tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

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Adesso che è qui la Festa, senza fare gli asini di Cavour (quelli che si lodano da sé), possiamo annotare che su queste pagine abbiamo iniziato di buon‘ora il cammino verso i 150 anni dell’Unità, fin dal settembre 2009, aprendo con un’intervista di Giuseppe Culicchia ad Alberto Arbasino su «Fratelli d’Italia» la nostra rassegna a zig zag attraverso i libri che hanno contribuito alla «formazione» e/o alla «descrizione» dell’italianità. Doveroso alla vigilia del 17 marzo dedicare il numero al Risorgimento, scegliendo nella vetrina delle novità, per la verità zeppa di titoli in gran parte d’occasione, eccezion fatta per le discusse ricerche di Alberto M. Banti. Naturale poi affidare la copertina allo scrittore che a inizio anno più ci ha sorpreso, rivelandosi proprio con un romanzo nutrito dalle energie giovani e forti del Risorgimento: così abbiamo chiesto ad Alessandro Mari, autore di «Troppo umana speranza» per Feltrinelli, di pensare la festa dei 150 con gli occhi dei suoi personaggi e insieme dei loro coetanei d’oggi. Il nostro cammino proseguirà oltre la Festa, incrocerà i dibattiti del prossimo Salone del libro a maggio e arriverà almeno sino alla chiusura dell’anno scolastico. Le celebrazioni servono se aprono cantieri, se progettano lavori. Italia forever giovane e forte Con le recensioni e le classifiche dei bestseller La festa del 17 marzo Occasione di memoria e di orgoglio, il Risorgimento non come sbadiglio scolastico ma visione di futuro per le nuove generazioni che non vogliono rassegnarsi al declino ALESSANDRO MARI Un tuffo. Irrigidire i muscoli perché in superficie ondeggiano detriti e polvere, e trattenere il fiato. Aprire gli occhi dentro il mare della me- moria per vedere chi erava- mo, e tornati a galla ispirare a fondo per comprendere chi siamo. Adesso. Mentre ci ac- cingiamo a festeggiare la na- scita del Regno d'Italia, fonda- mento per la Repubblica che ogni anno celebriamo ribaden- do il valore della Costituzione, ossia l'essere italiani, nei dirit- ti e nei doveri, tutti eguali fra loro. Il 17 marzo arriva come un'opportunità di rimembran- za e d'orgoglio, ma le divergen- ze sull'appuntamento ancora riecheggiano, ed allora è l'at- tualità dell'altrove che può for- se aiutarci a meditare sull'uni- citàdelladata. Nella sciabolata di terre che chiudono a Sud il Mediter- raneo sono settimane di visi in- sanguinati, lacrime luttuose ma sprezzanti, e tutti siam pronti a dire che un re, un dit- tatore, deve far fagotto se il po- polo, insofferente e soffocato, lo esige. Dall'oggetto osserva- to all'osservatore: perché sap- piamo d'istinto che sollevarsi e pretendere una terra più giu- sta, un avvenire di libertà e be- nessere è legittimo? Da dove viene questo gene che abbia- mo iscritto nel corpo? Perché, pur con le ovvie differenze, chi oggi in Italia lotta tra precaria- to e disoccupazione, sfiancato da un eterno presente, potreb- be legittimante reclamare un Paese a misura sua? Perché si avverte un'energia, soprattut- to nelle nuove e strapazzate generazioni, che per esplode- re attende la visione d'un so- gnoperildomani? Scriveva in versi Gozzano: «Il gigantesco rovere abbattu- to / l'intero inverno giacque sulla zolla, / mostrando in cer- chi, nelle sue midolla / i cento- novant'anni che ha vissuto». Se quel «centonovanta» fosse «centocinquanta» e si legges- se l'«abbattuto» come «pro- strato» da una crisi economi- ca e identitaria parrebbe una fotografia fin troppo fosca del Paese, ma la poesia prosegue: «Ma poi che Primavera ogni corolla / dischiuse con le mani di velluto, / dai monchi nodi qua e là rampolla / e sogna an- cora d'esser fronzuto». Con la nuova stagione, insomma, il ro- vere si ostina a germogliare per dare nuovi semi, e malgra- do i versi finali di Gozzano («Non so perché mi faccia tan- ta pena / quel moribondo che non vuol morire!») vorrei indu- giare su quel sogno d'esser fronzuto. Qui c'è un attrito - banaliz- zo provocatoriamente - tra vecchiaia e gioventù che mi ri- porta a Giuseppe Mazzini, là dove sostenne che per fare l'Italia si doveva anzitutto rico- noscere un contrasto in atto nella società preunitaria: «Le denominazioni giovine e vec- chia Italia non sono nostre; e perché vorremmo noi gravar- ci l'anima d'un rimorso, crean- do una divisione, dove i fatti non ci sforzassero a ricono- scerla […]?». E altrove: «Noi Oggi tuttoLIBRI iPad Edition A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ DIARIO DI LETTURA Il garibaldino di Pavone Con l’eroe Ettore nella Resistenza PAPUZZI P. XI MEMORIA Mack Smith: insegno Storia agli italiani «Laprima bandiera italiana portata a Firenze nel1859», dipinto di Francesco Saverio Altamura, alMuseodel Risorgimento di Torino. Ai pittori del Risorgimento è stata dedicata lamostrache sièchiusa lo scorso gennaio alle Scuderie del Quirinale, aRoma: il catalogo è pubblicato da Skira. Unasezionedi opere sul Risorgimento neimusei italiani è contenuta nelvolume «Ottocento, Catalogo dell’arte italiana» editoda Metamorfosi Continuaapag.VII 150, un cammino che continua NUMERO 1756 ANNO XXXV SABATO 12 MARZO 2011 DONNE D’ITALIA Nel salotto della Maffei La nobildonna che fece l’Unità SERRI P. II ARTE Ritratti dello Stivale Visioni d’Italia nel secondo ‘900 BELPOLITI P. VIII TUTTOLIBRI LA STAMPA VIDEOINTERVISTA Mari: i miei eroi, speranze dell’Ottocento tutto LIBRI L ’autore di «Troppo umanasperanza» rievoca sogno e coraggio dei «giovinastri» che sipensaronofratelli p Alessandro Mariha esordito quest’anno da Feltrinelli con ilromanzo «Troppo umana speranza» FOTOGRAFIA Quel falso Garibaldi Il Paese come era immaginato DE LUNA P. VI SUL COMODINO Hunziker: così ti striscio la libreria I R

