firenze urban lifestyle - 7

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Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi febbraio-marzo 2013 anno 02 n 07 prendimi • free press

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Scambiare... Se ci pensate bene, è una parola bellissima: fa pensare ad un’offerta, un dono reciproco, alla trasmissione di qualcosa, da un individuo a un altro, che arricchisce in qualche modo entrambi. Tutti abbiamo qualcosa da cedere, tutti desideriamo qualcosa, tutti abbiamo qualcosa da scambiare. Come dice Henry David Thoreau: «Il valore di qualunque cosa è dato dalla misura di quanto della vostra vita siete disposti a dare in cambio».

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Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

febbraio-marzo 2013 anno 02

n• 07

prendimi • free press

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ma lo sai che?Chi siete - Quanti siete???

un fiorinoLeggendo questa celebre frase è facile ricordarsi della mitica scena di “Non ci resta che piangere”, film epico a cui quasi tutti siamo affezionati. Ma questa moneta, il fiorino, che storia ha, e qual'è il suo legame con Firenze?Il Fiorino è una moneta d'oro di 3,54g coniata a Firenze per la prima volta nel 1252 dopo la Battaglia di Montalcino contro Siena. Il nome deriva dal giglio (“flos” in latino) riportato sul dritto della moneta che rappresenta il simbolo araldico del Comune di Firenze; sul rovescio, invece, viene rappresentato San Giovanni, patrono della città.Fu una moneta che, grazie alla potenza economica di Firenze, venne comunemente accettata in tutte le città d'Europa.

trova le domande sulle buste di

www.ilpaninotondo.it

3.

Care lettrici, cari lettori,qualcuno diceva che sarebbe arrivata la fine del mondo, e invece eccoci qui: in ottima salute, facendo i dovuti scongiuri, e con un nuovo numero di FUL, ancora più bello e più ricco di storie e notizie. E noi siamo contenti di potervele raccontare, e di scambiare due chiacchiere con voi. Scambiare... Se ci pensate bene, è una parola bellissima: fa pensare ad un’offerta, un dono reciproco, alla trasmissione di qualcosa, da un individuo a un altro, che arricchisce in qualche modo entrambi. Tutti abbiamo qualcosa da cedere, tutti desideriamo qual-cosa, tutti abbiamo qualcosa da scambiare. Come dice Henry David Thoreau: «Il valore di qualunque cosa è dato dalla misura di quanto della vostra vita siete disposti a dare in cambio».E la vita è in fondo tutto uno scambio, dalla nascita alla morte: di energia, di forza vita-le, di sguardi, di conoscenza, di sensazioni, di pensieri, di amore e di odio. Ecco perché, in questo numero di FUL , abbiamo deciso di parlare dello scambio, in alcune delle sue molteplici declinazioni. Lo scambio come cura: la storia del Professor Iaconesi, che attraverso il libero scambio di informazioni cerca una cura al suo male, aiutando nel frattempo anche gli altri. Lo scambio come modo di viaggiare: una volta si faceva il giro del mondo in ottanta giorni ma oggi, grazie al couchsurfing, basta un divano... Lo scambio come apertura a culture diverse e condivisione di conoscenza, come nel caso del lavoro fatto dall’Istituto Dante Alighieri, grazie a cui gente di tutto il mondo può “risciacquare i panni in Arno”, e dagli Anelli Mancanti, che arricchiscono la varietà culturale di Firenze. Lo scambio come contrattazione: a Firenze c’è un ristorante unico nel suo genere, dove è possibile barattare il conto; e si mangia pure bene... Lo scambio come cambiamento, dato che la radice –pensateci- è la stessa: come nel caso della Rete Genitori Rainbow, che supporta le famiglie non “convenzionali”, (qualunque cosa vo-glia dire convenzionale), in un mondo dove tutto cambia, e chi rimane fermo è come se andasse indietro.Queste sono solo alcune delle storie che troverete su questo numero di FUL. E non scambiatelo con nessun altro magazine... FUL è unico. •

Daniel Meyer

Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi.Se sei interessato all'acquisto di uno spazio pubblicitario:[email protected] • tel. 392 08 57 675

Se vuoi collaborare con noi ci puoi scrivere agli indirizzi:[email protected][email protected] il nostro sitowww.firenzeurbanlifestyle.com pagina facebook FUL *firenze urban lifestyle*

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco ProvincialiRealizzazione grafica Ilaria Marchi

ringraziamentiFabrizio Paoletti, Associazione Rete Genitori Rainbow Matteo Gambi, Salvina, Vania, Annamaria ed Hafida, Salvatore Iaconesi, Matteo Zanobini, Aline, Cristiana, Salvina Di Gangi, Società Dante Alighieri

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piazza della vittoria, 10•

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L’uguaglianza nella diversitá. Quando la famiglia ha il colore dell’arcobaleno"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Couchsurfing: come fare il giro del mondo su un divano Se da tempo vi ritrovate a guardare il vostro ben noto divano, e a scorgervi solamente il ricordo delle serate passate in solitudine di fronte a tristi programmi serali…

Lo scambio ci salveràLa circolazione delle informazioni non ha solo a che fare con la condivisione di conoscenza. Alle volte, può essere un modo di sopravvivere. Di sperare in una via d’uscita. E, forse, siamo un po’ meno soli.

Dentro al cuore di Firenze suona una radio indipendenteC’è stato un momento in cui a Firenze la creatività ha abbattuto i muri della noia, e il colore ha invaso la città. C’è stato un momento in cui Firenze si è svegliata dal letargo e ha fatto il diavolo a quattro. C’era... e c’è ancora. Grazie a Controradio.

“Mettete il pezzo più bello alla 1”: i segreti di un produttore indipendenteDietro ogni grande disco c’è un grande... lavoro. Ogni giorno in Italia centinaia di musicisti inviano il loro promo in attesa della fatidica chiamata in sala di registrazione…

Pratiche compulsive di condivisione e scambio. La fotografia ai tempi dei social networkBei tempi quando le foto si potevano solo stampare e appiccicare sull’album di famiglia... Oggi con i telefonini e le macchine digitali…

«Sí, pronto?» «L’e’ maiala, mi dica...» «Vorrei barattare la cena per stasera. Pago con un vaso e una bottiglia di vino»La necessità aguzza l’ingegno. Combattere la crisi a colpi di baratto? A Firenze è possibile, in un ristorante dove tutto è un (fuori) programma. A cominciare dal nome...

Esportare cultura? Si puo’. E i panni non si risciacquano solo in Arno...L’étranger indica lo stato di alienazione di un uomo che non riconosce nessun luogo come il proprio. Ci fa ricordare i versi di Ungaretti: «Il mio supplizio / è quando / non mi credo / in armonia».

Rubrica: uno straniero a firenze//un fiorentino all'estero

Abbattere il muro del pregiudizio. a suon di tempo, idee e passioneIn Via Palazzuolo numero 8, poco prima della Chiesa di San Paolino, abitano Gli Anelli Mancanti. Si tratta, a seconda della prospettiva, di un’associazione a favore dei cittadini migranti…

Rubrica: Respira che ti passa

p.8

p.26

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Daniel M

eyer

Tomm

aso Baroncelli

Cristina Battaglini

Alice C

olombini

Paolo Lo Debole

Mi sta cuore lo scambio con i let-tori. Quando scrivo, penso che sto raccontando una storia a qualcuno, che a sua volta la racconterà ad un altro, e così via, in uno scambio senza fine. Come un cantastorie. E immagino che ognuno avrà qual-cosa da aggiungere alla storia... Un articolo è una cosa viva,non è mai definitivo; infatti, ogni volta penso che lo riscriverei diversamente. Il-lusione? Chissenefrega. Dice Mark Twain: « Non separarti dalle illu-sioni. Quando se ne saranno anda-te, può darsi che tu ci sia ancora, ma avrai cessato di vivere».•

“Tutti sono d’accordo nel ricono-scere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali co-stituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono “la femminilità è in pericolo”; ci esor-tano: “siate donne, restate donne, divenite donne”. Dunque non è detto che ogni essere umano di ge-nere femminile sia una donna; bi-sogna che partecipi di quell’essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità”.Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, 1949 •

Quando ero piccola volevo scam-biare la Barbie con quella di mia cugina perché la mia era vestita da principessa, mentre la sua aveva la tuta da ginnastica. Ma lei non ha mai voluto, sarà per questo che ho fatto mille sport? •

Sono nato nel 1964 nella meravi-gliosa Firenze in un giorno d'estate precisamente il 21 giugno ma ho dovuto attendere un sacco di tem-po per capire cosa la fotografia si-gnificasse per me.Posizionare l'occhio nel mirino e vedere il mondo da una prospettiva diversa,con più angolazione.Oramai ho deciso che questa sarà la mia strada professionale,ogni volta che esco con la mia Nikon il momento diventa importante e il solo pensiero che anche un solo scatto mi soddisfi è gratificante. •

Sandro Bini

Firenze, 23 luglio 1979. Nasco pigramente 23 giorni dopo la sca-denza del tempo, il primo giorno disponibile del Leone. Sin da piccolissimo rimango per ore in-cantato ad ascoltare musica ed a guardare i dischi girare nel piatto… Colleziono vinili, leggo molto, mi piace cucinare e amo il buon vino. Credo che le belle canzoni aiutino ad essere persone migliori.•

Come persona e come fotografo per me lo scambio è una cosa che riguarda in primo luogo la disponi-bilità, l’incontro, l’ascolto, lo sguar-do: un tipo di relazione aperta e condivisa basata sulla vicinanza e la reciproca consapevole crescita.. Fo-tograficamente parlando mi viene in mente subito la situazione di un Ritratto, dove lo scambio è al tem-po stesso simbolico, fisico e reale. Se tu posi per me verrà un giorno in cui io dovrò regalarti quella fo-tografia dove forse potrai scoprire qualcosa di noi, di me e di te stesso.Sandro Bini – Febbraio 2013•

Ilaria marchi

Marco provinciali

Scambio:x=condivisione:social

Ecco la semplice formula matematica che ci ha portato ad affrontare in questo numero la tematica relativa allo scambio; concetto che in tempi moderni possiamo tradurre in condivisione. Un significato astratto che va oltre i confini dello spazio e del tempo.Entrata a far parte della nostra vita quatidiana attraverso le porte del social la parola condividi ha trova-to splendore nel linguaggio comune permettendo a conoscenti virtuali di scuriosare nella vita privata altrui, ma anche di scovare nuovi mondo o tro-vare nuove professioni !!! E noi che siamo legati all'ancestrale utilizzo della carta stampata.. Beh via diciamocelo: sfogliare una pagina, sentirne l'odore, captarne immagini e concetti é ancora (x fortuna) una cosa piuttosto figa!!! Ecco perché noi, il nostro punto di vista sulla cittá, lo condividiamo-scam-biamo attraverso le pagine free di questa nostra bellissima piazza.

