firenze urban lifestyle - ø

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free press .1 WWW.FIRENZEURBANLIFESTYLE.COM giugno 2011 n°00 Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011- Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali - Realizzazione grafica Ilaria Marchi MATTEO RENZI presente e futuro di una città in trasformazione VENTO NUOVO IN CUCINA Marco Stabile, giovane chef rivoluzionario la cui cucina sa di cambiamento, ci ha aperto le porte del suo ristorante Ora d’Aria, per aiutarci a guardare con occhio nuovi il mondo della ristorazione PIAZZA CHE VAI GENTE CHE TROVIA voi la scelta! Esistono alcune mete che rappresentano meglio di altre la notte fiorentina, luoghi che fondono lo spirito cittadino e la tendenza cosmopolita della città, incantando tutti noi.

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La nostra volontà è quella di dare un’ulteriore energia a quella forza intrinseca della città di Firenze. Vogliamo dar voce a quelle realtà e a quelle situazioni che spingono quotidianamente verso la volontà di riportare il fiorentino, il turista o il visitatore a vivere Firenze in ogni suo angolo e in ogni suo vicolo. La nostra voce fa riferimento a quelle forze nuove, quelle energie urbane che si respirano tra gli sguardi e i sorrisi della gente. Prestare questa attenzione alla città significa percepirne il mutamento, i colori. Puntiamo l’attenzione sul movimento urbano che talvolta pare invisibile ma che in realtà è la testimonianza più diretta di come la città percepisce la liquidità dei nostri tempi.

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www.firenzeurbanlifestyle.com

giugno 2011 n°00

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011- Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali - Realizzazione grafica Ilaria Marchi

MATTEO RENZIpresente e futuro di una città in trasformazione

VENTO NuOVO IN cucINAMarco Stabile, giovane chef rivoluzionario la cui cucina sa di cambiamento, ci ha aperto le porte del suo ristorante Ora d’Aria, per aiutarci a guardare con occhio nuovi il mondo della ristorazione

PIAZZA chE VAI gENTE chE TROVI… A voi la scelta!

Esistono alcune mete che rappresentano meglio di altre la notte fiorentina, luoghi che fondono lo spirito cittadino e la tendenza cosmopolita della città, incantando tutti noi.

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Daniel M

eyer

Ilaria Marchi

J&B

Jana Kim

Francesco Gori

Cristina Battaglini

Teresa Tanini

Alice C

olombini

Lorenzo Giorgi

Marco Provinciali

Care lettrici, cari lettori,

con un po’ di emozione, e un pizzico di orgoglio, vi diamo il benvenuto sulle pagine di questo pri-mo numero di FUL. Un magazine unico e diver-so da tutti gli altri, nel formato e nei contenuti. Ma questo potrete vederlo con i vostri occhi… Quello che però rende FUL davvero speciale è lo spirito con cui nasce, e per accorgervene non vi serviranno i sensi.FUL: Firenze Urban Lifestyle. Un giornale che nasce come atto d’amore verso questa città, la nostra città, unica al mondo. Unica, e speciale: al di là degli stereotipi, Firenze non è una sorta di museo all’aperto ma è una città viva, con un suo spirito, una sua creatività, una sua energia, che vive oggi un suo nuovo Rinascimento. Un fermento forse invisibile, ma indubbiamen-te percettibile: con la forza di un’onda marina, le mode, le stagioni e i cambiamenti penetrano

e travolgono tutto ciò che trovano dinnanzi, la-sciando poi, col passare della risacca, i loro segni. Ecco, noi abbiamo l’ambizione di voler cogliere il passaggio di quest’onda, proprio nel momento in cui ci sta travolgendo.Firenze è viva, e per questo va vissuta. A pieno: cultura, moda, arte, cibo, letteratura, locali, per-sonaggi speciali (e, si badi, speciali non vuol dire necessariamente famosi), eventi, musica,design, luoghi… Ogni pietra, ogni porta, ogni angolo, ogni vicolo di questa città nasconde una sua sto-ria, unica e speciale. E poi, i suoi straordinari abi-tanti, di nascita o di adozione: il risultato di una perfetta alchimia creatasi nel corso della storia tra la genialità di alcuni personaggi straordinari e quella caratteristica eccezionale, irresistibilmente popolana, della gente di questa città. Personaggi che, sono i veri protagonisti di questo giornale.

Insieme a voi, care lettrici e cari lettori.In questo nostro viaggio fantastico, non ma-cherà un versante più legato all’osservazione dei cambiamenti sociali, alle inchieste e all’indagine - mai scontata, mai banale - su ciò che si agita in questa città. Ogni Paradiso ha il suo frutto proibito…Basta saper guardare con gli occhi giusti: FUL vi prenderà per mano, portandovi a giro per Firen-ze, in una ideale camminata alla scoperta di una città piena di tesori nascosti. FUL sarà la vostra mappa del tesoro. E Firenze è un osservatorio privilegiato dello spirito di questi nostri tempi, di questo mondo liquido, dinamico, in continuo cambiamento, inafferrabile. Sospesa tra passato e futuro, figlia di un presente che non c’è. Eppure, è il nostro presente, la nostra vita, la nostra città. Venite a scoprirla, e a viverla, assieme a noi.•

Come disse qualcuno, «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare…». Non ho mai sogna-to, o neppure pensato, di fare il giornalista. È stato il giornali-smo che ha trovato me: è come se fossimo sempre conosciuti, ma ci siamo incontrati solo gra-zie ad una serie di coincidenze. Io questo lo chiamo Destino… Viaggiare, conoscere persone interessanti, intrufolarsi dapper-tutto, soddisfare la propria cu-riosità, imparare sempre qualco-sa di nuovo, dialogare coi lettori, scrivere… che volere di più?

Firenze l’è la mia città. La amo e la adoro. Mi piacciono i vicoli stretti, le realtà nascoste. Girarla con la mia vecchia bici-cletta era una cosa fantastica, era, perché adesso me l’hanno ruba-ta, mannaggia!!! Non vi dico l’età ma sono una giovane grafica a cui piace re-spirare la libertà, mangiare cose buone e ridere con gli amici.

Sono nato a Firenze il 20 giu-gno del 1981. In teoria dovevo nascere qualche mese dopo, ma mia nonna dava una festa e non avevo nessuna intenzione di per-dermela. O forse, visto che non sono un appassionato di vita mondana, volevo solo rompe-re le scatole. Dal punto di vista professionale, ho lavorato per tre anni all’Editoriale Olimpia, seguendo varie testate a diffusio-ne nazionale. E collaboro con la rivista Hot Italia Magazine.

Il viaggio è dunque il mio destino, dagli Urali fino a qua… e  ancor più in là, passo dopo passo, scatto dopo scatto, perché uno dei tesori che veramente ci appartiene è ciò che la memoria conserva di ogni soggetto che abita il mondo.

27 anni, fiorentino di nascita, campagnolo d’adozione, si occu-pa di estetica, cinema, letteratu-ra, politica, arte contemporanea, culture urbane, viaggi & ortaggi. Quando non scrive è in biciclet-ta, o a giro per sentieri, oppure a zappare nell’orto. Difficile trovarlo sul cellulare, controlla poco la mail, e con-trovoglia. Decisamente pigro e inaffidabile, è una strana creatu-ra, che si serve ancora di carta e penna per scrivere e della voce, dello sguardo e delle mani per comunicare con gli altri.

Cristina Battaglini 26enne va-gabondante tra Germania ed Austria, attualmente vive a Graz in veste di assistente di lingua italiana. Neolaureata in Studi Rinascimentali si chiede che ne sarà di lei, ma non sgomenta. Intanto scrive, poesia e svolge ardite performance poetiche in giro qua e là. Collabora come giornalista freelance in diverse riviste. Chiamatela anche La-dycri.

Fiesole, 1982. Vive e lavora a Firenze. Ha da sempre un rap-porto conflittuale con i propri capelli. Un amore immenso per il mare e un’antipatia profonda verso le meduse. Ascolta tanta musica, non si sve-glia la mattina, incline alla risata rumorosa, arrossisce per lontane associazioni di idee. Quando può ficca il naso nel mondo reale e virtuale alla ricerca di (belle) cose da vivere, regalare o anche solo da raccontare.

Sono Alice Colombini, vivo a Firenze e sono una psicologa… con quattro colleghi abbiamo deciso di dar vita ad un’associa-zione (Associazione Spontanea) in cui ci unisce la curiosità verso tutto ciò che è nuovo e creativo, la passione per la meditazione e per tutte le tecniche che favori-scono un contatto profondo con se stessi. Per Ful ho pensato di creare questa rubrica per dare la possibilità a chiunque di speri-mentare piccoli esercizi per al-lentare le tensioni quotidiane.

Lorenzo Giorgi. 28 anni, bar-man, viaggiatore ed aspirante fotoreporter, come molti miei coetanei ancora alla ricerca di un ruolo in questo tempo. L’importante è riderci su, dopo-tutto «le fotografie sono come le barzellette, se le devi spiegare vuol dire che non sono venute bene».

Alle ore 7 del 13 giugno 1982 sono entrato in contatto con le prime facce umane. Dopo un mese, assieme a Pablito Rossi, Tardelli e tutti gli italiani ero già campione del mondo. Il calcio divenne per me una ma-lattia. I posti che amo? I bar di quelli un po’ sudici e le piazze di quelle un po’ trasandate che poi in fondo in fondo sono la stessa cosa. Ad oggi una posizione da definire nel mondo del lavoro, domani chissà!!! Ma tanto la certezza, mica esiste…

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Santo Spirito Arduo è lo scontro… Amanti del Qua d’Arno o d’Oltrarno, a voi il duello. Forse, frugando in un cassetto, posso trovare ancora in qualche vecchio portafogli la tessera del Pop Cafè, quando ancora la facevano, sarà stato il duemila e qualcosa.Da allora Piazza Santo Spirito ha visto tante scarpe! Ne sono passate di persone, di serate, di incontri, perché si sa - va detto - si fanno proprio incontri di tutti i tipi in questa piazza ma più assurde sono le coincidenze! Perfino qua nelle lande austriache di Graz, dove ora lavoro, ho conosciuto diversi austriaci che, passati da Firenze, conoscevano Santo e se lo ricordavano come il loro posto preferito. Mi raccontano, con il sorriso negli occhi, dell’incontro ravvicinato dei personaggi pittoreschi che animano la piazza, (tanto per fare due nomi: i mitici Jimmy e Rolando…) che restano nel cuore - a quanto pare - anche ai tutti d’un pezzo amici asburgici. La gente sui gradini della basilica, pronta ad offrirti un giro di vino in cambio di una sigaretta ci mette poco a coinvolgerti nelle sua vita. Così si scopre di avere amici in comune, anche a distanza di migliaia di chilometri.

Ci si conosce tutti di vista in Santo, per lo meno gli habitué. Stesse facce, stesse abitudini, stessi orari. È una di quelle piazze dove puoi uscire il fine settimana e anche se non ti sei dato appuntamento con nessuno, puoi essere quasi sicuro che non rimarrai in solitudine a bere il tuo drink.

Da quando si è alzato il Volume alla piazza, è arrivata un po’ di nuova musica. Va detto, il locale piace. La concorrenza al Pop non sussiste. Due linee diverse, due gusti di gelato diversi: non si può stare a discutere se è più buono il cioccolato o la crema! Se hai fame non c’è problema.

Cenetta tranquilla o paninozzo veloce: ce n’è per tutti i gusti. In ogni caso cena e dopocena si rimanere qua in Santo, volendo si fa anche l’after, se avete un amico logorroico e qualche drink da sorseggiare. Il 16 agosto di mille anni fa si festeggiava la Festa di San Rocco, imbandendo una cena in piazza con tanti ospiti e festeggiamenti. Dal Medioevo si è forse cucito addosso a Santo Spirito quello spirito goliardico, familiare e accogliente che ancora oggi la piazza possiede, con i suoi bei platani centenari, che un affascinante cinquantenne mezzo spagnolo restauratore di libri un giorno mi fece notare.

