il ciclo idrico materiali di approfondimento capitolo 4

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L’ITIN HERA RIO INVISIBILE 1 IL CICLO IDRICO Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 4

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IL CICLO IDRICO

Materiali di approfondimento_ CAPITOLO 4

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Indice

Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile

La captazione 3

La potabilizzazione 6

La depurazione 8

L’approfondimento: La fitodepurazione 13

L’approfondimento: Il biomonitoraggio 14

La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici 14

La distribuzione e differenziazione 18

L’approfondimento: Le leggi della distribuzione 19

L’approfondimento: Un…ariete nell’acqua 19

Riferimenti bibliografici e web 20

L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Idrico – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Cristina Salvigni e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Melania Ghetti e Chiara Tiozzi per Atlantide

Aggiornamenti realizzati da: Giovanna Di Ciuccio per Anima Mundi

Supervisione testi: Chiara Barausse / Divisione Distribuzione Fluidi Hera S.p.A.; Alberto Ceccaroni / Hera Forlì Cesena; Davide Lombardi / Divisione Reti Hera S.p.A.; Fabrizio Stefanini / Hera Imola Faenza; Francesca Romani, Giuseppe Finelli/Hera Modena; Imerio Pirazzini / Hera Ravenna; Valeria Rosati, Mirco Boschetti, Mauro Di Domenico / Hera Rimini; Stefania Santacroce / Relazioni Esterne Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Daniele Vignatelli per Anima Mundi Impaginazione: Alessandra Gariup e Sandra Vandelli per Anima Mundi Edizione ottobre 2014

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Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile

Il comune atto di aprire un rubinetto e vedere scorrere l'acqua non deve mai fare dimenticare il lavoro e le

competenze tecniche che sono dietro il sistema di distribuzione di questo liquido. Per avere un'idea, basta

pensare che si stima che i tubi che forniscono l'acqua a tutte le case della Svizzera siano sufficienti a fare una

volta e mezzo il giro della Terra. Perché arrivi l'acqua nelle nostre case occorre che questa sia prima raccolta,

poi potabilizzata, quindi inviata nelle singole aree e poi distribuita capillarmente.

La captazione

L’uomo per poter sfruttare l’acqua deve prima riuscire a captarla, raccoglierla e renderla idonea all’utilizzo

specifico. Nelle varie epoche si sono succeduti sistemi di captazione sempre più moderni ed efficaci, tanto che

oggi è possibile prelevare l’acqua tramite diverse fonti e in diversi modi.

La captazione da sorgente

Questo sistema prevede una struttura di captazione posta nello stesso punto in cui l'acqua sgorga

naturalmente. L'opera di presa è costituita da una serie di vasche che permettono il controllo delle portate e,

eventualmente, l'allontanamento di solidi in sospensione tramite sedimentazione.

Tutte queste vasche sono dotate di uno scarico di fondo, che permette lo svuotamento delle stesse in caso di

interventi di manutenzione o pulitura, e scarichi di troppo pieno che funzionano tramite sfioratori, i quali

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eliminano la quantità d'acqua in eccesso. Il canale di scarico è necessariamente dotato di valvole, le quali non

permettono che l'acqua torni indietro. In caso contrario, infatti, si rischierebbe l’inquinamento delle acque.

La captazione da falda

In questo caso la captazione avviene tramite la realizzazione di pozzi che intercettano acqua di falda, sia

freatica sia artesiana. Tali pozzi sono dotati di sistemi di pompaggio per trasportare l'acqua fino alla quota a

cui è posta la condotta di adduzione.

Il pozzo, sorta di serbatoio nel quale confluisce l’acqua sotterranea e dal quale viene pompata in superficie, è

stato da sempre il mezzo più comune usato dall’uomo per recuperare l’acqua sotterranea.

Per assicurare una costante riserva d’acqua, un pozzo deve penetrare parecchi metri al di sotto della

superficie freatica, considerando che il livello di una falda acquifera può variare notevolmente durante il corso

dell’anno, abbassandosi durante le stagioni secche e alzandosi in seguito ai periodi di pioggia. Quando si

pompa l’acqua da un pozzo si crea localmente una depressione della superficie della falda acquifera, a forma

di ampio cono con il vertice verso il basso. Se il pompaggio è intenso, la falda può abbassarsi non solo in

prossimità del pozzo, ma anche più lontano, entro un’ampia zona. In casi del genere si dice che l’acqua è

stata letteralmente scavata, e se il pompaggio dovesse improvvisamente cessare, potrebbero occorrere

centinaia di anni perché venga rimpiazzata l’acqua sotterranea che è stata estratta.

Una falda acquifera artesiana è caratterizzata dal fatto che è confinata da tutte le parti da materiali che non

permettono il passaggio dell'acqua (per esempio strati di argilla impermeabile). Questa situazione, da un punto

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di vista idraulico, è paragonabile ad una tubazione in pressione, dal momento che esiste una pressione

dell'acqua all'interno della falda maggiore di quella atmosferica.