Buona lettura •

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Martina Scapigliati

SCAMBI:Quando dormo con la sua magliet-ta e il giorno dopo lui ha al collo la mia sciarpa.Quando la radio passa una can-zone che poi riascolto all’infinito in macchina con la mia amica del cuore.«L’hai letto questo?» «No. Ma tu prometti che leggerai questo.»«Vuoi assaggiare?» «Sì ma prendi-ne un po’ del mio».«Scusi me li cambia in monete da 50 per il biliardino?»Offri una sigaretta e ti ritrovi in tasca il suo accendino.Tutti gli sguardi scambiati, silen-ziosi e grondanti parole.•

Jacopo Naldi

Lo scambio è vitale avere, per noi che ci piace essere costantemente connessi, monitorati e osservatori. Per noi che usiamo chattare, posta-re, commentare, linkare come verbi ausiliari dello scambio e il nostro cortile è la Rete. Lo scambio era vivo essere, per noi che i messag-gini li scrivevamo su dei pezzetti di carta, che esisteva ancora la Pola-roid, che si andava in cabina a tele-fonare, che le ricerche le facevamo in biblioteca e ci scambiavamo le figurine a ricreazione. Mi mancano sempre le solite quattro per finire l’album Panini...•

redazione mobile

La nostra redazione è in completo m

ovimento, com

posta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona delle Cure m

a l’occasione di incontri e riunioni è sem

pre una buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che orm

ai da anni conosciamo. U

na redazione mobile che trova nel supporto

della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.

Silvia Brandi

"Nata a Firenze Torregalli il 28 set-tembre 1987 (Bilancia ascendente Sagittario), di residenza isolottiana ma scandiccese d'adozione, a 20 anni decide che ha voglia di far-si qualche giro e passa 3 anni fra Londra, l'Australia e Parigi. Adesso è a Firenze in pianta semi stabile perché nella vita non si può mai dire.Per FUL traduce gli articoli in in-glese, vivendo così nella paura che gli articolisti sentano nella tradu-zione stravolto il significato delle loro parole e l'aspettino sotto casa.Il traduttore è un mestiere duro ma qualcuno deve pur farlo".•

Teresa Tanini

Fiesole, 1982. Vive e lavora a Fi-renze. Ha da sempre un rapporto conflittuale con i propri capelli. Un amore immenso per il mare e un’antipatia profonda verso le me-duse. Ascolta tanta musica, non si sveglia la mattina, incline alla risata rumorosa, arrossisce per lon-tane associazioni di idee. Quando può ficca il naso nel mondo reale e virtuale alla ricerca di (belle) cose da vivere, regalare o anche solo da raccontare.•

Jacopo Aiazzi

Fiamm

a Goretti

Per questo numero di FUL mi è stato chiesto di sostituire la bio-grafia personale con una riflessione sul concetto di scambio. 500 bat-tute, per la precisione, e mi viene da pensare a cosa scambierei del mio passato: un’esperienza dolo-rosa, una scelta deleteria, un libro acquistato dalla prefazione ingan-nevole... Ogni sorriso ed ogni lacri-ma versata concorrono a fare di me ciò che sono, pertanto il mio pas-sato non lo scambierei con quello di nessun altro, ma probabilmente queste 500 battute sì.•

Se penso alla parola “scambio” mi vengono in mente tutti quei gesti, quotidiani e non, che coinvolgo-no lo scambio tra persone in ogni società. Tutto nella vita mi sembra uno scambio: a volte visibile, come uno scambio di regali, di case, di vestiti; a volte invisibile e quindi più potente come uno scambio di idee, di energie, di pensieri. Il no-stro vivere è imprescindibilmente legato allo scambio: senza di esso saremmo solo un’ “isola”, come qualcuno ha una volta detto. E la nostra vita sarebbe priva di senso o di valore.•

Giorgia Biagini

Nata nel 1983, sono stata subito chiamata in causa: o Duran Duran, o Spandau Ballet, e poi, senza un attimo di tregua, Take That o East Seventeen, Vasco o Ligabue..Insomma, una vita fatta di scelte e industria musicale, così ho co-minciato a cercare la frivolezza nel vintage e nella moda low-cost, dilettandomi a recitare in qualche teatro di periferia e scrivendo qua e là (soprattutto sui muri della scuo-la) di miti e manie..Per fortuna la scuola è finita e i muri sono diventati bacheche, da-shboards e timelines, così io posso continuare a scrivere, senza imbrat-tare la mia amata Firenze!Twitter: @crazygianzLinkedIn: Giorgia Biagini•

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Ful mille colori

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di

religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Testo di Daniel Meyer, foto di Fabrizio Paoletti

L’UGUAGLIANZANELLA DIVERSITÁ

QUANDO LA FAMIGLIA HA IL COLORE DELL’ARCOBALENO

L’ incipit dell’articolo 3 della Costituzione italiana parla di uguaglianza. Ė paradossale, ma è proprio ciò che più diamo per scontato ciò che più dovremmo

mettere in discussione. Alle volte servono dei punti di svolta per capir-lo, per rimettere tutto in discussione. A Fabri-zio Paoletti è successo undici anni fa. Una vita che qualcuno definirebbe “normale”: un lavoro, un matrimonio, una bimba. Poi tutto cambia: il matrimonio finisce, e lui si ritrova solo con i suoi pensieri. Si guarda allo specchio. «C’era qualcosa che stonava, che non quadrava». La risposta giusta arriva solo se ti fai la domanda giusta; occorrono intelligenza e coraggio. Ma lui vuole arrivare alla verità, essere sincero con sé stesso per poter offrire la stessa sincerità, la stessa onestà, anche agli altri. Capisce – o for-se, dentro di sé lo ha sempre saputo- di essere attratto dagli uomini. Si riappropria della sua vita. Non è facile ripartire, non è facile rico-struire tutto, ma lui va avanti. E, oggi che ha trovato la sua strada, è pronto a indicarla anche agli altri.Così, assieme a Cecilia d’Avos, Valentina Vio-lino e Alessandro Ozimo (da poco scomparso, ma rimasto nei cuori di chi lo ha conosciuto) nel febbraio del 2011 fonda l’associazione Rete Genitori Rainbow, di cui oggi è co-presidente

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assieme a Cecilia D’Avos. Tutto ruota attorno alla famiglia. O meglio, alle famiglie. «La famiglia è un mito. Ci sono le famiglie» spiega Paolet-ti. Omosessuali, bisessuali, trans: la Rete Genitori Rainbow aiuta e dà sostegno a tutti coloro che, come dice, presentano «una non risponden-za al genere ideologico della loro identità», ma per le ragioni più varie hanno anche dei figli.Non è sempre facile, per chi ha un’identità di genere non incasellabile. «Entri in un mondo totalmente oscuro, e non sai come gestirti nelle re-lazioni, anche quelle più fondamentali». E continua:«Abbiamo dovuto fare esperienza battendoci il capo... e di conseguenza abbiamo deciso di dare vita a dei servizi per le persone che si trovano nella nostra stessa situazione». Oggi la Rete Genitori Rainbow aiuta mol-te famiglie. Grazie ad un sito Internet, per informare chi ne ha bisogno, ad un forum sul web, che dà accesso a tutti -garantito e anonimo- a una linea telefonica di ascolto, a interventi pubblici, convegni, incontri con il pubblico. «Cerchiamo un dialogo» spiega Fabrizio, che considera la Rete come una grande famiglia; una rete tra genitori che solidarizzano tra loro e stanno uniti, ma anche una rete di collaboratori più ampia: psicologi, psicoterapeuti, legali, mediatori familiari, assistenti sociali. Per Paoletti «la sessualità non è un sì o un no, non è binaria, ma un continuum che va dall’eterosessualità all’omosessualità». Parla di «stereotipo di ge-nere». «Si assume che il genere, che il ruolo di madre e padre, abbiano una connotazione

