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free press Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

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è tempo di cambiamento: il buon vecchio 2011 ci saluta, e comincia un anno nuovo. Da un punto di vista simbolico, ma non solo, un momento di passaggio e di metamorfosi. “Panta rei”: tutto scorre, diceva il filosofo Eraclito più di duemila anni fa; e il cambiamento altro non è che un inarrestabile, eterno e immutabile processo di movimento. Ed è proprio questo che FUL, nel suo piccolo (non ci montiamo troppo la testa…), vi vuole raccontare. Firenze, la nostra città, è una realtà in continuo movimento: come potrete leggere anche in questo numero, è vitale, dinamica e creativa. Ovunque spuntano nuove iniziative, emergono nuovi personaggi, fioriscono nuovi modi di vivere – e interpretare - lo spirito unico di questa città, sempre in bilico tra passato e futuro.

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free press

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

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Care lettrici, cari lettori,è tempo di cambiamento: il buon vecchio 2011 ci saluta, e comincia un anno nuovo. Da un punto di vista simbolico, ma non solo, un momento di passaggio e di metamorfosi. “Panta rei”: tutto scorre, diceva il filosofo Eraclito più di duemi-la anni fa; e il cambiamento altro non è che un inarrestabile, eterno e immutabile processo di movimento. Ed è proprio questo che FUL, nel suo piccolo (non ci montiamo troppo la testa…), vi vuole raccontare. Firenze, la nostra città, è una realtà in continuo movimento: come potrete leggere anche in questo numero, è vitale, dinamica e creativa. Ovunque spuntano nuove iniziative, emergono nuovi personaggi, fio-riscono nuovi modi di vivere – e interpretare - lo spirito unico di questa città, sempre in bilico tra passato e futuro.Il cambiamento è una filosofia, è un modo di vivere la vita: i temi che abbiamo affrontato su questo numero, e le interviste che potrete leggere, vi raccontano proprio questo: di personaggi senza tempo che sono riusciti a interpretare il Zeitgeist, lo spirito del tempo, e a racchiuderlo nella compiuta infinitezza delle loro opere. E il cambiamento è anche movimento, un modo di spostarsi in città, re-interpretandola e ricreandola, come fanno gli amanti delle due ruote e i fu-namboli del parkour, che vivono e rimodellano gli spazi urbani grazie alla loro creatività.E anche noi di FUL speriamo di riuscire a fermare il tempo, solo per un attimo, e di catturare lo spirito unico di questa città, sempre in movimento. Perché il cambiamento è l’unica vera costante dei nostri tempi.

Ideato e realizzato da Marco Provinciali e Ilaria Marchi.Coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi.Ci puoi contattare per l’acquisto di uno spazio pubblicitario tramite posta elettronica all’indirizzo:[email protected]. 392 08 57 675

Se vuoi collaborare con noi ci puoi scrivere all’indirizzo:[email protected]@firenzeurbanlifestyle.comvisita il nostro sitowww.firenzeurbanlifestyle.com

pagina facebookFUL *firenze urban lifestyle*

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco ProvincialiRealizzazione grafica Ilaria Marchi

ringraziamentiGiampiero Gallo, Giacomo Onlus, Giampaolo Talani, ParkourFirenze -Paolo e Giulio, Ottavia, D.A.T.E, Federico Fiumani e i Diaframma, Michele Alunni - Marque Moon, Lorenzo Stefanini•

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Il futuro è a pedali?Qualcuno fa risalire la sua invenzione addirittura a Leonardo da Vinci, e in effetti solo un genio poteva concepire qualcosa del genere: è ecologica, divertente, fa bene alla salute, aiuta a stare in forma e fa risparmiare tempo e denaro...

Firenze Santa Maria Novella: arte e PartenzeUn incontro con il pittore Gianpaolo Talani, per capire qualcosa di più sulla nostra città e sulle idee che si nascondono dietro un’opera d’arte come il suo affresco alla stazione di Santa MariaNovella

Parkourfirenze, acrobazie in salsa banlieueA molti sarà sicuramente capitato di vedere, sul web o in campagne pubblicitarie, uomini - e anche donne - arrampicarsi su muri e saltare giù dai terrazzi, correre sui corrimano delle scalinate e spostarsi sui tetti con una leggerezza e grazia degni dei Ninja, ma chi sono veramente?

D.A.T.E. Le sneakers fiorentineEssere accolti negli uffici di D.A.T.E. per un’intervista è un po’ come essere ricevuti in casa, la casa dove la straordinaria famiglia D.A.T.E. crea e produce. L’atmosfera è luminosa e lieta, l’ospitalità amabile...

Il ritorno della musica fiorentinaHa ragione la giornalista di Repubblica Elena Stancanelli, quando dice che “Federico Fiumani sta a Firenze come i Pink Floyd stanno a Cambridge o il Morellino a Scansano”. Nessuno infatti ha saputo rappresentare l’essenza di questa città meglio di lui, leader maximo della storica band, vero e proprio patrimonvvio musicale italiano, dei Diaframma, protagonista - insieme a Litfiba e Neon - dei grandi anni ‘80 Fiorentini

Marquee Moon, la musica prima di tuttoUn negozio speciale dedicato al vinile apre le porte a Ful per raccontarci la storia, i segreti e la passione di chi la musica la porta nel cuore

Naive, dedicato a chi è unicoUna visita in un negozio davvero particolare, dove abiti e accessori sono selezionati con meticolosa cura per offrire al pubblico qualcosa di unico

rubrica: Respira che ti passa

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Ilaria Marchi

Daniel M

eyer

J&BTom

maso Baroncelli

Cristina Battaglini

Alice C

olombini

Marco Provinciali

Sofia Sguerri

Come disse qualcuno, «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare…». Non ho mai sognato, o neppure pensato, di fare il gior-nalista. È stato il giornalismo che ha trovato me: è come se ci fossimo sempre conosciuti, ma ci siamo in-contrati solo grazie ad una serie di coincidenze. Io questo lo chiamo Destino… Viaggiare, conoscere persone in-teressanti, intrufolarsi dappertutto, soddisfare la propria curiosità, im-parare sempre qualcosa di nuovo, dialogare coi lettori, scrivere… che volere di più?

Firenze l’è la mia città. La amo e la adoro. Mi piacciono i vicoli stretti, le realtà nascoste. Gi-rarla con la mia vecchia bicicletta era una cosa fantastica, era, perché adesso me l’hanno rubata, mannag-gia!!! Non vi dico l’età ma sono una gio-vane grafica a cui piace respirare la libertà, mangiare cose buone e ri-dere con gli amici.

Sono nato a Firenze il 20 giugno del 1981. In teoria dovevo nascere qualche mese dopo, ma mia nonna dava una festa e non avevo nessuna intenzione di perdermela. O forse, visto che non sono un appassionato di vita mondana, volevo solo rom-pere le scatole. Dal punto di vista professionale, collaboro con la casa editrice Gea Edizioni che edita varie testate a diffusione nazionale.

Firenze, 23 Luglio 1979. Nasco pigramente 23 giorni dopo la sca-denza del tempo, il primo giorno disponibile del Leone. Sin da piccolissimo rimango per ore in-cantato ad ascoltare musica ed a guardare i dischi girare nel piatto… Colleziono vinili, leggo molto, mi piace cucinare e amo il buon vino. Credo che le belle canzoni aiutino ad essere persone migliori.

