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CHEMIOPREVENZIONE DEI TUMORI COLORETTALI Ruolo di aspirina e COX-2 inibitori TUMORI DEL COLON LINFONODO-NEGATIVI Chemioterapia non necessaria Approccio ibrido per i GIST PROFESSIONAL EDITION C L I N I C A L L E A D E R F I E L D W I L L I N G H A M GASTROINTESTINALI Tumori

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Chemioprevenzionedei tumori ColorettaliRuolo di aspirina e COX-2 inibitori

tumori del Colon linfonodo-negativi

Chemioterapia non necessaria

Approccio ibrido per i GIST

Professionaledition

C L I N I C A L L E A D E R

F I E L D W I L L I N g h A m

gastrointestinaliTumori

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PROFESSIONAL EDITION

1

Da oggi 24 smart magazine per veicolare l’informazione medico scientifica

24 Magazine di patologia

24 Newsletter quindicinali

24 Canali web dedicati

1

2

3

L’informazione scientifica si fa in 3

24MagazineDigitaliTrimestrali

24Newsletter quindicinali

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Gli smart magazine e le newsletter quindicinali sonoinviati a un target profilato di clinici grazie alla banca dati in grado di raggiungere oltre 400.000 professionisti tra medici e farmacisti

Gli ingredienti vincenti per una informazione medico scientifica di qualità

Hightlights, Report Congressuali, Evidence Based Medicine,Journal Article, Clinical Game, Review

TARGETMIRATO

CONTENUTIDI QUALITà

24Canali di patologia quotidiani

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sommario

SCIENCE SHOT

8 Tumori coloreTTalila terapia di mantenimento prolunga la sopravvivenza

10Tumori del colon linfonodo-negaTiviChemioterapia non necessaria

12Tumori reTTaliChirurgia laparoscopica ted a cielo aperto alla pari

HIGHLIGHTS

14TaS-102nuovo agente contro neoplasie colorettali metastatiche e refrattarie

15degenerazione neoplaSTica precoce Su eSofago di BarreTTefficace il trattamento combinato

16Tumori coloreTTaliruolo dell’aspirina connesso alla genetica

17Tumori epaTici Solidi BenigniPraticabile trapianto di fegato

18da iTaliani idea per poTenziare l'azione del farmaco per il cancro al fegaTo

EVIDENCE BASED MEDICINE

20Chemioterapia adiuvante nei tumori colorettali

20Qualità della vita a seguito di recezione rettale per cause oncologoche

21integrazione del calcio nella dieta per la prevenzione dei tumoricolorettali

21escissione mesorettale totallaparoscopica o a cielo aperto per il tumore rettale

INSIDE

22 chemioprevenzione dei Tumori coloreTTaliil ruolo di aspirina e CoX-2-inibitori

THE CLINICAL GAME

28 fai la tua diagnosi e scopri se è esatta

CLINICAL LEADER

32 approccio iBrido per i giSTa tu per tu con field Willingham

Professional E dit ionTumori gaSTroinTeSTinali

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Direttore Responsabile francesco Maria avitto

Direttore Editoriale Vincenzo Coluccia

Direttore Scientifico lucia limiti

E D I T O R I A L S TA F FMedical Editor Patrizia Maria Gatti, sara raselli, leonardo scalia,Magazine Editor Marco landucciWeb Editor Marzia Caposio, Manuela Biello

A R TArt Director francesco MoriniImpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi

I T & D I G I TA LICT Manager Giuseppe ricciDigital Operation Manager davide Battaglino

DISTRIBUZIONE DIGITALE

Supplemento al n°4 di Popular ScienceGiugno 2015

www.kekoa.it

REDAZIONE• Via Boncompagni, 16

00187 (roma)• Viale Monza, 133

20125 (Milano)[email protected]

Viale Zara, 129 a20159 (Milano)

Via Boncompagni, 1600187 (roma)02-2817260002-28172699

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Totale 75.000

* Dati aggiornati al 31.01.2015

© Kekoa Publishing S.r.l.REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 82/2014 DEL 24/04/2014

Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

Farmacisti ospedalieri 2.275

Mmg 35.815

Internisti 17.056

Oncologi 5.439

Geriatri 5.546

Gastroenterologi 8.705

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Clinical ShotLa scienza in immagini

Tumori coloreTTaliLa terapia di mantenimento prolunga la sopravvivenza

La terapia di mantenimento con capecitabina e be-vacizumab prolunga la sopravvivenza libera da progressio-ne nei pazienti con tumori colorettali metastatici. secondo Miriam Koopman dell’Università di Utrecht, autrice dello studio Cairo3 che ha esaminato 588 soggetti, tale van-taggio giunge anche senza compromettere la qualità della vita del paziente.Benchè la disponibilità di nuovi farmaci abbia migliorato la prognosi dei pazienti con tumori colorettali metasta-tici, l’impiego ottimale di questi farmaci e la durata del trattamento sono rimasti sinora incerti. secondo l’autrice, la terapia di mantenimento andrebbe prolungata indefi-nitamente, a meno che non si manifestino fenomeni di tossicità inaccettabile. in ogni caso, dato che il trattamento è palliativo, prima o poi tutti i pazienti andranno incontro a recidiva e le ricerche future dovrebbero definire se vi siano sottogruppi per cui la sola osservazione sarebbe più appropriata.al momento attuale verranno presto integrati negli algoritmi terapeutici farmaci non specifici come il tas-102, che ha dimostrato di poter migliorare la sopravviven-za complessiva nei pazienti con tumori colorettali, ma i pazienti con la forma ipermutata della malattia potreb-bero trarre beneficio anche dall’immunoterapia. secondo diversi esperti, la pianificazione degli algoritmi terapeutici e la gestione proattiva delle tossicità sono di importanza critica per ottimizzare gli esiti per i pazienti con tumore colorettale.

