un programma figurativo troiano a volterra nel i sec. a.c

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STUDIA ERUDITA 14.

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STUDIA ERUDITA

14.

COROLLARIScritti di antichità etrusche e italiche

in omaggio all’opera di Giovanni Colonna

promoss i da

gilda bartoloni , carmine ampolo,

maria paola baglione, francesco roncalli ,

g iuseppe sassatelli

a cura di

daniele f. maras

PISA · ROMA

FABRIZIO SERRA EDITORE

MMXI

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento,anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati,

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www.libraweb.net

issn 1828-8642isbn 978-88-6227-235-3

isbn elettronico 978-88-6227-409-8

SOMMARIO

storia e antichità

Larissa Bonfante, Amber abroad 1Maria Bonghi Jovino, Ripensando Pompei arcaica 4Dominique Briquel, Lausus, fils de Mézence, et le Laucie Mezentie de l’inscription du Louvre 14Giovannangelo Camporeale, Maestri d’arte e mercanti d’arte ai primordi della storia etrusca 19Luigi Capogrossi Colognesi, Il diritto della città e le situazioni marginali 24Luca Cerchiai, L’agguato di Hamae 29Bruno d’Agostino, La tomba 722 di Capua loc. Le Fornaci e le premesse dell’Orientalizzante in Campania 33Daniele F. Maras, Laura M. Michetti, Un nome per più realtà: Tirrenia e Tirreni negli Ethniká di Stefano Bizantino 46Jorge Martínez-Pinna, Apuntes sobre la intervención de Porsenna en Roma 56Françoise-élène Massa-Pairault, Locus Ardea quondam dictus avis ou variations sur le sujet d’une histoire 61Anna Maria Moretti Sgubini, Un sito di frontiera della prima età del Ferro nel territorio di Tuscania 70Alessandro Naso, Manufatti etruschi e italici nell’Africa settentrionale (ix-ii sec. a.C.) 75Giovanna Rocca, I Libri di Numa Pompilio 84Elena Tassi Scandone, Il T˘ÚÚËÓÈÎeÓ öıÔ˜ di Dion. Hal. iii, 61, 2. Nuovi elementi sull’origine e la natura dell’imperium 87

religione

Maria Paola Baglione, Funzione dei grandi donari attici di Veio-Portonaccio 95Gilda Bartoloni, Un rito di obliterazione a Populonia 102Marisa Bonamici, Un programma figurativo troiano a Volterra nel i sec. a.C. 111Stefano Bruni, Un nuovo santuario del territorio fiesolano. Su un ritrovamento di età rinascimentale a San Casciano in

Val di Pesa 121Ingrid Krauskopf, Seefahrergeschichten – Göttergeschichten oder der Hunger nach Bildern. Zur Faszination des grie-

chischen Mythos in der etruskischen Kultur 133Adriano Maggiani, Tluschva, divinità ctonie 138Giuseppe Sassatelli, Città etrusca di Marzabotto: una fornace per il tempio di Tina 150Erika Simon, Zum Terrakotta-Giebel von der Via di San Gregorio 159Mario Torelli, Le amazzoni di Efeso e l’ittiomanzia di Sura. Appunti sulla decorazione pittorica del tempio di Porto-

naccio di Veio 163

lingua ed epigrafia

Luciano Agostiniani, Feluskes o £eluskes sulla stele di Vetulonia? 177Giovanna Bagnasco Gianni, Lettere e immagini: esempi etruschi di parola ispirata 185Enrico Benelli, ‘Vornamengentilizia’. Anatomia di una chimera 193Carlo de Simone, I numerali etruschi e D. Steinbauer: ancora «L’origine degli Etruschi» 199Maria Pia Marchese, Aesernia: appunti per un’etimologia 206Aldo Luigi Prosdocimi, Anna Marinetti, Sul tipo atta ‘padre’ in alcune tradizioni indeuropee: tra lessico istitu-

zionale e funzionalità onomastica 210Francesco Roncalli, Lo strano vaso di Cavios Frenaios 223Gian Luca Tagliamonte, Un bollo laterizio dal santuario del Monte San Nicola di Pietravairano (ce ) 232

ella Sala xxii del Museo Guarnacci di Volterra sonoaffissi nella parte alta di tre delle pareti complessiva-

mente sei pannelli1 ai quali sono applicati frammenti di ter-recotte architettoniche che le didascalie apposte sui pannel-li stessi identificano di volta in volta o come provenientidallo scavo dell’acropoli condotto da D. Levi nel 1926 o co-me pertinenti alle antiche collezioni del Museo. Proprio alpatrimonio originario del Museo appartengono due ogget-ti che hanno attirato recentemente la mia attenzione e che,rimasti inediti, meritano invece di essere considerati speci-ficamente, in virtù anche del loro interessante programmafigurativo di tematica troiana. Sono lieta di dedicare questabreve nota a Giovanni Colonna che su questo tema ha offer-to ripetutamente magistrali contributi.

Si tratta di una coppia di lastre di terracotta di piccole di-mensioni decorate a rilievo sotto le quali è apposta la dici-tura: «Antefisse templari in terracotta da Volterra: fondoantico del Museo». Ma passiamo ad una breve descrizionedei due piccoli monumenti.

1. Lastra a rilievo2 (Figg. 1-2)

La scena rappresenta due figure separate da un’ara posta discorcio: a sinistra giovane a torso nudo che poggia il ginoc-chio sinistro sull’ara volgendosi nel contempo alla donna eafferrandola per il polso, a destra figura femminile in lunga

veste che protende il braccio destro fino a lasciarsi afferrareal polso dal suo interlocutore. La figura maschile, che dove-va stringere un oggetto con la mano destra abbassata, vero-similmente un’arma, indossa una mantello panneggiatoche scende dalle spalle coprendo ambedue le braccia per ri-cadere sull’ara formando un sinus trasverso e lasciando sco-perta la coscia sinistra. La figura femminile indossa un chi-tone pieghettato privo di maniche cinto sotto il petto e unlungo mantello che copre la testa e discende sull’avambrac-cio, formando nella parte anteriore un sinus all’altezzadell’addome. In ambedue le figure la capigliatura è trattataa ciocche divergenti che incorniciano il volto con un riportoalquanto informe sulla fronte alludente rispettivamenteall’anastolè e al nodo.

Il soggetto della scena, peraltro di immediata evidenza,consiste nel riconoscimento di Paride ridotto alle due figureessenziali: da un lato Paride che si rifugia sull’altare persfuggire all’ira dei fratelli, dall’altro Afrodite che guarda ilgiovane eroe con atteggiamento protettivo e «si lascia»prendere per l’avambraccio.

2. Lastra a rilievo3 (Figg. 3-4)

La lastra reca una scena di difficile comprensione anche acausa della lacuna che interessa largamente la parte sinistra.Nella porzione conservata si individuano a destra in basso

1 Secondo la testimonianza del personale del Museo questa sistemazio-ne risale ad un momento non determinabile tra la fine degli anni ’50 e l’ini-zio degli anni ’60 del secolo scorso, sotto la direzione di Enrico Fiumi.

