tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

11
Quante Italie racconta Sanremo Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Il Paese del Festival Le parole e le musiche che da 60 anni accompagnano passo passo la storia della nostra poliedrica società: una narrazione nazionalpopolare di costumi, cambiamenti, conflitti GIOVANNI DE LUNA Sanremo cominciò nel 1951,conuna«tregiornimusica- le» (29-30-31 gennaio) trasmes- sa alla radio. L'orchestra la diri- geva il maestro Angelini e i can- tanti erano solo due (Nilla Pizzi e Achille Togliani), con il sup- porto del Duo Fasano. Tutto qui. Pure, un Festival nato in sordina,senza«lanci»e«promo- zioni», riuscì a far diventare fa- mose in una sola sera (e con un solo «passaggio» radiofonico!) molte canzoni, non solo quella vincitrice. La serata conclusiva fu seguita da circa 25 milioni di ascoltatori. Oggi quella data è diventata storica tanto da dare l'impressione che raccontare le vicendedelfestivalsiaunpo'co- me scrivere pagine importanti delnostropassato,quasichean- no dopo anno le sue canzoni ab- bianocompostolacolonnasono- radellanostraquotidianità. In questo senso, mettono su- bito le mani avanti i due autori de Il festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione, in uscita da Carocci: Sanremo - di- cono Serena Facci e Paolo Sod- du - «non è lo specchio della na- zione», e non è nemmeno «un eventocapacedidarelapropria improntaalcostume». Si tratta piuttosto di una grande narrazione, di un rac- conto autenticamente na- zionalpopolare, in grado di rias- sumere con efficacia i tratti sa- lienti di alcune tra le più signifi- cative situazioni storiche che si sono avvicendate nell'Italia re- pubblicana: un percorso che, da un lato, intreccia tutte insieme Grazie dei fiori e Nel blu dipinto di blu, Non ho l'età (per amarti) e Canzone per te, Per Elisa e Una vita spericolata, La terra dei ca- chi e Mentretuttoscorre,e,dall'al- tro, vede passare gli anni della ricostruzione, quelli del boom, e così via, fino a questo lunghissi- moquindicennioberlusconiano. Il racconto proposto da San- remo non è però lineare; ci sono impennate,bruscheaccelerazio- nie,inalcunefasi,unforte,effet- tivo «rispecchiamento». E' così, ad esempio, per le canzoni che accompagnaronoilboomecono- mico. Facci e Soddu ci ricorda- no che nel 1957, proprio nell'an- no in cui in Italia spopolavano Only You dei Platters e Rock around the Clock di Bill Haley & The Comets, a Sanremo Carla Boni e Gino Latilla cantarono Casetta in Canadà di Panzeri e Mascheroni. Collocata nello scenario dell' Italia degli anni 50, questa can- zone raccontava la storia del- l’interminabile fatica di tale Martin che, con incrollabile ostinazione, ricostruiva la sua casa «con vasche e pesciolini e tanti fiori di lillà», ogni volta si- stematicamente distrutta dal suo cattivissimo nemico, Pinco Panco. Martin, la vittima rasse- gnata e inerme di Pinco Panco, fu denunciato come il simbolo emblematico dei valori domi- nanti, «del lavorare senza di- scutere e tollerare illimitata- mente il sopruso». Le sue virtù, la pazienza e la laboriosità, di- ventarono i capi di accusa di unadurarequisitoria. FuilgruppodeiCantacrona- che a portarlo sul banco degli imputati. Attivo soprattutto tra il 1958 e il 1962, univa musicisti come Fausto Amodei e Sergio Liberovici, e proponeva testi di Michele Straniero, Emilio Jona e Giorgio De Maria, con la colla- borazione prestigiosa di Italo CalvinoeFrancoFortini.Ispira- to da Brassens, Prévert, Brecht edallatradizionepopolareitalia- na, il gruppo nacque con l'espli- cito progetto di contrastare lo sfruttamento industriale della canzone, la deriva commerciale delmondodellamusica. La canzone dei fiori e del silen- zio,diEmilioJonaeSergioLibe- rovici, può considerarsi un po’ il loro manifesto programmatico. La canzone è del 1958, proprio l'anno in cui a Sanremo trionfò Nel blu dipinto di blu di Modu- gno, un «volo» cantato a squar- ciagola che oggi appare un gri- doliberatorioeeccitante,ingra- do di restituirci le grandi tra- sformazioni che stavano scuo- tendo in profondità il nostro Pa- esenegliannidelboom. Si può quindi essere d'accor- do con Facci e Soddu. Sanremo non è un «luogo» dell'identità italiana;èpiuttosto«rappresen- tativo» di una delle tante forme che quell'identità può assume- re. La contrapposizione tra la Casetta in Canadà e la Canzone dei fiori e del silenzio, può così agevolmente suggerire quella tra due Italie differenti, tra due diversi modi di declinare il no- stromododiessereitaliani. Nel 1970 al primo posto si classificò Chi non lavora non fa l'amore, cantata dai coniugi Ce- lentano. A decretarne il trionfo non furono certamente gli ope- raieglistudenticheavevanoin- fiammato le piazze e le fabbri- chedell'«autunnocaldo»!Ed'al- tra parte, la terza classificata di quello stesso anno, L'arca di Noè, cantata da Sergio Endrigo e Iva Zanicchi, vide entrare i suoi versi («Partirà / la nave partirà / dove arriverà / questo non si sa») nel repertorio della contestazioneextraparlamenta- re, con la consueta deformazio- ne che accompagna ogni volta questi «transiti», diventando «Partirà / la lotta partirà / dove arriverà/questononsisa». Erano infatti le musiche, più che le parole, a decretare il suc- cesso delle canzoni, a sancirne la capacità di introdursi anche nello spazio pubblico delle ap- partenenze politiche. Uno degli aspetti più significativi del libro di Facci e Soddu sta proprio nell'affiancare all'esame dei te- sti quello del linguaggio musica- Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ p Serena Facci - Paolo Soddu p IL FESTIVAL DI SANREMO Parole e suoni raccontano la nazione p Carocci, pp.423, e 29 DIARIO DI LETTURA Il Signore dei lucchetti Moccia, sedurre con Kierkegaard SERRI P. XI IlFestivaldiSanremoinunacopertinadiWalterMolinoperlaDomenicadelCorriere,gennaio1960:due scuolediintepretiaconfronto,iromantici(NillaPizzi,asin.)egliurlatori(Mina);tralorodueRenatoRascel ContinuaapaginaIII NUMERO 1751 ANNO XXXV SABATO 5 FEBBRAIO 2011 MILOSZ L’abbecedario del Nobel Alla ricerca ironica del passato IADICICCO P. II VIZI0 CAPITALE Siamo tutti figli dell’Ira Dall’Iliade a Giovanni Paolo II DEMICHELIS P. VIII TUTTOLIBRI LA STAMPA VIDEOINTERVISTA Moccia racconta il suo thriller dei sentimenti ANTEPRIMA Biancheri: il silenzio del Presidente tutto LIBRI Dal boom economico alberlusconismo, da Grazie dei fior alla Terra deicachi: l’analisi di Facci e Soddu p Solo di recente gli storici hannoscoperto di avere non solo occhi (per i testi), ma anche orecchie(perisuoni) STORIA I fratelli Fabbri Tutto il sapere nelle dispense BOATTI P. VI IL COMODINO Lilli Gruber dopo 8 e 1/2 legge il marito I R

Upload: oblomov64

Post on 29-Jun-2015

230 views

Category:

Documents


5 download

DESCRIPTION

Tuttolibri, italian review of books, from www.lastampa.it

TRANSCRIPT

Page 1: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: GIOVIA - Ora di stampa: 04/02/11 19.57

Quante Italieracconta Sanremo

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Il Paese del Festival Le parole e le musiche che da 60 anniaccompagnano passo passo la storia della nostra poliedrica società:una narrazione nazionalpopolare di costumi, cambiamenti, conflitti

GIOVANNIDE LUNA

Sanremo cominciò nel1951, con una «tre giorni musica-le» (29-30-31 gennaio) trasmes-sa alla radio. L'orchestra la diri-geva il maestro Angelini e i can-tanti erano solo due (Nilla Pizzie Achille Togliani), con il sup-porto del Duo Fasano. Tuttoqui. Pure, un Festival nato insordina, senza «lanci» e «promo-zioni», riuscì a far diventare fa-mose in una sola sera (e con unsolo «passaggio» radiofonico!)molte canzoni, non solo quellavincitrice. La serata conclusivafu seguita da circa 25 milioni diascoltatori. Oggi quella data èdiventata storica tanto da darel'impressione che raccontare levicende del festival sia un po' co-me scrivere pagine importantidel nostro passato, quasi che an-no dopo anno le sue canzoni ab-biano composto la colonna sono-ra della nostra quotidianità .

In questo senso, mettono su-bito le mani avanti i due autoride Il festival di Sanremo. Parole esuoni raccontano la nazione, inuscita da Carocci: Sanremo - di-

cono Serena Facci e Paolo Sod-du - «non è lo specchio della na-zione», e non è nemmeno «unevento capace di dare la propriaimpronta al costume».

Si tratta piuttosto di unagrande narrazione, di un rac-conto autenticamente na-zionalpopolare, in grado di rias-sumere con efficacia i tratti sa-lienti di alcune tra le più signifi-cative situazioni storiche che sisono avvicendate nell'Italia re-pubblicana: un percorso che, daun lato, intreccia tutte insiemeGrazie dei fiori e Nel blu dipintodi blu, Non ho l'età (per amarti) eCanzone per te, Per Elisa e Unavita spericolata, La terra dei ca-chi e Mentre tutto scorre, e, dall'al-tro, vede passare gli anni dellaricostruzione, quelli del boom, ecosì via, fino a questo lunghissi-mo quindicennio berlusconiano.

Il racconto proposto da San-remo non è però lineare; ci sonoimpennate, brusche accelerazio-ni e, in alcune fasi, un forte, effet-tivo «rispecchiamento». E' così,ad esempio, per le canzoni cheaccompagnarono il boom econo-mico. Facci e Soddu ci ricorda-no che nel 1957, proprio nell'an-no in cui in Italia spopolavanoOnly You dei Platters e Rockaround the Clock di Bill Haley &The Comets, a Sanremo CarlaBoni e Gino Latilla cantaronoCasetta in Canadà di Panzeri eMascheroni.

Collocata nello scenario dell'Italia degli anni 50, questa can-

zone raccontava la storia del-l’interminabile fatica di taleMartin che, con incrollabileostinazione, ricostruiva la suacasa «con vasche e pesciolini etanti fiori di lillà», ogni volta si-stematicamente distrutta dalsuo cattivissimo nemico, PincoPanco. Martin, la vittima rasse-gnata e inerme di Pinco Panco,fu denunciato come il simboloemblematico dei valori domi-nanti, «del lavorare senza di-scutere e tollerare illimitata-mente il sopruso». Le sue virtù,la pazienza e la laboriosità, di-ventarono i capi di accusa diuna dura requisitoria.

Fu il gruppo dei Cantacrona-che a portarlo sul banco degliimputati. Attivo soprattutto trail 1958 e il 1962, univa musicisticome Fausto Amodei e SergioLiberovici, e proponeva testi diMichele Straniero, Emilio Jonae Giorgio De Maria, con la colla-borazione prestigiosa di ItaloCalvino e Franco Fortini. Ispira-to da Brassens, Prévert, Brechte dalla tradizione popolare italia-na, il gruppo nacque con l'espli-cito progetto di contrastare losfruttamento industriale dellacanzone, la deriva commercialedel mondo della musica.

La canzone dei fiori e del silen-

zio, di Emilio Jona e Sergio Libe-rovici, può considerarsi un po’ illoro manifesto programmatico.La canzone è del 1958, propriol'anno in cui a Sanremo trionfòNel blu dipinto di blu di Modu-gno, un «volo» cantato a squar-ciagola che oggi appare un gri-do liberatorio e eccitante, in gra-do di restituirci le grandi tra-sformazioni che stavano scuo-tendo in profondità il nostro Pa-ese negli anni del boom.

Si può quindi essere d'accor-do con Facci e Soddu. Sanremonon è un «luogo» dell'identitàitaliana; è piuttosto «rappresen-tativo» di una delle tante forme

che quell'identità può assume-re. La contrapposizione tra laCasetta in Canadà e la Canzonedei fiori e del silenzio, può cosìagevolmente suggerire quellatra due Italie differenti, tra duediversi modi di declinare il no-stro modo di essere italiani.

Nel 1970 al primo posto siclassificò Chi non lavora non fal'amore, cantata dai coniugi Ce-lentano. A decretarne il trionfonon furono certamente gli ope-rai e gli studenti che avevano in-fiammato le piazze e le fabbri-che dell' «autunno caldo»! E d'al-tra parte, la terza classificata diquello stesso anno, L'arca diNoè, cantata da Sergio Endrigoe Iva Zanicchi, vide entrare isuoi versi («Partirà / la navepartirà / dove arriverà / questonon si sa») nel repertorio dellacontestazione extraparlamenta-re, con la consueta deformazio-ne che accompagna ogni voltaquesti «transiti», diventando«Partirà / la lotta partirà / dovearriverà / questo non si sa».

Erano infatti le musiche, piùche le parole, a decretare il suc-cesso delle canzoni, a sancirnela capacità di introdursi anchenello spazio pubblico delle ap-partenenze politiche. Uno degliaspetti più significativi del librodi Facci e Soddu sta proprionell'affiancare all'esame dei te-sti quello del linguaggio musica-

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/ pp Serena Facci - Paolo Soddu

p IL FESTIVAL DI SANREMOParole e suoniraccontano la nazionep Carocci, pp.423, € 29

DIARIO DI LETTURA

Il Signoredei lucchettiMoccia, sedurrecon KierkegaardSERRI P. XI

Il Festival di Sanremo in una copertina di Walter Molino per la Domenica del Corriere, gennaio 1960: duescuole di intepreti a confronto, i romantici (Nilla Pizzi, a sin.) e gli urlatori (Mina); tra loro due Renato Rascel

Continua a pagina III

NUMERO 1751ANNO XXXVSABATO 5 FEBBRAIO 2011

MILOSZ

L’abbecedariodel NobelAlla ricercaironica del passatoIADICICCO P. II

VIZI0 CAPITALE

Siamo tuttifigli dell’IraDall’Iliadea Giovanni Paolo IIDEMICHELIS P. VIII

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

VIDEOINTERVISTA

Moccia raccontail suo thrillerdei sentimenti

ANTEPRIMA

Biancheri:il silenziodel Presidente

tuttoLIBRI

Dal boom economicoal berlusconismo,da Grazie dei fioralla Terra dei cachi:l’analisi di Facci e Soddu

p

Solo di recente gli storicihanno scopertodi avere non solo occhi(per i testi), ma ancheorecchie (per i suoni)

STORIA

I fratelliFabbriTutto il saperenelle dispenseBOATTI P. VI

IL COMODINO

Lilli Gruberdopo 8 e 1/2legge il marito

I R

Page 2: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

Abbecedario Il Nobel polacco nascevaun secolo fa: tornato in patria negli Anni 90ripercorse le mille storie del suo mondo

RUGGEROBIANCHI

Come scrivere e canta-re dell’amore, se esso genera ap-pagamento e non pulsioni ed èquindi statico, privo di quella sof-ferenza del desiderio, quella«croce e crocifissione» che è lamatrice stessa della poesia? Lapienezza dell’amore mozza il re-spiro all'arte, rendendola impo-tentea dire parole autentichesui«disastridel cuore».

L'artista esiste e si realizzaunicamente nel distacco, nellaperdita e nell’assenza, si nutresoltanto di ciò che gli viene tolto.Il suo obiettivo ultimo è una sor-ta di radicale smagrimento, frut-to di un lavoro estenuante e con-tinuo di delocalizzazioneal di fuo-ri di sé di quanto nel sé è super-fluo o distraente. L'ideale è riu-scire a raccontarsi come ogget-to, senza intervenire nemmenoemotivamente nella narrazionecome soggetto; comunicare e farsentire la propria magrezza; rea-lizzare la propria «disidentifica-zione», cioè la propria drammati-

ca invisibilità, in un contesto cheè in se stesso il più sgradevole,quello del «vecchio mondo gras-so» che ci sbrindella e ci divora,dove «tutto va in pezzi per amordi quiete». Raccontare insommail magro del dentro attraverso ilgrassodel fuori.

Non sorprende affatto chepunto di arrivo e punto di par-tenza di queste riflessioni sianonon già le provocatorie tesi diBaudrillard sull’obesità bensì leteorie e le pratiche millenariedel buddhismo zen, cui LeonardCohen, pur concedendosi digres-sioni nella Bibbia e nel Talmud,nei Veda e nella Scientology, rie-sce da ormai più di quarant’annia mantenersi fedele. E nemme-no sorprende che a proporle siauno che delle droghe ha semprefatto nel tempo un uso generosoe variegato e che della donna haquasi sempre cercato soprattut-to il corpo, la carne e la genitali-tà, privilegiando la sessualità sul-l’amor gentile. Per il grande (or-mai) guru canadese, tra vivere escrivere non può esistere infattie non è mai esistita soluzione dicontinuità. Di ogni atto del vive-re va continuamente rivisto ilsenso, come di ogni parola delloscrivere occorre rivisitare senzatregua il valore. Il suo modo di

esistere è anche il suo modo dicomporre, un incessante provan-do e riprovando.

La vita non è mai la sua vita inassoluto ma sempre una delle sueinfinite vite possibili. Non esistonosuoi testi, siano essi libri o album,romanzi o canzoni, racconti o poe-sie, che non siano stati e non sianocostantemente reinterpretati, rie-laborati. Celebre il caso di TheBook of Longing (Il libro del deside-rare, 1996), talmente ripensato pri-ma di essere dato alle stampe dadiventar noto in casa editrice co-me The Book of Pro-Longing, Il li-bro del rimandare. Per questo, for-se, non esiste ancor oggi una rac-colta organica e consolidata dei

suoi scritti, che anche in Italia so-no usciti in ordine sparso pressogli editori più disparati (minimumfax, Longanesi, Fandango, Rizzoli,B. C. Dalai, Fazi, Arcana, Superno-va). Una sorte pressoché inevitabi-le per uno che, pur essendo consi-derato il più grande poeta canade-se, sfugge di continuo a ogni eti-chetta. Come catalogare un com-positore che si muove tra Bob Dy-lan e Tom Waits, un narratore chesembra scorrazzare tra Joyce e laNew Age, Sterne e il romanzo po-stmoderno, un rocker/pop/coun-try/western che frequenta il Chel-sea Hotel e i Velvet Undergroundma che alcuni considerano un«neokeatsiano», uno che si autoin-serisce in una «generazione silen-ziosa», vecchia e in ritardo rispet-to a quella coeva dei beatniks?

Leonard Cohen resta ancor og-gi quella voce narrante del suo dia-rio che, in data 15 marzo 1967, par-la di sé come «il creatore della Fo-tografia Nera», il fotografo che -come spiega Ira B. Nadel in Unavita di Leonard Cohen, l'esaurientee avvincente biografia non auto-rizzata ma «benignamente tollera-ta» che ha sollecitato questi ap-punti e alla quale rimando conconvinzione i lettori - «dopo averscelto il soggetto e approntata l'in-quadratura, copre la lente con lamano e scatta».

MASOLINOD’AMICO

Prolifica scrittrice dicui da noi fu tradotto PadreFludd, satira di un conventocattolico di provincia, HilaryMantel ha colto ora il BookerPrize, massimo successo del-la sua carriera, con Wolf Hall.Tale successo appare tantopiù notevole in quanto l’argo-mento, le vicissitudini coniu-gali di re Enrico VIII, è unodei più ricorrentemente sfrut-tati dalla narrativa popolaree anche dalla storiografia di-vulgativa inglesi. Riproporretale materia oggi sembra pos-sibile solo adottando una ma-niera capillare di spremere idocumenti fino a ricostruirenel modo più meticoloso l’at-mosfera, la vita quotidiana, lageografia, la politica del tem-po, nel modo più esauriente,come suole fare per esempioPeter Ackroyd, vedi i suoi to-mi dedicati alla città di Lon-dra, al fiume Tamigi che l’at-traversa, alla vita di Shake-speare, e anche a quella diThomas More, o Tomaso Mo-ro nel romanzo della Mantel,nella cui traduzione nomi ecognomi italianizzati (Moro,appunto, o Bolena) convivonocon quelli originali.

E in effetti Wolf Hall puòrichiamare il metodo diAckroyd, perché presentauna serie di flashes molto vivi-di, di intensità e realismo ci-nematografici, con figure vi-ste così da vicino da farcenesentire persino l’odore. Que-ste figure agiscono secondole abitudini protocinquecen-tesche, talvolta per noi sor-prendenti o curiose.

L’intensità con cui gli epi-sodi si susseguono e la quanti-tà dei medesimi può renderedifficile, specie a un lettoreche non abbia troppa familia-rità col periodo, seguire losvolgersi della trama princi-pale, che comincia nel 1527 esi interrompe nel 1535, e il cuiasse portante sono i tentatividi re Enrico onde liberarsidella moglie Caterina d’Ara-gona che non riesce a dargliun erede maschio.

Questi pazienti e ostinatitentativi cessano quando, do-po il rifiuto definitivo ottenu-to dal Papa (il quale poco po-teva permettersi di alienarsil’imperatore Carlo V, nipotedi Caterina), Enrico rompe irapporti con Roma, si autono-mina capo della Chiesa Angli-cana, dichiara nullo il propriomatrimonio e impalma unagiovane cortigiana che nel

frattempo aveva assai benefica-to, Anna Bolena (dura, avida eallumeuse secondo la Mantel, adifferenza di sua sorella Mary,assai generosa di sé).

Il processo fu lungo e tor-tuoso. In origine non si può deltutto escludere che gli scrupolidel sovrano fossero sinceri, Ca-terina era la vedova di suo fra-

tello maggiore Arthur morto asedici anni, e presunti anatemibiblici contro le nozze con la ve-dova di un fratello (per la veri-tà il Levitico dice una cosa, e ilDeuteronomio un’altra) poteva-no spiegare le sei gravidanze fi-nite male della regina, con lasola riuscita di una femmina,oltretutto dal fisico poco ammi-revole. L’affermazione del so-vrano comportò la sua lentaemancipazione da dignitaritroppo ingombranti, a comin-ciare dall’onnipotente LordCancelliere Cardinal Wolsey,fautore del divorzio regale matroppo legato ai propri interes-si (diversamente da Shakespea-re nella sua meravigliosa com-media su questo re, la Mantelperò non lo accusa di aver bri-gato allo scopo di dare in mo-glie a Enrico una principessafrancese in funzione antispa-gnola).

La serie di flashes ha spessoun’intensità visionaria, ma sul-

la sua solidità storica si nutretalvolta qualche dubbio, per-ché qua e là emerge qualche se-gno di trasandatezza: è assur-do per esempio che la Mantelchiami ripetutamente Guido ilcelebre Giulio Camillo, al cui te-atro della memoria rispolvera-to da Frances Yates qui si allu-de come uno studente che vuo-le fare bella figura.

L’occhio che si posa sugli av-venimenti è quasi sempre quel-lo dell’uomo destinato a racco-gliere l’eredità di Wolsey, valea dire di Thomas Cromwell, mi-sterioso self-made man, poliglot-

ta reduce da varie esperienzeeuropee. Cromwell parla pocoma osserva molto, ha un’ironiacaustica e trama, sempre congrande efficacia. Il grandeHans Holbein gli dipinge il ri-tratto oggi alla Frick Collectiondi New York, senza addolcire lasua aria subdola e astuta.

Tra le righe - i fatti sonosempre presentati senza com-menti - la Mantel sembra ap-prezzarne la modernità. Andan-do controcorrente, invece, faemergere tutto il male possibi-le sul solitamente assai ammira-to Tomaso Moro, primo Cancel-liere laico dopo Wolsey e gran-de delusione di Enrico. La cultu-ra umanistica del Moro sareb-be soltanto una vanità per pro-cacciarsi la stima di sapienti eu-ropei; la sua feroce persecuzio-ne degli eretici, una perversio-ne personale (e non ahimè laprassi comune a entrambi glischieramenti); la sua stessascelta di andare al patibolo piut-tosto che giurare fedeltà al rescismatico e dispotico, una sor-ta di esibizionismo aggravatodal rischio di fornire un esem-pio a eventuali imitatori.

Nelle Isole Britanniche i cat-tolici romani continuano a nongodere di buona stampa.

le. E' solo in tempi relativa-mente recenti che gli storicihanno scoperto di avere nonsolo occhi per vedere, ma an-che orecchie per sentire.

Ne è nato un importante fi-lone di ricerca che ha avuto inMarco Peroni (Il nostro concer-to, Bruno Mondadori, 2004) eMarco Gervasoni (Le armi diOrfeo, La Nuova Italia, 2002)due giovanissimi pionieri eche è poi stato egregiamentecoltivato da studiosi affermaticome Stefano Pivato (La sto-ria leggera. L'uso pubblico dellastoria nella canzone italiana, IlMulino, 2002).

Tutti hanno dovuto con-frontarsi con un problema:

trattare le canzoni scrivendo-ne, leggere come documenti so-lo i testi e le parole, amputando-le della loro parte musicale e ri-schiando di naufragare in veree proprie trappole (quando siparla dello spirito patriottico diVerdi, si citano i versi dei suoi li-brettisti o le armonie delle sueopere? Possono delle parole «ri-voluzionarie» accompagnaredelle musiche assolutamente«tradizionali»?). I due diversipercorsi disciplinari di Facci(etnomusicologa) e Soddu (sto-rico della contemporaneità) inquesto caso si incrociano in mo-do efficace, fugando ogni ri-schio interpretativo.

Dal libro si avverte, infine,la sensazione che proprio nel«quindicennio berlusconia-no», a Sanremo, le canzoni ab-biano progressivamente smar-rito la loro centralità. Si ricor-

dano le «edizioni di Baudo»,non chi ha vinto. La logica del-lo spettacolo ha come soffoca-to la competizione squisita-mente canora delle origini, co-sì che, tornando al «rispecchia-mento», a ripensarci, appaio-no particolarmente significati-vi alcuni degli episodi che si so-no svolti in quello stesso tea-tro Ariston, ma che non c'en-travano niente con le canzoni.

Penso all'apparizione sulpalco di una delegazione deglioperai dell'Ansaldo, «ospitati»da Pippo Baudo e costretti (ne-gli anni Novanta) a raccattarebriciole di protagonismo me-diatico, quasi a sancire la scon-fitta storica delle loro lotte; oal buffo tentativo di suicidio indiretta, con lo stesso Baudoche intervenne per salvare undisoccupato che voleva buttar-si da un palco: una protesta so-litaria che anticipava in modogrottesco i gesti disperati chehanno affollato le cronache re-centi e che rimbalzano dai luo-ghi dell'emarginazione.

ALESSANDRAIADICICCO

Facendo dell’ordinealfabetico un principio guida,per raccontare la storia delNobel polacco Czeslaw Milo-sz così com’egli stesso la com-pendiò nel suo Abbecedario -ultimato nel 1997 e ora in usci-ta da Adelphi - sarà bene co-minciare non già dall’inizio,bensì dalla A: tra le voci elen-cate sotto la prima lettera cen'è subito più d'una che fa al-zare le sopracciglia con unmoto di sorpresa («Ma guar-da!») o di disappunto («Ma co-me?!»), per spianarle nel girodi poche righe in un complicesorrisetto d'intesa. Provareper credere.

