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SOMMARIO NEWS Poliambulatorio Specialistico Diagnostico Novembre 2014 www.casasalute.eu L’insufficienza Venosa (IVC) Un libro sotto l’albero La lesione della cuffia dei rotori - Dott. Maurizio Rubino Radiofrequenza quadripolare dinamica frazionata - Dott.ssa Francesca Poggi Il fumo come fattore di rischio oncologico Una tisana per depurarsi Programma Prevenzione e partners Via Cavour, 23 - Alessandria Prossima apertura Casa della Salute: Genova Nervi NUOVA APERTURA SEDE ALESSANDRIA NOTIZIE DI RILIEVO SERVIZIO CONSEGNA URGENTE REFERTO RISONANZA MAGNETICA IN 30 MINUTI con soli 25 euro di costo aggiuntivo aiutaci a rispettare il nostro pianeta, non disperdere nell’ambiente questa rivista. 15 .000 grazie ai pazienti che hanno scelto Casa della Salute Buone Feste!

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Page 1: CasaDellaSalute rivista NOVEMBRE · L’IVC è una malattia dovuta ad inadeguato ritorno venoso ed ipertensione a carico degli arti inferiori in ... CasaDellaSalute_rivista_NOVEMBRE.indd

SOMMARIO

NEWSPoliambulatorio Specialistico Diagnostico

Novembre 2014www.casasalute.eu

L’insuffi cienza Venosa (IVC)

Un libro sotto l’albero

La lesione della cuffi a dei rotori

- Dott. Maurizio Rubino

Radiofrequenza quadripolare dinamica frazionata

- Dott.ssa Francesca Poggi

Il fumo come fattore di rischio oncologico

Una tisana per depurarsi

Programma Prevenzione e partnersVia Cavour, 23 - AlessandriaProssima apertura Casa della Salute:

Genova Nervi

NUOVA APERTURA

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Casa della Salute News

L’insuffi cienza Venosa (IVC)L’ elevata incidenza dell’insuffi cienza venosa cronica e l’au-mento dell’età media della popolazione, impongono un’at-tenzione sempre maggiore su questa patologia. Un’adeguata gestione è indispensabile per la riduzione dell’incidenza e per il controllo della sua evoluzione.

L’IVC è una malattia dovuta ad inadeguato ritorno venoso ed ipertensione a carico degli arti inferiori in condizioni di ortostatismo.

Insuffi cienza o Malattia?Insuffi cienza: squilibrio emodinamico dovuto all’incontinen-za degli assi venosi degli arti inferiori

Malattia: comprende il corredo di segni obiettivi e sintomi soggettivi correlati alla disfunzione emodinamica e le condi-zioni funzionali o precoci di alterazione dello scarico venoso.

L’ Insuffi cienza Venosa Cronica (IVC) alla base della Ma-lattia Venosa Cronica (MVC), appare una condizione clinica assai rilevante sia dal punto di vista epidemiologico sia per le importanti ripercussioni socio-economiche che ne derivano. Sono ben note le conseguenze della sua elevata prevalenza, i costi dell’iter diagnostico e del programma terapeutico, le signifi cative perdite in ore lavorative e le ripercussioni sulla qualità di vita.La prevalenza attuale a carico degli arti inferiori è del 10-50% nella popolazione adulta maschile e del 50-55% in quella fem-minile: un italiano su due ha un problema venoso. La malattia varicosa è presente, clinicamente manifesta, nel 10-33% delle donne e nel 10-20% dei maschi adulti: un italiano su quattro è affetto da varici essenziali o primitive.L’ invecchiamento progressivo della popolazione, le abitudi-ni alimentari, le esigenze lavorative e i ritmi di vita incidono spesso anche nei fattori posturali che infl uenzano la circola-zione venosa degli arti inferiori.

La malattia venosa cronica degli arti inferiori (MVC) ha come fattore etiologico principale l’incontinenza valvolare che può essere primitiva (essenziale) o secondaria ad un’ostruzio-ne (trombosi) delle vene superfi ciali, profonde o perforanti. La manifestazione clinica più evidente è rappresentata dall’e-

dema dell’arto, provocato da ipertensione venosa localizzata o estesa determinante alterazioni a livello del macro e del micro circolo venoso. Questa alterazione riguarda sia la posizione in ortostatismo (posizione eretta), sia quella in clinostatismo (distesa) ed interessa anche il meccanismo della pompa mu-scolare dell’arto inferiore in toto, il tessuto connettivo e la mo-tilità articolare.Per la diagnosi di IVC sono importanti l’esame obiettivo, l’a-namnesi ed il giudizio clinico eventualmente supportato da quello strumentale mediante l’esame Doppler ad onda con-tinua (Continous Wave - CW), ovvero ecocolorDoppler, che permette di escludere o confermare la presenza di trombosi o di refl usso.

L’ ecocolorDoppler è un esame ultrasonografi co che prevede sia l’esame morfologico che quello emodinamico (lo studio della velocità e della direzione dei fl ussi) e consente di valu-tare ed indicare l’eventuale sede e l’estensione di un refl usso, la presenza o meno di materiale iperecogeno all’interno del lume e la comprimibilità o meno dei vasi (assente in caso di trombosi venosa).

Questa patologia è una condizione di prolungata incompetenza valvolare della circolazione venosa è può essere conseguenza di altera- zioni funzionali. L’etiologia più frequente consiste in un’alterazione primitiva della parete (meiopragia) e delle valvole delle vene soprafasciali degli arti inferiori, con dilatazione e refl usso (varici essenzia-li o primitive)

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Una trombosi venosa profonda può determinare la comparsa di varici (secondarie) per un meccanismo di compenso emodinamico.

Il linfedema cronico (alterazione dei vasi linfatici) comporta un iperlavoro delle vene, determinando una IVC.

Classifi cazione dell’IVCORGANICA: causata da proprie alterazioni anatomiche delle vene (varici, esiti di trombosi venosa…)FUNZIONALE: espressione di un iperlavoro delle vene (in-suffi cienza delle pompe muscolari da alterazioni della postu-ra, anchilosi, artrosi, linfedema...).Un terzo delle IVC è dovuto a Sindrome postrombotica; due terzi sono dovuti ad una malattia varicosa non trattata chirur-gicamente.

