firenze urban lifestyle - 5

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prendimi • free press Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi luglio - agosto 2012 anno 0i n 05

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“Non bisognerebbe mai escludere dalla propria vita la possibilità di evaderne” diceva lo psicoterapeuta e aforista a tempo perso GiovanniSoriano. Questo numero è proprio dedicato alle vie di fuga: storie di sogni realizzati,storie di cambiamenti, storie di chi la vita la vuole vivere, a modo suo, e non subire il proprio destino.

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prendimi • free press

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

luglio - agosto 2012 anno 0i

n• 05

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ma lo sai che?Hai mai visto questo simbolo

in giro per Firenze?

Un tragico pezzo di storia ancora presente nel nostro quotidiano.Durante la Seconda Guerra Mondiale

anche Firenze fu colpita da numerosi bombardamenti. Per ripararsi,

i fiorentini ricorsero a rifugi sotterranei segnalati sull'esterno degli edifici da "R" e

accompagnate da una freccia. Sono ancora visibili in

Piazza del Mercato di San Lorenzotra via Panicale e Via Chiara

tra via Barbera e via Vannucci

trova le domande sulle buste di

www.ilpaninotondo.it

3.

Care lettrici, cari lettori,

per una volta, permetteteci di parlare un po’ di voi: ogni giorno riceviamo tantissimi apprezzamenti, incoraggiamenti, e anche critiche (sempre ben accette): segno che sono sempre più quelli che ci seguono, e che lo fanno con sempre maggiore interesse. E questo vale anche per la nostra pagina su Facebook, che è visitata da sempre più fan e che è diventata un vero e proprio salotto dove possiamo raccontarvi qualcosa, comunicare con voi e soprattutto ascoltare le vostre opinioni, che sono il vero motore del nostro lavoro. Ma non solo su Internet: anche nelle strade, nelle piazze, nei locali e in occasione degli eventi più importanti sono sempre di più i lettori che ci fanno sentire la loro vicinanza. Insomma: FUL non siamo solo noi, FUL siete voi. Grazie, grazie e ancora grazie. È tempo di festeggiare. A maggior ragione perché entriamo nel pieno dell’estate: la bella stagione per eccellenza, il tempo delle vacanze, il momento della fuga dal solito tran tran quotidiano. “Non bisognerebbe mai escludere dalla propria vita la possibilità di evaderne” diceva lo psicoterapeuta e aforista a tempo perso Giovanni Soriano. E questo numero è proprio dedicato alle vie di fuga: storie di sogni realizzati, storie di cambiamenti, storie di chi la vita la vuole vivere, a modo suo, e non subire il proprio destino. Pensiamo al campione del canottaggio Francesco Fossi, che dalle rive dell’Arno è arrivato fino a coronare il suo sogno olimpico, a Manuel Agnelli, leader degli Afterhours, una vita dedicata alla musica, a Stefano Lorenzi, regista, che ha fatto del cinema la sua via di fuga. Ma non solo: parleremo anche di vie di fuga lungo le rive dell’Arno, di Michela del Forno, fotografa che ha trovato la sua libertà nello spazio della creazione, e di tanto altro ancora.FUL è la nostra via di fuga, è il nostro modo di evadere dai luoghi comuni e dagli stereotipi che raccontano Firenze come una città morta, noiosa, sempre uguale a sé stessa. Ma questo non vuol dire che scappiamo: Firenze è la nostra città, e noi l’amiamo. Per quello che è, e per quello che potrebbe essere. Allora... tenetevi stretta la vostra copia di FUL, e fuggite assieme a noi.•

Daniel Meyer

Ideato e realizzato da Marco Provinciali e Ilaria Marchi.Coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi.Ci puoi contattare per l’acquisto di uno spazio pubblicitario tramite posta elettronica all’indirizzo:[email protected]. 392 08 57 675

Se vuoi collaborare con noi ci puoi scrivere agli indirizzi:[email protected]@firenzeurbanlifestyle.comvisita il nostro sitowww.firenzeurbanlifestyle.com

Approfondimenti e versioni estese degli articoli sono visibili sul nostro blogfirenzeurbanlifestyle.wordpress.com

pagina facebook FUL *firenze urban lifestyle*

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco ProvincialiRealizzazione grafica Ilaria Marchi

ringraziamentialla Cate, i renaioli Antonio Marco e Paolo, Stefano Lorenzi, i Bianchi, i Verdi, i Rossi e gli Azzurri, Francesco Fossi, Fiamme Gialle, Afterhours, Girl Geek dinners, Think Benci, Paolo Lo Debole

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Francesco Fossi, in canoa dall’Arno al TamigiPrima dell’avventura olimpica di Londra 2012, Ful incontra Francesco Fossi, stella fiorentina del canottaggio. A lui e a tutti gli azzurri va il nostro più sincero in bocca al lupo. Forza raggazzi, rendeteci fieri!

«I Calcianti», un atto d’amore per FirenzeUn incontro con Stefano Lorenzi, regista del film in uscita nella prossima stagione che promette di raccontare la nostra città in modo nuovo e autentico

La «Padania» targata AfterhoursParlare di rock italiano degli ultimi venti anni significa necessariamente fare i conti con un gruppo – gli Afterhours – che nello spazio di dieci album è diventato il punto di riferimento assoluto per tutta la scena indie nostrana, Ful li ha incontrati per parlare della loro ultima fatica

L'arte e MichelaAttraverso i suoi scatti Michela Del Forno, ritrae gli artisti nel momento più delicato e intimo, quello dell'ispirazione

Scendere a patti con la notte Con la firma del «Patto per la notte a Firenze» tutte le diatribe sembrano risolte. I sigilli dai sei locali di via de’ Benci sono stati tolti, i residenti non si lamentano più e i giovani sono tornati a godersi la notte. Ma per quanto ancora?

Girl geek dinners femminilità 2.0Da un'idea nata in inghilterra, un'interessante fenomeno che lega media, web e nuove tecnologie declinandole al femminile

Think Benci, nuovospazio alla creativitàNella straordinaria scenografia della villa fiesolana di Bencistà, la giovane designer Anna Moggi promuove eventi artistici sempre all’avanguardia. Un modo nuovo per stimolare la fantasia e promuovere l’arte

Magnifica, lentissima fuga.Via fiumeStoria di un’ insolita prospettiva per innamorarsi (di nuovo) di Firenze, un’esperienza per proteggere e conservare l’ambiente fluviale della nostra città

Rubrica: Respira che ti passa

p.8

p.24

p.22

p.12

p.26

p.14

p.16

p.18

p.20

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Nessuna notizia di Gurb. È il titolo di un libro, ma poteva essere anche il nome in codice della nostra avventura; poi, le pagine bianche dei nostri blocchi e lo sguardo dei nostri tre occhiali hanno virato la scelta su Whitethings, nome ancora più indecifrabile, ma d'altronde siamo uno studio creativo (tutte scuse). Gli occhiali nella foto sono di proprietà di Nadia Nardi, Oleg Sisi e Maria Zipoli. L’agenda è di Oleg, che va spesso a Parigi e non solo.www.whitethings.it

Daniel M

eyer

Tomm

aso Baroncelli

Cristina Battaglini

Alice C

olombini

Ilaria marchi e M

arco provinciali

Paolo Lo Debole

Come disse qualcuno, «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare…». Non ho mai sognato, o neppure pensato, di fare il gior-nalista. È stato il giornalismo che ha trovato me: è come se ci fossi-mo sempre conosciuti, ma ci siamo incontrati solo grazie ad una serie di coincidenze. Io questo lo chia-mo Destino…Viaggiare, conoscere persone interessanti, intrufolarsi dappertutto, soddisfare la propria curiosità, imparare sempre qual-cosa di nuovo, dialogare coi lettori, scrivere… che volere di più?

Cristina Battaglini 26enne vaga-bondante tra Germania ed Austria, attualmente vive a Graz in veste di assistente di lingua italiana. Neo-laureata in Studi Rinascimentali si chiede che ne sarà di lei, ma non sgomenta. Intanto scrive, poesia e svolge ardite performance poetiche in giro qua e là. Collabora come giornalista freelance in diverse rivi-ste. Chiamatela anche Ladycri.

