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Vita interiore: l'inconscio come esperienza* James Hillman, Zurigo II terreno che analisi e teologia hanno in comune è l'anima. Ma questa è piuttosto un « non terreno », dato che né la teologia né la psicoterapia dinamica ne fanno il loro principale interesse. Mentre la prima studia Dio e i suoi disegni e la seconda l'uomo e i suoi stimoli, il punto di contatto fra i due è troppo spesso lasciato intoccato. Questo vuoto, che dovrebbe essere per tradizione il luogo d'incontro fra Dio e uomo, è diventato il paese di nessuno ove si misurano ecclesiastici e analisti. Ecco poi apparire le prime nubi semantiche: i termini « uomo », « anima », « Dio », vengono usati dagli psi- cologi in modo estremamente primitivo, senza l'im- menso apparato critico di cui teologi di profonda formazione possono valersi come sostegno. Parlando dell'incontro Dio-Uomo nell'anima, intendo riferirmi all'immagine di Dio che da la psiche, il Dio-immagine conosciuto, sperimentato, sentito, intuito, 67

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Vita interiore:l'inconscio comeesperienza*James Hillman, Zurigo

II terreno che analisi e teologia hanno in comune èl'anima. Ma questa è piuttosto un « non terreno »,dato che né la teologia né la psicoterapia dinamicane fanno il loro principale interesse. Mentre laprima studia Dio e i suoi disegni e la secondal'uomo e i suoi stimoli, il punto di contatto fra i dueè troppo spesso lasciato intoccato. Questo vuoto,che dovrebbe essere per tradizione il luogod'incontro fra Dio e uomo, è diventato il paese dinessuno ove si misurano ecclesiastici e analisti.

Ecco poi apparire le prime nubi semantiche: i termini« uomo », « anima », « Dio », vengono usati dagli psi-cologi in modo estremamente primitivo, senza l'im-menso apparato critico di cui teologi di profondaformazione possono valersi come sostegno. Parlandodell'incontro Dio-Uomo nell'anima, intendo riferirmiall'immagine di Dio che da la psiche, il Dio-immagineconosciuto, sperimentato, sentito, intuito,

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percepito, rappresentato, formulato dall'uomo co-mune.Questo Dio è prima un'esperienza, poi un concetto.Questa immagine o esperienza non è né unica nécostante.Infatti mentre subisce variazioni durante la vita delsingolo uomo, allo stesso tempo cambia in modoestremamente ampio e vario da individuo a individuo.La molteplicità dell'esperienza del divino può portarea confronti psicologici che a loro volta causano asser-zioni di ordine teologico secondo cui alcune immagi-ni sono veritiere, mentre altre sono distorte. Talvoltal'esperienza è assente, talvolta è un'astrazioneconcettuale, talvolta infine il divino è sostituito daimmagini ed esperienze che normalmente non sonoritenute sacre.Spesso, (fatto di interesse teoretico non trascurabile)l'immagine e l'esperienza di Dio sono tanto più di-storte e trasposte, quanto più una persona è psico-logicamente turbata.Per tali ragioni, tanto l'esperienza quanto l'immaginedi Dio continuano a manifestarsi allo psicologo, all'in-terno dell'anima e attraverso di essa senza alcun li-mite, al di là dei confini di qualunque dogma. Imma-gini ed esperienze siffatte sono la rappresentazionecollettiva di noi tutti nella società. C'è un Dio che nonpiace al Vescovo di Wooiwich (John Robinson) quelloche se ne sta assiso lassù in cielo, una sorta di BabboNatale da bambini, vecchio Dharma Dad su di unanuvola, minacciato da rombi supersonici e da uominiche camminano nello spazio racchiusi in armaturescintillanti.

Stranamente l'anima è un'esperienza e un'immaginepiù difficile da chiarire. Come termine è completa-mente scomparso dalla psicologia contemporanea; haun alone di antichità che riecheggia voci di conta-dini sulle lande celtiche oppure che reincarna i teo-sofi. Forse è ancora mantenuto in vita alla stregua dìun organo residuale, da qualche prete di paese odai dibattiti di seminario della filosofia patristica. Ma

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(1) James Hillman, II sui-cidio e l'anima. Astrola -bio, Roma 1972.

2) Ibidem, pag. 35, 37,38.

a stento ancora si trova nelle canzoni popolari: chiancora si strugge con « anima e cuore? » chi mai« mette tutta la sua anima >> in qualcosa? chi è laragazza « con l'anima negli occhi? » chi l'uomo con« un'anima grande cosi? » chi dice di una donna cheè « un'anima buona? ».« Anima » è rimasta l'ultima parola di cinque lettereconsiderata innominabile dalla gente « in ». Nel mio« II suicidio e l'anima », si trova un chiarimento piùampio di ciò che io intendo per anima. Come orienta-mento può servire ribadire un paio di concetti:

« La prima cosa che il paziente vuole dall'analista èdi renderlo consapevole della sua sofferenza e di at-tirarlo nel suo mondo d'esperienza. Esperienza e sof-ferenza sono termini strettamente associati con ani-ma. « Anima » tuttavia, non è un termine scientifico,e compare molto raramente nell'attuale psicologia...I termini « psiche » e « anima » possono essere usatiin modo interscambiabiie, benché ci sia una tendenzaa sfuggire l'ambiguità delia parola « anima » facendoricorso ala più moderna e più biologica « psiche ».« Psiche » è usata più come una concomitante natu-rale alla vita fisica, forse riducìbile ad essa. « Anima »,d'altra parte ha delle sfumature metafisiche e roman-tiche. Condivide le frontiere con la religione... Questaesplorazione della parola dimostra che non abbiamoa che fare con qualcosa che può essere definito; eperciò l'anima in realtà non è un concetto, ma unsimbolo. I simboli, come sappiamo, non sonocompletamente sotto il nostro controllo, e questo ciimpedisce di usare il termine in modo non ambiguo,anche se lo prendiamo per riferirci a quel fattore uma-no sconosciuto che rende possibile il significato,che volge gli eventi nelle esperienze, e che si comu-nica nell'amore.L'anima è un concetto deliberatamente ambiguo cheresiste a tutte le definizioni nello stesso modo deisimboli supremi... ».

Vorrei ora aggiungere al termine anima un'ulteriorequalificazione: « rende possibile la conoscenza, tra-

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sforma gli avvenimenti in esperienze, è comunionein amore ed ha un contenuto religioso ». Vorrei di-mostrare durante l'esposizione, quanto profondamen-te l'analisi sia legata all'anima, e quanto quest'ulti-ma, a sua volta dia luogo ad una implicazione dell'a-nima nella religione e perfino nella teologia, mentreal medesimo tempo la religione immanente, quellasperimentata, ha le sue radici nella psiche umanaed è, come quest'ultima, un fenomeno psicologico.Gli antropologi descrivono un avvenimento tra i po-poli primitivi, detto « perdita dell'anima ». Quando sitrova in questo stato, l'uomo è assolutamente inca-pace di afferrare, al di fuori di sé le relazioni tra isuoi simili, e la relazione che lo lega al suo proprioessere. Non riesce ad essere attore nella società, néa partecipare ai suoi riti e alle sue tradizioni. La suarelazione con la famiglia, con il suo « totem », conla natura è completamente stroncata. Finché nonriacquisterà la sua anima, non è più un vero essereumano. Non è presente a sé stesso. E' come se nonavesse mai ricevuto l'iniziazione, il nome, la suareale identità.Può darsi che la sua anima non sia solamente per-duta, ma forse posseduta, stregata, malata, trasferitain un oggetto o in un animale, in un luogo o in un'al-tra persona. Senza quest'anima ha perduto la facoltàdi sentire la sua appartenenza e la sua comunione conle potenze e con gli dei. Essi non possono più giungerfino a lui ed egli da parte sua non può pregarli né farloro sacrifici né compiere le danze rituali. Il suo mitopersonale e la relazione con il mito più generale dellasua gente, come « raison d'ètre », è perduto. Eppurequest'uomo non ha una malattia fisica, né si può direche abbia smarrito la ragione. Egli ha semplicementeperduto la sua anima e può giungere a morirne. Pernoi c'è la solitudine.