Quando si perfora un acquifero con le caratteristiche sopra descritte, la pressione fa risalire l’acqua nel pozzo.

I sistemi artesiani agiscono come condutture, trasferendo l’acqua, anche su grandi distanze, dalle aree di

ricarica alle zone di discarica. Falde artesiane numerose, anche a più livelli, la cui acqua risale

spontaneamente fino in superficie, si trovano sotto tutte le grandi pianure alluvionali italiane: Pianura Padana,

pianure della Versilia, della Maremma, dell’Agro Pontino, del basso Volturno e di Napoli, di Sibari, ecc.

Come avviene per molte altre preziose risorse naturali, anche le acque sotterranee vengono utilizzate a un

ritmo sempre crescente. In alcune zone, l’eccessivo sfruttamento minaccia già di esaurire le riserve acquifere,

mentre in altre il continuo prelievo ha provocato notevoli abbassamenti del suolo (fenomeno chiamato

“subsidenza”), con serie conseguenze per gli insediamenti presenti; in altre zone, infine, si fa sempre più vivo

il pericolo di serio inquinamento delle falde acquifere sotterranee.

La captazione da acque superficiali correnti

Le opere di presa per la captazione di acqua da fiumi o torrenti è realizzabile attraverso diversi metodi:

impianti di sollevamento

sifoni a cavaliere d'argine

traverse o dighe

Se la captazione è effettuata tramite impianti di sollevamento, le opere di presa si compongono di una pompa

(a secco o sommersa) e nelle condotte per trasportare l'acqua alla condotta di adduzione.. Nella progettazione

di questo impianto è necessario tenere conto del fatto che nessuna pompa è in grado di trasportare l'acqua

oltre determinate altezze.

Il sifone a cavaliere d'argine è un tipo particolare di sifone utilizzato per superare l'ostacolo dell'argine del

fiume. In questo tipo di soluzione è necessaria la presenza di una pompa, esclusivamente per adescare il

moto, che poi continua autonomamente a mantenersi costante. Anche in questo caso è necessario tenere

conto delle reali possibilità che una pompa ha di innalzare il livello piezometrico dell'acqua.

La captazione di acqua da un fiume è possibile anche predisponendo direttamente un'apertura lungo la

sponda del fiume che permetta il convogliamento dell'acqua verso le condotte. In questo caso, tuttavia, è bene

predisporre la presenza di una traversa a valle dell’apertura della sponda che ostacoli la corrente,

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costringendo in questo modo un innalzarsi di livello dell’acqua. Con questa soluzione si evita che la portata

d'acqua captata vari nel tempo, in quanto la finestra attraverso cui l'acqua scorre sarà sempre completamente

sommersa dall'acqua.

La captazione da acque superficiali stagnanti

La captazione da acque superficiali stagnanti è effettuata solitamente tramite la costruzione di torri aventi

finestre richiudibili per il passaggio dell'acqua, poste a varie altezze. In questo modo è possibile captare

l'acqua a profondità diverse in funzione del livello del lago in quel periodo, della torbidità dell'acqua di fondo e

della temperatura dell'acqua superficiale.

La captazione tramite dighe

Una diga è uno sbarramento permanente su un corso d'acqua naturale che serve a creare un lago artificiale. A

seconda dei materiali impiegati per la costruzione la diga può essere di calcestruzzo (o muratura), in terra, di

pietrame o di materiale misto. Gli sbarramenti in calcestruzzo possono essere del tipo a gravità (anche

alleggerita), ad arco o di tipologie miste (arco-gravità, volte multiple, ecc.).

La potabilizzazione

La potabilizzazione dell'acqua consiste nella rimozione delle sostanze contaminanti per ottenere acqua

potabile che sia congrua con quanto stabilito dalla legge per il normale consumo domestico (D. Lgs. 31/2001)

o per usi industriali (p. esempio l’industria alimentare).

L’acqua potabile deve essere limpida, incolore ed inodore, di sapore gradevole, priva di germi patogeni o altre

sostanze nocive alla salute.

Le sostanze inquinanti contenute nell’acqua grezza possono derivare dall’attività dell’uomo (per esempio

inquinamento delle falde sotterranee dovuto all’uso di antiparassitari e altre sostanze in agricoltura) o dal

normale processo di erosione che l’acqua esercita sulle sostanze solide con cui si trova a contatto (p. esempio

minerali disciolti dal passaggio dell’acqua attraverso gli strati del suolo). Nelle acque superficiali è inoltre

possibile riscontrare la presenza di batteri, derivanti dagli scarichi degli insediamenti urbani e dalla vita

vegetale e animale che si svolge nei corsi d’acqua, nei laghi e sulle loro sponde. L’eliminazione delle sostanze

inquinanti si effettua facendo passare l’acqua grezza attraverso impianti di varia natura (p. esempio

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sedimentatori, filtri, raggi UV) e aggiungendo sostanze chimiche che favoriscono la potabilizzazione (p.

esempio disinfettanti). La scelta della migliore tecnica di potabilizzazione dipende dalla natura degli inquinanti

contenuti nell’acqua grezza.