Fonte: lancet online 2015, pubblicato l’8/4

Clinical Shot

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I pazienti con tumori del colon allo stadio i e ii che si sottopongono ad un trattamento chirurgico adeguato e presenta-no almeno 12 linfonodi negativi hanno scarse probabilità di trarre beneficio dalla chemioterapia adiuvante. secondo anton Bilchik del John Wayne Cancer Institute di santa Monica, autore di uno studio in materia su 448 pazienti, è sempre opportuno estendere l’esame anatomopatologico sino a coprire più di 12 linfonodi, ed è respon-sabilità del medico comunicare al paziente che, se questi linfonodi risultano realmente negativi, è improbabile che la chemioterapia possa produrre qualche beneficio.e’ stato calcolato che sarebbe infatti necessario trattare più di 100 pazienti per generare benefici in meno di due di essi. il 97,4% dei pazienti non trattati con chemioterapia, infatti, risulta libero da malattia per un periodo che si avvicina a 4 anni. il tasso di recidiva nei pazienti con più di 12 linfonodi che risultano negativi sia con tecniche standard che con l’immunoistochimica ammonta solamen-te al 2,6%. Uno dei problemi legati ai tumori del colon ed alla loro gestione consiste nel fatto che la maggior parte degli studi clinici, che hanno portato all’approvazione di farmaci chemioterapici o biologici, non ha tenuto conto dei parametri qualitativi chirurgici e patologici, mentre gli autori hanno riscontrato che negli ultimi 10 anni i parametri qualitativi chirurgici hanno avuto un impatto sulla sopravvivenza; anche il modo in cui un campione anatomopatologico viene esaminato è importante ai fini di un’accurata stadiazione di questi tumori.le attuali ricerche si stanno focalizzando sul tentativo di determi-nare quali gruppi di pazienti trattare sulla base delle caratteristiche biologiche del tumore primario e quali hanno maggiori probabilità di essere curati tramite la sola chirurgia e non necessitano di ulteriore chemioterapia. Fonte: J Am Coll Surg online 2015, pubblicato il 18/5

Tumori del colon linfonodo-negativiChemioterapia non necessaria

Clinical Shot

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Tumori rettaliChirurgia laparoscopica ed a cielo aperto alla pari

Nei pazienti con tumore rettale non invasivo, i tassi di recidiva e di sopravvivenza a tre anni a seguito di un intervento di chirurgia laparoscopica o a cielo aperto sono simili. Questo dato emerge dai risultati dello studio Color, condotto su più di 1.000 pazienti, il cui autore, il prof. h. Jaap Bonjer della VU University di am-sterdam, afferma che “la chirurgia laparoscopica è sicura per i casi di tumore rettale che non abbia invaso gli organi adiacenti ed offre benefici a breve termine quali meno dolore ed una più rapida ri-presa post-operatoria”. la chirurgia laparoscopica è già largamente impiegata nei tumori colorettali. rispetto a quella a cielo aperto, essa presenta van-taggi quali buoni esiti a breve termine quali minor dolore, una minore perdita di sangue e migliori tempi di ripresa; benchè gli studi randomizzati a lungo termine sinora condotti abbiano suggerito esiti oncologici simili a quelli della chirurgia a cielo aperto per quanto riguarda i tumori del colon, non erano sinora disponibili evidenze di buona qualità per i tumori rettali. Peraltro, circa un terzo dei tumori colorettali risulta confinato nel retto. secondo l’autore, vi sono indizi del fatto che la sopravvivenza libera da malattia a seguito di un intervento laparoscopico possa essere migliore nei pazienti con positività linfonodale e che le re-cidive locoregionali dei tumori rettali siano meno frequenti a seguito della resezione laparoscopica bassa del tumore primario.

Fonte: N Engl J Med. 2015; 372: 1324-32

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Highlights

Un nuovo agente chiamato Tas-102 si è rivelato in grado di migliorare in modo modesto la sopravvivenza nei pazienti con tumori colorettali metastatici, ma, cosa più importante, risulta attivo nei pazienti che sono stati pretrattati pesantemente e sono refrattari alle terapie standard. Questi dati derivano dallo studio di fase 3 denominato RECOURSE, inizialmente presenta-to al World Congress on Gastrointestinal Cancer, in cui i pazien-ti sono andati incontro a ciò che i ricercatori descrivono come “un prolungamento clinicamente rilevante della sopravvivenza complessiva essenzialmente in tutti i sottogruppi trattati”.Nella popolazione trattata, composta da pazienti provenienti da 13 paesi diversi, circa la metà dei soggetti aveva portato a

TAS-102Nuovo agente contro neoplasie

colorettali metastatiche e refrattarie

termine il trattamento con una fluoropirimidina, ma senza trar-ne beneficio. Secondo Robert Mayer del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, autore della sperimentazione, il beneficio osservato con il TAS-102 dimostra che questo farmaco agisce in modo diverso ed indipendente rispetto alle fluoropirimidine. Il vantaggio osservato non si limita alla sola sopravvivenza, ma consiste anche nel ritardo della progressione della malattia, della comparsa dei sintomi e della variazione della performance secondo la scala ECOG.Il trattamento con TAS-102, peraltro, comporta una riduzione del 50% nel rischio di mortalità rispetto al placebo nei pazienti pretrattati, al prezzo di una tossicità che gli esperti descrivono come “gestibile”. Il TAS-102 consiste in una combinazione a som-ministrazione orale di trifluridina, che è un analogo degli acidi nucleici basato sulla timidina, ed idrocloruro di tipiracile che è un inibitore della fosforilasi della timidina. Nelle sue prime applicazioni, in Giappone, si era dimostrato promettente nei pazienti con tumori colorettali e ciò ha portato a diversi piccoli studi negli USA che ne hanno dimostrato l’atti-vità nelle forme refrattarie della malattia.

Fonte: N Eng J Med online 2015, pubblicato il 14/5

La ridUzione di mortalità del Tas-102 rispetto al placebo

50 %

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Degenerazione neoplastica precoce su esofago Di BarrettEfficace il trattamento combinato

La resezione endoscopica (er) e l’ablazione a radiofre-quenza (rFa) sono di beneficio per i pazienti con una degenerazione neoplastica precoce su esofago di Barrett. Nel più ampio studio prospettico multicentrico finora effettuato, infatti, questa combinazione terapeutica si è dimostrata sicura, efficace e durevole nell’arco di un moni-toraggio a medio termine su questi pazienti.Secondo Jacques Bergman dell’Academic Medical Center

di Amsterdam, autore dello studio, questo approccio combinato, praticato da endoscopisti esperti, dovrebbe rappresentare il trattamento di prima scelta per pazienti attentamente selezionati. Lo studio condotto su 132 per-sone, infatti, conferma che in mani esperte non soltanto è possibile trattare efficacemente la neoplasia nell’esofago di Barrett, ma è anche possibile eradicare la condizione pre-maligna di base.Questi pazienti, comunque, secondo l'autore andrebbero trattati soltanto in centri che ne gestiscono elevati volumi. Nel campione considerato il 92% dei pazienti ha ottenuto l’eradicazione completa della neoplasia e l’87% quella della metaplasia intestinale. Si sono verificati effetti collaterali di entità lieve-moderata solo nel 19% dei pazienti e tutti sono stati gestiti endoscopicamente o conservativamente.