Altri confronti di rilievo con gli uomini moderni nonhanno necessità di essere. Una volta ho assistito adun dialogo con una donna nel famoso ;stituto di Bur-ghòlzi a Zurigo, dove sono nati i termini « schizofre-nia » e « complesso ». La donna debole e anziana sta-

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va su una sedia a rotelle. Affermò di essere morta poi-ché aveva perduto il cuore.Lo psichiatra le fece posare la mano sul petto perchésentisse che il cuore batteva ancora: doveva essercise ella ne riusciva a sentire le pulsazioni. « Quellonon è il mio vero cuore » disse la donna e scambiòuno sguardo con lo psichiatra. Non c'era niente daaggiungere. Come il primitivo e la sua anima perduta,questa donna aveva smarrito la coraggiosa relazioned'amore con la vita che è il vero cuore, non quellostrumento a tic-tac che è ugualmente in grado di bat-tere dentro una provetta.

Questa è indubbiamente una visione della realtà as-sai lontana dalla normalità. Ne è cosi lontana da co-stituire parte della sindrome di alienazione mentale.Ma si può considerare ugualmente comprensibilel'idea della donna affetta da depersonalizzazione psi-cotica, come il punto di vista dell'uomo che cerca diconvincerla che in realtà il cuore è ancora al suoposto.Quanto a me, a dispetto dei complicati e dispendiosimetodi della ricerca medica e della pubblicità delleindustrie della salute e del divertimento, che voglio-no dimostrare che l'unica realtà è quella fisica e chela perdita di mente o cuore è tutta immaginazione,io credo profondamente nel primitivo e nella donnadella clinica svizzera: noi possiamo perdere e vera-mente perdiamo le nostre anime. Sono d'accordocon Jung che ognuno di noi è « un uomo modernoalla ricerca di un'anima ».

Dal momento che l'anima è perduta, fuori dalla suasede o temporaneamente smarrita, i sacerdoti sonostati costretti, imbattendosi in un problema pastorale,a risalire al più stretto parente dell'anima: la ragione.E cosi la Chiesa si rivolge alla psicologia accade-mica e clinica, alla psicodinamica, alla psicopatolo-gia ed alla psichiatria, nel tentativo di capire la menteumana e i suoi meccanismi.Ciò ha portato i sacerdoti a considerare i problemidell'anima come esaurimenti nervosi o alterazioni

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mentali e la cura dell'anima come una specie di psi-coterapia. Ma il regno della ragione (percezione, me-moria, disturbi mentali) è un regno indipendente, unplano diverso con un inquilino che poco ci può spie-gare dell'essere cui il sacerdote si interessa, cioèdell'anima.

Forse si possono giustificare i dogmatisti di tradizio-ne, che mai si serviranno dì queste puntate in campomedicoscientifico e di certe deliberazioni pastorali.Potrebbero semplicemente affermare: « II sacerdotenon ha bisogno della cìnica per trovare l'anima ostudiarne le sofferenze, il « logos » del suo « pathospsichico ». La parrocchia, il mondo stesso sono lasua cllnica. Il nostro interesse non è rivolto alla men-te, alla sua dinamica, alla sua meccanica, alle suedomande, alle sue repressioni e ai primi ricordi, ma èrivolto all'anima dell'uomo e al suo rapporto conDio ».

Eppure lo studio religioso e quello scientifico hannosempre più qualcosa in comune; ad esempio i gio-vani sacerdoti che compiono studi più approfonditicompletano il bagaglio della loro conoscenza leggen-do testi di psicanalisi e lavorando in cliniche psichia-triche. Questo per tenersi al passo con la nuova teo-logia, che il Rev. Harry Williams mi ha una volta de-finito come « ciò che avviene dentro di noi ». Dalsuo discorso capii che secondo lui, quello che av-viene tra la gente in sala da pranzo o in camera daletto, è religione quanto ciò che avviene in chiesa, ilvescovo John Robinson assume la stessa posizione,quando dichiara che le affermazioni a proposito dìDio riguardano in ultima analisi i rapporti personali.Tutto ciò rappresenta una minaccia per gli psicologi,dal momento che quanto avviene dentro di noi erasempre stato chiamato psicologia o fisiologia, e iproblemi dei rapporti personali, sia che fossero ditavola che di letto, sono stati il pane quotidiano del-l'analista. La psicologia, rivendicando sempre piùl'anima come suo campo d'azione, è andata esten-

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dendo la sua influenza a spese della teologia perdecenni, da quando Nietzche proclamo la morte diDio e Freud sostenne che la religione non era altroche un'illusione. Ora improvvisamente i teologi scate-nano l'offensiva nella battaglia per l'anima. Però laminaccia non sta solamente nella questione di chi ab-bia la prevalenza.

Quando il fondamentale diviene l'essere interiore,e il trascendente è l'intero immanente, ecco !! mo-mento in cui il sacerdote deve addentrarsi nella pro-fondità della psiche. Ed è allora che è obbligato a ri-correre alla psicologia. Chi lo spinge in questa dire-zione sono insieme la confusione della sua parroc-chia e della nuova teologia. Ma molto dipende daltipo di incontro che i padri spirituali hanno con lapsicologia del profondo, che (come dimostra l'espe-rienza personale dell'analista), è necessariamente,prima un incontro personale con ii proprio inconscio,e solo in un secondo tempo, vero e proprio lavoroclinico sugli altri o studio accademico.

Certo non ci aiuta a trovare l'anima la proliferazionedi case di cura per malattie mentali con il loro perso-nale competente ed esperto, i programmi cosi effi-cienti, le quiete ed asettiche stanze di consultazione,i gruppi di incontro e i pamphlets perfettamente stu-diati che diffondono la psicologia con l'entusiasmomortalmente tetro di una nuova religione (e intantoricevono sovvenzioni statali). Se l'anima non è impli-cita fin dall'inizio, non apparirà certo alla fine. Nonha importanza la perfezione della nostra salute men-tale, abbiamo sempre bisogno di un'anima. E d'altraparte potremmo chiederci: può qualcuno considerar-si completamente sano di mente se il suo equilibrionon è fondato anche sull'intuizione dell'anima?

Noi tutti soffriamo dell'attuale perdita di anima e ilclero non è escluso. In realtà il problema di molti sa-cerdoti di oggi è di trovare un rapporto interiore conla propria chiamata e di mantenere quest'ultima sem-

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pre viva. Il rapporto verticale, in profondità e verso laradice archetipica della vocazione, sembra troncatoe capovolto. Ovviamente il sacerdote si guarda intor-no prendendo a prestito e imitando i metodi che parefunzionino tanto bene per gli altri. Ma il compito delconsigliere spirituale è essenzialmente diverso daquello dell'analista, dello psicologo clinico e dellopsicologo accademico. E la sua tradizione risale aCristo che si occupava di anime e ne aveva cura inmodi diversi: con i sermoni, con le marce senza unameta, con le visitazioni, con le parabole, con il dia-logo, con le discussioni, con la preghiera, con la spar-tizione di ciò che aveva, con le lacrime, con la sof-ferenza, con la morte, insomma vivendo fino in fondoil proprio destino, fedele alla sua vita. Lasciamo chei preti seguano « l'imitazione di Cristo » piuttosto chetentare di imitare la psicoterapia. Se si abbandonacoscientemente « l'imitazione di Cristo ». la si ritrovanel proprio inconscio trasformata in « identificazionecon Cristo ». C'è poi i! sacerdote che coscientementetenta di seguire una psicologia medica, ma nel sub-conscio è spinto e influenzato da una o più immaginidi quel Cristo di cui si parlava nel capitolo primo (3).I fedeli cosf si sentono mancare il terreno sotto ipiedi, sentendosi insieme malati e peccatori, oggettodi una diagnosi razionale e di una pretesa irrazionale,davanti al loro padre spirituale, che è allo stesso tempo cosi scientificamente aperto, ma allo stesso tempotanto pieno di sicurezza dogmatica.

II parrocchiano va dal sacerdote aspettandosi qualcosa di molto diverso da ciò che si aspetta dall'analista. Il compito del sacerdote non è medico: egli nondeve surare in senso clinico; ma non è neppure ditipo familiare: non deve dare amore paterno. In ultima analisi il suo compito non è neppure strettamente spirituale, se per spirituale si intende che eglidebba sempre essere un esempio di perfezione e disaggezza. Ma come un pastore che guida a Dio le suepecorelle, il suo compito principale è senza dubbio lacura dell'anima e la dedizione ad essa, a cominciaredalla sua. Solo chi è convinto della realtà dell'anima

(3) L'autore fa riferimen-to ad un'altra parte del li-bro da cui il presente ar-ticolo è stato tratto.

