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François Villon

Il Testamento

Traduzione e adattamento italiano in rima

A cura del

Centro Studi Salvatore Paladino

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Copyright © 2018 Centro Studi Salvatore Paladino All rights reserved.

ISBN: 9781728784397

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INDICE 9 INTRODUZIONE 15 LA VITA E IL PERSONAGGIO VILLON 25 IL TESTAMENTO DI FRANÇOIS VILLON 211 BIBLIOGRAFIA

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Indice delle ballate

57, Ballata (delle Dame del tempo passato)

59, Ballata (dei Signori del tempo passato)

61, Ballata (in Francese Antico)

75, Ballata (della bella Haulmière alle ragazze di vita)

83, Doppia ballata

105, Ballata (alla Madre per la Vergine Maria)

113, Ballata (all’Amica)

117, Rondò

141, Ballata (e Affidamento)

153, Ballata (degli Amanti)

157, Ballata (delle Malelingue)

161, Ballata (contro Franc Gontier)

165, Ballata (delle Donne di Parigi)

171, Ballata (della Grassa Margot)

177, Ballata (ai ragazzi di vita)

179, Ballata (dei Malfattori)

187, Canzonetta

199, Requiem

207, Ballata (della Carità)

209, Ballata (dell’Addio)

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Introduzione “Non è neppur bene che da voi sia intesa, rispose il curato; e perdoniamo per ora a quel signor capitano che lo ha tradotto in lingua castigliana, togliendoli gran parte del suo primitivo pregio; ma così avverrà a tutti coloro che si ingegnano a tradurre libri poetici, mentre per quanto studio vi pongano, per quanta attitudine, non potranno mai darceli tali quali essi nacquero”.

Don Chisciotte de La Mancia, di Miguel De Cervantes.

Adattare Il Testamento di François Villon in

rima italiana è stata davvero un’impresa a dir poco “donchisciottesca”. Questa la sensazione che mi ha accompagnato per tutto il tempo in cui mi sono dedicato a questo lavoro di traduzione e adattamento: un’impresa degna appunto dei mulini a vento. Sono state pubblicate diverse traduzioni del Testamento. Tra queste esistono delle traduzioni formidabili per analisi filologica, per lo studio fatto sull’ambiente dell’epoca e di Parigi, sulla vita del personaggio Villon e su tutti quelli citati nell’opera. Non esiste invece, che io sappia, nessuna traduzione italiana in rima dell’intera opera. Esiste invece un’edizione in lingua inglese in rima, dell’opera minore di François Villon ovvero Il Lascito. Non voglio paragonare il mio lavoro con quelli di chi mi ha preceduto. Il mio adattamento è infatti non tanto “minore” ma piuttosto diverso da tutti gli altri.

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Non essendo io né studioso di filologia romanza, né di testi medievali francesi, non ho potuto che fare un lavoro diverso, che si confacesse alle mie inclinazioni e alle mie possibilità; ho cercato comunque di rispettare sempre il testo originale.

Avevo iniziato questo lavoro circa venti anni fa e poi messo da parte. La possibilità di utilizzare i nuovi strumenti come un editore di testo (al posto della vecchia cara macchina da scrivere) e la maggior facilità nel reperire informazioni in rete, mi ha convinto a riprendere il lavoro e a portarlo a termine.

Nonostante i secoli, la condizione umana in relazione alla sua natura e al mondo non è cambiata molto dai tempi di Villon: i potenti da una parte, pochi e spietati, i poveracci dall’altra. Quelli che hanno potuto studiare e utilizzare il loro sapere e il loro potere per occupare i migliori posti nella gerarchia sociale e trarne un vantaggio molto personale; dall’altra, chi non ha potuto, poi i reietti, e gli sconfitti; tra i primi spiccano anche i religiosi del tempo che si comportavano, proprio grazie alla loro posizione di prestigio, peggio degli altri, dimenticando quella che avrebbe dovuto essere la loro missione.

A proposito del motivo religioso, e mi riferisco in questo caso alle invocazioni e preghiere, rivolte a Dio e Gesù, o alla Vergine Maria, ho voluto vedere in queste, una fede sincera nella pietà cristiana e in Dio da parte di Villon stesso e questo nonostante la sua feroce ironia verso le istituzioni religiose del tempo, insieme alla denuncia delle contraddizioni

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che si trovano in alcuni scritti e nelle prescrizioni della Chiesa.

Il Testamento è un poemetto in 2023 versi del poeta francese Francois Villon (1431-1463), composto nel 1461. E' noto anche semplicemente come Le Testament (Il Testamento); il titolo attuale lo distingue dal Petit Testament o Lais (Il Lascito) che Villon scrisse in precedenza. I versi del Testamento sono suddivisi in cento ottantasei stanze alternate a sedici ballate e tre rondò.

Un’analisi completa e la spiegazione di ogni stanza, non è mai stato lo scopo del presente lavoro. Esistono le edizioni “accademiche” o ufficiali sia italiane sia francesi, dove approfondire la conoscenza del testo originale, dei personaggi e dei luoghi con tutte le possibili interpretazioni. Iniziai a lavorare alla traduzione nel 1989 poi ripresi, portandola a termine, nel 2018. Non è stato possibile seguire una metrica italiana, per quanto l’endecasillabo sia stato il modello di riferimento. Ho preferito, tra le due possibilità, la metrica tradizionale o la rima, quest’ultima, cercando di dare anche un ritmo o una maggior leggibilità al testo, rinunciando in alcuni casi, ma piuttosto raramente, a una traduzione letterale.

Il poema inizia con l'amaro ricordo della dura prigionia subita da Villon a Meung-sur-Loire, e prosegue con l'invettiva contro il vescovo di Meung, Thibauld d'Auxigny, la gratitudine verso Luigi XI dal quale fu graziato. Poiché si sente fisicamente e moralmente indebolito, il poeta si appresta a fare testamento: il tempo della giovinezza è passato “prendendo il volo”, e senza lasciargli nessuna

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cosa. I vecchi compagni hanno seguito strade diverse: alcuni sono morti, altri sono diventati mendicanti, altri gran signori. Una delle poche consolazioni è il sapere che tutti, ricchi e poveri, saggi e folli, belli e brutti, proprio tutti la Morte prende senza eccezione, tutti muoiono con dolore, e anche il corpo della donna, così bello, così "grazioso" un tempo, è destinato alla devastazione. Su questo tema si svolge la famosa Ballade des dames du temps jadis (Ballata delle Dame del tempo passato) alla quale si contrappone subito dopo, la Ballade des seigneurs du temps jadis (La Ballata dei signori del tempo passato), con Carlo Magno, Lancillotto, i re di Spagna, di Bretagna, di Francia ecc.: ma non solo re e imperatori muoiono, triste è anche il destino delle vecchie meretrici, soppiantate dalle ragazze più giovani.

Dopo il ricordo delle sue sofferenze d'amore, il poeta inizia il testamento vero e proprio: come prima cosa lascia una preghiera per la propria madre, da rivolgere alla Vergine Maria, quindi a Guillaume Villon (padre adottivo) lascia la sua biblioteca (con ironia, poiché i libri non hanno alcun valore, come quello che Villon ha messo sotto il piede del tavolo). Prosegue con i lasciti ad amici e conoscenti, intramezzando alle ottave alcune liriche come la Ballade et oraison, nella quale raccomanda a Noè e a Lot e nientemeno che allo sposo o maestro delle nozze di Cana, grande intenditore del buon vino quindi, l’anima del suo amico Cotard, gran bevitore anche lui; segue la

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ballata sulle donne di Parigi e la famosa Ballade de la grosse Margot e poi la Bellade aux enfants perdus, la Ballata per i compagni traviati. Infine detta il suo epitaffio, le ultime disposizioni, nomina gli esecutori testamentari e termina con le ultime due ballate.

Dal Testamento emerge l’affresco della Parigi del XV secolo, con i suoi ladri, i borghesi, le ragazze perdute, i religiosi rifugiati nei loro monasteri che pensano solo a se stessi, i poliziotti e i magistrati, i compagni di avventura, gli enfants perdus, ma soprattutto fiorisce il ritratto di Villon ironico, cinico, chiassoso, a volte volgare, ma anche triste, amaro, tenero, disperato nel cantare la giovinezza perduta,i rimpianti, le persone che l'hanno amato (l'umile e pura figura della madre), la morte così orrenda.La poesia di Villon trascende il suo tempo, come scrisse Lanson: "In questa voce allegra e lamentosa, che grida il suo vizio o il suo male, passa talvolta il grido dell'eterna umanità”.

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Nel nome François è il mio destino, Nato a Parigi, di Pontoise vicino, E solo il cappio di una corda tesa

Saprà quanto il mio culo pesa. (Quartina –François Villon)

Vita di Villon e del personaggio

François Villon, vero nome François de Montcorbier (Parigi, 1431 o 1432 – dopo il 1463), è stato un poeta francese e, secondo la leggenda, un ladro e vagabondo che visse per lungo tempo come un bandito, emarginato e ricercato. Per quattro volte arrestato per episodi di malavita, fino alla condanna a morte: scampò alla pena capitale e fece perdere le proprie tracce per sempre.

Secondo la leggenda, fu proprio in carcere che scrisse le sue opere maggiori. Per il valore dei suoi versi - e principalmente per il suo capolavoro poetico, i poemi raccolti nel Testamento - è ritenuto uno dei precursori della corrente letteraria dei maudits, i poeti maledetti.

Le poesie di Villon godettero di un discreto successo già in vita, ma ebbero maggior notorietà a partire dal XVI secolo quando le sue opere furono recuperate e pubblicate da Clément Marot. Il famoso verso "Mais ou sont les neiges d'antan?" ("Dove sono le nevi di un tempo?") è forse uno fra i più tradotti e citati della letteratura.

Della giovinezza e della vita di Villon, nonostante la voluminosa biografia pubblicata nel

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1982 da Jean Favier, non si sa in definitiva molto, eccetto che nacque a Parigi da umile famiglia, probabilmente l'8 aprile del 1431, ma la data di nascita è comunque dibattuta (1431 o 1432); quella di morte, poi, è addirittura sconosciuta poiché da un certo punto in avanti non si hanno notizie certe sulla sua vita.

Abbiamo accennato alla leggenda proprio perché non si è potuto mai appurare nulla di definitivo sulla sua identità e sulla sua vita. Anche il suo vero nome è controverso: fra i vari che gli sono stati attribuiti, i più attendibili sono quelli di François de Montcorbier o François des Loges; nella storia della poesia, però è rimasto con il nome di Villon, che pare abbia preso in prestito da un personaggio realmente esistito di cui sappiamo, attraverso i documenti dell’epoca, abbia compito le gesta che lo scrittore Villon attribuisce a se stesso. Il nome François Villon sarebbe stato scelto anche perché si poteva prestare a diversi significati e giochi di parole adatti alla lingua francese. Seguendo questo filo leggendario, Villon, orfano di padre, fu affidato dalla madre a un benefattore, Guillaume de Villon, canonico e cappellano di Saint-Benoît-le-Bétourn, che lo mandò a studiare quando era all'incirca ventenne alla Facoltà delle arti di Parigi. Raggiunto il diploma nel 1452, il giovane Villon abbandona gli studi preferendo affrontare l'avventura per vivere come un bohèmien ante litteram. Erano gli anni successivi alla guerra dei cento anni, colmi di brutalità e di epidemie.

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Il 5 giugno 1455 avvenne l'episodio che gli cambiò la vita: mentre passeggiava in compagnia di un prete di nome Giles e di una ragazza chiamata Isabeau, incontrò nella rue Saint-Jacques un bretone, Jean le Hardi, maestro d'arte, in compagnia a sua volta di un religioso, tale Philippe Chermoye o Sermoise o Sermaise; scoppiò una rissa, non si sa per quale motivo, nella quale Chermoye rimase ferito mortalmente. Accusato dell'uccisione del religioso, Villon fu costretto a lasciare Parigi. Catturato, venne in qualche modo rilasciato nel gennaio 1456; aveva circa venticinque anni (come testimoniano documenti ufficiali) e - se non bastasse - un alias in più, quello di Michel Mouton. Passò i cinque anni successivi peregrinando, non senza altre disavventure, lungo la valle della Loira fino a raggiungere Angers dove viveva suo zio monaco.

Fu prima di lasciare Parigi che compose ciò che è ora conosciuto come Petite Testament (Piccolo testamento) o Le Lais (Lascito), opera che mostra parte della profonda amarezza e rammarico per il tempo sciupato (e che è riscontrabile anche nel suo lavoro successivo, Le Grand Testament). In realtà, i veri guai per Villon erano ancora solo all'inizio. Nel 1458 in base alla delazione di un complice, Guy Tabarie, venne incriminato per una rapina compiuta due anni prima nella cappella del collegio di Navarra. Villon fu così costretto a darsi ancora una volta alla macchia e a trovare rifugio e protezione grazie a nobili amici che non si sa né

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come né dove avesse conosciuto. Arrestato nuovamente nell'estate del 1461, per ordine del vescovo Thibault d'Aussigny a Meung-sur-Loire, per un altro furto in una chiesa, fu amnistiato e rimesso in libertà il 2 ottobre dello stesso anno.

Rientrato a Parigi per terminare di scrivere Il Testamento, incappò nuovamente (1462) nelle maglie della giustizia, sempre a causa di furti e risse. Fu torturato, processato e condannato, ma il giudizio annullato il 5 gennaio del 1463. Bandito dai giudici, Villon fece da allora perdere le sue tracce.

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”Many good man has been put under the bridge by a woman”

(Charles Bukowski )

Il Testamento di François Villon

Adattamento italiano in rima

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Gioca nel Cielo, Divertiti nel Campo degli Dei

(Salvatore Paladino)

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Il Testamento

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Le Testament Il Testamento

François Villon

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I En l'an de mon trentiesme aage, Que toutes mes hontes j'euz beues, Ne du tout fol, ne du tout saige Non obstant maintes peines eues, 4 Lesquelles j'ay toutes receues Soubz la main Thibault d'Aucigny ... S'esvesque il est, signant les rues, Qu'il soit le mien je le regny. 8

II Mon seigneur n'est ne mon evesque, Soubz luy ne tiens, s'il n'est en friche ; Foy ne luy doy n'ommaige avecque, Je ne suis son serf ne sa biche. 12 Peu m'a d'une petite miche Et de froide eaue tout ung esté ; Large ou estroit, moult me fut chiche : Tel luy soit Dieu qu'il m'a esté ! 16

III Et s'aucun me vouloit reprendre Et dire que je le mauldiz, Non faiz, se bien me scet comprendre ; En riens de luy je ne mesdiz. 20 Vecy tout le mal que j'en dis : S'il m'a esté misericors, Jhesus, le roy de paradis, Tel luy soit a l'ame et au corps. 24

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I Nell’anno mio trentesimo d’età, E molti calici amari aver bevuto, Non tutto pazzo e savio per metà, E nonostante il patimento avuto, 4 Che in maggior parte ho ricevuto Dal vescovo Tebaldo d’Aussigny… Che va per le vie portando il saluto Ma che sia anche il mio non è così. 8

II Mio vescovo non è, non mio signore, Da lui non imparai un bel niente; Fede non gli devo, neanche onore, Non sono serva né il suo inserviente. 12 Una pagnotta fu ciò che mi diede E acqua fredda un’estate lunga: Di dar di più se ne guardò bene. Così Dio a lui nulla aggiunga! 16

III E se qualcuno avesse da ridire E il mio detto non avesse ben capito Io non voglio in alcun modo maledire, Tanto meno in questo caso maledico. 20 Solamente questa cosa io vi dico: Spetta al buon Gesù, Re del Paradiso, Se con misericordia fui servito, Altrettanto sia con lui nell’anima e nel viso.24

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Et s'esté m'a dur ne cruel, Trop plus que cy je ne raconte, Je veul que le Dieu eternel Luy soit dont semblable a ce compte. 28 Et l'Eglise nous dit et compte Que prions pour noz annemys ; Je vous diray j'ay tort et honte, Quoi qu'il m'aist fait, a Dieu remys. 32

V Sy prieray pour luy de bon cueur, Pour l'ame du bon feu Cotart ; Mais quoy ! ce sera donc par cueur, Car de lire je suis fetart. 36 Priere en feray de picart; S'il ne le scet, voise l'apprendre, S'il m'en croit, ains qu'il soit plus tart, A Douay ou a L'Ysle en Flandre ! 40

VI Combien, s'oÿr veult que l'on prie Pour luy, foy que doy mon baptesme, Obstant qu'a chacun ne le crye, Il ne fauldra pas a son esme : 44 Ou psaultier prens, quant suis a mesme, Qui n'est de beuf ne cordouen, Le verset escript septiesme Du psëaulme Deus laudem.48

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Il Testamento

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IV Ma se piuttosto egli fu crudele Più di quel ch’io stesso non racconto, L’Eterno Dio, mi farebbe un gran piacere, Se così sarà con lui a questo conto... 28 La Chiesa insegna bene: non contro I nostri nemici dobbiamo pregare... Mi sta bene, a pentirmi sono pronto, A Dio solo poi spetta il giudicare!" 32

V Per questo pregherò per lui con amore Come per l’anima del Cotard defunto. In che modo? Si tratta del mio cuore Perché di leggere son pigro appunto. 36 Gli farò una preghiera da piccardo; Se non comprende impararla lui dovrà Prima che il momento suo sia giunto A Douai o in Fiandra, farlo potrà! 40

VI Se chiederà che per lui si preghi Gli concederò la mia benedizione, Ma non ne faccia vanto, nè lo neghi, Accoglierò codesta sua intenzione: 44 Dal mio salterio appena ho l’occasione, Non in pelle né in cuoio rilegato, Andrò a prender per lui l’iscrizione Del salmo che con “Deus Laudem” fu iniziato. 48

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VII Si prie au benoist filz de Dieu, Qu'a tous mes besoings je reclame, Que ma povre priere ait lieu Vers luy, de qui tiens corps et ame, 52 Qui m'a preservé de maint blasme Et franchy de ville puissance. Loué soit Il, et Nostre Dame, Et Loÿs, le bon roy de France. 56

VIII Auquel doint Dieu l'eur de Jacob Et de Salmon l'onneur et gloire - Quant de prouesse, il en a trop, De force aussi, par m'ame, voire -, 60 En ce monde cy transsitoire Tant qu'il a de long ne de lé, Afin que de lui soit memoire, Vivre autant que Mathussalé ! 64

IX Et douze beaux enffans, tous masles, Veoir de son cher sang royal, Aussi preux que fut le grant Charles, Conceuz en ventre nupcïal, 68 Bons comme fut saint Marcïal. Ainsi en preigne au feu dauphin ! Je ne luy soubzhaicte autre mal, Et puis paradis en la fin.72

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VII Prego il Figlio di Dio benedetto, Che in sventura sovente ho invocato, Di ascoltar questo mio umile detto; Fu lui a donarmi l’anima e il fiato 52 E impedir che venissi biasimato, Mi ha liberato dalla vil potenza; Con la Beata Vergine sia lodato, E con Re Luigi, di Francia l’Eccellenza. 56

VIII Come con Giacobbe Dio sia con lui, E dia di Salomone onore e gloria, Di coraggio ne ha già molto per cui Di forza tanta, non è una storia. 60 In questa vita meschina e transitoria, Per quel che gli resta, poco o tanto, Affinchè di lui rimanga la memoria Come Matusalemme viva altrettanto! 64

IX Abbia dodici bei figlioli persino, Ma solo dal suo caro sangue regale, Prodi come gran re Carlo Primo, Tutti concepiti in ventre nuziale, 68 Tanto bravi, come il San Marziale; E di Delfino abbia uguale sorte, Altro non potrei augurargli di male, E infine il Paradiso dopo la morte.72

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Pour ce que foible je me sens Trop plus de biens que de sancté, Tant que je suis en mon plain sens, Sy peu que Dieu m'en a presté, 76 Car d'autre ne l'ay emprunté, J'ay ce testament tres estable Fait, de derreniere voulenté, Seul pour tout et inrevocable, 80

XI Escript l'ay l'an soixante et ung, Lors que le roy me delivra De la dure prison de Mehum, Et que vie me recouvra, 84 Dont suis, tant que mon cueur vivra, Tenu vers luy m'usmilier, Ce que feray jusqu'il mourra : Bienfait ne se doit oublier. 88

XII Or est vray qu'aprés plains et pleurs Et angoisseux gemissemens, Aprés tritresses et douleurs, Labeurs et griefz cheminemens, 92 Travail mes lubres sentemens, Esguisez comme une pelocte, M'ouvrist plus que tous les commens D'Averroÿs sur Arristot. 96

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X Poiché indebolito assai mi sento, Poca salute e ancor meno di mio, Non privo di buon discernimento, Quel poco che ho, me lo diede Dio, 76 Chè da altri mai l’avrei ottenuto, io, Il presente Testamento ho qui steso, Vuol essere l’ultimo desiderio mio, In esso a tutti ho dato uguale peso. 80

XI Lo misi per iscritto il sessantuno Quando il nostro buon Re mi liberò A Meung, dal carcere troppo duro E così facendo in vita mi riportò, 84 Per questo, in cuor mio finché vivrò, D’inchinarmi verso lui son tenuto: Fino alla sua morte io lo farò : Chè non si scorda un beneficio avuto. 88

XII Ordunque dopo pianti e lamenti, E le angosciose imprecazioni, Dopo malinconie, dopo tormenti, Fatiche e infinite peregrinazioni, 92 Dopo molto errati intendimenti, Tanto da diventare quasi matto, La mente mi s’aprì come pei commenti Che Averroè su Aristotele ha fatto.96

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XIII Combien, au plus fort de mes maulx, En cheminant sans croix ne pille, Dieu, qui les perlins d'Esmaulx Conforta, ce dit l'Euvangille, 100 Me monstra une bonne ville Et pourveut du don d'esperance : Combien que pechiez soit ville, Riens ne het que perseverance. 104

XIV Je suis pecheur, je le sçay bien, Pourtant ne veult pas Dieu ma mort, Mais convertisse et vive en bien, Et tout autre que pechié mort. 108 Combien qu'en pechié soye mort, Dieu vit, et sa misericorde, Se conscïence me remort, Par sa grace pardon m'acorde. 112

XV Et, comme le noble Roumant De la Rose dit et confesse En son premier commancement C'on doit jeune cueur en jenuesse, 116 Quant on le voit viel en viellesse, Excuser, helas ! il dit voir ; Ceulx dont qui me font telle presse En meureté ne me vouldroient voir120

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XIII Nel colmo dei miei guai e dopo Senza soldi e croce aver girovagato, Dio, che come dice il Vangelo, I pellegrini d’Emmaus ha confortato, 100 Volle indicarmi una buona città E farmi il dono della speranza: Per quanto i peccatori abbian viltà Disprezza soltanto la perseveranza. 104

XIV Io son un peccatore, lo so bene; Eppure Dio non vuole la mia morte, Anzi, che mi converta e viva bene, Non è il peccare quel che gli morde. 108 Se nel peccato pur trovai la morte, Con misericordia Egli ora veda, Quanto la coscienza mi rimorde, Il perdono per sua grazia mi conceda. 112