In generale il processo di potabilizzazione delle acque avviene per:

migliorare sapore, odore e colore

diminuire la durezza, che rappresenta il contenuto di sali di calcio e magnesio

rimuovere nutrienti quali azoto, fosforo e BOD, la cosiddetta domanda biochimica di ossigeno, che

rappresenta una misura del contenuto di materia organica biodegradabile presente in un campione d'acqua.

rimuovere solidi sospesi e sedimentabili

rimuovere patogeni tramite disinfezione

L’acqua potabile

Il termine “potabile” significa che l’acqua può essere bevuta senza nuocere alla salute; per considerarla tale,

come stabilito dalla legge.

L’acqua potabile destinata al consumo umano, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 31/2001, deve avere le

seguenti caratteristiche:

il pH deve oscillare tra 6,5 e 9,5

la conducibilità elettrica, che è proporzionale alla quantità di elettroliti presenti, deve essere di circa 2500

μS cm-1 a 20°C (S = Siemens unità di misura della conduzione elettrica nel SI: 1S= 1ohm-1)

il residuo fisso a 180°C, ossia la quantità di Sali minerali disciolti, può arrivare a 1500 mg/l

la durezza totale, espressa in gradi francesi, è consigliata da 15 a 50. Per durezza totale di un’acqua

s’intende il contenuto di Sali di calcio e magnesio (prevalentemente HCO3-, Cl-, SO42-,NO3-); la durezza

temporanea è data solo dai bicarbonati che, in seguito a riscaldamento, precipitano come carbonati e possono

essere allontanati; la durezza permanente è dovuta invece ai Sali che rimangono in soluzione dopo

ebollizione.

lo ione ammonio (NH4+) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l

lo ione nitrito (NO2-) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l

lo ione nitrato (NO3-) è ammesso fino a 50 mg/l.

i cloruri sono ammessi fino a 250 mg/l.

il ferro è ammesso fino a 0,2 mg/l e il manganese fino a 0,05 mg/l. In entrambi i casi, quantitativi superiori

alterano i caratteri organolettici dell’acqua

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tensioattivi anionici sono tollerati fino a 0,2 mg/l. Rappresentano i tensioattivi più usati nell’industria dei

detersivi e si possono ricercare e dosare con metodo semplice. Per quelli non ionici, la legge non riporta il

valore – guida, né quello limite in quanto il metodo attuato per la determinazione è lungo e laborioso

gli antiparassitari comprendono gli insetticidi, gli erbicidi e i fungicidi. Non sono ammessi; vengono tuttavia

tollerati fino a 0,1 μg/l singolarmente e fino a 0,5 μg/l complessivamente.

Escherichia coli e enterococchi non sono ammessi

La depurazione

Le attività umane, sia in ambito urbano che extraurbano, richiedono e utilizzano una grande quantità di acqua,

che al momento dello scarico contengono quantità più o meno elevate di sostanze inquinanti. Tali “scarichi”

vengono restituiti all’ambiente immettendoli in mari, fiumi e laghi, che ogni anno quindi ricevono migliaia di

tonnellate di acque di scarico derivanti da attività sociali, produttive e ricreative. Tali acque, se non vengono

debitamente sottoposte a trattamenti di depurazione, possono pregiudicare pesantemente la qualità delle

acque dei corpi idrici in cui sono immesse, causando il ben triste fenomeno conosciuto con il nome di

inquinamento.

I corpi idrici hanno una loro capacità autodepurativa, ovvero riescono a “smaltire” in modo naturale gli

inquinanti presenti, a patto che le quantità immesse si mantengano entro un certo limite, senza superare cioè

la normale capacità autodepurativa e vedere così compromessa la qualità delle proprie acque e i normali

equilibri dell'ecosistema.

L’ecosistema del fiume

Il problema nasce proprio quando la quantità degli scarichi, prodotta da paesi e città densamente popolati, è

talmente elevata da non poter essere depurata in questo modo.

È evidente quindi la necessità di intervenire con la depurazione delle acque reflue attraverso sistemi di

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trattamento che imitano i processi biologici che normalmente avvengono nei corpi idrici.

