanza magnetica [RM] cerebrale) per escludere altre cause di sindrome demenziale, come delle lesioni vascolari, tumorali, infettive o, ancora, infiammatorie. Gli EMC - Neurologia 1 Volume 14 > n 2 > maggio 2014 http://dx.doi.org/10.1016/S1634-7072(14)67223-8

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Page 1: Diagnosticare la malattia di Alzheimer

� I – 17-056-A-20

Diagnosticare la malattia di Alzheimer

M. Sarazin, L. Hamelin, F. Lamari, M. Bottlaender

Il numero di pazienti dementi è stimato pari a 24 milioni di individui nel mondo, dei quali la maggio-ranza è affetta da una malattia di Alzheimer (MA). È stato realizzato uno sforzo crescente per contrastarel’espansione della malattia. Questo ha permesso di comprendere meglio la fisiopatologia della malattia edi sviluppare nuovi strumenti diagnostici in grado di individuare, in vivo, i meccanismi biologici. Tale arse-nale clinico permette, ormai, di porre una diagnosi fin dallo stadio iniziale della malattia, basandosi, altempo stesso, su degli indicatori clinici neuropsicologici e di neuroradiologia (risonanza magnetica [RM],medicina nucleare) e su degli strumenti laboratoristici (bioindicatori del liquido cefalorachidiano [LCR] eimmagini amiloidi alla tomografia per emissione di positroni [PET]), che informano sull’eziologia. Questoiter clinicobiologico ha portato a ridefinire i criteri della diagnosi di MA. Questi strumenti biologici per-mettono anche di pensare alla malattia diversamente, riferendosi non più unicamente all’identificazionedi una sindrome clinica ma anche all’identificazione del processo fisiopatologico sottostante. Questoragionamento biologico tiene conto delle due vie patologiche proteiche principali associate alla malattia,quella della proteina amiloide che porta alle placche amiloidi, che si instaurano parecchi anni prima deisintomi, e quella della proteina tau, che conduce alla formazione delle degenerazioni neurofibrillari eassociate ai segni clinici.© 2014 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Alzheimer; Diagnosi; Bionidicatori; MCI

Struttura dell’articolo

■ Contesto: integrare gli indicatori biologici all’iter clinico 1■ Fisiopatologia ed espressione clinica della malattia 2■ Classificazione degli strumenti diagnostici 2■ Strumento neuropsicologico e valutazione clinica 4

Sindrome amnesica come indicatore della lesione ippocampale 4Lesione delle funzioni strumentali ed esecutive 5Atipie cliniche 5Esame neurologico somatico 5

■ Risonanza magnetica cerebrale 5Risonanza magnetica strutturale: evidenziare un’atrofiaippocampale 5Risonanza magnetica e lesioni vascolari 6

■ SPECT e PET-FDG: indicatore topografico della disfunzioneneuronale 6

■ Indicatori fisiopatologici della malattia di Alzheimer 7Bioindicatori del liquido cefalorachidiano 7Immagini amiloidi alla tomografia per emissione di positroni 10

■ Diagnosi genetica della malattia di Alzheimer 11■ Nuovi criteri diagnostici della malattia di Alzheimer 11

� Contesto: integraregli indicatori biologici all’iterclinico

Da più di 25 anni, la diagnosi della malattia di Alzheimer(MA) si basa sui criteri clinici del National Institute of Neu-rological and Communicative Disorders and Stroke (NINCDS)e dell’Alzheimer’s Disease and Related Disorders Association(ADRDA). Questi criteri propongono tre livelli di certezza diagno-stica:• la diagnosi è definitiva se la diagnosi clinica è confermata

dall’esame neuropatologico;• la diagnosi è probabile se la sindrome clinica è tipica ma senza

una conferma neuropatologica;• la diagnosi è possibile se la sindrome clinica è atipica ma senza

altra alternativa diagnostica apparente e malgrado l’assenza diuna conferma neuropatologica [1].Secondo questa definizione, il quadro clinico tipico di MA

associa un deficit della memoria episodica di instaurazione pro-gressiva alla lesione di almeno un altro settore cognitivo ea possibili sintomi neuropsichiatrici, inducendo una ripercus-sione nella vita sociale e nell’autonomia della vita quotidiana.I criteri NINCDS-ADRDA propongono la realizzazione di esamidi neuroradiologia (TC o risonanza magnetica [RM] cerebrale)per escludere altre cause di sindrome demenziale, come dellelesioni vascolari, tumorali, infettive o, ancora, infiammatorie. Gli

EMC - Neurologia 1Volume 14 > n◦2 > maggio 2014http://dx.doi.org/10.1016/S1634-7072(14)67223-8

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strumenti laboratoristici specifici di MA, che non erano ancoranoti all’epoca dell’elaborazione di questi criteri, non erano evi-dentemente richiesti. La sensibilità e la specificità dei criteridella NINCDS-ADRDA per distinguere i soggetti che hanno unademenza dovuta alla MA dai soggetti senza demenze si situanointorno all’80%, ma la loro pertinenza per distinguere la MA dallealtre demenze è modesta (23-88%) [2, 3].

Uno dei limiti di questi criteri è di essere applicabili solo allostadio clinico della sindrome demenziale. Ora, è rapidamenteapparso necessario identificare la MA a uno stadio iniziale, stadioche precede la sindrome demenziale e che si presenta sotto formadi un disturbo cognitivo leggero (denominato comunemente mildcognitive impairment [MCI]) di tipo amnesico. A questo stadio, ladiagnosi è difficile, in quanto i sintomi restano discreti e pos-sono confondersi con altri processi eziologici patologici o, anche,fisiologici.

La scoperta degli indicatori biologici, riflesso delle lesioni neuro-patologiche caratteristiche della malattia, ha permesso di superarel’ostacolo della diagnosi precoce. La possibilità di basare il ragio-namento diagnostico su degli indicatori fisiopatologici, come ibioindicatori del LCR e le immagini amiloidi alla tomografia peremissione di positroni con il Pittsburgh compound B (PET-PIB), haaperto il campo della diagnosi eziologica, facendo uscire la MAdalla semplice descrizione fenotipica clinica, che rappresentava,fino ad allora, la sola base della diagnosi [1]. L’iter diagnosticodella MA è, così, evoluto verso un iter clinicobiologico. Questoapproccio combinato clinico, di neuroradiologia e laboratoristicopermette di migliorare la qualità della diagnosi fin dallo stadiodi MCI. Ciò ha condotto i gruppi di lavoro della National Insti-tute of Aging-Alzheimer’s Association (NIA-AA) a pubblicare, nel2011, nuovi criteri diagnostici della MA adattati tanto allo stadiodi demenza che allo stadio di MCI della MA, includendo i nuoviindicatori biologici/fisiopatologici [4, 5].

� Fisiopatologia ed espressioneclinica della malattia

Il nuovo approccio alla diagnosi di MA si basa sull’utilizzodei bioindicatori della MA. Questi consentono di identificare ilprocesso eziologico associato ai sintomi. È, quindi, importanteriassumere qui le basi della fisiopatologia della MA e la loro inter-pretazione in vivo.