«Automobile: dev'esserestata inventata per ridicoliz-zare quei pessimisti secondole cui profezie il numero deicavalli sarebbe cresciuto a di-smisura, e le città sarebberostate asfissiate dal lezzo deiloro escrementi». Non è la lau-datio temporis acti di un no-stalgico delle capitali senzatraffico, né l'invettiva di unambientalista contro gli scem-pi della motorizzazione. È laboutade di uno che di cavalli,nell’arco d'un secolo brevenon fosse che per accelerazio-ne, ne ha cavalcati in varietà

tali da produrre - pensandocicon un'arguzia tutta slava - ef-fetti comici.

Nella Kiejdany lituana incui era cresciuto fino allaGrande Guerra si viaggiavain carrozza: di auto ce n'erauna sola, «quella del conte Zi-biello». Nella California dovefu catapultato dopo il secon-do conflitto mondiale, l'autoera «un po’ come l'elettricitào come la stanza da bagno».Impossibile farne a meno.Tanto più che grazie a essa ilMilosz docente di letteraturapolacca e lingue slave a Be-rkeley visitò «tutta la costaoccidentale americana, dalconfine messicano fino alleMontagne Rocciose del Cana-da». Con «il macchinone» diun amico tra l'altro, Mac Goo-dman, esponente della Non-Communist Left americana co-nosciuto all’ambasciata Usadi Parigi, lo scrittore che nel’51 fu diplomatico in Franciaaveva fatto gite anche dallenostre parti.

Lo ricorda alla voce Aosta,dove annota: «Siano benedet-ti i monarchi perché amavano

la caccia!». E, a rassicurazionedi animalisti eventualmente of-fesi, spiega: «Elessero il versan-te Sud delle Alpi a loro riserva,e vi proibirono il taglio dei bo-schi», dov'è ancora bello pas-seggiare. Ma non si illudano gliecologisti, per il cui dispetto Mi-losz, sulla stessa pagina in cuiha appena lodato le bellezze del

parco nazionale valdostano, ri-corda il motto dei boscaioli diArcata, costretti a campare ta-gliando sequoie in una zona trale più cupe e nebbiose della co-sta del Pacifico. Ai sentimentaliamanti delle foreste, con unacelebre battuta di Ronald Rea-gan, solevano dire: «Vista unasequoia, viste tutte».

È proprio vero: «Quando unautore si diverte, il profitto è in-dubbio». Milosz lo dice a propo-sito delle ballate di Mickiewicz,un classico della letteratura po-lacca. Ma lo stesso vale per que-sto suo abbiccì: caleidoscopicoultraromanzo del Novecentoche, così com’è costruito, tesse-ra su tessera raccolte con l'ecci-tazione del collezionista sma-nioso di non perdere neancheun frammento del suo tesoro,

da qualsiasi parte lo si prendarivela disegni inattesi e trovatebrillanti.

Il divertimento dell’autore ècontagioso. E così pure la cer-tezza che si sta facendo tremen-damente sul serio: la smania dicustodire e proteggere, con lacura innamorata di chi ne hacolto il singolare valore, ogni

pezzo della collezione. Oggetti,concetti, luoghi, avvenimenti,personaggi: una raccolta tantoeterogenea fu messa insieme -è chiaro e dichiarato - per unaurgenza singolare.

L'Abbecedario fu «scritto inrisposta a un bisogno profon-do» allorché l'autore, assentedalla sua terra per mezzo seco-lo, fece ritorno in Polonia negliAnni Novanta e ricevette cosìin dono dalla sorte «uno straor-dinario incontro con il passa-to». Con la lucidità (e l'ironia)di chi ha preso distanza, con lapietà (e la nostalgia) di chi vuo-le recuperare tutto, registra, re-gistra, registra: spinto dall’an-sia di «inserire ancora, senzapreoccuparsi di cesellare la for-ma» che pure riesce impeccabi-le, perfetta. Gli antichi compa-gni di scuola e i propri studentiall'università. I colleghi alla ra-

dio di Vilna e i profeti inascolta-ti del crollo dell’Urss. I sodalimigrati dalla periferia al centrodel mondo e i più fedeli compa-gni di bevute all'osteria del Gal-lo: «Ombre mie care, non possoinvitarvi a conversare un po’con me, perché abbiamo allespalle vite tragiche come sol-tanto noi sappiamo».

E poi certe bugie necessa-rie: Biografie. La più diabolicadelle scienze: Biologia. Il pubbli-co oltraggio di quanto una so-cietà tiene sacro: Blasfemia. Mi-losz se ne macchiò allorché rup-pe nel dopoguerra con la Polo-nia filosovietica e migrò negliStati Uniti. La fedeltà alla pro-pria lingua però, il polacco, den-tro cui continuò ad abitare, e lafede nella vocazione superioredell’uomo, dell’uomo libero(che la politica più ancora chela biologia pareva minare) glipermisero di mantenere salda-mente il proprio centro.

Oggi che, se non fosse mor-to a Cracovia nel 2006, compi-rebbe cento anni, il suo cerchiosi chiude con un ordine persinopiù necessario e fatale di quellocomposto per magia nei suoicarmi, nei suoi versi e nelle mil-le storie della sua biografia. Il1˚ luglio, il giorno dopo il cente-nario della nascita di Milosz, laPolonia celebrerà l'assunzionedel proprio turno di presidenzaeuropea con un festival lettera-rio dedicato a un titolo del No-bel, La mia Europa: scritto, cosìnell’Abbecedario, come «un ma-nuale per il pubblico occidenta-le troppo incline a fare di tuttol’Est un fascio».

MITTELEUROPA

Mito, letteratura, filosofiaChe cos’è la Mitteleuropa? «E’ oggiidealizzata quale armonia di popoli diversied è stata una tollerante convivenzacomprensibilmente rimpianta dopo la suafine», secondo Claudio Magris, fra coloroche di saggio in saggio l’hanno rievocata.Ora esce il primo di due volumi che mirano araccontare mito, letteratura, filosofia dellaMitteleuropa. Ne sono autori, per Silvyedizioni (pp. 221, € 23), Massimo Libardi eFernando Orlandi, direttori del Centro Studisulla Storia dell’Europa Orientale. I confini,le definizioni storiografiche, il mitoasburgico, l’atlante letterario, leprospettive viennesi... «Quella che abbiamocercato di tracciare - avvertono gli autori - èla storia dell’idea di Mitteleuropalimitatamente al periodo 1848-1989. Sequesti sono i confini temporali, quelligeografici sono grossolanamenteidentificabili con le Alpi e il Danubio a sud, ilMar del Nord e il Baltico a Nord, mentrepoco definiti sono i limiti a Oriente e aOccidente». Un’opera che si nutre di piùfonti: dalla letteratura alla storia, dallastoria della cultura alle arti.

Milosz: eccola mia collezionedi Ombre

GIOVANNI DE LUNA

Il guru canadesescrittore, poeta,cantautore chesfugge di continuoa ogni etichetta

«Wolf Hall»: flashesdi realismo e intensitàcinematografici, masi nutrono talvolta dubbisulla solidità storica

Tra le lenzuoladi Enrico VIII

Scorrazzandotra Joycee la New Age

LeonardCohen

è raccontato inuna biografia

di Ira B. Nadel.I suoi libri sono

editi in Italiada vari editori,come minimumfax, Longanesi,

Fandango,Rizzoli,

B. C. Dalai,Fazi, Arcana,

Supernova

pp Czeslaw Miloszp ABBECEDARIOp a cura di Andrea Ceccherellip Adelphi, pp. 332, € 22p in libreria dal 9 febbraio

Miloszin un ritratto

di DariushRapdur

per Tuttolibri

pp Hilary Mantelp WOLF HALLp trad. di Giuseppina Onetop Fazi, pp.782, € 22

pp Ira B. Nadelp UNA VITA DI LEONARD COHENp trad. e postfaz. di Antonio Vivaldip Giunti, pp. 320, € 20

Leonard Cohen Una vita (carnale)non autorizzata, tra le mille possibili

Seguendo solo l’ordinealfabetico, si intreccianoframmenti di ricordi:compagni di scuola,di esilio e di bevute

Oggetti, concetti, luoghi,eventi, personaggi:l’ansia di recuperareil passato, con lucidità,ironia, pietà, nostalgia

Enrico VIII in un ritratto di Hans Holbein, 1537

Mantel Un visionario Cinquecento, elogiandola modernità di Cromwell e fustigando Tommaso Moro

Un caleidoscopicoultraromanzodel Novecento, colmodi disegni inattesie trovate brillanti

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Festival ItaliaSegue da pagina IpUna storia emozionante

dove realtà e fi nzionesembrano confondersi

e in cui la vitaè sorprendentemente

appesa a un libro

www.sperling.itwww.facebook.com/sperling.kupfer In tutte le librerie

NOVITÀ PAPERBACK

Page 3: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

Abbecedario Il Nobel polacco nascevaun secolo fa: tornato in patria negli Anni 90ripercorse le mille storie del suo mondo

RUGGEROBIANCHI

Come scrivere e canta-re dell’amore, se esso genera ap-pagamento e non pulsioni ed èquindi statico, privo di quella sof-ferenza del desiderio, quella«croce e crocifissione» che è lamatrice stessa della poesia? Lapienezza dell’amore mozza il re-spiro all'arte, rendendola impo-tentea dire parole autentichesui«disastridel cuore».

L'artista esiste e si realizzaunicamente nel distacco, nellaperdita e nell’assenza, si nutresoltanto di ciò che gli viene tolto.Il suo obiettivo ultimo è una sor-ta di radicale smagrimento, frut-to di un lavoro estenuante e con-tinuo di delocalizzazioneal di fuo-ri di sé di quanto nel sé è super-fluo o distraente. L'ideale è riu-scire a raccontarsi come ogget-to, senza intervenire nemmenoemotivamente nella narrazionecome soggetto; comunicare e farsentire la propria magrezza; rea-lizzare la propria «disidentifica-zione», cioè la propria drammati-

ca invisibilità, in un contesto cheè in se stesso il più sgradevole,quello del «vecchio mondo gras-so» che ci sbrindella e ci divora,dove «tutto va in pezzi per amordi quiete». Raccontare insommail magro del dentro attraverso ilgrassodel fuori.

Non sorprende affatto chepunto di arrivo e punto di par-tenza di queste riflessioni sianonon già le provocatorie tesi diBaudrillard sull’obesità bensì leteorie e le pratiche millenariedel buddhismo zen, cui LeonardCohen, pur concedendosi digres-sioni nella Bibbia e nel Talmud,nei Veda e nella Scientology, rie-sce da ormai più di quarant’annia mantenersi fedele. E nemme-no sorprende che a proporle siauno che delle droghe ha semprefatto nel tempo un uso generosoe variegato e che della donna haquasi sempre cercato soprattut-to il corpo, la carne e la genitali-tà, privilegiando la sessualità sul-l’amor gentile. Per il grande (or-mai) guru canadese, tra vivere escrivere non può esistere infattie non è mai esistita soluzione dicontinuità. Di ogni atto del vive-re va continuamente rivisto ilsenso, come di ogni parola delloscrivere occorre rivisitare senzatregua il valore. Il suo modo di

esistere è anche il suo modo dicomporre, un incessante provan-do e riprovando.

La vita non è mai la sua vita inassoluto ma sempre una delle sueinfinite vite possibili. Non esistonosuoi testi, siano essi libri o album,romanzi o canzoni, racconti o poe-sie, che non siano stati e non sianocostantemente reinterpretati, rie-laborati. Celebre il caso di TheBook of Longing (Il libro del deside-rare, 1996), talmente ripensato pri-ma di essere dato alle stampe dadiventar noto in casa editrice co-me The Book of Pro-Longing, Il li-bro del rimandare. Per questo, for-se, non esiste ancor oggi una rac-colta organica e consolidata dei

suoi scritti, che anche in Italia so-no usciti in ordine sparso pressogli editori più disparati (minimumfax, Longanesi, Fandango, Rizzoli,B. C. Dalai, Fazi, Arcana, Superno-va). Una sorte pressoché inevitabi-le per uno che, pur essendo consi-derato il più grande poeta canade-se, sfugge di continuo a ogni eti-chetta. Come catalogare un com-positore che si muove tra Bob Dy-lan e Tom Waits, un narratore chesembra scorrazzare tra Joyce e laNew Age, Sterne e il romanzo po-stmoderno, un rocker/pop/coun-try/western che frequenta il Chel-sea Hotel e i Velvet Undergroundma che alcuni considerano un«neokeatsiano», uno che si autoin-serisce in una «generazione silen-ziosa», vecchia e in ritardo rispet-to a quella coeva dei beatniks?

Leonard Cohen resta ancor og-gi quella voce narrante del suo dia-rio che, in data 15 marzo 1967, par-la di sé come «il creatore della Fo-tografia Nera», il fotografo che -come spiega Ira B. Nadel in Unavita di Leonard Cohen, l'esaurientee avvincente biografia non auto-rizzata ma «benignamente tollera-ta» che ha sollecitato questi ap-punti e alla quale rimando conconvinzione i lettori - «dopo averscelto il soggetto e approntata l'in-quadratura, copre la lente con lamano e scatta».

MASOLINOD’AMICO

Prolifica scrittrice dicui da noi fu tradotto PadreFludd, satira di un conventocattolico di provincia, HilaryMantel ha colto ora il BookerPrize, massimo successo del-la sua carriera, con Wolf Hall.Tale successo appare tantopiù notevole in quanto l’argo-mento, le vicissitudini coniu-gali di re Enrico VIII, è unodei più ricorrentemente sfrut-tati dalla narrativa popolaree anche dalla storiografia di-vulgativa inglesi. Riproporretale materia oggi sembra pos-sibile solo adottando una ma-niera capillare di spremere idocumenti fino a ricostruirenel modo più meticoloso l’at-mosfera, la vita quotidiana, lageografia, la politica del tem-po, nel modo più esauriente,come suole fare per esempioPeter Ackroyd, vedi i suoi to-mi dedicati alla città di Lon-dra, al fiume Tamigi che l’at-traversa, alla vita di Shake-speare, e anche a quella diThomas More, o Tomaso Mo-ro nel romanzo della Mantel,nella cui traduzione nomi ecognomi italianizzati (Moro,appunto, o Bolena) convivonocon quelli originali.

E in effetti Wolf Hall puòrichiamare il metodo diAckroyd, perché presentauna serie di flashes molto vivi-di, di intensità e realismo ci-nematografici, con figure vi-ste così da vicino da farcenesentire persino l’odore. Que-ste figure agiscono secondole abitudini protocinquecen-tesche, talvolta per noi sor-prendenti o curiose.

L’intensità con cui gli epi-sodi si susseguono e la quanti-tà dei medesimi può renderedifficile, specie a un lettoreche non abbia troppa familia-rità col periodo, seguire losvolgersi della trama princi-pale, che comincia nel 1527 esi interrompe nel 1535, e il cuiasse portante sono i tentatividi re Enrico onde liberarsidella moglie Caterina d’Ara-gona che non riesce a dargliun erede maschio.

Questi pazienti e ostinatitentativi cessano quando, do-po il rifiuto definitivo ottenu-to dal Papa (il quale poco po-teva permettersi di alienarsil’imperatore Carlo V, nipotedi Caterina), Enrico rompe irapporti con Roma, si autono-mina capo della Chiesa Angli-cana, dichiara nullo il propriomatrimonio e impalma unagiovane cortigiana che nel

frattempo aveva assai benefica-to, Anna Bolena (dura, avida eallumeuse secondo la Mantel, adifferenza di sua sorella Mary,assai generosa di sé).

Il processo fu lungo e tor-tuoso. In origine non si può deltutto escludere che gli scrupolidel sovrano fossero sinceri, Ca-terina era la vedova di suo fra-

tello maggiore Arthur morto asedici anni, e presunti anatemibiblici contro le nozze con la ve-dova di un fratello (per la veri-tà il Levitico dice una cosa, e ilDeuteronomio un’altra) poteva-no spiegare le sei gravidanze fi-nite male della regina, con lasola riuscita di una femmina,oltretutto dal fisico poco ammi-revole. L’affermazione del so-vrano comportò la sua lentaemancipazione da dignitaritroppo ingombranti, a comin-ciare dall’onnipotente LordCancelliere Cardinal Wolsey,fautore del divorzio regale matroppo legato ai propri interes-si (diversamente da Shakespea-re nella sua meravigliosa com-media su questo re, la Mantelperò non lo accusa di aver bri-gato allo scopo di dare in mo-glie a Enrico una principessafrancese in funzione antispa-gnola).

La serie di flashes ha spessoun’intensità visionaria, ma sul-

la sua solidità storica si nutretalvolta qualche dubbio, per-ché qua e là emerge qualche se-gno di trasandatezza: è assur-do per esempio che la Mantelchiami ripetutamente Guido ilcelebre Giulio Camillo, al cui te-atro della memoria rispolvera-to da Frances Yates qui si allu-de come uno studente che vuo-le fare bella figura.

L’occhio che si posa sugli av-venimenti è quasi sempre quel-lo dell’uomo destinato a racco-gliere l’eredità di Wolsey, valea dire di Thomas Cromwell, mi-sterioso self-made man, poliglot-

ta reduce da varie esperienzeeuropee. Cromwell parla pocoma osserva molto, ha un’ironiacaustica e trama, sempre congrande efficacia. Il grandeHans Holbein gli dipinge il ri-tratto oggi alla Frick Collectiondi New York, senza addolcire lasua aria subdola e astuta.

Tra le righe - i fatti sonosempre presentati senza com-menti - la Mantel sembra ap-prezzarne la modernità. Andan-do controcorrente, invece, faemergere tutto il male possibi-le sul solitamente assai ammira-to Tomaso Moro, primo Cancel-liere laico dopo Wolsey e gran-de delusione di Enrico. La cultu-ra umanistica del Moro sareb-be soltanto una vanità per pro-cacciarsi la stima di sapienti eu-ropei; la sua feroce persecuzio-ne degli eretici, una perversio-ne personale (e non ahimè laprassi comune a entrambi glischieramenti); la sua stessascelta di andare al patibolo piut-tosto che giurare fedeltà al rescismatico e dispotico, una sor-ta di esibizionismo aggravatodal rischio di fornire un esem-pio a eventuali imitatori.

Nelle Isole Britanniche i cat-tolici romani continuano a nongodere di buona stampa.

le. E' solo in tempi relativa-mente recenti che gli storicihanno scoperto di avere nonsolo occhi per vedere, ma an-che orecchie per sentire.

Ne è nato un importante fi-lone di ricerca che ha avuto inMarco Peroni (Il nostro concer-to, Bruno Mondadori, 2004) eMarco Gervasoni (Le armi diOrfeo, La Nuova Italia, 2002)due giovanissimi pionieri eche è poi stato egregiamentecoltivato da studiosi affermaticome Stefano Pivato (La sto-ria leggera. L'uso pubblico dellastoria nella canzone italiana, IlMulino, 2002).

Tutti hanno dovuto con-frontarsi con un problema:

trattare le canzoni scrivendo-ne, leggere come documenti so-lo i testi e le parole, amputando-le della loro parte musicale e ri-schiando di naufragare in veree proprie trappole (quando siparla dello spirito patriottico diVerdi, si citano i versi dei suoi li-brettisti o le armonie delle sueopere? Possono delle parole «ri-voluzionarie» accompagnaredelle musiche assolutamente«tradizionali»?). I due diversipercorsi disciplinari di Facci(etnomusicologa) e Soddu (sto-rico della contemporaneità) inquesto caso si incrociano in mo-do efficace, fugando ogni ri-schio interpretativo.

Dal libro si avverte, infine,la sensazione che proprio nel«quindicennio berlusconia-no», a Sanremo, le canzoni ab-biano progressivamente smar-rito la loro centralità. Si ricor-

dano le «edizioni di Baudo»,non chi ha vinto. La logica del-lo spettacolo ha come soffoca-to la competizione squisita-mente canora delle origini, co-sì che, tornando al «rispecchia-mento», a ripensarci, appaio-no particolarmente significati-vi alcuni degli episodi che si so-no svolti in quello stesso tea-tro Ariston, ma che non c'en-travano niente con le canzoni.

Penso all'apparizione sulpalco di una delegazione deglioperai dell'Ansaldo, «ospitati»da Pippo Baudo e costretti (ne-gli anni Novanta) a raccattarebriciole di protagonismo me-diatico, quasi a sancire la scon-fitta storica delle loro lotte; oal buffo tentativo di suicidio indiretta, con lo stesso Baudoche intervenne per salvare undisoccupato che voleva buttar-si da un palco: una protesta so-litaria che anticipava in modogrottesco i gesti disperati chehanno affollato le cronache re-centi e che rimbalzano dai luo-ghi dell'emarginazione.

ALESSANDRAIADICICCO

Facendo dell’ordinealfabetico un principio guida,per raccontare la storia delNobel polacco Czeslaw Milo-sz così com’egli stesso la com-pendiò nel suo Abbecedario -ultimato nel 1997 e ora in usci-ta da Adelphi - sarà bene co-minciare non già dall’inizio,bensì dalla A: tra le voci elen-cate sotto la prima lettera cen'è subito più d'una che fa al-zare le sopracciglia con unmoto di sorpresa («Ma guar-da!») o di disappunto («Ma co-me?!»), per spianarle nel girodi poche righe in un complicesorrisetto d'intesa. Provareper credere.

«Automobile: dev'esserestata inventata per ridicoliz-zare quei pessimisti secondole cui profezie il numero deicavalli sarebbe cresciuto a di-smisura, e le città sarebberostate asfissiate dal lezzo deiloro escrementi». Non è la lau-datio temporis acti di un no-stalgico delle capitali senzatraffico, né l'invettiva di unambientalista contro gli scem-pi della motorizzazione. È laboutade di uno che di cavalli,nell’arco d'un secolo brevenon fosse che per accelerazio-ne, ne ha cavalcati in varietà

tali da produrre - pensandocicon un'arguzia tutta slava - ef-fetti comici.

Nella Kiejdany lituana incui era cresciuto fino allaGrande Guerra si viaggiavain carrozza: di auto ce n'erauna sola, «quella del conte Zi-biello». Nella California dovefu catapultato dopo il secon-do conflitto mondiale, l'autoera «un po’ come l'elettricitào come la stanza da bagno».Impossibile farne a meno.Tanto più che grazie a essa ilMilosz docente di letteraturapolacca e lingue slave a Be-rkeley visitò «tutta la costaoccidentale americana, dalconfine messicano fino alleMontagne Rocciose del Cana-da». Con «il macchinone» diun amico tra l'altro, Mac Goo-dman, esponente della Non-Communist Left americana co-nosciuto all’ambasciata Usadi Parigi, lo scrittore che nel’51 fu diplomatico in Franciaaveva fatto gite anche dallenostre parti.

Lo ricorda alla voce Aosta,dove annota: «Siano benedet-ti i monarchi perché amavano

la caccia!». E, a rassicurazionedi animalisti eventualmente of-fesi, spiega: «Elessero il versan-te Sud delle Alpi a loro riserva,e vi proibirono il taglio dei bo-schi», dov'è ancora bello pas-seggiare. Ma non si illudano gliecologisti, per il cui dispetto Mi-losz, sulla stessa pagina in cuiha appena lodato le bellezze del

parco nazionale valdostano, ri-corda il motto dei boscaioli diArcata, costretti a campare ta-gliando sequoie in una zona trale più cupe e nebbiose della co-sta del Pacifico. Ai sentimentaliamanti delle foreste, con unacelebre battuta di Ronald Rea-gan, solevano dire: «Vista unasequoia, viste tutte».

È proprio vero: «Quando unautore si diverte, il profitto è in-dubbio». Milosz lo dice a propo-sito delle ballate di Mickiewicz,un classico della letteratura po-lacca. Ma lo stesso vale per que-sto suo abbiccì: caleidoscopicoultraromanzo del Novecentoche, così com’è costruito, tesse-ra su tessera raccolte con l'ecci-tazione del collezionista sma-nioso di non perdere neancheun frammento del suo tesoro,

da qualsiasi parte lo si prendarivela disegni inattesi e trovatebrillanti.

Il divertimento dell’autore ècontagioso. E così pure la cer-tezza che si sta facendo tremen-damente sul serio: la smania dicustodire e proteggere, con lacura innamorata di chi ne hacolto il singolare valore, ogni

pezzo della collezione. Oggetti,concetti, luoghi, avvenimenti,personaggi: una raccolta tantoeterogenea fu messa insieme -è chiaro e dichiarato - per unaurgenza singolare.

L'Abbecedario fu «scritto inrisposta a un bisogno profon-do» allorché l'autore, assentedalla sua terra per mezzo seco-lo, fece ritorno in Polonia negliAnni Novanta e ricevette cosìin dono dalla sorte «uno straor-dinario incontro con il passa-to». Con la lucidità (e l'ironia)di chi ha preso distanza, con lapietà (e la nostalgia) di chi vuo-le recuperare tutto, registra, re-gistra, registra: spinto dall’an-sia di «inserire ancora, senzapreoccuparsi di cesellare la for-ma» che pure riesce impeccabi-le, perfetta. Gli antichi compa-gni di scuola e i propri studentiall'università. I colleghi alla ra-

dio di Vilna e i profeti inascolta-ti del crollo dell’Urss. I sodalimigrati dalla periferia al centrodel mondo e i più fedeli compa-gni di bevute all'osteria del Gal-lo: «Ombre mie care, non possoinvitarvi a conversare un po’con me, perché abbiamo allespalle vite tragiche come sol-tanto noi sappiamo».

E poi certe bugie necessa-rie: Biografie. La più diabolicadelle scienze: Biologia. Il pubbli-co oltraggio di quanto una so-cietà tiene sacro: Blasfemia. Mi-losz se ne macchiò allorché rup-pe nel dopoguerra con la Polo-nia filosovietica e migrò negliStati Uniti. La fedeltà alla pro-pria lingua però, il polacco, den-tro cui continuò ad abitare, e lafede nella vocazione superioredell’uomo, dell’uomo libero(che la politica più ancora chela biologia pareva minare) glipermisero di mantenere salda-mente il proprio centro.

Oggi che, se non fosse mor-to a Cracovia nel 2006, compi-rebbe cento anni, il suo cerchiosi chiude con un ordine persinopiù necessario e fatale di quellocomposto per magia nei suoicarmi, nei suoi versi e nelle mil-le storie della sua biografia. Il1˚ luglio, il giorno dopo il cente-nario della nascita di Milosz, laPolonia celebrerà l'assunzionedel proprio turno di presidenzaeuropea con un festival lettera-rio dedicato a un titolo del No-bel, La mia Europa: scritto, cosìnell’Abbecedario, come «un ma-nuale per il pubblico occidenta-le troppo incline a fare di tuttol’Est un fascio».