Fonte: Gut online 2015, pubblicato il 2/3

lo STudio condoTTo Su 132 perSone conferma che in

mani eSperTe non SolTanTo è poSSiBile TRATTARE

EFFICACEMENTE la neoplaSia nell’eSofago di BarreTT, ma è

anche poSSiBile ERADICARE la condizione pre-maligna

di BaSe

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tumori colorettaliRuolo dell’aspirina connesso alla genetica

La capacità dell’aspirina e dei FANS associati di proteggere dall’insorgenza dei tumori colorettali dipende dall’as-setto genetico individuale. Il farmaco, infatti, non conferisce alcun beneficio ad alcune persone e può causare danni in altre. Secondo il prof. Andrew Chan della Harvard Medical School di Boston,

i soggetti eUropei inclusi nella revisione della letteratura

19.000autore di uno studio in materia, “molte indagini, comprendenti anche studi randomizzati, hanno dimostrato che i FANS ed in particolare l’aspirina, svolga-no un ruolo protettivo nei confronti dei tumori colorettali, ma è noto che questi farmaci abbiano gravi effetti collaterali, specie per quanto riguarda le emorragie gastrointestinali.Pertanto, determinare se alcuni sotto-gruppi della popolazione possano non trarre alcun beneficio dall’impiego dell’a-spirina a scopo preventivo potrebbe consentire di personalizzare meglio le nostre raccomandazioni”. Lo studio in questione consiste in una revisione della letteratura che ha complessivamente

incluso 19.000 soggetti europei. La varia-zione nei geni che influenzano i benefici dell’aspirina risulta associata a cascate biologicamente plausibili e, pertanto, se-condo l’autore, i dati raccolti individuano potenziali target molecolari per agenti chemiopreventivi innovativi.Si tratta di dati che necessitano di convalide prima di essere impiegati in ambito clinico, ma anche se è prematuro raccomandare lo screening genetico per guidare l’assistenza clinica, i risultati dello studio costituiscono una prova di principio per le strategie preventive basate sulla medicina di precisione.

Fonte: AMA online 2015, pubblicato il 17/3

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il trapianto di fegato rappresenta un’opzione praticabile per i pazienti con tumori epatici solidi benigni che non sono passibili di resezione. Soltanto il 6% circa dei pazienti con questo genere di tumori richiede un intervento chirurgico per via della pre-senza di sintomi, di una diagnosi incerta o della prevenzione di complicazioni o di un’eventuale trasformazione maligna, ma le indicazioni per il trapianto di fegato per queste neoplasie be-nigne dovevano ancora essere definite. Roberto Gedaly, dell’U-niversità del Kentucky di Lexington - valutando l’esperienza di 147 pazienti riuniti nel database UNOS sottoposti a trapianto di fegato per tumori epatici solidi benigni - ha affermato che “benché il trapianto di fegato non possa essere considerato un trattamento di prima linea per questi soggetti, si tratta comun-que di una valida opzione terapeutica in pazienti selezionati in cui il tumore non può essere rimosso. Sono necessari ulteriori studi per determinare il ruolo del trapianto di fegato in questa popolazione”. Secondo Laurence Chiche del Groupe Hospitalier Sud – Maison du Haut Lévêque di Pessac (Francia), che ha pub-blicato diverse casistiche di gestione di tumori epatici benigni, “il trapianto di fegato dovrebbe essere discusso se il tumore pre-senta almeno una delle seguenti caratteristiche: trasformazione maligna, emorragie incontrollate o sintomi gravi che impattano la qualità della vita. Oppure, se esso non può essere trattato mediante una resezione parziale del fegato. Date le esperienze maturate nel campo delle resezioni parziali e l’avanzamento delle conoscenze riguardanti questi tumori, l’indicazione al trapianto rimane probabilmente una discussione da condurre caso per caso considerando le caratteristiche del paziente e del tumore, le ragioni alla base della mancata resecabilità e lo stato del tessuto epatico non tumorale”.

Fonte: JAMA Surg online 2015, pubblicato il 5/3

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“il trapianto di fegato dovrebbe essere discusso se il tumore presenta almeno una delle seguenti caratteristiche: trasformazione maligna, emorragie incontrollate o sintomi gravi che impattano la qualità della vita”

Laurence Chiche, Groupe Hospitalier Sud – Maison du Haut Lévêque di Pessac (Francia)

TuMori ePaTici SoLidi beniGni Praticabile il trapianto di fegato

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Da italiani iDea per potenziare

l'azione Del farmaco per il cancro

al fegato

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italiani scoprono una via per potenziare l’efficacia dell’unico farmaco oggi disponibile per una neo-plasia molto aggressiva, l’epatocarcinoma, tumore del fegato difficilmente curabile e spesso diretta conseguenza di cirrosi e altre patologie epatiche. Le speranze arrivano da uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports da Giovambattista Pani e Antonio Gasbarrini dell’Università Cattolica di Roma, I ricercatori hanno scoperto il meccanismo con cui il tumore riesce ad aggirare l’azione del far-maco, (farmaco-resistenza) il sorafenib o molecole affini che, infatti, hanno