I trattamenti di depurazione delle acque comprendono tre stadi:

trattamento primario, che ha lo scopo di separare le sostanze sospese nei liquami e viene attuato con

processi fisici e meccanici (grigliatura, sedimentazione);

trattamento secondario, che serve a eliminare le sostanze organiche che consumano ossigeno e le

sostanze azotate, ed è realizzato con metodi biologici che sfruttano l’opera dei microrganismi aerobi;

trattamento terziario, che ha lo scopo di migliorare ulteriormente la qualità delle acque provenienti dal

trattamento secondario, eliminando le ultime tracce di sostanze sospese e consumatrici di ossigeno,

rimuovendo i composti nutritivi delle alghe e i detergenti sintetici, e distruggendo i microrganismi patogeni.

Viene effettuato per lo più tramite processi chimico-fisici.

Le acque di scarico

Si definiscono acque di scarico quelle provenienti da tutte le attività umane, che quindi rappresentano fonte di

inquinamento delle acque naturali: domestiche, agricole, industriali, ricreative.

Le acque di scarico, tecnicamente chiamate liquami, si possono suddividere in:

scarichi civili

scarichi industriali

scarichi agricoli

Le reti fognarie consentono di raccogliere gli scarichi prodotti dall’attività umana e di convogliarli verso i

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sistemi di depurazione.

Il sistema fognario più moderno separa le acque domestiche e industriali da quelle piovane, definendo le

prime “acque nere” e le seconde “acque bianche”. Le acque nere sono quindi le acque di rifiuto provenienti da

insediamenti civili (acquai, lavabi, bagni, lavatoi, lavatrici, latrine, cucine ecc.) e da insediamenti produttivi

(acque di processo, di lavaggio ecc.). Le acque bianche sono invece di origine meteorica (acqua piovana,

neve), provenienti da tetti, terrazze, cortili e giardini e da qualsiasi area scoperta non adibita a deposito di

materiali potenzialmente inquinanti.

Per scarichi civili o liquami domestici, si intendono le acque provenienti da attività domestiche (bagni, cucine,

impianti igienici). Questi scarichi contengono sostanze di natura essenzialmente organica, in particolare

originate dal metabolismo umano. Altre sostanze sono poi individuabili nei detersivi, nei resti dei cibi

consumati e in materie non grasse. Il liquame domestico è un liquido molto torbido, di colore grigio/bruno,

contenente batteri, virus e altri microrganismi di origine fecale umana.

Per scarichi industriali si intendono sia le acque provenienti dalle attività svolte negli insediamenti industriali.

In genere le attività industriali hanno bisogno di enormi quantità di acqua per diversi usi (servizi igienici,

trasporto di calore, produzione di vapore, come materia prima, come reagente, come solvente ecc.).

Quest’acqua viene in gran parte scaricata dando origine a una quantità notevole di refluo con caratteristiche

inquinanti molto variabili. Le sostanze contenute negli scarichi industriali, infatti, sono le più diverse e variano a

seconda di quale prodotto viene lavorato in azienda, e quali processi avvengono.

Tra gli scarichi industriali si anche comprendono inoltre le acque di rifiuto contenenti i residui del metabolismo

animale degli allevamenti zootecnici, essendo queste attività ritenute agricole a pieno titolo.

Altre acque che possono essere veicolo di inquinamento sono le acque di lavaggio delle stalle, di caseifici, dei

prodotti vegetali. Quasi tutti questi liquami hanno spesso un forte contenuto di sostanze come ammoniaca e

fosfato.

Non vanno dimenticate le acque contenenti concimi chimici, erbicidi, insetticidi, anticrittogamici che arrivano ai

corpi idrici in seguito al dilavamento da pioggia delle zone ad agricoltura altamente industrializzata.

. L’eccessiva presenza di sostanze dannose all’ecosistema, come i nitrati e i fosfati, nelle acque dei fiumi della

pianura padana, è una delle principali cause della presenza nel Mar Adriatico della “mucillagine”.

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Le principali forme di inquinamento

I tipi di inquinamento possono essere di tanti differenti tipologie:

- inquinamento da detersivi

I detersivi e i detergenti in genere occupano uno dei primi posti nella classifica degli inquinanti perchè

ostacolano il naturale processo di autodepurazione dell’acqua. I detersivi producono schiuma: questo

naturalmente è un loro compito, ma la schiuma ricopre le acque e impedisce il regolare scambio di ossigeno

con notevoli danni alla vita acquatica. Inoltre i detersivi sono di origine sintetica quindi non completamente

biodegradabili, non vengono distrutti dai sistemi biologici e per questo il loro inquinamento è duraturo.

Gli additivi aggiunti nei fustini sono fosfati e polifosfati che, in grossa quantità, contribuiscono a scatenare il

processo di eutrofizzazione delle acque, che determina una enorme proliferazione di alghe. Naturalmente il

rimedio per evitare l’eutrofizzazione è da ricercarsi, oltre che nel minimo impiego di fosfati nei detersivi, nella

installazione di nuovi impianti di depurazione delle acque, capaci di ridurre anche l’apporto inquinante del

fosforo.