Le Piazze di Firenze

Piazza che vai gente che trovi… A voi la scelta!Esistono alcuni luoghi che rappresentano meglio di altre la notte fiorentina, zone che fondono lo spirito cittadino e la tendenza cosmopolita della città, incantando tutti noi. Santo Spirito, Sant’Ambrogio, Santa Croce non sono semplici piazze, ma punti d’incontro di culture e di stili di vita diversi

Testo di cristina Battaglini, foto di Lorenzo giorgi

Arduo è lo scontro….Amanti del Qua d’Arno o d’Oltrarno, a voi il duello

engLiShVERSION>>>> Santo Spirito Even if you didn’t make any appointment, in this square you can be pretty sure that you won’t be alone having your drink. Since the opening of “Il Vol-ume” the music in the square has been changed: we must admit it, people like this restaurant! And it’s not competing with the “historical” “Pop café”, ‘cause they address to two different targets. In Santo Spirito it’s possible to spend the whole evening, from the aperitif to the after-dinner. Since the Feast of San Rocco, a big dinner in the square with many guests and events celebrated for the first time a thousand years ago, this square never lost its family-friendly spirit and its facetious attitude. ner in Santo Spirito and a quick stop in Santa Croce for a drink at the “Pic-colo” before to enter one of the several disco-bars between Santa Croce and Sant’Ambrogio.

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Questo è l’Oltrarno. Ma cosa offre invece il Qua d’Arno? Sant’Ambrogio, o meglio la piazza degli studenti radical-chic di architettura, o meglio la piazza con il «lampredottaio» forse più buono di Firenze (ma su ciò si potrebbe aprire un lungo dibattito), o meglio la piazza con un unico punto d’incontro, il Caffè Sant’Ambrogio: non c’è bisogno di scegliere, «o quello o chiodi», come si suol dire. Trovarsi in piazza Sant’Ambrogio vuol dire essere sicuri di incontrarsi. Tutto è raccolto e contenuto in questa piccola piazza che il fine settimana può far uggia a chi soffre di demofobia. Se in Santo possiamo anche trascorrere una serata senza trovarsi perché ci troviamo esattamente nel locale l’uno di fronte all’altro lato della piazza - magari senza cellulare - (lo dico perché è capitato), in Sant’Ambrogio non ci si sbaglia! Ma forse, mi son sempre detta, le casualità degli incontri di una serata sono la cosa più divertente che ci si possa aspettare. Seduti sui gradini della chiesa di Sant’Ambrogio ci si sente molto meno «squotter» che in Santo, chissà perché. Sarà forse per l’alone mistico del miracolo medioevale del calice insanguinato. Siamo nel 1230. Un vecchio parroco di nome Ugaccione trovò nel calice della messa gocce di sangue, da allora si ricorda il miracolo nella festa di Sant’Ambrogio, il 7 Dicembre. Se siete poi fortunati nel trovare un parcheggio in via della Mattonaia, provate ad alzare lo sguardo e porgete un orecchio verso la Casa Circondariale Santa Teresa, l’ex monastero femminile delle Carmelitane scalze: può darsi che sentirete lamenti o bisbigli. L’edificio ospita infatti la sezione dei detenuti in semilibertà del carcere di Sollicciano. Dalle suore ai carcerati, dal miracolo al caffè, architetti e lampredotto, tutto insieme mescolato, anzi shakerato con l’oliva nel bicchiere.

Santa Croce Resta (e ciò non vuole essere una graduatoria) la piazza della statua di Dante, la piazza più grande, quella che ospita baldorie giovanili sui gradini, concerti ed eventi. Da qui ci si muove bene per arrivare un po’ dappertutto, diciamo che è un po’ il centro nevralgico degli spostamenti. Sicuramente più dispersiva delle altre piazze, assicura varietà di frequentazione, ed è più un luogo di passaggio che di stazionamento. L’Australiano, ora meeting point di Erasmus e giovani turisti (per lo più americani - mi correggo - americane), ai tempi del Mud, il locale fiorentino della movida notturna di diversi anni

Sant’Ambrogio

engLiShVERSION>>>> Sant’Ambrogio is known as the square of the radical-chic stu-dents of architecture, but even as the location of the best Florence’s “lampredottaio”(even though this statement could open an end-less debate), or as the square with a single meeting place: the “Café Sant’Ambrogio”. Here everything is concentrated and there’s no risk of missing a date. Sitting on the steps of the church one feels much less “squotter” than in Santo Spirito, who knows why… Maybe it’s due to the mystique aura of the medieval miracle of the bloody glass: in 1230, in fact, the old priest Ugaccione found in the holy chalice some blood drops. This miracle is still celebrated every 7th of December.

engLiShVERSION>>>> Santa Croce. The square with the statue of Dante, the largest, the one that hosts concerts and events, and crowds of teenagers from all over the world on its steps during the warm summer evenings. Santa Croce is more a crossroads than a place where to stop. The “Australian pub” is now the meeting point for Erasmus students and young tourists (most-ly Americans). In the time of the “Mud”, the disco-bar of the Florentine sleepless nights of a few years ago, on the other hand, the Australian was an obligatory stop for the “pre-evening”, besides the “Bar Piccolo”, still a good place to have a drink. If one wanted to experience the dif-ferent faces of Florence in the same evening, we would propose: aperitif in Sant’Ambrogio, dinner and after din.•

fa, era una tappa d’obbligo come pre serata, insieme al bar Piccolo, buono sempre e comunque per un cocktail e… per tutti i gusti. Se i Francescani nel medioevo scelsero questa piazza come loro insediamento, oggi sicuramente è stata scelta dai giovani under venticinque. Inutile andare lì e continuare a lamentarsi del «pivellame» attorno. Poi, cari baldi giovani italiani, se non riuscite a resistere al fascino di stacchi di coscia d’oltreoceano, trecce bionde e piedini inchiodati alle evergreen flip flop, Santa Croce fa proprio per voi! Ad ognuno la propria piazza. Dimmi la tua piazza e ti dirò chi sei. Ma se, per una sera, volessimo fagocitare i vari volti di Firenze attraverso tre delle sue piazze più rinomate, potremmo fare così: aperitivo in Sant’Ambrogio; cena in Santo Spirito più stazionamento post cena sui vari fronti Pop/Volume; passaggio finale in Santa Croce per fare un salto al Piccolo e andare in chiusura in qualche locale disco-bar: tra Santa Croce e Sant’Ambrogio e la scelta non è poca. E ora che le miti serate primaverili lo permettono, la vita notturna di piazza è di rigore. Le nostre piazze italiane sono invidiate in tutta Europa per la loro bellezza e per la loro atmosfera «casalinga»e questo lo posso dire a gran voce, vivendo all’estero. Piazza che vai gente che trovi. A voi la scelta.•

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L’ inchiesta de il venerdì è suffragata da una serie di dati inerenti la nostra Regione: il 32% di bimbi frequentano gli asili nido, of-ferta di cure gratuite per i bambini come

la sigillatura dei molari permanenti e la spettrometria di massa, ticket per la procreazione assistita, investimenti per rilanciare il compartimento manifatturiero, borse di studio e prestiti d’onore per gli studenti, tirocini retribuiti a 400 euro al mese (metà a carico della regione, metà a carico delle imprese), investimenti nell’energia «verde», sanità efficiente e con i conti in regola, disoccupazione giovanile a livelli inferiori rispetto alla media nazionale (24 con-tro 28%). E poi ancora, riportiamo un paio di stralci dall’inchiesta: «istituzioni e cittadini si parlano», «c’è buon senso di cittadinanza», «lo spirito civico dei toscani viene da un orgoglioso passato di liberi comuni» e, dulcis in fundo, nelle parole del Presidente della Regione Enrico Rossi «va anche ricordata la tradizione comunista e il fatto che il Pci ha prodotto una classe dirigente onesta». Insomma, viv-iamo in un paradiso.Anche se non tutti forse non se sono accorti… È davvero tutto oro quello che luccica? Certo, l’analisi de il venerdì presenta dati interessanti, ma parziali; ci sarebbero molti altri elementi da prendere in considerazione per osservare lo stato del progresso economico e sociale della Toscana. Prendiamo il caso specifico dell’imprenditoria femminile, uno degli indicatori più interessanti in questo senso.Secondo i dati ufficiali divulgati dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile - Ente promosso dalla regione con l’obbiettivo di monitorare l’andamento delle imprese al femminile - nei dodici mesi analizzati dall’ultimo report (30 giugno 2009 -30 giugno 2010) le imprese femminili toscane sono aumentate del 2,6% (in assoluto 2.459 unità in più), mentre quelle maschili sono diminuite dello 0,4%. Emerge qui un primo un dato interessante: essendo il tessuto imprenditoriale toscano cresciuto dello +0,3% in totale, il dato è quindi interamente riconducibile all’imprenditoria femminile. Quindi: le donne imprenditrici rappresentano un motore fondamentale dello sviluppo. Come è ripartita tra le province questa crescita dell’imprenditoria femminile? Tutte le province hanno registrato tassi positivi: Prato è in testa, un significativo +5,5% nei dodici mesi di riferimento; seguono a distanza Lucca, Massa, Pisa, Firenze, Arezzo e Siena, con

La Toscana risulta al terzo posto in termini di tasso di crescita dell’imprenditoria femminile,

preceduta solo da Lazio (+5,0%) e Lombardia (+2,8%)

economia

IMPRENDITORIA en rose«Toscana felix»: questo il titolo di una recente inchiesta pubblicata su «il venerdì», (supplemento di La Repubblica), incentrata sulle politiche sociali ed economiche della Regione amministrata da Enrico Rossi, paragonate esplicitamente a quelle «mitiche» dei più avanzati paesi nordeuropei. Ma va davvero così bene?

Testo di Daniel Meyer, fonti elaborazioni Unioncamere toscana su dati infocamere-Stockview

engLiShVERSION>>>> According to the of-ficial data released by the Observatory on Female Entrepreneuership, in Tuscany during the last year the women owned businesses increased by 2.6%, while the men’s one decreased by 0.4%. These data show the importance of women as key-actors of the economical development.Comparing with other Italian regions, Tuscany hold the third position in terms of female entrepre-neurship’s growth rates. Nevertheless, Florence de-spite an increase of a half percentage point, remains the province with the less “femalized” economic sys-tem of the whole Tuscany (21.7%, markedly lower than the regional average of 23.7%).Another factor is represented by the women’s pres-ence in top management. In Tuscany in mid-2010 the share of women holding top positions is the 27.9%, more than one point higher than the na-tional average, with an increase by 0.5%. But if we enlarge the focus to the the whole EU, we notice that the European average of female manag-ers is around 33%, with a peak of 44% recorded in Latvia, closely followed by Lithuania (43%) and Estonia (38%). This means that even though Tus-cany find itself within the Italian average (23.7%), it is significantly far from the European one (which is around 33%) and back of beyond the Latvian 44%. However, things seem to be better when seen in perspective: women-owned businesses continue to grow at a rate of 2.6%, while the men are fall-ing down. And that’s not all. A significant portion of these new entrepreneurs are non-EU foreigners women (+7.7%), while the EU entrepreneurs grew by 5.4%. In a changing world, more and more dy-namic and globalized, women seem to be the most

grafico 1. Andamento delle imprese femminili per regione I semestre 2010Variazioni % rispetto al 30/6/2009 (fra parentesi: imprese femminili al 30/6/2010)

Lombardia(191.944)

Toscana(98.660)

Emilia(97.107)

Italia(1.421.085)

Veneto(108.656)

Piemonte(111.705)

Marche(42.184)