Le principali lesioni neuropatologiche osservate nel corso dellaMA possono essere schematicamente suddivise in tre catego-rie: le degenerazioni neurofibrillari (DNF), che sono dovuteall’accumulo intracellulare di proteina tau (tubulin-associated unit)anormalmente fosforilata, i depositi extracellulari di peptide A�(peptide beta-amiloide1-42) e le perdite sinaptiche o neuronali. Laplacca neuritica (o placca senile) è una lesione composita, checomprende allo stesso tempo un deposito di peptide A� (il cuore)e delle lesioni neurofibrillari (la corona). La MA si accompagna aun’angiopatia amiloide cerebrale in grado variabile e a una rea-zione infiammatoria e immunitaria spontanea alla periferia delleplacche amiloidi.

Le DNF sono composte da depositi di coppie di filamentielicoidali costituiti da proteine tau anormalmente fosforilate. Dif-ferenti isoforme della proteina tau sono normalmente presentinelle cellule e negli assoni. Queste proteine sono associate aimicrotubuli del citoscheletro e svolgono un ruolo nel mante-nimento dell’architettura neuronale e nel trasporto vescicolarelungo gli assoni. L’iperfosforilazione della proteina tau modificaqueste capacità funzionali. Dissociandosi dai microtubuli, que-sti ultimi non assicurano più la loro funzione di mantenimentodell’architettura neuronale, portando, così, alla morte neuronale.Le DNF si instaurano in modo progressivo seguendo uno schematopografico ben determinato. Le DNF si osservano inizialmentenelle aree entorinale e transentorinale, situate sulla quinta circon-voluzione temporale (giro paraippocampale) e, poi, interessanol’ippocampo, per raggiungere, infine, l’isocorteccia(le aree asso-ciative multimodali, quindi le aree unimodali e, infine, le areesensoriali primarie). La topografia delle DNF costituisce un indicepreciso dello stadio di gravità della MA, definita in sei stadi rag-

Stadio preclinico MA allo stadiodi demenza

MA allostadio di MCI

Integrità neuronale

Placche amiloidi

Groviglioneurofibrillare

Massimo

Minimo

Figura 1. Cronologia delle lesioni e conseguenze cliniche [81]. MA:malattia di Alzheimer; MCI: mild cognitive impairment.

gruppati a due a due (stadi entorinali, limbici e isocorticali) [3]. Isintomi clinici della MA sono correlati alla topografia delle DNF.

Nella pratica clinica, i principali bioindicatori, considerati ilriflesso indiretto della patologia tau (DNF), si basano sul dosaggionel liquido cefalorachidiano della proteina tau totale (tau) e delleisoforme della proteina tau fosforilata (P-tau 181 e P-tau 231).

I depositi amiloidi derivano dall’accumulo del peptide ami-loide A�1-42 (A�42) derivante dall’azione proteolitica dellebeta- e, quindi, delle gamma-secretasi sulla proteina precursoredell’amiloide (APP) transmembrana. Questa via, detta amiloido-gena, porta alla formazione di peptidi, estremamente idrofobi,dapprima sotto forma di monomeri, che si aggregano in oligo-meri, poi in polimeri, assumendo, allora, un aspetto beta a piegheche costituiscono le placche amiloidi intracerebrali. Le fasi di pro-gressione delle placche amiloidi, descritte da Thal et al. [6], nonseguono lo stesso schema di progressione descritto per le DNF [6]. Ildeposito amiloide inizia nel neocortex (fase 1) e progredisce versol’ippocampo (fase 2), i nuclei grigi (fase 3) e il tronco cerebrale(fase 4), fino al cervelletto (fase 5). Contrariamente alle DNF, i sin-tomi clinici non sono correlati alla topografia e alla gravità delleplacche amiloidi.

Nella pratica clinica, i principali bioindicatori consideratiriflesso indiretto della patologia amiloide (A�42) si basano suldosaggio del peptide A�42 nel LCR e sulle immagini amiloidialla PET. I ligandi utilizzati, derivati della tioflavina T, si fissanosul peptide A� pieghettato fibrillare, sulle placche amiloidi e, piùmodestamente, sull’angiopatia amiloide. Il ligando più utilizzatoè il PIB marcato con 11C (richiede un ciclotrone a causa della breveemivita del tracciante radioattivo). Dei ligandi fluorati, come il18F-AV-45 (florbetapir), sono ormai sviluppati e più facilmenteaccessibili [7].

Per molti, il meccanismo centrale della malattia si basa sullaproduzione e sull’accumulo anormale di peptide A�, che indica iltermine di «cascata amiloide». È, tuttavia, la patologia tau (DNF)a essere all’origine della comparsa dei sintomi clinici e della loroprogressione. Gli stadi di progressione delle DNF sono correlati aisintomi cognitivi, mentre si osserva una scarsa evoluzione dellapatologia amiloide (valutata alla PET-PIB) allo stadio sintomaticodella malattia (Figg. 1, 2).

� Classificazione degli strumentidiagnostici (Tabella 1)

Gli strumenti diagnostici sono stati innanzitutto classificatisecondo un principio semplice e vicino alle nostre pratiche cli-niche in:• indicatori topografici, che includono la neuropsicologia, la RM

strutturale (atrofia corticale) e gli esami in single photon emis-sion computed tomography (SPECT) o tomografia per emissionedi positroni al fluorodesossiglucosio (PET-FDG);

• indicatori fisiopatologici, che includono i bioindicatori del LCRe la diagnostica per immagini amiloide [8].

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Questa classificazione suggerisce che la prima fase dia-gnostica è quella dell’identificazione del fenotipo clinico,che permette di identificare uno schema sindromico anato-moclinico tipico della MA, definito allo stadio iniziale dauna sindrome ippocampale cognitiva e da un’atrofia tem-porale mediana alla RM. Gli indicatori fisiopatologici inter-vengono in un secondo tempo per confermare la diagnosieziologica.

La classificazione più recente degli strumenti diagnostici pro-pone di classificare l’insieme degli indicatori in funzione del loro

bersaglio fisiopatologico. Il principio è di distinguere i bioindi-catori che riflettono la patologia amiloide dai bioindicatori cheriflettono la neurodegenerazione neuronale associata alla patolo-gia tau. Questi ultimi sono direttamente correlati ai sintomi e allagravità della MA, mentre gli indicatori della patologia amiloidenon sono correlati alla presentazione clinica della malattia [5, 9]. Ènecessario, per prendere in considerazione la diagnosi della MA,avere degli argomenti che orientano verso un processo patologicoche implica, allo stesso tempo, la proteina amiloide e la proteinatau.

A

1

B

2

C D

E F

Figura 2. Progressione delle lesioni caratteristiche della malattia di Alzheimer. Decorso semplificato della progressione della patologia tau [82] (A-C) edecorso della progressione della patologia amiloide (A�) fibrillare [6] (D-H).A. Stadio 3: ippocampo (1). Corteccia transentorinale e ippocampale, corteccia limbica.B. Stadio 7: neocortex associativo polimodale (2).C. Stadio 10: neocortex.D. Fase 1: neocortex.E. Fase 2: ippocampo (allocortex).F. Fase 3: diencefalo e nuclei grigi centrali.

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GH

Figura 2. (seguito) Progressione delle lesioni caratteristiche della malattia di Alzheimer. Decorso semplificato della progressione della patologia tau [82]

(A-C) e decorso della progressione della patologia amiloide (A�) fibrillare [6] (D-H).G. Fase 4: tronco cerebrale.H. Fase 5: ponte e cervelletto.

