tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

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LETTURE Ecco alcuni titoli utili per affrondire il tema discusso nei «Dialoghi sull’uomo» a Pistoia: - R. De Monticelli, La novità di ognuno. Persona e libertà, Garzanti 2009. - R. Ghigi, Per piacere. Storia culturale della chirurgia estetica, il Mulino, 2008. - A. Favole, Resti di umanità. Antropologia del corpo dopo la morte, Laterza 2003. S. Knauss e A. Autiero, L'enigma corporeità: sessualità e religione, EDB 2010. F. La Cecla, Il punto G dell'uomo. Desiderio al maschile, Nottetempo 2011. D. Le Breton, Antropologia del corpo e modernità, Giuffrè 2007. T. Pievani, La vita inaspettata, Cortina 2011. G. Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo. Ritratto dell'adolescente di oggi, Laterza 2008. Sally O’ Reilly, Il corpo nell’arte contemporanea, Einaudi, 2011 INCONTRI Si svolgeranno a Pistoia, dal 27 al 29 maggio i «Dialoghi sull’uomo», ideati e diretti da Giulia Cogoli. Tema di questa seconda edizione «Il corpo che siamo». Si inaugura venerdì 27, con le relazioni di Umberto Galimberti (Il corpo in Occidente, h. 17,30) e Marco Aime (Il corpo innaturale, h. 19). In serata, Carlo Petrini (Come non farci mangiare dal cibo). Tra gli ospiti di sabato: David Le Breton, Roberta De Monticelli, Telmo Pievani, Marc Augé, Ferdinando Scianna, e, alla sera, Toni Servillo con una lettura di Lévi-Strauss. Domenica relazioni di G. Pietropolli Charmet, Maurizio Ferraris, Franco La Cecla, Adriano Favole, Stefanie Knaus e Vito Mancuso. www. dialoghisull’uomo.it Il nostro corpo è una pagina bianca Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Tendenze Come ogni società e ogni cultura scrivono, disegnano, incidono, modellano il proprio marchio, sulla pelle e nella carne: il tema guida dei «Dialoghi sull’uomo» a Pistoia, dal 27 al 29 maggio MARCO AIME Lefoto,tuttivoglionove- derelefotodiuncorpomartoria- to dalle pallottole - penso ad esempioaBinLaden-edèdiffici- ledistingueredovefinisceildirit- todiinformazioneeinizialamor- bosità. Ciò che conta però ed ac- comuna questi due istinti è quel corpocometestimonianza,ridot- to a simbolo anche (e vieppiù) se senzavita.Uncorpodacancella- re, da idolatrare, da profanare, neppuredopolamortesilasciail corpocosìcom’è.Perchéilcorpo è come una pagina bianca su cui ogni comunità, ogni società, ogni cultura scrive, disegna, incide il proprio marchio. È uno dei prin- cipali strumenti attraverso cui i gruppi umani esprimono il loro senso di appartenenza. La prova è che non esiste società umana che lasci il corpo così come ma- drenaturacelofornisce:sitingo- no, si acconciano e si accorciano icapelli,cisirade,ono,sipittura- novisiecorpi,lisirimodella.Dal- le pratiche tribali alla chirurgia estetica, sembra che gli esseri umani vogliano strappare il cor- po dalla sua condizione origina- ria, «naturale», per renderlo semprepiù«culturale». Sarà questo il filo conduttore che lega i diversi interventi di Dialoghi sull’uomo, a Pistoia dal 27 al 29 maggio. Il corpo declina- to nelle sue diverse percezioni, letto attraverso gli sguardi di di- sciplinediverse. Sembra che il corpo, fornito- cidallanatura,nonsoddisfileesi- genze degli individui, che quel- l’insieme di muscoli, nervi, ossa, tessuti sia troppo «naturale» per essere vissuto come umano. Co- me se mancasse qualcosa: una versione base a cui occorre ag- giungeredegli optional. Il corpo viene disegnato, inci- so, scolpito, amputato, modella- to. Quasi l'uomo volesse sancire con queste operazioni il suo di- stacco dalla natura, marcarne la differenza, per spostarlo sul ter- renodellacultura. I capelli, per esempio, vengo- notagliati,acconciati,tinti,impa- stati con altre sostanze fino a di- ventare decorazione, cornice del volto,espressionedi appartenen- za a una società, a un gruppo, a una moda, a un’epoca. Dalle pit- ture facciali dei nativi di molte parti del mondo all'utilizzo di co- smeticipersfumareilcoloredel- lapelledelvisoopersottolineare i tratti degli occhi o delle labbra, diffusotraledonneoccidentali,è chiara la volontà di «disegnare» il nostro viso non solo in base a mode imperanti, ma anche a se- condadellostatod'animo. In altri contesti, invece, si vuole incidere il proprio corpo in modo irreversibile, indelebi- le. È il caso dei tatuaggi, pratica nata in Polinesia, e poi diffusasi anche in altre società, subendo inevitabili slittamenti semanti- ci, ma anche delle scarnificazio- ni e delle cicatrici etniche, che segnano il volto di molti africa- ni, indicando il gruppo etnico di appartenenza e, talvolta, anche ilclandiorigine. Ilcorponellasuaversionena- turale appare pertanto come una pagina bianca, su cui poter scrivere;ilcorpo«culturale»,ela- borato, dipinto, segnato, diventa allora un testo, scritto in una lin- gua particolare, che la rispettiva culturaèingradodidecifrare. Più o meno indelebili, i segni di cui si è parlato finora rappre- sentanoquestionidipelle,riguar- danolasuperficiedelnostrocor- po,masivaoltre.Dairitiiniziati- ci segnati da prove inflitte alle carni umane, alle varie forme di circoncisione, fino alla cultura punk il corpo diventa supporto e mezzo indispensabile per attra- versare la soglia della normalità e acquisire uno status diverso. Lapelleelacarnevengonopene- trate, violando un confine consi- deratointangibile.Lapelle,infat- ti, rappresenta il limite estremo del nostro corpo, il labile confine che separa il noi dal resto del mondo. Il corpo diventa così, entro certi limiti, materia malleabile, da personalizzare secondo sche- mi culturali o individuali, attra- verso cui gli individui possono Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ DIARIO DI LETTURA Greco regista di scrittori Dopo Sciascia, ecco Lucentini CORTELLESSA P. XI «BodyPainting»,1970,unaimmaginedelfotografogiappponeseHidekiFujii.SueoperenelsitodellaGalleriaonline«artistocratic.com» Continuaapag.VII NUMERO 1766 ANNO XXXV SABATO 21 MAGGIO 2011 IL CRITICO Nell’officina di Golino Madame Storia e Lady Scrittura SERRI P. II CINEMA A Cannes tutti in posa Divi e registi scatti e profili TROIANO-RONDOLINO P. IX TUTTOLIBRI LA STAMPA VIDEOINTERVISTA Veladiano: il mio esordio da Strega LA MEMORIA Quando Godard litigava con Truffaut tutto LIBRI Non dato di natura mamateria malleabile: dallepratichetribali alla chirurgia estetica, dai tatuaggi ai trapianti Gli antropologi ci dicono che è sempre stato così, oggi però la scienza e la tecnica si misurano connuovesfideetiche p STORIA Le flotte di Roma Un millenario dominio sul mare BARBERO P. VI SUL COMODINO Ugo Nespolo un artista tra le dame I

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Page 1: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.58

LETTUREEcco alcuni titoli utili peraffrondire il tema discusso nei«Dialoghi sull’uomo» a Pistoia:- R. De Monticelli, La novità diognuno. Persona e libertà,Garzanti 2009.- R. Ghigi, Per piacere. Storiaculturale della chirurgiaestetica, il Mulino, 2008.- A. Favole, Resti di umanità.Antropologia del corpo dopola morte, Laterza 2003.S. Knauss e A. Autiero, L'enigmacorporeità: sessualità ereligione, EDB 2010.F. La Cecla, Il punto Gdell'uomo. Desiderio almaschile, Nottetempo 2011.D. Le Breton, Antropologiadel corpo e modernità,Giuffrè 2007.T. Pievani, La vita inaspettata,Cortina 2011.G. Pietropolli Charmet, Fragilee spavaldo. Ritrattodell'adolescente di oggi,Laterza 2008.Sally O’ Reilly, Il corpo nell’artecontemporanea,Einaudi, 2011

INCONTRI

SisvolgerannoaPistoia,dal27al29maggio i«Dialoghisull’uomo», ideatiedirettidaGiuliaCogoli. Temadiquestasecondaedizione«Il corpochesiamo».Si inauguravenerdì27,conlerelazionidiUmbertoGalimberti (Il corpoinOccidente,h.17,30)eMarcoAime(Il corpoinnaturale,h.19). Inserata,CarloPetrini (Comenonfarcimangiaredalcibo).Tragliospitidi sabato:DavidLeBreton,RobertaDeMonticelli,TelmoPievani,MarcAugé,FerdinandoScianna,e,allasera,ToniServilloconunaletturadiLévi-Strauss.DomenicarelazionidiG.PietropolliCharmet,MaurizioFerraris,FrancoLaCecla,AdrianoFavole,StefanieKnauseVitoMancuso.

www.dialoghisull’uomo.it

Il nostro corpo èuna pagina bianca

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Tendenze Come ogni società e ogni cultura scrivono, disegnano,incidono, modellano il proprio marchio, sulla pelle e nella carne:il tema guida dei «Dialoghi sull’uomo» a Pistoia, dal 27 al 29 maggio

MARCOAIME

Le foto, tutti vogliono ve-dere le foto di un corpo martoria-to dalle pallottole - penso adesempio a Bin Laden - ed è diffici-le distinguere dove finisce il dirit-to di informazione e inizia la mor-bosità. Ciò che conta però ed ac-comuna questi due istinti è quelcorpo come testimonianza, ridot-to a simbolo anche (e vieppiù) sesenza vita. Un corpo da cancella-re, da idolatrare, da profanare,neppure dopo la morte si lascia ilcorpo così com’è. Perché il corpoè come una pagina bianca su cuiogni comunità, ogni società, ognicultura scrive, disegna, incide ilproprio marchio. È uno dei prin-cipali strumenti attraverso cui igruppi umani esprimono il lorosenso di appartenenza. La provaè che non esiste società umanache lasci il corpo così come ma-dre natura ce lo fornisce: si tingo-no, si acconciano e si accorcianoi capelli, ci si rade, o no, si pittura-no visi e corpi, li si rimodella. Dal-le pratiche tribali alla chirurgiaestetica, sembra che gli esseri

umani vogliano strappare il cor-po dalla sua condizione origina-ria, «naturale», per renderlosempre più «culturale».

Sarà questo il filo conduttoreche lega i diversi interventi diDialoghi sull’uomo, a Pistoia dal27 al 29 maggio. Il corpo declina-to nelle sue diverse percezioni,letto attraverso gli sguardi di di-scipline diverse.

Sembra che il corpo, fornito-ci dalla natura, non soddisfi le esi-genze degli individui, che quel-l’insieme di muscoli, nervi, ossa,tessuti sia troppo «naturale» peressere vissuto come umano. Co-me se mancasse qualcosa: unaversione base a cui occorre ag-giungere degli optional.

Il corpo viene disegnato, inci-so, scolpito, amputato, modella-to. Quasi l'uomo volesse sancirecon queste operazioni il suo di-stacco dalla natura, marcarne ladifferenza, per spostarlo sul ter-reno della cultura.

I capelli, per esempio, vengo-no tagliati, acconciati, tinti, impa-stati con altre sostanze fino a di-ventare decorazione, cornice delvolto, espressione di appartenen-za a una società, a un gruppo, auna moda, a un’epoca. Dalle pit-ture facciali dei nativi di molteparti del mondo all'utilizzo di co-smetici per sfumare il colore del-la pelle del viso o per sottolinearei tratti degli occhi o delle labbra,diffuso tra le donne occidentali, èchiara la volontà di «disegnare»il nostro viso non solo in base amode imperanti, ma anche a se-

conda dello stato d'animo.In altri contesti, invece, si

vuole incidere il proprio corpoin modo irreversibile, indelebi-le. È il caso dei tatuaggi, praticanata in Polinesia, e poi diffusasianche in altre società, subendoinevitabili slittamenti semanti-ci, ma anche delle scarnificazio-ni e delle cicatrici etniche, che

segnano il volto di molti africa-ni, indicando il gruppo etnico diappartenenza e, talvolta, ancheil clan di origine.

Il corpo nella sua versione na-turale appare pertanto comeuna pagina bianca, su cui poterscrivere; il corpo «culturale», ela-borato, dipinto, segnato, diventaallora un testo, scritto in una lin-

gua particolare, che la rispettivacultura è in grado di decifrare.

Più o meno indelebili, i segnidi cui si è parlato finora rappre-sentano questioni di pelle, riguar-dano la superficie del nostro cor-po, ma si va oltre. Dai riti iniziati-ci segnati da prove inflitte allecarni umane, alle varie forme dicirconcisione, fino alla culturapunk il corpo diventa supporto emezzo indispensabile per attra-versare la soglia della normalitàe acquisire uno status diverso.La pelle e la carne vengono pene-trate, violando un confine consi-derato intangibile. La pelle, infat-ti, rappresenta il limite estremodel nostro corpo, il labile confineche separa il noi dal resto delmondo.

Il corpo diventa così, entrocerti limiti, materia malleabile,da personalizzare secondo sche-mi culturali o individuali, attra-verso cui gli individui possono

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

DIARIO DI LETTURA

Greco registadi scrittoriDopo Sciascia,ecco LucentiniCORTELLESSA P. XI

«Body Painting», 1970, una immagine del fotografo giappponese Hideki Fujii. Sue opere nel sito della Galleria on line «artistocratic.com»

Continua a pag. VII

NUMERO 1766ANNO XXXVSABATO 21 MAGGIO 2011

IL CRITICO

Nell’officinadi GolinoMadame Storiae Lady ScritturaSERRI P. II

CINEMA

A Cannestutti in posaDivi e registiscatti e profiliTROIANO-RONDOLINO P. IX

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

VIDEOINTERVISTA

Veladiano:il mio esordioda Strega

LA MEMORIA

Quando Godardlitigavacon Truffaut

tuttoLIBRI

Non dato di naturama materia malleabile:dalle pratiche tribalialla chirurgia estetica,dai tatuaggi ai trapianti

Gli antropologi ci diconoche è sempre stato così,oggi però la scienzae la tecnica si misuranocon nuove sfide etiche

p

STORIA

Le flottedi RomaUn millenariodominio sul mareBARBERO P. VI

SUL COMODINO

Ugo Nespoloun artistatra le dame

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Page 2: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

RENATOBARILLI

Più che tuffarmi subi-to in una recensione dell'ulti-mo romanzo di Mario Fortu-nato, Allegra Street, ennesimoprodotto di un narratore rego-lare e omogeneo, come risultadalla decina di opere da lui fat-te uscire in poco più di un ven-tennio, ritengo che sia utiletentare di inquadrarlo in unoschema generale. A questoproposito si può recuperareun'etichetta, per quanto stin-ta e generica, come quella di«nuovi romanzieri» con cui èstato indicato un valido grup-po di scrittori nostrani emersitra il finire dei '70 e negli annisuccessivi, capeggiati forse daAntonio Tabucchi, tra cui van-no pure collocati Andrea DeCarlo e Daniele Del Giudice; eappunto, appena un po' piùgiovane, il nostro Fortunato(1958). Quale, il loro identikit?

Essi ci parlano di un mon-do adulto, di persone in gene-re benestanti e di buona cultu-

ra, ben diverse dai protagonistidella «terza ondata», dalla squa-dra di narratori d'assalto emer-si negli anni '90, i quali si immer-gono nelle «nuove povertà» enell'inferno mediatico di oggi.Gli altri invece conducono finiperizie esistenziali sui loro per-sonaggi, affogati in un qualchegrado di benessere, senza pro-blemi di sussistenza, ma certodi orientamento in una difficilevita sessuale, tanto che ne risul-

ta la classica «ronde del'amour», ovvero un «incontrar-si e dirsi addio», scambi di part-ner, attrazioni omosessuali, na-scoste fino a un certo punto, mapoi manifestate allo scoperto.

Un quadro del genere siadatta a meraviglia ai protago-nisti di Allegra Street, capeggia-ti da Carlo e Paula, lui un fine di-plomatico italiano immerso neiriti della mondanità londinese,chiaro riflesso della circostanza

biografica che ha visto l'Autorereggere il nostro Istituto di cul-tura nella capitale inglese; lei,con tanto tempo libero, e sem-pre intenta a sfogliare la mar-gherita per decidere se rimane-re attaccata al suo compagno oconcedersi giri di valzer. Il tuttotra comprimari scossi pure lorodalle stesse ambiguità senti-mentali, non solo relative a per-sone dell'altro sesso, ma ad affa-scinanti soggetti del loro mede-

simo sesso, magari usciti dalleclassi inferiori, come è il caso diun conturbante massaggiatoredi nome Stefano.

Tanta incertezza esistenzia-le spinge i pallidi eroi in campo acercare di salvarsi affezionando-si a qualche amuleto di quelli giàcari a Montale. Nel romanzo inquestione si tratterà della gattaCelia, che scorrazza libera daun salotto all'altro, vero legametra i vari nuclei familiari diversi

e spesso reciprocamente avver-si. Volendo richiamare il desti-no generazionale da cui siamopartiti, si può aggiungere a que-sto punto il caso di Roberto Bar-bolini con le sue recenti Ricettedi famiglia, elementi inanimatima che funzionano proprio co-me la gatta Celia, a inserire pau-se di riflessione quando il filo esi-stenziale rischia di interromper-si; o quando al contrario portaad assumere troppe responsabi-lità, come succede a Paula, cheresta incinta nella relazione conCarlo, ma viene presa da ango-scia per quel peso che le si parainnanzi, fino a desiderarne in-consciamente la morte.

Ma allora, siamo in presenzadi una vicenda tetra, scorag-giante, che si apre e si chiudecon due morti? Se lo chiede an-che l'Autore, che si difende esi-bendo il titolo stesso in cui vieneagitato il fantasma dell'allegria.E allora si può terminare conuna chiosa alla maniera di Unga-retti, parlando di una «allegriadi naufraghi».

Covacich Una crociera lungo l’Adriaticotra verità e menzogna, tra video e nuotate

E la nave vanel mare nero

Per il diplomaticouna gattacome amuleto

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Risset, la vitache si riaccende

Nel «Tempo dell’istante»il profondo respiro della meditazione

ANGELOGUGLIELMI

Insieme a A perdifiatocon cui rivelò il suo non comunetalento A nome tuo è forse il mi-gliore romanzo di Mauro Covaci-ch. Come l'altro anche questo haper tema una corsa: lì reale, quiaffidata alla simulazione di unaripresa televisiva. Anzi diciamo-cela tutta qui il vero tema è la si-mulazione, in quanto menzognacome strada per la verità. A co-minciare dall’autore. Chi è Mau-ro Covacich? E’ un triestino (co-me capiamo dal nome) e cometutti i triestini non ha una identi-tà (il destino di tutti coloro che vi-vono ai confini?). L’italianità diTrieste è una bugia dei fascistiinventata per negare la discen-denza slovena. Ma come si puòvivere senza una identità (senzaun riferimento cui appoggiarsi)?In realtà è la condizione miglioreper uno scrittore. Covacich (è luistesso a confessarlo) è un grup-puscolo, la somma di più punti dicui ciascuno si proietta verso lasua avventura creando un ingan-nevolegiuoco di specchi al fondodel quale intravediamo immagi-ni inattese.

«Scrivere è imbrogliare.Sempre. Cosa è altrimenti un’in-venzione?Ma si può imbrogliarerimanendo onesti, trasmetten-do nell’invenzione la verità piùvera del proprio sé, il codice ci-frato di persona nascosto nelle fi-bre della scrittura?». Questa è lascommessa che Covacich, purvergognandosi della solennitàdell’assunto,affronta. E vince.

A nome tuo si compone di treparti: la prima («L’umiliazionedelle stelle») è un viaggio su unanave lungo l’Adriatico da Duraz-zo a Capodistria organizzato dalministero per la Festa del librocui lo scrittore partecipa in qua-

lità di ospite d’onore portando(inopinatamente)come testimo-nianza della sua opera di scritto-re il video della sua maratona(quaranta chilometri corsi suun nastro rimanendo fermo); laseconda («Musica d’aeropor-to») in cui torna il misteriosopersonaggio femminile con ilquale nella prima parte il prota-gonista scrittore ingaggia unasfida erotico-filosofica; la terzauna lettera tradotta in italianodal serbo croato.

Da Durazzo a Capodistria èun viaggio nella geografia e nel-la storia in cui, in un intreccio difantasia e realtà, si mischianopaesaggi e notazioni spesso acu-te dei Paesi visitati, l’immagine

nemmeno tanto desolante (som-mamente ironica) della burocra-zia ministeriale, testimonianzedell’inimicizia tra le varie etnieche confluiscono nella penisolabalcanica e, soprattutto, l’inquie-tudine scontrosa del protagoni-sta che, pur diffidente ma nonestraneo alla civiltà dei Paesi cheattraversa, tuttavia si chiede se laviolenza barbara che esplode esconcia quei luoghi non possa es-sere una carta salvifica per la de-cadenza (lo sdilinquirsi) della cul-turaoccidentale

E nella secondaparte abbiamopiù di un esempio di quella deca-denza sottolineata dalla dispera-zione dei giovani che si manifestain comportamenti inutilmentebrutali, la loro vocazione a perder-si tra la consapevolezza della man-canza di futuro (non serve la soli-darietà delle famiglie), il dubbiosulle ragioni dell’esistere e l’illusio-ne, cui non credono, dell’ipotesi diun «dopo». Solo a resistere è la sal-dezza del corpo, sfidato a non ce-dere come riconoscendo nella fisi-cità la possibile (nostra) ultimacertezza. E’ così che assistiamo al-le performance della protagonistafemminile (già presente di scorcionella prima quale coagente dell’au-

tore) impegnata a sforzare e sfini-re il proprio corpo spingendosi anuoto sempre più a largo in un ma-re sempre più nero fino alla sensa-zione (alla paura) di non riuscire atornare indietro. Né la sua sfida siferma qui (pur sempre riguardan-do la vita del corpo). Si è appenalaureata e finge con parenti e ami-ci di partecipare a un stage forma-tivo a Torino. In realtà i motivi deisuoi viaggi sono la sua attività diaiutare i malati terminali a toglier-si la vita. Assiste più di un casotanto di uomo che di donna. Fin-ché la sua collaborazione viene ri-chiesta da un ingegnere che non è

malato, solo non ne può più. Leienergicamente si rifiuta come co-sa contraria alle regole che si è da-ta. Lui insiste e insiste ancora. Trai due per settimane e mesi si stabi-lisce una lucida conversazione fin-ché lei se ne innamora ma è luiquesta volta a rifiutare. Non è que-sto che vuole da lei: nemmenol’amore batte la voglia di morire.

La terza parte è la lettera ano-nima tradotta in italiano che ilprotagonista scrittore aveva giàricevuta durante la traversata inmare ma quella volta la avevastrappata con il pretesto di non sa-pere il croato. In realtà il croato loconosce solo ha preferito mentirecome è sua abitudine e divisa. Enon mente anche quando propo-ne a prova del suo essere scrittoreil video della sua maratona? Tan-to più che, come è scritto nella let-tera, anche quel video è falso (l’im-magine della figura che corre noncoincide con quella dello scritto-re) rivelandosi doppiamente in-gannevole. «Ma lei - prosegue lalettera - è quel che fa... Quindi leinon ci ha fregati, mentendo ha ri-lasciato una deposizione autenti-ca, mentendo ha detto la verità:lei non ha segreti per noi. E que-sta... è la sua colpapeggiore».

NON SOLO ROSAMIA PELUSO

Così pasticcionacosì irresistibile

«Volevo essere una gatta morta»:l’esordio di Chiara Moscardelli

Fortunato Naufragareda un salotto all’altro

MIRELLASERRI

«Libri e donne si porta-no a letto», aveva sentenziatoWalter Benjamin. Ma per En-zo Golino i libri si portavano in-vece sul tappeto. Almeno quan-do era alle prime armi. «Era untappeto rettangolare e occupa-va il pavimento di una sala dapranzo anch’essa rettangola-re»: ha iniziato così il suo lungoviaggio di lettore, passando al-legramente e indistintamenteda Salgari a Pirandello, Mo-lière, Cechov, Eduardo De Fi-lippo, Dante e tanti altri anco-ra, il giornalista, saggista, uo-mo di tivù che, ha tenuto, per al-cuni decenni, il timone delle piùimportanti pagine culturali del-la penisola (da Repubblica, alCorriere della Sera a L’Espres-so). Ha cominciato a compul-sar volumi sdraiato a pancia ingiù, come racconta lui stesso

nella monumentale raccolta -circa mille pagine - dei suoiscritti, Madame Storia & LadyScrittura.

E non ha mai dimenticato lalibertà e la spensieratezza diquei primi anni, mescolando laverve del ragazzino partenopeopieno di curiosità e il successi-vo aplomb del lettore di profes-sione. Ha dato così vita a un du-plice identikit di critico: quellodel giornalista irriverente che,dalla tolda della corazzataEspresso, animava gli accani-menti e i furori e voleva spaz-zar via l’establishment cultura-le, e quello del raffinato erudi-to, dell’esegeta di stili e stilemiche, in pubblicazioni specializ-zate e in convegni accademici,si è applicato allo svisceramen-to della pagina. Che, semprepiù raramente, viene praticatosu quotidiani e giornali.

Con il passare del tempoquesta doppia anima si è sem-pre più ricomposta in interven-ti che potremmo definire «ser-vili», alla maniera di CesareGarboli: scritti per una commit-tenza (oltre che per le testateper cui ha lavorato, per rivistecome il Cavallo di Troia, NuoviArgomenti, Alias, Stilos, La rivi-sta dei libri) che finiscono per ri-costruire un secolo circa di let-teratura italiana.