”abbiaMo oSServaTo cHe Le ceLLuLe TuMoraLi Sono MoLTo Furbe e

riSPondono aL danno SubiTo a oPera deL FarMaco PoTenziando L’eFFicienza

di una SorGenTe aLTernaTiva di enerGia, La coSiddeTTa ‘GLicoLiSi anaerobia”

giovambattista pani e antonio gasbarrini università cattolica di roma

un’efficacia solo transito-ria.”Abbiamo osservato – spiega Pani – che le cellule tumorali sono molto furbe e rispondono al danno subito a opera del farmaco (danno ai mitocondri) potenziando l’efficienza di una sorgente alternativa di energia, la cosiddetta ‘glicolisi anaerobia'”. In-somma, quando il farmaco blocca il rifornimento energetico standard delle cellule malate, i mitocon-dri, queste ne attivano un altro ed ecco perchè solo poche cellule tumorali (circa il 30-40%) muoiono in risposta al sorafenib.Di qui è scaturita l’idea per potenziare l’azione del farmaco: “bloccando contemporaneamente anche la glicolisi con un altro agente che limiti l’ingresso di zuccheri nella cellula – rileva Pani – ab-biamo visto che l’azione curativa del sorafenib migliorava drasticamente, fino a uccidere il 100% delle cellule”. La scoperta suggerisce, dunque, una strategia di contrasto alla farmaco-resistenza, ”che consiste – spiega Pani – nel limitare la disponibilità di zucchero alle cellule ma-ligne; esistono già diversi tipi di agenti (ad esempio composti ipoglicemizzan-ti) che potrebbero essere affiancati al sorafenib, per potenziarne l’effetto”.

Fonte: Scientific Reports, 2015

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A = ELEVATA abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

B = MODERATAsiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

C = BASSAla certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

D = INSUFFICIENTEnon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

evidence Based medicine

EBM

Cosa sono?

L’eBm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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evidence summaries29.7.2008LiVeLLo eVidenze = a

La chemioterapia adiuvante è di beneficio nei pazienti con tu-mori del colon allo stadio III a seguito di una resezione com-pleta, e sembra inoltre aumentare la sopravvivenza libera da malattia nei pazienti con tumori del colon allo stadio II, anche se non la sopravvivenza complessiva.

Una revisione sistematica che ha incluso 30 studi su tumori allo stadio III è stata riassunta nel database DARE. Negli studi sul 5-FU modulato dalla leucovorina, il tasso di sopravvivenza a 3 anni è stato del 76% vs 64% a favore del trattamento nei pazien-ti con patologia allo stadio III. Una meta-analisi di 10 studi - che hanno paragonato la terapia adiuvante con l’osservazione nei pazienti con patologia allo stadio III - ha riscontrato una signif-icativa riduzione dell’OR per la mortalità: 0.69, 95% CI 0.46 / 0.80, con un miglioramento assoluto nella sopravvivenza del 4-13%.Una revisione del database Cochrane ha incluso 33 studi ran-domizzati e 17 meta-analisi che contenevano dati sui pazienti con tumore del colon allo stadio II sottoposti a terapia adiu-vante oppure alla sola chirurgia. I partecipanti allo studio era-no pazienti con tumori completamente resecati del colon (N = 7731) o del retto (N = 7600). Per quanto riguarda l’effetto della terapia adiuvante sul tumore del colon allo stadio II, il tasso complessivo di rischio relativo di sopravvivenza complessiva era pari a 0,96 (95% CL 0.88 / 1.05). Per quanto riguarda la so-pravvivenza libera da malattia, il tas-so complessivo di rischio relativo era pari a 0,83 (95% Cl 0.75 / 0.92).

Bibliografia: Figueredo A, Germond C, Maroun J, Browman G, Walker-Dilks C, Wong S. Adjuvant therapy for stage II colon cancer after complete resection. Provincial Gastrointesti-nal Disease Site Group. Cancer Prev Control 1997 Dec;1(5):379-92. PubMed DARE Figueredo A, Fine S, Maroun J, Walker-Dilks C, Wong S. Adjuvant therapy for stage III colon cancer after complete resection. Provincial Gastrointestinal Disease Site Group. Cancer Prev Con-trol 1997 Oct;1(4):304-19.

Chemioterapia adiuvante nei tumori colorettali

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evidence summaries29.7.2010LiVeLLo eVidenze = d

Non esistono evidenze inequivocabili a supporto del fatto che la qualità della vita a seguito di una resezione anteriore con preservazione dello sfintere per un tumore rettale sarebbe su-periore rispetto a quanto ottenuto con l’escissione addomino-perineale con colostomia.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 26 studi non randomizzati per un totale di 3675 soggetti. Dieci studi hanno riscontrato che i soggetti con tumore rettale sottoposti ad escis-sione addominoperineale tradizionale/intervento di Hartmann con colostomia non hanno riportato parametri relativi alla qualità della vita più scadenti rispetto ai pazienti sottoposti a resezione anteriore con preservazione dello sfintere. Il resto degli studi ha riscontrato qualche differenza, ma non sempre a favore dei pazienti non colostomizzati. A causa dell’eterogene-ità clinica e del fatti che tutti gli studi erano di natura osservazi-onale, la meta-analisi degli studi inclusi non è stata possibile. Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta a causa dell’incoerenza (variabilità nei risultati fra uno studio e l’altro).

Bibliografia: Pachler J, Wille-Jørgensen P. Quality of life after rectal resection for cancer, with or without permanent colo-stomy. Cochrane Database Syst Rev 2005;(2):CD004323 [Re-view content assessed as up-to-date: 22 February 2010].

Qualità della vita a seguito di resezione rettale per cause oncologiche

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evidence summaries14.10.2010LiVeLLo eVidenze = C

L’assunzione con la dieta di 1 g di calcio potrebbe avere un effetto protettivo moderato nei confronti dello sviluppo di polipi adenomatosi colorettali.

Una revisione del database Cochrane ha incluso due studi per un totale di 1346 soggetti. Le dosi di integratori di calcio elementale impiegate sono state di 1200 mg al giorno per una durata media di 4 anni, e di 2000 mg/die per tre anni. I tassi di mancato monitoraggio dei pazienti sono stati ri-spettivamente del 14% ed 11%. Per quanto riguarda lo svi-luppo di adenomi colorettali ricorrenti, è stata riscontrata una riduzione (OR 0.74, CI 0.58,0.95) con la combinazione dei risultati di entrambi gli studi. Benché le evidenze sug-geriscano che l’integrazione del calcio possa contribuire in misura moderata alla prevenzione dei polipi adenomatosi colorettali, ciò non costituisce un’evidenza sufficiente a raccomandare l’uso generalizzato degli integratori di calcio per la prevenzione dei tumori colorettali. Nessuno studio ha dimostrato direttamente un effetto dell’integrazione del calcio sullo sviluppo dei tumori colorettali in sé. Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via della qualità degli studi (occultamento dell’allocazione inadeguato o poco chiaro) e dei risultati imprecisi (pochi eventi relativi agli esiti).

