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Capitolo Tredicesimo Enrico Ruggiero – Paolo Kosova – Michela Placido La ripresa del circolo spontaneo ROSC Nella rianimazione il primo obiettivo fondamentale è il ROSC (circolo spontaneo), il successivo a quello di riportare il paziente ad una funzione cerebrale normale, con un ritmo stabile ed una emodinamica normale. Ciò è possibile mediante trattamenti adatti alle necessità specifiche del singolo paziente. Questa fase è detta post- rianimatoria e costituisce l'elemento finale della catena della sopravvivenza. Essa ha inizio sul luogo in cui è avvenuto il ROSC, successivamente il paziente deve essere trasportato in un luogo più consono come quello della terapia intensiva, o continuare la terapia ed un monitoraggio più adeguati; è chiaro che il paziente, prima del trasferimento in terapia intensiva, deve essere stabilizzato. Ad aggravare la fase post-rianimatoria vi è la sindrome post-

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Capitolo Tredicesimo Enrico Ruggiero – Paolo Kosova – Michela PlacidoLa ripresa del circolo spontaneo ROSC

Nella rianimazione il primo obiettivo fondamentale è il ROSC (circolo spontaneo), il successivo a quello di riportare il paziente ad una funzione cerebrale normale, con un ritmo stabile ed una emodinamica normale. Ciò è possibile mediante trattamenti adatti alle necessità specifiche del singolo paziente. Questa fase è detta post-rianimatoria e costituisce l'elemento finale della catena della sopravvivenza. Essa ha inizio sul luogo in cui è avvenuto il ROSC, successivamente il paziente deve essere trasportato in un luogo più consono come quello della terapia intensiva, o continuare la terapia ed un monitoraggio più adeguati; è chiaro che il paziente, prima del trasferimento in terapia intensiva, deve essere stabilizzato. Ad aggravare la fase post-rianimatoria vi è la sindrome post-arresto cardiaco che comprende: il danno cerebrale posto-arresto cardiaco, la disfunzione miocardica post-arresto cardiaco, la resistenza della patologia causa dell'arresto, la riperfusione in seguito ad un periodo di ischemia. La causa e la durata dell'arresto cardiaco determinano la gravità della sindrome post-arresto. Si ricorda che, se l'arresto cardiaco , è breve essa può anche non comparire. Il danno cerebrale posto-ma non si può si manifesta con: le convulsioni, il coma, il mioclono, i diversi gradi di disfunzione neurologica e la morte cerebrale. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono anche altri fattori come: l'insufficienza del

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microcircolo, le convulsioni, la febbre iper glicemica e l'autoregolazione allertata. Quest'ultima comprende ipossiemia, iperossiemia, ipercapnia. Dobbiamo ricordare che dopo un arresto cardiaco una disfunzione cardiaca è frequente, ma generalmente nel giro di due o tre giorni regredisce di ischemia o riperfusione globale che si verifica con le rianimazione, aumenta il rischio di infezione, in quanto attiva le vie immunitarie che provocano un'insufficienza multiorgano. La sindrome post-arresto ha molte caratteristiche in comune con la sepsi, tra cui la deplezione del volume intravascolare (perdita combinata di acqua e sodio) e la vasodilatazione. Nella fase successiva alla rianimazione, in attesa di trasferire il paziente in un'area intensiva, occorre trattare il paziente con l'approccio ABCDE. Si è dimostrato, in seguito a studi eseguiti su animali, che nella fase post-ischemica, lo stress ossidativo ed il danneggiamento dei neuroni è causato dalla iperossiemia; l’ iperossiemia post rianimazione è associata ad una prognosi peggiore rispetto alla normossiemia e alla ipossiemia. Occorre regolare la FiO2, dopo aver monitorato la saturazione di ossigeno nel sangue per mantenere la saturazione dell'ossigeno nel sangue arterioso nel range del 94%. Bisogna considerare di effettuare l'intubazione oro-tracheale, la selezione e la ventilazione controllata in tutti i pazienti con funzione cerebrale compromessa. Inoltre è importante la regolazione della ventilazione per raggiungere la normocapnia. Bisogna monitorare la CO2 di fine inspirazione ( ETCO2) con la capnografia e l’ emogasanalisi. Infine è necessario verificare la simmetria dei rumori respiratori; un massaggio cardiaco vigoroso potrebbe aver provocato fratture così tali e quindi causato un pneumotorace e un volet costale. Un tubo oro tracheale inserito troppo in profondità, tende ad imperciare il bronco principale destro, impedendo così la ventilazione del polmone sinistro. Si deve verificare se ci sono rumori di edema-polmonare o da aspirazione di contenuto gastrico. Bisogna ricordare che dopo una ventilazione bocca a bocca o pallone maschera bisogna inserire un sondino nasogastrico per

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decomprimere lo stomaco, drenare il contenuto e prevenire la contrazione del diaframma. Nel caso in cui il paziente intubato riprende coscienza, respira normalmente dopo il ROSC , bisogna procedere all'estubazione immediata: infatti il paziente, poiché è cosciente, tenterà di liberarsi dal tubo, aumentando i rischi di catecolamine, con il rischio di aritmie e/o crisi ipertensive. In questi casi dobbiamo avere a disposizione ciò che serve per aspirare l'orofaringe. Se l'estubazione immediata o precoce non è possibile, occorre sedare il paziente, per garantire un buon supporto ventilatorio e rendere più tollerabile al paziente il tubo tracheale. Dopo un arresto cardiaco, potrebbe risultare instabile il ritmo cardiaco e l'emodinamica. In tali casi sono fondamentali seguenti passaggi:

il continuo monitoraggio ECG. Ricercare i segni di perfusione inadeguata. Registrare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa controllare la per perfusione periferica.

In genere le estremità calde rosse e di riempimento capillare, indicano una perfusione adeguata. Si sospetta un'insufficienza ventricolare destra e in casi rari la presenza di tamponamento cardiaco, quando nel paziente che si trova in posizione semiseduta, scompare una marcata distensione dei vasi del collo; si sospetta un'insufficienza ventricolare

sinistra invece se vi sono rantoli inspiratori fini ed escreto roseo. Occorre ottimizzare le pressioni di riempimento destro e sinistro (utile ciò è monitoraggio emodinamico avanzato). Se non è possibile monitorare la