Golino ripercorre in manie-ra molto suggestiva i romanzi

che più si cimentano con la real-tà, la storia e la denuncia socialee le opere che invece puntano alinguaggi innovativi e praticanola devozione, come dice lui stes-so, a «Lady Scrittura» piuttostoche a «Madame Storia».

Queste due tendenze si evi-denziano nettamente alla fine de-gli anni Cinquanta, quando auto-ri come Domenico Rea, MichelePrisco, Luigi Incoronato, LuigiCompagnone si sentirono segna-ti da un fallimento storico, dall’in-capacità di capire e carpire gliorientamenti dei nuovi tempi e ilmutamento antropologico chesegnava l’Italia del benessere.

Più attrezzati a cimentarsicon i nuovissimi Anni Sessanta

furono i Novissimi (cosi il titolodell’antologia) dell’avanguardiaitaliana. Guglielmi, Pagliarani,Manganelli, Arbasino, Eco, Bale-strini e altri, alla nascita delGruppo 63 si presentarono comeuna pattuglia molto coesa e ri-vendicheranno con determina-zione nei decenni successivi le lo-ro origini di gruppo, continuan-do a celebrare compleanni e a ri-cordare gli esordi (anche se conironia, come testimoniano questiversi di Sanguineti dedicati pro-prio a Golino: «più non sono quel-l’io che sono stato / ma nessuno èchi fu, caro Golino»).

Un grande solitario è inveceCarlo Emilio Gadda che unisceMadame Storia & Lady Scrittu-

ra: anche se «a giudici prevenutipuò apparire come un narratorerisolto in pura scrittura i suoicontenuti sono violenti, un ribolli-re di grumi di realtà». Il GranLombardo con la sua staturaspicca su tutti, è il navigatoreche non rientra in schemi e ag-gregazioni, come difficilmentepoi vi si inseriranno Calvino, Mo-rante, Savinio, Ortese, Moravia,Pasolini, fino a Magris, Ammani-ti, Vinci, Scarpa, Nove e altri.

Il punto di arrivo della moder-nità è la solitudine dell’autore. Ilmetodo più attuale per decritta-re le opere è quello del «palomba-ro» che scandaglia e riporta insuperficie le molteplici risonan-ze di un racconto adagiato su unlettino da psicoanalista. Il critico-sub, in immersione nel testo, nonè più diviso tra accademia e mili-tanza: già Luigi Russo vedeva gliuniversitari a volte «più dilettan-ti degli stessi giornalisti» e i gior-nalisti in alcuni casi «più severinelle loro esigenze critiche di ta-luni maestri universitari».

Oggi sono caduti gli steccati.Il «lettore di professione» si anni-da in entrambi gli schieramenti,meglio ancora, aggiungiamo noi,se dotato di una penna acuta e

sottile come quella di Golino.Che non a caso afferma che «unavita da lettore vale la pena di es-sere vissuta». Lui di vite da letto-re ne ha avute parecchie. Le havissute alla maniera di Iago. Chealla domanda di Desdemona«Che scriveresti di me, dovendofare il mio elogio?» risponde:«Non me lo chiedete... io non so-no che un critico». Iago è incapa-ce di encomi e per di più è un tra-ditore. Ma sa anche essere fran-co e assolutamente onesto: impa-rare da Iago, suggerisce Golinoche ha lasciato la sua improntaanche come maestro e allenato-re di tante nuove leve di addettiai lavori (e ai livori) tra tomi e re-censioni.

Il lettore italiano conosce Jac-queline Risset soprattutto peri suoi meriti di raffinata tra-

duttrice e saggista. Ricordiamoper esempio la sua versione di uncapolavoro del Novecento come Ilpartito preso delle cose di Fran-cis Ponge o un'opera in prosa co-me Le potenze del sonno.

Con Il tempo dell'istante (Ei-naudi, pp.190, € 14,50) antologiz-za suoi versi scritti negli ultimiventicinque anni, e li traduce leistessa in italiano. L'effetto è di si-curo interesse, perché il confrontofra testo francese e traduzione ri-vela una perdita minima dellaqualità nella nostra lingua. Que-sto è dovuto, oltre alle più evidentiragioni (auto traduzione e dun-que conoscenza massima del te-sto, sapienza letteraria, estro eacutezza dell'autrice ecc.), anche

a una sorta di equilibrio linguisti-co che sembra quasi già presup-porre una possibile realizzazionedella stessa idea poetica nelle duediverse lingue.

La Risset gioca su una sortadi narrazione lirica che le consen-te di muoversi su territori vari,con la centralità assegnata allameditazione, in varie forme, sultempo, sul senso dell'istante, che,come annota lei stessa, «è lo scat-to in cui la vita si riaccende», è loscarto in cui la vita, vitalmente, sisospende. L’autrice si appoggia al-la memoria culturale o alle circo-stanze di cronaca e storia. EvocaLeopardi o Lautréamont, Flau-bert o Mallarmé, ma fa riferimen-to anche agli anni di piombo o auna visita di Indira Gandhi a Ro-ma. Ragiona in versi molto elasti-ci di «physique amoureuse» o traespunto dalla musica di TheloniusMonk. Insomma, un vivo coacervo

di esperienze e riflessioni in versi.Al tempo e all'istante di dedica

anche Giovanni Parrini, nel suo ter-zo libro, Nell'oltre delle cose (Inter-linea, p.66, € 12), aperto da un otti-mo intervento di Giovanna Ioli. Par-rini è un poeta di pensiero, in cui larealtà è affrontata con mentalitàscientifica, e che compie una sortadi viaggio intellettuale «che partedalla concretezza del mondo pergiungere al segreto che circondal'universo» (Ioli). Quello che di luisoprattutto persuade è la profondi-tà dello sguardo, l'asciuttezza deldire, la capacità di tenere elevato ildiscorso senza troppo concedersi all'astrazione, ma riuscendo a convoca-re una serie controllata di immagi-ni in grado di tradurre il pensiero insostanza lirica. Con momenti, an-che, di tensione o quasi commozio-ne: «Chiuse un attimo gli occhi,ascoltando il lavorìo remoto deitrattori, / un latrare di cani dilatar-si, mescolarsi alla bruma, / l'operaindefinibile dell'uomo, / stupenda erassegnata / alla necessità / dellasua gloria oscura».

A Gaetano Pepe do subito il soli-to consiglio: legga la poesia contem-poranea; e poi: eviti uscite decisa-mente piatte («Io che ho studiato fi-no ad ieri /[…] /Invio curricula nelvuoto, /migliaia di mail che nessu-no leggerà»), non si conceda a pas-saggi da libro di lettura di saporeottocentesco («Comprenderai le la-crime di tuo padre, /gli abbracci ditua madre, /il lor verbo confortevo-le»). Muoversi in modo lineare e so-brio, comunque, può agevolare ilcammino, rendere più plausibile ilverso, come gli accade qui: «Quan-do sfiori la fine con un dito /e ti vediassorto nel buio eterno, /respiri pol-vere e null'altro /fino a sentirti man-care il fiato».

Anche Angelo Pini si rivolge al-la sua realtà, com'è giusto che sia,ma riesce a farlo deformandola conesiti di una piuttosto originale ener-gia, con ampiezza di respiro grazieal verso lungo: «E il bipolare mi un-cinò di nuovo, mi mascherò /sorri-dente e scemo in una pozzangheragelata d'ansia, /col cellulare coisuoi bip musicali e vasto di tenerez-ze arance /esaudite mi mise controil muro allo specchio vidi l'altro».Rinunci a compiacersi troppo in so-luzioni artificiose.

Si inneggiava nel nuovo ro-sa all’uso dell’ironia, e an-zi dell’autoironia nelle

giovani autrici - quasi fosse unascoperta nella scrittura delledonne - alla cui luce venivanoanalizzati problemi concreti diragazze alle prese con la vita,quali la lotta per il lavoro o ad-dirittura per la sopravvivenza,senza dimenticare l’Amore,quello con la maiuscola, con laacquietante certezza di un hap-py ending.

Tutti temi ben presenti aChiara Moscardelli, al suo oc-chio acuto e alla sua penna,piuttosto abile per un’esordien-te, nella quale si coglie peraltroun solido apparato di letture equella cultura di battaglia indi-spensabile per orientarsi nel la-birinto ingannevole delle misereopportunità - ammesso che neesistano - offerte oggi dal mon-do del lavoro.

Il suo primo romanzo, Vole-vo essere una gatta morta (Ei-naudi, pp. 246, € 13,50) è unasorta di anti-chicklit nei toni, so-lido eppur scritto con mano leg-gera, impietosa eppure diun’agritudine complice e amore-vole che, nell’apparente identitàdei temi opta tuttavia per unasoluzione estranea alla nuovaletteratura femminile, sceglien-do anzitutto di non risolvere infiaba ma accettare le contraddi-zioni del reale in parte gradevo-li in parte immodificabili.

La protagonista Chiara èuna Bridget Jones (più volte ci-tata nel libro) di serio pensieroche non si ritrova con due uomi-ni come Colin Firth e HughGrant a fare da cascamorti a leicon le sue improbabili mutandeascellari a coronare l'ingloriosaciccia, una figura che in fondoripropone portandolo agli estre-mi l'eterno mito di Cenerentola,una Cenerentola che non si tra-sforma in bel cigno ma vieneamata come brutto anatroccolo.Sebbene anche lei si senta unbrutto anatroccolo, è però viva,spiritosa, vitale e soprattuttocapace di amicizia rara e pro-fonda; sa essere forte nelle vicen-de pratiche, pure quando tuttole si volge amabilmente contro,

come i tanti marchingegni tec-nologici nei film di Jerry Lewis.Insomma è vera, inadeguata,pasticciona. Irresistibile.

Idealizza un ragazzo, credenelle sue promesse vane, loaspetta interiormente strepitan-do e inondando di lacrime gliamici scettici - tra i quali unoche parla con competenza dei se-greti di Matisse, che però non èil pittore ma il suo cane - ma at-tendendone fedele, sempre rige-nerantesi, l'amore. Perché an-che lei, come Elizabeth Bennet,è stata educata al mito dell’en-chanting prince. Solo che aitempi di Jane Austen un uomosuo pari, capace di mirare agliocchi e riconoscerne l'intelligen-za, esisteva; mentre ora, alla ra-gazza ribelle e solida si presen-tano maschi deboli e farfalloni,

incapaci persino di un rapportosessuale soddisfacente, piagno-ni, pronti a donare e ricevereamicizia, ma altrettanto inclinia rincorrere le gatte morte.

Il fatto è che Chiara non è co-sì. Forse, a suo dire, perché è na-ta podalica e quindi sovversivarispetto alla norma. Vorrebbesaper sbattere a tempo le ciglia,fingersi in perenne bisogno diprotezione, identificare con unsolo colpo d'occhio tra corteg-giatori quello dalla carriera piùpromettente. Ma come molte al-tre sue coetanee proprio non cela fa, sicché non le si apre il por-tone dell’amore.

Una lettura piacevole, scan-dita dai miti televisivi e cinema-tografici degli Anni Ottanta eNovanta, sapiente nelle partizio-ni, dalla tragedia annunciatadell’inizio al finale liberatorio,un po’ smorzato e frettoloso.

pp Mario Fortunatop ALLEGRA STREETp Bompiani, pp. 247, € 16,50

«Madame Storia& Lady Scrittura»:tra le opere cheraccontano la realtàe i linguaggi innovativi

pp Enzo Golinop MADAME STORIA

& LADY SCRITTURASaggi Cronache Intervistep Le Lettere, pp. 995, € 48

Il volume riunisce gli scritti dedi-cati dall’autore a scrittori italianie/o a nostri studiosi di scrittoristranieri, attraverrsando il Nove-cento. Una sezione affronta il rap-porto tra letteratura, critica, gior-nali, televisione.

Golino I suoi «scritti servili» ripercorronoun secolo di storia della letteratura italiana

Su tutti spicca Gadda,il Gran Lombardo,navigatore chenon rientra in schemie aggregazioni pp Mauro Covacich

p A NOME TUOp Einaudi, pp.337, € 22

Jacqueline Risset

Enzo Golino, timoniere di lungo corso delle pagine culturali

Se il critico èuno scugnizzo

Mauro Covacich, nel romanzo «A nome tuo», si pone e vince la sfida della scrittura: «Si può imbrogliare restando onesti»

Chiara Moscardelli

Mario Fortunato

«A nome tuo»:uno scrittore si chiedese può trasmetterenell’inventareil suo autentico essere

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA III

Questo libro è disponibile anche in versione ebookwww.facebook.com/sperling.kupfer

www.sperling.it

«Appassionato come una storia romantica,misterioso come un racconto gotico. Un grande talento internazionale.»

In tutte le librerie

3 MILIONI DI COPIE VENDUTE

Page 3: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

RENATOBARILLI

Più che tuffarmi subi-to in una recensione dell'ulti-mo romanzo di Mario Fortu-nato, Allegra Street, ennesimoprodotto di un narratore rego-lare e omogeneo, come risultadalla decina di opere da lui fat-te uscire in poco più di un ven-tennio, ritengo che sia utiletentare di inquadrarlo in unoschema generale. A questoproposito si può recuperareun'etichetta, per quanto stin-ta e generica, come quella di«nuovi romanzieri» con cui èstato indicato un valido grup-po di scrittori nostrani emersitra il finire dei '70 e negli annisuccessivi, capeggiati forse daAntonio Tabucchi, tra cui van-no pure collocati Andrea DeCarlo e Daniele Del Giudice; eappunto, appena un po' piùgiovane, il nostro Fortunato(1958). Quale, il loro identikit?

Essi ci parlano di un mon-do adulto, di persone in gene-re benestanti e di buona cultu-

ra, ben diverse dai protagonistidella «terza ondata», dalla squa-dra di narratori d'assalto emer-si negli anni '90, i quali si immer-gono nelle «nuove povertà» enell'inferno mediatico di oggi.Gli altri invece conducono finiperizie esistenziali sui loro per-sonaggi, affogati in un qualchegrado di benessere, senza pro-blemi di sussistenza, ma certodi orientamento in una difficilevita sessuale, tanto che ne risul-

ta la classica «ronde del'amour», ovvero un «incontrar-si e dirsi addio», scambi di part-ner, attrazioni omosessuali, na-scoste fino a un certo punto, mapoi manifestate allo scoperto.

Un quadro del genere siadatta a meraviglia ai protago-nisti di Allegra Street, capeggia-ti da Carlo e Paula, lui un fine di-plomatico italiano immerso neiriti della mondanità londinese,chiaro riflesso della circostanza

biografica che ha visto l'Autorereggere il nostro Istituto di cul-tura nella capitale inglese; lei,con tanto tempo libero, e sem-pre intenta a sfogliare la mar-gherita per decidere se rimane-re attaccata al suo compagno oconcedersi giri di valzer. Il tuttotra comprimari scossi pure lorodalle stesse ambiguità senti-mentali, non solo relative a per-sone dell'altro sesso, ma ad affa-scinanti soggetti del loro mede-

simo sesso, magari usciti dalleclassi inferiori, come è il caso diun conturbante massaggiatoredi nome Stefano.

Tanta incertezza esistenzia-le spinge i pallidi eroi in campo acercare di salvarsi affezionando-si a qualche amuleto di quelli giàcari a Montale. Nel romanzo inquestione si tratterà della gattaCelia, che scorrazza libera daun salotto all'altro, vero legametra i vari nuclei familiari diversi

e spesso reciprocamente avver-si. Volendo richiamare il desti-no generazionale da cui siamopartiti, si può aggiungere a que-sto punto il caso di Roberto Bar-bolini con le sue recenti Ricettedi famiglia, elementi inanimatima che funzionano proprio co-me la gatta Celia, a inserire pau-se di riflessione quando il filo esi-stenziale rischia di interromper-si; o quando al contrario portaad assumere troppe responsabi-lità, come succede a Paula, cheresta incinta nella relazione conCarlo, ma viene presa da ango-scia per quel peso che le si parainnanzi, fino a desiderarne in-consciamente la morte.

Ma allora, siamo in presenzadi una vicenda tetra, scorag-giante, che si apre e si chiudecon due morti? Se lo chiede an-che l'Autore, che si difende esi-bendo il titolo stesso in cui vieneagitato il fantasma dell'allegria.E allora si può terminare conuna chiosa alla maniera di Unga-retti, parlando di una «allegriadi naufraghi».

Covacich Una crociera lungo l’Adriaticotra verità e menzogna, tra video e nuotate

E la nave vanel mare nero

Per il diplomaticouna gattacome amuleto

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Risset, la vitache si riaccende

Nel «Tempo dell’istante»il profondo respiro della meditazione

ANGELOGUGLIELMI

Insieme a A perdifiatocon cui rivelò il suo non comunetalento A nome tuo è forse il mi-gliore romanzo di Mauro Covaci-ch. Come l'altro anche questo haper tema una corsa: lì reale, quiaffidata alla simulazione di unaripresa televisiva. Anzi diciamo-cela tutta qui il vero tema è la si-mulazione, in quanto menzognacome strada per la verità. A co-minciare dall’autore. Chi è Mau-ro Covacich? E’ un triestino (co-me capiamo dal nome) e cometutti i triestini non ha una identi-tà (il destino di tutti coloro che vi-vono ai confini?). L’italianità diTrieste è una bugia dei fascistiinventata per negare la discen-denza slovena. Ma come si puòvivere senza una identità (senzaun riferimento cui appoggiarsi)?In realtà è la condizione miglioreper uno scrittore. Covacich (è luistesso a confessarlo) è un grup-puscolo, la somma di più punti dicui ciascuno si proietta verso lasua avventura creando un ingan-nevolegiuoco di specchi al fondodel quale intravediamo immagi-ni inattese.

«Scrivere è imbrogliare.Sempre. Cosa è altrimenti un’in-venzione?Ma si può imbrogliarerimanendo onesti, trasmetten-do nell’invenzione la verità piùvera del proprio sé, il codice ci-frato di persona nascosto nelle fi-bre della scrittura?». Questa è lascommessa che Covacich, purvergognandosi della solennitàdell’assunto,affronta. E vince.

A nome tuo si compone di treparti: la prima («L’umiliazionedelle stelle») è un viaggio su unanave lungo l’Adriatico da Duraz-zo a Capodistria organizzato dalministero per la Festa del librocui lo scrittore partecipa in qua-

lità di ospite d’onore portando(inopinatamente)come testimo-nianza della sua opera di scritto-re il video della sua maratona(quaranta chilometri corsi suun nastro rimanendo fermo); laseconda («Musica d’aeropor-to») in cui torna il misteriosopersonaggio femminile con ilquale nella prima parte il prota-gonista scrittore ingaggia unasfida erotico-filosofica; la terzauna lettera tradotta in italianodal serbo croato.

Da Durazzo a Capodistria èun viaggio nella geografia e nel-la storia in cui, in un intreccio difantasia e realtà, si mischianopaesaggi e notazioni spesso acu-te dei Paesi visitati, l’immagine

nemmeno tanto desolante (som-mamente ironica) della burocra-zia ministeriale, testimonianzedell’inimicizia tra le varie etnieche confluiscono nella penisolabalcanica e, soprattutto, l’inquie-tudine scontrosa del protagoni-sta che, pur diffidente ma nonestraneo alla civiltà dei Paesi cheattraversa, tuttavia si chiede se laviolenza barbara che esplode esconcia quei luoghi non possa es-sere una carta salvifica per la de-cadenza (lo sdilinquirsi) della cul-turaoccidentale

E nella secondaparte abbiamopiù di un esempio di quella deca-denza sottolineata dalla dispera-zione dei giovani che si manifestain comportamenti inutilmentebrutali, la loro vocazione a perder-si tra la consapevolezza della man-canza di futuro (non serve la soli-darietà delle famiglie), il dubbiosulle ragioni dell’esistere e l’illusio-ne, cui non credono, dell’ipotesi diun «dopo». Solo a resistere è la sal-dezza del corpo, sfidato a non ce-dere come riconoscendo nella fisi-cità la possibile (nostra) ultimacertezza. E’ così che assistiamo al-le performance della protagonistafemminile (già presente di scorcionella prima quale coagente dell’au-

tore) impegnata a sforzare e sfini-re il proprio corpo spingendosi anuoto sempre più a largo in un ma-re sempre più nero fino alla sensa-zione (alla paura) di non riuscire atornare indietro. Né la sua sfida siferma qui (pur sempre riguardan-do la vita del corpo). Si è appenalaureata e finge con parenti e ami-ci di partecipare a un stage forma-tivo a Torino. In realtà i motivi deisuoi viaggi sono la sua attività diaiutare i malati terminali a toglier-si la vita. Assiste più di un casotanto di uomo che di donna. Fin-ché la sua collaborazione viene ri-chiesta da un ingegnere che non è

malato, solo non ne può più. Leienergicamente si rifiuta come co-sa contraria alle regole che si è da-ta. Lui insiste e insiste ancora. Trai due per settimane e mesi si stabi-lisce una lucida conversazione fin-ché lei se ne innamora ma è luiquesta volta a rifiutare. Non è que-sto che vuole da lei: nemmenol’amore batte la voglia di morire.

La terza parte è la lettera ano-nima tradotta in italiano che ilprotagonista scrittore aveva giàricevuta durante la traversata inmare ma quella volta la avevastrappata con il pretesto di non sa-pere il croato. In realtà il croato loconosce solo ha preferito mentirecome è sua abitudine e divisa. Enon mente anche quando propo-ne a prova del suo essere scrittoreil video della sua maratona? Tan-to più che, come è scritto nella let-tera, anche quel video è falso (l’im-magine della figura che corre noncoincide con quella dello scritto-re) rivelandosi doppiamente in-gannevole. «Ma lei - prosegue lalettera - è quel che fa... Quindi leinon ci ha fregati, mentendo ha ri-lasciato una deposizione autenti-ca, mentendo ha detto la verità:lei non ha segreti per noi. E que-sta... è la sua colpapeggiore».

NON SOLO ROSAMIA PELUSO

Così pasticcionacosì irresistibile

«Volevo essere una gatta morta»:l’esordio di Chiara Moscardelli

Fortunato Naufragareda un salotto all’altro

MIRELLASERRI

«Libri e donne si porta-no a letto», aveva sentenziatoWalter Benjamin. Ma per En-zo Golino i libri si portavano in-vece sul tappeto. Almeno quan-do era alle prime armi. «Era untappeto rettangolare e occupa-va il pavimento di una sala dapranzo anch’essa rettangola-re»: ha iniziato così il suo lungoviaggio di lettore, passando al-legramente e indistintamenteda Salgari a Pirandello, Mo-lière, Cechov, Eduardo De Fi-lippo, Dante e tanti altri anco-ra, il giornalista, saggista, uo-mo di tivù che, ha tenuto, per al-cuni decenni, il timone delle piùimportanti pagine culturali del-la penisola (da Repubblica, alCorriere della Sera a L’Espres-so). Ha cominciato a compul-sar volumi sdraiato a pancia ingiù, come racconta lui stesso

nella monumentale raccolta -circa mille pagine - dei suoiscritti, Madame Storia & LadyScrittura.

E non ha mai dimenticato lalibertà e la spensieratezza diquei primi anni, mescolando laverve del ragazzino partenopeopieno di curiosità e il successi-vo aplomb del lettore di profes-sione. Ha dato così vita a un du-plice identikit di critico: quellodel giornalista irriverente che,dalla tolda della corazzataEspresso, animava gli accani-menti e i furori e voleva spaz-zar via l’establishment cultura-le, e quello del raffinato erudi-to, dell’esegeta di stili e stilemiche, in pubblicazioni specializ-zate e in convegni accademici,si è applicato allo svisceramen-to della pagina. Che, semprepiù raramente, viene praticatosu quotidiani e giornali.

Con il passare del tempoquesta doppia anima si è sem-pre più ricomposta in interven-ti che potremmo definire «ser-vili», alla maniera di CesareGarboli: scritti per una commit-tenza (oltre che per le testateper cui ha lavorato, per rivistecome il Cavallo di Troia, NuoviArgomenti, Alias, Stilos, La rivi-sta dei libri) che finiscono per ri-costruire un secolo circa di let-teratura italiana.

Golino ripercorre in manie-ra molto suggestiva i romanzi

che più si cimentano con la real-tà, la storia e la denuncia socialee le opere che invece puntano alinguaggi innovativi e praticanola devozione, come dice lui stes-so, a «Lady Scrittura» piuttostoche a «Madame Storia».

Queste due tendenze si evi-denziano nettamente alla fine de-gli anni Cinquanta, quando auto-ri come Domenico Rea, MichelePrisco, Luigi Incoronato, LuigiCompagnone si sentirono segna-ti da un fallimento storico, dall’in-capacità di capire e carpire gliorientamenti dei nuovi tempi e ilmutamento antropologico chesegnava l’Italia del benessere.

Più attrezzati a cimentarsicon i nuovissimi Anni Sessanta

furono i Novissimi (cosi il titolodell’antologia) dell’avanguardiaitaliana. Guglielmi, Pagliarani,Manganelli, Arbasino, Eco, Bale-strini e altri, alla nascita delGruppo 63 si presentarono comeuna pattuglia molto coesa e ri-vendicheranno con determina-zione nei decenni successivi le lo-ro origini di gruppo, continuan-do a celebrare compleanni e a ri-cordare gli esordi (anche se conironia, come testimoniano questiversi di Sanguineti dedicati pro-prio a Golino: «più non sono quel-l’io che sono stato / ma nessuno èchi fu, caro Golino»).