Ciascuna persona

ha una sua interiorità, una sua identità,

che deve ricercare

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ENGLISHVERSION>>>> Here is what happened to Fabrizio Paoletti 11 years ago: he had a “normal” life with his wife and daughter, he had a job.All of a sudden everything changed: his marriage came to an end so he remained alone, and managed to realize that he was actually attracted by men. He’d al-ways been.In 2011 Fabrizio founds, together with Cecilia D’Avos, Valentina Violino and Alessandro Ozimo, the “Rainbow par-ents network” for those who do not cor-respond to the ideological gender of their identity but for some reason have chil-dren, because “Family is a myth, there are families”, explains Fabrizio.They help many families today through a website, a web forum, a telephone line, briefings, public interventions.The network is kind of a family too: par-ents get connected and fraternize; but also psychotherapists, psychologists, law-yers, welfare workers can join to help.Fabrizio talks about “gender stereotypes” and explains that the specific connotation of father’s and mother’s respective roles in the family are old, that being a par-ent as well as a homosexual doesn’t at all preclude the good and healthy raise of a child.Institutions, though, may be a problem because they often don’t move with the times: according to Fabrizio one of the main problems is the knowledge and competence of professionals when it comes to this subject. Magistrates, psycholo-gists and so on should have an adequate preparation, and school lacks of provid-ing the right information to students, even though Florence has quite improved with the institution of “Consulta per il Contrasto dell ’Omotransfobia e per I Diritti delle Persone LGBTI” (Council against homo/trans phobia and for the rights of LGBTI people) which aims to represent those who have had their per-sonal freedom and rights denied because of their condition.“Each human being has its own iden-tity which he must research. We’re all different but we always need to classify, stereotype behaviours, and this harm us because we do not feel free to research our inner selves, though this is the actual purpose of our lives”. Another paradox: equality is found in diversity.•

specifica. In realtà è più una tipizzazione borghese dell’Ottocento». E aggiunge: «Essere omosessuale e essere genitori sono due condizioni che non stridono: l’allevare un figlio non è in relazione con l’orientamento sessuale». Ma non sempre la società e le istituzioni tengono il passo con i cambiamenti. Se-condo Paoletti, uno dei problemi centrali è della preparazione dei professionisti: giudici, assistenti sociali, psicologi e psicoterapeuti, spesso mancano degli strumenti professionali e culturali per operare con piena competenza. E nella scuola manca un’adeguata informazione. Eppure, Firenze è tra le città con una legislazione più progredita, in questo senso. Da poco è stata istituita la Consulta per il Contrasto dell'Omotransfobia e per i Diritti delle Persone LGBTI, presieduta da Susanna Agostini, con l'intenzione di rappresentare chi è coinvolto da lesioni di libertà personali e diseguaglianze legate al tema omotransfobico. Il fulcro è l’autenticità dei rapporti. «La visibilità, l’essere aperti, sono una condizione di base. E noi lavoriamo per affermare questo principio». Verità, sincerità. Paoletti lo spiega bene: «Ciascuna persona ha una sua interiorità, una sua identità, che deve ricercare. Siamo tutti diversi: ma viceversa si tende a catalogare, a sclerotizzare, a stereotipizzare tutti i comportamenti. Questo è un danno, perché poi nessuno si sente libero di ricercare sé stesso. Che poi è il fine ultimo dell’esistenza umana». Un altro paradosso: l’uguaglianza sta nella diversità. •

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COUCHSURFING: COME FARE IL GIRO DEL MONDO SU UN DIVANO

Ful couchsurfing

Se da tempo vi ritrovate a guardare il vostro ben noto divano, e a scorgervi solamente il ricordo delle serate passate in solitudine di fronte a tristi programmi serali, o semplicemente se la vostra tappezzeria retrò vi ha stancati e ha finito il suo corso, il 2013 potrebbe essere l’anno per rivoluzionare il suo look. Potreste seriamente considerare l’alternativa di aprire la vostra casa al couchsurfing.

Testo di Fiamma Goretti

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ENGLISHVERSION>>>> Surfing on a sofa? Not quite. But “surfing” the world sleeping on couches, that is possible. Couch-surfing website puts in touch over 3 million people in the world and helps inviting (and be invited) home a perfect stranger who can though be “reviewed” by the couchsurfers so to guarantee his reliability.Faith and curiosity are the basis, and Florence offers everything a couchsurfer needs.Giovanni, who’s been “practicing” couchsurfing here in Florence for three years, says that «Couch-surfing is more like a life philosophy, and you always know what to expect from couchsurfers: they’re not common tourists, they’re travelers».It’s not just because it’s cheaper, but mainly be-cause it gives you a chance to see a place through the eyes of someone who really lives there, to “feel” the place.Through couchsurfing you get to know people and share experiences … «Sometimes I don’t even ask for food money back: one day I cook Italian food and the day after they cook something typical from their country, so it’s done» says Giovanni «and I would never have expected to have din-ner with a perfect stranger and then spend eight consecutive hours talking to him/her on a couch».Couchsurfing does not only mean sharing couches, but also spending some time together walking through the city re-discovering it, and occasion-ally getting to know something you didn’t know about the place you live in («did you really not know that you could go from your house in Cam-po di Marte to Santa Maria Novella in 5 min-utes by train?» Giovanni was told once…).Those who travel doing couchsurfing are usually well informed and organized, and the website also has a blog where couchsurfers share news about parties, events and manage to meet up.Basically, what Giovanni found out in the last three years is that opening your house, your life and your culture to strangers will only bring you good surprises and friends all over the world.•

Dai couchsurfers sai sempre cosa aspettarti: non sono turisti comuni, ma viaggiatori

are surf sul divano? Non esattamente. Ma surfare per il mondo “sostando” su vari divani è possibile. Preparatevi: ve ne possono capitare

di tutti i tipi. Questo grazie al sito Couchsurfing, che mette in contatto circa 3 milioni e mezzo di persone al mondo e permette a ognuno di invitare (ed essere invitato) a casa propria un perfetto sconosciuto, che però potrà essere recensito dai suoi ospiti couchsurfers per garantirne l’affidabilità. La filosofia di base è semplice: la fi-ducia, la voglia di conoscere il mon-do, ma soprattutto la curiosità. «La prima volta che ho ospitato qualcu-no, non gli ho lasciato le chiavi…» dice Giovanni, che il couchsurfing lo “pratica” qui a Firenze da tre anni, assieme ad altri 4000 circa tra Fi-renze e provincia. «Poi, le ho sempre lasciate a tutti.» Certo, Firenze offre tutto ciò che un couchsurfer potrebbe desiderare. Giovanni definisce il couchsurfing una filosofia di vita: «Dai couchsur-fers sai sempre cosa aspettarti: non sono turisti comuni, ma viaggiatori». Più inclini a conoscere la vita reale e la cultura del luogo, che le mete tipi-camente turistiche. E che non scel-gono il couchsurfing solo per rispar-miare, ma per vedere la città tramite gli occhi di chi ci vive. «Tutti i cou-chsurfers che ho ospitato (olandesi, turchi, russi, polacchi) mi hanno co-municato una positività, una volontà di ribellarsi dal proprio passato o di guardare al futuro tramite il viaggio». Il couchsurfing è molto più di un viaggio: è il punto di partenza per le nuove conoscenze, vite, amicizie e amori. «Spesso non ho neanche chiesto loro di rendermi le spese per il cibo: una volta cucino io italiano, un’altra sono loro a cucinare qualco-sa di tipico». I couchsurfers portano qualcosa di loro nella città in cui vanno: oggetti tradizionali, ricette di cucina, o semplicemente foto di fa-miglia, per conoscersi. «Non mi sarei mai aspettato di cenare con perfet-

ti sconosciuti e ritrovarmi a parlare con loro per otto ore di fila, fino alle quattro del mattino». Il couchsurfer ha delle caratteristi-che peculiari: «Hai l’impressione di essere sempre sulla loro stessa linea d’onda». Perché per aprire la pro-pria casa a qualcuno ci vuole fiducia. «Una volta due ragazze contattate su Couchsurfing non si fidarono abba-stanza da venire a stare da me, di-cevano che dalla foto sembravo inaf-fidabile.. (ride) Poi le ho conosciute per una passeggiata in centro, e mi hanno chiesto di rimanere a dormi-re da me. Non solo, si sono fatte tre chilometri a piedi per raggiungermi in mezzo alla notte!».Couchsurfing non è solo condivi-sione di divani, ma anche di tempo. Tempo passato a passeggiare per la città e mostrandola agli ospiti e a rinnamorarsene. «E’ uno scambio stimolante, porta del nuovo alla cit-tà, fa stare bene e per me è diventato una dipendenza. Chi fa couchsurfing ha come obiettivo l’impregnarsi di esperienze e conoscenze acquisite in mondi nuovi». A volte Giovanni si è trovato davanti persone che hanno condiviso con lui esperienze del passato anche intime e pesanti, e si sono aperte totalmen-te, in confidenza. Altri sono capaci di svelarti realtà sconosciute della tua città: «Ma davvero non sapevi che puoi andare da casa tua fino a Santa Maria Novella in treno in soli 5 mi-nuti da Campo di Marte?». Chi viaggia facendo couchsurfing non improvvisa mai: è informato e organizzato, sa cosa cercare nella città in cui approda. Anche grazie al blog di couchsurfing, in cui ci si scambiano notizie su eventi, invi-ti, feste organizzate in città, e che consente ad ancora più persone di incontrarsi. Ebbene sì, Giovanni, in questi anni, ha scoperto un’inaspettata e magica verità: che aprire la propria casa, la propria vita e la propria cultura a degli estranei rischia solo di portare con sé delle belle sorprese, nonché nuovi amici in tutto il mondo. •

F

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Topics / ArgomentiQuesti sono gli argomenti che compongono la Cura Open Source...

These are the topics which compose the Open Source Cure...

