dicembre 2013 di sette in sette: ieri, oggi domani...un anno – il 2013 – ricco di iniziative...

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percorsi nella matematica ISSN 1971-0445 Un format chiamato mate... In mostra a Genova le rette curve! Giocando, s'impara n. 42 dicembre 2013 Di sette in sette: ieri, oggi... domani

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percorsi nella matematica

ISSN 1971-0445

Un format chiamatomate...

In mostra a Genovale rette curve!

Giocando,s'impara

n. 42 dicembre 2013

Di sette in sette:ieri, oggi... domani

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Direzione

Gilberto BiniAngelo Lissoni direttore responsabile

Comitato scientifico

Manuel Arala Chaves

Marina Cazzola

Maria Dedò

Simonetta Di Sieno

Marco Liverani

Ana Millán Gasca

Piergiorgio Odifreddi

Giuliano Spirito

Italo Tamanini

Gian Marco Todesco

Carlo Toffalori

Pasquale Tucci

Redazione

Silvia BenvenutiAnna BettiGiovanna DimitoloPaola Testi Saltini

Editore

Kangourou ItaliaSede legale: Via Cavallotti 153 - 20900 Monza (MB)[email protected]

Grafica e impaginazione

Giovanni Querques [email protected]

Stampa

Arti Grafiche Bianca & Volta S.r.l. Trucazzano, Milano

Segreteria di redazione

Dipartimento di Matematica “F. Enriques”Università degli Studi di MilanoVia Saldini 50, MilanoE-mail: [email protected]: 02 50316090www.xlatangente.it

Autorizzazione del Tribunale di Milano del 3 luglio 2008Registro di Stampa n. 427

XlaTangente è l’edizione italiana di

Tangente. L’aventure mathématique

Hanno collaborato a questo numero

Atractor Anita EusebiGiulia Bernardi Leonardo GariboldiPaolo Caressa Maurizio GiaffredoEmanuela Ciotti Alice LemmoDonatella De Tommaso Valentina MalossiDaniela Della Volpe Giuliano SpiritoSimonetta Di Sieno Antonella Testa

Traduzioni a cura della RedazioneIllustrazione della rubrica punto fisso di Luca Usai

XlaTangente pubblica sia lavori su invito dei redattori sia materialeinviato alla redazione – che si riserva la decisione di pubblicarlo. Lapubblicazione è subordinata a una revisione redazionale. La responsa-bilità del contenuto scientifico di ogni lavoro è esclusivamente degliautori. I lavori vanno inviati su cd-Rom alla segreteria di redazione,accompagnati da una versione cartacea e indicando nella prima pagi-na titolo, nome e cognome del/degli autore/i (per esteso), eventualeIstituto di appartenenza, indirizzo, numero di telefono, numero di fax eindirizzo e-mail a cui spedire le bozze ed eventuali comunicazioni.

Per quanto riguarda le fonti iconografiche e letterarie, l’editore è

a disposizione degli aventi diritto che non è riuscito a contattare.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 30 gennaio.

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42 = 6 × 7 = 7 × 6; 42 come questo numero di XlaTangente, 6 come i numeri che

avete ricevuto ogni anno negli ultimi 7 anni.

Fondata nel 2006, la rivista è cresciuta nel tempo (dando vita, ad esempio, al

sito www.xlatangente.it) grazie al lavoro di squadra di una redazione dinamica

e pronta a recepire le esigenze del momento. Ora, come Andreas Matt ci

racconta alle pp. 18-19, è diventata anche partner del progetto “The Translation

Project” che favorisce lo scambio di articoli fra 4 riviste di comunicazione della

matematica: Divulgamat, Plus, Images des Maths e, appunto, XlaTangente.

Un bel riconoscimento, lasciatecelo dire!

Questa europea è solo una delle sfide che ci stanno coinvolgendo, anche in

questo periodo in cui, come tutti, facciamo sempre più fatica a trovare risorse

economiche sufficienti a sostenere l’impresa. Ma non vogliamo tirarci indietro

e, come primo passo, abbiamo quindi deciso di affrontare questo secondo

settennato (non vi preoccupate, non puntiamo alla Presidenza della

Repubblica!) studiando forme economicamente più leggere per continuare a

proporvi della bella matematica. XlaTangente passa quindi in rete e questo n.

42 che avete ora in mano è l’ultimo della sua serie cartacea. Ci prendiamo i

prossimi tre mesi per costruire una proposta che sia all’altezza delle nostre e

delle vostre aspettative. Se avete voglia e/o tempo usateli anche voi per farci

sapere quali temi, quali punti di vista vi piacerebbe trovare nella nuova

versione: potete farlo compilando il questionario che troverete sul sito, ma

anche scrivendo direttamente: alla redazione ([email protected]) o a

me ([email protected]).

Comunque noi ci faremo risentire a breve con tutti – abbonati e no, per lettera o

direttamente su www.xlatangente.it – per raccontare l’evoluzione del progetto:

rimanete sintonizzati!

Per cominciare, non perdetevi i fuochi d’artificio di questo numero, ricco di

novità e di spunti per riflettere, imparare e approfondire. Continua il

mateturismo (iniziato nel n. 41) a Bergamo, a Bologna e in Portogallo. Si parla

ancora del MiC con le guide per la città e con Valentina Malossi che ha reso

possibile la realizzazione del progetto nella città di Bolzano. La matematica ci

accompagna anche nello skyline delle metropoli con l’articolo di Paolo Caressa.

Termina in questo numero “118 a Matelandia”, la storia di Mago Rigore e Fata

Kreattiva. Dopo la fuga della Strega Pedante, i nostri eroi sono alle prese –

pazientemente – con la ricostruzione della loro bella città, Matelandia.

E poi le rubriche di sempre, quelle storiche e quelle più recenti.

Con un grazie a tutti i collaboratori che ci hanno accompagnato in questa

avventura!

Arrivederci

Gilberto Bini

Come editore di XlaTangente, mi piace ringraziare qui la Redazione e il suo

Direttore per il bel lavoro che hanno compiuto in questi anni.

Angelo Lissoni

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Un grande progetto mondiale. Un anno – il 2013 – ricco di iniziative scientifiche, convegni di ricerca e attività per tutti.Una mostra particolarissima, open source, modulare, al contempo materiale e virtuale, fruibile in tutto il mondo. E unagara, aperta a chiunque voglia partecipare – singoli o strutture – per la realizzazione della mostra.Se vuoi proporre la tua idea per uno o più moduli, partecipa anche tu, inviando delle istruzioni per realizzare un ogget-to materiale, o un exhibit interattivo virtuale, o, ancora, un film o una serie di immagini.C’è tempo fino al 15 settembre 2012!

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punto fisso

a cura di LUCA USAI

Luca Usai è illustratore e vignettista.

Collabora con le case editrici Disney Italia e Piemme

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1 editoriale

3 punto fisso

6 MPE2013

Mathematics of Planet Earth 2013+

8 Tu immagini, noi... “Immagini della Matematica”

10 dal mondo di MATh.en.JEANS

MeJ: via alla quinta edizione!

11 fuoribordo

TesLab

12 Il miglior GPS per non perdersi: la matematica in città! (II)GuidaMiC: a spasso con il matematico!La matematica è dappertuttoOltre l’Italia... dal PortogalloCi passa o non ci passa?

18 La matematica... all around the world

21 Rette... Rotonde

24 Grattacieli e crisi economiche

28 Che cos’è la Teoria dei Giochi?

30 uomini che contano

David Hilbert

32 Sui problemi futuri della matematica. I 23 problemi

34 David Hilbert. Ma chi era davvero costui?

35 118 a Matelandia

Induzione, esaustione, tassellazione!!!

38 a tutto volume

40 i giochi dei canguri

Le gare di matematica hanno una compagna inglese

42 le isole del sapere

La misura dell’accelerazione di gravità tra storiae didattica

45 popcorn e celluloide

La creatività al servizio dei dati scientifici: le infografiche

46 un gioco nell’aria

Le suggestioni dell’infinito

48 la Via delle Immagini

Immagine di copertina

di Giovanni Querques

2013dicembre

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numero 42

dicembre 2013N

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A/

JPL

Si conclude con un pizzico di nostal-gia questo lungo anno ricchissimo diiniziative ed eventi in tutto il mondonello spirito del progetto mondialeMathematics of Planet Earth 2013(MPE2013). Abbiamo girovagato e cu-riosato andando da un continente al-l’altro, da esposizioni di exhibit a con-vegni accademici, da seminari nellescuole a conferenze per il pubblicogenerico tenute dai maggiori espertimondiali. E in tutte queste occasionidue sono stati i veri protagonisti: ilnostro Pianeta e la matematica, stru-mento utile, se non essenziale, per af-frontare al meglio le serie problemati-che che riguardano la Terra. E per ri-solverle del tutto là dove possibile.Come abbiamo visto, in generale sicerca di ridurre, con non poca fatica,tali problematiche a modelli matema-tici. Le componenti in gioco sono peròvarie e le loro interazioni sono moltocomplesse: i confini disciplinari non

sono netti ed è richiesta molto spessola comprensione di processi fisici e bio-logici, oltre che matematici, sui qualipoggiano a loro volta processi politicied economici propri della vita del ge-nere umano sulla Terra.È necessario, allora, un impegno serioe significativo, teorico e pratico, che siesprima su piani differenti, intrinseca-mente multidisciplinari. Un impegnoche risponda in modo adeguato in ter-mini di sostenibilità e impatto sull’am-biente. Un impegno, infine, che non siesaurisca con quest’anno ma riesca acoinvolgere matematici e scienziatiben oltre il 2013. Questo il significato di Mathematicsof Planet Earth 2013+, un programmaspeciale organizzato dal Center forDiscrete Mathematical and Theoreti-cal Computer Science (DIMACS) dellaRutgers University, prestigioso centrodella scienza e della tecnologia dellaNational Science Foundation (NSF)

statunitense, che dispone di 13 orga-nizzazioni come partner e di circa 360scienziati affiliati. Il coordinamentodelle attività spetterà a Fred Roberts,direttore emerito del DIMACS. Poichéi problemi che affliggono il Pianetanon scompariranno certo con il nuovoanno, è importante proseguire le atti-vità anche in futuro, sulla base delgrande lavoro fatto durante il 2013, ea tale scopo la NSF, che si preoccupadi promuovere la scienza e l’ingegne-ria attraverso programmi di ricerca eprogetti educativi, ha stanziato più di450 mila dollari.Il progetto MPE2013+ sarà organizza-to intorno a cinque grandi temi di ri-cerca nell’ambito della sostenibilità: lagestione delle risorse naturali (comel’acqua, le foreste, le scorte di cibo),gli ambienti per l’uomo sostenibili (intermini di città “intelligenti” e sistemidi sicurezza), i disastri naturali (con at-tività di monitoraggio e di risposta

di ANITA EUSEBI

Mathematics of Planet Earth 2013+

Il delta della Dvina e la città di Arkhangelsk nella Russia europeaLinea che separa il giorno dalla notte sulle Americhe. Isole Galapagos (Ecuador)

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dicembre 2013

MPE2013

alle conseguenze), l’uso consapevoledell’energia (considerando i portafoglidi investimento in energia alternativa,veicoli elettrici, case “intelligenti”) e ilcambiamento globale (includendol’osservazione e l’adattamento agli ef-fetti del cambiamento).Sulla scia dei grandi risultati ottenutida MPE2013, il progetto MPE2013+,che è parte della Sustainability Initia-tive DIMACS, prevede workshop acca-demici, cicli di conferenze, sessioniorientate all’educazione e mini-labo-ratori volti a incoraggiare la ricerca ead affrontare le criticità fondamenta-li presenti nelle aree in questione. Inparticolare, in ciascun ambito si orga-nizzeranno gruppi di lavoro interdisci-plinari nei quali scienziati e ricercatoricoinvolgeranno studenti, dottorandi ecolleghi. L’idea è che i gruppi di lavorovadano poi a formare dei Researchand Education Forum (REF), ciascunoassociato a ogni area di ricerca, che aloro volta saranno organizzati come le“SQuaREs” dell’American Institute ofMathematics (AIM), che hanno costi-tuito un grande vantaggio logistico-organizzativo nell’ambito di MPE2013. Saranno attivati anche dei pre-work-shop rivolti a dottorandi, dottori di ri-cerca e giovani docenti, con particola-re attenzione agli incontri sulle scien-ze matematiche, per fornire le basinecessarie a coloro che sono digiunidi conoscenze e competenze specifi-che nelle cinque macro-aree di studioindicate. I temi di questi tutorial sa-ranno in particolare i sistemi critto-grafici fondamentali (come le funzionihash), la sicurezza nel caso di nuoviparadigmi (come il cloud computing),alcuni elementi di Teoria dell’Informa-zione e di Teoria dei codici che stannoalla base dei moderni protocolli di co-municazione.Un pre-workshop di presentazione delprogramma speciale MPE2013+ èstato il Workshop on Urban Planningfor Climate Events, tenutosi lo scorso23-24 settembre presso la Rutgers

University. Sono stati esaminati stru-menti algoritmici in grado di gestiregrandi quantità di dati, utilizzati neiprocessi di adattamento e mitigazio-ne di eventi climatici come le tempe-ste e le inondazioni, o nel funziona-mento della metropolitana, nella pia-nificazione di servizi relativi alla forni-tura di energia, nei settori della comu-nicazione, del monitoraggio dei servi-zi di emergenza considerati in terminidi modellazione matematica e analisialgoritmica.Ma il primo vero e proprio MPE2013+Workshop è Challenge and Opportu-nities, che si terrà il 7-10 gennaio 2014presso l’Arizona State University. Ilworkshop si propone di coinvolgerestudenti e giovani ricercatori nellesfide relative al nostro Pianeta, alruolo della matematica nell’affrontar-le e alle opportunità conseguenti allapartecipazione a queste attività. Poi sarà la volta del Workshop on Su-stainable Human Environments, il 23-25 aprile 2014, alla Rutgers Universitynel New Jersey, del Workshop on Glo-bal Change, il 19-21 maggio 2014 all’U-niversity of California a Berkeley e delWorkshop on Data-aware Energy Use,previsto per settembre 2014 semprepresso l’University of California a SanDiego. Altri workshop sono già in pro-gramma persino per il 2015, come ilWorkshop on Natural Disasters il 13-15 maggio a Georgia Tech, il Workshop

on Management of Natural Resourcesil 4-6 giugno presso l’Howard Univer-sity a Washington e il Workshop onEducation for the Planet Earth of To-morrow all’University of Tennessee.Il programma MPE2013+ si presentadunque fin d’ora ricco e interessante,e merita senz’altro di essere seguitocon attenzione. Dalla simbiosi tra ma-tematica e informatica a cui è im-prontato ci si possono aspettaregrandi passi avanti, sia nella compren-sione profonda dei meccanismi cheregolano la dinamica del Pianeta, sianell’implementazione di una rete dimonitoraggio e controllo a livelloglobale. Infatti, la straordinaria po-tenza di calcolo dei supercomputergià consente di raccogliere ed elabo-rare enormi quantità di informazioniprovenienti da tutto il globo, ma solograzie a sofisticati modelli teorici èpossibile interpretare in modo signifi-cativo tali informazioni e fornire indi-cazioni utili per interve nire tempesti-vamente sui parametri sensibili. Lamessa a punto e la validazione di que-sti modelli costituiscono un compitonel quale i matematici hanno tanto daoffrire, ma anche tanto da imparare:la buona matematica, anche la piùastratta, porta sempre ad applicazio-ni interessanti, e queste ultime a lorovolta sono sempre state preziosefonti di ispirazione per nuove teoriematematiche.

Anita EusebiHa conseguito la Laurea in Matematica e il Dottorato in InformationScience and Complex Systems presso l’Università di Camerino, occupando-si di Crittografia Quantistica. Da diversi anni svolge attività di animazionee divulgazione scientifica; è responsabile per l’Università di Camerino delprogetto Colors of Math. È iscritta al master in Comunicazione dellaScienza alla Sissa di Trieste, fa parte della redazione di Maddmaths! e col-labora con Zanichelli nell’ambito dell’editoria [email protected]

Per approfondire

• http://mpe2013.org/mpe2013index/• http://dimacs.rutgers.edu/

Il fiume Napo (Ecuador)

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dicembre 2013

Comprendo, intendo, capisco; fiuto,colgo, intuisco: vedo! Il libro Immagi-ni della Matematica di Georg Glaesere Konrad Polthier, tradotto in italianoa cura del Centro “matematita”, è unarassegna di immagini che sembra par-lare da sola e che accompagna i letto-ri a “vedere” risultati, metodi e idee diquella fantastica disciplina che è lamatematica.

Sono 15 capitoli, suddivisi in brevi pa-ragrafi, con immagini, testi e rimandisitografici. Pochissime formule, nes-sun enunciato e ampio spazio all’im-maginazione del lettore, che può im-mergersi nel mondo virtuale di moltediscipline, dalla geometria all’algebra,all’analisi, fino alle applicazioni negliambiti più disparati.

Non si può che rimanere fortementecolpiti da questo libro che non solopresenta una grande varietà di imma-gini – davvero bellissime! – ma pro-pone anche un percorso affascinanteattivando un nuovo canale di comuni-cazione. Le immagini irrompono sulla

scena con una tale efficacia che spes-so sembrano dettare il filo logico deldiscorso, come se il testo fosse sol-tanto un utile accessorio.

Apro il libro a caso e a p. 130 leggo “Iltoro di Császár. Un toro poliedralecon un numero minimo di vertici”.Sotto c’è una grande figura colorata eparticolarmente elegante (figura 1). Asinistra si vedono tre triangoli grandi,tre più piccoli e – con uno zoom sul-l’immagine – una fessura. È la rappre-

sentazione di un toro poliedrale la cuisuperficie è costituita da un’unione ditriangoli. A destra, invece, compaiono dei ver-tici numerati: sette, per la precisione.I vertici numerati con 1,2,3 e 7 sonoanche segnati, senza etichetta, sultoro di sinistra; gli altri non si vedono:saranno sul retro? Così si può pensarenotando la trasparenza delle superfi-ci. Incredibile come due figure con-tengano in sé tante informazioni darendere necessari due capoversi(come quelli che sto scrivendo), se levoglio descrivere più da vicino. Esenza capirci poi molto…

Volgendo lo sguardo sulla pagina 131a destra, trovo una successione di di-segni, che inizia con un toro simile aquello in figura 1 a sinistra e finiscecon uno sviluppo piano (figura 2). Masì: con quattro immagini si vede addi-rittura il toro poliedrale che si aprefino ad appiattirsi. Una didascalia midice che si tratta di uno svilupposenza sovrapposizione. Ritorno al-l’immagine e vedo che, in effetti, non

Tu immagini, noi... “Immagini della Matematica”

Le immagini del libro “Bilder der Mathematik” parlano ora anche in Italiano: “leggerle” èdiventato più facile

Figura 1

Figura 2

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ci sono sovrapposizioni. Come saràuno con sovrapposizioni? Vediamo seviene raffigurato nel resto della pagi-na. No, trovo solo figure con delle dida-scalie: non sono sviluppi. Leggo iltesto e trovo informazioni di tipo sto-rico e matematico, ma niente di cosìdivertente come lo “spulciare” le fi-gure alla ricerca delle loro proprietà.Non pensavo che l’immagine potessesolleticare la curiosità al punto di di-ventare un tramite di comprensione.

Il libro è tutto strutturato in questomodo. Ogni paragrafo prende al mas-simo due pagine con molte immaginie poco testo. Al lettore la libertà difermarsi caparbiamente su una o duepagine per cercare di comprendere,lasciandosi affascinare dalle diverseproposte in modo da ricavarne unosguardo d’insieme.

Provo di nuovo ad aprire il libro acaso e mi capita il capitolo 14, intito-lato “Carte geografiche e altre rap-presentazioni”. Problema teoricamen-te complicato quello di disegnarecarte geografiche: ha da sempre ri-chiesto la collaborazione di geometrie cartografi. Sfoglio le pagine succes-sive e mi trovo immerso in mappa-mondi, planisferi disegnati su sviluppidi poliedri, modelli di varie proiezionicartografiche come quella cilindrica equella di Mercatore. Sembra unsogno: ti viene voglia di approfondire,navigare sui siti indicati in fondo allapagina, documentarti.