Cristina Battaglini 26enne vaga-bondante tra Germania ed Austria, attualmente vive a Graz in veste di assistente di lingua italiana. Neo-laureata in Studi Rinascimentali si chiede che ne sarà di lei, ma non sgomenta. Intanto scrive, poesia e svolge ar-dite performance poetiche in giro qua e là. Collabora come giorna-lista freelance in diverse riviste. Chiamatela anche Ladycri.

Sono Alice Colombini , vivo a Fi-renze e sono una psicologa……Quando sono nata alle 7.05 del 25 marzo 1981 il sole era in Ariete e la Luna in Scorpione, la mia carta del cielo parla chiaro: impulsiva e paziente, ha bisogno di agire, va incontro alla vita con energia, in modo prorompente, vivere è una sfida e un’avventura, non manca mai di coraggio ma la franchezza e l’onestà possono a volte cacciarla in situazioni imbarazzanti.Ma questa sono io…. Incredibile!

Alle ore 7 del 13 giugno 1982 sono entrato in contatto con le prime facce umane. Dopo un mese, assie-me a Pablito Rossi, Tardelli e tutti gli italiani ero già campione del mondo ed il calcio divenne per me una malattia. Mi piace mangiare un po’ tutto, amo il vino e anche la birra… in fondo la condivisione di una tavola è la cosa più bella che ci sia…Mi occupo di comunicazione e collaboro con alcune testate locali e nazionali… FUL mi piace tan-tissimo!!!

Sofia nasce nell’ esotica città di Arezzo nel lontano 1989 sotto il segno dello scorpione. In tenera età si innamora dell’arte fotogra-fica grazie ad una vecchia Minolta alla quale ancora vuole molto bene. Un po’ storcendo il naso e un po’ controvoglia accetta la comparsa della fotografia digitale nel mondo, ma l’ amore incondizionato resta per la pellicola, la camera oscura e la stampa in bianco e nero. Quan-do scatta Sofia cerca di fermare l’ istante perfetto, l’unico brevissimo momento in cui tutto si trova al proprio posto…. E a volte ci riesce pure!!!

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Jacopo Petrini

Martina Scapigliati

Jacopo Bertocchi

Sono nato il 30 settembre dell’87, poco dopo un tromba d’aria ha scoperchiato il tetto di casa... Ero arrivato al mondo. La mia mamma passo’ tutta quell’e-state in acqua sperando che mi innamorassi del mare... Nel resto della mia vita ho speso tanto di quel tempo in contatto con Nettu-no che sicuramente se ne sara’ un Po pentita... Amo il surf lo skate e la natura e le persone vere.

Quello della Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia Settentrio-nale a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento. Gli Scapigliati erano giovani tra i venti e i trenta-cinque anni, nutriti di ideali e ama-reggiati dalla realtà, propensi alla dissipazione delle proprie energie vitali. « …tutti amarono l’arte con geniale sfrenatezza; la vita ucci-se i migliori  » (in introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio, Sonzogno, Milano, 1862). Marti-na è nata nel 1985. Sa leggere la musica, ama scrivere e cantare, è in procinto di terminare gli studi per la Laurea Magistrale in Giu-risprudenza. Vive a Firenze col suo adorato Jack Russel Napoleone, di anni 7.

Jacopo Bertocchi: anno zero 1978.Mi fanno felice due bottiglie di vino, Darwin e le sue teorie sull’evoluzione, Dawkins e “l’illusione di Dio”, Ungaretti e gli scritti “Ragioni d’una poesia”, Belmondo, Truffaut e la nouvelle vague francese, Modigliani e Ciampi, i dialoghi dei film di Moretti, i capelli di Pasolini, il celato senso dell’umorismo di Emilio Fede. Mi stupisco ancora per chi pensa di capire il jazz, Belèn e Corona, le donne che camminano impedite sui tacchi, i vecchini che passano ore a guardare le faccende degli altri, i muratori che lavorano e fumano una sigaretta intera senza toccarla con le dita, il vento che fa venire il mal di testa.

Lorenzo Giorgi

Lorenzo Giorgi. 28 anni, barman, viaggiatore ed aspirante fotorepor-ter, come molti miei coetanei anco-ra alla ricerca di un ruolo in questo tempo. L’importante è riderci su, dopotut-to «le fotografie sono come le bar-zellette, se le devi spiegare vuol dire che non sono venute bene».

Teresa Tanini

Fiesole, 1982. Vive e lavora a Fi-renze. Ha da sempre un rapporto conflittuale con i propri capelli. Un amore immenso per il mare e un’antipatia profonda verso le me-duse. Ascolta tanta musica, non si sveglia la mattina, incline alla risata rumo-rosa, arrossisce per lontane associa-zioni di idee. Quando può ficca il naso nel mondo reale e virtuale alla ricerca di (belle) cose da vivere, re-galare o anche solo da raccontare.

Francesco Gori

Jana Kim

27 anni, fiorentino di nascita, cam-pagnolo d’adozione, si occupa di estetica, cinema, letteratura, poli-tica, arte contemporanea, culture urbane, viaggi & ortaggi. Quando non scrive è in bicicletta, o a giro per sentieri, oppure a zappare nell’orto. Difficile trovarlo sul cellulare, con-trolla poco la mail, e controvoglia. Decisamente pigro e inaffidabile, è una strana creatura, che si serve ancora di carta e penna per scrivere e della voce, dello sguardo e delle mani per comunicare con gli altri.

Il viaggio è dunque il mio destino, dagli Urali fino a qua… e  ancor più in là, passo dopo passo, scatto dopo scatto, perché uno dei tesori che veramente ci appartiene è ciò che la memoria conserva di ogni soggetto che abita il mondo.

redazione mobile

La nostra redazione è in completo m

ovimento, com

posta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona delle Cure m

a l’occasione di incontri e riunioni è sem

pre una buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che orm

ai da anni conosciamo. U

na redazione mobile che trova nel supporto

della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.

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Di cosa stiamo parlando? La risposta è facile: la bicicletta. Un mezzo che a Firenze gode di una considerazione particolare, dato che addirittura esiste un apposito Consigliere speciale per la ciclabilità, scelto dal Sindaco;

è Giampiero Gallo, un uomo che, più che un compito, ha una missione: portare la bici ai fiorentini, e i fiorentini alla bici. Una missione non facile. Gallo deve occuparsi infatti del coordinamento di tutte le attività che ruotano attorno al mondo delle biciclette: dalla gestione delle infrastrutture fino alle questioni legate alla comunicazione, all’educazione e alla sicurezza. Tutte attività importanti e complesse, legate tra loro in un progetto in cui l’amministrazione capitanata da Matteo Renzi crede fermamente. E Giampiero Gallo è la persona scelta per portare avanti questo progetto: una persona concreta, ma anche un po’ un sognatore. Per lui, al di là dei - tanti, tantissimi - vantaggi concreti dell’uso della bici, «la ciclabilità è un modo di vita». La bici è una filosofia, è un modo di vivere, in pieno, la città, ma i sogni devono venire a patti anche con i problemi più concreti. «Sappiamo quali sono le cose che vanno fatte… È più difficile però tradurle poi in pratica» ammette, ma aggiunge anche: « Più di tutto, c’è bisogno della volontà che, come diceva Einstein, “è molto più potente di qualsiasi altra forma di energia”»