XV E come il Romanzo della Rosa Racconta con tutta franchezza Al suo inizio, come prima cosa, Che un cuor giovane in giovinezza 116 Sovente si perdona, questa è verità, Quando ormai s’invecchia per solito. Ma non vuol che io giunga a maturità Chi me lo ricorda per farmi monito.120

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XVI Se pour ma mort le bien publicque D'aucune chose vaulsist mieulx, A mourir comme ung homme inique Je me jugasse, ainsi m'est Dieux ! 124 Griefz ne faiz a jeunes ne vieux, Soie sur piez ou soy en biere : Les mons ne bougent de leurs lieux Pour ung povre, n'avant n'arriere. 128

XVII Ou temps qu'Alixandre regna, Ungs homs nommé Dïomedés Devant lui on lui admena, Engrillonnné pousses et detz 132 Comme larron, car il fut des Escumeurs que voyons courir ; Sy fut mis devant ce cadés Pour estre jugiez a mourir. 136

XVIII L'empereur si l'araisonna : " Pourquoy es tu laron en mer ?" L'autre responce lui donna : " Pourquoy laron me faiz clamer ? 140 Pour ce qu'on me voit escumer En une petïote fuste ? Se comme toy me peusse armer, Comme toy empereur je feusse. 144

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XVI Se la sorte mia al pubblico vantaggio Potesse mai giovare presto o tardi, Pronto alla morte come ostaggio M’offrirei, dicendo solo “Dio mi guardi!” 124 Male non feci a piccoli né grandi, Che io sia in piedi o sotto d’un metro: Le montagne non posson spostarsi, Per un povero, né avanti né indietro. 128

XVII Nel tempo in cui Alessandro ha regnato Un uomo che avea nome Diomede Al suo cospetto venne trascinato, Polsi e mani ben legati da catene 132 Come un ladro, difatti era uno dei Pirati che veleggiano per il mare; Innanzi al Re fu portato questo capo Che a morte si doveva a giudicare. 136

XVIII L’imperatore così lo interrogò: “Perché fai il pirata per il mare?” Quello ben pronto a questo replicò: “E tu perché ladro mi vuoi chiamare? 140 Perché m’han visto saccheggiare Con un bastimento tutto scassato? Se un’armata potessi comandare, Come te, imperatore sarei stato.144

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XIX Mais que veulx tu ! de ma fortune, Contre qui ne puis bonnement, Qui si faulcement me fortune, Me vient tout ce gouvernement. 148 Excusez moy aucunement Et saichiez qu'en grant poverté, Ce mot se dit communement, Ne gist pas grande loyaulté. " 152

XX Quant l'empereur ot remiré De Dïomedés tout le dit: " Ta fortune je te mueray Mauvaise en bonne ", ce lui dist. 156 Si fist il ; onc puis ne mesdit A personne, mais fut vray homme ; Valere pour vray le bauldit Qui fut nommé le Grant a Romme. 160

XXI Se Dieu m'eust donné rencontrer Ung autre pitieux Alixandre Qui m'eust fait en bon eur entrer, Et lors qui m'eust veu condescendre 164 A mal, estre ars et mis en cendre Jugié me feusse de ma voys. Necessité fait gens mesprendre Et fain saillir le loup du boys.168

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XIX Ma che vorresti tu! dalla mia sorte, Verso cui niente può la volontà, E contro di me spesso si ritorce Ed è la causa della mia povertà. 148 Perdono non cerco in alcun modo Ma sappi che dov’è gran povertà, Di solito si dice in questo modo, Non può esistere una grande lealtà.” 152

XX L’imperatore, quando ebbe udito ciò Che Diomede aveva detto sinora Rispose: “La tua sorte io muterò Perché da cattiva, ritorni buona”. 156 E cosi fece e mai più d’allora Si pentì per questo, era uomo giusto; La storia, Valerio ce la da per buona, Su quel Grande fu chiamato a Roma. 160

XXI Se Dio volesse farmi incontrare Un simile Alessandro pietoso E il mio destino potesse deviare, Se poi io tornassi a ritroso 164 Nel Male, andrei sul rogo di bruciare! Da condanna non starei nascosto. La necessità fa la gente sbagliare E per fame esce il lupo dal bosco. 168

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XXII Je plains le temps de ma jeunesse, Ouquel j'ay plus qu'autre gallé Jusqu'a l'entrée de vieillesse, Qui son partement m'a cellé : 172 Il ne s'en est a pié alé N'a cheval : helas ! comment don ? Soudainement s'en est vollé Et ne m'a laissié quelque don. 176

XXIII Allé s'en est, et je demeure, Povre de sens et de savoir, Triste, failly, plus noir que meure, Qui n'ay ne cens, rente n'avoir; 180 Des miens le mendre, je dy voir, De me desavouer s'avance, Oubliant naturel devoir Par faulte d'un peu de chevance. 184

XXIV Si ne crains avoir despendu Par friander ne par lescher ; Par trop amer n'ay riens vendu Qu'amis me peussent reprouchier, 188 Au moins qui leur couste moulte cher ; Je le dy et ne croy mesdire. De ce je me puis revanchier : Qui n'a meffait ne le doit dire192 .

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XXII Rimpiango il tempo della giovinezza, Buttato in baldorie in ogni posto, Che mi portò poi alla vecchiezza, La sua partenza m’ha nascosto. 172 A piedi non poteva andare tosto, Né a cavallo, allora con che cosa? Ben presto se n’è andato piuttosto Senza lasciarmi nessuna cosa. 176

XXIII Se n’è andato ed io rimango ora Povero di senno e di sapere, Triste, fallito, nero più che mora, Senza più beni, rendite o avere; 180 L’ultimo dei miei, son cose vere, Per rinnegarmi ecco che s’avanza, Non si ricorda il natural dovere, Se l’altro ha persa ogni sostanza. 184

XIV Mai spesi, che mi venga in mente, In pietanze prelibate o rare, Per amor non svendetti niente Che amici mi possan rimproverare, 188 Ben altre cose sono a lor più care ; Io dichiaro e non credo di mentire, Senza temere lo posso confermare: Chi male non fece non l’ha da dire. 192

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XXV Bien est verté que j'é aymé Et aymeroye voulentiers ; Mais triste cueur, ventre affamé Qui n'est rassasïé au tiers, 196 M'oste des amoureux sentiers. Au fort, quelc'um s'en recompence Qui est ramply sur les chantiers, Car la dance vient de la pance ! 200

XXVI Bien sçay, se j'eusse estudïé Ou temps de ma jeunesse folle Et a bonnes meurs dedïé, J'eusse maison et couche molle ... 204 Mais quoy ! je fuyoie l'escolle Comme fait le mauvaiz enffant. En escripvant ceste parolle, A peu que le cueur ne me fent. 208

XXVII Le dit du Saige trop lui feiz Favourable, bien en puis mais ! Qui dist : " Esjoïs toy, mon filz, En ton adolescence ", mes 212 Ailleurs sert bien d'ung autre mes, Car " Jeunesse et adolessance - C'est son parler, ne moins ne mes - Ne sont qu'abuz et ygnorance ".216

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XXV

È proprio verità che ho amato E amerei ancora molto e volentieri; Ma cuore triste e ventre affamato, Che sta all’asciutto più di ieri, 196 Fan lasciare gli amorosi sentieri. Altri se la spasseranno pur per me Quelli con le pance come panieri, Se son piene, la danza vien da sé. 200

XXVI Ah! Dio, se avessi studiato Durante la mia folle gioventù E a far bene mi fossi dedicato, Avrei casa e un bel letto per di più. 204 Che cosa? Io fuggivo dalla scuola Come i ragazzacci di bassa tacca. E nello scrivere questa parola, Sento il cuor che quasi mi si spacca. 208

XXVII Quel detto del saggio troppo m’era Conveniente, ora non lo è più, «spassatela in adolescenza» figliolo mio, e non pensarci su»; 212 Ma un miglior consiglio val di più E’ questo: giovinezza e adolescenza – L’adagio recita, né meno né più –, Sono vanità insieme a scemenza. 216

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XXVIII Mes jours s'en sont alez errant, Comme, dit Job, d'une touaille Font les filletz, quant tixerant En son poing tient ardente paille : 220 Lors s'il y a nul bout qui saille, Soudainement il le ravit. Sy ne crains plus que riens m'assaille, Car a la mort tout s'assouvit. 224

XXIV Ou sont les gracïeux galans Que je suivoye ou temps jadiz, Si bien chantans, si bien parlans, Sy plaisans en faiz et en diz ? 228 Les aucunes sont morts et roidiz, D'eulx n'est il plus riens maintenant - Respit aient en paradis, Et Dieu saulve le remenant! 232

XXX Et les autres sont devenuz, Dieu mercy, grans seigneurs et maistres ; Les autres mendient tous nuz Et pain ne voient qu'aux fenestres ; 236 Les autres sont entrez en cloistres De Celestins et de Chartreux, Bostés, houlséz, com pescheurs d'oestres. Voyez l'estat divers d'entre'eux.240

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XXVIII

Se n’andaron per sempre giorni e ore, Come dice Giobbe, a una tela sovente Avvien ai fili quando il tessitore Regge in mano una paglia ardente: 220 Quando trova una cima sporgente, La sua fiamma nessuna ne lascia; Così a me non spaventa più niente Data la morte che tutti ci sazia. 224

XXIX Dove son quei giovani galanti Il cui sentiero un tempo ho condiviso, Gran oratori e bravi cantanti, Di belle maniere e bell’inciso? 228 Molti di loro la morte ha reciso, E ora di loro non resta niente: Abbian almeno riposo in Paradiso, E che Iddio salvi il rimanente. 232

XXX Mentre altri sono divenuti, Per grazia di Dio, maestri e signori, Altri van mendicando nudi, Guardando il pane solo da fuori. 236 Altri nei monasteri son entrati, Dei Celestini o dei Certosini, Come pescatori d’ostriche ben calzati, Ecco la differenza dei loro destini.240

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XXXI Aux grans maistres Dieu doint bien fere, Vivans en paix et en requoy ; En eulx il n'y a que reffaire, Si s'en fait bon taire tout quoy. 244 Mais aux povres qui n'ont de quoy, Comme moy, Dieu doint pascïence. Aux autres ne fault qui ne quoy, Car assez ont pain et pictence. 248

XXXII Bons vins ont, souvent embrochez, Saulces, brouestz et groz poissons, Tartes, flans, oefz fritz et pochetz, Perduz et en toutes façons. 252 Pas ne ressemblent les maçons Que servir fault a si grant peine : Ilz ne veulent nulz eschançons, De soy verser chacun se paine. 256

XXXIII En cest incident me suis mis, Qui de riens ne sert a mon fait. Je ne suis juge ne commis Pour pugnir n'absouldre meffait : 260 De tous suis le plus imparfait ; Loué soit le doulx Jhesu Crist ! Que par moy leur soit satisffait : Ce que j'ay escript est escript.264

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XXXI Ai gran Signori Dio indichi la via... Vivano nell’opulenza e pure in pace; Non ci rifaremo su loro e sia, Riguardo ciò e bene se si tace. 244 Ma ai poveri che non han granché, E’ il mio caso, Dio mandi pazienza! Agli altri nulla manca perché, Si sa, di pane a cena non stan senza. 248

XXXII Han buoni vini al momento spillati, Salse, intingoli, bei pescioloni, Sformati, torte, ovi fritti e affogati, O strapazzati e in tutti gli altri modi. 252 Non devono fare come i muratori, Che per mangiare devon faticare, Non vanno in cerca di bei contenitori Nel servirsi si devono arrangiare. 256

XXXIII In questa digressione mi son messo Nulla ha a che fare col mio patto; Giudice non sono né suo messo Per punire o assolver un misfatto; 260 Meglio di altri non sono certo fatto; Lo diceva bene Gesù e sia lodato! Ognuno si ritenga pure soddisfatto: Quel ch’è scritto non può esser cancellato. 264

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XXXIV Laissons le moustier ou il est, Parlons de chose plus plaisante ; Ceste matiere a tous ne plest, Ennuieuse est et desplaisante. 268 Povreté, chagrine, doulente, Tousjours, despiteuse et rebelle, Dit quelque parolle cuisante ; S'elle n'ose, si le pense elle. 272

XXXV Povre je suis de ma jeunesse, De povre et de peticte extrasse ; Mon pere n'eust oncq grant richesse, Ne son ayeul, nommé Orrace ; 276 Povreté tous nous suit et trace. Sur les tumbeaux de mes ancestres, Les ames desquelz Dieu embrasse, On n'y voit couronnes ne ceptres. 280

XXXVI De povreté me grementant, Souventeffoiz me dit le cueur : " Homme, ne te doulouse tant Et ne demaine tel douleur ! 284 Se tu n'as tant qu'eust Jaques Cueur, Mieulx vault vivre soubz gros bureau Povre, qu'avoir esté seigneur Et pourrir soubz riche tumbeau.288

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XXXIV

Lasciamo dunque l’argomento E passiamo a cosa più presente, Non piace sentir un tal ragionamento Perché è noioso ed affliggente: 268 Povertà triste, povertà dolente, Da sempre ribelle e dispettosa, Butta lì qualche parola cocente O la pensa, quando dirla non osa. 272

XXXV Povero son fin dalla giovinezza, Il bisogno fu sempre il nostro stato; Mio padre non aveva ricchezza, Neppur suo nonno, Orazio chiamato. 276 Povertà da sempre insegue e solca Io e i morti miei predecessori, Le cui anime il buon Dio accolga, Non mi lasciaron scettri né tesori. 280

XXXVI Quando nella povertà mi dibatto Mi soccorre di solito il mio cuore Così: «Senti, non deprimerti affatto, Non alimentare ancora il tuo dolore 284 Non avrai mai quanto Jaques Coeur; Ma val di più viver in rozze vesti, Povero, ch’esser stato gran signore E nella tomba bui avere i resti». 288

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XXXVII Qu'avoir esté seigneur ... Que dis ? Seigneur, lasse ! ne l'est il mais ? Selon les davitiques diz, Son lieu ne congnoistra jamaiz. 292 Quant du seurplus, je m'en desmez Il n'appartient a moy, pecheur ; Aux theologiens le remectz, Car c'est office de prescheur. 296

XXXVIII Si ne suis, bien le considere, Filz d'ange, portant dyademe D'estoille ne d'autre sidere. Mon pere est mort, Dieu en ait l'ame; 300 Quant est du corps, il gist soubz lame . . J'entens que ma mere mourra, --Et le scet bien, la povre femme -- Et le filz pas ne demourra. 304

XXXIX Je congnois que povres et riches, Sages et folz, prestres et laiz, Nobles, villains, larges et chiches, Petiz et grans, et beaulx et laiz, 308 Dames à rebrassez collez, De quelconque condicion, Protans atours et bourrelez, Mort saisit sans exception.312

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XXXVII Gran signore di che cosa...dicevo? Ah sì, Signore!... dove sta adesso? Secondo quel che Davide ha detto Mai più ritroverà se stesso. 292 Quanto a tutto resto io lo rimetto: Non compete a chi è stato peccatore, Ma al teologo un simile verdetto, E all’abilità di un predicatore. 296

XXXVIII Io non sono, questo voi ben sapete, Figlio d’angelo, diadema non porto Neppure stelle o immagini facete; Dio ha con sè mio padre morto! 300 Il rimanente giace nella tomba; So che morir dovrà anche mia madre — E ben lo sa questa povera donna! — E suo figlio non è certo immortale. 304

XXXIX Io so bene che ricchi e poveretti, Laici e cappellani, saggi o stolti, Nobili, villani, larghi e stretti, Tristi, belli, alti oppure corti, 308 Le Dame con tutti i nobili risvolti, O di qualsiasi altra condizione, I capelli impreziositi oppur raccolti, Morte prende tutti senza eccezione. 312

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XL Et meure Paris et Helaine, Quiconques meurt, meurt à douleur Telle qu'il pert vent et alaine; Son fiel se creve sur son cuer, 316 Puis sue, Dieu scet quelle sueur! Et n'est qui de ses maulx l'alege: Car enfant n'a, frere ne seur, Qui lors voulsist estre son plege. 320

XLI La mort le fait fremir, pallir, Le nez courber, les vaines tendre, Le col enfler, la chair mollir, Joinctes et nerfs croistre et estendre. 324 Corps femenin, qui tant est tendre, Poly, souef, si precieux, Te fauldra il ces maulx attendre? Oy, ou tout vif aller es cieulx. 328

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XL Paride con Elena se n’è andato, E quando si muore, si muore con dolore Fino a perdere anima e fiato, Il fiele poi si spacca sul cuore, 316 Si suda molto, Iddio solo sa come... Nessuno ci solleva dagli affanni, Nessun figlio, né sorella o fratello, Si metterebbero in questi panni. 320

XLI Morte fa impallidire, tremare, Il naso curvarsi, le vene tendersi, Il collo gonfiarsi, la carne cade, Gli ossi crescere, nervi tirare; 324 Corpo di donna un tempo grazioso, Armonioso, morbido, generoso, Pure a te succederà lo stesso? O andar in cielo come sei adesso? 328

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Ballade des dames du temps jadis

Dites-moi où, n'en quel pays, Est Flora la belle Romaine, Archipiades, ni Thaïs, Qui fut sa cousine germaine, 332 Écho parlant quand bruit on mène Dessus rivière ou sur étang, Qui beauté eut trop plus qu'humaine Mais où sont les neiges d'antan? 336

Où est la très sage Héloïs, Pour qui fut châtré et puis moine Pierre Abelard à Saint-Denis? Pour son amour eut cette essoine. 340 Semblablement, où est la reine Qui commanda que Buridan Fut jeté en un sac en Seine? Mais où sont les neiges d'antan? 344 La reine Blanche comme lis Qui chantait à voix de sirène, Berthe au grand pied, Bietris, Alis, Haremburgis qui tint le Maine, 348 Et Jeanne la bonne Lorraine Qu'Anglais brûlèrent à Rouen; Où sont-ils, où, Vierge souvraine? Mais où sont les neiges d'antan? 352 Prince, n'enquerez de semaine Où elles sont, ne de cest an, Qu'à ce refrain ne vous remaine: Mais où sont les neiges d'antan ?356

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Ballata (delle dame del tempo passato)

Ditemi in qual paese, dove state, Per prima Flora, bellissima romana, E poi Taide, e anche tu Alcibiade Che fosti sua cugina germana, 332 Dal dolce eco se voce si dipana Lungo i torrenti e tra le cascate, La cui bellezza fu troppo umana Ma dove sono le nevi passate? 336 Dov’è Eloisa, che ogni cosa capì, Per lei castrato e poi in convento Finì Pietro Abelardo a Saint Denis, Perché l’amava subì tale tormento. 340 E la Regina, rimanendo in argomento Tanto fece affinche quel Buridano Fosse in un sacco gettato nella Senna Dove son le nevi dell’anno lontano? 344 L’altra Bianca regina come giglio Con la sua voce di sirena e Beatrice E Berta dal gran piede, Alice Haremburgis che unificò il Maine, 348 E Giovanna la grande Lorenese Che gli inglesi a Rouen han bruciato; Dove sono ora, dove o Vergine Maria? Dove son le nevi dell’anno passato? 352 Principe mio, né ora né in altri giorni Da domani mai più, dove esse stanno Chiedete, perché lo stornello non ritorni: Dove sono le nevi dell’altr’anno? 356

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Ballade des seigneurs du temps jadis

Qui plus, ou est ly tiers Calixte, Derrenier decedé de ce nom, Quy quatre ans tint le papalixte ? Alfonce le roy d'Arragon, 360 Le gracïeux duc de Bourbon, Et Artus le duc de Bretaigne, Et Charles septiesme le bon ? Mais ou est le preux Charlemaigne ? 364 Semblablement, le roy scotiste Qui demy face ot, ce dit on, Vermaille comme une emastiste Depuis le front jusqu'au menton, 368 Le roy de Chippre de renom, Helas ! et le bon roy d'Espaigne Duquel je ne sçay pas le nom ? Mais ou est le preux Charlemaigne ? 372 D'en plus parler je me desiste, Le monde n'est qu'abusïon ; Il n'est qui contre mort resiste Ne qui treuve provisïon. 376 Encore faiz une questïon : Lancellot, le roy de Behaygne, Ou est il ? Ou est son tayon ? Mais ou est le preux Charlemaigne ? 380 Ou est Clacquin le bon Breton, Ou est le conte daulphin d'Auvergne, Et le bon feu duc d'Alençon ? Mais ou est le preux Charlemaigne ?384

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Ballata (dei signori del tempo passato)

Callisto detto Terzo dov’è andato, Ultimo con tale nome che poi rese Dopo i quattro anni di papato? E Alfonso il sovrano aragonese, 360 E di Borbone quel gran duca cortese, Arturo, quel di Bretagna e ancora Carlo che per settimo tal nome prese? E Carlo Magno ora, ove si trova? 364 Stessa fine quello strano Re scozzese, Parte del suo volto a quanto sento, D’un color d’ametista ebbe accese Parti della fronte e giù sul mento; 368 E quel di Creta? Acclamato più di cento? Ahimè! Del buon Re di terra spagnola Dimentico il suo nome in un momento, E Carlo Magno ora, ove si trova? 372 Proseguir la filastrocca il cuor desiste, Questo mondo è una pura illusione, Non v’è qualcuno che alla morte resiste Nessuno può trovare un’evasione. 376 E proseguendo in questa riflessione: Quel certo Ladislao chi lo ritrova? Fu Re di Boemia e il suo progenitore? E Carlo Magno ora, ove si trova? 380 Dove stanno ora Claquin il bretone, É il delfino d’Alvernia? E poi ancora Quel gran duca d’Alençon così piacevole, E Carlo Magno ora, ove si trova?384

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Ballade en vieil langage françoys

Car ou soit ly sains appostolles, D'aubes vestuz, d'amys coeffez, Qui ne seint fors saintes estolles Dont par le col prent ly mauffez 388 De mal talant tout eschauffez. Aussi bien meurt que cilz servans, De ceste vie cy buffez : Autant en emporte ly vens ! 392 Voire, ou soit de Constantinobles L'emperieres au poing dorez, Ou de France le roy tres nobles Sur tous autres roys decorez, 396 Qui pour ly grant Dieux adorez Batist eglises et couvens, S'en son temps il fut honnorez, Autant en emporte ly vens ! 400 Ou soit de Vïenne et de Grenobles Ly Dauphin, ly preux, ly senez, Ou de Dijon, Salins et Dolles, Ly sires filz le plus esnez 404 Ou autant de leurs gens prenez Hereaux, trompectes, poursuivans, Ont ilz bien boutez soubz le nez, Autant en emporte ly vens ! 408 Princes a mort sont destinez, Et tous autres qui sont vivnans ; S'ilz en sont courcez n'atinez, Autant en emporte ly vens !412

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Ballata (in francese antico)