Prevenzione e fattori predisponentiLa prevenzione dell’insuffi cienza venosa cronica e delle sue complicanze è un aspetto di fondamentale importanza nell’o-perato del chirurgo vascolare che ha il dovere d’informare il paziente dell’eventuale coesistenza della malattia venosa, per ridurne i rischi e garantirgli un’adeguata assistenza. È dun-que buona norma indicare al paziente piccoli accorgimenti da mettere in pratica quotidianamente:

• Camminare per attivare la pompa muscolare che spinge il sangue dalle vene periferiche verso il cuore• Evitare la sedentarietà • Quando obbligati a stare fermi a lungo effettuare un sem-plice esercizio: sollevarsi ritmicamente sulle punte dei piedi facendo lavorare le caviglie• Praticare una regolare attività fi sica scegliendo sport attivi (camminare in maniera sostenuta per 20 minuti o percorrere

almeno 3 rampe di scale in salita ogni giorno) per tonifi care in modo armonico i muscoli delle gambe• Preferire un’attività motoria che favorisca l’azione della pompa muscolare del polpaccio, il cosiddetto cuore periferico• Tenere sollevate le gambe: è consigliabile dormire con i piedi più in alto del cuore per favorire il ritorno venoso: un cuscino sotto il materasso è più che suffi ciente• Evitare di indossare indumenti stretti in quanto ostacolano la circolazione. Utilizzare calzature adeguate con un tacco di circa 2 cm nell’uomo e 3-4 centimetri nella donna• Non esporsi a fonti di calore: il caldo, uno dei principali ne-mici delle vene, le dilata. Per questo motivo la doccia è più in-dicata del bagno, ma è sconsigliato l’uso di acqua troppo calda• Nutrirsi in modo sano e leggero favorendo gli alimenti ricchi di fi bre, come i cereali, la frutta, la verdura, i legumi secchi, che aiutano anche l’attività intestinale. Assumere piccole por-zioni di cibo per evitare sovrappeso ed obesità• Limitare il consumo di alcolici e il fumo di sigaretta• Effettuare, la sera, massaggi con acqua tiepida partendo dal piede e risalendo lungo la gamba prima sul lato esterno e poi su quello interno utilizzando il getto d’acqua della doccia• Indossare calze elastiche riposanti: favoriscono il ritorno sanguigno dalla periferia al cuore, specie nei mesi estivi.

Esami strumentaliL’ecocolorDoppler è considerato il “gold standard” nello studio della MVC. Permette di controllare in modo non in-vasivo le pareti del vaso venoso e di rintracciarne le lesioni, precisandone la dimensione e lo stato. È possibile codifi care il fl usso sanguigno all’interno della vena e registrarne l’attività in velocità semiquantitativa.

Gambe pesanti?Hai diffi coltà a lavorare in piedi o fare quello che più ti piace, come passeggiare lungamente magari sulla spiaggia o più sem-plicemente scoprire le gambe nelle giornate calde? Il tuo problema sono le vene varicose.Più del 40% delle donne e il 20% degli uomini soffre di que-sta condizione patologica che provoca dolore, sensazione di affaticamento e pesantezza, gonfi ore alle caviglie e compar-sa di visibili venuzze blu superfi ciali (teleangectasie). Questi sintomi tendono a peggiorare con il passare del tempo fi no alla comparsa di alterazioni cutanee, eczema ed infi ammazio-ne dei tessuti sottocutanei, ulcere localizzate per lo più nei distretti inferiori delle gambe.

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Casa della Salute News

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Mentre le arterie veicolano il sangue dal cuore alle estremità, le vene, grazie alla presenza di valvole unidirezionali, lo ricon-vogliano verso il cuore. Se queste valvole non funzionano bene, si formano le varici, vene nelle quali gli apparati valvolari hanno perduto la loro effi cacia a trattenere il sangue: il risultato è la loro dilatazione dovuta all’aumento di volume ematico al loro interno, e quindi di pressione sulle pareti con allungamento, ispessimento ed aspetto serpiginoso.Al corretto ritorno venoso del sangue collaborano le valvole venose, i ritmici atti respiratori, le contrazioni, le pulsazioni del cuore ed i muscoli delle gambe.La patologia interessa ampi strati della popolazione nelle dif-ferenti fasce d’età e colpisce in età adulta in maniera signifi -cativamente eredofamiliare con discreta prevalenza nel sesso femminile. Nella donna, peraltro, diverse situazioni collegate con la sfera riproduttiva determinano cicliche condizioni peg-giorative: il ciclo mestruale,la gravidanza, la menopausa, l’as-sunzione della pillola anticoncezionale e della terapia ormo-nale sostitutiva in menopausa. Fattori aggravanti sono la vita sedentaria, l’attività lavorativa in prolungata posizione eretta e ferma in piedi, la scarsa deambulazione, l’attività fi sica mode-sta o assente, il soprappeso corporeo, l’obesità e la stitichezza.

Il sistema venoso: com’è fatto e come funziona?Nei soggetti anziani, gravemente ammalati, gli atti respirato-ri e talvolta anche le pulsazioni cardiache divengono meno effi cienti: si aggravano così la stasi venosa e l’immobilità già derivanti dalla posizione distesa nel letto. Le masse muscolari circondano e proteggono solo le vene profonde, opponendosi con la loro pressione alla dilatazione venosa e causandone una benefi ca ritmica spremitura durante i movimenti e la deambu-lazione, le vene superfi ciali al contrario sono più esposte e per questo si ammalano con frequenza estremamente superiore.

Alterazioni di anatomia e di postura del piede e della caviglia (piede piatto, piede cavo, alluce valgo), e l’utilizzo di calza-ture scorrette, possono determinare una riduzione del ritornovenoso degli arti inferiori. In condizioni d’insuffi cienza venosa ed in presenza di varici, l’insuffi cienza valvolare e l’aumento di pressione nelle grosse vene superfi ciali, in particolare delle safene, si trasmette come aumento di pressione a livello capil-lare nel microcircolo, causando fuoriuscita di liquidi, proteine e cellule del sangue nei tessuti sottocutanei. Si manifestano i primi sintomi quali sensazione di tensione e pesantezza delle gambe, gonfi ore delle estremità, prurito, crampi specie not-turni, talvolta formicoli.

Il medico di medicina generale si trova a gestire personalmen-te i passaggi più delicati per il paziente nell’affrontare la pato-logia da insuffi cienza venosolinfatica.La migliore conoscenza delle problematiche connesse con questa insuffi cienza, approfondita con specialisti Chirurghi Vascolari, può essere utile per la migliore cura. Sottoporsi pe-riodicamente ad una visita preventiva, specialmente all’inizio della stagione calda e se esiste una familiarità può essere utile nell’individuare segni e sintomi iniziali e nel seguire l’evoluzio-ne di una patologia fl ebologica già manifesta.