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può convincere gli altri. Solo chi è compreso di que-sta realtà psichica, può comprendere i problemi del-l'anima che gli si presentano. Niente, più del credereprofondamente nell'anima, può aiutare a capire l'esi-stenza di essa; è cosi che il problema del consigliospirituale comincia, oggi, dal sacerdote stesso e dalsuo rapporto con la propria anima.

Molti sacerdoti sono coscenti di ciò. Il numero deisacerdoti che con le loro famiglie si sono serviti dellapsicanalisi aumenta, e si fa sentire sempre più forteda altri la necessità di analizzare la vocazione e di« trovare qualche aiuto nella psicologia ». Nel sacer-dote di oggi, come nel religioso di ogni epoca che èin conflitto con la propria fede, c'è quel sincero e ge-nuino dubbio di chi cerca di rimanere coerente allapropria chiamata. Il sacerdote non fa mai parte inmaniera tanto profonda del suo gregge come quandosi verificano insieme lo smarrimento di una pecorellae quello del pastore. La teologia sconvolta e minatada una crisi di fede che dura da anni, sta riscoprendol'anima, e la psicologia ha una parte di notevole ri-lievo in questo processo di ricongiungimento. Tuttii problemi di oggi coinvolgono anche la chiesa; alcoo-lismo, adulterio, omosessualità, psicopatia, evasionefiscale, suicidio. Non c'è più niente che possa proteg-gere il sacerdote dai dubbi interni che lo divorano. Edè per lui difficile nasconderlo. Ma è questo sconvol-gimento alle fondamenta, che ha costretto individual-mente il sacerdote al coraggio e all'incontro perso-nale con se stesso. L'effettivo ricongiungimento frapsicologia e religione, non si deve cercare nel dogma,nei concilii ecumenici o nell'azione; esso si verificaproprio nell'anima del singolo sacerdote in conflittocon la propria chiamata. Non si può provare che ri-spetto e ammirazione per tale conflitto, testimonianzadi qualcosa di più ampio che si avverte dietro il pro-blema personale. Pare stia accadendo nell'animo delclero qualcosa che potrebbe essere un segno di im-portanza storica. In questo contesto la psicologia delprofondo trova un

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aggancio con la nuova teologia. Ciò che interessa noianalisti è l'anima, l'uomo nel suo mito, ne! suo pro-cesso di individuazione nel suo momento storico. Maè pure a questi temi che si interessa il sacerdote.Questi oggi, a causa dei fermenti della nuova teolo-gia, e della sua stessa vocazione, è sotto molti aspettipiù aperto dello psicologo, impedito dalle pastoiecatechistiche della sua semantica dogmatica e rin-chiuso in quella sorta di celle di isolamento che sonole Harley Streets delle grandi città.

La nuova teologia, la nuova moralità e la nuova ri-forma (con la loro discutibile psicologia, di cui trat-teremo più avanti) sono veramente e finalmente nuo-ve. Purtroppo la psicologia dell'inconscio, che com-pie 80 anni dalla sua nascita in un consultorio diVienna, comincia a mostrare qualche lieve sintomodi irrigidimento. Infatti è lo psicanalista e non più ilsacerdote, il barbuto e vecchio protagonista delle cari-cature moderne. Dato che il sacerdote non è più sog-getto all'attenzione pubblica (tranne quando fa il por-tabandiera di crociate popolari) ed è diventato unaspecie di « uomo invisibile », simile al negro di pochianni fa, ci si dovrebbe attendere per legge di com-pensazione, che la figura del sacerdote si stia com-pletamente trasformando. L'aspetto « dell'uomo diDio » sta subendo una trasformazione causata dalleimmagini stesse che si agitano nel calderone del suosconvolgimento individuale. Col riconoscere i cam-biamenti che si verificano inferiormente e con il ri-manervi coerenti, non soltanto la teologia assume unnuovo volto, ma emerge un nuovo modo di conside-rare l'anima e averne cura. Questo è il nuovo atteg-giamento spirituale dei sacerdoti, basato sull'espe-rienza personale. L'ammettere l'esistenza dei muta-menti psicologici e della loro opera di trasformazionesulla personalità, è un compito altrettanto eroicoquanto le battaglie delle chiese moderne fondate sul-l'azione. Il dovere individuale è sempre turbato dadubbi; il suo cammino si snoda nell'ombra e i risul-tati giungono tardi. In conclusione la necessità ditrovare S'anima scotta

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come forse nessun altro problema. Tutti gli altri pro-blemi, il trovare il vero posto di Dio, il significato del-l'amore, il ruolo del sacerdote nella comunità e tuttoil resto derivano da quel primo problema. Chi hasmarrito la sua anima è pronto a trovare Dio dovun-que, in cielo e in terra, vicino e lontano; si attaccheràad ogni parvenza d'amore che incontri sul suo cam-mino mentre rimane in attesa di un « segno ». Senzauna qualche intuizione dell'anima ci saranno ovvia-mente grande confusione morale, incertezza nell'a-zione, decisioni che sembrano logiche, ma che nonhanno validità psicologica. Per tutte queste ragioni,prima di discutere a chi spetti occuparsi dell'anima,bisognerebbe che religione e psicologia tentasseroinsieme di trovarla.

Dalle affermazioni di taluni teologi, sembra che l'a-nima non si trovi nei Sacramenti, nella Liturgia, onelle cerimonie rituali e neppure in Chiesa o nella Si-nagoga. Esse sono ormai divenute dei centri apparte-nenti alla comunità, che provvedono a tutte le neces-sità, tranne a quella dell'anima. Secondo gran partedella più autorevole teologia contemporanea, i luoghitradizionali sono completamente privi di anima; per-fino Dio, che a parere di Schweitzer, Bultman, e Barthnon ha in effetti un posto nella civiltà d'oggi, è uscitodal tempio e si trova ai suoi confini nel suo Lam-barané.

D'altra parte se le chiese si vuotavano, le cllniche siriempivano e gli psicologi — in particolare Jung —apparentemente trovavano l'anima e un'immagine delDio vivente proprio nel campo del loro lavoro. Cosiadesso la teologia si volge in un'altra direzione, sor-retta da una lunga tradizione religiosa. Insieme adessa si volge verso il « fondo dell'essere ». Posto chequesta sia la direzione in cui opera la nuova teologia,allora il primo terreno da esaminare è l'inconscio, dalmomento che la sede fenomenologica dell'inconscioè la profondità e l'interiorità dell'essere. Questa puòesser la via giusta, ed altre vie sono ad essa conse-guenti. La psicologia del profondo, l'esistenzialismo

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e il nuovo indirizzo della teologia sono tutti rivoltiall'interiorità. Il nuovo misticismo è di tipo discen-dente, come ha detto il Rev. Otis Maxfield. Non è unascalata alla montagna delle sette balze, verso le vettedel Carmelo o del Sion, o forse — come dice Jung— il cammino ascendente è divenuto quello discen-dente e viceversa.

Ma facciamo attenzione a non creare confusione, fa-cendo troppo lieve distinzione fra l'itinerario versol'alto e quello verso il basso. Se riusciamo a scopri-re che la sede dell'anima, e l'esperienza di Dio,sono in qualche modo profonde, interiori ed oscuredobbiamo tener conto che il nostro cammino saràirto di pericoli. I luoghi più prossimi al fondo sono ilregno del diavolo e della sua orda di demoni. Ilcammino discendente si snoda attraverso un labirintoe perfino la tradizione teologica ci insegna, che nelviaggio verso l'interiorità ci troveremo a confronto contutto ciò che è stato da secoli respinto verso il basso:la materia, la femmina, il diavolo, il peccato, gliorgani sessuali, la passione. Questa è evidentementela via classica della psicanalisi: il ritornare incontro atutto ciò che abbiamo rimosso. Questo viaggio aritroso può provocare un incontro con il « fondodell'essere », ma Dante, che ha percorso questostesso cammino, ha trovato anche altre cose. E' perquesto che solo attraverso l'inconscio potremoarrivare all'anima e alla sua esperienza di Dio, chenon è altro che un incontro col diavolo e col peccatoe con tutte le inquietudini del possibile, che sono sta-te respinte dalla civilizzazione coscente. Queste sonole ombre che ci sovrastano nel decidere.