Sono Alice Colombini , vivo a Fi-renze e sono una psicologa……Quando sono nata alle 7.05 del 25 marzo 1981 il sole era in Ariete e la Luna in Scorpione, la mia carta del cielo parla chiaro: impulsiva e paziente, ha bisogno di agire, va incontro alla vita con energia, in modo prorompente, vivere è una sfida e un’avventura, non manca mai di coraggio ma la franchezza e l’onestà possono a volte cacciarla in situazioni imbarazzanti.Ma questa sono io…. Incredibile!

Il tema del numero è via di fuga e sogno. Per alcuni la stessa cosa per altri invece due mondi diametralmenti opposti. Il nostro sogno, come redazio-ne, lo seguiamo dal primo giorno in cui abbiamo messo la capoccia sul progetto FUL. Per il momento siamo riusciti a darvi un appuntamento fisso con l'uscita del magazine, forse poco, ma per noi un piccolo traguardo (per chi non lo sapesse FUL esce il 15 del mese con cadenza bimestrale).La via di fuga invece, rappresentata anche in copertina, è verso quel punto del mondo che ognuno di noi vorrebbe poter raggiungere, l'ancora di sal-vezza dei giorni più pallosi...Mentre leggerete il numero del magazine che avete in mano sarete proba-bilmente in ferie o quantomeno in procinto di andarvi, ne cogliamo così l'occasione per augurare a tutti i nostri lettori delle bellissime vacanze...

Un saluto e a presto da tutta la redazione

Sono nato nel 1964 nella meravi-gliosa Firenze in un giorno d'estate precisamente il 21 giugno ma ho dovuto attendere un sacco di tem-po per capire cosa la fotografia si-gnificasse per me.Posizionare l'occhio nel mirino e vedere il mondo da una prospettiva diversa,con più angolazione.Oramai ho deciso che questa sarà la mia strada professionale,ogni volta che esco con la mia Nikon il momento diventa importante e il solo pensiero che anche un solo scatto mi soddisfi è gratificante.

Whitethings

Firenze, 23 Luglio 1979. Nasco pigramente 23 giorni dopo la sca-denza del tempo, il primo giorno disponibile del Leone. Sin da piccolissimo rimango per ore in-cantato ad ascoltare musica ed a guardare i dischi girare nel piatto… Colleziono vinili, leggo molto, mi piace cucinare e amo il buon vino. Credo che le belle canzoni aiutino ad essere persone migliori.

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Martina Scapigliati

Giorgia Biagini

Quello della Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia Settentrio-nale a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento. Gli Scapigliati erano giovani tra i venti e i trenta-cinque anni, nutriti di ideali e ama-reggiati dalla realtà, propensi alla dissipazione delle proprie energie vitali. « …tutti amarono l’arte con geniale sfrenatezza; la vita ucci-se i migliori  » (in introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio, Sonzogno, Milano, 1862). Marti-na è nata nel 1985. Sa leggere la musica, ama scrivere e cantare, è in procinto di terminare gli studi per la Laurea Magistrale in Giu-risprudenza. Vive a Firenze col suo adorato Jack Russel Napoleone, di anni 7.

Lorenzo Giorgi

Lorenzo Giorgi. 28 anni, barman, viaggiatore ed aspirante fotore-porter, come molti miei coetanei ancora alla ricerca di un ruolo in questo tempo. L’importante è ri-derci su, dopotutto «le fotografie sono come le barzellette, se le devi spiegare vuol dire che non sono ve-nute bene».

redazione mobile

La nostra redazione è in completo m

ovimento, com

posta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona delle Cure m

a l’occasione di incontri e riunioni è sem

pre una buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che orm

ai da anni conosciamo. U

na redazione mobile che trova nel supporto

della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.

Jacopo Petrini

Sono nato il 30 settembre dell’87, poco dopo una tromba d’aria ha scoperchiato il tetto di casa... Ero arrivato al mondo. La mia mamma passò tutta quell’e-state in acqua sperando che mi innamorassi del mare... Nel resto della mia vita ho speso tanto di quel tempo in contatto con Nettu-no che sicuramente se ne sarà un pò pentita... Amo il surf lo skate e la natura e le persone vere.

Teresa Tanini

Fiesole, 1982. Vive e lavora a Fi-renze. Ha da sempre un rapporto conflittuale con i propri capelli. Un amore immenso per il mare e un’antipatia profonda verso le me-duse. Ascolta tanta musica, non si sveglia la mattina, incline alla risata rumorosa, arrossisce per lon-tane associazioni di idee. Quando può ficca il naso nel mondo reale e virtuale alla ricerca di (belle) cose da vivere, regalare o anche solo da raccontare.

Jacopo Aiazzi

Giacom

o Pirisi

Nasco a Fiesole alle 5:30 di matti-na del 23 settembre 1985, con una mano sopra la testa e dal peso di 4kg e passa. Più fastidioso di così non potevo essere. Sono nato il giorno in cui è morto Giancarlo Siani, un giovane giornalista di ventisei anni ucciso dalla camor-ra a Napoli. Oggi ho la sua età e ancora non ho assimilato tutte le sfumature che il giornalismo può assumere. L'unica cosa di cui sono consapevole è il desiderio di colti-vare questa conoscenza. Più appas-sionato della scrittura in quanto tale che dal giornalismo, apprezzo ogni forma di quest'arte. La cosa che più mi codifica come italiano è l'amore per la pastasciutta, con qualsiasi sugo.

Giacomo Pirisi, classe '82.Nasco a Pisa, vivo a Gavorrano (GR), poi a Venturina (LI).Mi laureo a Siena e dopo una breve parentesi romana mi trasferisco a Milano, per quasi 6 anni. Fioren-tino da Gennaio 2012, videoma-ker, spenderei i soldi che non ho in libri, fumetti, musica, cinema e viaggi. Frase preferita: "Pensate che la cultura sia costosa? Provate l'ignoranza.".Gli amici mi chiamano Piro.

Nata nel 1983, sono stata subito chiamata in causa: o Duran Duran, o Spandau Ballet, e poi, senza un attimo di tregua, Take That o East Seventeen, Vasco o Ligabue..Insomma, una vita fatta di scelte e industria musicale, così ho co-minciato a cercare la frivolezza nel vintage e nella moda low-cost, dilettandomi a recitare in qualche teatro di periferia e scrivendo qua e là (soprattutto sui muri della scuo-la) di miti e manie..Per fortuna la scuola è finita e i muri sono diventati bacheche, da-shboards e timelines, così io posso continuare a scrivere, senza imbrat-tare la mia amata Firenze!Twitter: @crazygianzLinkedIn: Giorgia Biagini

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Le interviste di FUL

Francesco Fossi,

in canoa dall’Arno al

TamigiPrima dell’avventura olimpica di Londra

2012, Ful incontra Francesco Fossi, stella fiorentina del canottaggio. A lui e a tutti gli azzurri va il nostro più sincero in bocca

al lupo. Forza raggazzi, rendeteci fieri!

Testo di Martina Scapigliati, foto Detlev Seyb

“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido”, dicevano i futuristi. Citazione amata dall’atleta Francesco Fossi. Così lui: è cresciuto in fretta, su acque che scorrono inesorabili. Facendo scivolare veloce la sua canoa, arrivando con determinazione fino al sogno olimpico. Ma partendo da Firenze, e con Firenze nel cuore”.

Nel nostro nuovo numero parliamo di sogni e vie di fuga. Quest’anno per te si avvera un sogno speciale, quello di tutti gli sportivi di alto livello: la partecipazione alle Olimpiadi di Londra 2012. L’emozione sarà grande, ma non solo tua. Essere parte di una squadra significa poter contare sui propri compagni, condividere con loro gioie e dolori. Parlaci di voi. Impressioni, entusiasmi e paure tue e dei tuoi compagni di barca.L’equipaggio è molto eterogeneo: si passa da me, alla prima esperienza olimpica, a Simone Raineri, che può vantare un oro e un argento olimpico. Penso che l ’emozione sia la stessa per tutti e quattro, anche perché veniamo da un anno di selezioni per comporre il miglior quattro di coppia, in cui ognuno ha dovuto mettersi in gioco quasi ogni giorno.

