1 - chimica degli alimenti

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    1. Chimica degli alimenti

    Risulta necessario comprendere le caratteristiche dei componenti chimici dei prodotti

    alimentari e le reazioni chimiche che possono avere luogo cosicché i sistemi di

     produzione/lavorazione possano essere efficacemente progettati e controllati.I componenti principali di un prodotto alimentare sono i seguenti:

    -  acqua;

    -   proteine;

    -  carboidrati;

    -  lipidi;

    dispersioni colloidali (sol, gel, emulsioni, schiume).

     Acqua

    L’acqua è il componente principale di molti prodotti alimentari. Si caratterizza per la presenza

    di un dipolo e la possibilità di formare legami idrogeno con altre molecole polari presenti

    negli alimenti, come carboidrati e proteine. 

    Gli alimenti si possono distinguere sulla base del contenuto di umidità in alimenti a bassa,

    media ed elevata umidità.

    Il tenore di acqua non è sempre il parametro migliore per valutare l’effetto dell’acqua sulla

    stabilità del prodotto alimentare, bensì è molto più utile fare riferimento all’attivitàdell’acqua.

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    La stabilità chimica di un alimento non è infatti collegata al contenuto totale di umidità, bensì

    all'acqua "libera". Con tale locuzione ci si riferisce a quella parte di acqua, contenuta

    nell'alimento, non impegnata in legami con altre molecole e trattenuta negli spazi interstiziali.

    Tali molecole, nonostante diano origine, insieme a tutte le altre, ad un impasto eterogeneo

    hanno un comportamento molto prossimo a quello di molecole di acqua pura e costituiscono il

    substrato ideale per la proliferazione dei microrganismi.

    Il contenuto di acqua "libera" è espresso dall'attività dell'acqua:

    *

    vw

     pa

    P=  

     pv = tensione di vapore dell'acqua all'interno dell'alimento

    P* = tensione di vapore dell'acqua pura alla stessa temperatura

    La precedente espressione costituisce anche la definizione dell'umidità relativa di una miscela

    aria-vapore. Risulta infatti:

    *

    v p RH P

    =  

    Quando un solido umido è in equilibrio con l'atmosfera circostante, la sua attività eguaglia

    l'umidità relativa dell'atmosfera stessa.

    E' interessante osservare come l'attività dell'acqua possa essere espressa nel modo seguente:

    w A Aa x   γ  = ⋅  

     x A = frazione molare dell'acqua nella miscela, che, nel caso specifico, coincide con l'alimento

    γ   A = coefficiente di attività dell'acqua

    L’attività dell’acqua di un alimento è legata, ovviamente, al contenuto di acqua. La curva che

    esprime tale correlazione si chiama isoterma di adsorbimento. Tale curva è ottenuta

    sperimentalmente essiccando l'alimento di cui si vuole costruire l'isoterma e portandolo,

    successivamente, a contatto con un ambiente ad umidità nota fino al raggiungimento di

    condizioni di equilibrio. Valutando la quantità di acqua che l'alimento ha adsorbito è possibile

     posizionare un punto dell'isoterma.

    Osservando l'andamento caratteristico di una tale curva, si riconoscono tre zone principali

    indicate con le lettere A, B e C.

    Per valori sufficientemente bassi di aw = 0 - 0.2 (regione A) le molecole di acqua sonosaldamente legate al solido grazie all'insorgenza di legami idrogeno o interazioni

    elettrostatiche tra le molecole di acqua e gruppi fortemente polari (amminici, carbonilici od

    ossidrilici variamente presenti in carboidrati e proteine). In tali condizioni l'acqua non è

    disponibile per favorire lo sviluppo microbico o la comparsa di reazioni chimiche che

     producano delle alterazioni.

    All'interno delle regioni indicate con B e C le molecole di acqua sono gradualmente sempre

    meno impegnate in legami con il substrato e una parte rilevante di ciò che è stato adsorbito è

     presente come liquido "libero".