Un grande solitario è inveceCarlo Emilio Gadda che unisceMadame Storia & Lady Scrittu-

ra: anche se «a giudici prevenutipuò apparire come un narratorerisolto in pura scrittura i suoicontenuti sono violenti, un ribolli-re di grumi di realtà». Il GranLombardo con la sua staturaspicca su tutti, è il navigatoreche non rientra in schemi e ag-gregazioni, come difficilmentepoi vi si inseriranno Calvino, Mo-rante, Savinio, Ortese, Moravia,Pasolini, fino a Magris, Ammani-ti, Vinci, Scarpa, Nove e altri.

Il punto di arrivo della moder-nità è la solitudine dell’autore. Ilmetodo più attuale per decritta-re le opere è quello del «palomba-ro» che scandaglia e riporta insuperficie le molteplici risonan-ze di un racconto adagiato su unlettino da psicoanalista. Il critico-sub, in immersione nel testo, nonè più diviso tra accademia e mili-tanza: già Luigi Russo vedeva gliuniversitari a volte «più dilettan-ti degli stessi giornalisti» e i gior-nalisti in alcuni casi «più severinelle loro esigenze critiche di ta-luni maestri universitari».

Oggi sono caduti gli steccati.Il «lettore di professione» si anni-da in entrambi gli schieramenti,meglio ancora, aggiungiamo noi,se dotato di una penna acuta e

sottile come quella di Golino.Che non a caso afferma che «unavita da lettore vale la pena di es-sere vissuta». Lui di vite da letto-re ne ha avute parecchie. Le havissute alla maniera di Iago. Chealla domanda di Desdemona«Che scriveresti di me, dovendofare il mio elogio?» risponde:«Non me lo chiedete... io non so-no che un critico». Iago è incapa-ce di encomi e per di più è un tra-ditore. Ma sa anche essere fran-co e assolutamente onesto: impa-rare da Iago, suggerisce Golinoche ha lasciato la sua improntaanche come maestro e allenato-re di tante nuove leve di addettiai lavori (e ai livori) tra tomi e re-censioni.

Il lettore italiano conosce Jac-queline Risset soprattutto peri suoi meriti di raffinata tra-

duttrice e saggista. Ricordiamoper esempio la sua versione di uncapolavoro del Novecento come Ilpartito preso delle cose di Fran-cis Ponge o un'opera in prosa co-me Le potenze del sonno.

Con Il tempo dell'istante (Ei-naudi, pp.190, € 14,50) antologiz-za suoi versi scritti negli ultimiventicinque anni, e li traduce leistessa in italiano. L'effetto è di si-curo interesse, perché il confrontofra testo francese e traduzione ri-vela una perdita minima dellaqualità nella nostra lingua. Que-sto è dovuto, oltre alle più evidentiragioni (auto traduzione e dun-que conoscenza massima del te-sto, sapienza letteraria, estro eacutezza dell'autrice ecc.), anche

a una sorta di equilibrio linguisti-co che sembra quasi già presup-porre una possibile realizzazionedella stessa idea poetica nelle duediverse lingue.

La Risset gioca su una sortadi narrazione lirica che le consen-te di muoversi su territori vari,con la centralità assegnata allameditazione, in varie forme, sultempo, sul senso dell'istante, che,come annota lei stessa, «è lo scat-to in cui la vita si riaccende», è loscarto in cui la vita, vitalmente, sisospende. L’autrice si appoggia al-la memoria culturale o alle circo-stanze di cronaca e storia. EvocaLeopardi o Lautréamont, Flau-bert o Mallarmé, ma fa riferimen-to anche agli anni di piombo o auna visita di Indira Gandhi a Ro-ma. Ragiona in versi molto elasti-ci di «physique amoureuse» o traespunto dalla musica di TheloniusMonk. Insomma, un vivo coacervo

di esperienze e riflessioni in versi.Al tempo e all'istante di dedica

anche Giovanni Parrini, nel suo ter-zo libro, Nell'oltre delle cose (Inter-linea, p.66, € 12), aperto da un otti-mo intervento di Giovanna Ioli. Par-rini è un poeta di pensiero, in cui larealtà è affrontata con mentalitàscientifica, e che compie una sortadi viaggio intellettuale «che partedalla concretezza del mondo pergiungere al segreto che circondal'universo» (Ioli). Quello che di luisoprattutto persuade è la profondi-tà dello sguardo, l'asciuttezza deldire, la capacità di tenere elevato ildiscorso senza troppo concedersi all'astrazione, ma riuscendo a convoca-re una serie controllata di immagi-ni in grado di tradurre il pensiero insostanza lirica. Con momenti, an-che, di tensione o quasi commozio-ne: «Chiuse un attimo gli occhi,ascoltando il lavorìo remoto deitrattori, / un latrare di cani dilatar-si, mescolarsi alla bruma, / l'operaindefinibile dell'uomo, / stupenda erassegnata / alla necessità / dellasua gloria oscura».

A Gaetano Pepe do subito il soli-to consiglio: legga la poesia contem-poranea; e poi: eviti uscite decisa-mente piatte («Io che ho studiato fi-no ad ieri /[…] /Invio curricula nelvuoto, /migliaia di mail che nessu-no leggerà»), non si conceda a pas-saggi da libro di lettura di saporeottocentesco («Comprenderai le la-crime di tuo padre, /gli abbracci ditua madre, /il lor verbo confortevo-le»). Muoversi in modo lineare e so-brio, comunque, può agevolare ilcammino, rendere più plausibile ilverso, come gli accade qui: «Quan-do sfiori la fine con un dito /e ti vediassorto nel buio eterno, /respiri pol-vere e null'altro /fino a sentirti man-care il fiato».

Anche Angelo Pini si rivolge al-la sua realtà, com'è giusto che sia,ma riesce a farlo deformandola conesiti di una piuttosto originale ener-gia, con ampiezza di respiro grazieal verso lungo: «E il bipolare mi un-cinò di nuovo, mi mascherò /sorri-dente e scemo in una pozzangheragelata d'ansia, /col cellulare coisuoi bip musicali e vasto di tenerez-ze arance /esaudite mi mise controil muro allo specchio vidi l'altro».Rinunci a compiacersi troppo in so-luzioni artificiose.

Si inneggiava nel nuovo ro-sa all’uso dell’ironia, e an-zi dell’autoironia nelle

giovani autrici - quasi fosse unascoperta nella scrittura delledonne - alla cui luce venivanoanalizzati problemi concreti diragazze alle prese con la vita,quali la lotta per il lavoro o ad-dirittura per la sopravvivenza,senza dimenticare l’Amore,quello con la maiuscola, con laacquietante certezza di un hap-py ending.

Tutti temi ben presenti aChiara Moscardelli, al suo oc-chio acuto e alla sua penna,piuttosto abile per un’esordien-te, nella quale si coglie peraltroun solido apparato di letture equella cultura di battaglia indi-spensabile per orientarsi nel la-birinto ingannevole delle misereopportunità - ammesso che neesistano - offerte oggi dal mon-do del lavoro.

Il suo primo romanzo, Vole-vo essere una gatta morta (Ei-naudi, pp. 246, € 13,50) è unasorta di anti-chicklit nei toni, so-lido eppur scritto con mano leg-gera, impietosa eppure diun’agritudine complice e amore-vole che, nell’apparente identitàdei temi opta tuttavia per unasoluzione estranea alla nuovaletteratura femminile, sceglien-do anzitutto di non risolvere infiaba ma accettare le contraddi-zioni del reale in parte gradevo-li in parte immodificabili.

La protagonista Chiara èuna Bridget Jones (più volte ci-tata nel libro) di serio pensieroche non si ritrova con due uomi-ni come Colin Firth e HughGrant a fare da cascamorti a leicon le sue improbabili mutandeascellari a coronare l'ingloriosaciccia, una figura che in fondoripropone portandolo agli estre-mi l'eterno mito di Cenerentola,una Cenerentola che non si tra-sforma in bel cigno ma vieneamata come brutto anatroccolo.Sebbene anche lei si senta unbrutto anatroccolo, è però viva,spiritosa, vitale e soprattuttocapace di amicizia rara e pro-fonda; sa essere forte nelle vicen-de pratiche, pure quando tuttole si volge amabilmente contro,

come i tanti marchingegni tec-nologici nei film di Jerry Lewis.Insomma è vera, inadeguata,pasticciona. Irresistibile.

Idealizza un ragazzo, credenelle sue promesse vane, loaspetta interiormente strepitan-do e inondando di lacrime gliamici scettici - tra i quali unoche parla con competenza dei se-greti di Matisse, che però non èil pittore ma il suo cane - ma at-tendendone fedele, sempre rige-nerantesi, l'amore. Perché an-che lei, come Elizabeth Bennet,è stata educata al mito dell’en-chanting prince. Solo che aitempi di Jane Austen un uomosuo pari, capace di mirare agliocchi e riconoscerne l'intelligen-za, esisteva; mentre ora, alla ra-gazza ribelle e solida si presen-tano maschi deboli e farfalloni,

incapaci persino di un rapportosessuale soddisfacente, piagno-ni, pronti a donare e ricevereamicizia, ma altrettanto inclinia rincorrere le gatte morte.

Il fatto è che Chiara non è co-sì. Forse, a suo dire, perché è na-ta podalica e quindi sovversivarispetto alla norma. Vorrebbesaper sbattere a tempo le ciglia,fingersi in perenne bisogno diprotezione, identificare con unsolo colpo d'occhio tra corteg-giatori quello dalla carriera piùpromettente. Ma come molte al-tre sue coetanee proprio non cela fa, sicché non le si apre il por-tone dell’amore.

Una lettura piacevole, scan-dita dai miti televisivi e cinema-tografici degli Anni Ottanta eNovanta, sapiente nelle partizio-ni, dalla tragedia annunciatadell’inizio al finale liberatorio,un po’ smorzato e frettoloso.

pp Mario Fortunatop ALLEGRA STREETp Bompiani, pp. 247, € 16,50

«Madame Storia& Lady Scrittura»:tra le opere cheraccontano la realtàe i linguaggi innovativi

pp Enzo Golinop MADAME STORIA

& LADY SCRITTURASaggi Cronache Intervistep Le Lettere, pp. 995, € 48

Il volume riunisce gli scritti dedi-cati dall’autore a scrittori italianie/o a nostri studiosi di scrittoristranieri, attraverrsando il Nove-cento. Una sezione affronta il rap-porto tra letteratura, critica, gior-nali, televisione.

Golino I suoi «scritti servili» ripercorronoun secolo di storia della letteratura italiana

Su tutti spicca Gadda,il Gran Lombardo,navigatore chenon rientra in schemie aggregazioni pp Mauro Covacich

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Jacqueline Risset

Enzo Golino, timoniere di lungo corso delle pagine culturali

Se il critico èuno scugnizzo

Mauro Covacich, nel romanzo «A nome tuo», si pone e vince la sfida della scrittura: «Si può imbrogliare restando onesti»

Chiara Moscardelli

Mario Fortunato

«A nome tuo»:uno scrittore si chiedese può trasmetterenell’inventareil suo autentico essere

Scrittori italianiIITuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA III

Page 4: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

UNA SVEDESE PER FOBirgittaTrotzig -mortanella suacasadiLund, sabato14maggio -dal1993autorevolemembrodell'AccademiadiSvezia, erastatadecisivaper l'assegnazione delpremioNobelaDarioFonel1997.Scomparecon lei, natanel1929aGöteborg,unadelle vocipoetichepiùaltenon solodella letteraturasvedesecontemporanea. Lasuafamasièconsolidata nel tempo,anchenel suoPaese dove laconversionealla fedecattolical'aveva resadapprimaalmenosingolareagliocchidei connazionaliprotestanti. Poetessa, romanziera - ilsuocapolavoronarrativo èLafigliadelRerospo (1985) -daAnima(1982) finoaSammanhang -material (1996), laTrotzighascrittounapoesiapiùspesso inprosa,caricadi vibrazioni segrete, disguardo fermosuldolore, sulmaleesullamorte, ediprofonda pietà,disentimentodello splendore della vitaedella speranza. In relazioneconscrittori,poeti eartisti di tanti Paesi,laTrotzig haavutoconNelly Sachsun legame diaffetto, poesiaeprofondo, comune, sentimentodellavita. Sposata con ilpittoreUlfTrotzig,hadatounnotevolecontributoanchenelcampodellacriticad'arte.Vissuta a lungo inFrancia,Spagna eItalia, avevamantenutosaldi legami con lanostracultura.Avevaseguito conattenzione le traduzionidelle sueantologie Il sonnodelmondo.Poesie1954-1996 (Fondazione Piazzolla,1997)eNel fiume di luce.Poesie1954-2008 (OscarMondadori,2008,acura dichi scrive). DanielaMarcheschi

Finkielkraut La letteratura come trinceacontro i fanatismi dell’ideale, nelle paginedi Camus e Grossman, Roth e Kundera

SANDROCAPPELLETTO

Un libro violento, fisi-co: «Il prete continuò a trasci-narmi finché la camicia si la-cerò, poi si tolse la cintura eme la legò attorno al collo co-me un guinzaglio». Accumula-tivo: «Udii i guaiti francesidella governante Marie, i gru-gniti di un maialino, i rumoriacquatici di uno straccio pre-muto in un secchio, una man-naia che tranciava un osso, ilchiacchiericcio di due fante-sche, il gemito del vento...».

Richard Harvell, giovanestudioso di letteratura inglese,nato negli Stati Uniti, residen-te a Basilea, esordisce conL’esatta melodia dell’aria, oratradotto da Alessandro Stortiper l’Editrice Nord. Il titolo ori-ginale di questo non stringatomelodramma su carta, The bel-ls, le campane, era più diretto.

Protagonista è Moses, figliodi una madre campanara, pove-rissima e sorda; lei non suonauna campana qualsiasi, ma lacampana più potente di tuttol’impero degli Asburgo, e lui,Moses, è un figlio naturale e se-greto, però non sordo. Senteanche quello che non deve sen-tire, e parla. Ma soprattutto

canta benissimo e il suo destino èsegnato: evirato cantore. Testi-coli sacrificati da bambino allamaggior gloria di Dio, come spie-gavano i gesuiti eruditi nella Ro-ma papalina e barocca, che face-va più caso al piacere dell’ascol-to che alle necessità virili.

Tra amori impossibili, con-venti sbarazzini e feroci, amiciper la vita persi e ritrovati, fughee inseguimenti, si arriva final-mente a Vienna, al tempo diGluck e del debutto del suo Or-feo. Protagonista nel ruolo del ti-tolo, Gaetano Guadagni, la «voced’angelo» per eccellenza del tem-po. Il divo accoglie Moses comeallievo: non immagina a cosa an-

drà incontro! Il racconto dellaprima di Orfeo - una serata desti-nata rimanere nella leggendadell’opera - è uno dei momentipiù avvincenti del romanzo. Per-ché si vuole almeno sapere doveandrà a parare una tale massa diimprobabilissimi colpi di scena.Naturalmente, c’è anche un’Eu-ridice; anzi, due: una in scena,l’altra in un palco del Burgthea-ter, bella, incinta ovviamente diun altro, ma ancora innamoratadel suo Moses.

Quando Harvell vuole esseremusicalmente esatto, rischia:«Cominciai il grande lamento al-lo stesso modo in cui l’avrebbecantato Guadagni, ogni nota ta-

gliata con una lama affilatissi-ma». Le lame, qui, lasciamoleperdere: in «Che farò senza Euri-dice» la linea del canto è legata,avvolgente,morbida, continua.

Guadagni - questa è storia,non letteratura - finì col diventa-re muto: un esito sconvolgente,che interessò subito i medici e,oggi, non smette di incuriosiregli storici della musica. Il piùgrande cantante del tempo,mentre i castrati iniziano ad an-dare fuori moda, diventa muto:un caso clinico, un’estrema so-matizzazione. Peccato l’autorenon ne accenni.

Tutto è odore e olfatto, ha rac-contato Patrick Süskind ne Il

profumo, il precedente letterariocui L’esatta melodia dell’aria faevidente riferimento. Anche isuoni, la musica, possono diven-tare un’ossessione, ma raccon-tarla, restituirla con le parole, èun esercizio difficile e comunquediscreto, che patisce l’esibizione.

Il volume è accompagnato daun cd: una parallela colonna so-nora che propone alcune dellemusiche citate durante la narra-zione. Un’idea originale ed alcu-ne esecuzioni sono gradevoli. Manel 2011 non si può ascoltare «Ocessate di piagarmi» di Alessan-dro Scarlatti nell’interpretazio-ne di Renato Bruson. Troppovecchio stile per un debutto.

MASOLINOD’AMICO

Nel romanzo, ovveronel cosiddetto romanzo bor-ghese, tutto deve essere at-tendibile come la cronacaquotidiana, non per nulla ilprecursore Daniel Defoe ga-bellava per autentici i memo-riali di persone inventate. Ilromanziere costruisce docu-menti finti al posto di quelliveri. Ma quando ci sono i do-cumenti veri, c’è bisogno dilui? Non basta presentarli co-me si deve?

I giallisti potrebbero riela-borare egregiamente a mo-do loro la storia autentica diuna famosa serie di delitti av-venuti nell’Inghilterra del se-condo decennio del secoloscorso; anzi, certamente mol-ti lo hanno già fatto. Ma chivorrebbe barattare una trat-tazione più o meno fantasio-sa della vicenda con la punti-gliosa ricostruzione di que-sta ad opera di una giornali-sta eccellente come Jane Ro-

bins? Che ha spulciato i gior-nali del tempo, gli archivi giu-diziari, le dichiarazioni dellenumerose persone coinvolte,dando conto di ogni sua affer-mazione e di ogni particolarerecuperato in note esaurien-tissime messe in fondo al li-bro Il magnifico Spilsbury pernon distrarre dalla lettura - iltutto senza partito preso, la-sciando parlare il materialee non dando mai nessunaprova come definitiva?

Tutto questo è tanto piùbenvenuto in quanto il casoè così straordinario, che vo-gliamo solide certezze. Lomise in moto la scoperta diuna coincidenza sospetta,due donne morte nello stes-so insolito modo - annega-mento nella vasca da bagnodi una pensioncina - a pocopiù di un anno di distanza,entrambe poco dopo esser-si sposate, entrambe venen-do sepolte in fretta e con po-ca spesa in una fossa comu-ne. Differivano solo il luogo,

due cittadine di provincia, eil nome del vedovo beneficia-rio delle loro modeste sostan-ze e partito subito dopo leesequie. A quest’uomo tutta-via i testimoni attribuivanogli stessi connotati. Una vol-ta trovatolo, la polizia non fa-ticò a identificarlo come lastessa persona, il cui vero no-me era George Smith. Vennefuori che negli anni Smithaveva sposato e abbandona-to un numero di donne cheforse non fu mai stabilito concertezza, compresa una poiemigrata in Canada che tor-nò a deporre contro di lui.C’era anche una primissimaconsorte che ignara delle sueattività lo aveva sempreaspettato e dalla quale perio-dicamente ritornava.

La Robins fa emergere pergradi tutto quello che le autori-tà progressivamente scopriro-no su George Smith, sul lividosfondo dell’Inghilterra in que-gli anni di guerra, con la mi-naccia degli Zeppelin e l’affon-damento del Lusitania. Parti-colarmente intrigante risulta,quando finalmente ci si arriva,la descrizione del processo,perché degli assassinii nonc’erano altro che indizi: al mo-mento gli annegamenti eranostati giudicati non sospetti dareferti medici che ormai eradifficile sovvertire, senza con-tare che la difesa di Smith erastata assunta da un avvocatomolto illustre.

Diventa allora protagoni-sta il patologo Bernard Spil-sbury, giovane e già celebrepioniere della scienza applica-ta alle indagini sui crimini.Star di molti processi, la stam-pa lo esaltava come una incar-nazione di Sherlock Holmes.Spilsbury fa esumare i cadave-ri e interroga le loro condizio-ni pietose, ma la sua arma vin-cente sono le vasche da bagno,nelle quali prima di esibirle intribunale verifica la possibilitàdi affogare qualcuno tirandoloimprovvisamente per i piedi.Una volontaria nuotatrice pro-fessionista per poco non lasciala pelle nell’esperimento. Smi-th viene condannato e impicca-to, senza smettere di procla-mare la propria innocenza.

Colpevole sembra impossi-bile che non fosse; ma la Ro-bins rileva che gli strumentimoderni troverebbero assaiapprossimativi i metodi concui Spilsbury determinò quelverdetto, e poi tanti altri. Alungo considerato infallibile, ilpatologo sarebbe sopravvissu-to alla sua fama fino agli AnniCinquanta, quando si tolse lavita col gas.

GLAUCOFELICI

«Con questo roman-zo, Ribeyro non soltanto hatracciato la propria biogra-fia spirituale di scrittore, hascritto anche il più bello deisuoi libri, quello dalla gloriapiù certa e duratura»: cosìscriveva Mario Vargas Llo-sa nel 1966 a proposito diLos geniecillos dominicales,apparso l'anno prima, e oraproposto da La Nuova Fron-tiera, traduzione di Nicolet-ta Santoni.

I due scrittori, peruvianie amici, avevano lavorato in-sieme a Parigi, nei primi an-ni Sessanta, all'agenziaFrance-Presse (poi, dopomolto vagare, Ribeyroavrebbe rappresentato ilsuo Paese presso l'Unesco alungo, per poi lasciarci nel1994, sessantacinquenne).Il giudizio del futuro premioNobel era azzeccato, se nonaltro per quanto riguarda labiografia. Forse Ribeyronon lo condivise, se non al-tro perché avrebbe volutoriscrivere quella storia, ren-derla tre o quattro volte piùampia.

Il libro (terzo e ultimo

dei suoi romanzi, dopo Cam-bio de guardia scritto nel 1960ma pubblicato dieci anni do-po a causa della censura, edopo Crónica de San Gabrieldel 1960) racconta di LudoTotem, giovane studente dilegge, che un 31 dicembre de-cide di mandare al diavolo ilsuo lavoro in una grandeazienda, dove ha sofferto lanoia per tre anni. Iniziano pe-ripezie picaresche e illusorie,tra spiagge, feste, locali not-turni e bordelli, con bevute evagabondaggi nella Lima sof-focata ai tempi della dittatu-ra di Manuel Odría (gli stesside La città e i cani di Vargas

Llosa). Insomma, un anda-mento narrativo e un'ambien-tazione spazio-temporaleche hanno finito per porre illibro - ma soprattutto l'auto-re - sotto l'etichetta del «rea-lismo urbano».

Ribeyro è ritenuto giusta-mente maestro ineguagliatonell'arte del racconto: nellaprefazione alla poderosa rac-colta che ne riunisce quasicento, Alfredo Bryce Echeni-que (e si configura così unaterna di grandi scrittori pe-ruviani nostri contempora-nei) precisa: «Difficilmenteclassificabili all'interno dellanarrativa peruviana e, tanto

più, di quella latinoamerica-na, i racconti di Ribeyro sonouna prova tangibile di quan-to pericoloso e sospetto siaapporre aggettivi alla parolaletteratura. Si può certo direche il grande scrittore peru-viano tocca registri che locollegano alla narrativa urba-na e a quella fantastica, maquesta semplificazione nonfacilita l'ingresso in un'operache tocca un'immensa gam-ma di registri».

Un narratore a tutto cam-po, insofferente dei limiti digenere, capace di travolgenticonquiste logiche e intellet-tuali, in un barocco smantel-

lamento di qualunque ottimi-smo: «Ci aggiriamo come au-tomi per città prive di senso.[…]Ci vantiamo di avventureche un computer ridurrebbea dieci o dodici situazioni or-dinarie. […]Come il neonato,non lasceremo nulla. Come ilcentenario, non ci porteremodietro nulla, non i panni spor-chi, non il tesoro. Alcuni la-sceranno un'opera, è vero.Sarà elegantemente pubbli-cata. Poi, curiosità di qualchecollezionista. Più tardi la cita-zione di un erudito. Alla finequalcosa di meno che un no-me: un'ignoranza».

La citazione è da Prosasapatridas, del 1975, «prosesenza patria» o senza luogo,altro libro incantevole che at-tende qui un editore corag-gioso. Perché, come spessoaccade, Ribeyro da noi ebbeun momento di meritata pre-senza (nel catalogo Einaudi,con Cronaca di San Gabriel,nel 1975, e con i racconti diNiente da fare, Monsieur Baru-ch, del 1981, entrambi per lerimpiante cure di Laura Gon-salez). Poi più nulla. Cheadesso I genietti della domeni-ca apra la via a ulteriori e fon-date presenze.

CLAUDIOGORLIER

Shiva - o nella grafiaoriginale Siva - è la terza per-sona della triade indù, insie-me a Brahma e a Vishnu. Ognicosa, secondo l’insegnamentodell’induismo, è soggetta a de-cadimento, e in questa pro-spettiva Shiva ha il titolo di Di-struttore, mentre Brahma è ilcreatore e Vishnu il preserva-tore. Ma attenzione, perchénell’induismo la morte consi-ste nel mutamento in una nuo-va forma di vita. E allora, il Di-struttore di fatto è anche un ri-creatore, onde Shiva significa,alla lettera, geniale o felice.

Mi sono permesso questopreambolo didattico perché ildenso, poetico romanzo diManil Suri, L’età di Shiva, haun carattere intensamente re-ferenziale. Nato nel 1959 aMumbay, allora Bombay, ven-tenne si trasferì negli StatiUniti divenendo professoreuniversitario, coniugandoscienze matematiche e lette-ratura, una relazione tutt’al-tro che insolita nel contesto diuna cultura, come quella in-diana, nella quale appaionodel tutto fittizie le distinzioniaccademiche europee.

Un altro aspetto fondamen-tale riguarda la classificazionedei generi. Se l’arte nacque ori-ginariamente in India, distin-guere rigidamente i generi ri-sulta un vizio caratteristica-mente occidentale. Sia nel suoromanzo precedente, La mor-te di Vishnu, apparso in tradu-zione italiana nel 2001, sia inquesto, del 2007, Suri ripossie-de gli strumenti narrativi, a co-minciare dall’inglese, secondocanoni peculiarmente indiani,ove la fattualità sostanzia la fa-vola, il mito quotidianamenterivissuto, i canoni religiosi. Icambi di ritmo, di prospettiva,di voce narrante, sono tali damozzare il fiato e da comunica-re un singolare, lievitante in-trattenimento, arricchito datermini originali spiegati in uninutile glossario.