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9.

Per me, che sono alla prima esperienza, potrei dire che la mia arma vincente è stata la voglia di voler emergere, per gli altri forse la voglia di volersi confermare. Cambiano le motivazioni ma l ’obbiettivo è comune.

Ma facciamo un passo indietro. Quando è nato il Francesco Fossi canoista? Da cosa è stata guidata la scelta di questa disciplina?Ho iniziato canottaggio nel 2000 quando avevo dodici anni. Sino ad allora avevo praticato moltissimo sport, e decisi di provare il canottaggio perché mio padre era socio alla Canottieri Firenze. Inizialmente era poco più che un gioco, piano piano è diventata una passione anche grazie al gruppo di amici che si era creato col tempo.

Se tu dovessi dire in una parola: che valore ha lo sport per te. E cosa è stato capace di insegnarti.Lo sport ti insegna a perseguire i tuoi obbiettivi sapendo che ci vuole pazienza e che nulla di veramente efficace si costruisce in un giorno. Ma ti insegna anche che lo si può fare divertendosi e lavorando con gli altri.

Se ne hai uno... chi è il tuo mito?Ce ne sono molti di miti, ma preferisco prendere esempio da i campioni con cui ho a che fare tutti i giorni ,avendo la fortuna di essere del Circolo Nautico Fiamme Gialle. Il mito è una cosa astratta, non me lo immagino a regolare una barca o a fare esercizi tecnici.

Hai cominciato dallo storico Circolo Canottieri di Firenze. Qual è il ricordo che ti lega di più a questo luogo?Sicuramente il gruppo di amici con cui ci trovavamo agli allenamenti, si era creato veramente un feeling incredibile tra di noi e anche tra i nostri allenatori: ci sembrava quasi normale andare ad allenarsi la mattina alle 5:45 prima di andare a scuola!

Prima di arrivare alle Olimpiadi di Londra sarai certamente passato da innumerevoli altre città. O meglio... altri fiumi. Che relazione hai con il nostro Arno? E con la nostra Firenze. Qual è la prospettiva che preferisci? Quella dall’acqua o dalla terraferma?Remare nel tratto che va dal ponte Vecchio alla pescaia Santa Rosa penso abbia pochi eguali nel mondo. Il fiume Arno è più bello di quanto noi fiorentini pensiamo comunemente, e in questi ultimi anni che sono stato poco a Firenze ho la possibilità di godermi a pieno la bellezza di questa città.

Passioni e hobby fuori dagli allenamenti? Hai il tempo per coltivare anche quelli?Il tempo si trova per tutto, o quasi! Mi piace molto andare in bici, ed è ottimo anche come allenamento, poi amo molto leggere e appena posso scappo a vedere qualche mostra, magari in giro per il mondo quando sono alle gare.

A chi dedicheresti una vittoria? «Prima vinciamo poi dedichiamo!».•

«Remare nel tratto che va dal ponte Vecchio alla pescaia Santa Rosa penso abbia pochi eguali nel mondo. Il fiume Arno è più bello di quanto noi fiorentini pensiamo comunemente»

Una storia di sUccessiNato a Firenze il 15 aprile 1988, 199 centimetri di altezza per 99 chili di peso, Francesco Fossi inizia la sua avventura nel mondo del canottaggio a dodici anni, cominciando ad allenarsi presso la Società Canottieri Firenze. Nel 2004 l’esordio nei Campionati Mondiali Juniores, e già l’anno successivo arrivano le prime soddisfazioni, con due secondi piazzamenti nel “quattro con”. Nel 2008 il primo grande riconoscimento, con il primo assoluto nel “quattro con” nelle competizioni mondiali under 23. È l’inizio di una serie di successi che negli anni seguenti lo vede sempre ai massimi livelli, nazionali, europei e mondiali ( e nel 2010 è di nuovo primo del mondo under 23 nel “quattro senza”), fino alla meritata promozione di quest’anno alle Olimpiadi di Londra. Il 17 di giugno il Quattro di Coppia composto da Matteo Stefanini, Francesco Fossi, Pierpaolo Frattini e con capovoga Simone Raineri vince il bronzo nella Coppa del Mondo; un buon auspicio per le imminenti gare olimpiche.

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“Mi spiace vedere che i giovani

per cercare opportunità se

ne vanno all’estero. L’Italia

dei vecchi manager a me

non sta stretta. Anzi, sono felice che ci siano. Ciò mi

rende distinguibile e diverso dagli altri. Io credo che

a 35 anni si possa decidere cosa fare nella vita anche

in questo momento di crisi: ho scelto di non aspettare

di arrivare a 50 anni per dimostrare che so gestire

aziende e fare il dirigente con i capelli bianchi non è

certo quello che avevo in mente”.

“Mia24 rappresenta chi sono, come sono e cosa voglio”

racconta Francesco, temporary manager in Toscana e

nel Lazio. "Ho deciso di vivere per e con lavori a tempo

determinato, non me ne lamento, l'ho scelto e anzi

mi piace, ne sono felice. Mi piace che ci sia sempre un

punto di arrivo. E’ come se la conclusione sia il metro

di misura di quello che sto facendo. Una specie di

navigatore satellitare che indica il punto esatto dove

mi trovo”.

Essere un “Manager in Affitto” non è semplice,

soprattutto perché in Italia la figura non è molto

conosciuta e la diffidenza “culturale” nell’avere una

persona esterna in azienda è enorme, a differenza di

Stati Uniti, Inghilterra e Nord Europa.

“All' inizio è stato difficile: le aziende, non conoscendo

il sevizio, non ne comprendevano l'utilità e lo

associavano alla figura del consulente, cosa ben

diversa. Il consulente insegna la didattica e la teoria

in azienda mentre il Temporary Manager ha l'obiettivo

dell'operatività fianco a fianco gomito a gomito

con l'imprenditore o il titolare dell'azienda. Dopo

una fase di scetticismo durata forse troppo tempo,

con l’acutizzarsi della crisi economico-finanziaria

che ci ha paralizzato, le PMI hanno incominciato a

cercare soluzioni ai loro problemi e preoccupazioni

ed avere risposte è diventato prioritario ed urgente.

L’operatività in azienda varia ed ingloba molte aree:

dalla gestione finanziaria ed esposizione nei confronti

di fornitori e banche all’impostare nuove strategie di

vendita, marketing e comunicazione, dal combattere

la crisi con soluzioni innovative per rendersi

“distinguibili” al gestire un passaggio generazionale

familiare in azienda”.

La squadra di Mia24 ha un mantra: “analisi,

pianificazione e controllo”. Uno dei suoi principali

obbiettivi è di instaurare il giusto spirito propositivo

nelle attività che gestiscono e produrre il

Cambiamento: “Le aziende hanno bisogno di far

crescere le persone per crescere loro stesse. Aumentare

la conoscenza significa migliorare le prestazioni,

restare sul mercato e battere la concorrenza”.

E quando un’azienda, dopo 12-18 mesi ricomincia

a camminare da sola, Francesco è già pronto ad

una nuova impresa… “Il fatto che qualcosa finisce

presuppone sempre che ce ne sia in teoria una nuova

da iniziare e per quanto ci si debba rimettere in gioco,

fare cose nuove, mi impedisce di adagiarmi. Per cui

faccio lavori che hanno un inizio, un apice e una fine

e poi cerco di fare come ha fatto Paolo Maldini...

togliermi dai piedi prima di diventare un rottame!