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Page 1: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: GIOVIA - Ora di stampa: 11/03/11 20.43

Adesso che è qui la Festa,senza fare gli asini di Cavour(quelli che si lodano da sé),possiamo annotare che suqueste pagine abbiamoiniziato di buon‘ora ilcammino verso i 150 annidell’Unità, fin dal settembre2009, aprendo conun’intervista di GiuseppeCulicchia ad Alberto Arbasinosu «Fratelli d’Italia» la nostrarassegna a zig zag attraverso ilibri che hanno contribuitoalla «formazione» e/o alla«descrizione» dell’italianità.Doveroso alla vigilia del 17marzo dedicare il numero alRisorgimento, scegliendo

nella vetrina delle novità, perla verità zeppa di titoli in granparte d’occasione, eccezionfatta per le discusse ricerchedi Alberto M. Banti.Naturale poi affidare lacopertina allo scrittore che ainizio anno più ci ha sorpreso,

rivelandosi proprio con unromanzo nutrito dalleenergie giovani e forti delRisorgimento: così abbiamochiesto ad Alessandro Mari,autore di «Troppo umanasperanza» per Feltrinelli, dipensare la festa dei 150 congli occhi dei suoi personaggi einsieme dei loro coetaneid’oggi. Il nostro camminoproseguirà oltre la Festa,incrocerà i dibattiti delprossimo Salone del libro amaggio e arriverà almenosino alla chiusura dell’annoscolastico. Le celebrazioniservono se aprono cantieri, seprogettano lavori.

Italia forevergiovane e forte

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

La festa del 17 marzo Occasione di memoria e di orgoglio,il Risorgimento non come sbadiglio scolastico ma visione di futuroper le nuove generazioni che non vogliono rassegnarsi al declino

ALESSANDROMARI

Un tuffo. Irrigidire imuscoli perché in superficieondeggiano detriti e polvere, etrattenere il fiato. Aprire gliocchi dentro il mare della me-moria per vedere chi erava-mo, e tornati a galla ispirare afondo per comprendere chisiamo. Adesso. Mentre ci ac-cingiamo a festeggiare la na-scita del Regno d'Italia, fonda-mento per la Repubblica cheogni anno celebriamo ribaden-do il valore della Costituzione,ossia l'essere italiani, nei dirit-ti e nei doveri, tutti eguali fraloro. Il 17 marzo arriva comeun'opportunità di rimembran-za e d'orgoglio, ma le divergen-ze sull'appuntamento ancorariecheggiano, ed allora è l'at-tualità dell'altrove che può for-se aiutarci a meditare sull'uni-cità della data.

Nella sciabolata di terreche chiudono a Sud il Mediter-raneo sono settimane di visi in-sanguinati, lacrime luttuosema sprezzanti, e tutti siam

pronti a dire che un re, un dit-tatore, deve far fagotto se il po-polo, insofferente e soffocato,lo esige. Dall'oggetto osserva-to all'osservatore: perché sap-piamo d'istinto che sollevarsie pretendere una terra più giu-sta, un avvenire di libertà e be-nessere è legittimo? Da doveviene questo gene che abbia-mo iscritto nel corpo? Perché,pur con le ovvie differenze, chioggi in Italia lotta tra precaria-to e disoccupazione, sfiancatoda un eterno presente, potreb-be legittimante reclamare unPaese a misura sua? Perché siavverte un'energia, soprattut-to nelle nuove e strapazzategenerazioni, che per esplode-re attende la visione d'un so-gno per il domani?

Scriveva in versi Gozzano:«Il gigantesco rovere abbattu-to / l'intero inverno giacquesulla zolla, / mostrando in cer-chi, nelle sue midolla / i cento-novant'anni che ha vissuto».Se quel «centonovanta» fosse«centocinquanta» e si legges-se l'«abbattuto» come «pro-strato» da una crisi economi-ca e identitaria parrebbe unafotografia fin troppo fosca delPaese, ma la poesia prosegue:«Ma poi che Primavera ognicorolla / dischiuse con le manidi velluto, / dai monchi nodiqua e là rampolla / e sogna an-cora d'esser fronzuto». Con lanuova stagione, insomma, il ro-vere si ostina a germogliareper dare nuovi semi, e malgra-

do i versi finali di Gozzano(«Non so perché mi faccia tan-ta pena / quel moribondo chenon vuol morire!») vorrei indu-giare su quel sogno d'esserfronzuto.