Si possono anche realizzare dei per-corsi trasversali a seconda dei proprigusti e delle proprie curiosità. Adesempio, chi ama la teoria dei nume-ri può partire da La funzione zeta diRiemann, saltare poi a La sfera diRiemann e infine concludere con Ilrovesciamento della sfera, passandocosì per la geometria complessa e fi-

nendo con la topologia. Chi invece silascia incuriosire dalla geometriaproiettiva può collegare il paragrafoModelli del piano proiettivo conquello su Il teorema di Desargues eancora con quello su Le trasforma-zioni di Moebius a partire dai movi-

menti della sfera. Tappe diverse di unviaggio che attraversa molti confini...Invece di partire da una formula dellamatematica, si parte così da un’imma-gine della matematica e poi si innescaun’indagine che la analizza e la rico-struisce in base a quanto scoperto at-

traverso la spinta a conoscere e i sup-porti – testuali e sitografici – indicati.

L’immagine come nuovo canone di co-municazione: “Mi piace”, come si dice suFacebook! A parte gli scherzi, è facile pre-vedere che nei prossimi anni dovremotutti fare i conti con questi nuovi canoniper coglierne le potenzialità che sonostate finora sviluppate soltanto in parte.

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Proiezione gnonomica

Inventato dal matematico ungherese Ákos Császár nel 1949, si tratta diun poliedro con 7 vertici, 21 spigoli e 14 facce. Ha quindi caratteristicadi Eulero 0 ed è perciò topologicamente equivalente a un toro (da cuiil nome). È privo di diagonali, cioè ogni coppia di vertici è collegata dauno spigolo. Il suo duale è un toro con 7 facce, 21 spigoli e 14 vertici;come nel toro senza diagonali due vertici qualsiasi sono uniti da unospigolo, così in questo toro due qualsiasi facce si toccano lungo unospigolo… e quindi occorrono 7 colori diversi per colorarlo.

Il toro di Császár

Proiezione stereografica

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MeJ: via alla quinta edizione!

dal mondo di MATh.en.JEANS

a cura di PAOLA TESTI SALTINI

Con 21 classi di scuola secondaria diI grado che lavorano su 12 Progetti e13 classi di scuola secondaria di IIgrado che lavorano su 7 Progetti, laquinta edizione di MeJ ha preso il via!Raccolgo i dati di questa edizione nelbox qui a fianco e trascrivo due pro-blemi che sono stati proposti ai ra-gazzi: un’ottima occasione di rifles-sione anche per il lettore di XlaTan-gente...

Un Erasmus nello spazio

Uno studente di architettura vive estudia su un pianeta "piano" e decidedi andare a studiare su un altro pia-neta formato da migliaia di asteroidimolto piccoli, e dove ogni edificio oc-cupa un intero asteroide. Subito gliviene assegnato un compito: disegna-re il progetto di alcuni pavimenti fattidi piastrelle tutte uguali fra loro e diforma regolare. Si sente molto fortu-nato perché lo stesso compito gli eragià stato assegnato nella sua vecchiauniversità "piana". Consegna lo stesso

lavoro che aveva già svolto e che nelsuo pianeta era stato valutato moltobene, ma glielo bocciano subito.Riuscite a immaginare che tipi di pa-vimento può aver disegnato? Perchévengono subito bocciati? Come devecorreggere il suo compito? [ricercato-re MeJ: Chiara Bollati, sec. di I grado]

Shields Up!

Gli scudi dell’Enterprise si sono disat-tivati. Dobbiamo ricorrere alla ge-stione manuale remota. Lo scudo dienergia deve essere una sfera attornoalla nave, ma i singoli distorsori dicampo subspaziale possono generaresolo porzioni di scudo, sotto forma dipoligoni sferici. È possibile combinarei poligoni sferici per comporre la sferaprotettiva? Quali poligoni è meglioscegliere? Come vanno disposti? [ri-cercatore MeJ: Lorenzo Caviglia, sec.di II grado]

La Redazione mi ha lasciato pochissi-mo spazio in questo numero, cosìposso soltanto comunicare che il Con-vegno finale di MeJ è fissato per saba-to 12 aprile 2014 presso il Dipartimen-to di Matematica (via Saldini 50, Mila-no) e che una delegazione di MeJ par-teciperà all’evento UNIMI_under18nei giorni 8-11 maggio 2014.

Chiudo con una bella notizia: un no-stro ricercatore MeJ – Matteo Borto-lotto – ha vinto il “Premio per unatesi di laurea magistrale in Matemati-ca” bandito dall’Università degliStudi di Trento e dedicato al dott.Domenico (Mimmo) Luminati. La tesiriguarda “La geometria del compas-so” che è anche argomento del pro-blema che quest’anno Matteo ha pro-posto ai suoi ragazzi di MeJ. Complimenti a Matteo anche da que-ste pagine... un sorriso a Mimmo. Buon lavoro a tutti!

8 Regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Si-cilia, Trentino Alto Adige e Veneto14 Provincie Milano, Agrigento, Bergamo, Bolzano, Chieti, Como, Ge-nova, La Spezia, Lecco, Monza Brianza, Parma, Torino,Trento e Varese27 scuole di cui 16 di primo grado e 11 di se-condo grado (Licei scientifici, Istituti di Istru-zione Superiore)34 gruppi di lavoro di cui 21 classi/gruppidi scuola secondaria di I grado e 13 clas-si/gruppi di scuola secondaria di II grado19 progetti di ricerca800 studenti, 35 docenti, 18 ricercatori

Chiara Bollati

Lorenzo Caviglia

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numero 42

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Nel 2012, con la riqualificazione di un’ala del centro giova-ni “Arciragazzi” di Bolzano, nasce TesLab – Science, Art &Culture, un progetto che indirizza ragazzi e ragazze verso laricerca dei propri interessi e delle proprie aspirazioni, for-nendo gli strumenti necessari per perseguirli e promuoven-do in particolare la divulgazione della cultura scientifica.“Arciragazzi” è un’associazione attiva a livello nazionale i cuiprincipali obiettivi sono educativi, formativi, culturali e diprevenzione delle diverse forme di disagio. Al suo interno,a livello locale, è sorta l’esigenza di lasciare un’impronta ca-ratteristica. Ecco quindi TesLab, un progetto con un ap-proccio multidisciplinare volto allo sviluppo di competen-ze nei giovani, che si propone come veicolo per fornire sti-moli e favorire l’acquisizione di competenze spendibilianche in campo lavorativo e/o extra-scolastico, partendoda un unico comune denominatore: la scienza.Il nome TesLab prende spunto da Nikola Tesla, brillante, fa-moso, controverso, discusso e amato scienziato serbo vis-suto a cavallo tra ‘800 e ‘900, nonché cuore pulsante dellarivoluzione tecnologica dell’elettricità.TesLab, come Nikola, sperimenta e progetta. L’idea consisteinfatti nel dar forma a un laboratorio creativo, autonomo eversatile con corsi e workshop proposti dallo staff internoo direttamente dai frequentatori e fruitori dello spazio.I laboratori svolti finora hanno affrontato diverse temati-che: dalla fisica ottica alla quarta dimensione, passando perle reazioni esotermiche e oltre.Il primo corso proposto, il Pinhole Photo Lab, cavallo di bat-taglia per il lancio dei successivi progetti firmati TesLab,aveva come tema la stenoscopia, un procedimento fotogra-fico che sfrutta il principio della camera oscura per la ri-produzione d’immagini. In poche parole si tratta di un con-tenitore a prova di luce con un piccolo foro su una faccia(totalmente oscurabile) e un materiale fotosensibile (pelli-cola o carta) posizionato al suo interno. Il foro funge daobiettivo; scoprendolo, la luce penetra proiettando e im-primendo sul materiale fotosensibile l’immagine visibile al-l’esterno: un dispositivo fotografico rudimentale ma effica-ce e molto creativo. Durante il corso, sono stati illustrati lastruttura e il funzionamento della macchina fotograficastenopeica (compresa la sua costruzione), e sono stati for-niti alcuni principi base di fotografia e di stampa. I parteci-panti hanno appreso l’importanza di alcuni principi della fi-sica e della chimica, concentrandosi in particolare sull’ap-plicazione dei principi dell’ottica a contesti tangibili comela fotografia e sulle reazioni chimiche legate al processo distampa in bianco e nero.

Un altro esempio di workshop pensato per fornire stimolidal punto di vista artistico e professionale è Screen PrintingLovers, un laboratorio di serigrafia, realizzato in collabora-zione con Odd, in cui è stato spiegato il processo fotochi-mico che sta alla base della preparazione dei telai (incisio-ne mediante raggi ultravioletti), oltre agli aspetti fonda-mentali della tecnica di stampa serigrafica, dalla racla agliinchiostri, dai telai ai supporti ecc.TesLab si è occupato anche di matematica: l’ipercubo e la quar-ta dimensione, così come altri argomenti matematici, vengonoillustrati in rapporto al contesto urbano grazie a MiC – Mate-matica in Città, un progetto che invita a osservare con l’occhiodel matematico alcuni aspetti della realtà quotidiana. XlaTan-gente se ne è già occupata nel numero scorso e nelle pagineche seguono Maurizio Giaffredo continua a raccontarlo.Un ultimo esempio è l’incursione di TesLab in eventi a séstanti, slegati da progetti specificamente formativi ma otti-mi contesti in cui diffondere la scienza in modo divertentee curioso. È il caso della festa di quartiere Insieme a Casa-nova, in cui il fluido non newtoniano e le reazioni esotermi-che hanno avvicinato bambini e bambine alla chimica e delfestival bolzanino Art May Sound, in cui la serigrafia ha affa-scinato i partecipanti alla manifestazione.

fuoribordo

TesLabdi VALENTINA MALOSSI

A Bolzano un progetto di divulgazione scientifica dentro un centro giovanile!

Valentina MalossiLaureata in Conservazione e Diagnostica diOpere d’Arte a Ferrara, per lavoro fa tutt’altro:coordina progetti, si occupa di eventi e didat-tica per TesLab. Tiene il blog [email protected]

La pagina di TesLab sul sito del centro giovani “Arciragazzi” a Bolzano

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Il miglior GPS per non perdersi:la matematica in città! (II)

“Per lo studente medio – si sa – la matematica è una rot-tura di scatole: una serie di noiosi calcoli da mettere in filaper risolvere problemi che, il più delle volte, risultano as-surdi e lontani dalla realtà, se non completamente inutili”.Si potrebbe discutere a lungo sulla veridicità e sulla sensa-tezza di queste affermazioni, sulla loro vaghezza, sul fattoche ciò che si studia non debba necessariamente essere le-gato a un’applicazione “pratica”, e via dicendo… Ma questoci porterebbe lontano, facendoci dimenticare il fatto cheuna fetta importante degli studenti (italiani ma non solo) lapensi così. Se si vuole sradicare questa opinione, un buonmodo può essere quello di far emergere la sua totale in-consistenza. Ed è importante che ciò accada quando si è

giovani, perché poi rischia di essere troppo tardi. Già, per-ché della stessa idea – purtroppo – è la maggior parte dellepersone che incrociamo tutti i giorni per strada, annoiate,se non addirittura terrorizzate, dai propri ricordi (per lo piùscolastici) legati alla materia. La differenza è che, in genera-le, gli “adulti” sono meno disposti a cambiare punto di vista.Sono profondamente convinto che questa concezione dellamatematica sia un appiattimento inaccettabile, che priva glistudenti (indipendentemente dall’ordine e grado della loroscuola) di esperienze estremamente interessanti, formativee culturalmente stimolanti. Chi condivide queste valutazio-ni, dunque, non può che guardare con favore a un cambia-mento, a una novità. Scardinare quella percezione, oramaiassurta a stereotipo, per alcuni è una sfida: una battaglia che– ne sono convinto – vale la pena di combattere, nel tenta-tivo di proporre a tutti uno sguardo alternativo, e possibil-mente meno “traumatizzato”, sulla “nostra” disciplina.

Quando ho potuto collaborare, seppur marginalmente, allaparte operativa di MiC, sono stato dunque entusiasta: MiCè esattamente ciò di cui c’è bisogno per dare un seguito allebuone intenzioni.Tra me e me pensavo che, in fin dei conti, sarebbe stato sintroppo facile: avrei dovuto “semplicemente” scarrozzare ingiro per Bolzano delle scolaresche, raccontando di qualchefatto matematico. Chiaramente, sottovalutavo il problema.Ma quando il momento del dunque si stava avvicinando, hoiniziato a chiedermi sempre più spesso (e non senza un velodi preoccupazione) se l’esperimento avrebbe mai funziona-to. In fondo – riflettevo – perché mai un gruppo di dicias-settenni avrebbe dovuto dare retta a uno che gli avrebbeparlato di matematica per un’ora e mezza? A quell’età si haaltro per la testa!Immaginate quindi il timore con il quale scrutavo le lorofacce quando, dopo averli incontrati nei pressi della stazio-ne, ho proposto loro di fare un giro della città “indossandogli occhiali del matematico”. In effetti, assumevano delleespressioni che sprigionavano scetticismo e una certa diffi-denza nei miei confronti: che cosa ci poteva essere dibuono in uno strano individuo che esordiva raccontandodella propria passione per la barbosissima matematica?Come se non bastasse, aveva da poco cominciato a piovere.L’aria era fredda e il cielo cupo: quale peggiore cornice? A

GUIDAMIC: A SPASSO CON IL MATEMATICO!

Nel numero 41 di XLaTangente, Ester Dalvit ci ha parlato di “Matematica in Città” (MiC), il progetto altoatesinoche mira a valorizzare gli aspetti culturali della matematica attraverso alcune “provocazioni” sparse per la città di Bolzano. Sfidando le intemperie, i temerari della classe IV A dell’Istituto Tecnico Commerciale di Ora mi hanno seguito in una full immersion di MiC. Come se la sono cavata questi “eroi”?

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guardarli bene – notavo – il morale della “truppa” sembravagià essere sotto le scarpe. E non ci eravamo ancora mossi!Viste le premesse, c’è qualcosa di misterioso in quello che èsuccesso in seguito. Una strana “magia”, che a dire la verità micapita di osservare abbastanza spesso nelle esperienze fuoridalle mura di scuola. È come un risveglio generale, una cadutaimprovvisa dalle nuvole. Non succede sempre e ognuno ha ipropri tempi di carburazione, ma se accade, c’è un momentopreciso in cui chi conduce il gioco se ne accorge. In quel mo-mento sa di avercela fatta: da lì in poi, la strada è in discesa.Con questi ragazzi alla scoperta di MiC, qualcosa si è inizia-to a smuovere già alla prima sosta: alcuni mostravano uncerto interesse per il problema dei ponti in versione bolza-nina. In partenza erano molto spiazzati, ma parevano ancheincuriositi. Effettivamente, per loro non doveva avere lesembianze di un problema matematico, se non altro di unodi quelli che si fanno a scuola: non ci sono x e y e mancanoi numeri, le operazioni, le equazioni. Come poteva esserematematica, quella cosa lì? C’era anche un po’ di timidezzanell’aria: nessuno osava azzardare risposte. Ci voleva perforza il solito, un po’ più coraggioso degli altri, che rompes-se il ghiaccio. Puntualmente, come spesso accade, non ètardato ad arrivare un primo tentativo, che ha scatenatouna serie di risposte alternative. In men che non si dica era-vamo in mezzo alla piazza principale di Bolzano, a chiac-chierare di matematica e – miracolo – a qualcuno piaceva!

A onor del vero, ho deciso di rimanere con i piedi per terrae di tenere ben presente che non stava funzionando contutti. Una certa dose di colpa era probabilmente mia: avreipotuto cercare un modo migliore per arrivare anche a loro.L’altra parte di colpa, però, era loro: non avrebbero dato anessuno la possibilità di lasciarsi coinvolgere. Ma quelloche mi dava soddisfazione era che i totalmente disinteres-sati si potevano davvero contare sulle dita di una mano,mentre invece la maggioranza sembrava reagire positiva-mente alle mie provocazioni.

La pioggia aumentava di intensità, ma il giro proseguiva tratassellazioni del tetto del duomo e chicchi di riso su unascacchiera, per arrivare a curvature e torsioni. GuardavamoBolzano da questa nuova prospettiva, con questi “occhialidel matematico” che facevano risaltare aspetti diversi dellacittà e dei suoi elementi. Stavamo proprio “facendo” mate-matica! Io mi nutrivo del loro stupore mentre apprezzava-

no da un nuovo punto di vista quelle questioni che avevanoa suo tempo affascinato anche me.

Verso la fine, pioveva davvero forte. Ho proposto ai ragazzidi rifugiarci nell’atrio dell’università, dove abbiamo termi-nato il nostro tour parlando di Flatlandia, ipercubi e quartadimensione. La partecipazione è stata notevole, anche sedurante gli ultimi minuti alcuni erano troppo stanchi perpotermi dare re tta. Ci siamo salutati così, tra l’entusiasmodelle insegnanti (compresa quella di inglese) e il tempo cheera impietosamente volato.

Spero di essere riuscito a regalare a quei ragazzi uno sguardo di-verso sulla materia più odiata per antonomasia. Non è soloun’ottima palestra per la loro formazione, ma può diventare,soprattutto, un’inesauribile fonte di piacere.

Tutti i meriti della riuscita di questo grande esperimentovanno a chi l’ha pensato, l’ha voluto, l’ha curato e ci ha cre-duto. Senza dubbio, MiC è sorgente di buona Cultura (quel-la con la C maiuscola). La mia speranza è che ci sia sempre,per ognuno, prima o poi, un paio di “occhiali del matemati-co” da prendere in prestito, anche solo per un’ora e mezza.

Maurizio Giaffredo

Maurizio GiaffredoÈ studente di Matematica presso l’Universitàdegli Studi di Milano, appassionato di geome-tria e dintorni. Interessato, tra gli altri, ancheagli aspetti divulgativi della matematica, colla-bora con il Centro “matematita”"[email protected]

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I progetti “MateBergamo” e “MateBologna” sono nati per ri-scoprire la matematica come occasione per esercitare la ra-zionalità, per godere la bellezza, per fare prove di immagi-nazione.Percorrendo le stradine del centro storico di una qualsiasicittà, si possono osservare dettagli architettonici, decorati-vi e urbanistici della città che svelano aspetti matematici.La città stessa parla e la matematica diventa una chiave dilettura: coniche, simmetrie, tassellazioni, numeri comples-si… intrecciano la loro storia con quella culturale e socialedella città; una passeggiata per il centro storico rivelaforme, geometrie, scelte, leggende e storie di personaggigeniali.Ciò è vero, in particolare, per Bergamo e Bologna.

A Bergamo, Piazza Vecchia , per secoli cuore politico eamministrativo della città, è il punto di partenza naturaleper una visita... da turisti. Attraverso le logge di Palazzodella Ragione, si apre Piazza del Duomo che raccoglie igrandi edifici religiosi della città. Addossata alla Basilica,sorge la Cappella Colleoni , opera rinascimentale di Gio-vanni Antonio Amadeo. Il movimento dei volumi e la lorotensione verso l’alto alleggeriscono la costruzione, mentrela composizione di figure sulla facciata, accostata alla scel-ta cromatica dei marmi, crea un gioco di effetti ottici cherestituiscono un’impressione di tridimensionalità. I rombi eil quadrato adiacenti vengono visti come le facce di uncubo, che possono alternativamente essere interpretatecome sporgenti o rientranti: sono i famosi cubi reversibili.In matematica, una composizione come quella osservata suquesta facciata si chiama tassellazione: è un modo di rico-prire il piano (ne vediamo qui solo una porzione) con uno opiù poligoni ripetuti senza sovrapposizioni e senza spazi la-sciati vuoti e disposti in modo che ogni lato di un poligonocombaci perfettamente con un lato di un altro.

L’uso delle tassellazioni in arte e in architettura è assai fre-quente: a quanti di questi esempi ci siamo trovati davanti!

Quella che potremmo definire la matematica delle forme cipermette di leggere “con altri occhi”, per ricordare un librodi qualche anno fa, l’aspetto di una città.