L'inconscio è quindi la porta che dobbiamo varcareper trovare l'anima. Esso fa degli esperimenti delleesperienze che si riversano nell'anima; rende il pen-siero limpido e chiaro quando le emozioni ci turba-no; ed è sempre attraverso l'inconscio che molti han-no trovato la via che porta all'amore ed alla religionee sono riusciti ad afferrare in piccola parte ciò che èl'anima. Tutto ciò è continuamente riconfermato dalla

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pratica analitica. Ma per cercare l'anima partendodall'inconscio, è prima necessario trovare quest'ul-timo. Da momento che trovarlo significa riconoscerlodobbiamo oltrepassare il semplice piano empirico,e il punto fondamentale consiste nel come ricono-scere che esiste « quella tal cosa » che si chiama in-conscio. Non riusciremo mai a stabilire la sua esi-stenza o quella dell'anima attraverso la discussione,la lettura o qualunque prova diretta, lo troveremo im-battendoci in esso, quasi inciampando per caso nellanostra psiche inconscia.

Le dimostrazioni classiche dell'inconscio sono tuttecaratterizzate da questa specie di incontro fortuito.L'esistenza dell'inconscio non è dimostrabile attra-verso la logica. L'idea di una mente inconscia portaad una contraddizione logica: perché che cos'è lamente se non coscienza? Quindi la prova dell'esisten-za dell'inconscio non può venire che dall'esperienza:sono un'ipotesi e una deduzione che scaturisconoproprio da un'esperienza di vita. Ma rivediamo qual-cuna delle dimostrazioni classiche dell'esistenza del-l'inconscio. Vale la pena fermarsi su questo punto,perché di questa parola si è cosi abusato negli scrittimoderni, che talvolta il lettore ha l'impressione chead una precisa domanda, gli psicologi abbiano ri-sposto inventando, al posto di dei e fantasmi, una sto-ria ipostatizzata. Adesso vedremo che non è un'in-venzione.

Il « ricordare » e il « dimenticare » provano che lamente può perdere o no qualcuno dei suoi contenuti;essa in realtà li immagazzina semplicemente e poi liporta nuovamente alla luce. Dietro la facciata dellastanza di soggiorno, ci sono una soffitta ed una can-tina dove si accumulano, più o meno a disposizione,gli avvenimenti, dotati almeno della possibilità di di-venire coscenti, anche se non lo sono in quel momen-to. L'abitudine è un'altra prova di tipo fortuito. Quandoguidiamo la macchina, fumiamo una sigaretta, ta>gliamo il pane compiamo queste azioni in parte co-scentemente, in parte incoscentemente. Quanto l'abi-

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tudine sia in gran parte inconscia, lo capiamo allorchéci capita un incidente: quando cade la cenere dellasigaretta o quando ci sfugge il coltello, insommaquando ci rendiamo conto di quel che stiamo facen-do. Questi « lapsus », o come la chiamava Freud que-sta « psicopatologia della vita quotidiana » ci dimo-streranno inoltre che non siamo i soli padroni dinoi stessi, che l'Io non basta a controllare tutto, chea dispetto della nostra volontà, ci capita di dire lacosa sbagliata o di storpiare una parola, dandole unsignificato completamente diverso. E' il timore tipicodi chi deve tenere una conferenza o fare una predica.Ecco, improvvisamente, ci imbattiamo nell'inconscio.

L'esperimento dell'« associazione di parole » è un'al-tra prova dell'esistenza dell'inconscio. All'inizio delsecolo, quando Jung era un giovane psichiatra a Bur-ghòlzli sperimento con l'associazione di parole, unmetodo di indagine che in qualche particolare erastato usato prima di lui in Germania da Wundt. Jungcomunque provò sui suoi pazienti questi esperimentie attraverso di essi riusci a scoprire alcuni aspettiimportanti della psiche. Scopri che se chiedeva dipronunciare al più presto la prima parola che venivain mente, mentre veniva letta ad alta voce una listadi cento parole, i pazienti balbettavano e incespica-vano. Alcune parole venivano pronunciate solo dopomolto tempo, altre erano ripetute e insistite, e nes-suno riusciva ad arrivare alla fine della lista senzadisturbi di associazione. Il centro focale dell'attenzio-ne, il controllo dell'Io del soggetto venivano spazzativia; qualcos'altro interveniva. Esaminando le paroleche causavano questi disturbi, Jung scopri che essesembravano avere una qualche affinità l'una con l'al-tra; tutte insieme formavano un complesso di signi-ficati, come ad esempio: sposa, bianco, paura, madre,morte; e coniò la parola complesso per descriverequesta associazione di idee permeate di sensazioni esentimenti irrazionali, che fanno parte della nostrastruttura psicologica e che non sono completamentesoggette al controllo del conscio. Attraverso la suaricerca personale e indipendente, egli si era sperimen-

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talmente imbattuto nell'inconscio e per questo fu unodei primi ad abbracciare l'ipotesi di Freud di unamente inconscia. I complessi possono dissociarsi inmaniera cosi' profonda dalla personalità dell'Io e per-fino l'uno dall'altro, assumendo una tale forza e untale aspetto da divenire personalità indipendenti. Viè poi un'altra dimostrazione classica dell'esistenzadell'inconscio: lo sdoppiamento di personalità. Sonoben noti i casi di Morton Prince e delle facce di Èvae inoltre il particolare tipo di sdoppiamento di per-sonalità che è proprio dei medium, quando cadono intrance. Non possiamo dunque parlare in questo casodi anima nascosta nell'inconscio? Se esistono nell'in-dividuo molteplici personalità, non parliamo forse, nellinguaggio tradizionale, di una molteplicità di anime,o di un'anima posseduta da diversi demoni o di unadivisione in molte parti che si combattono dentro dinoi? La dissociazione dei complessi e la loro totalenon coscienza, porta a credere negli spiriti, alla proie-zione di parti del nostro essere al di fuori di noi stes-si, simili a fantasmi o entità solo in parte reali. Sottoquesto aspetto possiamo parlare di un'anima predadi fantasmi, proprio a causa della sua non coscienza.

Ma i complessi intesi come « fasci di idee permeatedi sensazioni irrazionali » possono presentarsi ancheavulsi dall'esperimento dell'associazione, senza chela macchina delia verità esamini il terreno su cui sibasava l'esperimento dell'associazione di parole. Ognigiorno possiamo accorgerci dei nostri complessi. Alsemplice apparire di qualcuno che si teme, o versocui siamo debitori, o che abbiamo un tempo amato,tutto il nostro aspetto esteriore cambia, dall'espres-sione del volto all'atteggiamento di tutta la persona.Può capitare di impuntarsi su un nome, come di ar-rossire od essere presi dal tremito. La nostra vocepuò abbassarsi fino ad un sussurro o assumere untono stridulo o nasale. Capita di dire cose che non in-tendiamo affatto, e tutto questo avviene senza checoscientemente lo vogliamo. Nella società tutti sonocostantemente preda dell'inconscio e dei suoi com-plessi, quando cerchiamo di impressionare il pros-

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simo, quando cerchiamo di tirarci indietro, quandoponiamo le nostre assurde domande. I complessiguidano gran parte delle nostre azioni e reazioni, spe-cialmente quelle sproporzionate o di compensazione.Bisogna aggiungere che non dobbiamo necessaria-mente essere in compagnia per accorgerci del nostroinconscio. Lo incontriamo ogni volta che siamo presida uno stato d'animo particolare. E questi stati d'ani-mo arrivano non richiesti, con caratteristiche variee mutevoli. Il segno che l'inconscio si sta mettendo inmoto è un umore incerto e instabile. Non solo gli scop-pi improvvisi, i ripicchi, l'irascibilità, gli scatti che cipermettiamo di fronte a moglie e figli (ma che nonpermettiamo a loro), ma anche gli sbalzi d'umore alivello inconscio le sotterranee e più profonde oscilla-zioni del nostro ritmo interno, i periodi d'inflazionecreativa, di prolungata depressione ed apatia, di noia,di tetraggine e dì malinconia. Se tentiamo di differen-ziare il concetto di umore e di emozione da quello diinconscio e ancora da quello di anima, ci troviamo difronte ad enormi difficoltà, poiché fin dai tempi piùantichi il concetto di emozione e quello di anima sonostati e sono ancora strettamente legati. La ricerca del-la sede dell'anima nel corpo è sempre stata confusacon quella della sede delle emozioni. Perché emozionied anima sono legate cosi intimamente? Soprattuttoperché l'esperienza dell'anima e l'esperienza emo-tiva sono simili. E' attraverso le emozioni che abbia-mo quell'esagerato senso dell'anima, dell'onore, del-l'offesa, dell'ansietà, di noi stessi. Sempre attraversole emozioni ci accorgiamo che non siamo soli in noistessi, che non abbiamo il controllo completo dellanostra interiorità, che c'è un'altra persona, anche sesolo un complesso inconscio, che può influenzare,spesso in misura notevole, il nostro comportamento.Ancora, quindi, il trovar l'anima attraverso l'inconscioè una scoperta del tutto casuale. Siamo preda di emo-zioni, stati d'animo particolari, e scopriamo una nuovadimensione, che come una sorta di liberazione inte-riore, ci guida verso la parte più profonda di noi stessi.Via via che ci addentriamo in profondità, verso il cen-