Tabella 1.Classificazione degli strumenti diagnostici della malattia di Alzheimersecondo le raccomandazioni del National Institute of Aging-Alzheimer’sAssociation (NIA-AA) (2011).

Bioindicatore dideposito di A�

Bioindicatore dimorte neuronale

LCR A�42 Sì No

Immagini amiloidi alla PET Sì No

LCR tau/P-tau - Sì

VH o ATM mediante RM No Sì

Tasso di progressionedell’atrofia alla RM

No Sì

PET-FDG No Sì

SPECT No Sì

A�: proteina beta-amiloide; LCR: liquido cefalorachidiano; PET: tomografiaper emissione di positroni; VH: volume ippocampale; ATM: atrofia temporalemediana; RM: risonanza magnetica; PET-FDG: tomografia per emissione di posi-troni al fluorodesossiglucosio; SPECT: single photon emission computed tomography(scintigrafia cerebrale).

� Strumento neuropsicologicoe valutazione clinicaSindrome amnesica come indicatoredella lesione ippocampale

La tappa iniziale del medico si basa sull’analisi semeiologica,la sola in grado di identificare la sindrome cognitiva suggestivao meno di MA. Il deficit della memoria episodica caratterizza iprimi segni della MA e ne costituisce il sintomo principale nellasua forma tipica. Ciò si spiega per il coinvolgimento iniziale delleformazioni ippocampali e paraippocampali da parte delle DNF.Un deficit della memoria episodica costituisce, quindi, il miglioreindicatore clinico di MA iniziale. Il paziente, in genere, lamentadifficoltà nel fissare le informazioni più recenti, nel costituirenuovi ricordi o nell’apprendere nuove conoscenze.

Sono proposti vari test per valutare la disfunzione mnesica.Per quanto riguarda la memoria episodica verbale, il test delricordo libero/ricordo indicizzato (RL/RI) a 16 voci ha il vantaggiodi controllare e di rinforzare la codificazione (tappa che corri-sponde all’apprendimento iniziale della lista delle parole) conl’utilizzo di un indice semantico (per esempio, l’apprendimentodella parola «gilè» è rinforzato dalla domanda «qual è ilvestito?»). Le prestazioni mnesiche sono, in seguito, misuratecon il ricordo spontaneo, detto ricordo libero («quali sono leparole di cui si ricorda?»), poi, per le parole non ricordate,con il ricordo indicizzato, dove l’indizio semantico presentatoal momento della fase di codificazione è riformulato («qualera il vestito?») [10]. Ciò permette di individuare un profilo diamnesia di tipo ippocampale definito da un ricordo libero e da

Tabella 2.Profilo del deficit di memoria episodica verbale di tipo ippocampale.

Profilo neuropsicologico

Ricordo liberodeficitario

Un ricordoindicizzatodeficitario coninsuccessodell’indicizzazionesemantica

Spesso associato anumerose intrusionie a falsiriconoscimenti

Punteggi ad alto rischio evolutivo di MA in soggetti MCI

Punteggio Sensibilità Specificità

Ricordo libero < 18/48 71% 91%

Fisiologia totale < 40/48 80% 90%

Efficaciadell’indicizzazione

< 71% 78% 85%

MA: malattia di Alzheimer; MCI: mild cognitive impairment.

un ricordo indicizzato deficitari. L’apporto dell’indizio seman-tico non permette al soggetto di recuperare in modo efficacel’informazione (Fig. 2). Questo profilo si distingue dal profilodi tipo sottocorticofrontale, dove l’indicizzazione semantica nor-malizza il ricordo. Nell’amnesia di tipo ippocampale, le parolebersaglio non sono memorizzate a causa del difetto di conso-lidamento mnesico legato alla lesione delle strutture temporalimediane e del circuito di Papez. Nella MA, i punteggi delRL/RI sono correlati alla gravità dell’atrofia ippocampale, con-fortando il postulato anatomofunzionale valutato con questotest [11]. Viceversa, nell’amnesia sottocorticofrontale, l’efficaciadell’attivazione dei processi di recupero dell’informazione conl’indizio semantico segna l’integrità delle strutture ippocampalie orienta verso una disfunzione della corteccia prefrontale.

Nei pazienti MCI, uno studio francese ha mostrato che la sen-sibilità e la specificità del test di RL/RI erano attorno all’80% perindividuare i soggetti che sarebbero evoluti verso una sindromedemenziale di tipo MA al termine di tre anni di follow-up [12].I punteggi più pertinenti per la diagnosi di MA allo stadio diMCI, quali che siano l’età del paziente e il suo livello di educa-zione, sono un ricordo libero inferiore a 17/48 e un ricordo totaleinferiore a 40/48, con un’efficacia dell’indicizzazione semanticainferiore al 71% (Tabella 2). Inoltre, uno studio ha confermatol’interesse del test RL/RI nella diagnosi della MA allo stadio di MCI,basandosi sulla validità della diagnosi con i bioindicatori del LCR(rapporto A�1-42/tau a favore o meno della diagnosi di MA) [13].Le prestazioni al ricordo libero e al ricordo indicizzato del RL/RIpermettono di distinguere i soggetti MCI con dei bioindicatoripositivi da quelli con dei bioindicatori negativi. Rispetto ad altritest di memoria (Consortium to Establish a Registry for Alzhei-mer’s Disease Neuropsychological Battery [CERAD-NP] e il LogicalMemory [LM] Paragraph Recall Test della Wechsler-Memory Scale-Revised), il RL/RI è il più discriminante per individuare i MCI conun profilo laboratoristico del LCR a favore di una MA.

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Occorre, tuttavia, notare che un tale profilo di amnesia non èesclusivamente sinonimo di MA e si può osservare in altre pato-logie che interessano le strutture limbiche e il circuito di Papez,come l’alcolismo, le encefaliti limbiche, le sclerosi ippocampalio, ancora, altre malattie neurodegenerative come alcune formedi demenza lobare frontotemporale (DLFT) [14]. Degli studi recentihanno, infatti, sottolineato che alcune forme di DLFT si accompa-gnano a un’autentica amnesia, simile a quella osservata nella MA,spiegata da una sclerosi ippocampale e da una lesione anterioredel circuito di Papez [14].

Precisiamo, infine, che un test di memoria episodica come ilRL/RI non può essere interpretato isolatamente. È indispensabileavere una valutazione delle capacità linguistiche e delle capa-cità attenzionali, che possono interferire sulle capacità inizialidi codificazione e di recupero prima di qualsiasi interpretazionesbrigativa.

Lesione delle funzioni strumentalied esecutive

La progressione dei sintomi clinici segue la progressione lesio-nale associata alla distribuzione delle DNF. La lesione dellefunzioni strumentali (linguaggio, funzioni visuospaziali, aprassiagestuale, acalculia) è associata a un’atrofia corticale della cortecciaassociativa temporoparietale, indicando un’estensione lesionale«a predominanza posteriore». La lesione delle funzioni esecutivee le difficoltà di esecuzione dei compiti complessi della vita quo-tidiana sono associate a un’estensione lesionale frontale.