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    Il grafico evidenzia, inoltre, il fenomeno della isteresi, presente nella quasi totalità dei

     processi di adsorbimento in misura variabile con la natura e lo stato del substrato, secondo il

    quale la curva di desorbimento non coincide con quella di adsorbimento (in genere giace al di

    sopra); l'alimento, cioè, a parità di aw  rilascia una quantità minore di acqua rispetto a quella

    che adsorbe nelle medesime condizioni.

    L’attività dell’acqua varia con la temperatura. Questo ha implicazioni nella stabilità dei

     prodotti durante lo stoccaggio. Per esempio, possiamo vedere che in un prodotto confezionato

    in modo che il contenuto di acqua rimanga costante, un aumento della temperatura porta ad un

    incremento dell’acqua libera. Come risultato, un prodotto la cui aw è a livelli di sicurezza aduna certa temperatura, può trovarsi a valori di aw non sicuri a temperature di stoccaggio più

    alte.

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    Una espressione frequentemente utilizzata in campo alimentare per rappresentare

    analiticamente una isoterma di adsorbimento è quella dovuta a Oswin:

    1

    n

    w

    w

    a X K 

    a

    ⎛ ⎞= ⋅ ⎜ ⎟

    −⎝ ⎠ 

     X  = contenuto di umidità (intesa come umidità assoluta)

    aw = attività dell'acqua

    K , n = parametri da determinarsi per ogni singolo caso

    L’attività dell’acqua influenza sia la velocità di crescita dei microrganismi, sia la cinetica

    delle reazioni enzimatiche e chimiche. La figura seguente mostra come la crescita dei

    microrganismi, e le reazioni chimico-fisiche siano influenzate dall’attività dell’acqua.

    0,1 0,40,30,2 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9   aw

    Ossidazione lipidica

    Imbrunimento non

    enzimatico

     Attività

    enzimatica

    Crescita di:

    muffe

    lieviti

    batteri

       V

      e   l  o  c   i   t   à   d   i   r  e  a  z   i  o  n  e

     

    Generalmente, muffe e lieviti richiedono valori di aw più bassi rispetto alla maggior parte dei

     batteri. Alcuni batteri, come Staphylococcus aureus, possono crescere a livelli di aw 

    abbastanza bassi e possono causare problemi in alimenti come carni salate e formaggi.

    LIVELLI MINIMI DI aW CHE CONSENTONOLA CRESCITA (alla temperatura ottimale)

    Muffe   Aspergillus chevalieri 0.71

     Aspergillus ochraceus 0.78

     Aspergillus flavus 0.80

    Penicillium verrucosum 0.79

    Fusarium moniliforme 0.87

    Lieviti   Saccharomyces rouxii 0.62

    Saccharomyces cerevisiae 0.90

    Batteri   Bacillus cereus 0.92

    Clostridium botulinum (proteolitico) 0.93

    Clostridium botulinum (non proteolitico) 0.97

    Escherichia coli 0.93

    Salmonella 0.95

    Staphylococcus aureus 0.83  

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    Gli intervalli dei livelli di aw  negli alimenti sono relativamente ampi. La tabella seguente

    mostra che l’attività dell’acqua è un parametro selettivo che determina quale microflora si

    sviluppa.

    VALORI DI aW DEGLI ALIMENTI ELORO FLORA MICROBICA

    aw

      Alimenti Flora microbica

    > 0.98 Carne fresca

    Pesce fresco

    Frutta fresca (C. perfringens

    Vegetali freschi   Salmonella)

    Conserve vegetali in acqua e sale

    Conserve di frutta in sciroppo leggero (Pseudomonas)

    (< 3,5% sale, 26% zucchero)

    0.93-0.98 Salsicce fermentate (B. cereus,

    Formaggio stagionato   C. botulinum,

    Pane   Salmonella)

    Latte evaporato lattobacilli,Conserva di pomodoro bacilli e

    (10% sale, 50% zucchero) micrococchi  

    0.85-0.93

    0.6-0,85

    < 0.6

    Salsicce essiccate e fermentate

    Prosciutto crudo (17% sale,

    saturato con saccarosio)