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tro essenziale del nostro essere, ci accorgiamo che iproblemi personali si allargano fino a raggiungere unadimensione umana generale e che le nostre veritàessenziali, divengono universali proprio come le as-serzioni della teologia.Si ha l'impressione che l'analisi del profondo condu-ca ad un centro oscuro e sconosciuto, in cui è diffi-cile distinguere l'inconscio dall'anima e dall'esperien-za di Dio. E' per questa ragione e non per il capricciodi un improvviso interesse teologico, che l'analisi siaddentra in misura notevole nei problemi religiosi.Noi non siamo preti mancati che hanno perdutola vocazione. L'anima è cosi legata all'inconscio ei problemi religiosi sono per essa di tale importanza,che volenti o nolenti siamo obbligati ad esprimere ilnostro pensiero su Dio, anche se ci limitiamo ad esse-re testimoni della sua confusa scoperta durante un'a-nalisi. Quando Jung afferma che la psiche ha una suanaturale funzione religiosa, non è che voglia far pro-seliti per la religione naturale o perché abbia inte-ressi religiosi di qualunque altro tipo, anche se adessomolti vorrebbero usare Jung a sostegno di tesi peri-colanti. La funzione religiosa naturale è inerente alprocesso stesso di analisi. La misura in cui l'analisicambia una persona e l'evidenza di questo cambia-mento (come guarigione) è simile in modo impressio-nante agli esempi della religione. Caratterizziamo bre-vemente questo processo: l'analisi comincia con l'in-teriorizzazione e il « lavaggio » interno di noi stessi.Questo lavoro prolungato e tortuoso spesso porta aduna rivelazione della verità e ad una nuova visione dinoi stessi con conseguenti cambiamenti esteriori, chesi esplicano con il linguaggio del rinnovamento, dellaconversione, della rinascita. In conclusione tutto ciòè confermato dalla testimonianza e dimostrato nellavita vissuta. E' per tutte queste ragioni che l'analistarivolge il suo interesse alla religione, per una ade-guata comprensione dei fenomeni che incontra nelcorso del suo lavoro.L'inconscio si rivela anche attraverso i « sintomi » dicommozione, di sdoppiamento di personalità, o di

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dimenticanza e lapsus, che sono tutti di natura psico-logica, e inoltre con sintomi di origine fisica di cui nonc'è ragione, né segno, né traccia, né causa logicanel sistema organico. Di più, esistono dei sintomi di-mostrabili organicamente, ma detti psicogeni. Essi ov-viamente non sono causati dalla personalità coscien-te, non dalla nostra volontà, ma dalla personalità in-conscia. Il fatto che questi sintomi possano portarealla scoperta dell'anima è un'affermazione che nonsorprende più. E non intendo parlare dei miracoli daReader's Digest tipo « Come sono giunto a Dio attra-verso la emicrania ». Ma uno stato di sofferenza pro-lungata, che fa sentire la propria carne torturata senzauna ragione plausibile, l'essere tormentati come Giob-be, non è uno stimolo al miglioramento della religio-sità, ma piuttosto una lezione di umiltà che porta alrisveglio dell'anima. I sintomi rendono umili, relativìz-zano l'Io, lo abbattono. La guarigione dei sintomi nonpuò che ripristinare l'Io nella sua precedente po-sizione di predominio. La mortificazione dei sinto-mi è uno dei modi per riuscire ad essere umili, l'im-pronta tradizionale dell'anima. Di umiltà si parla molto,ma poco si dice di come ci si arriva. Non si può essereumili a comando, dato che l'umiltà non è un attodell'Io. Esiste tuttavia un tipo di umiltà positiva, chenon è né rifiuto, né masochismo, né rottura, ma chepuò essere, per quanto possiamo sapere vicinissimaa quella di tipo religioso.Dato che i sintomi conducono all'anima, la guari-gione dei sintomi può venire a coincidere con la gua-rigione dell'anima, liberandola di ciò che sta comin-ciando a mostrarsi, dapprima tormentata e invocanteaiuto, consolazione, e amore. In realtà è l'anima inpreda alla nevrosi che cerca di far sentire la suavoce, di impressionare quella mente sciocca e osti-nata che, come un mulo impotente, non si smuove diun passo dal suo cammino immutabile. La reazionead un sintomo può altresì essere di benvenuto, inveceche di lamenti e richieste di cura, poiché il sintomoè il primo annuncio del risveglio della psiche, che nonpuò tollerare ulteriori abusi. E' per mezzo del sinto-

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mo che la psiche esige attenzione. Attenzione signi-fica dedicarle tutta la nostra attenzione, occuparsenecon delicatezza, e allo stesso tempo aspettare, nonavere fretta, ascoltare. Occorre un po' di tempo euno sforzo di pazienza. Più precisamente ciò di cuiogni sintomo ha bisogno è tempo, attenzione e solle-citudine. Sono esattamente le stesse cose di cui habisogno l'anima per essere sentita e ascoltata. Perquesto spesso ci si meraviglia che bastino un esau-rimento nervoso, una malattia un po' grave, perpoter trarre da ciò esperienze straordinarie, ad esem-pio: una diversa dimensione del tempo, della pa-zienza, dell'attesa; e parlando di esperienza religio-sa, una nuova sensazione di giungere all'essenza, diavvicinarsi alla interiorità più autentica di noi stessi,di lasciarsi tutto alle spalle ed arrivare finalmentea casa.Gli alchimisti hanno un'immagine molto calzante allatrasformazione della sofferenza e del sintomo in unaccrescimento di valore dell'anima. Uno dei traguardidei processo di alchimia era la perla preziosa. Questaperla, all'inizio, non è che un granello di sabbia, unsintomo nevrotico, un disturbo, un segreto irritante enoioso della propria carne, da cui non c'è conchigliache possa proteggere. Questo granello è ricoperto,elaborato giorno per giorno finché diventa perla, maancora deve essere ripescata dall'abisso e acquista-re autonomia. Poi, quando il granello è recuperato,viene indossato. Deve essere portato a contatto colcalore della pelle, perché conservi la sua lucentezza:il complesso liberato, una volta causa di dolore, èostentato davanti a tutti come una virtù. Il tesoro eso-terico, ottenuto con uno sforzo che nessuno conosce,diviene uno splendore esoterico. Liberarsi dei sinto-mi vuoi dire liberarsi anche della possibilità di gua-dagnare qualcosa che potrà un giorno rivelarsi digrande valore, anche se all'inizio è insopportabile ir-ritante, deprimente e da nascondere. Ma la via prin-cipale che porta all'incontro con l'inconscio, la « viaregia » di Freud, è il sogno. Il sogno di per se stessoè già un simbolo, cioè riunisce in sé il conscio e l'in-

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conscio, riunendo l'incommensurabile e l'opposto. Dauna parte la natura: contenuti e processi psichici og-gettivi, naturali, spontanei, non voluti. Dall'altra partela mente: parola, immagini, sentimenti, modelli, so-vrastrutture. E' un ordine privo di senso, come un di-sordine strutturale. Ogni notte è gettato un ponte dal-la parte inconscia della psiche. Ogni mattina per po-chi attimi mentre siamo ancora nel sogno, viviamo ilsimbolo, viviamo in esso, uniti in una realtà esisten-ziale fedele alla vita, come lo siamo noi in quel mo-mento. Questo è uno stato di precarietà. L'urgere delgiorno strappa via l'Io. Il polo conscio della psichesi lascia sfuggire un capo del ponte. Noi incontriamotroppo spesso i sogni, solo per metterli brutalmenteda parte.