Ricordiamo, infine, che il test del mini mental score (MMS) valutal’efficacia cognitiva globale e permette di apprezzare il livello digravità del deficit cognitivo globale. Esso non è né un test diagno-stico specifico né un test di screening. Un punteggio «normale»non esclude una MA (soprattutto nei soggetti che hanno un livellosocioculturale elevato) e un punteggio patologico si può osservarein stati confusionali isolati (a causa di un disturbo attenzionaleimportante) o in ogni altra patologia neurocognitiva.

L’altro strumento comunemente utilizzato per la valutazioneglobale clinica è la scala di CDR (clinical dementia rating scale). Sitratta di una scala che si basa su una valutazione globale dello statodel paziente nella sua vita quotidiana e che comporta un’intervistacon i familiari. Questa scala è utilizzata soprattutto nei proto-colli di ricerca e negli studi farmacologici. Complessivamente, unpunteggio di 0,5 alla CDR corrisponde allo stadio di MCI, un pun-teggio pari a 1 allo stadio di demenza lieve e un punteggio pari a2 o più allo stadio di demenza da moderata a grave.

Atipie clinicheSono descritte delle forme dette atipiche della MA:

• forme frontali di MA con una sindrome disesecutiva predomi-nante;

• forme parietali con una lesione iniziale a predominanza tempo-roparietale della MA, che si osserva, il più delle volte, quandola malattia inizia a un’età giovane (prima dei 65 anni);

• forma linguistica marcata da un’afasia progressiva spontanea-mente logopenica;

• forma visiva che si presenta come un’atrofia corticale poste-riore.In questo quadro, la sindrome cognitiva informa sulla topo-

grafia lesionale senza informare sul meccanismo causale, che puòessere precisato solo dagli indicatori fisiopatologici. La diagnosiresta, allora, definita dalla presentazione clinica, poiché la dia-gnosi eziologica di MA atipica può essere ipotizzata solo con ilsostegno dei risultati degli indicatori biologici.

Esame neurologico somaticoL’esame neurologico è «normale» nella MA iniziale. Durante la

sua evoluzione, allo stadio da moderato a grave della demenza,può comparire una leggera sindrome extrapiramidale spesso aci-netorigida e con poco tremore. Le crisi di epilessia generalizzatasono possibili durante l’evoluzione della malattia ma rimangono

rare e si verificano più spesso nei pazienti giovani [15]. I disturbipsicocomportamentali come allucinazioni visive, propositi diandamento delirante (ricordi antichi vissuti come contempora-nei), agitazioni o gesti di ostilità, perfino di aggressività, sonoincostanti e compaiono solo negli stadi già instaurati della malat-tia. I disturbi di andamento psicotico (delirio, allucinazioni) sonodegli elementi di cattiva prognosi e aumentano il rischio di isti-tuzionalizzazione [16].

Tuttavia, queste manifestazioni non sono, di solito, presenti aglistadi iniziali e leggeri della malattia e devono, allora, condurre adiscutere altre diagnosi. Schematicamente, dei disturbi inaugu-rali del comportamento con alterazioni delle reazioni affettiveed emotive orientano verso una demenza frontotemporale (DFT),dei disturbi inaugurali del linguaggio con agrammatismo o anar-tria orientano verso un’afasia progressiva non fluente, dei disturbiinaugurali del campo della memoria semantica verbale (che pos-sono presentarsi come un’afasia fluente) e non verbale orientanoverso una demenza semantica (DS), una sindrome parkinsoniana,delle allucinazioni visive e delle idee deliranti precoci orientanoverso una demenza a corpi di Lewy (DCL), un’evoluzione intermit-tente o a scalini che si accompagna a disturbi motori e/o sensorialiorienta verso una demenza vascolare o mista e un’instaurazionerapidamente progressiva fa discutere un meccanismo non neuro-degenerativo, come la malattia di Creutzfeldt-Jakob.

Al contrario, la depressione e l’ansia, come anche l’apatia,sono frequenti nella MA e si possono osservare in tutti gli stadidell’evoluzione.

� Risonanza magnetica cerebraleRisonanza magnetica strutturale: evidenziareun’atrofia ippocampale

Oltre al suo interesse nella diagnosi differenziale della MA,rilevando delle cause non neurodegenerative, la RM informasull’atrofia cerebrale, in particolare sull’atrofia delle strutture tem-porali mediali come l’ippocampo e la corteccia entorinale. NellaMA, l’atrofia misurata alla RM è considerata un riflesso indi-retto della progressione della patologia tau (DNF) [17]. L’atrofiaippocampale è correlata alla gravità del deficit della memoriaepisodica [11].

L’atrofia corticale è diagnosticata con sequenze tridimensio-nali ad alta risoluzione pesate in T1 su ricostruzioni coronaliperpendicolari al grande asse dei lobi temporali. L’atrofia tempo-rale mediale prende in considerazione l’allargamento del cornoventricolare in corrispondenza dell’ippocampo, l’atrofia ippocam-pale e quella della corteccia entorinale (Fig. 3). Essa può esserevalutata con delle scale visive e dei metodi semiautomatizzati,che permettono delle misure quantitative riproducibili e più affi-dabili. Le scale visive hanno mostrato che un’atrofia temporalemediana è associata a un alto rischio evolutivo di MA in soggettiMCI [18]. Le misure quantitative osservano un’atrofia delle strut-ture ippocampali rilevabile fin dallo stadio iniziale della MA, cheaumenta con l’evoluzione (Fig. 4). La perdita di volume ippocam-pale è dell’ordine del 10-15% allo stadio di MCI e, quindi, del15-30% allo stadio di demenza lieve [12]. La sensibilità e la specifi-cità della misurazione del volume ippocampale per individuare laMA rispetto a soggetti anziani controllo sono migliori allo stadiodi demenza (80-85%) [13] che allo stadio di MCI (70-80%). L’atrofiaippocampale precede i sintomi clinici ed è osservata cinque anniprima della diagnosi, in alcuni studi [19].

L’atrofia ippocampale non è specifica della MA e si può osservarenell’invecchiamento e in altre cause di demenza, come la demenzadella malattia di Parkinson, la demenza vascolare o, ancora, laDLFT [20]. Ciò spiega il fatto che la specificità di questo indicatoreresti bassa rispetto alle altre demenze [20].

Il tasso di progressione dell’atrofia ippocampale potrebbe costi-tuire un buon indicatore di diagnosi precoce di MA a causa di unamigliore specificità. Il tasso di progressione annuale dell’atrofiaippocampale è di circa il 3-6% per anno nella MA, anche allo sta-dio di MCI, rispetto allo 0,5-2% osservato nel soggetto anzianocontrollo [21, 22].

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A B

C

213

Figura 3. Risonanza magnetica cerebrale: valutazione visiva dell’atrofia tem-porale mediana (a-c) (riprodotto con la cortese autorizzazione del CENIR, ICM,AP-HP, Hôpital de la Salpêtrière, Parigi). 1. Fessura coroide; 2. corno ventricolare;3. altezza dell’ippocampo.

Tuttavia, la difficoltà di applicare queste misure nella pratica cli-nica e lo scarso margine di differenza tra la patologia e la fisiologiariservano per ora questi strumenti quantitativi essenzialmente allaricerca e agli studi terapeutici.