2 N. inv. mg 4484. Esecuzione a stampo; alt. cm 25 al sommo della testadella figura maschile, cm 23,5 alla testa della donna; largh. base cm 26. Tuttii margini sono finiti ad eccezione di quello superiore nel punto in cui si in-crociano le mani dei due personaggi. Il retro della lastra non è lavorato e nonreca traccia di attacchi; nella metà superiore, nello spazio tra le due figure sinota una lacuna. Sempre sul lato posteriore la superficie della lastra risulta

abbassata e percorsa da solcature fuorché nella zona centrale e lungo i mar-gini. Nelle parti abbassate si conservano abbondanti residui di una sostanzaapparentemente identificabile con calce. Da tutto questo sembrerebbe po-tersi dedurre che la terracotta era destinata ad aderire ad una qualche super-ficie piatta in funzione di antepagmentum, elemento di fregio o simili.

3 N. inv. mg 4483. Esecuzione a stampo; alt. cm. 23 al sommo della testadella figura barbata; largh. cons. base cm 20. Margini destro e inferiore fi-niti; mancante della parte sinistra, ivi compresa la testa della figura gradien-te. La parte posteriore è conformata come nell’esemplare precedente.

UN PROGRAMMA FIGURATIVO TROIANOA VOLTERRA NEL I SEC. A.C.

Marisa Bonamici

N

Fig. 1. Volterra, Museo Guarnacci. Lastrina di terracotta. Fig. 2. Volterra, Museo Guarnacci. Lastrina di terracotta, retro.

le gambe nude di una figura maschile in veste corta in at-teggiamento gradiente verso sinistra. Sullo sfondo dellegambe appena descritte, divaricate nel passo, si distinguecon chiarezza una lunga veste panneggiata con pieghe chericadono fino al suolo con andamento leggermente obli-quo. Nello stesso tempo, per ragioni di armonia e di pro-porzioni, alla figura gradiente in veste corta non può essereattribuito il busto, completo della testa, che occupa la partealta della lastra, pertinente ad un uomo barbato dalla lungacapigliatura con il volto reclinato dagli occhi apparente-mente chiusi (Fig. 4).

Non c’è che pensare dunque a due figure sovrapposte,delle quali quella che conserva il busto è issata sul dorso del-l’altra vestita in chitone corto, che procede con il busto in-clinato in avanti e quasi accorciato dal peso, il braccio sini-stro piegato al gomito e attualmente mozzato, mentre latesta, della quale rimangono solo esigue tracce, doveva tro-varsi immediatamente al di sotto della spalla destra dell’uo-mo portato sul dorso.

A completare la scena, nella parte sinistra della lastra do-veva figurare una terza figura maschile gradiente verso de-stra di proporzioni analoghe alla precedente, della quale siconserva una gamba e un lembo della veste corta e sulla cuiinterpretazione torneremo più oltre.

Nonostante la lacuna di cui si è detto, l’esegesi della rap-presentazione non pone difficoltà nel suo tema di fondo,data anche la peculiarità della posizione delle due figureconservate: si tratta del vecchio Anchise, forse rappresenta-

to anche come cieco,4 portato sul dorso da Enea nell’atto diallontanarsi da Troia.

Prima di ogni altra considerazione possiamo dunque af-fermare che la coppia di lastre appena descritte è portatricedi un programma figurativo in qualche modo già leggibilee compiuto anche nel caso, impossibile da accertare, che es-so sia stato originariamente integrato con altri episodi dellasaga: le due scene a noi conservate niente altro rappresen-tano infatti se non l’inizio e la fine della guerra di Troia, unavicenda che si apre quando il giovane eroe esce dal suo riti-ro nelle selve svelando la propria identità ai fratelli e si con-clude infine con la distruzione della città e la conseguentefuga di Enea con il vecchio padre.

Nonostante la modestia intrinseca e la collocazione mar-ginale loro assegnata nella sistemazione stessa della sala delMuseo, le due terrecotte vantano una storia di tutto rispet-to, appartenendo al nucleo primitivo della collezione diMonsignore Mario Guarnacci.5

Nella guida della raccolta che egli fece compilare nell’ot-tobre del 1744 dall’amico erudito Anton Francesco Gori, ri-masta a lungo sconosciuta e da me recentemente edita astampa,6 le due lastrine, che erano sistemate «nell’ultimopalchetto» del «secondo scarabattolo a mano destra dell’in-gresso del Museo», sono descritte rispettivamente come«un bassorilievo molto singolare di terra cotta, in cui si rap-presenta Aiace che fa violenza a Cassandra. Edito è alto circaun palmo» e come «Bassorilievo di terra cotta, che rappre-senta un uomo barbato, e vi è il piede di un’altra figura. Il si-gnificato di tale emblema per essere mancante ci è ignoto».

Nel notare che la terracotta recante la presunta scena diAiace e Cassandra era edita, il Gori alludeva all’opera astampa che egli stesso dedicò alla collezione Guarnacci,pubblicata a Firenze anch’essa nel 1744, nella quale la lastracompare alla tav. xv, i (Fig. 5), disegnata da Giuseppe Me-nabuoni.7 Nella breve scheda di commento che correda la

4 Pur essendo difficile un giudizio certo a causa della scarsa definizionedel rilievo, è da notare tuttavia la diversità nella trattazione tra gli occhi diAnchise che hanno la superficie piatta rispetto a quelli delle due figure dellalastra gemella, che hanno il bulbo prominente. Se così fosse si tratterebbedi una peculiarità tratta dal repertorio greco, cfr. infra, nota 18.

5 Sulla figura di Mario Guarnacci, prelato della curia romana, fondatoredel Museo volterrano si vedano vari contributi nell’opera Mario Guarnacci(1701-1785). Un erudito toscano alla scoperta degli Etruschi, Atti del Convegno(Volterra, 2002), «Rassegna Volterrana», lxxix, 2002.

6 Si tratta di un opuscolo manoscritto autografo di Anton Francesco Go-ri e di una copia più tarda redatta da uno scrivano che si conservano nella Bi-blioteca Guarnacci (bgv, ms. 12023 e 12023bis). Sulla copertina il fascicolettoreca due diciture poste l’una sotto l’altra: Descrizione dell’Urne Etrusche del

Museo de’ Nobilissimi Signori Guarnacci fatta da me Anton Franc. Gori nel mese diOttobre dell’anno 1744, e Descrizione delle varie Antichità Etrusche contenute in dueScarabattoli nel Museo de’ Nobilissimi Signori Guarnacci fatta e dettata da me An-ton Francesco Gori nel mese d’Ottobre dell’anno 1744. Una ulteriore copia del fa-scicolo, replica della precedente, ma limitata alla seconda sezione, si conser-va presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze (bmf, ms. a, lvii, cc. 33-39).

7 Musei Guarnaccii antiqua Monumenta Etrusca eruta e Volaterranis Hypo-gaeis nunc primum in lucem edita et illustrata observationibus Ant. FrancisciGorii, Florentiae 1744, p. 57, tav. xv, i. L’opera riproduce, ampliandola consei tavole in aggiunta (tavv. xxxv-xl), il capitolo contenuto in Museum Etru-scum exhibens insignia veterum Etruscorum Monumenta aereis tabulis nunc pri-mum edita et illustrata observationibus Antonii Francisci Gorii…, iii, Flo-rentiae 1743, p. 109 sgg.