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pressione arteriosa diretta in modo continuo è necessario inserire una cannula arteriosa per permettere il monitoraggio durante il trasporto. Dopo aver trasferito il paziente in terapia intensiva verrà valutato il monitoraggio della gittata cardiaca. Inoltre, per trattare insufficienza ventricolare sinistra, possono essere utilizzati diuretici e vasodilatatori, mentre infusioni di fluidi e/o vasi con scrittori per ottimizzare le pressioni di riempimento del cuore destro. Appena è possibile fare un ECG a 12 derivazioni per adottare un trattamento di riperfusione o con terapia trombotica o o mediante PCI (angioplastica coronarica), in un paziente con IMA. Il PCI è un trattamento che viene preferibilmente utilizzato per lo STEMI, se viene utilizzato in breve tempo o da un team specializzato. Se la PCI non è fattibile entro 90 minuti dal primo contatto mobile, si deve ricorrere alla trombolisi. Non è controindicata alla terapia fibrinolitica la rianimazione cardiopolmonare, anche quando è prolungata. Bisogna considerare l'utilizzo della PCI in tutti i pazienti rianimati anche se si è dati o ventilati meccanicamente, in cui c'è il sospetto che la malattia coronarica sia stata causata dall'arresto cardiaco. Diversi studi attestano che la combinazione di ipotermia terapeutica e di PCI è possibile sicura dopo l'arresto cardiaco causato da infarto miocardico acuto. L'arresto cardiaco è causato spesso da patologie cardiache primarie, ma non dobbiamo escludere neppure altre condizioni precipitanti, soprattutto nei soggetti ospedalizzati come: emorragia massiva, embolia polmonare e insufficienza respiratoria. Pertanto occorre valutare la funzione degli altri organi: quando è possibile procedere ad un rapido controllo neurologico e calcolare Il Glasgow Coma Score. Il punteggio massimo è 15 mentre il minimo è 3. Per tutti i pazienti che restano in coma dopo essere stati rianimati in seguito all'arresto cardiaco, è necessaria l'ipotermia terapeutica, senza aspettare che il paziente si entra di intensivo. Bisogna cercare di ottenere un'anamnesi completa al più presto, consultando tutti coloro che si sono presi cura del paziente prima dell'arresto. Se l'anamnesi cardiologica è poco chiara e poco significativa vanno ricercate

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ulteriori cause di arresto cardiaco come l'emorragia subaracnoidea e l'overdose da farmaci. È molto importante, per avere un significato prognostico, anche se non sempre affidabile, la considerazione dell'intervallo prima dell'inizio della rianimazione e della durata della rianimazione. Uno dei fattori fondamentali che il team di terapia intensiva prende in considerazione, è la riserva fisiologica di base prima dell'arresto cardiaco, allo scopo di determinare se appropriato un prolungato supporto molti organo. Durante il periodo di instabilità che segue la rianimazione cardiorespiratoria, al fine di svelare precocemente le condizioni del paziente, è necessario fare: un monitoraggio continuo dell’ ECG, la capnografia della pressione respiratoria, della temperatura centrale e della diuresi. È importante Iniziare le indagini biochimiche e cardiologiche precocemente in quanto, dopo un arresto possono essere alterate numerose variabili fisiologiche.

Dopo il ROSC , l'entità del danno dell'organo secondario dipende dalla capacità di ridurre al minimo le conseguenze dannose della sindrome post-arresto cardiaco. La disfunzione miocardica post-arresto provoca instabilità emodinamica; si manifesta come ipotensione, basta gittata cardiaca e aritmie. Per determinare il grado di disfunzione miocardica necessario fare un ecocardiografia precoce. Importante in terapia intensiva è una linea arteriosa per il monitoraggio continuo della pressione. Il trattamento con i liquidi inotropi e vasopressori può essere guidato dai valori di frequenza cardiaca, diversi, valori dei pressori arteriosi, clearance plasmatica del lattato e saturazione venoso centrale. La monitorizzazione della gittata cardiaca può contribuire a guidare il trattamento, ma non c'è alcuna certezza che influenzi la prognosi. Se il trattamento con fluidi e farmaci vasoattivi non è sufficiente per la circolazione, bisogna considerare l'inserimento di un contro pulsatore aortico. In mancanza di dati definitivi (a sostegno di un target specifico di pressione) occorre regolare la pressione arteriosa media per ottenere una saturazione venoso centrale ottimale ed una diuresi adeguata ( 1 ml/kg/h)

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e valori di lattato plasmatico normali o in riduzione, tenendo in considerazione la pressione arteriosa normale del paziente, la causa dell'arresto e la gravità della disfunzione miocardica ed inoltre l'ipotermia per aumentare la diuresi e la clerance del lattato. In caso di pazienti rianimati dopo un arresto cardiaco con un ritmo desiderabile e non dovuto ad una STEMI, è possibile posizionare un defibrillatore impiantabile. Questi pazienti saranno dimessi dopo un accurato esame cardiologico. Dopo il ROSC si verifica un'iperemia cerebrale (15 minuti circa). Dopo l'arresto asfittico, si può verificare in modo transitorio l'edema cerebrale, ma solo in casi rari si ha un aumento della pressione intratoracica. Dopo l'arresto anormale autoregolazione cerebrale viene verso un lasso di tempo, vale a dire che la fusione cerebrale dipenderà la pressione arteriosa media, anziché dall'attività neuronale. Dopo il ROSC si preferisce mantenere una pressione arteriosa standard e 24 ore dopo il ROSC , i pazienti generalmente vengono sedati e ventilati. Durante l'ipotermia terapeutica si siede il paziente e da quest'ultimo trattamento si determina la durata della situazione e della ventilazione. Per la situazione vengono usati oppiacei e ipnotici. I farmaci a breve durata ( propofol, remifentanil,alfentanil) permettono una precoce valutazione neurologica. Un'ottima sedazione riduce il consumo di ossigeno; inoltre durante l'ipotermia essa riduce o previene i brividi facilitando il raggiungimento della temperatura desiderata. Nei pazienti adulti, che hanno raggiunto il ROSC, vi sono convulsioni e/o miclonie pari al 5-15%, mentre il 10-14% in quelli che restano in coma, le convulsioni possono essere causa di lesioni cerebrali pertanto è necessario trattare in modo molto rapido con fenitoina, sodio valproato, propofol, barbiturici. Lo stato miclonico risulta abbastanza difficile da trattare, la fenitoina è spesso insufficiente. Il clonazepam insieme al valproato di sodio, il propofol e levetiracetam sono i farmaci più efficaci. Esiste una relazione tra iperglicemia dopo la rianimazione d'arresto e la prognosi neurologica sfavorevole. ‘E bene ricordare che l’ ipoglicemia grave aumenta la