Relations / Relazioni... e queste sono le loro relazioni

... and these are their relationships

La circolazione delle informazioni non ha solo a che fare con la condivisione di conoscenza. Alle volte, può essere un modo di sopravvivere. Di sperare in una via d’uscita. E, forse, siamo un po’ meno soli.

A cura di Jacopo Aiazzi

«Ho un tumore al cervello. Ieri sono andato a ritirare la mia cartella clinica digitale: dovevo farla vedere a molti dottori. Purtroppo era in formato chiuso e, quindi, non potevo aprirla né con il mio computer, né potevo mandarla a tutti coloro che avrebbero potuto

salvarmi la vita. L’ho craccata. L'ho aperta e ho trasformato i suoi contenuti in formati aperti in modo da poterli condividere con tutti».Così Salvatore Iaconesi, programmatore e professore di Progettazione Digitale Multipiattaforma presso l'ISIA di Firenze, ha iniziato il primo post sul suo sito denominato La Cura. Con questo progetto Iaconesi, sta tentando un nuovo modo di affrontare una malattia: un approccio open source basato sul libero scambio delle informazioni e delle conoscenze su un problema particolarmente delicato. La cura di Iaconesi però non si limita esclusivamente all'aspetto clinico del problema, ma anche all'utilizzo creativo di tali informazioni. Il programmatore, infatti, dal sito lancia l'invito a scrittori, poeti, designer e artisti di ogni genere a creare materiale che lui stesso chiama “la cura”. Un vero e proprio scambio di sinergie e informazioni per affrontare la malattia,

Connessioni/relazioni

Lo scambio ci saLverà

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dove lo sviluppatore del sito rende pubbliche la sua condizione, i risultati clinici e le sue perplessità, mettendo in gioco il problema e trasformandolo in una sorta di tema di pubblico dominio, dall'altra parte gli utenti partecipano con le loro opinioni, professionali e non, raccontando una loro

esperienza simile o con un contributo artistico. Salvatore chiama il tumore che si trova nel suo cervello “passeggero indesiderato”, come “l'alieno” della Fallaci, e cita il libro di Tiziano Terzani “Un altro giro di giostra”, nel quale vengono proposte numerose evoluzioni al termine “malato”, “cura” e “salute”.Il progetto La Cura, però, sembra tutt'altro che fine a sé stesso. Infatti, oltre a tentare un nuovo approccio al dolore e alle difficoltà, la libera circolazione di idee, competenze e conoscenze, ovvero il significato intrinseco del temine “open source”, può, e forse dovrebbe, diventare un nuovo stile di vita. Senza intermediari, che siano soggetti specializzati in un determinato campo professionale o i tradizionali mezzi di informazione, le energie che ognuno di noi può vantare posso essere messe direttamente ad uso e consumo della collettività. Il professor Iaconesi, con questo progetto, ci ha fatto anche capire che azioni e cose che sembrano totalmente avulse da un determinato contesto, possono risultare in realtà di vitale importanza. Come un'opera d'arte per un caso clinico.Dal suo blog, che attira un sempre maggior numero di utenti attivi, nel senso che partecipano attivamente al progetto Cura Open Source, Salvatore Iaconesi ci fa sapere che la sua personale situazione sta lentamente, ma quotidianamente, migliorando.Non ci resta che augurare a lui e al suo particolare progetto i nostri migliori auguri.•

www.artisopensource.net/cure

la libera circolazione di idee, competenze e

conoscenze, ovvero il significato intrinseco del

temine “open source”, può, e forse dovrebbe, diventare

un nuovo stile di vita

ENGLISHVERSION>>>> “I have a brain tumour. Yesterday I col-lected my digital history dossier but then I couldn’t open nor send it, so I cracked it and changed all its contents to open for-mats so I could share them with everyone”. This is how Salvatore Iaconesi (professor at ISIA of Florence) created his website called “La Cura” (“the therapy”, ndt), an open source project based on public ex-change of information and knowledge about a clearly critical problem as a brain tumour is.This synergies exchange is not limited to the clinical aspect of the problem though: poets, artists, designers are invited to con-tribute creating materials which become then part of “The Therapy” and so help Ia-conesi dealing with the disease.“La Cura” project, besides introducing a new way of approaching pain and life dif-ficulties, creating free and open informa-tion, which is the real meaning of “Open Source”, may, and perhaps should, become a new lifestyle.Without intermediaries, our energies could be directly put into the community use: Ia-conesi explains how something which may seem useless for a specific case could instead be of help, as for example a piece of art for a clinic case.From his blog, Salvatore Iaconesi lets us know that his personal situation is slowly but daily improving, so we can only send him our very best wishes for him and his great project.•

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C’era una radio che dava voce a tutto questo facendogli

da collante, praticando la cultura

alternativa e la controinformazione:

Controradio

Dentro al cuore di Firenze suona una radio indipendenteC’è stato un momento in cui a Firenze la creatività ha abbattuto i muri della noia, e il colore ha invaso la città. C’è stato un momento in cui Firenze si è svegliata dal letargo e ha fatto il diavolo a quattro. C’era... e c’è ancora. Grazie a Controradio.

Testo di Martina Scapigliati, foto Controradio

Frequenze in città

Firenze anni ’80: per dirla con parole di Tondelli, la città bottegaia fu infranta dalla creatività. Fu il periodo di: il Tenax, i concerti allo Space Electronic, la videoarte. Patti

Smith al Franchi con 60mila persone, Pelù in acido ai party formali, la moda celebrata/spu-dorata di Pitti Trend, il grande jazz del Salt Peanuts, il freak-rock al Banana Moon, la na-scita del Rock Contest. I Neon, i Diaframma, gli Skiantos da Bologna con lancio di verdure sul pubblico, l’avanguardia. Arrivano anche i gay, le notti si fanno luminescenti e chimi-

che, si crede nella qualità, nelle in-tuizioni, si butta il cuore oltre l’o-stacolo dell’ovvio, della mediocrità, «si balla con Bob Marley, Rod Ste-wart, Sex Pistols, Cabaret Voltaire, tramonta lo sce-nario freak, arriva il rock club, cam-bia anche il pub-blico, largo alla decadenza un po’ berlinese», come scrive Bruno Ca-

sini nel suo splendido libro Frequenze Fioren-tine, Firenze anni ’80 (2003, Arcana Ed.), in cui si racconta di una Firenze entusiasmante, grintosa, contestataria, destabilizzante, ultra-moderna e clamorosa. Che vertigini. Che so-gno. Che bellezza. Ah!Nello stesso libro Larry Bolognesi scrive: «Non date retta a chi dice che Firenze è stata una delle tante piazze del decennio edonista. Non lo dico per campanilismo: non vivo nean-che più a Firenze. Tutti gli anni ’80 nazionali sono figli del “nuovo rinascimento fiorentino”, come fu definito all’epoca. Firenze come pro-vincia del grande impero che si sveglia da un sonno lungo non si sa quanto e si mette a fare il diavolo a quattro, con tutti gli altri che stan-no a guardare. So che farò incazzare qualcuno, ma è andata così».E mentre le cose andavano così, c’era una ra-dio che dava voce a tutto questo facendogli da collante, praticando la cultura alternativa e la controinformazione: Controradio. “Contra tutto, contra niente… Controradio! Siempre con-tra corrente!”. Certo i tempi ora sono cambiati: non ci sono più le dirette interminabili, che arrivavano a durare fino a 4 giorni di fila (suc-cesse nel ’90 quando, tra gli altri, l’attuale di-rettore Mario Bufano seguiva in collegamento telefonico le vicende della Guerra del Golfo. Lo ricorda non senza un po’ di nostalgia). E neppure ai conduttori succede più di dover portare lo show fuori dalla radio a causa degli

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ENGLISHVERSION>>>> During the 80’s Florence woke up from her sleep, and creativity was everywhere. Those were the years of Tenax, Space Electronic, Patti Smith at Florence stadium with more than 60,000 people, stylish Pitti Trend fash-ion, Neon, Diaframma and Skiantos from Bologna throwing vegetables on their public, avant-garde. In his book, Larry Bolognesi claims that na-tional 80’s are consequence of the “New Flo-rentine renaissance”, how it was called at the time being.During those crazy times a radio station was shouting out loud becoming the real symbol of that period: that is Controradio, and every-one was listening only to it.Now times have changed and surely things are not as they were before: no more days-lasting live recording (1990: 4 consecutive days of live news about Golfo War directed by Mario Bufano), but still the impeccable style of Marta B, the brilliant “florentinity” of Tony Topazio, Giustina Terenzi’s great in-die music, Martignon’s latin-american sound, Andrea Mi’s dance rhythms, Blues People and last but not-at-all least great Mario Bufano make of Controradio the same maverick, in-teresting radio it has always been.•

Controradio nasce nel 1977 sulle ceneri di una radio omonima di sessantottini durata più o meno un anno. Si presenta come emittente radiofonica cittadina, vicina a Lotta Continua e al movimento del '77. È la seconda radio libera in Italia, dopo Radio Alice, ad essere chiusa dall'intervento della polizia su ordine della Questura di Firenze La cooperativa va avanti fino all’83, finché, dopo la chiusura da parte della polizia, un gruppo pro-socialista rileva marchio e debiti. La radio riparte sotto forma di SRL. Grazie a Controradio nascono il Tenax e il Rock Contest.All'inizio degli anni '90 entra nel Network di Radio Popolare di Milano. Alla fine degli anni '90 nascono il sito internet Controradio.it e il Controradio Club. L’emittente ha realizzato festival cinematografici come Video Minuto e il festival Station To Station.Le frequenze per Firenze Prato e Pistoia sono i 93.6, per Lucca Pisa e Livorno i 98.9 mhz. La sede attuale dell'emittente è in Via del Rosso Fiorentino 2/b.