Chi si fa chiamare Padre Santo, Di bianco vestito, d’amitto calzato, Che con quel suo bel sacro manto Il Diavolo al collo vuol prendere; 388 Così agghindato non può discernere Solo la Morte ad umiltà lo induce E quando la vita l’ha lasciato: In altro luogo il vento lo conduce. 392 Guardate pure quel di Costantinopoli Imperatore dallo scettro d’oro, O quel tal Re che fu tra i più nobili Di Francia, e decorato come loro, 396 E che volle a Dio far grande dono E a molti conventi e chiese dare luce, Se pur allora parve tanto buono In altro luogo il vento lo conduce. 400 E i regnanti di Vienna e di Grenoble, Il delfino, il prode, il saccente, Oppur di Digione, Salino e Doles, Quel sire con il figlio succedente, 404 E a seguir costoro tutta l’altra gente, E quelli che ancor la vita seduce, L’araldo, il suonatore, il servente, In altro luogo il vento li conduce. 408 Signore, la morte è il lor destino Val pur per quelli che la vita induce Per timore ad andarsene in ritiro, In altro luogo il vento li conduce. 412

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XLII Puisque pappes, roys, filz de roys Et conceuz en ventre de roynes, Sont enseveliz mors et froys - En autlruy mains passent leurs regnes - 416 Moy, povre marcerot de regnes, Morrai ge pas ? Oy ... se Dieu plaist ! Mais que j'aye fait mes estraines, Honneste mort ne me desplaist. 420

XLIII Ce monde n'est perpetuel, Quoy que pense riche pillart ; Tous sommes soubz mortel coustel : Ce confort prens, povre viellart, 424 Lequel d'estre plaisant raillart Ot le bruit, lors que jeune estoit, C'on tendroit a fol et paillart Si, viel, a raillier se mestoit. 428

XLIV Car s'en jeunesse il fut plaisant, Ores plus riens ne dit qui plaise - Tousjours viel singe est desplaisant, Moue ne fait qui ne desplaise - ; 432 S'il se taist, affin qu'il complaise, Il est tenu pour fol recreu ; S'il parle, on lui dist qu'il se taise Et qu'en son prunier n'a pas creu. 436

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Il Testamento

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XLII Ricordato che papi, re, figli loro, E persino quelli da regina concepiti, Stan sepolti tutti, morti e stecchiti E passato ad altri è tutto il loro oro 416 Io mendicante che non ha niente, Uguale avrò la sorte? Saprà Iddio! Quando i miei lasciti avrò fatti anch’io: Una morte onesta è più accogliente. 420

XLIII Questo mondo illusorio dura poco, E’ un monito al ricco che non dà, Si deve con la morte stare al gioco: Conforti ogni vecchio questa realtà; 424 Bello fu un tempo e molto divertente, Così si dice, quand’era giovanotto, Penseranno che è debole di mente Se ci riprova adesso a farsi sotto. 428

XLIV Se tempo addietro fu piacevole, Niente che oggi dice può valere: Vecchia scimmia è sgradevole, Certe smorfie fan molto dispiacere; 432 Se non parlasse per altri compiacere Verrebbe preso per matto e rimbambito, Se ci prova gli vien detto di tacere: Il sale nella zucca gli è finito. 436

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XLV Or lui convient il mendïer, Car ad ce force le contrainct ; Regrectë huy sa mort et hier, Tristesse son cueur si estraint ! 440 Se, souvent, n'estoit Dieu qu'il craint, Il feroit ung orrible fait, Et advient qu'en ce Dieu enffraint Et que lui mesme se deffait. 444

XLVI Aussi ces povres famelettes Qui vielles sont et n'ont de quoy, Quant ilz voient ces pucellettes Empruncter elles a requoy, 448 Ilz demandent a Dieu pourquoy Sy tost nacquirent n'a quel droit. Nostre Seigneur se taist tout quoy, Car au tancer il le perdroit. 452

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XLV Or gli rimane il mendicare, La vita a questo l’ha costretto. Poi la morte col tempo recriminare E lo sconforto in cuor suo stretto; 440 Se in Dio non avesse alcun rispetto, Compirebbe forse un gesto insano, Contro quel che Dio stesso ha detto, Dandosi la morte di propria mano. 444

XLVI Così val per le povere vecchiette, Che più non han giurisdizione, Ma or spiando tutte le donnette, Che dan loro il cambio all’occasione, 448 Si chiedono e pure a Dio il perché Sì presto nacquero, a quale scopo; La risposta Lui se la tien per sé, A ragionarci ci perderebbe un poco. 452

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Les Regrets de la belle Heaulmiere XLVII

Advis m'est que j'oy regreter La belle qui fut hëaulmiere, Soy jeune fille soushaicter Et parler en telle maniere: 456 `Ha! viellesse felonne et fiere, Pourquoi m'as si tost abatue Qui me tient? Qui? que ne me fiere? Et qu'a ce coup je ne me tue? 460

XLVIII "Tollu m'as la haulte franchise Que beaulté m'avoit ordonné Sur clers, marchans et gens d'Eglise: Car lors, il n'estoit homme né 464 Qui tout le sien ne m'eust donné, Quoi qu'il en fust des repentailles, Mais que luy eusse habandonné Ce que reffusent truandailles. 468

XLIX "A maint homme l'ay reffusé, Que n'estoit à moy grant sagesse, Pour l'amour d'ung garson rusé, Auquel j'en faisoie largesse. 472 A qui que je feisse finesse, Par m'ame, je l'amoye bien! Or ne me faisoit que rudesse, Et ne m'amoit que pour le mien.476

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I Rimpianti delle bella Haulmiere XLVII

L’argomento mi giunse coi lamenti Della bellissima di nome Elmiera, Che ricordando i suoi passati tempi Si lamentò in codesta maniera: 456 Perché sì presto m'hai raggiunto Insolente e beffarda vecchiaia? Chi mi salverà, cosa? a questo punto Affinché io stessa non scompaia? 460

XLVIII La potestà che avevo ti sei ripresa, Per mia bellezza aver successo Su servi, mercanti e uomini di Chiesa, E per essa nessun uomo concesso 464 Non avrebbe tutto e poi se stesso, Senza aver neppure dei rimpianti, Purché gli concedessi quel che adesso Non vorrebbero neanche i mendicanti. 468

XLIX A molti invece al tempo l'ho negato, Non fu certo a mio vantaggio, Ma allora amavo un disgraziato A cui mi diedi tutta con coraggio. 472 Con tutti gli altri andavo piano, Soltanto a lui ogni cosa concedevo! Poi iniziò ag aver pesante la mano: Amava solo quel che possedevo.476

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L

"Si ne me sceut tant detrayner, Fouler au piez, que ne l'amasse, Et m'eust il fait les rains trayner, Si m'eust dit que je le baisasse, 480 Que tous mes maulx je n'oubliasse. Le glouton, de mal entechié, M'embrassoit... . J'en suis bien plus grasse! Que m'en reste il? Honte et pechié. 484

LI "Or est il mort, passé trente ans, Et je remains vielle, chenue. Quant je pense, lasse! au bon temps, Quelle fus, quelle devenue; 488 Quant me regarde toute nue, Et je me voy si tres changée, Povre, seiche, mesgre, menue, Je suis presque toute enragée. 492

LII "Qu'est devenu ce front poly, Ces cheveulx blons, sourcilz voultiz, Grant entroeil, le regart joly, Dont prenoie les plus soubtilz; 496 Ce beau nez droit, grant ne petit; Ces petites joinctes oreilles, Menton fourchu, cler vis traictiz, Et ces belles levres vermeilles? 500

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L Mi sarei fatta trascinare, ai suoi Piedi gettata, per amarlo di più, M'avesse pure sculacciata in fianco E comandato: ora baciami su 480 Qualsiasi cosa io dimenticavo; Satiro era, posseduto dal male, I suoi abbracci… quello guadagnavo! Vergogna e peccato quel che rimane. 484

LI Lui é morto son trent'anni e più, E io una vecchia attempata, Se oggi ripenso al tempo che fu, Com’io ero, come son diventata 488 Quando mi guardo spogliata, Nel corpo è diversa ogni cosa: Povera, rimpicciolita, pelle ossa, La ragione per essere furiosa! 492

LII Cosa diventò la dolce fronte, La bionda chioma, ciglia d’argento, Le occhiate ad ogni sguardo pronte Che a sè attiravano in un momento, 496 Il naso perfetto, né piccolo o grande, Le orecchie delicate, piccole cose, Contorni leggeri, fossetta sul mento, E al centro belle labbra come rose? 500

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LIII "Ces gentes espaulles menues; Ces bras longs et ces mains traictisses; Petiz tetins, hanches charnues, Eslevées, propres, faictisses 504 A tenir amoureuses lisses; Ces larges rains, ce sadinet Assis sur grosses fermes cuisses, Dedens son petit jardinet? 508

LIV "Le front ridé, les cheveux gris, Les sourcilz cheuz, les yeulz estains, Qui faisoient regars et ris, Dont mains marchans furent attains; 512 Nez courbes, de beaulté loingtains; Oreilles pendans et moussues; Le vis pally, mort et destains; Menton froncé, levres peaussues: 516

LV "C'est d'umaine beaulté l'yssue! Les bras cours et les mains contraites, Les espaulles toutes bossues; Mamelles, quoy! toutes retraites; 520 Telles les hanches que les tetes. Du sadinet, fy! Quant des cuisses, Cuisses ne sont plus, mais cuissetes, Grivelées comme saulcisses. 524

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LIII Quelle piccole spalle graziose, Sottili le braccia, dita affusolate, I minuti seni, le anche spaziose, Armoniose, d’altezza sufficienti, 504 Per ogni gioco d’amore efficienti. Forme ben rotonde e poi quel fiore Poggiato tra le cosce imponenti, Dove quel giardino scende e muore? 508

LIV Capelli ingrigiti, la fronte rugosa, Sopraccigli spariti, gli occhi spenti, Quando ridenti su ogni cosa, Si posavano e seducevano clienti, 512 S’è incurvato il naso di quei tempi, Le orecchie grandi e pelose son finite, Pallido il viso, colori assenti, Rugoso il mento, labbra appassite. 516

LV Dell’umana beltà questo è il finale, Braccia cadenti, mani ossa e pelle, Le spalle curve che fan male, Raggrinzite si sono le mammelle, 520 Le anche non torneran più quelle! Dimentichiamo il resto; cosce uguali A prima mai più ritorneranno belle, Adesso sembran quasi dei salami. 524

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LVI "Ainsi le bon temps regretons Entre nous, povres vielles sotes, Assises bas, à crouppetons, Tout en ung tas comme pelotes, 528 A petit feu de chenevotes Tost allumées, tost estaintes; Et jadis fusmes si mignotes! ... Ainsi emprent à mains et maintes." 532

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LVI Resta il rimpianto dei tempi migliori, Che nutriamo, noi vecchie rimbambite, Sediamo incurvate, oppure sui talloni In un cantuccio come vesti sdrucite; 528 E due stecchi come fuocherello Che presto viene e altrettanto sparisce, Come il corpo un tempo tanto bello, Da sempre è così che si finisce. 532

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Ballade de la belle Heaulmière aux filles de joie

« Or y pensez, belle Gantiere Qui escoliere souliez estre, Et vous, Blanche la Savetiere, Or est il temps de vous cognoistre : 536 Prenez a destre et a senestre, N'espargniez homme, je vous prie, Car vielles n'ont ne cours ne estre Ne que monnoye qu'on descrye. 540 « Et vous, la gente Saulcissiere, Qui de dancer estes adestre, Guillemete la Tappiciere, Ne mesprenez vers vostre maistre : 544 Tost vous fauldra clore fenestre ; Quant deviendrez, vielle, fleterye, Plus ne servirez q'un viel prestre Ne que monnoye c'on descrye. 548 « Jehanneton la Chapperonniere, Gardez qu'amy ne vous empestre ; Et Katherine la Bourciere, N'envoyez plus les hommes paistre, 552 Car qui belle n'est ne perpestre Leur male grace mais leur rie, Laide viellesse amour n'impestre Ne que monnoye c'on descr 556 « Filles, vueilliez vous entremectre D'escouter pourquoy pleure et crye : Pource que je ne me puis mectre Ne que monnoye c'on descrye.560

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Ballata della bella Haulmière alle ragazze di vita

Ora, pensateci mia bella Guantaia, Dei buoni consigli non stavate senza, E voi Bianchina che siete Calzolaia, E’ tempo che veniate a conoscenza, 536 Di metter da parte con pazienza, E prender da ciascuno non esitate, Le vecchie donne più non han licenza, Come vecchie monete deprezzate. 540 Val per voi carissima Droghiera Che per la danza avete gambe buone, Insieme a Guillemette la Tappezziera, Non rifiutate ancora quel signore, 544 Presto dovrete chiudere il portone, Quando vecchie sarete e disprezzate; E servir allora ben altro padrone, Come vecchie monete deprezzate. 548 O Giovannina che fate cappelli, L’amato non sia d’alcun impiccio; E voi Caterina che lavorate pelli, Gli uomini a quel paese non mandate, 552 Se bellissime non siete, badate A non essere già bersaglio di risate: Non troverete amor nella vecchiaia, Come vecchie monete deprezzate. 556 Figlie mie, io vi chiedo la pazienza D’ascoltar come piango disperata, Di partecipare ho perso la licenza, Come vecchie monete deprezzate.560

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LVII Ceste leçon icy leur baille La belle et bonne de jadiz. Bien dit ou mal, vaille que vaille, Enregistrer j'ay fait ses diz 564 Par mon clerc Fremin l'estourdiz, Aussi rassiz que je pense estre, S'il me desment, je le mauldiz : Selon le clerc est deu le maistre. 568

LVIII Sy aperçoy le grant danger Ouquel omme amoureux se boute. Et qui me vouldroit laidanger De ce mot, en disant : « Escoute ! 572 Se d'amer t'estrange et reboute Le barrat de celles nommees, Tu faiz une bien folle doubte, Car ce sont femmes diffamees. 576

LIX S'ilz n'ayment fors que pour l'argent, On ne les ayme que pour l'eure ; Rondement ayment toute gent Et rient lors quant bourse pleure. 580 De celles cy n'est qui ne queure ; Mais en femmes d'onneur et nom Franc homme, se Dieu me sequeure, Se doit emploier; ailleurs non. »584

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Il Testamento

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LVII La lezione a tutte loro spetta, Vien dalla bella del tempo passato: Giusta oppure no ormai l’ho detta E tutto quanto è stato riportato 564 Da Firmino, il fido mio assistente; Di buon senno è come son io stesso. Se dirà diversamente, lo sconfesso, Il maestro l’allievo imita sovente! 568

LVIII Udito ciò, sappia pericolo maggiore Chi ama affrontar deve ogni volta. Ma se qualcun portandomi rancore, A tutto questo rispondesse: “Ascolta! 572 Se dell’amor ti spiace e ti rivolta Il baratto che di questo esse fanno, Ripeterlo è condotta alquanto stolta: Che sian delle donnacce tutti sanno. 576

LIX Si concessero per il guadagno, E ciascuna ama per un poco, Ma tutte con uguale impegno, Rimbrottando chi ha il borsello vuoto, 580 Per correre da un altro poco dopo. Con le altre, ben volute dalla gente L’uomo onesto, se Dio m’assicura, Deve mettersi, o con quelle o niente!584

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LX

Je prens qu'aucune dye cecy, Sy ne me contente il en rien. En effect il conclud ainsi, Et je le cuide entendre bien, 588 Qu'on doit amer en lieu de bien. Assavoir mon se ces fillectes Qu'en parolles toute jour tien, Ne furent ilz femmes honnestes ? 592

LXI Honnestes si furent vrayment, Sans avoir reprouches ne blasmes. Sy est vray qu'au commencement Une chacune de ces femmes 596 Lors prindrent, ainsi qu'eussent diffames. L'une ung clerc, ung lay, l'autre ung moyne, Pour estaindre d'amours les flasmes Plus chaudes que feu saint Antoyne. 600

LXII Or firent selon ce decret Leurs amys, et bien y appert : Ilz amoient en lieu secret, Car autre d'eulx n'avoit part. 604 Touteffoiz ceste amour se part, Car celle qui n'en avoit q'um De celluy s'eslongne et depart Et ayme mieulx aymer chascun. 608

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Il Testamento

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LX Più d’uno ha pronta la risposta, Ma a me non pare sufficiente, Che viene sempre riproposta, Ormai l’ho compreso chiaramente, 588 Amate solo in modo conveniente. Ancor resta da provare se codeste, Con le quali io stesso andai sovente, Non furono un tempo donne oneste. 592

LXI Quando oneste furon e senza vizio, Non ci furono condanne emesse, Ma poi accadde a un certo inizio, Che ognuna di queste donne stesse, 596 Prima d’esser giudicata, prendesse Un chierico, un laico o un penitente, E di loro il fuoco d’amor spegnesse, Più forte di Sant’Antonio ardente. 600

LXII E per rispettare quel decreto, Contente, il loro attuale amante Incontrano in un luogo segreto, Nessun può entrare a farvi parte. 604 Ma la passione presto si diparte, Per un poco pensan solo ad esso Ma presto lo mettono in disparte Amare il prossimo è poi lo stesso. 608

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LXIII Qui les meut a ce ? G'ymagine, Sans l'onneur des dames blasmer, Que c'est nature femininne Qui tout unyement veult amer. 612 Autre chose n'y sçay rimer Fors qu'on dit a Rains et a Troys, Voire a L'Isle et a Saint Omer, Que six ouvriers font plus que trois. 616

LXIV Or ont ces folz amans le bont Et les dames prins la vollee ; C'est le droit loier qu'amans ont, Toute foy y est vïollee, 620 Quelque doulx baisier n'acollee. De chiens, d'oiseaulx, d'armes, d'amours, C'est pure verité devollee Pour ung joye cent doulours. 624

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LXIII Che le spinge? Non v’è ragion sicura, Non voglio far mancare la mia stima, E penso parte sia di lor natura, Per esse amare sempre viene prima. 612 E trovare non riesco un’altra rima, A Sant’Omero, Reims e a Lille è Usanza raccontare, e a Troia in cima, Con sei operai è meglio che con tre! 616

LXIV Questi amori son quindi ballerini, Da queste donne respinti se conviene, È legge che subiscono per primi, Violata anch’essa per tornar insieme; 620 Altri abbracci e baci violan anche quella. Prede, cavalieri, armi ed amori, Si sa la storia è sempre quella, Sono poche gioie e tanti dolori. 624

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Double ballade

Pour ce, aimez tant que vouldrez, Suyvez assemblées et festes, En la fin ja mieulx n'en vauldrez Et si n'y romprez que vos testes: 628 Folles amours font les gens bestes; Salmon en ydolatria; Samson en perdit ses lunetes. Bien est eureux qui riens n'y a! 632 Orpheüs, le doux menestrier, Jouant de fleustes et musetes, En fut en danger de murtrier Chien Cerberus à quatre testes; 636 Et Narcisus, le bel honnestes, En ung parfont puis se noya, Pour l'amour de ses amouretes ... Bien est eureux qui riens n'y a! 640 Sardana, le preux chevalier, Qui conquist le regne de Cretes, En voulut devenir moullier Et filler entre pucelletes. 644 David le roy, sage prophetes, Crainte de Dieu en oublia, Voyant laver cuisses bien faites... Bien est eureux qui riens n'y a! 648

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Il Testamento

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Doppia Ballata Se vi piace amate pur quanto volete, Non perdete un’occasione o festa, Non so quanto ci guadagnerete, Quando rotta sarà la vostra testa; 628 Chi ama in tale guisa bestia resta, Sansone si allontanò da verità, Ci perse Salomone la sua cresta. Beato è colui che non ne ha! 632 Il dolce menestrello Orfeo, Suonando cornamuse e flauti, Pericolo corse per man del reo E infido Cerberus a quattro fauci; 636 Pure Narciso, lo sciocco sognatore, Nel pozzo si perse, ancora vi sta Per amar il suo stesso amore… Beato è colui che non ne ha! 640 Sardana, il prode cavaliere, Che conquistò le terre di Creta, Donna diventò per suo volere, E d’allora tra fanciulle s’allieta. 644 Re Davide, il famoso profeta, Ciò che Dio vorrebbe più non sa, Ma spia di fanciulla il corpo nudo… Beato è colui che non ne ha! 648

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Amon en voulst deshonnourer, Faignant de menger tarteletes, Sa seur Thamar, et desflourer, Qui fut inceste deshonnestes; 652 Herodes -- pas ne sont sornetes -- Saint Jean Baptiste en decola Pour dances, saulx, et chansonnetes... Bien est eureux qui riens n'y a ! 656 De moy, povre, je vueil parler; J'en fuz batu, comme à ru toiles, Tout nu, ja ne le quiers celer. Qui me feist mascher ces groselles, 660 Fors Katherine de Vausselles? Noel le tiers est, qui fut là. Mitaines à ces nopces telles, Bien est eureux qui riens n'y a! 664 Mais que ce jeune bachelier Laissast ces jeunes bacheletes, Non! et, le deust on vif brusler Comme ung chevaucheur d'escouvetes, 668 Plus doulces luy sont que civetes. Mais toutesfoys fol s'y fya: Soient blanches, soient brunetes, Bien est eureux qui riens n'y a !672

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E Amnon intese disonorare, Fingendo di volerne le frittelle, La sorella sua Tamara deflorare, Fu un comportamento molto basso; 652 Erode, famoso è questo passo, Giovan Battista decapitare fa, Mentre tutti danzan e fan fracasso; Beato è colui che non ne ha! 656 Ora, di me voglio portar l’esempio, Sbattuto come panno da lavare Fui e il corpo nudo in tale scempio Dovette ingoiar le prugne amare, 660 Fu per Caterina di Vausselles mi pare, Noel il terzo, chiedete a lui, era là. Scherzo da prete fu, tale e quale. Beato è colui che non ne ha! 664 Dovrebbe forse un giovane ribaldo, Farsi sfuggire le giovani donnine? Manco se il fuoco dovesse bruciarlo! Scambierebbe la sua scopa con cavallo, 668 Ammettiamo che all’inizio sian carine, Ma quando ognun di voi ci cascherà, Capirà la sua follia: brunette, biondine, Beato è colui che non ne ha ! 672

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LXV Se celle que jadiz servoye De si bon cueur et loyaulment, Dont tant de maulx et griefz j'avoye Et souffroye tant de tourment, 676 Se dit m'eust au commencement, Sa voulenté, mais nennil, las ! J'eusse mis paine aucunement De moy retraire de ses las. 680

LXVI Quoy que je lui voulsisse dire, Elle estoit preste d'escouter Sans m'acorder ne contredire. Qui plus, me souffroit acouter 684 Joignant d'elle, près sacouter ... Et ainsi m'aloit amusant Et me souffroit tout raconter, Mais ce n'estoit qu'en m'abusant. 688

LXVII Abusé m'a et fait entendre Tousjours d'un que ce feust ung aultre : De farine que ce feut cendre, D'un mortier ung chappel de faultre, 692 De viel machefer que feust peaultre, D'ambesars que c'estoïent ternes - Tousjours trompeur autruy engautre Et rent vecyes pour lanternes -. 696

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LXV Se colei che una volta servivo, Cosi lealmente a viso aperto, D’ogni bene alla fin mi rese privo, E per causa sua ho molto sofferto 676 Se l’avessi all’inizio già scoperto Ma lei dissimulò, niente da fare! Sarei stato meno incerto E non sarei caduto in quell’affare. 680