Congiuntamente all’analisi dell’atrofia temporale mediana, ilreperimento, anche visivamente, di un’atrofia corticale in altreregioni bersaglio della MA, come un’atrofia parietale, aumenta ilvalore predittivo della diagnosi di MA [23]. Questo è il motivo percui sono allo studio altre metodiche di analisi dell’atrofia corticale,che prendono in considerazione l’insieme del nastro corticale epossono migliorare la classificazione diagnostica. Queste tecnichenon sono attualmente utilizzate nella pratica clinica.

Risonanza magnetica e lesioni vascolariLe sequenze T2 o le sequenze fluid attenuated inversion reco-

very (FLAIR) possono evidenziare una leucopatia (leucoaraiosi)di intensità variabile nella MA. Queste lesioni sono, il più dellevolte, considerate di natura microvascolare, o aspecifica (arte-riosclerosi) o nel quadro di un’angiopatia amiloide cerebraleassociata alla MA, e questi due meccanismi non sono esclusivil’uno dell’altro. L’angiopatia amiloide cerebrale si caratterizza perdelle microemorragie (microbleeds) di topografia lobare superfi-ciale, delle lacune o microinfarti e, a volte, delle emorragie. Lasequenza RM pesata in eco di gradiente (T2∗ o T2 EG) trova quitutto il suo interesse [24].

� SPECT e PET-FDG: indicatoretopografico della disfunzioneneuronale

La tomografia per emissione monofotonica (TEMP), abitual-mente denominata SPECT (scintigrafia cerebrale), e la PET-FDGinformano sulla topografia lesionale, considerata, nella MA, comeun segno indiretto dell’estensione delle DNF.

La SPECT si basa sulla misurazione del flusso ematico cere-brale regionale, riflesso dell’attività neuronale. Nella MA, la SPECTmostra un ipoafflusso nelle regioni temporo-parieto-occipitalibilaterali, associato a un rispetto della perfusione delle aree prima-rie, del cervelletto e dei gangli della base. La scintigrafia cerebraleè utile soprattutto nelle diagnosi iniziali di MA, mostrando unipoafflusso delle regioni amigdaloippocampali bilaterali. La preci-sione della diagnosi tra la MA e i soggetti controllo della SPECTè, tuttavia, solo del 74% [25]. L’associazione di un’ipoperfusioneparietale aumenta la specificità della diagnosi fin dallo stadio diMCI [26].

L’esame in PET-FDG misura il consumo glucidico neuronalecorticale, riflesso del metabolismo neuronale corticale a riposo(Fig. 5). La PET-FDG ha le stesse indicazioni della SPECT, conmigliori sensibilità e specificità per la diagnosi precoce di MA.Lo schema di ipometabolismo associato alla MA si caratterizzaper un ipometabolismo della corteccia premotoria e cingolata

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A B

C

Figura 4. Evoluzione dell’atrofia ippocampale con la gravità della malattia diAlzheimer (riprodotto con la cortese autorizzazione del CENIR, ICM-AP-HP, Hôpi-tal de la Salpêtrière, Parigi).A. Uomo, 55 anni. MMSE (mini mental state examination): 28/30; RL (memo-ria episodica verbale valutata con il test del RL/RI; RL: ricordo libero; RT: ricordototale): 15/48; RT: 33/48. Vol Hipp (volume dell’ippocampo valutato con la meto-dica SACHA, volume non normalizzato espresso in cm3) S: 3,07; Vol Hipp D: 3,04;LCR (liquido cefalorachidiano) (dosaggio dei bioindicatori del LCR espresso inpg/ml): A�42: 282; tau: 324; P-tau: 62; IATI (innotest amyloid tau index): 0,45.B. Donna, 53 anni. MMSE: 20/30; RL: 4/48; RT: 20/48; Vol Hipp S: 2,44; Vol HippD: 2,63; LCR: A�: 232; tau: 933; P-tau: 127; IATI: 0,17.C. Donna, 58 anni. MMSE: 6/30; RL e RT non eseguibile; Vol Hipp S 0,66; VolHipp D: 1; LCR: A�: 197; tau: 1 145; P-tau: 116; IATI: 0,12.

posteriore, associato a una relativa conservazione del metaboli-smo delle regioni visive e sensorimotorie e del cervelletto [27]. Unametanalisi ha mostrato una sensibilità e una specificità dell’86%per la diagnosi di MA, ma con variazioni molto importanti tragli studi [28]. La sensibilità dell’esame PET-FDG per distinguerei soggetti controllo dai pazienti MA è dell’89-99% e la speci-ficità è del 60-87% dopo la conferma istologica postmortemdella diagnosi [29]. Gli studi basati sull’interesse della PET-FDG perla diagnosi differenziale della MA con altre demenze neurode-generative mostrano dei risultati variabili. Un ipometabolismoparietale può, così, essere osservato anche nelle DLFT [30]. Unipometabolismo nella corteccia cingolata posteriore, nel precu-neo e nelle aree associative temporoparietali nei pazienti MCIè associato a un rischio di evoluzione verso una MA. Infine,l’ipometabolismo precede la comparsa dei sintomi clinici, inparticolare quando è localizzato nel precuneo e nel cingoloposteriore.

� Indicatori fisiopatologicidella malattia di Alzheimer

Bioindicatori del liquido cefalorachidianoDefinizione

I principali indicatori biologici del LCR attualmente disponi-bili per la diagnosi della MA sono la proteina tau totale (tau)e la proteina tau fosforilata (P-tau 181 e P-tau 231) e i peptidi �-amiloidi A�1-40 e A�1-42 [31].

Proteina tau e P-tauUn aumento della concentrazione della proteina tau totale è

considerato un riflesso di lisi neuronale (morte neuroassonale) inmodo aspecifico. L’aumento della concentrazione della proteinatau fosforilata è associato alla formazione delle DNF e, per questo

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A B

C D

Figura 5. Immagini amiloidi alla PET-PIB (tomografia per emissione di positroni con il Pittsburgh compound B). Sezioni assiali, coronali e sagittali di distri-buzione del PIB alla PET (riprodotto con la cortese autorizzazione del Service hospitalier Frédéric-Joliot, Orsay, CEA [Étude ImaBio3, PHRC 2010 e Biomage,ANR ANR-07-LVIE-002-01]).A, C, E, G. Soggetto controllo.B, D, F, H. Soggetto Alzheimer. La fissazione del ligando PIB prevale nelle regioni prefrontali e parietali e nel precuneo.

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E F

G H

Figura 5. (seguito) Immagini amiloidi alla PET-PIB (tomografia per emissione di positroni con il Pittsburgh compound B). Sezioni assiali, coronali e sagittalidi distribuzione del PIB alla PET (riprodotto con la cortese autorizzazione del Service hospitalier Frédéric-Joliot, Orsay, CEA [Étude ImaBio3, PHRC 2010 eBiomage, ANR ANR-07-LVIE-002-01]).A, C, E, G. Soggetto controllo.B, D, F, H. Soggetto Alzheimer. La fissazione del ligando PIB prevale nelle regioni prefrontali e parietali e nel precuneo.

motivo, è più specifico della MA. Vari siti di fosforilazione sonostati identificati con tecniche immunochimiche (la treonina 231,la serina 199 e la treonina 181). Queste tre isoforme sono misura-bili nel LCR con degli anticorpi monoclonali, ma, ormai, il piùutilizzato è il dosaggio di P-tau 181. Nella MA, degli studi neuro-patologici (postmortem o biopsia cerebrale) hanno mostrato chele concentrazioni della proteina tau totale e P-tau sono correlate alnumero delle DNF [32]. Inoltre, nella MA, le concentrazioni di tau eP-tau sono correlate alla gravità dell’atrofia ippocampale misuratacon RM [33, 34].

