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A ASPETTI NORMATIVI E MEDICO LEGALI PROF. SSA RITA CELLI

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““AASSPPEETTTTII NNOORRMMAATTIIVVII EE

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PPRROOFF.. SSSSAA RRIITTAA CCEELLLLII

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Università Telematica Pegaso Aspetti normativi e medico legali

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 ASPETTI NORMATIVI E MEDICO LEGALI -------------------------------------------------------------------------- 3

2 LA RESPONSABILITÀ IN AMBITO CIVILISTICO ----------------------------------------------------------------- 5

3 L’ASPETTO PENALE -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7

4 SEGRETO PROFESSIONALE --------------------------------------------------------------------------------------------- 9

5 SEGRETO D’UFFICIO ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 12

6 ATTIVITA’ INFORMATIVA DELL’OPERATORE SANITARIO ------------------------------------------------ 13

7 REFERTO ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14

8 RAPPORTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18

9 CERTIFICATO---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21

10 RELAZIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24

11 REATO DI FALSO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25

12 QUALIFICHE GIURIDICHE DELL’OPERATORE SANITARIO ------------------------------------------------ 28

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1 Aspetti normativi e medico legali

Come è noto le attività di Medicina Legale sono molteplici, avendo come scopo

quello di garantire i rispettivi diritti e doveri nell’interazione tra lo Stato, i Cittadini Utenti e la

figura professionale del Medico.

Il Medico Legale agisce in settori che comprendono attività giuridico-forensi e sociali,

entrando a far parte dell’organizzazione interna di Ospedali e strutture territoriali del Servizio

Sanitario Nazionale, di Istituti Assicurativi nazionali, in rapporto alle prestazioni sanitarie che vi si

collegano.

Come si evince da queste dovute premesse, lo Specialista in Medicina Legale è una figura le

cui conoscenze scientifiche, etiche e del diritto si integrano a beneficio di tutti e tre i destinatari di

cui sopra.

L’aspetto estremamente specialistico che viene affrontato in questo corso non prevede un

panorama medico legale specifico, esattamente conformato alle sue caratteristiche.

La normativa e le regolamentazioni che usualmente vengono discusse, allorquando si tratti

di “esercizio delle arti sanitarie” nella accezione più vasta, sono in buona sostanza le stesse che

attrarranno la nostra attenzione anche in questo ambito.

La medicina legale in modo sempre più incisivo, con una urgenza dettata dai ritmi

incalzanti che vengono imposti dal progredire dell’Arte, ci aiuta prospetticamente a considerare lo

svolgimento della professione sanitaria come sempre più gravata da responsabilità.

Ciò premesso, è possibile passare al tema centrale della dissertazione, la

responsabilità professionale degli operatori sanitari che è stata oggetto negli ultimi 40 anni

dell’attenzione di numerosi studiosi, autori tra l’altro di un considerevole numero di scritti.

Tratteremo della cosiddetta malpractice, la quale negli ultimi anni è divenuta un

fenomeno sempre più protagonista di interventi giornalistici che possiamo definire scandalistici e

che determinano nell’opinione pubblica e, soprattutto, nell’Utenza, disorientamento e pericolose

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generalizzazioni. La medicina è notoriamente una scienza inesatta tanto che sino a non molti lustri

addietro era considerata un’arte che sfuggendo a regole precise e prevedibili, difficilmente veniva

messa in discussione.

Alcuni dei punti, che emergono da un’analisi attenta dell’argomento, necessitano in

questa sede di ulteriore approfondimento:

- oggi il paziente ha assunto un ruolo primario all’interno dei processi decisionali che

si dipanano intorno alla salvaguardia della propria salute;

- l’aspettativa da parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’operato del

professionista (servizi di diagnosi e cura), è cresciuto dilatandosi a dismisura ;

- conseguenza inevitabile è l’irrigidimento dell’orientamento giurisprudenziale

nell’ambito dell’accertamento di eventuali responsabilità professionali; non più caratterizzato dalla

modulabilità del passato, sempre più evidentemente connotato di un confine esile tra colpa grave e

colpa ordinaria sia in ambito di imprudenza e negligenza sia per ciò che concerne l’imperizia.