LXVI Tutto quel ch’io volevo dire Era sempre pronta ad ascoltare, Senza pronunciarsi o contraddire; Anzi si lasciava avvicinare, 684 Per abbracciarla e sussurrare, Così lei mi andava lusingando E tutto mi faceva raccontare, Non m’accorsi, stava già ingannando. 688

LXVII Mi ha così ingannato e fatto credere D’ogni cosa che fosse qualcos’altro, Che della farina fosse cenere, Che quel del giudice fosse feltro, 692 Che ferro vecchio fosse peltro, Che due coppie fossero tre uguali, Sempre il mentitore aggira l’altro E gli vende lucciole per fanali. 696

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LXVIII

Du ciel, une paille d'arrain, Des nues une peau de veau, Du main que c'estoit le serain, D'ung troignon de chou, ung naviau, 700 D'ordre servoyse vin nouveau, D'une truye ung molin a vent Et d'une hart ung escheveau, D'ung graz abé ung poursuivant. 704

LXIX Ainsi m'ont Amours abusé Et pourmené de l'uys au pesle. Je croy qu'omme n'est si rusé, Fust fin com argent de coupelle, 708 Qui n'y laissat linge, drappelle, Mais qu'il fut ainsi manïé Comme moy, qui partout m'appelle L'amant remys et regnÿé. 712

LXX Je regnye Amours et despite Et deffie a feu et a sang. Mort par elles me precepicte, Et ne leur en chault pas d'un blanc. 716 Ma vïelle ay mis soubz le banc, Amans je ne suiveray ja maiz ; Se jadiz je fuz de leur renc, Je declaire que n'en suis maiz ;720

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LXVIII Che il cielo fosse una tazza di bronzo, Che la nuvola un piccolo vitello, Che all’alba fosse già tramonto, Un comodo cappello un rapanello, 700 Birra annacquata vino novello, Una catapulta un mulino a vento, ‒ Che il capestro fosse tanto bello, E che un frate obeso sia redento . 704

LXIX In questo modo gli Amori m’han tradito Accompagnato dall’uscio alla prigione. Chi altro ordunque per quanto ardito E pur fatto d’argento del migliore, 708 Saprebbe tosto lasciare ogni valore, Dopo in tale guisa esser trattato Come a me successe, io che ho nome Di chi vi ha per sempre rinunciato. 712

LXX Rinnego questi amori e li disprezzo Son pronto a sfidarli a fuoco e ferro. Da quando Morte mi prese a mezzo, Ma a loro non fece caldo né freddo. 716 Il mandolino ho appeso al chiodo E mai più ci cascherò è sicuro; Se un tempo facevo in altro modo, Mai più ci cascherò, ve l’assicuro. 720

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LXXI

Car j'ay mis le plumail au vent : Or les suive qui a actente ! De ce me taiz doresnavent, Car poursuivre je vueil mon entente. 724 Et s'aucun m'interrogue ou tente Comment d'Amours j'ose mesdire, Ceste parolle le contente : « Qui meurt a ses loix de tout dire » . 728

LXXII Je congnois approucher ma seuf, Je crache blanc comme coton Jacoppins groz comme ung esteuf. Qu'esse a dire ? que Jehanneton 732 Plus ne me tient pour valleton, Mais pour ung viel usé rocquart : De viel porte voix et le ton, Et ne suis q'un jeune cocquart. 736

LXIII Dieu mercy ... et Tacque Thibault, Qui tant d'eaue froide m'a fait boire, En ung bas, non pas en ung hault, Menger d'angoisse mainte poire, 740 Enferré ... Quant j'en ay memoire, Je prie pour luy, et relicqua , Que Dieu luy doint, et voire voire, Ce qui je pense, et cetera.744

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LXXI Le belle ali sian gettate al vento, Le metta chi vuol vivere in attesa. A non parlarne più ci starò attento, Intendo proseguir codesta impresa. 724 E chi volesse mettermi alle strette Perché dell’Amore voglio sparlare, Gli rispondo con queste parolette: “Chi muore può dir ciò che gli pare". 728

LXXII Sento forte sete che s’avanza, Perché sputo bianca come cotone, Saliva molto asciutta in abbondanza. Che cosa vorrà dire? Che Giannina 732 Non mi vuol più per preferito, Vede in me un vegliardo tocco: Il tono e pur la voce m’han tradito, Non son più giovane e un poco sciocco. 736

LXXIII Dio ringrazio… e Thibauld pure, Per l’acqua fredda che mi fece bere, Non sotto il sole ma in celle scure, Mi fece ingoiar crude molte pere 740 Incatenato... quanto non è da sapere Ma pregherò per lui e così sia, Che Dio gli porti vorrei vedere Quel che gli mando da parte mia. 744

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LXXIV

Toutesfoiz, je n'y pense mal Pour lui, et pour son lieutenant, Aussi pour son officïal Qui est paisant et advenant, 748 Que faire n'ay du remenant Mais du petit maistre Robert : Je les ayme tout d'un tenant, Ainsi que fait Dieu le Lombart. 752

LXXV Sy me souvient bien, Dieu mercis, Que je feiz a mon partement Certains laiz, l'an cinquante six, Qu'aucuns, sans mon consentement, 756 Voulurent nommer testament ; Leur plaisir fut, non pas le myen. Mais quoy ! on dit communement Q'ung chacun n'est maistre du sien. 760

LXXVI Pour les revocquer ne le diz, Et y courrust toute ma terre. De pictié ne suis reffroydiz Envers le bastart de la Barre : 764 Parmy ses troys gluyons de feurre Je lui donne mes vieilles nattes ; Bonnes seront pour tenir serre Et soy soustenir sur les pates.768

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LXXIV Nonostante ciò non mando il male Né a lui né al suo luogotenente, E neppure a quel suo bell’ufficiale, Così piacevole e divertente, 748 Che farne non saprei del rimanente Tranne che di Robert quel minore: A tutti voglio bene moderatamente, Come il mercante è amato il Signore. 752

LXXV Ricordassi meglio, Dio ringrazierei, Per dir che al mio allontanamento, Scrissi un Lascito l’anno cinquantasei, Che alcuni non era intendimento 756 Mio vollero chiamare Il Testamento; Di questo vanno fieri io di meno. Lo spiega il detto in ogni momento: Non s’è padroni in casa propria nemmeno. 760

LXXVI Di revocare quell’altro non mi peno, Dovessi rimetterci pure la mia terra. La mia pietà non vuol venire meno Neppur per il bastardo della Barra: 764 Di fieno in aggiunta ai suoi tre fasci Le mie stuoie vecchie gli consegno, Purché quell’abitudine non lasci, Andare su due zampe per sostegno. 768

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LXXVII

S'ainsi estoit qu'aucun n'eust pas Receu le laiz que je lui mande, J'ordonne qu'aprés mon trespas A mes hoirs en face demande. 772 Mais qui sont ilz ? Si le demande Morreau, Prouvins, Robin Turgis : De moy, dictes que je leur mande, Ont eu jusqu'au lit ou je gis. 776

LXVIII Somme, plus ne diray qu'un mot, Car commencer vueil a tester. Devant mon clerc Fremin qui m'ot, S'il ne dort, je vueil protester 780 Que n'entens homme detester En ceste presente ordonnance, Et ne la vueil manifester ... Synon ou royaume de France. 784

LXXIX Je sens mon cueur qui s'affoiblist Et plus je ne puis papïer. Fremin, siez toy pres de mon lit, Que l'en m'y viengne espïer. 788 Pren ancre tost, plume et pappier, Ce que nomme escriptz vistement, Puis fay le partout coppïer. Et vecy le commencement. 792

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Il Testamento

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LXXVII Se qualcuno non avesse ricevuto Il lascito che un tempo scrissi io Dopo questo mio ultimo saluto Senza attender tutti quanti invio, 772 Da chi già si prese il ben di Dio: Morreau, Prouvins, Robin Turgis, ho detto: ‒ Parola mia, dite che vi mando io ‒ Una sola cosa m’han lasciato: il letto. 776

LXXVIII E per finire dico brevemente, Perché mi tocca arrivar al dunque, Innanzi al mio Fremin se mi sente Anziché dormire, dico solamente 780 Non voglio detestare più nessuno La mia volontà ormai non cangia Non vorrei si sapesse troppo in giro… Resti tra noi solo e in tutta Francia. 784

LXXIX Sento il cuor in petto stretto A malapena riesco a balbettare. Fremin, siedi qui vicino al letto, Nessun altro venga a disturbare, 788 Prendi penna, carta e inchiostro, E scrivi lesto quel ch’io dico, Lo pubblicherai in ogni posto. Ecco finalmente il mio spartito.792

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LXXX

Ou nom de Dieu, Pere eternel, Et du Filz que vierge parit, Dieu au Pere coeternel Ensemble et le Saint Esperit, 796 Qui sauva ce qu'Adam perit Et du pery parre les cyeulx ... Qui bien ce croit peu ne merit, Gens mors estre faiz petiz dieux. 800

LXXXI Mors estoïent et corps et ames, En dampnee perdicïon, Corps pourriz et ames en flasmes, De quelconcque condicïon. 804 Toutesffoiz fais excepcïon Des patriarches et prophectes, Car, selon ma concepcïon, Oncques grant chault n'eurent aux fesses. 808

LXXXII Qui me diroit : « Qui vous fait mectre Si tres avant ceste parolle, Qui n'estes en theologie maistre ? A vous est presumpcïon folle », 812 C'est de Jhesus la parabolle Touchant du riche ensevely En feu, non pas en couche molle, Et du ladre de dessus ly.816

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LXXX Nel nome di Dio, Padre Immortale, E del Figlio di Madre senza difetto Anch’Egli eterno in misura uguale In connessione con lo Spirito Perfetto, 796 Che levan d’Adamo il gran difetto E che nei cieli ci portano vicino… A chi ci crede portiamo rispetto, Di poter connettersi con il Divino. 800

LXXXI Nel corpo e nell’anima eran morti, Condannati all’eterna perdizione, L’anima nel fuoco, disfatti i corpi, Qualunque fosse la loro condizione. 804 Fu fatta comunque un’eccezione, Dei profeti e patriarchi le schiere, E qui mi manca la spiegazione Come non ebbero caldo al sedere. 808

LXXXII Chi mi dice:“Un altro monologo Hai iniziato con tanta sufficienza, E’ un tema che spetta al teologo, La tua presunzione è un’indecenza”. 812 Gli rispondo: è parabola di Cristo Del ricco epulone e dell’Inferno Non al riparo ma in fuoco misto Solo il povero vive in eterno. 816

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LXXXIII

Se du ladre eust veu le doyt ardre; Ja n'en eust requis reffrigere N'au bout d'icelluy doiz aerdre Pour raffreschir sa machoüoire. 820 Pÿons y feront macte chierre, Qui boyvent pourpoint et chemise ! Puis que boiture y est si chiere. Dieux nous garde de la main mise ! 824

LXXXIV Ou nom de Dieu, comme j'ay dit, Et de sa glorïeuse Mere, Sans pechié soit parfait ce dit Par moy, plus maigre que chimere; 828 Se je n'ay eu fievre enfumere, Ce m'a fait divine clemence ; Mais d'autre dueil et perte amere Je me tais, et ainsi commence. 832

LXXXV Premier doue de ma povre ame La glorïeuse Trinité, Et la commande a Nostre Dame, Chambre de la divinité, 836 Priant toute la charité Des dignes neuf ordres des cieulx Que par eulx soit ce dont porté Devant le trosne precïeulx.840

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LXXXIII Se cominciano a bruciar le dita, Invano è fare fresco solo a quelle Nessun bere placherà questo calore Non rinfrescherà neppure le mascelle. 820 Mendicar da bere è sempre disonore, C’è chi si beve pure la sua blusa Se questa dev’essere la conclusione Assolva Dio chi altrettanto abusa. 824

LXXXIV In nome di Dio, come già detto, E della gloriosa Madre Benedetta, Concludo umilmente questo detto Ora che son magro come carpetta; 828 Se non presi la febbre terzana, Lo devo a Dio, alla sua clemenza Di altro dolore e angoscia insana Taccio, ecco finalmente la partenza. 832

LXXXV Per cominciar l’anima provata Lascio alla Santissima Trinità, Per la nostra Madre Immacolata, Che è l’anticamera della divinità, 836 Insieme alla dovuta carità Prego gli Angeli fin al cielo nono La mia anima sia portata fin là Al cospetto del Preziosissimo Trono. 840

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LXXXVI Item, mon corps j'ordonne et laisse A nostre grant mere la terre ; Les vers n'y trouveront grant gresse, Trop lui a fait fain dure guerre. 844 Or luy soit delivré grant erre, De terre vint, en terre tourne ! Toute chose, se par trop n'erre, Voulentiers en son lieu retourne. 848

LXXXVII Item, et a mon plus que pere, Maistre Guillaume de Villon, Qui esté m'a plus doulx que mere, Enffant eslevé de maillon 852 - Degecté m'a de maint boullon Et de cestuy pas ne s'esjoye ; Sy lui requier a genoullon Qu'il m'en laisse toute la joye -, 856

LXXXVIII Je luy donne ma librairye Et le roumant du Pet au Deable, Lequel maistre Guy Tabarye Grossa, qui est homs veritable. 860 Par cayeulx est soubz une table ; Combien qu'il soit rudement fait, La matiere est si tres notable Qu'elle admende tout le meffait.864

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LXXXVI

Il mio corpo io lascio pertanto A nostra madre comune, la Terra; I vermi non si divertiranno tanto, 844 Patì la fame come per la guerra. Sia lasciato per questo sotto terra, Da lì proviene ed in terra ritorni! Ogni cosa per quanto poco non erra, 848 E’ noto come colà sempre ritorni.

LXXXVII Proseguo e lascio al mio buon padre Il Signor Guillaume de Villon, che poco Meno caro m’è stato che una madre, 852 Quando fui appena tolto dalle fasce ‒ E mi tolse molte castagne dal fuoco Aiutandomi, ma di ciò non fu contento; Io comunque umilmente lo invoco 856 Di lasciarmi ora questo passatempo.

LXXXVIII Gli lascio dei miei libri ogni diritto E il romanzo di Tabarye: la Vampa Del Diavolo, che il Signor Guy ha scritto, 860 Uomo onesto e che mise in stampa. Ma io lo misi tra il tavolo e la zampa Benché scritto alquanto rozzamente, Tratta di argomento che non stanca 864 E non si nota quel che v’è di assente.

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LXXXIX Item, donne a ma povre mere, Pour saluer nostre Maistresse, Qui pour moy ot douleur amere, Dieu le scet, et mainte tristesse 868 - Autre chastel n'ay ne forteresse Ou me retraye corps ne ame Quant sur moy court malle destresse, Ne ma mere, la povre femme -. 872

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LXXXIX

Così, lascio per la mia povera mamma, Alla Vergine Maria inno di salvezza, Sopportò per me dolore e dramma, Lo sa Dio quanto e tanta tristezza. 868 E’ il nostro riparo, la sola fortezza Spirito e corpo ci ha preservato La sorte mi lasciò in ristrettezza Anche a mia madre di più non è dato. 872

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Ballade que Villon feit à la requeste de sa mere pour prier Nostre-Dame

Dame des cieulx, regente terrienne, Emperiere des infernaux paluz, Recevez moy, vostre humble chrestienne, Que comprinse soye entre vos esleuz, 876 Ce non obstant qu'oncques rien ne valuz. Les biens de vous, ma dame et ma maistresse, Sont trop plus grans que ne suis pecheresse, Sans lesquelz biens ame ne peut merir 880 N'avoir les cieulx, je n'en suis jungleresse. En ceste foi je vueil vivre et mourir.

A vostre Filz dictes que je suis sienne; De luy soyent mes pechiez aboluz: 884 Pardonne moy comme a l'Egipcienne, Ou comme il feist au clerc Théophilus, Lequel par vous fut quitte et absoluz, Combien qu'il eust au deable fait promesse. 888 Preservez moy, que ne face jamais ce, Vierge portant, sans rompure encourir Le sacrement qu'on celebre à la messe. En ceste foy je vueil vivre et mourir. 892

Femme je suis povrette et ancienne, Qui riens ne sçay; oncques lettre ne leuz; Au moustier voy dont suis paroissienne Paradis paint, où sont harpes et luz, 896 Et ung enfer où dampnez sont boulluz: L'ung me fait paour, l'autre joye et liesse, La joye avoir me fay, haulte Deesse, A qui pecheurs doivent tous recourir, 900 Comblez de foy, sans fainte ne paresse. En ceste foy je vueil vivre et mourir.

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Ballata (Dedicata alla madre per pregare la Vergine Maria)

Regina del Cielo del mondo Sovrana, Sollievo nella palude Infernale, Accoglete questa umile cristiana, Insieme a chi verso di voi sale, 876 La mia persona assai poco vale. Rivolgo a voi il mio supplicare, Chè fu grande il mio stesso peccare, Senza di Voi l’anima non può ambire 880 Né salir in Cielo: non voglio esitare In questa fede voglio vivere e morire.

A Vostro Figlio voglio che si dica Che son sua, e di ogni mio peccato 884 Mi perdoni come fece all’Egiziaca, O come il chierico Teofilo ha perdonato, Per grazia vostra fu assolto e liberato, Per quanto col demonio avesse un patto. 888 Fate che non avvenga questo fatto, Vergine ha concepito, nata senza fallire Questo Credo dalla messa è tratto: In questa fede voglio vivere e morire. 892

Io son ora poveretta e anziana, Senza insegnamenti ricevuti. In chiesa dove sono parrocchiana Vedo il Paradiso pitturato, arpe, liuti, 896 E l’Inferno dove i dannati son mietuti; Il primo mi dà gioia, l’altro fa paura. O Regina Celeste vorrei avere la fortuna, Di cui i peccatori possono fruire, 900 Dico, senza inganni né pigrizia alcuna, In questa fede voglio vivere e morire.

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Envoi

Vous portastes, digne Vierge, princesse, Iesus regnant, qui n'a ne fin ne cesse. 904 Le Tout-Puissant, prenant nostre foiblesse, Laissa les cieulx et nous vint secourir, Offrit à mort sa tres chiere jeunesse. Nostre Seigneur tel est, tel le confesse, 908 En ceste foy je vueil vivre et mourir.

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Finale

Tu portasti in seno, Vergine Sovrana, Il Cristo che regna senza fine umana. 904 L’Onnipotente, incarnò così natura umana, E dal Cielo presso noi volle venire, E alla morte si concesse in giovinezza. E’ il nostro Signore, la mia certezza, 908 In questa fede voglio vivere e morire.

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XC Item, m'amour, ma chiere rose, Ne luy laisse ne cueur ne foye ; Elle aymeroit mieulx aultre chose, 912 Combien qu'elle ait assés monnoye ... Quoy ? une grant bourse de soye, Plaine d'escuz, parfonde et large. Mais pendu soit il, qui je soye, 916 Qui luy laira escu ne targe ;

XCI Car elle en a, sans moy, assés. Mais de cela il ne m'en chault, Mes plus grans dueilz en sont passés, 920 Plus n'en ay le croppïon chault. Si m'en desmez aux hoirs Michault, Qui fut nommé le Bon Fouterre ; Priés pour luy, faictes ung sault, 924 A Sainct Sathur gist soubz Sancerre.

XCII Ce non obstant, pour m'acquicter _Envers Amours plus qu'envers elle, - Car onques n'y peulz acquester 928 D'espoir une seule estincelle : Je ne sçay s'a tous si rebelle A esté, ce m'est grant esmoy, Mais, par saintce Marie la belle, 932 Je n'y voy que rire pour moy -,

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XC Così, al mio amor, la bella Rosa, Non lascio né coraggio o fedeltà; Piacerebbe a lei ben altra cosa, 912 Non denaro ne ha già avuto a volontà… Cosa? Una bella borsa in taffetà, Piena di scudi e con un fondo spesso, Chi le lasciasse ancora altra eredità, 916 Sia impiccato, e valga per me stesso;

XCI Oltre la mia, ne ha godute di parecchie. Non mi rattristo, né son compiaciuto, Son cessate le tribolazioni vecchie, 920 E non ne son per nulla dispiaciuto. Agli eredi di Michault chiedo aiuto Era nominato scopator capace; Fate un voto, portategli un saluto 924 A Saint Sathur, Sancerre, egli giace.

XCII Ciò nonostante e per sdebitarmi Degli Amori, non solo quel per lei ‒ Perché mai seppero aiutarmi 928 E niente da essi si può ottenere: Se avete fatto simile esperienza La cosa mi darebbe da pensare, Ma per la Santa e Vergine Maria, 932 Quel ch’è successo devo raccontare ‒,

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XCIII Ceste ballade luy envoye Qui se termine tout par erre. Qui luy portera ? Que je voye ... 936 Ce sera Pernet de la Barre, Pourveu, s'il rencontre en son erre Ma damoiselle au nez tortu, Il luy dira, sans plus enquerre : 940 « Orde paillarde, dont viens tu ? »

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XCIII

Dedico a loro questa ballata, Che tutta quanta finisce in erre Non saprei come poterla consegnare… 936 Provo con Perenet della Barra Potrebbe, dato il suo girovagare, A quest’ora averla già incontrata. Dica a quel naso storto, senza esitare: 940 “Brutta puttana, chi ti ha portata?”

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Ballade de Villon à s'amye

Faulse beaulté qui tant me couste chier, Rude en effect, ypocrite doulceur, Amour dure plus que fer a macher, 944 Nommer que puis, de ma deffaçon seur, Cherme felon, la mort d'un povre cueur, Orgueil mussé qui gens met au mourir, Yeulx sans pitié, ne veult droit de rigueur, 948 Sans empirer, ung povre secourir ? Mieulx m'eust valu avoir esté serchier Ailleurs secours : ç'eust esté mon honneur. Riens ne m'eust sceu hors de ce fait hacher : 952 Trocter m'en fault en fuyte et deshonneur. Haro, haro, le grant et le mineur ! Et qu'esse cy ? Mourray sans coup ferir ? Ou pictié veult, selon ceste teneur, 956 Sans empirer, ung povre secourir ? Ung temps viendra qui fera dessechier, Jaunyr, flectrir vostre espanye fleur. Je m'en reisse, se tant peusse mascher 960 Lors, mais nennil, ce seroit donc folleur : Viel je seray, vous laide, sans couleur. Or buvez fort, tant que ru peult courir ; Ne donnez pas a tous ceste douleur : 964 Sans empirer, ung povre secourir. Prince amoureux, des amans le greigneur, Vostre mal gré ne vouldroye encourir, Mais tout franc cueur doit, par Nostre Seigneur, 968 Sans empirer, ung povre secourir.

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Ballata di Villon alla sua amica Falsa beltà quanto m’è costata, Rude in verità, finta in dolcezza, Durezza tanta, ne ho masticata, 944 Della mia fine fosti certezza, Ammaliatrice che il cuore spezza, E l’amor proprio a morte getta, Beffarda sei, che giustizia disprezza 948 Il sollievo a un povero non spetta?