A Bologna, la Basilica di Santo Stefano è una delle più af-fascinanti strutture di culto dell’intera città. La sua peculia-rità deriva dal fatto di essere costituita da sette edificisacri, incastonati l’uno nell’altro, da cui prende il nome dicomplesso delle sette chiese. Sulle pareti del cortile si tro-vano diversi simboli disegnati con i mattoni, tra cui variestelle a 5, 6 e 7 punte. Pochi simboli hanno avuto nella storia il potere d’attrazio-ne della stella a 5 punte, spesso nominata stella pitagorica.Essa si ottiene tracciando le diagonali di un pentagono re-golare. Tante sono le curiosità che si possono raccontare suquesta figura mistica e affascinante: dalla successione tele-scopica di stelle concentriche che è possibile costruire alsuo interno al rapporto aureo delle componenti, fino ad ar-rivare a un esempio di numero irrazionale. Pensate che èpossibile costruirla anche con un origami!Ancora più curioso però è il caso della stella a 7 punte chesi costruisce a partire da un ettagono regolare operando inmodo analogo a quello per la stella a 5 punte. La costruibi-lità dei poligoni regolari è uno dei “problemi classici” dellamatematica. Così, nel nostro viaggio per la città, arte e architetturahanno messo in rilievo la matematica delle forme che a suavolta conduce alla matematica nella storia.L’ideale estetico-matematico portava i Greci a ricercare larisoluzione di un problema geometrico attraverso costru-zioni che utilizzassero solamente una riga (non graduata) eun compasso. La costruibilità o meno con riga e compassoè stato per secoli un cruccio per matematici di ogni epocae cultura; tra i tanti ricordiamo Lorenzo Mascheroni (1750-1800). Matematico e letterato bergamasco, viene ricorda-to soprattutto per il suo capolavoro Geometria del com-passo, del 1797 in cui l’autore dimostra come tutte le co-

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LA MATEMATICA È DAPPERTUTTO

Bergamo e Bologna: due città ricche di fascino e cultura, storia e arte, riscoperte attraverso gli occhiali dellamatematica

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struzioni della geometria classica, fatte secondo la regoladella riga e del compasso, si possano eseguire usando soloil compasso.

La matematica nella storia ha infinite sfaccettature: ognicittà porta con sé intrecci e storie di matematica e di ma-tematici. Bologna, che ha dato i natali all’università italiana,è una città pulsante di cultura. Le piazze del suo centroerano teatro di discussioni anche scientifiche; tra le più fa-mose ricordiamo le matematiche disfide. Molto in voga trai matematici del Cinquecento, erano gare pubbliche in cui icontendenti si sfidavano reciprocamente a risolvere pro-blemi matematici, mettendo in gioco non solo gloria e pre-stigio ma anche denari, discepoli, addirittura cariche scien-tifiche! Lo sfidante proponeva all’avversario un numero sta-bilito di quesiti, detti cartelli, di diverso ambito e grado didifficoltà. Ogni cartello veniva depositato presso un notaio,stampato e distribuito agli studiosi italiani più prestigiosi.Lo sfidato, o un suo allievo, dovevano risolvere i problemiproposti in un tempo preventivamente stabilito, proponen-do a loro volta all’avversario nuovi quesiti. I giudici, scelti dicomune accordo, dichiaravano vincitore chi riusciva a risol-vere il maggior numero di quesiti. Tra le disfide più famosericordiamo quella tra Tartaglia e Antonio Maria del Fioreche concerneva la risoluzione di una generica equazione diterzo grado; essa avvenne sotto ilPortico dei Servi, straordinariacornice della Basilica di SantaMaria dei Servi da cui prende ilnome.

Le piazze dei centri delle cittàospitavano anche mercati e centri di scambio. Prove tangi-bili di queste presenze si trovano non solo sui libri di storiae nei racconti popolari ma sugli stessi edifici. Piazza delDuomo e Piazza Maggiore erano il fulcro della vita com-merciale, rispettivamente, della provincia bergamasca e bo-lognese. Su un lato della Basilica di Santa Maria Maggiore diBergamo e ai piedi delle mura di Palazzo d’Accursio a Bolo-gna, sono ancora infisse le antiche misure delle città. Os-servandole attentamente si riconoscono: il cavezzo, il brac-cio, il pettine del tessitore, … il piede, la pertica… Il braccio era una delle misure più utilizzate, ma quello bo-lognese misurava 64 cm, quello fiorentino 58,6 cm, quellobergamasco 53,1 cm, … Insomma non c’erano due città in cuiavesse la stessa misura: immaginate il caos al momentodello scambio delle merci! Le scanalature e i segni nellepiazze dei mercati servivano come sistema di riferimento, inmodo che tutti potessero commerciare senza confondersi.

Sia a Bergamo che a Bologna, la ricchezza della matematicanascosta in città si è rivelata fonte inesauribile di suggeri-menti per i due progetti “MateBergamo” e “MateBologna”.

Adulti, ragazzi e bambini, armati di carta, matita, funi e stru-menti di ogni tipo, hanno osservato e indagato, per ricercaree rappresentare gli aspetti matematici incontrati durante i

percorsi. Origami, misure e scru-polose osservazioni attraverso gliocchi della matematica hannopermesso ai partecipanti di met-tere in risalto molteplici aspettidella disciplina offrendo un picco-lo assaggio di quanto può essere

affascinante e curioso scoprire una città da un punto di vistamatematico. Non si tratta semplicemente di una matematicache spiega i perché, che aiuta a risolvere i problemi, che for-malizza le strutture, che detta gli assiomi. Si tratta piuttostodi una matematica colta e ispirata, immersa in tutte le nume-rose attività dell’essere umano; in altre parole, una chiave dilettura per scoprire e interpretare la realtà che ci circonda: lamatematica delle forme, della storia e della vita.

Alice Lemmo e Emanuela Ciotti

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ForMATHFormath Project (www.formath.it) è un gruppo digiovani matematici che si dedicano alla forma-zione, comunicazione e divulgazione della Ma-tematica. Collabora con enti di ricerca, fonda-zioni, istituzioni scolastiche, enti locali. Ha pro-gettato i percorsi e i laboratori “MateBologna”con la Fondazione Marino Golinelli e “MateBer-gamo” per BergamoScienza.

Emanuela CiottiÈ laureata in Matematica, si occupa di comu-nicazione e divulgazione [email protected]

Alice LemmoDottoranda presso l’Università di Palermo, sioccupa di Comunicazione e Didattica dellaMatematica. Studia in particolare i problemidella valutazione [email protected]

Sebbene la matematica sia ovunque,non tutti sembrano vederla, neppurenei suoi aspetti più stimolanti e attraenti

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Cosmologia, geografia, ingegneria, ma-tematica, idraulica, … No, non stiamosfogliando l’indice della nuova enciclo-pedia scientifica Treccani, siamo solo aspasso per Lisbona! Anche qui, come daaltre parti in Europa, la scienza è arriva-ta per strada! O meglio, c’è già da unsacco di tempo, solo che fino ad ora erapassata un po’ inosservata. Il fatto è chetanti luoghi, tante città, sono una mi-niera di “tesori” scientifici, ma una vec-chia – anche se, ahimè, non ancora su-perata! – concezione di scienza comearea assolutamente separata da quelladell’arte non consente di vederli e ap-prezzarli. Che cosa può dunque svelarsi agli occhidel turista curioso di scienza? Non sitratta certo di andare a caccia di straneformule nascoste per la città; invece,mappe alla mano, si può fare qualchebella passeggiata alla scoperta di mo-numenti o zone urbane interessanti daun punto di vista scientifico. Il Pavilhãodo Conhecimento – Ciência Viva di Li-sbona ha messo a punto quattro itine-rari tematici che accompagnano i visi-tatori lungo percorsi appositamentestudiati e offrono, per ciascun punto diinteresse, una spiegazione degna di unavera e propria guida turistica, completadi informazioni storiche e corredata difoto. Si va dalla sfera armillare, presen-te su molti edifici della città e rappre-sentazione dell’universo, all’antico me-ridiano zero, linea immaginaria lungo lariva del fiume cittadino e importanteriferimento per determinare ora legalee longitudine, ai marciapiedi e passaggipedonali realizzati in basalto e calcaredisposti a formare simmetrie tantobelle quanto interessanti dal punto divista della matematica, agli uccelli ra-paci (addomesticati e non!), che volano

nel cielo di Lisbona, a tartarughe, rane elucertole che abitano i giardini dellacittà. Oppure ci si può semplicementefermare un attimo ad ammirare la luceincantatrice di Lisbona scoprendoanche il perché della sua bellezza. È proprio vero che anche solo passeg-giando si può fare una bella full immer-sion di scienza! Certo, a volte bisognamettersi a naso all’insù e guardare inalto, o, al contrario, abbassare lo sguar-do fin sotto i piedi, ma di sicuro ne valela pena.

Un altro gruppo portoghese, nell’ambi-to del progetto mondiale MPE2013 (acui XlaTangente ha dedicato una rubri-ca per tutto il 2013), ha promosso l’ini-ziativa Matemática Urbana, partendoancora una volta dal desiderio di mo-strare – e così valorizzare – la matema-tica presente, spesso senza che il turistase ne renda conto, in diversi angolidelle città. Il progetto, realizzato a cura del Museodella Scienza dell’Università di Coim-bra e dell’Associazione degli Insegnantidi Matematica, presenta una strutturapiù variegata rispetto a quello del Pa-vilhão do Conhecimento, visto che

offre diversi tipi di proposte, comeconferenze, mostre, percorsi, ecc., ma èspecificamente dedicato alla matema-tica. I suoi itinerari si concentrano prin-cipalmente su quel nodo fondamenta-le del pensiero che è la simmetria e of-frono la possibilità di scoprirne le varietipologie attraverso i molti fregi cheabbelliscono le città portoghesi. Dalsito di Matemática Urbana si accedeagevolmente a un sito che si occupa in-teramente delle decorazioni dei mar-ciapiedi di Lisbona, offrendo percorsidettagliati, belle immagini e spiegazio-ni matematiche accessibili. Oppure sipuò scegliere uno dei tanti itinerariproposti sulle Isole Azzorre: a giudica-re dalle foto, con le regole che gover-nano la simmetria si può disegnare unamiriade di forme diverse (stemmi, vola-tili, frutti, ancore), con linee così mor-bide che sembrerebbero essere statetracciate con un gessetto! Altro cheformule astratte da studiare, faticosa-mente seduti a un tavolo: la matemati-ca è una parte di noi e i progetti “Ma-tematica in città”, per dirla all’italiana,sono un modo originale ed efficace perraccontarlo.

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Per approfondire• http://www.pavconhecimento.pt/noticias/index.asp?id_obj=1628• http://www.mat.uc.pt/mpt2013/matematica-urbana.html• http://www.math.ist.utl.pt/~acannas/Simetria/

OLTRE L’ITALIA... DAL PORTOGALLO

Ecco due proposte per vedere una Lisbona nascosta e... scientifica

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CI PASSA O NON CI PASSA?Per dieci anni, l’exhibit che vedete fo-tografato qui sotto è stato parte in-tegrante della mostra “MatemáticaViva” a Lisbona, ed era l’unico ad es-

sere collocato all’esterno; oggi, a mo-stra ormai chiusa si trova sotto il por-tico dell’edificio centrale dell’Uni-versità di Porto, in una zona centralee molto movimentata della città. Sefosse rimasto chiuso in uno dei museicittadini, le persone poco abituate afrequentarli non l’avrebbero maivisto.Costituito da due aste rettilinee in-clinate, fissate a una piastra circolareche ruota di continuo intorno a unasse verticale, l’exhibit è inserito inun cubo con le pareti di vetro, al cui

interno, una grande lastra rettangola-re verticale, collocata su una diago-nale del quadrato di base, presenta(soltanto!) due fessure curve. A priorici si aspetterebbe che le due aste ret-tilinee non possano passare dalle duefessure curve senza urtare i bordi. Einvece no! L’osservatore può vedere,con evidente sconcerto, che le asterettilinee passano attraverso la lastrasenza toccare i bordi della fessuracurva. In tutti questi anni, i suoi ideatorihanno assistito alle reazioni di moltiosservatori e hanno potuto verificarequanto restino sorprese anche perso-ne dotate di preparazione matemati-ca a livello universitario, ma che nonavevano mai pensato a questo feno-meno immaginandoselo in una situa-zione concreta. La prima indicazionedel fatto che, anche per queste per-sone, l’exhibit avrebbe raggiunto ilsuo scopo – cioè quello di risvegliarela curiosità e di stimolare la riflessio-ne sui motivi geometrici del suo fun-zionamento – era arrivata dal fabbroche lo avrebbe costruito, un eccel-lente professionista del suo settore.Questi aveva manifestato una certaincredulità sul comportamento fina-le dell’oggetto e la sua reazione erastata più o meno del tipo: “Io lo fac-

cio, ma non mi prendo la responsabi-lità che poi funzioni come voi diteche dovrebbe funzionare”. La mattinadopo però avrebbe confessato: “Ciho pensato, e credo che possa fun-zionare”... Questo ripensamento si èverificato senza che la persona ve-desse alcun disegno dell’oggetto, néavesse l’aiuto di qualche animazionevirtuale del tipo di quelle che oggi sitrovano in rete e, naturalmente,senza l’aiuto di strumenti matematicidi alcun tipo; la ragione principaledel suo nuovo convincimento erastata proprio l’iniziale incredulità,che aveva generato una grande curio-sità che a sua volta aveva stimolatouna riflessione, sufficiente per sco-prire le ragioni del comportamentoprevisto per l’asta. Per chi si dedicaalla comunicazione della matemati-ca, ottenere questo tipo di reazioneè sicuramente il massimo a cui puòaspirare quando progetta un exhibit!

a cura di Atractorwww.atractor.pt

La matematica coinvoltaImmaginiamo una retta verticale (fissa) eun’altra che gira intorno alla prima. Se ledue rette sono parallele, e se si considera-no tutti i punti dello spazio “toccati” dallarotazione della retta, otteniamo un cilin-dro. Se le rette sono incidenti, si ottiene un(doppio) cono, con il vertice nel punto diincontro delle due rette. Ma c’è un terzocaso, che è quello che interessa qui: se ledue rette sono sghembe, la superficie ge-nerata è un iperboloide di rivoluzione. Ciòsignifica che un punto dello spazio vienetoccato dalla rotazione della retta solo sesta sull’iperboloide e quindi i punti della la-stra verticale che vengono toccati dall’astain qualche momento della sua rotazionesono i punti di intersezione fra la lastra e l’i-perboloide; questi punti rappresentanouna curva (un’iperbole) e, se la lastra verti-cale presenta una fessura in corrisponden-za di questa iperbole, ecco spiegato comela retta passa dalla fessura, anche se questaè curva!

Un filmato che consentirà di vederel'exhibit in movimento sarà disponibi-le a breve alla pagina: http://www.atractor.pt/mat/Fen-daHiperbolica".

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XTG Come è nata l’idea di mettere in contatto siti webe riviste cartacee (specializzate in comunicazione dellamatematica) di varie nazioni europee?

Andreas Daniel Matt In effetti, l’idea è così naturalee importante da chiedersi piuttosto perché non sia statarealizzata prima. Probabilmente c’era bisogno di mescola-re alcuni “ingredienti chiave” al momento giusto.

XTG Puoi illustrarci quali sono secondo te questi in-gredienti?

Matt Certamente. Innanzitutto, la mia passione per lelingue straniere. Mi piace navigare in rete e leggere rivisteche fanno comunicazione della matematica. Sono moltocurioso di capire come la matematica venga presentata inlingue e formati differenti. Mi imbatto spesso in begli ar-ticoli in francese, saggi interessanti in spagnolo, spiega-zioni illuminanti in italiano. Io stesso scrivo articoli in te-

desco e uso molto – come tutti noi, del resto – la linguainglese per la ricerca e per comunicazioni più o menoinformali. Per non parlare di tutto quello che si può leg-gere in portoghese, russo, rumeno...In secondo luogo, per lavoro ho potuto rendermi contodell’importanza della lingua di ciascun Paese in questoambito, in particolare grazie al progetto IMAGINARY,che è iniziato come una mostra itinerante nel 2008 eora è diventato una piattaforma globale per la comuni-cazione interattiva della matematica [vedi box nella pa-gina a fianco]. Per essere recepito da un pubblico il piùvasto possibile, il messaggio di qualunque mostra deveessere fornito nella lingua del Paese in cui la si allesti-sce. Per questo motivo abbiamo tradotto il materialedella mostra, con l’aiuto della comunità locale, in cata-lano, basco, serbo, polacco, norvegese, russo, ucrainoecc. E ci siamo resi conto che poter offrire il materiale

La matematica... all around the world

Nel numero 41 XlaTangente ha pubblicato un articolo apparso per la prima volta sul sitoImages des Maths. Nello stesso tempo un articolo edito per la prima volta su XlaTangente èstato tradotto in portoghese. Non è un gioco: è il progetto europeo, The Translation Project. Ce ne parla in questa intervista il suo responsabile, Andreas Daniel Matt

Un vero cosmopolita

Andreas Daniel Matt studia Matematica,Informatica e Filosofia a Innsbruck,Vienna, Siviglia e Buenos Aires. Comincia a occuparsi di comunicazionedella Matematica dai tempi del dot-toratoin processi stocastici e in machine learning.Lavora dal 2007 presso il MathematischesForschungsinstitut Oberwolfach, per con-to del quale sta curando IMAGINARY e ilMiMA, Museo di Matematica e Minerali.

a cura della REDAZIONE

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nelle varie lingue è stato davvero un elemento crucialeper il successo della mostra stessa!

XTG Sembra davvero emozionante. Qual è stata, però,la molla che ha dato inizio al progetto di traduzione?

Matt Direi che a fare da catalizzatore sono stati l’in-contro con i membri del Comitato “Raising Public Aware-ness” della Società Matematica Europea e la riflessionesull’idea che soggiace al sito del comitato, Mathematics inEurope www.mathematics-in-Europe.eu. È infatti quandoErhard Behrends, presidente del Comitato, mi ha invitatoa partecipare a uno dei loro incontri, che l’idea del pro-getto di traduzione ha iniziato a prendere forma. Volendofare comunicazione della matematica in Europa, è neces-sario lavorare tutti insieme, mantenendo allo stessotempo anche un focus locale. Per questo il sito Mathema-tics in Europe si pone l’obiettivo di essere disponibile inmolti linguaggi europei. L’idea, cioè, è quella di partire daun materiale comune, e di veicolarlo nei vari Paesi dell’U-nione grazie alla traduzione nelle diverse lingue. Il tran-slation project è concepito proprio in quest’ottica: parlan-do con alcuni membri del comitato, tra cui Sara Santos eMaria Dedò, abbiamo pensato che alcuni siti web e rivistespecializzate in comunicazione della matematica di Paesidiversi avrebbero potuto segnalare, con una certa periodi-cità, un loro articolo interessante, da tradurre in altre lin-gue e pubblicare su altre riviste. A quel punto il gioco era praticamente fatto. Il progettoè stato proposto a quattro candidati in Europa: Divulga-mat in Spagna, Images des Maths in Francia, Plus Magazi-ne nel Regno Unito e XlaTangente in Italia; la loro reazio-ne è stata molto positiva! In poco tempo abbiamo co-minciato ad avere i primi articoli da tradurre.

XTG Come avete fatto a trovare i traduttori?Matt Trovarli non è stato difficile grazie ai nostri ca-

nali e a Facebook. Ora abbiamo addirittura un database dipersone – tra cui molti matematici – pronte a tradurre invarie lingue. Ma ne cerchiamo ancora, quindi non esitatea contattarci, se conoscete bene le lingue e, possibilmen-te, anche un po’ di matematica!

XTG Qual è il vantaggio, per le riviste partecipanti al

progetto?Matt Per chi fornisce il pezzo, il vantaggio è quello di

potersi far leggere da un pubblico molto più vasto, chenon sarebbe possibile raggiungere se l’articolo fosse di-sponibile solo in lingua originale. Per chi pubblica le tra-duzioni, invece, il vantaggio è quello di avere a disposizio-ne del materiale sicuramente buono, perché fornito dauna rivista attendibile, già tradotto nella propria lingua.Lo scambio degli articoli è possibile grazie alle cosiddettelicenze aperte, tramite le quali i partecipanti al progettosi garantiscono mutuamente il diritto di ripubblicare gliarticoli tradotti, a patto che siano fornite precise referen-ze all’editore e all’autore dell’articolo originale.