Lavori diversi in mercati diversi con dinamiche diverse,

con persone diverse!"

www.mia24.it

In una società in cui la classe dirigente ha passato il mezzo secolo, Francesco Belà, fiorentino di adozione, ha trasformato un hobby e passione (quella di “mettere a posto”) in lavoro.La sua mission: mantenere vive le aziende

NoN è uN paese per vecchI!“Salvo le aziende e mi riesce bene”

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«I Calcianti», un atto d’amore per FirenzeUn incontro con Stefano Lorenzi, regista del film in uscita nella prossima stagione che promette di raccontare la nostra città in modo nuovo e autentico

Testo a cura di Daniel Meyer foto a Stefano Lorenzi di Sergio Bartoletti, foto calcio storico Paolo Lo Debole

La quinta arte

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Firenze. Tanti pensano alla tipica città da cartolina: la foto davanti al Duomo, il gelato a piazzale Michelangelo, lo shopping in via Tornabuoni, la cenetta sul Lungarno. Ma, per chi la conosce, non è solo questo, è molto di più: una città complessa, con i suoi lati oscuri e un’identità sempre in

bilico. Difficile coglierne le contraddizioni, e ancor più difficile trasporle in letteratura o in cinema. Di questo è consapevole Stefano Lorenzi, giovane regista di Chiesina Uzzanese, fiorentino d’adozione, che si appresta a girare qui I calcianti , uno dei film più attesi e interessanti della prossima stagione. «Un film contemporaneo, legato al calcio storico, un film corale, un affresco» lo definisce Lorenzi, carico di energia e concentrato

sul progetto. Firenze non è un semplice sfondo alla storia, è protagonista assoluta, fuori dai soliti stereotipi; qualcuno ha paragonato il film per le sue atmosfere ad un romanzo di Pratolini. Anche Lorenzi conferma: «Il motivo per cui ho scritto assieme agli altri sceneggiatori questo film è proprio quello: il fatto di raccontare una Firenze anomala, fatta di personaggi di periferia, individui borderline, persone che non vengono normalmente

“accettate” nel tessuto sociale». Protagonisti di «una Firenze di periferia che in questo giorno di festa –e di botte, e di cazzotti- entra di prepotenza nel cuore “bene” della Firenze di oggi. Un contrasto tra la periferia e la Firenze monumentale, che ormai si è un po’ svuotata: è un triangolo d’oro fatto di vetrine, di negozi... Non ci sono più i bottegai, non ci sono più le librerie storiche, non ci sono più gli artigiani di una volta». Un atto

di amore per Firenze, ma anche un racconto di come la città è cambiata. «Firenze vive di una presunzione: che è quella di essere Firenze», dice Lorenzi, non con arroganza, ma con il tono di chi parla di un’innamorata dal carattere difficile. I calcianti va dritto al cuore di questa contraddizione: «Ho sempre sentito la bellezza di Firenze - spiega Lorenzi- ma anche un certo senso di repulsione verso chi non fa parte di questa bellezza, quasi un senso di straniamento. Cosa che ho riscoperto anche nel calcio storico: molti dei calcianti una volta erano chiamati “terroni”, “sici” e con vari vezzeggiativi. Oggi magari questo accade per il rumeno e l’albanese». La sceneggiatura si dipana su vari livelli di lettura; i momenti di azione non mancano, ma l’intento di Lorenzi non è quello di realizzare una ”americanata” spettacolare: «Mi interessa più raccontare l’umanità di questa gente, e soprattutto mi interessa raccontare lo spostamento che ogni individuo deve fare per crescere». Personaggi complessi, e ricchi di sfaccettature, come conferma il regista: «Dal momento in cui sono entrato nell’intimità nei personaggi, ho capito che avevano la chiave per raccontare un momento, un’epoca, perché parlano di uno smarrimento, che è quello anche della figura maschile, che è quello dell’identità: è un momento in cui abbiamo tutto, per possibilità, ma poi l’identità è difficile da costruire. Infatti tutto il film è basato sull’identità di questi personaggi, che sono una cosa quando giocano al calcio storico fiorentino, e poi hanno difficoltà nella vita quotidiana. Per loro il calcio storico è una via di fuga, è una via di fuga dai problemi della vita: loro, per un giorno, sono i re i Firenze». Identità, e vie di fuga. Il cinema è anche questo, per Lorenzi: «In un certo senso, per me il cinema è una via di fuga, unica per il suo aspetto creativo, per il suo aspetto emotivo. È qualcosa di cui non posso fare a meno, è come una droga. È una via di fuga, ma sana». Via di fuga però non è sinonimo di sconfitta, o di abbandono, nel caso del cinema: «È una via di fuga che ricerca la realtà, le emozioni, gli incontri, i personaggi». I calcianti è in un certo senso un sogno realizzato per Lorenzi, che si è battuto per tre anni, tra mille difficoltà, per portare alla luce il suo progetto. Ma ci ha sempre creduto, perché per lui «alla base di tutto c’è una cosa fondamentale: la passione, il coraggio, e l’aver cuore. La radice di coraggio è la stessa di cuore».•

La sceneggiatura si dipana su vari

livelli di lettura; i momenti di azione

non mancano, ma l’intento

di Lorenzi non è quello di

realizzare una ”americanata” spettacolare

Nella sabbia al cospetto di daNteAppena cominciate nel cuore di Firenze le riprese de I Calcianti, lungometraggio diretto da Stefano Lorenzi e prodotto da Gianfranco Piccioli, con un cast di eccezione, che vede tra gli interpreti Francesco Scianna, Guido Caprino, Ksenia Rappoport, Massimo Ceccherini, Vauro Senesi, e altri ancora, tra cui molti veri calcianti e fiorentini “doc”. Guido Caprino, uno dei protagonisti, racconta con parole sue il calciante che interpreta, un uomo complesso e pieno di conflitti,: «Un bellissimo personaggio. Spero di onorare questo ruolo, raro in Italia».

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FUL in musica

La «Padania» targata AfterhoursParlare di rock italiano degli ultimi venti anni significa necessariamente fare i conti con un gruppo – gli Afterhours – che nello spazio di dieci album è diventato il punto di riferimento assoluto per tutta la scena indie nostrana, Ful li ha incontrati per parlare della loro ultima fatica

Testo di Tommaso Baroncelli, foto Ilaria Magliocchetti Lombi

Ad aprile è uscito l’ultimo lavoro “Padania” (appena prima degli scandali che hanno travolto il Carroccio), che ce li restituisce più in forma che mai e con una assoluta convinzione.

Partiamo dal titolo del nuovo lavoro… Perché proprio “Padania”?Il titolo ha una storia molto lunga, perché è la prima cosa che è nata dell ’album, prima della musica e prima delle canzoni. Anche se sapevamo che avrebbe potuto causare qualche polemica è un titolo molto meditato perché ha molte accezioni e quasi tutte negative… Da un lato infatti volevamo raccontare lo stato di tensione, paura e smarrimento che abbiamo visto nelle persone in questi anni e lo sfondo ideale ci sembrava la Padania: il concetto di questo stato immaginario in cui siamo tutti prigionieri di un modo di vivere che ci hanno convinti sia l ’unico modo che abbiamo. In seconda battuta poi se vogliamo parlare male di qualcosa siamo molto più legittimati a farlo quando questa cosa ci appartiene… Anche se noi “padani” non siamo come la Lega ci descrive… “Padania” ci serviva quindi perché un titolo che ha molte accezioni, non ultime quelle politiche. Noi volevamo fare un disco pericoloso e scomodo, che non fosse pieno di luoghi comuni seppur combattenti e penso che ci siamo riusciti.

Non c’è proprio uno spiraglio di positività?Nel disco una via d’uscita, un minimo di luce c’è ed è il riconoscere questo malessere e focalizzarsi sul fatto che non è illegale ammettere di stare male in questa società.

Musicalmente “Padania” è un disco meno immediato del precedente. È tutta “colpa” del rientro di Xabier Iriondo? Xabier è entrato in corso d’opera quindi il suo apporto

a livello compositivo è stato sì importante ma non fondamentale come molti hanno scritto… Diverso il discorso del suo rientro in band, che per me a livello personale è stato assolutamente fondamentale perché la sua energia e la sua presenza sono davvero importanti. Sicuramente ha influito molto il modo diverso di lavorare; infatti a differenza del precedenti album abbiamo registrato singolarmente ognuno a casa propria e questo ci ha permesso di sperimentare di più e di dare libero sfogo alla nostra

creatività. E poi volevamo fare un concept che funzionasse nel complesso e non una semplice raccolta di canzoni.