Bibliografia: Weingar-ten MA, Zalmanovici A, Yaphe J. Dietary calcium supple-mentation for pre-venting colorectal cancer and adeno-matous polyps. Co-chrane Database Syst Rev 2008 Jan 2 3 ; ( 1 ) : C D 0 0 3 54 8 [Review content assessed as up-to-date: 20 January 2010].

Integrazione del calcio nella dieta per la prevenzione dei tumori colorettali

evidence summaries25.2.2007LiVeLLo eVidenze = B

L’escissione mesorettale totale laparoscopica sembra com-portare vantaggi a breve termine clinicamente misurabili nei pazienti con tumori rettali primari resecabili.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 48 studi per un totale di 4224 soggetti. Dato che soltanto uno SRC ha descritto esito primario e tassi di sopravvivenza libera da malattia a 3 e 5 anni, non è stato possibile effettuare alcuna meta-analisi. Non sono state riscontrate differenze signifi-cative in termini di tasso di sopravvivenza libera da malat-tia, tasso di recidiva locale, mortalità, morbidità, perdite anastomotiche, margini di resezione o linfonodi recuperati. Vi sono evidenze a supporto del fatto che la chirurgia lapa-roscopica (LTME) determini una riduzione della perdita di sangue, un più rapido ritorno ad una dieta normale, meno dolore, un minore impiego di narcotici ed una risposta im-mune meno intensa. Appare probabile che la LTME sia as-sociata a tempi operatori più prolungati e costi maggiori. Non sono stati riportati risultati in termini di qualità della vita.Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta a causa della metodologia scadente.

Bibliografia: Breukink S, Pierie J, Wiggers T.

Laparoscopic versus open total meso-rectal excision

for rectal can-cer. Cochrane Database Syst Rev 2006 Oct

18;(4):CD005200.

Escissione mesorettale totale laparoscopica o a cielo aperto per il tumore rettale

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Chemioprevenzione dei tumori Colorettali

il ruolo di aspirina e coX-2-inibitori

II tumori colorettali sono divenuti una del-le patologie maligne prevalenti in ambo i sessi. i pazienti con malattie infiammatorie intestinali o alcune sindromi neoplastiche ereditarie presen-tano un elevato rischio di sviluppare tumori co-lorettali, e pertanto necessitano anche più degli altri di misure di prevenzione oncologica.

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Nella poliposi adenomatosa familiare e nella Sindrome di Lynch la maggior parte delle mutazioni delle linee germina-li di base può essere rilevata tramite sequenziazione del DNA, e la consulenza medica dei soggetti interessati implica sia test di sorveglianza che misure chemiopreventive. In ogni caso, i meccanismi che conducono ai tumori colorettali differiscono in questi gruppi ad alto rischio, e l’azione molecolare dei farmaci chemiopreventivi deve essere approssimata alla reale cascata che porta alla cancerogene-si. Negli ultimi decenni è stato appreso molto riguardo ai fattori di rischio legati a dieta, terapie mediche e stili di vita per queste neoplasie. Per quanto riguarda lo stile di vita, evidenze schiaccianti indicano che la prevenzione dell’in-cremento di peso ed il mantenimento di un livello ragione-vole di attività fisica possano esercitare una notevole influenza nella riduzione del rischio. Benchè vi siano controversie sul ruolo di alcuni elementi nutrizionali specifici, la considerazione dell’andamento dietetico nel suo complesso risulta utile ai fini della formulazione di racco-mandazioni. Per quanto raccomandati spesso, il ruolo di molti integratori quali omega-3, vitamina D, folati e vitamina B6 rimane da chiarire. Soltanto l’integrazione di calcio e vitamina D sembra apportare un qualche beneficio tangibile, per quanto modesto, soprattutto nei soggetti che ne assumono giornalmente per scarse quantità. Per quanto riguarda la chemioprevenzione, farmaci quali i FANS ed i sostituti ormonali postmenopausali nelle donne potrebbe-ro essere associati ad una sostanziale riduzione nel rischio di tumori colorettali, benchè la loro utilità sia limitata dai notevoli effetti collaterali, mentre il ruolo di agenti quali statine, bisfosfonati ed antiossidanti rimane ancora da determinare. Gli ultimi decenni hanno dato luogo anche alla sperimentazione in questo contesto di farmaci specifici, fra cui sulindac, aspirina, celecoxib e mesalazina, ma alcuni di essi suscitano ancora controversie. Gli studi randomizza-ti condotti sinora supportano l’efficacia di aspirina e COX-2 inibitori nella riduzione del rischio di tumori ed adenomi nei pazienti con sindromi neoplastiche colorettali familiari. Le meta-analisi degli studi sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari confermano l’effetto preventivo dell’aspiri-na nei confronti di queste sindromi, e gli studi osservazio-nali hanno riportato un miglioramento della sopravvivenza con l’impiego dell’aspirina dopo la diagnosi. è in corso un ampio studio atto a valutare l’efficacia di aspirina e COX-2 inibitori come terapia adiuvante nei pazienti con tumori del colon allo stadio III, i cui risultati preliminari hanno portato al riscontro di un miglioramento della sopravviven-za complessiva, libera da malattia e libera da recidive: a loro volta, questi risultati hanno dato adito all’apertura degli studi CALGB 80702 ed ASCOLT, ma i risultati di questi studi sono ancora lontani diversi anni. Del primo dei due studi tuttavia sono già disponibili alcuni risultati ad interim, che

hanno confermato i benefici dell’introduzione di aspirina e COX-2 inibitori dopo la diagnosi di tumore colorettale. Il dosaggio esatto e la durata ideale della terapia ottimale ai fini del potenziale effetto preventivo non sono ancora chiari, ma è stata suggerita una correlazione dose-risposta con l’incremento della frequenza dell’assunzione di aspirina, mentre una qualsiasi quantità di COX-2 inibitori è stata associata ad una riduzione delle recidive, conferman-do così quanto riportato in precedenza. Le attuali cono-scenze sulle cascate biologiche influenzate da questi farmaci forniscono un solido supporto ai dati raccolti: l’aspirina infatti inibisce le COX, che convertono l’acido arachidonico in prostaglandine, che a loro volta modulano la crescita tumorale attraverso l’alterazione dell’espressione genica delle cellule staminali, l’ipermetilazione dei geni coinvolti nella proliferazione e nella differenziazione, la promozione dell’angiogenesi e della segnalazione WNT/CTNNB1 e l’inibizione dell’apoptosi, oltre ad altri elementi ancora. Gli studi epidemiologici di patologia molecolare