La più grave e pericolosa complicazione dell’insuffi cienza ve-nosa è rappresentata dalla trombosi di vene profonde, con for-mazione di trombi o coaguli che possono dare origine ad em-boli di piccole o grandi dimensioni, talvolta pericolosi per la vita. Il rischio di trombosi venosa profonda aumenta notevol-mente in caso di interventi chirurgici, traumi, neoplasie, gra-vidanza, assunzione di contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva e nei soggetti anziani. Nella chirurgia maggiormen-te esposta a rischio di tromboembolismo venoso (chirurgia ortopedica, oncologica, ginecologica, addominale) devono

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essere messi in atto tutti i mezzi preventivi a disposizione: mobilizzazione quanto più precoce possibile del paziente, mobilizzazione attiva e passiva a letto durante la degenza, calze elastiche antitrombo, profi lassi farmacologica a dosaggi adeguati. La più grave espressione della sofferenza dei tessuti nel-la malattia venosa è l’ulcera venosa: si forma generalmente sopra la caviglia, nella parte interna: in questo punto il tessuto sottocutaneo è più sottile e risente maggiormente del peso della colonna di sangue e dell’aumentata pressione nelle vene.

Per rallentare l’evoluzione dei segni e dei sintomi si possono at-tuare alcuni semplici esercizi di ginnastica

Esercizio 1: distendetevi con le gambe sollevate appoggiandole ad una sedia, anche pochi minuti vi procureranno notevole sol-lievo alla sensazione di gonfi ore e pesantezza delle gambe. Esercizio 2: mettetevi supine, mani sotto la nuca, gambe di-stese. Piegate al massimo le cosce sull’addome. Stendete una gamba poi l’altra verso l’alto e lasciatela scendere lentamente senza piegarla. Ripetete 10-15 volte. Esercizio 3: mettetevi supine, mani sotto la nuca, gambe distese. Piegate la coscia sull’addome, prendete il piede con la mano, stendete la gamba verso l’alto lasciando scorrere la mano lungo l’arto, esercitando un lieve massaggio. Ripetete 8-10 volte per gamba. Esercizio 4: sollevatevi sulle punte e camminate per mezzo minuto. Fate altrettanto sui talloni.Esercizio 5: eseguite per 10-15 volte almeno ogni ora mo-vimenti di rotazione delle caviglie prima in un senso e poi nell’altro,ed esercizi di fl essione e distensione dei piedi alter-nativamente.

L’ insuffi cienza fl ebolinfatica degli arti inferiori è suscettibile di periodiche riacutizzazioni stagionali e di aggravamenti o com-plicazioni in condizioni di scarsa possibilità di mobilizzazione e deambulazione.È possibile trarre grande giovamento da un rimedio tradizionale ancora molto valido, le calze elastiche che, esercitando una pres-sione esterna sulle vene superfi ciali, contrastano l’aumento della pressione venosa e la dilatazione dei vasi, favorendo il fl usso di san-gue verso il cuore e aumentando l’effi cacia della pompa muscolare.Per essere effi caci devono essere a compressione graduata, de-vono cioè esercitare una compressione diversa nei differenti punti della gamba: massima alla caviglia e gradualmente de-crescente risalendo lungo l’arto, senza comprimere all’inguine e alla radice della coscia,così da ridurre il ristagno di sangue. Devono adattarsi perfettamente alla forma della gamba e van-no indossate al mattino. I risultati che si ottengono con le cal-ze possono essere ulteriormente migliorati associando il loro uso a un trattamento farmacologico (orale o locale), in grado di alleviare i disturbi e di rallentarne l’evoluzione soprattutto se li si assume alla comparsa dei primi sintomi.

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Un libro sotto l’albero

È la storia di un piccolo principe che abita su un asteroide e che, stanco della sua solitudine, decide di raggiungere la terra in cerca di amici. Nel suo viaggio tra pianeti ed asteroidi s’imbatterà in molti personaggi singolari, ma sarà sulla terra che farà l’incontro più signi-fi cativo dal punto di vista relazionale: inizierà un dialogo denso di signifi cati con una volpe che lo indurrà a rifl ettere sul valore dell’a-micizia e delle relazioni umane. La voce narrante è quella di un aviatore che, attraverso fl ash-back, ri-costruisce le tappe del viaggio del protagonista, un viaggio inteso come metafora della fuga dall’isolamento, un modo per incontrare qualcuno. Prima della partenza per quest’avventura verso gli altri, il Piccolo Principe risistema il suo mondo interno (“mise bene in ordine il suo pianeta”), distingue gli aspetti di sé che consentono una crescita sana dagli aspetti distruttivi (distrugge i baobab e si cura della rosa).L’ idea di tenere puliti i vulcani presenti sul pianeta per poter utiliz-zare la loro energia “per scaldare la colazione…”, perché “se i camini sono ben puliti, bruciano piano piano, regolarmente e senza eru-zioni..”: corrisponde al prendersi cura degli aspetti aggressivi e delle pulsioni che diventano vitali nel momento in cui sono impiegate per scopi costruttivi. E innaffi are accuratamente il suo fi ore e cerca-re di proteggerlo sotto una campana di vetro è l’idea di proteggere

i sentimenti, le emozioni, i pensieri e le fantasie che vanno curati con attenzione affi nchè rimangano in equilibrio tra di loro perché nessun sentimento, emozione o pensiero deve crescere a dismisura (i baobab) fi no a prendere il predominio su tutto il resto.

Gli interrogativi che il Piccolo Principe pone nel suo viaggio sono domande sull’ovvio: “Perché le pecore mangiano i fi ori?” “Perché le rose hanno le spine?”e il percorso prevede di debanalizzare l’ovvio, che non è affatto scontato.Le prime battute dell’incontro con l’aviatore sono incentrate su dise-gni che gli adulti banalizzano vedendone soltanto l’aspetto esteriore: il cappello/boa che digerisce un elefante e la scatola con i fori che contiene la pecora che il Piccolo Principe aveva chiesto di disegnare sono l’esempio che la rappresentazione non pittorica suggerisce ad un bambino l’immagine di ciò che c’è dentro, ma non evoca nulla in un adulto, troppo legato alla concretezza delle rappresentazioni.

Il Piccolo Principe atterra su sei pianeti diversi in cui rileva l’impossi-bilità di dar vita ad una reale comunicazione, allo scambio di cono-scenze: nei suoi incontri, la più semplice delle attività umane, cioè

Una favola apparentemente semplice

che cela signifi cati profondi:

“Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry”.

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parlare con qualcuno ed essere ascoltati, diventa qualcosa di molto diffi cile e complicato, al punto di divenire uno schema che si ripro-duce coattivamente. Sulla terra un incontro trasformativo ne cam-bierà il copione relazionale: al Piccolo Principe che cerca gli uomini per scoprire gli amici e per conoscere cose nuove, la volpe risponde con due affermazioni: la prima che addomesticare signifi ca “creare legami”, la seconda che rispetto ad un progetto di conoscenza “non si conoscono che le cose che si addomesticano”.Il punto è: come si fa ad addomesticare qualcuno?La soluzione proposta dalla volpe è straordinariamente semplice: “Bisogna essere molto pazienti”. Il bambino intravede così la possi-bilità di rompere le strutture relazionali codifi cate e rigide degli in-contri precedenti: per avviare il processo di conoscenza è suffi ciente il silenzio che accompagna l’ascolto e nello stabilire dei legami è implicito il separarsi.L’addomesticamento è un lento e graduale avvicinamento che ci permette di imparare ad amare l’altro conoscendolo e rispettandolo nel suo modo di essere.