A differenza di molti altri colleghi, la vostra musica è da sempre in continua evoluzione. Ciononostante il pubblico apprezza e cresce anno dopo anno. In questo siamo molto fortunati perché al di là della forma

«Il titolo ha una storia molto lunga,

perché è la prima cosa che è nata dell’album, prima della musica e prima delle canzoni.

Anche se sapevamo che avrebbe potuto

causare qualche polemica...»

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15.

musicale conta l ’immaginario che uno comunica. Certo che anche all ’interno del nostro pubblico non è facile trovare chi ami tutti i nostri lavori, però a noi piace guardare sempre avanti senza pensare troppo a come reagirà il pubblico.

Il tema di questo numero di FUL è “Sogno e Vie di Fuga”: pensi che esperienze come quelle di Macao a Milano, del Valle Occupato a Roma o del Teatro Coppola a Catania possano rappresentare delle vie di fuga o delle spinte per un sogno di cambiamento e di risveglio delle coscienze?Questo è proprio ciò che deve succedere… Per troppi anni si sentivano solo lamentele sullo stato della cultura senza che però nessuno facesse niente per cambiare le cose. Queste manifestazioni invece – pur con tutti gli inevitabili errori - sono il primo grande esempio di scelta di campo, di presa di posizione e di responsabilità civile. In un momento di crisi come questo la gente ha capito che deve schierarsi e questa vitalità, che noi credevamo smarrita,

rappresenta invece il sogno di una società diversa che non è poi così difficile da realizzare.

Avete da poco suonato al Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze. Qual è il vostro rapporto con la città?A Firenze siamo sempre stati accolti molto bene, in modo molto naturale. Musicalmente poi la città, soprattutto negli anni ‘80 e nei primi ‘90, quando è stata un punto di riferimento per la musica più undergound, è stata sempre molto interessante anche se – e questo forse è stato il suo limite – abbastanza chiusa. Quello che però Firenze non ha mai perso – soprattutto a livello di pubblico - è la grande vitalità di sempre.

Tornando al nuovo album, qual è il brano che secondo te rappresenta un po’ la summa del disco?Più che “Padania”, che è un po’ il riassunto dell ’album, sicuramente “Costruire Per Distruggere”, che ne è l ’analisi logica!•

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Ful e le muse

L'arte e MichelaAttraverso i suoi scatti Michela Del Forno, ritrae gli artisti nel momento più delicato e intimo, quello dell'ispirazione

Testo Whitethings, foto Michela del Forno

Sapevamo del progetto di Michela ma non ne avevamo mai parlato a fondo. Poi una telefonata e un incontro per parlare di questa idea ci ha aperto una porta per una vera fuga .... Il varco lo apre Michela dedicando a FUL e a tutti gli artisti una citazione a lei cara:

“...Finché le gambe mi permettono di fuggire, finché le braccia mi permettono di combattere, finché l’esperienza che ho del mondo mi permette di sapere che cosa devo temere o desiderare, niente paura: posso agire. Ma quando il mondo degli uomini mi costringe a osservare le sue leggi, quando il mio desiderio si scontra col mondo dei divieti, quando mi trovo imprigionato,

mani e piedi, dalle catene implacabili dei pregiudizi e delle culture, allora tremo, gemo e piango. Spazio, ti ho perduto e mi rinchiudo in me stesso. Ritorno sulla cima del campanile dove, con la testa tra le nuvole, fabbrico arte, scienza e follia...”[da H. Laborit - Elogio della fuga]Michela del Forno, che per il suo lavoro da anni incontra artisti e opere d’arte, ha pensato oggi di realizzare una serie di ritratti di artisti che vivono in Toscana, ambientati nelle loro case o nei loro studi. Ha cercato insieme a loro il luogo, la situazione, il gesto, l’espressione che li conducesse  al mondo dell’ ispirazione artistica. Sono scatti volti a cogliere il rapporto che corre tra l’artista e il suo mondo creativo: il momento cruciale dell’ispirazione, l’inizio di quel viaggio misterioso che poi si traduce in opera d’arte. In previsione una mostra a Firenze e una pubblicazione che includerà i ritratti agli artisti accompagnati da un loro breve scritto, un pensiero, una frase, un omaggio all’ispirazione che li guida. Come é nata questa idea ?«Ho sempre ammirato la libertà e il coraggio che gli artisti incarnano, il coraggio di dare forma all’idea, a ciò che non

RITA PEDULLA’ In questo ritratto ho voluto ricercare l ’essenza della donna, della femminilità. Rita incarna profondamente la donna, è moglie e madre, è sensibile, comunicativa, accogliente e i suoi quadri riflettono questa sua forza vitale. Nel mio ritratto il suo volto riflette la luce del sole che entra dalla finestra, rimando alla luna, archetipo femminile per eccellenza. Il suo sguardo è fiero, sembra provenire dalla profondità  senza tempo che racchiude il mistero della luce, sorgente di conoscenza ancestrale. Ci sono tre rose rosse che adornano il suo collo. Esprimono senza parole passione, grazia e quella quieta dolcezza che c’è in ogni dolore.

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IdentIkIt dI uno scattoMichela del Forno. Nata a Udine nel 1972, l'approdo alla fotografia avviene anni fa quando, parallelamente al lavoro caratterizzato dal pragmatismo e dall'organizzazione, Michela dà sfogo alla sua necessità di fuga dal razionale attraverso la fotografia. Dapprima come passione nei momenti liberi e ispirati per poi fare il salto nel 2008 e dedicarcisi totalmente a livello professionale. «Quindi la 'fuga' dal Friuli, mia terra natia,per seguire la mia passione in Toscana, luogo dell'arte per eccellenza, a cui sono approdati e continuano ad approdare tanti artisti attratti dall'arte, dalla bellezza e dalla grazia di questa terra».

LORIS CECCHINI L’ho voluto ritrarre rispecchiato in questa sua opera, a riflettere la sua poliedricità/molteplicità di visione, ( lui si vede riflesso per tre volte ) e si vede anche riflessa un’altra sua opera che rimanda ad una forma cere-brale, simbolo per me della sua curiosità e passione per i prodotti artificiali, per la chimica e la fisica degli elementi

necessariamente ha un fine funzionale ma che esprime e interpreta qualcosa che va oltre la ragione. Trovo tutto ciò estremamente bello, perché ha radici in quella sorgente del vero al di là della forma, della materia e del giudizio. E trovo infinita bellezza nell’audacia, il coraggio e l’impegno dell’artista, di colui che si dà, nonostante tutto ciò che richiede la civiltà, alla celebrazione  di questo mondo attraverso l’opera. Ho voluto quindi fare una serie di ritratti che in qualche modo fondano l’artista con la sua visione». Ma in questo modo non credi di avere reso prigioniero l’artista, rendendolo per sempre legato alla sua opera? Oppure attraverso l’arte ci si libera e si fugge la regola?«Il tema della fuga è particolarmente presente in me, ho sempre combattuto tra razionalità ed emozioni, con un forte senso del dovere a cui rispondere con la razionalità. Tra le linee rette della razionalità e del pragmatismo a cui siamo portati a rispondere c’è il mondo sensibile che dà vita a colore, suoni, che è infinitamente multiforme e altrettanto forte, vero e presente. La fotografia è per me ora il trait-d’union che mi permette di fondere queste due sfere e di avvicinarmi a un equilibrio. A volte la fuga, prendersi una pausa dal mondo, può essere il solo modo per poter trovare il tempo e lo spazio per fare i conti con se stessi.  La vita è azione e quando si agisce non si può fuggire dalle leggi che regolano questa vita e questo pianeta, quindi sì: l’unica fuga possibile è nello spazio della creazione, nel vuoto da cui tutto ha origine. Gli artisti hanno la capacità di attingere a quel vuoto e di dare forma al sensibile». Ricorda il gioco delle scatole cinesi. Un perpetuarsi di punti di vista, di visioni rese infinite con ogni mezzo.«Io credo che non ci sia via d’uscita a questo dualismo, che ci sia d’accettare tutti e due gli aspetti. L’atto di fede all’arte, quando si è veri e profondi,  è un impegno, una responsabilità oltre che una necessità per l’artista. E allo stesso tempo è il soffio di libertà che respira e gli dà la vitalità, la sua ragion d’essere in quanto artista e persona». •

PAUL BEEL Ritrattista,  l ’ho ritratto contorto com’è lui e apparentemente distaccato. In realtà é sempre alla costante ricerca di un’umanità fatta di volti, di corpi, di carne. Pennellate che hanno in sè sempre una particolare tensione, un dramma che si percepisce nelle vene del colore nella tela anche nelle volte in cui ad una visione superficiale il soggetto sembra tranquillo, la scena spensierata. Quindi nella mia foto la torsione del capo , lo sguardo aperto che fa pensare ad una lontana inquietudine celata,rappresentata dal piccolo ritratto del ragazzino appeso con lo scotch alla parete che lo guarda.