ENGLISHVERSION>>>> Controradio was born in 1977 as a Florentine broadcasting station, associated to Lotta Continua and to the 77’ movement. It was the second station in Italy to be closed after police intervention, after which it started again as an SRL company. Beginning of the 90’ it become part of Milan Popular Radio Network, and end of the 90’s the website Controradio was created. Frequencies for Florence, Prato and Pistoia are 93.6, for Lucca Pisa and Livorno 98.9 mhz. Headquarter of Controradio is in Via Del Rosso Fiorentino 2b, Florence•

Controradio in piccolo

studi letteralmente presi d’assal-to dagli ascoltatori (è quello che succedeva a Tony Topazio e Otto Slupinsky). Lo scherzo di Tony fatto sulla scia della Guerra dei mondi di Orson Welles («Piovono sfere di liquido su Firenze!») forse oggi non porterebbe allo stato di allarme generale, quotidiani com-presi, come successe allora.No, certo, non sono più gli anni ’80, quando in città si ascolta-va solo Controradio. Furono così incredibili quegli anni, la magia di un incantesimo. Fu il giusto al momento giusto, fu un’altra cosa. Irripetibile. Incomprensibile forse. Ma tant’è.Tuttavia Controradio è certo an-cora la radio dello stile impecca-bile di Marta B, della fiorentinità geniale e irresistibile di Tony To-pazio, dell’indie ricercato di Giu-stina Terenzi, del latino americano di Martignon, del grande Mario Bufano, del Popolo del Blues, della Dance Music intelligente di An-drea Mi, e altro ancora. Ora come allora, Controradio si occupa di progetti culturali come quello

dell’associazione Controradio Club*, il Rock Contest, e vari progetti editoriali. E’ anco-ra la radio che diffonde informazioni alternative, originali e vere. Quella dei microfoni aperti, dove lo scambio con gli ascoltatori è libero. E’ la radio che trasmette un pro-gramma antispecista (e da animalista convinta non riesco a trattenere un -«Davvero!! Che bello!»). E’ la radio dal buongusto sopraffino, di notizie e musica, anticonformista, impegnata, interessata e partecipe.P.s.: Come dice Tony ridendo, ora Controradio è una radio di “poveri ma belli”, viste le vicende di questa crisi globale che certo non ha risparmiato i destini dell’emittente.

*TESSERATEVI TUTTI!! Controradio è una radio stupenda. •

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Matteo Zanobini, toscano, classe 1980, è uno dei produttori indipendenti del momento. Label Manager di Picicca Dischi, c’è lui col suo baffo

d’ordinanza dietro al successo dei vari Brunori, Dimartino, Maria Antonietta… Noi di FUL ci abbiamo fatto quattro chiacchiere per parlare un po’ dello stato di salute della musica, di Firenze e di progetti futuri…

Nonostante tu sia molto giovane hai già un curriculum di tutto rispetto. In base a cosa scegli gli artisti? Ragione, sentimento o che altro?«In base al sentimento. Se una cosa non mi smuove qualcosa dentro non riesco ad avere l’entusiasmo per lavorarci sopra né la convinzione di proporla fuori».

Quanto materiale di temerari artisti emergenti in cerca di produzione ti arriva?

Dietro ogni grande disco c’è un grande... lavoro. Ogni giorno in Italia centinaia di musicisti inviano il loro promo in attesa della fatidica chiamata in sala di registrazione. Un giovane veterano della musica racconta come funziona il mondo della musica indie.

Testo a cura di Tommaso Baroncelli, foto di Martina Simonatti

Ful in musica

“METTETE IL PEZZOPIÙ BELLO ALLA 1”: i segreti di un produttore indipendente

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ENGLISHVERSION>>>> Matteo Zanobini, label manager of Picicca Records, was born in 1980 in Tuscany and is now one of the top independent producers of the moment. You’re very young but already have an incredible CV. Do you rationally choose your artists or let your feelings decide?«Feelings. If something doesn’t move me I can’t find the enthusiasm to work on it».How much new material do you get?«I’d say at least 5/10 new proposals everyday. People don’t know but there are a lot of musicians in Italy.».Nowadays investments in music industry are very low and big networks have became lobbies, then how did you manage to become so successful?«We’re not “mainstream”, we work with a specialized public which is much more restricted but doesn’t know crisis».I do think that quality pays, at the end. So why do producers tend to focus on certified second-hands?«Quality pays but also need more time to become successful, but multinationals operate mainly on a profit basis and if at the end of the year balance is red people get fired. In the past there was a concept of investment, now it’s all about rapid profit projects».In your roster there are names such as Brunori, Dimartino, Maria Antonietta (and shortly Gatti Mézzi, Non Voglio Che Clara, Giuradei..) who collaborate with each other. Does this artistic exchange help?«It’s vital. At Picicca records we feel as we’re in a family: everyone works and has his own role but the whole situation needs to be pleasant and easygoing.Picicca Artists: a virtue and a flaw for each of them They’re all amazing people who enrich you after spending 10 minutes together. They just don’t produce enough hits».How do you feel about Florence?«I’ve been living here for 7/8 years but not being a Florentine the problem is pettiness of some people. I also like walking but always end up in the same places».How’s the local music scene?«It maybe is a bit provincial but quite busy, lots of events and locals. I think this is a good moment for it».Future projects?«We started working on “Stazioni Lunari” project which is an amazing one, I would like to organize tours in America, do great things with Gatti Mézzi band and other stuff I won’t say to avoid bad luck. It would also be good, for me, to have a happy relationship».•

«Direi almeno 5/10 proposte al giorno. A volte non ci si rende conto di quanta gente suoni in Italia. Quello che dico sempre per facilitare è: “Mettete il pezzo più bello alla 1”. Mi sembra un bel motto, estendibile alla vita in genere».

In un momento in cui gli investimenti nella musica sono ai minimi termini, i grandi network sono ormai delle lobby, come si fa ad emergere e ad ottenere i successi che stai ottenendo tu?«Il nostro intanto non è un successo “mainstream”… Salvo rari casi non entriamo in classifica e non andiamo in tv. Chi come noi opera in una nicchia e si rivolge ad un pubblico più specializzato e attento però sente meno la crisi. ».

Nonostante i talent show producano – salvo rari casi – solo cloni o voci inutilmente belle, io vedo che la qualità paga ancora (vedi i vari Dente, Zen Circus, Saluti da Saturno etc...). Perché allora si punta sempre su un usato sicuro?«Perché le multinazionali si muovono in base al profitto. E licenziano se a fine anno il bilancio è in rosso. La qualità paga ma necessita di un periodo più lungo per essere recepita dal pubblico. Negli anni 60 la RCA Italiana impiegava 4-5 album per imporre un artista sul mercato… C’era un concetto di investimento. Adesso vedo solo progetti a breve termine. Quindi cercano di spremere il limone finché c’è succo e poi lo buttano. Non lavorano molto sullo sviluppo degli artisti».

Nel tuo roster ci sono nomi come Brunori, Dimartino, Maria Antonietta (e a breve Gatti Mézzi, Non Voglio Che Clara, Giuradei...), tutti artisti che collaborano artisticamente tra sè… Questo mi fa tornare in mente quello che succedeva nell’irripetibile periodo d’oro del

cantautorato italiano. Quanto aiuta questo continuo scambio di esperienze artistiche?«E’ vitale che ci sia scambio di idee, stimoli, contaminazioni. Viene natu-rale quando c’è stima reciproca. Non impongo quasi mai niente a nessuno. Noi di Picicca vediamo la questione come se fosse una famiglia. Ma non in senso fricchettone. Ci facciamo le fat-ture. Ognuno ha il suo ruolo e si lavora, ma bisogna che la faccenda sia piace-vole. Cene, concerti, tour, studio...sono sempre occasioni per stare insieme. Alla fine è quello che conta».

Parlavamo degli artisti di Picicca… Un pregio e un difetto per ognuno di loro…«Senza fare distinzioni il pregio è che sono tutti delle persone fantastiche. Nessuno escluso. Gente che ti arricchi-sce solo a passarci 10 minuti insieme. Il difetto è che non producono abbastanza successi i maledetti...».

Che rapporto hai con Firenze? «I periodi in cui sono in città la vivo molto. Mi piace camminare, anche se alla fine finisco sempre negli stessi posti. Da non fiorentino il problema con Fi-renze è la chiusura degli autoctoni. Vivo qua ormai da 7-8 anni e certe membra-ne sociali son difficili da bucare».

Come vedi la scena musicale locale?«Un po’ provinciale. Ma è anche il suo bello. Però c’è movimento e sono con-tento. Tanti eventi, tanti locali. Mi sem-bra un buon momento».