Il rito contiene in sé il momento della separazione nel succedersi degli incontri e, implicitamente, il momento della separazione fi na-le, distacco che va pensato, preparato, come fa la volpe col Piccolo Principe: se non ci si separa non ci si differenzia, non ci si indivi-dua, dunque non si cresce, concetto che il Piccolo Principe fatica a comprendere. Quando la volpe annunzierà che piangerà alla sua partenza, il Piccolo Principe chiederà se la partenza signifi ca dolore: “Che ci guadagni?” chiede infatti…“Ci guadagno il colore del grano, il ricordo delle esperienze buone che ho avuto con te”.

Il compito dello psicologo è proprio quello di creare legami e rende-re possibili le separazioni.

Possiamo considerare l’incontro del Piccolo Principe e della volpe come la metafora di ogni colloquio riuscito.Avvicinarsi a un primo colloquio con un nuovo paziente è pressap-poco come il momento in cui il Piccolo Principe lascia il suo asteroi-de; come diceva lo psicoanalista britannico Wilfred Bion, “necessita della capacità di sostare nell’incertezza”.

Dott.ssa Francesca Saraceno

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La lesione della cuffi a dei rotoriIl miglioramento delle metodiche di indagine e la positiva esperienza chirurgica hanno fatto aumentare vertiginosamen-te l’indicazione al trattamento chirurgico, anche in età avan-zata, della lesione della cuffi a dei rotatori della spalla, in pas-sato impropriamente denominata “periartrite”. L’ affermarsi di tecniche artroscopiche sia in ambito diagnostico sia in ambito chirurgico ha dato impulso ad una sorta di anatomia funzio-nale che ha permesso di individuare nuove strutture da inda-gare. La diagnostica per immagine diventa così fondamentale per confermare il dato clinico e permettere al chirurgo una corretta indicazione al trattamento.Nella chirurgia della spalla si ricorre all’interventismo non solo per i buoni risultati, ma anche per i brevi tempi di degen-za e per la bassa incidenza di complicazioni postoperatorie; sono inoltre in aumento le possibilità di operare in anestesia locoregionale in regime di Day Surgery.

Trattamento chirurgico della lesione della cuffi a dei rotatori

Note di anatomiaLa cuffi a dei rotatori è costituita da un insieme di quattro ten-dini che ricoprono e rivestono la testa omerale e permettono l’ampio grado di libertà di movimento tipico della spalla. Nei movimenti di elevazione i tendini della cuffi a stabilizzano la testa omerale “centrandola” nella glena scapolare opponen-dosi così alla forza del muscolo deltoide che, diversamente, tenderebbe a spostarla verso l’alto. Il ruolo dei tendini della cuffi a dei rotatori diventa quindi sia di motore attivo, insieme al deltoide, sia di stabilizzatore passivo. Questo fa ben com-prendere come una lesione a carico della cuffi a sia in grado di alterare profondamente ed in maniera ingravescente il norma-le movimento della spalla.

Fig. 1: Ampio grado di libertà di movimento della spalla garantito dal-

la azione di motore attivo e stabilizzatore passivo dei tendini della cuffi a dei rotatori.

È opportuno ricordare che nel soggetto anziano la lesione è spesso causata da un’eccessiva usura delle porzioni di cuffi a più sollecitate: alcune condizioni anatomiche di restringimen-to dello spazio entro cui sono obbligati a scorrere i tendini du-rante il normale uso funzionale possono creare una situazione reattiva infi ammatoria caratterizzata da dolore. Il compenso

del solo sintomo dolore porta ad un peggioramento dell’usura tendinea che conduce inevitabilmente ad una lesione degene-rativa ingravescente.

Note di sintomatologiaLe lesioni di cuffi a interessano una popolazione di solito senile a partire dalla sesta decade di vita senza evidente preferenza di sesso. Tipica è la storia di ripetute crisi algiche che, spe-cie nelle ore notturne, disturbano il paziente con progressiva limitazione dei movimenti di elevazione della spalla e classi-ca è la diffi coltà riferita nel pettinarsi o nel togliersi la giacca quando è necessario combinare il movimento di elevazione e quello di rotazione esterna. La valutazione clinica viene ef-fettuata tramite un approfondimento diagnostico che prevede l’esame radiografi co integrato ad ecografi a ed eventuale riso-nanza magnetica.

La formazione di chirurghi con esperienza più selettiva nei confronti di questa patologia e di patologie a carico dell’arto superiore in genere, determina l’evolersi di una categoria di ra-diologi “dedicati “ al muscoloscheletrico e alla spalla.Considerata la complessa anatomia funzionale di questa strut-tura è possibile che si formi anche una categoria di fi sioterapisti dedicati che, interfacciandosi con il chirurgo nel postoperatorio, possano limitre i compensi funzionali messi in opera dai pazienti.

Note di trattamento chirurgicoScopo del trattamento chirurgico è compensare il dolore cer-cando di restituire il massimo della funzione: prima si inter-viene e più esistono possibilità di ottenere un buon risultato.Attraverso l’intervento si cerca di evitare il peggioramento del-le strutture tendinee limitrofe diminuendo le condizioni locali di attrito. L’ intervento può essere eseguito in artroscopia o con accessi convenzionali limitati, in questo caso, la condotta chirurgica di risparmio delle strutture anatomiche fondamen-tali per la funzione permette di riprendere il movimento con tempi riabilitativi minimi.

Se la lesione di cuffi a è inveterata si ha una retrazione del moncone tendineo verso il ventre muscolare che, non più sollecitato funzionalmente, va incontro ad una degenerazione con netta diminuzione delle capacità contrattili e con trasfor-mazione del tessuto muscolare in tessuto fi broadiposo. Que-sta situazione comporta sia una diffi coltà intraoperatoria nel compensare la retrazione tendinea per reinserire il tendine nel punto originario, sia una scarsa effi cienza dell’unità musco-lotendinea eventualmente riparata per la precedentemente segnalata degenerazione fi broadiposa muscolare. In caso di lesioni degenerative di cuffi a preferisco utilizzare la tecnica miniinvasiva con accesso in miniopen che permette una ripa-razione il più vicino possibile all’anatomia e il rispetto della componente biologica riparativa dei tendini (con accesso cu-taneo di circa tre cm, specie su soggetti magri, si può arrivare alla cuffi a facendosi strada tra deltoide anteriore e medio).