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mortalità nei pazienti critici per esempio i pazienti in coma in cui c'è il rischio di ipoglicemia riconosciuta. Dopo il ROSC, la glicemia deve essere minore o uguale di 180 mg/d, mentre l'ipoglicemia minore di 70 mg/d deve essere evitata. Il controllo stretto della glicemia tra 80 e 110 mgdl si deve applicare nei pazienti adulti con ROSC dopo l'arresto cardiaco, in quanto c’è un maggiore rischio di ipoglicemia. Nelle prime quarantott'ore dopo un arresto cardiaco può verificarsi l'ipertermia. Diversi studi hanno dimostrato che c'è una connessione tra febbre post arresto cardiaco e prognosi infausta. L'ipertermia deve essere trattata con antipiretici o con il raffreddamento attivo. L'ipotermia dopo un periodo di ipossia-ischemia cerebrale globale è neuroprotettiva e quindi migliora la prognosi. Il raffreddamento inibisce molti di quei fattori che causano la morte cerebrale ritardata. Inoltre l'ipotermia riduce il consumo cerebrale di ossigeno 6% per ogni riduzione di 1° centigrado di temperatura e ciò porta alla riduzione del rilascio di aminoacidi eccitatori e radicali liberi. In genere l'ipotermia terapeutica si consiglia ai pazienti che, dopo essere stati rianimati in seguito ad un arresto cardiaco, si trovano in coma, ventilati meccanicamente e ricoverati in terapia intensiva. Essa si divide in tre fasi:

induzione mantenimento riscaldamento

Si è dimostrato che, se il raffreddamento viene seguito subito dopo il ROSC, la prognosi sarà più efficace. Ci sono diverse tecniche di raffreddamento sia esterne che interne. Una tecnica utilizzata per il raffreddamento pre-ospedaliero è costituito da 30 ml/kg di soluzione fisiologica o soluzioni di Hartmann a circa 4° centigradi. Altri sono:

gli impacchi di ghiaccio

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gli impacchi con asciugamani bagnati, ma questi ultimi non assicurano un riscaldamento controllato, poiché causano maggiori sbalzi di temperatura.

Coperte per il raffreddamento coperte con acqua circolante rivestiti da gel bypass cardiopolmonare scambiatore di calore intravascolare posto in vena succlavia o

femorale.

Nella fase iniziale dopo il ROSC, poiché la temperatura tende spontaneamente a diminuire, risulta più facile procedere alla raffreddamento del paziente. Ciò è facilitato dalla miorisoluzione e dalla sedazione che impedisce il brivido. Per aumentare la soglia del brivido usare il solfato di magnesio ( 5g. in 5h). Nella fase di mantenimento bisogna ricorrere ad una tecnica di raffreddamento dotata di un buon controllo termostatico, per evitare l'oscillazione di temperatura. Si tratta di raffreddamento esterno o interno dotato di feedback continuo della temperatura su un valore prefissato. La temperatura viene controllata da un termostato o termometro posto nella vescica o nell'esofago. Non ci sono dati precisi che dimostrano che una tecnica di raffreddamento sia più o meno efficace dell'altra, ma è bene sottolineare che quelle interne permettono dati di temperature più precise. Raggiunta la temperatura desiderata ovvero 32°-34°,è necessario mantenerla per ventiquattr'ore.

Il raffreddamento deve essere fatto lentamente evitando l'ipertermia. Gli effetti ben noti dell’ipotermia devono essere gestiti con attenzione.

L'ipotermia moderata aumenta le resistenze vascolari sistematiche e provoca aritmie.

Il brivido aumenta il metabolismo e la produzione di calore, riducendo la velocità di raffreddamento. Le tecniche per ridurre il brivido sono state discusse in precedenza.

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L'ipotermia moderata altera la coagulazione e da aumenta il rischio di sanguinamento anch'essi numerosi studi clinici non lo hanno confermato. L'ipotermia può alterare il sistema immunitario è aumentare il rischio di infezione.

L'ipotermia stimola la diuresi e causa alterazioni elettrolitiche come iposfatemia, ipokaliemia, ipomagnesiemia e ipocalcemia.

L’ amilasemia è generalmente aumentata durante l'ipotermia, ma il significato di questa alterazione non è chiaro.

L'ipotermia diminuisce la sensibilità all'insulina e la secrezione insulinica, determinando iperglicemia, che potrà richiedere un trattamento con insulina.

La clearance di sedativi e miorilassanti è ridotta fino al 30% la temperatura interna di 34°.

L'insufficienza multi organica conclamata, la grave infezione sistemica, e la coaugulopatia preesistente sono controindicazioni del ipotermia terapeutica. La terapia fibronolitica non è una controindicazione all'ipotermia terapeutica. Non vi sono segni clinici in grado di prevedere esiti sfavorevoli come deficit neurologici gravi o morte, prima di ventiquattr'ore dopo un arresto cardiaco. Nei pazienti in coma dopo l'arresto cardiaco, non trattati con ipotermia e che non presentano fattori di confondimento come ipotensione, sedativi o rilassanti muscolari, l'assenza sia del riflesso pupillare alla luce che al riflesso corneale maggiore o uguale di 72 ore, prevede in modo affidabile una prognosi sfavorevole. Meno affidabili sono quei dati dall'assenza di riflessi oculovestibolari maggiori o uguali di ventiquattr'ore o un punteggio motorio alla GCS di 2 o meno (estensione o nessuna risposta al dolore) a maggiore o uguale di 72 ore. Non sono sufficienti come predittori di out come sfavorevole nei pazienti in coma dopo arresto cardiaco, con o senza trattamento con ipotermia terapeutica i marker biochimici nel siero o nel liquido cefalorachidiano. Nessuno studio neurofisiologico prevede la prognosi di un paziente in coma in modo certo è affidabile nelle prime 24

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ore dall'arresto cardiaco. Ricordiamo che sono utili per la previsione prognostica negli adulti rianimati dall'arresto:

le risonanze magnetiche RML tomografia computerizzata CT tomografia computerizzata ad emissione di fotone singolo SPECT angiografia cerebrale Doppler transcranico spettrografia a raggi infrarossi NIRS

I pazienti rianimati che non sopravvivono possono essere considerati potenziali donatori di organi sia a cuore non battente sia dopo la morte cerebrale.

Capitolo Quattordicesimo Alessandra Maria Tedesco – Massimo Lagnese - Mario Guarino

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La RCP nei servizi di emergenza medica extra ospedaliera

L'obiettivo di questa sezione è quello di congiungere gli argomenti più importanti riguardanti la rianimazione utili per i servizi di emergenza medica extra-ospedaliera (EST). Per tale motivo la formazione degli operatori EST extra-ospedalieri richiede un programma ben strutturato. Esso comprende una formazione completa teorico-pratica e la

possibilità di effettuare un riaddestramento regolare. Secondo una statistica nella maggior parte dei casi una rianimazione extra-ospedaliera è eseguita da un minor numero di soccorritori di quanto avviene normalmente nell'arresto intra-ospedaliero; inoltre sussiste un ulteriore problema ovvero il trasporto del paziente verso un centro ricevente. Ciò dimostra quanto sia necessario un approccio strutturato e disciplinato. A tale scopo il corso ALS fornisce l'elemento principale per sviluppare praticare le tecniche di rianimazione e per rinforzare il lavoro di squadra multidisciplinare. Alcune volte capita che il team EST continui una rianimazione già iniziata dai primi soccorritori con assistenza telefonica. Durante una RCP assistita al telefono ai soccorritori è consigliato di effettuare la RCP con sole compressioni poiché è considerata più efficace rispetto alla RCP convenzionale; pertanto i soccorritori potrebbero essere più disposti a compiere una rianimazione se questa non comporta la ventilazione. Nei bambini, circa il 70% degli arresti cardiaci è causato dall'asfissia pertanto se si viene effettuata la RCP convenzionale le percentuali di sopravvivenza aumentano. Tuttavia, in un arresto cardiaco da causa cardiaca primaria anche nei bambini non v'è alcuna differenza di