E l’amministrazione Renzi questa volontà ce l’ha. A cominciare dal punto nevralgico della questione: le piste ciclabili. La rete urbana non è trascurabile: si snoda lungo una sessantina di chilometri, ha ricevuto un grande impulso in particolare con l’occasione dei Mondiale di Italia ’90, e da vent’anni le varie amministrazioni hanno lavorato per incrementare questo patrimonio. Ma non sono solo rose e fiori: alcune piste non sono collegate tra loro, e in certi punti ci sono dei «vicoli ciechi», che rendono più faticosa - e pericolosa - la vita dei ciclisti. Che, si sa, sono una categoria speciale: ragionano con una

logica ferrea, per arrivare a destinazione privilegiano sempre la via più breve, secondo una logica inderogabile, che non ammette obiezioni. Per questo, l’amministrazione sta lavorando sulla «cucitura» della rete ciclabile e, per farlo, ha stanziato 300mila euro.Altro punto importante: l’ allargamento della rete ai viali e alle zone più

periferiche, ma di importanza strategica. Per questo è stata lanciata quella che Gallo con un pizzico di ironia chiama «Operazione passaggio a nord-ovest», che però è molto importante, dato che punta a collegare alla rete della piste ciclabili le zone di Novoli e Firenze Nova. Se si pensa che da quelle parti ci sono il Pignone, il nuovo Palazzo di Giustizia, il Polo Universitario e il nuovo Multiplex, si capisce ancora meglio quanto questo progetto sia importante per ridisegnare il traffico cittadino, e in definitiva il futuro della città.

Vivere la città

Il futuro è a pedalI?Qualcuno fa risalire la sua invenzione addirittura a Leonardo da Vinci, e in effetti solo un genio poteva concepire qualcosa del genere: è ecologica, divertente, fa bene alla salute, aiuta a stare in forma e fa risparmiare tempo e denaro...

Testo di Daniel Meyer, infografica Ilaria Marchi

l’amministrazione sta lavorando sulla

«cucitura» della rete ciclabile e, per farlo, ha stanziato 300mila euro

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Ma le piste ciclabili sono solo un tassello, per quanto importante, di quella che Gallo chiama «visione»: se nessuno le usa, sono inutili. Ecco perché un obbiettivo fondamentale che si è dato l’amministrazione è quello di diffondere il «verbo» della bicicletta, promuovendo nuove abitudini tra i cittadini. Attualmente, secondo le stime del Comune, circolano a Firenze 20-25mila biciclette (che, rapportate ai 380mila abitanti della città rappresentano un parco considerevole); ogni giorno, tra le 15 e le 20mila persone (a seconda anche del tempo e della stagione) scelgono la bici come mezzo di spostamento: quindi si parla del 7-8% del traffico cittadino, ma l’amministrazione Renzi si è data l’obiettivo ideale di arrivare al 12% entro un paio di anni, liberando la città da quella «dipendenza da scooter» che è uno dei suoi mali endemici.Spiega infatti il consigliere: «La maggior parte degli spostamenti quotidiani è inferiore ai cinque chilometri; una distanza che con la bicicletta è fattibile. Se rispettassimo questa “regola di fatto”, avremmo raggiunto già il 50% degli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2, stabiliti dall’Unione Europea. Certi traguardi non sono poi così lontani»Un impegno importante e un obiettivo ambizioso: Gallo ci crede, e lavora per mobilitare nuove energie in questo senso soprattutto tra i giovani. In quest’ottica, la comunicazione gioca un ruolo fondamentale: rendere la bici un mezzo «simpatico», pratico, magari anche un modo per socializzare e fare amicizia, facendo leva anche sull’effetto di imitazione, che gioca un ruolo fondamentale in questo tipo di dinamiche.Ma l’educazione alle due ruote comincia fin dall’infanzia: ecco perché il Comune porta avanti da anni alcune iniziative specifiche per avvicinare i più piccoli alle due ruote, come ad esempio un progetto curato dall’Assessorato all’educazione, con un concorso di disegno tra i bimbi collegato al mondo della bici, alcune attività con la Polizia Municipale (come il parco «Vigilandia», dove i bambini imparano in un ambiente sicuro a conoscere e rispettare le regole della strada), e alcuni progetti con alunni delle scuole medie per insegnare ai bambini l’abc della riparazione e della manutenzione della bicicletta.Da ricordare anche il progetto del «Consiglio degli alunni» , una sorta di mini –consiglio comunale formato da studenti di cinque scuole medie, che vengono interpellati regolarmente dall’amministrazione e fanno a loro volta delle proposte; come ad esempio nel caso in cui, per migliorare la ciclabilità, hanno chiesto e ottenuto il rifacimento di un tratto di pista ciclabile tra via Beccafumi e via Giovanni da Montorsoli. Insomma, la bici è condivisione, e l’amministrazione Renzi porta quindi avanti vari progetti di discussione e condivisione con i cittadini. Un’opportunità importante viene anche dai Mondiali di ciclismo, che nel 2013 si svolgeranno a Firenze. L’amministrazione vuole sfruttare l’evento per incrementare l’uso delle due ruote; ma

20-25mila

7-8% del traffico cittadino

12%nei prossimi 2 anni

obiettivo

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attenzione, dice Gallo: non vanno create solo infrastrutture utili solo per il tempo dell’evento, occorre fare qualcosa che rimanga ai cittadini anche negli anni a seguire. Il Comune vuole usare i Mondiali come traino per comunicare l’importanza della bici, e lancerà una sorta di «corsa a tappe» in vista dei Mondiali attraverso una serie di eventi (inaugurazione di nuove piste, spettacoli, esibizioni) che non possono che favorire l’immagine - e quindi la diffusione - delle due ruote. Ma c’è di più: da poco il Comune di Firenze, primo in tutta Italia, ha lanciato un nuovo progetto online per la gestione delle rastrelliere, attraverso un attento censimento delle rastrelliere. I ragazzi del «Consiglio degli alunni» e i membri di varie associazioni hanno partecipato alla realizzazione di questo un inventario, per capire dove potesse essere necessario installare nuove rastrelliere, dove ne fossero necessarie di nuove, e se ci fossero bici da rottamare; d’ora in poi, saranno monitorate in maniera periodica. Da questo lavoro è stata poi realizzata una «cartina digitale» consultabile su Google Earth, che mostra i modelli di rastrelliera, i posti disponibili, le segnalazioni dai cittadini. Uno strumento utile per l’amministrazione e per il cittadini, in particolare considerando che a Firenze ci sono più di 13mila posti disponibili.E il Comune lavora su più fronti: se quello del bike sharing è fermo al momento, perché c’è un progetto già pronto dal punto di vista tecnico (ispirato alle grandi città europee come Londra, Parigi, Barcellona, dove questa realtà svolge un ruolo fondamentale), ma che è soggetto ad un ricorso, e sta rallentando, il Comune ha però lanciato in parallelo un servizio di noleggio gestito dalla cooperativa Ulisse (una cooperativa sociale che lavora a stretto contatto con categorie protette) con alcune postazioni dislocate tra Santa Maria Novella, Santa Croce e Sant’Ambrogio; presto saranno create nuove postazioni alle stazioni Leopolda, Rifredi e Campo di Marte: stazioni automatizzate, grazie ad un abbonamento e a una tesserina magnetica che permette lo sblocco della bici. Lo stesso Matteo Renzi è uno dei primi sostenitori della bicicletta, come racconta Gallo: «Renzi si sposta nel centro storico quasi solo in bicicletta, e ne è un convinto sostenitore, come mezzo di spostamento integrato con le altre infrastrutture, così come avviene nelle altre grandi città europee» Insomma, la bicicletta è un mezzo «intelligente», sotto tutti i punti di vista. «Ogni euro investito nella ciclabilità ne porta 3-4 per la società in termini di miglioramento della qualità della vita» ricorda Gallo, e aggiunge: «L’uso della bicicletta aumenta anche il commercio: chi si serve della bicicletta ha più tempo per fare acquisti. Ha meno fretta, e più voglia di fermarsi». Più intelligenti, più sani e più puntuali: non potrebbe esserci slogan migliore per promuovere la bici. Forse, più che un mezzo, è una necessità per il futuro di questa città. •