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hanno riportato anche differenze nei benefici sulla base dell’eventuale presenza di mutazioni BRAF e PIK3CA e dell’espressione degli antigeni PTGS2 o HLA di classe I da parte del tumore, ma i dati raccolti sono conflittuali e richiedono ulteriori indagini. Data l’importanza critica della disregolazione delle proteine Wnt nella cancerogene-si colorettale, l’interazione fra aspirina e segnalazione Wnt normale è divenuta un vero e proprio focus d’indagine: sono stati effettuati studi che hanno gettato nuova luce sulla comprensione dei meccanismi antitumorali dell’aspi-rina, portando all’identificazione di potenziali biomarcato-ri per i quali l’efficacia chemiopreventiva di questo farmaco può essere ottimizzata in sicurezza all’interno della pratica clinica, e garantendo la scoperta di nuovi target preventivi e terapeutici. Una recente meta-analisi ha esaminato sette studi sulla somministrazione post-diagnostica di aspirina e sette sulla somministrazione preventiva di aspirina nei pazienti con tumori colorettali. è stato riscontrato un netto beneficio in termini di sopravvivenza complessiva

con l’impiego post-diagnostico di aspirina sia nei pazienti con tumori del colon che in quelli con tumori rettali, ma questo beneficio appariva confinato ai pazienti positivi all’espressione della COX-2, e comunque questa pratica non risultava legata alla mortalità specifica per i tumori colorettali. Non sono state invece raccolte in questa circostanza prove di un’associazione fra somministrazione preventiva di aspirina e mortalità complessiva in questi pazienti. Questo dato è stato avallato anche da un singolo studio condotto in Asia, che però ha confermato che la somministrazione di aspirina ai pazienti con tumori colorettali allo stadio I-III resecati porta ad una riduzione del rischio di mortalità o recidive pari al 60%. In base ad un’analisi del rapporto costo/beneficio di questa pratica su soggetti anziani, l’aspirina è risultata più efficace ed economica rispetto a numerose altre opzioni nei pazienti con tumori allo stadio I-II: le analisi della sensibilità hanno dimostrato che il mancato trattamento o la somministrazio-ne di capecitabina possono risultare convenienti soltanto

GLi STudi randoMizzaTi condoTTi Sinora SuPPorTano

L’eFFicacia di aSPirina e coX-2 inibiTori neLLa riduzione deL

riScHio di TuMori ed adenoMi nei PazienTi con SindroMi

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STudi SuLLa Prevenzione deLLe MaLaTTie cardiovaScoLari

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Hanno riPorTaTo un MiGLioraMenTo deLLa

SoPravvivenza con L’iMPieGo deLL’aSPirina doPo La diaGnoSi.

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nel caso in cui l’utilità dell’aspirina non superi lo 0,909, e la probabilità di effetti collaterali letali annua superi lo 0,57%, mentre il rischio relativo di progressione non sia inferiore a 0,997 o il rischio di progressione con la capecitabina sia inferiore a 0,228. L’analisi probabilistica ha ulteriormente dimostrato che l’aspirina potrebbe risultare conveniente nel 50-80% dei casi quando la soglia di solvibilità del paziente varia da 20.000 a 100.000 dollari americani: in base a questi dati; anche se i benefici del trattamento fossero modesti, l’aspirina risulterebbe probabilmente conveniente nei tumori colorettali allo stadio I-II, il che ne suggerirebbe un ruolo potenzialmente unico nella prevenzione secondaria di questi pazienti. Ogni strategia per la chemioprevenzione deve comunque essere in grado di quantificare l’efficacia del potenziale trattamento, prevedendo quali farmaci possono risultare maggiormente utili, e tenendo conto anche della durata del periodo in cui il farmaco può essere assunto in sicurezza e della possibile presenza di effetti collaterali che ne precludano l’impiego a lungo termine. Come riportato, i dati derivanti dagli studi osservazionali e gli aggiornamenti provenienti dagli studi randomizzati controllati sono stati sinora molto incoraggianti, indicando quanto meno evidenti benefici dall’impiego a lungo termine dell’aspirina, anche a basse dosi, con un impatto massimale sulla prevenzione dei tumori del colon prossimale e degli adenomi. Non va comunque trascurato il fatto che la maggior parte degli studi metta in guardia anche nei confronti dell’aumento del rischio di emorragie gastrointe-stinali con l’uso a lungo termine di aspirina e dei farmaci correlati, e quindi il rapporto rischio/beneficio di un regime chemiopreventivo basato su questi presidi deve essere esaminato con attenzione su base personale.

Chemoprevention of colorectal cancer (Dig Dis. 2015; 33: 58-67)

Aspirin and COX-2 Inhibitor Use in Patients With Stage III Colon Cancer (Natl Cancer Inst. 2015; 107 (1))

Post-operative aspirin use and colorectal can-cer-specific survival in patients with stage I-III colorectal cancer (Anticancer Res. 2014; 34: 7407-14)

Molecular Pathways: Aspirin and Wnt Signaling-A Molecularly Targeted Approach to CancerPreven-tion and Treatment (Clin Cancer Res online 2014, pubblicato l’11/12)

Primary prevention of colorectal cancer: myth or reality? (World J Gastroenterol. 2014; 20: 15060-9)

Current concepts in colorectal cancer prevention with cyclooxygenase inhibitors (Anticancer Res. 2014; 34: 6277-82)

Cost-effectiveness of aspirin adjuvant therapy in early stage colorectal cancer in older patients (PLoS One. 2014; 9: e107866)

