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Se è fuor di dubbio che di fronte alle malattieacute occorre applicare competenza, capacitàdiagnostica, prontezza operativa, scelta dellaterapia medica e chirurgica più efficace con par-ticolare attenzione agli effetti e alle complican-ze, siamo convinti che nelle malattie cronichel’unico intervento possibile sia quello della“manutenzione”. Se consideriamo, ad esempio,la demenza di Alzheimer - malattia per la qualeuna terapia risolutiva ancora non esiste - pocospetta alle competenze tecniche di colui che siprende cura del malato e quasi tutto il suo com-pito diviene di ordine etico. Egli, rispettando ilprincipio di autonomia e dignità del paziente,dovrà fare tutto il possibile per conservargli ilmassimo di qualità di vita concesso in quellecondizioni, salvaguardarne il benessere fisico eridurre, per quanto sia possibile, la velocità dideterioramento delle capacità intellettive, non-ché facilitargli l’adattamento al sociale. In parti-colare oggi, che il crescente numero di patolo-gie inguaribili ha messo in crisi l’abitualemodello “diagnosi-terapia-guarigione” dellamedicina tradizionale, si percepisce la necessitàdi cercare nuove soluzioni in grado di fronteg-giare, comprendere ed alleviare la sofferenza.Pertanto, siamo convinti che preoccuparsi dellaqualità di vita del malato di Alzheimer signifi-chi prendersi cura attivamente di pazienti chenon rispondono ai trattamenti “riparativi”, pro-ponendo loro degli interventi riabilitativi - com-plementatari e sinergici rispetto ai farmaci -mirati ai vari aspetti cognitivo, funzionale, com-portamentale e affettivo.

Interventi riabilitativi e arti-terapie

Riabilitare un malato di Alzheimer significaintervenire sui deficit cognitivi con programmispecifici (reality orientation therapy, memory

training, reminiscenza), sulle anomalie delcomportamento (terapia occupazionale, dirimotivazione, validation therapy), sui deficitfunzionali (programmi di rieducazione all’ali-mentazione, alla continenza, all’igiene o anchea funzioni più complesse) e sui deficit delle fun-zioni neuromotorie (equilibrio, deambulazione).In generale i programmi riabilitativi hanno loscopo di conservare quelle funzioni ancora nondel tutto perse, intervenendo sulle potenzialitàresidue. Nell’insieme, gli interventi riabilitativisi caratterizzano per il coinvolgimento attivodel malato di Alzheimer e si basano sulla preli-minare valutazione delle potenzialità residue sucui fondare l’intervento. Rispetto alle terapiefarmacologiche questi programmi richiedonouna maggiore partecipazione di tutti i membridell’équipe multidisciplinare per ottimizzare epianificare i molteplici interventi.Precisiamo che si tratta di programmi che, nellamaggioranza dei casi, non hanno ancora trovatoindicazioni rigorosamente fondate su studi cli-nici. Tuttavia, la loro ampia diffusione, la fami-liarità degli operatori con questi approcci ed irisultati soddisfacenti che vengono descritti insingoli casi ne supportano l’impiego. Le “arti-terapie”, altrimenti definite “terapieespressive” fanno leva sulla somma del baga-glio di tecnica e di espressione artistica checostituiscono l’impianto teorico e metodologicodi una serie di discipline unite da un denomina-tore creativo. Da qui l’utilizzo del termine tera-pie espressive per indicare delle “tecniche chevengono accomunate dal fatto di essere nonverbali, cioè contrapposte alla psicoanalisi ealle terapie che si basano sull’uso e sulla filo-sofia della parola, cioè della obiettivazione,della definizione, del contenimento logico delleemozioni”. Arte-terapia, musicoterapia e danzo-

Malattia di AlzheimerÈ possibile un moderno approccio rieducativocon l’arte e la musica?LIVIO BRESSAN