MITTELEUROPA

Mito, letteratura, filosofiaChe cos’è la Mitteleuropa? «E’ oggiidealizzata quale armonia di popoli diversied è stata una tollerante convivenzacomprensibilmente rimpianta dopo la suafine», secondo Claudio Magris, fra coloroche di saggio in saggio l’hanno rievocata.Ora esce il primo di due volumi che mirano araccontare mito, letteratura, filosofia dellaMitteleuropa. Ne sono autori, per Silvyedizioni (pp. 221, € 23), Massimo Libardi eFernando Orlandi, direttori del Centro Studisulla Storia dell’Europa Orientale. I confini,le definizioni storiografiche, il mitoasburgico, l’atlante letterario, leprospettive viennesi... «Quella che abbiamocercato di tracciare - avvertono gli autori - èla storia dell’idea di Mitteleuropalimitatamente al periodo 1848-1989. Sequesti sono i confini temporali, quelligeografici sono grossolanamenteidentificabili con le Alpi e il Danubio a sud, ilMar del Nord e il Baltico a Nord, mentrepoco definiti sono i limiti a Oriente e aOccidente». Un’opera che si nutre di piùfonti: dalla letteratura alla storia, dallastoria della cultura alle arti.

Milosz: eccola mia collezionedi Ombre

GIOVANNI DE LUNA

Il guru canadesescrittore, poeta,cantautore chesfugge di continuoa ogni etichetta

«Wolf Hall»: flashesdi realismo e intensitàcinematografici, masi nutrono talvolta dubbisulla solidità storica

Tra le lenzuoladi Enrico VIII

Scorrazzandotra Joycee la New Age

LeonardCohen

è raccontato inuna biografia

di Ira B. Nadel.I suoi libri sono

editi in Italiada vari editori,come minimumfax, Longanesi,

Fandango,Rizzoli,

B. C. Dalai,Fazi, Arcana,

Supernova

pp Czeslaw Miloszp ABBECEDARIOp a cura di Andrea Ceccherellip Adelphi, pp. 332, € 22p in libreria dal 9 febbraio

Miloszin un ritratto

di DariushRapdur

per Tuttolibri

pp Hilary Mantelp WOLF HALLp trad. di Giuseppina Onetop Fazi, pp.782, € 22

pp Ira B. Nadelp UNA VITA DI LEONARD COHENp trad. e postfaz. di Antonio Vivaldip Giunti, pp. 320, € 20

Leonard Cohen Una vita (carnale)non autorizzata, tra le mille possibili

Seguendo solo l’ordinealfabetico, si intreccianoframmenti di ricordi:compagni di scuola,di esilio e di bevute

Oggetti, concetti, luoghi,eventi, personaggi:l’ansia di recuperareil passato, con lucidità,ironia, pietà, nostalgia

Enrico VIII in un ritratto di Hans Holbein, 1537

Mantel Un visionario Cinquecento, elogiandola modernità di Cromwell e fustigando Tommaso Moro

Un caleidoscopicoultraromanzodel Novecento, colmodi disegni inattesie trovate brillanti

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Festival ItaliaSegue da pagina Ip

Page 4: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

BRUNOGAMBAROTTA

Fra i personaggi storicichiamati dai casi della vita a im-provvisarsi detective mancavafinora Pellegrino Artusi e Mar-co Malvaldi ha provveduto adarruolarlo nel suo Odore di chiu-so. E ha fatto bene, per due buo-ne ragioni. La prima: nonostan-te l'alluvione di libri di ricette(700 novità nel 2010 in Italia), ilvecchio Artusi (La scienza in cu-cina e l'arte di mangiar bene è del1891), è ancora il più affidabile.La seconda: il romanzo eredital'arguzia sorniona, la bonarietà,il disincanto, lo scintillio dell'in-telligenza del suo protagonista.

Odore di chiuso si presentacome un giallo rispettoso di tuttii canoni della tradizione classi-ca; unità di tempo, un week enddal venerdì sera del 16 giugno1895 al lunedì mattina del 19; uni-tà di luogo, il castello del baronedi Roccapendente, con il corolla-rio che fra i suoi abitanti deveper forza celarsi il colpevole; ildelitto nella camera chiusa; una

prima soluzione dell'enigma chesi rivelerà fallace; la riunione ditutti gli abitanti nel salone per il di-svelamento del o della colpevole,al termine di un serrato duelloverbale.

Il castello si trova in Marem-ma, dalle parti di Bolgheri e per-ciò non può mancare un accennoa Giosuè Carducci, scritturatodall'autore per un delizioso cam-meo. Vi abitano, oltre al barone

Romualdo Bonaiuti, i componentidella sua famiglia in un ventagliodi tre generazioni, la dama di com-pagnia della vecchia baronessaSperanza costretta alla sedia a ro-telle, la numerosa servitù e dueospiti, il signor Ciceri, fotografo eil nostro Pellegrino Artusi. Nessu-no sa perché il barone li abbia invi-tati. Ai famigliari non resta che fa-re congetture mentre attendonol'arrivo della carrozza con il no-

stroesperto di cucina e già questeprime pagine, con il loro anda-mento da opera buffa, danno il laallanarrazione.

Artusi, nato a Forlimpopolinel 1820, ha 75 anni ben portati, èancora signorino, inalbera un pa-io di baffoni bianchi, folti e spio-venti, come quelli di Umberto I,ha in mano una cesta con due gat-toni obesi e un romanzo di ArthurConan Doyle. E' un preciso segna-

le per il lettore ma Marco Malval-di ha dovuto farglielo leggere in in-glese poiché a quella data il padredi Sherlock Holmes non era statoancoratradotto in italiano.

«Una delle doti principali diPellegrino Artusi era la capacitàdi leggere il volto e il comporta-mento dell'umano; un talento na-turale, che aveva affinato nei lun-ghi anni passati a vendere sete amezza Toscana». Conoscere il lin-

guaggio non verbale, diremmo og-gi, e la dote sarà preziosa per aiu-tare il delegato Artistico a sbro-gliare una matassa che ci guarde-remo bene dallo svelare. Diciamosolo che, mentre nelle parodie delgiallo l'assassino è il maggiordo-mo, qui è la vittima.

Si parla molto di cibo in questastoria, e non potrebbe essere altri-mentima nondimeno,per i pranzidel sabato e della domenica, quan-do già i commensali stanno per se-dersi a tavola per gustare i capola-vori di una cuoca tanto bravaquanto scostante, succede qual-che imprevisto che li costringe adigiunare. A parziale compensol'autore ci regala una ricetta chenon si trova nell'Artusi ma che cistarebbe benissimo, il polpettonezingaroa base di tonno.

Lasciamo per ultimo quelloche per noi è il pregio maggiore, lacomplicità con il lettore. Però,quando l'autore afferma che «unadelle maledizioni più comuni pergli uomini potenti è quella di ave-re un figlio scemo», è chiaro che siriferisceal passato.O no?

BRUNOQUARANTA

Nella Milano delleStelline e dei Martinitt; dellaborghesia col cuore in mano,non dimenticando, la mano, diaccarezzare il portafogli, madecorosamente; delle fanciul-le in fiore istruite a onorare la«giusta modestia»...GiuseppePederiali, pregiato artigianodella letteratura (si riapraL’osteria della fola), restaura IlPonte delle Stelline, ovveroquando le città avevanoun’anima, quando la fu capita-le morale si specchiava nei na-vigli, non ancora coperchiati.

C’era una volta. Un secoloche ha qui il respiro del giallo,della commedia, del melò, delfeuilleton, della flânerie. Giu-seppe Pederiali chiama a rac-colta, per erigere il Ponte, figu-re d’invenzione e figure reali,una serie di straordinarie par-tecipazioni che non si stacca-no però da terra, appaiono,ma, ecco, non agiscono, da Ga-ber a Lauzi, da Paolo Grassi a

Giorgio Strehler, da Cochi e Re-nato a Felice Andreasi, a Fusco,il vate dell’Italia che tolleravaaspirando il profumo Coty...

Con un’eccezione, l’avvoca-to di cause perse e poeta di ra-ra caratura che è Delio Tessa.Un fantasma concreto. Un’or-ma sicura. Dagli anni Trentaagli anni Sessanta, financo aiprimi anni Ottanta, quando itram ancora «avevano panche

di legno lucido, lampade a fio-re, e il manetta, occhi da sci-ghéra, che annuncia le fermatein milanese». Estremi refoli del-la città che pulsa nel canzonie-re L'è el dì di Mort, alegher! co-me nelle prose, da Color Manzo-ni alle pagine «ticinesi».

Tessa, che dichiarava «nonho mai fatto niente nella vita, hosempre guardato gli altri a muo-versi», posa gli occhi su Sirena

Colombo, l’anima persa «auscul-tata» da Giuseppe Pederiali sta-gione dopo stagione. Abbando-nata verso i sei anni sul Pontedelle Sirenette, accolta nel piùgrande orfanotrofio della Lom-bardia, adottata da una famigliacontadina, resa gravida da unvillano, accantonata nel manico-mio di Mombello, salvata quan-do sta per subire la lobotomia,prostituta prima di strada quin-

di regina della suprema Maisonambrosiana, in via San Pietro al-l’Orto, titolare di una pensioneche le bombe frantumeranno.

Un desiderio-ossessione ar-de in Sirena: ritrovare la figliasottrattagli, valutata cento lired’oro. Delio Tessa non esiterà asoccorrerla, in vita e dopo,quando nel cimitero di Musoc-co, aspettando di essere accoltonel Famedio, accudirà un teso-

ro, «il libro di creature fantasti-che più bello del mondo», inesti-mabile il valore, che forgerà unmisterico cenacolo: il professo-re ebreo già direttore della bi-blioteca di Salonicco, il paleo-grafo e studioso optimus di artemedievale Accorsi, il suo colle-ga tedesco Joachim Willelms,colonnello della Wehrmacht.

E’ copioso il gomitolo di Giu-seppe Pederiali: umiliazioni, of-fese, tradimenti, passioni, culle(Sirena Colombo avrà una se-conda figlia, che, dopo la gavet-ta al Cab 64 cantando Tessa, ap-proderà al Piccolo), delitti, car-ta stampata, da Abc al gloriosoGiorno, supreme nebbie...

In omaggio alla circolaritàdi Milano, una Milano che viavia, ahinoi, somigliasempre me-no a Milano, la storia finisce do-v’è cominciata, sul Ponte delleSirenette, nel frattempo scom-posto e traslato al Parco Sem-pione. A sorgere è un altro «dìdi Mort». Ricordando quandoeravamo «gioven», quando era-vamo «beij»...

Chel bel vampiroè il Progresso

Mariotti Una rappresentazione straordinariadell’800, disegnata con coraggio e humour

Sherlock Holmesin Maremmaè il re dei cuochi

ANGELOGUGLIELMI

De I dracula timidi diGiovanni Mariotti mi ha sor-preso, fin dalle prime pagine,il linguaggio, di cui stupiva lalimpidezza e più ancora laflessibilità, il suo scorreresenza impedimenti, come sel'autore non patisse lo sforzodi pronunciarlo. Temevo in-vece di dover leggere un ro-manzo horror, come promet-teva il titolo e non bastaval'aggettivo timidi a rassicu-rarmi. Né mi tranquillizzavail sottotitolo «romanzo d'ap-pendice», genere che, purcon qualche rimorso, non ave-vo mai frequentato. Poche pa-gine sono bastate a fare cade-

re ogni timore e consentirel'adesione alla lettura. Mi resiconto che il ricorso al romanzodi appendice, cui nessuno chie-de la veridicità dei fatti raccon-tati (tendenzialmente improba-bili e sempre fuori delle righe),era il pretesto necessario perraccontare una storia vera mastupefacente, uno sviluppo dieventi autentici e inimmagina-bili quali quelli che scandironol'evoluzione del diciannovesi-mo secolo con ricadute nel ven-tesimo (appena alle nostrespalle), in cui tutto è accaduto,novità (inattese e sorprenden-ti) si sono concentrate senza in-tervalli, trasformando la facciadel mondo che per quasi duemillenni aveva vissuto secondo

le sue tranquille abitudini.Ché è questa, la storia che

Mariotti ci racconta e lo stupo-re degli uomini che ne sono sta-ti attori trapassando dai pae-saggi riarsi e domestici dei lo-

ro padri alle prospettive rottee ingombre delle nuove visioni;dal privato individuale alla con-fusione delle partecipazioni dimassa; dai mestieri delle manialle catene di montaggio; dal

documento di parole all'imma-gine fotografica; dall’ingenuitàdei sentimenti alla scopertadella ragione e poi la sua (purse fertile) dissoluzione; dall'im-magine fissa all'inquadraturacinematografica (in attesa del-la televisione); dai principi e reai repubblicani regicidi e oggi iloro (tristi) simulacri; dal duel-lo allo scontro di popoli; dalraggio invisibile all'arma piùpotente; dall'esemplare unicoalla riproduzione tecnica; daMarx a Freud a Benjamin.

Come poteva Mariotti rac-contare queste inimmaginabilivicende di più di cento anni,più note con il nome Il Progres-so, se non appoggiandosi suuna trama, autorizzata a rac-

contare avventure tanto piùardite quanto più improbabili,quale è quella di competenzadel romanzo d'appendice? Do-ve non stupisce e si fa accetta-bile che una cantante forse ine-sistente (è solo la sua ombra?)diventi una stella del San Car-lo di Napoli; che a scoprirla siaun prete che al Vangelo alter-na la lettura di Voltaire, che diStilla (è il nome della cantan-te) si innamori un dracula timi-do (ha repulsione per il san-gue), avvolto in un mantello ne-ro, che, seguito da un uomobasso che trascina sulle spalleuna cassa (simile a una bara),segue la cantante per tutti i te-atri d'Europa: e lì i due, nasco-sti in una loggia buia, incom-bente sul palcoscenico, traffi-cano misteriosamente appale-sandosi di tanto in tanto conl'accendersi improvviso discintille di luce.

Che cosa stanno facendo?L'uomo basso (che poi scopri-remo è un grande inventore)nasconde nella cassa-baraignoti strumenti con i quali siingegna a riprodurre l'immagi-ne e la voce di Stilla e appronta-re un Simulacro che l'uomo al-to e nero porterà con sé nel lon-tano castello (si innalza sini-stro tra le vette dei Carpazi),dove potrà godersi e ascoltareper l'eternità il volto e il cantodel suo amore impossibile.

Né manca Parigi e le lucidei suoi Grand Café e il gla-mour dei suoi Lumi, Berlino ela profezia della sua potenza,la guerra infinita tra Cristiani-tà e Islamismo, i complotti e itradimenti, le vacanze ai Ca-raibi, la vecchiaia e perfino lebadanti.

Dunque una rappresenta-zione straordinaria di un seco-lo (l'800) che ha costituito unasvolta storica (completata inquello successivo), disegnatacon coraggio e humour; unascrittura colta pur se apparen-temente elementare; una strut-tura spedita pur nelle difficoltàdegli incastri; uno svolgimentoche nelle sorprese improbabilidel romanzo d'appendice na-sconde la testimonianza veri-tiera del nostro tempo.

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Gli analfabetici seppellirannoIl «grido di dolore» dell’Italia unita,

da Pasquale Villari al glottologo Ascoli

Nella Milanodi Tessabrilla una Sirena

Malvaldi «Odore di chiuso»:nel castello indaga Pellegrino Artusi

LORENZOMONDO

Alessandro Barbero èuno storico che sa raccontaree farsi leggere anche nell’eser-cizio più sorvegliato di quellache resta la sua prima profes-sione. Dico la prima perchépoi, a ridosso, ha scoperto l’ar-te del romanziere, utilizzandomagari i residui fantastici nonassorbiti dal suo lavoro di stu-dioso. Così, l’anno scorso hapubblicato da Laterza Lepan-to, la battaglia dei tre imperi eora se ne esce con un roman-zo, Gli occhi di Venezia, chetratta vicende di poco succes-sive al grande scontro.

Barbero si concede, all’ini-zio, un cenno di riguardo neiconfronti di Manzoni, caposti-pite del più nobile romanzostorico italiano, con una scenad’osteria che rappresenta l’in-nesco vero e proprio della suatrama: «Porca Venezia, sì!» ri-peté Matteo. «E non so chi mipuò dir di no! Non è mica vitaquesta qui che ci fanno fare».«Ve lo posso dire io di no, ga-

lantuomo» disse l’oste, avvici-nandosi pesantemente alla ta-volata. «Qui da me di questi di-scorsi non se ne fanno». E saràil figlio Michele, per interpostapersona, a essere perseguitodagli sbirri dell’occhiuta Sere-nissima e messo al bando, co-me accadde al manzonianoRenzo. Ma le analogie si ferma-no qui, non foss’altro perchéGli occhi di Venezia respira so-prattutto un’aria di mare, bor-deggia tra isole e porti del Me-diterraneo, fino a toccare la fa-volosa capitale del Gran Tur-co. E guarda semmai al roman-zo avventuroso, compreso ilfeuilleton d’autore, rivisitando-ne le topiche situazioni.

Michele dunque, in seguitoa una spiata per le imprudentidichiarazioni del padre, si im-

barca di soppiatto come remato-re su una galera, separandosi daBianca, la sua giovane sposa. Ilpericolo non è rappresentatodai Turchi, che ora si trovano inpace con Venezia. Sono le cupi-digie che non conoscono confinidi religioni ed etnie, alimentatenel romanzo da un tesoro ruba-to e sepolto in un’isola. E’ laguerra di corsa che non conoscebandiere e si avvale della piùcrudele impunità. In questi capi-toli mossi e incalzanti viene mes-sa alla prova la buona fede e latenacia di Michele, la sua strug-gente nostalgia della casa.

Ad essi si alternano quellipiù statici in cui vengono rac-contati i casi non meno afflig-genti di Bianca, la lunga attesa,la disperazione, la privazioneestrema. E’ una donna sola co-

stretta a misurarsi con le insidiee le seduzioni di una città che af-fianca allo sfarzo dei nobili ilbrulichìo di una plebe miserabi-le. A reggere le fila del destino,anche nelle occasionali sortiteprovvidenziali, è l’ambizione el’intrigo dei potenti, rappresen-tati a Venezia dall’inesorabileConsiglio dei Dieci.

Non insisto sulle peripeziemozzafiato che Michele deve af-frontare per ricongiungersi in-contaminato a Bianca. Accennosoltanto, come tratto particolar-mente significativo che cattural'interesse di Barbero, ai rappor-ti che Bianca intrattiene con unmondo femminile di varia estra-zione, dal quale viene in parte cir-cuita ma che le concede infine so-lidarietà e soccorso (anche quisembra di avvertire come labilespunto, nel riscatto ultimo di Lu-cia, la presenza di Manzoni).

Importa piuttosto rilevare lacompetenza dell’autore, fruttodi una scrupolosa documentazio-ne, nella resa ambientale che siriferisce a Venezia e al cosmopo-litismo del Mediterraneo. Barbe-ro mostra inoltre di conoscerealla perfezione la struttura delleimbarcazioni, l’arte della naviga-zione e la vita di bordo, con l’im-piego inumano di galeotti eschiavi costretti al remo dalla fa-me o dalla prigionia. Senza chequesto comporti uggia o rallen-tamento di attenzione. In unalingua che, senza troppe preteseespressive, si abbandona, vele alvento, al fresco piacere di rac-contare una storia dei tempi an-dati in cui possiamo per qualcheparte riconoscerci.

Pederiali Un fantastico mélo ’900per una misteriosa orfana prostituta

VIOLA DI GRADO, UN ESORDIO IN «NERO»

Nella palude acrilico/lana= Camelia Mega ha vent’anni e vive con la madre aLeeds, un luogo in cui l’inverno sembra l'unica stagionepossibile. Una cupa ossessione - la morte del padreStefano e della sua amante in un incidente d’auto - gravasullo stallo di non-speranza che è diventata la vita delledue donne. Esiliate dal mondo, prigioniere di un traumasenza sbocchi risolutivi, si annullano a vicenda in un giocodi sguardi e silenzi assoluti. Camelia traduce manuali diistruzione per lavatrici, la madre fotografa ossessivamentebuchi di ogni genere. In questo dilaniarsi verso unaprevedibile follia, la ragazza - emigrata da Torino anni

prima con la famiglia - intravede una luce di passione per ilgiovane cinese Wen, il cui strano fratello deturpa vestitiche Camelia indossa dopo averli recuperati dallaspazzatura. Le lingue e le culture di questi solitari turistidella vita si incrociano, ma Camelia non riesce a spiegarsila ritrosia affettiva di Wen nei suoi disponibili confronti.Sarà Jimmy, il fratello strambo, a possederla furiosamentein un ambiguo gioco al massacro, rivelandole alcontempo il tragico segreto che attanaglia la mente diWen. Un ritorno alle origini, senza più speranza, chiude lapossibile primavera di Camelia nella palude di Leeds.Cupo, impietoso, claustrofobico, ma a tratti anchegenuinamente poetico nella sua volontà di recuperomemoriale e affettivo, Settanta acrilico trenta lana (e/o,

pp. 189, € 16), esordio della ventitreenne catanese ViolaDi Grado, si colloca in uno spazio di generosa ambiguità,su un terreno più prossimo agli esordi di IsabellaSantacroce che non alla Nothomb o addirittura alla ElenaFerrante citate in copertina. Il percorso della protagonistanella sua discesa agli inferi con parentesi di gloriaeffimera, è delirante, amaro, compresso in una gestioneautistica dei sentimenti, nell’annullarsi di ogni contattoumano «normale». In questa Leeds ostile, caratterizzatada un inamovibile egocentrismo meteorologico, la storianera di Camelia e di sua madre attraversa con unaconvinzione esaltata - forse un po’ enfatica - le tappe di unpercorso a senso unico verso un’impossibile resurrezione. Sergio Pent

Era appena stata fattal'Italia. Vale la pena di ri-sentire un celebre passo

di quegli anni, la relazione di Pa-squale Villari, Di chi è la colpa?O sia la pace e la guerra, 1866:«V'è nel seno della nazione stes-sa un nemico più potente dell’Au-stria, ed è la nostra colossaleignoranza, sono le moltitudinianalfabete, i burocrati macchi-na, i professori ignoranti, i politi-ci bambini, i diplomatici impossi-bili, i generali incapaci, l'operaioinesperto, l'agricoltore patriar-cale, e la rettorica che ci rode leossa. Non è il quadrilatero diMantova e Verona che ha potutoarrestare il nostro cammino, maè il quadrilatero di 17 milioni dianalfabeti e 5 milioni di arcadi».

Di lì a non molti anni un illu-stre glottologo, Graziadio IsaiaAscoli, torna sul tema nel famo-so Proemio (1873) all'Archivioglottologico italiano. Mette in ri-lievo il fatto che nessun paese haavuto sin dalle Origini, e ancorain seguito, scrittori eccelsi come inostri; abbiamo avuto i più gran-di «maestri» - dice -, ma «la greg-gia dei veri discepoli è sempremancata»; quei grandi formanocome «dei punti luminosi, chebrillano isolati e spesso fuori diriga», «duci» senza «legioni frala propria gente», «duci italia-ni» che «hanno cresciuto e guida-to, non legioni paesane, ma legio-ni straniere»; «nella scarsità delmoto complessivo delle menti,che è a un tempo effetto e causadel sapere concentrato nei pochi,

e nelle esigenze schifiltose del deli-cato e instabile e irrequieto senti-mento della forma, s'ha [...]la ra-gione adeguata ed intiera del per-ché l'Italia ancora non abbia unaprosa o una sintassi o una linguaferma e sicura». Lucidamente se-gnala il «doppio inciampo» che haostacolato o rallentato l'unificazio-ne linguistica: «la scarsa densitàdella cultura e l'eccessiva preoccu-pazione della forma».

Nel nostro paese c'era per l'ap-punto una troppo grande distan-za tra il raffinato formalismo deipiani alti e il particolarismo dia-lettale dei piani bassi: un ricco ebellissimo italiano d'élite oppostoai dialetti. Pochi arcadi da un la-to e milioni di analfabeti dall’al-tro, squilibrio culturale che sem-brava insormontabile per rag-giunge l'effettiva unità linguisticadi livello medio.

A 150 anni dall'Unità, l'abbia-mo raggiunta? Certamente, per-ché la quasi totalità degli italianiparla oggi italiano. Ma il proble-ma torna ad essere, oggi come al-lora, non l'«apprendistato» dellaparola, ma l'educazione delle men-ti, e la «scarsa densità culturale»del nostro paese, come Ascoli scri-veva. Ora l'italiano è, dopo 150anni, la lingua di tutti. Un tra-guardo. Ma di questo italiano nonsiamo tutti padroni e signori. Loteniamo spesso a mezzo servizio,troppi non sanno ancora avvan-taggiarsene a tempo pieno, lo ca-piscono a metà. Di qui i probleminon solo del comunicare, ma delpoter essere manipolati.

ANNIVERSARIO

Per Cendras= Autore di «La manomozza», tra le maggioritestimonianze narrative sullaGrande Guerra, Blais Cendrarsscompariva mezzo secolo fa.Di origine svizzera,naturalizzato francese,prossimo a entrare nella«Pléiade», Cendrars saràricordato a Venezia, in unconvegno internazionaleorganizzato dall’IstitutoSvizzero (17 febbraio, Campo S.Agnese-Dorsoduro).

FUMETTO

L’Oscar a Fior= Manuele Fior conCinquemila chilometri alsecondo ha vinto il primopremio (una sorta di 0scar) alfestival del fumetto diAngouleme, conclusosi lascorsa settimana. Il libro di Fiorè pubblicato dalle EdizioniCoconino Press-Fandango (pp.144, € 17).

UN FILM

Per Rodari= Sarà presentato domani aMilano, Spazio Oberdan, h. 15,il film documentario «Un sassonello stagno. Storia e storie diGianni Rodari», di Felice Cappa,realizzato attingendonell’archivio Rai.

QUARANT’ANNI

L’altro Foglio= Compie quarant’anni «IlFoglio», «mensile di alcunicristiani torinesi». Per info:www.ilfoglio.info; per riceverlo:[email protected]. Tra i fondatori, nelfebbraio 1971, Enrico Peyretti,direttore fino al 2001(quandogli succedette AntonelloRonca), e Aldo Bodrato. Tra isostenitori Norberto Bobbio.Esordìquando sotto la Mole eravescovo padre Pellegrino.