XTG Chi copre i costi?Matt Questo progetto non sarebbe possibile senza il

sostegno di “Munich Re”, compagnia assicurativa sponsordel sito Mathematics in Europe, grazie al quale i tradutto-ri vengono remunerati per il loro lavoro. Speriamo in que-sto modo di mantenerlo e, anzi, di espanderlo anche in fu-turo, trovando nuovi collaboratori, nuovi contenuti enuove idee.

XTG Grazie mille Andreas, anzi, per par condicio, Mu-chas gracias, Thank you very much, Merci beaucoup, limi-tandoci alle lingue delle quattro riviste coinvolte nel pro-getto!

Si tratta di un centro internazionale di ricerca in Matematica(www.mfo.org) situato nel mezzo della Foresta Nera. Fondatonel 1944, ha raggiunto una fama mondiale per la qualità delleattività che vi si svolgono. In primo piano, l’attenzione alloscambio di idee attraverso la comunicazione de visu. Infatti, ilCentro organizza incontri per piccoli gruppi (Research in Pairs)oppure per gruppi più grandi con workshop su invito, che du-rano al massimo cinque giorni. Da pochi anni, MFO ha svilup-pato un’attenzione sempre crescente ai problemi della comu-nicazione e della divulgazione della Matematica con progetticome IMAGINARY o il MIMA, il Museo di Matematica e Mine-rali (www.mima.museum), che fa scoprire la matematica lega-ta ai minerali.

Mathematisches Forschungsinstitut Oberwolfach (MFO)

Piattaforma interattiva della Matematica, ilsito www.imaginary.org (di cui abbiamo giàraccontato alcuni aspetti nel n. 36 di XlaTan-gente a p. 18), non finisce mai di stupire e di af-fascinare. Chiunque può esplorare programmifantastici e, soprattutto, creare mostre di ma-tematica con il materiale messo a disposizione.Per ora in inglese e in spagnolo (ma alcuni do-cumenti sono anche in altre lingue), il sito hale potenzialità per diventare un mezzo di im-portazione ed esportazione di idee e prodottimatematici.

IMAGINARY

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XlaTangente. Percorsi nella matematicawww.xlatangente.it

plus magazine... living mathematicshttp://plus.maths.org/content/

divulgaMATCentro virtual de divulgación de las matematicáswww.divulgamat.net

+plus magazine... living mathematicshttp://plus.maths.org/content/

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Rette... Rotondea cura della REDAZIONE

XTG Cari RAF, innanzitutto, come state? Che cosa potetedirci di questo Festival?

RAF Un po’ stanchi, ma molto soddisfatti! Questo Festivalè stato per noi un grande successo di partecipazione e di ap-prezzamento; abbiamo ricevuto molti commenti entusiasti perla nostra mostra. È stata la prima realizzata interamente da Cur-vilinea, l’associazione che abbiamo fondato lo scorso anno eche si occuperà di divulgazione scientifica, con particolare at-tenzione all’allestimento di mostre e di laboratori nelle scuolee alla comunicazione della matematica a persone che dellamatematica hanno sempre avuto paura. L’ottimo risultato cheabbiamo ottenuto ci fa sperare di essere sulla strada giusta!

XTG Diteci qualcosa in più.RAF “Rette... Rotonde?!” è stata senza dubbio una mostra

difficile da realizzare, complici la ricchezza di contenuti e ladifficoltà dell’argomento affrontato: la geometria iperbolica.La mostra è di tipo hands-on, cioè, accanto a un percorso tra-dizionale, fatto di poster che raccontano i principali aspettimatematici, ci sono esperienze laboratoriali ed exhibit,anche di tipo virtuale. Siccome la geometria iperbolica è un argomento piuttostoastratto, abbiamo deciso di iniziare da un problema – deci-samente concreto – di costruzione: creare un “pavimento”seguendo alcune regole fissate. Si devono usare solo pia-strelle a forma di poligono regolare, cioè con tutti i lati etutti gli angoli uguali, e solo copie della stessa piastrella, co-struendo così una pavimentazione (o, come si dice anche,una tassellazione) composta tutta da quadrati, piuttosto cheda pentagoni regolari e così via. Se vogliamo che attorno a un vertice di una tassellazione stia-no q triangoli, sappiamo che i loro angoli interni devono vale-re esattamente 360°/q. Ad esempio, se volessimo mettere 8triangoli attorno a un vertice… avremmo bisogno di triangoliequilateri con tutti gli angoli di 45°! E sappiamo bene che sulpiano questo non è possibile: tutti i triangoli equilateri hannoangoli interni di 60°. Ci si accorge presto che sul piano la co-struzione riesce soltanto per le piastrelle a forma di triango-lo equilatero, di quadrato o di esagono regolare.

Da qui, la mostra procede intorno alla domanda se sia pos-sibile utilizzando ancora piastrelle che abbia senso chiama-re “poligoni regolari”, modificare le “regole del gioco” perrealizzare delle tassellazioni regolari che non si possano co-struire sul piano.

XTG Non è difficile per i visitatori immaginarsi una situa-zione del genere?

RAF Effettivamente il problema, soprattutto se lo si af-fronta subito dopo l’esempio sul piano euclideo, può sem-brare spiazzante. Per superare questa difficoltà ci è stato di grande aiuto unlaboratorio in cui si fa uso di mattoncini chiamati “knüpfer-li”, con i quali si possono costruire dei pavimenti “deforma-ti” realizzando alcuni piccoli pezzi di tassellazioni iperboli-

Anche quest’anno il Festival della Scienza di Genova ha visto la presenza di una mostraorganizzata da Riccardo, Alessandro e Filippo (RAF), tre vecchie conoscenze della nostrarivista. Qui ci facciamo raccontare come è andata

180° · (n – 2)

Alcuni poligoni regolari piani messi attorno a un vertice e inbasso, la formula della somma degli angoli interni di un po-ligono con n lati

n

La pseudosfera della mostra “Rette… Rotonde”

[ ]

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che. Questa parte costruttiva della mostra è fondamentaleperché permette di spostarsi dal problema ideale “esisteuna maniera di cambiare le regole in modo da poter co-struire tassellazioni regolari diverse dalle tre euclidee?” alproblema, più pratico, di giustificare un fatto che si vedeavvenire su un esempio concreto. Queste costruzioni sug-geriscono di spostarsi nel mondo delle superfici diverse dalpiano. Oltre alla sfera, che conosciamo tutti bene, si fa co-noscenza con una superficie a "sella" che assomiglia moltoa uno dei modelli che si possono costruire con gli knüpfer-li. Dopodiché ci si interroga sul significato della parola “seg-mento” su una superficie, arrivando a parlare di “geodeti-che”, cioè di quelle curve che, sulla superficie, sono l’analo-go della retta sul piano. Come aiuto per capire che cosasono, c’è un’isola multimediale che disegna le geodetichesu alcune superfici come il cilindro e una ciambella.

XTG Come prosegue la mostra dopo la descrizione dellegeodetiche su una superficie?

RAF Prima di introdurre il piano iperbolico – l’ambientedove effettivamente alla fine della mostra costruiamo lenuove tassellazioni – abbiamo scelto di parlare di “curvatu-ra”. Senza entrare nei dettagli di una definizione moltocomplessa, basti sapere che la curvatura è un numero chedice quanto e come una superficie è “curva” vicino a unpunto. Ad esempio, una sfera ha curvatura sempre uguale inogni punto perché è curva “allo stesso modo”, mentre unuovo – pur continuando ad avere, come si dice, curvatura“positiva” ovunque – ce l’ha ben diversa in punta rispetto aquella che ha alla base. Non è facile trovare una superficieche abbia in ogni punto curvatura negativa: anche la “sella”è solo una porzione di superficie a curvatura negativa. Ilpiano iperbolico è invece una superficie a curvatura negati-va in ogni punto. In mostra ne descriviamo un modello,quello del disco di Poincaré, su cui si può procedere alla co-struzione delle nuove tassellazioni che stiamo cercando.Abbiamo scelto di non approfondire in modo particolare lasua costruzione, limitandoci agli enti che servono per dareun senso alla parola “tassellazione”, cioè limitandoci a seg-menti, distanze e angoli. Per aiutare l’immaginazione del visitatore, abbiamo realizzatoun programma che permette di disegnarvi punti, geodetichee poligoni regolari e di calcolare distanze e angoli. E di osser-vare che i triangoli iperbolici hanno somma degli angoli inter-ni minore di 180°!

XTG Come reagiscono i visitatori di fronte a questo model-lo così “astratto”?

RAF Il timore che i visitatori si facessero spaventare daquesti modelli ci ha portato a realizzare qualcosa di concretoche li sostenesse nell’indagine. Abbiamo subito pensato allapseudosfera, una superficie nello spazio che modellizza unaporzione del piano iperbolico e ne abbiamo realizzata una

Screenshot di un programma

Foto di knüpferli

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che fosse possibile toccare con mano e sulla quale si potesseanche disegnare come su una lavagna! Un secondo program-ma aiuta poi i visitatori a fare il passaggio dalla pseudosfera almodello del disco: permette infatti di disegnare sulla prima evedere che cosa succede sull’altro.

XTG Per poi finire con le tassellazioni?RAF Quelle e non solo! Una volta costruito un poligono

regolare che serve per realizzare una tassellazione, come sifa a costruire il resto della tassellazione? Operiamo comesiamo abituati a fare sul piano euclideo: iniziamo a copiareil poligono riflettendolo rispetto a un suo lato creando cosìle piastrelle adiacenti e poi andiamo avanti… all’infinito. Nelpiano iperbolico si può fare la stessa cosa se riflettiamo ri-spetto a... geodetiche. In mostra, descriviamo come sonofatte queste “riflessioni” usando un inversore di Peaucellier(una macchina che realizza un’inversione circolare) e alcunisoftware e poi, finalmente, vediamo il prodotto finito: c’èun programma dedicato a visualizzare le varie tassellazioniiperboliche e a vedere come sono fatte le trasformazioniche le lasciano invariate. Infine chiudiamo la mostra ritornando alla geometria euclideae ai suoi postulati.

XTG Un percorso ambizioso. Come hanno reagito i visi-tatori?

RAF Le reazioni variavano a seconda dell’età dei visitatori:mentre i più grandi tendevano ad approfondire il modo in cuisi costruiscono le tassellazioni regolari iperboliche, i più gio-vani spesso si fermavano più a lungo sulla parte iniziale percostruire porzioni di tassellazioni con gli knüpferli.

XTG E le tassellazioni sferiche?RAF Benché le tassellazioni sferiche si possano ricostruire

nei laboratori e nella mostra ci sia la possibilità di affrontare ilproblema, abbiamo deciso di dedicarci solamente alle tassel-lazioni iperboliche. Il motivo principale è che i mondi in cui sipossono costruire queste due famiglie di tassellazioni sono di-versi tra di loro, e quindi abbiamo scelto di concentrarci in par-ticolare solo sulla geometria iperbolica.

XTG Come mai la scelta di partire da un problema comequesto e non, piuttosto, dagli assiomi di Euclide?

RAF Storicamente la geometria iperbolica nasce dalla ne-

gazione del quinto postulato di Euclide, ma non è sicuramen-te questo l’unico modo per presentarla! Scegliendo di affron-tarla in questa maniera, proponiamo un punto di vista più or-ganico sul concetto di poligono su una superficie qualsiasi equindi su ciò che significa “fare” geometria. In ogni caso, una parte della mostra – quella finale – è dedi-cata proprio ai postulati: invece di usarli come punto di par-tenza, li usiamo come punto di arrivo per riesaminare gli argo-menti trattati.

XTG Come mai, visto che il tema del Festival di quest’annoera la bellezza, avete scelto di parlare di questo argomento?

RAF La spinta principale ci è venuta dall’eleganza dei di-segni che si ottengono quando si costruisce una tassella-zione regolare iperbolica. Si può trovare un notevole esem-pio nei lavori di M.C. Escher, ma anche in molte altre operedi artisti che realizzano disegni simili. Un aspetto un po’ piùfilosofico riguarda invece la possibilità, che si ha in mate-matica, di “modificare le regole del gioco”, mantenendoperò il controllo su quello che si sta facendo. In questomodo si osserva la comparsa di fenomeni inaspettati (dallerette ultraparallele ai triangoli ideali) e spesso stupefacen-ti. È come assistere a una specie di magia, sicuri però chedietro non c’è alcun trucco.

Foto di gruppo degli animatori

Riccardo MoschettiÈ dottorando in Matematica e Statistica pressol’Università degli Studi di Pavia. Ha studiato Ma-tematica a Milano, dove ha conosciuto il centromatematita con il quale tutt'ora [email protected]

Filippo FavaleÈ postdoc presso la Fondazione Bruno Kessler. Dadiversi anni collabora con la rivista XlaTangente econ il centro matematita di Milano. È uno deifondatori dell’associazione culturale Curvilinea,attiva nell’ambito della divulgazione [email protected]

Alessandro CattaneoIscritto al corso di Laurea magistrale in Mate-matica all’Università degli Studi di Milano, col-labora dal 2008 con il centro [email protected]

Screenshot di un programma

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Più precisamente, il concetto di relazione causale si gene-ralizza nel concetto di correlazione: due eventi sono corre-lati se ciascuno influenza l’altro, e la stima di questa in-fluenza si può effettuare con dei calcoli empirici, misuran-do gli effetti lineari di un evento sull’altro.Determinare la correlazione fra eventi richiede semplice-mente la misurazione di occorrenze diverse dei due eventiai medesimi istanti. Per esempio, si potrebbe cercare unacorrelazione tra il prodotto interno lordo di un Paese e iltasso di inflazione, ma anche tra il consumo di alcolici el’insorgere di patologie epatiche, fra l’indice di abbandonoscolastico e il tasso di criminalità nei centri urbani o persi-no tra l’altezza dei grattacieli e l’insorgere di crisi economi-che.Per quanto possa sembrare bizzarro, l’ultimo esempio èstato oggetto di studio da parte di alcuni economisti negliultimi dieci anni!

CORRELAZIONE E CAUSALITÀ

La relazione di causa-effetto fra due fenomeni, X e Y sancisceche in presenza di X si ha necessariamente la presenza di Y e,

Grattacieli e crisi economichedi PAOLO CARESSA

Grattacieli a Chicago (USA)

Sempre più spesso i modelli matematici, specie quando sono applicati a sistemi complessicome quelli meteorologici, biologici, economici ecc., rinunciano esplicitamente alladescrizione causale dei fenomeni per sostituirla con una descrizione non deterministica eprobabilistica: potremmo dire che dalla causalità si è passati alla casualità...Fo

to d

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viceversa, mancando Y, viene a mancare anche X. Diciamo cheX è la causa di Y in questo caso, e che Y ne è l’effetto.In teoria, per verificare che X causa Y è quindi necessario ve-rificare che ogni volta che si verifica X si verifica anche Y, cioè,equivalentemente, che in assenza di Y deve mancare anche X.Evidentemente, una tale verifica è impossibile empiricamen-te: a meno di non avere la possibilità di verificare tutti i pos-sibili casi di occorrenze dei due fenomeni in questione, nonpossiamo dedurre che X causa Y. In altri termini, se è vero chela presenza di X ha sempre implicato la presenza di Y fino aun dato istante, nulla ci garantisce che sarà ancora così.La critica filosofica al principio di causa-effetto risale al-meno al Settecento: il filosofo scozzese David Hume, peresempio, esibì delle penetranti osservazioni in proposito. Etuttavia, il principio di causa-effetto ha continuato a esse-re utilizzato per tutto l’Ottocento nei modelli matematicideterministici del mondo reale. Tuttavia molti fenomeninon si prestano a questa modellizzazione e richiedono mo-delli probabilistici.In quest’ultimo caso, piuttosto che stabilire un legame cau-sale fra due fenomeni X e Y, si calcola la loro correlazioneρXY, che si esprime come

dove il simbolo Z indica il valore atteso della quantità Z(in pratica la media dei suoi valori) e vz denota la devia-zione standard, che misura la dispersione delle misurazio-ni di Z rispetto alla sua media. In altre parole, la correla-zione è direttamente proporzionale alla media degli scar-ti delle quantità X e Y, ed inversamente proporzionale alledispersioni dei valori di queste quantità attorno alle loromedie (si noti che se una delle quantità assume sempre lostesso valore, cioè non ha affatto dispersione ma coincidecon la propria media, sia il numeratore che il denomina-tore si annullano e il calcolo della correlazione perdesenso).

Il coefficiente di correlazione ρXY è un numero reale com-preso fra –1 e +1: quando è 0 vuol dire che le due quantitànon sono linearmente correlate, quando è –1 vuol dire chele quantità sono anticorrelate, cioè l’una ha l’andamento

opposto dell’altra, quando è +1 vuol dire che le quantitàsono correlate, cioè hanno esattamente lo stesso anda-mento.In generale, un valore positivo della correlazione indica chei due fenomeni tendono ad avere lo stesso comportamen-to, in modo sempre più netto quanto più la correlazionetende a +1, mentre una correlazione negativa indica la ten-denza ad avere il comportamento opposto.

Un paio di esempi potranno chiarire la questione. Suppo-niamo di avere tre quantità X, Y, Z per le quali tre misura-zioni abbiano dato luogo alle seguenti serie: X1 = 1, X2 = 0,5,X3 = 1; Y1 = 10, Y2 = 5, Y3 = 10; Z1 = 1, Z2 = 2, Z3 = 1. A contifatti troviamo che ρXY = 1 e ρXZ = ρYZ = –1. E in effetti l’an-damento della serie X e della serie Y è lo stesso, sono lega-te dalla relazione lineare 2X = Y, mentre l’andamento dellaserie X e della serie Z è l’opposto; visto che quando X si di-mezza, Z raddoppia e viceversa.

Consideriamo ora due fenomeni X e Y che possano misu-rarsi solo con i valori 0 e 1, e immaginiamo che il valore 0voglia dire che il fenomeno non si verifica e il valore 1 chesi verifica. Se X causa Y, allora ogni volta che si ha X = 1 siha anche Y = 1: per esempio X potrebbe essere il fenomeno“piove” e Y il fenomeno “la strada è bagnata”. La pioggia ècausa di una strada bagnata, ma ovviamente non la sola. Peresempio supponiamo di avere misurato tre volte i due fe-nomeni: una volta pioveva, e la strada era bagnata; un’altravolta non pioveva e la strada non era bagnata; un’altra voltanon pioveva ma la strada era bagnata (perché un idrante erarotto). Le serie sono dunque X1 = 1, X2 = 0, X3 = 0; Y1 = 1, Y2 = 0, Y3 = 1. La correlazione fra i due fenomeni, stanti que-sti dati, è di 0.5.

In generale, una relazione di causa effetto fra i due feno-meni implica una correlazione non negativa, ma non neces-sariamente una correlazione pari a uno: quest’ultimo caso siverifica solo se X è l’unica causa di Y.In questo senso diciamo che la correlazione generalizza lacausalità, in quanto quest’ultima genera una correlazionepositiva fra i due eventi. Ma attenzione: la presenza di unacorrelazione positiva non implica necessariamente un nesso

ρXY = ,[(X – X)(Y – Y)]

(vXvY)

Supponiamo di disporre di misurazioni dei due fe-nomeni in certi istanti passati: precisamente, sup-poniamo di avere N istanti t1, ..., tN nei quali ab-biamo misurato entrambi i fenomeni, ottenendo ledue serie di misure (che per semplicità supponiamosi riducano ciascuna alla rilevazione di un numero)X1, ..., XN e Y1, ..., YN. Sulla base di questi dati, glistatistici stimano la correlazione fra i due eventi permezzo della seguente formula:

Questa formula apparentemente complicata è facil-mente programmabile su un calcolatore (per esem-pio Excel la mette a disposizione), il che consente

di calcolare la correlazione fra eventi per i quali sisiano raccolti un numero ingente di misurazioni,per esempio rilevazioni di indici azionari, valori me-teorologici, numero di accessi a social network, etc.Al numeratore compare la somma dei prodottidegli scarti medi delle due serie di misure: a ciascu-na misura Xi viene sottratta la media dei valori X1,..., XN, cioè la quantità Xi/N, e a ciascuna misuraYi viene sottratta la media dei valori Y1, ..., YN, cioè

Yi/N. A denominatore invece figurano le radiciquadrate delle somme degli scarti quadratici medidelle due serie di misure. Come si vede da questeformule, il calcolo della correlazione dipende sensibil-mente dalla serie dei valori registrata per le due quan-tità X e Y.