2,8%2,6% 2,4%

2,1% 2,0%1,7%

0,4%

variazioni dal 2,2% al 2,8%, mentre a Pistoia, Livorno e Grosseto le aziende «in rosa» ottengono variazioni dall’1,4% all’1,6%.Dati interessanti, ma che devono essere incrociati con quelli su scala nazionale per inquadrare meglio la questione. Dal confronto con le altre Regioni italiane, la Toscana risulta al terzo posto in termini di tasso di crescita dell’imprenditoria femminile, preceduta solo da Lazio (+5,0%) e Lombardia (+2,8%), superando di mezzo punto percentuale il dato medio nazionale (+2,1%) . Le imprese femminili toscane a metà del 2010 rappresentano come si è detto il 23,7% del tessuto imprenditoriale regionale, mentre la media nazionale è del 23,3%. Firenze, nonostante abbia registrato un incremento dell’incidenza femminile di mezzo punto percentuale, rimane la provincia con il sistema economico imprenditoriale meno femminilizzato della Toscana (tasso pari a 21,7%, inferiore alla media regionale di ben due punti). La presenza femminile nel tessuto imprenditoriale toscano è influenzata soprattutto dalle aziende più giovani, ovvero quelle create dal 2000 al 2009, che pesano sul totale delle aziende femminili per il 49,3%.Altro importante indicatore: le cariche nelle imprese al femminile. In Toscana a metà 2010 la quota di donne che ricoprono posizioni di vertice è pari al 27,9%, percentuale che supera di oltre un punto la media nazionale. Nei dodici mesi di riferimento, le donne che ricoprono un’alta carica sono aumentate dello 0,5%.Le uniche due province dove la partecipazione femminile ai vertici delle aziende ha subito una contrazione dalla metà del 2009 alla metà del 2010 sono Firenze e Pistoia (-0,3% in entrambe). Ma forse è ancora più utile e interessante incrociare i dati sulla Toscana e l’Italia con quelli europei, per avere un quadro ancora più completo ed esaustivo della situazione. Secondo i dati Eurostat, nei 25 Paesi dell’Unione europea circa un terzo dei manager è di sesso femminile, quindi siamo attorno al 33%. I paesi-guida, in questa classifica sono quelli baltici: la Lettonia è il Paese con la più alta percentuale di donne dirigenti (44%), seguita da Lituania (43%) ed Estonia (38%). Maglia nera, invece, a Cipro e Malta, che registrano una stima inferiore al 16%.Questi i numeri; bisogna però anche contestualizzarli, per trarne un’interpretazione più lucida. Anzitutto: in Toscana un’impresa su quattro è guidata da una donna; il dato non è particolarmente significativo, perché la media nazionale si attesta attorno al 23,3%, quindi è solo dello 0,4 inferiore. Quindi: la Toscana è, né più né meno, al livello complessivo del Paese. Media che è inferiore a quella europea, nettamente, perché quest’ultima si attesta attorno al 33%. E siamo lontanissimi dal 44% della Lettonia… Quindi, la situazione, per ora, non è particolarmente brillante. Meglio sembrano andare però le cose in prospettiva: le imprese femminili continuano a crescere, ad un ritmo del 2,6%, mentre quelle maschili diminuiscono. Quindi: le donne si stanno rimboccando le maniche e stanno diventando il motore della ripresa, sebbene questa sia molto lenta. Un’ulteriore riprova dell’importanza del fattore femminile viene dal fatto che le nuove imprese sono costituite soprattutto dalle aziende più giovani, e che una fetta importante

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di queste nuove imprese sia riconducibile a donne straniere, extracomunitarie (+7,7%), mentre le imprenditrici comunitarie sono cresciute del 5,4%. In un mondo che cambia, tra globalizzazione e mutamenti economici, le donne sembrano quindi essere le più abili ad intercettare i cambiamenti. Quindi - anche se non in tempi rapidi - una speranza per il futuro c’è.E Firenze? Qui il quadro torna ad essere meno roseo: il capoluogo toscano ha registrato un incremento dell’incidenza femminile di mezzo punto percentuale, ma rimane la provincia con il sistema economico imprenditoriale meno femminilizzato della Toscana (tasso pari a 21,7%, inferiore alla media regionale di ben due punti). Anche la crescita potenziale delle imprese a guida femminile è a

livelli inferiori rispetto alle altre province della Regione, dato che Prato che è in testa in questa classifica registra come si è detto un significativo +5,5% mentre Firenze si attesta a metà, attorno al 2,5%. E infine, una altro dato significativo: Firenze, assieme a Pistoia, è l’unica regione dove la presenza di donne al vertice delle imprese, anziché crescere, è diminuita, con una contrazione dello 0,3%. Non solo quindi Firenze non fa da traino alla crescita delle imprese femminili, ma, anzi, va lentamente, o controcorrente; segno che il capoluogo toscano non è (più?) centro di progresso e di sviluppo della regione, ma vive una situazione di stagnazione.E quindi: Toscana «felix»? Non proprio: non sempre, e non in tutti i campi. La ricerca della felicità forse non è ancora dietro l’angolo…•

media regionale donne

donnegrafico 2. Persone con cariche in imprese toscane per genere - I semestre 2010Variazioni percentuali fra il 30/06/2009 e il 30/06/2010

media regionale uomini

uomini

able to understand the changing. And to light up a candle of hope for the future.Our city, however, is still the one with the less “fe-malized” economic system of Tuscany. Therefore, Florence is not only unable to push up the growth of women-owned businesses in the whole region, but sometimes it even slows it down. This means that it doesn’t represent (anymore?) the regional reference point for progress and developing, but a city in a worrying state of stagnation.So, is it really the case, then, to speak about a “felix” Tuscany, as recently did the magazine Il Venerdì? Not always and not in all fields. Happiness is still not just around the corner …•

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La pubblicità è vecchia come il mondo. Infatti, come tutti sanno, cominciò il serpente a decantare

a Eva le virtù della sua frutta.

Cesare Marchi

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24 giugno

LA FESTA DI San giovanni BattiStaUn breve racconto per scoprire più da vicino il nostro santo Patrono. E con l’aiuto di tre giovani artisti fiorentini proveremo a chiederci cosa significhi oggi la figura del Battista

Testo e foto di J&B

Leonardo Magnani«Non so quale sia il significato attuale della San Giovanni a Firenze. Come ogni festa risponde all’esigenza di creare comunità. San Giovanni era la festa della luce. Sin dai tempi più remoti il cambio di direzione che il sole compie tra il 21 e il 22 giugno è visto come un momento sacro e magico. È per questo che nel mio lavoro ho inserito la farfalla simbolo di cambiamento ed evoluzione».

Per eventuali informazione o collaborazioni www.leonardomagnani.com

Quasi tutte le città del mondo hanno il proprio santo protettore, Napoli San Gennaro, Venezia San Marco, Milano Sant’Ambrogio, Bari San Nicola, Mantova Sant’Anselmo, Lecce Sant’Oronzo, Livorno e Palermo, galanti, Santa Giulia e Santa Rosalia, Trento San Giusto e via così più o meno all’infinito. Roma ne ha addirittura due, ma è città santa e quindi non c’è da

preoccuparsi. Quello che invece lascia perplessi è come in una pletora tanto fitta di santi, vi siano alcune città con lo stesso patrono. Provate a chiedere a un torinese qual’è il patrono della sua città e questo vi risponderà: San Giovanni. Fate la stessa domanda a Genova e la risposta sarà ancora una volta, San Giovanni; fatela ora a un fiorentino e rimbrotterà: San Giovanni, c’è anche i fochi. Ma perché la fantasia di una città ai piedi delle montagne, di una in riva al mare e di un’altra adagiata tra le colline e di molte altre ancora, ha tanto difettato? Evitando sterili campanilismi su chi per primo, dopo Salomè, si sia aggiudicata la testa del Battista, possiamo avanzare delle ipotesi e ritenere plausibile che parte della fortuna del patrono sia dovuta al giorno: il 24 giugno, ritenuto il solstizio d’estate. Da quando l’uomo ha avuto l’ardire di alzare il muso verso il cielo, il solstizio d’estate è sempre stata una notte magica. Una festa pagana a cui ben si adattava la pelle di cammello del profeta. E sia a Torino sia a Genova il Santo è festeggiato con un falò, mentre a Firenze si ricorre ai fuochi d’artificio che, seppur a modo loro, rimangono sempre falò, donando a tutta la celebrazione un delizioso esotismo pagano. Per motivi di spazio - e in vero di voglia – tralasceremo il come Genova e Torino abbiano scelto il Battista e ci occuperemo soltanto di Firenze. Sembra che il culto di San Giovanni sia arrivato in città con i longobardi, popolo di origine scandinava che si spostò dalla Pannonia in Italia, nella seconda metà del VI secolo d.C.Prima di questa invasione, tutt’altro che pacifica, Firenze era votata al Dio della guerra Marte, e si credeva che l’odierno battistero fosse sorto sulle basi del tempio dedicato alla divinità. Sebbene questa ipotesi sia oggi confutata dagli storici, l’idea che Marte sia stato cacciato per far spazio al profeta vagabondo rimase viva per numerosi secoli. In una terzina della Divina Commedia, Dante fece dire a un fiorentino:

Io fui de la città, che nel Battistacangiò ‘l primo padrone, ond’ei per questo sempre con l ’arte sua la farà trista

Passo che testimonia come aleggiasse il sospetto tra i fiorentini che Marte poco avesse gradito lo sfratto, ma che anzi ne fosse rimasto piuttosto incazzato.Un’accurata descrizione delle celebrazioni legate a San Giovanni Battista, risale al quattordicesimo secolo e porta la firma di Goro di Stagio Dati, un politico e mercante fiorentino con l’hobby della storia. A quanto ci racconta il Dati, i preparativi per le celebrazioni iniziavano addirittura due mesi prima con la creazione di vesti, drappi, pennoni e gonfaloni che dovevano, secondo preciso ordine, sfilare per la città. L’offerta più comune era la cera, alla quale oltre che la città contribuivano anche le terre sottomesse. Della serie, se comando io ti tocca anche onorare il mio santo. Sembra che in tempi più remoti a un uomo particolarmente fortunato venisse concesso anche l’onore di essere crocifisso. Fortunati, stavolta sul serio, erano alcuni prigionieri che veniva graziati a dimostrazione della clemenza della città, e che percorrevano la processione indossando particolari abiti. Le strade attraversate dalla funzione civico-religiosa erano abbellite con dovizia; piazza San Giovanni, ad esempio, veniva coperta di gigantesche tele azzurre sulle quali era ricamato un giglio giallo. Come si nota le celebrazioni del patrono erano abbastanza differenti da quelle di oggi. Si trattava di manifestazioni culturali e religiose finalizzate a saldare l’identità civica, e avevano una rilevanza diversa e superiore rispetto a quella attuale.Analisi a parte meritano i già citati fochi. Nonostante oggi identifichino meglio e più degli altri eventi la notte del 24 giugno, si tratta di una celebrazione relativamente recente. In uno scritto del 1563 si legge che la sera del 23 – e non del 24 – i fiorentini si recarono sotto Palazzo Vecchio per vedere lo spettacolo dei fuochi pirotecnici esplosi dalla Torre di Arnolfo.

engLiShVERSION>>>> The chronicles narrate that cult of San Giovanni has been brought to Florence by the Lombards, an ancient Scandinavian people who moved from Pannonia towards Italy, in the second half of the VI century A.D.Before this invasion, that was anything but peaceful, the city of Florence was consecrated to Mars, the god of the war, and it was a common belief that the today’s baptistery was built upon the foundations of an ancient temple dedicate to this deity . Although this hypothesis is today refused by the historians, the idea that god Mars was replaced from Giovanni, the wandering prophet, survived for centuries.The so called “fochi” (fireworks) certainly deserve a specific attention. In spite of the popularity they gained in recent years, they are a celebration introduced quite recently. A piece of writing of 1563 states that on the evening of the 23th (and not 24th) of June, Florentines met up in front of Palazzo Vecchio to see fireworks fired from Arnolfo’s Tower. It should have been quite a dark spectacle, although noisy, since the addition of potassium chloride (responsible of coloration) to the black powder date back only to the end of the eighteenth century. However, for people used to associate the bang with the whistle of a cannon ball and the mangled companions, the show shouldn’t have been anything but boring.•

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Una festa pagana a cui ben si adattava la pelle di cammello del profeta

valentino carrai«Mi piaceva l’idea del volto di Gesù tatuato per rafforzare la fede e la stima di Giovanni verso il cristianesimo. Al tempo stesso ho voluto decontestualizzare la figura del profeta, rivedendoli in chiave moderna».