Dai punti sopra evidenziati ne scaturisce intuitivamente una maggiore esposizione di tutti i

professionisti sanitari, non solo medici, al rischio di essere coinvolti in contenziosi giudiziari. Dalla

diretta esperienza professionale in tale ambito emerge la consapevolezza di una emergente e ormai

consolidata minore severità (o per meglio dire maggiore puntualità nella ricerca del nesso di

condizionamento) con la quale la Suprema Corte e la giurisprudenza di merito valutano, soprattutto

in ambito penale, l’errore professionale ed il nesso di causa tra l’evento e la condotta omissiva, con

ciò in parte rafforzando quanto dettato dall’art. 2236 c.c.

Ciò nonostante da tempo ormai, dal punto di vista esecutivo, i professionisti sanitari tentano

di arginare il problema con il ricorso ad una medicina difensivista: si evitano pratiche cliniche che

seppur necessarie comportano rischi per il paziente e si sottopone il paziente ad esami, trattamenti o

visite assai spesso allo scopo di ridurre o grandemente scemare la propria esposizione a rischi di

malpractice.

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2 La responsabilità in ambito civilistico

Che cos è la responsabilità civile?

Viene tradizionalmente distinta in responsabilità contrattuale e responsabilità

extracontrattuale o “aquiliana”.

La prima comprende tutte le forme di responsabilità derivate da un rapporto obbligatorio già

precostituito, ciò è a dire da un contratto ovvero un atto unilaterale. La seconda non presuppone un

rapporto preesistente, ma consegue ad un atto illecito posto in essere quale violazione del principio

del neminem laedere.

In ambito contrattuale ci si rifà all’art. 1218 del codice civile , in ambito extracontrattuale è

quanto normato dall’art. 2043 del c.c. a regolare la prestazione d’opera e sancire l’eventuale

illecito.

In entrambi i casi la garanzia del risarcimento risiede nel patrimonio del debitore secondo i

dettami dell’art. 2740 c.c.

Nel momento in cui il professionista sanitario interviene nell’interesse del paziente, nasce

l’obbligo di una attività diagnostico-terapeutica finalizzata al raggiungimento di un miglioramento

dello stato psico-fisico. L’intervento deve poggiare le sue basi sulle regole sanitarie, sulla

segretezza, sulla correttezza, sul rispetto della persona.

La violazione di questi doveri aggiuntivi dà luogo in ogni caso a responsabilità di tipo extra-

contrattuale, anche nel caso in cui l’operatore abbia svolto correttamente quanto definito

dall’ambito contrattuale.

Complesso in questa sede è definire in modo circoscritto le dissomiglianze tra le due

responsabilità. È importante evidenziare che una delle caratteristiche che connotano l’una

(extracontrattuale) è l’onere della prova: è colui che ha subito un danno ingiusto che ha l’onere di

provare il fatto illecito. Cioè non solo l’evento dannoso derivato, ma anche la colpevolezza, che sia

dolo ovvero che sia colpa, nella condotta dell’autore del pregiudizio.

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Ultimo appunto, che emerge anche dalle righe precedenti, è la corrente interpretazione

giurisprudenziale che ammette la possibile coesistenza delle due forme sia in alternativa sia in

concorso.

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3 L’aspetto penale

L’evento del reato (evento lesione o morte) –a fortiori in rapporto ad una responsabilità

professionale di un operatore sanitario- non deriva necessariamente da un atto di violenza,

potendosi presentare quale conseguenza di comportamenti non intrinsecamente caratterizzati da

capacità offensiva. Basti pensare in termini generali all’omissione di accertamenti diagnostici o alla

negligenza cui segua omissione.

Il reato di lesioni personali volontarie (artt. 582, 583 c.p.) –sul cui schema devono essere

ricostruite le ipotesi di lesioni colpose (art. 590 c.p.)- si caratterizza in quanto la condotta non è in

alcun modo tipizzata, è un reato a forma libera, ove la condotta è individuata in relazione all’evento

naturalistico che ne deriva. Così come per l’omicidio la tutela del bene vita/integrità psico-fisica

del soggetto postula quindi la centralità dell’evento, prevedendo la rilevanza penale di qualsiasi

comportamento, commissivo od omissivo, che possa porsi in dipendenza causale con il fatto lesivo.