    Frutta secca

    Farina

     Cereali

    Pesce sotto sale

    Nocciole

    Dolciumi

    Miele

    Uova e latte in polvere

    Tagliatelle  

    S. aureus

    Muffe che producono

    micotossine; lieviti alteranti

    e muffe

    Funghi xerofili

     Alofili

    Lieviti osmofili

    Nessuna crescita ma

    rimane vitale

     

    Ad aw  < 0.6 gli alimenti iniziano ad essere stabilizzati, poiché non vi è crescita microbica

    anche se i microrganismi rimangono vitali. Questo significa che non appena viene aggiunta

    acqua all’alimento deidratato, devono essere adottate le precauzioni richieste per un alimento

    fresco, poiché i microrganismi sopravvissuti possono nuovamente svilupparsi.

    Varie tecnologie possono essere applicate per il controllo dell’attività dell’acqua:

    togliere acqua (essiccamento).- 

    diminuire la disponibilità dell’acqua attraverso la cristallizzazione (congelamento).

    -  diminuire la disponibilità dell’acqua attraverso agenti leganti come zucchero, sale.

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    Proteine

    Le proteine sono tra i composti organici più complessi e sono i costituenti fondamentali di

    tutte le cellule animali e vegetali.

    Dal punto di vista chimico, una proteina è un polimero composto da amminoacidi uniti

    mediante il legame peptidico (tra la parte acida e quella basica di due ammonioacidi). Gliamminoacidi sono molecole organiche che nella loro struttura recano sia il gruppo funzionale

    amminico (delle ammine) (-NH2) sia quello carbossilico (degli acidi carbossilici) (-COOH).

    Ogni amminoacido presenta uno specifico gruppo laterale (detto anche gruppo R). In

    funzione delle proprietà chimiche di tale gruppo, un amminoacido viene classificato come

    acido, basico, idrofilo (o polare) e idrofobo (o apolare). L'ingombro dei vari gruppi R che

    sporgono dalla catena polipetidica, l'affinità reciproca tra gruppi polari e tra gruppi apolari,

    l'attrazione tra gruppi basici e gruppi acidi sono alcune delle forze che concorrono a modellare

    la conformazione della proteina nello spazio (la struttura terziaria), conformazione dalla quale

    dipende in modo essenziale l'attività biologica della proteina stessa.

    Le proteine nel loro stato naturale possono ripiegarsi su loro stesse e formare una

    caratteristica struttura tridimensionale. Quando la struttura della proteina viene alterata, le sue

     proprietà cambiano irreversibilmente. La principale causa di ciò è il calore, ma hanno eguale

    effetto l’agitazione, l’aggiunta di solventi o di sali. Proteine denaturate hanno in genere una

     bassa solubilità.

    La maggior parte delle proteine si denatura a temperature di circa 40°C. Quando vengono

    scaldate a temperature più elevate le proteine sono sottoposte a reazioni chimiche che possono

    causarne la rottura, oppure la loro unione in molecole di maggiore dimensione. Queste

    reazioni chimiche sono alla base delle trasformazioni degli alimenti in cucina. Quando

    cuciniamo un uovo, le sue proteine denaturano non appena innalziamo la temperatura sopra i40°C e iniziano a reagire tra loro quando la temperatura arriva ai 75°C. quando iniziano

    queste reazioni, le uova cambiano da una soluzione liquida ad una massa solida.1 

    Un’altra via per denaturare le proteine è quella di stirare le molecole.

    1 Un uovo di gallina è composto al 74 per cento di acqua, al 12 per cento di proteine e all’11 per cento di grassicon tracce di vitamine, minerali e altre sostanze. Il grasso è concentrato esclusivamente nel tuorlo, mentrel’albume è sostanzialmente una soluzione al 10 per cento di proteine in acqua.   Vi sono diverse proteinenell’uovo, e ognuna coagula a temperature diverse. L’ovotransferrina, nell’albume, comincia a coagulare a 62 °C

    e diventa un solido morbido a 65 °C. Poiché l’ovotransferrina costituisce solo il 12 per cento delle proteinedell’albume, questo rimane morbidissimo. A 85 °C anche l’ovalbumina, che costituisce il 54 per cento delle

     proteine dell’albume, coagula, e il bianco diventa più compatto. Il tuorlo invece si inspessisce a 65 °C esolidifica a 70 °C.