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terapia, sono le più note forme di interventoespressivo a prevalente estrinsecazione non ver-bale.Pur riconoscendone l’indubbia validità, noi cicollochiamo, per fondamenti teorici e metodolo-gia, in una posizione equidistante dagli inter-venti riabilitativi e dalle arti-terapie. In partico-lare, riteniamo che il grosso rischio dei tradizio-nali programmi riabilitativi nel campo delledemenze sia quello di banalizzare il contesto,prendendo in considerazione solo il modestorecupero o la faticosa conservazione di alcunefunzioni cognitive che stanno per svanire. In taleottica le performances del malato di Alzheimervengono giudicate buone solo se sufficiente-mente rapide e precise. Noi siamo convinti, alcontrario, che sia più utile combattere la depres-sione e l’isolamento del malato di Alzheimercercando nuove vie di comunicazione. Più chestimolare i nostri malati a fornire “prestazioniefficaci” e “spiegazioni logiche” ci sforziamo dilasciarci andare in una comunicazione empaticacon il nostro paziente. D’altro canto, le arti-terapie pur indubbiamenteutili, godono di una certa “aspecificità”, poiché,per impostazione metodologica, tendono a valo-rizzare la creatività artistica con propositi cura-tivi, sono fondate su di un rapporto tipo mae-stro-allievo, ed hanno come scopo, più che lariabilitazione o la terapia di specifici quadripsicopatologici, il benessere psicologico del-l’individuo, sia esso affetto da malattia diAlzheimer, o da qualsiasi altro tipo di patologia.Ne consegue che nei trattati sulle demenze, learti-terapie vengono collocate, assieme allaterapia occupazionale, nei paragrafi dedicatiagli “interventi di stimolazione aspecifica”.

La creazione di una nuova viacon l’arte e la musica

Vogliamo premettere che il “nostro metodo dirieducazione” si prefigge l’obiettivo di miglio-rare la qualità di vita del malato di Alzheimertramite “stimoli artistici mirati sui deficit delpaziente” al fine di permettere al malato porta-tore di demenza di conservare il più alto livellodi autonomia compatibile con lo stadio di

malattia. Tale metodo si configura come unapproccio multidimensionale che coinvolge piùfigure professionali. Pertanto, come i tradizio-nali percorsi riabilitativi, anche i nostri progettirieducativi sono mirati ai vari aspetti cognitivo,funzionale, comportamentale e affettivo. Le sol-lecitazioni vengono sempre rapportate al gradodi abilità residue del malato di Alzheimer esono di solito di poco superiori al livello didomanda al quale il soggetto si è adattato. Lemanifestazioni cliniche che sono oggetto di unaparticolare nostra attenzione riguardano i deficitcognitivi (memoria, linguaggio, attenzione), ideficit sensoriali, i deficit motori e la disabilitànelle attività della vita quotidiana. Un obiettivoimportante è costituito dal controllo delladepressione, poiché è risaputo che le condizioniaffettive del paziente influenzano profondamen-te le prestazioni mnesiche e cognitive, nonchéla capacità di mantenere contatti stimolanti conl’ambiente. Poiché i bisogni del paziente simodificano nel decorso della malattia, si è talo-ra reso necessario modificare gli approcci riedu-cativi. Per concludere, abbiamo rilevato che illavoro di rieducazione è più efficace se integra-to in un piano di intervento che comprende,accanto ai farmaci, l’attività motoria, la sensibi-lizzazione ed il coinvolgimento dei familiari.Il nostro metodo rieducativo, pur condividendole finalità della riabilitazione cognitiva e cogni-tivo-comportamentale, utilizza alcuni mezzidalle straordinarie possibilità: gli stimoli artisti-ci e musicali.