Al centro del romanzo sicolloca una vibrante, comples-sa figura di donna, Mira Saw-ney, fuggita con la famiglia dalPakistan dopo la cosiddettaPartizione del 1947: teniamo amente che Shiva ha una mo-glie, Parvati, figura altrettan-to cruciale nell’induismo. Il lo-

ro pervasivo rapporto amorosoconosce anche momenti di con-trasto, e d’altronde sappiamodella condizione di subalternità- se volete creativa - della donnanella società indiana. Così Mira,cresciuta all’ombra della brillan-te, disinvolta sorella maggioreRupa, sposa il giovane Dev Aro-ra, attratta dalla sua sensualitàma non in virtù di una liberascelta, tenendo conto che il ma-rito le è socialmente inferiore.

La triade si completa con ilpersonaggio del padre di Mi-ra, Paji, ricco editore di ideepiuttosto aperte ma caratte-rialmente autoritario, il qualenon apprezza la scelta del ma-trimonio con un individuo dimatrice tradizionalista e reli-giosamente osservante. Lasvolta risolutiva ma non perquesto meno inquietante e pro-

vocatoria nel matrimonio av-viene con la nascita del figlio diMira, Ashyin. Rimasta solaper la morte del padre, Mira siconsacra letteralmente al fi-glio, anche perché il marito,«nei panni di Shiva», divienesempre più aggressivo e pos-sessivo. Qui il ricorso al mitodiviene sempre più decisivo: al-lo Shiva paterno e alla Parvatimadre il figlio si manifestaquale dio Ganesha, quello che,decapitato, ottenne al postouna testa di elefante. La mortedi Dev conta quale liberazionenon privo di senso di colpa.

Qui, con singolare padronan-za dello strumento narrativo, Su-ri mette a fuoco episodi di crona-ca o di storia della nuova India,ove non a caso compare IndiraGandhi con le sue ambiguità e lesue tragedie famigliari, mentremito e quotidianità si fondonocon i film di Bollywood, e Mira sidomanda se ogni donna - comesostengono i recensori cinemato-grafici - contenga in sé tanto Par-vati quanto la torva Kali (che ilpur efficace traduttore CarloProsperi chiama, salgariana-mente Kalì). Ricordiamo che, tral’altro, Kali è simbolo del tempo.

La liberazione giungerà conla crescita del figlio, la sua inizia-zione scolastica, e la sua pro-pria iniziazione, perché ancheMira si avvierà agli studi supe-riori, in piena conquistata auto-nomia. Così Suri conclude inbellezza questa sua magica epi-ca, questa sua reinvenzione diun mondo popolato di personag-gi insieme divini e umani.

L’evirato cantorenella melodiosaVienna di Gluck

Un’altra vitatra spiaggee vagabondaggi

Harvell Tra impossibiliamori e conventi feroci

Ribeyro A Lima un giovanemanda all’aria il suo lavoro

ALESSANDRAIADICICCO

Va accolto come unmiracolo, una grazia, una be-nedizione, perché ha tutte lecaratteristiche del dono divi-no. Impossibile che giunga pe-rò dal Cielo sul terreno scon-sacrato, secolarizzato, laiciz-zato che si estende nel deser-to del nostro tempo. Improba-bile che lo mandi il Padreter-no sulla terra disertata da undio «morto» (Nietzsche),«fuggito» (Hölderlin), «ritira-to» (Bloy), in cui alla fede si èsostituita la ragione, alla tra-scendenza la gelida astrazio-ne e a una promessa di salvez-za di là da venire l'escatologiatutta immanente di una rivo-luzione. Eppure nello scena-rio grandioso - e vuoto - cheAlain Finkielkraut ritrae co-me il paesaggio in cui oramaici muoviamo, miracolosamen-te batte Un cuore intelligente.

«Il re Salomone supplica-va l'Altissimo di concederglie-lo», spiega il critico franceseattingendo alle memorie bibli-che delle sue origini ebraiche.Ma al giorno d’oggi non ci ar-riverà da Lui, né dalla Storia,«moderno avatar della teodi-cea», prosegue. Bensì dallaletteratura, quella forma dimediazione «che non offre ga-

ranzie», il sapere imperfettoche si sottrae alle generalizza-zioni, una «scienza della deli-catezza» che si applica nell'esercizio dell'attenzione.

È nello spazio letterario,in un contesto di finzione, cheil cuore intelligente recita lasua parte. Gli spetta tuttavia -non per finta - in ruolo di or-gano indispensabile, fonda-mentale, vitale: per cogliereproprio il significato della sto-ria e colmare la distanza daldivino. Per sentire il polsodell'epoca e capirla, compren-derla, com-patirla: con unapartecipazione, un pathos,una passione che non può -non dovrebbe mai - investirela mente, se non a rischio digravi colpi di testa.

A scanso di equivoci nefa-sti Finkielkraut affronta «dipetto», con l'intelligenza delcuore, la differenza tra gli en-tusiasmi per l'idea, i fanati-

smi dell'ideale, gli eccessi dell'ideologia cui porta la ragioneche si fa sentimentale, e quella«sagacia affettiva», la sensibili-tà acuta, l'arguzia anche, gene-rosa e calorosa, che contraddi-stinguono l'approccio del lette-rato. E lo fa con una grande le-zione di letteratura. Attraver-so la lettura degli autori «delcuore»: prescelti in base alle ra-gioni che la ragione da sé solanon intenderebbe (direbbe ilPascal teorico dell'ésprit de fi-nesse), e auscultati e esaminatiper analizzare il sangue che neirrora l'opera.

Che i prediletti siano Ca-mus, Dostoevskij e KarenBlixen, il Milan Kundera di Lo

scherzo, il Philip Roth di La mac-chia umana, il Vasilij Grossmandi Tutto scorre e Vita e destino èe non è un caso. È una necessi-tà contingente come la vita e fa-tale come un destino. Singola-re, irriducibile come un'operad'arte che corregge, afferman-doli, l'assolutismo dei valoriuniversali.

Ha appunto l'esemplarità di«un caso» la vicenda di Ludvik,il personaggio di Kundera che -nella Praga del 1948, quando icomunisti avevano appena pre-so il potere - azzarda giocareLo scherzo al rigorismo mani-cheo del partito; o quella dell'al-ter ego di Grossman, l'Ivan Gri-gor'evic di Tutto scorre, che sfi-da quei «fanatici del pugnochiuso», «i professori di mate-rialismo dialettico» dai cui ar-gomenti, nella Russia stalinia-na, era stato sedotto, con suc-cessivo rammarico, l'autore.

Esemplare nella sua origina-lità è l'uomo di Dostoevskij chemina le fondamenta del palaz-zo di cristallo erodendole con iRicordi del sottosuolo, e denun-cia l'insufficienza delle utopierivelandole «paurosamente ri-duttive». O la Babette di KarenBlixen che, approdata dai fastidelle cucine francesi a una Nor-vegia di austerità luterana, ro-

vescia e ricompone la vecchiaantinomia tra anima e corpo,dà sollievo all'uno prendendoloper la gola, e lo solleva tanto datrascinare l'altra in estasi finoal Cielo. Sembra una burla, ma«Dio ama scherzare», è l'ada-gio che la Blixen si era sceltacome motto. «L'uomo pensa,Dio ride», ribadiva in altre pa-role Milan Kundera in un testoche, Finkielkraut tiene con séin ciascuna delle sue scorriban-de letterarie.

Il testo è L'arte del romanzo,donata agli uomini, secondo ilsuo autore, come «il lampo divi-no che rivela l'ambiguità mora-le del mondo», «venuta al mon-do come un'eco della risata diDio». A volte è amara, lo atte-sta la sua lunga risonanza inletteratura. Ma anche quandoDio se ne sia andato dell'ecolontana della Sua presenza cisarà pur sempre da gioire: per-ché sarà il suono di una risatadi cuore. Intelligente...

«Il magnificoSpilsbury»: un processoe il discusso pionieredella scienza applicataalle indagini criminali

Nelle vascheda bagnomuore la sposa

«L’età di Shiva»:una vibrante figuradi donna fuggitanel 1947 dal Pakistancon la famiglia

Così in Indiauna madretrova la libertà

Ci vuole un cuoreintelligente perleggere e gioire

COLLISIONI 2011

Con Rushdie= Dal 27 al 29 maggio, aNavello (Cuneo), il festival diletteratura e musica Collisioni.Tra gli ospiti stranieri SiriHustvedt (La donna che trema,Einaudi), Kureishi (Tutti iracconti, da Bompiani), PaulAuster (Sunset Park, Einaudi),William Least Heat Moon (Lestrade per Quoz, Einaudi), ilregista Michael Cimino eSalman Rusdhie. Tra i musicisti:Caparezza (un concerto e undialogo con Luigi Ciotti),Francesco Bianconi deiBastuelle con Paolo Giordano,Eugenio Finardi, LucianoLigabue, Simone Criticchi,Enrico Ruggeri.

ANDERSEN-MORANTE -ARPINO

Per i ragazzi= Si assegnano oggi aGenova, al Museo Luzzati, ipremi Andersen, promossidall’omonima rivista diretta daBarbara Schiaffino:personaggio dell’anno GregHeffley, il protagonista dellaserie Diario di una schiappa (IlCastoro) di Jeff Kinney; «Migliorautore completo», AndreaValente, autore di Guarda cheluna (Il Castoro), migliorillustratore Paolo D’altan . E poii migliori libri per fasce d’età:Oh, oh di Sophie Fatus, Emmeed., 0/6 anni; Fortunatamentedi Charlip, Orecchio acerbo, 6/9anni; L’arca parte alle 8 di Hub eMuhle, Rizzoli, 9/12 anni; Iodentro gli spari di SilvanaGandolfi, Salani, oltre i 12 anni.E ancora: Fabian Negrin, per ilmiglior album illustrato, In rivaal fiume di Darwin, Gallucci;Visto si stampi di Martinelli eSisti, Ed. San Paolo comemiglior libro di vulgazione;Unlibro di Tullet, edito da FrancoPanini, miglior libro «fatto adarte», Rime di rabbia diTognolini, Salani, premiospeciale della giuria.Sempre oggi, a Napoli,saranno premiati i vincitoridell’«Elsa Morante ragazzi»:Giovanni Allevi (La musica intesta, Rizzoli), Ennio Cavalli (Igemelli giornalisti sono io,Piemme), Chiara Letta (Allascoperta di Caravaggio, Felici).Domenica scorsa a Bra ilpremio «Arpino» è statoattribuito a Francesca Galloper il romanzo d’esordioKahuna, Ed. Angolo Manzoni.

IL PREMIO SANDRO PENNA

Per la poesia= Premio Penna,trentaduesima edizione. Duesezioni: poesia inedita e poesiaedita in lingua italiana. Le operedevono pervenire entro il 15giugno a Biblioteca comunaleCittà della Pieve (Perugia),piazza A. Gramsci, 06062. Info:[email protected]

ERRORI

Bourlot e Pavese= La Libreria AntiquariaBourlot, la più antica in Italia,è ben viva in piazza San Carloa Torino, dove è nata nel1848. Dunque non è affattoscomparsa, come scritto quisabato scorso da Rocco Pinto,che si scusa per aver attinto aun fonte incompleta(www.viedellacarta.it).Sempre sabato, in unadidascalia a pag. VI si leggevache Pavese vinse lo Strega conLa luna e i falò, mentre il libropremiato fu La bella estate:qui, all’origine dell’erroreredazionale, una fonteinesatta (il Dizionario dellaletteratura italiana delNovecento, Einaudi 1992,pag. 411).

pp Richard Harvellp L'ESATTA MELODIA DELL'ARIAp Editrice Nord, pp. 429, € 16,90

pp Jane Robinsp IL MAGNIFICO SPILSBURY

Ovvero gli omicididelle vasche da bagnop trad. Ada Arduinip Einaudi, pp. 280, € 19.50

pp Julio Ramón Ribeyrop I GENIETTI DELLA DOMENICAp trad. di Nicoletta Santonip la Nuova frontierap pp. 256, € 16,50

Rybeiro nacque a Lima nel 1929e vi morì nel 1994

pp Manil Surip L’ETÀ DI SHIVAp trad. di Carlo Prosperip Mondadori, pp. 530, € 21

pp Alain Finkielkrautp UN CUORE INTELLIGENTEp trad. di Francesco Bergamascop Adelphi, pp. 212, € 20

Docente all’Ècole Polytechniquedi Parigi, dove è nato nel 1949, èautore di Noi, i moderni e L’umani-tà perduta, editi da Lindau

Robins Un serial killer sul lividosfondo dell’Inghilterra Anni Dieci

Suri Una storia tragica sospesatra mito, quotidianità e Bollywood

Da Dostoevskij chedenuncia l’insufficienzadelle utopie alla Blixenche ricompone il conflittotra anima e corpo

Coltivando la scienzadella delicatezza,cogliere il significatodella storia e colmarela distanza dal divino

Scrittori stranieriIVTuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA V

Bloc notes

Richard Harvell

Ribeyro,Julio Ramón

Ribeyroscrittore

peruviano,consideratoun maestro

del racconto.«I genietti della

domenica»venne definito

da MarioVargas Llosa,

suo amico,il più bello dei

suoi libri

Alain Finkielkraut, filosofo e polemista, è nato a Parigi nel 1949

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UNA SVEDESE PER FOBirgittaTrotzig -mortanella suacasadiLund, sabato14maggio -dal1993autorevolemembrodell'AccademiadiSvezia, erastatadecisivaper l'assegnazione delpremioNobelaDarioFonel1997.Scomparecon lei, natanel1929aGöteborg,unadelle vocipoetichepiùaltenon solodella letteraturasvedesecontemporanea. Lasuafamasièconsolidata nel tempo,anchenel suoPaese dove laconversionealla fedecattolical'aveva resadapprimaalmenosingolareagliocchidei connazionaliprotestanti. Poetessa, romanziera - ilsuocapolavoronarrativo èLafigliadelRerospo (1985) -daAnima(1982) finoaSammanhang -material (1996), laTrotzighascrittounapoesiapiùspesso inprosa,caricadi vibrazioni segrete, disguardo fermosuldolore, sulmaleesullamorte, ediprofonda pietà,disentimentodello splendore della vitaedella speranza. In relazioneconscrittori,poeti eartisti di tanti Paesi,laTrotzig haavutoconNelly Sachsun legame diaffetto, poesiaeprofondo, comune, sentimentodellavita. Sposata con ilpittoreUlfTrotzig,hadatounnotevolecontributoanchenelcampodellacriticad'arte.Vissuta a lungo inFrancia,Spagna eItalia, avevamantenutosaldi legami con lanostracultura.Avevaseguito conattenzione le traduzionidelle sueantologie Il sonnodelmondo.Poesie1954-1996 (Fondazione Piazzolla,1997)eNel fiume di luce.Poesie1954-2008 (OscarMondadori,2008,acura dichi scrive). DanielaMarcheschi

Finkielkraut La letteratura come trinceacontro i fanatismi dell’ideale, nelle paginedi Camus e Grossman, Roth e Kundera

SANDROCAPPELLETTO

Un libro violento, fisi-co: «Il prete continuò a trasci-narmi finché la camicia si la-cerò, poi si tolse la cintura eme la legò attorno al collo co-me un guinzaglio». Accumula-tivo: «Udii i guaiti francesidella governante Marie, i gru-gniti di un maialino, i rumoriacquatici di uno straccio pre-muto in un secchio, una man-naia che tranciava un osso, ilchiacchiericcio di due fante-sche, il gemito del vento...».

Richard Harvell, giovanestudioso di letteratura inglese,nato negli Stati Uniti, residen-te a Basilea, esordisce conL’esatta melodia dell’aria, oratradotto da Alessandro Stortiper l’Editrice Nord. Il titolo ori-ginale di questo non stringatomelodramma su carta, The bel-ls, le campane, era più diretto.

Protagonista è Moses, figliodi una madre campanara, pove-rissima e sorda; lei non suonauna campana qualsiasi, ma lacampana più potente di tuttol’impero degli Asburgo, e lui,Moses, è un figlio naturale e se-greto, però non sordo. Senteanche quello che non deve sen-tire, e parla. Ma soprattutto

canta benissimo e il suo destino èsegnato: evirato cantore. Testi-coli sacrificati da bambino allamaggior gloria di Dio, come spie-gavano i gesuiti eruditi nella Ro-ma papalina e barocca, che face-va più caso al piacere dell’ascol-to che alle necessità virili.

Tra amori impossibili, con-venti sbarazzini e feroci, amiciper la vita persi e ritrovati, fughee inseguimenti, si arriva final-mente a Vienna, al tempo diGluck e del debutto del suo Or-feo. Protagonista nel ruolo del ti-tolo, Gaetano Guadagni, la «voced’angelo» per eccellenza del tem-po. Il divo accoglie Moses comeallievo: non immagina a cosa an-

drà incontro! Il racconto dellaprima di Orfeo - una serata desti-nata rimanere nella leggendadell’opera - è uno dei momentipiù avvincenti del romanzo. Per-ché si vuole almeno sapere doveandrà a parare una tale massa diimprobabilissimi colpi di scena.Naturalmente, c’è anche un’Eu-ridice; anzi, due: una in scena,l’altra in un palco del Burgthea-ter, bella, incinta ovviamente diun altro, ma ancora innamoratadel suo Moses.

Quando Harvell vuole esseremusicalmente esatto, rischia:«Cominciai il grande lamento al-lo stesso modo in cui l’avrebbecantato Guadagni, ogni nota ta-

gliata con una lama affilatissi-ma». Le lame, qui, lasciamoleperdere: in «Che farò senza Euri-dice» la linea del canto è legata,avvolgente,morbida, continua.

Guadagni - questa è storia,non letteratura - finì col diventa-re muto: un esito sconvolgente,che interessò subito i medici e,oggi, non smette di incuriosiregli storici della musica. Il piùgrande cantante del tempo,mentre i castrati iniziano ad an-dare fuori moda, diventa muto:un caso clinico, un’estrema so-matizzazione. Peccato l’autorenon ne accenni.

Tutto è odore e olfatto, ha rac-contato Patrick Süskind ne Il

profumo, il precedente letterariocui L’esatta melodia dell’aria faevidente riferimento. Anche isuoni, la musica, possono diven-tare un’ossessione, ma raccon-tarla, restituirla con le parole, èun esercizio difficile e comunquediscreto, che patisce l’esibizione.

Il volume è accompagnato daun cd: una parallela colonna so-nora che propone alcune dellemusiche citate durante la narra-zione. Un’idea originale ed alcu-ne esecuzioni sono gradevoli. Manel 2011 non si può ascoltare «Ocessate di piagarmi» di Alessan-dro Scarlatti nell’interpretazio-ne di Renato Bruson. Troppovecchio stile per un debutto.

MASOLINOD’AMICO

Nel romanzo, ovveronel cosiddetto romanzo bor-ghese, tutto deve essere at-tendibile come la cronacaquotidiana, non per nulla ilprecursore Daniel Defoe ga-bellava per autentici i memo-riali di persone inventate. Ilromanziere costruisce docu-menti finti al posto di quelliveri. Ma quando ci sono i do-cumenti veri, c’è bisogno dilui? Non basta presentarli co-me si deve?

I giallisti potrebbero riela-borare egregiamente a mo-do loro la storia autentica diuna famosa serie di delitti av-venuti nell’Inghilterra del se-condo decennio del secoloscorso; anzi, certamente mol-ti lo hanno già fatto. Ma chivorrebbe barattare una trat-tazione più o meno fantasio-sa della vicenda con la punti-gliosa ricostruzione di que-sta ad opera di una giornali-sta eccellente come Jane Ro-

bins? Che ha spulciato i gior-nali del tempo, gli archivi giu-diziari, le dichiarazioni dellenumerose persone coinvolte,dando conto di ogni sua affer-mazione e di ogni particolarerecuperato in note esaurien-tissime messe in fondo al li-bro Il magnifico Spilsbury pernon distrarre dalla lettura - iltutto senza partito preso, la-sciando parlare il materialee non dando mai nessunaprova come definitiva?

Tutto questo è tanto piùbenvenuto in quanto il casoè così straordinario, che vo-gliamo solide certezze. Lomise in moto la scoperta diuna coincidenza sospetta,due donne morte nello stes-so insolito modo - annega-mento nella vasca da bagnodi una pensioncina - a pocopiù di un anno di distanza,entrambe poco dopo esser-si sposate, entrambe venen-do sepolte in fretta e con po-ca spesa in una fossa comu-ne. Differivano solo il luogo,

due cittadine di provincia, eil nome del vedovo beneficia-rio delle loro modeste sostan-ze e partito subito dopo leesequie. A quest’uomo tutta-via i testimoni attribuivanogli stessi connotati. Una vol-ta trovatolo, la polizia non fa-ticò a identificarlo come lastessa persona, il cui vero no-me era George Smith. Vennefuori che negli anni Smithaveva sposato e abbandona-to un numero di donne cheforse non fu mai stabilito concertezza, compresa una poiemigrata in Canada che tor-nò a deporre contro di lui.C’era anche una primissimaconsorte che ignara delle sueattività lo aveva sempreaspettato e dalla quale perio-dicamente ritornava.

La Robins fa emergere pergradi tutto quello che le autori-tà progressivamente scopriro-no su George Smith, sul lividosfondo dell’Inghilterra in que-gli anni di guerra, con la mi-naccia degli Zeppelin e l’affon-damento del Lusitania. Parti-colarmente intrigante risulta,quando finalmente ci si arriva,la descrizione del processo,perché degli assassinii nonc’erano altro che indizi: al mo-mento gli annegamenti eranostati giudicati non sospetti dareferti medici che ormai eradifficile sovvertire, senza con-tare che la difesa di Smith erastata assunta da un avvocatomolto illustre.

Diventa allora protagoni-sta il patologo Bernard Spil-sbury, giovane e già celebrepioniere della scienza applica-ta alle indagini sui crimini.Star di molti processi, la stam-pa lo esaltava come una incar-nazione di Sherlock Holmes.Spilsbury fa esumare i cadave-ri e interroga le loro condizio-ni pietose, ma la sua arma vin-cente sono le vasche da bagno,nelle quali prima di esibirle intribunale verifica la possibilitàdi affogare qualcuno tirandoloimprovvisamente per i piedi.Una volontaria nuotatrice pro-fessionista per poco non lasciala pelle nell’esperimento. Smi-th viene condannato e impicca-to, senza smettere di procla-mare la propria innocenza.

Colpevole sembra impossi-bile che non fosse; ma la Ro-bins rileva che gli strumentimoderni troverebbero assaiapprossimativi i metodi concui Spilsbury determinò quelverdetto, e poi tanti altri. Alungo considerato infallibile, ilpatologo sarebbe sopravvissu-to alla sua fama fino agli AnniCinquanta, quando si tolse lavita col gas.

GLAUCOFELICI

«Con questo roman-zo, Ribeyro non soltanto hatracciato la propria biogra-fia spirituale di scrittore, hascritto anche il più bello deisuoi libri, quello dalla gloriapiù certa e duratura»: cosìscriveva Mario Vargas Llo-sa nel 1966 a proposito diLos geniecillos dominicales,apparso l'anno prima, e oraproposto da La Nuova Fron-tiera, traduzione di Nicolet-ta Santoni.

I due scrittori, peruvianie amici, avevano lavorato in-sieme a Parigi, nei primi an-ni Sessanta, all'agenziaFrance-Presse (poi, dopomolto vagare, Ribeyroavrebbe rappresentato ilsuo Paese presso l'Unesco alungo, per poi lasciarci nel1994, sessantacinquenne).Il giudizio del futuro premioNobel era azzeccato, se nonaltro per quanto riguarda labiografia. Forse Ribeyronon lo condivise, se non al-tro perché avrebbe volutoriscrivere quella storia, ren-derla tre o quattro volte piùampia.

Il libro (terzo e ultimo

dei suoi romanzi, dopo Cam-bio de guardia scritto nel 1960ma pubblicato dieci anni do-po a causa della censura, edopo Crónica de San Gabrieldel 1960) racconta di LudoTotem, giovane studente dilegge, che un 31 dicembre de-cide di mandare al diavolo ilsuo lavoro in una grandeazienda, dove ha sofferto lanoia per tre anni. Iniziano pe-ripezie picaresche e illusorie,tra spiagge, feste, locali not-turni e bordelli, con bevute evagabondaggi nella Lima sof-focata ai tempi della dittatu-ra di Manuel Odría (gli stesside La città e i cani di Vargas

Llosa). Insomma, un anda-mento narrativo e un'ambien-tazione spazio-temporaleche hanno finito per porre illibro - ma soprattutto l'auto-re - sotto l'etichetta del «rea-lismo urbano».

Ribeyro è ritenuto giusta-mente maestro ineguagliatonell'arte del racconto: nellaprefazione alla poderosa rac-colta che ne riunisce quasicento, Alfredo Bryce Echeni-que (e si configura così unaterna di grandi scrittori pe-ruviani nostri contempora-nei) precisa: «Difficilmenteclassificabili all'interno dellanarrativa peruviana e, tanto

più, di quella latinoamerica-na, i racconti di Ribeyro sonouna prova tangibile di quan-to pericoloso e sospetto siaapporre aggettivi alla parolaletteratura. Si può certo direche il grande scrittore peru-viano tocca registri che locollegano alla narrativa urba-na e a quella fantastica, maquesta semplificazione nonfacilita l'ingresso in un'operache tocca un'immensa gam-ma di registri».