Qui c'è un attrito - banaliz-zo provocatoriamente - travecchiaia e gioventù che mi ri-porta a Giuseppe Mazzini, làdove sostenne che per farel'Italia si doveva anzitutto rico-noscere un contrasto in attonella società preunitaria: «Ledenominazioni giovine e vec-chia Italia non sono nostre; eperché vorremmo noi gravar-ci l'anima d'un rimorso, crean-do una divisione, dove i fattinon ci sforzassero a ricono-scerla […]?». E altrove: «Noi

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

DIARIO DI LETTURA

Il garibaldinodi PavoneCon l’eroe Ettorenella ResistenzaPAPUZZI P. XI

MEMORIA

Mack Smith:insegno Storiaagli italiani

«La primabandieraitalianaportata

a Firenzenel 1859»,dipinto diFrancesco

SaverioAltamura,

al Museo delRisorgimento

di Torino.Ai pittori del

Risorgimento èstata dedicata

la mostra chesi è chiusa

lo scorsogennaio

alle Scuderiedel Quirinale,

a Roma:il catalogo

è pubblicatoda Skira.

Una sezione diopere sul

Risorgimentonei museiitaliani è

contenutanel volume

«Ottocento,Catalogodell’arte

italiana»edito da

Metamorfosi

Continua a pag. VII

150, un cammino che continua

NUMERO 1756ANNO XXXVSABATO 12 MARZO 2011

DONNE D’ITALIA

Nel salottodella MaffeiLa nobildonnache fece l’UnitàSERRI P. II

ARTE

Ritrattidello StivaleVisioni d’Italianel secondo ‘900BELPOLITI P. VIII

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

VIDEOINTERVISTA

Mari: i mieieroi, speranzedell’Ottocento

tuttoLIBRI

L’autore di «Troppoumana speranza»rievoca sogno e coraggiodei «giovinastri» chesi pensarono fratelli

p

AlessandroMari haesordito

quest’annoda Feltrinelli

conil romanzo

«Troppoumana

speranza»

FOTOGRAFIA

Quel falsoGaribaldiIl Paese comeera immaginatoDE LUNA P. VI

SUL COMODINO

Hunziker:così ti strisciola libreria

I R

Page 2: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.04

ALCUNI ESEMPI«Viva l'Italia! Gridisi; / si spieghinle bandiere!/ Già la pugnainfiammasi,/ già s'urtano leschiere;/ meglio la morte, liberi/che vita in servitù!» Anna Gherardi Del Testa

«Madri, donzelle un palpito/d'alto sentir vi scuota;/ sol peramore e timide/ nate non siete». Isabella Rossi«A te, cara Italia, sacriamo lavita,/ per te, cara madre,languente, ferita,/ voliam nellapugna salute a cercar». Cecilia Macchi«La Patria è quel tutto cheintorno ti brilla./ È in essa che inprima s'aprì tua pupilla,/ per leitu nascesti, ti nutre ella stessa/ond'è che tu vivi, tu cresci peressa». Felicita Morandi

Figlie d’Italia Uno stuolo di poetesse,un «canzoniere» tutt’altro che irrilevante

Patriote finoall’ultimo verso

SERGIOPENT

Dopo il curioso noirgrottesco Il giudice meschino,l'ingegner Mimmo Gangemi siripresenta con un buon chilodi lettura invernale, di quelleda affrontare durante una «sa-na» influenza o quando si hasemplicemente voglia di ritro-vare pagine aperte e pacate,larghe campate narrative inse-rite in una geografia che èquella delle nostre più antichestagioni, dei nostri padri e non-ni, in un contesto nazional-po-polare ormai in disuso, per cer-ti versi fuori tempo massimo.

La sfida di Gangemi, in talsenso, parrebbe puramente ac-cademica: composto al suo tavo-lo di scrittura l'autore ha respi-rato a fondo l'odore degli ulivi edel mare, la ruvida essenza dellaterra e le lacrime dei distacchi,l'italica patriarcalità di matricesudista e il vento delle speranzemorte e rinate dopo il dolore e leguerre. Ne è nato un romanzoepico, generoso, virtuoso ma

non azzardato, colmo di tutte lecaratteristiche necessarie a unpercorso popolare non disgiuntoda qualche sotterranea ambizio-ne di stampo classico, con l'om-bra di un Bacchelli, ma passandodai «terroni» di Silone e Strati pertransitare in una dimensione tut-ta meridionale di esistenzialità ar-roccataalla roba, alla famiglia.

Se un difetto si può evidenzia-re, in questo lavoro da premiare

anche solo per l'impegno di scrit-tura, è la mancanza di sorprese edi rovesciamenti d'attesa in tuttal'ampia struttura: la vicenda delmigrante che lascia la sua terraagli albori del Novecento solcan-do l'oceano per raggiungere la mi-tica «Merica», del successivo ri-torno a casa con il susseguirsi deimatrimoni, delle fatiche, dei figliche muovono nuove imprese ne-gli spazi ristretti della piccola bor-

ghesia rurale, non è certo di quel-le mai visitate. Ma Gangemi ha vo-luto - crediamo - rendere omaggioalla sua Calabria attraverso l'epo-pea di Giuseppe, che dal suo pae-se di Aspromonte approda all'America dei grandi sogni, ri-schiando di non superare l'ostaco-lo di Ellis Island. Respinto a causadi una brutta febbre, Giuseppeviene miracolosamente transita-to sul continente da una bella si-

gnora con un bambino in braccio,e da qui nascerà la sua piccolafortuna. Dalle miniere dell'Ohioalle fonderie di Pittsburgh, la vitadi Giuseppe sfiora tutti i luoghicomuni del dispatrio: fatica, mor-te, lontananza, perdita di amicicari sul posto di lavoro, fino alrientro in Italia, dove l'acquistodi un terreno consente al giovanecalabrese d riappropriarsi di sestesso, di formare una famiglia -

dieci figli con la dolce, remissivaAnna Maria - di spegnersi nellavecchiaia dopo aver vissuto feli-cemente le sue stagioni.