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Il valzer dei provvedimenti

La Prefettura di Firenze emana

il divieto, principalmente rivolto ai minimarket, per la

vendita di bevande alcoliche in centro dalle 22 alle 3 del mattino e vieta di

portare alle cascine confezioni di bevande

alcoliche per feste improvvisatei locali

che somministrano gli shot drinks

Scendere a patti con la notte Con la firma del «Patto per la notte a Firenze» tutte le diatribe sembrano risolte. I sigilli dai sei locali di via de’ Benci sono stati tolti, i residenti non si lamentano più e i giovani sono tornati a godersi la notte. Ma per quanto ancora?

Testo di Jacopo Aiazzi, infografica Ilaria Marchi

Divertirsi in città

La storia dei provvedi-menti presi in questi anni per tutelare la quiete pubblica del centro storico dovrebbe insegnarci che la strada

delle sanzioni e delle proibizioni non funziona nel lungo termine. E a poche

settimane dalla firma, la situazione già scricchiola.Alcuni gestori dei locali posti sotto sequestro in via de’ Benci lamentano la scelta dell’autorità giudiziaria di aver condotto indagini e verifiche sotto coper-tura tra settembre e ottobre 2011, anziché informando gli esercenti del problema e

cercando da subito una soluzione condi-visa. I residenti della zona sono i primi a parlare di un provvedimento eccessivo, soprattutto in un periodo di crisi. D’altra parte però è chiaro che si generi confu-sione se si continua a vendere alcool in locali pieni, costringendo i clienti a river-sarsi in strada.

1 marzo

200820 aprile

20096 agosto

201020 dicembre

201026 marzo

2012

Il Comune di firenze propone il divieto di somministrare

bevande alcoliche dalle 22 alle 3

per i minimarket, i negozietti gestiti

principalmente da stranieri.

provvedimento sperimentale in vigore

fino a maggio 2009 intitolato «misure

urgenti in materia di pubblica sicurezza»

Il provvedimento entra in vigore

Denunciato gestore di un minimarket

in via dé benci per vendita di bevande

alcoliche oltre l'orario consentito

Stop agli shottini. il comune di firenze

e le associazioni di categoria dei locali

(fiepet confesercenti e fipe confcommercio)

sottoscrivono il nuovo codice di

autoregolamentazione. previsti provvedimenti

disciplinari (fino all'espulsione dalle

associazioni di categoria) per i locali

che somministrano gli shot drinks

Palazzo Vecchio introduce il divieto

di «pubblicizzare con qualsiasi mezzo,

visibile dall'esterno del locale, offerte

speciali che inducano il consumo di

alcolici». Prevista dal testo unico sugli enti

locali una sanzione di circa 500 euro

1 marzo

2009

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A questo va sommata la scarsa incisività del patto firmato dagli esercenti di via de’ Benci a Palazzo Vecchio. Con questo accordo viene introdotta la figura dello steward e una «patente a punti» per i locali. I gestori si impegnano a mante-nere pulita l’area esterna in prossimità della loro attività, a dotarsi di «addetti alla clientela» ed evitare che la musica sia percepibile all’esterno. In cambio l’am-ministrazione comunale si impegna ad effettuare controlli assidui per quanto riguarda il traffico e a vigilare sull’attività dei minimarket, oltre a tenere aperte le toilette dalle 20 alle 3 del mattino. Regole in gran parte già previste o quantomeno logiche (come mantenere i bagni pub-blici aperti o vigilare su eventuali infra-zioni), che difficilmente determineranno a lungo una più civile convivenza.Di assenza di dialogo ci parla anche Alessandro Soltani, proprietario del

Caffè Sant’Ambrogio, che ha perso il 16 maggio la licenza per tenere i tavolini esterni. Il provvedimento però ha fatto peggio che meglio: l’affluenza delle per-sone non è diminuita e di conseguenza neanche il rumore, ma sono aumentate le proteste del Quadrifoglio per l’eccessivo e quotidiano degrado della piazza. I gestori dell’attività, infatti, perdendo la possibi-lità di gestire la piazza, hanno visto deca-dere l’obbligo di tenerla pulita. Più volte il locale si è trovato costretto a chiamare le forze dell’ordine e a non vederle arrivare, a dover interloquire con un parroco che preferisce gettare l’acqua sulle gradinate, coprire una parte di esse con grosse fio-riere (utilizzate da alcuni avventori per nascondere hashish e ben lontane dal concetto cattolico di condivisione degli spazi) o transennare la zona per impe-dirne l’accesso. Il titolare dell’esercizio ha più volte cercato una soluzione condivisa

anche con il precedente presidente del Quartiere 1. Anche qui nessuna risposta. In compenso il locale ha deciso di venire incontro alle esigenze di Quadrifoglio, impegnandosi a pulire quotidianamente la piazza senza averne l’obbligo. Con gli ultimi, afosi, giorni di giugno il «Patto per la notte a Firenze» si è esteso a Santo Spirito, San Niccolò e Sant’Ambrogio, dove il locale si doterà nuovamente di sedie e tavoli per l’esterno, e dovrà pulire la piazza. L’unica cosa che dovrebbe cambiare è il numero di poliziotti della Municipale, per creare un artificiale clima di calma e rispetto. Il rispetto, oltre ad essere un componimento lirico popolare di contenuto amoroso, è il sentimento che induce a riconoscere i diritti e la dignità di qualcuno. È qualcosa che si impara e non si incute.La vera battaglia viene giocata contro i minimarket (gestiti principalmente da stranieri) ma sono bastate una simpatica iniziativa lo scorso 29 maggio e 600 per-sone che denunciavano l’inizio del proi-bizionismo per smuovere gli animi. Ma ora che è tutto risolto possiamo andare a farci una bevuta; sperando che nessuno si lamenti.•

Con questo accordo viene introdotta la figura dello steward e una «patente a punti» per i locali. E i gestori si impegnano a mantenere pulita l’area esterna in prossimità della loro attività

25 maggio

201229 maggio

201231 maggio

201211 giugno

201213 giugno

2012

La procura pone il sequestro preventivo

per sei locali di via dé benci:

moyo, red garter, lochness, kikuya,

oibò e soul kitchen. I reati ipotizzati sono disturbo alla quiete

pubblica e, solo per alcuni esercizi,

occupazione abusiva di suolo pubblico

I locali sotto sequestro organizzano

un flash mob di protesta. circa 600 persone si sdraiano

in via dé benci in pigiama e munite di

cuscino

Il sindaco di firenze Matteo Renzi propone

ai titolari dei locali sequestrati in via dé

benci, ai residenti e alle associazioni

di categoria, un “patto” composto da quindici articoli. venti

bonus iniziali, una decurtazione per ogni violazione fino al ritiro

della licenza.

i gestori dei locali firmano a palazzo

vecchio il “patto per la notte a firenze”

e annunciano l'intenzione di costituire

un'associazione denominata

“esercenti di via dé Benci”

Viene tolto il sequestro ai locali di via dé benci. Gli

esercizi possono riprendere le loro

attività purché osservino alcune

prescrizioni del gip di firenze: bevande

consumate solo all'interno del locale e vietati i bicchieri di

plastica.