Peptide A�42Il peptide amiloide A�42 è misurabile nel LCR e nel plasma

nella sua forma detta solubile (monomero e oligomero). Altri pep-tidi A� sono misurabili nel LCR di pazienti Alzheimer, l’A�40 el’A�38 (peptidi costituiti da 40 e 38 aminoacidi). Il peptide A�42è considerato il più coinvolto nella cascata amiloide della MA,a causa della sua forte capacità di aggregazione che conduce piùfacilmente alla formazione della placca amiloide. Il dosaggio delpeptide A�42 nel LCR permette di avere un riflesso indiretto del

carico amiloide intracerebrale. È stato anche dimostrato, con deglistudi postmortem, che il dosaggio della proteina A�42 è correlatoai numeri di placche amiloidi [32, 34, 35]. Questi risultati sono staticonfermati su delle biopsie corticali [34].

Metodo di dosaggioLa metodica più comunemente utilizzata per il dosaggio di que-

sti differenti indicatori nel LCR è una metodica Elisa (enzymelinked immunosorbent assay) a doppio sandwich. L’individuazionee la quantificazione dei diversi indicatori sono possibili grazieall’utilizzo di anticorpi monoclonali e specifici di ciascun indi-catore. Questa metodica permette, a partire da mezzo millilitrodi LCR, di misurare il peptide A�42, la proteina tau totale e laproteina tau fosforilata in posizione 181. È disponibile anche unaseconda metodica basata sulla tecnologia multiplex. Contraria-mente ai metodi Elisa, i metodi multiplex permettono di misurarei diversi indicatori in una sola volta, permettendo un guadagnodi tempo non trascurabile. Per mancanza di standardizzazione, irisultati ottenuti con questi due metodi non possono essere con-frontati e i valori frequenti sono diversi.

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Tabella 3.Profilo laboratoristico del liquido cefalorachidiano suggestivo di malattiadi Alzheimer.

Riduzione del dosaggio del peptide A� associata a un innalzamentodel dosaggio delle proteine T-tau e P-tau

Indice di IATI a < 0,8 (Francia)

Rapporto tau/A�42 > 1,15 (assenza di norma internazionale) [83]

Fosfo tau/A�42 > 0,2 (assenza di norma internazionale) [83]

a IATI (innotest amyloid tau index) = A�42/(240 + 1,18 × tau).

Profilo biologico tipico della malattiadi Alzheimer (Tabella 3)

Il profilo biologico del LCR tipico della MA associa una dimi-nuzione del peptide A�42 a un aumento delle proteine tau totalee fosforilata, con una sensibilità e una specificità per la dia-gnosi della MA che si situa tra l’80% e il 90% nell’insieme deglistudi [36, 37]. In uno studio con conferma diagnostica mediantel’esame istologico, lo studio combinato dei bioindicatori espressodal rapporto P-tau/A�42 aveva una sensibilità del 91,6% e unaspecificità dell’85,7% per la diagnosi di MA, anche allo stadio diMCI [32]. Uno studio longitudinale su una durata di cinque anniha dimostrato che l’analisi combinata dei tre indicatori (A�42,tau e P-tau) su un LCR prelevato alla prima visita aveva unasensibilità del 95% e una specificità dell’83% per rilevare la MAall’interno di una popolazione MCI [37]. Lo studio recente di DeMeyer et al. [38] ha confortato questi risultati. Questo studio hacompreso 416 soggetti (114 soggetti normali, 200 pazienti affettida un MCI e 102 pazienti MA) del database nordamericano ADNI(Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative). L’analisi dei daticlinici e biologici con un modello statistico di probabilità dimo-stra che il rapporto A�42/P-tau181 permetterebbe una diagnosidi MA prodromica con una sensibilità del 94% all’interno di unapopolazione che ha una diagnosi confermata dalla neuropatologiae del 100% per i pazienti MCI che hanno sviluppato clinicamenteuna MA nel follow-up evolutivo.

Se una diminuzione del dosaggio del peptide amiloide è neces-saria per ipotizzare la diagnosi eziologica di MA, è l’analisicombinata dei bioindicatori a offrire la migliore pertinenza dia-gnostica. In uno studio recente basato su 110 soggetti MCI (MMSmedio: 26,3), tutti con una riduzione del dosaggio del peptideamiloide 1-42 nel LCR e seguiti per 2,2 anni (0,4-5 anni), durantequesto periodo, 63 pazienti su 110, ossia il 57% dei soggetti MCI,sono progrediti verso una demenza di tipo MA. Gli indicatori diprevisione di un’evoluzione verso una demenza di tipo MA sono:l’aumento della proteina tau (hazard ratio [HR]: 2,3; intervallo diconfidenza [IC] (95%): 1,1-4,6; p = 0,03), l’aumento della proteinaP-tau (HR: 3,5; IC (95%): 1,3-9,2; p = 0,01) e l’atrofia ippocampale(HR: 2,5; IC (95%): 1,1-5,6; p = 0,02). Per i soggetti che hanno allostesso tempo un aumento della proteina tau e un’atrofia ippocam-pale, l’HR è di 7,3 (IC [95%]: 1,0-55,9; p = 0,06) [39].

In Francia, l’innotest amyloid tau index (IATI) definito con ilrapporto A�42/(240 + 1,18 × tau) [40] è il rapporto utilizzato piùcomunemente. Un punteggio di IATI inferiore a 1 sarebbe statoproposto come suggestivo di una MA, ma, data l’elevata incidenza(31%) dei soggetti controllo senza lesione cognitiva che hannoquesto profilo biologico [41], questo cut-off sembra poco specifico.Per tale ragione, un indice inferiore a 0,8 è la soglia raccomandatain Francia [31].

Diagnosi differenziale con le degenerazioni lobarifrontotemporali e altre patologie (Tabella 4)

Le DLFT includono le DFT, le DS e le afasie primarie progres-sive (APP) non fluenti. I meccanismi fisiopatologici delle DLFTsono differenti da quelli della MA. È per questo che l’analisi com-binata dei bioindicatori del LCR permette di differenziare la MAdalle DLFT, quale che sia il sottotipo, con un’ottima sensibilitàe specificità. In una serie di pazienti con una diagnosi certa perconferma neuropatologica o genetica, il rapporto P-tau/A�42 eral’indice più pertinente per distinguere le due patologie con unasensibilità del 79% e una specificità del 96,6% [42]. Altri studi cli-

Tabella 4.Schema del profilo dei bioindicatori del liquido cefalorachidiano [43, 47].