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La stazione è uno spazio effimero, un posto di saluti, di gioie e di malinconie, di arrivi e partenze. La Santa Maria Novella del Michelucci è prima di tutto un monumento, il primo segno d’arte per chi arriva a Firenze,

simbolo del razionalismo e dell’estetica funzionale. Santa Maria Novella è una stazione del mondo, una “stazione di testa”, dove i treni si fermano e ripartono, abbandonando milioni di persone sui marmi rossi e bianchi del Salone delle partenze. Partenze è il nome e l’essenza dell’opera di Giampaolo Talani, uno dei più apprezzati pittori contemporanei, l’ultimo custode dei segreti dell’affresco. Firenze rinnova un vecchio e inusuale luogo dell’arte, rendendo omaggio a una tecnica millenaria che l’ha resa celebre nel mondo. Talani interpreta e ridisegna lo

spazio sociale di un luogo sospeso nel tempo e nello spazio, dedicando alla stazione una sfilata di volti e di valigie, musicisti e uomini armati di rose e bagagli. I viaggiatori di Talani attendono e rendono lo sguardo, “convivono sfiorandosi”. Un gioco di equilibri e rimandi tra la vita, il tempo, il viaggio e la

malinconia che lega il tema dell’uomo e delle emozioni alla città e al pittore. Un “pezzo di Firenze”, un quadro da un milione di euro, una storia da raccontare. «Finiremo tutti appiccicati sulla parete del tempo come i viaggiatori dell ’affresco»,

questo il pensiero dell’autore, nato a San Vincenzo negli anni Cinquanta. Lo incontriamo una domenica pomeriggio; vive sulla costa etrusca, vicino al mare. Iniziamo una lunga chiacchierata, non lontano dal porto, dove campeggia una delle sue sculture.

Arte in città

firenze Santa Maria Novella: arte e partenzeUn incontro con il pittore Gianpaolo Talani, per capire qualcosa di più sulla nostra città e sulle idee che si nascondono dietro un’opera d’arte come il suo affresco alla stazione di Santa Maria Novella

Testo di Jacopo Bertocchi, foto di Lorenzo Giorgi e di Jacopo Bertocchi

«l’affresco è materia, è una sfida coraggiosa e incosciente, un salto

nella nebbia...»

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L’arte è il suo lavoro. Oggi in Italia si può mangiare con la cultura, con l’arte?

«Sì. Faccio un lavoro vero, che mi è costato molto ma oggi vivo dignitosamente. Spesso i miei lavori mi annoiano ma non il mio “lavoro”, dipingere è un’esigenza, è come respirare. Certo non tutti ci riescono, ma la caparbietà e la passione possono aiutare ».

Quale domanda le fanno più spesso?

«I ragazzi mi chiedono come si fa ad arrivare. Non esistono ingredienti segreti, si deve lavorare, studiare, mettersi in discussione e non lasciare nulla d’intentato, io ho “rubato” nella storia dell’arte, ho visto e provato molto e soprattutto ho cercato di lasciare qualcosa agli altri ».

Quanto contano la riconoscibilità e la fama per un’artista?

«Contano molto ma solo nell’idea di continuità nel trasmettere una poetica, una verità personale, intima ma appartenente all’uomo, al genere umano. Il mio benessere mi piace e senza riconoscibilità e fama sarebbe impossibile, ma me lo sono conquistato e so che cos’è il disagio».

Come si è accorto dell’amore per l’arte?

«Amavo la musica, la mia famiglia mi ha sempre dato stimoli “culturali”, andavamo spesso a Firenze, da adolescente amavo le illustrazioni, pensavo di diventare un illustratore loro preferivano qualcos’altro… ».

La sua famiglia ha vissuto di turismo, con il Bagno Venere, lei è nato a San Vincenzo, che legame ha con il mare?

«Il Bagno Venere è il nostro affresco, noi veniamo da lì, io vivo qui perché non potrei stare lontano dal mare, dal vento, un motore silenzioso e pulito che muove la vita».

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E con Firenze?

«Mio padre mi portava in giro per musei. Avevo cinque anni, i primi ricordi sono Palazzo Pitti, Strozzi gli Uffizi. È la città che mi ha cresciuto culturalmente e artisticamente, ho studiato all ’Accademia di Belle Arti e ho sposato una fiorentina, mio figlio è nato a Firenze».

Quando ha capito che poteva fare il pittore?

«All ’Accademia di Belle Arti, grazie al maestro Goffredo Trovarelli, uomo lontano dai concettualismi dell ’arte moderna, che insegnava il mestiere. Iniziai la ricerca del mio stile, con la voglia di superare le difficoltà e di cogliere la sfida».

Che cosa dipingeva allora?

«Ero un “citazionista”, acerbo anche se profondamente legato alla tradizione labronica dei macchiaioli e all ’amore per tutta l ’arte del ‘500 che avevo visto».

Esiste un legame tra l’umanesimo, l’arte del rinascimento fiorentino e i tempi moderni?

«Certo, l ’uomo è l ’unica macchina quasi perfetta. Io parlo solo dell ’uomo, delle paure, delle nostalgie, del sogno, la mia pittura va a ripescare quello che eravamo prima, siamo ombre di passaggio. Amo l ’arte che resta, che esprime sensazioni, non amo l ’arte che provoca, chi parte dalla provocazione vuole soltanto andare sui giornali, non credo che nessun vero artista intenda l ’arte così».

È per questa ragione che ha scelto la strada dell’affresco?

«Ho sempre pensato in grande, da buon megalomane. Nel ’79 con un po’ di presunzione e testardaggine mi presentai al parroco del paese e gli dissi che volevo affrescare la chiesa di San Vincenzo. Ero solo stato delle ore davanti agli affreschi di Firenze, li conoscevo a memoria, cercavo di vederci dentro, carpire i segreti dei grandi. Fu un’odissea ma affrescai 200 metri quadri di superficie».

Che cos’è l’affresco per Giampaolo Talani?

«L’affresco è materia, è una sfida coraggiosa e incosciente, un salto nella nebbia. L’affresco non è pittura è un muro tatuato da un pensiero assoluto tenuto da intonaci forti che lo imprigionano per sempre».

Come ha maturato l’idea dell’affresco di Santa Maria Novella?