35 minimarket del centro storico di firenze (su 53

verificati) sono stati denunciati per vendita

di alcool dopo le 22

6 giugno

2012

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Una decina di anni fa prendevano vita gli avatar di “Second Life” e “The Sims”: molti sposarono l’ipotesi di un nuovo e pericoloso rifugio dove nascondersi dalla realtà quotidiana, costruendo personaggi ed esistenze ideali, anonime e virtuali.Senza entrare nel patologico, ad oggi il “vivere” digitale si è evoluto, per lo più, verso strade differenti: dalla realtà virtuale a piattaforme dove condividere interessi, problemi e quotidianità attraverso blog, social network e social media.

Lo sanno bene Chiara Ferretti, Michela Simoncini, Costanza Giovannini, Ilaria Salvalaggio, Marilena Colasuonno, Rossella Di Maria e Miriam Lepore, le organizzatrici delle “Girl Geek Dinners” (GGD) Toscana, ovvero cene, aperitivi e incontri destinati a donne appassionate di tecnologia, Internet e nuovi media.Noi le abbiamo incontrate per parlarci del progetto, delle loro passioni e del loro stile di vita 2.0 in un’intervista a più voci.«Il gruppo Girl Geek Dinners (GGD) Toscana –racconta Michela- nasce all’inizio del 2010 da un’idea di Chiara Ferretti, quando scopre il progetto inglese e contatta alcune di noi su Twitter; così, sulla scia degli altri gruppi italiani, si sviluppa anche il nostro».Le prime GGD nascono a Londra nell’agosto 2005, quando Sarah Blow, programmatrice inglese, stanca di essere circondata da colleghi maschi nelle uscite serali, comincia ad organizzare cene per donne che lavorano nell’ICT, ad oggi estese in tutto il mondo.«Il concetto alla base delle GGD –spiega Chiara- è quello di collegare esperienze, conoscenze e competenze che ruotano intorno alle nuove tecnologie con incontri conviviali, mirati ad enfatizzare come il punto di vista femminile in certi ambiti possa essere una chiave di successo e confronto: gli uomini sono ammessi solo se invitati da una ragazza».In Toscana sono stati organizzati, fino ad oggi, cinque eventi molto seguiti in collaborazione con importanti realtà locali, e non, come Fnac, BTO, Casa della Creatività, Festival della Creatività e Multiverso.«Il primo incontro –ricorda Ilaria- aveva come tema i social media,

.20

Tempi moderni

Girl geek dinnersfemminilità 2.0Da un'idea nata in inghilterra, un'interessante fenomeno che lega media, web e nuove tecnologie declinandole al femminile

Testo di Giorgia Biagini, foto di Marilena Colasuonno

Il concetto alla base delle GGD è quello di collegare esperienze, conoscenze e competenze che ruotano intorno alle nuove tecnologie con incontri conviviali, mirati ad enfatizzare il punto di vista femminile

costanza

chiara

michela

ilaria

marilena

miriam

rossella

Page 21: Firenze Urban Lifestyle - 5

poi abbiamo parlato di Foursquare e geolocalizzazione, food e wine blogging, fotografia digitale, lomografia e travel blogging. Ci teniamo affinché gli eventi siano gratuiti, anche se non sempre ci riusciamo, e per questo abbiamo bisogno di nuovi sponsor per supportare le serate. Cerchiamo di realizzare, inoltre, anche dei piccoli gadget per le nostre ospiti».Quando chiediamo alle ragazze di raccontarci il rapporto del progetto GGD con i social media e il web 2.0 non hanno dubbi: «Tutta l’organizzazione si basa sull’uso dei social –afferma Rossella. Noi stesse, ci “incontriamo” lì e “parliamo” con Skype, perché a volte è difficile potersi vedere a causa dei nostri impegni personali e di lavoro». «I social network –continua- sono, inoltre importantissimi in tutte le fasi della GGD. Prima, per la definizione dell’evento, per comunicare i contenuti della cena e per invitare le ragazze ad iscriversi; durante, per postare e twittare live; dopo, per pubblicare le foto, ascoltare i feedback degli

intervenuti e per i ringraziamenti».Quello delle GGD è un stile di vita “social” per eccellenza, una passione che le accompagna nella loro quotidianità. «Ormai -racconta Miriam- la presenza sui social network si sviluppa nell’arco delle 24 ore: la mattina ci svegliamo e facciamo una foto con Instagram, ci lamentiamo della coda alle posta su Twitter, coinvolgiamo gli amici per un aperitivo su Facebook, e così via. Entriamo e usciamo dai vari account a seconda di cosa e come vogliamo condividere».I social network non rappresentano, quindi, la fuga nella realtà virtuale, la creazione di un’identità parallela e, in qualche modo, sospetta. Conclude, infatti, Miriam: «I social per le GGD sono strumenti indispensabili, dal blog, a Facebook e Twitter, poi creiamo un contatto reale attraverso le nostre cene».Le ragazze sono a lavoro per organizzare il prossimo, importante, appuntamento GGD Toscana in autunno: seguitele per aggiornamenti e iscrizioni! ...Dove? Ovviamente sul web!

Blog & Web Site www.girlgeekdinnerstoscana.comFacebook www.facebook.com/girlgeekdinnerstoscanaTwitter https //twitter.com/ggdtoscana

21.

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think benci, nuovospazio

alla creatività

Nella straordinaria scenografia della villa fiesolana di Bencistà, la giovane designer

Anna Moggi promuove eventi artistici sempre all’avanguardia. Un modo nuovo per stimolare la

fantasia e promuovere l’arte

Testo di Cristina Battaglini, foto Think Benci

Immaginatela nel ‘300, possesso della nobile famiglia Valori, celebrazione della nobiltà fiorentina; scorrete il te-lecomando spazio-tempo fino al ‘400 e vedrete la dimora rinascimentale di un personaggio di grande autorità fiorentina quale Bartolomeo Niccolò,

più tardi di Bartolomeo di Filippo Valori che Cosimo I volle decapitare per infedeltà. Confi-scata alla famiglia Valori, entrò nelle mani della chiesa fiorentina e vi rimase a lungo: dal vescovo Minerbetti nel 1542, fido partigiano mediceo, il quale le dette il nome di Bencistà; alle monache di Sant’Anna di Prato nel ‘700. Divenuta dun-que un convento per 150 anni, la sua storia con-tinua tra passaggi di vendite fino ad arrivare nel 1925 nelle mani di Carlo Böcklin, anche lui ar-tista -figlio di Arnold Böcklin, pittore svizzero dalle atmosfere inquietanti che fu tanto ispirato dalle suggestività fiorentine - che nella camera 34 realizzò il suo studio dalla cui finestra oggi troviamo il busto del padre che guarda tutto il “ben di dio” del panorama fiorentino.

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Angoli di città

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Il soggetto in questione? Fiesole, Villa Bencistà. La famiglia Simoni, proprietaria a tutt’oggi della villa, l’ha adibita a pensione e Anna Moggi, giovane designer fiorentina della famiglia Simoni, è ideatrice del progetto Think Benci, collettivo di organizzazione di eventi e progetti artistici. Quando si dice adibire spazi giusti a cose gustose! Ai piedi del nostro paradiso fiesolano, la pensione Bencistà è la cartolina perfetta per presentazioni di progetti, workshop e qualsiasi rappresentazione di sorta culturale. Think Benci promuove un turismo culturale che abbraccia prevalentemente il settore del design. «Il primo nostro progetto è stato il re-design del menu dell’Hotel- ci spiega Anna- poi abbiamo contattato un po’ di illustratori interessanti e abbiamo scelto Umberto Mischi che è stato ospitato a Bencistà in cambio del re-design del menu. Attraverso Think Benci avviene una stretta collaborazione con il designer ospitato, dove il soggetto può sperimentare la location e vivere il clima della famiglia e dell’albergo. Nel caso del menu Umberto ha provato tutti i piatti, cenato con la famiglia e nel ristorante dell’albergo, prima di iniziare a disegnare». Il secondo progetto è stato quello di Designer in Residence, che ha visto protagonisti Elisa e Maurizio dello studio Bomboland. Sono stati invitati a fare una sorta di performance durante l’inaugurazione del Centro Benessere dell’Albergo. La performance consisteva nell’illustrare live le cartoline per il centro benessere. Attualmente, Think Benci ha appena finito di curare il progetto Design with a View, dal 6 all’ 8 Luglio, il primo grande evento con l’intento di creare un momento per stimolare il dialogo sul design e la creatività in generale, dove professionisti del design, studenti nazionali e internazionali e persone interessate alle tematiche, hanno avuto la possibilità di incontrarsi e confrontarsi.... una sorta di “Bencistà nuovo caffè culturale”.•