Per saperne di piùwww.valentinocarrai.com

Stefano ramunno«Il mio San Giovanni, vuole essere un messaggio di rinnovata energia, un uomo antico sempre giovane che aspetta l’arrivo del messia per cambiare le cose. Un cielo ancora scuro che contrasta con l’estasi del suo sguardo e del suo corpo che invece sembra in ascolto, per ogni vibrazione nell’aria, per assolvere così all’importante compito cui è destinato».

Per maggiori informazioni sull’artista potete vistare il sito www.stefanoramunno.it

Dovette trattarsi di uno spettacolo rumoroso, ma ben poco colorato, dato che l’aggiunta alla polvere nera del cloruro di potassio, responsabile della colorazione, risale alla fine del XVIII secolo. Ma per persone che, per lo più, associavano allo scoppio il fischio di una palla di cannone e compagni sbudellati, lo spettacolo dovette essere tutt’altro che noioso. Ma quale è oggi il significato della festa di San Giovanni Battista e quale può essere il suo messaggio? Per scoprirlo abbiamo chiesto ad alcuni giovani artisti di dipingere un ritratto del profeta.

se sei interessato all’acquisto di questo spazio pubblicitario telefona allo +39 392 0857675 o scrivi a [email protected]

“La difficoltà non sta nel credere alle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie”

J.M. Keynes

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«S ono più vicino al lato oscuro della Forza», dice, con una certa dose di ironia, ma lasciando intuire che la vita lo ha reso più duro, meno illuso, e forse più solo. Parla lentamente, soppesando ogni cosa che dice, le sua parole sono come i colpi che scaglia sul ring: mirate e precise, vanno sempre a segno. Con chi non conosce sta in guardia, sulle sue; ma, se si va oltre al primo impatto, si intuisce una

personalità ricca e complessa. E molto diretta:«Mi piace esistere. E, per esistere, uno deve fare. Se stai rinchiuso non cresci. Ti devi confrontare». E Santi, nella sua vita, lo ha fatto. Tutto comincia con una grande passione per lo sport, che parte dal nuoto, per poi passare allo Shotokan karate; qui, capisce di amare di più il kumite, il lato legato al combattimento, e quindi passa giovanissimo agli sport da combattimento, principalmente attraverso pugilato e boxe thailandese, per poi approdare infine alla MMA (Mixed Martial Arts). Nelle sue parole, è stato un “percorso”: in parte istintivamente, in parte consapevolmente, è come se avesse seguito da sempre un filo invisibile, che lo ha infine portato all’MMA (uno sport da combattimento estremo, che mescola varie discipline, caratterizzato da incontri molto spettacolari ma anche cruenti).«L’ MMA era il mio obiettivo, ancora prima di conoscerla», racconta Santi. E spiega: «Non è uno stile vero e proprio, quanto un metodo di confronto». E il suo percorso, attraverso il mondo (è stato, tra i vari posti, in Thailandia, Olanda, Giappone, Brasile, alle Hawaii e a Fort Lauderdale, in Florida) e i diversi stili di combattimento, lo ha portato fin qui. Ma non è ancora finita. Santi è un grande “manager di se stesso”: un passo alla volta, si è sempre posto degli obiettivi, e via via li ha raggiunti tutti. Trovare nuovi obiettivi, mettersi in gioco: per lui, è quasi un’esigenza esistenziale. «A volte ho vinto, a volte ho perso. Mi sono tolto delle soddisfazioni, ho avuto delle delusioni, ma è stato il modo migliore per crescere. È nella natura di certe persone. Io ho bisogno di trovare un obiettivo. Mi spaventa il giorno in cui non avrò più», ammette. Ma aggiunge: «Non penso di fare l’atleta per tutta la vita. Sono cosciente del fatto che per tutti c’è un percorso di crescita, e poi un declino. Il limite più grande dei grandi atleti è quello di riuscire a capire il momento di smettere. E io voglio dimostrare di riuscire a farlo». È per questo che Santi, ancora in piena forma, sta già guardando oltre alla carriera sul ring. Insegna tutto quello che ha imparato sull’MMA al Centro Sport Combattimento di via Pergolesi, e ha dato vita in parallelo ad una sua accademia, che ha chiamato Dog Eat Dog, ispirandosi all’omonimo romanzo di Edward Bunker. «”Dog Eat Dog “ è un nome, un logo, rappresenta il significato più profondo del combattimento, di cui la MMA è la massima espressione». E non si ferma qui: il suo obiettivo è portare la MMA in Italia, con tutto il bagaglio di esperienza e professionalità che ha appreso a giro per il mondo. Un terreno ancora vergine, su cui c’è molto da costruire: per questo Santi ha già organizzato con crescente successo un suo evento, ribattezzato Slam, arrivato alla quarta edizione e a un palcoscenico internazionale, e a settembre lancerà anche un negozio online legato alla MMA, come stile di vita, che ha ribattezzato “Mad Dog Circus”. Un futuro da imprenditore: un’altra sfida per Santi, che non vuole essere una marionetta in un gioco più grande di lui, ma vuole scriverne le regole.Intanto però il ring è ancora al centro della sua vita. Quando parla di combattere, usa la parola “necessità”. «La vittoria è per me un discorso di vita e di morte, di orgoglio. Più vai avanti, più queste sensazioni diventano forti, è quasi una dipendenza».Vita e morte, paura e coraggio. Sul ring sono alle volte i due lati di una medaglia, alle volte la stessa cosa, uniti in un fatale abbraccio . «In tutto quello che faccio, la paura è una presenza costante. Tutti hanno paura, solo gli stupidi non ne hanno . Ma non è una paura che mi blocca o che mi paralizza: è un istinto di sopravvivenza, che ti spinge a fare le cose. Il coraggio è legato a questo: vuol dire andare, e mettersi in gioco». Per questo, il fattore mentale è fondamentale, e Santi lavora anche con un mental trainer. «Voglio alzare la qualità, fare le cose fatte bene, fare quello che faccio nel migliore dei modi».Ma c’è un’altra grande passione nella sua vita, l’unica cosa che forse può competere con il combattimento: il calcio in costume. Santi è - con orgoglio - un Azzurro di Santa Croce. Ha debuttato nell’edizione vinta coi Verdi; poi, l’anno dopo fu ricordato come quello della famosa “mega-rissa” che passò alla storia. Racconta Santi, non senza un pizzico di ironia: «Io ero nella mega-rissa… Nel mezzo della mega rissa». Arriva così una squalifica, ormai scontata.Quest’anno, Santi è a piena disposizione. «Io ci sono sempre. Se mi mettono in campo, io gioco. Il posto in squadra fissa non ce l’ho. Se fossi io l’allenatore, mi metterei in campo…», dice, scherzando, rivelando un lato ironico, e una sottile intelligenza, che però non ostenta. Il calcio storico per lui è «la più grande sensazione che abbia mai provato. Scendi in piazza, davanti a ventisette persone

Mondo dello sport

L’EQUILIBRIO DEL GUERRIERO Marco Santi, trentatré anni - pratese di nascita ma a tutti gli effetti fiorentino d’adozione -, un fisico imponente scolpito da anni di allenamenti, emana un’energia calma, ma anche minacciosa. Come un animale selvatico, silenzioso ma con i sensi spalancati, pronto ad attaccare al primo segnale di minaccia

Testo di Daniel Meyer, foto donata da Marco Santi

«A volte ho vinto, a volte ho perso. Mi sono tolto delle soddisfazioni, ho avuto delle delusioni, ma è stato il modo migliore per crescere»

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sul campo, ti sembra di tornare indietro nel tempo. E poi, il pubblico che ti incita… sono sensazioni uniche».Da un lato il calcio in costume è un modo per mostrare il suo legame con Firenze, dall’altro c’è un mondo di grandi amicizie e di valori legati allo spirito del calcio storico («non importa quanti anni hai,o da dove vieni, l’importante è lo spirito che porti con te»). Ma c’è di più: «Ho sempre praticato sport individuali. Giocare in squadra per me da un lato è un modo di stabilire un legame con le persone, molto forte, e dall’altro è allo stesso tempo un alleggerimento del mio essere», perché, nel combattimento, «se vinci sei solo tu l’eroe, se perdi sei solo tu lo stronzo».Ecco perché Santi ha lo sguardo che va lontano, rivolto sempre avanti. Per quelli come lui, cani sciolti, lontani dagli intrecci politici e dalle amicizie che contano, non esistono match «facili», non esistono scorciatoie, e lui lo sa. Per questo, non si tira indietro. Mai.•

engLiShVERSION>>>> “This world is a war, and the strongest wins.” Marco Santi is a warrior inside and outside the ring. He has been fighting across Europe and around the world. Born in Prato 33 years ago, but Florentine of adoption, in his life never drew back. Everything begun with a great passion for the sports, from swimming to the Shotokan Kara-te, where he realised his love for kumite, the com-bat-side of martial arts. Going through the whole bunch of combat sports (like boxing and Thai box-ing), he finally got to the MMA (Mixed Martial Arts), the extreme combat sport that combines var-ious disciplines, characterised by very spectacular but bloody fights. In his words, it was as if he has always been following an invisible thread even-tually leading to the MMA. “It was my goal, even before I knew it” he says, and explains: “it’s not a style itself, but rather a method of comparison”. His way throughout the continents and the differ-ent fighting styles, brought him very far. But it is not over yet. “Sometimes I won, sometimes I lost. I got some satisfactions, and some disappointments, but it has been the only way to grow. It’s in the nature of people like me: I always need to find new targets, but I know I won’t be able to be an athlete

lifelong. Every great athlete should know when is the time to stop. And my hour is not far to come.” For this reason, he’s already looking beyond his ca-reer on the ring. He teaches all that he has learned about the MMA at the Centro Sport Combatti-mento in Florence (via Pergolesi 11) and besides, created his personal academy, the Dog Eat Dog: “Dog Eat Dog is not just a name, or a logo, he says, it’s the deeper meaning of the fight, whereof the MMA is the ultimate expression”. His aim is to bring the MMA in Italy, that is still a virgin land to develop this sport. That’s why he organises the “Slam Fighting Challenge” (now at its fourth edi-tion), and in the next September is going to launch the “Mad Dog Circus”, an online shop linked to the MMA as a way of life. Fighting apart, the other great passion in Marco’s life, is the Florence’s tra-ditional “Calcio in costume”, where he plays in the team of the “Blues”. “The greatest feeling I’ve ever tried – he tells us. It’s like going back in time: an unique sensation!”. He won his debut against the “Greens”, then, in 2006 he got disqualified for tak-ing part to the notorious “mega-brawl” against the “Whites”. But this year, Santi looks forward for his return to the battlefield.•

IL currIcuLum deL guerrIero

«Questo mondo è una guerra, e vince il più forte». Marco Santi è un guerriero, dentro e fuori dal ring, e le sue non sono solo parole. Ha combattuto in tutta Europa, e a giro per il mondo: Campione Europeo di Muay Thai ISKA, secondo al Campionato Mondiale di Muay Thai WKA, terzo al Campionato Europeo di BJJ nelle cinture blu. E poi: professionista nel Vale Tudo, Muay Thai, K-1, Kick Boxing e Shoot Boxe, prima serie nel Pugilato, classe A nel Brazilian Jiu Jitsu e nel Grappling e con esperienza internazionale nel Karate. Nazionale italiano ai campionati mondiali WAKO di K-1, ai campionati mondiali WKA di Muay Thai, ai campionati mondiali Fila di Grappling, ai campionati europei IBJJF di Brazilian Jiu Jitsu, ai campionati euro-asiatici WMMAF di Shoot Boxe.