Progetti per il futuro?«Abbiamo cominciato a lavorare sullo spettacolo “Stazioni Lunari”, che è un progetto bello e importante. Organiz-zare dei tour in America. Fare belle cose con i Gatti Mézzi. Incrementale PIL Poi altri progetti in ballo che non dico per scaramanzia. Infine, avere una relazione sentimentale felice».•

“Noi di Picicca vediamo la questione come se fosse una famiglia. Ma non in senso fricchettone. Ci facciamo le fatture”

www.picicca.it

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Concordo pienamente con chi sostiene che la vera rivoluzione della fotografia digitale sia nella pratica sociale di condivisione e scambio

online sui social network. L’album di fa-miglia formato web!Un tempo, quando le immagini per ve-derle e per mostrarle si potevano solo stampare, sull’album di famiglia, in mo-stra, o su un libro andavano solo le più

importanti, magari a molta distanza di tempo dagli scatti. Adesso ci troviamo a fare i conti con le cento immagi-ni di un concerto postate dall’amica rockettara su Face-book o le cinquanta di una gita al mare della cugina Lina su Flickr…. Con effetto quotidiano e reiterato molto simile alle “memo-

rabili” serate a casa degli amici per vedere le “loro” diapositive al ritorno delle va-canze (sigh!). All’effetto lassativo dei social network sulla produzione di immagini (la scelta dell’aggettivo è puramente ironico-fun-zionale, ovviamente non tutto ciò che viene scaricato e condiviso è di qualità scarsa), aggiungerei anche il loro effetto

ENGLISHVERSION>>>> I completely agree with those who say that real revolution of digital photog-raphy is the possibility of easily sharing it, but we should also say a word about the “laxative” effect of social networks on production and sharing of pictures.When pictures could just be printed we could only see the most relevant shown on albums and books, now we have to deal with 100 pictures of ONE concert posted on Facebook, or 50 images of a cousin’s outdoor excursion put on Flickr.Besides the laxative effect produced on those who see this, I’d add the anxious effect on photographers: in fact most of the times photos have to be download-ed and shared right after they’ve been taken, without having been properly checked nor selected.In opposition to this trend we may find the alternative of those who never post any picture apart from those with pro-motional ends. Snobs.So what is the right strategy to make people curious and get better results? Here are some tips:• get back to analogue photography.

It takes longer but this way anxi-ety would be reduced with benefits on pictures choice

• avoid taking and sharing pictures using Instagram

• when using digital cameras wait at least 3 days before downloading pictures from your memory card to the hard disk

• give yourself one week (better two) before editing pictures

• finally some very practical tips regarding the number of pictures that can be posted not to make people bored: birthdays, holidays and excursions – max 3 pics; concerts, exhibitions and cultural events – max 5 pics; “fine art”, re-portages – max 6 pics

• then if symptoms persist consult your photographer!

Messa a fuoco

Come il pesce, le foto digitali (specie quelle fatte con il telefonino

e postate tramite Instagram) vanno

“consumate” fresche

PRATIchE cOMPULSIVE DI

cONDIVISIONE E ScAMBIO

La fotografia ai tempi dei social network

Bei tempi quando le foto si potevano solo stampare e appiccicare sull’album di famiglia... Oggi con i telefonini e le macchine digitali siamo sommersi di immagini: un vero e

proprio effetto lassativo con esiti ansiolitici. Ma si può guarire... ecco come.

testo e foto di Sandro Bini

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ansiogeno sulla pratica fotografica. Nella maggioranza dei casi, infatti appena scat-tate le foto si devono immediatamen-te scaricare e condividere online, senza darsi il minimo tempo di selezionarle e organizzarle; insomma, come il pesce, le foto digitali vanno “consumate” fresche. Ma attenzione, a questo trend imperante è subito nata l’alternativa snob ed elita-ria: non si postano foto per niente (scelta praticata da molti fotografi professio-nisti) o si posta, per motivi puramente "promozionali", solo qualche immagine, magari con un po’ di ritardo.

Per combattere, almeno parzialmente, questi sintomi (sia in fase di produzione che di condivisione), senza abbandonare una sana dipendenza dal web che offre certamente molte controindicazioni ma anche molti vantaggi, mi permetto di suggerire scherzosamente agli amici fo-

tografi e appassionati alcuni rimedi:1) Tornare all’analogico. E’ il più costoso e radicale dei rimedi. La pellicola costa e fa scattare sicuramente di meno. I negativi vanno sviluppati e scansionati per ottenere i file, e anche questo è un costo, almeno in termini di tempo. Un doppio benefico ef-fetto: riduzione drastica della produzione e benefica dilazione dei termini di upload delle immagini, con benefici effetti ansio-litici e restringenti sulla pratica di produ-zione e condivisione.2) Evitare o limitare al massimo di scatta-re e condividere fotografie con la diabolica accoppiata telefonino + Instagram.3) Con le fotocamere digitali aspettare almeno tre giorni (meglio una settimana) prima di scaricare la memory card sul hard disk del computer: nel frattempo l’effet-to ansiogeno da social network dovrebbe almeno parzialmente attenuarsi e rendere più ponderata la scelta di cosa pubblicare e

cosa scartare (con benefico effetto restrin-gente sul numero delle immagini).4) Darsi minimo una settimana di tempo (meglio due) per l’editing delle immagini (selezione, ottimizzazione, messa in se-quenza); anche in questo caso all'effetto ansiolitico sul tempo si unisce quello re-stringente sul numero.5) Infine alcuni suggerimenti pratici sul numero massimo di foto da postare sui social network sia per fini sociali e/o pro-mozionali, senza annoiare il prossimo e tanto meno “bruciare” irrimediabilmente il proprio lavoro.Compleanni, vacanze e gite varie: massi-mo 3 foto;• Concerti, mostre e altri eventi cultu-

rali: massimo 5 foto;• Preview di reportage, mostre, fine art

o presunta tale: massimo 6 foto;• Se i sintomi persistono consultare il

proprio fotografo di fiducia! •

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“L’è crisi”, già “l’è pro-prio maiala” (non sto a tradurvelo in un italiano corretto, tra fiorentini ci si capi-sce). Un tempo, prima

che iniziassero le forme di commercio mone-tario, si usava l’antica formula del baratto per lo scambio di beni, per ragioni di reale mutuo fabbisogno. E’ partita da qui l’idea dei titolari di un ristorante nella nostra città, che hanno deciso di ripristi-nare la più antica forma di scambio inventando una nuova formula di pagamento per il conto a tavola. Il ristorante non poteva che chiamarsi “L’è Maiala”, e qui la cena si

Baratto in città

La necessità aguzza l’ingegno. Combattere la crisi a colpi di baratto? A Firenze è possibile, in un ristorante dove tutto è un (fuori) programma. A cominciare dal nome...

Testo di Jacopo Naldi

«Sí, pronto?» «L’e’ maiala, mi dica...» «Vorrei barattare la cena per stasera. Pago con un vaso e una bottiglia di vino»

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ENGLISHVERSION>>>> A long time ago, before money came into our culture, we used to exchange goods: this is what the owners of “L’è maiala” thought when they decided to re-intro-duce this method of payment in their restaurant in Via Agnolo Poliziano 7.The initiative was taken by Strano-mondo agency and it is the first case in Italy, but how does it work exactly? Basically guests, when booking a table, can propose an exchange to fully o par-tially settle the bill, then according to tradition a proper negotiation will take place. Many things can be swapped for a meal there: wine, oil, vinegar, certi-fied fruits ad vegetables, local hand-made objects, antiques, vases and more. For these “extra culinary” stuff Dona-tella Faggioli, manager of the restau-rant, is thinking about organizing an open air market.We also definitely need to mention that some guests have brought little pigs which have then became mascots of the place, and that everyone is free to pay by cash if preferred.And what about cuisine? On their à-la-carte menu are traditional Tuscan plates made by local seasonal food at anti-crisis prices, there’s also a special Sundays menu and a take-away service for quick meals to be eaten at home.Average cost of a dinner is about 20 euros cash (beverages not included, and wines served are strictly selected among Tuscan producers) and round 8/10 eu-ros for a simple lunch.

paga (anche) con il baratto. L’osteria, in via Agnolo Poliziano 7, ha quaranta coperti in ottanta metri quadrati molto colorati di locale volutamente casalingo da osteria rustica, ma con un tocco chic e contemporaneo. La formula “combattere la crisi a colpi di baratto” è stata pensata dall’agenzia Stranomondo, ispirata da modelli già sviluppati in Francia e Ger-mania. Il ristorante è stato inaugurato alla fine di settembre, ed è il primo caso in Italia. La trovata è proprio geniale, anzi ganza (fiorentinamente parlando), d’altronde è in tempi di crisi che si aguzza l’ingegno (espressione anch’essa tipica dall’Accademia della Crusca), vista l’attuale situazione economica. Ė stata elogiata persino da Roberto Saviano su Twitter. La speranza è che questa ini-ziativa di marketing sostenibile, che va incontro alle esigenze dei cittadini, aiu-tandoci a riportare in auge i valori del recupero, possa far nascere, con il passare del tempo, un vero e proprio network di osterie del baratto. Ma come funziona? Invece dei soldi, il potenziale cliente, nel momento della prenotazione per telefono, può proporre uno scambio per pagare una parte o tutto il conto e da lì inizia una trattativa -le antiche tradizioni si rispettano- per mettersi d’accordo sul valore della merce scambiata in cambio del menù a tavola. Le cose che si pos-sono barattare sono vino, olio, aceto, prodotti della campagne toscane come verdura e frutta (devono essere tracciati e certificati), oggetti di artigianato locale, antiquariato, modernariato ma anche

oggetti di design, bricolage, vasi e quadri. Per queste ultime cose “extra culinarie” la titolare dell’osteria Donella Faggioli, fio-rentina doc, ha in mente di far nascere un mercatino o un’esposizione in nome della sostenibilità economica. Per dovere di cronaca, vari clienti hanno portato come merce di scambio maialini da collezione (per rimanere in tema con l’ambiente) che sono diventati le mascotte del locale. I più tradizionalisti o timidi al momento del conto possono sempre affidarsi alla moneta o alla carta di credito, assicurano dalla direzione. E la cucina? Serve esclusivamente pro-dotti locali e propone ai propri clienti piatti tipici toscani, recuperando le antiche tradizioni del territorio a prezzi popolari e anticrisi, in perfetta linea con l’austerity montiana del periodo. Il menù propone piatti della cucina tradizionale come trippa fiorentina in umido con ver-dure croccanti, ribollita, pappa al pomo-doro, pappardelle al cinghiale, tortelli del Mugello ripieni di patate con sugo di prosciutto crudo e pomodoro, l’insalata di baccalà e cece rosa di Reggello, il tonno del Chianti (carne di maiale) con fagioli, ed è tutto rigorosamente di stagione. Ma non è tutto, perché la domenica c’è un menu particolare, studiato ad hoc, e per chi non vuole mangiare nel locale è attivo un servizio «Take away» di rostic-ceria per pasti veloci ed economici da consumare a casa. Il costo della cena, in formula cash, si aggira intorno ai 20 euro (vini esclusi, scelti esclusivamente tra produttori toscani), mentre per il pranzo

con piatti veloci e semplici te la cavi con 8 – 10 euro. Altro aspetto da non sotto-valutare la praticità della strada, perché la sera si parcheggia comodamente e a pranzo, e chi lavora nei paraggi arriva a piedi. Per finire nella lingua dei bischeri: con il baratto a quella maniera qui hanno dato le paste a molti, e l’è pure bono. •