Aspirin use after diagnosis but not prediagnosis improves established colorectal cancersurvival: a meta-analysis (Gut. 2014. pii: gutjnl-2014-308260)

Bibliografia

i daTi derivanTi daGLi STudi oSServazionali e GLi aGGiornaMenTi ProvenienTi daGLi STudi

randomizzaTi conTroLLaTi Sono STaTi Sinora MoLTo incoraGGianTi, indicando

quanTo Meno evidenTi beneFici daLL’iMPieGo a LunGo TerMine deLL’aSpirina, ancHe a

baSSe doSi, con un iMPaTTo MaSSiMaLe SuLLa prevenzione dei Tumori del colon

ProSSiMaLe e deGLi adenomi

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LA RIVISTA DI SCIENZAPIù DIFFUSA AL MONDO

VIAGGIO NELLABORATORIO

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LA VITAALIENAEsIsTEdAVVERO?qualcuno la stacoltivando

TuTTI TEmONOL’INTELLIGENzA

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mensile - Numero 3 - Anno IIAprile 2015 - Euro 3,50

Edizione italiana

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GAME

THECLINICAL

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Invitare il figlio ad esprimere eventuali domande o preoccupazioni per quanto riguarda suo padre e le sue personali reazioni alla malattia del genitore.

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pazienTeM. M., 60 anni

anamnesi FamiLiarePadre deceduto all’età di 84 anni, diabetico; madre deceduta all’età di 90 anni per carcinoma del colon. Vedovo, moglie deceduta un anno fa a causa di un tumore mammario. Un figlio di 32 anni in apparente buona salute.

anamnesi paToLogiCa remoTaIl paziente riferisce di aver sempre goduto di relativa buona salute sino a 6 mesi fa, quando ha ricevuto la diagnosi di carcinoma del colon metastatico.

anamnesi paToLogiCa prossimaIl paziente giunge all’osservazione accompagnato dal figlio per effettuare il ciclo di chemio-terapia previsto. Il figlio, allenatore di calcio, offre al padre un supporto positivo, insistendo sul fatto che “sconfiggerà il cancro” e continuando a ripetere allo staff che suo padre è un vero combattente. Il figlio evita qualunque tipo di discussione sui potenziali esiti negativi della malattia del padre, e rammenta al medico ed allo staff clinico l’importanza di mantene-re suo padre motivato a migliorare. Il paziente viene trasportato in radiologia per un esame approfondito in quanto riferisce dolore addominale ingravescente ed il figlio rimane solo in sala di attesa.

Quale sarebbe il miglior approccio da parte del personale medico ed infermieristico per comunicare con il figlio del paziente?a) Rispettare la richiesta del figlio di “mantenere la positività”, e parlare con lui soltanto di calcioB) Sfruttare questa opportunità per comunicare al figlio che il paziente probabilmente non riuscirà a sconfiggere il tumoreC) Evitare la conversazione con il figlio ed attendere che sia lui a chiedere supportod) Invitare il figlio ad esprimere eventuali domande o preoccupazioni per quanto riguarda suo padre e le sue personali reazioni alla malattia del genitore.

gastrointestinaliTumori

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Evitare la conversazione, come suggerito nelle opzioni 1 e 3, oppure porre il figlio di fronte all’ineluttabilità della morte del padre non sono probabilmente strategie efficaci. Benchè invitare il figlio a condividere le sue preoccupazioni richiederebbe skill e compassione, ciò creerebbe un’opportunità per comunicare con lo staff e per affronta-re con onestà la gravità della malattia del padre. Ascoltare attentamente quanto il figlio ha da dire, in questo caso, è la chiave per creare questo tipo di comunicazione. Una comunicazione efficace, proprio come ogni tipo di abilità clinica, richiede pratica. Una quantità sostanziale di ricerche ha documentato deficit nella comunicazione fra il personale sanitario da un lato e pazienti e famiglie dall’altro, a partire dal momento della diagnosi iniziale ed attraverso ogni fase della malattia. Fortunatamente, negli ultimi anni sono emersi modelli di comunicazio-ne per guidare il medico in questo difficile

compito. La maggior parte della ricerca negli ultimi anni è stata focalizzata sul modo di “comunicare le brutte notizie”, ma comunque nel caso delle malattie più gravi la comu-nicazione fra pazienti, personale sanitario in tutte le discipline contemplate e membri della famiglia presenta molti altri aspetti. Il modello COMFORT rappresenta un esempio delle tecniche che vengono insegnate ai pro-fessionisti dell’area sanitaria pet migliorare la comunicazione. Esso si compone di sette moduli. Il primo definisce il ruolo unico del professionista sanitario nella comunica-zione relazionale al termine della vita del paziente; il secondo si propone di appianare le differenze individuali nel livello culturale e nelle conoscenze relative all’area sanitaria; il terzo approfondisce il ruolo che la presenza del professionista svolge nel miglioramento della pratica clinica e della comunicazione con pazienti e famiglie; il quarto modulo esamina la centralità del ruolo della famiglia

disCUssione

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BiBLiograFia

Communication and Palliative nursing. (new York: oxford University Press; 2012)

impact of specialist home-based palliative care services in a ter-tiary oncology set up: a prospective non-ran-domized observational study (indian J Palliat Care. 2015; 21: 28-34)

spiritual needs of cancer patients: a qualitative study (indian J Palliat Care. 2015; 21: 61-7)

dignity-conserving care in palliative care settings: an integrative review (J Clin nurs online 2015, pubblicato il 23/2)

a preliminary study to develop an intervention to facilitate communi-cation between couples in advanced cancer (Palliat support Care. 2015; 6:1-10)

ai fini dell’assistenza ottimale al paziente; il quinto modulo illustra il modo in cui i cambiamenti dello stato di salute e delle finalità assistenziali presentino opportunità per migliorare la comprensione del paziente e della sua famiglia; il sesto modulo insegna come adattarsi al grado di accettazione dello stato di salute da parte di paziente e famiglia; il settimo modulo, infine, porta il medico ed il personale sanitario a superare i più rigidi limiti imposti dal proprio ruolo, creando mo-delli di pensiero di gruppo e di comunicazio-ne in squadra. Nel caso proposto, il personale infermieristico avrebbe potuto approcciare il figlio del paziente mentre egli aspettava il ritorno del padre in modo aperto e volto al supporto, evitando un’agenda di conversazio-ne predeterminata. Sarebbe stato opportuno utilizzare una frase empatica, come ad esem-pio”Deve essere molto difficile per te vedere tuo padre sottoporsi al trattamento. So che speri che possa sopravvivere”. Lo scopo della