Un narratore a tutto cam-po, insofferente dei limiti digenere, capace di travolgenticonquiste logiche e intellet-tuali, in un barocco smantel-

lamento di qualunque ottimi-smo: «Ci aggiriamo come au-tomi per città prive di senso.[…]Ci vantiamo di avventureche un computer ridurrebbea dieci o dodici situazioni or-dinarie. […]Come il neonato,non lasceremo nulla. Come ilcentenario, non ci porteremodietro nulla, non i panni spor-chi, non il tesoro. Alcuni la-sceranno un'opera, è vero.Sarà elegantemente pubbli-cata. Poi, curiosità di qualchecollezionista. Più tardi la cita-zione di un erudito. Alla finequalcosa di meno che un no-me: un'ignoranza».

La citazione è da Prosasapatridas, del 1975, «prosesenza patria» o senza luogo,altro libro incantevole che at-tende qui un editore corag-gioso. Perché, come spessoaccade, Ribeyro da noi ebbeun momento di meritata pre-senza (nel catalogo Einaudi,con Cronaca di San Gabriel,nel 1975, e con i racconti diNiente da fare, Monsieur Baru-ch, del 1981, entrambi per lerimpiante cure di Laura Gon-salez). Poi più nulla. Cheadesso I genietti della domeni-ca apra la via a ulteriori e fon-date presenze.

CLAUDIOGORLIER

Shiva - o nella grafiaoriginale Siva - è la terza per-sona della triade indù, insie-me a Brahma e a Vishnu. Ognicosa, secondo l’insegnamentodell’induismo, è soggetta a de-cadimento, e in questa pro-spettiva Shiva ha il titolo di Di-struttore, mentre Brahma è ilcreatore e Vishnu il preserva-tore. Ma attenzione, perchénell’induismo la morte consi-ste nel mutamento in una nuo-va forma di vita. E allora, il Di-struttore di fatto è anche un ri-creatore, onde Shiva significa,alla lettera, geniale o felice.

Mi sono permesso questopreambolo didattico perché ildenso, poetico romanzo diManil Suri, L’età di Shiva, haun carattere intensamente re-ferenziale. Nato nel 1959 aMumbay, allora Bombay, ven-tenne si trasferì negli StatiUniti divenendo professoreuniversitario, coniugandoscienze matematiche e lette-ratura, una relazione tutt’al-tro che insolita nel contesto diuna cultura, come quella in-diana, nella quale appaionodel tutto fittizie le distinzioniaccademiche europee.

Un altro aspetto fondamen-tale riguarda la classificazionedei generi. Se l’arte nacque ori-ginariamente in India, distin-guere rigidamente i generi ri-sulta un vizio caratteristica-mente occidentale. Sia nel suoromanzo precedente, La mor-te di Vishnu, apparso in tradu-zione italiana nel 2001, sia inquesto, del 2007, Suri ripossie-de gli strumenti narrativi, a co-minciare dall’inglese, secondocanoni peculiarmente indiani,ove la fattualità sostanzia la fa-vola, il mito quotidianamenterivissuto, i canoni religiosi. Icambi di ritmo, di prospettiva,di voce narrante, sono tali damozzare il fiato e da comunica-re un singolare, lievitante in-trattenimento, arricchito datermini originali spiegati in uninutile glossario.

Al centro del romanzo sicolloca una vibrante, comples-sa figura di donna, Mira Saw-ney, fuggita con la famiglia dalPakistan dopo la cosiddettaPartizione del 1947: teniamo amente che Shiva ha una mo-glie, Parvati, figura altrettan-to cruciale nell’induismo. Il lo-

ro pervasivo rapporto amorosoconosce anche momenti di con-trasto, e d’altronde sappiamodella condizione di subalternità- se volete creativa - della donnanella società indiana. Così Mira,cresciuta all’ombra della brillan-te, disinvolta sorella maggioreRupa, sposa il giovane Dev Aro-ra, attratta dalla sua sensualitàma non in virtù di una liberascelta, tenendo conto che il ma-rito le è socialmente inferiore.

La triade si completa con ilpersonaggio del padre di Mi-ra, Paji, ricco editore di ideepiuttosto aperte ma caratte-rialmente autoritario, il qualenon apprezza la scelta del ma-trimonio con un individuo dimatrice tradizionalista e reli-giosamente osservante. Lasvolta risolutiva ma non perquesto meno inquietante e pro-

vocatoria nel matrimonio av-viene con la nascita del figlio diMira, Ashyin. Rimasta solaper la morte del padre, Mira siconsacra letteralmente al fi-glio, anche perché il marito,«nei panni di Shiva», divienesempre più aggressivo e pos-sessivo. Qui il ricorso al mitodiviene sempre più decisivo: al-lo Shiva paterno e alla Parvatimadre il figlio si manifestaquale dio Ganesha, quello che,decapitato, ottenne al postouna testa di elefante. La mortedi Dev conta quale liberazionenon privo di senso di colpa.

Qui, con singolare padronan-za dello strumento narrativo, Su-ri mette a fuoco episodi di crona-ca o di storia della nuova India,ove non a caso compare IndiraGandhi con le sue ambiguità e lesue tragedie famigliari, mentremito e quotidianità si fondonocon i film di Bollywood, e Mira sidomanda se ogni donna - comesostengono i recensori cinemato-grafici - contenga in sé tanto Par-vati quanto la torva Kali (che ilpur efficace traduttore CarloProsperi chiama, salgariana-mente Kalì). Ricordiamo che, tral’altro, Kali è simbolo del tempo.

La liberazione giungerà conla crescita del figlio, la sua inizia-zione scolastica, e la sua pro-pria iniziazione, perché ancheMira si avvierà agli studi supe-riori, in piena conquistata auto-nomia. Così Suri conclude inbellezza questa sua magica epi-ca, questa sua reinvenzione diun mondo popolato di personag-gi insieme divini e umani.

L’evirato cantorenella melodiosaVienna di Gluck

Un’altra vitatra spiaggee vagabondaggi

Harvell Tra impossibiliamori e conventi feroci

Ribeyro A Lima un giovanemanda all’aria il suo lavoro

ALESSANDRAIADICICCO

Va accolto come unmiracolo, una grazia, una be-nedizione, perché ha tutte lecaratteristiche del dono divi-no. Impossibile che giunga pe-rò dal Cielo sul terreno scon-sacrato, secolarizzato, laiciz-zato che si estende nel deser-to del nostro tempo. Improba-bile che lo mandi il Padreter-no sulla terra disertata da undio «morto» (Nietzsche),«fuggito» (Hölderlin), «ritira-to» (Bloy), in cui alla fede si èsostituita la ragione, alla tra-scendenza la gelida astrazio-ne e a una promessa di salvez-za di là da venire l'escatologiatutta immanente di una rivo-luzione. Eppure nello scena-rio grandioso - e vuoto - cheAlain Finkielkraut ritrae co-me il paesaggio in cui oramaici muoviamo, miracolosamen-te batte Un cuore intelligente.

«Il re Salomone supplica-va l'Altissimo di concederglie-lo», spiega il critico franceseattingendo alle memorie bibli-che delle sue origini ebraiche.Ma al giorno d’oggi non ci ar-riverà da Lui, né dalla Storia,«moderno avatar della teodi-cea», prosegue. Bensì dallaletteratura, quella forma dimediazione «che non offre ga-

ranzie», il sapere imperfettoche si sottrae alle generalizza-zioni, una «scienza della deli-catezza» che si applica nell'esercizio dell'attenzione.

È nello spazio letterario,in un contesto di finzione, cheil cuore intelligente recita lasua parte. Gli spetta tuttavia -non per finta - in ruolo di or-gano indispensabile, fonda-mentale, vitale: per cogliereproprio il significato della sto-ria e colmare la distanza daldivino. Per sentire il polsodell'epoca e capirla, compren-derla, com-patirla: con unapartecipazione, un pathos,una passione che non può -non dovrebbe mai - investirela mente, se non a rischio digravi colpi di testa.

A scanso di equivoci nefa-sti Finkielkraut affronta «dipetto», con l'intelligenza delcuore, la differenza tra gli en-tusiasmi per l'idea, i fanati-

smi dell'ideale, gli eccessi dell'ideologia cui porta la ragioneche si fa sentimentale, e quella«sagacia affettiva», la sensibili-tà acuta, l'arguzia anche, gene-rosa e calorosa, che contraddi-stinguono l'approccio del lette-rato. E lo fa con una grande le-zione di letteratura. Attraver-so la lettura degli autori «delcuore»: prescelti in base alle ra-gioni che la ragione da sé solanon intenderebbe (direbbe ilPascal teorico dell'ésprit de fi-nesse), e auscultati e esaminatiper analizzare il sangue che neirrora l'opera.

Che i prediletti siano Ca-mus, Dostoevskij e KarenBlixen, il Milan Kundera di Lo

scherzo, il Philip Roth di La mac-chia umana, il Vasilij Grossmandi Tutto scorre e Vita e destino èe non è un caso. È una necessi-tà contingente come la vita e fa-tale come un destino. Singola-re, irriducibile come un'operad'arte che corregge, afferman-doli, l'assolutismo dei valoriuniversali.

Ha appunto l'esemplarità di«un caso» la vicenda di Ludvik,il personaggio di Kundera che -nella Praga del 1948, quando icomunisti avevano appena pre-so il potere - azzarda giocareLo scherzo al rigorismo mani-cheo del partito; o quella dell'al-ter ego di Grossman, l'Ivan Gri-gor'evic di Tutto scorre, che sfi-da quei «fanatici del pugnochiuso», «i professori di mate-rialismo dialettico» dai cui ar-gomenti, nella Russia stalinia-na, era stato sedotto, con suc-cessivo rammarico, l'autore.

Esemplare nella sua origina-lità è l'uomo di Dostoevskij chemina le fondamenta del palaz-zo di cristallo erodendole con iRicordi del sottosuolo, e denun-cia l'insufficienza delle utopierivelandole «paurosamente ri-duttive». O la Babette di KarenBlixen che, approdata dai fastidelle cucine francesi a una Nor-vegia di austerità luterana, ro-

vescia e ricompone la vecchiaantinomia tra anima e corpo,dà sollievo all'uno prendendoloper la gola, e lo solleva tanto datrascinare l'altra in estasi finoal Cielo. Sembra una burla, ma«Dio ama scherzare», è l'ada-gio che la Blixen si era sceltacome motto. «L'uomo pensa,Dio ride», ribadiva in altre pa-role Milan Kundera in un testoche, Finkielkraut tiene con séin ciascuna delle sue scorriban-de letterarie.

Il testo è L'arte del romanzo,donata agli uomini, secondo ilsuo autore, come «il lampo divi-no che rivela l'ambiguità mora-le del mondo», «venuta al mon-do come un'eco della risata diDio». A volte è amara, lo atte-sta la sua lunga risonanza inletteratura. Ma anche quandoDio se ne sia andato dell'ecolontana della Sua presenza cisarà pur sempre da gioire: per-ché sarà il suono di una risatadi cuore. Intelligente...

«Il magnificoSpilsbury»: un processoe il discusso pionieredella scienza applicataalle indagini criminali

Nelle vascheda bagnomuore la sposa

«L’età di Shiva»:una vibrante figuradi donna fuggitanel 1947 dal Pakistancon la famiglia

Così in Indiauna madretrova la libertà

Ci vuole un cuoreintelligente perleggere e gioire

COLLISIONI 2011

Con Rushdie= Dal 27 al 29 maggio, aNavello (Cuneo), il festival diletteratura e musica Collisioni.Tra gli ospiti stranieri SiriHustvedt (La donna che trema,Einaudi), Kureishi (Tutti iracconti, da Bompiani), PaulAuster (Sunset Park, Einaudi),William Least Heat Moon (Lestrade per Quoz, Einaudi), ilregista Michael Cimino eSalman Rusdhie. Tra i musicisti:Caparezza (un concerto e undialogo con Luigi Ciotti),Francesco Bianconi deiBastuelle con Paolo Giordano,Eugenio Finardi, LucianoLigabue, Simone Criticchi,Enrico Ruggeri.

ANDERSEN-MORANTE -ARPINO

Per i ragazzi= Si assegnano oggi aGenova, al Museo Luzzati, ipremi Andersen, promossidall’omonima rivista diretta daBarbara Schiaffino:personaggio dell’anno GregHeffley, il protagonista dellaserie Diario di una schiappa (IlCastoro) di Jeff Kinney; «Migliorautore completo», AndreaValente, autore di Guarda cheluna (Il Castoro), migliorillustratore Paolo D’altan . E poii migliori libri per fasce d’età:Oh, oh di Sophie Fatus, Emmeed., 0/6 anni; Fortunatamentedi Charlip, Orecchio acerbo, 6/9anni; L’arca parte alle 8 di Hub eMuhle, Rizzoli, 9/12 anni; Iodentro gli spari di SilvanaGandolfi, Salani, oltre i 12 anni.E ancora: Fabian Negrin, per ilmiglior album illustrato, In rivaal fiume di Darwin, Gallucci;Visto si stampi di Martinelli eSisti, Ed. San Paolo comemiglior libro di vulgazione;Unlibro di Tullet, edito da FrancoPanini, miglior libro «fatto adarte», Rime di rabbia diTognolini, Salani, premiospeciale della giuria.Sempre oggi, a Napoli,saranno premiati i vincitoridell’«Elsa Morante ragazzi»:Giovanni Allevi (La musica intesta, Rizzoli), Ennio Cavalli (Igemelli giornalisti sono io,Piemme), Chiara Letta (Allascoperta di Caravaggio, Felici).Domenica scorsa a Bra ilpremio «Arpino» è statoattribuito a Francesca Galloper il romanzo d’esordioKahuna, Ed. Angolo Manzoni.

IL PREMIO SANDRO PENNA

Per la poesia= Premio Penna,trentaduesima edizione. Duesezioni: poesia inedita e poesiaedita in lingua italiana. Le operedevono pervenire entro il 15giugno a Biblioteca comunaleCittà della Pieve (Perugia),piazza A. Gramsci, 06062. Info:[email protected]

ERRORI

Bourlot e Pavese= La Libreria AntiquariaBourlot, la più antica in Italia,è ben viva in piazza San Carloa Torino, dove è nata nel1848. Dunque non è affattoscomparsa, come scritto quisabato scorso da Rocco Pinto,che si scusa per aver attinto aun fonte incompleta(www.viedellacarta.it).Sempre sabato, in unadidascalia a pag. VI si leggevache Pavese vinse lo Strega conLa luna e i falò, mentre il libropremiato fu La bella estate:qui, all’origine dell’erroreredazionale, una fonteinesatta (il Dizionario dellaletteratura italiana delNovecento, Einaudi 1992,pag. 411).

pp Richard Harvellp L'ESATTA MELODIA DELL'ARIAp Editrice Nord, pp. 429, € 16,90

pp Jane Robinsp IL MAGNIFICO SPILSBURY

Ovvero gli omicididelle vasche da bagnop trad. Ada Arduinip Einaudi, pp. 280, € 19.50

pp Julio Ramón Ribeyrop I GENIETTI DELLA DOMENICAp trad. di Nicoletta Santonip la Nuova frontierap pp. 256, € 16,50

Rybeiro nacque a Lima nel 1929e vi morì nel 1994

pp Manil Surip L’ETÀ DI SHIVAp trad. di Carlo Prosperip Mondadori, pp. 530, € 21

pp Alain Finkielkrautp UN CUORE INTELLIGENTEp trad. di Francesco Bergamascop Adelphi, pp. 212, € 20

Docente all’Ècole Polytechniquedi Parigi, dove è nato nel 1949, èautore di Noi, i moderni e L’umani-tà perduta, editi da Lindau

Robins Un serial killer sul lividosfondo dell’Inghilterra Anni Dieci

Suri Una storia tragica sospesatra mito, quotidianità e Bollywood

Da Dostoevskij chedenuncia l’insufficienzadelle utopie alla Blixenche ricompone il conflittotra anima e corpo

Coltivando la scienzadella delicatezza,cogliere il significatodella storia e colmarela distanza dal divino

Scrittori stranieriIVTuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA V

Bloc notes

Richard Harvell

Ribeyro,Julio Ramón

Ribeyroscrittore

peruviano,consideratoun maestro

del racconto.«I genietti della

domenica»venne definito

da MarioVargas Llosa,

suo amico,il più bello dei

suoi libri

Alain Finkielkraut, filosofo e polemista, è nato a Parigi nel 1949

Page 6: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

SI DISCUTE DI GUERRESettimaedizionedelFestivalèStoriachesièaperto ieriaGoriziaeproseguiràfinoadomenica, temaconduttorelaguerra,dall’antichitàadoggi.Nelprogramma(www.estoria.it)unacinquantinadiincontri,6mostre,spettacoli.L’autoredel saggioLeflottediRoma,qui recensito, interverràoggi,inundibattitosu«Roma-Cartagine, il conflittoperl’egemonia».TragliospitiVladimirTolstoy,pronipotedelloscrittoreedirettoredelMuseodi JasnajaPoljana,CatherineRommel,nipotedelgeneralediHitler,DanielGoldhagen(chericeverà ilpremioStoria2011),EnricoRusconi (unalezioneconfrontotraBismarckeCavour,cuihadedicato il suoultimolibroeditodalMulino),MimmoFranzinelli,NicolaTranfaglia,LuigiBonanate,NicolaLabanca,AlessandroBarbero,FrancoCardini,GiovanniMiccoli,MassimoTeodori,ValerioMassimoManfredi,PaoloGranzotto,FabioMini,CarloJean,InnocenzoCipolletta,DemetrioVolcic,Nicolai Lilin. Il Festival sichiuderàdomanisera,h.18,30,conuna«Conversazionesullapace»traDarioFoeChiaraFrugoni.

ALESSANDROBARBERO

Che cosa cercava iltriumviro Licinio Crasso nellapianura di Carre, quando con-dusse sette legioni e la cavalle-ria gallica a farsi sterminare da-gli arcieri a cavallo dei Parti?Era il 53 a.C. e il suo collega Giu-lio Cesare stava allargando amacchia d'olio il dominio di Ro-ma verso Occidente; è facile at-tribuire a Crasso il desiderio, emagari anche l'assoluta neces-sità politica, di fare lo stesso adOriente. Tanto tempo prima,Alessandro Magno era passatodi lì, e non si era più fermato fi-no all'India; un uomo che aspi-rava a farsi padrone di Romapoteva avere davanti agli occhiquel miraggio quando il sorteg-gio gli assegnò il proconsolatoin Siria e l'incarico di condurrea termine la guerra già da tem-po in programma coi pericolosivicini di laggiù, i Parti.

Per fortuna non sono più itempi in cui i protagonisti dellastoriografia erano solo i Romanie dei loro avversari, ovviamentetutti «barbari», ci si interessavapoco o nulla. Nel suo libro sullabattaglia di Carre, che ha appe-na vinto il premio «CherascoStoria», Giusto Traina ci parladi Crasso e dei suoi legionari,ma ancora di più del regno deiParti, la grande potenza iranicache si estendeva dall'Iraq all'Af-ghanistan. Luoghi la cui rilevan-za strategica è oggi ovvia agli oc-chi di tutti, tant'è vero che è sem-pre lì, da più di vent'anni, checombattono gli eserciti della Na-to; ma appena mettiamo da par-te le logiche del petrolio e dell'oppio, quella zona così impor-tante dal punto di vista geopoliti-co rischia di apparirci oggi unaperiferia desolata della nostra ci-viltà.

Anche i Romani ragionava-no così, ma sbagliavano, e Cras-so pagò l'errore con la testa: lì,

lungo la via della Seta, fra il Medi-terraneo greco-romano e il Ca-spio armeno e iranico, battevauno dei cuori della civiltà antica,un incrocio di commerci, lingue eculture che accettava, sì, di aprir-si al mondo mediterraneo, manon di farsene sottomettere.Quando lo raggiunse la notiziadella vittoria di Carre, il re deiParti era ospite del re d'Arme-nia, e stava assistendo a una rap-presentazione teatrale in cui at-tori greci recitavano brani delleBaccanti di Euripide. Tanto bar-bari, evidentemente, quei regninon erano. Ma come la culturagreca, e poi cristiana, non arrivòmai a cancellare i caratteri origi-nari della civiltà iranica, così i le-gionari di Roma non sarebberomai riusciti a imporre fin lì l'ordi-

ne imperiale: il Tigri e l'Eufratevennero spesso raggiunti, mai su-perati, altre volte disastrosamen-te perduti, e più d'un imperatore,affascinato da Alessandro e di-mentico di Crasso, finì in Meso-potamia la carriera e la vita.

Il fatto è che l'impero vivevafinché respirava l'aria del mare.Oggi per noi Mare nostrum è unafrase vuota, e il Mediterraneouna frontiera da cui arrivano sol-tanto immigranti indesiderati ecattive notizie. Per i Romani nonera così, il mare era il ventre dell'impero e tutti i paesi che si esten-devano lungo le sue coste eranosuolo romano. Senza la flottamercantile che percorreva le rot-te mediterranee Roma nonavrebbe potuto vivere, e senza leflotte da guerra che dominavano

il mare l'impero non sarebbe sta-to creato né mantenuto. Eppurela flotta di Roma è sempre rima-sta al di fuori dell'immaginariocollettivo, e ai margini dell'inte-resse storiografico. Tutti posso-no immaginare i legionari di Ce-sare in Gallia, tutti ricordano Ger-govia e Alesia; quanti ricordanola grande battaglia navale dellabaia di Quiberon, in cui Cesaresconfisse le tribù marittime dellaBretagna?

A riempire questo vuoto esceora presso la Libreria EditriceGoriziana - che pubblica un vastocatalogo di storia militare e orga-nizza, proprio in questi giorni, lasettima edizione del Festival del-la Storia di Gorizia - il libro di Mi-chael Pitassi, Le flotte di Roma.Come taglio, l'opera non potreb-be essere più diversa da quella diTraina. Là si analizza una solagiornata, e si ricrea attorno ad es-sa tutto un mondo, con le tecni-che più avanzate di una storiogra-fia innervata di geopolitica, di an-tropologia, di filologia. Qui siamodi fronte a una poderosa compila-zione di fonti e di studi moderni acoprire mille anni di storia, un'opera quale avrebbe potuto con-cepire uno storico della tarda an-tichità: una summa di informazio-ni non troppo vagliate critica-mente, ma assemblate in precisoordine cronologico con una com-

pletezza che ne fa l'ideale operadi consultazione e di riferimento.

A intervallare la narrazionedelle campagne navali, cartine,schizzi, schede tecniche accumu-lano tutte le informazioni di cuidisponiamo sulla tecnica di co-struzione, di navigazione e dicombattimento dei Romani. Nonè una nuova frontiera della storio-grafia, ma il robusto rilancio diun tema con cui non è più possibi-le evitare di fare i conti. Sarà du-ra rinunciare all'immagine tradi-zionale che identificava la forzadi Roma nelle strade lastricatebattute dalle caligae dei legionari,ma se vogliamo capire davverol'impero romano bisognerà checi abituiamo sempre più a imma-ginare anche i piedi scalzi dei ma-rinai sui ponti di legno delle navi.

GIORGIOBOATTI

La questione, per tut-ti quelli che transitano nei pa-lazzi del potere, prima o poi sipone. Cosa fare della propriavita una volta che la Storia tisbalza dal carro dei vincenti?Coltivare ragazze in fiore o al-levare nipoti? Rileggere i clas-sici o andare finalmente allascoperta di quel vasto mondoche si è intravisto solo al di làdelle larghe spalle della pro-pria scorta?

Luigi Albertini, potentissi-mo direttore e comproprieta-rio del Corriere della Sera, sul fi-nire del 1925, per esplicita vo-lontà di Mussolini, viene estro-messo dal gruppo editorialeche per un quarto di secolo hapilotato con autocratica sicu-rezza. Si trova così a dover de-cidere come impiegare quelche gli resta del proprio tempoe, ciò che sceglie, è del tutto inarmonia con il personaggio.

Albertini, dopo gli studi digiurisprudenza a Torino e unsoggiorno a Londra come cor-rispondente per la Gazzetta to-rinese, era approdato al Corrie-re della Sera nel 1896. Nel girodi quattro anni, non ancoratrentenne, riesce a prendere il

timone del quotidiano e nel de-cennio successivo ne fa il giorna-le più diffuso ed autorevole dellapenisola. Non solo: crea un veroe proprio impero editoriale nelquale prendono posto La Dome-nica del Corriere, oltre un milio-ne di copie vendute a pochi annidal decollo, il mensile La Lettu-ra, Il romanzo mensile, ovvero untascabile che raccoglie i raccon-ti usciti a puntate sul quotidia-no, e, infine, il Corriere dei piccoli.Visti i risultati, gli azionisti delCorriere - i cotonieri De Angeli eCrespi e l'industriale della gom-ma Pirelli - lo cooptano nella so-cietà di gestione, facendone difatto il deus ex machina.

Ma Albertini non è solo ungeniale imprenditore della car-ta stampata. Attraverso la dire-zione politica del giornale si im-pone come uno dei protagonistiindiscussi della vita del Regno(la nomina a senatore gli arrivanel dicembre del 1914), tanto dainfluenzare in maniera non irri-

levante la politica italiana nelquarto di secolo che va dal rifor-mismo giolittiano all'interventoitaliano nella Grande Guerra,dal tempestoso dopoguerra si-no all'avvento del fascismo.

Proprio per l'ostinata opposi-zione di Albertini e di alcune del-le principali firme del Corrieredella Sera alla politica del regi-me, Mussolini chiederà alla pro-prietà del quotidiano di liquida-re l'artefice principale del suc-cesso del giornale. L'ordine ver-rà eseguito ma con il garbo mu-nifico con cui la borghesia mila-nese allora sapeva sciogliere ipropri contrasti interni. Alberti-ni se ne deve andare, ma gli vie-ne riconosciuta una buonuscita(sei milioni di lire oro) che gliconsente di acquistare l'impor-tante tenuta agricola di Torre-impietra nei pressi di Roma.