Si parla in questo caso di responsabilità e di colpa in sede penale . Se per colpa grave si

rimane nell’ipotesi circoscritta della mancanza di perizia (imperizia) intesa come mancanza di

capacità tecnica professionale, quando si tratta di responsabilità intendiamo un comportamento

caratterizzato da imprudenza e negligenza, sottoposto a rigorosi criteri di giudizio, che conduce alla

sua attribuzione in tutti i casi nei quali sia accertato un qualsivoglia danno al paziente. La colpa e la

sua gradazione in ambito penale, quindi, presuppone l’individuazione dell’elemento psicologico del

reato, ove scontata la rigidità di giudizio per negligenza e imprudenza, pur ammettendo una certa

larghezza e comprensione per la peculiarità dell’esercizio dell’arte medica, questa non può essere

invocata come giustificazione dell’errore.

Non sussiste colpa grave quando il professionista abbia impiegato tutti quegli accorgimenti

tecnici e tutte le conoscenze messe a disposizione dall’attuale stato dell’arte, quando abbia saputo

utilizzare correttamente l’esperienza tecnica maturata nell’ambiente professionale, quando

l’eventuale errore sia legato in modo esclusivo a contrastanti teorie entrambe riconosciute ed

accettate dal mondo scientifico.

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È ammissibile invece nei casi nei quali il professionista operante in ambito sanitario abbia

commesso un errore derivante da ignoranza delle norme elementari, normalmente facenti parte del

comune bagaglio di acquisizioni professionali e come tali fornite a tutti coloro che si formino

nell’ambito professionale de quo.

Pur tuttavia in questo senso l’ipotetica responsabilità del singolo deve essere valutata

non solo in relazione alle attività funzionalmente e finalisticamente collegate ad altri soggetti, sia

contestualmente, che in successione cronologica, ma anche in riferimento alle condizioni generali

nelle quali il professionista si trovava ad operare, con riguardo alla disponibilità di mezzi, di

personale ausiliario, delle caratteristiche della struttura, ecc.

Questi complessi aspetti, dei quali si è solo fornito un tratteggio, che avevano riverbero solo

sull’esercente la professione medica, un tempo unico responsabile dell’operato con compito di

sorveglianza del personale para-medico e ausiliario, investono ora in modo diretto e svincolante

tutti i professionisti sanitari. Contribuire ad assicurare al paziente una comprensione serena dei

problemi che investono la sua salute, anche sotto il profilo del consenso e/o dissenso, una maggiore

capacità di autodeterminazione costituisce apporto fondamentale per la migliore riuscita degli

interventi diagnostici e terapeutici, peculiare di questa nuova e comune prospettiva deontologica.

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4 Segreto professionale

Comunemente viene ritenuto segreto un contenuto riguardante la sfera intima di un soggetto,

ovvero tutto ciò che il soggetto stesso non è costretto per legge a rendere pubblico.

Per l’operatore sanitario, che viene a conoscenza di informazioni richieste al fine di assistere

il paziente o che vengono confidate dal paziente stesso, si impone il vincolo a mantenere riservate

tali informazioni non solo per obbligo morale e deontologico, ma anche a norma dell’art. 622 del

Codice Penale (Titolo XII, capo II, Sezione V: DEI DELITTI CONTRO LA INVIOLABILITA'

DEI SEGRETI)

Art. 622 Rivelazione di segreto professionale

”Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria

professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui

profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la

multa da lire sessantamila a un milione. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.”

“Segreto professionale”: assume questo carattere ogni informazione appresa durante lo

svolgimento e per causa dell’esercizio della professione, con un contenuto che il paziente abbia

interesse a tenere celato.

“Chiunque”: significa che tutti gli operatori sanitari sono tenuti al segreto, non solo il

medico, i loro famigliari e collaboratori.

“Avendo notizia”: significa che non è importante il modo in cui si acquisisce

l’informazione, che può essere appresa sia in modo diretto attraverso l’anamnesi, la visita o altri

esami, oppure indirettamente dai famigliari, dalle confidenze del paziente o presso il suo domicilio.

“di un segreto”: come già detto sono tutte le informazioni, anche di carattere non

strettamente sanitario-medico, che il paziente non è obbligato a divulgare o che non siano palesi.

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“Per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte”, dove per stato si

intende, per esempio, quello di studente o di famigliare del professionista, che sono messi a parte

del contenuto dell’informazione non a causa della propria professione, ma di quella altrui; per

professione o arte si intende qualsiasi esercizio, non solo quello sanitario, ma anche, per esempio

quello delle segretarie o dei domestici. La rivelazione di segreti d’ufficio costituisce invece

un’aggravante e si configura quando il sanitario ricopre la qualifica di Pubblico Ufficiale o

Incaricato di Pubblico Servizio.