In mezzo ci sono guerre e care-stie, figlie morte in tenera età e fi-gli che vogliono cambiare il per-corso contadino del loro futuro, iltutto all'insegna di un naturali-smo carnale sincero e appassiona-to, dove non c'è posto per i pensie-ri fatui e le finzioni. Da Saverio, ilfiglio scapestrato che conoscel'Africa e i primi segni della mo-dernità tecnologica, a Ciccio, l'al-tro figlio diventato prete per dove-re ma fedele fino in fondo alla fa-miglia, il percorso dei discenden-ti di Giuseppe attraversa il seco-lo scorso sull'onda di una corali-tà nobile, intensa, che vive - e tal-volta un po' si sperpera - nellatradizione popolare. Su tuttoaleggia la figura nebbiosa di quel-la signora di Ellis Island, un po'Madonna un po' dama borghese,da cui parte il sogno di Giuseppe,la sua scalata alla vita, come il la-scito di una fortuna che talvoltasfiora anche gli spiriti puri.

BRUNOQUARANTA

In carcere, dov’era fi-nito per attività antiamerica-na, Dashiell Hammett avreb-be accolto con sollievo le Ricet-te di famiglia di Roberto Bar-bolini. Leggendovi, lui che pa-tiva dietro le sbarre «il cibo di-sgustoso e spesso anche ran-cido», la promessa di un futu-ro saporoso almeno a tavola.

Barbolini, che di Hammettha curato il Meridiano, ro-manza una passione culinariasontuosa come la tavola dellasua Modena, il villaggio nata-le mille volte trasfigurato, co-sì sospingendolo in una di-mensione «invisibile», quindiincorruttibile (si riapra Magi-cal Miystery tour. Da Pico dellaMirandola a Ligabue, una gui-da «sentimentale» fino all’ulti-mo capriccio stilistico).

E’ un «cabaret domestico»lungo la via Emilia, Ricette difamiglia, con rare escursionifuori di casa, ma sempre «pro-tette». Perché a Milano si è at-

tesi da zii-ovatta (è remota l’ar-piniana Torino dell’anima per-sa) e a novemila metri di quotasull’Appennino è un ex compa-gno di scuola «nonché di cacciaalle rane» a reggere il timone.

Roberto Barbolini ritrael’Italia (un microcosmo d’Italia,l’identità nella provincia som-mamente accudita) mai ipnotiz-zato dall’ombelico, del lessicofamiliare facendo rifulgere le

sillabe, i gesti, i tran tran chehanno più o meno consapevol-mente unito, unificato, lungo ladirettrice Alpi-Capo Passero.Gozzaniano catalogo delle buo-ne cose, ma non sempre, anzi -inseguendosi i rossi d’uova e lecotolette con la crema, la leprearrosto e il dolce che non si co-nosce - di pessimo gusto. Assisial desco e oltre: collezionandole figurine Liebig, ingollando

l’olio di merluzzo, ascoltando iRokes e i Giganti e Rita Pavo-ne, criccando i coperchini delChinotto e del Campari, ciascu-no un eroe del pedale («Il mioideale era Gastone Nencini. Giàquel nome da gagà di Petrolini,stampato su una faccia inge-nua e guerriera da contadinotoscano...»), rimirando l’osse-quiosa lettera di D’Annunzio albisnonno Roberto, magistrato,

là dove si invoca un legittimoimpedimento ante litteram...

A ciascuno il suo blasone.Barbolini indossa, orgoglioso,la medaglia coniatagli da Cesa-re Garboli: «Ecco, ho trovato isuoi padri: Delfini e Gadda».Nelle Ricette l’acribia del GranLombardo (quel suo «risottopatrio», quella meraviglia trico-lore) e l’aristocratica svagatez-za del poeta della Basca si at-

traggono e si confondono. Mal’albero genealogico non siesaurisce qui. «Lo mio autore»è riconosciuto, anche, in ulterio-ri officine. Sterne, in primis.Perché questa galleria di tipimeticolosamente bizzarri (co-mico il registro, il cavallo e il bi-roccio fuori di senno sotto lebombe di Reggio Emilia, peresempio: una metapagina diVamba) è un eco di TristramShandy, ascendenza peraltro di-chiarata, la digressione qualevessillo, divisa, ludica bussola.

Di ricetta in ricetta, intornoalle ricette rammemorando esmemorando, Roberto Barboli-ni compone un barocco «viag-gio sentimentale» (scoprendosi«in rapporto con tutto ciò che,nella vita, è incompiuto, mesco-lato e barocco», come si addicea un allievo di Anceschi), via viaauscultando e ri-accordando ilcuore «rivelatore», quello chebatte in petto, quello che ci ètoccato geograficamente in sor-te, sangue e zolle, loro sì, felice-mente all’unisono.

GIOVANNITESIO

Figlie d'Italia s'intito-la il saggio che Maria TeresaMori ha pubblicato da Caroc-ci. Ma avrebbe anche potutointitolarsi «madri d'Italia»(già del resto esistente in bi-bliografia), se è vero che vi siparla di donne che l'Italia han-no contribuito a farla.