Fig. 3. Volterra, Museo Guarnacci. Lastrina di terracotta.

Fig. 4. Volterra, Museo Guarnacci.Lastrina di terracotta, particolare.

112 marisa bonamici

tavola l’erudito interpreta la scena come di Aiace che assaleCassandra, mentre sulla natura dell’oggetto non si pronun-cia, limitandosi a definirlo come «fragmentum hoc extypisformis in argilla expressum».

Sulla base del disegno pubblicato dal Gori e della didasca-lia che la accompagna sul pannello espositivo la lastrina conParide ha goduto di una, benché modesta, circolazione inambito scientifico,8 mentre l’esemplare gemello, trascuratodallo stesso Gori evidentemente per la difficoltà di letturache egli stesso lamenta nell’opuscolo manoscritto sopra ci-tato, è rimasto inosservato e inedito nonostante l’esposizio-ne al pubblico.

Dalla cospicua documentazione d’archivio che si conser-va su questo momento dell’archeologia volterrana così come dalla pubblicazione del Gori non emerge purtroppoalcuna notizia certa in merito alle circostanze del rinveni-mento delle due lastre, per le quali tuttavia la presenza nellacollezione originaria del Guarnacci assicura comunqueun’estrazione locale, volterrana, che cercheremo di preci-sare più oltre almeno al livello di ipotesi.9

La probabile provenienza locale e la peculiarità della rap-presentazione di Enea, con l’implicita evocazione del temadella fondazione di Roma, pongono come di particolare in-teresse l’esigenza di stabilire per le due terrecotte una col-locazione cronologica il più possibile precisa. A questo pro-posito, occorre anzitutto avvertire che ogni eventualetentativo di lettura dei due rilievi in chiave stilistica risultadifficilmente praticabile a causa del modellato approssima-tivo e incerto, dal quale non emerge alcuna impronta stili-stica in qualche modo apprezzabile e confrontabile. Mag-giormente fruttuoso può risultare invece, come vedremo,un approccio di tipo prettamente iconografico.

Il rilievo con rappresentazione di Paride all’altare si poneglobalmente sulla scia di una tradizione iconografica mas-sicciamente presente dalla seconda metà del iii sec. a.C. allametà del i a.C. nella produzione locale delle urne funerarie,come dimostrano non solo lo schema figurativo, ma anchetaluni elementi di tipo antiquario come la foggia delle vestie la trattazione delle capigliature.10 Più precisamente, loschema di Paride affiancato da una figura protettrice che di-

8 F. H. Pairault, Recherches sur quelques séries d’urnes de Volterra à repré-sentations mythologiques, Rome, 1972, p. 173, che considera la terracotta comeun’antefissa, seguendo la didascalia apposta sul pannello. L’oggetto è citatoaltresì da L. B. van der Meer, Archetype – Transmitting Model – Prototype.Studies of Etruscan Urns from Volterra, i, «BABesch», l, 2, 1975, p. 182, fig. 5,dove non si pone minimamente in dubbio una presunta datazione del rilie-vo in età ellenistica.

9 Il dato della provenienza locale si evince, sia pure indirettamente, dal-la frase che conclude la scheda di A. F. Gori, loc. cit. (nota 7), relativa alla la-

stra con Paride: «Haec autem opera raro apud Volaterranos occurrere iamobservavimus». Più in generale, che Mario Guarnacci attingesse agli scavilocali per la creazione del suo Museo lo si evince dal complesso della docu-mentazione d’archivio a riguardo, oltre che dall’analisi della composizionedella sua collezione (cfr. i lavori citt. alle note 5-7).

10 Sulla serie delle urne con Paride riconosciuto si veda più recente-mente il lavoro di D. Steuernagel, Menschenopfer und Mord am Altar, Wie-sbaden, 1998, p. 62 sgg.

Fig. 5. La lastrina di fig. 1 nel disegno di A. F. Gori, Museum Etruscum, iii, 1743.

un programma f igurativo troiano a volterra nel i sec. a .c. 113

stende orizzontalmente il braccio per toccarlo alla spalla ri-conduce ad un gruppo di tre urne appartenenti alla tardabottega Guarnacci 621, nelle quali il gesto viene attribuitosia ad Afrodite, riconoscibile per l’attributo delle ali, sia aduna seconda figura di donna protettrice, che è posta in dueesemplari accanto a Paride in posizione speculare alla dea.11

Particolarmente stringente non solo per il gesto ma an-che per la tipologia della veste, appare l’analogia che sussi-ste tra la figura femminile della nostra lastra e la figura cor-rispondente su una delle tre urne del gruppo appenamenzionato, l’esemplare mg 622, in terracotta (Fig. 6), doveParide è affiancato da due figure femminili, alla sua destraAfrodite munita di ali e alla sua sinistra Ecuba, così identi-ficata per il bastone simile a quello che nel repertorio delleurne caratterizza altrimenti Priamo.12

Questa appunto potrebbe essere anche la giusta inter-pretazione per la figura del nostro rilievo, a meno che nonsi voglia interpretarla come Afrodite stessa, per la quale siastato dismesso il vecchio attributo delle ali, ora non più con-facente al nuovo gusto figurativo. Sul piano infine dell’am-biente artigianale che ha prodotto le nostre due terrecotte,operette con ogni evidenza alquanto isolate, la trafila ico-nografica che si è messa in luce induce a ritenere che esse

possano essere il frutto della stagione di stanca decadenza,ovvero di una fase di effimero revival, della bottega dell’ur-na Guarnacci 621.

In tutt’altro ambiente ci conduce l’esame della composi-zione della lastra con Enea e Anchise in fuga da Troia, perla quale la tradizione iconografica di ambito etrusco, peral-tro di origine assai antica, si era interrotta da secoli,13 né ilrepertorio delle urne poteva offrire schemi iconografici dautilizzare o da riconvertire per esprimere i nuovi temi. Edecco che in qualche modo la nostra modesta bottega attin-ge al repertorio urbano, in un momento come questo dirinnovato contatto con Roma. La terza figura che dovevacompletare il rilievo e della quale si conserva una gamba,un personaggio adulto che si fa incontro ad Enea, postulainfatti un’unica possibilità di restituzione,14 quella del troia-no Panthus, sacerdote di Apollo, del quale Virgilio ci diceper bocca di Enea:

Ed ecco che Panto scampato ai dardi dei Greci,Panto Othriade, sacerdote del tempio di Apollo,verso di me come pazzo si avventa di corsa:con una mano tiene gli Dei, vinti simulacri,e trascina con l’altra il nipote fanciullo.15

11 Si tratta della serie iii della classificazione Steuernagel, composta dal-le urne nn. 117-119, cfr. ivi, pp. 65, 200 sg., con bibl. prec. La seconda figurafemminile protettrice compare nelle urne nn. 117 e 118. Più in generale, suireferenti stilistici della bottega e sulla sua collocazione cronologica (secon-do-terzo quarto del i sec. a.C.) si veda A. Maggiani, La «Bottega dell’urnaGuarnacci 621». Osservazioni su una fabbrica volterrana del i secolo a.C., «StEtr»,xliv, 1976, p. 111 sgg.