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sopravvivenza tra la RCP con ventilazioni e quella convenzionale; perciò entrambe le tecniche garantiscono la maggiore sopravvivenza rispetto all'assenza di RCP. In genere quando gli operatori sono in contatto telefonico con i primi soccorritori consigliano la tecnica con le sole compressioni sia per adulti che per i bambini poiché è facile da spiegare ed è più rapida. L' intubazione tracheale è considerata il metodo migliore per proteggere e mantenere sgombre le vie aeree durante un arresto cardiaco. Attualmente si raccomanda che intubazione tracheale si è eseguita solo da personale qualificato. In assenza di personale esperto e probabilmente più razionale l'uso di dispositivi sovraglottici durante una RCP. Tuttavia la maggior parte di soccorritori laici non è in grado di utilizzare tali strumenti. Anche il sistema pallone-maschera è usato per ventilare coadiuvato o no da semplici ventilatori. È necessario monitorare e la capnografia e la saturimetria per evitare problemi respiratori secondari o la dislocazione della via aerea. Volumi correnti di circa 6-7 mg/kg di peso corporeo ideale ad una velocità di 10-12 l/min sono sufficienti per l' ossigenazione e la ventilazione. La defibrillazione è un elemento fondamentale per garantire la sopravvivenza ed è uno dei pochi interventi che migliora la prognosi dell'arresto in FV o TV senza polso. Grazia defibrillazione le probabilità di successo e di sopravvivenza alla dimissione diminuiscono grandemente con il passare del tempo. Uno dei fattori più importanti che garantisce la sopravvivenza da un arresto cardiaco è la defibrillazione precoce. Secondo recenti studi un periodo di 1,5-3 min di RCP eseguito dal personale di EST prima della defibrillazione non ha migliorato le percentuali negli sopravvivenza alla dimissione ospedaliera né di ROSC nei pazienti con FV/VT extra-ospedaliera. È evidente che effettuare le

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compressioni toraciche mentre si prepara e si carica un defibrillatore migliori le possibilità di sopravvivenza, pertanto il personale EST deve effettuare una RCP di un'elevata qualità mentre defibrillatore viene preparato, caricato e applicato. In molte situazioni capita che la defibrillazione iniziale eseguita tramite un defibrillatore automatico esterno (DAE) sia sostituita da una defibrillazione erogata tramite un defibrillatore manuale. Se tale scambio viene effettuato senza considerare in che fase del ciclo iniziato con il DAE ci si trovi, si rischia di compromettere l'esito della rianimazione ritardando il successivo shock manuale. Perciò, il personale EST dovrebbe utilizzare il DAE mentre si assicurano la pervietà delle vie aeree e l'accesso venoso. Il DAE, può essere utilizzato dal personale per l'analisi del ritmo e anche per l'erogazione dello shock, prima di essere sostituito con defibrillatore manuale. Invece dello shock singolo, una strategia di tre shock in sequenza va presa in considerazione quando il paziente cosciente ha un arresto cardiaco mentre già collegato a un defibrillatore manuale. Poiché non ci sono dati a sostegno di una strategia di tre shock in nessuna circostanza, è improbabile che se la defibrillazione avviene all'inizio della fase elettrica, subito dopo la comparsa di FV, le compressioni toraciche migliorino le possibilità già molto elevate di ROSC. Durante il trasporto in ospedale la RCP è spesso di scarsa qualità, pertanto si consiglia un’ RCP meccanica poiché garantisce compressioni toraciche di alta qualità durante il trasferimento in eliambulanza o ambulanza. Inoltre i dispositivi sono molto vantaggiosi poiché non interrompono le compressioni toraciche consentendo la defibrillazione. Tuttavia questi dispositivi potrebbero aumentare il rischio di rimandare la decisione di sospendere la defibrillazione fino all'arrivo in ospedale. A tale scopo sono in corso diversi studi atti a determinare il ruolo preciso della compressione toracica nella rianimazione extra-ospedaliera eseguita da dispositivi meccanici. Quando la vittima dell'arresto cardiaco giunge in ospedale, sono necessarie una documentazione e una comunicazione precisa e

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chiara. Se la comunicazione non avviene in modo efficace tra operatore EST e personale sanitario, si possono mal interpretare o perdere del tutto le informazioni importanti. L’allertamento dell'ospedale dovrebbe avvenire quando la rianimazione è in corso durante il trasporto, per far sì che il personale di rianimazione dell'ospedale sia pronto a ricevere il paziente. Ciò permette al team di rianimazione dell'ospedale di eleggere un leader, di organizzare sia consulenze specialistiche, sia interventi specifici e di assegnare i diversi ruoli ai membri del team. Sempre durante il trasporto è necessario che il personale EST comunichi le informazioni del paziente nel modo più attento possibile al personale ospedaliero, il quale deve concentrarsi sia sul trattamento del paziente che sulla valutazione. Un approccio così strutturato renderà più semplice ed efficace il passaggio di consegne. A tale scopo il corso ALS permette al personale extra-ospedaliero di sviluppare un approccio multidisciplinare di squadra. Quando si verifica un arresto cardiaco extra-ospedaliero, se il personale ALS non ottiene il ROSC, la percentuale di sopravvivenza risulta essere molto bassa. I pochi casi in cui i pazienti trasportati in ospedale con un RCP in corso possono avere una buona prognosi a lungo termine sulle circostanze speciali quali l'overdose in ipotermia pre-esistente. A tale scopo si cerca di formulare vari protocolli al fine di interrompere la rianimazione, uno di questi prevede che quando non c'è ROSC, non sono state somministrate scariche e l'arresto non è testimoniato dal personale EST, si fermi la RCP. Però c’è da dire che questo protocollo è stato validato solo in Canada. La rianimazione pre-ospedaliera viene generalmente interrotta solo se il ritmo dopo circa 20 minuti di ALS rimane in asistolia, salvo nei casi di ipotermia ed annegamento. È stato dimostrato da diversi studi che vi è un miglioramento della sopravvivenza dopo l'attuazione di un protocollo

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colmo di terapie post-rianimazione che includevano l'ipotermia terapeutica. Inoltre è stato dimostrato anche un miglioramento della sopravvivenza dopo l'arresto extra-ospedaliero poiché la terapia viene effettuata in grandi ospedali dotati di un servizio di emodinamica.

Diversi studi sull'arresto cardiaco extra-ospedaliero non hanno dimostrato alcuna associazione tra la sopravvivenza - dimissione, e il tempo di trasporto dal luogo dell'evento all'ospedale, se il ROSC era stato ottenuto sulla scena ed i tempi di trasporto erano stati brevi. Ciò dimostra che è possibile trasportare senza rischi ad un centro regionale per arresto cardiaco il paziente rianimato. Tutti questi dati implicano che i centri specializzati per l'arresto cardiaco possono risultare efficaci, ma per adesso non vi sono prove che avvalorano questa tesi.