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matteo Renzi, Sindaco di Firenze. Chi meglio di lui per tenere a battesimo questo primo numero di FUL? FUL, cioè Firenze Urban Lifestyle, nasce infatti come atto d’amore verso questa città, la nostra città, unica al mondo, una città viva, con un suo spirito, una sua creatività, una sua energia, che vive oggi un suo nuovo Rinascimento. Sospesa tra passato e futuro, figlia di un presente che non c’è: Firenze è un osservatorio privilegiato

dello spirito di questi nostri tempi. Basta saper guardare con gli occhi giusti. Anche Renzi è coinvolto da questo rinnovamento, anche la sua storia, umana e politica, è un segno dei tempi che cambiano. Ma, per la posizione privilegiata che ricopre, ne è anche protagonista. A maggior ragione quindi nessuno meglio di lui può rispondere alle doman-de, ai dubbi, alle inquietudini, alle curiosità di chi ha la fortuna – e il privilegio- di vivere Firenze in questo momento.

La politica vive (anche) di etichette e Lei, Sindaco Renzi, è per tutti «il giovane» Sindaco di Firenze.È difficile essere un sindaco giovane in un Palazzo Vecchio?

«Giovane io? Ma via, ormai non tanto. Più seriamente, è vero, dal punto di vista anagrafico sono tra i sindaci più giovani, ma non collegherei le difficoltà e le sfide quotidiane che deve affrontare un sindaco con l ’età. Il lavoro da primo cittadino è più una questione di volontà, spirito di sacrifico, desiderio di fare bene per la propria città e per i propri cittadini, consapevolezza della grandezza e della bellezza del compito che è stato affidato dagli elettori».

Picasso disse una volta: «Ci vuole molto tempo per diventare giovani». Al di là della pura anagrafica, cosa significa per lei essere giovane?

«Mi piace citare un frase di Antoine de Saint-Exupery, tratta da un libro erroneamente ritenu-to spesso riservato ai più piccoli, ovvero ‘Il Piccolo Principe’: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”. Essere giovane significa sostanzialmente questo, rimanerlo nello spirito e nel pensiero. E in base a questo convincimento si può essere giovani fino a novant’anni».

È dal 1966 che a Firenze non c’è un evento che riesca davvero a «smuovere le acque»… o no? Il Festival d’Europa è appena finito: Firenze è davvero solo un bel «museo a cielo aperto» o saprà crescere, adattarsi, re-inventarsi come una moderna città europea? E come potrà farlo?

«Beh, quasi quasi direi “per fortuna” visto com’è andata nel 1966. Ma a smuovere le acque ci pro-viamo tutti i giorni. L’amministrazione sta cercando di scacciare l ’immagine di Firenze ridotta a un “museo a cielo aperto”, bellissima, certo, ma immobile, e di farne sempre di più una realtà vi-vace dal punto di vista culturale, ambientale, politico, turistico. Avete giustamente citato l ’appena concluso Festival d’Europa, un appuntamento prestigioso che ha riconosciuto a Firenze un nuovo protagonismo in campo internazionale. Eventi come questo e altri  - penso anche a Florens, alle iniziative legate all ’attività congressuale della Fortezza da Basso, al ruolo della moda, al Festival del Maggio musicale fiorentino - devono segnare sempre più frequentemente la vita cittadina e contemporaneamente aprire la città al mondo. E quindi al futuro».

La Notte Bianca: un grande evento, amato e di successo… Ma gli altri 364 sono «giorni grigi» per i giovani? Cosa fa, e cosa farà, il Comune in concreto per dare ai giovani diverti-mento e cultura?

«Non sono d’accordo. Oltre alla “Notte Bianca” il Comune ha promosso altre iniziative: dal Capo-

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Personaggi

MATTeO Renzi, PRESENTE E FUTURO DI UNA CITTà IN TRASFORMAzIONEDopo uno stallo politico e non, durato decine di anni, qualcosa lentamente sembra si stia muovendo, nella nostra città come nel resto della nazione. La parola quindi al nostro primo cittadino per capire meglio quale sarà la direzione di questo cambiamento.

Testi di Daniel Meyer

L’amministrazione sta cercando di scacciare l’immagine di Firenze come di un “museo a cielo aperto”,

bellissima, certo, ma immobile

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danno in piazza, che è tornato nel 2010 dopo anni, al cartellone dell ’Estate, dalla Festa Tricolore al Festival del gelato, passando per iniziative sportive, gastronomiche, di solidarietà, che ogni settimana caratterizzano la città. Non credo che a Firenze manchino gli eventi, magari dovrem-mo essere noi per primi più bravi a comunicarli meglio. E quanto alla cultura in senso stretto, nel primo anno della nuova legislatura abbiamo fortemente voluto il museo di Palazzo Vecchio e la Bi-blioteca delle Oblate aperti fino a mezzanotte. Per dare un’opportunità diversa del solito drink se-rale al bar in centro. E soprattutto far capire che per noi la cultura è importante, non solo a parole».

Capitolo lavoro. La disoccupazione è ai livelli medi italiani, ma il dato non è confortante. Avremo una città di «figli di papà», dove il figlio dell’avvocato fa l’avvocato, quello del notaio il notaio, quello del macellaio il macellaio… e tutti gli altri laureati e disoccupati? O devono andarsene? Come se ne esce? Che farà il Comune per favorire le politiche del lavoro per i giovani?

«La situazione nazionale non è rosea, il Governo ha sottovalutato la crisi e non ha messo in campo misure efficaci. Dal punto di vista locale, però, il Comune non ha molti margini di manovra per incidere davvero nel mercato del lavoro. Possiamo aiutare la formazione, in questo caso tramite l ’Assessorato alle politiche giovanili che promuove progetti e bandi in questo senso. Il Comune, inoltre, si è impegnato - e continuerà a farlo - in situazioni difficili di aziende del territorio, come la Seves, stabilimento fiorentino specializzato nella produzione di mattoni in vetro i cui lavoratori sono stati in cassa integrazione per un anno e mezzo. Non ci sono soluzioni magiche, ma da parte nostra non manca la volontà di fare la nostra parte, con impegno».

Politica e generazioni. Ci faccia il nome, restando in ambito fiorentino, di un giovane pro-mettente e di un «vecchio» insostituibile.

«Il “vecchio”: Silvano Sarti, presidente dell ’Anpi provinciale. Il “giovane”: il piccolo Andrea, nove anni, che due anni fa mi scrisse una lettera in cui spiegava che Firenze era sporca e che voleva pulirla tutti insieme. Da lì è nata l ’iniziativa “Un bacione a Firenze”. Fare politica è proprio questo: interessarsi dei problemi veri delle persone e delle città in cui viviamo, e vivere portando alto l ’esempio di una esistenza vissuta all ’insegna del rigore e dell ’amore per la propria Nazione».

Un film, e una canzone, che per lei raccontano Firenze.

«Sarò scontato, ma se penso a un film su Firenze non posso non citare “Amici miei” , che incarna davvero lo spirito di questa città. E per quanto riguarda una canzone, direi Grace degli U2. Che è sia un nome di donna, ma anche un atteggiamento, uno stile, un comportamento, un modo di essere».

Lei è tifoso della Fiorentina. Capitan Montolivo è tentato dalle grandi squadre. E Capitan Renzi non sente il richiamo di Roma?

«No, sono interessato solo a fare il sindaco della mia città fino al 2014 e, se i fiorentini mi voteranno di nuovo, anche fino al 2019. Montolivo non ha vinto elezioni, mi sembra».

Posto che Firenze è bella, tutta, qual è il suo personale «angolo più bello di Firenze»?

Amo molto Palazzo Vecchio, il luogo dove lavoro ma anche dove sento ancora pulsare tutto il peso della storia, della cultura, dell ’arte di Firenze. Ma anche il Parco delle Cascine: uno spazio aperto preso molto a cuore dall ’amministrazione e per il quale abbiamo tanti progetti per renderlo ancora più bello e fruibile da parte dei cittadini.•

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engLiShVERSION>>>> Mayor Renzi could be considered the symbol of the renewal of Florence in recent years.You are universally known as the “young” Mayor of Florence. Is it a hard job for such a young person?I’m convinced that youth is more a state of mind and spirit than a statistical one. This is why one can be young at 90 years as well.Will Florence remain no more than a wonderful “open-air museum”, or will it be able to re-invent itself as a modern European city? Every day our administration tries to remove this image of a magnificent but motionless city and to make it on the cutting edge from the cultural, environmental, political and touristic point of wiew. Festival of Europe, Florens, conferences in Fortezza da Basso, fashion, Maggio Musicale Fiorentino, Notte Bianca: we’d like that these events could mark more an more the urban life, opening the city to the world and the future. What offers the City to young people in terms of fun and culture? In addition to the ‘White Night’, my administration has launched other initiatives: the New Year’s eve public celebration, the Summer events, the Festa Tricolore, the ice cream festival are just a part of the offer: even sporting events, food initiatives and solidarity efforts characterize the city day by day. I don’t think Florence misses events, perhaps we should better communicate them. And speaking of culture in the strict sense, during our first year we did everything possible in order to open the Palazzo Vecchio’s museum and the Library “Le Oblate” until midnight.What about your youth employment policies?We are promoting the formation programs, by offering scholarships and making tenders for projects. We also try – when our finances permit it – to support local companies in troubles, as we did with Seves, a Florentine Factory specialized in the production of glass bricks whose workers were laid off for more than a year. Don’t you ever think about a candidature for the premiership?No, I just wanna fulfill the term of my office as mayor of Florence, in 2014. If the Florentines will vote for me another time I would like to continue for another term, until 2019.Which are your favorite corners of the city?I love Palazzo Vecchio, the place where I work but also where it’s still possible to perceive the presence of the Florence’s great cultural, historical and artistic tradition. Then, I would mention the Cascine park, a magnifi-cent area for which our administration have many plans of exploitation and development.•

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incontri in cucina

VenTO nUOVO in CUCinAMarco Stabile, giovane chef rivoluzionario la cui cucina sa di cambiamento, ci ha aperto le porte del suo ristorante «Ora d’Aria», per aiutarci a guardare con occhi nuovi il mondo della ristorazione

Testo di Marco Provinciali, foto di Jana Kim

camminare per le strade di Firenze ha sempre un fascino molto particolare, la storia della città avvolge il passante, quasi lo accarezza e lo accompagna conducendolo al suo destino. Ognuno fugge tra i vicoli stretti seguendo la

propria via, la propria meta. Il nostro appuntamento per l’intervista a Marco Stabile, chef tra i più in voga della città, è li nel suo covo, nel suo ristorante, l’ «Ora d’Aria» in via dei Georgofili a pochi metri da quell’ ulivo simbolo eterno di una lotta infinita riguardante altre storie. Raggiungerlo dove quotidianamente, assieme al suo staff, delizia i palati di una vasta clientela è come tuffarsi nella città e assimilarne, di colpo, tutta la storia e la tradizione di cui le mura sono colme. Stabile è uno chef giovane i cui piatti sono stati recentemente premiati in occasione di manifestazioni nazionali di assoluta importanza. Un giovane talento, dicevamo, che appartiene, a quel vento che spira nella città che sa di cambiamento e innovazione. La sua è una cucina altamente creativa e cosmopolita, che presta attenzione alla tradizione toscana ovviamente, senza però farsi da questa travolgere, anzi i suoi successi derivano proprio dalla bravura eccelsa nel saper mixare classici toscani con divagazioni a tutto campo. «Basta bistecca salviamo le mucche! Nella tavola fiorentina c’è molto di più» è stata una delle frasi che durante la piacevole intervista, ci ha fatto sorridere ma soprattutto riflettere. Non un inno animalista bensì un incitamento rivolto ad altri chef cittadini affinché questi vadano oltre ai soliti piatti proposti da sempre nei menù dei loro ristoranti. Come lui stesso ci spiega «Se è vero che un cuoco deve essere prima di tutto un educatore alimentare è necessario rivedere il concetto di tante proposte di ristorazione. La natura detta i suoi tempi e ogni stagione ha il suo prodotto. Sta a noi chef dunque l ’arduo compito di preparare piatti seguendo la ritmica di quei cicli naturali che da sempre ci accompagnano. Proporre la ribollita, ad esempio, durante la stagione estiva è a mio avviso sbagliato. Uno degli ingredienti principali di questo piatto è il cavolo nero, prodotto tipicamente invernale e quindi non reperibile nei mercati estivi.Allora in questa stagione propongo nel mio menù una rivisitazione di questo piatto, dove al posto del cavolo mancante mettiamo un mix di alghe che danno alla portata un sapore molto particolare; ricetta che appunto chiamiamo ribollita di mare».