12 L’urna è edita da L. B. van der Meer, art. cit. (nota 8), p. 185 sg., figg.13-15, che interpreta la figura in questione come maschile; successivamentesi veda G. Cateni, in Corpus delle Urne Etrusche di età ellenistica, ii, 2, Pisa,1986, p. 86 sg., n. 97; D. Steuernagel, op. cit. (nota 10), pp. 65, 200, n. 118,tav. 26, 3 (bibl. completa), cui si deve l’interpretazione della figura femmi-nile protettrice come Ecuba. Circa la posizione del braccio di quest’ultimafigura, che secondo Steuernagel sarebbe piegato al gomito, ad una attentaosservazione del monumento si constata che l’arto è teso fino a toccare laspalla di Paride. La figura ha quindi un atteggiamento analogo a quella checompare sulla nostra lastra.

13 Sul tema della fuga di Enea in Etruria per quanto attiene sia alle ce-ramiche greche importate, sia alle opere di produzione locale si vedaGalinsky, p. 122 sgg.; LIMC, Aineias, passim. Circa l’inizio della tradizione,

che deve farsi risalire ancora alla fine del vii sec. a.C., molto significativa èla scena che compare sull’oinochoe del Pittore della Sfinge Barbuta, oranella Bibliothèque Nationale di Parigi, opportunamente valorizzata da F.Zevi, Note sulla leggenda di Enea in Italia, in Gli Etruschi e Roma, Atti dell’In-contro di Studio in onore di M. Pallottino (Roma, 1979), Roma 1981, p. 148sgg. La stessa in LIMC, Aineias, p. 388, n. 93a. Recentemente su questa pro-blematica è tornato S. Bruni, Una Ilioupersis etrusca, in I. Colpo, I.Favaretto, F. Ghedini (a cura di), Iconografia 2006. Gli eroi di Omero, Attidel Convegno Internazionale (Taormina, 2006), Roma, 2007, p. 61 sgg.; digrande interesse infine il recentissimo lavoro di G. Colonna, Il mito di Eneatra Veio e Roma, cit. infra a nota 43.

14 A meno che non si voglia ricorrere all’ipotesi riduttiva di un guerrie-ro generico, il che non mi sembra confacente al carattere compendiariodella composizione e alla necessità che le rappresentazioni siano portatricidi un preciso messaggio. Da escludere anche una eventuale interpretazionedella figura come Ascanio, dal momento che in tutte le rappresentazioniche includono il fanciullo viene accentuata decisamente la differenza di sta-tura tra il padre e il figlioletto.

15 Verg., Aen., ii, 318-321, trad. di E. Cetrangolo (citazione tratta daPublio Virgilio Marone, Tutte le Opere, con saggio di A. La Penna, 4a ed.,

Fig. 6. Volterra, Museo Guarnacci. Urna mg 622 (da D. Steuernagel, 1998).

114 marisa bonamici

Ora questo episodio, assente altrimenti nella, pur cospicua,tradizione figurata della fuga da Troia, è stato da tempo ri-conosciuto nel riquadro centrale della Tabula Iliaca capito-lina (Fig. 7) e in particolare nella scena dell’incontro che sisvolge all’interno delle mura della città tra Enea e un perso-naggio nell’atto di porgergli la cista che contiene i sacra.16

Come è noto, nella sezione della Tabula dedicata a Eneaquesta è la prima rappresentazione di una serie di tre (Fig.8), intese come cronologicamente conseguenti, dal mo-mento che alla consegna dei sacra fanno seguito l’uscita dal-la porta della città dove Enea reca seduto sulla spalla sinistrail padre che regge la cista mentre tiene per mano il piccoloAscanio e infine l’imbarco dei tre, scortati dal nocchiero Mi-seno.17

Rispetto al suo modello di riferimento, verosimilmenteun album di cartoni dove la storia era illustrata dettagliata-mente nelle singole tappe, il nostro modesto coroplasta,che ha evidenti esigenze di brevità e di concisione, compen-dia in una sola composizione due episodi, quello della con-segna della cista e quello dell’uscita dalla porta della città,estraendo da ambedue le figure essenziali.

In conclusione, la piccola lastra che riuscì incomprensi-bile al Gori doveva rappresentare Enea che tiene sul dorsoAnchise e nello stesso tempo tende il braccio sinistro perprendere la cista che gli viene consegnata dal sacerdote diApollo. Lo stesso procedimento compendiario egli ha ap-plicato, come si è visto sopra, nel realizzare il rilievo con Pa-ride, dove, dovendo per omogeneità compositiva utilizzaresolo due delle numerose figure offertegli dal repertorio del-le urne, egli sceglie, oltre al protagonista, la figura femmi-nile protettrice come maggiormente funzionale al messag-gio che si vuole in chiave positiva.

Il confronto con la scena della Tabula Capitolina conferi-sce, sempre che la trafila da noi ricostruita sia attendibile, alledue terrecotte alcuni connotati precisi: dal punto di vista del-la cronologia un inquadramento in età augustea,18 forse an-che non avanzata,19 e dal punto di vista della temperie cultu-rale il clima di esaltazione del potere imperiale e di omaggioalla dinastia giulio-claudia che si diffonde in questi anni innumerose città della penisola italica20 e dell’Etruria e chetrova a Volterra una manifestazione prestigiosa nella fonda-zione del teatro,21 tanto più che non di una fondazione qual-siasi si trattò, bensì di un’opera di evergetismo voluta da due

Firenze, 1975). Il sacerdote Panto è conosciuto da Omero, che lo rappresen-ta tra gli anziani consiglieri di Priamo (Hom., Il., iii, 146). Convincente l’os-servazione di N. Horsfall, Stesichorus at Bovillae? «JHS», xcix 1979, p. 39sgg., circa la matrice virgiliana della rappresentazione; cfr. anche Id., Someproblems in the Aeneas Legend, «ClQ», n.s., xxix, 1979, p. 375 sg.

16 Sulla Tabula Capitolina e su questa scena cfr. V. Mancuso, La “Ta-bula Iliaca” del Museo Capitolino, «MemLinc», s. 5, xiv, 1911, p. 662 sgg., spec.p. 714 sgg.; A. Sadurska, Les Tables Iliaques, Warszawa 1964, p. 24 sgg.,spec. p. 29, tav. i; sulla derivazione virgiliana della scena cfr. N. Horsfall,art. cit. (nota prec.), p. 39 sgg., tav. ii. Più recentemente cfr. LIMC, Aineias,p. 389, n. 112; R. Cappelli, La Tabula Iliaca Capitolina, in Roma 2000, p. 198.Sulla funzione del monumento assai interessanti le considerazioni di A.Rouveret, Histoire et imaginaire de la peinture ancienne, Rome, 1989, p. 354sgg. Da escludere anche l’identificazione del personaggio che consegna adEnea la cista come Anchise, il che comporterebbe una discrasia interna alrilievo, giacché nella successiva scena dell’imbarco è Anchise stesso cheporta la cista.