Meglio andar in cerca altrove Sarebbe stato un giusto vanto. Ma nulla mi distolse dall’amore; 952 Che rifuggo ora con rimpianto. Mi lamento e sbraito così tanto! Perché? Tu senz’altro Morte accetta, Oppure la pietà che adesso canto, 956 Il sollievo a un povero non spetta?

Verrà il tempo in cui sarà seccato, Sfiorito il tuo fior, o bella mia, Che ridere, se avessi ancora fiato, 960 Ma no, sarebbe solo una follia: Io sarò avvizzito Tu un’arpia, Prendi finché fiume ancora getta; Ma non seguir con tutti stessa via: 964 Il sollievo a un povero non spetta?

Principe D’Amore, di tutti sei il migliore, Non farmi ricader nella disdetta, Ma chieder umilmente a Nostro Signore: 968 Il sollievo a un povero non spetta?

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XCIV

Item, a maistre Ythier Marchant, Auquel mon branc laissay jadiz, Donne, mais qu'il le mecte en chant, 972 Ce lay contenant des vers dix, Et au luz ung De profundiz Pour ses ancïennes amours, Desquelles le nom je ne diz, 976 Car il me hairoit a tousjours.

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XCIV Al signor Ythier Merchand altrettanto Spetterebbe, la spada che ha giò avuto Gli regalo, purché trasformi in canto, 972 Sta decina come richiesta d’aiuto. E’ un De Profundis adatto per il liuto In memoria dell’amor che fece uso, Non ne svelo il nome resto muto, 976 Per evitare che mi metta il muso.

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Rondeau

Mort, j'appelle de ta rigueur, Qui m'a ma maistresse ravie, Et n'es pas encore assouvie, 980 Se tu ne me tiens en langueur. Onc puis n'eus force ne vigueur; Mais que te nuysoit elle en vie, Mort? ( j'appelle de ta rigueur, 984 Qui m'a ma maistresse ravie). Deux estions, et n'avions qu'ung cuer; S'il est mort, force est que devie, Voire, ou que je vive sans vie, 988 Comme les images, par cuer,

Mort, j'appelle de ta rigueur, Qui m'a ma maistresse ravie, Et n'es pas encore assouvie, Se tu ne me tiens en langueur.

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Il Testamento

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Rondò

Morte io ti contesto la durezza, Perché portasti teco la mia amata Ma non basta, ciò non ti ha fermata 980 Or mi costringi pure alla tristezza. Non ritrovai coraggio né fortezza. Che fastidio dava lei se stava in vita? Morte (io ti contesto tua durezza, 984 Perché portasti teco la mia amata). In due eravamo ma una cosa sola; Dopo lei, dovrò morir io stesso, Piuttosto ch’esser vivo senza Vita 988 Con soli ricordi e sentimento. Morte io ti contesto tua durezza, Perché portasti teco la mia amata Ma non ti basta, ciò non ti ha fermata Or mi costringi pure alla tristezza.

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XCV Item, a maistre Jehan Cornu Autre nouveau laiz lui vueil faire, Car il m'a tousjours subvenu 992 A mon grant besoing et affaire. Pour ce, le jardin lui transffaire Que maistre Pierre Bobignon M'arenta, en faisant reffaire 996 L'uys et redrecier le pignon.

XCVI Par faulte d'ung huys g'y perdiz Ung grez et ung manche de houe. Alors, huit faucons, non pas dix, 1000 N'y eussent pas prins une aloue : L'ostel est seur, mais qu'on le cloue. Pour enseigne y mis ung havet, Qui que l'ait prins, point ne m'en loue : 1004 Sanglante nuyt et bas chevet !

XCVII Item, et pour ce que la femme De maistre Piere Saint Amant - Combien, se coulpe y a a l'ame, 1008 Dieu luy pardonne doulcement ! - Me myt ou ranc de caÿmant, Pour le Cheval Blanc qui ne bouge Luy changë a une jument 1012 Et la Mulle a ung asne rouge.

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Il Testamento

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XCV Al signor Jehan Cornu altrettanto Un nuovo lascito voglio fare, Giacché m’aiutatava sempre tanto 992 Nel bisogno e in ogni nuovo affare. Si tratta del giardino, lo può visitare Che Pierre Bobignon mi ha concesso A patto che poi lo sappia sistemare 996 Drizzare pennone e porta d’ingresso.

XCVI Proprio di fronte all’uscio ci disfeci Un grimaldello e un manico di zappa. Al tempo otto falchi neppure dieci, 1000 Avrebbero saputo farla cantare: Il posto può essere sicuro, se si tappa. Per ricordo ci lascerò l’uncino, Peggio sarà dopo per chi si aggrapa 1004 Notti di sangue, nonostante il cuscino!

XCVII Alla moglie lascio altrettanto Di Piere Saint Amant, che senza Innocenza si dimostra alquanto, 1008 La perdoni Dio con santa pazienza! ‒ Pensava non ne fossi a conoscenza, Per il Cavallo Bianco che non rincula Gli lascio in cambio una giumenta, 1012 E un asino focoso, meglio d’una mula.

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XCVIII Item, donne a sire Denis Hyncelin, esleu de Paris, Quatorze muys de vins d'Aulnys 1016 Prins sur Turgis a mes perilz ; S'il en buvoit tant que periz En fust son sens et sa raison, Qu'on mecte de l'eaue es bariz : 1020 Vin pert mainte bonne maison.

XCIX Item, donne a mon advocat, Maistre Guillaume Charüau, Quoy ? que Marchant ot pour estat, 1024 Mon branc ; je me taiz du fourreau. Il aura avec ce ung reau En change, affin que sa bource enffle, Prins sur la chaussee et carreau 1028 De la grant costure du Temple.

C Item, mon procureur Fournier Aura pour toutes ses corvees - Simple sera de l'espargnier - 1032 En ma bource quatre havees, Car maintes causes m'a saulvees, Justes, ainsi Jhesuchrist m'aide ; Comme telles se sont trouvees, 1036 Mais bon droit a bon mestier d'aide.

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XCVIII E voglio donare al Signor Denis Hyncelin (sta a Parigi in prefettura), Quattordici botti di vino d’Aunis 1016 Prese a Turgis con un po’ di paura; Di berle tutte insieme abbia cura Tanto da perder senno e poi ragione, O con dell’acqua faccia una mistura: 1020 Troppo vino in una casa è disonore.

XCIX Proseguendo lascio al mio avvocato, Signor Guillaume Charüau, che cosa? Quel che da Marchant stesso fu accettato, 1024 La spada; purchè sappia ove si posa. Con un reale ci metta un’altra cosa, E di monetine la borsa gli riempio, Le colsi per lui da terra nella losa 1028 Che sta di fronte al grande Tempio.

C Così, a Fournier mio procuratore, Io lascio per tutti i suoi servizi ‒ Se non sa che farne è uno zuccone ‒ 1032 Insieme alla borsa, tutti i miei vizi, Egli m’ha aiutato in cause e giudizi, Con esito giusto perché Dio l’ha voluto, Non per merito o tutti i suoi artifizi, 1036 Giustizia terrena ha bisogno d’aiuto.

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CI Item, je donne a maistre Jacques Raguier le Grand Godet de Greve, Pourveu qu'il paiera quatre placques, 1040 Deust il vendre, quoy qu'il luy griesve, Ce dont on coeuvre mol et greve, Aler nues jambes, en chappin, Se sans moy boyt, assiet ne lieve 1044 Au trou de la Pomme de Pin .

CII Item, quant est de Merebuef Et de Nicolas de Louviers, Vache ne leur donne ne beuf, 1048 Car vachiers ne sont bouviers, Mais gans a porter espreviers Ne cuidez pas que je me joue, Et pour prendre perdrys, ploviers, 1052 Sans faillir... sur la Machecoue.

CIII Item, viengne Robert Turgis A moy, je luy paieray son vin ; Combien, s'il treuve mon logis, 1056 Plus fort fera que le devin. Le droit luy donne d'eschevin Que j'ay comme enffant de Paris. Se je parle ung poy poictevin, 1060 Ice m'ont deux dames apris.

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CI Così, a Jacques Raguier lasciare Mi piace, di Grève, il Gran Boccale, Ma qualcosa dovrebbe pur pagare, 1040 Aiutare gli altri lo fa star male, Lasci almeno calzoni e gambale, E rimanga nudo e senza giberna, Se beve ancor da solo, starà male, 1044 Al Pomme de Pin, quella zozza taverna.

CII Così, per quanto concerne Marebeuf, Unitamente a Nicolas de Louviers, Non posso lasciar vacche né buoi, 1048 Giacchè non son bovari né stallieri, Ma solo un paio di guanti per sparvieri, Non pensiate che io voglia scherzare, Li useranno per pernici e per pivieri 1052 Presso Machecoue, non posson sbagliare.

CIII Così, anche a Robert Turgis pagherò Se mi vuol cercare, tutto il suo vino; Tuttavia, per poter scoprire dove sto, 1056 Dovrebbe essere più che un indovino. Gli cedo il diritto d’essere scabino Che mi spettava, a Parigi son nato. So ben parlare anche il pittavino, 1060 Due signore me l’hanno insegnato.

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CIV Illes sont tres belles et gentes, Demourans a Saint Generou Prez Saint Julïen de Voventes, 1064 Marche de Bretaigne a Poictou. Mais i ne di proprment ou Yquelles pensent tous les jours ; M'arme ! i ne suy moy si treffou, 1068 Car i vueil celer mes amours.

CV Item, a Jehan Raguier je donne, Qui est sergent, voire des Douze, Tant qu'il vivra, ainsi l'ordonne, 1072 Tous les jours une tallemouze Pour boutter et fourrer sa mouse, Prinse a la table de Bailly ; A Maubué sa gorge arrouse, 1076 Car au mengier n'a pas failly.

CVI Item, et au Prince des Sotz Pour ung bon sot Michault du Four, Qui a la foyz dit de bons motz 1080 Et chante bien « Ma doulce amour », Je lui donne, avec le bon jour ; Brief, mais qu'il fust ung peu en point, Il est ung droit sot de sejour 1084 Et est plaisant ou il n'est point.

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CIV Eran belle e giovani dame, Che stan nei pressi di Generou Da Saint Julien de Voventes non lontane, 1064 Sul confine tra Bretagna e Poitou. Per pudor non aggiungo nulla più Né cosa pensan quelle tutti i giorni; Che cavolo! Non sono così sciocco 1068 Da metter in piazza certi corni.

CV Così a Jean Raguier ben starebbe, Lui che è sergente della scorta, Finché vive, per lui mi piacerebbe, 1072 Ch’abbia sempre formaggio nella torta Da bramare o per sbafare non importa, Andammo a Bailly per poterlo rubare; Potrà lavarsi per bene fuoriporta, 1076 A Maubué, appena stufo di mangiare.

CVI Al Re degli Stolti vorrei lasciare Parlo di Michault du Four, il buffone, In questo ruolo pare ci sa fare 1080 E canta bene “Mio dolce amore”, Questo testo scritto e il mio saluto; Già né pregusto il disappunto, Che fosse un giullare è risaputo; 1084 Faceva ridere ma senza volere appunto.

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CVII Item, aux Unze Vingts sergens Donne - car leur fait est honneste Et sont bonnes et doulces gens 1088 Denis Richier et Jehan Valecte - A chascun une grant cornecte Pour pendre a leurs chappeaux de faultres, J'entens a ceulx a pié, hohecte ! 1092 Car je n'ay que faire des autres.

CVIII De rechief donne a Perrenet, J'entens le bastart de la Barre, Pource qu'il est beau filz et net, 1096 En son escu, en lieu de barre, Trois dez plombez de bonne quarre Et ung beau joly jeu de cartes. Mais quoy ! s'on l'ot vecir ne poire, 1100 En oultre aura les fievres quartes.

CIX Item, ne vueil plus que Chollet Dolle, trenche douve ne boise, Relie broc ne tonnelet, 1104 Mais tous ses houstiz changer voise A une espee lïonnoise, Et retiengne le hutinet : Combien qu'il n'ayme bruyt ne noise, 1108 Sy lui plaist il ung tantinet.

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Il Testamento

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CVII A tutti gli sbirri, son duecentoventi, Lascio – data la lor condotta onesta E poi son persone buone, innocenti 1088 Come Denis Richier e Jehan Valecte – questa: Si tratta appunto di una cordicella L’appendano al cappello di servizio, E’ fatta per quelli a piedi, oh bella! 1092 Sugli altri non esprimo alcun giudizio.

CVIII Allo stesso Perrenet del resto, E parlo del bastardo della Barra, Poiché brav’uomo è, e onesto, 1096 Nel suo stemma al posto della sbarra, Non truccati, che non finisca in sciarra, Ci metta dadi e carte che mai ebbe Se nonostante ciò ancora sgarra 1100 Gli venga la quartana con la febbre.

CIX Così, non vorrei che Chollet s’arrovelli Nel piallare botte o contenitore, Né a fusti o barili metterci gli anelli, 1104 Vada invece a cambiar il suo bastone, Con una di quelle spade di Lione, Conservi lo stesso il manganello: Seppure non vorrebbe confusione, 1108 Par gli piaccia un poco pure quello.

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CX Item, je donne a Jehan le Lou, Homme de bien et bon merchant, Pource qu'il est linget et flou 1112 Et que Cholet est mal serchant Ung beau petit chiennet couchant, Qu'il ne laira poulaille en voye. Le long tabart est bien cachant 1116 Pour les mucer, qu'on ne les voye.

CXI Item, a l'Orfevre de Boys Donne cent clouz, queues et testes, De gingembre sarrazionys, 1120 Non pas pour accouppler ses boictes, Mais pour joindre cuz et couëctes Et couldre jambons et andoulles, Tant que le let en monte aux tectes 1124 Et le sang en devalle aux coulles.

CXII Au cappitaine Jehan Riou, Tant pour lui que pour ses archiers, Je donne six hures de lou, 1128 Qui n'est pas vïande a porchiers, Prins a groz matins de bouchiers Et cuictes en vin de buffet ; Pour manger de ces morceaulx chiers, 1132 On en feroit bien ung mauffait

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Il Testamento

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CX

A Jehan le Lou vorrei fosse spedito, Brav’uomo ma per quanti affari faccia, Sta sempre magro e deperito, 1112 A Cholet pare non gli piaccia, Un piccolo segugio per la caccia, Così non si lascerà sfuggir la preda. Il mantello è capiente se si allaccia, 1116 Potrà riempirlo, senza che si veda.

CXI A Orfevre de Boyn niente di meno Lascio, cento chiodi punte e teste, Son di buon zenzero saraceno, 1120 Non per usarli sulle ceste, Ma per sigillare il culo e creste E come s’usa, per salami e spalle, Farlo deve fin che il latte cresca, 1124 E il sangue poi gli scenda sulle palle.

CX Al bel capitano Jehan Riou, E valga pure per gli arcieri, Dono sei grosse teste di lupo, 1128 Non è cibo che andrebbe consumato, Io li presi dai mastini dei beccai Seppur con vino buono sia portato; Per poterli mangiare volentieri, 1132 Si deve aver commesso un bel reato.

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CXIII C'est vïande ung peu plus pesante Que duvet n'est, plume ne liege ; Elle est bonne a porter en tante 1136 Ou pour user en quelque siege. S'ilz estoiënt prins en un piege, Que ces matins ne seussent courre, J'ordonne, moy qui suis son miege, 1140 Que des peaulx sur l'iver se fourre.

CXIV Item, a Robinet Trouscaille, Qui en service, c'est bien fait, A pié ne va comme une caille 1144 Mais sur roncin gras et reffait, Je lui donne de mon buffet une jacte, qu'emprunter n'ose ; Sy aura mesnage parfait, 1148 Plus ne lui failloit autre chose.

CXV Item, donne a Perrot Girard, Barbier juré du Bourg la Royne, Deux bacins et ung cocquemart, 1152 Puis qu'a gaignier mect telle peine. Des ans y a demye douzaine Qu'en son hostel de cochons gras M'apatella une sepmaine, 1156 Tesmoing l'abesse de Pourras.

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CXIII E’ carne certo più tremenda Che pellaccia, piume o sego; Ma va bene da portare in tenda 1136 O per usare in qualche assedio. Se fosser presi in un agguato, E i mastini non sapessero fuggire, Dico, io che non sono un letterato, 1140 Di farne pelli per l’inverno a venire.

CXIV Altrettanto a Robinet Truscaglia, Che in servizio con giusta prudenza, Non si conduce a piedi come quaglia, 1144 Ma con ronzino adatto in corpulenza, Prenda qualcosa dalla mia credenza, Una tazza in legno se chieder non osa; Non potrà più dire di star senza 1148 Non gli manca più nessuna cosa.

CXV A Perrot Girard volentieri mollo, In località Beurg la Reine senza inganni Fa il barbiere, due scodelle e un trinciapollo, 1152 Per campare sta sempre negli affanni. Qualche tempo fa, son dodici anni, Mi volle rimpinzare per giorni sei Con maialetti dai suoi capanni, 1156 La badessa di Pourras, c’era anche lei.

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CXVI Item, aux Freres mendïans, Aux Devotes et aux Beguines, Tant de Paris que d'Orleans, 1160 Tant Turlupins que Turlupines De graces souppes jacoppines Et flans leur faiz oblacïon; Et puis aprés, soubz ces courtines, 1164 Parler de contemplacïon.

CXVII Ce ne suis je pas qui leur donne, Mais de tous enffans sont les meres, Et Dieu, qui ainsi les guerdonne, 1168 Pour quy seuffrent peines ameres. Il faut qu'il vivent, les beaulx peres, Et mesmement ceulx de Paris, S'ilz font plaisir a noz commeres, 1172 Ilz ayment ainsi leurs marys.

CXVIII Quoy que maistre Jehan de Poullieu En voulsist dire et relicqua , Contraint et en publicque lieu 1176 Honteusement s'en revocqua. Maistre Jehan de Meun s'en mocqua De leur façon si fist Mathieu ; Mais on doit honnorer ce qu'a 1180 Honnoré l'Eglise de Dieu.

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CXVI Così, ai Fraticelli molto ligi, Alle pie Devote o alle Beghine, Che siano d’Orléans o di Parigi, 1160 Che siano Turlupini o Torlupine, Di pietanze ricche o di ricotte E di flans faccio donazione, Poi, sotto le coperte nella notte, 1164 Riprovino a far contemplazione.

CXVII A prepararle non mi son messo, Ma le mamme dei marmocchi, Iddio questo gli ha concesso 1168 Con penitenze e altri balocchi, Ché meglio campino i preti sciocchi; Molti di essi da Parigi son venuti, Di quelle comari sono i cocchi, 1172 E confessan di loro pure i cornuti.

CXVIII Jehan de Poullieu riguardo a questo Volle denunciare in abbondanza, E il suo pensiero reso manifesto, 1176 Ma dovette ritrattar con riluttanza. Anche Jehan de Meun testimonianza, Con Mathieu, diede sul loro comportarsi; Ma conviene seguire l’osservanza 1180 Che impone alla Chiesa di adeguarsi.

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CXIX Sy me soubzmectz, leur serviteur Et tout ce que puis faire et dire, A les honnorer de bon cueur 1184 Et obeïr sans contredire. L'omme bien fol est d'en mesdire, Car soit a part ou en prescher Ou ailleurs, il ne fault pas dire, 1188 Ces gens sont pour eulx revanchier.

CXX Item, je donne a frere Baude, Demourant en l'ostel des Carmes, Portant chierre hardie et baude, 1192 Une sallade et deux guisarmes, Que Detusca et ses gens d'armes Ne lui riblent sa caige vert ; Viel est : s'il ne se rent aux armes, 1196 C'est bien le deable de Vauvert.

CXXI Item, pour ce que le seelleur Maint estront de mouche a machié, Donne, car homme est de valleur, 1200 Son seau d'avantaige crachié, Et qu'il ait le poulce escachié Pour tout empreindre a une voye ; J'entens celuy de l'Eveschié, 1204 Car les autres, Dieu les pourvoye !

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CXIX Mi sottometto dunque, umile servo Per ogni cosa io possa dire o fare, Col mio buon cuore tosto osservo 1184 E voglio obbedire senza protestare. E’ impazzito chi vuole contestare, Di nascosto oppur pubblicamente, Loro decidono, non c’è nulla da fare, 1188 A parte il giudicare è brava gente.

CXX Al frate detto Baude ho già spedito, Sta in un monastero Carmelitano, E ha un bell’aspetto fiero e ardito, 1192 Elmo e spada in ogni mano, In modo che Detusca e i suoi gendarmi Non gli prendan la casetta nuova; E’ vecchio: se non vuol ceder le armi 1196 E’ il diavolo che a Vauvert si trova.

CXXI Così, a chi mette ceralacca E mastica delle api molta cera, Lascio, non è uomo di bassa tacca, 1200 Quel che il suo sigillo usato era, Ha il pollice un po’ troppo schiacciato E lasciava il segno in una volta sola; Parlo di colui che sta nel Vescovato, 1204 Quanto agli altri, già Dio li consola!

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CXXII Quant des auditeurs messeigneurs, Leur granche ilz auront lambroissee, Et ceulx qui ont les culz rongneux, 1208 Chacun une chaize persee, Mais qu'a la petite Macee D'Orleans, qui ot ma seinture, L'amende en soit bien hault tauxee, 1212 Elle est une mauvaise ordure.

CXIII Item, donne a maistre Françoys, Promocteur, de la Vacquerie, Ung hault gorgerin d'Escossoys, 1216 Toutefoys sans orfaverie, Car, quant receut chevallerye, Il maugrea Dieu et saint George - Parler n'en oit qui ne s'en rie - 1220 Comme enragié, a plaine gorge.

CXXIV Item, a maistre Jehan Laurens, Qui a les povres yeulx si rouges Pour le pechié de ses parens 1224 Qui boivent en baris et courges, Je donne l'envers de mes bouges Pour tous les matins les torchier ; S'il fust arcevesque de Bourges, 1228 Du cendail eust, mais il est cher.

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CXXII A quegli illustrissimi auditori, Il granaio sia rimesso a nuovo, Se soffrono al deretano di bruciori, 1208 Lascio a tutti una sedia con un foro, E a Macee d’Orléans, quel tesoro, Che da me ebbe solo la cintura, Sia applicato un balzello sonoro, 1212 E’ davvero una sporca creatura.

CXXIII Così, voglio lasciar a don Francesco, Fa il Procuratore alla Vacquerie, Catenella scozzese per capestro, 1216 Non vi sono incastonate gemme rare; Quando cavaliere si è fatto fare, Dio e San Giorgio ha bestemmiato ‒ Si ride sempre a sentirlo raccontare ‒ 1220 Quanto urlava di rabbia, a perdifiato.

CXXIV A Messer Jehan Laurens per vitalizio, E per i suoi occhi tutti barzotti A mercé dei genitori e per il vizio 1224 Di ber direttamente da otri e botti, Lascio la stoffa dei miei fagotti, Per medicarsi bene a ogni mattino L’arcivescovo di Bourges ha camiciotti 1228 Lui no, non possiede stoffe di lino.

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CXXV Item, a maistre Jehan Cotart, Mon procureur en court d'Eglise, Devoye environ ung patart, 1232 - Car a present bien m'en advise - Quant chicaner me feist Denise, Disant que l'avoye mauldicte. Pour son ame, qu'es cieulx soit mise, 1236 Ceste orroison j'ay cy escripte.