Come si calcola la correlazione

N

i=1R

:ρXY = .

(Xi – X)(Yi – Y )N

i=1R (Xi – X)2: N

i=1R (Yi – Y )2

N

i=1R

N

i=1R

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causale (abbiamo appena lo spazio per menzionare il fattoche il premio Nobel per l’Economia Clive Granger ha defini-to un test statistico di “causalità” fra due eventi, basandosisu una idea dovuta al grande matematico Norbert Wiener).

I CICLI ECONOMICI...La correlazione è una delle quantità che viene bene calco-lare quando si dispone di grandi masse di dati rilevati misu-rando fenomeni diversi, e un esempio tipico di disciplina incui ciò accade è l’Economia. La misurazione di indicatorieconomici e finanziari produce al giorno d’oggi, mercé icomputer e le reti di computer, un diluvio di dati rilevatianche con frequenze altissime, uno ogni minuto per esem-pio. Ciò consente di compilare lunghissime liste di rileva-zioni e di studiare le correlazioni fra i fenomeni che hannogenerato quei numeri.Uno dei fenomeni che interessano maggiormente gli eco-nomisti è il ciclo economico, cioè l’alternarsi periodico, manon sempre con lo stesso periodo, di fasi espansive e re-cessive nelle economie di singoli paesi o nelle economieglobali. Per esempio negli ultimi anni le economie europeestanno vivendo una fase recessiva, che per alcuni paesi è giàpassata, per altri è ancora presente. Finita la recessione, ri-prenderà una fase di espansione economica fino al punto incui una nuova recessione si verificherà e così via.

Poiché questi cicli economici influiscono drammaticamen-te sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese, è im-portante cercare di capirli e possibilmente cercare di tro-vare dei fattori correlati all’insorgere delle crisi, in modo da

correre per tempo ai ripari. Solitamente le grandezze che sicorrelano all’andamento del ciclo economico sono indica-tori economici e finanziari come il prodotto interno lordo,il tasso di inflazione, etc.

... E I GRATTACIELI!Una delle più singolari spiegazioni per le recessioni econo-miche è stata proposta nel 1999 da Andrew Lawrence, unanalista finanziario che pubblicò un rapporto di ricerca nelquale poneva in correlazione le altezze dei grattacieli e l’in-sorgere delle crisi economiche. Precisamente, Lawrenceconsidera i seguenti due fenomeni misurabili: è l’elencodelle date in cui è stato costruito un grattacielo più grandedi tutti quelli fino ad allora esistenti; è l’elenco delle datein cui sono scoppiate le crisi economiche globali.Gli eventi citati da Lawrence sono per esempio la coinci-denza fra la costruzione del Singer Building e il “panico deibanchieri” del 1907, una crisi che durò un paio d’anni re-cando danni enormi alla borsa di New York. Un altro esem-pio è la costruzione dell’Empire State Building a ridossodella Grande Depressione del 1929. Anche la costruzionedel World Trade Center e delle Sears Towers avvenne incoincidenza con la crisi petrolifera e azionaria del 1973. Unulteriore e significativo esempio è la costruzione delle Pe-tronas Twin Tower in Malesia proprio in corrispondenzadella “crisi delle tigri asiatiche” del 1997.Naturalmente si pone il problema della plausibilità di que-sta ipotesi: la questione è stata studiata da economisti di

La moderna teoria dei cicli economici è esposta nel celebre libro di Arthur Burns e Wesley Mit-chell, Measuring Business Cycles (1946): l’idea di base è che gli indicatori macroeconomici ten-dono a muoversi assieme, insomma presentano delle correlazioni. Per esempio, in una fase diespansione economica, aumenta non solo la produzione ma anche l’occupazione (o se sivuole la produzione è anticorrelata alla disoccupazione) e, viceversa, in una fase recessiva laproduzione cala e la disoccupazione cresce, come è stato drammaticamente sperimentatonegli ultimi anni anche in Italia. Secondo la definizione di Burns e Mitchell, una fase del cicloeconomico si connota come recessiva se per almeno sei mesi la maggior parte degli indicato-ri economici decresce. Le cause dei cicli economici sono molteplici e non tutti gli economisticoncordano sul loro peso, così che la teoria dei cicli economici rimane in gran parte una mi-surazione empirica di correlazioni senza che sia chiaro se, dietro di esse, ci siano realmentedelle relazioni causali con indicatori misurabili.

Cicli economici e correlazione

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tutto rispetto, come Mark Thornton, che in un articolo del2005 ha sostenuto la validità dell’ipotesi di Lawrence, pro-ponendo un nesso fra gli indicatori economici e i fattoriche spingono alla costruzione dei grattacieli, e le tecnolo-gie che li rendono possibili.In sostanza, Thornton lega al calo del tasso di interesse, ti-pico della fase espansiva dei cicli economici, la necessità ela possibilità di costruire un grattacielo più alto di tuttiquelli attualmente esistenti. In primo luogo l’impatto deitassi di interesse sul valore dei terreni e dei capitali: l’idea èche in una fase espansiva dell’economia, con i tassi che ten-dono a scendere, il prezzo dei terreni tende a salire e quin-di si cerca di costruire “in verticale” più che in orizzontale.Un’altra conseguenza del calo dei tassi di interesse è l’e-spansione delle imprese, che possono permettersi ufficicentrali nelle grandi capitali finanziarie, spesso ubicati ingrattacieli per motivi di convenienza e prestigio. Infine,Thornton evidenzia come nelle fasi positive del ciclo eco-nomico le innovazioni tecnologiche mettono a disposizio-ne tecniche più efficienti per costruire anche i grattacieli.Naturalmente queste sono tutte “spiegazioni” a posteriori:come abbiamo detto, determinare una correlazione fraeventi non consente di dedurre un nesso causale.C’è da dire che altri hanno studiato in modo critico, per nondire scettico, la questione: un recente lavoro (Barr, Mizrach,Mundra, Skyscraper Height and the Business Cycle: Interna-

tional Time Series Evidence, 2011), dati alla mano, laddoveThornton si limita a spiegazioni teoriche, sembra ridimen-sionare drasticamente il “potere predittivo” dell’altezza deigrattacieli sulle crisi economiche.

LA PAROLA AI NUMERI

Non c’è nulla di male se anche noi proviamo a trattare,matematicamente, la questione, calcolando la correlazio-ne fra la costruzione di grattacieli da record e l’iniziodelle crisi economiche. Si tratta di applicare quantodetto prima a dei dati facilmente reperibili su Internet:quello che abbiamo fatto (e che il lettore curioso potràtrovare in dettaglio nella pagina internethttp://www.caressa.it/dati/skyscraper.html) è statoconsiderare l’elenco degli anni delle principali crisi eco-nomiche a partire dal 1901 e l’elenco degli anni in cui èstato costruito un grattacielo più alto degli altri, otte-nendo così una lista di date t1, ..., tN. Poi abbiamo co-struito due serie numeriche, una X1, ..., XN dove Xk = 1 sein quell’anno c’è stata una crisi economica e Xk = 0 altri-menti, e un’altra Y1, ..., YN dove Yk = 1 se in quell’anno èstato costruito un grattacielo più alto di quelli esistenti eYk = 0 altrimenti. Il risultato della correlazione fra questedue serie numeriche è molto deludente: un valore dicirca –0,218, cioè una lieve anticorrelazione! A pesare suquesto risultato sono le molte crisi economiche occorsenegli ultimi vent’anni del ventesimo secolo a fronte dellequali nessun record di altezza di grattacieli è stato battu-to: limitandosi agli anni prima del 1980 e correlando lealtezze dei grattacieli con la presenza di crisi economichela correlazione diviene quella notata da Lawrence.Da matematici non possiamo quindi condividere gli allarmiche qualcuno ha lanciato per la costruzione in Cina delprossimo grattacielo Sky City a Changsha (838 metri)!

Paolo Caressa È nato a Roma, dove vive e lavora: dopo aver conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in matematica, ha svolto atti-vità di insegnamento e ricerca universitaria nel settore della geometria differenziale, per poi passare a svolgere consu-lenze per aziende di software. In seguito ha lavorato come analista quantitativo per un importante istituto di credito,sviluppando e implementando modelli matematici per la finanza. Attualmente si occupa di gestione di progetti softwa-re nell’ambito della sicurezza. Oltre ad alcuni lavori scientifici ha pubblicato articoli divulgativi (di matematica, infor-matica, letteratura), una Piccola storia della matematica (2010) per Alphatest e Matemática escolar desde un punto de vistasuperior (2011) per le edizioni UAM di Madrid. (www.caressa.it)

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di GIULIA BERNARDI

La teoria dei giochi in effetti si occupa proprio dello studiodei giochi, ma... che cos’è un gioco? Ecco cosa ci suggerisceil dizionario: gioco: pratica consistente in una competizione fra due o più

persone, regolata da norme convenzionali, e il cui esito, le-

gato spesso a una vincita in denaro (posta del g.), dipende in

maggiore o minor misura dall’abilità dei singoli contendenti

e dalla fortuna.

Sono dei giochi, per esempio, la dama, gli scacchi, il poker,mosca cieca ma… non solo! Pensandoci un po’, possiamotrovare molti altri esempi di “giochi” nel senso di competi-zioni che dipendono dalle nostre capacità o dalla fortuna:due amici che cercano di ottenere il numero di telefono diuna nuova ragazza; due industrie rivali che cercano di averepiù clienti e ottenere ricavi maggiori; le discussioni tra po-litici per realizzare le loro promesse elettorali; padre e fi-glio che contrattano gli orari del rientro...Più precisamente, possiamo descrivere un “gioco” come

una situazione in cui le azioni compiute da ogni giocatoreinfluenzano i possibili risultati degli altri. In questo modo,in realtà, descriviamo molte delle situazioni che ci capita didover affrontare ogni giorno. Per ognuna di esse, la teoriadei giochi cerca di creare dei modelli matematici a partiredai quali stabilire quale sia il comportamento dei giocatori,quali siano i possibili esiti, quali siano le strategie vincenti.

Quanto ai giocatori, essi non sono necessariamente dellepersone; potrebbero essere anche dei gruppi di persone,enti (come industrie, organi di governo) o altro; l’impor-tante è che rispettino le due ipotesi formulate a proposi-to del loro comportamento: devono essere egoisti e razio-

nali. Un giocatore è egoista nel senso che dopo aver defi-nito il proprio obiettivo cerca sempre di raggiungerlo indi-pendentemente da quali siano gli obiettivi degli altri gio-catori (attenzione: il suo obiettivo potrebbe anche esserequello di far vincere gli altri, ad esempio un nonno potreb-be voler lasciare vincere ogni tanto il nipotino); razionale

Che cos’è la Teoria dei Giochi?Che cosa vuol dire occuparsi di teoria dei giochi? No, non si tratta di passare il tempo a giocare con videogames e giochi in scatola per capirne tutti i segreti; sì, si tratta di studiare una disciplina vera e propria (nata recentemente) che ne coinvolge moltissimealtre: dall'economia alla biologia, passando per la statistica, la psicologia, il diritto, l'informatica e, ovviamente, la matematica

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invece significa che in ogni momento riesce ad analizzarela situazione e a fare la scelta migliore a sua disposizione.Ovviamente queste due ipotesi sono anche i punti debolidella teoria quando cerchiamo di applicarla alle situazionireali: è difficile stabilire quale sia veramente l’obiettivo diuna persona ed è ancora più difficile tradurlo in linguaggiomatematico, in modo che il comportamento del giocatoresia veramente egoista, nel senso di “concentrato solo sulproprio obiettivo”; ma soprattutto è molto raro che un es-sere umano si comporti razionalmente... o almeno che lofaccia nel senso in cui vorremmo noi. Un semplice esempioci aiuterà a capire: un padre offre al primogenito 100 euroa patto che si accordi con la sorella per dividerseli. Qualeofferta dovrà fare il fratello alla sorella? Per lo più sembraragionevole ipotizzare che si divida la cifra 50-50, ma se ilfratello offrisse alla sorella un solo euro e ne tenesse persé 99? Per la teoria dei giochi, questa è la soluzione! Infat-ti, dovendo fare un’offerta alla sorella, il fratello inizieràproponendo una divisione vantaggiosa per sé: tiene 99euro e ne offre 1 alla sorella. A questo punto lei può ac-cettare l’offerta e prendere 1 euro o rifiutare e non pren-dere niente; ovviamente tra guadagnare qualcosa (anchepoco) e non guadagnare... meglio accettare l’euro! Solo chenella vita le persone sono emotive e a volte preferisconoperdere qualcosina (ovvero non accettare l’offerta di uneuro), pur di fare perdere anche gli altri (infatti se non c’èl’accordo, anche il fratello perde 99 euro), piuttosto chevincere poco quando gli altri vincono tanto. Provate a farequesto esperimento con i vostri amici per vedere quantosono razionali!

Ufficialmente la teoria dei giochi nasce nel 1944, anno incui John von Neumann e Oskar Morgenstern pubblicano illibro Theory of games and economic behaviour. In realtàqualche risultato di teoria dei giochi era già stato pubblica-to negli anni precedenti, ma ancora non si sapeva che... fa-ceva parte di questa disciplina! Sicuramente dal 1944 in poii matematici iniziarono ad avere le idee più chiare e a occu-parsi di teoria dei giochi consapevolmente.

Il padre fondatore della teoria dei giochi, von Neumann,non è stato solo uno dei matematici più significativi del se-colo scorso, ma ha svolto lavori fondamentali anche in altrematerie come la fisica e l’informatica. I suoi contributi allateoria dei giochi riguar-dano lo studio dei giochia somma zero (dovetutto quello che vinceun giocatore viene persodal suo avversario e vi-ceversa) e l’introduzionedel metodo dell’induzio-

ne a ritroso, per risolveregiochi finiti a informa-

zione perfetta (cioè gio-chi dove ci sono un nu-mero finito di mossepossibili e dove tutti igiocatori sanno qualisono queste mosse equali sono le conseguen-ze di ognuna di esse.

Sono di questo tipo gliscacchi e la dama). L’ideaè quella di immaginaretutte le possibili mossedei giocatori, poi di risa-lire dalla situazione fina-le all’inizio, scegliendoogni volta il miglior esitopossibile tra quelli a di-sposizione. In questomodo si può tornare in-dietro fino alle primemosse e individuare lastrategia vincente, ovve-ro la sequenza di mosseche porteranno al mi-glior risultato possibile.

Dopo la pubblicazione dei risultati di von Neumann, unaprima branca della disciplina ha iniziato a diffondersi e a ri-scuotere sempre più successo. In particolare, negli anni 50del secolo scorso si iniziò a studiare la teoria di una tipolo-gia di giochi, quelli cooperativi, ovvero quei giochi in cui siimmagina che i giocatori possano fare degli accordi tra diloro e partecipare al gioco come gruppi; ad ogni gruppo (ocoalizione) è associato un valore che rappresenta quantoquella squadra è in grado di ottenere nel gioco. Nel 1954Llyod Stowell Shapley introdusse un indice di potere, ovve-ro una funzione che in ogni gioco cooperativo associa aogni giocatore un numero che ne rappresenta il “potere”.L’indice di Shapley è uno dei più famosi e più utilizzati, manon è l’unico, anzi, ne sono stati inventati molti altri chespesso si rivelano più utili e forniscono soluzioni più inte-ressanti. Le applicazioni degli indici di potere sono moltovarie: politica, biologia, economia... Ogni volta che si riescea creare un modello di un gioco cooperativo, gli indici dipotere possono aiutarci a capire quali siano i giocatori piùinfluenti e quali quelli meno significativi.

Un’altra grande sezione della teoria dei giochi è data dallateoria non cooperativa, il cui padre è il famoso matematicoJohn Nash, sulla cui vita è basato il film A beautiful mind. ANash si deve infatti il prezioso concetto di “equilibrio” peri giochi non cooperativi, che permette di stabilire a priori

quale sarà l’esito di un gioco e che utilizza proprio le ipote-si sulla razionalità e l’egoismo dei giocatori che abbiamo di-scusso all’inizio. Nash è stato anche il primo teorico dei gio-chi a ricevere il Premio Nobel per l’Economia nel 1994 (in-sieme a Reinhard Selten e John Harsanyi). Ma non è statol’ultimo: il Nobel per l’Economia è stato vinto da altri ma-tematici per il loro contributo alla teoria dei giochi anchenel 2005, nel 2007 e nel 2013. Sembra che occuparsi di gio-chi non sia poi così banale!

John von Neumann (1903 – 1957)

John Forbes Nash Jr. (1928 - )

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Giulia BernardiSi è laureata in Matematica presso l’Universitàdi Milano Bicocca, con una tesi sulla teoria deigiochi. Dal 2012 partecipa, con grande soddi-sfazione, al progetto MATh.en.JEANS, e il suosogno è quello di occuparsi di comunicazionedella [email protected]

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David Hilbert (1862-1943)

Nacque vicino a Königsberg, città famosa per aver dato i na-tali a Immanuel Kant. Studiò nell’università della sua città ein quella di Berlino. Fu, poi, professore all’Università di Got-tinga dal 1895 al 1930, anno in cui andò in pensione.

Il suo lavoro in campo matematico è molto vasto e di gran-de impatto. Si dedicò alla geometria, all’analisi, all’algebra,alla logica… e perfino alla fisica! Oggi è considerato uno deimatematici più influenti della fine dell’Ottocento e deiprimi del Novecento.All’inizio, la sua grande passione fu la geometria. Con la suaopera Fondamenti della geometria, pubblicata nel 1899, si-stematizzò le conoscenze anteriori, fornì un sistema di as-siomi per la geometria e aprì nuove strade per la ricerca deifondamenti della matematica.

È molto famosa la conferenza che tenne al II Congresso In-ternazionale dei Matematici di Parigi, nel 1900, in cui pro-pose un elenco di 23 problemi irrisolti (alcuni lo sono an-cora). Questo elenco viene considerato il riepilogo dei pro-blemi aperti più importante e influente che un solo mate-matico abbia mai prodotto. Al suo interno c’è anche la fa-mosissima Ipotesi di Riemann.

Nel 1920 propose un progetto di ricerca che finì con l’esse-re conosciuto come programma di Hilbert. Di fronte ai pro-blemi sui fondamenti della matematica tanto dibattuti all’i-nizio del Novecento, questo programma si poneva l’obietti-vo di fornire una descrizione assiomatica completa dellamatematica, a partire dalla quale qualsiasi proposizionematematica potesse essere dimostrata come vera o falsa.

Hilbert e l’Università di Gottinga furono per molti anni unpunto di riferimento “obbligato” nel mondo della ricercamatematica e per le aule di quell’ateneo passarono grandipersonaggi del mondo della scienza.Con l’ascesa al potere dei nazisti, Hilbert soffrì molto nelvedere come veniva perseguitata ed espulsa la maggiorparte dei membri della sua università. Ciò fu un duro colposia per lui che per l’università stessa.