L'atteggiamento classico di Jung verso il sogno èmolto bene espresso da un termine che prendo dal-l'analisi esistenziale (gli esistenzialisti sanno usarebene le parole e spesso possono dare un nome aqualcosa che gli analisti fanno da anni ed anni, unaforma ed un'espressione che hanno l'effetto di unanuova scoperta). Il termine è: « essere amici del so-gno ». Partecipare ad esso, entrare nel suo linguag-gio, nella sua vena, volerlo conoscere meglio, capirlo,scherzarci, vivergli accanto, portarselo dietro, cercaredi entrare in confidenza con esso, come si farebbecon un amico. Più sono in confidenza con i miei so-gni, più lo sono con il mio mondo interiore. Chi vivein me? Quali sono le mie vedute interiori? Che cosac'è di ricorrente e quindi che cosa continua a ritor-nare in me per viverci? Questi sono gli animali e lepersone, i luoghi e gli interessi che vogliono la miaattenzione, la mia amicizia, la mia confidenza. Vo-gliono essere conosciuti come lo verrebbe un amico.Esigono la mia sollecitudine e il mio interesse. Que-sta confidenza, dopo un po' di tempo, fa si che ci sisenta a proprio agio ed in identità con una famiglia in-teriore, che altro non è che l'affinità e l'unità col pro-prio lo o a livello profondo di ciò che si può anchechiamare « l'anima del sangue ». In altre parole l'u-

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nione interna con l'inconscio ci riporta ad una intuizio-ne dell'anima, ad una esperienza di vita interiore, adun luogo ove si trova la comprensione. Quando queipezzi e quelle parti prima slegati, sono riallacciati gliuni agli altri, sono approfonditi ed ampliati, la dimo-ra per ospitare la vita religiosa, di cui parlavamo al-l'inizio, comincia a formarsi.

L'abitudine di esaminare i sogni per rendere abitabileil mondo interiore, può cominciare proprio dalla fa-miglia. A tavola, o parlando di ciò che è accaduto ascuola, o al telefono, o leggendo quanto è scritto sullascatola dei cereali, si può parlare di un frammento odella scena di un sogno, lasciando che anche l'incon-scio, apertamente e con semplicità, entri nella famiglia.Non è che si debbano interpretare i sogni dei bam-bini o mettersi a spiegare a tutti i vari significati deisogni. Basta che il sogno sia portato a contatto dellavita di tutti i giorni, che la realtà soggettiva del sognosia accolta ed ammessa, valutata nel mondo oggettivodella famiglia. Interpretazioni e spiegazioni troppospesso sono razionalizzazioni, e d'altronde, perchési deve dare al bambino la sensazione che i suoi so-gni siano pazzi, misteriosi e cattivi tanto da farlo ver-gognare di essi?

I significati che scaturiscano dal sogno non possonoessere gli stessi dell'Io. Se lo fossero non ci sarebbeprogresso, ma solamente una inflazione dell'Io. Unanuova « pax romana », cui tutti gli elementi alieni edestranei devono sottostare. Il vecchio detto che « unmodesto sapere è cosa pericolosa » non è mai statocosi appropriato come nel caso delle interpretazionidel sogno. I sacerdoti sembrano istintivamente sa-perlo, se ripetono continuamente che loro « i sognili lasciano stare », come se questi fossero troppo pro-fondi, difficili e tali da richiedere una particolare cono-scenza ed esperienza per interpretarli.Ciò è vero senz'altro, però se il sacerdote è tenutoad essere un pastore di anime, come può ignorarequesta essenziale voce dell'anima, considerandola un

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messaggio che può essere capito solo dai seguaci dìFreud, dagli psichiatri e dai seguaci di Jung?Per tutte queste ragioni esìste un altro modo di ac-costarsi al sogno, una via non riservata agli esperti,ma un modo pratico e valido, sia a tavola che in par-rocchia.

Dobbiamo prima convincerci che non siamo tenuti adobbedire alla affermazione di Freud: « dov'era l'Esdovrà essere l'Io ». Attribuire ad un sogno i signifi-cati di una mente razionale significa esattamente so-stituire aI!'« Es » l'Io. L'interpretazione del sogno con-siste allora nell'ammucchiare e trasportare tutto ilmateriale da una parte all'altra del ponte. Questa ope-razione spezza l'unità del simbolo, che è il legame trale due parti della psiche. Trasformerebbe il sogno inun qualcosa di conosciuto, un sogno convenzionale,un'etichetta. Questo è un sostituto della madre, que-sto animale è la tua carica sessuale, quelle collinee valli sono la culla delia tua infanzia e dei tuoi desi-deri infantili). Queste interpretazioni che tendono arazionalizzare mentre cercano di sostituire l'Es conl'Io, in realtà contribuiscono a rendere sterile l'incon-scio, a diminuire la sua ampiezza, a svuotarlo dei suoicontenuti. Tutti questi atti sono da considerarsi dan-nosi. Non è questo l'essere amici dei sogni. Il sognospezzato fra contenuto irrazionale e significato razio-nalizzato diviene una frattura della psiche. Il sognoche ogni mattina ci offre l'opportunità di una buonacura della nostra casa, con la divisione è violato, lenostre ferite restano aperte sempre umide e in disor-dine al di sotto, sempre asciutte ed in ordine allasuperficie. E cosi l'inconscio diviene il mio nemicoda plasmare e propiziare mediante tecniche analiti-che, oppure è considerato ed osservato da un puntodi vista favorevole e vantaggioso. Ma soprattutto glisi deve togliere il suo potere. In realtà, vi sonosituazioni che i sogni riproducono come uno stampodi fango: la paura degli animali, un mare tempestoso,una cucina in disordine; per cui si deve ricorrere aspiegazioni razionali, chiarificazioni e chiarezza di

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vedute. Ma ciò che è più importante è il rapportocon il sogno, influenzato in parte dall'atteggiamentoche assumiamo nei suoi confronti.

L'amicizia implica che si mantenga la relazione apertae scorrevole. La prima cosa da fare quindi in questoprimo passo non interpretativo verso il sogno è diconcedergli tempo e pazienza, senza saltare a con-clusioni, senza imbalsamarlo nelle soluzioni. L'atteg-giamento amichevole verso il sogno comincia conuno sforzo sincero di ascoltarlo, fermando sulla car-ta o su un apposito diario dei sogni ciò che essodice, esprimendosi con il suo stesso linguaggio. Bi-sogna tener particolarmente conto della sfumaturasensitiva, irrazionale del sogno, dallo stato d'animoal risveglio, di gioia, di paura e di sopresa. Amiciziasignifica anche una disponibilità sensibile nei confrontidel sogno, per cui si deve essere bene attenti nelricevere le sensazioni in esso contenute, come sefosse un essere vivente con cui ci accingiamo a strin-gere amicizia. In secondo luogo bisogna prestare at-tenzione a ciò che l'amico intende dire, di che cosavoglia parlare e il luogo di tutto ciò. Le scene delsogno si limitano generalmente a poche figurazioni,spesso quattro in tutto, per ciò è solo questo messag-gio specifico ad essere trasmesso. Se per qualchenotte di seguito sono soprattutto uomini ad apparirenei miei sogni, ne deduco che qualcosa sta accadendonella parte maschile di me stesso, che ognuno di essiincarna un insieme particolare di caratteristiche, uncomplesso che rappresenta un carattere saliente dellamia personalità. Uno è particolarmente ambizioso, unaltro è un eroe del football con un corpo che sprizzapotenza, un terzo è poco chiaro ed ha occhi sfuggenti.Queste sono tutte possibilità aperte per me, parti dime stesso, complessi che fanno parte della mianatura e che influenzano il mio comportamento. Imiei sogni possono innalzarmi a compagnie di altorango, farmi trovare all'aeroporto pronto a partire adogni istante, farmi trovare in stanze d'albergo im-personali, né qua né là, o portarmi a sfrecciare con

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gli sci giù per una pista, felice e congelato sui mieitrespoli di metallo. In ogni caso il sogno continua adire: « osserva dove sei e con chi sei ». E più si ripe-tono i particolari dominanti, i luoghi, le persone, piùil sogno esige la nostra attenzione. Forse che si igno-ra un amico?