Capitolo Quindicesimo Mario Guarino - Silvio Perrotta – Salvatore AnatrellaL’EmoGasAnalisi Arteriosa EGA

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Un elemento chiave per la gestione di ogni paziente critico nelle condizioni peri-arresto consiste nell'interpretazione delle analisi di un campione di sangue arterioso per determinare lo stato acido-base del paziente. È essenziale conoscere un sistema per assicurare che nulla sia male interpretato o trascurato. Generalmente ci sono quattro informazioni chiave presenti nei risultati di un’ emogasanalisi arteriosa:

PaCO2 bicarbonato ed eccesso di bassi pH

Normalmente si usano le percentuali per descrivere la composizione in una miscela di gas. La pressione parziale e il contributo di ciascun gas di una miscela alla pressione totale. Pertanto a pressione atmosferica, la pressione parziale di un gas in una miscela è numericamente la stessa percentuale del gas in volume. In poche parole la pressione parziale di un gas è una misura della concentrazione di gas nel mezzo in cui si trova e viene espressa come Pmezzo Gas. Per esempio il PaCO2 è la pressione parziale di gente ride carbonica nel mezzo rappresentato del sangue arterioso. L'anidride carbonica viene trasportata e combinata con le proteine e con l'emoglobina, sia disciolta nel plasma, dove reagisce con acqua per formare gli ioni idrogeno e bicarbonato (HCO2). La PaCO2 è di 5,3 kPa (40mmHg) con in range di 4,7-6,0 kPa (35-45 mmHG). La reazione che avviene polmoni procede in modo contrario: la CO2 viene rigenerata come gas ed ispirata. Osservando questa reazione possiamo notare che l'anidride carbonica si comporta perfettamente con un acido: un qualsiasi momento della PaCO2 sposta a destra la reazione e aumenta la concentrazione di H+ , con un conseguente sviluppo di una acidemia. Analogamente si verificherà un aumento della concentrazione di bicarbonato. Uno dei fattori che influisce sulla quantità di sangue è la velocità alla quale la CO2 viene rimossa dalla ventilazione alveolare, se la

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produzione di CO2 è costante. Una diminuzione della ventilazione alveolare crea una riduzione dell'eliminazione di CO2 causando così un aumento della PaCO2 . Si parlerà di acidemia solo se il livello del pH scende sotto il 7, 35. Tale fenomeno è chiamato acidosi respiratoria. Al contrario se la ventilazione alveolare aumenta al punto che la CO2 viene rimossa più velocemente, il livello del pH supererà 7,45 e si produce alcalemia. Questo processo è chiamato alcalosi respiratoria. Il pH rappresenta l'acidità o l'alcalinità del sangue ed è determinata dalla presenza di ioni idrogeno. Se tale concentrazione risulta maggiore la soluzione è acida. La concentrazione di ioni idrogeno è estremamente bassa dell'organismo. Ci sono: già da ricordare a proposito del pH:

piccole variazioni di pH rappresentano grandi cambiamenti della concentrazione di ioni idrogeno [H+].

Il valore numerico delle variazioni di pH cambia inversamente la concentrazione di ha più pertanto una notevole diminuzione pH ematico sotto il 7,35 mostra un aumento dell'ha più al di sopra del normale. In questa situazione si parla di acidemia. Al contrario un aumento del pH ematico sopra il 7,45 indica una riduzione dell'ha più al di sotto del normale, si tratta di alcalemia.

Il bicarbonato è il tampone più importante,è generato dai reni tampona gli ioni idrogeno. In questo modo si producono anidride carbonica e acqua, in questo modo vengono eliminati ogni giorno circa il 90% degli acidi. Però gli acidi non eliminati dal sistema respiratorio possono essere tamponati in questo modo: la reazione che avviene nei regni procede verso sinistra: l' H+ viene discreto nelle urine e il bicarbonato ritorna nel plasma. Tuttavia una volta che le riserve di bicarbonato si consumeranno, gli H+ si accumuleranno diminuendo il pH. Tale patologia è chiamata acidosi metabolica. Questa porterà una diminuzione del pH inferiore a 7,35. Invece se c'è un eccesso di bicarbonato gli H+ aumenteranno il pH sopra 7,45. Questa patologia si chiama alcalosi metabolica. L'eccesso di baci è una misura della

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quantità di eccesso di acido o di base nel sangue come conseguenza di uno squilibrio metabolico. Perciò un paziente con un eccesso di bassi di 8 mmol/l ha bisogno della giunta di 8 mmol/l per far tornare alla normalità del suo pH. In questo caso nei pazienti si riscontra un’ alcalosi metabolica. Se invece di un paziente presenta un deficit di basi di 8 mmol/l richiede l'aggiunta di 8 mmol/l per normalizzare il suo pH. Un BE più negativo di -2 mmol/l indica un acidosi metabolica. Invece un BE superiore a 2 mmol/l indica un'alcalosi metabolica. La pulsiossimetria è un completo essenziale per valutare l'ipossiemia ed è semplice da usare, relativamente economica, non invasiva e fornisce una misura oggettiva ed immediata della saturazione arteriosa di ossigeno. Il sensore del possessive contiene da un lato un foto recettore dall'altro del fotodiodi mentre nel mezzo si colloca il tessuto del presidente. I pulsossimetri spesso hanno un segnale acustico correlato alla SpO2 (la saturazione periferica di ossigeno arterioso), con tono che varia con il grado di ipossiemia. Informazioni aggiuntive comprendono la frequenza cardiaca e la morfologia dell’onda pletismografica. Ci sono diverse fonti di errore note per la pulsiossimetria:

coloranti usati in chirurgia e nell' imaging. Artefatti a movimento. Presenza di altre emoglobina. Forte intensità luminosa ambientale. Smalto per le unghie. Ridotta pressione pulsatoria:

-ipotermia -ipotensione -Vascocostrizione -bassa gittata cardiaca.

I pulsiossimetri non sono invece influenzati da:

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Ittero pigmentazione della pelle anemia.

Nei pazienti critici aventi un'ipossiemia acuta o in condizioni di peri-arresto va somministrato subito ossigeno ad alta concentrazione. Invece durante l'arresto cardiaco bisogna utilizzare ossigeno al 100% al fine di massimizzare il contenuto arterioso di ossigeno e il trasporto di ossigeno in tessuti. Una volta ottenuto ROSC, la saturazione di ossigeno nel sangue arterioso si può monitorare in maniera affidabile. Se non è disponibile un' affidabile pulsiossimetria, necessario continuare l'ossigeno ad alta FiO2. Infine tutti presenti in condizioni critiche necessitano di un’ emogasanalisi il più presto possibile.