Stimoli artistici

La nostra volontà di adoperare le arti visivecome “stimolo rieducativo” è legata oltre all’a-spetto ludico tipico delle arti, al non menoimportante aspetto operativo dell’arte - che è altempo stesso gioco, poesia e artigianato - chepuò rivelarsi molto efficace nella creazione diun “solido ponte comunicativo” tra malato eoperatore. Infatti, la produzione di un prodottoartistico si caratterizza per un importante aspet-to artigianale. Va rilevato che i prodotti “artisti-ci” non vengono sottoposti ad una valutazionetecnica né tantomeno estetica, poiché ciò che

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importa è l’operazione dalla spiccata valenzamanuale. Pertanto, pari dignità possiede ognifase della produzione di un quadro che va dalloschizzo dei bozzetti alla costruzione del telaio,dalla preparazione della tela alla stesura delcolore, dalla costruzione della cornice all’eti-chettatura e all’allestimento. Non solo, la crea-zione di “segni colorati” favorisce un positivocontatto con la realtà e trasmette un messaggioai familiari che perdura nel corso degli anni.Nella creazione di un lavoro pittorico, il malato“incide” sulla carta parti significative della pro-pria realtà psichica, ed il suo lavoro assume ilcarattere di “segno” di alto contenuto affettivo.Il foglio diviene uno spazio di proiezione in cuiacquistano forma immagini che sono simboli-che e metaforiche di eventi conflittuali. Il nostro metodo prevede anche una originale“Terapia di reminiscenza” attraverso il materia-le fotografico. L’operatore invita familiari aselezionare alcune foto significative del passatodel loro caro, che vengono mostrate al malatonel corso delle varie sedute terapeutiche. Disolito il lavoro con le foto personali provocaforti emozioni, poiché l’immagine è in grado difornire un forte stimolo alla estrinsecazione deiricordi e dei vissuti personali. Le foto propostein ordine logico nelle varie sedute forniscono disolito al malato un forte stimolo emotivo chepotrà favorire la comunicazione attraverso rea-zioni verbali e pittoriche, considerato che ilpaziente viene invitato ad effettuare interventigrafici e di colore sulle immagini fotograficheprecedentemente fotocopiate.

Stimoli musicali

Autorevoli studiosi affermano che la musicapuò essere impiegata con varie finalità quali ilrilassamento, la stimolazione cognitiva tramitela produzione di ritmi e/o suoni, e per il recu-pero della memoria remota attraverso l’ascoltodi brani familiari ai pazienti. Affermano, inol-tre, che la musica può essere impiegata comemezzo per veicolare informazioni non verbali,la cui comprensione è conservata anche nellefasi più avanzate della malattia. Essa, inoltre,può essere utilizzata per segnalare momenti

particolari della giornata come ad esempiol’ora del pranzo, oppure alla sera per favorirel’addormentamento, ottenendo complessiva-mente risultati positivi anche nei pazienti piùseveramente compromessi, sia sul piano socio-relazionale che nell’attenuazione di disturbicomportamentali. In particolare, il nostro gruppo di lavoro utiliz-za per i suoi scopi rieducativi, prevalentementeil ritmo musicale. Questo perché la nozione diritmo non solo è in grado di estendersi al difuori dell’ambito musicale (ritmo delle stagio-ni, ritmo del battito cardiaco, etc), ma è anchecapace di godere di una particolare importanzain questo ambito, tanto che si ritiene comune-mente che il ritmo non abbia a che fare con unadelle componenti della musica, ma con la musi-ca intera. Affermare, pertanto, che tutta lamusica è ritmo significa che nel ritmo deveessere ricercato il fondamento della costruzionemusicale. Tramite una musica semplice e ritmata cerchia-mo di indurre un movimento ritmico in unaparte del corpo del nostro paziente. Cerchiamoquindi di variare poco alla volta la frequenzadel movimento ottenendo una sua accelerazioneo un suo rallentamento. In caso di esito positi-vo, si può sviluppare una prima forma di con-trollo motorio nel paziente ed un abbozzo dicoordinazione senso-motoria. Ciò non è difficilein quanto la sincronizzazione corrisponde ad unimpulso assai primitivo. I movimenti su cuisolitamente ci si basa sono quelli più spontaneiquali, ad esempio, la deambulazione e il batterele mani. Cerchiamo, pertanto, di ottenere par-tenze ed arresti in concomitanza con l’inizio ola fine di un inciso musicale. Per favorire uncontatto del malato con l’ambiente, lo invitiamoa passare dal battere le mani, alla battuta sultavolo o sulla sedia. Sedia e tavolo non costitui-scono solo degli oggetti, ma permettono l’avviodi una azione di riconquista dello spazio. L’ope-ratore, poi, cerca solitamente di diversificare ilmovimento corporeo del paziente tramite l’im-piego di bacchette, di campanelli e altri stru-menti a percussione, poiché ogni ritorno regola-re di un battimento costituisce la base di una