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Fig. 2: La linea in nero rappresenta l’accesso cutaneo, la linea rossa

tratteggiata l’accesso fra deltoide medio e deltoide anteriore; a destra

si nota l’area della testa omerale, denudata dalla lesione della cuffi a,

indicata con l’asterisco.

Dopo aver rimosso la borsa sierosa infi ammata si aumenta lo spazio occupato dalla cuffi a tra acromion e testa dell’omero at-traverso l’asportazione (contenuta) della parte inferiore dell’a-cromion quando questo, curvato quasi ad uncino, restringe lo spazio subacromiale. Giunti sulla cuffi a si fa un bilancio di lesione e delle possibilità riparative cercando di valutare sia l’entità della retrazione presente sia quanto questa possa persistere dopo opportune manovre di sbrigliamento eseguite per recuperare il tessuto tendineo.Il concetto che guida il chirurgo è quello di non eseguire rein-serzioni chirurgiche in tensione in quanto gravate da una alta incidenza di fallimento ma di tracciare e ricavare in prossimità dell’ originaria inserzione tendinea una sorta di trincea ossea in cui far arrivare i lembi di cuffi a sottesi a fi li di sutura idonei.

Fig. 3: Reinserzione tendinea su trincea ossea in prossimità dell’origi-

naria inserzione.

In questa maniera si riesce ad ottenere una più ampia super-fi cie di contatto tra tendine ed osso che garantisce sia mecca-nicamente sia biologicamente un’evoluzione favorevole della reinserzione.

Fig. 4: Esito di RM.

Nelle lesioni degenerative di cuffi a infi ne si determina sempre un’ instabilità del tendine del capo lungo del bicipite nel solco anatomico tra le due tuberosità della testa omerale. Questo determina una condizione dolorosa che giustifi ca, come atto chirurgico complementare, il distacco del tendine dalla sua inserzione alla glena scapolare quando l’età del soggetto e le condizioni anatomiche locali lo indichino.

Trattamento postoperatorioLa rieducazione prevede che la spalla sia trattata come insie-me di più articolazioni, in quanto integrata insieme a gomito, polso e mano nella funzione dell’arto superiore. Fondamentale è che la tecnica chirurgica non offenda i tes-suti più nobili dal punto di vista funzionale e che elimini le fonti anatomiche di dolore. Da ciò deriva la scelta del rispetto massimo per il muscolo deltoide: l’asportazione accurata della borsa sottoacromiondeltoidea, il distacco del tendine del bi-cipite e l’asportazione di lembi peduncolati di cuffi a rimasti inseriti perifericamente.La rieducazione, che inizia il giorno stesso dell’intervento, è prevalentemente passiva o autoassistita nel primo periodo (stabilito in base al tipo di lesione e alla qualità della eventuale re inserzione): una cuffi a reinserita con tecnica miniopen o ar-troscopica non può essere sollecitata in maniera attiva nei pri-mi due mesi postoperatori. Nel frattempo, però, la rieducazio-ne deve garantire la libertà articolare di tutte le articolazioni e l’uso funzionale corretto dei gruppi muscolari coinvolti sia nel fi siologico movimento sia negli eventuali compensi funzionali sfruttati dai pazienti.Nel post operatorio non è indispensabile l’uso di un tutore, basta un bendaggio di maglia elastica che permetta di evitare nei primi trenta giorni, movimenti attivi del cingolo scapola-re. È inoltre fondamentale la mobilizzazione passiva in tutti i

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Casa della Salute News

Nato a Genova il 27.02.1956

Sostiene la maturità scientifi ca nel 1975 a Genova con la votazione di 60/60.

Si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Uni-versità degli Studi di Genova il 24.07.1981 con la votazione di 110/110 e lode.

Dott. Maurizio Rubino

Consegue la specializzazione in Ortopedia presso l’Università degli studi di Milano il 02.07.1986 con la votazione di 70/70 e lode e quella in Chirurgia della Mano presso l’Università degli studi di Pavia in data 11.10.1989 con la votazione di 50/50 e lode.

É stato Medico frequentatore XIII U.S.L. presso la prima Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale S. Martino di Genova dal luglio 1981 al 08.06.1988 e dirigente medico presso la Prima Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale S.Martino di Genova dal 09.06.1988 al 31.08.2007 con all’attivo oltre diecimi-la interventi in urgenza traumatologica e in elezione eseguiti come primo operatore su tutti i distretti osteoarticolari.

Esercita la professione di Libero Professionista a contratto privatisti-co con la U.S.L. 3 di Genova e con la Casa di cura privata accreditata

Clinica Salus di Alessandria dal 01.09.2007.

Dal gennaio 2010 ha un contratto a progetto con I.R.C.C.S. Istitu-to Ortopedico Galeazzi di Milano dove è referente per chirurgia arto superiore presso unità C.A.S.C.O.

Dal 2006 è Professore a contratto presso la scuola di specializzazio-ne in Radiodiagnostica - Università di Genova ‐ Facoltà di Medicina e Chirurgia.

È iscritto alla Società Italiana di Chirurgia della Mano (S.I.C.M.), alla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (S.I.O.T.), alla S.I.C.S.eG. (Società Italiana Chirurgia Spalla e Gomito), alla S.I.C.O.O.P. ( Società Italiana Chirurghi Ortopedici Ospedalità Pri-vata ) e alla Società Piemontese Ligure Lombarda di Ortopedia e Traumatologia ( S.P.L.L.O.T. ).

Ha frequentato numerosi corsi di aggiornamento post laurea plu-rimensili con esame fi nale ed ha partecipato a numerosi congressi specialistici nazionali ed internazionali in qualità di relatore.

È primo autore su riviste specialistiche nazionali ed internazionali di oltre 40 pubblicazioni scientifi che.

piani articolari, esclusa la extrarotazione, con l’aiuto dell’altro braccio in autoassistenza o con la collaborazione di un’altra persona. Tale mobilizzazione deve iniziare nelle prime ore post operatorie, malgrado l’eventuale sintomatologia algica presente, per elasticizzare al massimo i tessuti ed impedire fenomeni aderenziali.Trascorsi trenta giorni inizia una fase rieducativa che prevede l’elevazione contro gravità a soggetto supino per conseguire una graduale articolarità completa.I risultati nel trattamento delle lesioni massive di cuffi a su base degenerativa sono ottenuti e garantiti sul dolore e sul gua-dagno funzionale articolare, mentre il recupero della forza in

elevazione sopra la linea dell’orizzonte necessita di maggior tempo riabilitativo.

La lesione di cuffi a non trattata porta ad una risalita della te-sta omerale non più centrata sulla glena scapolare dai tendini della cuffi a e traslata superiormente dall’azione del deltoide.Questa situazione biomeccanica estremamente sfavorevole porta ad una artrosi evolutiva dell’articolazione scapolomerale defi nita “eccentrica” classica della lesione inveterata di cuffi a, che può essere trattata solo con l’impianto di una artroprotresi di spalla ad articolarità invertita.