FABIO GEDA TRA I GIOVANI DEL FERRANTE APORTI

Nel carcere minorile= Un'occasione che diventa narrazione. Tale è l'ultimolibrino di Fabio Geda, La bellezza nonostante, appenapubblicato da Transeuropa (pp. 88, € 10) in una collana che«si propone di mostrare il laboratorio segreto dei Big dellanarrativa italiana, presentando materiali che si discostanodalla produzione con cui l'Autore è conosciuto». Eccesso dimaiuscole a parte, nel caso di Geda forse non è proprio così,perché il tema di cui si parla non si discosta affatto dagliinteressi che l'autore ha sempre mostrato, sia nei suoiromanzi, sia nel suo più schietto successo ottenuto l'annoscorso con la testimonianza-racconto Nel mare ci sono i

coccodrilli. L'occasione è quella di una visita al Ferrante Aportidi Torino - la cosiddetta Montagnola - e l'incontro con duemaestri (marito e moglie) che lavorano con i giovani detenuti.Da qui l'idea di dare voce al lavoro oscuro ma prezioso chequei due maestri svolgono.La voce è quella di lui, che parla di sé, si racconta e racconta lestorie di tanti ragazzi passati al fuoco di una reclusioneingrata: un concorso magistrale vinto per caso, unadestinazione imprevista, un innamoramento duraturo, unapassione che non ha pretese di redimere, ma semplicemente -nessun delirio di onnipotenza - di cogliere al volo le possibilitàche si danno. La storia sta racchiusa tra due poli: da un lato illavoro fatto bene («Amo il lavoratore coscienzioso perchémigliora la vita di tutti»), a cui bisognerebbe tuttavia opporre

(come Primo Levi avvisava) che anche Stangl, «ildiligentissimo carnefice di Treblinka», poteva sostenere difare il suo lavoro meglio che poteva. Dall’altro lato la bellezzache muove i principi di una «didattica breve» e senza certezze,la sola che in un reclusorio sia possibile praticare.Un elogio persino commovente che recita: «Un maestro, incarcere, deve credere comunque nella bellezza, nella bellezzanonostante tutto. E deve cercarla anche lì, anche tra quellemura». A trovarla aiutano voci fuori scena e fotografie povere.E anche un audio documentario (di Matteo Bellizzi) sempliceda scaricare. Non un'aggiunta, ma una parte integrante di untesto piccolo, che nasce all'insegna della «relazione debole» edella «provvisorietà». Giovanni Tesio

«Gli occhi di Venezia»:peripezie mozzafiato,una documentazionescrupolosa, il frescopiacere di raccontare

Barbero Alla ricerca del tesoro rubato,tra ambizioni e intrighi del Consiglio dei Dieci

pp Alessandro Barberop GLI OCCHI DI VENEZIAp Mondadori, pp. 427, € 20,00p Alessandro Barbero è nato a To-

rino nel 1959. E’ professore diStoria medievale all’Universitàdi Vercelli. Ha esordito nella nar-ratriva con il romanzo «Bella vi-ta e guerre altrui di Mr. Pyle gen-tiluomo», Mondadori, vincendoil Premio Strega 1996.

pp Giovanni Mariottip I DRACULI TIMIDIp et al. /Edizionip pp. 229, € 16

L’immagine dicopertina del

catalogoElecta «La

pittura dellaSerenissima».

Venezia èpunto di avvio

e ritorno delromanzo

storicodi Alessandro

Barberoche bordeggia

tra isolee porti del

Mediterraneo

Non sfugge nullaalla Serenissima

Bloc notes

Giovanni Mariotti. A destra, ill. diGianluigi Toccafondo, copertina

del catalogo per la mostra«Diversamente vivi» (l’anno

scorso al Museo del cinemadi Torino), edito dal Castoro

pp Giuseppe Pederialip IL PONTE DELLE SIRENETTEp Garzantip pp. 379, € 16,60

«I draculi timidi»:una testimonianzaveritiera del nostrotempo, mascheratada romanzo d’appendice

pp Marco Malvaldip ODORE DI CHIUSOp Selleriop pp. 198, € 13

Viola Di Grado

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA V

Fabio Geda

Giuseppe PederialiMarco Malvaldi

Page 5: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

BRUNOGAMBAROTTA

Fra i personaggi storicichiamati dai casi della vita a im-provvisarsi detective mancavafinora Pellegrino Artusi e Mar-co Malvaldi ha provveduto adarruolarlo nel suo Odore di chiu-so. E ha fatto bene, per due buo-ne ragioni. La prima: nonostan-te l'alluvione di libri di ricette(700 novità nel 2010 in Italia), ilvecchio Artusi (La scienza in cu-cina e l'arte di mangiar bene è del1891), è ancora il più affidabile.La seconda: il romanzo eredital'arguzia sorniona, la bonarietà,il disincanto, lo scintillio dell'in-telligenza del suo protagonista.

Odore di chiuso si presentacome un giallo rispettoso di tuttii canoni della tradizione classi-ca; unità di tempo, un week enddal venerdì sera del 16 giugno1895 al lunedì mattina del 19; uni-tà di luogo, il castello del baronedi Roccapendente, con il corolla-rio che fra i suoi abitanti deveper forza celarsi il colpevole; ildelitto nella camera chiusa; una

prima soluzione dell'enigma chesi rivelerà fallace; la riunione ditutti gli abitanti nel salone per il di-svelamento del o della colpevole,al termine di un serrato duelloverbale.

Il castello si trova in Marem-ma, dalle parti di Bolgheri e per-ciò non può mancare un accennoa Giosuè Carducci, scritturatodall'autore per un delizioso cam-meo. Vi abitano, oltre al barone

Romualdo Bonaiuti, i componentidella sua famiglia in un ventagliodi tre generazioni, la dama di com-pagnia della vecchia baronessaSperanza costretta alla sedia a ro-telle, la numerosa servitù e dueospiti, il signor Ciceri, fotografo eil nostro Pellegrino Artusi. Nessu-no sa perché il barone li abbia invi-tati. Ai famigliari non resta che fa-re congetture mentre attendonol'arrivo della carrozza con il no-

stroesperto di cucina e già questeprime pagine, con il loro anda-mento da opera buffa, danno il laallanarrazione.

Artusi, nato a Forlimpopolinel 1820, ha 75 anni ben portati, èancora signorino, inalbera un pa-io di baffoni bianchi, folti e spio-venti, come quelli di Umberto I,ha in mano una cesta con due gat-toni obesi e un romanzo di ArthurConan Doyle. E' un preciso segna-

le per il lettore ma Marco Malval-di ha dovuto farglielo leggere in in-glese poiché a quella data il padredi Sherlock Holmes non era statoancoratradotto in italiano.

«Una delle doti principali diPellegrino Artusi era la capacitàdi leggere il volto e il comporta-mento dell'umano; un talento na-turale, che aveva affinato nei lun-ghi anni passati a vendere sete amezza Toscana». Conoscere il lin-

guaggio non verbale, diremmo og-gi, e la dote sarà preziosa per aiu-tare il delegato Artistico a sbro-gliare una matassa che ci guarde-remo bene dallo svelare. Diciamosolo che, mentre nelle parodie delgiallo l'assassino è il maggiordo-mo, qui è la vittima.

Si parla molto di cibo in questastoria, e non potrebbe essere altri-mentima nondimeno,per i pranzidel sabato e della domenica, quan-do già i commensali stanno per se-dersi a tavola per gustare i capola-vori di una cuoca tanto bravaquanto scostante, succede qual-che imprevisto che li costringe adigiunare. A parziale compensol'autore ci regala una ricetta chenon si trova nell'Artusi ma che cistarebbe benissimo, il polpettonezingaroa base di tonno.

Lasciamo per ultimo quelloche per noi è il pregio maggiore, lacomplicità con il lettore. Però,quando l'autore afferma che «unadelle maledizioni più comuni pergli uomini potenti è quella di ave-re un figlio scemo», è chiaro che siriferisceal passato.O no?

BRUNOQUARANTA

Nella Milano delleStelline e dei Martinitt; dellaborghesia col cuore in mano,non dimenticando, la mano, diaccarezzare il portafogli, madecorosamente; delle fanciul-le in fiore istruite a onorare la«giusta modestia»...GiuseppePederiali, pregiato artigianodella letteratura (si riapraL’osteria della fola), restaura IlPonte delle Stelline, ovveroquando le città avevanoun’anima, quando la fu capita-le morale si specchiava nei na-vigli, non ancora coperchiati.

C’era una volta. Un secoloche ha qui il respiro del giallo,della commedia, del melò, delfeuilleton, della flânerie. Giu-seppe Pederiali chiama a rac-colta, per erigere il Ponte, figu-re d’invenzione e figure reali,una serie di straordinarie par-tecipazioni che non si stacca-no però da terra, appaiono,ma, ecco, non agiscono, da Ga-ber a Lauzi, da Paolo Grassi a

Giorgio Strehler, da Cochi e Re-nato a Felice Andreasi, a Fusco,il vate dell’Italia che tolleravaaspirando il profumo Coty...

Con un’eccezione, l’avvoca-to di cause perse e poeta di ra-ra caratura che è Delio Tessa.Un fantasma concreto. Un’or-ma sicura. Dagli anni Trentaagli anni Sessanta, financo aiprimi anni Ottanta, quando itram ancora «avevano panche

di legno lucido, lampade a fio-re, e il manetta, occhi da sci-ghéra, che annuncia le fermatein milanese». Estremi refoli del-la città che pulsa nel canzonie-re L'è el dì di Mort, alegher! co-me nelle prose, da Color Manzo-ni alle pagine «ticinesi».

Tessa, che dichiarava «nonho mai fatto niente nella vita, hosempre guardato gli altri a muo-versi», posa gli occhi su Sirena

Colombo, l’anima persa «auscul-tata» da Giuseppe Pederiali sta-gione dopo stagione. Abbando-nata verso i sei anni sul Pontedelle Sirenette, accolta nel piùgrande orfanotrofio della Lom-bardia, adottata da una famigliacontadina, resa gravida da unvillano, accantonata nel manico-mio di Mombello, salvata quan-do sta per subire la lobotomia,prostituta prima di strada quin-

di regina della suprema Maisonambrosiana, in via San Pietro al-l’Orto, titolare di una pensioneche le bombe frantumeranno.

Un desiderio-ossessione ar-de in Sirena: ritrovare la figliasottrattagli, valutata cento lired’oro. Delio Tessa non esiterà asoccorrerla, in vita e dopo,quando nel cimitero di Musoc-co, aspettando di essere accoltonel Famedio, accudirà un teso-

ro, «il libro di creature fantasti-che più bello del mondo», inesti-mabile il valore, che forgerà unmisterico cenacolo: il professo-re ebreo già direttore della bi-blioteca di Salonicco, il paleo-grafo e studioso optimus di artemedievale Accorsi, il suo colle-ga tedesco Joachim Willelms,colonnello della Wehrmacht.

E’ copioso il gomitolo di Giu-seppe Pederiali: umiliazioni, of-fese, tradimenti, passioni, culle(Sirena Colombo avrà una se-conda figlia, che, dopo la gavet-ta al Cab 64 cantando Tessa, ap-proderà al Piccolo), delitti, car-ta stampata, da Abc al gloriosoGiorno, supreme nebbie...

In omaggio alla circolaritàdi Milano, una Milano che viavia, ahinoi, somigliasempre me-no a Milano, la storia finisce do-v’è cominciata, sul Ponte delleSirenette, nel frattempo scom-posto e traslato al Parco Sem-pione. A sorgere è un altro «dìdi Mort». Ricordando quandoeravamo «gioven», quando era-vamo «beij»...

Chel bel vampiroè il Progresso

Mariotti Una rappresentazione straordinariadell’800, disegnata con coraggio e humour

Sherlock Holmesin Maremmaè il re dei cuochi

ANGELOGUGLIELMI

De I dracula timidi diGiovanni Mariotti mi ha sor-preso, fin dalle prime pagine,il linguaggio, di cui stupiva lalimpidezza e più ancora laflessibilità, il suo scorreresenza impedimenti, come sel'autore non patisse lo sforzodi pronunciarlo. Temevo in-vece di dover leggere un ro-manzo horror, come promet-teva il titolo e non bastaval'aggettivo timidi a rassicu-rarmi. Né mi tranquillizzavail sottotitolo «romanzo d'ap-pendice», genere che, purcon qualche rimorso, non ave-vo mai frequentato. Poche pa-gine sono bastate a fare cade-

re ogni timore e consentirel'adesione alla lettura. Mi resiconto che il ricorso al romanzodi appendice, cui nessuno chie-de la veridicità dei fatti raccon-tati (tendenzialmente improba-bili e sempre fuori delle righe),era il pretesto necessario perraccontare una storia vera mastupefacente, uno sviluppo dieventi autentici e inimmagina-bili quali quelli che scandironol'evoluzione del diciannovesi-mo secolo con ricadute nel ven-tesimo (appena alle nostrespalle), in cui tutto è accaduto,novità (inattese e sorprenden-ti) si sono concentrate senza in-tervalli, trasformando la facciadel mondo che per quasi duemillenni aveva vissuto secondo

le sue tranquille abitudini.Ché è questa, la storia che

Mariotti ci racconta e lo stupo-re degli uomini che ne sono sta-ti attori trapassando dai pae-saggi riarsi e domestici dei lo-

ro padri alle prospettive rottee ingombre delle nuove visioni;dal privato individuale alla con-fusione delle partecipazioni dimassa; dai mestieri delle manialle catene di montaggio; dal

documento di parole all'imma-gine fotografica; dall’ingenuitàdei sentimenti alla scopertadella ragione e poi la sua (purse fertile) dissoluzione; dall'im-magine fissa all'inquadraturacinematografica (in attesa del-la televisione); dai principi e reai repubblicani regicidi e oggi iloro (tristi) simulacri; dal duel-lo allo scontro di popoli; dalraggio invisibile all'arma piùpotente; dall'esemplare unicoalla riproduzione tecnica; daMarx a Freud a Benjamin.

Come poteva Mariotti rac-contare queste inimmaginabilivicende di più di cento anni,più note con il nome Il Progres-so, se non appoggiandosi suuna trama, autorizzata a rac-

contare avventure tanto piùardite quanto più improbabili,quale è quella di competenzadel romanzo d'appendice? Do-ve non stupisce e si fa accetta-bile che una cantante forse ine-sistente (è solo la sua ombra?)diventi una stella del San Car-lo di Napoli; che a scoprirla siaun prete che al Vangelo alter-na la lettura di Voltaire, che diStilla (è il nome della cantan-te) si innamori un dracula timi-do (ha repulsione per il san-gue), avvolto in un mantello ne-ro, che, seguito da un uomobasso che trascina sulle spalleuna cassa (simile a una bara),segue la cantante per tutti i te-atri d'Europa: e lì i due, nasco-sti in una loggia buia, incom-bente sul palcoscenico, traffi-cano misteriosamente appale-sandosi di tanto in tanto conl'accendersi improvviso discintille di luce.

Che cosa stanno facendo?L'uomo basso (che poi scopri-remo è un grande inventore)nasconde nella cassa-baraignoti strumenti con i quali siingegna a riprodurre l'immagi-ne e la voce di Stilla e appronta-re un Simulacro che l'uomo al-to e nero porterà con sé nel lon-tano castello (si innalza sini-stro tra le vette dei Carpazi),dove potrà godersi e ascoltareper l'eternità il volto e il cantodel suo amore impossibile.

Né manca Parigi e le lucidei suoi Grand Café e il gla-mour dei suoi Lumi, Berlino ela profezia della sua potenza,la guerra infinita tra Cristiani-tà e Islamismo, i complotti e itradimenti, le vacanze ai Ca-raibi, la vecchiaia e perfino lebadanti.

Dunque una rappresenta-zione straordinaria di un seco-lo (l'800) che ha costituito unasvolta storica (completata inquello successivo), disegnatacon coraggio e humour; unascrittura colta pur se apparen-temente elementare; una strut-tura spedita pur nelle difficoltàdegli incastri; uno svolgimentoche nelle sorprese improbabilidel romanzo d'appendice na-sconde la testimonianza veri-tiera del nostro tempo.

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

Gli analfabetici seppelliranno

Il «grido di dolore» dell’Italia unita,da Pasquale Villari al glottologo Ascoli

Nella Milanodi Tessabrilla una Sirena

Malvaldi «Odore di chiuso»:nel castello indaga Pellegrino Artusi

LORENZOMONDO

Alessandro Barbero èuno storico che sa raccontaree farsi leggere anche nell’eser-cizio più sorvegliato di quellache resta la sua prima profes-sione. Dico la prima perchépoi, a ridosso, ha scoperto l’ar-te del romanziere, utilizzandomagari i residui fantastici nonassorbiti dal suo lavoro di stu-dioso. Così, l’anno scorso hapubblicato da Laterza Lepan-to, la battaglia dei tre imperi eora se ne esce con un roman-zo, Gli occhi di Venezia, chetratta vicende di poco succes-sive al grande scontro.

Barbero si concede, all’ini-zio, un cenno di riguardo neiconfronti di Manzoni, caposti-pite del più nobile romanzostorico italiano, con una scenad’osteria che rappresenta l’in-nesco vero e proprio della suatrama: «Porca Venezia, sì!» ri-peté Matteo. «E non so chi mipuò dir di no! Non è mica vitaquesta qui che ci fanno fare».«Ve lo posso dire io di no, ga-

lantuomo» disse l’oste, avvici-nandosi pesantemente alla ta-volata. «Qui da me di questi di-scorsi non se ne fanno». E saràil figlio Michele, per interpostapersona, a essere perseguitodagli sbirri dell’occhiuta Sere-nissima e messo al bando, co-me accadde al manzonianoRenzo. Ma le analogie si ferma-no qui, non foss’altro perchéGli occhi di Venezia respira so-prattutto un’aria di mare, bor-deggia tra isole e porti del Me-diterraneo, fino a toccare la fa-volosa capitale del Gran Tur-co. E guarda semmai al roman-zo avventuroso, compreso ilfeuilleton d’autore, rivisitando-ne le topiche situazioni.

Michele dunque, in seguitoa una spiata per le imprudentidichiarazioni del padre, si im-

barca di soppiatto come remato-re su una galera, separandosi daBianca, la sua giovane sposa. Ilpericolo non è rappresentatodai Turchi, che ora si trovano inpace con Venezia. Sono le cupi-digie che non conoscono confinidi religioni ed etnie, alimentatenel romanzo da un tesoro ruba-to e sepolto in un’isola. E’ laguerra di corsa che non conoscebandiere e si avvale della piùcrudele impunità. In questi capi-toli mossi e incalzanti viene mes-sa alla prova la buona fede e latenacia di Michele, la sua strug-gente nostalgia della casa.

Ad essi si alternano quellipiù statici in cui vengono rac-contati i casi non meno afflig-genti di Bianca, la lunga attesa,la disperazione, la privazioneestrema. E’ una donna sola co-

stretta a misurarsi con le insidiee le seduzioni di una città che af-fianca allo sfarzo dei nobili ilbrulichìo di una plebe miserabi-le. A reggere le fila del destino,anche nelle occasionali sortiteprovvidenziali, è l’ambizione el’intrigo dei potenti, rappresen-tati a Venezia dall’inesorabileConsiglio dei Dieci.

Non insisto sulle peripeziemozzafiato che Michele deve af-frontare per ricongiungersi in-contaminato a Bianca. Accennosoltanto, come tratto particolar-mente significativo che cattural'interesse di Barbero, ai rappor-ti che Bianca intrattiene con unmondo femminile di varia estra-zione, dal quale viene in parte cir-cuita ma che le concede infine so-lidarietà e soccorso (anche quisembra di avvertire come labilespunto, nel riscatto ultimo di Lu-cia, la presenza di Manzoni).

Importa piuttosto rilevare lacompetenza dell’autore, fruttodi una scrupolosa documentazio-ne, nella resa ambientale che siriferisce a Venezia e al cosmopo-litismo del Mediterraneo. Barbe-ro mostra inoltre di conoscerealla perfezione la struttura delleimbarcazioni, l’arte della naviga-zione e la vita di bordo, con l’im-piego inumano di galeotti eschiavi costretti al remo dalla fa-me o dalla prigionia. Senza chequesto comporti uggia o rallen-tamento di attenzione. In unalingua che, senza troppe preteseespressive, si abbandona, vele alvento, al fresco piacere di rac-contare una storia dei tempi an-dati in cui possiamo per qualcheparte riconoscerci.

Pederiali Un fantastico mélo ’900per una misteriosa orfana prostituta

VIOLA DI GRADO, UN ESORDIO IN «NERO»

Nella palude acrilico/lana= Camelia Mega ha vent’anni e vive con la madre aLeeds, un luogo in cui l’inverno sembra l'unica stagionepossibile. Una cupa ossessione - la morte del padreStefano e della sua amante in un incidente d’auto - gravasullo stallo di non-speranza che è diventata la vita delledue donne. Esiliate dal mondo, prigioniere di un traumasenza sbocchi risolutivi, si annullano a vicenda in un giocodi sguardi e silenzi assoluti. Camelia traduce manuali diistruzione per lavatrici, la madre fotografa ossessivamentebuchi di ogni genere. In questo dilaniarsi verso unaprevedibile follia, la ragazza - emigrata da Torino anni

prima con la famiglia - intravede una luce di passione per ilgiovane cinese Wen, il cui strano fratello deturpa vestitiche Camelia indossa dopo averli recuperati dallaspazzatura. Le lingue e le culture di questi solitari turistidella vita si incrociano, ma Camelia non riesce a spiegarsila ritrosia affettiva di Wen nei suoi disponibili confronti.Sarà Jimmy, il fratello strambo, a possederla furiosamentein un ambiguo gioco al massacro, rivelandole alcontempo il tragico segreto che attanaglia la mente diWen. Un ritorno alle origini, senza più speranza, chiude lapossibile primavera di Camelia nella palude di Leeds.Cupo, impietoso, claustrofobico, ma a tratti anchegenuinamente poetico nella sua volontà di recuperomemoriale e affettivo, Settanta acrilico trenta lana (e/o,

pp. 189, € 16), esordio della ventitreenne catanese ViolaDi Grado, si colloca in uno spazio di generosa ambiguità,su un terreno più prossimo agli esordi di IsabellaSantacroce che non alla Nothomb o addirittura alla ElenaFerrante citate in copertina. Il percorso della protagonistanella sua discesa agli inferi con parentesi di gloriaeffimera, è delirante, amaro, compresso in una gestioneautistica dei sentimenti, nell’annullarsi di ogni contattoumano «normale». In questa Leeds ostile, caratterizzatada un inamovibile egocentrismo meteorologico, la storianera di Camelia e di sua madre attraversa con unaconvinzione esaltata - forse un po’ enfatica - le tappe di unpercorso a senso unico verso un’impossibile resurrezione. Sergio Pent

Era appena stata fattal'Italia. Vale la pena di ri-sentire un celebre passo

di quegli anni, la relazione di Pa-squale Villari, Di chi è la colpa?O sia la pace e la guerra, 1866:«V'è nel seno della nazione stes-sa un nemico più potente dell’Au-stria, ed è la nostra colossaleignoranza, sono le moltitudinianalfabete, i burocrati macchi-na, i professori ignoranti, i politi-ci bambini, i diplomatici impossi-bili, i generali incapaci, l'operaioinesperto, l'agricoltore patriar-cale, e la rettorica che ci rode leossa. Non è il quadrilatero diMantova e Verona che ha potutoarrestare il nostro cammino, maè il quadrilatero di 17 milioni dianalfabeti e 5 milioni di arcadi».

Di lì a non molti anni un illu-stre glottologo, Graziadio IsaiaAscoli, torna sul tema nel famo-so Proemio (1873) all'Archivioglottologico italiano. Mette in ri-lievo il fatto che nessun paese haavuto sin dalle Origini, e ancorain seguito, scrittori eccelsi come inostri; abbiamo avuto i più gran-di «maestri» - dice -, ma «la greg-gia dei veri discepoli è sempremancata»; quei grandi formanocome «dei punti luminosi, chebrillano isolati e spesso fuori diriga», «duci» senza «legioni frala propria gente», «duci italia-ni» che «hanno cresciuto e guida-to, non legioni paesane, ma legio-ni straniere»; «nella scarsità delmoto complessivo delle menti,che è a un tempo effetto e causadel sapere concentrato nei pochi,

e nelle esigenze schifiltose del deli-cato e instabile e irrequieto senti-mento della forma, s'ha [...]la ra-gione adeguata ed intiera del per-ché l'Italia ancora non abbia unaprosa o una sintassi o una linguaferma e sicura». Lucidamente se-gnala il «doppio inciampo» che haostacolato o rallentato l'unificazio-ne linguistica: «la scarsa densitàdella cultura e l'eccessiva preoccu-pazione della forma».

Nel nostro paese c'era per l'ap-punto una troppo grande distan-za tra il raffinato formalismo deipiani alti e il particolarismo dia-lettale dei piani bassi: un ricco ebellissimo italiano d'élite oppostoai dialetti. Pochi arcadi da un la-to e milioni di analfabeti dall’al-tro, squilibrio culturale che sem-brava insormontabile per rag-giunge l'effettiva unità linguisticadi livello medio.

A 150 anni dall'Unità, l'abbia-mo raggiunta? Certamente, per-ché la quasi totalità degli italianiparla oggi italiano. Ma il proble-ma torna ad essere, oggi come al-lora, non l'«apprendistato» dellaparola, ma l'educazione delle men-ti, e la «scarsa densità culturale»del nostro paese, come Ascoli scri-veva. Ora l'italiano è, dopo 150anni, la lingua di tutti. Un tra-guardo. Ma di questo italiano nonsiamo tutti padroni e signori. Loteniamo spesso a mezzo servizio,troppi non sanno ancora avvan-taggiarsene a tempo pieno, lo ca-piscono a metà. Di qui i probleminon solo del comunicare, ma delpoter essere manipolati.

ANNIVERSARIO

Per Cendras= Autore di «La manomozza», tra le maggioritestimonianze narrative sullaGrande Guerra, Blais Cendrarsscompariva mezzo secolo fa.Di origine svizzera,naturalizzato francese,prossimo a entrare nella«Pléiade», Cendrars saràricordato a Venezia, in unconvegno internazionaleorganizzato dall’IstitutoSvizzero (17 febbraio, Campo S.Agnese-Dorsoduro).

FUMETTO

L’Oscar a Fior= Manuele Fior conCinquemila chilometri alsecondo ha vinto il primopremio (una sorta di 0scar) alfestival del fumetto diAngouleme, conclusosi lascorsa settimana. Il libro di Fiorè pubblicato dalle EdizioniCoconino Press-Fandango (pp.144, € 17).

UN FILM

Per Rodari= Sarà presentato domani aMilano, Spazio Oberdan, h. 15,il film documentario «Un sassonello stagno. Storia e storie diGianni Rodari», di Felice Cappa,realizzato attingendonell’archivio Rai.

QUARANT’ANNI

L’altro Foglio= Compie quarant’anni «IlFoglio», «mensile di alcunicristiani torinesi». Per info:www.ilfoglio.info; per riceverlo:[email protected]. Tra i fondatori, nelfebbraio 1971, Enrico Peyretti,direttore fino al 2001(quandogli succedette AntonelloRonca), e Aldo Bodrato. Tra isostenitori Norberto Bobbio.Esordìquando sotto la Mole eravescovo padre Pellegrino.