17 Oltre alle opere citate alla nota precedente si veda R. Brilliant, Vi-sual Narratives. Storytelling in Etruscan and Roman Art, Ithaca-London, 1984,p. 53 sgg., tav. 2.i, fig. 2.i. Più recentemente si veda l’operetta La Tabula Iliacadi Bovillae, a cura di D. F. Maras, Boville, 1999, utile soprattutto per il raffron-to tra le singole scene e le relative fonti letterarie. Nessun contributo origi-nale nel recentissimo lavoro di P. Puppo, Le Tabulae Iliacae: studio per unariedizione, in Immagine e immagini della Sicilia e di altre isole del Mediterraneo

antico, Atti del convegno (Erice, 2006), a cura di C. Ampolo, Pisa 2010, p. 829sgg., che tuttavia presenta un aggiornamento completo del corpus dei mo-numenti e della bibliogafia.

18 Nel clima di un rinnovato contatto con l’ambiente ellenico potreb-bero rientrare anche alcuni particolari che sono propri di quella tradizioneiconografica, quali la cecità di Anchise e la sua collocazione sul dorso del fi-glio anziché, come di norma in ambito italico, in posizione seduta sullaspalla. Per Anchise cieco condotto per mano dal figlio, versione che com-pariva sulla metopa 28 del lato settentrionale del Partenone, cfr. Galinsky,p. 56, figg. 41, a-b, 41, c.; (= LIMC, Aineias, p. 390, n. 155 sg.); Fuchs, p. 619sg., figg. 5-6. Per Anchise posto «a cavalluccio», cfr. LIMC, Aineias, p. 386 sg.,n. 59 sgg.; Fuchs, p. 615 sgg., figg. 2-3, 7-9.

19 Nel senso di una cronologia relativamente alta dovrebbe deporre an-che il legame sul piano iconografico della lastra con Paride con la tarda pro-duzione delle urne. Quanto alla Tabula Capitolina il riferimento tradizio-nale è alla data di pubblicazione dell’Eneide (19 o 18 a.C.), benché sappiamoche alcuni Canti come il ii, il iv, il vi erano stati letti pubblicamente da Vir-gilio stesso al cospetto di Augusto nel 23 o 22 a.C. Su tutto questo cfr. A. LaPenna, in op. cit. (nota 16), pp. lvii, ic.

20 In generale si veda P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Tori-no, 1989, p. 335 sgg.

21 Sul monumento si veda da ultimo la monografia curata da M. Mun-zi, N. Terrenato, Volterra. Il teatro e le terme, Firenze, 2000, che accogliediversi saggi su diversi aspetti del problema, nonché la bibliografia comple-ta. Sulle fondazioni teatrali di età augustea nel distretto settentrionale

Fig. 7. Roma, Musei Capitolini. Tabula Iliaca, part. del riquadro centrale (da N. Horsfall, 1979).

un programma f igurativo troiano a volterra nel i sec. a .c. 115

personaggi della gens Caecina,22 potente famiglia dell’ari-stocrazia volterrana precocemente trasferitasi a vivere a Ro-

ma ma non per questo distaccatasi da latifondi, clientele, tra-dizioni religiose della sua patria di origine.23

dell’Etruria cfr. G. Ciampoltrini, ‘Municipali ambitione’. La tradizione localenegli edifici per spettacolo di Lucca romana, «Prospettiva», 67, 1992, p. 39 sgg.

22 Si tratta di A. Caecina Severus e di C. Caecina Largus, figli ambeduedi un Aulo e consoli. Mentre sull’dentità di A. Caecina Severus, consoledell’1 a.C., non sussiste alcuna incertezza, assai più complesso si presenta ilproblema dell’identificazione di C. Caecina Largus. Poiché è impossibileidentificare il nostro personaggio con l’omonimo che fu console nel 42 d.C.a causa della compresenza nell’iscrizione con l’altro Caecina, le soluzioniprospettate più recentemente dagli studiosi sono due: o si tratta del perso-naggio altrimenti designato come C. Silius Caecina Largus che fu consolenel 13 d.C. (Pizzigati), oppure, con minore probabilità, si tratta di un perso-naggio rimasto non registrato, che possiamo attribuire ad un anno per ilquale non siano attestati i consoli suffetti, come ad es. il 13 d.C., quale data

più vicina a quella del mandato dell’altro console (cfr. M. Munzi, Due bollidei Caecinae dal teatro di Volterra, in Epigrafia della produzione e della distribu-zione, Actes de la vii Rencontre franco-italienne, Roma 1994, p. 385 sgg.).Come è noto, deduciamo questo atto di evergetismo dall’epigrafe dedica-toria che fu rinvenuta durante gli scavi editi da E. Fiumi, Volterra. Scavi nel-l’area del teatro romano degli anni 1950-1953, «NSc», 1955, p. 114 sgg. e in part. p.123 sg., fig. 9 bis. Per le integrazioni successive dell’epigrafe che hanno com-pletato i titoli dei due personaggi consentendone l’identificazione storica siveda O. Luchi, Per la storia del teatro romano di Volterra, «Prospettiva», 8,1977, p. 40 sg. e da ultimo A. Pizzigati, Il teatro romano di Volterra: nuovi ele-menti epigrafico-prosopografici dall’iscrizione scenica dei Caecinae «ParPass»,lii, 1997, p. 124 sgg.

23 P. Hohti, Aulus Caecina the Volaterran, «ActaInstRomFin», v, 1975, p.409 sgg.; G. Capdeville, I Cecina e Volterra, in Aspetti della cultura di Volterra

Fig. 8. Tabula Iliaca Capitolina, disegno del riquadro centrale (da R. Brilliant, 1984).

116 marisa bonamici

Ma se la vicenda dei Caecinae è rappresentativa di unsentimento più diffuso e condiviso, come indica l’atto stes-so della loro donazione alla comunità di un monumentoesibente ben quattro ritratti della famiglia giulio-claudia,dobbiamo supporre l’esistenza a Volterra di un più largo ceto sociale, composto almeno in parte di esponenti dellavecchia aristocrazia,24 ideologicamente e politicamenteorientato in senso filoromano, ma nello stesso tempo con-servatore e orgoglioso delle tradizioni nazionali. Il teatrostesso fu costruito nel cuore di un quartiere suburbano abi-tato verosimilmente da questo ceto, composto di ricche do-mus delle quali, pur in assenza di ricerche sistematiche, so-no affiorati ripetutamente resti anche di notevole pregio,come mosaici.25

È proprio in un contesto di questo genere, una domus dibuon livello abitata da una famiglia di ascendenza etrusca,che vedrei ben collocati i nostri due rilievi, giacché le picco-le dimensioni, la qualità artigianale più che modesta e, nonultimo, il richiamo alla tradizione locale delle urne induco-no ad escludere decisamente la pertinenza ad un edificiopubblico. In coppia o inserite in una serie più numerosa che

raccontasse la vicenda di Roma come novella Troia le no-stre terrecotte potevano abbellire un vano domestico,26magari affisse nella parte alta della parete, da dove poteva-no sfuggire all’occhio dell’osservatore le sciatterie, le im-precisioni, le manchevolezze del modellato. Sistemazionidi questo genere ci sono note a Pompei, ad es. nelle storiedipinte nel criptoportico dell’omonima casa ovvero nel fre-gio plastico del Sacello Iliaco (Fig. 9),27 ma non dovevanoessere del tutto sconosciute in Etruria, se già un secolo pri-ma nella vicina Vetulonia un fregio fittile che narrava la sto-ria degli Argonauti era stato posto a decorare un vano in-terno di una casa privata.28

Ora l’ipotesi che si è appena prospettata, rimasta pur-troppo non verificata al momento in base alle nostre ricer-che d’archivio, non appare tuttavia priva di verosimiglian-za, dal momento che già dai primi mesi del 1738 risulta cheMario Guarnacci fece effettivamente condurre scavi nellazona limitrofa al teatro dalla parte settentrionale, dove sullascia del Gori,29 egli riteneva che potesse giacere l’altra estre-mità del presunto anfiteatro.30

Qui, in località Ortino (Fig. 10), come attestano concor-

etrusca, Atti del xix Convegno di Studi Etruschi e Italici (Volterra, 1995), Fi-renze 1997, p. 253 sgg., dove tutta la documentazione epigrafica sia etruscache latina è raccolta e trattata analiticamente.