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    Particolari proteine che catalizzano reazioni chimiche sono gli enzimi. Essi sono responsabili

    di dello sviluppo e del sapore finale e della consistenza di frutta e verdura, della stagionatura

    di formaggi, della conversione di amidi a zuccheri fermentabili...

    Una particolare proteina è il collageno, proteina fibrosa rigida, abbondante in tutti i

    mammiferi. Essa è il principale componente della pelle, dei tendini che connettono i muscoli

    alle ossa, come pure delle membrane attorno ai fasci delle fibre muscolari. Il collagenoconsiste di tre molecole distinte e intrecciate tra loro con una struttura a forma di fune.

    Questa triplice elica è la disposizione che conferisce al collageno la sua robustezza e la sua

    naturale tendenza a fornire i mattoni per la costruzione dei tessuti dei mammiferi. Tuttavia

    sono la sua stessa durezza e la sua consistenza che lo rendono praticamente immangiabile. Il

    collageno deve essere rotto nei tre filamenti prima di potere essere digerito: i filamenti

    separati sono infatti molecole proteiche flessibili e facilmente digeribili. I filamenti distinti

    della triplice elica del collageno si srotolano e denaturano quando il collageno è scaldato ad

    una temperatura superiore a 70°C. Le molecole così separate e denaturate sono conosciute

    come gelatina: le proteine denaturate di gelatina, una volta raffreddate, non riescono a

    riformare la triplice elica, ma interagiscono tra loro e formano molti legami con altre

    molecole, costruendo così una vasta rete. Tra i punti di giunzione della rete le molecole di

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    gelatina legano molecole di acqua: il sistema acqua-gelatina si comporta come un solido,

     piuttosto che come un liquido. Aumentando la temperatura (al di sopra di 30°C) i legami tra le

    differenti molecole si allentano e si rompono, sciogliendo così la struttura; raffreddando il

    liquido (sotto i 15°C) le molecole separate ricominciano ad interagire per formare la gelatina.

    In cucina i gel si formano anche con altre molecole. Per esempio, quando si cuociono i

     bianchi delle uova, si denaturano le proteine e si formano nuovi legami che danno origine ad

    un gel: in questo caso il gel è permanente: i legami tra le proteine del bianco dell’uovo si

    formano con reazioni chimiche irreversibili.

    Carboidrati

    Dal punto di vista chimico i carboidrati sono aldeidi o chetoni a cui sono stati aggiunti gruppi

    ossidrili, solitamente uno per ogni atomo di carbonio che non fa parte del gruppo funzionale

    aldeidico o chetonico.

    Le singole unità di carboidrati sono chiamate monosaccaridi. Tra questi ricordiamo il

    glucosio, il galattosio e il fruttosio.

    Glucosio Galattosio Fruttosio

    I monosaccaridi possono legarsi tra di loro in moltissimi modi per formare gli oligosaccaridi o

    i polisaccaridi.

    I principali carboidrati presenti negli alimenti sono gli amidi e gli zuccheri.

    L'amido  è un carboidrato polisaccaridico composto da due polimeri: l'amilosio (che ne

    costituisce circa il 20%) e l'amilopectina (circa l'80%). In entrambi i casi si tratta di polimeri

    del glucosio, che si differenziano l'uno dall'altro per la struttura. L'amilosio è un polimero

    lineare che tende ad avvolgersi ad elica, mentre l'amilopectina è un polimero ramificato che

     presenta catene di base di struttura simile all'amilosio che si dispongono a formare unastruttura ramificata; ogni 24-30 unità di glucosio si innestano catene laterali.

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    (amilosio)

    (amilopectina)

    L'amido si trova nei frutti, nei semi e nei tuberi dalle piante come cereali (riso, grano,...) e

    legumi (piselli, lenticchie, ...), dove è utilizzato come riserva nelle cellule vegetali, ed è

    un'importante fonte alimentare anche per l'uomo. Nell'industria alimentare le cinque fonti

     principali di amido sono il mais, le patate, il riso, la tapioca e il grano. Anche i legumi come i

    fagioli ne sono ricchi.