- inquinamento termico

L’acqua è usata nelle centrali termiche e nucleari e in molte industrie come elemento indispensabile per

raffreddare gli impianti. Viene prelevata dagli acquedotti, dai fiumi e dalle falde acquifere sotterranee. Una

volta usata viene scaricata nelle fogne più calda e riversata nei fiumi, nei laghi, causandone quindi un

aumento della temperatura, che, a sua volta, porta a una diminuzione della quantità di ossigeno disciolto,

procurando quindi un danno notevole alla vita acquatica. Ricordiamo che il ciclo vitale di molte specie di pesci,

di piante e di microrganismi dipende proprio dalla presenza di ossigeno.

L’inquinamento termico potrebbe essere ridotto raffreddando l’acqua prima di versarla nei fiumi, nei mari e nei

laghi, oppure utilizzando l’acqua calda per riscaldare abitazioni o per attività produttive (serre), recuperando

così l’energia per quel tipo di riscaldamento.

- inquinamento da sostanze solide

I rifiuti solidi che si depositano sul fondo dei fiumi, dei laghi o del mare, impediscono i processi vitali di

organismi e di piante che vivono sui fondali.

- inquinamento da scarichi urbani

Lo scarico delle fogne inquina l’acqua con residui organici e inorganici, biologici, industriali e un’infinità di

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batteri e microrganismi pericolosi per la salute umana.

- inquinamento da prodotti radioattivi

Un altro grave apporto inquinante è rappresentato dai materiali radioattivi che vengono usati nelle industrie,

nei laboratori chimici, fisici e biologici, negli ospedali e nelle centrali nucleari.

- inquinamento da petrolio

Il petrolio ha una densità inferiore a quella dell’acqua e quindi galleggia formando uno strato superficiale

impermeabile all’ossigeno. Un solo litro di petrolio può ricoprire, con uno strato sottile, circa 4.000 metri

quadrati di acqua. Se un tratto di mare è ricoperto da uno strato di petrolio, l’acqua sottostante non riesce a

scambiare ossigeno con l’atmosfera e quindi si crea un danno per la vita acquatica. Gli uccelli marini non

possono più alimentarsi e, se si poggiano sull’acqua, il loro corpo si copre di uno strato oleoso e colloso che

ne impedisce il volo. L’inquinamento da petrolio è la conseguenza di grossi incidenti alle petroliere, ma anche

di perdite dai pozzi di perforazione marina, o di deficienze nei sistemi di trasporto e di trasferimento dalle navi

agli impianti a terra. Il petrolio riversato in mare non può essere distrutto dai sistemi naturali di

disinquinamento, anche perchè la completa degradazione biologica di un litro di petrolio grezzo richiederebbe

tutto l’ossigeno presente in quasi 300.000 litri di acqua di mare.

Gabbiani imbrattati dal petrolio

- inquinamento da metalli pesanti

Le acque di scarico di molte industrie che usano metalli pesanti come mercurio, cromo, piombo, rame e nichel,

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se non depurate, inquinano fiumi, laghi e acque sotterranee.

- inquinamento da solventi organici

Molte industrie e l’artigianato per la lavorazione della pelle usano solventi organici (trielina, cloroformio,

benzene, toluene, acetone, ecc.) e dopo l’uso li riversano nelle acque. A causa dell’inquinamento da queste

sostanze molti pozzi, prima utilizzabili per ottenere acqua potabile, non possono più essere utilizzati.

- inquinamento agricolo

Nella moderna agricoltura si fa un grande uso di concimi chimici, fertilizzanti, diserbanti e altri prodotti a difesa

delle coltivazioni o per aumentare la produzione dei terreni coltivati. Per effetto delle piogge una parte di

queste sostanze viene dilavata e trasportata dalle acque nei fossi e successivamente nei canali, fino ad

arrivare nei fiumi e in seguito al mare. Una parte dell’acqua piovana permea il terreno e scende nel sottosuolo

inquinando le falde acquifere.

La fitodepurazione

La fitodepurazione è un sistema naturale di depurazione che utilizza processi chimici, fisici e biologici caratteristici degli

ambienti acquatici e delle zone umide, mediante l’azione combinata di substrati ghiaiosi, vegetazione e microrganismi. I

sistemi di fitodepurazione sfruttano le capacità di autodepurazione degli ambienti acquatici, avvalendosi di piante

caratteristiche che hanno la peculiarità di favorire lo sviluppo e la crescita di microrganismi che rendono possibili i

processi depurativi. Le specie maggiormente utilizzate per la realizzazione di questi impianti sono: canna palustre

(Phragmites austarlis), tifa (Typha sp.), scirpo (Scirpus sp.), carice (Carex), giunco (Juncus effusus), azolla (Azolla

filiculoides, capacità di rimuovere azoto e fosforo), giacinto d’acqua (Eichornia crassipes), lenticchia d’acqua (Lemna

minor).