Sulla sua tomba si legge come epitaffio una sua famosissi-ma frase: “Dobbiamo sapere, sapremo”. Per ironia dellasorte, il giorno prima che egli la pronunciasse, il matemati-co ceco Kurt Gödel aveva presentato la sua tesi con il fa-moso teorema di incompletezza, che può essere sintetizza-to così: “non esistono sistemi formali completi (che siano ingrado di descrivere tutti i fenomeni) e coerenti (che non en-trino in contraddizione con i propri assiomi)”.

uomini che contano

“Uomini che contano” presenta la riproduzione delle caricature pubblicate in El Rostro Humano de lasMatemáticas (Nivola, 2008), catalogo dell’omonima mostra realizzata dalla Real Sociedad MatemáticaEspañola in occasione dell’Anno della Scienza 2007. Il testo di accompagnamento, esclusi i pezzi firmati, èuna traduzione preparata da XlaTangente del testo spagnolo.

a cura di ANNA BETTI

Gli spazi di HilbertTre coordinate per individuare un punto nello spazio: lospazio in cui viviamo ha tre dimensioni. Esistono anchespazi a più dimensioni, come ben sanno i lettori diXlaTangente, ma si resta pur sempre in un numero fini-to di dimensioni. E gli spazi a infinite dimensioni?Esistono? Come ce li possiamo immaginare? Domandepiuttosto difficili a cui forse risponderemo in uno deiprossimi numeri. Qui ricordiamo soltanto che Hilbertse ne è occupato e che tali spazi hanno costituito unmodello matematico fondamentale per lo sviluppodella meccanica quantistica.

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a cura della REDAZIONE

[...] Qui di seguito provo, a sostegno di quanto ho detto fi-nora, a suggerire alcuni problemi, tratti da diversi settoridella Matematica, lo studio dei quali potrà concorrere alprogresso della Scienza.Diamo un’occhiata ai principi dell’Analisi e della Geometria.Le conquiste più suggestive e importanti del secolo scorsoin questi campi sono, secondo me, la formulazione aritme-tica del concetto del continuo nelle opere di Cauchy, Bol-zano e Cantor, e la scoperta della Geometria non euclideada parte di Gauss, Bolyai, Lobachevsky.Quindi io attirerò la vostra attenzione in primo luogo su al-cuni problemi che appartengono a questi campi.

1. Il problema di Cantor sulla potenza del continuo.Due sistemi, cioè due insiemi, di numeri reali ordinari (o dipunti) sono, secondo Cantor, equivalenti o della stessa po-

tenza, quando si può stabilire fra di essi una corrisponden-za tale che a ciascun numero dell’uno corrisponda uno e unsolo numero dell’altro. Le ricerche di Cantor su questi in-siemi rendono molto probabile la validità di un teoremache fin qui, nonostante i più grandi sforzi, non è stato di-mostrato. Questo teorema è il seguente: “Ogni sistema dinumeri reali in numero infinito, cioè ogni insieme infinito dinumeri (o di punti), o è equivalente all’insieme di tutti i nu-

meri interi naturali 1, 2,3, …, oppure è equiva-lente all’insieme ditutti i numeri reali, e diconseguenza al conti-nuo, cioè ai punti di unsegmento”; dal punto di

vista dell’equivalenza,

non ci sarebbero dun-

que che due insiemi di

numeri: l’insieme nume-

rabile e il continuo. Da questo teorema se-guirebbe anche che ilcontinuo rappresente-rebbe la potenza imme-diatamente superiore

alla potenza degli insiemi numerabili. La dimostrazio-ne di questo teorema sarebbe allora come un nuovoponte gettato fra gli insiemi numerabili e il continuo.Cito ancora un’affermazione molto importante diCantor, che ha un rapporto molto stretto con l’enun-ciato precedente e che potrebbe rappresentarne lachiave di dimostrazione: “Un sistema qualunque dinumeri reali è detto ordinato quando di due numeriqualsiasi dell’insieme si è convenuto quale è il pre-cedente e quale il seguente; di più, questa conven-zione deve essere tale che, se un numero a precedeun numero b e il numero b precede a sua volta unnumero c, allora bisognerà guardare a come pre-cedente c”. L’ordine naturale dei numeri di un si-stema è quello per il quale si guarda a un nu-mero piccolo come precedente un numeropiù grande che a sua volta sarà ritenutocome seguente il primo. C’è, come è facilevedere, un’infinità d’altre maniere per ordi-nare i numeri di un sistema.Ora, se consideriamo un ordinamento inun sistema numerico e fra questi nume-ri consideriamo un sistema particolaredi numeri, sistema che viene chiama-to sistema o insieme parziale,anche questo insieme parzialerisulta ordinato. Cantor consi-dera un tipo particolare diinsiemi ordinati che eglichiama insiemi ben ordi-

nati; ciò che caratte-rizza questi insiemiè il fatto che, nonsolo nell’insie-me stesso, ma

Georg Cantor (1845-1918)

Sui problemi futuri dellamatematica. I 23 problemi

Pubblichiamo un estratto della conferenza di David Hilbert (Gottingen) al CongressoInternazionale dei Matematici tenutosi a Parigi dal 6 al 12 agosto 1900

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anche in tutti gli insiemi parziali, esiste un numero che pre-cede tutti gli altri. L’insieme dei numeri interi 1, 2, 3, … nelsuo ordine naturale, è evidentemente un insieme ben ordi-nato. Invece, l’insieme dei numeri reali, cioè il continuo,nell’ordine naturale, non è un insieme ben ordinato. Infatti,consideriamo l’insieme parziale formato dai punti di unsegmento senza il punto iniziale; è chiaro che questo insie-me parziale non ha alcun elemento che precede tutti glialtri. Si presenta allora la domanda: l’insieme di tutti i nu-meri potrebbe essere ordinato in maniera tale che ogni in-sieme parziale abbia un elemento che precede tutti glialtri? Detto altrimenti, il continuo può essere concepitocome insieme ben ordinato? A questa domanda, Cantorcrede che la risposta possa essere affermativa. A me sem-bra assolutamente auspicabile ottenere una dimostrazione

diretta di questa importante affermazione di Cantor, defi-nendo, per esempio, un ordine dei numeri tale che in ogniinsieme parziale si possa avere un numero che precede tuttigli altri.

2. Sulla non contraddittorietà degli assiomi dell’Aritmeti-ca. 3. L’uguaglianza dei volumi di due tetraedri aventi la stes-sa base e la stessa altezza. 4. Problema della retta come cammino di lunghezza mi-nima tra due punti. 5. Sulla nozione dei gruppi continui di trasformazioni diLie senza l’ipotesi della differenziabilità delle funzioniche definiscono il gruppo. 6. Trattazione matematica degli assiomi della Fisica. 7. Irrazionalità e trascendenza di alcuni numeri. 8. Problemi sui numeri primi. 9. Dimostrazione della più generale legge di recipro-cità in un campo di numeri.

10. Risolubilità di un’equazione diofantea. 11. Forme quadratiche con numeri algebrici qualsia-si come coefficienti. 12. Estensione del teorema di Kronecker sui corpiabeliani a un dominio di razionalità algebricaqualsiasi. 13. Impossibilità della risoluzione dell’equa-zione generale di settimo grado attraversofunzioni di due soli argomenti. 14. Dimostrazione della finitezza di alcunisistemi di funzioni.

15. Fondazione rigorosa della Geome-tria enumerativa di Schubert.

16. Problemi di topologia dellecurve e delle superfici algebri-

che. 17. Rappresentazione come

somme di quadrati di formedefinite.

18. Tassellazione dellospazio mediante po-

liedri congruenti.

19. Le soluzioni dei problemi regolari del calcolo delle va-riazioni sono necessariamente analitiche? 20. Il problema di Dirichlet nel caso generale. 21. Dimostrazione dell’esistenza di equazioni differenzialilineari aventi un gruppo di monodromia assegnato. 22. Relazioni analitiche espresse in maniera uniforme attra-verso funzioni automorfe. 23. Ulteriori sviluppi dei metodi del Calcolo delle variazioni.

I problemi citati sono semplicemente degli esempi, masono già sufficienti per mostrare quanto sia ricca, varia edestesa la Matematica di oggi, e ci portano a domandarci sela Matematica abbia in sorte il destino di quelle disciplineche si sono divise in rami separati, i cui rappresentanti sicomprendono appena tra di loro e i cui legami diventanosempre più deboli. Non lo credo né me lo auguro. La Mate-matica è, secondo me, un tutto indivisibile, un organismo lacui vitalità è condizionata dalla connessione tra le sue parti.In realtà, quale che sia la diversità delle conoscenze mate-matiche nei vari dettagli, abbiamo ancora una chiara co-scienza della similitudine del processo logico, del legametra le idee matematiche così come delle numerose analogietra le diverse parti diquesta Scienza. Notiamoanche che, più una teoriamatematica si sviluppa,più la sua esposizioneguadagna in armonia eunità e più vengono sco-perti legami insospetta-bili fra di essa e branchedella Scienza che primale erano lontane. Cosìsuccede che, con l’esten-sione della Matematica,il suo aspetto organiconon si perde ma, anzi, simanifesta sempre piùchiaramente [...].

Il carattere di unità della Matematica è l’essenza stessa diquesta Scienza. La Matematica è il fondamento di tutte leconoscenze esatte dei fenomeni naturali. Affinché possia-mo raggiungere questo grande obiettivo, possa il nuovo se-colo portare in dono alla Matematica maestri geniali e di-scepoli entusiasti e determinati!

David Hilbert (1862-1943)

Il discorso originale “Mathematische Probleme” èapparso in Göttinger Nachrichten, 1900, pp. 253-297,e in Archiv der Mathematik und Physik, (3) 1 (1901),pp. 44-63 e 213-237. [Il titolo completo del giornaleGöttinger Nachrichten è Nachrichten von der Königl.Gesellschaft der Wiss. zu Göttingen]. Questa traduzio-ne è stata condotta a partire dalla versione dellaconferenza di Hilbert comparsa nel 1902 nel Compterendu du deuxième Congrès International des Mathe-matiques tenu à Paris du 6 au 12 août pubblicato daGauthier-Villars. Potete trovarne il testo integrale sulsito http://www.xlatangente.it/upload/files/proble-mi_1900.pdf

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Hilbert e la poesiaAll’inizio di uno dei suoi corsi, David Hilbert do-manda al suo assistente: “Non vedo M. X daqualche settimana. Che cosa gli è successo?”. Unpo’ a disagio, l’assistente risponde: “Ha rinun-ciato alla matematica per occuparsi di poesia”.David Hilbert abbozza un sorriso e lascia cadere:“È una buona notizia. Io sono convinto che nonavesse abbastanza immaginazione per diventareun matematico”.

L’ipotesi di RiemannHilbert aveva uno studente che un giorno andò dalui con un articolo in cui si proponeva di dimostra-re l’ipotesi di Riemann. Hilbert studiò attentamen-te la dimostrazione e fu molto impressionato dallaprofondità delle argomentazioni, ma sfortunata-mente trovò un errore che non riuscì a eliminare.L’anno dopo lo studente morì.Hilbert chiese ai genitori del ragazzo di fare un’o-razione funebre. Durante la cerimonia, mentre lafamiglia e gli amici piangevano attorno allatomba, Hilbert si fece avanti sotto la pioggia. Inco-minciò con il dire quale tragedia fosse il perdere ungiovane così dotato prima che avesse la possibilitàdi mostrare ciò che era in grado di realizzare. Ma –continuò – malgrado l’errore contenuto nella di-mostrazione dell’ipotesi di Riemann, era ancorapossibile che un giorno sarebbe stata trovata unasoluzione del famoso problema seguendo le lineeche il defunto aveva tracciato. “Infatti” – proseguìcon entusiasmo, in piedi sotto la pioggia, “si consi-deri una funzione di variabile complessa…”.

La distrazione di HilbertLa distrazione di David Hilbert era uguale soloal suo genio matematico. Un giorno, la coppiaHilbert diede un ricevimento. La signora Hil-bert notò che la camicia del marito era parti-colarmente in disordine e gli intimò di risalirenella sua stanza per cambiarsi d’abito. Dopouna lunga attesa, non vedendolo tornare, sipreoccupò e andò a cercarlo. Lo trovò profon-damente addormentato. Dopo averlo risve-gliato, gli chiese spiegazioni. Dopo un istantedi riflessione, David Hilbert rispose: “Sono sa-lito, ho tolto la giacca, il colletto, i pantaloni,la camicia e così via. E mi sono sdraiato”.

Le paralleleHilbert e alcuni dei professori più giovani avevano deciso di imparare a sciare. Le ses-sioni, sotto la supervisione di Runge, avevano avuto luogo su un pendio piuttosto dolcedietro una locanda popolare, Der Rohns.“Sai, è molto emozionante ma anche molto faticoso - confidò Hilbert a Minkowski du-rante l’incontro settimanale del Club Matematico - questo pomeriggio mi sono trovatoin una situazione imprevedibile. I miei due sci erano in aria e io sulla schiena. A un certopunto, uno dei miei sci si stacca e scivola giù per il pendio. Allora ho dovuto togliere l’al-tro e portarmelo a spalla mentre avanzavo nella neve profonda. Non è stato facile.”“Ma, replica Minkowski, perché non hai lasciato che il secondo sci scivolasse nello stes-so modo del primo? Sarebbe atterrato nello stesso posto”.“Oh, sì – rispose Hilbert - Runge non ci ha mai pensato”.

a cura della REDAZIONE

David Hilbert Ma chi era davvero costui?Ecco qui alcuni degli aneddoti più famosi che circolano fra i matematici a proposito del grande

matematico tedesco. Ognuno decida che peso dar loro. Ma un fatto è innegabile: Francis

Casiro che li ha raccolti ci aiuta a sorridere e un po’ a pensare… Umorismo scientifico!

Traduzione a cura della Redazione di Hilbert di Francis Casiro in Tangente n. 58/59, p. 80.

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Ricostruire, sì, ma come? I selgiudichi si erano lasciati alle spal-le una scia di orrore che provocava ai matelandesi brividi lungola schiena, risvegli notturni e attacchi di pelle a cappone chesfonda la camicia. Assoldati da Strega Pedante per domare isuoi sudditi, avevano seminato il caos con i loro sistemi dina-mici di distruzione. La setta, però, era stata sgominata dalle pa-role della fata e dall'imperturbabilità del mago. La strega si eradileguata all'istante per paura che la folla, abbrutita dalla pe-danteria, le si rivoltasse contro.

Matelandia non aveva più un GAM - Grande Alchimista Mate-matico. I matelandesi acclamavano il mago, che fingeva dischermirsi (ma dentro di sé gongolava, felice come Peppa Pigin una pozzanghera di fango). La fata era stata nominata GCM,Grande Consigliera Matematica, in tutto e per tutto un altroGAM. Ma i problemi non erano finiti. Come tutti i fenomenioscillatori descritti in sviluppo di Fourier mediante serie di senie coseni, anche il triste periodo del governo della strega era

destinato a essere seguito da un periodo di rinascita, umana eculturale. Ma come darvi inizio?Occorreva, intanto, vigilare per non cadere nelle grinfie dei se-guaci della strega che ancora, di nascosto, giravano in città, co-municando impunemente con sistemi crittografici a chiavepubblica RSA. I loro messaggi avevano diabolici effetti subli-minali, in grado di far cadere nuovamente le persone nellostato di torpore che aveva permesso alla strega di perpetrareil proprio inganno, spacciando per complesse informazionielementari e creando uno stato di confusione tale da nonpoter più consentire di distinguere il vero dal falso.

I cittadini risvegliati, va detto, non si lasciavano ingannare fa-cilmente, ma applicavano un atteggiamento critico di fronte almatematichese, ponendosi dubbi legittimi e formulando ipo-tesi sensate. Non c'erano più noiose lezioni frontali, ma assem-blee partecipate come laboratori di indagine, in cui i problemivenivano posti e risolti collettivamente con un metodo scien-

Induzione, esaustione, tassellazione!!!

118 a Matelandia

di SILVIA BENVENUTI e GILBERTO BINI

“Che incubo la Matematica!”: quante volte l’abbiamo sentito dire a grandi e bambini! Sequesta è la visione diffusa nella realtà di tutti i giorni, proviamo invece a immaginare unmondo in cui la Matematica interviene – come un favoloso 118 – per affrontare i disturbicausati da una sua applicazione limitata e distorta. Questo è il regno di Matelandia, isolafantastica che ci ha accompagnato fino alla fine del 2013

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tifico rigoroso ma sfizioso. Il mago partecipava alle assembleecome spettatore. Registrava le conclusioni e interveniva per ti-rare le fila; veniva ascoltato con molta attenzione perché,dopo le discussioni laboratoriali, occorreva quel fondamenta-le punto di vista esterno che dà una visione d'insieme, piùampia di quella dei singoli. Anche la fata partecipava in quan-to consigliera, prendendo appunti sul suo taccuino a secondadell'ispirazione matematica.

Ma era chiaro che i matelandesi anelavano a qualcosa di piùche non al ritorno della democrazia. Un desiderio dell'ineffa-bile, di quel qualcosa di impalpabile che pervade la vita di ognigiorno e le dà significato. Un senso delle azioni più banali:come, e dove, trovarlo? Una risposta a inquietanti domandeesistenziali: verso cosa, verso dove?

Un giorno, il mago e la fata passeggiavano sulla riva di unlago, cercando conchiglie a spirale logaritmica e sassolini diforma irregolare. Trovatone uno piatto, la fata lo tirò nellago, creando un onda che ne turbò la tranquillità. L'effettoera quello dato da cerchi, contenenti ciascuno il precedente,che riempivano tutta la superficie lacustre. A quella vista, ilmago esclamò: «Esaustione... Esaustione in compatti... Esau-stione all'infinito», come se la superficie del lago non fossedelimitata dalle rive, ma si estendesse oltre il confine dell'o-rizzonte. «Cosa stai dicendo, chiocciolino mio?», cinguettòlei, osservando perplessa l'espressione inebetita dell'amato.«Svagella», pensava. «Sei stato così impegnato» riprese mel-liflua «riposarti non ti farebbe male». Lui non l'ascoltava af-fatto. Assorto nei suoi pensieri, continuava a ripetere quellaparola: “Esaustione”!

Dopo aver passeggiato a lungo, si fermarono davanti a un pa-lazzo molto antico. Esitarono prima di entrare: il mago, conla tunica sbrindellata dopo la battaglia con i selgiudichi, rite-neva infatti di non essere abbigliato in modo adeguato. «Mafigurati!» lo esortò lei sistemandosi le calze smagliate, «nonlo vedi che non c'è nessuno?», e lo prese per mano decisa, co-stringendolo a entrare. Si ritrovarono in un cortile magnifico,piastrellato con mattonelle di maiolica e gres, a formare mo-tivi geometrici mozzafiato. Lei era rapita, mentre lui osserva-va attentamente. C'erano elementi che sembravano ripetersinel disegno: il dominio fondamentale, minima regione dallaquale tutto si può ricostruire con simmetrie e rotazioni. E ilripetersi del dominio stordiva, come se la ripetizione avve-nisse indefinitamente. «Tassellazione... pmm, pgg, cmm... tas-sellazione», commentò il mago. La fata si girò verso di lui eproruppe «Ti sei messo a balbettare ora... pgg, cmm e maga-ri p4g!». Scosse il capo «È ora di andare a casa e prendersi unbel periodo di riposo», chiosò, cercando il termometro inuna delle sue cento tasche.