FABIO GEDA TRA I GIOVANI DEL FERRANTE APORTI

Nel carcere minorile= Un'occasione che diventa narrazione. Tale è l'ultimolibrino di Fabio Geda, La bellezza nonostante, appenapubblicato da Transeuropa (pp. 88, € 10) in una collana che«si propone di mostrare il laboratorio segreto dei Big dellanarrativa italiana, presentando materiali che si discostanodalla produzione con cui l'Autore è conosciuto». Eccesso dimaiuscole a parte, nel caso di Geda forse non è proprio così,perché il tema di cui si parla non si discosta affatto dagliinteressi che l'autore ha sempre mostrato, sia nei suoiromanzi, sia nel suo più schietto successo ottenuto l'annoscorso con la testimonianza-racconto Nel mare ci sono i

coccodrilli. L'occasione è quella di una visita al Ferrante Aportidi Torino - la cosiddetta Montagnola - e l'incontro con duemaestri (marito e moglie) che lavorano con i giovani detenuti.Da qui l'idea di dare voce al lavoro oscuro ma prezioso chequei due maestri svolgono.La voce è quella di lui, che parla di sé, si racconta e racconta lestorie di tanti ragazzi passati al fuoco di una reclusioneingrata: un concorso magistrale vinto per caso, unadestinazione imprevista, un innamoramento duraturo, unapassione che non ha pretese di redimere, ma semplicemente -nessun delirio di onnipotenza - di cogliere al volo le possibilitàche si danno. La storia sta racchiusa tra due poli: da un lato illavoro fatto bene («Amo il lavoratore coscienzioso perchémigliora la vita di tutti»), a cui bisognerebbe tuttavia opporre

(come Primo Levi avvisava) che anche Stangl, «ildiligentissimo carnefice di Treblinka», poteva sostenere difare il suo lavoro meglio che poteva. Dall’altro lato la bellezzache muove i principi di una «didattica breve» e senza certezze,la sola che in un reclusorio sia possibile praticare.Un elogio persino commovente che recita: «Un maestro, incarcere, deve credere comunque nella bellezza, nella bellezzanonostante tutto. E deve cercarla anche lì, anche tra quellemura». A trovarla aiutano voci fuori scena e fotografie povere.E anche un audio documentario (di Matteo Bellizzi) sempliceda scaricare. Non un'aggiunta, ma una parte integrante di untesto piccolo, che nasce all'insegna della «relazione debole» edella «provvisorietà». Giovanni Tesio

«Gli occhi di Venezia»:peripezie mozzafiato,una documentazionescrupolosa, il frescopiacere di raccontare

Barbero Alla ricerca del tesoro rubato,tra ambizioni e intrighi del Consiglio dei Dieci

pp Alessandro Barberop GLI OCCHI DI VENEZIAp Mondadori, pp. 427, € 20,00p Alessandro Barbero è nato a To-

rino nel 1959. E’ professore diStoria medievale all’Universitàdi Vercelli. Ha esordito nella nar-ratriva con il romanzo «Bella vi-ta e guerre altrui di Mr. Pyle gen-tiluomo», Mondadori, vincendoil Premio Strega 1996.

pp Giovanni Mariottip I DRACULI TIMIDIp et al. /Edizionip pp. 229, € 16

L’immagine dicopertina del

catalogoElecta «La

pittura dellaSerenissima».

Venezia èpunto di avvio

e ritorno delromanzo

storicodi Alessandro

Barberoche bordeggia

tra isolee porti del

Mediterraneo

Non sfugge nullaalla Serenissima

Bloc notes

Giovanni Mariotti. A destra, ill. diGianluigi Toccafondo, copertina

del catalogo per la mostra«Diversamente vivi» (l’anno

scorso al Museo del cinemadi Torino), edito dal Castoro

pp Giuseppe Pederialip IL PONTE DELLE SIRENETTEp Garzantip pp. 379, € 16,60

«I draculi timidi»:una testimonianzaveritiera del nostrotempo, mascheratada romanzo d’appendice

pp Marco Malvaldip ODORE DI CHIUSOp Selleriop pp. 198, € 13

Viola Di Grado

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA V

Fabio Geda

Giuseppe PederialiMarco Malvaldi

Page 6: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

L’ILLUSTRATORE MARAJAÈforseLibicoMaraja (quisopra),1912-1983,unticinesepittore,scenografoecartoonist (dellungometraggioLa rosadiBagdad,1941), lapiùcelebredelle«matite»geniali reclutatedallaFabbri. Tra i suoi« illustrati»dimaggiorsuccesso ilCantodiNatalediDickense ilPinocchio(per info: libicomaraja.it). Tra inumerosialtri,GiuseppeBartoli,AlessandroBiffignardi,GuidoDeMaria,Ergan,Pikka,Sani.

ANDREACORTELLESSA

All'orlo postremo de-gli Anni Zero sono usciti duelibri di Edoardo Sanguineti:puntuali all'ottantesimo com-pleanno del 9 dicembre. All'appuntamento, però, mancòSanguineti. Al maestro avver-so una volta aveva fatto il ver-so - con parole che suonano,oggi, nere d'ironia: «Montale,gli ottant’anni ti minaccia-no…». Opere postume dun-que, o semi-tali (se è vero - co-me testimoniano Niva Loren-zini ed Erminio Risso, compa-gni di strada fedeli - che i ri-spettivi sommari sono d'auto-re): a rendere letterale unatensione che aveva almenotrent’anni (già le Postkartendel ’78 erano definite dall’au-tore «carte come postumi»).

In copertina a Cultura e re-altà figura un doppio ritrattodi Sanguineti. Il volto è lo stes-so ma cambiano la scala, il ver-so dello sguardo: allegoria per-fetta di quest’homo duplex perantonomasia. Duplex, proprio,s'intitola un sonetto del 2004:«in me vedi il non es di un eslinfatico: / tutto azzerato, inesi-sto in eccesso:». I tanti destina-

tari delle sue postkarten bensanno quanto si compiacessedella sigla «ES»: come se unagrammatica del profondo cosìesibita non stesse a significaresoprattutto il suo contrario,col totem del Super-Ego a so-vrastare ogni slancio d'affettie libido (eloquenti, e in certomodo terribili, i famigliari So-netti verdi sempre del 2004).

Ed è forse questo doppio le-game - presente in ogni scritto-re post-freudiano, certo, ma inlui acuto sino al parossismo - aspiegare l'anima doppia di que-sto maestro fra tutti unico:perché avverso, dunque, so-prattutto a se stesso.

In apertura a Cultura e re-altà, silloge critica d'intelligen-za come sempre schiacciantee per ricchezza frastornante(nello sfaccettare le mille tin-te di questo sfrenato Arcim-boldo: dalla tragedia classicaalla poesia medievale - pene-trantissime le pagine su Pe-trarca stese dal più dantescodei poeti -, dal Leopardi «rea-zionario» al Carducci «giaco-bino»; da Molière a Petrolini,da Cechov ad Ascanio Celesti-ni; con cento pagine sull’arte,tutt’altro che da amateur, talida esigere un discorso a par-te), figurano quindici paginedel 2006 dal titolo «Come si di-venta materialisti storici?». Incinque di esse si legge forsel'unica «vera» autobiografiadi quest’ «io» onniloquente(ma dall'interessato per tem-po definito «la migliore perso-na dello schermo»).

Il Super-Ego marxista in-terviene dunque a irregimen-

tare una personalità perfetta-mente irrazionalista, cresciutaa Kierkegaard, Nietzsche e Hei-degger. Un retroterra «anarchi-co», non solo in senso politico,che in effetti non verrà mai me-no. Lui stesso ricorda la clauso-la famosa d'una sua poesia del

’76 - «vi lascio cinque parole, eaddio: non ho creduto in nien-te:» - che destava legittime pro-teste: «Ma come, ma propriotu? Uomo dell’ideologia e lin-guaggio, tu che sei ostinato, te-nace, testone?». Anziché cozza-re irriducibile con l'ideologia ab-

bracciata, per lui quel nucleo ne-ro (o meglio, vuoto: angosciosoabisso interiore che ben spiegala passione per il «mal di vuoto»di Landolfi, qui testimoniata daun formidabile saggio del ’63) visi sposava a perfezione: «il mate-rialismo storico […]costituiscel'abolizione di qualunque tipo difideismo, di riposo in una veritàposseduta». Capolavori delladialettica (e dell’ideologia, cer-to: «tutto quello che si può fare ècrearsi una falsa coscienza, secosì posso dire, che sia meno fal-sa di un’altra»).

Non si farà torto, tuttavia, al-l’ostinato (neo)storicismo che fudi Sanguineti col proporre que-sta duplicità come solo costituti-va. Essa risponde bene, altresì,a un declinare storico che ha unpunto di svolta, davvero, a caval-lo fra Anni Settanta e Ottanta.Se in una delle pagine cronologi-camente più alte, quella miraco-losa su Pound del ’54, vieneavanzata un'interpretazione del-l’imagery apocalittica, e di quel-lo che verrà definito «esauri-mento storico», in chiave di (esi-stenzialistica, prima che rivolu-zionaria) palingenesi e «germi-nazione» (da cui, per esempio, lostilema-insegna dei due punti inclausola), in quelle del 2007 all'insegna di un «terrorismo postu-mano ormai generalizzato» (do-

ve «anche lo sterminio sarà unospettacolo noioso») manca or-mai ogni tentazione di riscatto.

Politica a parte, a un certopunto viene meno in Sanguinetiogni desiderio di nuova lettera-tura, ossia di una letteraturache si possa proporre come nuo-va (è detto nel ’97 citando paro-le, di dieci anni prima, di EnricoFilippini). Il che non significa pe-rò - come lui stesso ci ha inse-gnato, proprio riguardo a Lan-dolfi - che il Sanguineti tardo e«come postumo» sia un Sangui-neti minore o minimo.

Certo impressiona l'incipitdi Varie ed eventuali: versi risa-lenti addirittura al 1949, daun’Invenzione di Don Chisciotteche proprio Tuttolibri anticipònel 2006. Già qui il protagonistaha «poco da dire, nulla anzi, nul-la da dire:». E nella memoria re-sta abbacinante l’immagine inclausola: «e bandiere continua-no / a torcersi altissime: e con-fondono i colori:».

Addio ES: ci mancheran-no, i tuoi colori. Contorti sì,ma altissimi.

GIORGIOBOATTI

Sull'incontro, nel no-stro Paese, tra una precisagenerazione e i libri illustratie le dispense a colori poco si èdetto. Forse il fatto che prota-gonista di questo incontro siastata la generazione di Caro-sello ha sovrapposto ricordi esfumato connotazioni. A rin-frescare opportunamente lamemoria provvede il docu-mentatissimo libro che dueesperti di storia e di archivi-stica editoriale, Carlo Carottie Giacinto Andriani, hannodedicato, nella bella collanadi «Storia dell'editoria» diFranco Angeli, a «La Fabbridei Fratelli Fabbri».

In concreto il volume elen-ca il puntiglioso e vastissimocatalogo della produzione del-la Fabbri sino a quando, nel1973, i fratelli Fabbri cedonoil controllo all'Ifil di GiovanniAgnelli. Una produzione rias-sunta in 2700 schede biblio-grafiche che tirano le fila di

93 collane con centinaia di ti-toli e 89 opere a dispense, trale quali Conoscere e i Maestridel colore, tradotte in decinedi lingue e distribuite in tuttoil mondo, dove hanno vendu-to complessivamente centi-naia di milioni di fascicoli.

Realizzazioni editorialiche promuovono, al tempostesso - con le grandi opere adispense dedicate alla pittu-ra, alla scultura, alla musica -la tradizione artistica dell'Ita-lia e la sua vocazione creativasenza disgiungerle, però, dall'accuratezza produttiva rag-giunta in quegli anni dall'in-dustria editoriale del nostroPaese. Un prestigio che vieneallora riconosciuto in ognicontinente: emblematica è lascelta, da parte degli editorigiapponesi dei Maestri del co-lore, una volta constatatal'impossibilità di raggiunge-re la qualità di stampa offer-ta dagli italiani, di far impri-mere alla Fabbri le riprodu-zioni delle opere d'arte equindi di spedire a Tokyo i fo-gli su cui viene inserito, in ne-ro, il testo giapponese.

Nell'introduzione al volu-me - dove compaiono anchele dirette testimonianze diGiovanni e Rino Fabbri, arte-fici col fratello Dino di un suc-cesso editoriale che costitui-sce un case history unico nellevicende del boom italiano - sispiega anche perché la gene-razione di Carosello sia statala beneficiaria della «rivolu-zione del colore» avviata daiFabbri.

Quando, a partire dallametà degli Anni Cinquanta, ibaby-boomers italiani appro-dano ai banchi di scuola, sitrovano tra le mani libri di let-tura e sussidiari che i loro fra-telli maggiori, e ancora di piùi loro genitori, non avrebberomai sognato potessero esiste-re. Si tratta di volumi assaicurati, dai testi piani e sem-

plici, ben lontani dalla retoricache infarciva i testi editi dallaLibreria di Stato e imposti intutte le classi del Regno percompletare la fascistizzazionedella scuola e della gioventùitaliana. Il Testo unico di lettu-ra imposto a partire dal 1929era assai poco attraente, nonsolo per come veniva scrittoma, anche, per la spartana rea-lizzazione. Quelli della Libre-ria di Stato erano libri rigoro-samente in bianco e nero, tran-ne che per le copertine, e con il-lustrazioni stantie, incapaci didialogare con i giovani lettori.Tutto il contrario delle realiz-zazioni editoriali con cui la Fra-

telli Fabbri Editori, nella se-conda metà degli anni Cin-quanta, si conquista rapida-mente oltre un terzo di tutta la«scolastica» italiana. Ci riesceproponendo libri di lettura,sussidiari e collane di narrati-va e di divulgazione per bambi-ni e ragazzi dove l'ottima curaredazionale, la stampa a colo-ri, la sapiente grafica, i disegnidi illustratori destinati a diven-tare notissimi (tra questi il tici-nese Libico Maraja) catturanol'attenzione su ogni pagina.

Protagonisti in Italia della«rivoluzione del colore» nei li-bri scolastici sono Giovanni,Dino e Rino Fabbri che, sin

dall'immediato dopoguerra,prima come ESI (EdizioniStampe Internazionali), poicome Fratelli Fabbri Editori,si sono imposti come protago-nisti assoluti di un'innovazio-ne che avrà un peso non indif-ferente nella modernizzazio-ne della società italiana allorain corso.

Sono loro i primi a introdur-re, grazie ad un impianto off-set fatto acquistare in Germa-nia allo stampatore milanesePizzi, i colori nella scolastica.Ma questo è solo l'inizio. Proce-dono innovando i contenutigrazie alla creazione di collau-date redazioni e attivando un

marketing mai sperimentatonel mondo librario italiano.

I tre fratelli - assai diversicome attitudini e vocazioni cul-turali - lasceranno così, sino al-la fine, un segno importantenell'editoria italiana. Il primo-genito, Giovanni, è laureato inmedicina. Ha l'ossessione delrigore, una solida visione cultu-rale ed è l'uomo delle vastestrategie. E' lui che nel 1954propone addirittura al mini-stro dell'istruzione Ermini dirimpiazzare i libri di testo tra-dizionali con più agili dispenseda rifornire, settimana doposettimana, agli alunni, così dastimolarne la curiosità. Il mini-stro dirà di no ma da lì, soste-nuta da una cura assoluta nelformare redazioni stabili - ca-paci di far crescere un'ottima

rete di giovani e brillanti colla-boratori operanti in ogni setto-re (e negli elenchi riportati inindice da Carotti e Andrianinon sono pochi i nomi di quellidestinati a diventare famosi) -nascerà Conoscere.

E' la prima enciclopediache va incontro agli italiani delboom. E' divulgativa ma nienteaffatto banale. Offre illustrazio-ni curatissime affidate, comegià per i testi di divulgazione, aun pool di artisti e grafici sele-zionati da Dino, assai sensibileal lato creativo e artistico dell'attività del gruppo editoriale. I192 fascicoli da 16 pagine cia-scuno che alla fine comporran-no i venti volumi complessividi Conoscere - 16 di Enciclope-dia e 4 di Dizionario Enciclope-dico - inizialmente sono distri-buiti in edicola e accompagnatida una campagna pubblicita-ria che non ha precedenti e chesi avvale anche degli spot diCarosello.

Rino, il più giovane dei fra-telli, nel frattempo ha messo apunto quella innovativa mac-china da guerra commerciale edistributiva costituita dalla re-te dei 90 concessionari e deipromotori che, servendosi an-che di pulmini dislocati davan-ti a fabbriche e stazioni, nei pa-esi e sulle piazze delle città,portano la vendita porta a por-ta della Fabbri in ogni angolodella penisola.

La risposta degli italiani all'arrivo in edicola dell'enciclope-dia è entusiasmante. Diventaper molte famiglie, e ragazzi,un appuntamento settimanaleirrinunciabile. Poi arriverannoaltre opere formidabili: tra tut-te, da citare, I Maestri del Colo-re, 286 fascicoli costruiti su unimmenso lavoro di inquadra-mento e di documentazione fo-tografica condotto dai collabo-ratori della Fratelli Fabbri Edi-tore nelle pinacoteche di tuttoil mondo.

Il tempo è ormai maturoperché i libri incontrino gli ita-liani anche fuori dalle librerie.I primi a sbarcare in edicola,nella primavera del 1965, sonogli Oscar Mondadori a 350 lire.Ma questa, si sa, è tutta un'al-tra storia.

Scienza e fantasia Una logicarilettura delle «Lezioni americane»

L’Italia a dispensedei fratelli Fabbri

La matematicaè poesiagrazie a Calvino

UNA RACCOLTA DI RICORDI, CON GLI ANAGRAMMI DI ECO

Edoardo, che bel temperamentoOltre alle due novità postume l’editore storico di Sanguineti, Feltrinelli,ha colmato un’annosa lacuna riprendendo nell’Universale Economica ledue grandi «raccolte di raccolte» che - con l’aggiunta, ora, di Varie edeventuali - contengono l’intero corpus poetico dell’autore: il da tempointrovabile Segnalibro. Poesie 1951-1981 (pp. 438, € 15) e il piùrecente Gatto lupesco. Poesie 1982-2001 (pp. 467, € 15).Un bel volume di tombeaux e ricordi curato da Tania Lorandi e SandroMontalto è in uscita per le edizioni Joker di Novi Ligure col titoloTemperamento Sanguineti. L’impronta principale è data dai membridell’Oplepo, diramazione italiana dello storico OuLiPo francese (dellaquale ES è stato presidente a partire dal 1998; e dal 2001 SatrapoTrascendentale di Parigi); ma vi si leggono anche pagine, fra gli altri, diNanni Balestrini, Umberto Eco (con un omaggio anagrammatico), TullioDe Mauro, Niva Lorenzini, Gianni Vattimo (e un sonetto del figliomaggiore, Federico, scritto la sera della morte del padre il 18 maggioscorso). Vi è inoltre allegato un dvd contenente interventi del poeta incollaborazione con suoi storici complici come Andrea Liberovici e MarcoNereo Rotelli.Per il maggio 2011 - dopo le installazioni che lo scorso dicembre hannoilluminato coi suoi versi le strade di Genova - la città natale annuncia ungrande convegno che coinvolgerà anche le due altre sedi universitarienelle quali Sanguineti ha insegnato, Torino e Salerno; ma anchel'Università di Bologna e l’Atelier Autogestito ESC di Roma prevedonoulteriori giornate in suo ricordo. Saranno l’occasione, questi incontri,anche per vedere il documentario Postkarten. Cartoline per EdoardoSanguineti, prodotto da RAI Educational e realizzato da Uliano PaolozziBalestrini e Sara Ventroni. [A. C.]

Storia e catalogo La casa editrice che portò la cultura in edicolaper la «generazione Carosello», rinnovando libri di scuola e didattica

FEDERICOPEIRETTI

Nell’estate del 1985Calvino stava preparandouna serie di lezioni che avreb-be dovuto tenere all'Univer-sità di Harvard. Sei lezioniper mettere in evidenza «al-cuni valori della letteratura -scriveva Calvino - che mistanno particolarmente acuore, cercando di situarlenella prospettiva del nuovomillennio». Scelse per que-sto sei parole, ognuna dellequali, secondo lui, evidenzia-va un carattere essenzialedella letteratura: leggerezza,rapidità, esattezza, visibilità,molteplicità e coerenza. Sta-va terminando il suo lavoro,quando improvvisamentemorì, il 19 settembre 1985, al-l’età di 62 anni, e la sesta pa-rola rimase incompiuta.

Le sue Lezioni americanesono la testimonianza di unodei più grandi scrittori delNovecento sull’essenza dellavoro dello scrittore. Calvi-no vuole dimostrare che ma-tematica e poesia hanno pra-ticamente la stessa struttu-ra. «L'atteggiamento scienti-fico e quello poetico coincido-

no - scrive - entrambi sono at-teggiamenti insieme di ricer-ca e di progettazione, di sco-perta e di invenzione».

Gabriele Lolli, docente diFilosofia matematica allaNormale di Pisa, logico eccel-lente, nel suo nuovo libro, Di-scorso sulla matematica, par-te dalle Lezioni di Calvino perproporre un percorso inver-so: dalla letteratura alla ma-tematica. Questo per dimo-strare che l'analisi di Calvi-no, sui fondamenti della lette-ratura, ben si adatta all'anali-si del pensiero matematico.«Le Lezioni sono un raccontofilosofico sulla matematica -osserva Lolli - un raccontoche, grazie alla raffinatezzadi Calvino, trasmette alla ma-tematica tutta la bellezza e ilfascino della letteratura».

E Lolli parte proprio dal-le sei parole scelte da Calvi-no: «Vogliamo parlare dellamatematica - afferma - usan-do le stesse parole che Calvi-no ha rivolto alla letteratu-ra». E questo per convince-re il lettore che la matemati-ca è poesia. Un lettore nonprevenuto naturalmente,che non abbia avuto con lamatematica soltanto un rap-porto scolastico conflittuale.A facilitare il compito di Lol-li c'è sicuramente l'interesseper la scienza e in particola-re proprio per la matemati-ca di Calvino, la sua amiciziacon Primo Levi e la sua ade-sione, negli Anni Sessanta,quando si trasferì a Parigi,al gruppo dell’Oulipo, fonda-to da alcuni scrittori e mate-

matici francesi, che persegui-vano l'obiettivo di una scrittu-ra che fosse «immaginazionescientifica, linguaggio logico estruttura matematica». E’ ori-ginale e seducente il lavoro diLolli: «Convivono nella mate-matica - scrive - il fascino del-l’esattezza scientifica e dell’in-finita indeterminatezza delmondo dell’anima». Un bel te-orema, Lolli ne è convinto, halo stesso valore e la stessa at-trazione di una pagina di ungrande scrittore, con una par-te indefinita, aperta versonuovi mondi, verso nuove di-mostrazioni, solo intuite.

Per seguire le sue riflessio-ni sono sufficienti le conoscen-ze di uno studente delle supe-riori. Ma il modo migliore peraffrontare la lettura del libro èquello di mettere da parte i no-stri ricordi scolastici, per sco-prire le meraviglie del mondomatematico lungo i percorsisuggeriti da Lolli. Si prenda,ad esempio, uno dei teoremiche ci propone di analizzare,molto semplice, la dimostra-zione dell’uguaglianza degliangoli alla base di un triangoloisoscele. Dimentichiamo la di-mostrazione meccanica che sitrova sulla maggior parte deitesti scolastici e seguiamo il

suo consiglio di «lasciar vaga-re la fantasia», inventando noiuna nostra personale dimo-strazione. Forse meno bella diquella di Euclide, ma solo cosìscopriremo che il procederedel ragionamento scientificosegue le stesse regole del rac-conto e della poesia: «Nessunoha il coraggio di dire agli stu-denti che la matematica è co-me le fiabe - scrive Lolli - per-ché non sembrerebbe serio,ma se si vuole entrare nel mon-do della matematica bisognaessere consapevoli che ci si de-ve atteggiare come nei con-

fronti delle fiabe, o dei miti».Il libro di Lolli presenta una

serie straordinaria di spunti eriflessioni, alla ricerca della ve-ra natura della matematica.Alla fine il matematico dovreb-be essere portato a chiedersiche cosa stia facendo, di checosa si occupi e lo stesso do-vrebbe fare l'insegnante di ma-tematica, cercando di capireche cosa stia insegnando e an-che lo studente dovrebbe chie-dersi che cosa stia studiando.Solo se riusciremo a liberarela nostra fantasia scopriremoche un teorema di Pitagora odi Euclide, di Hilbert o diGödel sono belli quanto unapoesia di Leopardi o un rac-conto di Calvino. E per questosarebbe necessario partiredalla scuola, con una rivoluzio-ne didattica copernicana, chemetta al centro lo studente enon un programma di formulee calcoletti, sovente inutili. Maqual è la scuola disposta a libe-rare la fantasia?

Tra Es freudianoe Super Ego marxista,l’anima doppiadi un maestro unico:avverso a se stesso

Sono Sanguineti,l’homo duplex

RACCONTI PER BIBLIOFILI

Mai fare fotocopie in biblioteca= «Ogni epoca ha l’inferno più adatto. Il nostro è unabiblioteca», dice un burocratico e civilissimo Caronte alnuovo venuto nei regni sotterranei. Dovendo preservare idiritti umani, la condanna eterna non consiste più infiamme, forconi e altre amene diavolerie, ma nell’obbligodi leggere, ciascuno chiuso nella propria cella, perl’eternità.Con l’avvertenza che può anche esserepiacevole. La trovata non è male: fa parte del racconto LaBiblioteca infernale, che insiemead altri cinque, tuttidedicati al tema dei libri e della lettura, compone Seibiblioteche, dello scrittore serbo Zoran Zivkovic (Tea, pp.

126, € 9). Di lui, sempre per Tea, avevamo già lettoL’ultimo libro, giallo maliziosamente bibliofilo che forsepeccavadi qualche vaghezza, soprattuttonel finale. Ancheper questa raccolta di novelle, peraltro cucite insieme daun filo narrativo comunee piuttosto resistente, si potrebbefare la stessa osservazione. Zivkovic è abilissimo (esornione) nel costruire intorno al tema del libroaffascinantimacchine simboliche, meno felice quandositratta di chiuderne narrativamente il senso o le ambiguità.Le sue trame, che rievocano atmosfere borgesiane e nonsolo (di sicuro non mancanonel Pantheon dell’autore iprecursori del genere, da Charles Nodier a Anatole France),restano fatalmente un po’ sospese, le immagini e i simboliconservanoun che di arbitrario. Ciò non toglie che Sei

biblioteche sia una lettura godibilissima, che declina inaltrettante forme compositive i rovelli e le ossessionideibibliofili: dalla biblioteca che si accumulaper forza propriafino a invadere la casa a quella «notturna»dove, fra l’orariodi chiusura e riapertura, volumi misteriosi e bibliotecarimisteriosissimi rovesciano metafisicamente nel suo doppioil mondo reale. Il racconto più felice è forse quellO dedicatoalla Biblioteca minima: la tenace convinzione dello scrittoreche i libri esistano prima ancora di essere scritti, e sia soloquestione di attendere che si manifestino, trova qui il suoemblema in un volumetto impossibile da fotocopiare: ognivolta che lo si apre schiude dalle pagine un nuovo, inattesoromanzo. A scanso di equivoci, non si tratta del Kindle. Mario Baudino

NELL’AMERICADELLA CACCIA ALLE STREGHE

Fumetti all’indice= No, non furono gli ancheggiamenti ammiccanti di Elvis«The Pelvis» Presley a proporsi per primi di sovvertire la moralenei ragazzi. No, non fu il Rock around the Clock di Chuck Berrya iniziare a dar fuoco alla miccia della rivolta giovanile.A quanti ritengono che a creare lo iato generazionale deldopoguerra sia stato il rock’n’roll, è dedicato l’aguzzoMaledetti fumetti! di David Hajdu (Tunué, pp.454, € 22).Docente di giornalismo alla Columbia University, l’autore haricostruito con accuratezza il clima isterico, furibondo,repressivo condiviso da autorità e varie associazioni di massadegli States nei confronti dei fumetti. Imperversante la guerra

fredda, col maccartismo alle porte, il fenomeno dei giornalettiera già divenuto un eccellente affare: all’epoca, infatti, i comicbook vendevano negli Usa tra gli 80 e i 100 milioni di copie,per un giro d’affari stimabile in 72 milioni di dollari d’allora.Per nulla stupisce, perciò, scoprire che una commissione sulcrimine organizzato s’occupasse, oltre che di mafia, d’istruireun’indagine «sull’effetto dei fumetti polizieschi ed’avventura»; e che lo psichiatra Federic Wertham - sullascorta d’un lungo articolo, «Orrore al nido d’infanzia»,apparso nel marzo del ‘48 sull’ebdomadario popolare Collier -dichiarasse: «Abbiamo rilevato che la lettura degli albi afumetti è determinante nel caso di ogni singolo bambinodelinquente o disturbato da noi studiato». Analogamente aquanto accadde per la cosiddetta caccia alle streghe a

Hollywood, molti disegnatori e scrittori di quel periodo - chequi rendono testimonianza, in illuminanti interviste - nonpoterono più lavorare. Si arrivò, addirittura, a far roghi degli«albi del crimine»: ma il furore cieco, lo zelo puritano di tantiinquisitori d’accatto chiarì, per paradosso, ancora meglio itermini della questione. Quel che si colpiva, facendo mostrad’accanirsi su dei libretti di vignette, era solo l’anarchiaestetica della quale si facevano vessilliferi. Per natura volatile,al pari delle nuvolette che ne racchiudevano le battute, ilfumetto (con rare eccezioni, si veda il reazionario LittleOrphan Annie), arte popolare per intima essenza, fustrumento di controcultura: quanto bastò ad aizzare i demonidi società ossesse, in costante caccia d’un nemico. Francesco Troiano

pp Gabriele Lollip DISCORSO SULLA MATEMATICA

Una rilettura delle «Lezioniamericane» di Italo Calvinop Bollati Boringhieri, pp. 256, € 18

pp Edoardo Sanguinetip VARIE ED EVENTUALI

Poesie 1995-2010p Feltrinelli, pp. 166, € 18

Dall’enciclopedia«Conoscere»ai «Maestri del colore»:rivoluzione graficae chiarezza divulgativa

Una macchina aziendaledal marketing in edicolaal «porta a porta»,una capillare operadi formazione nazionale

Leggerezza, rapidità,esattezza, visibilità,molteplicità e coerenza:sei parole per definireil mondo dei numeri

pp Edoardo Sanguinetip CULTURA E REALTÀp a cura di Erminio Rissop Feltrinelli, pp. 350, € 28

Autoritratto Il critico e il poeta, come un Arcimboldofra classici e contemporanei, letteratura, arte e politica

Da sinistra, Dino, Giovanni e Rino i tre fratelli Fabbri, in una foto Anni Cinquanta. Qui sotto treesempi delle loro opere a dispense: Conoscere, L’enciclopedia della donna, I maestri del colore

Italo Calvinoin una foto di

Monge.«Le sueLezioni

americane -scrive Gabriele

Lolli - sonoun racconto

che trasmettealla

matematicatutta

la bellezza eil fascino della

letteratura».