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nuova comunicazione. L’eccitamento e il movi-mento ritmico, pertanto, potranno costituire lebasi per una rieducazione di tipo cognitivo. Ilpaziente può in maniera ritmica riappropriarsidi semplici movimenti come lavarsi, portare unbicchiere alla bocca o pulirsi i denti. E’ necessa-rio segnalare che l’educazione attraverso ilritmo viene sempre estesa alla voce, poiché lafonazione dipende da una attività motoria. Eser-cizi ritmici semplici che facciano interveniredifferenze di intensità (forte, debole), di altezza(acuto, grave), di durata (breve, lungo), tra isuoni, sono resi più facili da una presentazioneripetitiva, dal momento che il ritmo offre unsupporto all’analisi percettiva. L’interesse susci-tato dagli esercizi ritmici, pertanto, è legato allaloro capacità di attrarre l’attenzione del pazien-te affetto da demenza, attenzione che viene con-tinuamente ravvivata tramite continui piccolicambiamenti nella continuità.L’argomento non può concludersi senza chevenga sottolineata l’importanza della socializza-zione delle condotte ritmiche. Ogni volta cheuna condotta diviene collettiva, essa arricchiscele proprie motivazioni grazie al gioco di nuovirinforzi. Chiedete ad un soggetto anziano di sin-cronizzare il battito della proprie mani con lebattute di un metronomo e lo farà con sufficien-te precisione. Richiedete la stessa cosa ad ungruppo di soggetti in una comunità e constatere-te i mutamenti che questa condizione socialeapporta all’intensità delle battute di ciascuno eall’eccitazione di tutti. E’ qui la differenza trabattere le mani da solo ed applaudire insieme inuna sala gremita. L’esperienza ritmica possiedeun carattere sociale in modo del tutto naturale.Le danze, le marce, il canto corale, sono feno-meni collettivi ed il ritmo vi trova una dimen-sione nuova. Questa dimensione sociale dell’e-sperienza ritmica ha grandissima importanzaper i nostri obiettivi rieducativi, perché tutte leattività che favoriscono la socializzazione pro-vocano una nuova eccitazione ed aumentano leripercussioni affettive. Il ritmo occupa perciòuna posizione privilegiata poiché consente almalato di Alzheimer di muoversi secondo dellesollecitazioni esterne e di sincronizzare, nel

contempo, le proprie attività con quelle deglialtri in una vera e propria comunione.

Alcune considerazioni derivatedalla nostra esperienza rieducativa

Questa è la nostra posizione nuova e, per certiversi, controcorrente: ciò che l’operatore devefavorire è l’emergenza di nuovi fenomeni e dinuovi comportamenti nel malato di Alzheimer,proponendo degli stimoli aperti. E’ risaputo,infatti, che una caratteristica peculiare e non eli-minabile dell’arte è proprio quella di possederemolteplici significati che si possono prestare adiverse interpretazioni. E’ proprio la sua capa-cità di penetrare a livelli diversi nella psiche diogni individuo - demente e non - che può per-mettere ad ogni essere umano di provare il pro-prio piacere estetico e di cercare una propriaoriginale via creativa nonostante la malattia.L’obiettivo è quello di superare il vincolo dellasituazione patologica e stimolare i malati adiventare creativi facendo emergere nuoviatteggiamenti e potenzialità silenti. L’operatoreche adopera il materiale artistico non può e nondeve essere un modesto “riattivatore” di funzio-ni perse. Egli dovrà diventare l’attore responsa-bile del cambiamento del proprio malato, ovve-ro, il perturbatore costruttivo di un nuovo siste-ma. Non si tratta di sollecitare lo sviluppo dicomportamenti compensativi, ma di facilitare laproduzione di nuovi comportamenti. Ovvero, sitratta di favorire un approccio creativo ad unanuova realtà più che ri-costruttivo della medesi-ma. La rieducazione ottimale consiste, a nostroparere, nel lasciar creare i malati di Alzheimerin un contesto di ascolto e di accettazione dellecapacità comunicative: attraverso un atteggia-mento non intrusivo l’operatore deve permettereche il malato di Alzheimer si crei una nuovaprospettiva di vita.Utilizzando gli stimoli artistici con fini rieduca-tivi abbiamo voluto ribaltare completamente laconcezione che vuole la demenza come proces-so improduttivo. Se la malattia di Alzheimer èfonte di disagio esistenziale per il paziente e lafamiglia, siamo convinti che la “sconfitta tera-peutica” si realizzerà laddove c’è rinuncia ad