“lo rivela senza giusta causa” perché si configuri il reato è quindi necessario che il segreto

venga rivelato, con il dolo della divulgazione volontaria di informazioni da mantenere celate, senza

che vi sia un valido motivo. Sono giusta causa di rivelazione:

- la trasmissione di segreto: si tratta di situazioni in cui per necessità di continuità

assistenziale, si rende partecipe un collega, che è comunque a sua volta vincolato al segreto

professionale, di contenuti a carattere riservato. È implicito il consenso dato dall’assistito, perché

tale passaggio di informazioni è chiaramente necessario e nel suo solo interesse; ciò nonostante le

informazioni devono essere ristrette a quelle indispensabili, necessarie a provvedere all’assistenza o

per motivi amministrativi od organizzativi, senza aggiungere particolari non utili a questi fini;

- consenso dell’avente diritto o del legale tutore dell’interessato (Art. 50 C.P.)

- Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere (Art. 51 C.P.): rientrano in questi

casi l’informativa obbligatoria a norma di legge, quali il referto, il rapporto, i certificati, le denunce

ecc. Un caso particolare si configura nella necessità di rendere testimonianza: a norma dell’art. 200

del Codice di Procedura Penale “1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno

conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno

l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria … i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e

ogni altro esercente una professione sanitaria…2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la

dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti

necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.” . Cioè, salvo i casi in cui si deve

riferire per legge, sulle altre informazioni i sanitari hanno il diritto di non rendere testimonianza,

non il dovere, a discrezione del singolo professionista.

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- Difesa legittima (Art. 52 C.P.)

- Stato di necessità (Art. 54 C.P.)

- Le norme scriminative previste dal Codice Penale non sono invece valutabili come

giuste cause di rivelazione di segreto professionale, ma rendono il reato non punibile (artt. 45-49

C.P.)

- Giustificazioni sociali:talvolta l’interesse a mantenere riservate alcune informazioni

riguardanti il privato cittadino risulta in conflitto con la necessità di tutelare la sicurezza di altro

individuo o della collettività; il legislatore non si pronuncia rispetto a questi casi, rimettendo al

sanitario la valutazione dell’opportunità di contravvenire alla segretezza. Nel caso di contenzioso,

qualora il sanitario decida di violare il segreto, si può invocare la “causa socialmente rilevante” o

“l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale” (attenuante comune, art 61 C.P.).

“ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto”: si realizza una situazione antigiuridica non

solo nel caso in cui vi sia rivelazione, ma anche nel caso in cui l’informazione riservata venga

utilizzata in modi diversi da quelli leciti con lo scopo di ottenere un vantaggio per se stessi o per

altri.

“È punito se dal fatto può derivare nocumento”: perché si configuri il reato è necessario che

la rivelazione o l’utilizzo improprio dell’informazione sia in grado di ledere in qualsivoglia modo il

soggetto, non è necessario però che il danno si concretizzi, ma è sufficiente la sola possibilità che

possa realizzarsi.

“Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.

N.B: L’obbligo al segreto non cessa con la morte del paziente.

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5 Segreto d’ufficio

Quando il sanitario ricopre la qualifica di Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico

Servizio, è vincolato ad una particolare forma di segreto professionale, che si configura come

segreto d’ufficio:

Art. 326 Codice Penale: Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio

”Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri

inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio,

le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la

reclusione da sei mesi a tre anni. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a

un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé

o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali

debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al

fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un

danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni”.

Art. 201 Codice Di Procedura Penale: Segreto di ufficio

“1. Salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i

pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di astenersi dal deporre su

fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti.

2. Si applicano le disposizioni dell’art. 200 commi 2 e 3.”

Art. 204 Esclusione del segreto

“1. Non possono essere oggetto del segreto fatti notizie o documenti concernenti reati diretti

all’eversione dell’ordinamento costituzionale”.

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6 Attivita’ informativa dell’operatore sanitario

L’operatore sanitario svolge la propria professione in quanto abilitato dallo Stato a tutelare

in sua vece la salute dei cittadini; da questo discende che egli ha degli obblighi morali, deontologici

e legislativi sia nei confronti del paziente che nei confronti dello Stato stesso, il quale tutela la

salute e la sicurezza pubbliche non solo fornendo cure e assistenza sanitaria, ma anche garantendo

la regolamentazione e il controllo dell’operato dei professionisti sanitari.