Donne che esulano dal ca-none a cui la letteratura s'è te-nuta per anni. Donne che ingenere escono dagli studi dialtre donne sollecite a scriver-ne quasi come un atto di ripa-razione. Nessuna rivendica-zione spinta, beninteso, mauna passione di ricerca stori-ca e letteraria che frugandonelle zone meno frequentateriesce a dirci qualcosa di nuo-vo, se non proprio di inedito;qualcosa che costringe a faredei conti di solito trascurati.

In estrema sintesi è quan-to serve a introdurre un libroche il sottotitolo rende piùesplicito: «Poetesse patriotenel Risorgimento (1821 -1861)». Loro - le poetesse pa-triote - si chiamano con nomiquasi tutti doppi perché con-giungono la condizione nata-le a quella coniugale: da Ma-rietta Bert Cambiaggio a Er-minia Fuà Fucinato, da Ma-ria Alinda Bonacci Bruna-monti a Caterina FranceschiFerrucci, da Giannina Milli

Cassone a Maria GiuseppinaGuacci Nobile, da Onestina Ri-cotti ad Agata Sofia Sassernò(se ne contano più di trenta).Appartengono a una diversageografia (Sicilia, Marche, To-scana, Piemonte, Campania,Umbria, Veneto, Lombar-dia…), ma insieme costituisco-no - con i loro componimentipubblicati in opuscoli, fogli vo-lanti, periodici, raccolte antolo-giche, o con i loro libri poetici -altrettanti momenti di riscattopersonale e patrio: sia perchédevono fare in conti con un uni-verso maschile che tende spes-so a escluderle, sia perché devo-no fare i conti con diffidenze eresistenze d'ogni tipo.

Donne che si tengono a un li-beralismo strettamente mode-rato e donne che si spingono

più in là. Donne a volte ligie alclassicismo imperante in Ro-ma e nel Meridione, a volte piùpropense al Romanticismo dimarca lombarda e toscana.Donne che accompagnano le fa-si cruciali del Risorgimento

(dagli anni venti all'Unità) conle due tappe fondamentali del'48 del '59. Donne che disegna-no la scena di un continuo am-maestramento, rivendicando ase stesse un ruolo non conven-zionale. Donne che scrivono o

improvvisano versi (la maggio-re tra le improvvisatrici fu la te-ramana Giannina Milli), anchese lo fanno in poesie piene di en-fasi civile, del resto compatibilicon la medietà retorica e poeti-ca per un verso degli entusia-smi risorgimentali, per altroverso di un «poetichese» che vi-ve di vita separata e parziale,come ancora recentemente hasottolineato Pietro Trifone nel-la sua Storia linguistica dell'Ita-lia disunita (Il Mulino).

Gusto melodrammatico, les-sico del cuore, registro aulico,palingenesi liberatorie, rigene-razione morale, idee virtuose(condensabili in alcune parole-chiave come «patria, guerra,armi, bandiera, inno»). Un'ita-lianità radicata soprattutto nel-la tradizione umanistica, chepassa per le accademie e i salot-

ti, ma che alla fine viaggia più li-beramente nelle occasioni of-ferte dalla nascente industriaeditoriale.

Alla domanda fondamenta-le che la Mori si pone («C'è sta-to un Risorgimento delle don-ne?») farei solo una giunta cheviene a integrare i molti riferi-menti convocati. Riguarda l’Et-tore Fieramosca di Massimod'Azeglio e il personaggio sacri-ficale di Ginevra («sadomaso-chismo» del tutto pertinente).Lei a dire a Ettore in procintodi mostrare l'altezza del corag-gio d'Italia, afferrandone l'elsadella spada: «Se avessi il tuobraccio! Se potessi far fischia-re questa, che reggo appena!non anderesti solo: no!». Eccoqua: virilità attiva e femminili-tà virtuosa.

Da tante donne-intellettualinessuna rivelazione sorpren-dente, ma un «canzoniere» poe-tico (e civile) che ha fatto la suaparte confermando che un Ri-sorgimento delle donne c'è sta-to. Nemmeno irrilevante.

Una Madonnafa la graziaal calabrese

Tristram Shandycapotavolasulla via Emilia

MIRELLASERRI

Due boccolotti neri neincorniciano il volto paffutello,lo sguardo è ironico e intenso:così l’amico pittore FrancescoHayez rappresenta la contes-sa Clara Maffei. Non a caso lanobildonna, conosciuta in tut-ta Milano, veniva chiamataClarina: era esile e minutina.Ma la piccola contessa, in con-trasto con il suo diminutivo, fuun personaggio di gran pesonella vicenda risorgimentale e

di notevole statura intellettua-le. Il suo salotto, tra tutte le di-more patrizie che furono culladi moti liberali, fu il cenacolopiù noto della penisola. Duròben 52 anni e contribuì a lastri-care la strada che avrebbe por-tato all’Italia unita. Nelle saleben arredate della Maffei nonsolo ci si impegnò alacrementeper la causa patriottica, ri-schiando la tortura, la prigio-nia, la vita; in quella fucina didiscussioni, di elaborazioni cul-turali, di giornali – come il Cre-puscolo fondato nel 1850 daCarlo Tenca – si lavorò ancheper gettare le basi di un’idea dinazione capace di cementarele diversità della penisola.