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CXXV

Così, a Jean Cotart non lascio nulla, Mio procuratore alla corte ecclesiale, Gli devo solo mezza palanca fasulla 1232 ‒ Se non ricordo troppo male ‒ Quando Denise mi citò in tribunale, Accusandomi di averla dileggiata. La sua anima in cielo si possa portare, 1236 Io glielo auguro con questa ballata.

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Ballade et oraison

Pere Noé, qui plantastes la vigne, Vous aussi, Loth, qui bustes ou rocher Par tel party qu'Amours, qui gens engingne, 1240 De voz filles si vous fist approucher - Pas ne le dy pour le vous reproucher -, Archedeclin qui bien seustes cest art, Tous trois vous pry que vous vueilliez prescher 1244 L'ame du bon feu maistre Jehan Cotart. Jadis extraict il fut de vostre ligne Lui qui buvoit du meilleur et plus cher, Et ne deust il avoir vaillant ung pigne, 1248 Certes, sur tous c'estoit ung bon archer ; On ne luy sceust pot des mains arracher ; De bien boire ne feut oncques fetart. Nobles seigneurs, ne souffrez empescher 1252 L'ame du bon feu maistre Jehan Cotart. Comme homme beu qui chancelle et trepigne L'ay veu souvent, quant il s'alloit coucher, Et une foiz il se fist une bigne, 1256 Bien m'en souvient, pour la pie juchier. Brief, on n'eust sceu en ce monde sercher Meilleur pïon, pour boire tost et tart. Faictes entrer, quant vous orrez hucher, 1260 L'ame du bon feu maistre Jehan Cotart. Prince, il n'eust sceu jusqu'a terre cracher. Tousjours crioit: « Haro, la gorge m'art ! » Et si ne sceust onc sa seuf estancher 1264 L'ame du bon feu maistre Jehan Cotart.

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Ballata e affidamento

Prima il Patriarca Noè piantò la vite, Poi Loth, in grotta si volle ubriacare, Perché Amor che fa tutti impazzire, 1240 Con le figlie lo voleva accoppiare ‒ Non lo dobbiamo rimproverare ‒ Architriclino in quest’arte fu il migliore, A tutti e tre prego di accompagnare 1244 L’anima di Jehan Cotart fino al Signore.

E’ un ramo della vostra discendenza, Beveva del migliore e più costoso, Di tutti gli averi quasi restò senza. 1248 Perchè era un bevitore portentoso; Mai ripose il gotto in alcun modo; Nel tracannar si fece molto onore. Signori, lasciate che meriti il riposo 1252 L’anima di Jehan Cotart fino al Signore.

Come l’ubriacone barcollare è uso, Così era lui, mentre andava a letto, Una volta si ruppe pure il muso, 1256 Se ricordo, nell’alzare un po’ il fiaschetto. Nessun altro sarà più così perfetto Al mondo, e così dedito al liquore Fatela entrare sentendo un bussetto 1260 L’anima di Jehan Cotart fino al Signore.

Principe, più non riusciva di sputare, Gridava: “Sento alla gola un bruciore!” Questa sete non riuscì mai di placare 1264 L’anima di Jehan Cotard fino al Signore.

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CXXVI

Item, vueil que le jeune Marle Desormaiz gouverne mon change, Car de changer enviz me mesle, 1268 Pourveu que tousjours baille en change, Soit a privé soit a estrange, Pour troys escus six brectes targes, Pour deux angelotz ung grant ange, 1272 Car amans doivent estre larges.

CXXVII Item, j'ay sceu en ce voyaige Que mes troys povres orphelins Sont creuz et deviennent en aage 1276 Et n'ont pas tetes de belins, Et qu'enffants d'icy a Salins N'a mieulx saichant leur tour d'escolle. Or, par l'ordre des Mathelins, 1280 Telle jeunesse n'est pas folle.

CXXVIII Sy vueil qu'ilz voisent a l'estude ; Ou ? sur maistre Pierre Richier. Le Donat est pour eulx trop rude, 1284 Ja ne les y vueil empescher ; Ilz sauront, je l'ayme plus cher, Ave salus, tiby decus, Sans plus grans lettres enserichier : 1288 Tousjours n'ont pas clercs l'au dessus.

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CXXVI

Al giovane Marle faccio sapere Che può sbrigare i miei affari, Trafficar di più non mi conviene, 1268 In cambio di questo almeno impari Far di conto, con foresti o coi compari, Sei soldi bretoni in oro fa tre scudi, Che un angelo sian due non dichiari, 1272 Bisogna imparare a non esser cocciuti.

CXXVII Così, ho saputo mentre tornavo Che i miei tre orfanelli sono testé Cresciuti e ognuno è diventato bravo 1276 Ma di montone non hanno che teste, Ma da qui a Salins non trovereste Gioventù più preparata e astuta. San Maturino può fargli da patrono, 1280 E’ una razza ben poco sprovveduta.

CXXVIII Chiedo che continuino a studiare; Dove? Da Pierre Richier l’eccellente. Neanche il “Donate” sanno recitare, 1284 E non ci capiscono un bel niente; Il conoscerlo sarebbe conveniente, O almeno l’Ave salus, tibi decus, Val più che possedere molta scienza: 1288 Così si dice: verità non è sapienza.

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CXXIX Cecy estudiënt, et ho ! Plus proceder je leur deffens. Quant d'entendre la grant Credo, 1292 Trop forte elle est pour telz enffans. Mon grand tabart en long je fens, Sy vueil que la moictié s'en vende Pour eulx en acheter des flans, 1296 Car jeunesse est ung peu friande.

CXXX Sy vueil qu'ilz soient informez En meurs, quoy que couste basture. Chapperons aront enformez 1300 Et les poulces sur la sainture, Humbles a toute creature, Disans: « Han ? Quoy ? Il n'en est rien ! » Si diront gens, par adventure : 1304 « Vecy enffants de lieu de bien ! »

CXXXI Item, a mes povres clergons, Ausquelz mes tiltres resigné - Beaulx enfans et droiz comme joncs 1308 Les voyant m'en dessaisiné -, Sans recevoir leur assigné, Seur comme qui l'aroit en paulme, A ung certain jour consigné, 1312 Sur l'ostel de Gueuldry Guillaume.

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CXXIX Sian bravi studenti, questo chiedo La mente non vada più lontana. Ma imparare tutto il vero Credo, 1292 A degli ingenui sarebbe cosa strana. Farò due parti della palandrana, E voglio che ne vendiate la metà Per comprar loro dei dolcetti, è vana 1296 Gioventù questa, non conosce sazietà.

CXXX Ma io vorrei che fossero perfetti Ed istruiti in maniera dura. Con cappucci in testa stretti, 1300 E coi pollici lungo la cucitura, Imparino la carità per ogni creatura, Sappian dire:“Va bene, non fa niente” Allora ognun lo dirà, senza paura, 1304 “Son proprio figli di brava gente!”

CXXXI Così, ai miei poveri studenti, Ai quali lascio tutti i miei diplomi – Ritti come fusi, giovani splendenti, 1308 Sono, io vorrei fare questi doni –, Lascio loro una rendita in soldoni, Sappian di averla già in saccoccia, Ed incassarla tutte le stagioni, 1312 Dove Gueldry Guillaume alloggia.

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CXXXII Quoy que jeunes et esbatans Soiënt, en riens ne me desplaist : Dedens trente ans ou quarante ans 1316 Bien autres seront, se Dieu plaist ! Il fait mal qui ne leur complest ; Ilz sont tres beaulx enfans et gens, Et qui les bat ne fïert fol est, 1320 Car enffans si deviennent gens.

CXXXIII Les bources des Dix et Huit Clers Aront, je m'y vueil traveillier ; Pas ilz ne dorment comme loirs, 1324 Qui troys moys sont sans resveillier. Auffort, triste est le sommeillier, Qui fait aise jeune en jeunesse, Tant qu'en fin lui faille veillier 1328 Quant reposer deust en viellesse.

CXXXIV Sy en rescriptz au collateur Lettres semblables et parreilles ; Or prient pour leur bien faicteur 1332 Ou qu'on leur tire les orreilles ! Aucunes gens ont grans merveilles Que tant m'encline vers ces deulx, Mais, foy que doy festes et veilles, 1336 Oncques ne vy les meres d'eaux.

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CXXXII

Sono giovani e senza affanni La cosa mi lascia indifferente: Passati i trenta o quarant’anni 1316 Se Dio vuol, saran diversa gente! Sbaglia chi non vuole dirgli niente; Tutti e tre sono bravi un po’ ciascuno Ma dargli addosso si tenga a mente 1320 D’evitare se diventassero qualcuno.

CXXXIII Avranno dei Diciotto Chierici i papiri, Perchè accada faccio del mio meglio; Così non ozieranno come i ghiri, 1324 Per ben tre mesi prima del risveglio. Non spero nel contrario, non è meglio Dormire da giovane e volersela spassare, Per quanto un vecchio è sempre sveglio, 1328 Quando vorrebbe invece riposare.

CXXXIV Così, scrivo e lascio al collatore Richiesta d’una intercessione a testa; Purché ringrazino il benefattore 1332 O gli stacchino le orecchie dalla testa! E se qualcuno meravigliato resta Che io m’ occupo tanto di costoro, Giuro sulla vigilia d’ogni festa, 1336 Neppure io vidi mai le madri loro.

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CXXXV Item, donne a Michault Cul d'Ou Et a sire Charlot Tarrenne Cent solz - s'ilz demandent : « Prins ou ? » 1340 Ne leur chaille, ilz vendront de manne - Et une houlse de basenne, Autant empeigne que semelle, Pourveu qu'ilz me salueront Jehanne, 1344 Et autant une autre comme elle.

CXXXVI Item, au seigneur de Grigny, Auquel jadiz lessay Vissextre, Je donne la tour de Billy, 1348 Pourveu, se huys y a ne fenestre Qui soit ne debout ne en estre, Qu'il mecte tres bien tout a point ; Face argent a destre et senestre, 1352 Il m'en fault et il n'en a point.

CXXXVII Item, a Thibault de la Garde .. Thibault ? je mens ; il a nom Jehan, Que luy donrai ge que ne perde ? 1356 - Assez j'ay perdu tout cest an, Dieu y vueille pourvoir, amen ! - Le Barillet ? Par m'ame, voire, Genevoys est plus ancïen 1360 Et plus beau nez a pour y boire.

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CXXXV Così, lascio a Michault Cul d’Ou E a monsignor Charlot Tarenne cedo Cento soldi – se chiederanno: «Chi fu?» 1340 Non si sa ditegli, vengono dal cielo. Poi due stivali in vero pelo Tutti in cuoio, tomaia e suola, Purché mi salutino Jehanne almeno 1344 Giacché frequenta la stessa scuola.

CXXXVI Così, a quel signore di Grigny, Al quale già lasciai Bicêtre una volta, Lascierò pure la torre di Billy, 1348 Se troverà finestra oppure porta Che cade in pezzi o tutta storta, La metta un poco a posto almeno; Per i soldi chieda ad ogni porta, 1352 Non ottenni niente io, e lui nemmeno.

CXXXVII Così, a Thibauld de la Garde si lasci… Thibauld? Si chiama Jehan m’inganno, Che si può lasciare che non sfasci? 1356 – Ci ho rimesso molto già quest’anno, Dio non vuole ch’abbia un altro danno – Il Barillet dite? Bene, dovete sapere, Quelli vecchi come Genevoys hanno 1360 Miglior naso per andarci a bere.

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CXXXVIII Item, je donne a Basennier, Noctaire et greffïer criminel, De giroffle plain ung pannier 1364 Prins sur maistre Jehan de Rüeil, Tant a Mautaint, tant a Rosnel, Et, avec ce dont de girofle, Servir de cueur gent et ysnel 1368 Le seigneur qui sert saint Christofle.

CXXXIX Auquel ceste ballade donne Pour sa dame, qui tous bien a. S'Amour ainsi tous ne guerdonne, 1372 Je ne m'esbays de cela, Car au pas conquester l'ala Que tint Regnier, roi de Cecille, Ou si bien fist et peu parla 1376 C'onques Hector fist ne Troïlle.

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CXXXVIII

A Basennier lascio allo stesso modo, Notaio e cancelliere scellerato, 1364 Un cesto pieno di garofani col chiodo Da Messer Jehan de Rüeil fu rubato, A Mautaint e Rosnel ne ho già dato, E con questi chiodi di garofano, 1368 Faccian cambio per uno più fidato Più di quel che serve San Cristoforo.

CXXXIX A questi mando la prossima ballata Dedicata alla sua donna, non è poco. 1372 Amore non è di tutti alla portata, A mio parer non è cosa da poco; Il suo lo conquistò col gioco Al torneo di Regnier, re di Sicilia, 1376 Si diede da fare e parlò poco Non a Troïlle né a Ettore somiglia.

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Ballade pour Robert d'Estouville

Au point du jour, que l'esprevier s'esbat, Meu de plaisir et par noble coustume, Bruyt la mauviz et de joyë s'esbat, 1380 Reçoyt son per et se joinct a sa plume, Offrir vous vueil, ad ce desir m'alume, Joyeusement ce qu'aux amans bon semble : Sachiez qu'Amour l'escript en sa volume, 1384 Et c'est la fin pourquoy sommes ensemble. Dame serez de mon cueur sans debat, Entierement, jusques mort me consume, Lorrier soüef qui pour mon droit combat, 1388 Olivier franc m'otant toute amertume, Raison ne veult que je desacoustume, - Et en ce vueil avec elle m'assemble - De vous servir, mais que m'y acoustume, 1392 Et c'est la fin pourquoy sommes ensemble. Et qui plus est, quant dueil sur moy s'embat Par Fortune qui souvent si se fume, Vostre doulx oeil sa malice rabat 1396 Ne plus ne moins que le vent fait la fume. Sy ne pers pas la graine que je sume En vostre champ, quant le fruyt me ressemble ; Dieu m'ordonne que le fouÿsse et fume, 1400 Et c'est la fin pourquoy sommes ensemble. Princesse, oëz ce que cy vous resume : Que le mien cueur du vostre desassemble Ja ne sera ; tant de vous en presume, 1404 Et c'est la fin pourquoy sommes ensemble.

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Ballata degli amanti

Allo sparvier sul far del giorno piace, Colto dal piacer e nobile costume, Canta l’allodola, se ne compiace, 1380 Lisciandosi pe rbene le sue piume, E gioiosamente il desiderio allume D’offrir quel che amanti appartiene: Anche il libro d’Amore lo riassume, 1384 E’ questa la ragion per stare insieme.

Sostieni o donna della vita le vicende Tutte, finché morte avrà la meglio, Lauro soave sei, che mi difende, 1388 Puro ulivo e consoli ogni penare. Nè ragionar mi vieta veder meglio – Unirmi a te è l’unico volere – E condurti meco, se ci saprò fare, 1392 E’ questa la ragion per stare insieme.

Ma quando dolore in me si caccia Per la Fortuna andata in fumo, Il tuo occhio dolce il male scaccia 1396 Come sa fare il vento con il fumo… Non disperderemo per il frutto Aver dal vostro orto, il seme; Dio vuole ch’io lo metta e copra tutto: 1400 E’ questa la ragion per stare insieme.

Signora, questo ancor ho da dirvi: Che il mio cuor sul vostro preme Giammai lo lascerà; sì vorrei sentirvi, 1404 E’ questa la ragion per stare insieme.

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CXL Item, a sire Jehan Perdriel, r Riens, n'a Françoy, son second frere ; Sy m'ont voulu tousjours aidier 1408 Et de leurs biens faire confrere, Combien que Françoys, mon compere, Langues cuisans, flambans et rouges, My commandement my priere, 1412 Me commanda fort a Bourges.

CXLI Sy alé voir en Taillevent Ou chappitre de fricassure, Tout au long, derriere et devant, 1416 Lequel n'en parle jus ne sure ; Mais Macquaire, je vous asseure, A tout le poil cuisans ung deable Afin qu'il sentist bon l'arseure, 1420 Ce recipe m'escript sans fable :

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CXL A monsignor Jehan Perdriel lasciare Niente voglio, né a Francesco suo fratello; Non è vero che mi vollero aiutare 1408 Nemmeno farmi loro confratello, Fu Francesco specialmente quello, Quanta cattiveria da una lingua viene, Con le sue parole a ritornello 1412 A Bourges mi presentò davvero bene.

CXLI Così guardai sul Taillevant se c’era Nel capitolo dedicato allo stracotto, Perché vien fatto in più d’una maniera, 1416 Ma non ci trovai la ricetta vera; Macquaire poi seppi come l’ebbe cotto Il Maligno e con tutta la codetta, Perché fosse ancora più pienotto; 1420 Fu lui stesso a mandarmi la ricetta:

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Ballade (des langues ennuyeuses) En rïagar, en alcenic rochier, En orpiment, en salpestre et chaulx vive, En plomb boullant pour mieulx les esmorcher, 1424 En suye et poix destrempee de lessive Faicte d'estrons et de pissat de Juisve, En lavailles de jambes a meseaux, En raclure de piez et vieulx houzeaux, 1428 En sang d'aspic et drocques venimeuses, En fïel de loups, de regnars et blereaux, Soient frictes ces langues ennuyeuses !

En servelle de chat qui hait peschier, 1432 Noir et si viel qu'il n'ait dent en gencyve, D'un viel matin, qui vault bien aussi chier, Tout enragié, en sa bave et sallive, En l'escume d'une mulle poussive, 1436 Detrenchée menue a bons cyseaulx, En eaue ou ratz plungent groins et museaux, Regnes, crappaulx et bestes dangereuses, Serpens, laissars et telz nobles oiseaux, 1440 Soient frictes ces langues ennuyeuses ! En sublimé, dangereux a toucher Et ou nombril d'une couleuvre vive, En sang c'on voit es poillectes sechier 1444 Sur ces babriers, quant plaine lune arrive, Dont l'un est noir, l'autre plus vert que cyve, En chancre et fix et en ces ors cuveaulx Ou nourrisses essangent leurs drappeaux, 1448 En petits baings de fïlles amoureuses - Qui ne m'entant n'ay suivy les bordeaux - Soient frictes ces langues ennuyeuses ! Prince, passez tous ces frians morceaux, 1452 S'estamine, sacz n'avez ne bluteaux, Parmy le fons d'unes brayes breneuses, Mais paravant en estronc de pourceaux Soient frictes ces langues ennuyeuses 1456

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Ballata delle malelingue

In arsenico di roccia e risigallo, In solfuro, salnitro e calce viva, In piombo corrosivo senza fallo, 1424 Cenere, pece mescolati con lisciva Un po’ di piscio che da Giudea arriva, E in ammollo di gambe un po’ lebbrose, E calli di piede da vecchio stivaletto, 1428 Nel sangue di serpi, spezie disgustose, Con grasso di lupo, volpe e furetto, Vengano disciolte le lingue velenose! Cervello di gatto che non caccia, 1432 Nero, morto, senza denti né gengiva, Vecchio randagio o come piaccia, Ma sia ringhioso con bava e con saliva, Nello schiumar di mula pigra, 1436 Tutta squartata in modo perfetto, In acqua dove topi fanno bagnetto, E poi con rane, rospi e pericolose Altre bestie, bisce o uguale aspetto, 1440 Vengano disciolte le lingue velenose!

In sublimato mortale al toccare, Ventre di serpe che si contorce, E col sangue che è fatto seccare 1444 Da un barbiere, con luna che sorge, Con marcio che da cipolla sporge, Poi cancrena, pus e con mazzuola Usata per batter le lenzuola, 1448 Con abluzioni di donne lussuriose – Lo sa chi frequentò bordelli – Vengano disciolte le lingue velenose!

Signore, passatele in maniera uguale, 1452 Se non avete setaccio o tela vale Anche il fondo di braghe merdose, Ma prima di tutto in sterco di maiale Vengano disciolte le lingue velenose! 1456

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CXLII Item, a maistre Andry Courault Les Contreditz Franc Gontier mande ; Quant du tirant seant en hault, A cestuy la riens ne demande : 1460 Le Saige ne veult que contende Contre puissant povre homme las, Affin que ses filletz ne tende Et qu'il ne trebuche en ses las. 1464

CXLIII Gautier ne crains : il n'a nulz hommes, Et mieulx que moy n'est herité ; Mais en ce debat cy nous sommes, Car il louë sa povreté, 1468 Estre povre yver et esté, Et a felicité reppute Ce que tiens a maleureté. Lequel a tort ? Or en discute. 1472

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CXLII Così, a don Andry Courault mando Quel che a Franc Gontier fu risposto; Al tiranno del quale sto parlando, Non chiedo proprio nulla, piuttosto: 1460 Il Saggio dice di non mettersi in opposto A un prepotente; tali schermaglie Portano il più debole a cadere tosto Con tutte le sue scarpe tra maglie. 1464

CXLIII Del povero Gontier non ho paura: Meglio di me non è per niente; Ci troviamo in codesta congettura Si vanta di viver poveramente, 1468 In estate e inverno similmente Vuol farci creder che è felicità Quel che piuttosto non è niente. Chi ha torto, chi ragione? Ecco qua. 1472

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Ballade [Les contreditz de Franc Gontier]

Sur mol duvet assiz, ung gras chanoine, Lez ung brasier, en chambre bien natee, A son costé gisant dame Sidoine, Blanche, tendre, polye et attintee, 1476 Boire ypocras a jour et a nuytée, Rire, jouer, mignonner et baiser, Et nud a nud, pour mieulx des corps s'aisier, Les vy tous deux par ung trou de mortaise. 1480 Lors je cogneuz que, pour dueil appaisier, Il n'est tresor que de vivre a son aise. Se Franc Gontier et sa compaigne Elayne Eussent ceste doulce vie hantee, 1484 D'oignons, cyvotz, qui causent forte alaine, N'acontassent une bise tostee. Tout leur maton ne toute leur potee, Ne prise ung ail, je le dy sans noisier. 1488 S'ilz se vantent couchier soubz le rosier. Lequel vault mieulx ? Lit costoyé de cheze ? Qu'en dictes vous ? Fault il ad ce muser ? Il n'est tresor que de vivre a son aise. 1492 De groz pain bis vivent, d'orge et avoyne, Et boyvent eaue tout au long de l'annee ; Tous les oyseaulx de cy en Babiloyne A tel escot une seulle journee 1496 Ne me tendroient, non une matinee. Or s'esbate, de par Dieu, Franc Goutier, Helayne o luy, soubz le bel esglantier ; Se bien leur est, cause n'ay qu'il me poise, 1500 Mais quoy que soit du laboureux mestier, Il n'est tresor que de vivre a son aise. Prince, jugiez, pour tost nous accorder ! Quant est moy, mais qu'a nulz ne desplaise, 1504 Petit enffant, j'ay oÿ recorder : Il n'est tresor que de vivre a son aise.