«Uno di quei lampi che non mi fanno dormire la notte. Un progetto difficile ma nel quale ho creduto fin dall ’inizio. Un progetto importante settanta metri quadri per quattro d’altezza, è l ’affresco a strappo più grande della storia».

È vero che ha ricevuto una proposta d’acquisto milionaria per l’affresco?

«Un’associazione culturale giapponese voleva comprare un pezzo di Firenze e ha offerto un milione di euro. Ho rifiutato, volevo che restasse a Firenze, alla sua stazione ».

L’ha dedicato a Firenze?

«In realtà è dedicato a una donna, però l ’ho lasciato a Firenze e a tutti quelli che hanno la fortuna di viverci, di visitarla». •

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Sport e filosofia

parkourfirenze, acrobazie in salsa banlieueA molti sarà sicuramente capitato di vedere, sul web o in campagne pubblicitarie, uomini - e anche donne - arrampicarsi su muri e saltare giù dai terrazzi, correre sui corrimano delle scalinate e spostarsi sui tetti con una leggerezza e grazia degni dei Ninja, ma chi sono veramente?

Testo di Jacopo Petrini e foto di Lorenzo Giorgi

Di fronte a tali immagini, il primo pensiero va alla difficoltà e alla pericolosità di tale sport : azioni da stuntman o semplice-mente da pazzi totali, malati di adrena-lina? Niente di più sbagliato e lontano

dalla realtà. La realtà del Parkour e dei membri che praticano questa disciplina; e ci soffermiamo su questa parola, “disci-plina”, perché proprio di questo si tratta, seguita con rigore e basata su principi e fondamenti non lontani dalle arti mar-ziali. Il Parkour nasce in Francia agli inizi degli anni Ottanta, grazie ad un gruppo di giovani abitanti delle Banlieue, i quali, sprovvisti di alternative ludiche degne, iniziarono a sfruttare ciò da cui erano circondati, il cemento. Basandosi su una metodologia di allenamento riservata all’esercito, il “metodo

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naturale” o “Hebertismo”, dal nome dell’inventore nonché ufficiale della marina francese nell’Ottocento Georges Hebert , che preparava l’individuo in modo tale da poter affrontare qualsiasi ostacolo la natura gli avesse posto davanti, i ragazzi iniziarono poco più che bambini ad arrampicarsi e a saltare.Perfezionarono le tecniche al punto tale da fondare un gruppo, gli Yamakasi, che stabilirono una serie di principi fondamen-tali detti art du placament, che consistevano nel continuo alle-namento, ma anche nel rispetto del proprio corpo, ovvero la presa di coscienza dei propri limiti. Il fenomeno è esploso in tutto il mondo coinvolgendo tanti appassionati e guadagnan-dosi il proprio spazio come realtà consolidata, soprattutto in Europa. Spesso questa disciplina è stata anche travisata dai media, che hanno incolpato più di una volta il Parkour per incidenti, anche mortali purtroppo, accaduti per la stupidità di alcune persone che volevano improvvisarsi conoscitori di un’arte che si fonda sulla costanza e sulla presa di coscienza dei propri limiti.Da qualche anno questa realtà è vissuta con calore e passione anche a Firenze, da quasi una ventina di ragazzi che, per l’esi-genza di essere riconosciuti e rappresentati, hanno fondato un’associazione, ParkourFirenze, inserendo nel loro duro pro-gramma di allenamenti quasi quotidiani la possibilità a chiun-que di avvicinarsi a tale disciplina grazie a corsi da loro stessi diretti. «Il Parkour è una disciplina a cui tutti possono avvici-narsi - afferma Paolo, uno dei membri fondatori - con questo gruppo eterogeneo lavoriamo duramente quasi tutti i giorni, con ragazzi e ragazze, dedicando tutti un forte impegno a ciò che facciamo. Il Parkour ti pone solo di fronte all’ostacolo, con le tue forze fisiche e la consapevolezza di ciò che ti sei guada-gnato con il duro allenamento, e ognuno è libero di affrontarlo come vuole, trasmettendo il suo essere nel gesto stesso. Ma quando sorge nella mente la possibilità di un errore, vuol dire che sei lontano da quell’obbiettivo e devi continuare a lavorare duramente per riprovarci in futuro, è un po’ come la vita».E così ci conferma anche Ottavia, una delle quattro ragazze del gruppo, praticante da un anno e mezzo e allieva di Paolo e Giulio, due tra i più esperti: « All’inizio abbiamo lavorato quattro mesi solo per prepararci fisicamente a fare il primo ostacolo, è stata dura ed essendo una ragazza spesso scontavo la mia mancanza di forza e tornavo a casa abbattuta oltre che stanchissima, ma ho perseverato e ora continuo, con la consa-pevolezza dei mie limiti, ma sempre con una gran voglia di migliorarmi».Questi ragazzi spesso si ritrovano con le altre comunità prati-canti della nostra Penisola e organizzano raduni dove parteci-pano i mostri sacri di quest’arte per dispensare consigli nel massimo della serenità, della consapevolezza e del rispetto.«Il nostro ambiente è lontano dalle gare e dalla competizione, se non quella con te stesso» , ci dice Giulio. «Gli sponsor stanno cercando di mettere le mani nel nostro mondo per specularci, spingendo gli atleti sempre al limite. Il problema

principale quindi è per i neofiti che travisano totalmente quali siano i veri principi del Parkour, spesso causandosi gravi infortuni per la mancanza di esperienza. E continua: «Il nostro è un ambiente sano e chiunque voglia allenarsi con noi è il benvenuto».Non resta che augurare a questi ragazzi un grosso in bocca a lupo e soprattutto ricordare che il Parkour è una disciplina per tutti, pur sempre rispettando quei sani principi su cui si fonda.•

Il parkour nasce in francia agli inizi degli anni ottanta,

grazie ad un gruppo di giovani abitanti delle

Banlieue, i quali, sprovvisti di alternative ludiche degne, iniziarono a sfruttare ciò da

cui erano circondati

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Il marchio nasce nel 2005 ed è rappresentato da un quadrato con su scritto un acronimo a quattro lettere puntate, i cui vertici stanno ad indicare ognuno degli allora giovanissimi amici e fondatori: Damiano, Alessandro, Tommaso ed Emiliano. L’interno del quadrato, è punto d’incontro delle idee,

l’agorà dove tutto convoglia e viene creato. D.A.T.E. è una realtà fiorentina nata in sordina quando nelle menti di Alessandro e Tommaso, ancora studenti, balenò l’idea di realizzare… Sneakers! «…E non una ginnica qualsiasi, ma qualcosa di “fashion” - anche se il termine fashion è brutto -, non una scarpa sportiva da performance da vendere negli appositi negozi, ma un accessorio che arricchisca il look. Una scarpa stilosa, da indossare perché piace, e non per andarci a correre!» spiega Tommaso. «L’ispirazione è stata british ed europea, lontana dalla concezione della sneaker americana», puntualizza Damiano. Malgrado quel che possa sembrare a prima vista, il grande sogno di due studenti di realizzare sneakers non si trattava, nel loro caso, di un vero e proprio azzardo. Il padre di Damiano lavorava infatti nel settore calzaturiero, per firme come Valentino, Escada e Paul Smith. Un posto da dove cominciare, dunque, l’avevano. Ai quattro pareva mancare solo un modello iniziale. Ed Emiliano così, durante una cena in cui tutto sarebbe potuto succedere, disegnò quella che sarebbe diventata la prima scarpa D.A.T.E. della storia del marchio, una sneaker in lisergico tessuto a fiori colorati e rifiniture in pelle. I ragazzi ne produssero il primo paio e si entusiasmarono.