    L'amido puro è una polvere bianca, insapore ed inodore, che risulta insolubile in acqua fredda

    o in alcol. L’amido si presenta sotto forma di granuli che presentano regioni cristalline e

    regioni amorfe.

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    Insieme ad amilosio ed amilopectina nei granuli di amido si trovano anche proteine. La loro

    quantità e collocazione all’interno dei granuli di amido sono fondamentali dal punto di vista

    culinario. Quando ai granuli si aggiunge acqua fredda, questa viene assorbita dalla proteina,

    ma difficilmente penetra nell’amilosio e nell’amilopectina. Per questa ragione i granuli chehanno un contenuto proteico elevato assorbiranno una gran quantità di umidità, a temperatura

    ambiente, mentre quelli con meno proteine non ne potranno assorbire che poca.

    Una volta che hanno assorbito l’acqua le proteine attorno al granulo d’amido divengono

    “appiccicose” e legano i vari granuli tra loro formando grossi grumi: i granuli in prossimità

    del centro del grumo si trovano ben protetti dall’esterno, cosicché difficilmente saranno

    attaccati da un qualunque batterio esterno e difficilmente si gonfieranno ulteriormente

    all’aggiunta di altra acqua.

     Nei granuli d’amido della farina di frumento vi sono due proteine principali, la gliadina e la

    glutenina. Esse possono combinarsi assieme con acqua (una quantità di acqua circa doppia

    rispetto a quella della proteina) per formare un complesso conosciuto come glutine: perchéciò accada è necessario che le molecole proteiche siano stirate e circondate da acqua, così da

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     potere formare tra loro nuovi legami. Il glutine che ne risulta è un sistema complesso,

    costituito da una rete molto elastica e compatta di molecole. La formazione del glutine è di

    grande importanza per ottenere pane, torte e paste.

    L’acqua fredda non agisce sull’amilosio o sull’amilopectina presenti in un granulo d’amido,

    mentre l’acqua calda è in grado di farlo. A temperatura superiori a circa 60°C (il valore

    effettivo dipende dalla quantità relativa di amilosio e di amilopectina, e da quanto ben

    impacchettate sono le molecole di amilosio) i cristalli iniziano a fondere e le molecole di

    amilosio e amilopectina tendono a distanziarsi. Le molecole di amilosio sono alquanto

    solubili in acqua, mentre l’amilopectina si solubilizza meno facilmente. I granuli d’amido

     possono assorbire una enorme quantità di acqua senza perdere la loro integrità (ad es. un

    granulo di amido di patata può gonfiare 100 volte il suo volume originario senza scoppiare).

    Le molecole di amilosio possono separarsi e dissolversi nell’acqua circostante una volta che il

    granulo scoppia. Questo processo è chiamato gelatinizzazione  e contribuisce ad unsignificativo aumento della viscosità. L’amilopectina è il principale responsabile dell’aumento

    della viscosità. Non tutti gli amidi gelatinizzano nella medesima misura data la differente

     percentuale di amilopectina.

    Il processo di rigonfiamento non è completamente reversibile. Se un granulo d’amido gonfio è

    essiccato, allora gli strati cristallini ordinati dell’amilosio non si riproducono. Le molecole

    formano una struttura ordinata in cui le molecole d’amilosio assumono un aspetto elicoidale:

    l’acqua è strettamente legata all’amilosio in questi complessi cristallini da dare l’impressione

    di essere un sistema essiccato. Questa è la modificazione che normalmente definiamo “esserestantio”.

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    Gli zuccheri  presenti nei prodotti alimentari sono monosaccaridi come il glucosio ed ilfruttosio, e disaccaridi come il saccarosio, il lattosio ed il maltosio.