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Gabriele Lolli proponeun affascinanteviaggio fra problemie teoremi, affrontaticome fiabe o miti

EdoardoSanguineti.

Al poeta èdedicato un

volumedi ricordi

in uscita dalleedizioni Joker

di Novi Ligure,a cura di

Tania Lorandie Sandro

Montalto, contesti, tra gli

altri, di Eco,Balestrini,De Mauro,

Vattimo

Due raccolte postume:i saggi di «Culturae realtà» e quindicianni di poesie«Varie ed eventuali»

pp LA FABBRIDEI FRATELLI FABBRIp a cura di Carlo Carotti

e Giacinto Andrianip Franco Angeli, pp.488, € 40

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

Page 7: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

L’ILLUSTRATORE MARAJAÈforseLibicoMaraja (quisopra),1912-1983,unticinesepittore,scenografoecartoonist (dellungometraggioLa rosadiBagdad,1941), lapiùcelebredelle«matite»geniali reclutatedallaFabbri. Tra i suoi« illustrati»dimaggiorsuccesso ilCantodiNatalediDickense ilPinocchio(per info: libicomaraja.it). Tra inumerosialtri,GiuseppeBartoli,AlessandroBiffignardi,GuidoDeMaria,Ergan,Pikka,Sani.

ANDREACORTELLESSA

All'orlo postremo de-gli Anni Zero sono usciti duelibri di Edoardo Sanguineti:puntuali all'ottantesimo com-pleanno del 9 dicembre. All'appuntamento, però, mancòSanguineti. Al maestro avver-so una volta aveva fatto il ver-so - con parole che suonano,oggi, nere d'ironia: «Montale,gli ottant’anni ti minaccia-no…». Opere postume dun-que, o semi-tali (se è vero - co-me testimoniano Niva Loren-zini ed Erminio Risso, compa-gni di strada fedeli - che i ri-spettivi sommari sono d'auto-re): a rendere letterale unatensione che aveva almenotrent’anni (già le Postkartendel ’78 erano definite dall’au-tore «carte come postumi»).

In copertina a Cultura e re-altà figura un doppio ritrattodi Sanguineti. Il volto è lo stes-so ma cambiano la scala, il ver-so dello sguardo: allegoria per-fetta di quest’homo duplex perantonomasia. Duplex, proprio,s'intitola un sonetto del 2004:«in me vedi il non es di un eslinfatico: / tutto azzerato, inesi-sto in eccesso:». I tanti destina-

tari delle sue postkarten bensanno quanto si compiacessedella sigla «ES»: come se unagrammatica del profondo cosìesibita non stesse a significaresoprattutto il suo contrario,col totem del Super-Ego a so-vrastare ogni slancio d'affettie libido (eloquenti, e in certomodo terribili, i famigliari So-netti verdi sempre del 2004).

Ed è forse questo doppio le-game - presente in ogni scritto-re post-freudiano, certo, ma inlui acuto sino al parossismo - aspiegare l'anima doppia di que-sto maestro fra tutti unico:perché avverso, dunque, so-prattutto a se stesso.

In apertura a Cultura e re-altà, silloge critica d'intelligen-za come sempre schiacciantee per ricchezza frastornante(nello sfaccettare le mille tin-te di questo sfrenato Arcim-boldo: dalla tragedia classicaalla poesia medievale - pene-trantissime le pagine su Pe-trarca stese dal più dantescodei poeti -, dal Leopardi «rea-zionario» al Carducci «giaco-bino»; da Molière a Petrolini,da Cechov ad Ascanio Celesti-ni; con cento pagine sull’arte,tutt’altro che da amateur, talida esigere un discorso a par-te), figurano quindici paginedel 2006 dal titolo «Come si di-venta materialisti storici?». Incinque di esse si legge forsel'unica «vera» autobiografiadi quest’ «io» onniloquente(ma dall'interessato per tem-po definito «la migliore perso-na dello schermo»).

Il Super-Ego marxista in-terviene dunque a irregimen-

tare una personalità perfetta-mente irrazionalista, cresciutaa Kierkegaard, Nietzsche e Hei-degger. Un retroterra «anarchi-co», non solo in senso politico,che in effetti non verrà mai me-no. Lui stesso ricorda la clauso-la famosa d'una sua poesia del

’76 - «vi lascio cinque parole, eaddio: non ho creduto in nien-te:» - che destava legittime pro-teste: «Ma come, ma propriotu? Uomo dell’ideologia e lin-guaggio, tu che sei ostinato, te-nace, testone?». Anziché cozza-re irriducibile con l'ideologia ab-

bracciata, per lui quel nucleo ne-ro (o meglio, vuoto: angosciosoabisso interiore che ben spiegala passione per il «mal di vuoto»di Landolfi, qui testimoniata daun formidabile saggio del ’63) visi sposava a perfezione: «il mate-rialismo storico […]costituiscel'abolizione di qualunque tipo difideismo, di riposo in una veritàposseduta». Capolavori delladialettica (e dell’ideologia, cer-to: «tutto quello che si può fare ècrearsi una falsa coscienza, secosì posso dire, che sia meno fal-sa di un’altra»).

Non si farà torto, tuttavia, al-l’ostinato (neo)storicismo che fudi Sanguineti col proporre que-sta duplicità come solo costituti-va. Essa risponde bene, altresì,a un declinare storico che ha unpunto di svolta, davvero, a caval-lo fra Anni Settanta e Ottanta.Se in una delle pagine cronologi-camente più alte, quella miraco-losa su Pound del ’54, vieneavanzata un'interpretazione del-l’imagery apocalittica, e di quel-lo che verrà definito «esauri-mento storico», in chiave di (esi-stenzialistica, prima che rivolu-zionaria) palingenesi e «germi-nazione» (da cui, per esempio, lostilema-insegna dei due punti inclausola), in quelle del 2007 all'insegna di un «terrorismo postu-mano ormai generalizzato» (do-

ve «anche lo sterminio sarà unospettacolo noioso») manca or-mai ogni tentazione di riscatto.

Politica a parte, a un certopunto viene meno in Sanguinetiogni desiderio di nuova lettera-tura, ossia di una letteraturache si possa proporre come nuo-va (è detto nel ’97 citando paro-le, di dieci anni prima, di EnricoFilippini). Il che non significa pe-rò - come lui stesso ci ha inse-gnato, proprio riguardo a Lan-dolfi - che il Sanguineti tardo e«come postumo» sia un Sangui-neti minore o minimo.

Certo impressiona l'incipitdi Varie ed eventuali: versi risa-lenti addirittura al 1949, daun’Invenzione di Don Chisciotteche proprio Tuttolibri anticipònel 2006. Già qui il protagonistaha «poco da dire, nulla anzi, nul-la da dire:». E nella memoria re-sta abbacinante l’immagine inclausola: «e bandiere continua-no / a torcersi altissime: e con-fondono i colori:».

Addio ES: ci mancheran-no, i tuoi colori. Contorti sì,ma altissimi.

GIORGIOBOATTI

Sull'incontro, nel no-stro Paese, tra una precisagenerazione e i libri illustratie le dispense a colori poco si èdetto. Forse il fatto che prota-gonista di questo incontro siastata la generazione di Caro-sello ha sovrapposto ricordi esfumato connotazioni. A rin-frescare opportunamente lamemoria provvede il docu-mentatissimo libro che dueesperti di storia e di archivi-stica editoriale, Carlo Carottie Giacinto Andriani, hannodedicato, nella bella collanadi «Storia dell'editoria» diFranco Angeli, a «La Fabbridei Fratelli Fabbri».

In concreto il volume elen-ca il puntiglioso e vastissimocatalogo della produzione del-la Fabbri sino a quando, nel1973, i fratelli Fabbri cedonoil controllo all'Ifil di GiovanniAgnelli. Una produzione rias-sunta in 2700 schede biblio-grafiche che tirano le fila di

93 collane con centinaia di ti-toli e 89 opere a dispense, trale quali Conoscere e i Maestridel colore, tradotte in decinedi lingue e distribuite in tuttoil mondo, dove hanno vendu-to complessivamente centi-naia di milioni di fascicoli.

Realizzazioni editorialiche promuovono, al tempostesso - con le grandi opere adispense dedicate alla pittu-ra, alla scultura, alla musica -la tradizione artistica dell'Ita-lia e la sua vocazione creativasenza disgiungerle, però, dall'accuratezza produttiva rag-giunta in quegli anni dall'in-dustria editoriale del nostroPaese. Un prestigio che vieneallora riconosciuto in ognicontinente: emblematica è lascelta, da parte degli editorigiapponesi dei Maestri del co-lore, una volta constatatal'impossibilità di raggiunge-re la qualità di stampa offer-ta dagli italiani, di far impri-mere alla Fabbri le riprodu-zioni delle opere d'arte equindi di spedire a Tokyo i fo-gli su cui viene inserito, in ne-ro, il testo giapponese.

Nell'introduzione al volu-me - dove compaiono anchele dirette testimonianze diGiovanni e Rino Fabbri, arte-fici col fratello Dino di un suc-cesso editoriale che costitui-sce un case history unico nellevicende del boom italiano - sispiega anche perché la gene-razione di Carosello sia statala beneficiaria della «rivolu-zione del colore» avviata daiFabbri.

Quando, a partire dallametà degli Anni Cinquanta, ibaby-boomers italiani appro-dano ai banchi di scuola, sitrovano tra le mani libri di let-tura e sussidiari che i loro fra-telli maggiori, e ancora di piùi loro genitori, non avrebberomai sognato potessero esiste-re. Si tratta di volumi assaicurati, dai testi piani e sem-

plici, ben lontani dalla retoricache infarciva i testi editi dallaLibreria di Stato e imposti intutte le classi del Regno percompletare la fascistizzazionedella scuola e della gioventùitaliana. Il Testo unico di lettu-ra imposto a partire dal 1929era assai poco attraente, nonsolo per come veniva scrittoma, anche, per la spartana rea-lizzazione. Quelli della Libre-ria di Stato erano libri rigoro-samente in bianco e nero, tran-ne che per le copertine, e con il-lustrazioni stantie, incapaci didialogare con i giovani lettori.Tutto il contrario delle realiz-zazioni editoriali con cui la Fra-

telli Fabbri Editori, nella se-conda metà degli anni Cin-quanta, si conquista rapida-mente oltre un terzo di tutta la«scolastica» italiana. Ci riesceproponendo libri di lettura,sussidiari e collane di narrati-va e di divulgazione per bambi-ni e ragazzi dove l'ottima curaredazionale, la stampa a colo-ri, la sapiente grafica, i disegnidi illustratori destinati a diven-tare notissimi (tra questi il tici-nese Libico Maraja) catturanol'attenzione su ogni pagina.

Protagonisti in Italia della«rivoluzione del colore» nei li-bri scolastici sono Giovanni,Dino e Rino Fabbri che, sin

dall'immediato dopoguerra,prima come ESI (EdizioniStampe Internazionali), poicome Fratelli Fabbri Editori,si sono imposti come protago-nisti assoluti di un'innovazio-ne che avrà un peso non indif-ferente nella modernizzazio-ne della società italiana allorain corso.

Sono loro i primi a introdur-re, grazie ad un impianto off-set fatto acquistare in Germa-nia allo stampatore milanesePizzi, i colori nella scolastica.Ma questo è solo l'inizio. Proce-dono innovando i contenutigrazie alla creazione di collau-date redazioni e attivando un

marketing mai sperimentatonel mondo librario italiano.

I tre fratelli - assai diversicome attitudini e vocazioni cul-turali - lasceranno così, sino al-la fine, un segno importantenell'editoria italiana. Il primo-genito, Giovanni, è laureato inmedicina. Ha l'ossessione delrigore, una solida visione cultu-rale ed è l'uomo delle vastestrategie. E' lui che nel 1954propone addirittura al mini-stro dell'istruzione Ermini dirimpiazzare i libri di testo tra-dizionali con più agili dispenseda rifornire, settimana doposettimana, agli alunni, così dastimolarne la curiosità. Il mini-stro dirà di no ma da lì, soste-nuta da una cura assoluta nelformare redazioni stabili - ca-paci di far crescere un'ottima

rete di giovani e brillanti colla-boratori operanti in ogni setto-re (e negli elenchi riportati inindice da Carotti e Andrianinon sono pochi i nomi di quellidestinati a diventare famosi) -nascerà Conoscere.

E' la prima enciclopediache va incontro agli italiani delboom. E' divulgativa ma nienteaffatto banale. Offre illustrazio-ni curatissime affidate, comegià per i testi di divulgazione, aun pool di artisti e grafici sele-zionati da Dino, assai sensibileal lato creativo e artistico dell'attività del gruppo editoriale. I192 fascicoli da 16 pagine cia-scuno che alla fine comporran-no i venti volumi complessividi Conoscere - 16 di Enciclope-dia e 4 di Dizionario Enciclope-dico - inizialmente sono distri-buiti in edicola e accompagnatida una campagna pubblicita-ria che non ha precedenti e chesi avvale anche degli spot diCarosello.

Rino, il più giovane dei fra-telli, nel frattempo ha messo apunto quella innovativa mac-china da guerra commerciale edistributiva costituita dalla re-te dei 90 concessionari e deipromotori che, servendosi an-che di pulmini dislocati davan-ti a fabbriche e stazioni, nei pa-esi e sulle piazze delle città,portano la vendita porta a por-ta della Fabbri in ogni angolodella penisola.

La risposta degli italiani all'arrivo in edicola dell'enciclope-dia è entusiasmante. Diventaper molte famiglie, e ragazzi,un appuntamento settimanaleirrinunciabile. Poi arriverannoaltre opere formidabili: tra tut-te, da citare, I Maestri del Colo-re, 286 fascicoli costruiti su unimmenso lavoro di inquadra-mento e di documentazione fo-tografica condotto dai collabo-ratori della Fratelli Fabbri Edi-tore nelle pinacoteche di tuttoil mondo.

Il tempo è ormai maturoperché i libri incontrino gli ita-liani anche fuori dalle librerie.I primi a sbarcare in edicola,nella primavera del 1965, sonogli Oscar Mondadori a 350 lire.Ma questa, si sa, è tutta un'al-tra storia.

Scienza e fantasia Una logicarilettura delle «Lezioni americane»

L’Italia a dispensedei fratelli Fabbri

La matematicaè poesiagrazie a Calvino

UNA RACCOLTA DI RICORDI, CON GLI ANAGRAMMI DI ECO

Edoardo, che bel temperamentoOltre alle due novità postume l’editore storico di Sanguineti, Feltrinelli,ha colmato un’annosa lacuna riprendendo nell’Universale Economica ledue grandi «raccolte di raccolte» che - con l’aggiunta, ora, di Varie edeventuali - contengono l’intero corpus poetico dell’autore: il da tempointrovabile Segnalibro. Poesie 1951-1981 (pp. 438, € 15) e il piùrecente Gatto lupesco. Poesie 1982-2001 (pp. 467, € 15).Un bel volume di tombeaux e ricordi curato da Tania Lorandi e SandroMontalto è in uscita per le edizioni Joker di Novi Ligure col titoloTemperamento Sanguineti. L’impronta principale è data dai membridell’Oplepo, diramazione italiana dello storico OuLiPo francese (dellaquale ES è stato presidente a partire dal 1998; e dal 2001 SatrapoTrascendentale di Parigi); ma vi si leggono anche pagine, fra gli altri, diNanni Balestrini, Umberto Eco (con un omaggio anagrammatico), TullioDe Mauro, Niva Lorenzini, Gianni Vattimo (e un sonetto del figliomaggiore, Federico, scritto la sera della morte del padre il 18 maggioscorso). Vi è inoltre allegato un dvd contenente interventi del poeta incollaborazione con suoi storici complici come Andrea Liberovici e MarcoNereo Rotelli.Per il maggio 2011 - dopo le installazioni che lo scorso dicembre hannoilluminato coi suoi versi le strade di Genova - la città natale annuncia ungrande convegno che coinvolgerà anche le due altre sedi universitarienelle quali Sanguineti ha insegnato, Torino e Salerno; ma anchel'Università di Bologna e l’Atelier Autogestito ESC di Roma prevedonoulteriori giornate in suo ricordo. Saranno l’occasione, questi incontri,anche per vedere il documentario Postkarten. Cartoline per EdoardoSanguineti, prodotto da RAI Educational e realizzato da Uliano PaolozziBalestrini e Sara Ventroni. [A. C.]

Storia e catalogo La casa editrice che portò la cultura in edicolaper la «generazione Carosello», rinnovando libri di scuola e didattica

FEDERICOPEIRETTI

Nell’estate del 1985Calvino stava preparandouna serie di lezioni che avreb-be dovuto tenere all'Univer-sità di Harvard. Sei lezioniper mettere in evidenza «al-cuni valori della letteratura -scriveva Calvino - che mistanno particolarmente acuore, cercando di situarlenella prospettiva del nuovomillennio». Scelse per que-sto sei parole, ognuna dellequali, secondo lui, evidenzia-va un carattere essenzialedella letteratura: leggerezza,rapidità, esattezza, visibilità,molteplicità e coerenza. Sta-va terminando il suo lavoro,quando improvvisamentemorì, il 19 settembre 1985, al-l’età di 62 anni, e la sesta pa-rola rimase incompiuta.

Le sue Lezioni americanesono la testimonianza di unodei più grandi scrittori delNovecento sull’essenza dellavoro dello scrittore. Calvi-no vuole dimostrare che ma-tematica e poesia hanno pra-ticamente la stessa struttu-ra. «L'atteggiamento scienti-fico e quello poetico coincido-

no - scrive - entrambi sono at-teggiamenti insieme di ricer-ca e di progettazione, di sco-perta e di invenzione».

Gabriele Lolli, docente diFilosofia matematica allaNormale di Pisa, logico eccel-lente, nel suo nuovo libro, Di-scorso sulla matematica, par-te dalle Lezioni di Calvino perproporre un percorso inver-so: dalla letteratura alla ma-tematica. Questo per dimo-strare che l'analisi di Calvi-no, sui fondamenti della lette-ratura, ben si adatta all'anali-si del pensiero matematico.«Le Lezioni sono un raccontofilosofico sulla matematica -osserva Lolli - un raccontoche, grazie alla raffinatezzadi Calvino, trasmette alla ma-tematica tutta la bellezza e ilfascino della letteratura».

E Lolli parte proprio dal-le sei parole scelte da Calvi-no: «Vogliamo parlare dellamatematica - afferma - usan-do le stesse parole che Calvi-no ha rivolto alla letteratu-ra». E questo per convince-re il lettore che la matemati-ca è poesia. Un lettore nonprevenuto naturalmente,che non abbia avuto con lamatematica soltanto un rap-porto scolastico conflittuale.A facilitare il compito di Lol-li c'è sicuramente l'interesseper la scienza e in particola-re proprio per la matemati-ca di Calvino, la sua amiciziacon Primo Levi e la sua ade-sione, negli Anni Sessanta,quando si trasferì a Parigi,al gruppo dell’Oulipo, fonda-to da alcuni scrittori e mate-

matici francesi, che persegui-vano l'obiettivo di una scrittu-ra che fosse «immaginazionescientifica, linguaggio logico estruttura matematica». E’ ori-ginale e seducente il lavoro diLolli: «Convivono nella mate-matica - scrive - il fascino del-l’esattezza scientifica e dell’in-finita indeterminatezza delmondo dell’anima». Un bel te-orema, Lolli ne è convinto, halo stesso valore e la stessa at-trazione di una pagina di ungrande scrittore, con una par-te indefinita, aperta versonuovi mondi, verso nuove di-mostrazioni, solo intuite.

Per seguire le sue riflessio-ni sono sufficienti le conoscen-ze di uno studente delle supe-riori. Ma il modo migliore peraffrontare la lettura del libro èquello di mettere da parte i no-stri ricordi scolastici, per sco-prire le meraviglie del mondomatematico lungo i percorsisuggeriti da Lolli. Si prenda,ad esempio, uno dei teoremiche ci propone di analizzare,molto semplice, la dimostra-zione dell’uguaglianza degliangoli alla base di un triangoloisoscele. Dimentichiamo la di-mostrazione meccanica che sitrova sulla maggior parte deitesti scolastici e seguiamo il

suo consiglio di «lasciar vaga-re la fantasia», inventando noiuna nostra personale dimo-strazione. Forse meno bella diquella di Euclide, ma solo cosìscopriremo che il procederedel ragionamento scientificosegue le stesse regole del rac-conto e della poesia: «Nessunoha il coraggio di dire agli stu-denti che la matematica è co-me le fiabe - scrive Lolli - per-ché non sembrerebbe serio,ma se si vuole entrare nel mon-do della matematica bisognaessere consapevoli che ci si de-ve atteggiare come nei con-

fronti delle fiabe, o dei miti».Il libro di Lolli presenta una

serie straordinaria di spunti eriflessioni, alla ricerca della ve-ra natura della matematica.Alla fine il matematico dovreb-be essere portato a chiedersiche cosa stia facendo, di checosa si occupi e lo stesso do-vrebbe fare l'insegnante di ma-tematica, cercando di capireche cosa stia insegnando e an-che lo studente dovrebbe chie-dersi che cosa stia studiando.Solo se riusciremo a liberarela nostra fantasia scopriremoche un teorema di Pitagora odi Euclide, di Hilbert o diGödel sono belli quanto unapoesia di Leopardi o un rac-conto di Calvino. E per questosarebbe necessario partiredalla scuola, con una rivoluzio-ne didattica copernicana, chemetta al centro lo studente enon un programma di formulee calcoletti, sovente inutili. Maqual è la scuola disposta a libe-rare la fantasia?

Tra Es freudianoe Super Ego marxista,l’anima doppiadi un maestro unico:avverso a se stesso

Sono Sanguineti,l’homo duplex

RACCONTI PER BIBLIOFILI

Mai fare fotocopie in biblioteca= «Ogni epoca ha l’inferno più adatto. Il nostro è unabiblioteca», dice un burocratico e civilissimo Caronte alnuovo venuto nei regni sotterranei. Dovendo preservare idiritti umani, la condanna eterna non consiste più infiamme, forconi e altre amene diavolerie, ma nell’obbligodi leggere, ciascuno chiuso nella propria cella, perl’eternità.Con l’avvertenza che può anche esserepiacevole. La trovata non è male: fa parte del racconto LaBiblioteca infernale, che insiemead altri cinque, tuttidedicati al tema dei libri e della lettura, compone Seibiblioteche, dello scrittore serbo Zoran Zivkovic (Tea, pp.