A�42 Tau P-tau

MA tipica o atipica ↓↓ ↑↑ ↑↑DLFT = o ↓ = o ↑ =

DCB = o ↓ = o ↑ = o ↑VaD = o ↓ = =

CJ = o ↓ ↑↑↑ = o leggera ↑PSP = = =

Psi = = =

MA: malattia di Alzheimer; DLFT: demenza lobare frontotemporale; DCB:degenerazione corticobasale; VaD: demenza vascolare; CJ: malattia diCreutzfeldt-Jakob; Psi: malattie psichiatriche; PSP: paralisi sopranucleare pro-gressiva.

nici hanno mostrato dei risultati simili, con il rapporto P-tau/A�o tau/A� che discrimina la MA dalle DLFT (DFT e DS), con unasensibilità e una specificità vicine all’80-90% [43, 44].

Occorre notare che la riduzione isolata di A�42 nel LCR si puòosservare in condizioni fisiologiche [45] o in altre patologie, comela DCL, le demenze vascolari, le DS o, ancora, le DFT [46, 47]. NelleDCL, uno studio istologico ha dimostrato che la presenza di plac-che amiloidi influenza il dosaggio di A�42 nel LCR [48]. Le variantidi DCL con placche amiloidi hanno una concentrazione di A�42più bassa rispetto alle varianti di DCL senza placche amiloidi, ela riduzione di questo indicatore è simile a quella osservata nellaMA. Così, una riduzione isolata dell’A�42 nel LCR è necessaria mainsufficiente per porre una diagnosi biologica di MA.

Analogamente, un aumento isolato del dosaggio della proteinatau si può osservare in altre malattie neurodegenerative o in eventilesionali cerebrali acuti, come i traumi cranici e gli accidentivascolari cerebrali (AVC), e nella malattia di Creutzfeldt-Jakob [36].L’innalzamento della proteina tau è, il più delle volte, conside-rato un indicatore non specifico di lisi neuronale [36]. Occorrenotare che, il più delle volte, la concentrazione della proteinatau fosforilata rimane entro i valori normali, nella malattia diCreutzfeldt-Jakob e negli AVC [36].

Individuare le forme atipiche della malattiadi Alzheimer

Gli studi neuropatologici hanno dimostrato che esistono delleforme atipiche focali di MA, senza amnesia grave, e che nonrispondono, quindi, ai criteri fenotipici tipici della malattia. Que-ste forme atipiche comprendono le APP non fluenti, le APP nonfluenti di tipo logopenico, le atrofie corticali posteriori e le variantifrontali di MA [8, 49, 50]. In questi esordi focali atipici di MA, il defi-cit mnesico, quando compare, si verifica solo secondariamente enon è mai in primo piano nel quadro clinico. Nelle atrofie corticaliposteriori, una diagnosi istologica di MA è posta in più dell’80%dei casi [49, 51, 52]. Nelle APP, una diagnosi di MA è posta in più del60% dei casi [53–55]. Finora, queste forme atipiche di MA eranosottostimate, in quanto la diagnosi si basava unicamente sullaconferma neuropatologica postmortem. L’utilizzo dei nuovi indi-catori fisiopatologici della MA permette ormai di ipotizzare unadiagnosi eziologica prima del decesso [53, 56].

Secondo gli studi, un profilo biologico di MA (definito daun rapporto P-tau/A�42 > 0,211) può essere osservato nel 60%dei pazienti APP (16/26 pazienti) e tra il 60% e il 100% deipazienti ACP (9/15 pazienti) [43, 57]. L’equipe lionese, utilizzandocome classificazione biologica l’associazione T-tau superiore a350 pg/ml, P-tau181 superiore a 60 pg/ml e A�42 inferiore a500 pg/ml, ha osservato un profilo biologico di MA nella quasitotalità del gruppo di pazienti ACP (20/22, ossia il 90% deipazienti) [58].

Immagini amiloidi alla tomografiaper emissione di positroni

Le immagini amiloidi alla PET permettono un’analisivisiva e quantitativa, in vivo, del deposito amiloide fibrillare

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intracerebrale [59]. Il ligando PIB, un analogo della tioflavina T,è il tracciante attualmente più utilizzato e meglio validato.Gli studi neuropatologici hanno mostrato che la fissazione delligando è fortemente correlata alla quantità di placche amiloidi,ma anche al deposito amiloide fibrillare diffuso e all’angiopatiacerebrale amiloide, senza fissazione delle DNF [53, 60, 61]. Unostudio recente suggerisce che il ligando PIB marca maggiormentei depositi diffusi di A� rispetto alle placche neuritiche [62]. Lamisura di ritenzione del PIB è correlata anche con il dosaggio delpeptide amiloide nel LCR [63]. Le immagini amiloidi alla PET nonforniscono alcuna informazione sulla patologia tau.

L’indice globale di fissazione del PIB corrisponde al tasso di fis-sazione misurato nel nastro corticale, normalizzato con il valoremisurato nel cervelletto (regione di interesse di riferimento utiliz-zata nelle forme sporadiche di MA, considerando che il cervellettoè risparmiato fino a uno stadio avanzato della MA). Un indiceglobale superiore a 1,4 è considerato patologico (PET-PIB dettapositiva) e significa che la ritenzione del ligando nella corteccia èalmeno 1,4 volte superiore rispetto a quella del cervelletto (Fig. 5).

La sensibilità diagnostica della PET-PIB per distinguere i malatiMA dai controlli è del 90% circa e la specificità è del 73-96% [64]. Unesame PET-PIB positivo permette di distinguere i soggetti MCI cheevolveranno verso una demenza di tipo MA dai soggetti MCI sta-bili [65, 66]. Le regioni più discriminanti per distinguere i pazientiMCI-MA dai controlli sarebbero la corteccia frontale dorsola-terale e temporale e il cingolato posteriore [65–67]. La topografiae l’intensità della fissazione del ligando non sono correlate aisegni clinici ed evolvono assai poco, se l’esame è ripetuto neltempo [57, 63].

Occorre notare che un aumento della fissazione del PIB nonsegna necessariamente una MA e può anche osservarsi nella DCL,nella demenza della malattia di Parkinson e nell’angiopatia ami-loide cerebrale [68, 69].

Inoltre, una fissazione del ligando può essere valutata in sog-getti controllo senza deficit cognitivo. Gli studi hanno descrittotra il 20% e il 33% dei soggetti PET-PIB positivi nei soggetticontrollo [70, 71]. Degli studi longitudinali suggeriscono che i sog-getti asintomatici che hanno un esame PET-PIB positivo hannoun rischio aumentato di comparsa di fragilità cognitiva [72, 73].L’ipotesi è che le immagini amilodi rileverebbero la MA a unostadio asintomatico, poiché il deposito amiloide si instaura primadella comparsa dei sintomi [74]. Tuttavia, la fissazione del ligandoamiloide in soggetti asintomatici non ha necessariamente unvalore patologico e potrebbe anche essere il riflesso di placcheamiloidi associate all’invecchiamento [29, 75].