La bonifica del latifondo checirconda la tenuta non basta cer-to a riempire le giornate di unpersonaggio come Albertini. Co-sì affronta la sua sfida più impe-gnativa: la ricostruzione minu-ziosa di tutte le vicende che han-no portato allo scoppio dellaGrande Guerra. Impegno cheporterà a conclusione solo dopo

un quindicennio di lavoro e chesfocia nella monumentale operaLe origini della guerra del 1914, ri-pubblicata ora, con prefazionedi Sergio Romano, in tre volumi,per ammirevole iniziativa dellaLibreria Editrice Goriziana.

Come era stato un direttore eun imprenditore fuori dal comu-ne, anche l'Albertini storico haun passo non ordinario. Non si li-mita a passare in rassegna docu-menti riservati di archivi diplo-matici e militari. Per afferrarecon totale esattezza le modalitàche portarono le leadership deivari Paesi europei a prendere de-cisioni cruciali, va direttamentealla fonte. Per capire meglio lecontraddizioni dello stato mag-

giore germanico nei giorni dell'ultimatum alla Russia, chiede lu-mi all'ex Kaiser Gugliemo, in esi-lio in Olanda. Per ricostruire lamaldestra superficialità asburgi-ca davanti ai fatti di Sarajevo, ri-percorre voce per voce la catenadecisionale operante a Vienna inquei giorni. Sul fronte italiano lasua contiguità politica, nei giornidella neutralità e poi dell'inter-vento, ad Antonio Salandra, pre-sidente del Consiglio, gli avevagià dato una visione diretta dell'evolversi delle cose.

Non stupisce dunque che lasua ricostruzione storica aderi-sca e approvi in modo totale lascelta dell'agosto del 1914 di Sa-landra, e della maggioranza par-lamentare giolittiana, di tenerel'Italia fuori dal conflitto. Unaneutralità che, pochi mesi dopo,viene segretamente smantellatae quindi finisce travolta dal «ra-diosomaggismo» evocato daD'Annunzio proprio dalle paginedel Corriere. Un'evoluzione allaquale Albertini non è estraneo eche porterà l'Italia in guerra, inquella sera in cui «Il Piave mor-morava calmo e placido al pas-saggio dei primi fanti..». Era il 24maggio 1915. Albertini però, nel-la sua monumentale storia dellaguerra, di questo non parla. Do-po 2200 pagine, giunto all'agostodel 1914 si ferma. Ben prima che,sulle alture del Carso, si comincia morire.

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GIOVANNIBOGLIOLO

Ogni libro ha un suodestino e a determinarlo,come insegna l'antico ada-gio, non sono sempre sol-tanto i suoi meriti. Quellode La paura, il romanzo cheGabriel Chevallier ha trat-to nel 1930 dalla sua espe-rienza di soldato nellaGrande Guerra, è stato par-ticolarmente ingrato.

Uscito troppo tardi per-ché la sua denuncia delle

brutture e delle miserie del-la guerra sollevasse l'indi-gnazione degli ex combat-tenti e dei corifei del patrioeroismo, era stato presto ri-tirato dal commercio per-ché, nell'incombere di unaseconda guerra mondiale,avrebbe rischiato l'accusadi disfattismo. Una primaripresa, quando l'immagi-ne troppo cocente degli or-

rori di quel secondo conflittosminuiva il ricordo degli al-tri ormai remoti, era passatainosservata e un secondotentativo di rilancio, all'ini-zio del nostro secolo, era sta-to vanificato dall'incendioche aveva distrutto il magaz-zino della casa editrice.

Si è dovuti arrivare al2008 perché il libro fossenuovamente pubblicato e lacritica francese lo ponesse fi-nalmente tra i grandi roman-zi nati dalla Grande Guerra,quelli di testimonianza diret-ta, come Il fuoco di Barbussee Le croci di legno di Dor-gelès, e quelli più lungamen-te elaborati di Céline, di Gio-no, di Martin du Gard.

Ma le ragioni dell'oblionon sono solo contingenti:nel '34 Chevallier aveva scrit-to Clochemerle, e il successoplanetario che per decenniha arriso a quella burlescasaga paesana ha finito per fa-

re ombra su tutte le altreopere dell'autore e in parti-colare su questa, che era dicosì diversa ispirazione.

La paura racconta in pri-ma persona le peripezie delsoldato Dartemont che si ar-ruola volontario per la curio-sità di vedere da una posizio-ne privilegiata quello che lastampa e la pubblica opinio-ne annunciano come unostraordinario, irripetibilespettacolo. Le delusioni nonsi fanno attendere: l'adde-stramento è superficiale, l'ar-mamento approssimativo,dovunque regna il disordinee l'improvvisazione. Al fron-te, nel caos di ordini e con-trordini incoerenti, la quoti-dianità è la fame, la spossa-tezza, la promiscuità, la spor-cizia, i pidocchi. Il nemico ri-mane invisibile e la sensazio-ne di essere perennementein sua balia non è compensa-ta dalla consapevolezza di

partecipare a un'azione dicontrasto efficace: si sparanel vuoto e nel buio e gli unicimorti e feriti che si vedonosono i propri commilitoni or-rendamente mutilati che inu-tilmente invocano aiuto o re-stano per giorni a imputridi-re nel pantano maleodorantedelle trincee. La sola realtàdi cui si ha piena e continuapercezione è la propria - el'altrui - paura.

Quando, in un lettod'ospedale dove gli curanouna provvidenziale ferita,Dartemont proverà a fare ilbilancio della propria pocoesaltante esperienza («Hopreso parte alle esercitazio-

ni, sfilato alle parate, scava-to trincee, trasportato filospinato e sacchi di sabbia,montato la guardia alla feri-toia») e a rivelare che nellaguerra l'unica cosa che contidavvero è la paura, agli oc-chi delle infermiere abituatealla retorica dei bollettini uf-ficiali farà la meschina figu-ra del pauroso e del vigliac-co. E la stessa reazione, più omeno esplicita, avranno inseguito tutti quelli a cui pro-verà a confidare questa indi-cibile verità.

Quella di Chevallier è laguerra vista dal basso da unosservatore lucido, disincan-tato, capace di animare conaneddoti, dialoghi, osserva-zioni pungenti e con una vi-vace asprezza di scritturache il traduttore LeopoldoCarra ha saputo efficace-mente restituire, una narra-zione che non è mai monoto-na anche se necessariamen-te monocorde. Vista dal bas-so e nella sua circoscrittaquotidianità.

Con l'unica eccezione, al-la fine, dell'amaro giudiziostorico che stilerà lo scanzo-nato sergente Nègre: «Saiquale sarà il bilancio dellaguerra? Cinquanta grandiuomini nei manuali di storia,milioni di morti di cui nessu-no parlerà più e mille miliar-dari che detteranno legge».

scrivere la loro storia, la lorovocazione, i loro disagi, le lorogioie, il loro dolore. Materiamalleabile, non solo tavolettadi scrittura, infatti gli esseriumani non si limitano a scriver-ci sopra, lo modellano, lo scolpi-scono, lo amputano. È così chesi mette in atto quel processodi costruzione dell’individuo so-ciale, che Francesco Remottiha definito «antropopoiesi».

Meno dolorosi e non ritua-lizzati, anche gli interventi dichirurgia plastica, sempre piùdiffusi nella nostra società,rientrano nelle pratiche di mo-dellamento del corpo, tanto serealizzate a scopo terapeuticoquanto, come sempre più fre-quentemente accade, con finali-tà puramente estetiche.

Decisamente più intrusivala pratica di espianto e di tra-pianto di organi, che la moder-na tecnologia chirurgica ha re-so sempre più praticabile. Lenuove frontiere della scienza fi-niscono per dare vita a unanuova etica del corpo, anzi del-le sue parti. Se da un lato i tra-pianti possono salvare viteumane, dall’altro finiscono peralimentare un traffico, più omeno legale, che ripropone il di-vario tra i più abbienti e chinull'altro possiede se non la«nuda vita».

Il corpo divisibile (e pertan-to diviso) finisce per risponde-re alle leggi di mercato domi-nanti, le quali finiscono per tra-scendere la morale e aprirenuovi orizzonti. L'unità e l'in-violabilità del corpo possono es-sere messe in discussione. Sia-mo di fronte a una moderna de-clinazione del sacrificio uma-no, che assume le forme inquie-tanti di un neo-cannibalismocontemporaneo, dove a «in-ghiottire» pezzi di umani nonsono gli altri, i selvaggi, ma noioccidentali.

E Marte andò per mareI soldati dell’antica Roma Il ruolo e l’organizzazione delle flotte che assicurarono un millenario dominio del Mediterraneo,mentre per terra le legioni spingevano la frontiera dell’Impero fino al regno dei Parti, tra gli attuali Iraq e Afghanistan

MARCO AIME

Albertini La monumentale opera che il giornalistascrisse dopo l’estromissione dal «Corriere della Sera»

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

All’attacconel nome di Dio

I cristiani «da perseguitatia persecutori»: una storia amara

Il racconto «rimosso»di un osservatorelucido, disincantato,con una vivaceasprezza di scrittura

Quegli inutili spari nel buiodel soldato Dartemont

pp Michael Pitassip LE FLOTTE DI ROMAp trad. di Rossana Macuz Varrocchip Libreria Editrice Gorizianap pp. 509 + ill., € 30

L’autore interverrà oggi, h. 10,30,al Festival di Gorizia «èStoria» inun dibattito con Giovanni Brizzi eGino Bandelli su «Roma - Cartagi-ne , il conflitto per l’egemonia» nelMediterraneo.p Giusto Trainap LA RESA DI ROMA

9 giugno 53 a.C.battaglia di Carrep Laterza, pp. 212 + ill., € 18

Con questo saggio l’autore, do-cente si storia antica all’universi-tà di Rouen, ha vinto il premio«Cherasco Storia» 2011

Non facile il compito chesi è dato Franco Cardi-ni nel suo recente Cri-

stiani perseguitati e persecu-tori (Salerno, pp. 186, € 12,50):affrontare il tema del rappor-to tra cristianesimo e violenzasubita e inflitta non attraver-so una «conta» delle vittime dipersecuzioni religiose nei due-mila anni di cristianesimo, nécon una contrapposizione delnumero di uccisi o dell'effera-tezza dei crimini compiuti daparte di opposti schieramenti,ma piuttosto attraverso unaben più approfondita disami-na di un nodo e un'epoca cru-ciali: come e perché tra il I e ilVI secolo d.C. i cristiani daperseguitati diventano anchepersecutori. Un lavoro accura-to da storico onesto e documen-tato, quale è Cardini, svolto«non al fine di giudicare e tan-to meno di condannare, ma,semplicemente, per compren-dere».

Lo spunto è fornito dall'ama-ra realtà che si è venuta affer-mando in questi ultimi trent'an-ni: la rinascita di «appelli aguerre sante», l'apparire di«nuovi carnefici e nuove vittimetali anche e magari soprattuttonel nome di Dio».

Ma l'analisi di quanto ac-caduto - dalle violenti persecu-zioni contro i cristiani nei pri-mi quattro secoli dell'era vol-gare fino all'affermarsi neidue secoli successivi di una so-cietà cristiana anche attraver-so l'imposizione di «una fededi pace e d'amore con strumen-ti che furono ... anche quellidell'intimidazione ... e della ve-ra e propria violenza» - portaa un'amara constatazione: «lepersecuzioni condotte e i mas-sacri perpetrati nel nome dellacroce non sono stati né eccezio-ni confermanti la regola, né fa-tali ma casuali incidenti dipercorso». Sarebbe piuttosto

l'inevitabile conseguenza di unafondamentale impossibilità a vi-vere il Vangelo come cristiani-tà: «il Vangelo non solo non èstato attuato nel cristianesimo,ma questo non si esaurisce affat-to in quello».

L'equilibrio di giudizio diCardini, docente di Storia me-dievale, riesce a svelenire la po-lemica senza tacere fatti e mi-sfatti e fornisce chiavi di inter-pretazione solo apparentementeparadossali, come quando ricor-da che la società cristiana che siafferma dal IV secolo in poi «ècomposta per la stragrandemaggioranza di figli e di nipotinon già dei perseguitati, bensìdei persecutori».

Certo, il quadro che emergeha toni amari, ma in questa lucecupa che ferisce la «buona noti-zia» portata da Gesù di Naza-ret assumono un significato an-cor più pregnante quei discepolidi Cristo restati «costantemen-te fedeli alla consegna di paceaffidata dal maestro tanto da ri-nunziare perfino a difendersi».

Non si tratta di evocarli quasi acoprire o sminuire i misfatti dialtri, servono invece a ricordareche vivere da cristiani non è im-presa sovrumana ma umanissi-ma, che nulla e nessuno può im-pedire a un discepolo di seguirefino in fondo il suo Signore e re-stare fedele al Vangelo.

È quanto due celebrazionichiave del Giubileo del 2000 -mai troppo ricordate: la gior-nata del perdono e la comme-morazione ecumenica dei mar-tiri del XX secolo - hanno ideal-mente accostato: solo quandola chiesa riconosce i peccaticommessi nel nome del cristia-nesimo può anche gloriarsi del-la luminosa testimonianza ditanti suoi figli che - con sempli-cità e risolutezza, con fierezzae senza arroganza alcuna -hanno affermato con la loro vi-ta e la loro morte che sì, il Van-gelo è vivibile fino in fondo an-che quando ogni cosa attorno,perfino in ambito cristiano,sembra spingere a un compro-messo con le forze del male.

pp Luigi Albertinip LE ORIGINI DELLA GUERRA

1914p Libreria Editrice Gorizianap L’opera, con la prefazione di

Sergio Romano, consta di tre vo-lumi, rispettivamente di 724,760 e 753 pagine, del costo di35 euro cadauno

pp Gabriel Chevallierp LA PAURAp trad. di Leopoldo Carrap Adelphi, p.327, € 20p Gabriel Chevallier, nato nel

1895 e scomparso nel 1969, die-de alle stampe il romanzo «Lapaura» nel 1930. E’ fra i granditestimoni letterari della GrandeGuerra, dalla critica collocatoaccanto a figure come Dor-gelès, Giono, Martin du Gard.Ma Chevallier deve la fama a«Clochemerle» (1934), burlescasaga paesana che ha finito perfare ombra agli altri suoi libri.

Chevallier Ritorna «La paura», uno fra i maggioriromanzi nati dagli orrori del primo conflitto mondiale

Segue da pag. I

«Marte disarmato da Venere e dalle Grazie», dipinto di Jacques-Louis David, 1824 (Bruxelles, Musées Royaux des Beaux -Arts)

Dal nostro inviato nel 1914,dove il Piave mormorava

Le legioni di Crassosterminate nel 53 a.C.a Carre, simbolicasconfitta dell’Occidente,ora narrata da Traina

Luigi Albertini

FrancoCardini,

storicomedievista,

pubblica il suosaggio

«Cristianiperseguitati e

persecutori»nella nuova

collana«Aculei»

diretta daAlessandro

Barberoper la Salerno

EditriceCome e perché si volleimporre il Vangeloanche con la violenza?Un’equilibrata analisidi Franco Cardini

Gabriel Chevallier soldato

Un saggio di Pitassi,presentato al festival«èStoria» di Gorizia,riempie un vuoto:le battaglie navali

p

Storie di guerreVITuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA VII

Il corpo,una paginatra naturae cultura

Page 7: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

SI DISCUTE DI GUERRESettimaedizionedelFestivalèStoriachesièaperto ieriaGoriziaeproseguiràfinoadomenica, temaconduttorelaguerra,dall’antichitàadoggi.Nelprogramma(www.estoria.it)unacinquantinadiincontri,6mostre,spettacoli.L’autoredel saggioLeflottediRoma,qui recensito, interverràoggi,inundibattitosu«Roma-Cartagine, il conflittoperl’egemonia».TragliospitiVladimirTolstoy,pronipotedelloscrittoreedirettoredelMuseodi JasnajaPoljana,CatherineRommel,nipotedelgeneralediHitler,DanielGoldhagen(chericeverà ilpremioStoria2011),EnricoRusconi (unalezioneconfrontotraBismarckeCavour,cuihadedicato il suoultimolibroeditodalMulino),MimmoFranzinelli,NicolaTranfaglia,LuigiBonanate,NicolaLabanca,AlessandroBarbero,FrancoCardini,GiovanniMiccoli,MassimoTeodori,ValerioMassimoManfredi,PaoloGranzotto,FabioMini,CarloJean,InnocenzoCipolletta,DemetrioVolcic,Nicolai Lilin. Il Festival sichiuderàdomanisera,h.18,30,conuna«Conversazionesullapace»traDarioFoeChiaraFrugoni.

ALESSANDROBARBERO

Che cosa cercava iltriumviro Licinio Crasso nellapianura di Carre, quando con-dusse sette legioni e la cavalle-ria gallica a farsi sterminare da-gli arcieri a cavallo dei Parti?Era il 53 a.C. e il suo collega Giu-lio Cesare stava allargando amacchia d'olio il dominio di Ro-ma verso Occidente; è facile at-tribuire a Crasso il desiderio, emagari anche l'assoluta neces-sità politica, di fare lo stesso adOriente. Tanto tempo prima,Alessandro Magno era passatodi lì, e non si era più fermato fi-no all'India; un uomo che aspi-rava a farsi padrone di Romapoteva avere davanti agli occhiquel miraggio quando il sorteg-gio gli assegnò il proconsolatoin Siria e l'incarico di condurrea termine la guerra già da tem-po in programma coi pericolosivicini di laggiù, i Parti.

Per fortuna non sono più itempi in cui i protagonisti dellastoriografia erano solo i Romanie dei loro avversari, ovviamentetutti «barbari», ci si interessavapoco o nulla. Nel suo libro sullabattaglia di Carre, che ha appe-na vinto il premio «CherascoStoria», Giusto Traina ci parladi Crasso e dei suoi legionari,ma ancora di più del regno deiParti, la grande potenza iranicache si estendeva dall'Iraq all'Af-ghanistan. Luoghi la cui rilevan-za strategica è oggi ovvia agli oc-chi di tutti, tant'è vero che è sem-pre lì, da più di vent'anni, checombattono gli eserciti della Na-to; ma appena mettiamo da par-te le logiche del petrolio e dell'oppio, quella zona così impor-tante dal punto di vista geopoliti-co rischia di apparirci oggi unaperiferia desolata della nostra ci-viltà.

Anche i Romani ragionava-no così, ma sbagliavano, e Cras-so pagò l'errore con la testa: lì,

lungo la via della Seta, fra il Medi-terraneo greco-romano e il Ca-spio armeno e iranico, battevauno dei cuori della civiltà antica,un incrocio di commerci, lingue eculture che accettava, sì, di aprir-si al mondo mediterraneo, manon di farsene sottomettere.Quando lo raggiunse la notiziadella vittoria di Carre, il re deiParti era ospite del re d'Arme-nia, e stava assistendo a una rap-presentazione teatrale in cui at-tori greci recitavano brani delleBaccanti di Euripide. Tanto bar-bari, evidentemente, quei regninon erano. Ma come la culturagreca, e poi cristiana, non arrivòmai a cancellare i caratteri origi-nari della civiltà iranica, così i le-gionari di Roma non sarebberomai riusciti a imporre fin lì l'ordi-

ne imperiale: il Tigri e l'Eufratevennero spesso raggiunti, mai su-perati, altre volte disastrosamen-te perduti, e più d'un imperatore,affascinato da Alessandro e di-mentico di Crasso, finì in Meso-potamia la carriera e la vita.

Il fatto è che l'impero vivevafinché respirava l'aria del mare.Oggi per noi Mare nostrum è unafrase vuota, e il Mediterraneouna frontiera da cui arrivano sol-tanto immigranti indesiderati ecattive notizie. Per i Romani nonera così, il mare era il ventre dell'impero e tutti i paesi che si esten-devano lungo le sue coste eranosuolo romano. Senza la flottamercantile che percorreva le rot-te mediterranee Roma nonavrebbe potuto vivere, e senza leflotte da guerra che dominavano

il mare l'impero non sarebbe sta-to creato né mantenuto. Eppurela flotta di Roma è sempre rima-sta al di fuori dell'immaginariocollettivo, e ai margini dell'inte-resse storiografico. Tutti posso-no immaginare i legionari di Ce-sare in Gallia, tutti ricordano Ger-govia e Alesia; quanti ricordanola grande battaglia navale dellabaia di Quiberon, in cui Cesaresconfisse le tribù marittime dellaBretagna?

A riempire questo vuoto esceora presso la Libreria EditriceGoriziana - che pubblica un vastocatalogo di storia militare e orga-nizza, proprio in questi giorni, lasettima edizione del Festival del-la Storia di Gorizia - il libro di Mi-chael Pitassi, Le flotte di Roma.Come taglio, l'opera non potreb-be essere più diversa da quella diTraina. Là si analizza una solagiornata, e si ricrea attorno ad es-sa tutto un mondo, con le tecni-che più avanzate di una storiogra-fia innervata di geopolitica, di an-tropologia, di filologia. Qui siamodi fronte a una poderosa compila-zione di fonti e di studi moderni acoprire mille anni di storia, un'opera quale avrebbe potuto con-cepire uno storico della tarda an-tichità: una summa di informazio-ni non troppo vagliate critica-mente, ma assemblate in precisoordine cronologico con una com-

pletezza che ne fa l'ideale operadi consultazione e di riferimento.

A intervallare la narrazionedelle campagne navali, cartine,schizzi, schede tecniche accumu-lano tutte le informazioni di cuidisponiamo sulla tecnica di co-struzione, di navigazione e dicombattimento dei Romani. Nonè una nuova frontiera della storio-grafia, ma il robusto rilancio diun tema con cui non è più possibi-le evitare di fare i conti. Sarà du-ra rinunciare all'immagine tradi-zionale che identificava la forzadi Roma nelle strade lastricatebattute dalle caligae dei legionari,ma se vogliamo capire davverol'impero romano bisognerà checi abituiamo sempre più a imma-ginare anche i piedi scalzi dei ma-rinai sui ponti di legno delle navi.

GIORGIOBOATTI

La questione, per tut-ti quelli che transitano nei pa-lazzi del potere, prima o poi sipone. Cosa fare della propriavita una volta che la Storia tisbalza dal carro dei vincenti?Coltivare ragazze in fiore o al-levare nipoti? Rileggere i clas-sici o andare finalmente allascoperta di quel vasto mondoche si è intravisto solo al di làdelle larghe spalle della pro-pria scorta?

Luigi Albertini, potentissi-mo direttore e comproprieta-rio del Corriere della Sera, sul fi-nire del 1925, per esplicita vo-lontà di Mussolini, viene estro-messo dal gruppo editorialeche per un quarto di secolo hapilotato con autocratica sicu-rezza. Si trova così a dover de-cidere come impiegare quelche gli resta del proprio tempoe, ciò che sceglie, è del tutto inarmonia con il personaggio.

Albertini, dopo gli studi digiurisprudenza a Torino e unsoggiorno a Londra come cor-rispondente per la Gazzetta to-rinese, era approdato al Corrie-re della Sera nel 1896. Nel girodi quattro anni, non ancoratrentenne, riesce a prendere il

timone del quotidiano e nel de-cennio successivo ne fa il giorna-le più diffuso ed autorevole dellapenisola. Non solo: crea un veroe proprio impero editoriale nelquale prendono posto La Dome-nica del Corriere, oltre un milio-ne di copie vendute a pochi annidal decollo, il mensile La Lettu-ra, Il romanzo mensile, ovvero untascabile che raccoglie i raccon-ti usciti a puntate sul quotidia-no, e, infine, il Corriere dei piccoli.Visti i risultati, gli azionisti delCorriere - i cotonieri De Angeli eCrespi e l'industriale della gom-ma Pirelli - lo cooptano nella so-cietà di gestione, facendone difatto il deus ex machina.

Ma Albertini non è solo ungeniale imprenditore della car-ta stampata. Attraverso la dire-zione politica del giornale si im-pone come uno dei protagonistiindiscussi della vita del Regno(la nomina a senatore gli arrivanel dicembre del 1914), tanto dainfluenzare in maniera non irri-

levante la politica italiana nelquarto di secolo che va dal rifor-mismo giolittiano all'interventoitaliano nella Grande Guerra,dal tempestoso dopoguerra si-no all'avvento del fascismo.

Proprio per l'ostinata opposi-zione di Albertini e di alcune del-le principali firme del Corrieredella Sera alla politica del regi-me, Mussolini chiederà alla pro-prietà del quotidiano di liquida-re l'artefice principale del suc-cesso del giornale. L'ordine ver-rà eseguito ma con il garbo mu-nifico con cui la borghesia mila-nese allora sapeva sciogliere ipropri contrasti interni. Alberti-ni se ne deve andare, ma gli vie-ne riconosciuta una buonuscita(sei milioni di lire oro) che gliconsente di acquistare l'impor-tante tenuta agricola di Torre-impietra nei pressi di Roma.

La bonifica del latifondo checirconda la tenuta non basta cer-to a riempire le giornate di unpersonaggio come Albertini. Co-sì affronta la sua sfida più impe-gnativa: la ricostruzione minu-ziosa di tutte le vicende che han-no portato allo scoppio dellaGrande Guerra. Impegno cheporterà a conclusione solo dopo

un quindicennio di lavoro e chesfocia nella monumentale operaLe origini della guerra del 1914, ri-pubblicata ora, con prefazionedi Sergio Romano, in tre volumi,per ammirevole iniziativa dellaLibreria Editrice Goriziana.