Esercitando la professione, ogni sanitario accetta più o meno implicitamente di seguire le

norme del proprio Codice Deontologico e quelle del diritto, che conta normalmente sul fatto che

questi cittadini si comportino non solo con la diligenza del buon padre di famiglia, ma che utilizzino

le loro conoscenze tecniche a favore della pubblica salute e sicurezza, fornendo allo Stato notizie

utili all’Amministrazione.

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7 Referto

Si tratta dell’atto scritto con cui l’esercente di professione sanitaria deve riferire all’Autorità

Giudiziaria di aver esercitato atti propri della sua qualifica tecnica in situazioni che debbono essere

indagate d’ufficio.

Il Codice Penale prevede il reato di omissione di referto all’articolo 365, che recita:

“Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza

od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere

d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'Autorità' indicata nell'art. 361, è punito con la multa fino a

lire un milione.

Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a

procedimento penale.”

“Chiunque” si riferisce a tutti i soggetti (medici, infermieri, ostetrici ed altri) che

esercitano una professione sanitaria; qualora si eserciti nel contesto di una equipe o in un gruppo,

tutti i componenti di questo debbono compilare un proprio referto, oppure può esserne redatto uno

solo, ma con la partecipazione (leggi la firma) di tutti i colleghi (art 334 C.P.P. comma 3).

“Avendo prestato la propria assistenza od opera” significa in primis che il

professionista deve essere fisicamente presente, dal momento che deve aver prestato assistenza,

intesa come ogni manovra diagnostica o terapeutica sul vivente, o opera, intesa come ogni tipo di

accertamento su pazienti, cadaveri o parti.

“Casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere

d'ufficio” significa che non sono necessarie conoscenze giuridiche specifiche e approfondite, ma è

sufficiente il dubbio che la situazione possa avere gli estremi di un delitto procedibile non a querela

di parte offesa.

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“Omette o ritarda di riferire”. L’omissione punita è quella dolosa, che consiste nel

non presentare volontariamente il referto in casi in cui si ha anche il solo dubbio che il reato possa

essere perseguibile d’ufficio.

I tempi di consegna sono specificati all’art. 334 del Codice di Procedura Penale, che recita

“Chi ha l’obbligo del referto deve farlo pervenire entro 48 ore o, se vi è pericolo di ritardo,

immediatamente”, ove si intende che andrebbe consegnato nel più breve tempo possibile,

soprattutto nei casi in cui le indagini potrebbero essere ritardate o intralciate da una notifica tardiva.

“Autorità indicata”: i destinatari del referto sono specificati dal Codice, ovvero la

consegna a figure diverse da quelle indicate equivale all’omissione.

Sono indicati come destinatari:

• il Pubblico Ministero

• qualsiasi Ufficiale di Polizia Giudiziaria del luogo o quello più vicino, ovvero, a

norma dell’Art 57 del C.P.P:

- I dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti della Polizia di Stato.

- Ufficiali superiori ed inferiori e sottufficiali di Carabinieri, Guardia di Finanza,

agenti di Custodia e del Corpo Forestale dello Stato

- Il sindaco dei comuni senza sedi di polizia di Stato o comandi dei Carabinieri o

Guardia di Finanza.

Gli Ufficiali di Polizia Giudiziaria sono obbligati a riferire al Pubblico Ministero, a norma

dell’art 347 C.P.P. le acquisite notizie di reato.

Normalmente presso ogni Ospedale è presente un posto fisso di Polizia, ma, nel caso in cui

non vi sia è possibile consegnare anche alla Procura della Repubblica.

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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Il referto andrebbe consegnato personalmente dal sanitario; è possibile farlo consegnare da

un incaricato, ma la responsabilità circa eventuali difetti dell’atto ricade sul sanitario stesso.

“… è punito …”: la sanzione indicata è quella della multa, ma sono previste pene

accessorie, che possono comportare la sospensione dall’attività professionale per periodi non

inferiori a trenta giorni.

A norma dell’comma 2 dell’art 334 C.P.P.:

“Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue

generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il

tempo e le altre circostanze dell’intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le

circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare”

Nel redigere un referto va segnalato:

• il proprio nome e cognome

• la propria qualifica professionale (medico, infermiere …)

• il proprio ruolo (medico dirigente di livello, infermiere capo-sala …)

• la sede in cui si presta servizio (ospedale, reparto, divisione)

• generalità dell’assistito o, qualora non siano note ogni elemento valido ad

identificarlo (sesso, età apparente, razza, connotati, segni particolari ed identificativi)

• estremi noti o supposti del fatto (luoghi, tempi, circostanze …)

• descrizione accurata delle lesioni dell’assistito, con ipotesi sui mezzi che possano

averle prodotte

• prognosi clinica salvo complicanze (per prognosi clinica si intende un giudizio sul

periodo indicativo in cui le lesioni sono guaribili, esclusa la convalescenza)

• giudizio indicativo su eventuali reliquati.