E il racconto di un amico ha un inizio, una metà, unafine come tutti ì romanzi ed i drammi. Cosi devo co-minciare ad ascoltare il sogno proprio dall'inizio,perché è li che si trovano le premesse all'interessedel sogno, esattamente come in un programma tea-trale sono stampati il tempo e il luogo dell'azione: almattino di un giorno dell'infanzia, di sera nell'ufficiodopo che tutti se ne sono andati e siamo rimasti soloio e l'ufficio, nella mia camera matrimoniale. Debboaltresì notare in che modo il sogno manipola gli svi-luppi dell'azione per giungere ad una certa atmosfe-ra, talvolta indicata dalla parola « improvvisamente »;ed infine il sogno arriva al termine, bruscamente ocambiando o perché ci si sveglia. Sebbene sianonecessari anni di esperienza per interpretarecorrettamente i sogni, dato che è veramente un lavoroda specialisti, un mestiere e allo stesso tempoun'arte, non ci vogliono invece una acutezza o unaconoscenza particolare per divenire amici dei sogni.Si può sempre lasciare che questo amico cada infantasie facendo scorrere il sogno a tutta velocità; edanche l'osservatore può divagare, facendo associazionied amplificazioni, ricordando avvenimenti, giuo-chi diparole, paralleli presi dalla Bibbia, dalla mitologia, daifilm. Parlare e lasciar parlare invece di analizzare edinterpretare. In questa conversazione si da unindirizzo allo stato emozionale ed alle immagini delsogno e lo si incoraggia a proseguire il suo racconto.A questo punto bisogna stare molto attenti a rispet-tare l'atmosfera del sogno e dare dignità e validitàalle immagini, cosa che si può fare meglio di tutto conreazioni coraggiose ai sogni, come del resto corag-giosamente si deve reagire in una amicizia. Incorag-giando il sogno a raccontare la sua storia gli dò la

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possibilità di mostrare il suo reale messaggio, il suotema mitico, e cosf mi avvicino maggiormente ai mitiche sono in me, alla mia storia: quella della mia vitavista dal di dentro, invece che quella del mio casovisto dal di fuori. Vengo ad essere il mitologo dime stesso che è poi in origine « colui che raccontadelle storie ».

Sotto questo profilo il sacerdote può cominciare aprestare attenzione ai sogni, come alle altre storieche ha occasione di sentire nel corso del suo lavoro.Il racconto onirico è semplicemente l'aspetto inte-riore del racconto esteriore. A forza di ascoltare i so-gni l'orecchio del sacerdote si fa più sensibile nel co-glierli, come accade a chi racconta novelle o barzel-lette. In questo modo ascoltarono Daniele e Giuseppe;ma il sacerdote può ascoltare ancor meglio se rinun-cia a identificarsi con gli interpreti biblici dei sogni,il che significa non ceder alla tentazione di dare in-terpretazione arbitrarie.

Questo tipo di avvicinamento al sogno non è da psi-cologia per dilettanti perché i sogni non fanno partesolo del campo della psicologia. Una volta erano gliuomini di Dio ad essere addetti alla loro interpreta-zione, ma in realtà essi appartengono tanto allo psi-cologo quanto al religioso, se si considerano comeil Rev. John Sanford nel titolo omonimo del suo libro,« II linguaggio dimenticato di Dio ». Sarebbe inveceda dilettanti avvicinarsi al sogno servendosi di stru-menti psicologici di cui non abbiamo la padronanza;oppure arrischiare interpretazioni analitiche senzaquella specie di completa dedizione al sogno, quellaresponsabilità verso l'inconscio e quella conoscenzadel materiale simbolico oggettivo, che è il contestodella formazione del sogno ed è la scienza dell'arte.Poiché il sogno è universalmente considerato un mes-saggio di grande importanza, talvolta addirittura di-vino, l'interprete doveva essere un uomo particolaredato che era investito dei poteri provenienti dallarivelazione. Tutto ciò non è fondamentalmente cam-

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biato malgrado tutti i seri studi scientifici sui sogni,d'altra parte l'essere semplicemente in amicizia con ilsogno non risolve certo il suo linguaggio oscuro chesolleva tanta perplessità. Si continua a preannunciareil futuro attraverso i sogni e a volte è un avvenimentofunesto ad essere predetto e ben poco si può fareper schiarirlo. Malgrado tutti questi enigmi, rimanesempre meno dilettantesco l'atteggiamento amichevo-le verso il sogno, lo scherzare con esso il fantasti-carvi sopra, dato che questo tipo di indagine includeil sogno con tutto il suo piano di immagini, e gli dala possibilità dì chiarificarsi in un secondo tempo. Isogni fanno parte dell'umanità ed è meglio avvicinarlida uomini comuni prima di ricorrere a tecniche par-ticolari. Quando il sacerdote moderno comincia adascoltarli, egli assolve, ancora una volta ad uno deisuoi compiti di curatore delle anime. Avere a cuorel'anima, oggi significa avere a cuore l'inconscio. Ilsacerdote può fare tutto ciò rimanendo fedele al suo« background » primitivo e tradizionale, senza doverricorrere ai metodi clìnici e al linguaggio psicopato-logico della psicologia.

Se il sacerdote deve per forza scegliere tra l'occu-parsi dei sogni di una persona da dilettante oppuremandarla dallo psichiatra per un « aiuto professionale», che sia pure abbastanza audace da farne un e-sercizio non impegnato. Questa specie di giuoco puòse non altro mantenere viva l'anima. Il dilettante con-sapevole di non fare sul serio, lo è anche della suaignoranza, e lascia che sia il sogno a guidare lui; cosipuò causare meno danni di un professionista che ten-de a trascurare il sogno o l'anima a favore delle teo-rie psicodinamiche e le medicine. Fintanto che il sa-cerdote da ascolto ai sogni se non altro ascolta anchel'anima della persona, anche se non è in grado difare un resoconto di ciò che sta accadendo servendosidel linguaggio professionale. Il sacerdote che si con-sidera un dilettante può trarre conforto dal fatto cheil sogno è per sua stessa natura, un enigma oscuroe assurdo come quello degli oracoli, esso ha bisogno

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di un interprete che cerchi di analizzarlo con la manoprofessionale della semplicità. Lo psicologo dilettante,« amante della psiche » proprio a causa della suaaperta mancanza di conoscenza specifica e del suoatteggiamento di umiltà nei confronti del sogno, ha lapossibilità di confermare la sua validità, di ricono-scere la sua importanza a prescindere dal contenutovero e proprio del sogno. Solo con il suo atteggia-mento può confermare e riconoscere questo prodottodell'anima e perciò dare importanza e validità all'ani-ma stessa, alla sua funzione creativa, simbolica estupefacente. Se questa è una benedizione per l'ani-ma, ancor di più per la psiche del sogno (e per chisogna), lo è l'essere affermata e riconosciuta in que-sti termini.

Nei sogni allarmanti e pieni di terrore, di immagini or-ribili e di crudeltà, spesso dimentichiamo che l'incon-scio mostra la faccia che noi mostriamo a lui, comein uno specchio. Se io fuggo, inseguo; se sono inalto, sotto di me c'è un abisso; se sono di animotroppo nobile, ciò mi procura cattivi sogni; se voltole spalle mi attrae e mi induce a voltarmi a guardarecon immagini allettanti. Il vuoto tra il conscio e l'in-conscio diminuisce se siamo capaci di sentire comelui sente, di dedicarci a lui, se riusciamo insomma avivere con esso come con un amico. Il continuo im-mergersi nel proprio mondo interiore porta ad avereesperienza dentro, con e per quel mondo. Tali espe-rienze possono avere un rapporto molto indiretto o ad-dirittura inesistente con la vita esteriore o ideaziona-le. Con questo intendo dire che esse possono non gè-nerare immediatamente nuove idee o progetti, o por-tare la soluzione di un problema matrimoniale o dilavoro. Sono esperienze che si limitano ad avveni-menti riguardanti la propria vita, più propriamentesono un rinnovamento della capacità di avere espe-rienze, di essere una persona capace di esperienze.Scompaiono le emozioni, gli abbattimenti, le ricerchead essi legati. Con l'aumentare della capacità diavere esperienze e di amare la vita cosi com'è, si

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sente il bisogno di un minor numero di avvenimentiproprio a causa del maggior numero di esperienze.Questa incapacità e questo ampliamento riguardanoanche l'anima come io l'ho descritta, cioè: ciò cherende possibile la conoscenza, trasforma gli avveni-menti in esperienze, è l'elemento di comunione inamore ed ha un contenuto religioso.