126, € 9). Di lui, sempre per Tea, avevamo già lettoL’ultimo libro, giallo maliziosamente bibliofilo che forsepeccavadi qualche vaghezza, soprattuttonel finale. Ancheper questa raccolta di novelle, peraltro cucite insieme daun filo narrativo comunee piuttosto resistente, si potrebbefare la stessa osservazione. Zivkovic è abilissimo (esornione) nel costruire intorno al tema del libroaffascinantimacchine simboliche, meno felice quandositratta di chiuderne narrativamente il senso o le ambiguità.Le sue trame, che rievocano atmosfere borgesiane e nonsolo (di sicuro non mancanonel Pantheon dell’autore iprecursori del genere, da Charles Nodier a Anatole France),restano fatalmente un po’ sospese, le immagini e i simboliconservanoun che di arbitrario. Ciò non toglie che Sei

biblioteche sia una lettura godibilissima, che declina inaltrettante forme compositive i rovelli e le ossessionideibibliofili: dalla biblioteca che si accumulaper forza propriafino a invadere la casa a quella «notturna»dove, fra l’orariodi chiusura e riapertura, volumi misteriosi e bibliotecarimisteriosissimi rovesciano metafisicamente nel suo doppioil mondo reale. Il racconto più felice è forse quellO dedicatoalla Biblioteca minima: la tenace convinzione dello scrittoreche i libri esistano prima ancora di essere scritti, e sia soloquestione di attendere che si manifestino, trova qui il suoemblema in un volumetto impossibile da fotocopiare: ognivolta che lo si apre schiude dalle pagine un nuovo, inattesoromanzo. A scanso di equivoci, non si tratta del Kindle. Mario Baudino

NELL’AMERICADELLA CACCIA ALLE STREGHE

Fumetti all’indice= No, non furono gli ancheggiamenti ammiccanti di Elvis«The Pelvis» Presley a proporsi per primi di sovvertire la moralenei ragazzi. No, non fu il Rock around the Clock di Chuck Berrya iniziare a dar fuoco alla miccia della rivolta giovanile.A quanti ritengono che a creare lo iato generazionale deldopoguerra sia stato il rock’n’roll, è dedicato l’aguzzoMaledetti fumetti! di David Hajdu (Tunué, pp.454, € 22).Docente di giornalismo alla Columbia University, l’autore haricostruito con accuratezza il clima isterico, furibondo,repressivo condiviso da autorità e varie associazioni di massadegli States nei confronti dei fumetti. Imperversante la guerra

fredda, col maccartismo alle porte, il fenomeno dei giornalettiera già divenuto un eccellente affare: all’epoca, infatti, i comicbook vendevano negli Usa tra gli 80 e i 100 milioni di copie,per un giro d’affari stimabile in 72 milioni di dollari d’allora.Per nulla stupisce, perciò, scoprire che una commissione sulcrimine organizzato s’occupasse, oltre che di mafia, d’istruireun’indagine «sull’effetto dei fumetti polizieschi ed’avventura»; e che lo psichiatra Federic Wertham - sullascorta d’un lungo articolo, «Orrore al nido d’infanzia»,apparso nel marzo del ‘48 sull’ebdomadario popolare Collier -dichiarasse: «Abbiamo rilevato che la lettura degli albi afumetti è determinante nel caso di ogni singolo bambinodelinquente o disturbato da noi studiato». Analogamente aquanto accadde per la cosiddetta caccia alle streghe a

Hollywood, molti disegnatori e scrittori di quel periodo - chequi rendono testimonianza, in illuminanti interviste - nonpoterono più lavorare. Si arrivò, addirittura, a far roghi degli«albi del crimine»: ma il furore cieco, lo zelo puritano di tantiinquisitori d’accatto chiarì, per paradosso, ancora meglio itermini della questione. Quel che si colpiva, facendo mostrad’accanirsi su dei libretti di vignette, era solo l’anarchiaestetica della quale si facevano vessilliferi. Per natura volatile,al pari delle nuvolette che ne racchiudevano le battute, ilfumetto (con rare eccezioni, si veda il reazionario LittleOrphan Annie), arte popolare per intima essenza, fustrumento di controcultura: quanto bastò ad aizzare i demonidi società ossesse, in costante caccia d’un nemico. Francesco Troiano

pp Gabriele Lollip DISCORSO SULLA MATEMATICA

Una rilettura delle «Lezioniamericane» di Italo Calvinop Bollati Boringhieri, pp. 256, € 18

pp Edoardo Sanguinetip VARIE ED EVENTUALI

Poesie 1995-2010p Feltrinelli, pp. 166, € 18

Dall’enciclopedia«Conoscere»ai «Maestri del colore»:rivoluzione graficae chiarezza divulgativa

Una macchina aziendaledal marketing in edicolaal «porta a porta»,una capillare operadi formazione nazionale

Leggerezza, rapidità,esattezza, visibilità,molteplicità e coerenza:sei parole per definireil mondo dei numeri

pp Edoardo Sanguinetip CULTURA E REALTÀp a cura di Erminio Rissop Feltrinelli, pp. 350, € 28

Autoritratto Il critico e il poeta, come un Arcimboldofra classici e contemporanei, letteratura, arte e politica

Da sinistra, Dino, Giovanni e Rino i tre fratelli Fabbri, in una foto Anni Cinquanta. Qui sotto treesempi delle loro opere a dispense: Conoscere, L’enciclopedia della donna, I maestri del colore

Italo Calvinoin una foto di

Monge.«Le sueLezioni

americane -scrive Gabriele

Lolli - sonoun racconto

che trasmettealla

matematicatutta

la bellezza eil fascino della

letteratura».

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Gabriele Lolli proponeun affascinanteviaggio fra problemie teoremi, affrontaticome fiabe o miti

EdoardoSanguineti.

Al poeta èdedicato un

volumedi ricordi

in uscita dalleedizioni Joker

di Novi Ligure,a cura di

Tania Lorandie Sandro

Montalto, contesti, tra gli

altri, di Eco,Balestrini,De Mauro,

Vattimo

Due raccolte postume:i saggi di «Culturae realtà» e quindicianni di poesie«Varie ed eventuali»

pp LA FABBRIDEI FRATELLI FABBRIp a cura di Carlo Carotti

e Giacinto Andrianip Franco Angeli, pp.488, € 40

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

Page 8: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

GIANFRANCOMARRONE

Cuorcontento, dice ildizionario, è chi si acconten-ta del poco che può avere, eperciò non s’affanna a cercaraltro. Da cui la serie di pro-verbi che lo riguardano:Cuorcontento gran talento,Cuorcontento il ciel l’aiuta,Cuorcontento non sente sten-to... Personaggio strano, co-stui: ambivalente, ambiguo,per certi versi pericoloso. Dauna parte è indice di saggez-za, di chi ha capito che nonc’è nulla a cui aspirare oltrela contingenza quotidiana.Dall’altra è supremo simbolodi stupidità, di rinuncia aprio-ristica alla conoscenza, diun’esistenza gioiosa perchécieca. Come dire che il risoabbonda nella bocca deglisciocchi, eppure passiamotutta la vita a cercare di stareallegri.

Sembra d’essere al bardello sport o al circolo dei ci-vili, mentre invece si tratta diuna questione terribilmenteimportante, su cui pressochél’intera riflessione filosoficaoccidentale, ma anche molteculture tradizionali e i loro ri-tuali tipici, si sono a lungo in-terrogati. Al punto da contri-buire alla caratterizzazionedella specie umana come ta-le. Lo sottolinea con forza Pa-olo Virno, fra i pensatori piùinteressanti sulla scena intel-lettuale italiana e non, chenel suo ultimo libro E così via,all'infinito riflette sugli innu-merevoli rivoli teorici di quel-lo che potremo chiamare l’ec-cetera istituzionalizzato.

Per Virno la figura delcuorcontento è il demonio, ri-pudiato ma comunque fasci-

noso, nemico da battere ben-ché profondamente rispettato.Si tratta di qualcuno che, perprincipio, non pensa, di fattorinnegando uno dei tratti ca-ratteristici della natura uma-na, che è quella di saper rinvia-re, di riuscire sempre a trova-re un altro gradino oltre quelloin cui si è, di procedere (o re-gredire, che è lo stesso) all’infi-nito. L’uomo è ciò che mangiao colui che parla, a seconda deipunti di vista, ma è anche e so-prattutto, per Virno, qualcunoche ha la capacità di andarsempre oltre, di dire e ribadirela forza dell’eccetera.

A patto però, ed è questo ilpunto cruciale, di non fare co-me quei bambini che ci chiedo-no la ragione di una cosa, e poila ragione della ragione, e poiancora la ragione della ragionedella ragione, finché non riu-sciamo a distrarli con un pupaz-zo o un cartone in tv. Tipico del-l’animale uomo è - o dovrebbeessere - il saper interrompere ilregresso all’infinito, il saper di-re «e adesso basta», creandoabitudini di pensiero, forme divita, rituali, fondamenti filosofi-ci, verità ultime a cui credere si-no a un certo punto. Sapendocioè che si tratta di compromes-

si, che ci si trova di fronte a so-spensioni artificiali di un’inter-rogazione altrimenti senza fi-ne: la quale, se reiterata, ci fa-rebbe sprofondare nell’abissodell’insensatezza.

Per questo, avversario delcuorcontento è il tipo disincan-tato. Come il primo crede allasuperficie delle cose, confidan-do che il mondo stia proprio inquel modo là, il secondo sa chesi tratta di finzioni, di compro-messi, di puri schermi che malnascondono il baratro. E dun-que tende a negarne qualsiasivalore. I due pertanto, cuor-contento e disincantato, sonofigure complementari, l’una ilrovescio dell’altra: entrambe,ribadisce Virno, da combatte-re, perché fautrici di soluzioniinevitabilmente provvisorie,

monche, unilaterali.La natura umana, quale si

estrinseca e si costituisce nellevarie culture, non è altro cheuna serie di tecniche di interru-zione, più o meno efficaci, più omeno sapienti e, soprattutto,più o meno consapevoli di sé.Una cosa è proporre, come han-no sempre fatto i filosofi, un fon-damento profondo o trascen-dente di tutte le cose, una real-tà prima a cui ricondurre tuttoil resto. Tutt’altra cosa è dimen-ticare che questo fondamento èl’esito di una sofisticata abilitàdi interruzione del regresso al-l’infinito, tanto necessariaquanto parziale, e perciò sem-pre rivedibile. La verità, dicevaNietzsche, non è che la solidifi-cazione di antiche metafore. Ba-sta esserne consapevoli e saper-ci giocare: ed esserne felici.

LELIODEMICHELIS

Si dice: è stato unoscatto d’ira; oppure: è acce-cato dall’ira. In realtà, l’iraha molte facce, molte grada-zioni. E’ ira contro se stessie contro gli altri. Nasce daun’offesa o dal sentirsi tradi-ti e ingannati. E’ l’ira fune-sta di Achille, che «infinitiaddusse/lutti agli Achei». E’l’ira di Dio, quando Mosètorna al suo popolo dopoavere ricevuto le Tavole del-la Legge e lo trova a danza-re attorno al Vitello d’oro, eil Signore gli dice: «Che lamia ira si infiammi contro diloro». E Mosè prima chiedeal Signore di desistere, poi èlui stesso a scatenare la suaira (politica, non divina) perricostruire la comunità e lasua dipendenza dal Signore:spezza le Tavole, distruggeil Vitello e invocando Dio di-ce ai figli di Levi: «Mettaognuno la sua spada al fian-co. Passate e ripassate per ilcampo, da porta a porta e

uccida ciascuno il suo fratel-lo, ciascuno il suo prossimoe ciascuno il suo parente».

All’ira dedica un librobellissimo - Ira. La passionefurente - il filosofo Remo Bo-dei, nel penultimo volumedella serie dedicata, per lacura di Carlo Galli, ai settevizi capitali. L’ira: una pas-sione alla quale, «fin dall’an-tichità si imputa la perditatemporanea dei beni piùpreziosi: il lume della ragio-ne e la capacità di autocon-trollo». Una «forma di ceci-

tà o di follia provvisoria». Pas-sione irrazionale, preda delladismisura, «dal sapore ama-ro»; ma con una sua logica:perché «a stravolgere non è ilsingolo episodio da cui traeimmediatamente origine, matutte le frustrazioni, le attesetradite, le speranze non rea-lizzate o mal pagate, le irrita-zioni accumulate che si con-densano, collassano ed esplo-dono simultaneamente per-ché, avendo raggiunto unamassa critica, si scaricanosul bersaglio più vicino».

Passione triste per Spino-za, l’ira può anche produrreun certo piacere (Aristotele).Bifronte, per l’Occidente: no-bile, se rivolta contro le ingiu-stizie; temuta, se implica per-dita di autonomia e di giudi-zio (generando diverse alter-native di senso e di ira). E’ unpeccato per i cristiani, giusti-ficato però se è a vantaggiodel prossimo (per GregorioMagno o i domenicani) e pra-

ticato dalla Chiesa e dai pon-tefici (e nella memoria ritro-viamo l’ira pubblica e minac-ciosa di Giovanni Paolo II, nel1983, su Ernesto Cardenal, te-ologo della liberazione emembro del governo sandini-sta). E l’ira - ancora di Dio edi Mosè, e dei rivoluzionari edegli uomini di potere - di chi«si sente tradito nella suamissione». E gli ebrei (ma in

realtà la pratica è molto co-mune) che cercano di dirotta-re altrove l’ira di Dio (oggidell’opinione pubblica, o del-la comunità): «Riversa la tuaira sulle genti che non ti rico-noscono». Diceva invece Ge-sù: beati i miti, ma anch’eglisi adirò contro i mercanti neltempio (una «giusta ira»; an-cor più oggi).

Da Kant a Cartesio, Dante

e Shakespeare e Steinbeck, ri-salendo agli epicurei e aglistoici, tra «civiltà della vergo-gna» o «della colpa», tra iragiusta e ingiusta, ira maschileo femminile, Bodei ci accom-pagna in un viaggio affasci-nante e inquietante.

Con molte connessioni pos-sibili con l’oggi, quando dav-vero «non si sa più dove diri-gere la «giusta ira dei popo-

li», mentre crescono «la riot-tosità, la micro-conflittualitàe l’aggressività verbale e fisi-ca». Perché siamo irascibilima incapaci di illuministica«indignazione» e di costruireuna «giusta ira» per elimina-re le cause che la determina-no (anche se in Francia spo-pola l’Indignatevi! di StephanHessel). Perché l’ira e gli altrivizi sono, scrive ancora Bo-dei, una sorta di «risarcimen-to, reclamato a gran voce osottaciuto, per un intralciato,combattuto e inappagato bi-sogno di felicità».

Un risarcimento semprevano, però. Meglio riportarel’ira «a proporzioni adeguatealle circostanze, alla compren-sione delle debolezze e preoc-cupazioni degli altri e a criteriargomentabili di giustizia e disalvaguardia di coloro che

non si possono difendere». Bi-sognerebbe rendere l’ira «re-lativa (non «relativistica»), ri-correndo ad una «vigile ededucata facoltà di giudicare»,dando sicurezza all’io e dimi-nuendo l’irascibilità.

Nonostante siano appuntopassioni - conclude Bodei -non devono essere represse,ma «sapientemente elaboratee indirizzate, intrecciando af-fetti e conoscenza, secondol’ideale - certo difficile da rag-giungere - della musica, cheunisce il massimo di razionali-tà e di rigore matematico almassimo di pathos, il massi-mo di pacatezza al massimodi intensità del sentire».

Tutto dipende però, ovvia-mente, dalla musica scelta.

IdeeVIIITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Giusta o ingiusta,siamo figli dell’Ira

MAURIZIO FERRARIS

Per le dame= Una Colette Rosselli o unaBrunella Gasperini quale artepraticarono se nonl’ermeneutica? Nella loro scia,perché no?, Maurizio Ferraris,autore, a proposito, di unaStoria dell’ermeneutica, porgeun vassoio di savoir vivre:Filosofia per dame (Guanda,pp. 200, € 13). Ovvero: checosa ne sarebbe di noi se,giorno dopo giorno, non«interpretassimo», se nonsalissimo sull’altalenasegno-significato?«Bustini per Minerva», il

filosofotorinese diDove sei?Ontologia deltelefoninodefinisce isuoi fogli ditaccuino (viavia apparsi suDonnaModerna).

Dalla A alla Z, da Anima,Animali, Anziani, Ascoltare,Autostrada a Vicini (di casa),Vicini (di ombrellone), Virus,Volare, Web, un dizionariod’autore, un ventaglio diistruzioni per - riecco -«interpretare» la commediaquotidiana. Di istruzione inistruzione, talunesupremamente swifitiane. Sivada, per esempio, alla voce«Corteggiatori»: «La primaregola per liberarsi deicorteggiatori o corteggiatricimolesti è chiedersi se sianomolesti, e, ancor più, se lemolestie ci dispiacciano fino infondo...». Meditandomeditando, telefonandotelefonando, sospirandosospirando....

ALEXANDER LANGER

La voce verde= Scelse di andarsene nel1995, a Firenze, impiccandosi aun albicocco. Da Pian deiGiullari, le ultime parole: «Nonsiate tristi, continuate in ciò cheera giusto». Negli scritti fra il1961 e l’anno della morte, orariproposti da Sellerio (Ilviaggiatore leggero, pp. 410,€ 18, a cura di Edi Rabini eAdriano Sofri), AlexanderLanger testimonierà lanecessità della «conversioneecologica» (sarà il primopresidente dei Verdi nelParlamento europeo), ilpacifismo, uncristianesimo«rivoluziona-rio» («...ilcristianesimonon è poi cosìparadossalecomepotrebbesembrare, èsemplicemen-te estraneo alla nostramentalità»). Nella prefazione,Goffredo Fofi isola la «funzionedi ponte» esercitatadall’intellettuale di originitrentine: «In due direzioniprioritarie: quella di accostarepopoli e fazioni, di attutirne loscontro e di promuovernel’incontro, e quelladell’apertura a un rapportonuovo tra l’uomo e il suoambiente naturale». Non dirado vide lontano, Langer. Nel‘94, per esempio: «C’è spaziotra Savonarola e Berlusconi -purché si attivino le energie erisorse che si situano tra ilcatastrofismo lamentoso ed ilsorriso prestampato erassicurante del direttoredell’orchestrina del Titanic».

Il suo rovescio è il tipodisincantato che negaogni valore: entrambipropongono soluzionimonche, unilaterali

Lancia in restacontro ognicuorcontento

Un vizio che è una sortadi risarcimentoreclamato a gran voce«per un inappagatobisogno di felicità»

pp Remo Bodeip IRA

La passione furentep il Mulino, pp. 141, € 14

«La passione furente»:nobile, se rivolta controle ingiustizie; temuta,se implica perditadi autonomia e giudizio

Bodei Un viaggio affascinante e inquietanteda Achille a Mosè, da Kant a Giovanni Paolo II

pp Paolo Virnop E COSÌ VIA, ALL'INFINITO

Logica e antropologiap Bollati Boringhieri, pp. 221, € 16,

Letture Letture

Paolo Virno

Virno Chi per principio non pensae rinuncia ad andare oltre quel che è

A destra una immagine trattadalla locandina del film «300»

di Zack Snyder, con Gerard Butler.Il saggio di Bodei sull’ira esce dal

Mulino nella serie «i 7 vizi capitali»,a cura di Carlo Galli. Prossimamente,

«Invidia» di Elena Pulcini

Page 9: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.45

GIANFRANCOMARRONE

Cuorcontento, dice ildizionario, è chi si acconten-ta del poco che può avere, eperciò non s’affanna a cercaraltro. Da cui la serie di pro-verbi che lo riguardano:Cuorcontento gran talento,Cuorcontento il ciel l’aiuta,Cuorcontento non sente sten-to... Personaggio strano, co-stui: ambivalente, ambiguo,per certi versi pericoloso. Dauna parte è indice di saggez-za, di chi ha capito che nonc’è nulla a cui aspirare oltrela contingenza quotidiana.Dall’altra è supremo simbolodi stupidità, di rinuncia aprio-ristica alla conoscenza, diun’esistenza gioiosa perchécieca. Come dire che il risoabbonda nella bocca deglisciocchi, eppure passiamotutta la vita a cercare di stareallegri.

Sembra d’essere al bardello sport o al circolo dei ci-vili, mentre invece si tratta diuna questione terribilmenteimportante, su cui pressochél’intera riflessione filosoficaoccidentale, ma anche molteculture tradizionali e i loro ri-tuali tipici, si sono a lungo in-terrogati. Al punto da contri-buire alla caratterizzazionedella specie umana come ta-le. Lo sottolinea con forza Pa-olo Virno, fra i pensatori piùinteressanti sulla scena intel-lettuale italiana e non, chenel suo ultimo libro E così via,all'infinito riflette sugli innu-merevoli rivoli teorici di quel-lo che potremo chiamare l’ec-cetera istituzionalizzato.

Per Virno la figura delcuorcontento è il demonio, ri-pudiato ma comunque fasci-

noso, nemico da battere ben-ché profondamente rispettato.Si tratta di qualcuno che, perprincipio, non pensa, di fattorinnegando uno dei tratti ca-ratteristici della natura uma-na, che è quella di saper rinvia-re, di riuscire sempre a trova-re un altro gradino oltre quelloin cui si è, di procedere (o re-gredire, che è lo stesso) all’infi-nito. L’uomo è ciò che mangiao colui che parla, a seconda deipunti di vista, ma è anche e so-prattutto, per Virno, qualcunoche ha la capacità di andarsempre oltre, di dire e ribadirela forza dell’eccetera.

A patto però, ed è questo ilpunto cruciale, di non fare co-me quei bambini che ci chiedo-no la ragione di una cosa, e poila ragione della ragione, e poiancora la ragione della ragionedella ragione, finché non riu-sciamo a distrarli con un pupaz-zo o un cartone in tv. Tipico del-l’animale uomo è - o dovrebbeessere - il saper interrompere ilregresso all’infinito, il saper di-re «e adesso basta», creandoabitudini di pensiero, forme divita, rituali, fondamenti filosofi-ci, verità ultime a cui credere si-no a un certo punto. Sapendocioè che si tratta di compromes-

si, che ci si trova di fronte a so-spensioni artificiali di un’inter-rogazione altrimenti senza fi-ne: la quale, se reiterata, ci fa-rebbe sprofondare nell’abissodell’insensatezza.

Per questo, avversario delcuorcontento è il tipo disincan-tato. Come il primo crede allasuperficie delle cose, confidan-do che il mondo stia proprio inquel modo là, il secondo sa chesi tratta di finzioni, di compro-messi, di puri schermi che malnascondono il baratro. E dun-que tende a negarne qualsiasivalore. I due pertanto, cuor-contento e disincantato, sonofigure complementari, l’una ilrovescio dell’altra: entrambe,ribadisce Virno, da combatte-re, perché fautrici di soluzioniinevitabilmente provvisorie,

monche, unilaterali.La natura umana, quale si

estrinseca e si costituisce nellevarie culture, non è altro cheuna serie di tecniche di interru-zione, più o meno efficaci, più omeno sapienti e, soprattutto,più o meno consapevoli di sé.Una cosa è proporre, come han-no sempre fatto i filosofi, un fon-damento profondo o trascen-dente di tutte le cose, una real-tà prima a cui ricondurre tuttoil resto. Tutt’altra cosa è dimen-ticare che questo fondamento èl’esito di una sofisticata abilitàdi interruzione del regresso al-l’infinito, tanto necessariaquanto parziale, e perciò sem-pre rivedibile. La verità, dicevaNietzsche, non è che la solidifi-cazione di antiche metafore. Ba-sta esserne consapevoli e saper-ci giocare: ed esserne felici.

LELIODEMICHELIS

Si dice: è stato unoscatto d’ira; oppure: è acce-cato dall’ira. In realtà, l’iraha molte facce, molte grada-zioni. E’ ira contro se stessie contro gli altri. Nasce daun’offesa o dal sentirsi tradi-ti e ingannati. E’ l’ira fune-sta di Achille, che «infinitiaddusse/lutti agli Achei». E’l’ira di Dio, quando Mosètorna al suo popolo dopoavere ricevuto le Tavole del-la Legge e lo trova a danza-re attorno al Vitello d’oro, eil Signore gli dice: «Che lamia ira si infiammi contro diloro». E Mosè prima chiedeal Signore di desistere, poi èlui stesso a scatenare la suaira (politica, non divina) perricostruire la comunità e lasua dipendenza dal Signore:spezza le Tavole, distruggeil Vitello e invocando Dio di-ce ai figli di Levi: «Mettaognuno la sua spada al fian-co. Passate e ripassate per ilcampo, da porta a porta e

uccida ciascuno il suo fratel-lo, ciascuno il suo prossimoe ciascuno il suo parente».

All’ira dedica un librobellissimo - Ira. La passionefurente - il filosofo Remo Bo-dei, nel penultimo volumedella serie dedicata, per lacura di Carlo Galli, ai settevizi capitali. L’ira: una pas-sione alla quale, «fin dall’an-tichità si imputa la perditatemporanea dei beni piùpreziosi: il lume della ragio-ne e la capacità di autocon-trollo». Una «forma di ceci-

tà o di follia provvisoria». Pas-sione irrazionale, preda delladismisura, «dal sapore ama-ro»; ma con una sua logica:perché «a stravolgere non è ilsingolo episodio da cui traeimmediatamente origine, matutte le frustrazioni, le attesetradite, le speranze non rea-lizzate o mal pagate, le irrita-zioni accumulate che si con-densano, collassano ed esplo-dono simultaneamente per-ché, avendo raggiunto unamassa critica, si scaricanosul bersaglio più vicino».

Passione triste per Spino-za, l’ira può anche produrreun certo piacere (Aristotele).Bifronte, per l’Occidente: no-bile, se rivolta contro le ingiu-stizie; temuta, se implica per-dita di autonomia e di giudi-zio (generando diverse alter-native di senso e di ira). E’ unpeccato per i cristiani, giusti-ficato però se è a vantaggiodel prossimo (per GregorioMagno o i domenicani) e pra-

ticato dalla Chiesa e dai pon-tefici (e nella memoria ritro-viamo l’ira pubblica e minac-ciosa di Giovanni Paolo II, nel1983, su Ernesto Cardenal, te-ologo della liberazione emembro del governo sandini-sta). E l’ira - ancora di Dio edi Mosè, e dei rivoluzionari edegli uomini di potere - di chi«si sente tradito nella suamissione». E gli ebrei (ma in

realtà la pratica è molto co-mune) che cercano di dirotta-re altrove l’ira di Dio (oggidell’opinione pubblica, o del-la comunità): «Riversa la tuaira sulle genti che non ti rico-noscono». Diceva invece Ge-sù: beati i miti, ma anch’eglisi adirò contro i mercanti neltempio (una «giusta ira»; an-cor più oggi).

Da Kant a Cartesio, Dante

e Shakespeare e Steinbeck, ri-salendo agli epicurei e aglistoici, tra «civiltà della vergo-gna» o «della colpa», tra iragiusta e ingiusta, ira maschileo femminile, Bodei ci accom-pagna in un viaggio affasci-nante e inquietante.

Con molte connessioni pos-sibili con l’oggi, quando dav-vero «non si sa più dove diri-gere la «giusta ira dei popo-

li», mentre crescono «la riot-tosità, la micro-conflittualitàe l’aggressività verbale e fisi-ca». Perché siamo irascibilima incapaci di illuministica«indignazione» e di costruireuna «giusta ira» per elimina-re le cause che la determina-no (anche se in Francia spo-pola l’Indignatevi! di StephanHessel). Perché l’ira e gli altrivizi sono, scrive ancora Bo-dei, una sorta di «risarcimen-to, reclamato a gran voce osottaciuto, per un intralciato,combattuto e inappagato bi-sogno di felicità».

Un risarcimento semprevano, però. Meglio riportarel’ira «a proporzioni adeguatealle circostanze, alla compren-sione delle debolezze e preoc-cupazioni degli altri e a criteriargomentabili di giustizia e disalvaguardia di coloro che

non si possono difendere». Bi-sognerebbe rendere l’ira «re-lativa (non «relativistica»), ri-correndo ad una «vigile ededucata facoltà di giudicare»,dando sicurezza all’io e dimi-nuendo l’irascibilità.

Nonostante siano appuntopassioni - conclude Bodei -non devono essere represse,ma «sapientemente elaboratee indirizzate, intrecciando af-fetti e conoscenza, secondol’ideale - certo difficile da rag-giungere - della musica, cheunisce il massimo di razionali-tà e di rigore matematico almassimo di pathos, il massi-mo di pacatezza al massimodi intensità del sentire».

Tutto dipende però, ovvia-mente, dalla musica scelta.

IdeeVIIITuttolibri

SABATO 5 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Giusta o ingiusta,siamo figli dell’Ira

MAURIZIO FERRARIS

Per le dame= Una Colette Rosselli o unaBrunella Gasperini quale artepraticarono se nonl’ermeneutica? Nella loro scia,perché no?, Maurizio Ferraris,autore, a proposito, di unaStoria dell’ermeneutica, porgeun vassoio di savoir vivre:Filosofia per dame (Guanda,pp. 200, € 13). Ovvero: checosa ne sarebbe di noi se,giorno dopo giorno, non«interpretassimo», se nonsalissimo sull’altalenasegno-significato?«Bustini per Minerva», il

filosofotorinese diDove sei?Ontologia deltelefoninodefinisce isuoi fogli ditaccuino (viavia apparsi suDonnaModerna).