Invece dei soldi, il potenziale cliente, nel momento della prenotazione per telefono, può proporre uno scambio per pagare una parte o tutto il conto

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EsportarE cultura?

si puo’E i panni non

si risciacquano solo in arno...

L’étranger indica lo stato di alienazione di un uomo che non riconosce nessun luogo come il proprio.

Ci fa ricordare i versi di Ungaretti: «Il mio supplizio / è quando / non mi credo / in armonia».

A cura di Cristina Battaglini

uando manca l’armonia di un equilibrio, l’uomo ha un senso di malessere e di smarrimento. Si può essere “stranieri” anche

a casa propria. Il cittadino greco dell’età classica aveva un forte senso della sua identità. La coscienza di appartenere ad una civiltà dotata di un’unità etnico-culturale si univa alla ferma convinzione di essere uomini liberi. Gli xenoi erano gli stranieri di stirpe greca che appartenevano ad una comunità politica diversa dalla propria, e i bárbaroi, che non erano Greci e quindi venivano considerati come due volte stranieri, perché lo erano sia sul piano etnico-culturale, sia su quello politico. Gli italiani sono un popolo di migranti per eccellenza: il grande

sogno americano, la migrazione in Argentina, e sempre di più l’emigrazione dei giovani con progetti di tirocini lavorativi, esperienze di studio di vario tipo, e poi la cosiddetta “fuga dei cervelli”.Ecco che in questa prospettiva di "allargamento a macchia d’olio” della popolazione italiana nel mondo si è sentita l’esigenza di costituire luoghi di riferimento per la cultura italiana all’estero; uno fra questi è l’Istituto Dante Alighieri.Sono tante le organizzazioni italiane che per “espatriare” la cultura italiana collaborano con l’estero. Una fra tutte- capostipite nell’imprinting tutto fiorentino riconosciuto dell’eletta figura di Dante Alighieri, presa a somma rappresentanza della città- è l’Istituto Dante Alighieri. La Società

Q

FUL oltre il confine

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Dante Alighieri nacque nel 1889 a opera di un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci, e ha come mandato fondamento il principio di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo, tenendo ovunque alto il sentimento di italianità, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana”. Fin dalle origini l’attività della Società si indirizzò sia all’interno dei confini nazionali che all’estero. All'inizio fu rivolta all’organizzazione di corsi di lingua italiana per gli emigrati che si recavano all’estero in cerca di lavoro. Alla fine dell’800 comincia l’espansione della “Dante” anche al di fuori dell’Europa, e nuovi Comitati vengono fondati in alcune città dell’America del nord (New York, 1897; Boston, 1901) e soprattutto del sud (Buenos Aires, 1896; Montevideo, 1896; Iquique, Cile, 1896; Rosario, Argentina, 1897; Caracas, 1989; San Paolo, 1899). Il primato del Comitato

più lontano dalla madrepatria in questo periodo spetta a quello di Melbourne, fondato nel 1896.Ai primi del Novecento la Società si espande in Paesi anche molto lontani geograficamente e culturalmente dai confini nazionali. Nella stessa epoca nascono Comitati nei Paesi in cui si andava affermando l’espansione coloniale italiana (Bengasi, Libia 1906), o si rafforzano in quelli già esistenti (Tripoli, Libia, 1898). Attualmente mi trovo a Graz, in Austria: la chiamano la “Toscana dell’Austria” per la sua somiglianza al paesaggio italiano incorniciato da campagne con vigneti e per il suo clima accogliente, sicuramente più aspro della nostra amata Toscana ma con incantevoli giornate di sole. Lavorando presso la Società Dante Alighieri di Graz ho capito che ci sono tanti modi per non dimenticare la propria cara madrepatria, e sicuramente un luogo come l’Istituto Alighieri è la dimensione ideale per attivare uno scambio fruttifero interculturale e stimolare, attraverso non solo i corsi di lingua, ma con conferenze , laboratori di cucina, rassegne cinematografiche, in una cultura diversa dalla nostra, l’amore- che già comunque in modo sorprendente, è già vivo- della cultura italiana. •

La Società Dante Alighieri nacque nel 1889 a opera di un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci

ENGLISHVERSION>>>> When harmony and balance are missing a human being feels lost and unease. We can even feel strangers at home and Italian have been migrants for centuries: US, Argentina, and re-cently young people looking for a ca-reer. Dante Alighieri company was created in 1889 by a group of high-brows guided by poet Giosuè Carduc-ci, and has over the years been wid-ening across many cities all over the world. Its mission is “to protect and diffuse Italian culture and language all over the world, keeping bonds alive between Italy and compatriots abroad and spreading interest for Italian culture among foreigners”.Since its start the Company has been operative inside as well as outside Italy; at the beginning there were language classes organized for Ital-ians who wanted to migrate abroad, and at the end of 1800 new Com-mittees were founded in Boston, New York, Buenos Aires, Montevideo, San Paolo… Melbourne too (1896).I am now writing from Graz, Aus-tria, I’m working for Dante Alighieri here. I’ve been learning that there are so many ways to keep memories of motherland alive: here we organize cooking classes, language courses, con-ferences, cinema sessions in a differ-ent environment, creating an inter-esting cultural exchange.

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Mi chiamo Cristiana Baldeschi Balleani, ho 33 anni e vivo a New York da 7 anni. Devo ammettere però che non sono una vera e propria espatriata perche NY è una seconda casa per me, è qui che sono nata e cresciuta per poi trasferirmi a Firenze per tutti gli anni adolescen-ziali fino alla laurea. Con qualche nervosismo, dopo gli studi, ho deciso di lasciare la mia amata Firenze per approfittare della mia situazione e tentare la fortuna a NY. Ed eccomi qui, felice e contenta dopo 7 anni. Molto lavoro ma anche molte soddisfazioni. Unica nota negativa è avere l’Italia così lontana, un po’ di nostalgia c’è sempre…Cosa c’è qui che manca a Firenze?

«Sembrerà banale, ma la diversità, in tutto! Dalla gente , i musei e perfino il cibo. Qui puoi fare la vita che vuoi perche le possibilità sono infinite. Basta che tu scelga e le opzioni più disparate sono li pronte. Sta a te scegliere lo stile di vita che più ti si addice».Cosa ho portato con me da Firenze? «L’apprezzare le cose importanti della vita, come la famiglia, gli amici e perchè no…anche il buon cibo. Ogni volta che torno a NY ho le valigie piene di tutte le golosità che non riesco a trovare a NY!». •My name is Cristiana Baldeschi Balleani, I’m 33 and I’ve been living in New York for 7 years.NY is actually a second home for me because here is where I was born and lived until I was a teen ager before moving to Florence to study. After I got my degree in Florence I decided to try my luck and so moved back here, I was very sad to leave Florence but now I’m happy in the Big Apple, I work a lot but I’m entirely satisfied.Q: What’s here that Florence doesn’t have? «Well, I’d say diversity. Diversity of people, museums, even food. Here there are endless possibilities, it’s up to yourself to choose which lifestyle better suits you and then just follow it».Q: What did I bring from Florence? «Mainly the knowledge of appreciating important things such as family, friends and good food too. Every time I get back from Florence to NY I bring plenty of delicacies I can’t find here!».•

Il mio nome è Aline Pascholati. Sono artista e scrittrice. Ho vissu-to quattro anni a Parigi e ora sono a Firenze respirando in pieno la sua pervasiva arte e cultura. È difficile scegliere quale delle due città è la più perfetta: sono cosi diverse... dunque vivo tra le due. Cosa porteresti a San Paolo di Firenze?Firenze è una città bellissima. Credo che porterei a Sao Paolo questa bellezza, insieme alla sua arte e cultura. Anche l’eleganza e simpatia dei fiorentini sono contagiose. Qui ogni giorno ci si fa un nuovo amico. Cosa porteresti da San Paolo a Firenze?«San Paolo è una città infinita. La sua energia cosmopolita la fa sembrare come un corpo che si rinnova ogni giorno. Si trova di

tutto a tutte le ore del giorno o della notte. Manca a Firenze una “Churrascaria”, ristorante tipico brasiliano dove si mangiano tutti i tipi di carne, dalle più raffinate alle più esotiche».•My name is Aline Pascholati. I am an artist and writer. I lived for four years in Paris and now I am in Florence, fully breathing its pervasive art and culture. It’s difficult to choose which city is more perfect. They are so different! So, I live between both of them.Q: What things would you bring from Florence to São Paulo?«Florence is a very beautiful city. I believe that I would bring to São Paulo this beauty, with its art and culture. Also, the elegance and the pleasantness of the Florentines are very contagious. Here I make a new friend every day».Q: What things would you bring from New York to Florence?«São Paulo is an endless city. Its cosmopolitan energy makes it seem like a body that renews itself each day. What I miss in Florence is a “Churrascaria”… a typical Brazilian restaurant where you can eat every kind of meat, from the most fine to the most exotic».•

uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero

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Gli Anelli Mancanti nascono nel 1997 dall’impegno di un gruppo di ragazzi con un sogno: far cadere, mattone dopo mattone, un muro forte ed invisibile, quello tra Firenze e gli stranieri che la abitano, coloro che – nelle parole dell’attuale Presidente della Repubblica