    Saccarosio

    Lattosio

    Maltosio

    Il fruttosio ed il glucosio si trovano nella frutta, nel miele e nei succhi di frutta. Il maltosio si

    trova in prodotti di demolizione degli amidi. Il saccarosio è ottenuto da barbabietole dazucchero e dalla canna da zucchero. Il lattosio si trova solamente nel latte e nei prodotti

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      I-14

    lattieri. Il saccarosio è utilizzato come termine di riferimento per la valutazione della

    dolcezza, con un valore di 1.0. Il fruttosio ha valori compresi tra 1.1 e 1.5, il glucosio ha 0.7,

    il lattosio ha 0.5 ed il maltosio ha 0.3.

    Gli zuccheri, come i grassi, sono prodotti dagli organismi viventi per immagazzinare energia.

    In generale, poiché gli zuccheri contengono già un po’ di ossigeno, forniscono una quota di

    energia con un’efficienza più bassa (4 kcal/g), ma è proprio per la presenza dell’ossigeno che

    sono combustibili migliori: liberano infatti energia più facilmente. Gli zuccheri ad anello

    singolo solitamente liberano più energia, quando bruciati, che non quelli ad anelli multipli. La

    reazione di ossidazione degli zuccheri nel nostro corpo è controllata mediante molecole

    specifiche (enzimi): siamo in grado di digerire più o meno qualunque monosaccaride o

    disaccaride, anche se dobbiamo convertire gli zuccheri in forme digeribili prima di poterli

    utilizzare; non possediamo invece gli enzimi capaci di degradare gli zuccheri più grandi (se li

    ingeriamo, il nostro intestino non riesce a digerirli, per cui finiscono nel colon dove vengono

    digeriti da vari batteri presenti, con formazione di significative quantità di anidride

    carbonica).

    Gli zuccheri sono igroscopici, ovvero trattengono l’acqua e difficilmente la perdono a seguitodi evaporazione. Gli zuccheri tendono a formare cristalli quando sono concentrati e

    raffreddati. La cristallinità del saccarosio è responsabile della consistenza di biscotti e

    caramelle. Gli zuccheri possono formare strutture amorfe in prodotti di pasticceria come i

    canditi.

    Le reazioni chimiche che coinvolgono gli zuccheri sono molteplici:

    -  Ad alta temperatura gli zuccheri sono degradati dalla reazione di caramelizzazione,

    che porta alla formazione di componenti aromatici, colore scuro, e polimeri con

    limitata solubilità.

    -  La reazione di imbrunimento di Maillard ha luogo tra un gruppo carbonilico (aldeidico

    o chetonico) che si trova in uno zucchero, ed un gruppo amminico presente in una

     proteina. Composti che si formano con queste trasformazioni sono bruni e dal

    caratteristico odore di crosta di pane appena sfornato. Le reazioni sono piuttosto

    complesse ed eterogenee, influenzate da fattori come la temperatura e il pH.

     Lipidi

    I lipidi (detti anche grassi) sono molecole organiche raggruppate sulla base delle loro

     proprietà comuni di solubilità: sono insolubili in acqua, mentre sono solubili in solventi

    organici non polari. Essi si caratterizzano per un elevato contenuto energetico (9 kcal/g). I

    lipidi hanno una densità significativamente minore di quella dell'acqua (dunque galleggiano).Dal punto di vista strutturale, sono costituiti prevalentemente da atomi di carbonio, e di

    idrogeno uniti tra loro con legami covalenti scarsamente polari. La maggior parte delle

    molecole ha tre catene legate tra loro ai terminali corrispondenti. Solitamente ci sono dai 10 ai

    20 atomi di carbonio circa in ciascuna catena.

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    Si distinguono lipidi saturi ed insaturi: un grasso saturo ha il massimo numero possibile di

    atomi di idrogeno attaccati a quelli di carbonio. Grassi di questo tipo si possono

    “impacchettare” tra loro molto facilmente. Nei grassi insaturi due o più atomi di carbonio

    sono legati tra loro da legami doppi, ed hanno un solo atomo di idrogeno attaccato. Nei grassi

    monoinsaturi solo due atomi di carbonio sono legati con legami doppi, nei polinsaturi diverse

    coppie di atomi di carbonio contengono all’interno doppi legami. Quando un legame doppio è

    introdotto all’interno della catena, la struttura regolare si interrompe e le catene si ripiegano.