Come era stato un direttore eun imprenditore fuori dal comu-ne, anche l'Albertini storico haun passo non ordinario. Non si li-mita a passare in rassegna docu-menti riservati di archivi diplo-matici e militari. Per afferrarecon totale esattezza le modalitàche portarono le leadership deivari Paesi europei a prendere de-cisioni cruciali, va direttamentealla fonte. Per capire meglio lecontraddizioni dello stato mag-

giore germanico nei giorni dell'ultimatum alla Russia, chiede lu-mi all'ex Kaiser Gugliemo, in esi-lio in Olanda. Per ricostruire lamaldestra superficialità asburgi-ca davanti ai fatti di Sarajevo, ri-percorre voce per voce la catenadecisionale operante a Vienna inquei giorni. Sul fronte italiano lasua contiguità politica, nei giornidella neutralità e poi dell'inter-vento, ad Antonio Salandra, pre-sidente del Consiglio, gli avevagià dato una visione diretta dell'evolversi delle cose.

Non stupisce dunque che lasua ricostruzione storica aderi-sca e approvi in modo totale lascelta dell'agosto del 1914 di Sa-landra, e della maggioranza par-lamentare giolittiana, di tenerel'Italia fuori dal conflitto. Unaneutralità che, pochi mesi dopo,viene segretamente smantellatae quindi finisce travolta dal «ra-diosomaggismo» evocato daD'Annunzio proprio dalle paginedel Corriere. Un'evoluzione allaquale Albertini non è estraneo eche porterà l'Italia in guerra, inquella sera in cui «Il Piave mor-morava calmo e placido al pas-saggio dei primi fanti..». Era il 24maggio 1915. Albertini però, nel-la sua monumentale storia dellaguerra, di questo non parla. Do-po 2200 pagine, giunto all'agostodel 1914 si ferma. Ben prima che,sulle alture del Carso, si comincia morire.

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GIOVANNIBOGLIOLO

Ogni libro ha un suodestino e a determinarlo,come insegna l'antico ada-gio, non sono sempre sol-tanto i suoi meriti. Quellode La paura, il romanzo cheGabriel Chevallier ha trat-to nel 1930 dalla sua espe-rienza di soldato nellaGrande Guerra, è stato par-ticolarmente ingrato.

Uscito troppo tardi per-ché la sua denuncia delle

brutture e delle miserie del-la guerra sollevasse l'indi-gnazione degli ex combat-tenti e dei corifei del patrioeroismo, era stato presto ri-tirato dal commercio per-ché, nell'incombere di unaseconda guerra mondiale,avrebbe rischiato l'accusadi disfattismo. Una primaripresa, quando l'immagi-ne troppo cocente degli or-

rori di quel secondo conflittosminuiva il ricordo degli al-tri ormai remoti, era passatainosservata e un secondotentativo di rilancio, all'ini-zio del nostro secolo, era sta-to vanificato dall'incendioche aveva distrutto il magaz-zino della casa editrice.

Si è dovuti arrivare al2008 perché il libro fossenuovamente pubblicato e lacritica francese lo ponesse fi-nalmente tra i grandi roman-zi nati dalla Grande Guerra,quelli di testimonianza diret-ta, come Il fuoco di Barbussee Le croci di legno di Dor-gelès, e quelli più lungamen-te elaborati di Céline, di Gio-no, di Martin du Gard.

Ma le ragioni dell'oblionon sono solo contingenti:nel '34 Chevallier aveva scrit-to Clochemerle, e il successoplanetario che per decenniha arriso a quella burlescasaga paesana ha finito per fa-

re ombra su tutte le altreopere dell'autore e in parti-colare su questa, che era dicosì diversa ispirazione.

La paura racconta in pri-ma persona le peripezie delsoldato Dartemont che si ar-ruola volontario per la curio-sità di vedere da una posizio-ne privilegiata quello che lastampa e la pubblica opinio-ne annunciano come unostraordinario, irripetibilespettacolo. Le delusioni nonsi fanno attendere: l'adde-stramento è superficiale, l'ar-mamento approssimativo,dovunque regna il disordinee l'improvvisazione. Al fron-te, nel caos di ordini e con-trordini incoerenti, la quoti-dianità è la fame, la spossa-tezza, la promiscuità, la spor-cizia, i pidocchi. Il nemico ri-mane invisibile e la sensazio-ne di essere perennementein sua balia non è compensa-ta dalla consapevolezza di

partecipare a un'azione dicontrasto efficace: si sparanel vuoto e nel buio e gli unicimorti e feriti che si vedonosono i propri commilitoni or-rendamente mutilati che inu-tilmente invocano aiuto o re-stano per giorni a imputridi-re nel pantano maleodorantedelle trincee. La sola realtàdi cui si ha piena e continuapercezione è la propria - el'altrui - paura.

Quando, in un lettod'ospedale dove gli curanouna provvidenziale ferita,Dartemont proverà a fare ilbilancio della propria pocoesaltante esperienza («Hopreso parte alle esercitazio-

ni, sfilato alle parate, scava-to trincee, trasportato filospinato e sacchi di sabbia,montato la guardia alla feri-toia») e a rivelare che nellaguerra l'unica cosa che contidavvero è la paura, agli oc-chi delle infermiere abituatealla retorica dei bollettini uf-ficiali farà la meschina figu-ra del pauroso e del vigliac-co. E la stessa reazione, più omeno esplicita, avranno inseguito tutti quelli a cui pro-verà a confidare questa indi-cibile verità.

Quella di Chevallier è laguerra vista dal basso da unosservatore lucido, disincan-tato, capace di animare conaneddoti, dialoghi, osserva-zioni pungenti e con una vi-vace asprezza di scritturache il traduttore LeopoldoCarra ha saputo efficace-mente restituire, una narra-zione che non è mai monoto-na anche se necessariamen-te monocorde. Vista dal bas-so e nella sua circoscrittaquotidianità.

Con l'unica eccezione, al-la fine, dell'amaro giudiziostorico che stilerà lo scanzo-nato sergente Nègre: «Saiquale sarà il bilancio dellaguerra? Cinquanta grandiuomini nei manuali di storia,milioni di morti di cui nessu-no parlerà più e mille miliar-dari che detteranno legge».

scrivere la loro storia, la lorovocazione, i loro disagi, le lorogioie, il loro dolore. Materiamalleabile, non solo tavolettadi scrittura, infatti gli esseriumani non si limitano a scriver-ci sopra, lo modellano, lo scolpi-scono, lo amputano. È così chesi mette in atto quel processodi costruzione dell’individuo so-ciale, che Francesco Remottiha definito «antropopoiesi».

Meno dolorosi e non ritua-lizzati, anche gli interventi dichirurgia plastica, sempre piùdiffusi nella nostra società,rientrano nelle pratiche di mo-dellamento del corpo, tanto serealizzate a scopo terapeuticoquanto, come sempre più fre-quentemente accade, con finali-tà puramente estetiche.

Decisamente più intrusivala pratica di espianto e di tra-pianto di organi, che la moder-na tecnologia chirurgica ha re-so sempre più praticabile. Lenuove frontiere della scienza fi-niscono per dare vita a unanuova etica del corpo, anzi del-le sue parti. Se da un lato i tra-pianti possono salvare viteumane, dall’altro finiscono peralimentare un traffico, più omeno legale, che ripropone il di-vario tra i più abbienti e chinull'altro possiede se non la«nuda vita».

Il corpo divisibile (e pertan-to diviso) finisce per risponde-re alle leggi di mercato domi-nanti, le quali finiscono per tra-scendere la morale e aprirenuovi orizzonti. L'unità e l'in-violabilità del corpo possono es-sere messe in discussione. Sia-mo di fronte a una moderna de-clinazione del sacrificio uma-no, che assume le forme inquie-tanti di un neo-cannibalismocontemporaneo, dove a «in-ghiottire» pezzi di umani nonsono gli altri, i selvaggi, ma noioccidentali.

E Marte andò per mareI soldati dell’antica Roma Il ruolo e l’organizzazione delle flotte che assicurarono un millenario dominio del Mediterraneo,mentre per terra le legioni spingevano la frontiera dell’Impero fino al regno dei Parti, tra gli attuali Iraq e Afghanistan

MARCO AIME

Albertini La monumentale opera che il giornalistascrisse dopo l’estromissione dal «Corriere della Sera»

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

All’attacconel nome di Dio

I cristiani «da perseguitatia persecutori»: una storia amara

Il racconto «rimosso»di un osservatorelucido, disincantato,con una vivaceasprezza di scrittura

Quegli inutili spari nel buiodel soldato Dartemont

pp Michael Pitassip LE FLOTTE DI ROMAp trad. di Rossana Macuz Varrocchip Libreria Editrice Gorizianap pp. 509 + ill., € 30

L’autore interverrà oggi, h. 10,30,al Festival di Gorizia «èStoria» inun dibattito con Giovanni Brizzi eGino Bandelli su «Roma - Cartagi-ne , il conflitto per l’egemonia» nelMediterraneo.p Giusto Trainap LA RESA DI ROMA

9 giugno 53 a.C.battaglia di Carrep Laterza, pp. 212 + ill., € 18

Con questo saggio l’autore, do-cente si storia antica all’universi-tà di Rouen, ha vinto il premio«Cherasco Storia» 2011

Non facile il compito chesi è dato Franco Cardi-ni nel suo recente Cri-

stiani perseguitati e persecu-tori (Salerno, pp. 186, € 12,50):affrontare il tema del rappor-to tra cristianesimo e violenzasubita e inflitta non attraver-so una «conta» delle vittime dipersecuzioni religiose nei due-mila anni di cristianesimo, nécon una contrapposizione delnumero di uccisi o dell'effera-tezza dei crimini compiuti daparte di opposti schieramenti,ma piuttosto attraverso unaben più approfondita disami-na di un nodo e un'epoca cru-ciali: come e perché tra il I e ilVI secolo d.C. i cristiani daperseguitati diventano anchepersecutori. Un lavoro accura-to da storico onesto e documen-tato, quale è Cardini, svolto«non al fine di giudicare e tan-to meno di condannare, ma,semplicemente, per compren-dere».

Lo spunto è fornito dall'ama-ra realtà che si è venuta affer-mando in questi ultimi trent'an-ni: la rinascita di «appelli aguerre sante», l'apparire di«nuovi carnefici e nuove vittimetali anche e magari soprattuttonel nome di Dio».

Ma l'analisi di quanto ac-caduto - dalle violenti persecu-zioni contro i cristiani nei pri-mi quattro secoli dell'era vol-gare fino all'affermarsi neidue secoli successivi di una so-cietà cristiana anche attraver-so l'imposizione di «una fededi pace e d'amore con strumen-ti che furono ... anche quellidell'intimidazione ... e della ve-ra e propria violenza» - portaa un'amara constatazione: «lepersecuzioni condotte e i mas-sacri perpetrati nel nome dellacroce non sono stati né eccezio-ni confermanti la regola, né fa-tali ma casuali incidenti dipercorso». Sarebbe piuttosto

l'inevitabile conseguenza di unafondamentale impossibilità a vi-vere il Vangelo come cristiani-tà: «il Vangelo non solo non èstato attuato nel cristianesimo,ma questo non si esaurisce affat-to in quello».

L'equilibrio di giudizio diCardini, docente di Storia me-dievale, riesce a svelenire la po-lemica senza tacere fatti e mi-sfatti e fornisce chiavi di inter-pretazione solo apparentementeparadossali, come quando ricor-da che la società cristiana che siafferma dal IV secolo in poi «ècomposta per la stragrandemaggioranza di figli e di nipotinon già dei perseguitati, bensìdei persecutori».

Certo, il quadro che emergeha toni amari, ma in questa lucecupa che ferisce la «buona noti-zia» portata da Gesù di Naza-ret assumono un significato an-cor più pregnante quei discepolidi Cristo restati «costantemen-te fedeli alla consegna di paceaffidata dal maestro tanto da ri-nunziare perfino a difendersi».

Non si tratta di evocarli quasi acoprire o sminuire i misfatti dialtri, servono invece a ricordareche vivere da cristiani non è im-presa sovrumana ma umanissi-ma, che nulla e nessuno può im-pedire a un discepolo di seguirefino in fondo il suo Signore e re-stare fedele al Vangelo.

È quanto due celebrazionichiave del Giubileo del 2000 -mai troppo ricordate: la gior-nata del perdono e la comme-morazione ecumenica dei mar-tiri del XX secolo - hanno ideal-mente accostato: solo quandola chiesa riconosce i peccaticommessi nel nome del cristia-nesimo può anche gloriarsi del-la luminosa testimonianza ditanti suoi figli che - con sempli-cità e risolutezza, con fierezzae senza arroganza alcuna -hanno affermato con la loro vi-ta e la loro morte che sì, il Van-gelo è vivibile fino in fondo an-che quando ogni cosa attorno,perfino in ambito cristiano,sembra spingere a un compro-messo con le forze del male.

pp Luigi Albertinip LE ORIGINI DELLA GUERRA

1914p Libreria Editrice Gorizianap L’opera, con la prefazione di

Sergio Romano, consta di tre vo-lumi, rispettivamente di 724,760 e 753 pagine, del costo di35 euro cadauno

pp Gabriel Chevallierp LA PAURAp trad. di Leopoldo Carrap Adelphi, p.327, € 20p Gabriel Chevallier, nato nel

1895 e scomparso nel 1969, die-de alle stampe il romanzo «Lapaura» nel 1930. E’ fra i granditestimoni letterari della GrandeGuerra, dalla critica collocatoaccanto a figure come Dor-gelès, Giono, Martin du Gard.Ma Chevallier deve la fama a«Clochemerle» (1934), burlescasaga paesana che ha finito perfare ombra agli altri suoi libri.

Chevallier Ritorna «La paura», uno fra i maggioriromanzi nati dagli orrori del primo conflitto mondiale

Segue da pag. I

«Marte disarmato da Venere e dalle Grazie», dipinto di Jacques-Louis David, 1824 (Bruxelles, Musées Royaux des Beaux -Arts)

Dal nostro inviato nel 1914,dove il Piave mormorava

Le legioni di Crassosterminate nel 53 a.C.a Carre, simbolicasconfitta dell’Occidente,ora narrata da Traina

Luigi Albertini

FrancoCardini,

storicomedievista,

pubblica il suosaggio

«Cristianiperseguitati e

persecutori»nella nuova

collana«Aculei»

diretta daAlessandro

Barberoper la Salerno

EditriceCome e perché si volleimporre il Vangeloanche con la violenza?Un’equilibrata analisidi Franco Cardini

Gabriel Chevallier soldato

Un saggio di Pitassi,presentato al festival«èStoria» di Gorizia,riempie un vuoto:le battaglie navali

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Storie di guerreVITuttolibri

SABATO 21 MAGGIO 2011LA STAMPA VII

Il corpo,una paginatra naturae cultura

Page 8: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/DUMMY [DUMMYNZ] - Autore: LUCRUV - Ora di stampa: 20/05/11 21.38

SABATO 21 MAGGIO 2011 LA STAMPA VIII

Page 9: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/09 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

GIANNIRONDOLINO

Nel 2007 la rivistaCahiers du Cinéma dava inizioa una nuova collana di libri, af-frontando in maniera sempli-ce ma approfondita, con unsuggestivo apparato di imma-gini, le biografie critiche digrandi registi del cinema mon-diale. E poiché si trattava diuna rivista che è stata fra lemaggiori del settore, fondatanel 1951 da André Bazin e altricritici, a cui collaborarono igiovani Truffaut, Chabrol, Go-dard, Rohmer prima di diven-tare gli inventori della Nouvel-le Vague, non v’era dubbio chequei nuovi libri si sarebbero af-fermati e sarebbero stati unalettura abituale degli amantidel cinema.

Ora che la Phaidon ne hacurato l'edizione italiana, in-troducendo sul mercato i pri-mi dieci titoli della collana inuna edizione di prestigio, nonv'è dubbio che, un po’ in con-correnza con le belle monogra-fie del «Castoro Cinema», essistimoleranno la curiosità deicinefili, e non solo. Perché leg-gere, ad esempio, quanto scri-ve Thierry Jousse su DavidLynch, sulla sua evoluzionedai primi film al «misterioso»Inland Empire - su cui DavideMorello ha scritto un eccellen-te libro per le Edizioni Falso-piano - significa entrare a po-co a poco in un universo filmi-co per molti versi affascinan-

te, ma al tempo stesso inquie-tante e sconvolgente. E ciò valeper l'analisi dell’opera comples-siva di Alfred Hitchcock condot-ta con precisione e acume daBill Krohn. Il quale, nel volumededicato a Stanley Kubrick,compie un percorso analogo,partendo dall’attività di Kubri-ck come fotografo e dal suo pri-mo «vero» film, Il bacio dell’as-

sassino del 1955, per giungere,attraverso una attenta analisicontenutistica e formale, a quelcapolavoro, in parte miscono-sciuto, che è il suo ultimo filmEyes Wide Shut del 1999, termi-nato poco prima di morire.

Un discorso analogo si do-vrebbe fare per il lavoro di uncritico come Thomas Sotinelche affronta due registi molto di-versi l’uno dall’altro, come Pe-dro Almodóvar e Martin Scorse-se. Del primo mette in luce so-prattutto la scioltezza narrati-va, il sottile e caustico umori-

smo, il continuo progresso ver-so un approfondimento psicolo-gico dei personaggi e una visio-ne sostanzialmente critica dellarealtà sociale. Del secondo lagrande maestria registica, la va-rietà dei temi affrontati, i risvol-ti autobiografici, lo sguardo acu-to e indagatore che si alleasplendidamente con un gustopreciso per lo spettacolo.

E si potrebbe continuarecon l'esame dell’opera contro-versa di Francis Ford Coppolacondotta da Stéphane Delor-me, o con quella, a metà stradafra gioco e impegno, che Au-rélien Ferenczi fa del cinema di

Tim Burton; o ancora le analisiacute e documentate di Floren-ce Colombani su Woody Allen,di Bernard Benoliel su Clint Ea-stwood, di Clélia Cohen su Ste-ven Spielberg.

Per dire, in conclusione, che,nel ricco panorama italiano deilibri sul cinema, questa collanadedicata ai «Maestri del cine-ma» - che vede in questi giornil’uscita dei volumi su CharlieChaplin e Ingmar Bergman, eannuncia per giugno Billy Wil-der e Federico Fellini - non è cer-to trascurabile, anzi.

GIORGIOPESTELLI

Che Michele Campa-nella non sia un istintivo, maun pianista che ami pensare lamusica, prendere coscienzadelle sue strutture e delle risul-tanze foniche e stilistiche, è unfatto che si sente benissimogià nel concertista; ma ora ilnostro musicista ha oggettiva-to nero su bianco il suo rappor-to con Franz Liszt, uno deisuoi autori più amati, in un am-pio libro, Il mio Liszt - Conside-razioni di un interprete, che èanche il primo volume appar-so in Italia a celebrare il gran-de compositore a duecento an-ni dalla nascita.

«In questo libro - scriveCampanella - intendo esami-nare la figura e soprattutto lamusica di Liszt dal mio puntodi vista, quello di un pianistache nel corso di quarantacin-que anni di carriera ne ha in-terpretato le pagine più ar-due e nello stesso tempo haindagato su tutta la sua pro-

duzione, senza limitarsi al re-pertorio pianistico».

Il saggio tiene fede al pro-gramma, ma va anche oltre per-ché l’autore, parlando di unaspetto o di un procedimento diLiszt, non resiste alla tentazionedi indicare e discutere analoghiprocedimenti in altri autori del-l’età classico-romantica, Be-ethoven prima di tutti. Se talvol-ta sembra perdere il filo, eccoche invece, tornando a Liszt, loritroviamo al centro di un arcostorico che arriva fino a Debus-sy, e lo riconosciamo in tutte lesue facce: inventore di uno stilepianistico unico, viaggiatore mu-sicale, apostolo del nuovo, criti-co e cronista della musica del

suo tempo, conoscitore di ognigenere musicale, compresal’opera italiana e quella wagne-riana, oggetto di quelle affasci-nanti parafrasi o fantasie piani-stiche oggi per fortuna ritorna-te nei programmi concertistici.

Forse per far meglio risplen-dere la statura del suo eroe,Campanella insiste un po’ trop-po sull’idea del compositore tut-tora «malinteso»; è ben veroche agli inizi del Novecento,quando l’appello della frase ma-gniloquente passò di moda, lasua fortuna precipitò (anche semusicisti come Busoni e poi Dal-lapiccola continuarono ad am-mirarlo), ma circa dal 1950 inpoi cominciò la risalita, dovuta

anche al ritorno di simpatia peril monumentale: e assieme aigrandiosi capolavori, i Concertiper pianoforte, la Sonata, i Poe-mi sinfonici, rientrano in reper-torio anche cose per nulla vir-tuosistiche o enfatiche, ma casti-gatissime se non ascetiche («Lagondola funebre»).

D’altra parte, anche perCampanella, le pagine di Lisztquasi sempre nascono davantia un pubblico, incorporato percosì dire in quelle cascate dinote; ma proprio qui cominciail lavoro dell’interprete chenon voglia solo stordire l’ascol-tatore con effetti mirabolanti:«suonare Liszt - dichiara Cam-panella - è per ciascuno di noi

un problema aperto», e nellesue scelte e soluzioni certo si fasentire «l’approccio razionali-stico» alla tecnica lisztiana ere-ditato dal suo grande maestroVincenzo Vitale.

Di qui la quantità di osserva-zioni a volo radente che la lun-ga esperienza di Campanella ciregala: confronti fra prime ver-sioni e rifacimenti, rivelazioniminute sulla tecnica del «ruba-to», sull’uso del pedale, sul tim-bro fin della singola nota; eogni tanto qualche scorcio par-lante, come le pagine su «Lavallée d’Obermann» che sonoquasi un’esecuzione al piano-forte. Così il «suo» Liszt diven-ta anche nostro.

FRANCESCOTROIANO

La nostalgia non è piùquella d’un tempo, sostenevaSimone Signoret: neanche il ci-nema, a dir il vero. Prendiamoil Festival di Cannes alla suaprima edizione, quella del 1946(se si esclude, nel 1939, unascintillante inaugurazione sen-za rassegna, causa inizio delleostilità belliche): tra i titoli com-parivano Breve incontro di Le-

an, Giorni perduti di Wilder, Ro-ma città aperta di Rossellini, Labella e la bestia di Cocteau, Unagita in campagna di Renoir, No-torious di Hitchcock, Gilda diVidor, Angoscia di Cukor... E lacinematografia italiana? Sce-gliamo un anno come tanti al-tri, il 1963: per noi correvano Ilgattopardo di Visconti, 8 e mez-zo di Fellini, L’ape regina di Fer-reri ed I fidanzati di Olmi...

Altri tempi, altre opere: eben diverse erano, pure, l’atmo-sfera della Croisette, la nozio-ne di divismo, l’importanza deifilm rispetto al contesto. Perrendersene conto basta sfoglia-re il bellissimo repertorio diCannes Cinéma, oltre 60 anni difestival raccontati attraverso

gli scatti in bianco e nero dei Tra-verso: quattro generazioni d’af-fermati fotografi che han godutodi accesso privilegiato al dietrole quinte di cineasti e star d’ogniepoca, da René Clément a Quen-tin Tarantino, da Michèle Mor-gan a PenélopeCruz.

Scorrendo le immagini, vie-ne spontaneo chiedersi, ad esem-pio, come certe foto degli anni‘50 - Liz Taylor in posa dinnanziad una gelateria ed in mezzo adue marinai, o Sophia Loren in-tenta a fumare da sola in un caf-fè - si siano potute realizzare.Una spiegazione è che, essendoallora più importanti le pellicoleche non gli interpreti, a questi ul-timi non si faceva tanto caso;ma, soprattutto, dipende dal fat-

to che un tempo la figura del di-vo, per quanto adorata, era com-patibile con il rapporto fisico coipropri fan. Ora, un muro di guar-die del corpo farebbe girare allalarga chiunque; finanche lastampa e i fotografi sono, ormai,costretti nella camicia di Nessodelle conferenze e del red car-pet.

L’avanzata travolgente deinuovi media e il numero semprecrescente d’accreditati hannocerto suggerito misure draconia-ne: resta però l’impressione che,in tutto ciò, a rimetterci sia il ci-nema. Più distante dagli spetta-tori, perennemente transennati,e in eguale misura dai loro sogni:che, in quanto tali, non prevedo-no imprigionamenti di sorta.

Liszt, apostolo del nuovo

«MAGNUM SUL SET», UNA MOSTRA A TORINO

Tutte le luci di Hollywood= Di diva in divo. Da Marilyn a Billy Wilder, da Liz Taylor aJohn Wayne. Un viaggio nel cinema di Hollywood incentodieci illustrazioni a colori, realizzate dai reporterMagnum, l’agenzia fotografica di Robert Capa e HenriCartier-Bresson. Magnum sul set (Silvana, pp. 168, € 35) èil catalogo della mostra che si inaugura al Museo delCinema di Torino il 26 maggio (resterà aperta fino al 25settembre). Una galleria di istantanee realizzate sul set didodici capolavori, da Luci della ribalta a Gioventù bruciata aQuando la moglie è in vacanza: qui a destra, uno scatto conMarilyn Monroe (© Elliott Erwitt / Magnum Photos, 1955)

Bicentenario La figura e la musica del compositore ungheresevisto dal pianista Campanella, fra i suoi maggiori interpreti

I «MITICI» DANIELE CIPRI’ E FRANCO MARESCO

Cinico Tv, l’Italia barbarica= Nella terra desolatache è la Sicilia. Quando,araccontarla,erano due registi hors-catégorie, «anarchici»,qualiDaniele Ciprì e FrancoMaresco.Una galleria di luoghie dipersonaggiestremi, alienati, folli, involontariamentecircensi,unameravigliosacorte dei miracoli: il miope trentennedevastatodai tic e il Tarzandi Palermo, il vecchioocchialuto esdentatoe l’anzianociclista. La mitica serie di RaiTreCinicoTvritornaora a cura di CinetecaBologna.Esce il primocofanettorelativoal periodo 1989-1992, (€ 19,90, dvd e libro,presentatoda GiuseppeBertolucci, con interventi, tra gli altri,di Ghezzi, Farassino,Guglielmi, Fofi, Morreale).