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Successo in Città

D.A.T.E. Le sneakers fiorentineEssere accolti negli uffici di D.A.T.E. per un’intervista è un po’ come essere ricevuti in casa, la casa dove la straordinaria famiglia D.A.T.E. crea e produce. L’atmosfera è luminosa e lieta, l’ospitalità amabile...

Testo di Martina Scapigliati e foto di Sofia Sguerri e D.A.T.E

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Tanto, talmente tanto da mettere in cantiere ben dieci altre versioni per quella scarpa! Mancava solo chi le producesse... Fu così che i ragazzi si rimboccarono le maniche. E furono loro a produrre. Cominciarono lavorando come matti, trovandosi la sera nell’azienda del padre di Damiano, non conoscendo feriali o festivi, stanchezze o scoraggiamenti. La realizzazione, 100% artigianale, è stata frutto di stoico, durissimo lavoro, di rigida determinazione e ispirazione creativa: basti pensare all’iniziativa di portare nelle università le fotocopie del disegno delle linee della scarpa, da far decorare a piacimento agli studenti per trarre ispirazione dalle loro idee. Tagliarono a mano tessuti, pelle, suole, decorando con scritte rigorosamente handmade, a pennarello, in una situazione caotica dove tutti facevano tutto, tutto quel che potevano e riuscivano. Si improvvisarono. Riuscirono. Arrivarono così a vendere le prime 600 paia delle loro appena nate D.A.T.E. L’occasione di una partecipazione a Pitti Immagine li portò poi alla ribalta. E fu lì che arrivano a vendere dieci volte tanto quel che erano stati capaci di produrre da soli. Poi, per una serie di opportune e straordinarie coincidenze, trovarono anche il loro rappresentante. E l’ascesa partì. «Essere fiorentini, nascere a Firenze è sicuramente stata una fortuna. Grazie alle amicizie che avevamo, e trovandoci nella patria della manifestazione Pitti Immagine… La vetrina è stata esclusiva. Forse non sarebbe andata così se non ci fossimo trovati nella nostra città» ammettono i ragazzi. Dalla situazione dispersiva e faticosa della realizzazione delle prime paia prodotte sicuramente a perdere - almeno nel guadagno -, negli uffici D.A.T.E. adesso ciascuno ha il suo compito e il marchio è ora distribuito in Italia in più di 600 negozi. In un mondo sempre più virtuale lo spazio sul web assume quotidianamente maggiore importanza ed è per questo che da tempo ormai il brand ha deciso di promuovere molte delle sue iniziative attraverso il proprio sito www.date-sneakers.com, dove il visitatore può comunicare con il mondo D.A.T.E mandando foto con le sneakers ai piedi da qualsiasi angolo del globo, o seguire la promozione di concorsi fotografici come quello appena concluso che permetterà alla coppia stilista-fotografo (di origini olandesi), premiata secondo un democratico consenso ricevuto attraverso il social network Facebook, di rappresentare il marchio per la prossima campagna estiva dedicata ai paesi appartenenti al Benelux. «Esperimento che non escludiamo di riproporre in futuro, e magari dedicato proprio all ’Italia» anticipa Tommaso. Inoltre, da qualche mese è possibile anche comprare online, scegliendo tra i vari raffinati modelli di scarpe che il marchio fiorentino propone, da uomo, donna… E non dimenticate la linea kids! E quella, nuovissima di magliette per lui e per lei. A ciascuno la sua strada, dunque. Noi suggeriamo sicuramente di affrontarla con ai piedi un paio di D.A.T.E. ben allacciate. Per quello che c’è dietro e che vi troverete davanti. •

la realizzazione, 100% artigianale, è stata frutto di stoico, durissimo lavoro, di rigida determinazione e ispirazione creativa...

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Un elegante ristorante di stile unico che dedica la sua attenzione alla cucina del pesce.Il locale, dotato al piano superiore di 7 confortevoli camere, offre inoltre servizio di bed & breakfast.

Ristorante Albergo Molo73all’uscita di Empoli Est

via Tosco Romagnola, 112 - Empoli

tel. 0571 1603084 - [email protected]

www.molo73.it

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È il 1984 quando il fulminante esordio “Siberia” vede la luce arrivando a vendere più di 50000 copie; con questo acclamatissimo primo album nasce la new wave italiana e Federico Fiumani mette il primo sigillo di un percorso musicale che, pur rimanendone sempre in qualche modo ai margini, saprà segnare profondamente il panorama musicale italiano.Il 17 Gennaio 2012 esce il nuovo album “Niente Di Serio” (il caso vuole che sia anche il giorno dell’uscita del primo lavoro di inediti dei Litfiba riuniti) e l’occasione è quindi ghiotta per fare una chiacchierata con questo grandissimo e mai celebrato a dovere “poeta” italiano.

Le note di Firenze

Il ritorno della musica fiorentinaHa ragione la giornalista di Repubblica Elena Stancanelli, quando dice che “Federico Fiumani sta a Firenze come i Pink Floyd stanno a Cambridge o il Morellino a Scansano”. Nessuno infatti ha saputo rappresentare l’essenza di questa città meglio di lui, leader maximo della storica band, vero e proprio patrimonio musicale italiano, dei Diaframma, protagonista - insieme a Litfiba e Neon - dei grandi anni ‘80 Fiorentini

Testo di Tommaso Baroncelli e foto Diaframma

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Partiamo con “Niente Di Serio”, il nuovo album in uscita. Te che hai sempre amato spiazzare, come definiresti questo nuovo lavoro? Che album ci dobbiamo aspettare?

«Un album più ricco a livello di arrangiamenti, e più vario. Anche a livello di qualità sonora mi pare superiore ai precedenti».

Ho letto della partecipazione di Gianluca De Rubertis de Il Genio... Perché proprio lui e come è nata questa collaborazione?

«Gianluca ha sicuramente contribuito a questa varietà che ti dicevo. Lo conosco da dieci anni, da quando vidi un concerto dei suoi Studiodavoli a Firenze. Sono poi stato da subito un grande fan de Il Genio e così abbiamo cominciato a frequentarci. Lo stimo molto e ho subito pensato a lui per le tastiere nel disco».

Sono passati 30 anni dalla nascita dei Diaframma: come diceva Enzo Jannacci “30 Anni Senza Andare Fuori Tempo”... Qual è il bilancio di questa unica e inimitabile avventura artistica?

«Diciamo che gli inizi sono stati molto belli e quasi subito pieni di soddisfazioni, poi tutti i ‘90 sono stati anni bui in cui ho fatto letteralmente la fame, ma ho tenuto duro e adesso mi godo i frutti del mio lavoro; le cose vanno bene, c’è interesse attorno a noi e abbiamo in programma un sacco di concerti».

L’anno scorso hai pubblicato il primo album interamente live con amici come Marcello Michelotti (Neon), Andrea Chimenti (Moda) e Miro Sassolini (voce dei Diaframma dal 1983 al 1989). Come è stato ritrovarli sul palco?