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Radiofrequenza quadripolare dinamica frazionata

L’ effi cacia della radiofrequenza quadripolare dinamica frazio-nata è da ricercarsi nella capacità che l’onda elettromagnetica liberata dallo strumento ha di generare calore in modo con-trollato e sicuro a livello del derma. Tale calore denatura le fi bre collagene stimolando i fi broblasti a produrne del nuo-vo ed aumenta la produzione di fi bre di elastina, entrambe costituenti fi siologici della matrice extra cellulare del derma. Inoltre, la liberazione di calore, determina una vasodilatazione distrettuale transitoria in grado di migliorare l’ossigenazione del tessuto.Per tali motivi, i trattamenti medicali con RF possono essere este-si a diverse aree del corpo: volto, collo, décolleté, ma anche glutei, addome, fi anchi, interno coscia, interno braccia fi no a trattare addirittura le lassità a livello del ginocchio e della caviglia. Il risultato che si ottiene su volto e décolleté è dato dall’aumento del tono e dell’elasticità del derma con una visibile riduzione delle piccole rughe e una ridefi nizione dei contorni del viso (per tale motivo viene defi nito “LIFTING MEDICO”) con miglioramento della texture cutanea.Gli stessi effetti si ottengono anche, ovviamente, a livello degli altri distretti corporei sopracitati con rimodellamento della silhouette.

Il trattamento si integra perfettamente con altri trattamenti me-dico estetici: rivitalizzazione, peeling, fi ller, PRP, ricevendone un potenziamento dei risultati.

Un accenno merita anche il trattamento di RF con manipolo frazionato che vede come obiettivo la correzione delle piccole ru-ghe (ad esempio le peri oculari), dei pori dilatati, della discromie, delle piccole cicatrici (anche post acneiche) e delle smagliature.

La RF quadripolare e la RF frazionata possono lavorare in perfetta sinergia, stabilendo, in sede di visita medica protocolli mirati al singolo paziente ed all’inestetismo da trattare. Il numero delle se-dute varia ovviamente in base alle caratteristiche dell’inestetismo, delle aree corporee da trattare e del soggetto stesso.

La RF non richiede alcun down time, è quindi di relazionabilità immediata: il paziente dopo il trattamento può riprendere assolu-tamente la vita di ogni giorno (compreso l’utilizzo del make up).La seduta con RF frazionata prevede la non foto esposizione per i 3/4 giorni successivi al trattamento (va a tale proposito ricordato che, la foto esposizione, sia naturale che artifi ciale, determina un acceleramento del processo di invecchiamento cutaneo).

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FORMAZIONE• Luglio 1992 diploma di maturità magistrale.

• Luglio 1993 idoneità a conclusione dell’anno integrativo.

• Ottobre 2002 laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Uni-versità degli studi di Genova.

• Luglio 2003 esame di stato con iscrizione all’Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Genova (numero iscrizione ordine 14388)

• Ottobre 2006 specializzazione in Medicina del Lavoro con-seguita all’Università degli studi di Genova con discussione della tesi “Allergopatie professionali in campo farmaceutico”, relatrice prof.ssa S.Voltolini. La tesi è stata pubblicata sulla rivista “Lavoro e medicina” 2007; 3:517.

• Durante la scuola di specializzazione, tirocinio c/o Unità Ope-rativa di Allergologia Osp. S.Martino di Genova (anno 2005/06).

• 2009/2013 iscritta al corso quadriennale di MedicinaEstetica Milano.* Corso di Pronto Soccorso “BLSDEFIBRILLATION”* Partecipazione a Seminari, congressi, corsi di aggiornamen-to in Medicina del Lavoro e Medicina Estetica con consegui-mento di crediti formativi.* 2014 partecipazione al corso “Specialist Radiofrequenza” c/o Novalaser Milano.* Relatrice durante la Conferenza organizzata dalla “AIAS” sul Decreto Ministeriale 388/2003 nel 2007* Iscritta all’Associazione Nazionale Medici d’Azienda (ANMA ).

Dott.ssa Francesca Poggi

ESPERIENZE LAVORATIVE• Medico fi scale nel 2003.

• Sostituzioni di medici di base.

• Docente corsi di Primo Soccorso.

• Dall’ottobre 2006 svolge attività di libera professionista come Medico Competente c/o diverse aziende.

• 2007/2011 svolge la libera professione di Medico del Lavoro presso l’Università degli studi di Genova con attività ambulatoria-le presso lo ”Uffi cio prevenzione e rischio” pad. 3 Osp. S.Martino.

• 2007/2014 Medico Competente c/o Ansaldo Energia con attività ambulatoriale quotidiana.

• Svolge attività di Medicina Estetica dal 2011.

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Il fumo come fattore di rischio oncologicoIncidenza del rischioÈ stato stimato che il fumo di tabacco uccida circa 4-5 milioni di persone l’anno e che, tale numero di morti, nel 2030, sarà pari a oltre 10 milioni. Inoltre, se l’attuale prevalenza di abi-tudine al fumo persiste, alla fi ne del XXI secolo, ci dovremo aspettare centinaia di milioni di morti nella popolazione mon-diale (nel XX secolo sono stati circa 100 milioni).

Nei paesi sviluppati la percentuale di morti per i tumori attri-buibili al fumo varia tra il 25% e il 30%; in particolare, quella di decessi per tumore del polmone è circa 90% negli uomini e 70% nelle donne, mentre, per i tumori dell’esofago, della laringe e della cavità orale, l’effetto attribuibile al fumo di tabacco, sia da solo che in combinazione con il consumo di bevande alcoliche, è di oltre il 50% in entrambi i sessi.Buona parte dei tumori della vescica e del pancreas e, in par-te minore del rene, dello stomaco, della cervice e del sangue (leucemia mieloide), sono stati associati a questa insana abi-tudine. Un recente studio australiano ha dimostrato la relazio-ne tra alcune variabili legate al fumo di sigaretta (durata dell’a-bitudine, intensità, dose cumulativa, tempo di astensione) e il rischio di insorgenza di carcinoma pancreatico: i fumatori abituali sono maggiormente esposti rispetto ai non fumatori e i fattori maggiormente coinvolti sono la durata dell’abitudi-ne e il tempo trascorso dalla cessazione più che l’intensi-tà, intesa come numero di sigarette fumate. Eur J Cancer. 2014

Mar;50(5):997-1003.

I tumori osservati oggi sono il risultato del tabacco fumato in passato (diverse decadi): lo sviluppo di questa patolo-gia può richiedere infatti molti anni.