I contaminanti che si riescono ad abbattere con la fitodepurazione in ogni sono caso molti: sostanze organiche, solidi

sospesi, azoto, fosforo, metalli pesanti in tracce, batteri patogeni.

I bacini di fitodepurazione sono solitamente poco profondi, riempiti con materiale inerte a granulometria variabile e

vegetazione di piante acustiche (macrofite) atte a riprodurre i naturali processi autodepurativi tipici delle zone umide

naturali. Pur richiedendo una maggiore estensione di superficie rispetto ai tradizionali sistemi di depurazione, essi

richiedono un fabbisogno energetico e tecnologico molto ridotto. Inoltre la costruzione di ambienti umidi artificiali dove

far fluire le acque reflue rappresenta un’opportunità rilevante per ridurre l’inquinamento degli ecosistemi fluviali, senza

contare che l’acqua depurata può essere recuperata e utilizzata a scopo irriguo.

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La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici

I processi che stanno alla base della capacità autodepurativa di un fiume sono molto complessi e legati in

parte all’attività degli organismi viventi e in parte alle caratteristiche chimiche e fisiche dell’ambiente acquatico

stesso.

Qualitativamente i meccanismi che regolano la capacità autodepurativa si possono dividere in:

- diluizione degli inquinanti: di particolare importanza, agevola i successivi meccanismi di

demolizione

- sedimentazione degli inquinanti: fenomeno per il quale si realizza il deposito degli inquinanti nei

sedimenti del corpo idrico. La sua efficienza dipende da alcuni fattori: il grado di turbolenza delle

acque (maggiore efficienza in acque stagnanti o correnti ma con basso grado di turbolenza) e la

densità delle particelle inquinanti come flocculati, sabbie ecc (all’aumentare delle densità, anche se

apparentemente sembra ridursi l’inquinamento dell’acqua, in realtà aumenta la concentrazione degli

inquinanti nei sedimenti)

- complessazione: è un fenomeno fisico ben definito in base al quale alcuni elementi inquinanti

possono legarsi in modo temporaneo a sostanze organiche complesse naturali

- adsorbimento: è un processo fisico simile al precedente che riguarda però l’interazione tra inquinanti

organici o metallici e sostanze colloidali presenti nell’acqua, come le argille. Questi complessi sono

Il biomonitoraggio

Le tecniche tradizionali di valutazione degli inquinanti presenti nell’ambiente, ovvero il monitoraggio chimico-fisico,

fornisce dati di tipo quantitativo e relativi all’istante del campionamento (situazione puntuale in un preciso momento

storico: viene infatti espresso in termini di concentrazioni relative ad ogni singolo inquinante.

Con il biomonitoraggio invece è possibile stimare gli effetti biologici dell’inquinamento; ottenendo informazioni più

generali sullo stato di salute dell’ambiente e valutando i danni subiti dalla presenza di organismi bersaglio presenti

nell’area di studio o appositamente introdotti per valutare lo stato di salute dell’area.

Nelle tecniche di biomonitoraggio si possono distinguere due diverse tipologie di organismo test:

- “Bioindicatori”: organismi che subiscono variazioni evidenti nella fisiologia, nella morfologia, o nella

distribuzione sotto l’influsso delle sostanze presenti nell’ambiente.

- “Bioindicatori”: organismi in grado i sopravvivere in presenza di inquinati che accumulano nei loro tessuti; con

il loro uso è possibile ottenere dati sia di tipo qualitativo che quantitativo.

Il biomonitoraggio rispetto alle tecniche analitiche tradizionali ha il vantaggio di fornire stime sugli effetti combinati di più

inquinanti sugli esseri viventi , ha costi di gestione limitati e dà la possibilità di coprire con relativa facilità vaste zone e

territori diversificati, consentendo una adeguata mappatura del territorio.

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sede di intensa attività batterica, processo che consente una degradazione elevata degli inquinanti

organici

- equilibrio acido-base ed “effetto tampone”: processo chimico che consente al sistema acquatico di

opporsi a un cambiamento di acidità dell’acqua (provocato dall’inquinamento), che agirebbe

negativamente sulla fauna acquatica

- ossigenazione: la disponibilità di ossigeno nel corso d’acqua dipende sia dalla turbolenza delle acque

(rimescolamento), sia dal grado di diluizione degli inquinanti. L’ossigenazione è molto importante in

quanto intensifica l’attività di ossidazione chimica diretta o mediata da organismi biologici nei confronti

della sostanza organica e di alcuni inquinanti organici non particolarmente resistenti

- abrasione: è un fattore puramente fisico che comporta la frammentazione meccanica di particelle

solide in particelle più piccole. È molto importante in quanto aumenta la superficie d’attacco per i

processi di degradazione chimica e biologica

- degradazione biologica: è l’insieme delle attività operate da molte forme viventi il cui risultato ultimo

è l’aumento della biomassa e la liberazione di anidride carbonica, acqua e sostanze minerali.