Sulla strada per casa, furono distratti dalle grida di bambini im-bizzarriti: «ancora uno, ancora uno!». Incuriositi, si giraronoverso lo spiazzo antistante e si trovarono di fronte a uno spet-tacolo magico: più di 7.000 parallelepipedi, come tessere di undomino, erano disposti lungo una curva non intersecantesi enon chiusa. La prima tessera era stata spinta; una dopo l'altra,le successive cadevano sotto gli occhi estatici e le grida degliastanti. Erano 7.000, ma avrebbero potuto essere 100.000, unmilione, un miliardo, dodici fantastiliardi! «Induzione... princi-

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pio di induzione!», strillò il mago tutto rosso in viso, senza di-stogliere lo sguardo dal gioco dei bimbi. «Induzione... e chec'entra adesso?» sbottò la fata. «Andiamo, prima che ti pren-dano per un pedofilo», concluse indispettita.Una volta a casa, il mago non riusciva a togliersi dalla mente glieventi del pomeriggio: prima l'esaustione, poi la tassellazionee, infine, l'induzione. Che cosa avevano in comune quei tre pro-cessi? In ciascuno era come se qualcosa si ripetesse non una,non due, bensì tante, tantissime volte. «Esaustione, tassellazione, induzione», ripeteva assorto. «Casomai induzione, esaustione, tassellazione... non suonameglio?» propose la fata, succhiellando il suo Daiquiri superal-colico.«A parte il suono, che cosa hanno in comune?» chiese il magocon un filo di fastidio. «Vediamo... la rima, direi...» arguì la fata, porgendogli un castoVirgin Mohito. «Da un punto di vista matematico, intendevo», la rimbrottò lui,ormai apertamente infastidito - senza che questo gli impedis-se di tracannare il suo cocktail tutto d'un fiato. «L'infinito, che altro» sentenziò lei. «Ripeti!», chiese il mago, appena si fu ripreso dall'attacco ditosse successivo all'inopportuna immissione di menta e zuc-chero direttamente in trachea. «Che altro» fece la fata.«Ma no, prima di "che altro"», disse lui, nel cui sguardo si leg-geva chiaramente «che rimbambita, oibò».«L'infinito», disse lei.«Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?!», esclamò.«Tesoro, sei un genio!», aggiunse sbaciucchiandola, in preda atotale sdoppiamento della personalità. «Questo è un dato di fatto, ma perché l'infinito ti esaltatanto?», chiese la fata, allontanandolo con palese fastidio.«Non è facile cogliere la sua essenza. Sfugge ai più. Ma se nepuò avere una pittura mentale. Nell'esaustione, l'insieme deiraggi costituisce un insieme infinito: per quello sembra che icerchi si espandano all'infinito. L'induzione funziona perchésotto c'è l'insieme dei numeri naturali, anch'esso infinito. E latassellazione è una visualizzazione geometrica dell'infinito: glielementi con cui si ripete il dominio fondamentale apparten-gono a un gruppo infinito».«Hai ripetuto "infinito" così tante volte che mi è venuto il maldi testa... stordisce solo a sentirlo nominare», disse lei confusa.«Non essere prevenuta. Riscoprire l'infinito (tiè, te lo dicoun'altra volta) apre gli orizzonti verso la consapevolezza dimolti processi: i limiti, le serie, l'esaustione, l'impacchettamen-to, la tassellazione, la dualità, l'induzione, le successioni. L'esi-stenza dell'infinito dà, per antitesi, senso agli insiemi finiti.»«Uff, che noia, che barba, che barba, che noia!» obiettò la fata. «Vediamo, allora, che differenza c'è tra l'infinito e il finito?»chiese il mago.«Boh... il prefisso "in"... forse?!» esitò lei.«Se fosse come dici tu, oltre all'induzione ci sarebbe la "duzio-ne"» rise lui, pensando «dolce sciocchina mia!».«Spiritoso» si accigliò lei.«Ricominciamo: che differenza c'è tra finito e infinito?» insi-stette lui.«Be',» farfugliò la fata «se un insieme è finito, puoi contarne glielementi, mentre se un insieme è infinito no... a meno che...» «A meno che contare non voglia dire mettere in corrispon-denza biunivoca», proseguì lui.

«Stai dicendo che un insieme ha tanti elementi quanti ne ha unaltro se esiste una corrispondenza biunivoca tra i due», se neuscì lei, orgogliosa della sua reminiscenza scolastica.«Perfetto... hai colto nel segno», annuì lui, dicendo tra sé «unpo' naif, ma tutto sommato non è da buttar via».«Ah, ora mi ricordo... un insieme è infinito se ha tanti elemen-ti quanti un suo sottoinsieme non banale», recitò la fata. «Mache vuol dire?!?», sbracò subito dopo, mordicchiandosi l'un-ghia dell'alluce destro, segno inequivocabile di nervosismo.«Non è affatto facile spiegarlo; per questo la prendiamo comedefinizione. In sostanza, se un insieme è finito, ogni suo sot-toinsieme non banale ha meno elementi di lui. Quando ciònon si verifica, l'insieme è infinito.» chiarì lui. «Ah, ecco, ora è tutto chiaro», disse lei ironica.«Pensa a una retta e a un suo segmento privo degli estremi.Sono in corrispondenza biunivoca, così la retta ha tantipunti quanto il segmento aperto. Un effetto matrioska»disse il mago.«E perché sono in corrispondenza biunivoca?» domandò lafata, alluce sinistro a portata di denti.«Perché esiste una funzione biiettiva tra i due; se ne può scri-vere una formula esplicita... ad esempio, usando la tangente»,suggerì lui.«Tangente?! Da me non scucirai un soldo per attività illecite»,disse lei fiera.«Ma no, la funzione trigonometrica!», rassicurò il mago.«Seno su coseno... ah, volevo solo mettere le cose in chiaro...ma forse ero partita per la tangente», sghignazzò la fata.«È scema, c'è poco da fare». «Ma no, è una battuta, che simpa-tica la mia cucciolotta». «L'amore è sordo, caro mio» si alter-narono in rapida successione le due personalità di Mago Rigo-re.«Il finito è tale perché tutti i suoi sottoinsiemi non banalihanno meno elementi dell'insieme. L'infinito è tale quandoquesta proprietà non si verifica», concluse.«Uhm... mi è venuta un idea», saltò giù dal divano la fata. Escrisse al computer INDUZIONE, ESAUSTIONE, TASSELLA-ZIONE a caratteri cubitali. Accanto riportò il disegno di unadonna che teneva con le mani un medaglione. Dentro al me-daglione una donna che teneva con le mani un medaglione,e così via. Sopra, un otto sdraiato, simbolo dell'infinito.Chiamò il mago per mostrargli il disegno: «Beccati questa»,disse mago innamorato a mago critico. «Ok, mi arrendo» ca-pitolò quest'ultimo.Fata Kreattiva e Mago Rigore, finalmente riunificato, deciserodi replicare il disegno in poster da appendere in tutta la Re-pubblica.

E fu festa per le strade di Matelandia. Una vera festa con zuc-chero filato, che prima di mangiarlo poteva essere deformatoin mille solidi, con aquiloni a losanga e a otto, che si libravanoin cielo, e con coni gelati, serviti con porzionatori di forma po-liedrica. I cittadini di Matelandia acquistarono una nuova con-sapevolezza e, come in tutte le fiabe che si rispettino... visseroper sempre felici e contenti!

Con questo numero, liberata Matelandia da StregaPedante e tornata per le strade la prosperitàmatematica tipica di un Paese finalmente guarito, siconclude la storia 118 a Matelandia.

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a tutto Volume

a cura di DANIELA DELLA VOLPE

8 agosto 1925.Sette giovani accademici che lavorano in Germania siimbarcano ad Amburgo per un viaggio che si aspetta-no come molto impegnativo: un trekking in Islanda, l’i-sola misteriosa, l’Ultima Thule di cui già aveva scrittoPitea nel IV secolo a.C. Questo libro è il diario di unodi loro, Emil Artin (1898-1962), che, pur essendo unadelle figure più importanti nella storia dell’algebra delventesimo secolo, qui appare in una veste a priori deltutto differente. È la veste di un uomo interessato allescienze in senso generale (non a caso, proprio all’Uni-versità di Amburgo, dove da pochi mesi è diventatoprofessore associato di matematica, insegnerà anchemeccanica e teoria della relatività) e alla geologia inparticolare, dunque all’Islanda, con i suoi vulcani, isuoi geyser e i suoi ghiacciai.Così questo non è un libro di matematica, ma solo unlibro che appartiene al filone molto particolare dellaletteratura di viaggio. Piacerà certamente a chi ama l’I-slanda; ma perché ne parliamo qui, fra testi legati inqualche modo alla matematica? Il motivo è semplicee sta nello sguardo che esso ci permette di gettare sulmodo di operare sull’ampiezza della sua curiosità esulla ricchezza della sua capacità di “vedere” – di ungrande matematico nel periodo più creativo della suabrillante carriera.

Simonetta Di Sieno

Emil Artin’s Iceland Journal 1925Edited and annotated by Tom ArtinFree Scholar Press, 2013

Brian Cox e Jeff ForshawL’universo quantistico svelato(e perché non cadiamo attraverso il pavimento)Hoepli, Milano 2013

Giovanni FilocamoIl matematico continua a curiosareDall’algebra della pizza alla formula del cacciaviteKowalski, Milano 2013

Georg Glaeser e Konrad PolthierImmagini della matematicaRaffaello Cortina, Milano 2013

Goran GrimvallFacciamo due contiCorso accelerato per usare i numeri in modointelligenteDedalo, Bari 2013

Alfred Posametier e Ingmar Lehmann I (favolosi) numeri di FibonacciBulgarini, Firenze 2013

Tom Jackson (a cura di)MatematicaUna storia illustrata dei numeriRizzoli, Milano 2013

Flavio OreglioLa rivoluzione degli arabiSalani, Milano 2013

Ian SampleHiggs e il suo bosoneLa caccia alla particella di DioIl Saggiatore, Milano 2013

Chris WaringDare i numeriLa matematica che non vi hanno mai raccontatoDe Agostini, Milano 2013

nuovi in libreria

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a tutto volume

Siamo abituati a pensare alla storia come allastoria delle civiltà nate sulle sponde del MarMediterraneo, civiltà urbane sostanzialmenteindipendenti fra di loro e, fino a dopo il Me-dioevo, senza contatti né con le civiltà natesulle sponde dell’Indo, né con quelle nate aldi là dell’oceano, la cui evoluzione si è com-piuta “seguendo leggi universali che hannodeterminato le stesse fasi di sviluppo”. Ora, questo libro propone una lettura diffe-rente di ciò che sarebbe successo. L’autore visostiene infatti – sia pure con quella pruden-za e quell’onestà intellettuale che sono indi-spensabili quando si propongono cambia-menti di paradigma di grande portata e cheinvece non sempre sono adoperate dai soste-nitori di tesi “rivoluzionarie” – che ci sonoelementi nuovi che permettono di immagina-re la storia dell’umanità come un’unica storiafortemente connessa, nella quale la presenzadi una fitta rete di relazioni fra i popoli impe-disce di credere che le varie culture si sianosviluppate in maniera indipendente e auto-noma l’una dall’altra: non tante storie paral-lele ma una sola storia unitaria.Gli elementi di novità vengono, in primaistanza, da recenti scoperte archeologiche, lacui presentazione è discussa nella prima partedi questo volume. Nella seconda parte, inve-ce, si parla soprattutto del grossolano erroredi conto compiuto da Tolomeo nel II secolod.C., quando “rimpicciolì” la Terra rispetto

alle misure molto precise fornite quattro se-coli prima da Eratostene. La causa di tale er-rore viene qui attribuita alla perdita delleinformazioni sull’estensione delle terre cono-sciute, e in particolare sull’esistenza di terre aldi là dell’oceano, che sarebbe seguita al “col-lasso culturale” del mondo mediterraneo do-vuto, a metà del II secolo a.C., alla distruzionedi Cartagine da parte dei Romani. Questi ave-vano lasciato sopravvivere ben poche traccedella civiltà cartaginese: in particolare, aveva-no cancellato tutte le acquisizioni che eranostate raggiunte nell’ambito della navigazionee le informazioni sulle popolazioni che vive-vano al di là delle colonne di Ercole. Si perse così ogni traccia delle trame che ave-vano legato il nostro Vecchio Mondo a tuttoil resto e che solo adesso sembrano riaffiora-re qua e là. Trame che sembrano suggerireche prima della decadenza scientifica gene-rale legata alla conquista romana del MareNostrum ci sia stato un insospettato grado diinterdipendenza delle diverse civiltà: esse sisarebbero quindi sviluppate con caratteristi-che di impredicibilità e di causalità che asso-migliano da vicino a quelle dell’evoluzionebiologica.Una tesi interessante ma, soprattutto, un bellibro, affascinante e coinvolgente, scritto inuna bella lingua e su cui vale la pena di torna-re a riflettere.

sds

L’America dimenticataI rapporti tra le civiltà e un errore di TolomeoLucio RussoMondadori 2013

Daniela Della VolpeLaureata in Matematica, lavora nell’ambitodella comunicazione scientifica dal 2005,quando ha iniziato a collaborare con il Centromatematita. Ultimamente, si occupa anche divari progetti nell’ambito dell’editoria scientifi-ca e scolastica, in veste di autrice e redattrice,e della traduzione di testi stranieri. [email protected]

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i giochi dei canguri

di ANGELO LISSONI

Le gare di matematica hanno unacompagna inglese

Nel 2005, durante il Convegno mondiale di Kangourou chesi stava svolgendo a Sofia, in Bulgaria, i colleghi rumeni pro-posero ai responsabili internazionali di estendere la gara“matematica” ad altre discipline presenti nei vari curriculascolastici: l’informatica e le lingue straniere, per comincia-re.Così, al mio ritorno, mi recai dal Direttore del Dipartimen-to di Anglistica dell’Università degli Studi di Milano perchiedergli un consiglio sui possibili obiettivi da assegnare auna gara di questo tipo e sulle sue possibili modalità disvolgimento.Scoprii che esiste per le lingue straniere un Common Euro-

pean Framework (CEF) dove sono codificate tutte le abilitàe le conoscenze richieste per superare dei livelli pre-fissatie che le certificazioni di livello sono molto diffuse nellescuole europee. In particolare, la scuola italiana si era giàindirizzata verso le certificazioni richiedendo il raggiungi-mento del livello A1 al termine della scuola primaria, del li-vello A2 al termine del ciclo della secondaria di primogrado e così via. Per sperare di costruire delle competizioni che fosserobuone almeno come quella di matematica e altrettantoutili per studenti e docenti, mi è sembrato necessariol’intervento di un partner scientifico, riconosciuto dalMIUR e noto all’estero, che curasse sia la stesura dei testiche le certificazioni CEF. Per le prime quattro edizioni, ilnostro partner è stato il “British Institutes”, per le succes-sive due è stata la “Camera di Commercio e Industria diLondra” (LCCI); ora, a partire dall’edizione 2013/2014, ilnostro partner è diventato il “Cambridge English Langua-ge Assessment” che fa riferimento all’Università di Cam-bridge.

Ecco come funziona la gara. • I concorrenti sono divisi in 4 categorie: JOEY per i bambinidella scuola primaria, WALLABY per i ragazzi della scuola secon-daria di primo grado, GREY KANGAROO per gli allievi del bienniodella scuola secondaria di secondo grado, RED KANGAROO per glistudenti del triennio della scuola secondaria di secondo grado.• La competizione si articola in tre fasi: una prima selezio-ne che si volge nelle scuole e nella quale le abilità testatesono listening e reading; le semifinali, per i migliori dellaprima selezione, che si svolgono presso i centri AISLi (Asso-ciazione Italiana Scuole di Lingue) e nelle quali le abilità te-state sono listening e reading; la finale nazionale a Mirabi-landia in cui le abilità testate sono listening, reading,speaking e composition.• I livelli richiesti ai concorrenti sono i seguenti: per i JOEY,si parte da A1 nella prima fase, poi si passa ad A1/A2 per lasemifinale e ad A2 per i finalisti; per i WALLABY, si parte daA2 nella prima fase, poi si ha A2/B1 alla semifinale e B1 peri finalisti; per i GREY KANGAROO si ha B1 nella prima fase, poiB1/B2 alla semifinale e B2 per i finalisti; infine, per i RED

KANGAROO, si parte da B2 nella prima fase, poi si ha B2/C1alla semifinale e si arriva a C1 per i finalisti. (L’innalzamen-to del livello con il procedere della competizione è statosuggerito dalle esperienze delle prime edizioni, che hannovisto finalisti di grande competenza. Per ogni categoria, aivincitori della gara finale e al docente responsabile dellaloro scuola viene riservato un viaggio studio in un paese an-glosassone offerto da Master Studio, mentre tutti i finalistiche superano le prove ricevono la certificazione corrispon-dente del “Cambridge English Language Assessment”).

In bocca al lupo a tutti!!!!

Sul sito www.kangourou.it sono disponibili dei sillabi che descrivono le caratteristiche di ogni li-vello e alcuni esempi di prove prodotte dal “Cambridge English Language Assessment”.Il modello italiano di gara “Kangourou della Lingua Inglese” è per il momento isolato rispetto aquanto fanno altri Paesi, dove il CEF e le certificazioni non sono i principali obiettivi. Tuttavia laRomania, la Bulgaria e l’Ungheria hanno chiesto di incontrare Kangourou Italia e il Cambridge En-glish Language Assessment già nei prossimi mesi, per vedere se sia possibile riorientare la loro garadi Lingue.

Per allenarsi e non solo

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di LEONARDO GARIBOLDI

La misura dell’accelerazione di gravitàtra storia e didattica

L’insegnamento della fisica, sia a scuola, sia all’università,inizia solitamente con la meccanica, intesa oggi come lostudio del moto dei corpi. Sia nella parte introduttiva,dedicata alla descrizione matematica del movimento (lacinematica), sia in quella successiva, dedicata allo studiodelle cause del movimento (la dinamica), si affronta sem-pre un caso particolare: la caduta di un grave sotto l’azio-ne della forza di gravità. Se trascuriamo aspetti raffinaticome la deviazione verso est causata dalla rotazione ter-restre, possiamo affermare che in prima approssimazioneun grave puntiforme (ad esempio una piccola sfera di me-tallo) cade con un moto accelerato uniforme secondo lalegge oraria

[1]

Per comodità si può assumere che la posizione inizialesia considerata come la posizione di riferimento (quindix0 = 0) e che il corpo inizi a cadere partendo da fermo(quindi v0 = 0). Il moto di caduta viene così a essere de-scritto da una semplice relazione matematica:

[2]

Una conoscenza completa del moto di caduta richiede aquesto punto la conoscenza del valore di quella g checompare nella formula, e che chiamiamo accelerazione di

gravità.

Come misurare g? Nel libro di fisica potrete leggere cheg vale grosso modo 9,81 m/s2. Sembra un numero inno-cuo, facile da misurare… ma così non è! Usando la formu-la [2], possiamo costruire una ta-bella per vedere dove si trova ilnostro grave a ogni secondo (èquella qui a destra).Già nel primo secondo di cadu-ta, il nostro grave ha percorsoquasi 5 m. Dopo 2 s si trova aquasi 20 m dal punto di parten-za! Decisamente quel 9,81 m/s2

non è un valore innocuo come sembrava a prima vista.Non possiamo pensare di misurarlo facilmente facendo

cadere dei gravi e misurando la loro posizione a ogni se-condo.

I metodi più comuni di misura di g richiedono di rallenta-re in qualche modo la caduta del grave e di ricavare g daivalori misurati di altre grandezze più semplici da misura-re. I metodi classici sono due (ma se ne possono idearetanti altri):

a) si può usare un pendolo. In prima approssimazione, ilperiodo di oscillazione di un pendolo semplice è datodalla relazione

da cui si ricava g come:

[3]

Un pendolo con un filo lungo circa 1 m oscilla con un pe-riodo di circa 2 s. Si può misurare facilmente la lunghez-za del filo con un metro a nastro e una precisione inferio-re al millimetro, e con un cronometro si possono faretante misure di N periodi (ad esempio 50 misure di 10oscillazioni) ottenendo il valor medio del periodo conuna precisione inferiore al centesimo di secondo.

b) Si può usare un piano inclinato. Se il piano inclinato ha unangolo di pendenza i, l’accelerazione di caduta è a = g sini,da cui si ricava g come:

[4]

Occorre avere un piano inclinato con una scanalatura ilpiù possibile liscia, lungo la quale far scivolare una sferet-ta di metallo. Sul bordo del piano inclinato si traccianodelle linee perpendicolari alla scanalatura, che distano dalpunto di partenza come i quadrati dei numeri interi: adesempio, la prima a 1 dm, la seconda a 4 dm, la terza a 9dm, ecc. Ogni linea viene assegnata a uno studente con uncronometro. Quando si dà il via, la sferetta inizia a cade-re, e tutti i cronometri vengono azionati; ogni studentepoi ferma il proprio cronometro quando la sferetta tran-

le isole del sapere

t (s) x (m)

0 0

1 4.91

2 19.62

3 44.15

4 78.48

x(t) = x0 + v0t – gt2.12

x(t) = – gt2.12

g = 4r2 .

1g

1T2

:T = 2r ,

g = .a

sini

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sita per la linea corrispondente. Dai tempi misurati (in ge-nere con la precisione del decimo di secondo) e dalle po-sizioni (al millimetro) si può determinare l’accelerazionedi caduta a, e con questa, usando la [4], si calcola g.