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Ballata contro Franc Gontier

In soffici cuscini l’opulento religioso, Fuoco acceso, la stanza tappezzata, Sta con la dama di Sidoine a riposo, Lei tutta bianca e imbellettata, 1476 Li sorpresi io sbevazzare una nottata Poi ridere, giocare e pizzicarsi Tutti nudi per meglio accarezzarsi, Lo vidi attraverso una vetrata. 1480 Chi dal dolore vuole allontanarsi Non c’è di meglio che una vita agiata. Se Franc Gontier con la sua Elayne Avesse approfittato in tale guisa, ecco 1484 Le cipolle e ciò che in alito vien, Non le avrebbe pagate un fico secco. Latte cagliato tengono sul becco Meno di un testa d’aglio orbene, 1488 Nel roseto vogliono dormir insieme; Che c’è di meglio? Camera arredata? Che ne dite? Lo scambio gli conviene? Non c’ è di meglio che una vita agiata. 1492

Piuttosto pane nero, d’orzo e avena E solo acqua han tutto l’anno; Ciò che da Babilonia il cielo mena E a questi cibi non ci stanno 1496 Neppur gli uccelli se tanta fame hanno. Per Dio, se crede che gli è conforme Questa vita e nel roseto con lei dorme La verità non gli venga rivelata, 1500 Se del villano vuol seguir le orme Non c’è di meglio che una vita agiata. Signore dite, metteteci d’accordo! L’opinione non venga svalutata, 1504 Sempre sentii se ben ricordo: Non c’è di meglio che una vita agiata.

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CXLIV Item, pour ce que scet sa Bille Ma damoiselle de Bruyeres, 1508 Donne prescher hors l'Evangille A celle et a ses bachelieres, Pour retraire ces villotieres Qui ont le bec si affilé, 1512 Mais que ce soit hors cymetieres, Trop bien au Merchié au fillé.

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CXLIV Così, segua pur Bibbia sua con zelo La signora di Bruyeres e poi vada 1508 Pure a predicare il suo Vangelo Lei stessa e chi la segue persuada, E portar seco sulla buona strada Quelle che la lingua hanno affilato, 1512 Non per usarla ai morti di contrada, Ma per i corsetti, giù al mercato.

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Ballade des femmes de Paris

Quoy qu'on tient belles langagieres Florentines, Veniciennes, 1516 Assez pour estre messagieres, Et mesmement les anciennes; Mais, soient Lombardes, Rommaines, Genevoises, à mes perilz, 1520 Pimontoises, Savoisiennes, Il n'est bon bec que de Paris. De tres beau parler tiennent chayeres, Se dit-on, les Neapolitaines, 1524 Et sont tres bonnes caquetieres Allemandes et Pruciennes; Soient Grecques, Egipciennes, De Hongrie ou d'autre pays, 1528 Espaignolles ou Castellaines, Il n'est bon bec que de Paris. Brettes, Suysses, n'y sçavent gueres, Gasconnes, n'aussi Toulousaines; 1532 De Petit Pont deux harangieres Les concluront; et les Lorraines, Engloises et Calaisiennes, -- Ay je beaucoup de lieux compris? -- 1536 Picardes de Valenciennes; Il n'est bon bec que de Paris.

ENVOI Prince, aux dames Parisiennes De beau parler donne le pris; 1540 Quoy qu'on die d'Italiennes, Il n'est bon bec que de Paris.

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Ballata delle donne di Parigi

Pare siano buone parlatrici Sia le Fiorentine che le Veneziane, 1516 Potrebbero far le ambasciatrici, Mi riferisco pure alle lontane, Sia Lombarde oppure le Romane, O Genovesi, per dir cosa sciocca, 1520 Siano Savoiarde oppur Padane, Solo a Parigi sanno usar la bocca. Ottenere una cattedra nel parlare, Potrebbero si dice di Napoletane, 1524 E che siano brave a chiacchierare Sappiamo di Tedesche e di Prussiane. Ma siano Greche oppur Egiziane, Ungheresi e altre nominar mi tocca, 1528 E’ il turno di Spagnole e Catalane, Solo a Parigi sanno usar la bocca. Alle Svizzere alle bretoni riesce Poco, ma le Guasconi e Tolosane: 1532 So di due del Petit Pont, vendon pesce, Con le Lorenesi son le più testarde, Le Inglesi e di Calais quelle vegliarde – Le ho messe tutte nella filastrocca? – 1536 Quelle di Valenciennes, le Piccarde, Solo a Parigi sanno usar la bocca. Signore, a quelle di Parigi rimane Il primo posto e il premio tocca; 1540 Per quanto siano brave le Italiane, Solo a Parigi sanno usar la bocca.

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CXLV Regarde m'en deux, troys assises Sur le bas du ply de leurs robes 1544 En ces moustiers, en ces eglises ; Tire t'en près et ne te hobes ; Tu trouveras la que Macrobes Oncques ne fist telz jugemens. 1548 Entens, quelque chose en desrobes : Ce sont tous beaulx enseignemens.

CXLVI Item, et au mont de Montmartre, Qui est ung lieu moult ancïen, 1552 Je lui donne et adjoincts le tertre Qu'on dit de mont Valerïen, Et oultre plus un quartier d'an Du pardon qu'apportay de Romme ; 1556 Sy yra maint bon chrestïen En l'abbaye ou il n'entre homme.

CXLVII Item, varletz et chamberieres De bons hostelz - riens ne me unyt ! - 1560 Feront tartes, flans et goyeres Et grans ralïatz a mye nuyt - Riens n'y font sept pintes ne huit Tant que gisent seigneur et dame -, 1564 Puis aprés, sans mener grant bruyt, Je leur ramentoy le jeu d'asne.

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CXLV Osservatele sedute due, tre di quelle Con le gonne ben messe al loro posto 1544 Stan spesso in chiesa ed in cappelle; Avvicinatevi a quelle ma di nascosto; Neppur Macrobio ha mai esposto Come loro, sentenze tanto illuminate. 1548 Ascoltatele un poco, imparate tosto Son cose che andrebbero insegnate.

CXLVI Sul colle di Montmartre c’è un ostello Che è un luogo per modi cortesi, 1552 Io vi aggiungo il famoso monticello Detto anche Valerïen che io presi, Insieme all’indulgenza di tre mesi Che da Roma mi riuscì di portare; 1556 Mostrandolo i cristiani sono attesi Mentre senza non possono entrare.

CXLVII Così, ai valletti e ogni cameriere Di case blasonate – non mi costa nulla! – 1560 Portate torte, timballi, poi da bere Si faccia fino a notte un bel festino – Sette pinte, o otto son pochino Mentre dorme la padrona col signore –, 1564 Purchè non facciano un gran casino, Gli insegnerò il gioco dell’amore.

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CXLVIII Item, et a filles de bien, Qui ont peres, meres et antes, 1568 Par m'ame, je ne donne rien, Car j'ay tout donné aux servantes. Sy feussent ilz de peu contentes ... Grant bien leur feissent mains loppins, 1572 Aux povres filles, ennementes, Qui se perdent aux Jacoppins,

CXLIX Aux Celestins et aux Chartreux ; Quoy que vie mainent estroicte, 1576 Sy ont ilz largement entre eulx Dont povres filles ont souffrecte; Tesmoing Jacqueline, et Perrecte, Et Ysabeau qui dit : « Enné ! ». 1580 Puis qu'ilz en ont telle disecte, A peine en seroit on dampné.

CL Item, a la Grosse Margot, Tres doulce face et pourtraicture, 1584 - Foy que doy, brulare bigot, A si devocte creature, Je l'ayme de propre nature, Et elle moy, la doulce sade -, 1588 Qui la trouvera d'aventure, Qu'on lui lise ceste ballade.

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CXLVIII Così, pensando alle ragazze oneste, Che sono di famiglie numerose, 1568 Non lascio un bel nulla a codeste, Perché diedi già tutto alle morose. Dovranno accontentarsi di una dose… Fa bene a queste figlie di Maria, 1572 Cominciar da quelle stesse cose Che i Domenicani stessi gettan via,

CXLIX E i Celestini, Certosini allo stesso modo; Dicono di affrontar la vita con affanno, 1576 Han più di quel che basterebbe loro Sufficiente a quelli che non hanno, Jacqueline e Perrecte senza inganno, Dicono e Ysabeau stesso: «Può bastare!» 1580 Ma ci fu la carestia lo scorso anno, Non li possiamo biasimare.

CL Così, a Margot la Gran Matrona, Viso dolce, dolcissima figura 1584 – Devo molto a questa persona, E’ una molto nobile creatura, L’adoro proprio per natura, Lei lo stesso, è dolce ma affamata, 1588 Chi la incontrasse per sfortuna, Gli legga subito questa ballata.

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Ballade [de la Grosse Margot] Se j'ayme et sers la belle de bon het, M'en devez vous tenir ne vil ne sot ? 1592 Elle a en soy des biens affin soubzhet ; Pour son amour seins boucler et passot. Quant viennent gens, je cours et happe ung pot, Au vin m'en voys, sans demener grant bruyt ; 1596 Je leur tens eaue, froumaige, pain et fruyt. S'ilz paient bien, je leur diz : «Bene stat, Retournez cy, quant vous serez en ruyt, En ce bordeau ou tenons nostre estat. » 1600

Mais adoncques, il y a grant deshet, Quant sans argent s'en vient coucher Mergot ; Voir ne la puis, mon cueur a mort la het. Sa robe prens, demy seint et seurcot, 1604 Sy luy jure qu'il tendra pour l'escot. Par les costez se prent, c'est Antecrist, Crye et jure, par la mort Jhesucrist Que non fera. Lors empoingne ung esclat, 1608 Dessus son nez lui en faiz ung escript, En ce bordeau ou tenons nostre estat.

Puis paix se fait, et me fait ung groz pet, Plus enffle qu'un velimeux escarbot. 1612 Riant, m'assiet son poing sur mon sommet, Gogo me dit, et me fiert le jambot ; Tous deux yvres dormons comme ung sabot. Et au resveil, quant le ventre lui bruyt, 1616 Monte sur moy, que ne gaste son fruyt, Soubz elle geins, plus qu'un aiz me fait plat ; De paillarder tout elle me destruyt, En ce bordeau ou tenons nostre estat. 1620

Vente, gresle, gesle, j'ay mon pain cuyt. Je suis paillart, la paillarde me suyt. Lequel vault mieulx ? Chascun bien s'entressuyt, L'un vault l'autre, c'est a mau rat mau chat. 1624 Ordure aimons, ordure nous affuyt; Nous deffuyons honneur, il nous deffuyt, En ce bordeau ou tenons nostre estat.

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BALLATA (della grassa Margot) S’amo e servo questa bella di gran cuore, Mi volete giudicare vile o sciocco? 1592 Essa attira su me gioia e languore; Per amor suo scudo e spada tocco. Ma se vien gente metto il gotto sotto, E col vino m’allontano di soppiatto; 1596 Lascio frutta e companatico nel piatto. E mentre vado dico: «Arrivederci, Torni presto appena vuol rifarsi sotto Nel bordello ove usiamo trattenerci». 1600

Talvolta facciamo un po’ rumore, Se lei viene a letto senza un soldo; Non ci vedo più, la odio con il cuore. Vestito, gonna e cintura tolgo, 1604 Minacce di vendetta le rivolgo. Se non scuce, l’Anticristo mi figura, Per la morte di Gesù lei lo giura Che non ne ha più. Vorrei allora averci 1608 Un tizzone per farle nel viso un’apertura, Nel bordello ove usiamo trattenerci.

Poi facciamo pace e lei fa un peto, Neanche una mignatta puzza tanto. 1612 Poi mi molla un pugno ma faceto, Dai, dice e mi prende per un fianco; Crollo e ubriaco m’addormento stanco. Al risveglio sento sotto che borbotto, 1616 Lei mi monta per non sciuparsi sotto, Gemo allora, potrei pure rimanerci, Così continua finché son tutto rotto, Nel bordello ove usiamo trattenerci. 1620

Con gelo, vento e neve, il pane tiene In caldo. Io son vizioso e lei mi segue, Chi è il peggiore? Stiamo bene insieme, Uguali un gatto che topo non teme. 1624 Il peccato rende unti, ci fa lerci, Onore non c’è, onore non ne viene, Nel bordello ove usiamo trattenerci.

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CLI Item, a Marïon l'Idolle 1628 Et la grant Jehanne de Bretaigne Donne tenir publicque escolle Ou l'escollier le maistre enseigne. Lieu n'est ou ce merchié ne tiengne, 1632 Synom a la grisle de Meun ; De quoy je diz: « Fy de l'enseigne, Puisque l'ouvrage est si commun ! »

CLII Item, et a Noel Jolis, 1636 Autre chose je ne lui donne Fors plain poing d'oziers frez cueilliz En mon jardin - je l'abandonne : Chastoy est une belle aumosne, 1640 Ame n'en doit estre marry - : Unze vings coups luy en ordnne Livrez par les mains de Henry.

CLIII Item, ne sçay qu'a l'Ostel Dieu 1644 Donner, n'a povres hospitaulx. Bourdes n'ont icy temps ne lieu, Car povres gens ont assez maulx. Chacun leur envoyë leurs oz : 1648 Les Mendïans ont eu mon oye ; Au fort, ilz en auront lez oz ; A meunes gens menue monnoye.

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CLI Così, a Marïon l’Idolle si doni 1628 E alla gran Giovanna di Bretaigne E’ bene che tengano lezioni Ove allievo al professore insegna. Del resto avviene dappertutto, 1632 Tranne che a Meung in prigione; Io dico: «Non conta l’insegna, Tanto si ripete ad ogni occasione!».

CLII Così, a Noel Jolis io non lascio 1636 Nessuna cosa, nessuna eredità Se non di verghe un grande fascio Dal mio giardino – così si lascerà: Un castigo è sempre buona carità, 1640 Nessuno se ne deve lamentare – ; Con quello cento colpi gli darà Mastro Henry che in questo ci sa fare.

CLIII All’Ostel-Dieu non voglio lasciare 1644 Nulla, né ai poverelli degli ospizi. Ma non mi va su questo di scherzare, Patiscono già tanti supplizi. Manderò il resto dei miei vizi: 1648 I mendicanti avranno la mia oca; Si porti agli altri un poco d’ossa; Va dato qualcosa a chi ne ha poca.

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CLIV Item, je donne a mon barbier, 1652 Qui se nomme Colin Galerne, Pres voisin d'Angelot l'erbier, Ung gros glaçon - prins ou ? en Marne -, Afin qu'a son aise s'yverne. 1656 De l'estomac le tiengne pres : Se l'iver ainsi se gouverne, Il aura chault l'esté d'aprés.

CLV Item, riens aux Enffans Trouvés, 1660 Mais les perduz falut que consolle ; Sy doivent estre retrouvez, Par droit sur Marïon l'Idolle. Une lecon de ma escolle 1664 Leur liray, qui ne dure guerre ; Teste n'ayent dure ne folle, Escoutent ! et car c'est la derniere.

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CnteLIV Così, lascio al mio barbiere, 1652 Che Colin Galerne si chiama, E’ vicino ad Angelot, droghiere, Del ghiaccio – Preso dove? Nella Marne –, Potrà svernare dunque lietamente. 1656 Tenendolo sulla pancia per un poco: L’inverno non andrà diversamente, Neppur gli servirà l’estate dopo.

CLV Così, ai Trovatelli non lascio niente, 1660 Ma ai ragazzi perduti m’appello: Sarete ritrovati presto certamente Da Marïon l’Idolle sarebbe bello. Lascio a loro questo mio stornello 1664 Lo imparai a mie spese, dopo taccio; Sappiano ascoltarlo col cervello, Come si deve! E’ l’ultimo che faccio.

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[Belle leçon de Villon aux enfans perduz] CLVI

«Beaulx enfants, vous perdez la plus 1668 Belle roze de vo chappeau ; Mes clercs pres prenans comme glus, Se vous alez a Montpipeau Ou a Rüel, gardez la peau, 1672 Car pour s'esbatre en ces deux lieux, Cuidant que vaulsist le rappeau, Le perdyt Colin de Cayeulx.

CLVII «Ce n'est pas ung jeu de troys mailles, 1676 Ou va corps, et peult estre l'ame. Qui pert, riens n'y font repantailles C'on n'en meurre a honte et diffame, Et qui gaigne n'a pas a femme 1680 Dido, la royne de Cartaige. L'omme est donc bien fol et infame Qui pour si peu couche tel gaige.

CLVIII «Q'un chacun encores m'escoute : 1684 On dit, et il est verité, Que charecterie se boit toute, Au feu l'ivre, au boys l'esté: S'argent avez, il n'est quicté, 1688 Mais le despendez tost et viste ; Qui en voyez vous herité ? Jamais mal acquest ne proufficte.

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(Dedica di Villon ai ragazzi di vita) CLVI

«Figlioli cari non dovreste lasciare 1668 La più bella rosa che portate; Voi che sapete come arraffare, Se per caso a Montpipeau andate O a Rüel, state attenti a quel che fate, 1672 Andarsi a divertire presso quelle, Credendo che sia bello ma sappiate, Colin de Cayeulx ci lasciò la pelle.

CLVII «Non si tratta di trastulli da poco, 1676 Perdendo il corpo l’anima muore. Chi ci casca non può pentirsi dopo! Morirà con vergogna e disonore, Chi sta alla larga, neanche vuole 1680 La regina di Cartagine Didone. E’ stolto invece chi come voi suole Fare, e per così poco si espone.

CLVIII «Ascoltate ancor per un momento: 1684 Solo questo, son leggi confermate, Ogni sfozo si perde nel vento, Sia d’inverno che in estate: Se avete borse piene non tardate, 1688 E spendete in fretta in ogni cosa; A chi potrebbero esser lasciate? Quelle prede, se valessero qualcosa?

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Ballade de bonne doctrine à ceux de mauvaise vie

Car ou soies porteur de bulles, 1692 Pipeur ou hasardeur de dez, Tailleur de faulx coings, tu te brusles, Comme ceulx qui sont eschaudez, Traistres parjurs, de foy vuydez; 1696 Soies larron, ravis ou pilles: Où en va l'acquest, que cuidez? Tout aux tavernes et aux filles.

Ryme, raille, cymballe, luttes, 1700 Comme fol, fainctif, eshontez; Farce, broulle, joue des fleustes; Fais, es villes et es citez, Farces, jeux et moralitez; 1704 Gaigne au berlanc, au glic, aux quilles. Aussi bien va -- or escoutez -- Tout aux tavernes et aux filles.

De telz ordures te reculles; 1708 Laboure, fauche champs et prez; Sers et pense chevaulx et mulles; S'aucunement tu n'es lettrez; Assez auras, se prens en grez. 1712 Mais se chanvre broyes ou tilles, Ne tens ton labour qu'as ouvrez Tout aux tavernes et aux filles.

ENVOI

Chausses, pourpoins esguilletez, 1716 Robes, et toutes voz drappilles, Ains que vous fassiez pis, portez Tout aux tavernes et aux filles.

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Ballata dei Malfattori

«Chi s’ingegna a imitare bolle, 1692 O della moneta falsare il logo Chi abile con le carte oppure folle, A tutti quanti attende il rogo, Agli spergiuri, ai traditori, e nel giogo 1696 Di rubare, i rapitori e chi minaccia, Dove va il malloppo, in quale luogo? Tutto all’osteria o con donnaccia. «Scherzi, rutti, tra cembali e liuto, 1700 Come folli, i buffoni fanno già Beffe, inganni, negare aiuto; Sia in villaggio che in città Mettono in mostra l’immoralità; 1704 Con dadi, biglie o in altri giochi piaccia Ricavar profitto che presto finirà, Tutto all’osteria o con donnaccia. «Se lontano stai da questi falli, 1708 E lavori invece campo e prato, Strigliando bene muli e cavalli, Ché altro non puoi, non hai studiato, Ti basterà, se non avrai sciupato; 1712 Per quanto lavorar non sempre piaccia, Andrà lo stesso la fatica che hai sudato Tutto all’osteria e con donnaccia. «Corsetti, calzette ben legate, 1716 Il guardaroba e ogn’altra straccia, Prima che resti solo quella, consumate Tutto all’osteria e con donnaccia.

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CLIX «A vous parle, compains de galle, 1720 Mal des amers et bien du corps : Gardez vous tous de ce mau halle Qui noircist les gens quant sont mors ; Eschevez le, c'est ung mal mors. 1724 Passez vous au mieulx que pourrez Et, pour Dieu, soiez tous recors : Une foyz viendra que mourrez.»

CLX Item, je donne aux .XV. Vings 1728 - Qu'autant vauldroit nommer Troys Cens- De Paris, non pas de Prouvins, Car a eulx tenu je me sens ; Ilz auront, et je m'y consens, 1732 Sans les estuiz, mes grans lunectes, Pour mectre a part, aux Innocens, Les gens de bien des deshonnestes.

CLXI Icy n'y a ne riz ne jeu. 1736 Que leur valut avoir chevances N'en grans liz de parements jeu, Engloutir vins, engrossir pances, Mener joyes, festes et dances, 1740 Et de ce fere prest a toute heure ? Toutes faillent telles plaisances, Et la coulpe si en demeure.

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CLIX «Compagni di baldoria a voi dico, 1720 Non per l’anima ma per il corpo; Fateci caso al ceruleo colorito Che prende il viso a chi è già morto; Non ci pensate, sarebbe di sconforto. 1724 Spassatevela se potete, pensate a voi, Solo ogni tanto ricordarvi non è torto Che toccherà un bel giorno pure a voi.»

CLX Così, lascio al Quindici per Venti 1728 – Si potrebbe per far presto dir Trecento – Quelli di Parigi, non di Provins Sol con quelli in debito mi sento; Avranno, è il mio stesso intendimento, 1732 Senza astuccio i miei potenti occhiali, Per occhi innocenti son discernimento, Tra onesti e quei che non son tali.

CLXI Non è più ora di ridere e scherzare. 1736 Cosa son servite tutte quelle mance O nei letti imbottiti poter stare, Ingozzarsi di vino, riempir le pance, A qualsiasi ora sollazzi e danze, 1740 Pronti a godere ad ogni festa? Non rimangono che ciance, La colpa, quella invece, resta.

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CLXII Quand je considere ces testes 1744 Entassées en charniers, Tous furent maistres des Requestes, Au moins de la Chambre aux deniers, Ou tous furent portepaniers ; 1748 Autant puis l'un que l'autre dire, Car d'esveques ou lanterniers Je n'y congnois rien a reddire.

CLXIII Et icelles qui s'enclinoient 1752 Unes contre autres en leurs vies, Desquelles les unes regnoient Des autres craintes et servies, La les voy toutes assouvies, 1756 Ensemble en ung tas, pesle mesle ; Seigneuries leur sont ravies, Clerc ne maistre ne s'i appelle.

CLXIV Or sont ilz morz, Dieu ait leurs ames ! 1760 Quant est des corps, ilz sont pourriz, Aient esté seigneurs ou dames, Souëf et tendrement nourriz De cresme, froumentee ou riz, 1764 Et les oz declinent en pouldre, Auxquelz ne chault d'esbatz ne riz. Plaise au doulx Jhesus les assouldre !

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CLXII Sotto gli occhi certi teschi 1744 Stan messi in fila negli ossari, Ministri di corte e tra codesti, Altrettanti son stati i segretari, Molti altri mercanti e proprietari, 1748 E potremmo ancora andare avanti, Perché coi vescovi e i bottegai, Ora si assomiglian tutti quanti.