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Il suo rapporto con Firenze non è stato dei più facili, ma ora le voci che girano, indicano il suo ristorante come uno dei migliori della città, a cosa è dovuto questo successo?

«Inizialmente è stata durissima, la mia non è una cucina classica. L’impatto è stato forte e sono stati necessari alcuni anni affinché i miei piatti iniziassero a ricevere consenso. La ricerca di materie prime e il continuo studio verso gusti e ricette nuove credo siano ciò che attualmente mi sta ricompensando».

In occasione dell’ultimo Identità Golose (congresso italiano della cucina d’autore) è stato premiato per i suoi piatti a base di birra, come si può trasformare una bevanda in un ingrediente?

«Tutti siamo soliti vedere la birra come bevanda e, forse ,ciò che proprio ci piace di più è quell ’amarognolo che rimane in bocca già subito dopo le prime sorsate. Ecco è sfruttando proprio l ’amaro della birra che si possono creare dei grandissimi piatti».

Firenze ha un turismo essenzialmente legato all’arte e alla storia, non crede che sarebbe necessario individuare una nuova rotta turistica indirizzata verso il settore gastronomico della città?

«La ristorazione fiorentina è ferma, si basa ormai da sempre sulle solite tipiche ricette. Ciò causa la mancanza di un vero turismo indirizzato alla gastronomia. Mancano in città i gourmet veri, sarebbe assolutamente necessario un turismo più ricco di cultura enogastronomica, gente che visita Firenze anche per assaggiare piatti nuovi, sarebbe bello no?»

Come riesce a essere creativo nella sua cucina?

«Andando a toccare tutto ciò che da emozione senza uscire da un nostro codice di lettura. Dobbiamo mettere dei gusti veri in tavola. Ok ad abbinamenti diversi, ma non mischiati, la lingua deve poter percepire a meraviglia il sapore del cibo che entra nella bocca».

L’Ora d’Aria ha una bellissima cucina a vista, che cosa vuol comunicare?

«Una buona dose di sensualità, ma soprattutto vuol comunicare una totale trasparenza nel lavoro e negli intenti che mettiamo in questo».

L’ultima domanda infine la fa il suo collaboratore, Matteo Gambi, che ben lo conosce e sa quale sia il pensiero dello chef. « Il tuo è un ristorante che esce fuori dagli schemi, ha una spinta diversa, non credi che stia contagiando qualcuno all’interno della città?» «Qualcuno sta ricevendo il messaggio ma la strada è ancora lunga. Il mio sogno è quello di riuscire a creare un movimento toscano di chef!».•

Ristorante Ora D’ariaVia Dei Georgofili 11R

50122 Firenzetel. + 39.055.2001699

[email protected]  www.oradariaristorante.com

«Se è vero che un cuoco deve essere prima di tutto un educatore alimentare è necessario rivedere il concetto di tante proposte di ristorazione»

engLiShVERSION>>>> We have met Marco Stabile, one of the most popular chef of the city, right in his den, his restaurant “Ora d’aria”, in via de’ Georgofili.Marco is a young talent of the Italian cookery, whose dishes has been recently awarded in several national events of the utmost importance. More-over, he represents another sign of that wind of change and innovation that’s blowing in the city of Florence since a few years. His creative cuisine, while keeping attention to the Tuscan tradition, doesn’t remain prisoner of it, and find its unmistakable identity in the ability to blend the classic Tuscan style with a whole bunch of cos-mopolitan digressions. “We are sick of the steak – he kids – save the cows! In the Florentine table there’s pretty much more than the only steak!” As he claims, “if first and foremost a chef must be an educator, it’s necessary to radically reconsider our concept of restoration. Nature has its rhythm and any season has its products, our task as cooks consists in trying to follow the natural cycles as well as we can. The famous ribollita, for example, is clearly a winter dish, ‘cause one of its main ingre-dients is the cabbage: to serve it during the summer doesn’t make a lot of sense. This is why during that season I like to revisit this dish, replacing the cab-bage with a mix of seaweeds that impart it a very particular taste. I just call it see-ribollita”The unconventionality of his cooking style didn’t permit him to win the Florentines’ taste right from the beginning of his career. But his great care for the raw materials and his continuous research of new tastes and recipes are finally rewarding him, and now “Ora d’aria” is considered one of the finest res-taurants in the city. Stabile’s courage and creativ-ity are even starting to inspire other young Tuscan chefs and his example is not isolated anymore. “Un-fortunately, he says, the fulfilment of my dream (the creation of a genuine movement of young Tuscan cooks) is still quite far to come.” •

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La maggior parte della pubblicità non fa tanto appello alla ragione quanto all ’emozione.

Erich Fromm

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engLiShVERSION>>>> The center of higher education for fashion Polimoda was founded in 1986, thanks to a partnership among the city-administrations of Florence and Prato and some business associations, and in collaboration with the Fashion Institute of Technology of State University, New York. Member of the IFFTI (International Foundation of Fashion Technology Institutes), the Polimoda ‘s teach-ing staff is composed by leading experts and professionals in the fashion industry. The educational programs are designed with the aim of stimulating the creativity and the technical skills of each student, combining thoretical lectures with the development of pure technical skills. Polimoda use to define itself “a school close to the companies”: courses design and professional profiles are shaped according to the concrete needs and require-ments of the labour market. The collaboration with the Fashion Institute of Technology of New York shows the importance given by the founders to the collaboration with other international institutions working in the field. We met Ilenia Durazzi, a student of the school, who accepted to tell us something about the focus of her artistic research. Everything revolves around the idea of the future man – she says – a man who will be able to increase his cognitive and physical abilities thanks to the new technologies, and to overcome some undesirable aspects of his nature, such as disease and aging. I drew my inspiration from the contemporary artist Stelarc, known for his radical theory concerning the obsolescence of the human body. He proposes to replace the old inefficient natural organs with new and more advanced artificial organs. But he doesn’t conceive them just as simple “prosthesis” substituting the natural ones: he doesn’t want to restore a presumed “original condition” but exceed it. But we can no longer speak of “hearing” understood as a substitute for reinstatement of “piece” as there is no natural desire to restore the original condition, but the excess of this. Technology is therefore the only way to improve the human condition, but only by studying the origin of the human kind it will be possible to achieve the progress. In order to represent the report between progress and primitive tradition I worked on the British colonialism in Africa, when the first explorers met the native population of the Masai, still living as the men of the origins. This historical episode can be taken as the symbolic encounter between progress and primitiveness: the white technological man – strong, courageous, with technical equipment, ready to face the danger and the unknown – find himself nose to nose with a nomadic people, living in uncontaminated wide spaces, deep in touch with the rhythm of nature.•

Un melting pot fatto di tradizione e innovazione, uno sguardo lucido sullo sviluppo

della moda del domani

Firenze insegna

POLiMODA, iL TeMPiO DeLLA CReATiViTàSi tratta della «casa» di tutto quanto fa famoso il made in Italy nel mondo, ma la sua caratteristica vena internazionale rende il Polimoda un centro di eccellenza per tutti gli studenti che hanno la fortuna di frequentarla. Una di questi è Ilenia Durazzi, diplomanda del corso triennale in Fashion Design, che ha accettato di collaborare con noi e parlarci di alcuni suoi lavori

A cura di J&B

Il centro di alta formazione per il settore moda Polimoda nasce nel 1986 da un’iniziativa ideata e finanziata dai Comuni di Firenze e Prato e dalle associazioni imprenditoriali, in collaborazione con il Fashion Institute of Technology della State University di New York. Membro dell’IFFTI (International Foundation of Fashion Technology Institutes), Polimoda si avvale di un corpo docenti formato dai maggiori esperti e professionisti del fashion system.

La Scuola valorizza la creatività e le attitudini più specificamente tecniche degli studenti, progettando percorsi formativi che stimolano le capacità individuali e combinando le lezioni teoriche con lo sviluppo di competenze più prettamente tecniche.Polimoda si definisce «una scuola vicina alle aziende»: la proget-tazione dei corsi e delle figure professionali che si creano in uscita, vengono pensate sulla base dei bisogni concreti e delle necessità specifiche degli operatori del mercato. A questo si aggiunge un respiro fortemente internazionale, con la metà degli allievi proveniente dall’estero, grazie anche alla collaborazione con altri istituti operanti nel settore, primo tra tutti il Fashion Institute of Technology di New York.

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Analizziamo adesso i lavori di Ilenia Du-razzi e quali sono le idee che soggiacciano a queste opere.«Tutto ruota intorno alla figura dell’uomo del futuro – ci dice Ilenia -, un uomo che grazie all’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche è in grado di aumentare le capacità fisiche e cognitive, e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l’invecchiamento. L’artista contemporaneo al quale mi sono ispirata è Stelarc; egli sostiene una posizio-ne molto radicale, quella dell’obsolescenza del corpo naturale, fino al punto di propor-re di svuotarlo dei suoi organi naturali per sostituirli con nuovi e più avanzati organi artificiali. Nella performance «The involon-tary body» egli aggiunge un terzo braccio robotizzato ai suoi arti naturali che può essere comandato dai movimenti dei mu-scoli del suo corpo, ma anche da un agente remoto via computer.

Ma nelle intenzioni che sottendono la pro-posta stelarchiana non si può più parlare di “protesi” intesa come sostituzione reinte-grativa di un “pezzo” naturale poiché non c’è volontà di ristabilire una condizione originaria, ma il superamento di questa. La tecnologia è quindi l’unico strumento per migliorare la condizione umana, ma solo studiando l’origine dell’uomo è possibile ottenere il progresso.Ho preso in considerazione la popolazio-ne dei Masai come simbolo dell’origine dell’uomo, una popolazione nomade, che percorre ampi spazi incontaminati, uomini con corpi perfetti, agili che indossano in-dumenti confortevoli. Con l’avvento del colonialismo inglese s’incontrano le due culture. I soldati inglesi (The British Esat African Company) sono il simbolo dell’esplorazione, della ricerca. Uomini forti, intraprendono lunghi viaggi, il loro corpo è messo a dura prova da agenti atmosferici e situazioni inaspettate.Per quanto riguarda la descrizione dei capi, si tratta di abiti sartoriali simbolo della tra-dizione occidentale dalle forme lineari e minimali, movimentati da drappeggi con-fortevoli che ricordano l’etnico. Accessori colorati simbolo dell’elettricità tessuti classici e tecnici, indumenti riscal-dabili». Si tratta di indumenti innovativi che ipotizzano un essere umano dall’alto profilo tecnologico, ma che tiene conto della «sapienza» degli antichi.Insomma, un melting pot fatto di tradizio-ne e innovazione, uno sguardo lucido sullo sviluppo della moda del domani.•

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Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite.

Qual è la conseguenza?

Tutto il mondo mangia uova di gallina.

Henry Ford

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La massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima

simultaneità e la massima portata mondiale.Ecco che cos’è la pubblicità

Filippo Tommaso Marinetti

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Qualche settimana fa, an-dando a zonzo per il centro verso sera, ci siamo imbat-tuti in un coloratissimo corteo di ciclisti.