In edizione italianala prestigiosa collanadei Cahiers du Cinéma:in uscita Chaplin,prossimamente Fellini

Da Hitchcocka Woody Alleni re del ciak

Visioni e suoni TuttolibriSABATO 14 MAGGIO 2011

LA STAMPA IX

La vicenda festivalieraraccontata dai Traverso,quattro generazionidi fotografi dietrole quinte del cinema

Liz Taylor,un gelatoe due marinai

Divi e registi Un sessantennio di Cannes raccontato attraverso gli scattiin bianco e nero e le monografie critiche di grandi, leggendari signori del set

IL MEGLIO DEL ’900 PROPOSTO DA TASCHEN

Cento capolavori= Da Nascita di una nazione di D.W. Griffith (1915) a Latigre e il dragone di Ang Lee (2000), da Tempi moderni diCharlie Chaplin (1933) a Forrest Gump di Robert Zemeckis(1994), da Casablanca di Curtiz (142) a American Beautydi Mendes (1999). Un viaggio nel mondo di celluloide incento stazioni, i 100 capolavori del cinema secondoTaschen, un cofanetto in due volumi riccamente illustrati(1915 - 1959 e 1960 -2000) a cura di Jürgen Müller (pp.800, € 39,99). Di ogni film una sinossi, il cast, la troupe,informazioni tecniche, biografia degli attori e del regista,fotogrammi, foto di scena e il poster originale.

pp Michele Campanellap IL MIO LISZTp Bompiani, pp. 268, € 11

pp MAESTRI DEL CINEMAp Collana dei Cahiers du Cinémap Phaidon, pp. 104, € 7,95 l’unop Già usciti: Allen, Almodóvar, Burton,

Coppola, Eastwood, Hitchcock, Ku-brick, Lynch, Scorsese, Spielberg

pp CANNES CINÉMAp Edizione inglese dei

«Cahiers du cinema»p Phaidon, pp. 336, € 35p 500 illustrazionip in libreria da giugno

Franz Liszt

E’ in uscita il «Chaplin» di J. Larcher

Liz Taylor in una foto dall’album «Cannes Cinéma» (© Traverso)

Page 10: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

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Le lucidisettembre

RUIZ ZAFÓNMONDADORI

70

Nessunosi salvada soloMAZZANTINIMONDADORI

39

3Il linguaggiosegretodei fioriDIFFENBAUGHGARZANTI

8390

Per sempre

TAMAROGIUNTI

9

Carta stracciaIl potere inutiledei giornalisti italianiPANSARIZZOLI

57

2Dai diamantinon nascenienteDANDINIRIZZOLI

54

SanguisugheLe pensioniscandaloGIORDANOMONDADORI

40

100

49

Saggistica

10Un filod’olio

AGNELLOHORNBYSELLERIO

La felicitàdellademocraziaZAGREBELSKY;MAUROLATERZA

Indignatevi!

HESSELADD EDITORE

TascabiliNarrativaitaliana

6

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DALL’ 8 AL 14 MAGGIO.

62

7 43

1. Il linguaggiosegretodei fiori 90DIFFENBAUGH 18,60 GARZANTI

2. Le luci di settembre 39RUIZ ZAFÓN 19,00 MONDADORI

3 Il profumodelle fogliedi limone 39SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

4 Tutto per amore 34DUNNE 18,00 GUANDA

5. L’atlante di smeraldo 31STEPHENS 18,60 LONGANESI

6. Il centenariochesaltò... 29JONASSON 17,90 BOMPIANI

7. Burned. La casa della notte 28CAST; CAST 16,50 NORD

8. Il superstite 23DOM 18,60 CORBACCIO

9. Libertà 22FRANZEN 22,00 EINAUDI

10.La legge del deserto 22SMITH 19,60 LONGANESI

1. Il piccolo principe 24SAINT-EXUPÉRY 7,90 BOMPIANI

2. Vangeloe AttidegliApostoli 20- 1,90 SAN PAOLO EDIZIONI

3. Bianca come il latte... 15D’AVENIA 13,00 MONDADORI

4. Acqua agli elefanti 15GRUEN 9,00 BEAT

5. La versione di Barney 15RICHLER 12,00 ADELPHI

6. Lasolitudine deinumeriprimi 13GIORDANO P. 13,00 MONDADORI

7. L’ombra del vento 12RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

8. Il tempo che vorrei 11VOLO 13,00 MONDADORI

9 Il simboloperduto 11BROWN 14,00 MONDADORI

10 1984 10ORWELL 9,50 MONDADORI

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Per venti sterline, puoicomprare l'orrore. Conlo sconto, poi, costa la

metà, è un affare.Madeleine è di Kate e

Gerry McCann, madre e pa-dre della bambina scompar-sa in Portogallo quattro annifa. Sparata in copertina, lasua faccetta meravigliosa,con quegli occhi sgranati chehanno ossessionato i notizia-ri di mezzo mondo.

Il libro ha venduto 40 mi-la copie nel giorno dell'usci-ta, e nei primi tre circa millecopie all'ora. Ha fatto aumen-tare del 7% le vendite com-plessive della settimana. Ilpopolare Sun l'ha serializza-to prima dell'uscita in volu-me, librerie come WHSmith eAmazon lo vendono a menodi metà del prezzo di coperti-na, e c'è anche un comodo ali-bi morale per chi vuole spro-fondare in questa storia ne-rissima: le royalties andran-no al Find Madeleine Fund.

Diventerà il libro di non fic-tion più veloce nelle vendite, re-cord finora detenuto da AJourney di Tony Blair. È, ov-viamente, balzato immediata-mente al primo posto in classi-fica, battendo per tre copie auna le vendite del secondopiazzato.

Anche al secondo posto, pe-

raltro, c'è l'orrore: The Fami-ly di Martina Cole, la cosiddet-ta regina del noir, ha in coper-tina una casa minacciosamen-te stagliata contro un cielo not-turno e tempestoso, e una sago-ma nera minacciosamente sta-gliata contro la porta aperta,brrrr.

Il protagonista è un impec-cabile padre di famiglia, cheperò ha una tremenda vita pa-rallela. Il romanzo è stroncatis-simo (anche dai lettori, che de-cretano la fine creativa di Mar-tina Cole), eppure continua astravendere, è il bestseller del2010, e ancora batte il terzoclassificato.

Al terzo posto c'è, sorpresa,un libro sull'orrore: Port Mor-tuary di Patricia Cornwell, di-ciottesimo thriller della seriedi Kay Scarpetta. Sarà forseper bilanciare la melassa appe-na trascorsa: nella settimanadel Royal Wedding le venditedi libri erano crollate, ora ri-sorgono sanguinolente.

1. Dai diamanti non nasce... 83DANDINI 19,00 RIZZOLI

2. La dieta Dukan 20DUKAN 16,00 SPERLING & KUPFER

3. Cotto e mangiato 24PARODI 14,90 VALLARDI

4. La parigina. Guida allo chic 17LA FRESSANGE; GACHET 25,00 L’IPPOCAMPO

5. Benvenuti nella mia cucina 14PARODI 14,90 VALLARDI

6. The secret 12BYRNE 18,60 MACRO EDIZIONI

7. Aldilà. La vita continua? 11GIACOBBO 17,50 MONDADORI

8. Instant english 11SLOAN 16,90 GRIBAUDO

9. E’ facile smettere... 11CARR 10,00 EWI

10.Steve Jobs. L’uomo che... 10ELIOT 19,90 HOEPLI

1. La maledizione del titano 34RIORDAN 17,00 MONDADORI

2. I Gemelli di Kuma 28TROISI 17,00 MONDADORI

3. Amici contro 19GARLANDO 11,00 PIEMME

4. Diariodiunaschiappa.Vitadacani 13KINNEY 12,00 IL CASTORO

5. Grosso guaio in Mato Grosso 10STILTON 8,50 PIEMME

6. Le avventure di Re Artù 9STILTON 23,50 PIEMME

7. Il giorno delle selezioni 8GARLANDO 11,00 PIEMME

8. Mistero dietro le quinte 8STILTON 15,50 PIEMME

9. Diario di una schiappa I 8KINNEY 12,00 IL CASTORO

10.L’incontro. L’album della prima... 8- 18,00 GIUNTI JUNIOR

La giungla o il giardino? Ecco il bipolarismo che siprofila in classifica. Rimane in vetta Pansa, anchese il valore dei 100 punti cala un po’, sotto le 8 mila

copie: nella sua Carta straccia è un via vai di tigri, leoni ejene dattilografe, ma anche di gazzelle, elefanti e volpi, unafauna che ben si presta alle acrobazie polemiche di un Tar-zan svolazzante di liana in liana tra le redazioni, dipanan-do un romanzesco pamphlet di retroscena, veleni e colpi difrusta. Ma subito dopo ecco sbocciare ancor di più i fiori ro-mantici di Vanessa Diffenbaugh, ora in compagnia di Sere-na Dandini, novità tra i primi 10, anche lei giardiniera, tradavanzali, balconi, terrazze e aiuole, dispensando istruzio-

ni botaniche e digressioni narrative, con inclite citazioni let-terarie e più prosaici refrain canterini, coltivando in sim-biosi Borges e i Pooh, Calvino e i Rolling Stones, la Dickin-son e De André. La natura come balsamo, una strada per-corsa anche dall’eremita di Susanna Tamaro, rifugiato neiboschi per cercare una risposta al dolore di una vita strap-patagli via dal destino. E, ciascuno a modo loro, possonorientrare nel polo del giardino le ricette della Hornby, lesante di Erri De Luca, gli amori della Dunne, la manna e ilmiele della Torregrossa. Mentre ci riportano alle sfide dellagiungla (d’asfalto) la coppia in crisi della Mazzantini e so-prattutto il dialogo sulla democrazia tra Mauro e Zagre-

belsky, secondo nuovo ingresso al vertice, dove la politica, ildiritto e l’etica riacquistano la maiuscola, tanto necessariaquanto svilita nei nostri giorni, fangosi e incattiviti. Comemostrano le sanguisughe di Giordano, il giallo sociale diCarlotto, il vecchietto coriaceo di Presta, l’Eros di Scalfari,la Madonna femminista della Murgia e persino un po’ loZafón, terzo nuovo titolo nel gruppo dei 10, romanzo del ’95per ragazzi, ripescato per gli adulti. Per gli indecisi del se-condo turno, un candido consiglio, l’«Appello agli elettori»di Goffredo Mameli, ritrovato in www.fondazionefeltrinel-li.it : «elimineremo gli uomini che, o per tristizie o per inet-tezza, hanno mancato all’onore e agli interessi del paese».

AI PUNTILUCIANO GENTA

Non ci restache coltivare

il giardino

Traslochi in corso.1) Antonio Baravalle, exMarchionne boy, dalla

poltrona di direttore generaleEducational di Mondadori non-ché Ad Einaudi a quella di AdLavazza: in poco più di un lustroTorino-Segrate e ritorno, motori-libro-caffè, a tutto gas. Sostitu-zione «interna» con Antonio Por-ro per Mondadori, con il dioscuroRiccardo Cavallero per via Bian-camano. Dove si sdoppia e si am-plia la direzione generale: il cur-sus honorum di Ernesto Francoapproda alla «direzione generaleeditoriale», alias un di più dicampo d’azione e di potere deci-sionale, a Giorgio Cavagnino«crescenti responsabilità nella ge-stione operativa».

2) Per lasciarsi (senza ranco-re) o viceversa. Metropoli d’Asia,dalla nascita nel 2009 in partner-ship 50/50% con Giunti ora ri-scattata al 100% dal fondatoreAndrea Berrini «constatato cheuna "quercia" è meno flessibile diquanto sia indispensabile ad una

“spiga” come la nostra». Managerche opera planetariamente, è daiviaggi che Berrini ha maturato ilsuo desiderio di far libri: viaggi vir-tuali indirizzati all’Oriente portan-do in scena scrittori «residenti»che, partendo da un punto di vista«locale», esplorano i loro mondi. Si-nora 13 titoli, da settembre Cinacon il romanzo di Han Han Le tre

porte (4 milioni di copie per le as-surdità del sistema scolastico); In-dia con i racconti di R Raj Rao«l’unico autore dichiaratamenteomosessuale del Paese» e i reporta-ge della giovane Annie Zaidi.

3)Playground sotto l’ala Fan-dango di Procacci, socio di maggio-ranza (80%) deciso a mantenere«piena autonomia» e qualità allacasa di Andrea Bergamini, anchelui scrittore, forte di autori comeEdmund White (ritorna Un giova-ne americano), Helen Hum-phreys, Rachid O., Allan Gurga-nus, unico italiano Gilberto Severi-ni che con A cosa servono gli amo-ri infelici è tra i 12 del prossimoStrega. Storica scelta, il mondoomosessuale come un «paradig-ma» della condizione umana. Per-ché questo «gemellaggio»? «Per po-ter ancora fare futuro».

4) Benedetta Parodi, la «cuo-ca» più ricca d’Italia, abbandonaVallardi per la Rcs. Come sarà ilsuo nuovo risotto? Alla Gems paresi pensi che la cucina di via Mece-nate non valga il trasloco...

1. Per sempre 70TAMARO 18,00 GIUNTI

2 Nessuno si salva da solo 62MAZZANTINI 19,00 MONDADORI

3. Un filo d’olio 57AGNELLO HORNBY 14,00 SELLERIO

4. Le sante dello scandalo 38DE LUCA 8,50 GIUNTINA

5. Alla fine di un giorno... 34CARLOTTO 17,00 E/O

6. Gran circo Taddei... 24CAMILLERI 14,00 SELLERIO

7 E disse 19DE LUCA 10,00 FELTRINELLI

8. La leggenda del morto contento 16VITALI 18,60 GARZANTI

9. Manna e miele... 16TORREGROSSA 19,00 MONDADORI

10.Un calcio in bocca... 14PRESTA 16,50 EINAUDI

CHE LIBRO FA... A LONDRA

GIOVANNA ZUCCONI

L’orroreper venti

sterline

1. Carta straccia. Il potere... 100PANSA 19,90 RIZZOLI

2. La felicità della democrazia 49ZAGREBELSKY; MAURO 15,00 LATERZA

3. Indignatevi! 43HESSEL 5,00 ADD EDITORE

4. Sanguisughe. Le pensioni scandalo 40GIORDANO 18,50 MONDADORI

5. Odio gli indifferenti 31GRAMSCI 7,00 CHIARELETTERE

6. Tremilanovantasei giorni 29KAMPUSCH 17,50 BOMPIANI

7. Di sana e robustacostituzione 29GALLO 14,00 ALIBERTI

8. Scuote l’anima mia Eros 27SCALFARI 17,00 FELTRINELLI

9. Ave Mary 26MURGIA 16,00 EINAUDI

10.Il mio infinito 18HACK 17,50 DALAI EDITORE

1

8

Classifiche TuttolibriSABATO 21 MAGGIO 2011

LA STAMPAX

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Via vai, tralibri, motori

e risotti

Page 11: Tuttolibri n. 1766 (22-05-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 21/05/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: ROBSAB - Ora di stampa: 20/05/11 18.59

f

EDMUND HUSSERL

La crisidelle scienze europeeIl Saggiatore, pp. 588, € 15

«Come tener fermala tensione etica una voltasospesa ogni certezza»

f

STENDHAL

Il rosso e il neroEinaudi, pp. XXXVII-555, € 11,50

«Rappresenta lacontraddizione intrinseca deldesiderio di successo, dellavolontà di essere accettati»

f

BORGES

L’AlephAdelphi, pp. 172, € 15

«Un libro essenziale.L’Aleph mostra infine comeneppure la morte siadefinitiva»

IL ROMANZO E UN SAGGIO

Notizie degli scavi, ilromanzo scritto da FrancoLucentini nel 1964, da cui ètratto il film di Greco, èdisponibile negli OscarMondadori (pp. 93, € 9) conuna postfazione diDomenico Scarpa, che orapubblica con le edizioni duepunti Uno. Doppio ritrattodi Lucentini, scrittore inproprio (prima di far coppiacon Fruttero) e traduttore(pp. 139, € 18).

I PREFERITI Il più letterato fra gli autori del cinema italiano,come «copione» privilegiato i libri di grandi scrittori,da Bioy Casares alla Blixen, da Sciascia a Lucentini

ANDREACORTELLESSA

Fra i nostri autori dicinema, Emidio Greco è il piùletterato. Non a caso - smen-tendo un inveterato luogo co-mune - ha realizzato film bellitratti da grandi scrittori (dall'Invenzione di Morel da AdolfoBioy Casares nel '74 all'ultimoNotizie degli scavi tratto daFranco Lucentini e uscito po-che settimane fa; il mio prefe-rito è forse Ehrengard, da Ka-ren Blixen; poi c'è il dittico daSciascia, Una storia semplice eIl consiglio d'Egitto). Lo incon-tro in una schiamazzante trat-toria a Ponte Milvio. Notizie de-gli scavi s'incastona nella Ro-ma più frastornante: allo stes-so modo, qui, mi conforta la lu-cidità di Emidio. I ricordi diun'Italia avventurosa, remotacome un'era archeologica, ri-verberano su un presente os-servato con sguardo altrettan-to penetrante. Cominciamo ascavare dunque.

Con Notizie degli scavi sichiude un cerchio.

«Lessi il racconto di Lucentiniappena uscì, nel '64 da Feltri-nelli, e me ne innamorai all'istante. Al concorso per il Cen-tro sperimentale di cinemato-grafia buttai giù una sceneg-giatura, ma il film l'ho realizza-to solo quarantasei anni dopo!Sino ad allora avevo vissuto a

Torino (dove mi ero trasferitoragazzo dalla Puglia). Erol'unico a voler fare cinema inun gruppo di aspiranti artisti,alcuni dei quali destinati allacelebrità: Merz, Pistoletto, Pa-olini, Zorio e altri. In particola-re Alighiero Boetti era il miomigliore amico: per una deci-na d'anni ci vedemmo tutti igiorni. Facevamo ragioneriapoi ci iscrivemmo, senza mailaurearci, ad economia e com-mercio. La mia prima vocazio-ne era teatrale: i Sei personag-gi di Pirandello mi avevanosconvolto. Verso il '56 o '57, aPalazzo Campana ascoltaiuna serie di conferenze di Ma-rio Gromo, critico cinemato-grafico della Stampa. Fu unafolgorazione. Ma Torino fu de-cisiva, ovviamente, anche perla letteratura. La lettura diBorges fu anch'essa mediatada Lucentini, che tradusse Fin-zioni per Einaudi nel '61 (an-che se prima lessi L'Aleph,uscito da Feltrinelli)».

La Torino degli artisti con-cettuali e quella di Einaudiparevano però città distan-ti. E forse hai fatto tu datrait d'union…

«Beh, con Boetti in effetti èandata un po' così. Su di luinel '78 ho anche fatto unfilm, Niente da vedere nienteda nascondere (nel 2006 Sos-sella lo ha pubblicato in dvdassieme a testi di AnnemarieSauzeau e Stefano Chiodi,ndr). Gli amici facevano capoalla galleria di Gian EnzoSperone, in via Carlo Alber-to. Erano anni fantastici…Alighiero e io eravamo statifolgorati da de Staël e Baconalla Galleria d'Arte Moder-na. Ma il primo a "rompere"con la pittura è Pistoletto coiQuadri specchianti, nel '63.Uno choc. Il suo galleristanon li capisce, lui va da Ilea-na Sonnabend a Parigi e da lìtutto prende il via. Poi la dia-spora, Alighiero e io ci trasfe-riamo a Roma. Borges ci af-fratellava. L'intensità diquelle letture era il segno di

una temperatura esistenziale:ci sentivamo davvero "getta-ti" nel tempo, lo vivevamo co-me campo di possibilità».

Gli anni Sessanta furonoquesto, in Italia. Una «fine-stra» che si chiuse abbastan-za presto.

«Basti pensare a cosa rappre-sentò il Gruppo 63. Io mi legaisoprattutto ad Angelo Gugliel-mi (che mi fece lavorare in te-levisione), ad Andrea Barbato(che con me ha scritto duefilm) e a Enrico Filippini, checollaborò a Ehrengard e fumio grande amico. Alla Rai holavorato molto dal '75 all'80circa, dopo la riforma e primache si inseguissero indiscrimi-natamente le reti allora dette"commerciali". Fu allora cheebbi l'occasione di incontrar-lo, Borges; era l'80, gli venivaconferito il Premio Cervantese lo intervistai. Gli dissi cheavevo tratto un film dal suoamico Bioy Casares, il chenon lo colpì granché. Mi rispo-se che un altro italiano avevafatto un film tratto invece daun suo racconto: era Bernar-

do Bertolucci, e il film Strate-gia del ragno».

Con tutta l'ammirazione perBertolucci, il passaggio daBorges ad Ammaniti dise-gna bene il percorso dellanostra cultura… Mi pare dicapire che ancor oggi l’affa-scini l'aura borgesiana, in let-teratura.

«Paul Auster, Cees Noote-boom, un certo Milan Kunde-ra, secondo me anche Javier

Marías sono gli scrittori cheoggi leggo più volentieri. In Ita-lia un certo Calvino e poi Scia-scia di sicuro. Tante volte hoprovato a immaginare un filmtratto da Borges, ma mi pareimpossibile».

Del resto le piacciono soprat-tutto testi «anti-cinemato-grafici». È anche il caso diNotizie degli scavi, che siregge sulla prospettiva au-tre del protagonista, un alie-nato assai beckettiano ironi-camente soprannominato ilProfessore (e interpretatoda Giuseppe Battiston in mo-do magistrale).

«Faccio un cinema che si ne-ga, sì. È un rischio calcolato.Non ci sono molte soggettive,ma è come se la macchina dapresa si identificasse con losguardo del personaggio.Credo di aver riprodotto lasua ossessività, la sua catato-nia… i dialoghi sono riportatipari pari. È un personaggioverosimile, il Professore. Delresto sono sempre stato perun cinema della verosimi-glianza (non del realismo, co-

sa assai diversa), che per mesi traduce in una tensione eti-ca contro ogni ideologia opensiero totalizzante. È quel-la che in filosofia si definisceun'epoché».

Come nel finale di Notiziedegli scavi: «ma che poi chilo sa chi eravamo, e tuttoquanto che era».

«Accettare davvero l'infinitaambiguità dell'esistenza non ècosì semplice. Lettura decisi-va fu La crisi delle scienze euro-pee e la fenomenologia trascen-dentale di Edmund Husserl,tradotto da Filippini nel '61per il Saggiatore. Quello cheHusserl chiama il Mondo dellavita muta istante dopo istante,e l'Incertezza è condizione uni-versale dell'esistenza. Ma già

nel Rosso e il nero di Stendhaltrovo lo stesso azzeramentodell'enfasi dei significati. L'os-sessione per la scalata socialedi Julien Sorel non può cheportare a uno scacco, a una de-capitazione - come quella dell'avvocato Di Blasi alla fine delConsiglio d'Egitto. All'esecuzio-ne faccio assistere la Contessadi Regalpetra - come Mathildede la Mole nel Rosso e il nero».

Ecco, è proprio pensando aquesto finale, e in Notizie de-gli scavi alla scena in ospeda-le, che mi è venuto in mentecome Domenico Scarpa con-clude il suo saggio sul rac-conto di Lucentini: «arrivatialla fine ci si commuove sen-za nemmeno accorgerse-ne». Ci si sorprende di que-st’improvvisa apertura alsentimento - in un autoredel tuo rigore culturale e sti-listico.

«Dovevo arrivare a quest'etàperché mi si dicesse che ho fat-to un film sentimentale (il chenon vuol dire, mi auguro, senti-mentalistico). In Husserl c'èl'epoché ma c'è anche un tèlos,quello dell'amore: un'energiache non cessa, la stessa diStendhal, appunto. Cioè l'ac-cettazione dell'Altro. Il sorrisodel Professore e della Marche-sa (che è in realtà una prostitu-ta), riflessi da un vetro alla fi-ne di Notizie degli scavi, è il se-gno che quella loro vita assur-da, nonostante tutto, viene ac-cettata».

Ed è il segno che il Disincan-to non è assoluto. Sta a di-

mostrarlo il suo impegno ci-vile e politico. Lei è tutto me-no che un nichilista, direi.

«Non bisogna confondere il di-sincanto col disimpegno.Niente nichilismo e nientesoggettivismo gratuito, gra-zie. Giorno dopo giorno - pro-prio perché nulla è in sé deci-so - dobbiamo decidere dellanostra esistenza».

Ma oggi, rispetto agli anniSessanta, quel campo di pos-sibilità è ancora aperto?

«Al contrario di allora, chi ègiovane oggi si vede negataogni possibilità. È un'epocatremenda, secondo molti irre-versibile. D'altra parte ho set-tantadue anni. Cambiare - am-messo che ne abbia voglia - or-mai non posso. Non resta chesalutarci: con lo stesso sorrisodel Professore».

«Lo scrittoreargentino affratellavanoi artisti negliAnni 60: il tempo comecampo di possibilità»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 21 MAGGIO 2011

LA STAMPA XI

“L’utopia èfare un filmcon Borges”

Il suo ultimo film è«Notizie degli scavi»con Battiston: «Diconosia sentimentale, speronon sentimentalistico»

«A Torino negli AnniCinquanta fu per medecisiva una lezionedi Mario Gromo,critico della Stampa»

La vita Emidio Greco (qui sopra in una foto di Massimiliano Cilli), regista e sceneggiatore, è nato nel 1938. Nel 1964 si èdiplomato al Centro sperimentale di cinematografia. Nastro d’Argento 1992 a Venezia per «Una storia semplice».

Le opere Ha esordito nel 1974 con «L’invenzione di Morel» da Bioy Casares. Altri suoi film, «Una storia semplice» e«Il consiglio d’Egitto» da Sciascia. Ora è nelle sale con «Notizie degli scavi», tratto dal racconto di Lucentini

Emidio Greco

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