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Si ricordi che un referto incompleto equivale ad omissione.

“Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita

a procedimento penale”: il comma due dell’articolo individua i casi in cui l’omissione di referto non

è punibile (esimente), ovvero quando la redazione di tale atto farebbe rischiare all’assistito, non ad

altri, un procedimento penale.

L’intento del legislatore è quello di proteggere prima di tutto la salute del cittadino,

ancorché reo e quindi in debito con lo Stato, a norma dei dettami della Costituzione, che prevede

appunto la salute come fondamentale diritto dell’uomo.

È quindi importante prima di tutto valutare se redigendo il referto si darebbe

all’Autorità Giudiziaria notizia che l’assistito potrebbe essere perseguibile per un reato penale (non

civile), perché in quel caso non solo cadrebbe l’obbligo di referto, ma se questo fosse consegnato si

verrebbe a rispondere di violazione di segreto professionale.

Poiché il Codice punisce l’omissione del referto, anche sottoforma di errori formali

(tempi di consegna, destinatari e contenuto), l’operatore sanitario può tenere presente che, nel

ragionevole dubbio circa i casi che possano presentare i caratteri di delitto perseguibile d’ufficio,

tale informativa andrebbe sempre fatta, conoscendo nel dettaglio la procedura formale. Tuttavia è

importante tenere presente l’esimente e il fatto che, a norma dell’art 384 C.P. non è punibile chi lo

omette “per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto

da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell'onore”.

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8 Rapporto

Si tratta dell’atto scritto con cui persone con la qualifica di Pubblico Ufficiale e Incaricato di

Pubblico Servizio informano l’Autorità Giudiziaria di aver avuto notizia di un reato procedibile

d’ufficio.

Il Codice di Procedura Penale prevede l’obbligo di rapporto:

Art.331 (Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio)

1. Salvo quanto stabilito dall’art. 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico

servizio che nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato

perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la

persona alla quale il reato è attribuito.

2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale

di polizia giudiziaria.

3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono

anche redigere e sottoscrivere un unico atto.”

“I Pubblici Ufficiali e gli Incaricati di Pubblico Servizio”: la prima caratteristica da

sottolineare è che, a differenza del referto che è un atto dovuto da tutti gli esercenti di professione

sanitaria, il rapporto è un atto che è dovuto solo da coloro che assumono la qualifica di P.U. e I.P.S.

“nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio”: è necessario che la

notizia sia acquisita durante l’esercizio del servizio o per cause connesse ad esso.

“hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio” a differenza del referto in cui

l’operatore deve essere stato presente e aver prestato la propria assistenza od opera, nel caso del

rapporto basta il fatto di averne avuta notizia, con modalità diverse. Anche in questo caso, però, si

tratta di reati che hanno la connotazione di perseguibilità d’ufficio, e come viene specificato nel

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C.P.P all’art 361: “Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a

querela della persona offesa”.

“devono farne denuncia per iscritto”

“anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito” cioè si

riferisce all’A.G. che ha avuto notizia di un reato, non è necessario che si dia notizia del reo.

Per i commi 2 e 3 si veda il paragrafo referto.

Art.332 (Contenuto della denuncia)

“La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno

dell’acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre quando è

possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale

il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze

rilevanti per la ricostruzione dei fatti”.

Anche in questo caso il contenuto dell’atto viene specificato dal Codice di Procedura Penale,

e la compilazione incompleta può configurare il reato di omissione.

Il Codice Penale prevede i reati di omissione del rapporto:

Art. 361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale

”Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria, o ad

un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferire, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio

o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa …

Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della

persona offesa”.

Art. 362 Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio

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”L'incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorità indicata

nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del suo

servizio, è punito con la multa fino a lire duecentomila.

Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona

offesa” Anche per il reato di omissione di rapporto, la sanzione prevista è la multa, ma sono

contemplate le pene accessorie tra cui la sospensione temporanea dall’esercizio della professione.