Le misurazioni con il pendolo permettono risultati piùprecisi, per cui questo metodo è stato preferito nei seco-li passati per la misura di g in varie località della Terra. Ilvalore di g non è lo stesso ovunque, ma dipende da doveci troviamo. Due cause principali concorrono a variare ilvalore di g:1) l’altitudine; più alta è la quota alla quale ci troviamo epiù lontani siamo dal centro della Terra, per cui g avrà unvalore minore che al livello del mare;2) la latitudine; più alta è la latitudine (cioè quanto più ciavviciniamo ai poli) e più vicini siamo al centro dellaTerra, per cui g avrà un valore maggiore che all’equatore.

Proprio la variazione di g in relazione alla latitudine fualla base di una grande discussione che divise la comunitàscientifica all’inizio del Settecento. C’erano due modelliconcorrenti di meccanica: la meccanica di Newton, cheprevedeva che la Terra avesse una forma schiacciata aipoli, e la meccanica di Cartesio, che prevedeva che laTerra avesse una forma oblunga. Per dirimere la questio-ne occorreva misurare la forma della Terra. L’Accademiadelle Scienze di Parigi, con il sostegno di Luigi XV, orga-nizzò, nel 1735, due spedizioni, una in Lapponia e una inEcuador. La spedizione in Lapponia era guidata da Pierre-Louis de Maupertuis e da Anders Celsius, mentre la spe-dizione in Ecuador comprendeva scienziati francesi e spa-gnoli del calibro di Charles-Marie de la Condamine ePierre Bouguer. La misura della differente curvatura dellaTerra nelle due regioni richiedeva anche la misura di g

con pendoli. Dopo anni di misurazioni, nel 1739 si potéaffermare che la Terra è effettivamente schiacciata aipoli e più rigonfia all’equatore, come descritto nell’operafondamentale di Bouguer, La figure de la Terre del 1749.La meccanica di Newton aveva vinto sulla meccanica diCartesio.Nel corso del Settecento e dell’Ottocento si continuò afare misurazioni di questo tipo per conoscere al meglio laforma della Terra (il cosiddetto geoide), anche nelle sueirregolarità. Soprattutto in Germania si svilupparononuovi tipi di pendolo (come il pendolo reversibile di

Kater) e i geofisici tedeschi riuscirono a migliorare la pre-cisione nelle misure di g, portandola, alla fine dell’Otto-cento, al valore di 0,001 cm/s2. Il sistema di gravità diPotsdam divenne così quello di riferimento in tutto ilmondo.

Restava però irrisolto un enorme problema. La Terra è perdue terzi coperta da acqua. Su una nave soggetta a rollio,beccheggio e imbardata è difficile, se non impossibile(quando il mare è mosso), effettuare misurazioni con unpendolo o con un piano inclinato. La conoscenza dellaforma del geoide era quindi fortemente incompleta! Ilgrande geodeta tedesco Friedrich Helmert lo riconobbenel 1894 alla conferenza di Innsbruck della Commissionepermanente della misura internazionale della Terra: “Algiorno d’oggi siamo nell’ignoranza più completa riguardol’intensità della gravità sulla superficie degli oceani. Solo

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le isole del sapere

quando saremo riusciti a procurarci dei dati dettagliati atale proposito, potremo rendere conto in modo suffi-ciente delle irregolarità del geoide”. Spinta da Helmert, laCommissione decise di dedicare più del 50% del suo bud-get a finanziare ricerche di strumenti per misurare la gra-vità a bordo di navi.

La soluzione era già stata proposta, ma poco sviluppataprima della conferenza di Innsbruck, e passava per unostrumento che si utilizzava per tutt’altre misure: il baro-metro. Il classico barometro di mercurio misura la pres-sione atmosferica. La posizione del mercurio nel barome-tro dipende anche dalla temperatura e dall’accelerazionedi gravità, ma il loro contributo è coperto in modo pre-ponderante da quello dalla pressione. Chiudendo però inmodo opportuno un barometro a mercurio, questo nonpuò più misurare la pressione e si limita a misurare latemperatura e l’accelerazione di gravità. Si può evitarel’effetto della temperatura immergendo questo barome-tro sigillato in un bagno termostatico. Confrontando lemisure di pressione effettuate con barometri a mercurio,con quelle effettuate con barometri il cui funzionamentonon dipende da g, si possono osservare piccole differen-ze che con un’opportuna analisi possono essere ricondot-

te al valore di g. Soprattutto l’assistente di Helmert,Oskar Hecker, compì nei primi anni del Novecento nume-rosi viaggi attraverso gli oceani per misurare g in numero-se località, permettendo così la conoscenza di g anchesulla superficie degli oceani e insieme, la conoscenzadella forma del geoide. Il problema di non poter utilizza-re il pendolo sui due terzi della superficie terrestre fucosì risolto.La conoscenza del geoide è di fondamentale importanzaper la navigazione aerea. Grazie alle misure fatte da satel-lite, il geoide è oggi conosciuto sempre meglio. Dal 1984si usa il sistema geodetico di coordinate geografiche

WGS84, utilizzato per il sistema GPS di navigazione satel-litare. Attualmente il sistema WGS84 sfrutta un modellomatematico, il modello geopotenziale terrestre EGM96.Entrambi sono stati rivisti nel 2004.

Leonardo Gariboldi È ricercatore in Storia della fisica pressol’Università degli Studi di Milano e membrodel consiglio direttivo della European Societyfor the History of Science. Si occupa di Storiadella fisica del XX secolo e di Storia dellastrumentazione scientifica. [email protected]

Ignorando l’infelice espressione “rotonda” – chenon si sa mai se si riferisce a una sfera o a un piat-to tondo – possiamo considerare in prima appros-simazione la forma della Terra come sferica, essen-do la sfera una forma geometrica ideale che risultòmolto attraente per i filosofi della natura fin dal-l’antichità greca. Isaac Newton dedusse dalla suameccanica che la Terra, a causa del moto di rotazio-ne attorno al suo asse, doveva essere una sferaschiacciata ai poli, cioè uno sferoide oblato. Le mi-sure fatte a partire dal 1738 hanno mostrato cheeffettivamente il raggio equatoriale è più lungo delraggio polare di ben 21 km. La Terra però non èproprio uno sferoide oblato: pensiamo solo a comeè irregolare la superficie delle terre emerse dalleacque con valli, pianure e montagne! Decisamentenon è una superficie approssimabile a quella di unosferoide. Le cose vanno meglio se ignoriamo la su-perficie delle terre emerse per concentrarci suglioceani che, in fin dei conti, costituiscono ben dueterzi della superficie della Terra. Se la Terra fossetutta sommersa dalle acque, la superficie di que-st’unico oceano sarebbe quella di uno sferoideoblato? Ancora no! La materia che costituisce laTerra non è distribuita uniformemente. Di conse-guenza, se ci mettessimo su un parallelo (cioè a la-titudine costante) potremmo vedere che la distan-za della superficie di quest’oceano dal centro dellaTerra sarebbe diversa a seconda della località –mentre con uno sferoide la distanza sarebbe sem-pre la stessa e varierebbe solo con la latitudine.

Si preferisce, pertanto, parlare di geoide.Che cos’è quindi il geoide? È la superficie cheavrebbe l’ipotetico oceano; i suoi punti si trovereb-bero tutti allo stesso potenziale gravitazionale.La figura mostra la forma del geoide secondol’Earth Geopotential Model 1996 (EGM96) elabora-to dalla National Imagery and Mapping Agency incollaborazione con la NASA e la Ohio State Univer-sity. Come si vede dalla figura, appena a sud del-l’India il geoide si trova a 105 m sotto la superficiedello sferoide, mentre nell’Atlantico settentrionaleil geoide è a una quota di 85 m sopra lo sferoide.Sono distanze più piccole dei 21 km di differenzatra raggio equatoriale e raggio polare, ma sono co-munque importanti per la conoscenza del nostropianeta e per il moto dei satelliti in orbita attornoad esso.

Il geoide

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Nei mesi scorsi ha suscitato enorme scalpore la colossale ope-razione di sorveglianza operata dalla National Security Agencydegli USA per garantire la sicurezza nazionale. Colorate mappemondiali, pubblicate dai giornali di mezzo mondo, hanno resodi pubblico dominio il grado di controllo su dati e informazio-ni che riguardano nazioni ad alto rischio di terrorismo, comePakistan e Iran, ma anche tante altre nazioni, a minor rischio. La strategia di vigilanza prevede l’uso di vari strumenti, tra cui ilBoundless Informant che, alla stregua di un Google Maps, tradu-ce centinaia di miliardi di dati sul traffico telefonico in mappedinamiche in cui le gamme di colore rendono subito evidentiflussi di informazioni, traffici in ingresso/uscita da/verso unpaese, trend di crescita/decrescita di una specifica area geogra-fica. In rosso le aree più controllate, in verde quelle meno.È un esempio eclatante di un fenomeno di più ampia portatadegli ultimi anni, diffuso nei più diversi campi di applicazione.Stiamo parlando dell’infografica, ovvero della rappresentazio-ne visuale di dati – statica (immagini) o dinamica (video, mappeinterattive) – al fine di rendere rapidamente comprensibiliinformazioni complesse (per quantità e qualità), sia ai profes-sionisti, sia ai non addetti ai lavori.L’infografica non è certo un’invenzione dei nostri tempi; al con-trario, la tentazione di tradurre visualmente delle informazionirisale a un lontano passato, difficile da precisare. Basti pensareche la stessa scrittura si è originata da simboli visuali. Oggi, però, molti fattori la rendono protagonista di uno svilup-po formidabile: la crescente raffinatezza degli strumenti grafi-ci e video; il diffuso utilizzo nell’editoria web, video e cartacea;la versatilità e l’usabilità di applicativi, alla portata di tutti. Nonultimo, l’uso comune, anche grazie ai social network.Uno “storico” esempio di infografica è il celebre messaggio in-ciso su una placca lanciata con la sonda Pioneer 10 nel 1972

verso le regioni più esterne del Sistema Solare: le immagini sti-lizzate di un uomo e una donna, con altri simboli, sarebberovalse come un tentativo di comunicazione del genere umanocon un’eventuale intelligenza extraterrestre.Ma è tutta la ricerca scientifica di frontiera che si serve del-l’infografica. In astronomia e in fisica delle particelle elemen-tari è strumento prezioso per simulare processi, come le inte-razioni tra galassie o le collisioni di particelle, altrimenti nonvisualizzabili. Una delle immagini scientificamente più signifi-cative, poi, viene dalla cosmologia: è la mappa del fondo co-smico a microonde ottenuta con i dati della missione Planck(http://spaceinimages.esa.int/Images/2013/03/Planck_CMB), che mostrano l’universo quando aveva “solo” 380.000anni ed era la culla delle future stelle e galassie che possiamoosservare. In biologia, tra gli infiniti esempi possibili, c’è unprogressivo affinamento della rappresentazione dell’alberodella vita, che esprime le relazioni evolutive tra tutti gli esse-ri viventi. Una versione, anche interattiva, si trova ad esem-pio sul sito dell’European Molecular Biology Laboratory(http://itol.embl.de/itol.cgi).Se pensiamo che si stima che circa l’80% delle risorse del no-stro cervello siano dedicate a processare informazioni visive, ri-sulta subito chiaro il potenziale intrinseco dell’infograficacome modalità di comunicazione, informazione, educazione.Ed è anche un’ottima occasione per le scienze tradizionalmen-te più ostiche, come la fisica e la matematica, per riscattarsidall’accusa di essere asettiche e distanti: risponde al desideriodei ricercatori di comunicare in modo creativo contenuti scien-tifici e risponde al desiderio dei non esperti di ricevere infor-mazioni comprensibili e accattivanti.

popcorn e celluloide

Antonella TestaHa conseguito la laurea in Fisica e il dottorato in Storiadella Fisica; si occupa di storia della scienza, storia dellastrumentazione fisico-astronomica e di comunicazionescientifica presso l’Università degli Studi di Milano. Cura ecollabora a iniziative di diffusione di cultura scientifica tracui, dal 1997, il festival del film e del documentario scien-tifico Vedere la Scienza Festival, di cui dirige il [email protected]

a cura di ANTONELLA TESTA

La creatività al servizio dei dati scientifici: le infografiche

Messaggio a un’eventuale intelligenza extraterrestre

La mappa del fondo cosmico a microonde

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“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo…”

Giacomo Leopardi L’infinito

In qualche momento del suo corsouniversitario di Algebra, invariabil-mente, Lucio Lombardo Radice citavaquesti versi leopardiani. La citazioneera giustificata certamente dallastraordinaria bellezza e suggestionedel componimento poetico; ma anche– in fondo la citazione avveniva pursempre all’interno di una lezione dimatematica! – dalla consapevolezzache la letteratura, oltre ad aiutarci(come sanno i lettori di XlaTangente) a“nominare” molteplici aspetti del farmatematica, può anche consentirci di“rileggere” in modo penetrante eprofondo alcune nozioni fondanti diquesta disciplina. In questo caso si tratta dell’infinito,con cui quasi ogni capitolo della mate-matica ha necessariamente a che fare(infiniti sono i più importanti insieminumerici, anche i meno “numerosi”, in-finiti sono i punti di una linea, sia purei punti di un brevissimo segmento,ecc.). Ebbene, Leopardi ci segnala chel’infinito (e potremmo chiederci: “La

a cura di GIULIANO SPIRITO

Le suggestioni dell’infinito

Con questa rubrica proviamo a tenderealcuni fili tra matematica e letteratura. Dauna parte rintracciando momenti in cui laletteratura ci racconta – con uno sguardoesterno, ma acuto e penetrante – checosa è la matematica, definendola inmodo a volte insolito o paradossale, masempre istruttivo e spesso illuminante perchi di matematica si occupa abitualmen-te. Dall’altra andando alla scoperta diquella produzione letteraria che dallamatematica mutua, e rielabora in modooriginale e imprevedibile, immagini, ideee suggestioni.

un gioco nell’aria

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matematica intera?”) è una costruzionedella nostra mente, qualcosa che “fin-giamo”, immaginiamo, nel nostro pen-siero; e questo, paradossalmente, avvie-ne con particolare intensità proprio nelmomento in cui percepiamo un confi-ne, un limite sensoriale, la siepe “che datanta parte… il guardo esclude”.

Diversamente descrive il nostro rap-porto con l’infinito un altro grandepoeta, Rainer Maria Rilke:

“Noi non abbiamo davanti mai, non

un solo giorno,

lo spazio puro dove si schiudono

a non finire i fiori. Sempre c’è mondo

e mai quel luogo-non luogo senza ne-

gazioni

puro, non sorvegliato, che si respira,

si sa infinito e non si brama.”

Rainer Maria Rilke ottava elegia delle Elegie Duinesi

Dunque, intrappolati nella concretez-za del mondo, non è dato a noi umani– dice Rilke – di incontrare l’infinito.Ma se non è l’esperienza, non è nean-che l’intelletto a consentirci la perce-zione dell’infinito (al contrario, l’infi-nito è semmai raggiungibile, come ilpoeta ci dice in un altro passo dell’e-legia, solo dall’inconsapevolezza del-l’animale o del bambino). Eppure, anche la diversa declinazionedell’infinito della poesia di Rilke sicolora di alcuni attributi (astratta pu-rezza, assenza di contraddizioni) cheentrano in qualche risonanza con i ca-ratteri degli infiniti della matematica.

Riflessioni non banali e istruttive,quelle sollecitate dai versi leopardia-ni e rilkiani; ma ci sono altri preziosi eintriganti contributi all’esame dellemolteplici sfaccettature del concettodi infinito, che provengono dalla let-teratura (e, in particolare, dalla poe-sia). Osserviamo, ad esempio, conquanta finezza il dialogo a distanzatra Catullo e Marziale getta luce suquel particolare infinito che è il nu-merabile (l’infinito dei numeri natura-li): a Catullo che, nel suo celeberrimo“Viviamo, mia Lesbia, e amiamo”, in-voca dalla sua amata molte volte

mille baci, risponde sapientementeMarziale:

“Dammi baci fitti, Diadumeno. “Quan-

ti?” dici.

Mi costringi a contare i flutti dell’O-

ceano

e le conchiglie sparse sulle spiagge del-

l’Egeo

e le api che vagano sul monte Cecropio

e le voci e gli applausi di un teatro

affollato,

quando d’un tratto il popolo vede il

volto di Cesare.

Non ne voglio quanti Lesbia, supplica-

ta, ne diede

all’arguto Catullo: pochi ne desidera

chi li può contare.”

MarzialeA Diadumeno

Si potrebbe dire che Marziale, congrande acutezza, ci avvisa che nonesiste un numero “grande” (nulla chesi possa contare, nella fattispecie), dapoter soddisfare il suo desiderio dibaci…. E noi potremmo “blindare” lasua tesi, dandogli un’adeguata vestematematica: un qualsiasi numero na-turale (fosse pure un miliardo di mi-liardi di miliardi...) è comunque pocae misera cosa, in quanto è maggioresolo di un numero finito di numerinaturali (i suoi predecessori) nellostesso momento in cui è invece ine-sorabilmente minore di un numeroinfinito di altri numeri (i suoi, appun-to, infiniti successori)…

Per concludere lasciamo la parola aBorges, il poeta-scrittore che forsepiù di ogni altro, nelle sue costruzio-ni letterarie così sapienti e suggesti-ve, ha elaborato immagini, metafore eparadossi che entrano in risonanzacon idee, grovigli e azzardi del pen-siero matematico.

“Ringraziare voglio il divino

labirinto degli effetti e delle cause

per la diversità delle creature

che compongono questo singolare uni-

verso,

per la ragione, che non cesserà di so-

gnare

un qualche disegno del labirinto,

per l’algebra, palazzo dai precisi cri-

stalli,

…”

Jorge Luis Borges Un’altra poesia dei doni

Certo, qui non si parla esplicitamentedell’infinito della matematica, e nep-pure della matematica più in generale(a parte la splendida immagine relati-va al cristallino edificio dell’algebra);ma come non vedere, nel tentativodella ragione di attribuire una tramadotata di senso al “divino labirintodegli effetti e delle cause”, la medesi-ma tensione presente nelle problema-tiche più complesse e nelle costruzio-ni più ardite della matematica?

Giuliano Spirito Insegnante di Matematica nella scuo-la superiore, ha collaborato con ilCidi (Centro di Iniziativa Democraticadegli Insegnanti) di Roma e conl'Università di Milano-Bicocca. Hascritto numerosi saggi sulla didatticadella matematica. È autore di manua-li scolastici piuttosto originali e dinumerosi libri di divulgazione. [email protected]

Rainer Maria Rilke Elegie Duinesi

Feltrinelli 2007

Giacomo LeopardiCanti

Mondadori 2004

un gioco nell’aria

Valerio MarzialeEpigrammi

Garzanti Libri 2008

Jorge Luis BorgesL’altro, lo stesso

Adelphi 2002

Lucio Lombardo-Radice (1916 – 1982) è statouna figura originale e preziosa nel panoramadella cultura italiana della seconda metà delNovecento; ha pubblicato articoli e manuali diargomento matematico, ma anche saggi lettera-ri e di ambito pedagogico, libri divulgativi e perragazzi, ecc. Nel contempo, è stato un irrequie-to e pensoso dirigente politico comunista. A luisi può dire che dobbiamo l’avvio nel nostroPaese della riflessione e della ricerca sulladidattica della matematica.

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la Via delle Immagini

senza titolo

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Un grande progetto mondiale. Un anno – il 2013 – ricco di iniziative scientifiche, convegni di ricerca e attività per tutti.Una mostra particolarissima, open source, modulare, al contempo materiale e virtuale, fruibile in tutto il mondo. E unagara, aperta a chiunque voglia partecipare – singoli o strutture – per la realizzazione della mostra.Se vuoi proporre la tua idea per uno o più moduli, partecipa anche tu, inviando delle istruzioni per realizzare un ogget-to materiale, o un exhibit interattivo virtuale, o, ancora, un film o una serie di immagini.C’è tempo fino al 15 settembre 2012!

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News, eventi, appuntamenti;

recensioni e approfondimenti

Gli articoli di XlaTangenteonline e la raccolta di tutti

quelli passati

Immagini matematiche ai

confini dell’arte e animazioni

3D quasi da cinema

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