Clara raccolse fondi, orga-

nizzò fughe in Piemonte e inSvizzera, distribuì moschetti epistole a scrittori, giornalisti eartisti, convinta che il loro ap-porto alla causa risorgimentalefosse determinante. Come emer-ge dal suo carteggio con il gior-nalista e scrittore Tenca, il com-pagno della sua vita, gli intellet-tuali si ponevano come i nuovi«mediatori» tra il ceto politicoemergente e gli esponenti delleclassi borghesi o popolari che av-vertivano prepotenti le esigenzedi modernità e di avvicinamentoall’Europa. Abile tessitrice di le-gami e di rapporti, Clarina, con-sapevole che «fatta l’Italia biso-gnava fare gli italiani», si applicòalla creazione di una palestra diintelligenze che elaborasserouna coscienza e un’identità na-zionale in quel disarmonico puz-zle che era lo Stivale.

«Sul finire dell’inverno 1850,feci una cara conoscenza, quelladella contessa Clara Maffei […]che aveva allora 36 anni», anno-ta entusiasta del suo nuovo in-contro il non ancora ventenneGiovanni Visconti Venosta, futu-ro deputato del Regno d’Italia.«Era una donnina […]più che bel-la, elegante, di maniere distin-te». Colta, appassionata lettrice,di notevoli capacità dialettiche,non era solo in grado di animareuna garbata conversazione maanche di «infiammare gli ani-mi»: così la descriveva il nobileche frequentava, insieme al fra-tello maggiore Emilio, il salottonuovo di zecca della Clarina.

Nuovo come locazione magià noto per la sua intensa attivi-

tà nella città lombarda. La casa,fresca di pittura, in un elegantepalazzotto settecentesco in viaBigli 21, accoglieva, come la pre-cedente abitazione in corsia deiGiardini, dalle otto di sera in poiun gran via vai di dame in stolaal braccio di gentiluomini in abi-to scuro. Ma non si trattava diospiti di serate mondane, eranointellettuali-cospiratori, volitivie determinati sostenitori dell’in-dipendenza dallo straniero.L’edificio si trovava a un tiro dischioppo da via Andegari, dove

risiedeva Tenca, ed era la secon-da dimora della nobildonna do-po la separazione dal poeta escrittore Andrea Maffei. Il pri-mo rifugio – dopo l’addio al bion-do scrittore avvenuto con il so-stegno e il consiglio dell’amicoGiuseppe Verdi – era stato traville immerse nel verde dietroeleganti cancellate in ferro.[...]

Ad accomodarsi tra le trine ei tavolini intarsiati di Clarina,molto stimata da AlessandroManzoni e da Verdi, furono lepersonalità emergenti della cul-tura europea. A dar lustro allesue serate tra i primi vi fu Ho-noré de Balzac. Il cicciottellonarratore in Italia era circonda-to da una pessima fama. Era in-seguito dai creditori, sonnec-

chiava su tutti i divani su cui po-sava le sue abbondanti terga,era considerato sciatto e pocoelegante. Tenuto alla larga damolti blasonati, venne però ac-colto dalla Maffei che vide in luiun importante intellettuale di ri-ferimento. Per Balzac la sua ca-sa era sempre aperta, persino almattino, appuntamento conces-so solo ai più intimi, perché per-metteva gran confidenza. [...]

La Maffei, tra i suoi ospiti, eb-be anche Franz Liszt accompa-gnato dalla discussa amante Ma-rie d’Agoult, entrambi protago-nisti di una storia che aveva mes-so a rumore tutti i salotti d’Euro-pa. La contessa Marie aveva la-sciato marito e figli per il musici-sta, più giovane di sei anni. Liszt,che sedendosi al piano lasciavacadere i guanti gialli in modo

che le ammiratrici accorresseroa raccoglierli, non attirava mol-te simpatie: nobili e buona bor-ghesia meneghina gli avevanosbarrato le porte. Clara, anchenel suo caso, dimostrò di non vo-lersi accodare all’opinione comu-ne e aprì la sua dimora alla cop-pia, confermando il suo anticon-formismo e la propensione a da-re al suo «salone», influenzatodalle idee illuministiche, l’im-pronta di un luogo di riunione al-la madame du Deffand o di un sa-lotto anglosassone.

Da dove nasceva questa incli-nazione a percorrere strade au-tonome e molto particolari? Si-curamente l’educazione ricevu-ta aveva abituato Clarina a colti-vare la sua verve più originale.Sua madre l’aveva abbandonatapiccolissima e il padre, il conte

Carrara Spinelli, per sfuggire aipettegolezzi e superare un mo-mento difficile anche dal puntodi vista economico, si trasferì daBergamo a Milano, dove diven-ne precettore di rampolli digrandi famiglie aristocratiche.Fu costretto a metter la figlia incollegio, presso l’Istituto degliAngeli di Verona. Clara, aiutatadal padre, ebbe un buon appren-distato letterario e non nutrìmai rancore o risentimento perla madre, anzi, vide in lei un mo-dello di indipendenza. Lei stes-sa, una volta separata da Maffei,rifiutò una nuova convivenzacon Tenca, nonostante le aspet-tative di Carlo che l’avrebbe vo-luta al suo fianco: «Io apparten-go a me medesima», scriveva,«solo io voglio essere giudice delmio operare».

CRONACHE DELL’UNITÀ

Dall’inviato a Palestro= «Nel piccolo spazio di pochi giorni si ebbe parte atre combattimenti...», dal nostro inviato alla battaglia diPalestro, anonimo, per L’Opinione, 4 giugno 1859. E’fra gli articoli e corrispondenze 1859-1861 raccolte inun Oscar Mondadori sotto il titolo Cronache dell’Unitàd’Italia (pp. 440, € 10, introduzione e cura di AndreaAveto). Dalla seconda guerra d’Indipendenza allaproclamazione del Regno d’Italia. Dal Plebiscito toscanoraccontato da Carlo Collodi alla scomparsa di IppolitoNievo, da Garibaldi e Cavour visti da Mazzini,all’impresa garibaldina per la firma di Alexandre Dumas.