«È stato davvero bellissimo! Così come i preparativi a quel concerto. C’era un clima di grande aspettativa e di felicità. Spero di fare qualcosa di nuovo insieme a loro».

Ai vostri concerti partecipa un pubblico trasversale. Come ti spieghi questo aspetto?

«Non saprei, forse perché nelle mie canzoni parlo di sentimenti universali».

Il 17 gennaio è una data decisiva. Oltre al tuo nuovo lavoro, escono i Litfiba. E anche Miro Sassolini è in uscita a breve. Sta tornando la grande scuola fiorentina?

«Beh..non sarà mai più come prima e forse è meglio così. Di sicuro io, e penso anche i miei colleghi, (che brutto termine) trent’anni fa non avremmo mai pensato di essere ancora qua a fare dischi. Speriamo che esca anche un nuovo disco dei Neon, così il trittico è completo!»

A proposito di Firenze (anche l’album è stato registrato allo storico Studio Emme di Calenzano)... Come vedi cambiata la città rispetto ai tuoi anni ‘80?

«Firenze è cambiata molto, la scena negli anni ‘80 era eccezionale, molto vitale. Adesso ci sono buoni locali e anche molto più pubblico di prima, ma mancano i personaggi carismatici come Piero Pelù, in grado di attirare l ’attenzione».

Che effetto ti fa essere uno dei simboli degli anni ‘80 oltre che un punto di riferimento per molti giovani artisti (come testimoniato dall’album tributo “Il Dono”)?

«Una bella soddisfazione che mi ripaga di anni di duro lavoro, spesso oscuro e malpagato».

Chi apprezzi dei giovani artisti emergenti?

«Il Genio, Superpartner, Baustelle, Karibean».

Nonostante quello che dice Manuel Agnelli, sei uno dei pochi uscito vivo (e

in perfetta salute) dagli anni ‘80. Ti senti in qualche modo un “reduce”?

«Alla fine direi di sì... È stata dura ma ce l ’abbiamo fatta».

La tua coerenza artistica ti ha precluso il grande successo commerciale che avrebbe potuto portarti Sanremo. Hai qualche rimpianto?

«Direi di no, non ero adatto per quei palcoscenici. E poi la gente che gravitava attorno a Sanremo non mi piaceva per niente! Comunque a Sanremo ci ho suonato, nel 1994 al Club Tenco».

A stretto giro hai pubblicato un libro di poesie, un album live e adesso il nuovo di inediti: notizie sul tour e altri progetti per il futuro?

«Aspetto che esca il disco, non vedo l ’ora. Abbiamo una trentina di concerti in programma e poi si vedrà».•

«firenze è cambiata molto, la scena negli

anni ‘80 era eccezionale, molto vitale. adesso ci sono buoni locali e

anche molto più pubblico di prima, ma mancano i

personaggi carismatici»

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Si legge su Wikipedia che «il Palazzo delle Cento Finestre, già conosciuto come Palazzo del Centauro, si trova in piazza Santa Maria Maggiore a Firenze (sui quattro lati in

effetti si dispone un numero di aperture di poco inferiore a cento)» e che «Marquee Moon è lo storico album della band americana Television, uscito nel 1977». Quello che Wikipedia non sa è che Marquee Moon, proprio nel Palazzo delle Cento Finestre, è anche un signor negozio di musica interamente dedicato ai vinili. Immaginate un’elegante

occhialeria fiorentina di inizio Novecento: soffitto a volte a stella, affreschi, stucchi, lampadario imperiale con bracci e candele, boiserie in quercia, incisioni latine dorate, poltroncine

imbottite, centinaia di minuscoli cassetti ognuno con la sua maniglia in ottone luccicante.Levatevi adesso dalla testa occhiali dalla montatura d’altri tempi e riempite questa cornice d’eccezione di musica indie, elettronica, rock, jazz, blues, funky, soul, punk, country,

in un unico formato: il nerissimo e lucidissimo 33 giri. Michele, una delle menti del Marquee Moon, racconta la sua creatura ridendo e scherzando, ma ne è orgoglioso.

Angoli di città

Marquee Moon, la musica prima di tuttoUn negozio speciale dedicato al vinile apre le porte a Ful per raccontarci la storia, i segreti e la passione di chi la musica la porta nel cuore

Testo di Teresa Tanini e Tommaso Baroncelli, foto di Teresa Tanini

«personalmente sono convinto che il vinile sia l’unico supporto che

merita ancora di essere comprato, in quanto è così che la riproduzione

della musica è stata pensata»

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«Abbiamo aperto questo negozio nell ’ottobre del 2009 perché pensavamo che - in un momento come questo in cui la fruizione della musica è sempre più “liquida” - il ritorno al supporto analogico potesse rappresentare per il pubblico un valore aggiunto: ed effettivamente così è stato, perché in poco tempo siamo diventati un punto di riferimento (e di ritrovo) sia per gli amanti “storici” che per i neofiti che si sono avvicinati al magico mondo del vinile, oltre che per tutta una serie di artisti che tutte le volte che passano da Firenze una visita in negozio la fanno regolarmente. Penso ai Wilco, ai Jaga Jazzist e ai Jazzanova, oltre che a tantissimi italiani. Personalmente sono convinto che il vinile sia l ’unico supporto che merita ancora di essere comprato, in quanto è così che la riproduzione della musica è stata pensata; inoltre il “Long Playing” esalta l ’artwork e la forma album, che non è congegnata

a caso, ma ha una scaletta alle spalle frutto di tutta una serie di considerazioni artistiche. E poi - diciamocelo - da sempre il negozio di dischi attira una irresistibile serie di matti che non ci potevamo assolutamente perdere. Altra cosa di cui vado fiero sono gli show case che siamo riusciti ad organizzare in negozio: in questi due anni infatti abbiamo ospitato un discreto numero di artisti del giro sperimentale underground, in particolar modo quelli appartenenti al giro elettroacustico o noise italiano».Per il 2012 i progetti sono tanti tra cui un ampliamento del settore dell’usato e un festival su cui però Michele fa il sornione e non si sbottona... Non ci resta dunque che aspettare e vedere cosa combinerà questa boutique dai gioielli tondi e neri, nel frattempo possiamo sempre farci un giro su youtube, digitare Marquee Moon e schiacciare play.•