Crescita esponenziale per numero di sigaretteMolti studi pubblicati già a partire dal 1950 hanno dimostra-to la correlazione tra il numero di sigarette fumate, la durata dell’abitudine e i tipi di tumori che ne conseguono. Ebbene, uno dei risultati da tenere maggiormente in considerazione è che il rischio di cancro polmonare cresce in maniera “logarit-mica” in relazione al numero di sigarette fumate: maggiore è il numero di sigarette fumate per un lungo lasso di tempo, più il rischio di tumore aumenta moltiplicandosi in modo espo-nenziale. Prendiamo ad esempio una persona che è passata da 5 a 15 sigarette al giorno (3 volte di più): il rischio che questa sviluppi un tumore al polmone non si moltiplica per 3 ma per 10. Se, invece, da 5 passa a 20 il rischio non si moltiplica per 4, ma per 20 e oltre. Ciò signifi ca che chi fuma un pacchetto al giorno sviluppa un rischio di cancro al polmone di oltre 20 volte superiore rispetto a chi non fuma che è a rischio 1.

Ruolo del lasso di tempo in cui si è dediti al fumoUno studio statistico condotto da ricercatori americani ha di-mostrato che, dopo 20 anni di fumo, il rischio di tumore al polmone aumenta di oltre 10 volte e dopo 30 anni si mol-tiplica per oltre 20. La situazione precipita dopo i 40 anni

di abitudine: il rischio si moltiplica per 100. Gli effetti del numero di sigarette fumate e degli anni di abitudine al fumo si combinano e si sommano. Sono dati concreti che si rifl et-tono sulla popolazione: considerando l’esempio riportato, c’è un ammalato sicuro di cancro al polmone ogni 13 fumatori.

Correlazione tra tumore ed età in cui si comincia a fumare Tra due soggetti che iniziano a fumare, rispettivamente a 15 e a 25 anni, a parità di numero di sigarette, in una media che va dalle 20 alle 40 al giorno, il ragazzo di 15 anni svilupperà un rischio tre volte superiore rispetto al 25enne, questo perché i bronchi più giovani sono più immaturi e quindi più capaci di assorbire sostanze cancerogene.

Non è mai tardi per smettereÈ stato dimostrato che la cessazione dell’abitudine al fumo riduce rapidamente il rischio di tumore ed il benefi cio che si ottiene è evidente entro 5 anni ed è progressivamente più marcato con il passare del tempo. Dunque, non è mai tardi per smettere di fumare!

Il fumo di tabacco causa anche molte altre malattie: le più note sono la bronchite cronica, l’infarto, le malattie car-diovascolari, l’asma, una ridotta fecondità e, nel caso in cui la donna in gravidanza sia una fumatrice, una riduzio-ne dello sviluppo fetale.

Il fumo di sigaro e di pipa, analogamente a quello di sigaret-ta (e, decisamente anche più) è responsabile dei tumori della cavità orale e dell’orofaringe.

Il fumo attivo potenzia, inoltre, l’effetto di esposizioni a cancerogeni polmonari nel luogo di lavoro. Questo è ben di-mostrato per gli esposti all’amianto ma probabilmente vale anche per gli esposti ad altri cancerogeni. Tra i tumori pol-monari che si verifi cano nei fumatori esposti a cancerogeni nell’ambiente di lavoro, è spesso impossibile distinguere gli effetti dell’una e dell’altra componente cancerogena.

Il tasso di mortalità per soggetti di mezza età (50-55 anni) che hanno fumato per almeno 15 - 20 anni è 3 volte più ele-vato di quello dei soggetti che non hanno mai fumato. Il dato è impressionante ma, complessivamente, un fumatore può perdere circa 15 anni di vita.

Rischio da fumo passivoI fumatori che respirano il fumo prodotto da altri (fumo “passivo” o “involontario”) inalano gli stessi cancerogeni dei fumatori attivi ad una dose minore e sono, anch’essi, a rischio tumorale. La maggior parte dei lavori riportati dal-la letteratura scientifi ca sul fumo passivo ha documentato un aumento signifi cativo del rischio di tumore del polmone tra le persone esposte al fumo passivo.

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Una recente meta-analisi sul fumo passivo (ri-analisi di studi precedenti sullo stesso argomento utilizzando criteri comuni) dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha evidenziato un incremento di rischio del 25% nelle donne non-fumatrici e del 35% negli uomini non-fumatori con coniugi fumatori. Si può quindi stimare che un 20% dei cancri polmonari che si manifestano in soggetti esposti a fumo passivo siano attribuibili ad esso (in Italia, corrisponde a circa un migliaio di casi all’anno).A conferma del rischio, l’urina dei non-fumatori esposti al fumo passivo, contiene concentrazioni di cancerogeni specifi -ci del tabacco pari a circa 1% - 5% delle concentrazioni trova-te nella urina dei fumatori attivi.Per quanto concerne la possibile insorgenza di tumore del polmone tra non-fumatori esposti al fumo passivo sul posto di lavoro, una recente meta-analisi dello IARC riportava un rischio più elevato di circa il 20% nelle donne non-fumatrici esposte.

Fumo e gravidanzaIl fumo durante la gravidanza aumenta il rischio di par-torire un bambino morto, un neonato sotto peso e con un successivo sviluppo neurologico compromesso.I fi gli di fumatori hanno un rischio maggiore di contrarre infe-zioni delle vie respiratorie, di avere un’asma severa e di incor-rere in una morte improvvisa.

In conclusione: “qual è - oggi - la reale dimensione dell’epi-

demia correlata al fumo?”

Oggi nel mondo si registrano circa 900mila casi di morte all’anno per cancro al polmone: è peggio dell’Aids. Preoccu-panti sono le proiezioni: nel 2025, sono previsti 8-10 milio-ni di morti, di cui 5-7 nei paesi in via di sviluppo.Potremmo defi nirli caduti per la 3° guerra mondiale!?!?

VOLETE SMETTERE DI FUMARE?

Ecco cosa succede nel vostro fi sico quando non fumate da:

8 ore i livelli di nicotina e monossido di carbonio nel san-gue si riducono della metà e i livelli di ossigeno ritornano normali.

24 ore il monossido di carbonio viene eliminato dal corpo e i polmoni iniziano ad espellere le sostanze nocive deposi-tate nel tessuto.

48 ore non c’è più traccia di nicotina nel corpo. Si risco-prono odori e sapori.

72 ore il respiro diventa più facile; vi è un progressivo rilassamento bronchiale e proverete una diffusa sensazione di benessere.

2 settimane migliorano i parametri della circolazione sanguigna.

6 mesi la pelle del viso riacquista colorito, tonicità ed elasticità recuperando 10 anni di età biologica.

9 mesi le ciglia vibranti dell’apparato respiratorio prece-dentemente paralizzate dal catrame riprendono la loro attivi-tà per difendere dalle infezioni.