Raccolse fondi,organizzò fughe,distribuì pistolea scrittori e artisti,ospitò Balzac e Liszt

UN RITRATTO DI GIANNI FARINETTI

La Bela Rosin, regina di cuori= Rosa Vercella o la Bela Rosin, la donna che VittorioEmanuele amò tutta la vita, «restaurata» da GianniFarinetti in Regina di cuori (Marsilio, pp. 108, € 10). Ilprimo incontro a Racconigi nel 1847, quindiinseparabili, Sua Maestà e Rosina, fino alla morte del Re,avvenuta nel 1878. E’ sposato da cinque anni, il ReGalantuomo, quando Cupido lo colpisce, lei così «bella,gran massa di capelli corvini, occhi scurissimi,carnagione perfetta, il petto tutt’altro che acerbo».Gianni Farinetti con grazia, non lesinando gli inchini,racconta una indimenticabile storia «privata».

Migranti «La signora di Ellis Island»:con Gangemi tra la Merica e l’Italia

In anteprimauno dei 14 ritrattiraccolti in «Donnedel Risorgimento»celebri o dimenticate

Ricette di famiglia Il sentimentalecabaret domestico di Barbolini

ISABELLABOSSI FEDRIGOTTI

Amore mio, uccidi Garibaldi= Una storia fabbricata in casa, attingendo nellacassapanca degli epistolari, centocinquanta lettere deibisnonni, lei principessa di Boemia, lui ussaro imperiale.Amore mio, uccidi Garibaldi, opera prima di Isabella BossiFedrigotti, ritorna ora da Longanesi (pp. 178, € 15,60).Leopoldina Lobkowitz incoraggia così il marito, conteFedrigo Bossi Fedrigotti, nobile «povero» in quel di Rovereto,una provincia dell’impero absburgico. Arruolatosi comevolontario nell’esercito di Francesco Giuseppe, fronteggial’Erore dei due Mondi. Per il mondo di ieri, per l’Austria felix,il tramonto è inesorabilmente cominciato

A PORDENONE

Cees Nooteboom= Lo scrittore olandese CeesNooteboom sarà ilprotagonista di «Dedica», lamanifestazione culturale diPorednone (da oggi al 26marzo). Nell’occasione esce daIperoborea la raccolta diframmenti Avevo mille vitene ho presa una sola (pp.208, € 14,50). Il curatore,Rüdiger Safranski, vi haselezionato le pagine piùevocative dell’«olandesevolante». Nella città friulana(che conferirà il «sigillo» alloscrittore più volte candidato alNobel) sarà tra l’altropoiettato il film documentario«Hotel Nooteboom» realizzatoda Heinz Peter Schwerfel.

A PARMA

Minimondi= Undicesima edizione aParma e provincia di«Minimondi», festival diletteratura e illustrazione perragazzi e adulti, diretto daSilivia Barbagallo. Da oggi al 27marzo. Una delle mostre checaratterizzano la rassegna èdedicata a Remy Charlip,«Danzare il mio libro» :coreografo, danzatore,performer americano, Charlip èautore e illustratore di libri perbambini, editi in Italia daOrecchio Acerbo.

A MILANO

Il Libro Antico= Fino a domani, Palazzodella Permanente, prosegue laventiduesima edizione delLibro Antico. Tra le rarità inmostra, il pamphletpubblicato da Ezra Pound aRapallo, 1944: Oro e lavoro:alla memoria di Aurelio Biasi, ilmanoscritto autografo di OsipMandelstham PetersburgStanzas (1913), una delle 80copie di La Guerre. Une poésiedi Ungaretti, con autografo.

JESSIEMARIO WHITE, L’INGLESEPATRIOTA

La chiamavano Miss Uragano= Da figlia dell’Inghilterravittoriana a protagonistadelnostroRisorgimento: corrispondentedi guerra, infermiera,mogliedel patriotaAlbertoMario, fervente garibaldina (maanchemazziniana,nonché amicadi Bertani e Cattaneo) fuMissUragano, al secolo Jessie White, «una gran donna»(Carducci) che contribuì appassionatamenteall’Unità. Nericostruisce la vicendaPaolo Ciampi,per l’editoreRomano(pp. 323, € 14.,pref. di Anita Garibaldi ). Morirànel 1906,fiduciosa: «Le nuove speranze che si aprono all’Italiamihannoun poco risvegliata...All’etàdi 75 anni io ho davverounavisione dal MonteNebo della Terra Promessa».