CLXIII Di quelle, una ora si inchinava 1752 Per rispetto verso un'altra in vita, Oppure su quell’altra regnava E dalle altre servita e riverita, Ognuna è oramai impietrita, 1756 Nel mucchio con Tizio e Caio; Vantavano nobiltà ora svanita, Non v’è più signore né il notaio.

CLXIV Son tutti morti, Dio abbia compassione! 1760 E i corpi svaniti all’improvviso, Siano stati di dama o di signore, Serviti un tempo e riveriti col sorriso Con tante creme, farine oppure riso, 1764 Le ossa son ridotte in polvere; Non han più in bocca il loro riso. Voglia Gesù di Grazia assolvere!

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CLXV Aux trespassez je faiz ce laiz 1768 Et icelluy je communicque A regens cours, sieges, palaiz, Hayneurs d'avarice l'inicque, Lesquelz pour la chose publicque 1772 Se seichent les oz et les corps : De Dieu et de saint Dominicque Soient sbsolz, quant seront mors !

CLXVI Item, riens a Jacquet Cardon, 1776 Car je n'ay riens pour luy d'onneste - Non pas que le gecte habandon - Synon ceste bergeronnecte ; S'elle eust le chant Marïonnecte 1780 Fait pour Marïon la Peautarde, Ou d'Ouvrez vostre huys Guillemete, Elle alast bien a la moustarde.

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CLXV A chi mi ha preceduto vorrei lasciare 1768 Lo stesso, son quelli che per giustizia Han presieduto la corte o il tribunale, E che giustamente odian l’avarizia, E da sempre per il bene popolare 1772 Mettono in astinenza i loro corpi; Dio o San Domenico possono salvare E assolvere ora che son morti!

CLXVI Per Jacquet Cardon non resta niente, 1776 Nonostante ciò, se mi permette – Non mi si dica inadempiente – Lascio queste brevissime strofette; Se fosse uno spartito di Marïonnecte 1780 Per Marion la Peautarde è perfetto, O per Aprire l’uscio di Guillemete, O per mandarla al gabinetto.

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Chanson

Au retour de dure prison 1784 Ou j'ai laissé presque la vie, Se Fortune a sur moy envie, Jugiez s'elle fait mesprison. Il me semble que, par raison, 1788 Elle deust bien estre assouvye, Au retour (de dure prison Ou j'ai laissé presque la vie). Se sy plaine est de desraison 1792 Que vueille que du tout desvie, Plaise a Dieu que l'ame ravye En soit lassus en sa maison ! Au retour de dure prison Ou j'ai laissé presque la vie, Se Fortune a sur moy envie, Jugiez s'elle fait mesprison.

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Canzonetta

Fui appena uscito di prigione 1784 Dove lasciai parecchia vita Malasorte si è ancora intestardita, Forse ho torto io e lei ragione. Or, proprio a tal cagione 1788 Doveva sentirsi ormai servita Appena uscito di prigione Dove lasciai parecchia vita. Ma non vuol essere capita 1792 Se vuol togliermene ancora, Meno male resta Iddio, e l’anima rapita Verso il cielo può salire in sua dimora! Fui appena uscito di prigione Dove lasciai parecchia vita, Malasorte si è ancora intestardita, Forse ho torto io e lei ragione.

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François Villon

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CLXVII Item, donne a maistre Lomer, 1796 Comme extraict que je suis de fee, Qu'il soit bien amé - mais d'amer Fille en chief ou femme coeffee, Ja n'en ayt la teste eschauffee ! - 1800 Et qu'il ne ly couste une noix Faire ung soir cent fois la faffee, En despit d'Augier le Danois.

CLXVIII Item, donne aux amans enfermes, 1804 Sans le laiz Alain Chartier, A leurs chevetz de pleurs et lermes Trestout fin plain ung benoistier, Et ung petit brain d'esglantier 1808 En tous temps vert pour guepillon, Pourveu qu'ilz diront ung psaultier Pour l'ame du povre Villon.

CLXIX Item, a maistre Jacques James, 1812 Qui se tue d'amasser biens, Donner fiancer tant de femmes Qu'il vouldra, mais d'espouser, riens ! Pour quy amasse il ? Pour les sciens ; 1816 Il ne plaint fors que ses morceaux ; Ce qui fust aux truyes, je tiens Qu'il doit de droit estre aux pourceaux.

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Il Testamento

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CLXVII Così, vorrei per don Lomer, 1796 Perché figlio sono di una fata, Che venga amato – per ora aver Da donna onesta o depravata E’ cosa che ancora gli è negata! 1800 Certo tutto questo poi gli costerà Farlo cento volte in una nottata, Auger le Danois far uguale non potrà.

CLXVIII Lascio poi al languore degli amanti, 1804 Non Alain Chartier, altro legatario, Al capezzale con lacrime e pianti Una pila colma più del necessario, E un sempreverde preso da un rosaio, 1808 A guisa d’aspersorio un suo rametto, A patto che almeno reciti un rosario Per l’anima di Villon, poveretto.

CLXIX A don Jacques James che avanti 1812 A nulla si fermò per far fortuna, Si fidanzi con tutte le sue amanti Di sposarsi non ha intenzione alcuna! Per chi mette da parte? Per nessuna, 1816 Risparmia solo per se stesso; Spetta a quelle troie, un po’ ciascuna O ai maiali per me è lo adesso.

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CLXX Item, le camus Seneschal, 1820 Qui uneffoys paia mes debtes, En recompence mareschal Sera pour ferrer oyes, canectes. En luy envoyant ces sornectes 1824 Pour soy desennuyer; combien, S'il veult, face en des alumectes : De beau chanter s'ennuyt on bien.

CLXXI Item, au Chevalier du guet 1828 Je donne deux beaux petiz paiges, Philbert et le gros Marcquet, Lesquelz servy, dont sont plus saiges, La plus partie de leurs aages, 1832 Ont le prevost des mareschaulx. Helas ! s'ilz sont cassez de gaiges, Aller les fauldra tous deschaulx.

CLXXII Item, a Chappelin je laisse 1836 Ma chappelle a simple tonsure, Chagree d'une seiche messe Ou il ne fault pas grant lecture. Resiné lui eusse ma cure, 1840 Mais point ne veult de charge d'ames ; De confesser, ce dit, n'a cure, Synon chamberieres et dames.

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Il Testamento

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CLXX Così, al siniscalco ormai disfatto, 1820 Saldò un mio conto ma era poco, Per premio maresciallo venga fatto Per metter in fila anatre, oche; all’uopo Scrivo questo un po’ per gioco 1824 Affinché gli passi il disincanto, Con questo faccia pure un fuoco: Ci si annoia anche del bel canto.

CLXXI Così, delle guardie il Capitano, 1828 Lascio due bei gentili paggi, Philebert e Marcquet il grossolano, Si son fatti ancor più saggi, Dopo che a servizio sono stati, 1832 Presso il prevosto dei marescialli. Ahimè! Se saranno licenziati, Dovranno andarsene sui calli.

CLXXII A Chappellain sia concessa 1836 La mia cappella di semplice tonsura, Dovrà dire poi una breve messa Che non richiede gran lettura. Gli lascerei anche una curia, 1840 Ma di confessione non vuol sapere Né prender seco anime in cura; Se non con belle donne e cameriere.

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CLXXIII Pource que scet bien mon entente 1844 Jehan de Calaiz, honnorable homme, Qui ne me vist des ans a trente Et ne scet comment on me nomme, De tout ce testament, en somme, 1848 S'aucun y a difficulté, L'oster jusqu'au rez d'une pomme Je lui en donne faculté.

CLXXIV De le gloser et commenter, 1852 De le diffinir et descripre, Diminuer ou augmenter, De le canceller et prescripre De sa main, et ne sceut escripre, 1856 Interpreter et donner sens A son plaisir, meilleur ou pire, A tout cecy je m'y consens.

CLXXV Et s'aucun, dont n'ay congnoissance, 1860 Estoit alé de mort a vie, Je vueil et luy donne puissance, Affin que l'ordre soit suyvie Pour estre mieulx parassouvye, 1864 Que ceste aulmosne ailleurs tranporte, Car s'il l'applicquoit par envye, A son ame je m'en rapporte.

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Il Testamento

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CLXXIII Poiché intuirà le mie richieste, 1844 Jehan de Calaiz, uomo severo, Ma non andai a tutte le sue feste, Di me non sa neppure il nome vero, Dell’intero testamento, ovvero 1848 Se v’è difficoltà a trovarvi il nesso, Può sfogliarlo ben bene per intero, Di rivederlo ha il mio permesso.

CLXXIV Di glossarlo e commentarlo, 1852 Di precisarlo e di chiarirlo, Di diminuirlo o di aumentarlo, Di annullarlo o di sorbirlo Come meglio può, se riesce a dirlo, 1856 Di interpretarlo anche, dargli un senso Bene o male almeno possa capirlo, Per fare tutto ha il mio consenso.

CLXXV Ma se qualcuno e non mi fu detto, 1860 Dalla vita anzitempo è dipartito, La facoltà io tosto qui rimetto, Purché il mio ordine sia eseguito E il volere al meglio perseguito, 1864 Il Legato vada a nuova discendenza, Chi non seguisse questo invito, Ne risponderà con la coscienza.

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CLXXVI Item, j'ordonne a Saincte Avoye, 1868 Et non ailleurs, ma sepuluture ; Et affin qu'un chascun me voye, Non pas en char, mais en painture, Que l'en tire mon estature 1872 D'encre, s'il ne coustoit trop cher ; De tombel, riens, je n'en ay cure, Car il greveroit le planchier.

CLXXVII Item, vueil qu'autour de ma fosse 1876 Ce qui s'enssuit, sans autre histoire, Soit escript en lectre assez grosse - Qui n'auroit point d'escriptouoire, De charbon ou de pierre noire 1880 Sans en riens entamer le plastre ; Au moins sera de moi memoire, Telle qu'elle est d'un bon follastre - :

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CLXXVI Così, a Sainte Avoye mi si conceda 1868 E non altrove, una degna sepoltura; E affinché ognuno mi riveda, Non in carne e ossa ma in pittura, Sia ben ritratta tutta la figura, 1872 Con l’inchiostro se non costa caro; Della tomba non mi prendo cura, Non c’è bisogno più di alcun riparo.

CLXXVII Mi basta che in cima alla mia fossa 1876 Quel che segue e senza ornamento, Sia ben scritto e ammirar si possa – Se non s’avesse in quel momento, Il necessario, carbone o pietra nera 1880 Andran bene, non col gesso bianco; Scrivete: ivi giace colui che era Nella vita solamente un saltimbanco.

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CLXXVIII EPITAPHE

CY GIST ET DORT EN CE SOLLIER, 1884 QU'AMOURS OCCIST DE SON RAILLON, UNG POVRE PETIT ESCOLLIER, QUI FUST NOMÉ FRANÇOYS VILLON. ONCQUES DE TERRE N'EUT SILLON. 1888 IL DONNA TOUT, CHASCUN LE SCET: TABLES, TRESTEAULX, PAIN, CORBEILLON. GALLANS, DICTES EN CE VERSET:

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CLXXVIII EPITAFFIO

Qui giace e riposa con l’altra gente 1884 Chi l’Amor accolse nel suo desco, Era un umile e povero studente E il suo nome era Villon Francesco. Beni in questa terra non ha richiesto, 1888 Donò ogni cosa, tutti lo posson confermare , Tavolo, letto, pane e pure un cesto. Per Amor di Dio, vogliate recitare:

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VERSET (ou rondeau)

Repos eternel, donne à cil, 1892 Sire, et clarté perpetuelle, Qui vaillant plat ni escuelle N'eut oncques, n'ung brain de percil. Il fut rez, chief, barbe et sourcil, 1896 Comme ung navet qu'on ret ou pelle. Repos eternel donne à cil, Sire, et clarté perpetuelle, Rigueur le transmit en exil, 1900 Et luy frappa au cul la pelle, Non obstant qu'il dit: "J'en appelle!" Qui n'est pas terme trop subtil. Repos eternel donne à cil. Sire, et clarté perpetuelle, Qui vaillant plat ni escuelle N'eut oncques, n'ung brain de percil.

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REQUIEM

L’eterno riposo donagli, 1892 O Signore, e luce perpetua, Non può esser troppo una scodella Ma lui non ebbe mai neppure quella. Non più ciglia né barba, testa rapata 1896 Come una rapa sbucciata, spellata. L’eterno riposo donagli, O Signore, e luce perpetua. Giustizia lo spedì al confine 1900 Con un bel calcio al sedere, Lui provò a dire: «E’da vedere!» O qualche parola meno fine. L’eterno riposo donagli, O Signore, e luce perpetua, Non può esser troppo una scodella Ma lui non ebbe mai neppure quella.

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CLXXIX Item, je vueil qu'on sonne a bransle 1904 Le gros beffroy, qui est de voirre, Combien qu'il n'est cueur qui ne tremble Quant de sonner est a son erre. Sauvé a mainte belle terre, 1908 Le temps passé, chascun le scet : Fussent gens d'armes ou tonnoirre, Au son de luy, tout mal cessoit.

CLXXX Les sonneurs auront quatre miches, 1912 Et se c'est peu, demye douzaine - Autant n'en donnent les plus riches - Mais ilz seront de saint Estienne. Volant est homme de grant peine : 1916 L'un en sera ; quant g'y regarde, Il en vivra une sepmaine. Et l'autre ? Auffort, Jehan de la Garde.

CLXXXI Pour tout ce fournir et parfaire, 1920 J'ordonne mes executeurs Ausquelz fait bon avoir affaire Et contentent bien leurs debteurs. Ilz ne sont pas moult grans vanteurs 1924 Et ont bien de quoy, Dieu mercys ! De ce fait seront directeurs. Escryptz : je t'en nommeray six.

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CLXXIX Io chiedo che si suoni con fervore Quella campana che ben si sente, E’ temuta quella da ogni cuore Se di suonar gli viene in mente. 1908 Il frastuono salvò parecchia gente, Tutti lo posson testimoniare: Esercito, un tuono, indifferentemente Tosto fuggono al suo oscillare. 1912

CLXXX Darete quattro pani ai campanari, Ma forse sei sarebbe più adeguato – Di più lo dia chi ha più denari – Van bene quelli dell’anno passato. 1916 Volant, ci perderà l’anima e fiato: Sia tra i quattro dunque, gli farà bene, Quando per una settimana avrà suonato. Poi? Jehan de la Garde, mi conviene. 1920

CLXXXI Per portar ogni cosa al suo finale, Vado a nominar gli esecutori Che sanno concludere un affare E come trattare i debitori. 1924 Non dico che sian millantatori Grazie a Dio! Non ci sarebbero ragioni. Del Testamento saranno i curatori. Scrivili dunque: indico i seguenti nomi. 1928

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CLXXXII C'est maistre Mertin Bellefoye, 1928 Lieutenant du cas criminel. Qui sera l'autre ? G'y pensoye : Ce sera sire Colombel ; S'il lui plaist et il lui est bel, 1932 Il entreprendra ceste charge. Et l'autre ? Michel Juvenel. Ces trois seulz et pour tout j'en charge.

CLXXXIII Mais, ou cas qu'ilz s'en excusassent 1936 En redoubtant les premiers fraiz, Ou totallement reffusassent, Ceulx qui s'enssuivent cy aprés Insitue, gens de biens tres : 1940 Phelippe Bruneau, noble escuier ; Et l'autre ? Son voisin d'emprés, Sy est maistre Jaques Raiguier.

CLXXXIVI Et l'autre ? Maistre Jacques James : 1944 Troys hommes de biens et d'onneur, Desirans de sauver leurs ames Et doubtants Dieu nostre seigneur. Plus tost y mecteront du leur 1948 Que ceste ordonnance ne baillent ; Point n'auront de contreroleur, Mais a leur seul plaisir en taillent.

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CLXXXII Don Mertin Bellefoye primo comando, Il consigliere alla corte penale fa. L’altro chi può esser? Ci sto pensando: Ma sì, monsignor Colombel sarà; 1932 Se acconsente e la cosa ben gli sta, Si assuma tutte le pratiche del lutto. L’altro? Ah ecco, Michiel Juvenel. Questi bastano, li incarico di tutto. 1936

CLXXXIII Se delle scuse volessero accampare Per la ragion di molte spese, O per altra causa rifiutare, Al loro posto la mia volontà chiede, 1940 Nominar altra gente cortese: Phelippe Bruneau, nobile scudiero; L’altro? Il compare suo d’imprese Chiamo, Don Jacques Raiguier davvero. 1944

CLXXXIV L’ultimo? Jacques James, può partecipare: Sono insieme tre uomini d’onore, E l’anima loro voglion salvare Perché timorosi di nostro Signore. 1948 Ci rimetterebbero pure il cuore Per esaudire queste volontà; Non ci sarà un altro esecutore, Perciò posson servirsi a sazietà. 1952

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CLXXXV Des testamens qu'on dit le Maistre 1952 De mon fait n'orra quy ne quot, Mais ce fera ung jeune prestre Qui est nommé Thomas Tricqot. Voulentiers busse a son escot, 1956 Et qu'il me coutast ma cornecte ; S'il sceust jouer en ung tryppot, Il eust de moy le Trou Perrecte.

CLXXXVI Quant au regard du luminaire, 1960 Guillaume du Ru j'y commectz ; Pour porter les coings du suaire, Aux executeurs le remectz. Trop plus me font mal c'onques maiz 1964 Barbe, cheveux, penil, sourcys ; Mal me presse, temps desormaiz Que crye a toutes gens mercys.

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CLXXXV Di colui che sarà il vero esecutore 1952 Stavolta non voglio parlare, Nomino suo vice il buon pastore Che Thomas Tricquot si fa chiamare. A sue spese mi vorrei ubriacare 1956 A costo di poi perdere il berretto; Se altri trucchi sapesse fare, Sarebbe proprio un compagno perfetto.

CLXXXVI Per quanto concerne poi la luce, 1960 Su Guillaume de Ru faccio affidamento; Valga per il sudario, chi lo conduce Sia un di quelli che tiene il testamento. E’ l’ora, maggiore dolore sento; 1964 Sui peli, i capelli, ciglia, pizzetto; Il male non mi vuol lasciare, è il momento Di chieder perdono di ciò che ho detto.

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Ballade [de mercy]

A Chartreux et a Celestins, 1968 A Mendïans et a Devoctes, A musars et clacque patins, A servans et filles mignoctes Portans seurcoz et justes coctes, 1972 A cuidereaux d'amour transsiz Chauçans sans mehain fauves boctes, Je crye a toutes gens mercys. A fillectes monstrans tetins 1976 Pour avoir plus largement hostes, A ribleurs, menneurs de hutins, A batelleurs, trayans mermoctes, A folz, folles, a sotz, a soctes, 1980 Qui s'en vont cyfflant six a six, A vecyes et marïotes, Je crye a toutes gens mercys. Synon aux traitres chiens matins 1984 Qui m'ont fait ronger dures crostes, Macher mains soirs et mains matins, Que ores je ne crains trois croctes. Je feisse pour eulx petz et roctes; 1988 Je ne puis, car je suis assiz. Auffort, pour esviter rïoctes, Je crye a toutes gens mercys. C'on leur froisse les quinze costes 1992 De groz mailletz, fors et massiz, De plombees et telz peloctes ! Je crye a toutes gens mercys.

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Ballata della carità

Ai Certosini e ai Celestini, 1968 Alle pie devote e ai poveretti, Ai perdigiorno e ai damerini, Ai servitori e alle servette Che portan gonne o bei giubbetti, 1972 Agli esperti d’amore ed ai babbei Che vanno fieri nei loro stivaletti, Mi pento anch’io, ma dei peccati miei. Alle donne che mostrano il seno 1976 Affinché ai clienti meglio piaccia, Ai ladri, a chi restituisce meno, Agli attori che nascondono la faccia, Ai folli per natura, a chi si caccia 1980 Con quelli e va a braccetto, sei a sei. A chi s’impiccia, a chi minaccia, Mi pento anch’io, ma dei peccati miei. Ma non i traditori di ogni tempo 1984 Che dovetti sopportare con pazienza, Quel loro pane duro volte cento, Non temerò mai più la lor presenza. Gli farei sentire un po’ di flatulenza, 1988 Ma non posso, sono a letto; potrei Farlo in verità, non serve la licenza, Chiedo scusa, ma dei peccati miei. Di costoro vorrei le costole spezzate 1992 E con grosse mazze io li batterei, Belle appuntite, di ferro borchiate! Chiedo scusa, ma dei peccati miei.

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Ballade (de conclusion)

Icy se clost le testament 1996 Et finist du povre Villon Venez a son enterrement, Quand vous orez le carrillon, Vestuz rouge come vermeillon, 2000 Car en amours mourut martir ; Ce jura il sur son coullon, Quant de ce monde voult partir. Et je croy bien que pas n'en ment ; 2004 Car chassié fut comme ung soullon, De ses amours hayneusement, Tant que, d'icy a Roussillon Brosses n'y a ne brossillon 2008 Qui n'eust, ce dit il sans mentir, Ung lambeau de son cotillon, Quant de ce monde voult partir. Il est ainsi et tellement : 2012 Quant mourut n'avoit qu'un haillon ; Qui plus, en mourant, mallement L'espoignoit d'Amours l'esguillon ; Plus agu que le ranguillon 2016 D'ung baudrier lui faisoit sentir - C'est de quoy nous esmerveillon -, Quant de ce monde voult partir. Prince gent comme esmerillon, 2020 Saichiez qu'il fist au departir : Ung traict but de vin morillon, Quant de ce monde voult partir.

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Ballata d’addio

A questo punto il testamento 1996 Del povero Villon è terminato. Verrete al suo seppellimento, Quando le campane avran suonato, Di rosso vestiti, rosso porporato, 2000 Martire d’Amore, ma seppe morire; Sulle sue palle l’aveva giurato, Quando volle da ‘sto mondo sparire. Lui stesso non l’ha mai negato 2004 D’esser egli stesso peccatore Dai suoi stessi amori rinnegato, Si sa da quì fino a Rossiglione Non v’è frasca o pungiglione 2008 Che non abbia avuto, senza ferire, Un pezzetto del suo vecchio pantalone, Quando volle da ‘sto mondo sparire. E’ proprio così, come vi ho detto: 2012 Morì ed era solo uno straccione; E lasciandoci col suo difetto Pensò ancora a qualche amore, Che lo stringeva come un cinturone 2016 Perché nient’altro mai volle sentire, ‒ E ciò desta ancora il nostro stupore – Quando volle da ‘sto mondo sparire. O Principe nobile, falco e bello, 2020 Sapete che fece Villon al dipartire? Sorseggiò ancora del vino novello Quando volle da ‘sto mondo sparire.

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Bibliografia François Villon Ouvres Completès Une etude sur Villon

M. Louis Moland Ed. Garnier Frères ; François Villon Lascito, Testamento e poesie diverse a

cura di Mariantonia Liborio, Ed. Bur ; Il Testamento di François Villon, Trad. Sara Virgillito, Ed

Rusconi.

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