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9 Certificato

Si tratta dell’atto scritto con cui si dichiara conforme a realtà una fatto di ordine tecnico di

cui il certificato stesso deve provare l’esistenza, e di conseguenza viene rilasciato da figure

professionali che abbiano tali competenze tecniche.

Salvo i certificati obbligatori per legge, gli altri vengono rilasciati a richiesta e nell’interesse

del paziente, che può utilizzarli per ogni scopo, ancorché lecito.

Per questo il contenuto del certificato deve attenersi strettamente alla richiesta del paziente e

a quanto sia tecnicamente necessario a completare tali informazioni, senza però rivelare

informazioni che vanno oltre, situazione che rientrerebbe nel reato di rivelazione di segreto

professionale.

La certificazione deve rispondere contemporaneamente alle caratteristiche di :

CHIAREZZA: non deve cioè lasciare dubbi su ciò che certifica, a partire dal fatto

che deve essere scritto in modo leggibile, con un registro tecnico, ma comprensibile anche a chi

non ha nozioni mediche, completo pur senza introdurre informazioni “ultra petita”.

VERIDICITÀ: vanno riferite le informazioni ricavate dall’anamnesi, precedute dalla

dicitura “il paziente riferisce” o “il paziente lamenta”, e quelle rilevate con la visita e l’esame

obiettivo. In questo modo, pur lasciando spazio alla sintomatologia soggettiva del paziente, si

risponde alla necessità prima dell’atto, ovvero quella di attestare l’esistenza di segni rilevabili ed

interpretabili solo da un professionista con una specifica preparazione tecnica.

La compilazione di certificati che non segua queste norme può portare chi redige l’atto ad

incorrere in due tipi di reati:

la rivelazione di segreto professionale

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il falso, aggravato quando l’esercente di professione sanitaria assume la qualifica di

Pubblico ufficiale o Incaricato di pubblico servizio.

TIPI DI CERTIFICATO:

Certificati privati

Certificati per lo Stato Civile:

di assistenza al parto

Necroscopico

Certificati di polizia mortuaria

Certificati sanitari:

vaccinali

riammissione a scuola dell’obbligo dopo malattia infettiva

esenzione dall’educazione fisica

buona salute del lavoratore addetto a produzione e vendita di alimentari dopo

malattia infettiva

usufrutto di cure termali

sana e robusta costituzione fisica per ammissione a impieghi pubblici

di visita prematrimoniale

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per l’interruzione volontaria della gravidanza

Certificati di idoneità a varie attività :

alla guida

all’attività sportiva agonistica e non

volo sportivo o di diporto

Certificati per l’assenza dal lavoro.

Certificati in materia assicurativa e previdenziale

per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie

professionali

per i medici radiolesi

di gravidanza, parto o aborto

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10 Relazioni

Si tratta di atti di notifica o di informazione su fatti o circostanze di cui l’operatore sanitario

è venuto a conoscenza nell’esercizio della professione, che hanno interesse per la sanità pubblica e

la tutela della salute collettiva.

Questi, però sono fatti non specificati dal legislatore, identificati a discrezione del medico.

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11 Reato di falso

La veridicità del contenuto tecnico di atti redatti dagli esercenti di professioni sanitarie viene

generalmente presupposta, soprattutto per quegli atti che risultano essere pubblici, come le cartelle

cliniche e i diari infermieristici.

La falsità in questi atti viene punita, a norma del Codice Penale, che prevede i reati di falso

a) MATERIALE: riguarda la parte formale dell’atto, ovvero firme o date falsificate o

alterate, e qualsiasi altro tipo di contraffazione (cancellature, aggiunte, asportazione di parti).

b) IDEOLOGICO: riguarda il contenuto concettuale del documento ovvero quello che

afferma informazioni diverse dalla realtà, pur mantenendo una forma corretta.

Chiaramente il falso si configura per i fatti, non per i giudizi (ad esempio le prognosi) e

quando ricorre l’elemento psicologico del dolo, ovvero la dichiarazione falsa voluta e cosciente,

mentre risulterà solo erroneo l’atto in cui il redattore abbia sbagliato in buona fede, fino a prova

contraria.

A seconda poi della qualifica che assume l’esercente di professione sanitaria, e dell’atto in

questione, si possono configurare i reati di:

Art. 476 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici

Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto

falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la

reclusione è da tre a dieci anni.

Art. 477 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni

amministrative

Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o

autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute

le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 478 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti

pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti.

Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto

pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un

atto pubblico o privato diversa dall'originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la

reclusione è da tre a otto anni. Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul

contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni.

Art. 479 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici

Il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni,

attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come

da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o

comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene

stabilite nell'articolo 476.

Art. 480 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni

amministrative

Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o

autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la

reclusione da tre mesi a due anni.

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Art. 481 Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di

pubblica necessità

Chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense o di un altro servizio di

pubblica necessità attesta falsamente in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la

verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire centomila a un milione.

Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

Art. 483 Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico

Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è

destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore

a tre mesi.

Art. 485 Falsità in scrittura privata

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno,

forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito,

qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo

che questa è stata definitivamente formata.

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12 Qualifiche giuridiche dell’operatore sanitario

Quando l’operatore sanitario deve rispondere allo Stato di un reato, può assumere la

qualifica, in base alla disposizioni del Codice Penale, di Pubblico Ufficiale, Incaricato di Pubblico

Servizio o Esercente Servizio di Pubblica necessità.

Art. 357 C.P. Nozione del pubblico ufficiale

”Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica

funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti e' pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto

pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà

della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.”

Sono P.U. le persone preposte ad un pubblico ufficio, ovvero tutte quelle attività che si

esprimono attraverso atti autoritativi o certificativi, preposte dallo Stato o altro Ente Pubblico allo

scopo conseguire i propri fini legislativi, giudiziari o amministrativi.

Sono quindi P.U. i medici alle dipendenze delle Forze Armate, dei Ministeri (Sanità, Interni,

Grazia e Giustizia …) degli Enti pubblici, previdenziali e amministrativi, i dipendenti delle A.S.L. e

operanti nel S.S.N..

Alcune professioni hanno implicito l’esercizio di funzioni pubbliche (notai), altri, come i

sanitari, ricoprono un pubblico ufficio solo se sono dipendenti dello Stato o di altro Ente Pubblico,

oppure se esplicano incarichi pubblici temporanei (periti e consulenti tecnici).

La dicitura “agli effetti della legge penale” sta ad indicare che la qualifica non è intrinseca

della professione esercitata, ma è assunta solo nel momento in cui l’operatore sanitario interagisce

con L’Autorità Giudiziaria, compiendo un atto che per divenire reato richieda tale qualifica, o

quando sia vittima di un delitto che, per la qualifica, risulta aggravato.

Art. 358 Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio

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”Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a

qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.

Per pubblico servizio deve intendersi un'attività' disciplinata nelle stesse forme della

pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con

esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente

materiale”.

Il pubblico servizio e la pubblica funzione non differiscono per tipo di attività svolta, ma per

il fatto che nel secondo caso viene prestata la sola opera materiale: l’I.P.S cioè è incaricato dallo

Stato di soddisfare bisogni utili alla collettività in sua vece e di cui si è assunto la tutela, ma pur

avendo in alcuni casi dei poteri certificativi, non esercita mai dei poteri autoritativi.

Sono I.P.S., per giurisprudenza corrente, i medici ospedalieri non inquadrabili come P.U. e i

Medici di Famiglia convenzionati col S.S.N..

Art. 359 Persone esercenti un servizio di pubblica necessità

”Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica

necessità:

1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio

sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico

sia per legge obbligato a valersi;

2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, ne' prestando un pubblico servizio,

adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica

Amministrazione.”

Il servizio di pubblica necessità è una attività che soddisfa esigenze dei cittadini, esercitato

però in maniera facoltativa e autonoma da privati che hanno conseguito l’autorizzazione

all’esercizio da parte dello Stato, infatti tale qualifica si intende per chiunque eserciti professione

sanitaria per il cui esercizio sia necessario il superamento dell’esame di stato per l’abilitazione

all’esercizio professionale.

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Questa qualifica comprende tutte le figure esercenti professioni sanitarie: non solo i medici

che esercitano la libera professione, ma anche gli infermieri, gli ostetrici e altri che non sempre sono

facilmente assimilabili a P.S o I.P.S, essendo questi più difficilmente incaricati di compiti

certificativi e/o autoritativi.

In particolare, poiché tutti gli esercenti di professione sanitaria assumono questa qualifica

quando debbono riferire allo Stato, tutti (medico, infermieri, ostetrici ….) sono tenuti a compilare il

referto nei casi che possono presentare i caratteri di delitto procedibile d’ufficio. (Vedi “referto”).