«Attraverso Think Benci avviene una stretta collaborazione con il designer ospitato, dove il soggetto può sperimentare la location e vivere il clima della famiglia e dell’albergo»

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Se dovessi scegliere una citazione di un film per descriverlo, sceglierei la frase finale di Mediterraneo, «dedicato a tutti quelli che stanno scappando». Aggiungerei - dopo una virgola – «con stile». Perché se volete fuggire da Firenze c’è un modo assolutamente spettacolare per

farlo: via fiume. Provate a cercare «in barchetto sull’Arno» su Internet, vedrete che non sono impazzita. Per rendere più verosimile questo mio breve racconto

bimestrale con voi affezionatissimi, ho deciso qualche giorno fa di sperimentare l’esperienza in prima persona, con me quindici amici ignari di dove li avrei portati.Alle ore 17 di una calda e assolata domenica, ho trascinato i giovani malcapitati giù dalla discesa dei Canottieri (Lungarno Diaz con Piazza Mentana). Lì ad aspettarci due barchetti, Cigno e Mosè, e tre caronti, Antonio, Marco e Paolo. In realtà i caronti non erano caronti, ma «renaioli».Per chi non lo sapesse, i renaioli fiorentini sono stati coloro per

Unicità di città

Magnif ica, lentissima fuga.Via f iumeStoria di un’ insolita prospettiva per innamorarsi (di nuovo) di Firenze, un’esperienza per proteggere e conservare l’ambiente fluviale della nostra città

Testo e foto di Teresa Tanini

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La sensazione è di stupore e meraviglia: da questa nuova, insolita prospettiva, ci si trasforma da abitanti distratti in turisti a bocca aperta nella propria città

secoli hanno faticosamente estratto dal fondo del fiume Arno la rena, componente della calcina che veniva utilizzata per costruire case e palazzi.Antonio, Marco e Paolo non fanno ovviamente i renaioli nella vita, ma hanno il merito di aver fondato, nel 1995, l’Associazione «I Renaioli» con il preciso intento di recuperare e conservare i barchetti (i pochi rimasti dopo l’alluvione del ‘66), di promuovere la navigazione sull’Arno su tali imbarcazioni, di difendere e conservare l’ambiente fluviale come patrimonio storico-ambientale.Tornando alla domenica di cui sopra, una volta svelata la sorpresa, siamo saliti in barca, otto di noi su Cigno, otto su Mosè. Appena preso il largo, nonostante la canicola, una brezza gentile (e per niente puzzolente, come si potrebbe facilmente insinuare!) ha iniziato soffiare, rinfrescando renaioli e passeggeri, incautamente sprovvisti di cappellini o parasole per le signore.E mentre Paolo e Marco spingevano con due lunghe pertiche (no, niente remi) le imbarcazioni in legno colorato, Antonio ci ha raccontato storie e segreti di ponti, statue, condottieri, palazzi che, da lì – anche a noi fiorentini – sembrava di vedere per la prima volta.La sensazione è di stupore e meraviglia: da questa nuova, insolita prospettiva, ci si trasforma da abitanti distratti in turisti a bocca aperta nella propria città.Il giro, che dura 50 minuti circa e costa 12 euro, ci ha portato nel tratto di Arno più monumentale e denso di storia; passando sotto il Ponte Vecchio – scommetto il mio regno che anche a Terminator verrebbe la pelle d’oca dall’emozione - si è ufficialmente battezzati come cittadini di Firenze. Una volta sulla riva del fiume abbiamo salutato gli amici renaioli e siamo tornati a casa, arrostiti dal sole ma davvero contenti.Ripensandoci bene, forse ho scelto la citazione sbagliata: l’esperienza del giro in barchetto non può essere dedicata a chi sta scappando. Vista dal fiume, da quel barchino di legno antico e silenzioso, con il vento che soffia e il sole che splende, la città vi sembrerà bella come non l’avete mai vista, e vi sentirete così orgogliosi di farne parte, che non vorrete più lasciarla (almeno non fin quando tornerete sulla terraferma).•

Per prenotazioni: +39 347.7982.356Per maggiori informazioni: www.renaioli.it

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Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscurache la dritta via era smarrita.Ahi quanto a dir qual era è cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensier rinnova la paura!Dante Alighieri, Inferno

Ogni volta che inizio a scrivere non so mai bene dove voglio andare, e forse non conosco neanche il punto esatto in cui arrivare o gli argomenti da affrontare, ma semplicemente mi abbandono al fluire dei mie pensieri. Anche questa volta è proprio così, il tema di FUL questo mese è “Vie di fuga” e non ho assolutamente idea di che cosa scrivere. Mi soffermo. Cerco parole nella mia mente. Le dita scorrono veloci sulla tastiera e poi in automatico tornano indietro cancellando tutto.Questa volta niente sembra adatto. Tutto scontato. Subentra in me un leggero stato d’ansia, inquietudine, il respiro si fa mano a mano più corto e la sensazione di allontanarmi dall’obbiettivo sempre più vivida. La scadenza, la consegna dell’articolo, la testa vuota e la paura di non farcela…. Come posso uscire da questo caos?Come posso fare spazio ai pensieri impedendo al panico di pervadermi? STOP!!!Vi sto descrivendo ciò che provo, le sensazioni e le emozioni che mi invadono e che mi impediscono di portare avanti i miei progetti.

Quante volte vi sarà accaduto? Quante volte l’ansia arriva come un uragano prendendo il sopravvento? Sia nelle piccole cose che in quelle più grandi questo stato non ci permette di essere lucidi, non ci permette di affrontare la vita con forza e vigore e tanto meno di essere spensierati nell’affrontare nuove situazioni. Ognuno in questi momenti trova e utilizza strategie diverse per fronteggiarla, ognuno individua la propria via di fuga da quella situazione e da quell’incertezza che questo stato d’animo crea.Se siete seduti su una sedia e state leggendo questo articolo, interrompete la respirazione. Piegatevi all’indietro, alzate le braccia e respirate più volte profondamente.Questo piccolo esercizio vi ha messi in grado di respirare più intensamente? Quando stiamo seduti ripiegati su noi stessi l’addome contratto ce lo impedisce. Questa posizione distende i muscoli dorsali che devono essere rilassati perché la respirazione possa essere facile e completa. Se si cerca di non irrigidirsi contro un dolore o un disagio, la respirazione diventa spontaneamente più profonda e piena permettendoci di allentare le tensioni ossigenando tutto il corpo. Proprio nei momenti di tensione come ad esempio quando dobbiamo parlare in pubblico o affrontare una prova, dovremmo parlare adagio e respirare con calma, così facendo dovremmo riuscire a rilassarci mantenendo la concentrazione.Nei momenti di particolare stress, quando più impegni si accavallano e il tempo sembra non essere mai sufficiente, può capitare che la sensazione di non farcela s’impossessi di noi, e proprio in quei momenti tendiamo ad affannarci facendo in primis l’errore di non fermarci ad ascoltare il nostro corpo. Se oggi si è più consapevoli rispetto al passato dell’importanza del modo in cui respiriamo, lo si deve soprattutto ad una maggiore preoccupazione per la salute e all’attuale conoscenza del valore dell’esercizio e della respirazione.

Respira che ti passaA cura di Alice Colombini

Alice Colombini psicologa. Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di specializzazione Biosistemica, Vice-Presidente di Associazione Spontaneawww.associazionespontanea.com [email protected]

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