La degradazione della sostanza organica passa attraverso diversi sistemi, che agendo singolarmente e in

sinergia riescono efficacemente a “demolire” la sostanza organica presente.

Gli organismi coinvolti sono microrganismi quali batteri, funghi, microalghe, ecc. che agiscono insediandosi

sulle sostanze da demolire. Quando la sostanza organica raggiunge il corso d’acqua (sia di origine naturale

sia di origine antropica, es. liquami fognari), la demolizione inizia a opera di microrganismi (batteri e funghi) e i

prodotti della mineralizzazione vengono poi riciclati dai vegetali (microalghe, idrofite). Le multiformi comunità

microscopiche che formano quella sottile pellicola biologica, scivolosa al tatto, che prende il nome di

periphyton, rappresenta il primo sistema depurante dei corsi d’acqua.

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Periphyton, ovvero una complessa comunità di microrganismi che vivono aderenti a substrati immersi. Fanno parte del periphyton, microalghe, funghi, batteri e protozoi.

Un secondo sistema depurante, costituito da macroinvertebrati, funge da acceleratore e regolatore del

processo. La loro ricchezza di specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le forme di risorse alimentari

disponibili (scarichi umani compresi) e rende la comunità in grado di rispondere in maniera flessibile alle

variazioni stagionali o antropiche del carico organico. I macroinvertebrati che si nutrono di batteri ne

“ringiovaniscono” le popolazioni mantenendole così in uno stato di elevata attività, mentre i trituratori,

sminuzzando i detriti organici grossolani in particelle minute, ne aumentano grandemente la superficie,

potenziando così l’attacco da parte dei batteri; a loro volta i frammenti organici parzialmente “trattati” dai

batteri risultano più appetibili ai macroinvertebrati. In altre parole, l’efficienza di ciascun sistema depurante

viene potenziata dall’efficienza dell’altro e, inversamente, il danneggiamento di un sistema depurante si

ripercuote negativamente anche sull’efficienza dell’altro.

Un ulteriore contributo alla rimozione di biomassa è fornito dai vertebrati, compresi quelli terrestri, che si

nutrono dei macroinvertebrati acquatici: pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Molto efficace è inoltre il ruolo

della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei nutrienti. Questi organismi, sia vegetali che

animali, nel loro insieme possono essere considerati il terzo sistema depurante dell’ambiente fluviale.

L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità dell’ambiente terrestre

circostante, in particolare delle fasce di vegetazione riparia. Questo quarto sistema depurante, oltre a fornire

cibo e habitat agli organismi microscopici, ai macroinvertebrati e ai vertebrati, svolge una duplice funzione

depurante, agendo da filtro meccanico e da filtro biologico.

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Vegetazione riparia

La vegetazione riparia, infatti, intercetta le acque di dilavamento dei versanti e ne rallenta la velocità,

inducendo la sedimentazione del carico solido e degli inquinanti a esso legati. A questa azione di

chiarificazione delle acque (che contribuisce alla limpidezza dei fiumi e a impedire il riempimento degli

interstizi tra i ciottoli, microambienti di primaria importanza per gli altri sistemi depuranti), si accompagna un

ruolo protettivo nei confronti dell’eutrofizzazione fluviale per la rimozione del fosforo (legato alle particelle

argillose sedimentate) e dell’azoto (assorbito dalle piante e denitrificato dai batteri associati allo strato

radicale). La denitrificazione è un processo di particolare interesse in quanto riduce i composti azotati ad azoto

gassoso (N2), che viene restituito all’atmosfera. Il processo è operato da batteri anaerobi facoltativi in grado di

utilizzare i nitrati (NO3-) nei loro processi respiratori quando vengono a trovarsi in carenza o assenza di

ossigeno. Questi periodi di anossia si verificano quando il suolo viene saturato dall’innalzamento del livello

della falda. (Pinay, 1990)

Oltre al carico organico si può aggiungere anche un carico inquinante derivante dagli scarichi industriali che, a

seconda del tipo di processo, possono contenere metalli pesanti e sostanze organiche di sintesi (idrocarburi

policiclici aromatici, fenoli ecc). Questi contaminanti, per la loro tossicità, riducono l’efficienza e la funzionalità

della comunità microbica, che quindi non è in grado di metabolizzarli.

La stima della degradabilità di uno scarico si ottiene dal rapporto tra il quantitativo di ossigeno richiesto per la

degradazione microbica (Richiesta Biologica di Ossigeno BOD) e il quantitativo di ossigeno necessario per la

degradazione chimica (Richiesta Chimica di Ossigeno COD) di un certo quantitativo dello scarico stesso.