Dalla A alla Z, da Anima,Animali, Anziani, Ascoltare,Autostrada a Vicini (di casa),Vicini (di ombrellone), Virus,Volare, Web, un dizionariod’autore, un ventaglio diistruzioni per - riecco -«interpretare» la commediaquotidiana. Di istruzione inistruzione, talunesupremamente swifitiane. Sivada, per esempio, alla voce«Corteggiatori»: «La primaregola per liberarsi deicorteggiatori o corteggiatricimolesti è chiedersi se sianomolesti, e, ancor più, se lemolestie ci dispiacciano fino infondo...». Meditandomeditando, telefonandotelefonando, sospirandosospirando....

ALEXANDER LANGER

La voce verde= Scelse di andarsene nel1995, a Firenze, impiccandosi aun albicocco. Da Pian deiGiullari, le ultime parole: «Nonsiate tristi, continuate in ciò cheera giusto». Negli scritti fra il1961 e l’anno della morte, orariproposti da Sellerio (Ilviaggiatore leggero, pp. 410,€ 18, a cura di Edi Rabini eAdriano Sofri), AlexanderLanger testimonierà lanecessità della «conversioneecologica» (sarà il primopresidente dei Verdi nelParlamento europeo), ilpacifismo, uncristianesimo«rivoluziona-rio» («...ilcristianesimonon è poi cosìparadossalecomepotrebbesembrare, èsemplicemen-te estraneo alla nostramentalità»). Nella prefazione,Goffredo Fofi isola la «funzionedi ponte» esercitatadall’intellettuale di originitrentine: «In due direzioniprioritarie: quella di accostarepopoli e fazioni, di attutirne loscontro e di promuovernel’incontro, e quelladell’apertura a un rapportonuovo tra l’uomo e il suoambiente naturale». Non dirado vide lontano, Langer. Nel‘94, per esempio: «C’è spaziotra Savonarola e Berlusconi -purché si attivino le energie erisorse che si situano tra ilcatastrofismo lamentoso ed ilsorriso prestampato erassicurante del direttoredell’orchestrina del Titanic».

Il suo rovescio è il tipodisincantato che negaogni valore: entrambipropongono soluzionimonche, unilaterali

Lancia in restacontro ognicuorcontento

Un vizio che è una sortadi risarcimentoreclamato a gran voce«per un inappagatobisogno di felicità»

pp Remo Bodeip IRA

La passione furentep il Mulino, pp. 141, € 14

«La passione furente»:nobile, se rivolta controle ingiustizie; temuta,se implica perditadi autonomia e giudizio

Bodei Un viaggio affascinante e inquietanteda Achille a Mosè, da Kant a Giovanni Paolo II

pp Paolo Virnop E COSÌ VIA, ALL'INFINITO

Logica e antropologiap Bollati Boringhieri, pp. 221, € 16,

Letture Letture

Paolo Virno

Virno Chi per principio non pensae rinuncia ad andare oltre quel che è

A destra una immagine trattadalla locandina del film «300»

di Zack Snyder, con Gerard Butler.Il saggio di Bodei sull’ira esce dal

Mulino nella serie «i 7 vizi capitali»,a cura di Carlo Galli. Prossimamente,

«Invidia» di Elena Pulcini

Page 10: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: GIOVIA - Ora di stampa: 04/02/11 20.50

62

100 2 4

La monetadi Akragas

CAMILLERISKIRA

77

7Benvenutinella miacucinaPARODIVALLARDI

676

Tascabili

Per un pugno di copie la spagnola Clara Sáncheznon scalza Mordecai Richler, sempre al verticecon 100 punti il cui valore, nel nostro campione di

sole librerie, si attesta poco sopra quota 6 mila. La tallo-na Glenn Cooper. I titoli del 2011 cominciano a smuoverele nostre tabelle. Sono ben 6 i nuovi ingressi in classificatra i primi dieci. Altri due gradevoli racconti, il giallo diMalvaldi che si inventa per il gastronomo Artusi un ca-so alla Conan Doyle e l’indagine archeologica di Camil-leri che scava alla ricerca di una antica moneta. E poidue ritorni di forte tensione etica, firmati Roberta DeMonticelli ed Enzo Bianchi, entrambi rilanciati dalla tv.

La filosofa milanese, ora al 4˚ posto, è stata ospite di Fa-zio, che certo fa soprattutto promozione come ha sottoli-neato per amor di verità l’amico critico Aldo Grasso, maanche - sia consentito il birignao veltroniano - cultura.Almeno in casi come questo: sarebbe stato difficile emer-gere, con le sole proprie forse, per un saggio che, pur sen-za essere professorale né difficile, richiede al lettore nonsolo partecipazione emotiva ma impegno di pacata ri-flessione, così poco praticata nel bailamme strillonescodella piazza mediatica. Anche il priore di Bose si avvan-taggia dell’ospitalità di Daria Bignardi, dove - a confer-ma dell’inestricabile, a volte diabolico, intreccio di sacro

e profano - ha preceduto il tutt’altro che monacale Bria-tore in un emblematico confronto langarolo a distanza,o con Dio o con Mammona. In ascesa, compresi tra i pri-mi venti, due thriller di italiane trentenni, la Ghinelli(13˚) e la Gazzola (20˚), pronti per il convegno sui «ro-manzi per cellulare» di cui tratterà l’«Ebook Lab Ita-lia», a Rimini dal 3 al 5 marzo. Poi le minuscole, teatraliBeatrici di Benni (16˚) e ancora un giallo a quattro ma-ni, Guccini & Macchiavelli (19˚). Si intitola Malastagio-ne, dipana un losco groviglio di affari e speculazioni am-bientali, fa vincere i buoni e i giusti. Da regalare, perconforto, alla signora De Monticelli.

10

SaggisticaNarrativaitaliana

1. La versione di Barney 100RICHLER 12,00 ADELPHI

2. Se questo è un uomo 37LEVI 10,50 EINAUDI

3. La biblioteca dei morti 37COOPER 13,00 TEA

4. Troppu trafficu ppi nenti 33CAMILLERI; DIPASQUALE 11,00 MONDADORI

5. Il piccolo principe 33SAINT-EXUPERY 7,50 BOMPIANI

6. Diario 28FRANK 12,50 EINAUDI

7. Il bambino con il pigiama... 23DE LUCA 10,00 BUR

8. L’amico ritrovato 22UHLMAN 5,50 FELTRINELLI

9. La solitudine dei numeri... 22GIORDANO 13,00 MONDADORI

10.Il giorno prima della felicità 20DE LUCA 7,00 FELTRINELLI

79

La mappadel destino

COOPERNORD

Ogni cosa allasua stagione

BIANCHIEINAUDI

72

99

Narrativastraniera Varia Ragazzi

Io e te

AMMANITIEINAUDI

9

I doloridel giovaneWalterLITTIZZETTOMONDADORI

La versionedi Barney

RICHLERADELPHI

1

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 23 AL 29 GENNAIO.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Qui si aprela questione

morale

8Odoredi chiuso

MALVALDISELLERIO

5La questionemorale

DE MONTICELLICORTINA

96

Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

1. L’abbraccio 20GROSSMAN; ROVNER 10,00 MONDADORI

2. Cambia tutto! 17GARLANDO 11,00 PIEMME

3. Hourglass 16GRAY 17,00 MONDADORI

4. Leggendedel mondoemerso 13TROISI 18,00 MONDADORI

5. L’evoluzione di Calpurnia 13KELLY 16,80 SALANI

6. Le valigie di Auschwitz 11PALUMBO 11,00 PIEMME

7. Percy Jackson e... 11RIORDAN 17,00 MONDADORI

8. Ruti vuole dormiree altre storie 10GROSSMAN 15,00 MONDADORI

9. Sesto viaggionel regno della fantasia 9STILTON 23,50 PIEMME

10.Un sogno sul ghiaccio per Colette 8STILTON 8,50 PIEMME

77

Epoiché al dramma se-gue la farsa, accade chementre in Francia si di-

batte sull’immoralità di Céli-ne, in America un grande edi-tore come Harper Collins in-troduca una clausola moralenei contratti: impugnabiliqualora «la condotta dell’Au-tore mostri scarso rispetto perle convenzioni pubbliche e lamorale». Risparmiamoci com-menti e sarcasmo. La buonanotizia è che Random Housenon è riuscita a imporre unaregoletta simile in Inghilter-ra, dove ancora vige il sense ofhumour. La cattiva notizia èche in Inghilterra le pagineculturali si occupano quasi sol-tanto di fatti, fenomeni, modee tendenze che provengonodall’America, vere o farloccheche siano.

Per esempio: i giurati delBooker Prize, un’istituzione,riceveranno le circa 140 novi-tà selezionate in formato elet-tronico, su un Kindle. Uhm. Al

di là di tutta la retorica chesempre circonda l’argomento(«la presidentessa del premioproverà lo stesso piacere leggen-do nella vasca da bagno, con une-reader innalzato sopra le bol-le invece che con un volume car-taceo umidiccio?»), forse la do-manda è: i giurati hanno ricevu-to soltanto e-books? E soltanto

Kidle, con bella pubblicità perAmazon? Sarebbe anche inte-ressante, prima o poi, avere idati di vendita dei vari apparec-chietti, e magari anche le classi-fiche dei libri elettronici più ven-duti. Per ora non esistono rile-vazioni, soltanto stime.

Altro esempio. The Obser-ver disquisisce a lungo sulla fi-ne della critica. Nei mesi scorsi,ci viene detto, tutta ma propriotutta la critica sui media tradi-zionali ha gridato al capolavo-ro per un libro, Freedom di Jo-nathan Franzen, un film, TheSocial Network di David Fin-cher, e una serie televisiva, Bo-ardwalk Empire di MartinScorsese. Eppure nessuno deitre «masterpieces» ha sfondato,perché ora con Internet tutti so-no critici fai-da-te. Uhm.

Senza entrare nel dettaglio:ma se non tutta la critica fossecome la critica americana, nontutti i mercati come quello Usa,e se non tutto il mondo fosse co-me l'America?

1. Il profumodelle foglie di limone 99SANCHEZ 18,60 GARZANTI

2. La mappa del destino 96COOPER 19,60 NORD

3. India mon amour 42LAPIERRE 16,50 IL SAGGIATORE

4. La stella di Strindberg 34WALLENTIN 19,00 MARSILIO

5. LaGenesi. Ildiariodelvampiro 34SMITH 12,90 NEWTON COMPTON

6. La caduta dei giganti 32FOLLETT 25,00 MONDADORI

7. Io confesso 30GRISHAM 20,00 MONDADORI

8. I diari dell’angelo custode 24JESS-COOKE 18,60 LONGANESI

9. Tempted. La casa dellanotte 21CAST; CAST 16,50 NORD

10.La ragazza di carta 20MUSSO 19,90 SPERLING & KUPFER

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Un «incontro di affinità in-tellettuali fortementecondivise. Un buon mes-

saggio nella bottiglia: anche i pic-coli possono crescere, senza ne-cessariamente farsi assorbire...».Carmine Donzelli e Carlo Feltri-nelli cominciano tre anni fa aparlare di collaborazione. Da po-chi giorni la casa di via Andega-ri è azionista al 20% di quella ro-mana che mantiene il 51%, piùuna frangia di soci, e, grazie al-l’accordo, fruisce dei servizi delgruppo maggiore, dirottando poinei tascabili made in Milano «al-cuni dei suoi longseller più signi-ficativi». «L’operazione rientranel contesto di sviluppo di unnetwork nazionale e internazio-nale di editori di qualità» (Feltri-nelli). «Con la massima autono-mia e indipendenza del nostromarchio» (Donzelli).

L’ex einaudiano è prossimoai vent’anni della sua «editoriadi progetto»: partita, nella crisidella cultura d’opposizione inItalia degli Anni 90, verso il

«mondo aperto»; fondata, testimo-ni i 1200 titoli di catalogo, sullapassione civile; perseguita con coe-renza e premiata: i milioni di copiedel Bobbio di Destra e sinistra,protagonista delle ormai celebri«Saggine» tuttora a fianco dei«Saggi», ancora con il Bobbio de-gli Stati uniti d’Italia sul pensierofederalista di Cattaneo. Da sem-

pre attenta alle vicende del nostroPaese, attuali e storiche, strutturesociali, emigrazione, mafia, me-dia (Papuzzi, Sabadin) la Donzel-li celebrerà l’anniversario con laStoria dell’unificazione italianadi Salvatore Lupo e la Storia delliberalismo italiano (da Cavour aBobbio e mai decollato) di Massi-mo Salvadori.

Ma Donzelli è anche narrativae poesia, quella grafica raffinatis-sima avorio e rosso per un terrenoarduo (lo scippo da parte di viaBiancamano di Marias e Coetzee),difficoltà e ora ripresa: il successodel Button di Fitzgerald, dei clas-sici di «Wallpapers», delle «mele-donzelli», fiction «che morde», inarrivo Roma fuggitiva di CarloLevi,Orient-Express di Dos Pas-sos. Forse antidoto alla realtà, l’in-namoramento di Carmine per«Fiabe e storie»: Andersen inte-grale, le Mille e una notte dal-l’arabo, Mark Twain che, con legrandi illustrazioni di Radunsky,dà Consigli alle bambine: cattivima con stile.

74

1. I dolori del giovane Walter 77LITTIZZETTO 18,00 MONDADORI

2. Benvenuti nella mia cucina 77PARODI 14,90 VALLARDI

3. Cotto e mangiato 61PARODI 14,90 VALLARDI

4. Le ricette di Casa Clerici 34CLERICI 15,90 RIZZOLI

5. Instant English 25SLOAN 16,90 GRIBAUDO

6. È facilesmettere di fumare... 19CARR 10,00 EWI

7. Nel mezzo del casin di ... 17LASTRICO 16,00 MONDADORI

8. The secret 15BYRNE 18,60 MACRO ED.

9. Cchiú pilu pe’ tutti. I comizi... 14ALBANESE; GUERRERA 12,50 EINAUDI

6. L’oroscopo 2011 13FOX 10,00 CAIRO

CHE LIBRO FA...A LONDRA

GIOVANNA ZUCCONI

E’ finitaSua Maestà

la critica

1. Odore di chiuso 74MALUALDI 13,00 SELLERIO

2. Io e te 67AMMANITI 10,00 EINAUDI

3. La moneta di Akragas 62CAMILLERI 15,00 SKIRA

4. Il cimitero di Praga 58ECO 19,50 BOMPIANI

5. Il divoratore 53GHINELLI 9,90 NEWTON COMPTON

6. Appuntidi unvenditore... 44FALETTI 20,00 B.C. DALAI

7. Le beatrici 43BENNI 9,00 FELTRINELLI

8. Momentidi trascurabile felicità 42PICCOLO 12,50 EINAUDI

9. Malastagione 42GUCCINI; MACCHIAVELLI 18,00 MONDADORI

10.L’allieva 37GAZZOLA 18,60 LONGANESI

1. La questione morale 79DE MONTICELLI 14,00 CORTINA

2. Ogni cosa alla sua stagione 72BIANCHI 17,00 EINAUDI

3. I segreti del Vaticano 51AUGIAS 19,50 MONDADORI

4. Impero. Viaggio nell’Impero di Roma 34ANGELA 21,00 MONDADORI

5. Caterina.Diario diunapadre 30SOCCI 16,50 RIZZOLI

6. C’è un’Italia migliore 29VENDOLA 10,00 FANDANGO

7. La manomissione delle parole 26CAROFIGLIO 13,00 RIZZOLI

8. Terroni 26APRILE 17,50 PIEMME

9. Sono venuto per servire 26GALLO; MAZZETTI 17,00 ALIBERTI

10.Il denaro in testa 25ANDREOLI 17,50 RIZZOLI

Classifica TuttolibriSABATO 5 FEBBRAIO 2011

LA STAMPAX

3

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Prove d’Unitàtra Donzellie Feltrinelli

R

Page 11: Tuttolibri n. 1751 (05-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 05/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 04/02/11 19.46

f

F. SCOTT FITZGERALD

Il grande GatsbyFeltrinelli, pp. 230, € 8

«Un libro che ti fa amare lascrittura. Ma anche il film,con Robert Redford e MiaFarrow, ti può catturare»

f

RICHARD MANSON

Anime alla derivaEinaudi, pp. 256, € 13

«Un romanzo in cuila struttura, la costruzionedella trama, prevale, riccadi risvolti insospettabili»

f

ERNEST HEMINGWAY

Isole nella correnteMondadori, pp. 528, € 9, 50

«Hemingway completòsolo "Il vecchio e il mare".Gli altri tre libri rimaserocome abbozzi. Bellissimi»

I PREFERITI Dagli adolescenti bamboccioni all’erotismo con tuttii crismi degli adulti: lo scrittore che non voleva crescereora firma un thriller sentimentale e arriva a Sanremo

MIRELLASERRI

«Ma che vuol dire:“Amor, che a nullo amatoamar perdona?”»: la domandala pone per radio Sissi, una fan.E mette nei guai lo scrittore Fe-derico Moccia che, esperto disentimenti ma digiuno dell'opera del Divin poeta, balbet-ta: «Cara Sissi, non so su qualemuro hai letto questa frase mati assicuro che no, non funzio-na». Niente di vero in tutto que-sto: è l'ex re del karaoke, il ma-lizioso Fiorello che, via etere,fa l'imitazione del Peter Pandelle lettere italiane, Moccia,lo scrittore che non vuole cre-scere, adorato dagli under ven-ti e messo sotto accusa dallacritica per il suo piglio naïf eper l'assenza di un consistentebackground di letture (è in pro-cinto di partire per l'Ariston diSanremo dove sarà uno degliautori dei testi di Gianni Mo-randi & company al Festival).

Adesso però l'enfant terri-ble - proprio lui che a 47 annisembra uno dei suoi stessiadepti, un «moccino» con bla-zer blu e maglioncino mentremangia le caramelle rubando-le dal tavolino del suo salottoromano - ha fatto il gran passo:con l'ultimissimo parto lettera-rio, L'uomo che non voleva ama-re, sbarca in libreria con Rizzo-li per San Valentino. E’ un

thriller sentimentale, ma sba-racca i soliti «adolesce-adole-scenti» (ancora Fiorello) pro-tagonisti delle 4 milioni di co-pie dei suoi romanzi vendutein tutto il mondo e dei film trat-ti dai suoi libri. Ora sceglie gliadulti, il ricchissimo Tancredie la seducente pianista Sofia, eanche il sesso volta pagina:non è più quello tra bamboc-cioni o liceali ma è erotismocon tutti i crismi.

Allora Moccia, oggi senzatimore di adombrare la suafama di eterno ragazzo,quanto e quando legge?

«Fiorello non posso che ringra-ziarlo per la sua parodia: mi haportato fortuna. Però io sonotutto il contrario, sono semprestato bulimico di pagine scrit-te. I critici si sono scagliati con-tro di me imputandomi di nonconoscere l'abc della letteratu-ra e i suoi classici, da Tolstoj aMaupassant, di utilizzare unlinguaggio poco letterario a rit-mo sincopato. Ma forse sonoproprio questi addetti ai lavori(o ai livori?) che non hannomai avvicinato, per esempio,l'opera di una grandissima co-me Agota Kristof che, in scrit-ti come la Trilogia della città diK., procede, diciamo così, solocon piccoli passi, con frasi bre-vissime e stupende. I classici,russi, francesi e inglesi, poi, liho digeriti eccome e vanno daDostoevskij a Bulgakov, daBalzac a Stendhal, dalla Woolfa Fitzgerald».

Un'autodefinizione di Moc-cia lettore?

«Scrittore e lettore procedo-no insieme: sono un narratore-betoniera, i libri, da sempre, litrangugio, li mastico, li assimi-lo e poi li trasformo in cemen-to, pilastri, strutture portantidei miei racconti. E mi dispia-ce per i critici che non se ne so-no accorti».

Anche Dante nel frullato-re?

«A sedici anni facevo parte diuna conventicola di poeti in er-ba. Pieni di ambizioni. Aveva-mo creato un gruppo che si riu-

niva di notte proprio come la set-ta dei “poeti estinti”, protagoni-sti del film L'attimo fuggente, cheleggevano composizioni propriee versi di Whitman ed Emerson.Noi li imitavamo - ho ancora uninedito, il racconto Ultima spiag-gia - e aggiungevamo alla listaDante, Petrarca, Pasolini, Mon-tale e Pavese. Sui banchi di scuo-la andavo alla grande con Erodo-to e Seneca. Ma ero un irregola-re. Un giorno il docente di italia-no mentre faceva lezione mi bec-ca con un libro di straforo. Quan-do enuncio il titolo, in classe siscatena la sarabanda. “Mocciasta a legge come se rimorchia”.E il prof: “Ignoranti! Zitti! E'unodei pilastri del pensiero contem-poraneo”. Bella soddisfazione.Era il Diario di un seduttore diSøren Kierkegaard».

I suoi amori letterari volava-no tutti a quelle altezze?

«C'erano anche i romanzoni diWilbur Smith, con la sua stupen-da Africa descritta ne Il destinodel leone, Harold Robbins, bravis-simo nelle scene di avventura edi sesso come ne Lo stiletto o neIl pirata. Il titolo del mio libro ri-

prende in parte quello de L'uo-mo che non sapeva amare di Rob-bins e gli sono debitore ancheper la ricostruzione degli am-bienti super lusso in cui viveTancredi ma lo sono anche alGrande Gatsby di Fitzgerald, unodei volumi del cuore».

«I libri si rispettano usandoli,non lasciandoli stare» è lamassima di Umberto Eco. Lafa sua?

«Da ragazzo erano la mia pale-stra. Se hai sul comodino Her-

mann Hesse, Il lupo della step-pa e Narciso e Boccadoro, o i ro-manzi di Ernest Hemingway,prima o poi ne paghi le conse-guenze».

Che vuol dire?«Sono due scrittori agli antipodima entrambi mi ispiravano il fa-scino del viaggio, soprattutto di

quello in solitudine. Vado a Cu-ba usando come Lonely Planet iracconti di Hemingway, visito lasua casa, i suoi bar, rivivo le suerisse, le ubriacature. Con un col-po di testa decido di fermarmimolti più giorni del previsto e ap-positamente non avverto la fami-glia che mi cerca ovunque. Eraun modo di assaporare il piaceredel rischio. Non mi facevo le can-ne, non mi impasticcavo e nem-meno mi stordivo con l'alcol, pe-rò la letteratura mi stimolava acercare la mia carica di adrenali-na. Così Una vita nel vuoto diIrwin Shaw - autore anche diGiovani leoni che poi divennefilm con Marlon Brando - mi fa-ceva capire che volevo una vitaspericolata. Spingevo sull'acce-leratore delle moto di grossa ci-lindrata - come Step in Tre metrisopra il cielo - mi cimentavo con ildeltaplano, volavo e credevo diessere immortale. C'era poiMartin Eden di Jack London,con la storia di un marinaioche lotta disperatamente perdiventare uno scrittore, soste-nuto in questo dal suo amoreper Ruth, giovane rampolla

dell'alta borghesia di SanFrancisco: anche questo mi of-frirà alcune suggestioni perStep e Babi in Ho voglia di te eTre metri sopra il cielo».

Insomma il lupo o lupettoMoccia, alla faccia dei suoidetrattori, si è sempre aggira-to in una foresta di tomi.

«Una delle prime scazzottatela devo a Schiavo d'amore diWilliam Somerset Maugham:lo avevo regalato a una fanciul-la e il suo partner non avevagradito. Dopo una lite faccioomaggio dell’Amico ritrovatodi Fred Uhlman, con i compa-gni c’è sempre stato un giocodi scambi e di citazioni».

Tratte anche dai film? Lei è fi-glio d'arte, di Pipolo, registadi alcuni tra i maggiori suc-

cessi commerciali della com-media all'italiana tra gli Anni70 e 80.

«Con mio padre frequentavoCinecittà e a casa c’erano sem-pre personaggi dello spettaco-lo, da Adriano Celentano a Re-nato Pozzetto. Andavo in va-canza ad Anzio, lido della bor-ghesia romana, vedevo Ameri-can gigolo, La febbre del sabatosera e si ballava alla IrwinShaw. Frequentavo il cineclub,mi appassionavo a Il conformi-sta, a Ultimo tango a Parigi, tor-navo a casa con le sceneggiatu-re dei film di Bernardo Berto-lucci e di Woody Allen acqui-state alla libreria Il Leuto. Inclasse senza farmi scoprire, ri-prendevo con rudimentali tele-camerine il docente in catte-dra. Dopo questa abbuffata, ap-pena uscito dal liceo, mi dedicoal cinema».

«Attila flagello di Dio», conPipolo dietro la macchina dapresa, segna il suo esordiocome aiuto regista, seguitoda tanta tv: firma program-mi come i «Cervelloni» o«Ciao Darwin» in cui, al con-trario che nei suoi libri, l'im-magine femminile viene stra-pazzata e presentata al suopeggio in tanti dibattititrash. Se ne pente?

«Per niente. Anche qui la lette-ratura ha un suo ruolo. Peresempio in Ciao Darwin facciofare ai personaggi un viaggionel tempo e lo spunto mi vieneda Verne che ho divorato da ra-gazzino ma anche da film co-me Non ci resta che piangere di

Massimo Troisi. Queste nostrerealtà - gli uomini scatenaticontro il gentil sesso oppure ledonne dipendenti dalla chirur-gia estetica - esistono a pre-scindere dalla tivù che sempli-cemente le rappresenta. Que-sti programmi sono molto me-no diseducativi di tanti talkshow dove si urla, non si ha ri-spetto per il prossimo».

Assediato da tanto successoora ha il tempo di leggere?

«Treno, aereo, albergo: un li-bro a farmi compagnia c'èsempre. Già pronti per il tra-sloco in Riviera sono: Cecità diJosé Saramago, Educazione si-beriana di Nicolai Lilin e Il filoche brucia di Jeffery Deaver,un thriller che è proprio un fi-lo, una specie di messa a terraper scaricare l'elettricità diSanremo».

«Mi accusano di nonconoscere l’abc dellaletteratura, ma hodigerito, eccome,russi, francesi, inglesi»

“Kierkegaardmi insegnòa rimorchiare”

Diario di lettura TuttolibriSABATO 5 FEBBRAIO 2011

LA STAMPA XI

«Mi porto al FestivalSaramago, Liline Deaver, una speciedi messa a terra perscaricare l'elettricità»

«Se da ragazzohai sul comodino Hessee Hemingwayprima o poi ne paghile conseguenze»

«Andavo al cineclub,tornavo a casacon le sceneggiaturedi Bernardo Bertoluccie di Woody Allen»

La vita. Federico Moccia è nato a Roma nel 1963. Scrittore, sceneggiatore, regista. Figlio di Giuseppe Moccia, in artePipolo, tra i registi della commedia all’italiana fra gli Anni Settanta e Ottanta.

Le opere. Esce da Rizzoli «L’uomo che non voleva amare» (pp. 400, € 18). Tra i suoi bestseller: «Tre metri sopra ilcielo» (Feltrinelli), da cui l’omonimo film di Luca Lucini nel 2004; «Ho voglia di te» (Feltrinelli); «Scusa ma tichiamo amore» (Rizzoli); «Scusa ma ti voglio sposare» (Rizzoli).

Federico Moccia

Ilsi

gno

rede

iluc

chet

ti