5 anni il rischio di problemi cardiaci e polmonari si dimezza.

10 anni il rischio di problemi cardiaci e polmonari dimi-nuisce e si allinea a quello di chi non ha mai fumato.

“Fonte: Lega Italiana contro i Tumori”(Tratto e mod. da R. Talamini - CRO Aviano - Luigi Endrizzi“Osp. San Bassiano”)

Confronto tra i polmoni di un fumatore (a sinistra) e di un non fumatore (a destra)

Le principali sostanze del fumo di sigaretta:

Nicotina: contenuta nelle foglie della pianta del tabacco - TOSSICOMonossido di carbonio: prodotto dalla combustione - TOSSICOIdrocarburi policiclici aromatici (IPA): provenienti dalla com-bustione sia della carta sia del tabacco; comprendono numerosi com-posti: Naftalene, Fluorene, Fenantrene, Antracene, Fluorantene, Pire-ne, Benzoantracene, Crisene, Benzopirene - CANCEROGENONitrosamine tabacco specifi che (NTS): CANCEROGENOSostanze ossidanti/irritanti: acroleina, acetaldeide - TOSSICOIdrocarburi a basso peso molecolare: TOSSICOAcido Cianidrico: TOSSICOAmmoniaca: TOSSICOAmmine aromatiche: 1-Naftilamina, 2-Naftilamina, 3-Aminobi-fenile, 4-Aminobifenile - CANCEROGENOMetalli pesanti: Cromo, Selenio, Arsenico, Nichel, Piombo,Cadmio - CANCEROGENOComposti radioattivi: Polonio 210- CANCEROGENOOssidi di azoto: TOSSICOCatrame: CANCEROGENOBenzene: CANCEROGENOAdditivi non dichiarati dalle case produttrici Prof. Luciano Moresco

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Casa della Salute News

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Una tisana per depurarsiResistere a torroni, cioccolata, ad una fetta di panettone in più... È davvero impossibile!Per allontanare la pesantezza delle abbuffare delle feste e tor-nare a sentirsi leggeri è opportuno dedicarsi alla depurazione e alla ripresa delle sane abitudini: perché non aiutarsi con una tisana depurativa? Le tisane sono degli eccezionali rimedi na-turali per liberare l’organismo da scorie e tossine che possie-dono, tra l’altro, effetto sgonfi ante e drenante.Diverse sono le erbe che svolgono questa azione benefi ca sul nostro corpo, prima dell’assunzione è però consigliato consul-tare il proprio medico o farmacista in merito alle dosi da as-sumere, ad eventuali allergie, intolleranze e controindicazioni di qualsiasi natura.Prima di riportare qualche esempio di tisana è bene sapere che in botanica viene defi nita con il termine “droga” la parte della pianta che contiene il principio attivo.

Decotto: bevanda medicamentosa ottenuta facendo bollire lungamente in acqua un erba medicinale (Dizionario Garzanti della lingua italiana).Infuso: liquido ottenuto per infusione, in farmacia, l’opera-zione con la quale si fanno macerare erbe, droghe e simili in acqua bollente o alcool per estraente i principi attivi solubili(Dizionario Garzanti della lingua italiana).

Tisana al carciofoLa tisana preparata con le foglie essiccate è un potente rime-dio per la stimolazione della diuresi e come epatoprotettore. Grazie alle proprietà del carciofo i liquidi in eccesso vengono eliminati velocemente e la tensione addominale alleviata gra-zie ad una azione stimolante della secrezione biliare.La preparazione di una tisana depurativa a base di carciofo è piuttosto semplice e se ne possono prepararediversi tipi: solo con foglie di carciofo oppure carciofo e fi nocchio per chi vuole aggiungere un’azione carminativa e sgonfi ante.Per la preparazione sarà suffi ciente far bollire una tazza d’ac-qua, spegnere il fuoco e lasciare in infusione per un quarto d’ora circa. Essendo il carciofo leggermente amaro, potrete dolcifi care la tisana utilizzando del miele o della melassa.

Tisana al fi nocchioUn’effi cace infuso depurativo al quale sono attribuite azioni stimolanti sull’attività gastrica ed intestinale. Non solo un otti-mo diuretico ma anche un rimedio effi cace contro la digestio-ne lenta, i gonfi ori e i dolori addominali.

Tisana alla betullaAnche la betulla è una delle piante più utilizzate per la pre-parazione di tisane drenanti. In particolare, è conosciuta per il suo potere diuretico che la rende un ottimo rimedio per chi soffre di ritenzione idrica. Combatte i fastidiosi inestetismi come la cellulite e i piedi gonfi . Esercita una forte azione libe-randoci dalle scorie e dai liquidi in eccesso. Favorisce inoltre la funzionalità dei reni regolarizzandone il lavoro.

Tisana al tarassacoIl tarassaco è una pianta dai fi ori gialli che, fi nito il loro ci-clo, diventano “soffi oni”. Le parti usate sono il rizoma e la radice essiccati, mentre le foglie sono mangiate come verdura cotta (essendo piuttosto amare e coriacee vanno usate le foglie giovani ed è bene cuocerle due volte. In diverse regioni il Tarassa-co è conosciuto come cicoria). Le sue proprietà depurative sono note dall’antichità: svolge una forte azione drenante, purifi cante e snellente. Ottima per lenire il senso di pesantezza dopo i pasti.Per ottenere una migliore estrazione dei principi attivi dalla droga (radice e rizoma) bisogna fare un decotto ovvero fare bollire per 1020 minuti, lasciare raffreddare e fi ltrare.

Dott. Giovanni Casula

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Programma PrevenzioneUna Sanità in cui curaresignifi ca prendersi cura

La crisi fi nanziaria, economica e sociale che sta colpendo duramente il nostro Paese si traduce in diminuzione dei servizi e dell’attività di prevenzione: circa nove milioni di cittadini non possono curarsi e sono costretti a rinunciare a visite mediche di controllo.

Casa della Salute tutela il diritto alla salute promuovendo una Sanità basata sulla prevenzione, sulla qualità del servizio e sull’at-tenzione per il paziente. Grazie al sostegno economico dei Partners che supportano il Programma Prevenzione contrastiamo le disuguaglianze sociali e promuoviamo il concetto di prevenzione.

Il nostro intento è quello di facilitare l’accesso ai servizi socio - sanitari e garantire risposte rapide ed adeguate alle esigenze assi-stenziali a costi accessibili a tutti.

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Periodico mensile di informazione sanitaria.

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Genova

N. 11/2013 del 23/12/2013

Novembre 2014

Direttore Responsabile : Piero Fischi

Testi a cura di : Casa della Salute di BEA S.r.l.

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Le informazioni contenute nel presente numero sono aggiornate a

Novembre 2014. Potrebbero subire variazioni per cause non

dipendenti dalla volontà della redazione.

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