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Chi l’ha detto che FUL si occupa esclusivamente di fatti (e misfatti) della city fiorentina? Vogliamo essere porta voci di realtà interessanti e nel momento in cui una cosa bella ci salta agli occhi perché non parlarne? Tratteremo, in questo caso, di Empoli, una

realtà limitrofa a Firenze, fulcro esclusivo, come sapete, del nostro discorso! In questo numero ci interessava parlare della moda sotto altri punti di vista, mettendo a fuoco realtà, in qualche modo, di “controtendenza”, di come sia possibile far respirare la moda di un’aria fresca, ossigenata non di tendenze già create, o novità imposte da un mercato, ma presentandola in simbiosi con l’arte, la musica, il design. Un abbigliamento che faccia assaporare un’estetica del vissuto, del sentito, dell’appassionarsi ingenuo alle cose. L’ingenuità è un concetto spesso interpretato con un significato in accezione negativa, vale a dire legato alla non capacità di coscienza, a una certa inconsapevolezza. Concepire un negozio con questo nome fa allora sorgere interessanti considerazioni. Naive non è un classico negozio di abbigliamento e questo è chiaro. Naive è un luogo dove i capi di abbigliamento, sia maschili che femminili, trovano perfettamente il loro spazio per essere scelti da ogni singolo individuo a cui piace vestire bene, ma anche differentemente “singolo”. La scelta prima di tutto. Negozi di vestiti, accessori, e scarpe ce ne sono tanti in giro, ma cosa fa la differenza? Lorenzo, il titolare di Naive, ci parla di come, prima di tutto, prima di fare una scelta dell’abito da indossare, sia importante “scegliere il proprio stile”. «Ogni pezzo che accolgo nel mio negozio ha una storia» racconta. La ricerca del proprio stile è un percorso che parte seguendo la linea dei propri gusti. Naive è un’officina creativa dove si accolgono marchi giovani di creativi (anche non famosi) che si inseriscono in una maniera diversa nel grande fashion system. Da Naive si realizza il jeans dei propri desideri, una vera e propria fabbrica creativa in cui si commissiona un vecchio Levis 501 a proprio piacimento (colori, toppe, applicazioni) con il servizio Customized Denim Levis 501, idea che ha decisamente ingranato tanto da stimolare Lorenzo sulla possibilità di aprire un negozio a Londra. Naive nasce proprio così, come una vera e propria officina creativa, con un sostanziale rinnovamento degli interni dei locali avvenuto un anno fa, nella calura estiva di agosto, un’equipe di amici che, completamente

Creatività

NAIVE, dedicato a chi è unicoUna visita in un negozio davvero particolare, dove abiti e accessori sono selezionati con meticolosa cura per offrire al pubblico qualcosa di unico

Testo di Cristina Battaglini, foto Lorenzo Giorgi

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riutilizzando materiale di scarto - mobili vecchi, lampade usate -, si mettono in un moto in quattro e quattr’otto per realizzare un ambiente confortevole. Una creazione artigianale a tutto tondo, dall’impianto elettrico alla scelta della mobilia, tutta rigorosamente in legno perché la parola d’ordine di Naive è sicuramente wood style, legno come superficie calda, legno come la solidità delle origini a cui si deve attingere sempre, legno come dimensione casalinga, ma sempre attuale. Il filo elettrico azzurro d’uso industriale, lasciato volutamente a vista, diventa parte integrante dello spazio, non è un oggetto non da nascondere in quanto non estetico, e si coordina totalmente con i colori della bicicletta parcheggiata dentro il locale che diventa il vero e proprio totem del negozio. La bellissima porta bianca grezza, recuperata da un magazzino in disuso, ci apre verso piccolo cortile la cui organizzazione floreale è stata affidata da Lorenzo a un fioraio locale. Collaborazioni dunque, interazione fra artisti e commercianti sulla stessa linea d’onda. Criterio di ricerca. È questo l’imperativo categorico di Naive. «L’equilibrio è sempre giusto» dice Lorenzo, «il bilanciamento tra qualità e prezzo è necessario. Il mio negozio trasuda i miei

gusti: le mie passioni (il surf prima di tutto, una “sacra terapia”) i viaggi da solo, la musica». I marchi che troverete da Naive di carattere internazionale (circa una decina) tra questi e Scotch & Soda uniti a marchi locali come Steven Parck, originario di Montelupo Fiorentino, e tutta la linea dei simpatici e glamour accessori creati da Lorenzo stesso Pain su Chocolat: braccialetti tutti diversi creati con stoffe scelte in modo sofisticato da Lorenzo e i teschietti tibetani che hanno avuto un gran successo proprio per la loro unicità e

particolarità. Ci pare quindi interessante, in questo scenario di crisi, la scelta di Naive, legata a portare nel proprio spazio vendita una produzione locale giovane e tutta in espansione. Alla domanda che rapporto ha con Firenze Lorenzo risponde: «Amo la

Firenze delle stradine nascoste, quelle dove passeggi curiosando tra una bottega di artigiano e un’altra». E anche noi non possiamo non apprezzare lo stesso della nostra amata Firenze. A Marzo 2012 è il quinto compleanno di Naive e Lorenzo sta pensando ad una grande party - in loco ancora da definire - in concomitanza con il lancio del primo disco della compaesana band pop rock empolese Telestar … siete tutti invitati! •

Naive nasce proprio così, come una vera e propria officina

creativa

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respira che ti passaA cura di Alice Colombini

Mi piace pensare che ognuno di noi nell’arco della propria vita si sia soffermato a riflettere per qualche istante su chi fosse e su che cosa avrebbe potuto fare per aumentare il proprio benessere. Non parliamo di benessere economico ma di qualcosa di diverso, di più creativo ed esaltante Parliamo di noi, della nostra vita e del modo che scegliamo o al quale ci adattiamo per viverla.Forse risposte non ce ne sono ma Eraclito scriveva:

“Cambia le tue abitudini ecambierai il tuo destino.”In queste poche parole è racchiusa l’essenza di quello che vorrei condividere con voi in questa rubrica, cioè l’importanza di osservare noi stessi. Di contattare quelle che sono le nostre abitudini, il modo in cui camminiamo, in cui respiriamo, in cui mangiamo, il tempo che dedichiamo a quello che ci piace fare, le parole che scegliamo per descrivere il mondo che ci circonda.Questa è la nostra vita, abbiamo la possibilità di lasciarla passare o di fermarla per assaporarla e viverla. Felicità e perplessità, euforia e malessere, tutto parte di un’unica cosa, tutto parte di noi e del nostro tempo.Vivendo in una società come la nostra, in un tempo di crisi come questo, molte emozioni non possono manifestarsi pienamente e l’inibizione dell’azione in condizioni di stress blocca, nel nostro pensiero, nei nostri muscoli e nella secrezione delle nostre ghiandole un ricordo e un disagio che non si cancellano. Di questa emozione spesso non resta visibile e comunicabile altro che il malessere del momento, la sensazione che qualcosa non va. Ma il nostro corpo non dimentica e la ripetizione giornaliera della nostra quotidianità a energia minima fa scomparire il desiderio di movimento energico.Il pensiero corre rapido e allo stesso tempo il corpo avverte i cambiamenti, non sempre riesce a darsi spiegazioni, non sempre riesce a stare al passo ma ogni volta, ogni santissima volta percepisce quel cambiamento. Quel cambiamento siamo noi e il nostro modo di stare al mondo.Fermatevi.Ascoltate il vostro respiro, passate in rassegna le parti che sfiora, aria, ossigeno, vita!Ogni stretta allo stomaco, ogni vampa che incendia le guance, ogni volta che la saliva scompare il nostro corpo ci invia dei segnali che non possiamo ignorare.Non fuggiamo da questo per la sola incertezza, ma ascoltiamo. Ascoltiamo ciò che ci viene da dentro dal nostro essere profondo, dalle viscere che si muovono e chiedono udienza. Possiamo assumere forme diverse e far credere agli altri ciò che vogliamo, ma nel nostro profondo non abbandoniamo mai la speranza di ritrovarci... E se per caso tardi a trovarti: insisti!•

alice Colombini psicologa. Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di specializzazione Biosistemica, Vice-Presidente di Associazione Spontaneawww.associazionespontanea.com [email protected]

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