    A questo punto è molto più difficile appaiare con precisione le strutture ripiegate.

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    La differenza nel modo di aggregazione spiega il perché un grasso sia solido o liquido. I

    grassi saturi si aggregano facilmente formando dei solidi, con conseguente innalzamento del

     punto di fusione. Inoltre, essi immagazzinano molta più energia. Nei mammiferi, dove la

    temperatura corporea si mantiene attorno ai 35°C, i grassi saturi sono generalmente liquidi, e

    con ciò facilmente utilizzabili come e quando necessario. Perciò i mammiferi tendono a

     produrre grassi saturi, che sono più utili. Nei pesci e nelle piante, dove la temperatura puòessere molto più bassa, i grassi saturi tenderebbero a solidificare, rendendo difficile il loro

    uso. Perciò i pesci e le piante tendono a preferire i grassi insaturi, anche se sono meno

    efficienti dal punto di vista della scorta energetica.

    La ragione principale per la quale consideriamo i grassi saturi meno salutari degli insaturi

    risiede nel fatto che possiedono punti di fusione più alti. Se si dovesse accumulare del grasso

    saturo nelle nostre arterie, e quel particolare grasso dovesse avere un punto di fusione vicino o

    addirittura superiore alla temperatura corporea, ci sarebbe un rischio concreto che esso possa

    solidificare e impedire così il flusso del sangue.

    Un’altra differenza importante tra grassi saturi e insaturi è che i doppi legami negli insaturi

    sono siti preferenziali di ossidazione: l’ossigeno atmosferico può infatti reagire con i grassiinsaturi anche a temperature piuttosto basse (processo di irrancidimento), causando in genere

    odori sgradevoli. I grassi saturi sono molto stabili a temperatura ambiente: l’ossigeno non può

     penetrare facilmente nella loro struttura solida, e il fatto stesso che non ci siano doppi legami

    rende la velocità di ossidazione in superficie molto lenta.

    Il burro è un caso particolare: nonostante la grande maggioranza del grasso sia satura, può

    facilmente irrancidire. Questo capita per colpa di un meccanismo differente promosso dalle

    gocce di acqua presenti nel burro (idrolisi). Il burro chiarificato (in cui è stata estratta l’acqua

    mediante un moderato riscaldamento) è molto meno propenso all’irrancidimento.

     Dispersioni

    Prodotti alimentari esistono frequentemente nella forma di dispersioni colloidali, in cui un

    liquido, un solido ed un gas sono dispersi in una fase differente.

    Un solido disperso in un liquido costituisce un sol (ad es. il latte scremato è una dispersione di

     proteine del latte in acqua).

    Un liquido (ad es. un olio) disperso in un liquido costituisce una emulsione  (ad es. la

    maionese).

    Un gas disperso in un liquido costituisce una schiuma (ad es. agli albumi dell’uovo montati).

    Il principale obiettivo durante la lavorazione di queste dispersioni colloidali è preservarne lastabilità ed evitare la separazione dei componenti che può avere varie cause:

    dimensione delle particelle, gravità e differenza della densità delle varie fasi (si può

    ricorrere ad una omogeneizzazione per ridurre la dimensione delle particelle);

    -  interazioni elettrostatiche (si può variare il pH);

    -  viscosità (si possono usare leganti).

    I gel  si formano quando i polimeri solidi presenti in un sol formano una rete di fili

    interconnessi che intrappolano l’acqua, ottenendo così una struttura semisolida (gelatine,

     budini, marmellate).

    Se il grado di associazione tra i polimeri aumenta, essi possono espellere l’acqua intrappolata

    ed il liquido si accumula sulla superficie del gel (sineresi): questo è problema più rilevante

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    che si può avere nella conservazione di un gel, e può essere inibito dall’aggiunta di leganti per

    l’acqua e aumentando il contenuto di solidi.

    Le emulsioni sono dispersioni di olio in acqua o di acqua in olio (maionese, condimento per

    insalate).

    La formazione di una emulsione viene facilitata dalla presenza di emulsionanti o surfattanti,

    molecole che possiedono una parte affine all’acqua e una parte affine ai grassi.