Capitolo Sedicesimo Paolo Marotta – Antonio Ercole Rossi – Maria Gabriella Raeli L’etica della rianimazione

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I tentativi di rianimazione in genere servono a prolungare la vita di molte persone. Non tutte le persone sopravvivono dopo essere state rianimate da un arresto cardiaco, la rianimazione comporta anche il rischio di provocare sofferenze e prolungare il processo della morte. Prolungare la vita ad ogni costo non è un obiettivo appropriato della medicina. Le decisioni riguardo l'opportunità di iniziare o meno la RCP, andrebbero prese in anticipo. In ogni paese europeo esiste una precisa legislazione, pertanto gli operatori sanitari devono esercitare la loro professione nel rispetto della legge. Non è facile discutere le decisioni che riguardano la RCP , anzi risulta essere difficile e doloroso per i pazienti i parenti ma anche per gli stessi medici. Queste decisioni possono essere influenzate da: opinioni personali, influenze culturali e religiose, considerazioni giuridiche, etiche e circostanze sociali ed economiche. La rianimazione non deve essere tentata se la RCP non è voluta da un adulto capace di intendere e di volere. Tuttavia bisogna assicurarsi che la dichiarazione anticipata sia valida e che le circostanze in cui essa si applica siano quelle previste definite al momento in cui è stata scritta. Per decisione anticipata intendiamo ogni espressione delle preferenze il paziente. Se il paziente ha espresso un rifiuto verbale in modo chiaro, ciò ha lo stesso valore di una decisione in forma scritta. In genere, i sanitari, quando si verifica un arresto cardiaco extra-ospedaliero improvviso non conoscono la situazione del paziente e la sua volontà riguardo la RCP. In tali circostanze è necessario iniziare subito la RCP e cercare altre informazioni se possibile. Se agli operatori sanitari si presenta una dichiarazione anticipata valida che rifiuta un trattamento già avviato nel frattempo, non ci sono problemi se si interrompe l'animazione già iniziata.

Una rianimazione è considerata futile se non è di qualità totale da essere considerata accettabile per il paziente. Inoltre delle variabili sistematiche quali il ritardo dell'inizio della RCP o della defibrillazione possono variare la prognosi di un gruppo di pazienti rianimati. Sarà necessario perciò prendere una decisione e ci saranno zone grigie in cui sarà necessario un

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giudizio soggettivo. In caso di arresto cardiaco o respiratorio non tentare la rianimazione significa che la RCP non è iniziata. E altre terapie come l'ossigeno, gli antibiotici, la ventilazione, l'alimentazione, i liquidi e i vasopressori devono essere continuate. Solo se tali terapie non sono indicate, le descrizioni che dipendono da questi trattamenti devono essere continuate indipendentemente dalla prescrizione.

La responsabilità di questa decisione spetta al membro del team più esperto ed anziano. Pertanto non è necessario discutere della RCP con tutti i pazienti se non v'è ragione di attendersi che si verifica un arresto cardiaco o se il paziente nella fase finale di una malattia irreversibile in cui la RCP sarebbe inopportuna in quanto non farebbe alcun beneficio. In tal caso sarebbe necessario coinvolgere familiari in tali decisioni. Ma sentimentalmente competenti dovrebbero dare il loro consenso prima di coinvolgere nella discussione sulla rianimazione la famiglia. Se invece i pazienti non sono più capaci di prendere delle decisioni e precedentemente hanno nominato un tutore legale con il potere di prendere per loro conto importanti decisioni, bisogna consultare il legale per prendere una decisione al fine di bilanciare i rischi e gli oneri della RCP. Quando tra gli operatori sanitari ed il paziente o rappresentanti di questi si verificano disparità di opinioni, generalmente queste possono essere risolte grazie ad un secondo parere clinico o ad un'attenta discussione. Se vi sono differenze inconciliabili tra i medici e i pazienti o i legali sarà necessario un giudizio legale formale. Una volta presa la decisione va comunicata a tutti coloro che possono essere coinvolti compreso il paziente. Se il paziente non si rifiuta la decisione va comunicata anche alla famiglia. Infine la decisione va registrata e controfirmata. È necessario che la spiegazione ai pazienti e ai loro familiari riguardo le decisioni prese su loro trattamento, non sia fatta senza un'attenta considerazione. Una buona comunicazione interna del team è un elemento fondamentale un'assistenza sanitaria sicura di alta qualità. Nei casi in cui si dovesse decidere di non tentare la RCP, bisogna

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registrare i motivi della decisione i dettagli di chi è stato coinvolto e dettagli la discussione con i pazienti loro parenti. Se la maggior parte dei tentativi di rianimazione fallisce, in questo caso bisogna prendere la decisione di interrompere la RCP, questa decisione deve essere presa quando è ormai chiaro che la RCP non ha successo. In genere si continua una RCP se un ritmo desiderabile persiste. La decisione di interrompere la RCP spetta al team leader. Se al momento dell'arresto cardiaco si verifica l'ipotermia, aumentano le possibilità di guarigione senza danni neurologici e pertanto è necessario proseguire con la RCP. In genere gli altri trattamenti di supporto delle funzioni vitali devono essere continuati durante i primi tre giorni, dopo tale periodo la prognosi può essere valutata con maggiore sicurezza.

Capitolo Diciassettesimo Paolo Marotta – Alessandra Maria Tedesco – Enrico RuggieroLa comunicazione del lutto

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Molto spesso quando si verifica un arresto cardiaco extra-ospedaliero i primi soccorritori che effettuano una RCP sono amici o parenti prossimi. Per molti parenti la separazione dal paziente durante tale momento risulta piuttosto angosciante. Nel caso in cui la rianimazione non riesce, parenti ricevono diversi benefici dall'essere presente durante l'animazione:

non vengono angosciati del fatto di essere separati da chiamano proprio quando avvertono l'esigenza di essere presenti.

Possono toccare parlare con il defunto mentre il corpo ancora caldo. Vengono aiutati ad accettare la realtà della morte evitando le azioni

prolungate di rifiuto, contribuendo anche ad elaborare il lutto in modo più sano.

I parenti può parlare mentre ancora possibile la persona morente centro di sentirlo.

Possono rendersi conto che è stato compiuto tutto il possibile per la persona morente, il che li aiuta a comprendere la realtà della situazione.

Inoltre ci sono anche potenziali svantaggi per i parenti che assiste ad una rianimazione non riuscita:

i parenti possono ostacolare il personale coinvolto nel tentativo di rianimazione. Le azioni o i commenti del personale infermieristico un medico possono far soffrire i familiari già afflitti dal dolore.

Qualche parente può dimostrare le proprie emozioni ad alta voce o fisicamente mentre altri possono desiderare di sedersi in silenzio o leggere un testo religioso. Il personale di avere comprensione conoscenza e capacità sufficienti per prevedere questi bisogni e per identificare possibili problemi.

La rianimazione può risultare angosciante per i parenti, specialmente se non vengono informati di quanto sta accadendo.

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I parenti possono essere disturbati dalla memoria degli eventi anche se l'evidenza indica che la fantasia è peggio dei fatti. Il personale sanitario dovrebbe prendere in considerazione le aspettative di coloro che hanno subito voluto ed il loro contesto culturale durante e dopo la morte.

La considerazione la cura del parente acquistano sempre più importanza man mano che le procedure diventano più invasive durante la rianimazione. Un membro del team che non è coinvolto nelle manovre dovrebbe appoggiare e accompagnare ogni parente che desidera essere presente durante il tentativo di rianimazione. In questi casi si dovrebbero applicare le seguenti misure di sicurezza:

dare una spiegazione chiara di che cos'è accaduto in termini di malattia o lesione e di cosa possa aspettarsi di vedere quando entreranno nella stanza.