I limiti dell’utilizzo del PIB derivano dal fatto che esso è mar-cato con un isotopo a emivita molto breve: il carbonio (C) 11(emivita di 20 minuti), il che impone una lavorazione estempo-ranea e richiede una grande infrastruttura (ciclotrone e laboratoridi radiochimica). I ligandi amiloidi fluorati, come il florbetapir(AV45), il florbetaben (AV1) o il flumetamolo, rendono le imma-gini amiloidi alla PET più accessibili del PIB (fissato al C11) poichéessi sono marcati con un isotopo a emivita più lunga, il fluoro18 (emivita di 2 ore circa), e, allo stesso modo del FDG, questiligandi possono essere fabbricati a distanza in centri di produ-zione. Il florbetapir ha ricevuto il consenso della FDA negli StatiUniti per un’utilizzazione clinica e un consenso anche più recentedell’agenzia europea. La soglia di ritenzione considerata positivanon è ancora definita in modo consensuale (indice di ritenzionecorticale normalizzato al cervelletto > 1,1) [76]. Occorre, tuttavia,notare che, benché il florbetapir si fissi sulle stesse sedi del PIB, lasua affinità è più bassa. Ciò può spiegare il fatto che la percentualedi pazienti MA che hanno una diagnostica per immagini positivacon il florbetapir (tra il 75% e l’85%) sia più bassa che con il PIB.L’analisi visiva è meno discriminante (76% di immagini positivenella MA) rispetto all’analisi quantitativa [77].

� Diagnosi geneticadella malattia di Alzheimer

Nella stragrande maggioranza, le forme di MA sono definite spo-radiche, vale a dire senza una trasmissione mendeliana classica.

La scoperta di mutazioni responsabili delle forme autosomichedominanti e, quindi, monogeniche della malattia resta eccezio-nale (meno dell’1% dei casi). Essa è più frequente nella fascia d’etàdai 40 ai 60 anni, che è valutata in Francia pari a 41 su 100 000e nella quale il 13% delle forme è genetico autosomico domi-nante. Quando la storia clinica è compatibile con una modalitàdi trasmissione autosomica dominante e l’età di esordio è infe-riore ai 60 anni, una mutazione genetica è riconosciuta in circal’80% dei casi. Ciò corrisponde a meno di 1 000 casi in Francia.Le mutazioni isolate sono localizzate sul gene dell’APP (proteinaprecursore dell’amiloide) nel 15% dei casi, sul gene della presini-lina 1 (PS1) nel 65% dei casi o sul gene della presinilina 2 (PS2)più eccezionalmente [6]. Queste mutazioni hanno in comune ilfatto di provocare un’iperproduzione del peptide amiloide, inparticolare A�42, che è implicato nella genesi della malattia. Èstata descritta un’associazione della forma della MA con muta-zione della PS1 e una paraparesi spastica. Anche SORL1 è statoidentificato come causa rara genetica di MA a esordio tardivo,intervenendo nell’interazione tra l’APP e la gammasecretasi [78].La ricerca di una mutazione genetica si può realizzare solo dopola firma di un consenso informato specifico. Nelle situazioni incui la richiesta proviene da un parente asintomatico, la ricercaè ipotizzabile solo nel quadro di una consulenza genetica mul-tidisciplinare, in accordo con le regole etiche e secondo delleprocedure codificate.

Infine, più recentemente è stata scoperta, in una famiglia islan-dese, una mutazione del gene dell’APP che protegge dalla MA edal declino cognitivo. La mutazione è situata in una parte delgene bersaglio della BACE1 (betasecretasi) e ridurrebbe, così, laproduzione del peptide A�1-42 tossico [79].

Il principale fattore di rischio genetico è l’APOE4, che sembraavere un ruolo nella clearance del peptide amiloide. I soggettiportatori di due alleli E4 hanno un rischio sette volte maggioredi sviluppare la MA rispetto ai portatori di alleli E3 [78]. Sono statiidentificati altri fattori di rischio genetici, ma il loro rischio rela-tivo resta modesto e non possono contribuire alla diagnosi diMA.

Occorre notare che le mutazioni del gene della proteina tausono responsabili di «taupatie», come la degenerazione cortico-basale e alcune forme di DFT, ma non sono mai responsabili diMA.

� Nuovi criteri diagnosticidella malattia di Alzheimer

I nuovi strumenti diagnostici hanno condotto a ridefinire laMA, considerando la possibilità di porre una diagnosi allo sta-dio di MCI. Questi criteri propongono un grado di probabilitàdella diagnosi secondo la concordanza dei risultati dei bioindica-tori o la loro accessibilità (Tabella 5). Dal momento che i cut-off dipositività o di negatività degli indicatori non sono, attualmente,determinati in maniera consensuale, gli autori integrano la pos-sibilità che i risultati degli esami non permettano di discerneretra «positivo» o «negativo» e restino dubbi o «indeterminati».Analogamente, questi criteri includono la possibilità chel’esame non sia disponibile o realizzabile e sia quindi «nontestato».

Secondo questi criteri, la diagnosi di MA ha una probabilità ele-vata quando i risultati degli esami sono analizzabili e coerenti euna probabilità intermedia se questo non è il caso. Fatto interes-sante, se i risultati sono negativi, la diagnosi di MA non deve essereposta e si deve proseguire il bilancio verso altre piste eziologiche.

I recenti lavori dimostrano che l’analisi coniugata di que-sti indicatori diagnostici aumenta il valore della diagnosi diMA allo stadio di MCI. Così, lo studio combinato del volumedell’ippocampo e dei bioindicatori del LCR permette una classi-ficazione diagnostica migliore rispetto a questi indicatori testatiseparatamente [80].

Il fatto essenziale di questi nuovi criteri è che la diagnosi didisturbo cognitivo leggero dovuto alla MA non può essere postasenza argomenti laboratoristici.

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I – 17-056-A-20 � Diagnosticare la malattia di Alzheimer

Tabella 5.Criteri diagnostici del National Institute of Aging.

Diagnosi della malattia di Alzheimer (MA) allo stadio di MCI

Categoria diagnostica Probabilità della dg eziologica di MA BI Aβ

(TEP o LCR Aβ)BI neurodegenerativo(FDG, RMN, LCR-tau e P-tau)

MCI diagnosi sindromica (senza precisione eziologica) Non informativo Contraddittori o indeterminati o non testati

MCI dovuto alla MA (dg di probabilità intermedia) Intermedia Positivi Non testati

Non testati Positivi

MCI dovuto alla MA (dg di probabilità elevata) Elevata Positivi Positivi

MCI probabilmente non dovuto alla MA Debole Negativi Negativi

Diagnosi di MA allo stadio di demenza

Probabile MA allo stadio di demenza

Su criteri clinici Non informativo Contraddittori, nonconclusivi, non testati

Con argomenti a favore di un meccanismofisiopatologico di MA

Intermedia Non testati o indeterminati Positivi

Intermedia Positivi Non testati o indeterminati

Elevata Positivi Positivi

Probabile MA con presentazione clinica atipica

Su criteri clinici Non informativo Contraddittori, nonconclusivi, non testati

Con argomenti a favore di un meccanismofisiopatologico di MA

Elevata, ma non esclude altrecause

Positivi Positivi

Demenza probabilmente non dovuta alla MA Debole Negativi Negativi

MCI: mild cognitive impairment; dg: diagnosi; BI: bioindicatore; PET: tomografia per emissione di positroni; LCR: liquido cefalorachidiano; FDG: flurodesossiglucosio;RM: risonanza magnetica; BI A�: bioindicatore di deposito amiloide intracerebrale; BI neurodegenerativo: bioindicatore di disfunzione o morte neuronale di origineneurodegenerativa.

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Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Sarazin M, Hamelin L, Lamari F, Bottlaender M. Diagnosticare la malattia di Alzheimer. EMC -Neurologia 2014;14(2):1-14 [Articolo I – 17-056-A-20].

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