Il contenuto religioso è tutt'altra cosa da quello dog-matico e teologico, poiché questi ultimi obblighereb-bero ad assumere le esperienze in posizioni presta-bilite di vita mentale o esterna, a farne uso e con-sumo, a gettare l'anima nel giuoco professionale. In-vece il contenuto religioso della psiche giunge sottoforma di simboli spontanei che hanno il loro corri-spondente nella rappresentazione religiosa, come adesempio la croce degli opposti, il fanciullo in peri-colo, il giardino, la montagna, il cancello con il guar-diano, il posto dell'acqua, il vento, il deserto, il bo-schetto degli alberi sacri, tutte immagini frequenti deisogni. Oppure ricava da motivi religiosi, immagini chesi esplicano nell'importanza dell'amore, nella battagliacon il diavolo, nell'uccisione del drago, nella guari-gione miracolosa. Il contenuto religioso è presenteanche sotto forma di affermazioni di immortalità, dieternità, di metempsicosi e di problemi di morte, dialdilà, di giudizio dell'anima, di che cosa sia giustoper essa, di dove sia, di dove sarà. In altre parole ilcontenuto religioso è una manifestazione spontaneadi ognuno di noi, non conseguente al ritrovamentodell'anima.

Ma anche il dogma e la teologia assumono un nuovosignificato; infatti da una parte le immagini dell'ani-ma trovano il loro alimento nel background della reli-gione tradizionale; dall'altra, questa sensazione dirisveglio delle esperienze, porta un'ondata di freschez-za alla tradizione e le da nuovi significati e nuovi attri-buti di religione in continuo sviluppo e rinnovamentodi se stessa. In altre parole la rivelazione ha termineogni volta che si perde l'anima e che essa non è più

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in grado di cogliere l'esperienza e il significato deimiti basilari, dei simboli, delle forme, delle prove. Perlo psicologo prima viene l'anima e poi la religione;ma allo stesso tempo anche per la psicologia, l'animanon raggiunge la sua pienezza, se manca la realiz-zazione del suo contenuto religioso. Forse non è pos-sibile fare una graduatoria fra psicologia e religione.L'attitudine simbolica della psicologia, che provienedall'esperienza dell'anima conduce ad un senso dinascosta presenza del divino, mentre il credere inDio porta ad una visione simbolica della vita che cimostra il mondo carico di « segni » e di significatiparticolari. E' come se l'anima non facesse una sceltafra psicologia e religione, dal momento che esse siincontrano naturalmente.

In questo capitolo ho esaminato le prove classichedell'esistenza dell'inconscio per dimostrare la basesperimentale, empirica e fenomenologica su cui sifonda il nostro diritto ad usare il termine « inconscio ».Ma in realtà il mio scopo è stato duplice: spero anchedi essere riuscito a suggerire che attraverso l'incon-scio si finisce per incontrare anche l'anima. Da questoincontro scaturiscono nuovi termini di paragone enuovi significati; si avvertono sensibilmente i nostrivitali legami col passato, sia con quello strettamentepersonale, sia con quello della famiglia, sia con quel-lo che include tutta l'umanità. Appaiono le immaginimitiche di tutta l'umanità: il mito personale, quellopaterno, quello dell'eroe, del discepolo o del maestro,del passatore, dello schiavo, dell'imbroglione, e conemozione ci accorgiamo che tutto ciò è importante,davvero molto importante! ed altrettanto importantisono le nostre scelte.Ed ancora, ciò che riusciamo a fare di noi stessi, delnostro corpo, del nostro cuore, della nostra mente hauna tale importanza, che il valore personale, la di-gnità, l'entità della propria individualità, la mia stessapersona, sono accresciuti da ogni nuovo incontro conl'inconscio. In altre parole, con la mia esperienza del-l'inconscio, posso giungere all'anima. In particolare

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essa viene ad occupare un posto più importante nellamia vita ed acquista un maggior peso nelle mie deci-sioni, cioè si arricchisce di una più concreta realtà,con i sogni, con le fantasie, con l'accogliere il mondointeriore.

Accanto alla familiare realtà dell'attività mentale( in-trospezione, turbamenti, progetti, osservazioni, rifles-sioni, schemi) e alla realtà oggettiva delle cose, puònascere una terza dimensione, una sorta di conscio-inconscio. Essa non è diretta, non è ordinata, non èoggettiva né è soggettiva, non ha neppure una realtàconcreta. E nemmeno è esattamente me stesso, mapiuttosto qualcosa che accade a me stesso. Non mela porto dentro come potrei fare con un progetto ocon l'introspezione, né posso immediatamente colle-garla con il mondo esterno ed oggettivo. E' un'entitàa sé stante, non soggettiva, né oggettiva, ma un po' ditutte e due. Questa terza realtà è una realtà psichica,un mondo di esperienze, di emozioni, di fantasie, diumori, visioni, sogni, dialoghi, sensazioni fisiche, unospazio largo ed aperto, libero e spontaneo: il regnodella scoperta dei significati. In questi stati d'animopossiamo sentire i legami con la natura e con noistessi. Possiamo piangere ed adirarci, lasciareliberi i freni della sensualità, combattere con Dio,esprimere l'imponderabile; e senza ricorrere all'LSD oad altre esperienze di droga, senza coercitivemeditazioni, senza severo rigore, scoprire che stanascendo una nuova vita interiore. Non so comedescrivere in modo appropriato l'entrata in questoterzo regno della realtà psichica, a metà fra mente emateria, e che forse influenza entrambe conprocessi che ancora non conosciamo, se nonricorrendo a Jung. In pratica, afferma quest'ultimo, lavia giusta non è tanto di fare un'analisi, quanto dientrare col paziente nel sogno e in questopartecipare a tutto lo sviluppo del mito. Laconclusioni cui perveniamo nella scoperta dell'animaattraverso l'inconscio, presenta un contenuto ad untempo teologico e religioso; il primo è evidentequando cerchiamo di esprimere in formule questa vita

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religiosa interna con tutte le sue complessità contrad-dittorie e di farla risalire ai dogmi ufficiali sulla na-tura di Dio; la seconda appare con la risvegliata pre-senza del mito interno e del senso del destino, edella propria finalità. La finalità implica un poteretrascendente che influenza, sceglie e indirizza l'indi-viduo, un potere insomma che da un senso alle cose.

Il legame interno con la propria vita come rito e conla propria entità come simbolo dell'umanità comunea tutti, rida un significato mitologico al corso deglieventi, riaccostandosi all'elemento mondano arricchitodi un senso del divino. Questo legame interno ci daaltresì' la possibilità di gettare un ponte verso l'in-teriorità degli altri uomini che ricorrono al nostro aiutospirituale; il mondo interiore del sogno, della sof-ferenza, del dolore è purtroppo legato all'umanità diognuno, tragicamente uguale per tutti, senza distin-zione di educazione, colore ed origine geografica. Lamorte di un bambino, la gelosia quando si ama, il ter-rore del buio, la vecchiaia, la colpa e il rimorso: que-ste esperienze del mio animo, lo sono anche del tuo.Questo campo della realtà psichica, che è immanen-te ad ognuno di noi, trascende le differenze individua-li e ci da un linguaggio universale che ci accomunanelle nostre esperienze. Attraverso l'inconscio abbia-mo tutti qualcosa che ci lega l'uno all'altro, mentretutti partecipiamo ad una parte delle immagini e delleemozioni comuni.

Queste osservazioni pratiche ci portano obbligatoria-mente alla seguente conclusione di ordine teologico:lo sforzo di togliere alla religione il suo aspetto mito-logico, cercando di adattarla al nostro arido raziona-lismo, è evidentemente errato. Da questo punto divista Dio è realmente morto. Ma il Dio morto è quelloprivato della sua componente mitologica, un Dio cui èstata strappata la parte affettiva ed emozionale, un'a-strazione mentale priva di realtà psichica. Una siffattareligione può forse essere più convincente da un pun-to di vista razionale, ma anche questo è da vedersi.

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Ciò che invece è fuori di dubbio è che una simile re-ligione non riesce a giungere all'anima, principalmenteperché prescinde dall'inconscio. E' necessario de-mitologizzare la religione perché l'uomo moderno pos-sa incontrarsi con essa e trovarla attuale? Non po-tremmo invece scegliere l'alternativa dell'implicazionecon l'inconscio e in questo modo riconciliare e ricon-giungere l'uomo moderno con i suoi miti? Forse inquesto modo di nuovo ci incontreremo con la suaanima ed il suo conseguente e naturale contenutoreligioso.

(Trad. di CATERINA PICCOLOMINI BALLARATI)

* Tratto da: James Hillman: Insearch: Psychology and Religion.Charles Scribner's Sons, New York 1967.

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