Spiegare che qualcuno si occuperà di loro, sia che entrino nella stanza in cui in corso la rianimazione sia nel caso contrario. Presentarsi ad accertarsi che i nomi siano corretti.

Accertarsi che parenti capiscano che potranno andarsene e ritornare in qualunque momento e che saranno sempre accompagnati.

Spiegare le procedure in termini semplici. Se rianimazione non riesce spiegare perché sarà interrotta.

Riconoscere le difficoltà della situazione. Accertarsi che abbiano ben chiaro che possono scegliere se essere presente o meno durante la rianimazione. Evitare di provocare un senso di colpa qualunque sia la loro decisione.

Chiede al parente di non interferire con le manovre di rianimazione ma offrirgli l'opportunità di toccare il paziente quando gli venga detto che è sicuro farlo.

Informare che se il paziente è morto ci sarà un breve intervallo per rimuovere gli strumenti, dopo il quale sarà possibile avvicinarsi e

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rimanere in privato. Talvolta in alcune circostanze è possibile che determinati presidi sanitari vengano lasciati in sede per motivi medico-legali.

Concedere ai parenti il tempo di pensare a cosa è appena accaduto e l'opportunità di porre ulteriori domande. L'

In caso di lutto è necessario prendersi cura dei parenti in modo compassionevole. Possono essere adattate alle particolari esigenze dei familiari e loro bisogni culturali queste considerazioni:

prevedere un follow-up ed un supporto per il team di rianimazione. Organizzarsi in modo da permettere ai parenti di vedere la salma. Metterli in contatto precocemente con una persona, solitamente

un'infermiera. Avere un atteggiamento comprensivo nel comunicare le cattive

notizie e sostenere in modo appropriato la reazione al dolore. Rendere disponibile una stanza adatta per i parenti in attesa. Tenere presenti le richieste religiose pastorali. Informare sulle disposizioni legali pratiche.

Molti parenti appena molti saluti desiderano vedere i loro cari. La prima cosa da fare è preannunciare ai parenti ciò che li aspetta prima di vedere una salma. Se il defunto presenta lesioni mutilanti è necessario avvertire parenti. Inoltre offrite loro l'opportunità di abbracciare e toccare il defunto. Infine è necessario che un membro del personale rimanga loro vicino per rispondere alle loro eventuali domande e per offrirgli supporto. Qualora i parenti non sono stati presenti durante le manovre rianimatorie, è opportuno scegliere un membro della squadra per sostenerli. Accogliere i familiari in modo comprensibile amichevole servirà a stabilire un rapporto onesto ed aperto. La comunicazione di notizie spiacevoli è un compito che deve essere affidato alla persona più adatta. Questa non deve essere per forza un medico. Mentre ci si prepara alla comunicazione con i parenti bisogna:

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prepararsi mentalmente fisicamente. Controllare se c'è sangue sui vostri indumenti, riordinateli e lavatevi le mani.

Usare parole semplici ed evitare il gergo medico o banalità che sarebbero senza significato per parente.

Sedersi o posizionarsi vicino al parente in modo da essere allo stesso livello.

Non attardarsi in lunghe premesse e non fare domande su argomenti quali le condizioni di salute precedenti all'evento. I parenti vogliono sapere subito se il loro caro è vivo morto.

Assicurarsi di parlare con le persone giuste e stabilire il loro grado di relazione col defunto.

Introdurre la parola “ morto” o “ morte” il prima possibile e rinforzarla almeno in un’ ulteriore occasione in modo da non lasciare alcun dubbio.

Usare il tono della voce e il comportamento non verbale per sostenere ciò che state dicendo. I sorrisi, il contatto visivo, l'uso del tatto, i cenni del capo, l'espressione del viso e i gesti possono contribuire a sostenere la comunicazione verbale.

Prevedete i differenti possibili tipi di reazione e di risposta emotiva da affrontare dopo aver dato cattive notizie.

Dopo aver dato le notizie, non abbiate paura di concedere un periodo di silenzio per far assorbire il fatto.

La disponibilità di una stanza adeguata dovrebbe fornire lo spazio, la riservatezza e l'atmosfera per farsi i parenti esprimano le loro emozioni e faccio una domanda.

È importante che il team di rianimazione tenga conto dei valori delle credenze del paziente e della famiglia. I rappresentanti religiosi delle confessioni a cui il paziente che appartiene generalmente si trovano disposizione in ospedale per far fronte alle esigenze, infatti i cappellani dell'ospedale rappresentano una risorsa fondamentale per le informazioni e il conforto al personale e alle famiglie. In tali situazioni gli

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atti e pratiche religiose, le benedizioni e le preghiere hanno un importante valore. Anche le disposizioni legali sono ugualmente importanti. Esse comprendono:

decisioni riguardanti la donazione dell'organo. Notifica al medico di famiglia paziente. Informazioni sui servizi sociali disponibili. Notifica al medico legale o ad un'altra autorità competente. Disponibilità di informazioni su cosa fare in caso di morte. Coinvolgimento dei ministri del culto. Disponibilità di un numero telefonico al quale i parenti possano

contattare un componente designato dallo staff qualora dovessero avere ulteriori domande.

Organizzazione di un supporto ai familiari che può comprendere un counseling a lungo termine.

Informazioni riguardo gli accertamenti post mortem qualora fosse necessario.

Adesione alle procedure dell'ospedale per la restituzione di beni e valori di proprietà del paziente.

Le possibili risposte al dolore comprendono:

rabbia; catatonia; senso di colpa; incredulità /rifiuto; sofferenza o shock emotivi acuti.

Le fasi sopra citate non sono lineari e gli individui, cambiando ripetutamente, possono passare dall'una all'altra. La risposta al dolore e pertanto influenzata dal contesto culturale, dall'età e dal sesso di ogni individuo. È necessario perciò rispettare i requisiti culturali e possibilmente fornire linee guida scritte per i diversi gruppi etnici.

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Capitolo Diciottesimo Mattia Izzo –Emilio Cavuoto – Salvatore Toso EGA e farmaci utilizzati per trattare l’arresto cardiaco

Nel mezzo dell'arresto cardiaco l’ipoperfusione in genere determina un acidosi metabolica che causa una riduzione del pH ovvero acidemia che è la riduzione della concentrazione di bicarbonati e deficit di base.

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Il ripristino di una perfusione adeguata nella fase post-rianimatoria è legata alla velocità alla quale l’acidemia si autocorregge. Per poter correggere l' acidemia è fondamentale trattarne le cause determinanti; infatti una perfusione periferica inadeguata e corretta con fluidi e farmaci e non con il bicarbonato di sodio.