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ogni tentativo di dare senso all’esistenza poi-ché, anche in un paziente gravemente demente,esiste qualcosa di straordinario che deve essererecuperato come un’importante risorsa per tuttigli altri malati. Poiché il diaframma che divideil malato dall’oscurità dell’isolamento più totaleè sottilissimo, siamo convinti che il compitodell’arte e della musica sia quello di rendere piùrobusto questo diaframma, fornendo al pazientela possibilità di acquisire un controllo dellecapacità residue, un arricchimento espressivo eduna nuova possibilità di comunicare con glialtri, qualità che solo le arti sanno donare. L’atto creativo esprime il bisogno psichico ditradurre in manifestazioni esteriori dei contenutiinteriori. La demenza, allora, non è più una con-dizione che limita la creatività. Essa, al contra-rio, può diventare importante nel processo crea-tivo, poiché ogni esperienza creativa veramenteautentica poggia su quel comune denominatoredi spiritualità presente in ogni essere umano cheha conosciuto o sta provando la sofferenza.

Conclusioni

L’approccio unicamente farmacologico alpaziente demente ha scarse possibilità di riusci-ta, poiché di questo tipo di malato si deve prin-cipalmente tenere in considerazione la qualità divita e bisogna preoccuparsi, oltre che dei pro-blemi fisici, della sua sfera affettiva, cognitiva erelazionale. A questo scopo, riteniamo che sipossano uti l izzare gli st imoli artist ici emusicali, poiché possiedono delle potenzialitàinusuali essendo in grado di apportare un cam-biamento nell’atteggiamento e nei vissuti delpaziente sfruttandone le potenzialità creative edemozionali. L’arte e la musica, infatti, possonooffrire al paziente affetto da demenza una possi-bilità di socializzazione, di rilassamento, di sti-molo della memoria e di conservazione dellecapacità residue. Per concludere, gli stimoliartistici possono ben collocarsi nei principi enel fare di una moderna pratica clinica attentaalla qualità di vita del malato e potranno infuturo integrarsi sempre più frequentemente conaltre proposte riabilitative

Note- Il presente articolo espone in modo divulgativo alcune rifles-sioni nate durante una sperimentazione tuttora in corso, appro-vata dal direttore medico dottor Giorgio Casale e dal direttored’Istituto dottor Adriano Benzoni dell’Istituto Geriatrico “P.Redaelli” di Milano, finalizzata a valutare l’utilità degli stimoliartistici e musicali nella rieducazione cognitivo-comportamen-tale e motoria del malato di Alzheimer. - Il gruppo di lavoro, costituito presso il Nucleo Alzheimer del-l’Istituto Redaelli, è formato dal dottor Franco Scapellato,geriatra e medico di reparto, dall’operatore artistico DanielaNicolini, dall’operatore musicale Eleonora Ravazzani, dall’as-sistente alle sedute Irene Mazzacane e dall’animatrice ElenaFacchi.- Lo scrivente, dottor Livio Bressan, neurologo ospedaliero conesperienza in neurofisiologia dell’arte e della musica, ha ideatoil progetto e ne ha seguito le varie fasi di realizzazione.

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