C’era proprio di tutto, dai giovani «street fighters» con Bmx e cappellino, alle mam-me coi bambini; dall’amatore in bici da corsa e caschetto al frikkettone in «graziel-lina». Incuriositi, ne abbiamo fermato uno, per chiedergli dov’eravamo capitati.«Questa è la Critical Mass, amici!», ci risponde lui, scendendo dalla sua splendida «fissa”»fatta a mano.Pietro, questo è il suo nome, ci spiega che

engLiShVERSION>>>> Critical Mass is an “informal and non-organized group-ride”. Born in San Francisco in 1992 and soon spread all over the world. It has been invented by a group of cyclists tired of constantly risking their lives in city traffic, who decided to occupy for a few hours the entire roadway with the motto of “we do not block the traffic, we are the traffic.” In Florence, CM arrived in 2002, brought by the extraordinary wave of ideas of the European Social Forum. At the last CM I spoke with Pietro, one of the most active members, to get some informations directly from the source. First of all, he reminded me that he’s not a leader, ‘cause in the spirit of CM “all the participants are directly responsible for the pro-cession, and there are no leaders nor flags: the only flag is the bike”. So he prefers to define himselves simply “one who uses the bike every day.”The properly “critical” purpose of the “mass”, is to claim every cyclist’s right to ride his bike in safety in the city traffic. “Beyond this simple shared basis - continues Pietro - the CM is fairly untaggable: since it is not politicised, it doesn’t make sense to de-fine it a ‘demonstration’. Rather, we like to call it an ‘organized coincidence of cyclists’ “. During the parade it is distributed a flyer, which invites the bystanders to use their bicycles and to join the CM. However, it doesn’t want to be neither a propagan-da nor an awareness, but only a welcome to all those who love cycling. Everyone, then, is free to share his personal ethical, political, environmental, motiva-tions, but “if you ask every single participant why is

vivere la città

CRiTiCAL MASS, UN NUOVO MODO DI PEDALAREQuanti utilizzano la bicicletta per spostarsi in città lo sanno, a parte qualche felice isola ciclabile, la possibilità di ritrovarsi un suv sul groppone c’è eccome. Non si tratta di un problema solo fiorentino, ma mondiale, e proprio all’estero qualcuno a provato a trovare una soluzione

Testo di Francesco gori, foto www.criticalmassfirenze.blogspot.com

la Critical Mass è una «pedalata di gruppo informale e non organizzata». Nata a San Francisco nel 1992, e presto diffusasi in tutto il mondo, è frutto dell’iniziativa di alcuni ciclisti che, stanchi di rischiare continuamente la vita nel traffico cittadino, hanno deciso di unirsi in gruppo e occupare per qualche ora l’intera carreggiata al motto di «noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico!». L’ispirazione è stata fornita loro da una consuetudine in voga tra i ciclisti delle metropoli cinesi, i quali, per per non essere investiti agli incroci, attendono l’arrivo di altri ciclisti, fino a raggiungere quella

«massa critica» necessaria per attraversare la strada in sicurezza.A Firenze la CM è arrivata nel 2002, seguendo a ruota – è proprio il caso di dirlo! – quella straordinaria ondata di idee che fu il Forum Sociale Europeo. Da alcuni anni Pietro è uno dei membri più attivi, anche se ci tiene a sottolineare che «tutti i partecipanti sono direttamente responsabili del corteo, perché la CM non ha leader, né bandiere: l’unica bandiera è la bicicletta!», e che lui non è altro che «uno che usa la bici tutti i giorni». Lo scopo più propriamente “critico” della “massa”, è rivendicare il diritto di ogni ciclista a spostarsi con la propria bicicletta senza rischiare la propria incolumità. «Al di là di questa semplice base condivisa – continua Pietro – la CM non è inquadrabile in nessun modo, dal momento che non è politicizzata ha poco senso definirla una “manifestazione”; piuttosto, a noi piace chiamarla “una coincidenza organizzata di ciclisti”». Durante il corteo viene distribuito un volantino, in cui si invita all’uso della bicicletta e a partecipare alla CM. Non vuole essere, però, né una propaganda, né una sensibilizzazione, ma solo un’occasione di incontro per tutti quelli che amano la bicicletta. Ognuno, poi, sarà libero di metterci le sue motivazioni etiche, politiche, ambientalistiche: «Se chiedi ad ogni partecipante per quale motivo è lì, infatti, ti darà una risposta differente». Prima di tornare in sella e riprendere il corteo, Pietro ci chiede di invitare anche i lettori di FUL alla prossima CM, giovedì 30 giugno alle 18:30, in piazza Santissima Annunziata. Ecco fatto. Non mancate! •

non vuole essere, però, né una propaganda, né una sensibilizzazione, ma solo un’occasione di incontro per tutti quelli che amano la

bicicletta

he there, you’ll receive as much answers as they are.”Before jumping again on his saddle and join the rest of the procession, Peter asked me to invite the read-ers of FUL to the next CM, Thursday, June 30th at 6:30 pm in Piazza Santissima Annunziata. So guys, don’t miss it!•

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era il 2002 quando Emiliano Nencioni e Giacomo Godi hanno deciso di mixare il proprio talento musicale e creativo per dare vita al progetto Supernova. Da quel momento Emijay e G.o.d.i. hanno intrapreso un percorso di ricerca musicale che li ha portati a fondere sonorità tech, acid house, funk e vintage per dare vita a uno stile innovativo, divenuto il loro

marchio di fabbrica. Accolti subito con favore dalla critica e dal pubblico, la consacrazione arriva nel 2007 con l’album «Downtown Underground». Il lavoro, edito da SonyBmg, vanta la collaborazione di artisti già affermati a livello internazionale come Grandmaster Melle Mel, uno dei pionieri della Old school hip hop. Il successo dell’album è tale che Downtown Underground diventa un party itinerante dove i Supernova sono sia ideatori sia Dj resident e vengono chiamati a esibirsi in vari paesi, dagli Stati Uniti alla Cina. Nel gennaio 2009 fondano la label Lapsus Music, oggi considerata una delle etichette emergenti più propositive. Importante la collaborazione con Dj Sneak, tra i personaggi più influenti della scena house internazionale, che proprio per la Lapsus Music ha remixato il singolo targato Supernova «That’s what i Like». Nel dicembre 2010 è uscita su Nirvana Recordings la traccia «Beat Me Back» divenuta subito una hit e destinata a divenire uno dei pezzi più suonati di quest’anno.Ospiti delle migliori discoteche italiane - tra cui Tenax, Magazzini Generali, Echoes, Room 26 - e internazionali, come Cavo Paradiso (Mikonos), Row 14 (Barcellona), Underground (Ibiza), Club Neo (Mosca), Bora (Sousse in Tunisia), Babi Club (Shanghai) Top Club (Pechino), il fenomeno Supernova sembra non conoscere confini. La lista infatti sarebbe ancora lunga, ma è impossibile citarla tutta. Da ricordare anche la partecipazione all’Ultra Music Festival 2011 di Miami, dove hanno riscosso un ottimo successo esibendosi in varie feste legate all’evento.

Oggi possiamo dire che quasi tutti hanno un amico che si diletta a fare il Dj, tuttavia quelli che riescono a sfondare e a trasformare la propria passione in un lavoro sono davvero pochi, perché?«Negli ultimi anni la figura del Dj è diventata sempre più popolare e per questo motivo anche una professione molto ambita dalle nuove generazioni, grazie anche al fatto che le strumentazioni e gli approcci alla musica con le nuove tecnologie sono economicamente più accessibili. Ovviamente anche se le opportunità per emergere rispetto a qualche tempo fa sono maggiori il gap tra il diletto e la professione è molto ampio.Sicuramente oggi la visibilità, grazie al web, risulta più immediata e certi step che prima risultavano obbligati e molto dispendiosi a livello di energie e di tempo si sono ridotti e in alcuni casi eliminati del tutto. Questo risulta sicuramente un vantaggio rispetto a chi come noi, durante il periodo del quasi anonimato, doveva muoversi in maniera molto più complessa. Anche solo per fare un disco dovevi spendere milioni di vecchie lire per allestire uno studio o comunque avere le giuste credenziali per potere accedere ad uno già allestito e disponibile a produrti. Ma non era finita qui: dovevi fare chilometri per andare a proporti alle poche etichette discografiche esistenti, e convincere chi di dovere che il tuo prodotto aveva le giuste chance. Lo stesso anche per suonare in giro, dovevi approcciare, quando ne avevi l’opportunità, i «guru» dei locali più giusti e attendere il tuo turno (e potevano passare anni) per poter essere considerato dal grande Art Director o super pr del caso. Insomma non c’erano sconti o scorciatoie.In ogni caso anche oggi, al tempo delle mail, dei facebook, dei vari social network e degli home studios da poche centinaia di euro, certe difficoltà per emergere sono ugualmente presenti. Certo è tutto più accessibile e veloce, ma è pur vero che l’offerta si è moltiplicata esponenzialmente e la domanda non ha fatto sicuramente passi in avanti. Tutt’oggi non è facile emergere dalla massa! La qualità premia, ed è quella che si deve ricercare. È un lavoro molto difficile questo, tanto difficile quanto bello. Ovvio che il talento e l’esperienza che negli anni si acquisisce poi faranno le dovute differenze, ma mai dimenticare l’umiltà, dote indispensabile per capire che questo è un lavoro dove non si finisce mai di imparare.»Parlateci del vostro rapporto con Firenze, quali sono i posti che amate frequentare come ristoranti, american bar e club?«Il nostro rapporto con Firenze negli ultimi anni si è ridotto molto a livello di svaghi puri rispetto a qualche anno fa.Con l’aumentare degli impegni discografici, la gestione della nostra label Lapsus Music e

Musica

SUPeRnOVA, DA FIRENzE AL MONDOContrariamente a quanto potrebbe suggerire il nome, la stella dei Supernova non è per niente al collasso, ma anzi si va affermando come una più delle fulgide nel panorama musicale italiano e internazionale. Un mix di musica house ed elettronica che accompagna le serate dei nottambuli di mezzo mondo

Testo di J&B, foto by Supernova

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«La qualità premia, ed è quella che si deve ricercare. È un lavoro molto difficile

questo, tanto difficile quanto bello»

engLiShVERSION>>>> It was 2002 when Emiliano Nencioni and Giacomo Godi decided to mix their creative talents giving birth to the Supernova project. Thenceforth “Emijay” and “G.o.d.i.” have been undertaking a path of musical research that led them to merge acid house and funky with tech and vintage sonori-ties, developing a sound that by now is an authentic trademark.Immediately regarded with favor either by the critique and the audience, the consecration came in 2007 with the album “Downtown Underground”. This work, published by SonyBMG, feature the collaboration of interna-tional artists such as Grandmaster Melle Mel, one of the hip hop old school ’s pioneers. Downtown Underground has been such a success that soon became even an itinerant party, where Supernova were both creators and resident Dj. This tour has permitted them to perform in several countries, from the U.S. To China. In January 2009 they founded the label Lapsus Music, now considered as one of the most lively emerging record companies.