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    Il comune detersivo ad esempio contiene emulsionanti. Le sue molecole circondano l’unto

    delle macchie e ne permettono la dispersione nell’acqua, e quindi la pulitura di vestiti o

    stoviglie.

    I detergenti non sono commestibili e non vengono utilizzati in gastronomia, ma esistono

    molte sostanze che possono fungere da emulsionanti. Le lecitine ad esempio, contenute nel

    tuorlo d’uovo e in altri alimenti, sono dei buoni emulsionanti, anche se spesso le emulsioni

    che formano non sono stabili a lungo (nell’industria alimentare le emulsioni devono essere

    stabili per mesi). Le proteine sono ottime emulsionanti, e molto utilizzate in gastronomia dato

    che sono commestibili. Srotolandosi durante la denaturazione si possono disporre

    all’interfaccia tra le due fasi, orientando le zone idrofobe verso il grasso, e le zone idrofile

    verso l’acqua. La maionese è stabilizzata, oltre che dalla presenza delle lecitine dell’uovo,

    anche dalle varie proteine presenti. Le caseine del latte, le proteine del siero, dell’albume e

    quelle della soia sono emulsionanti largamente utilizzati dall’industria alimentare per produrre

    emulsioni stabili, ad esempio salse e dessert. Anche la gelatina, la comune “colla di pesce”, è

    un buon emulsionante. Le proteine, oltre a separare le goccioline dalla fase continua,

    stabilizzano l’emulsione formando un film che mantiene separate le goccioline impedendonela coalescenza. Anche polisaccaridi come amidi o pectine possono essere usati come

    emulsionanti.

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    Qui sotto potete vedere, nella provetta a sinistra, olio e aceto per un condimento per insalata.

    Se agitiamo vigorosamente la provetta per qualche secondo otteniamo una emulsione: la

    soluzione diventa immediatamente opaca a causa delle piccolissime goccioline che si sono

    formate. L’emulsione però non è stabile e dopo due minuti, nella provetta a destra, potete già

    vedere l’emulsione che si sta rompendo.

    Qui sotto sono mostrate due provette riempite con una miscela di aceto (50% in volume) e

    olio di oliva (50% in volume). Alla seconda sono stati aggiunti due piccoli granuli di lecitina

    di soia che agisce da emulsionante. Chiuse le provette esse sono state agitate vigorosamente

     per qualche secondo (foto a sinistra) formando due emulsioni. Nella foto a destra potete

    vedere la situazione dopo cinque minuti. L’emulsione senza lecitina, instabile, si è rotta e ledue fasi si stanno separando. L’emulsione con la lecitina invece è molto più stabile. Tuttavia

    anche le emulsioni con la lecitina sono instabili a lungo andare perché questa, a differenza di

    altri emulsionanti, non riesce a stabilizzare in modo efficace l’emulsione creata. Dopo una

    giornata anche la provetta con la lecitina mostra una separazione parziale delle due fasi.

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    Le schiume presenti in prodotti alimentari sono dispersioni di aria in acqua. Esse tendono

    naturalmente a separarsi e la stabilizzazione viene conseguita aumentando la viscosità della

    fase continua ed abbassando la tensione superficiale. Proteine solubili nell’acqua,

    emulsificanti e saponi possono essere usati a questo scopo.

     Altri componenti

    Un importante fattore che deve essere tenuto in considerazione nella lavorazione di un

    alimento è il colore, che può essere modificato anche significativamente nelle varie fasi di

    lavorazione.

    In aggiunta, sono da considerarsi le vitamine ed i minerali, il cui contenuto può diminuire a

    seguito delle lavorazioni. In aggiunta a ciò, le vitamine possono subire processi di

    degradazione. La vitamina C e la B1 sono tra le più sensibili al calore, mentre vitamine

    liposolubili come la A e la E possono essere perdute durante l’ossidazione dei lipidi. La

    vitamina A e la B2 possono essere danneggiate dalla luce (ad es. una significativa

    diminuzione del contenuto di vitamina B2 si può avere nel latte confezionato in bottiglie

    trasparenti).