24 Occorre comunque ricordare che nella società volterrana del i sec.a.C. vi era una componente di coloni, appartenenti ad una deduzione di etàtriunvirale o augustea della quale sfuggono quasi del tutto le circostanzestoriche, ma che è attestata inequivocabilmente da un’iscrizione lapidaria:cfr. M. Munzi, N. Terrenato, La colonia di Volterra. La prima attestazioneepigrafica ed il quadro storico e archeologico, «Ostraka», iii, 1, 1994, p. 31 sgg.Una committenza di questo tipo mi parrebbe comunque da escludere perle nostre terrecotte.

25 Sul problema si veda la sintesi di M. Munzi, La città di Augusto, in M.Munzi, N. Terrenato, op. cit. (nota 21), p. 191 sgg. Per un rinvenimento re-lativamente recente nella zona cfr. M. Cristofani, Abitazione romana pressoi macelli pubblici, «NSc», 1973, suppl., p. 273 sgg.

26 Sul fenomeno dell’integrazione a livello privato dell’ideologia del-l’esaltazione di Roma e del potere imperiale si veda P. Zanker, Immaginicome vincolo: il simbolismo politico augusteo nella sfera privata, in Roma 2000, p.84 sgg.

27 R. Brilliant, op. cit. (nota 17), p. 62 sgg. Per la descrizione di questiambienti cfr. I. Bragantini, Casa del Criptoportico e Casa del Sacello Iliaco, inPompei Pitture e Mosaici, i, parte i, Roma 1990, rispettivamente p. 193 sgg.,figg. 13-48, e p. 280 sgg., figg. 20-43. Per la raccolta sistematica delle occor-

renze del tema iliaco a Pompei si veda D. Tomei, Le saghe troiana e romananella pittura pompeiana, «Ostraka», xvi, 2, 2007, p. 409 sgg.

28 M. Cygielmann, Casa privata e decorazione coroplastica: un ciclo mito-logico da Vetulonia, «Ostraka» ii, 2, 1993, p. 369 sgg.

29 A. F. Gori, Museum Etruscum, cit. (nota 7), p. 59 sgg., tav. viii.30 Deduciamo queste notizie dal carteggio che intercorse tra Mario

Guarnacci, suo fratello Giovanni preposto della chiesa volterrana e A. F. Go-ri, che procurò ai suoi amici l’autorizzazione da parte delle autorità grandu-cali a condurre scavi nell’area del teatro: cfr. G. Cateni, Vallebuona: la sco-perta, in Il teatro Romano di Volterra, a cura di Idem, Firenze 1993, p. 15 sgg.Ma se questo avveniva tra l’ottobre e il novembre 1738, è pur vero che le im-prese dei fratelli Guarnacci in quel sito erano già in corso almeno dall’iniziodell’anno, se in una lettera del 17 gennaio 1738 il Gori scrisse: «Non vedo l’oradi aver qualche nuova buona di qualche suo bel ritrovamento allo scavodell’Anfiteatro» (bgv, ms. 163, filza 2) e poco dopo, in una missiva del 3 mar-zo, egli insisteva quasi con le stesse parole: «Non vedo l’ora di aver qualchebuona nuova dello scavo fatto in Volterra all’Anfiteatro, onde ardentementene bramo qualche nuova» (bgv, c.s.). Poiché, come deduciamo dallo stessoepistolario, nel periodo immediatamente successivo al novembre 1738 il pro-getto di scavo presso il teatro subì una battuta d’arresto che si prolungò perdiversi anni per l’opposizione delle autorità locali (cfr. G. Cateni, Temi di ar-cheologia urbana nel carteggio Gori-Guarnacci (1731-1740), in Mario Guarnacci,cit. [nota 5], p. 118 sgg.), il primo intervento di scavo in loc. Ortino dovettesvolgersi in un periodo relativamente ristretto, da gennaio a ottobre 1738.

Fig. 9. Schema ricostruttivo della decorazione del Sacello Iliaco a Pompei (da R. Brilliant, 1984).

un programma f igurativo troiano a volterra nel i sec. a .c. 117

demente le fonti antiquarie del xviii e xix secolo,31 egli siimbattè nelle strutture di quella che si ritiene essere statauna domus con incluso un impianto termale databile in etàaugustea e ne trasse per la sua collezione una porzione di

mosaico (Fig. 11) che tuttora si osserva nella sala xv dell’at-tuale Museo, corredata da una iscrizione che la dichiaraproveniente dalle terme «prope amphiteatrum» e trasportatanel 1761.32 Ora, sulla base di questa iscrizione si è ingenerato

31 Per la localizzazione del sito cfr. E. Fiumi, art. cit. (nota 22), p. 114sg., fig. 1. Della cospicua letteratura antiquaria sul rinvenimento si citanoi contributi di maggiore interesse: A.F. Giachi, Saggio di ricerche storichesopra lo stato antico e moderno di Volterra, 2 ed., Firenze-Volterra-Cecina,1887, p. 99 sg.; A. Cinci, Guida di Volterra, Volterra 1885, p. 20. Molto in-teressante la testimonianza tramandata dall’erudito lucchese SebastianoDonati nell’operetta manoscritta Itinerario di Roma di Sebastiano Donati nel1750. L’Autore, che in realtà visitò Volterra nella primavera del 1761 e nel-l’autunno del 1765, scrive: «Verso Levante s’entra nell’Orto del Salvadori,ove è un quadrato di muro tutto fatto di calcistruzzo di venti braccia in-circa per lato, ed altri pezzi di muro fuori del quadrato fatti di d(ett)o cal-cistruzzo. Quivi M(onsigno)r Mario ritrovò un pezzo di mosaico di lun-

ghezza di 12 palmi, e 6 di larghezza incirca» (Lucca, Bibl. Statale, ms. 1202,c 137v.).

32 Il mosaico, che non mi risulta pubblicato e che meriterebbe maggio-re attenzione, si trova inserito nel piano pavimentale della sala xv dove ilpannello, estrapolato evidentemente da un contesto maggiormente esteso,è inquadrato da una cornice di marmo che reca l’iscrizione: MUSIVUM.OPUS. ETRUSCUM. EX. THERMIS. PROPE. AMPHITHEATRUM. VO-LATERRANUM. EFFODIT. AC. INTEGRUM. HUC. INVEXIT. MARIUS.GUARNACCIUS. SIGNATURAE. IUSTITIAE. XIIVIR. ET. SENIOR. AN.MDCCLXI. All’epigrafe originaria, risalente al primo trasferimento del mo-saico (1761) nella sede del Museo della famiglia Guarnacci, è stata appostanel 1876, epoca del trasferimento nella sede attuale, un’iscrizione redatta in

Fig. 10. Volterra, zona circostante al teatro. Pianta delle emergenze archeologiche: in alto a destra la loc. Ortino (da E. Fiumi, 1955).