Tanto maggiore è il valore dell’ultimo parametro rispetto al primo, tanto meno risulta naturalmente degradabile

lo scarico.

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Altra situazione: lo scarico depurato (acque reflue di tipo civile) viene disinfettato: i disinfettanti possono

incidere negativamente sulla popolazione microbica del corso d’acqua a danno della capacità autodepurativa

dello stesso.

Cosa comporta un carico organico eccessivo? Perdita di specie ittiche pregiate (trote, salmerini, temoli, barbi

che preferiscono condizioni di buona ossigenazione) a vantaggio di altre più resistenti (ma meno pregiate dal

punto di vista alimentare) e accumuli di sostanze tossiche negli organi e nei tessuti dei pesci, che ne

pregiudicano l’uso alimentare.

La distribuzione e differenziazione

Il sistema delle opere idrauliche, più o meno complesso, costruito per trasportare acqua da un posto a un

altro, per l'approvvigionamento a uso potabile (prevalente), irriguo e industriale è chiamato acquedotto. La

parola deriva dai due termini latini aqua (acqua) e ducere (condurre).

Costruttivamente un acquedotto può essere realizzato in vari modi: con canali artificiali, con condotte in

pressione oppure con soluzioni miste. In tutti i casi deve consentire di distribuire all’utenza la quantità di acqua

richiesta nelle diverse ore della giornata con un pressione tale da raggiungere anche i piani più alti dei

fabbricati senza provocare danni alle reti.

Per prevenire gli sprechi è essenziale operare una attenta manutenzione delle reti e degli impianti al fine di

prevenire le rotture causa di dispersioni idriche. A tal fine, nel corso del tempo sono stati adottati sistemi di

controllo della rete che utilizzano nuove tecnologie, viene praticata periodicamente la pulizia delle tubature e la

sostituzione anticipata delle tubature vecchie e al limite della rottura. È inoltre essenziale adottare semplici

gesti quotidiani e comportamenti che tengano concretamente conto del valore dell'acqua, usandone solo la

quantità necessaria.

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Un…ariete nell’acqua

Il colpo d'ariete è un fenomeno idraulico che si presenta in una condotta quando un flusso di liquido in movimento al

suo interno viene bruscamente fermato dalla repentina chiusura di una valvola. O viceversa, quando una condotta

chiusa e in pressione viene aperta repentinamente. È un'onda di pressione che si origina in prossimità della valvola a

causa dell'inerzia della colonna di fluido in movimento che impatta contro la parete della valvola chiusa. L'intensità del

colpo e il valore della pressione massima dell'onda possono raggiungere livelli tali da far esplodere le condotte. La

pressione è funzione delle dimensioni della condotta (lunghezza e diametro), della velocità e della densità del fluido, e

soprattutto del tempo di chiusura della valvola. Un esempio di colpo d'ariete verificabile tra le mura domestiche si ha

quando si chiude una valvola a sfera con istantaneo movimento leva di manovra e si sente il tipico tonfo seguito dalla

vibrazione del tubo. Nel caso delle condotte delle centrali idroelettriche, per evitare il colpo d'ariete quando viene

fermata una turbina chiudendo il flusso d'acqua, si aziona prima il deviatore di flusso per alleggerire il carico sulle pale

e si riduce poi gradualmente il flusso.

Le leggi della distribuzione

La distribuzione dell'acqua avviene sfruttando le leggi fisiche che ne condizionano il moto. La prima di queste leggi,

conosciuta con il nome di equazione di continuità, afferma che in un sistema idraulico privo di perdite o di nuovi

ingressi, la quantità di acqua che attraversa in ogni istante ciascun tratto di tubo deve essere costante. La

conseguenza di questa legge è che l'acqua scorre più lentamente dove la conduttura si allarga, mentre accelera lungo

le strozzature. L'altra legge è quella dei vasi comunicanti, ed esprime la tendenza del liquido a raggiungere la

medesima altezza all'interno di vasi collegati, indipendentemente dalla loro forma. È grazie a questa legge che l'acqua

scorre spontaneamente verso quote più basse. La situazione di equilibrio non è però mai raggiunta perché l'afflusso

dell'acqua è continuo, così pure come i prelievi lungo la rete. Queste leggi sono descritte dall'unica equazione di

Bernulli, che riguarda tanto i liquidi quanto i gas, che si riferisce a fluidi che si muovono con moto non turbolento

tenendo conto di variabili come la pressione, l'altezza e il diametro delle condutture.

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Riferimenti bibliografici

E. J. Tarbuck, F.K.Lutgens, M. Parotto “Scienze della Terra”, Edizione Principato, Milano 1987

E. P. Odum, “Basi di Ecologia”, Piccin Editore, 1988

Riferimenti Web www.castelli.grisnet.it/ACQUA/ECOCONSIGLI.htm

www.gruppohera.it