comunicazione, in questi casi, non consiste in un rapido accomodamento o nella risoluzio-ne di tutti i problemi, ma ha a che vedere con le relazioni interpersonali e con la presenza del personale sanitario per i pazienti e le loro famiglie: si tratta di un processo in divenire, che riconosce la diversità delle culture, delle storie vissute e delle relazioni che sussistono per le persone che sono oggetto dell’assi-stenza. Nel caso del paziente oncologico terminale, comunque, non bisogna dimenti-care neanche il ruolo della terapia palliativa specialistica domiciliare, che si è dimostrata in grado di migliorare il controllo dei sintomi, la comunicazione correlata allo stato di salute del paziente ed il supporto psicosocia-le. Essa promuove l’incremento del numero di decessi a domicilio o un indirizzamento appropriato e precoce verso le case di cura, evitando i ricoveri non necessari, miglioran-do gli esiti del lutto ed il grado di soddisfazio-ne del personale assistenziale stesso.

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dottor Wilingham, è difficile gestire i tumori gastrointesti-nali?Alcuni GIST possono essere monitorati in sicurezza, mentre altri possono aumentare di volume e diventare aggressivi. Inoltre,alcune forme possono anche metastatizzare e diffon-dersi ad altri organi, se non vengono rimosse. Una delle sfide consiste nel determinare quali tumori potrebbero diventare aggressivi e quali invece si possono controllare in modo sicuro per lungo tempo. In modo simile, alcuni piccoli tumori possono essere rimossi in modo abbastanza semplice, con una operazione chirurgica ben tollerata. Ma i tumori che si sviluppano in certe posizioni sono difficili da gestire con le tecniche tradizionali. Altri pazienti presentano tumori che sono difficili da vedere e raggiungere dall’esterno, e richiedo-no una chirurgia molto più invasiva, che potrebbe compor-tare la perdita dell’intero stomaco. è per questi tumori che abbiamo cercato di sviluppare una soluzione migliore.

Quindi che cosa avete messo a punto?Abbiamo sviluppato un approccio ibrido che ci permette di rimuovere alcuni tumori gastrointestinali senza bisogno di resezione degli organi principali. Più che altro, è un metodo che richiede lavoro di squadra. I chirurghi procedono trami-te diverse piccole incisioni addominali, e noi gastroenterolo-gi possiamo scendere endoscopicamente attraverso la bocca. Lavorando assieme possiamo raggiungere tumori in zone difficili e sezionarli endoscopicamente. A volte assistiamo i chirurghi per rimuovere la base più piccola del tumore, per essere sicuri che proprio tutte le cellule tumorali siano elimi-nate. Noi l’abbiamo chiamata “resezione ibrida push-pull”. I pazienti ricevono piccole incisioni nella membrana addomi-

approccio iBrido per i giSTA tu per tu con Field Willingham

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CLINICAL LEADER

nale e mantengono praticamente tutto il loro stomaco, il che è un notevole miglioramento rispetto ad una totale gastrec-tomia.

Utilizzate anche dei farmaci?Alcuni pazienti sono stati trattati con imatinib, di norma quelli con tumori più grandi. Spesso l’obiettivo del tratta-mento è di ridurre i tumori così che possano diventare più facili da asportare con la chirurgia. I pazienti nel nostro studio tendevano ad avere tumori più piccoli, ma in posti più difficili da raggiungere, e sono stati curati con l’approccio ibrido invece che imatinib.

esattamente, come funziona l’approccio ibrido?Utilizzando un endoscopio e diversi strumenti laparoscopici, siamo riusciti a rimuovere i tumori che ponevano troppi problemi per una resezione chirurgica. Nel nostro approc-cio, i chirurghi spingono sul tumore tramite la superficie esterna, consentendoci di rimuoverlo dall’interno. Noi poi spingiamo sulla base del tumore che abbiamo rimosso, ed i chirurghi prelevano un piccolo strato di tessuto in modo da non lasciare alcuna cellula tumorale, mantenendo però quasi tutto lo stomaco intatto.

siete davvero riusciti a guarire questi pazienti, oppure ne avete solo ridimensionato il problema?Si, siamo riusciti a curare i pazienti con un approccio di chirurgia miniinvasiva. La maggioranza dei pazienti è potuta tornare a casa il giorno dopo l’operazione.

La procedura si potrà usare in altre situazioni cliniche, oppure serviranno altri studi?Per molti pazienti, l’approccio standard funziona bene ed ha poche complicazioni. Per un gruppo più ridotto, la nostra procedura offre una opzione molto meno invasiva, e non devono vivere con una gastrectomia totale per sempre, il che ha un impatto profondo sulla qualità della vita. Saremmo molto felici di poter continuare a lavorare su questo metodo per aiutare altri pazienti qui da noi ed in qualsiasi altro ospedale del mondo interessato a sviluppare un approccio ibrido.

i gisT (gastrointestinal stromal Tumor) rappre-sentano una sfida clinica importante nell’ambito dell’oncologia gastrointestinale.Field Willin-gham, che lavora presso la divisione malattie del sistema digerente della emory Clinic di atlanta, ha studiato con successo una tecnica ibrida – chi-rurgica ed endoscopica - che consente di rimuo-verli senza la gastrectomia totale.

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field Willingham lavora dal 2009 presso la divi-sione malattie del Sistema digerente della emory clinic (atlanta, uSa) Si occupa di chirurgia transluminale endoscopica. utilizza un endosco-pio flessibile che viene fatto passare attraverso la membrana degli organi addominali per eseguire una piccola operazione chirurgica dall’interno, per non lasciare incisioni addominali e cicatrici nei pazienti. poiché non tutti gli inteventi posso-no essere eseguiti con questa metodica, Willin-gham e colleghi hanno cominciato a lavorare a un approccio ibrido, che li ha portati a sviluppare un’innovativa procedura per alcuni tipi di tumori gastrointestinali, i cosiddetti giST (gastrointesti-nal Stromal Tumor)

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