They can even boast an important collaboration with DJ Sneak, one of the most influential figures of the international house-scene, who remixed just for Lapsus Music the Supernova’s single “That’s What I Like”. In December 2010 the single “Beat Me Back” came out with Nirvana recordings and immediately became a hit, soon destined to become one of the most played songs the year.Guest of the best Italian – including Tenax, General Stores, Echoes, Room 26 – and international clubs – as Cavo Paradiso (Mykonos), Row 14 (Bar-celona), Underground (Ibiza), Neo Club (Moscow), Bora (Sousse, Tunisia), Babi Club (Shanghai), Top Club (Beijing) – the supernova phenomenon doesn’t seem to know any boundaries. And the list could be pretty much lon-ger! Among other things, it’s worth it to mention their participation in the Ultra Music Festival 2011, in Miami, where they met with great success performing in various parties related to the event.•

le varie serate in giro, non abbiamo molto tempo da dedicare a noi stessi per puro svago.Ovvio che le serate che ancora facciamo in città ci permettono di vedere tutti gli amici a cui teniamo e sono un’ottima opportunità anche per divertirsi.Quando non siamo in giro per il mondo o chiusi in studio per produrre o impegnati in gigs fiorentine dedichiamo il nostro tempo al relax, che come si può immaginare non è mai abbastanza.In questi particolari momenti cerchiamo di andare a trovare tutti gli amici che in questi anni sono diventati proprietari o direttori di discobar e ristoranti. Seguiamo gli ambienti a noi familiari piuttosto che quelli all’ultima moda, anche se spesso poi le due cose coincidono.»Da una certa stampa e opinione pubblica le discoteche sono considerate luoghi a rischio, teatro di un uso smodato di alcol e droga; ritenete che sia un’immagine corrispondente al vero?«Rispondere a certe domande è sempre difficile.Non crediamo che la colpa sia da attribuire ai locali, a meno che non si parli di alcuni casi tristi e sporadici. E oltretutto pensiamo sia ingeneroso dare delle etichette ad una “macchina” che da lavoro e divertimento a milioni di persone nel mondo e che, spesso, è composta da seri professionisti e brave persone, oltre che da ottimi imprenditori che rischiano del proprio e lavorano da mattina a sera per programmare eventi e spettacoli.Il problema di fondo è l’educazione di ogni individuo e la cattiva prevenzione che gravita intorno a certi rischi che ogni giovane corre a prescindere dai locali notturni.È li che si dovrebbe investire non sulla demonizzazione del divertimento e della musica.Le droghe e l’alcool si consumano per strada, a casa, negli uffici, nei ristoranti e la lista potrebbe essere molto lunga.»Sempre più Dj hanno abbandonato il vinile, credete che i dischi in vinile siano condannati a una inesorabile fine?«Abbiamo avuto l’onore e il godimento di usufruire di quasi tutte le fasi della riproduzione musicale dedicata ai Dj. Per circa più un decennio abbiamo usato i vinili, e crediamo sia la forma più affascinante e romantica per suonare musica anche se a noi piace sperimentare molto e confrontarsi sempre con le nuove tecnologie. Da molti anni stiamo portando in giro varie forme di live Dj set utilizzando nel corso di questi anni i più svariati macchinari (campionatori, tastiere, fx & drum machine, controllers vari e lap top). Il mercato discografico con l’avvento di internet è ormai da anni totalmente cambiato e l’involuzione del vinile è purtroppo inesorabile a favore di file wav e mp3.Ad oggi il vinile risulta un ottimo biglietto da visita e che supporta la validità di un progetto che spesso esce anche in digitale. In alcuni casi, per intendersi, è una garanzia che quel progetto è talmente valido che non uscirà soltanto digitale.Nessuno oggi guadagna con la vendita dei vinili (o comunque in pochissimi), il business è nel digitale. Apprezziamo chi ancora oggi con grande patriottismo e romanticismo usa vinile, ma ad oggi purtroppo non è più il presente né tanto meno il futuro della discografia.»Com’è la vostra agenda per questa estate, quali saranno i luoghi principali in cui vi esibirete?«Quest’estate suoneremo molto all’estero anche se ci siamo riservati di confermare poche cose ma buone anche in Italia come il Muv Festival e altre date in giro tra Sardegna, Riviera Adriatica e Versilia. Per quanto riguarda l’Europa saremo in Spagna spessissimo dove siamo tra i Dj’s resident del Row14 e ospiti al Sonar oltre che alla Terrazza, in Portogallo, in Tunisia, in Grecia al Cavo Paradiso di Mykonos. Abbiamo già fissato un lungo Tour in Nord America con tappe a New York, Boston, San Francisco, Montreal e Toronto, un altro ancora nel Sud America e inoltre varie gigs che per scaramanzia ancora non diciamo, ma che stanno per essere confermate in questi giorni.»Infine la domanda che più interessa ai nostri lettori, o forse solo a noi: si tromba di più a fare il dj?«Una domanda pericolosa… Ai posteri l’ardua sentenza!»•

Per maggiori informazioni e la discografia completa, vi invitiamo a visitare il sito ufficiale www.supernovamusic.eu

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Spesso ci sembra così lontano il raggiungimento di uno stato di benessere che neanche ci rendiamo conto che può bastare poco per migliorarlo o

per abbassare e monitorare i nostri livelli di stress. Tutti noi vogliamo essere vitali eppure… Trascuriamo il respiro! Una respirazione inadeguata può produrre ansia, irritabilità e tensione. La maggior parte delle persone respira poco o possiede una respirazione superficiale che in situazioni di affaticamento viene trattenuta o azzerata, producendo uno stato di apnea. Anche in situazioni di leggero stress come

guidare la macchina, sostenere un esame o in attesa di un appuntamento importante si tende a limitare il respiro, con il risultato di aumentare il proprio stato di tensione. Iniziate, se non lo avete ancora fatto, a porre attenzione alla vostra respirazione, rendendovene consapevoli.

L’inspirazione inizia con un movimento verso l’esterno dell’addome mentre il dia-framma si contrae e i muscoli addominali si rilassano. L’onda espansiva si propaga poi verso l’alto ad abbracciare il torace.Qua di seguito vi consigliamo un semplice esercizio: In bioenergetica l’esercizio base per la respirazione viene eseguito «inarcan-dosi all’indietro su di una coperta arroto-lata che poggia su di uno sgabello alto cir-ca sessanta centimetri. Se l’esercizio viene eseguito a casa, lo sgabello dovrebbe essere posto accanto a un letto, in modo tale che la testa e le braccia, stese all’indietro, vi siano sospese sopra o lo tocchino. Poiché questa

è una posizione di stress, la bocca dovreb-be essere aperta e il respiro svilupparsi in modo libero e facile. In questa posizione la maggior parte delle persone tende a tratte-nere il respiro come fa in quasi tutte le si-tuazioni di stress, ma bisogna opporsi con-sapevolmente a questa tendenza. Le gambe dovrebbero essere parallele con i piedi ben poggiati sul pavimento a una distanza di circa trenta centimetri e il bacino dovrebbe essere lasciato pendere liberamente (Lo-wen, 2001)». Consigliamo di non protrarre la posizione se diventa troppo scomoda o se ci si sente soffocare.… Che aggiungere? Buona respirazione!

engLiShVERSION>>>> Life coaches, psychologists, psychotherapists, counselors, yoga, pilates, Eastern philosophies. There’s a huge quantity of of disciplines aimed at achieving a mental and physical wellness. We all want to be viable, but very often we forget even to breathe! An incorrect breathing can produce anxiety, irritability and tension. Most people use not to breathe enough and tend to reduce their breathing even further in situations of fatigue, up to a downright state of apnoea. Even in situations of moderate stress (such as driving, taking an exam, or waiting for an appointment) we tend to decrease breathing, raising thus the level of our tension. If you still haven’t done, try to pay more attention to your breathing; listen to it! Healthy breathing give a sense of wholeness. Inspiration begins with an outward movement of the abdomen, while the diaphragm contracts and the abdominal muscles relax. Then, the expansive wave propagates upward and embrace the chest. The bioenergetics’ base exercise consists in arching the back on a rolled-up blanket placed on a two feet high stool. When performed at home, the stool should be situated next to a bed, so that the head and the arms, stretched back, could be leaned on it. Since it is a stressful position, the mouth should remain opened in order to ease the respiration. This position simulates a stressful situation, wherein one spontaneously tends to hold the breath. Hence, the aim of the exercise consists in resisting to this instinct, trying to keep the breathing as normal as possible. We suggest to stop when it becames too uncomfortable or when you start feeling a sense of suffocation.

engLiShVERSION>>>> In 1946 the name Aurora (“Dawn”) was given before to the club and after to the sports association created in-side the tower of Piazza Tasso, part of the ancient city walls. At present the club is managed by Rita, a Ro-man girl who lives in Florence since many years and who accidentally found it in 2008, during a walk with her dog Lisa. Although the marvelous counter is still the one of the Sixties, the lino that once faced the walls has been substituted by old photos, books, postcards, musical instruments, bicycles and flowers, such as the old neon hospital-like lights, now replaced by modern industrial lamps: with love, a hard work and skilful touches Rita made the club a cozy and warm place, where you feel at home. The cooperative Zenzero is responsable of the delicious kitchen. All dishes are prepared with organic and fair-trade products: season vegetables and fruit, meat from local organic farms, fish caught. Even wine and beer are organic, and for lovers of vintage beverages, “chinotto” and “gazzosa” are available as well. Members (the card, valid one year, costs 6€and includes a glass of wine or beer Ekò) can enjoy a very rich program: events, debates, art exibitions, concerts and jam sessions. In summertime the “Fuori Aurora” offers something differ-ent every evening, from the moonday’s outdoor cinema up to the “amarcord” saturdays, in wich you can dance in the square on the notes of old music. Warning! Never try to enter the club from 12 p.m to 3 p.m: the entrance is reserved for a few nostalgics that play cards every af-ternoon in the upper room since ages.

24’’

Alice Colombini psicologa. Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di specializzazione Biosistemica, Vice-Presidente di Associazione Spontaneawww.associazionespontanea.com [email protected]

Nel secondo dopoguerra Aurora è una parola particolarmente cara agli italiani: sa di luce, di risveglio, di rinascita. Aurora, nel 1946, è

infatti il nome che viene scelto prima per il circolo, poi per l’associazione sportiva che – sulle ceneri dello storico Bar Vanzini – nasce in Piazza Tasso, a San Frediano, all’interno del torrino un tempo parte delle mura. È dal 2008, grazie a una fortuita passeggiata con il suo cane Lisa, che Rita, nata a Roma, cresciuta in Sardegna, fiorentina da tanti anni, sorriso contagioso, si prende cura del Circolo Aurora. Se il meraviglioso bancone anni sessanta è rimasto quello di un tempo, belle lampade industriali hanno preso il posto di neon dalla luce clinica, vecchie foto, libri, cartoline, ricordi passati, strumenti musicali, biciclette, fiori e carabattole hanno invece rubato la scena al linoleum, previo re di tutte le pareti: con amore, tanto lavoro e sapienti tocchi, Rita (con lo zampino del fratello Ubaldo) ha colorato le due belle stanze del circolo Aurora,

rendendolo un luogo caldo e accogliente, dove ci si sente a casa. La cucina è affidata alla mani creative della Cooperativa zenzero: oltre che deliziosi, tutti i piatti sono preparati con prodotti biologici ed equosolidali, frutta e verdura di stagione, carni provenienti da allevamenti biologici locali, pesce esclusivamente pescato.Biologici sono anche i vini selezionati, le birre e – per la gioia degli amanti delle «bibite vintage» – anche chinotto e gazzosa. Per i soci del circolo (la tessera Fenalc costa 6 euro, comprende un bicchiere di vino o di birra Ekò e dura un anno) vengono organizzati eventi, dibattiti, piccole mostre, merende per i bambini con letture di fiabe e racconti, concerti e jam session. In estate «Il FuoriAurora» propone ogni sera qualcosa di diverso: dal cinema all’aperto del lunedì, alla serata «Amarcord» del sabato in cui si balla, in piazza, sulle note di vecchie musiche. Avvertenza importante: non provate ad entrare da mezzogiorno alle tre di pomeriggio: l’ingresso è riservato a una decina di nostalgici del circolo che ogni giorno si ritrovano nella saletta su a giocare a carte, come hanno sempre fatto.

angoli di città

A.s. AURORA Testo e foto di teresa tanini

Benessere

ReSPiRA Che Ti PASSAA cura di alice colombini

Circolo A.s. AuroraV.le Vasco Pratolini, 2

50124 Firenze tel. 055/224059

[email protected]

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“Perché continuo a investire in forti campagne pubblicitarie anche adesso che la mia azienda è diventata

il maggior produttore mondiale di chewing gum?

Per lo stesso motivo per cui il pilota di un aereo tiene i motori accesi anche dopo il decollo”.

J. Wrigley, industriale statunitense

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