– «sono fonte di speranza e parte integrante dell’Italia di oggi e di domani». L’associazione - presieduta da una minuta, quanto tosta Salvina Di Gangi - conta oggi ben 45 volontari che “picconano”

Multiculturalità

aBBattErE il Muro DEl prEGiuDiZio. a suon Di TEMpo, iDEE E passionEIn Via Palazzuolo numero 8, poco prima della Chiesa di San Paolino, abitano Gli Anelli Mancanti. Si tratta, a seconda della prospettiva, di un’associazione a favore dei cittadini migranti o – come scrivono nella loro pagina Facebook – di “un’associazione di migranti a favore di giovani fiorentini con problemi di socializzazione e solitudine”. Per quanto volutamente di spirito, sia la prima che la seconda definizione sono in qualche modo veritiere.

Testo e foto di Teresa Tanini, foto Anelli Mancanti

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suddetto muro a suon di tempo, idee e passione.In qualunque giorno dell’anno, dal lunedì al venerdì, ci sono corsi di italiano, inglese, arabo, spagnolo e farsi. Le classi sono aperte a tutti, a chi è nato in Bangladesh come a chi è nato a Fiesole o ad Altamura. Gratis? No, 5 euro. Questo contributo, per quanto discreto, è da una parte fonte di sostegno per l’associazione e, dall’altra, una piccola quota di responsabilità condivisa.E quando poi si è troppo stanchi per star dietro alla differenza di pronuncia tra “pèsca” e “pésca”, è possibile partecipare a lezioni di informatica, corsi di yoga, laboratori teatrali e, ogni ultima domenica del mese, c’è il Merc' N Tea: mercatino di artigianato etnico e locale, buono anche per una tazza di tè marocchino alla menta e - per gli amanti dell’aperitivo – per un drink con musica, dalle 19 in poi.Nel corso degli anni, per poter far fronte alla molteplici problematiche di un’utenza multiculturale socialmente svantaggiata, l’associazione ha ampliato il proprio raggio di azione mettendo a disposizione uno sportello accoglienza dedicato al lavoro e alla casa, uno sportello di assistenza legale e un servizio di consulenza medica per promuovere la tutela della salute tra i cittadini di origine straniera.

“Gli Anelli Mancanti – si legge su www.anellimancanti.org - aspirano a una società più equa e interculturale dove le differenze non vengono negate, sfruttate o emarginate, ma accolte e valorizzate. Ecco perché promuoviamo l’intercultura non come ideologia, [..] ma come pratica possibile cui ognuno può dare il suo contributo a prescindere dalla propria storia e dalla propria cultura di provenienza. Il mondo per cui ci battiamo è quello in cui diritti quali la mobilità, la cittadinanza e l’autodeterminazione siano tutelati ed estesi anche alle fasce più deboli della società. Un mondo in cui le informazioni, il sapere e l'opportunità di migliorare la propria vita siano non solo accessibili, ma anche partecipati e condivisi.” «Ogni uomo deve decidere se camminerà nella luce dell'altruismo creativo o nel buio dell'egoismo distruttivo. Questa è la decisione. La più insistente ed urgente domanda della vita è: "Che cosa fate voi per gli altri?"». A Martin Luther King, cui appartiene l’interrogativo, la risposta anche di uno solo dei volontari, italiano o straniero, de Gli Anelli Mancanti, immagino sarebbe piaciuta.•

promuoviamo l’intercultura non come ideologia, ma come pratica possibile cui ognuno può dare il suo contributo a prescindere dalla propria

ENGLISHVERSION>>>> Via Palazzuolo number 8 is where “Gli anelli mancanti” (“the missing rings”, ndt) association is. It was born in 1997 and helps foreigners living in Florence integrate into our society; today it counts 45 volunteers who organize classes of Italian, Arab, Span-ish , Farsi and English, which take place ev-ery day from Monday to Friday.To take advantage of classes and courses you only need to pay a 5 euros contribute and they’re open to everyone, as well as the “Merc ‘n’ tea” organized every last Sunday of the month: a little ethnic open market where you can sip Moroccan mint tea or simply have an aperitif while listening to some music.Over the past few years the association managed to create a desk to help foreigner citizens finding a home, jobs and getting le-gal and medical assistance.“Gli Anelli mancanti – you may read on glianellimancanti.org – aims to an equal society where differences are not denied nor excluded but endorsed. That’s why we pro-mote interculture as something everyone can contribute in, no matter where he’s from and what his culture is. We believe that the rights of mobility, citizenship and self-de-termination must be defended and accessible to those who are more exposed”.•

"Gli Anelli Mancanti", OnlusVia Palazzuolo, 8 - 50123 Firenze - Tel/Fax: +39 055-23 99 [email protected] - www.anellimancanti.org

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Vorrei iniziare raccontandovi un aneddoto...Qualche anno fa un gruppetto di amici decise di dar vita ad un sogno, di creare un posto dove la gente potesse incontrarsi, rilassandosi sulle bianche spiagge di un tratto di costa incantevole, addolcito da prelibati cocktails, su uno sfondo fatto di musica ed entusiasmo. Tutto era perfetto, il luogo, le persone, perfino il clima non li abbandonava mai, in quel posto lì c’era sempre il sole e l’acqua del mare era sempre così fresca e perfetta da farli illudere che il sogno fosse reale.Decisero di posizionare in un angolo una bella libreria con tanti libri usati, ognuno dei quali racchiudeva almeno due storie, la propria e quella di coloro che li avevano letti, aperti, ricordando le notti insonni passate per terminarli; di coloro che li avevano toccati, sfogliati, annusati o sbirciati come fedeli compagni di viaggio. L’intento era quello dar vita ad uno scambio, di trasmettere e far circolare queste storie condividendo le emozioni legate ad esse; le indicazioni erano semplici: “lascia un libro e prendine uno diverso”, senza conoscere il futuro proprietario, affascinati dal mistero di chi lo avrebbe letto.L’idea era bella ma durò poco... dopo qualche settimana la libreria era vuota!Perché la libreria si è svuotata? Che cosa è per noi il dare? E il ricevere? Perché riusciamo a prendere ma ci resta così difficile donare?

Qui si esprime il fondamentale dato di fatto dell’umano volere,il suo horror vacui. Quel volere ha bisogno di una meta.E preferisce volere il nulla, piuttosto che non volere.Nietzsche

Non voglio generalizzare perché non sarebbe onesto, ma mi rendo conto che la nostra cultura manca sempre più di senso civico, nel resto del mondo esistono posti dove lo scambio è all’ordine del giorno, dove non si sognano neanche di prendere qualcosa senza pagare e dove l’onestà è ancora un valore importante. Invece “noi” siamo quelli che sull’autobus guardano fuori dal finestrino, sul cellulare o che addirittura intrattengono una conversazione fasulla pur di non alzarsi per cedere il posto a chi potrebbe averne più bisogno. Rifletto spesso sul perché abbiamo questa

paura di non avere mai abbastanza, su che cosa sia questa ansia di rimanere indietro che ci tormenta. Una risposta non ce l’ho, le motivazioni affondano le proprie radici molto lontano, ma la cosa che so è che nel momento in cui riusciamo ad abbassare le nostre difese con fiducia, incontrando l’altro, ciò che otteniamo è uno scambio che ci arricchisce: quindi... quando avete la possibilità di scegliere, fermatevi e ripensate a quella libreria ormai vuota.•

ENGLISHVERSION>>>> I’d like to start with a short story…A few years ago some friends of mine created a special place just by the seaside where you could sip a cocktail or simply listen to some good music and relax.Then they decided to place a corner bookshelf filled with some second hand books: the idea was to start an exchange and instructions were simple: “leave a book and take a different one”.It was a great idea but it didn’t last long… after a few weeks the bookshelf was empty! Why did that happen? What does giving means to us? And receiving? Why is it so easy for us to take but not to offer?I can’t generalize because it’s unfair, but I’ve noticed the big lack of civil mind of our society compared to many other places in the world where no one would take anything without giving something back, where the exchange is something people do everyday, where honesty is still important.“We” are those who look out the window on the bus and sometimes fake a conversation on our mobiles just not to have to get up and leave our place to someone who needs it more.I often wonder why we’re so scared not to have enough all the time, our fear of remaining behind the others, and I do not have an answer, but I know that the moment we manage to relax and go towards someone we do create an exchange which enriches us: so… when you get to choose, wait a moment and think about the empty bookshelf.

Respira che ti passaA cura di Alice Colombini

Alice Colombini psicologa. Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di specializzazione Biosistemica, Presidente di Associazione Spontaneawww.associazionespontanea.com [email protected]

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