118 marisa bonamici

nella letteratura corrente un piccolo equivoco, secondo ilquale il rinvenimento, e non solo il distacco del monumen-to, ebbe luogo nel 1761.33 Dal momento però che il mosaico,la cui scoperta fece scalpore tra gli eruditi del tempo, è men-zionato in una lettera del Gori a Mario Gurnacci datata 11ottobre 1739,34 abbiamo la certezza che all’epoca il mosaicoe altri monumenti connessi, ivi comprese possibilmente lenostre due terrecotte, provenienti dallo scavo della domussi trovavano già nella collezione del Monsignore.

In conclusione, tutti gli indizi concorrono a suffragare

l’ipotesi che le due terrecotte presenti nella collezioneGuarnacci nel 1744 provenissero dallo scavo della domus ro-mana in loc. Ortino, anche se niente garantisce la certezzadella nostra supposizione.35

Rimane comunque il fatto – e in questo sta il mio mode-sto contributo – di avere riscoperto e portato alla luce l’esi-stenza nella Volterra di età augustea di un programma figu-rativo di esaltazione troiana e romana,36 che fu creatocertamente attingendo alle tradizioni artigianali locali or-mai in declino,37 ciò che costituisce a Volterra un caso unico

caratteri minori che menziona i successivi traslochi del monumento: dap-prima nella casa dei Guarnacci, quindi (1789) nel Palazzo dei Priori, succes-sivamente (1876) nella sede attuale. Un’interessante descrizione delle ope-razioni di distacco e rimontaggio del pannello si legge nell’opera di S.Donati, Ad novum Thesaurum veterum insciptionum Cl. V. Ludovici AntoniiMuratorii Supplementum, Lucae, mlcclxv, p. v sgg. dove è riportata una let-tera del 15 marzo 1765 scritta all’Autore da Mario Guarnacci, che parla del-l’avvenimento come di un fatto passato, ma non ne specifica purtroppo ladata: «scalpro caesum, et ad formam quadrilateram redactum… ut inte-grum in domum inveheretur, ipsius domus parietes abscidimus». Per la sin-tassi compositiva del mosaico, alquanto generica, composta di elementirettangolari bianchi e neri marginati e disposti a mo’ di tessitura isodomae a squadra, si veda M. E. Blake, The Pavements of the Roman Buildings of theRepublic and Early Empire, «MemAmAc», viii, 1930, pp. 99, 109, tav. 27, 1-3, condatazione alla metà del i sec. a.C.

33 Cfr. ad esempio anche E. Fiumi, art. cit. (nota 22), p. 114.34 Nella lettera il Gori così si esprime: «Desidero di sentire che cosa pen-

sa del pavimento di mosaico e della stanza di Castello» (bgv, ms. 163). Il sog-getto del discorso è Scipione Maffei e il contesto è quello del consueto climadi rivalità e quasi di spionaggio scientifico che si era creato tra i due studiosi,tanto che il Gori prega l’amico Guarnacci di mostrare il mosaico al Maffei

che si apprestava a visitare Volterra, allo scopo evidentemente di «catturar-ne» il parere, ma senza esporsi.

35 In questo senso depone anche una banale considerazione di verosi-miglianza, dal momento gli altri due siti archeologici nei quali operavanoin questi anni gli scavatori al servizio del Guarnacci, vale a dire la cisternacolonnata dell’acropoli e gli ipogei con urne dei terreni del Canonicato allanecropoli del Portone, difficilmente avrebbero potuto restituire materialidel tipo delle nostre due terrecotte.

36 Il fenomeno, pur con i suoi aspetti peculiari, appare in diretta sinto-nia con il clima culturale di Roma, dove a partire dall’età cesariana il temailiaco conosce un forte rilancio sul piano sia pubblico che privato. Se Giu-lio Cesare aveva assunto Enea a progenitore della gens Giulia, è con Au-gusto che il tema iliaco assume la funzione di un manifesto politico, quan-do il gruppo statuario di Enea con il padre sulla spalla e il figlioletto permano fu eretto nella nicchia centrale dell’esedra settentrionale del Forointitolato allo stesso imperatore, in posizione specularmente contrappostaalla statua di Romolo. Su questo, si veda P. Zanker, Forum Augustum, Tü-bingen, 1968; Galinsky, p. 141 sgg.; Fuchs, p. 624 sgg.; LIMC, Aineias, pp.390, 396, n. 146; da ultimo, R. Cappelli, Questioni di iconografia, in Roma2000, p. 151 sgg.

37 È possibile che il programma di opere pubbliche realizzato in età au-gustea abbia comportato anche una qualche momentanea rivitalizzazione

Fig. 11. Volterra, Museo Guarnacci. Pannello di mosaico da loc. Ortino.

un programma f igurativo troiano a volterra nel i sec. a .c. 119

di continuità, almeno sul piano delle manifestazioni figura-tive,38 in un panorama altrimenti caratterizzato da una net-ta cesura rispetto al passato e da un assoluto abbandono delrepertorio tradizionale, conseguente ad un profondo muta-mento del gusto. Ciò è dimostrato con tutta evidenza dallascelta, quale momento iniziale della vicenda, dell’episodiodi Paride rifugiato all’altare, il cui schema doveva conser-varsi nel patrimonio figurativo di quanto rimaneva dellebotteghe artigiane della grande Volterra ellenistica.

Paride rifugiato all’altare non figura infatti di norma inquest’epoca nelle rappresentazioni semplici o complessedel tema iliaco, a partire dalla Tabula Capitolina con gli altrisimili esemplari, dove il figlio di Priamo è bensì presente,ma impegnato in episodi diversi39 e dove l’inizio della nar-razione rispecchia il poema omerico con la scena di Criseche invoca Apollo Smintheo stando davanti al tempio deldio. A maggior ragione il recupero da parte del nostro mo-desto scultore di uno schema iconografico del repertoriodelle urne potrebbe non essere casuale, ma voluto e caricodi una precisa valenza ideologica, tanto più in un momentonel quale l’avvento delle prestigiose maestranze urbane co-me quelle che operarono nella costruzione del teatro por-tava nuovi saperi nel modo di fare arte, e un drastico rinno-vamento nell’organizzazione artigianale.40

Quale poté essere dunque il messaggio che fu affidato aquesta rappresentazione iliaca declinata, per dire così, inchiave locale, e in chiave domestica? Senz’altro un messag-gio di esaltazione filoromana e di fedeltà al nuovo corso po-litico, come si conviene ad una città finalmente pacificata do-po tante traversie.41 E tuttavia non escluderei – soprattuttonell’eventualità di una committenza d’élite – un qualche im-

plicito richiamo all’antico sentimento della fratellanza in no-me della comune origine troiana. Non diversamente era ac-caduto a Veio oltre quattro secoli prima, quando, nel cuoredi un conflitto che Livio definisce «di ladrocinio» («latroci-nii») più che di guerra e che culminò nell’episodio dei Fabiicon la conseguente pesantissima tregua,42 alle statuette diEnea con Anchise seduto sulla spalla era stato affidato unanalogo messaggio di monito contro una lotta fratricida e diinvito alla concordia e alla pacificazione.43