La risposta fisiologica normale ad un acidosi metabolica è quella di ridurre la PaCO2 aumentando la ventilazione. Se il paziente respira spontaneamente, potrebbe anche essere incapace di correggere l'acidosi metabolica poiché la ventilazione potrebbe essere depressa da sedativi oppure se vi è un alterato stato di coscienza o una patologia polmonare in atto, in questi casi la PaCO2 può aumentare causando una acidosi mista ovvero una acidosi metabolica e respiratoria con notevole acidemia.

Il bicarbonato potrebbe aumentare l'acidosi intracellulare in quanto è convertito a CO2 che diffuso nelle cellule, forma acido carbonico che libera ioni idrogeno all'interno della cellula. Infatti il bicarbonato e indicato nell'arresto cardiaco associato a iperkaliemia o a overdose di triciclici.

Comunque non è corretto somministrare bicarbonato per la correzione dell'acidemia dopo l'arresto cardiaco.

L'emogasanalisi arteriosa dunque è fondamentale per la garanzia dell'adeguatezza della ventilazione e dell'ossigenazione ed inoltre garantisce la correzione degli squilibri acido base.

Farmaci utilizzati per trattare l'arresto cardiaco

i farmaci utilizzati per trattare l'arresto cardiaco sono rappresentati da: adrenalina, Amiodarone, magnesio, calcio, bicarbonato di sodio, trombolitici e fluidi.

La adrenalina e un farmaco indicato in presenza di un ritmo defibrillabile delle ma anche in presenza di un ritmo non defibrillabile ovvero asistolia

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o Pea. In caso di ritmi defibrillabili quali la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare senza polso, si utilizza con un dosaggio di 1 mg ev dopo il terzo shock una volta riprese le compressioni toraciche, si risomministra ogni tre-cinque minuti. È fondamentale somministrare l'adrenalina senza interrompere le compressioni toraciche.

In caso di ritmi non defibrillabili la dose di adrenalina da utilizzare è sempre di 1 mg ev da somministrare appena sia stato ottenuto un accesso venoso; il suo utilizzo si ripete ogni tre-cinque minuti senza interrompere le compressioni toraciche.

L'amiodarone nei ritmi del fibrillante di si utilizza con un dosaggio di 300 mg ev in bolo dopo il terzo shock durante le compressioni toraciche; in caso di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare persistente si somministra un’ulteriore dose da 150 mg.

L'amiodarone non è indicato nell’asistolia o nel Pea.

Il magnesio può essere somministrato a dose di 2 g per via ev periferica con ripetizione dopo 10-15 minuti sia nei ritmi defibrillabili che nei ritmi non defibrillabili, è inoltre indicato per tachicardia ventricolare, torsioni di punta o tossicità da digossina associata a ipomagnesiemia; in caso di ritmo non defibrillabile e indicato per la tachicardia sopraventricolare.

Il calcio non è indicato nei ritmi defibrillabili, ma in caso di asistolia o Pea, il dosaggio è di 10 ml di cloruro di calcio al 10%; è inoltre indicato per Pea causate da iperkaliemia, ipocalcemia o overdose da calcioantagonisti.

Il bicarbonato di sodio si utilizza con un dosaggio da 50 ml di una soluzione all'8,4% ev, non è consigliato il suo utilizzo di routine, utilizziamolo in caso di iperpotassiemia oppure overdose di triciclici. Utilizzare comunque se possibile l'analisi dell'equilibrio acido/base come guida della terapia.

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I trombolitici sono rappresentati dal tenecteplase al dosaggio di 500-600mcg/kg in bolo ev,oppure dall’alteplase al dosaggio di50 mg in bolo ev.

L'infusione di liquidi in caso di rianimazione e fondamentale è la soluzione fisiologica è il fluido più usato.

Farmaci utilizzati nel Peri-arrestoI farmaci utilizzati nel Peri-arresto sono rappresentati dall’adenosina in caso di tachicardia sopraventricolare parossistica ad un dosaggio di 6 mg ev in bolo,in caso di non efficacia, somministrare anche due dosi da 12 mg ad intervalli di 2-3-minuti; dall’adrenalina in caso di shock cardiogeno ad un dosaggio di 0,05-1 mcg/kg/min oppure in caso di bradicardia in alternativa al pace maker o di shock anafilattico.

L’ amiodarone si utilizza con un dosaggio di 300 mg per via endovenosa in 10-60 minuti in base alla stabilità emodinamica del paziente seguito da 900 mg nelle 24 ore in caso di tachicardia ventricolare Monomorfa emodinamicamente stabile, in caso di tachicardia ventricolare polimorfa, per il controllo di una fibrillazione atriale ed ancora in caso di insuccesso da cardioversione elettrica.

L'aspirina si utilizza in caso di sindrome coronarica acuta al dosaggio di 300 mg per via endovenosa seguita da 75 mg al giorno per via orale a stomaco pieno.

Altro farmaco utilizzato nel peri-arresto è l’atropina in caso di bradicardia sinusale, atriale o nodale oppure blocco atrio ventricolare al dosaggio di 500 mcg ev fino ad un massimo di 3 mg.

Anche i beta-bloccanti quali l’atenololo,il metoprololo,il propanololo e l’esmololo sono utilizzati in caso di tachicardia a complessi stretti o per il controllo della frequenza cardiaca nella fibrillazione o nel flutter atriale quando la funzione ventricolare è conservata.

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Il verapamil è il farmaco d’elezione in caso di tachicardie regolari stabili a complessi stretti non convertibili da manovre vagali o dall’adenosina; si utilizza inoltre per il controllo della frequenza ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale o flutter atriale e funzione ventricolare conservata al dosaggio di 2,5-5 mg ev in due minuti; in caso di insuccesso si somministreranno dosi ripetute da cinque-10 mg ogni 15-30 minuti per un massimo di 20 mg.

La digossina è indicata in caso di fibrillazione atriale con rapida risposta ventricolare al dosaggio di 500 mcg in 30 minuti.

I farmaci inotropi positivi, quali la dobutamina al dosaggio di 5-20 mcg/kg/min o la dopamina al dosaggio di 1-10 mcg/kg/min oppure la noradrenalina al dosaggio di 0,05-1 mcg/kg/min, sono utilizzati in caso di ipotensione in assenza di ipovolemia o shock cardiogeno.

Il magnesio alla dosaggio di 2 g in via ev periferica in 10 minuti, ripetibile una sola volta in caso di necessità è utilizzato in caso di torsione di punta o tossicità da digossina.

I nitrati si utilizzano in caso di profilassi o terapia dell'angina, nella angina pectoris instabile, nell'infarto del miocardio e nell'insufficienza ventricolare sinistra acuta e cronica.

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AUTORI: Salvatore Anatrella Valentina Angelini Carmelina Aprea Gaetano Carpino Emilio Cavuoto Natale De Falco

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Salvatore De Rosa Mario Guarino Mattia Izzo Paolo Kosova Massimo Lagnese Rosario Lanzetta Dora Lotti Antonio Maddalena Paolo Marotta Silvio Perrotta Michela Placido Maria Gabriella Raeli Antonio Ercole Rossi Enrico Ruggiero Alessandra Maria Tedesco Salvatore Toso