Ma, tornando alle nostre due terrecotte, c’è di più, forse,in un frangente culturale come quello che presiede allacomposizione del poema virgiliano, ed è la rivendicazioneda parte etrusca, e volterrana, di una più antica ascendenzatroiana, se è vero che quello di Enea è un ritorno alla patriadei suoi avi44 e se ancora pochi decenni prima i fuoriuscitichiusini al seguito di Marce Unata nel delimitare i campinella loro nuova terra africana non avevano esitato a quali-ficare se stessi come «figli di Dardano».45

Nel corso del lavoro si adottano le seguenti abbreviazioni:bgv = Volterra, Biblioteca Guarnacci.bmf = Firenze, Biblioteca Marucelliana.Galinsky = G.K. Galinsky, Aeneas, Sicily, and Rome, Princeton

N.J., 1969.LIMC, Aineias = F. Canciani, in LIMC, i, 1981, p. 380 sgg., s.v. Ai-

neias.Fuchs = W. Fuchs, Die Bildgeschichte der Flucht des Aeneas, in Auf-

stieg und Niedergang der Römischen Welt, a cura di H. Temporini,i, 4, Berlin-New York, 1973, p. 615 sgg.

Roma 2000 = Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città, Cata-logo della Mostra (Roma, 2000), a cura di A. Carandini, R.Cappelli, Roma, 2000.

delle produzioni coroplastiche locali, come indica il rinvenimento durantegli scavi del complesso monumentale del teatro sia di tegole con bollo re-cante i nomi di A. Caecina Severus e di C. Caecina Largus, sia di una seriedi antefisse a palmetta e a pannello semicircolare che furono recuperate nel1968 in corrispondenza dell’abside del braccio orientale della porticus ponescaenam. Su questi rinvenimenti si veda nell’ordine: M. Munzi, op. cit. (nota22), p. 385 sgg.; per le antefisse cfr. G. Monaco, in Rassegna degli scavi e dellescoperte, «StEtr» xxxvii, 1969, p. 275; E. Fiumi, Volterra. Il Museo etrusco e i mo-numenti antichi, Pisa, 1976, p. 20, fig. 11.

38 Il dato che emerge dalle produzioni figurative e artigianali non deveessere assolutizzato e indebitamente trasposto sul piano più generale dellasituazione ideologico-religiosa e sociale, che si presenta invece come unarealtà complessa, caratterizzata da notevoli tratti di conservatorismo (usoprolungato della lingua etrusca, recupero della dottrina religiosa nazionaleetc.). Per un bilancio su questi problemi cfr. M. Bonamici, Un affresco di iStile dal santuario dell’acropoli, in Aspetti della cultura di Volterra etrusca, cit.(nota 23), p. 315 sgg., e N. Terrenato, Vallebuona e la romanizzazione di Vol-terra, in M. Munzi, N. Terrenato, op. cit. (nota 21), p. 195 sgg.

39 Sulle Tavole Iliache Paride figura nelle seguenti scene: duello conMenelao, duello o invito a duello con Ettore, battaglia presso le navi, morteper mano di Filottete: su tutto si veda R. Hampe, I. Krauskopf, in LIMC,i, 1981, p. 515, n. 83; p. 517, nn. 88-89; p. 520, n. 103, s.v. Alexandros.

40 Sulle manifestazioni figurative nella Volterra di età augustea si vedaA. Pizzigati, Il teatro romano di Volterra: maestranze urbane e locali, «AnnPi-sa», s. 3, xxv, 4, p. 1413 sgg.

41 G. Ciampoltrini, Note sulla colonizzazione augustea nell’Etruria setten-trionale, «sco», xxxi, 1981, p. 41 sgg. Sulla situazione politico-sociale di Vol-terra nel i sec. a.C. cfr. N. Terrenato, art. cit. (nota 38), p. 195 sgg.

42 Liv., ii, 49 sgg., 54 (concessione della tregua, con imposizione di tri-buti in grano e in denaro). Quanto al carattere degli scontri, è illuminante

la definizione dello stesso storico: res proxime formam latrocinii venerat (Liv.,ii, 48, 6).

43 La problematica di questo gruppo fittile, attestato in sei repliche pro-venienti dai santuari del Portonaccio e di Campetti, è riassunta da L.Vagnetti, Il deposito votivo di Campetti a Veio, Firenze 1971, pp. 88, 181, tav.xlviii, che propone una datazione nella prima metà del v sec. a.C.; succes-sivamente si veda LIMC, Aineias, pp. 338, 395, n. 96, dove si sostiene una data-zione alta, così come la maggioranza degli studiosi. Alquanto isolata rimanela datazione ai primi decenni del iv sec. a.C. avanzata da M. Torelli, Recen-sione a L. Vagnetti, «DialA», 1973, 2-3, p. 400, che tuttavia viene seguita re-centemente da M. Menichetti, I documenti figurati della fuga di Enea, in Roma2000, p. 193. A favore della cronologia alta anche G. Colonna, Il mito di Eneatra Veio e Roma, «AnnFaina», xvi, 2009, p. 63, nota 70, che ipotizza l’esistenzaa Veio di un culto di Enea quale eroe fondatore, rimarcando nella vicendal’aspetto della rivendicazione dell’origine troiana da parte veiente in funzio-ne antiromana. Va da sé che l’interpretazione che qui si propone si basa sullacronologia alta delle statuette. Si potrebbe infine dire che quello delle nostrestatuette, ex voto esposti in luoghi di culto collettivi, rappresenti il più antico(o uno dei più antichi) caso di uso politico del mito troiano, un fatto destinatoa ripetersi più volte nella storia e da più parti: cfr. in generale E. Gabba, Aspet-ti culturali dell’imperialismo romano, Firenze 1993, spec. p. 91 sgg.

44 Sulla leggenda di Dardano originariamente etrusco di Cortona si ve-da più recentemente la sintesi di L. Braccesi, Il mito di Enea in Occidente, inRoma 2000, p. 60 sgg.

45 Si allude ai ben noti cippi della Tunisia, sui quali dopo il lavoro di J.Heurgon, Inscriptions étrusques de Tunisie, «crai», 1969, p. 526 sgg., è di fon-damentale interesse per l’interpretazione il lavoro di G. Colonna, Virgilio,Cortona e la leggenda etrusca di Dardano, «ArchCl», xxxii, 1980 (1983), p. 1 sgg.Difficilmente sostenibile per ragioni inerenti alle caratteristiche paleogra-fiche la datazione alta proposta da M. Sordi, C. Mario e una colonia etruscain Tunisia, «ArchCl», xliii, 1991, p. 363 sgg.

120 marisa bonamici

composto in carattere dante monotype dallafabriz io serr a editore, p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipo grafia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

*Luglio 2011

(cz 3 · fg 22)

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