Clara Maffei La nobildonna che a Milanoorchestrò una palestra di intelligenze

L’ALMANACCOPIEMONTESE

Nella Torino del 1911= Rievoca la Torino del 1911, la Torino dell’Esposizioneinternazionale, l’Almanacco Piemontese (pp. 223, € 23)di Viglongo ([email protected], tel.011/6060421). Nel volume, scritti, fra gli altri, di Pascoli,Thovez, Gozzano, nonché necrologi in morte di Salgari, loscrittore che Viglongo ha via via restauratofilologicamente. Non mancano sguardi, rispettivamente ,al 1861 (nel segno di Cavour: il funerale raccontato daGiuseppe Deabate, gli elogi di Casalegno e Salvatorelli) eal 1961 (da Carlo Levi a Guido Piovene, da Paolo Monelli aGiovanni Arpino, allergico all’enfasi celebrativa)

pp Mimmo Gangemi

p LA SIGNORA DI ELLIS ISLAND

p Einaudi

p pp. 619, € 19,50

pp Roberto Barbolini

p RICETTE DI FAMIGLIA

p Garzanti

p pp. 157, € 16

«ITABOLARIO» 1861- 2010

In centocinquanta parole= Un alfabeto del Bel Paese, «l’Italia unita in 150parole», anno per anno : è l’Itabolario curato da MassimoArcangeli per Carocci (pp. 371, € 23). Da Nazione (1861)alla locuzione Social network (2010), da Automobile(1899, nasce la Fiat) a Metroplitana (1955), da Futurismo(1909, il Manifesto sul Figaro) a Qualunquismo (1945) , daPizza (1889) a Velina (1988), da Bar (1897) a Telequiz(1970), da Marcia (1922) a Lega (1991), da Vincere (1940)a Girotondo (2002), da Repubblica (1946, il referendum) aFurbetto (2006, i furbetti del quartierino, l’Italia opposta aquella dei fessi prezzoliniani).

pp AA. VV.p DONNE DEL RISORGIMENTOp Il Mulino, pp. 240, € 24p In libreria dal 16 marzop Le donne del Risorgimento rac-

contate da altrettante donne.In anteprima pubblichiamo quialcuni brani del ritratto che Mi-rella Serri dedica alla contessaClara Maffei.Le altre autrici sono Claudia Ga-limberti («Bianca, Cecilia, Tere-sa e le altre» e «Mille e una...Ro-salie Montmasson»), Elena Doni(Colomba Antonietti e JessieWhite Mario), Lia Levi (Marga-ret Fuller), Simona Tagliaventi(Anita Garibaldi), Maria Grossoe Loredana Rotondo (CristinaTrivulzio di Belgioioso), Federi-ca Tagliaventi (Antonietta DePace), Dacia Maraini (Enrichet-ta Di Lorenzo e Peppa la canno-niera), Chiara Valentini (Sara Le-vi Nathan), Simona Tagliaventi(Antonia Masanello), FrancescaSancin (Enrichetta CaraccioloFiorino), Serena Palieri (Giudit-ta Tavani Arquati).

pp Maria Teresa Mori

p FIGLIE D'ITALIA

p Carocci

p pp. 200, € 18,90

La contessa Clara Maffei in un ritratto di Hayez

In quel salottosi fece l’Italia

Bloc notes

Mimmo Gangemi

Un lessico del cuore:registro aulico,palingenesi liberatorie,rigenerazione morale,idee virtuose

Roberto Barbolini

«Venezia che spera»di Andrea Appiani jr, 1861

La copertina di Miss Uragano

Storie e personaggiIITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA III

L’Almanacco Viglongo

Alla scoperta di nomitrascurati, fuori canone,tra classicismoe romanticismo,una sincera enfasi civile

Page 3: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.04

ALCUNI ESEMPI«Viva l'Italia! Gridisi; / si spieghinle bandiere!/ Già la pugnainfiammasi,/ già s'urtano leschiere;/ meglio la morte, liberi/che vita in servitù!» Anna Gherardi Del Testa

«Madri, donzelle un palpito/d'alto sentir vi scuota;/ sol peramore e timide/ nate non siete». Isabella Rossi«A te, cara Italia, sacriamo lavita,/ per te, cara madre,languente, ferita,/ voliam nellapugna salute a cercar». Cecilia Macchi«La Patria è quel tutto cheintorno ti brilla./ È in essa che inprima s'aprì tua pupilla,/ per leitu nascesti, ti nutre ella stessa/ond'è che tu vivi, tu cresci peressa». Felicita Morandi

Figlie d’Italia Uno stuolo di poetesse,un «canzoniere» tutt’altro che irrilevante

Patriote finoall’ultimo verso

SERGIOPENT

Dopo il curioso noirgrottesco Il giudice meschino,l'ingegner Mimmo Gangemi siripresenta con un buon chilodi lettura invernale, di quelleda affrontare durante una «sa-na» influenza o quando si hasemplicemente voglia di ritro-vare pagine aperte e pacate,larghe campate narrative inse-rite in una geografia che èquella delle nostre più antichestagioni, dei nostri padri e non-ni, in un contesto nazional-po-polare ormai in disuso, per cer-ti versi fuori tempo massimo.

La sfida di Gangemi, in talsenso, parrebbe puramente ac-cademica: composto al suo tavo-lo di scrittura l'autore ha respi-rato a fondo l'odore degli ulivi edel mare, la ruvida essenza dellaterra e le lacrime dei distacchi,l'italica patriarcalità di matricesudista e il vento delle speranzemorte e rinate dopo il dolore e leguerre. Ne è nato un romanzoepico, generoso, virtuoso ma

non azzardato, colmo di tutte lecaratteristiche necessarie a unpercorso popolare non disgiuntoda qualche sotterranea ambizio-ne di stampo classico, con l'om-bra di un Bacchelli, ma passandodai «terroni» di Silone e Strati pertransitare in una dimensione tut-ta meridionale di esistenzialità ar-roccataalla roba, alla famiglia.

Se un difetto si può evidenzia-re, in questo lavoro da premiare

anche solo per l'impegno di scrit-tura, è la mancanza di sorprese edi rovesciamenti d'attesa in tuttal'ampia struttura: la vicenda delmigrante che lascia la sua terraagli albori del Novecento solcan-do l'oceano per raggiungere la mi-tica «Merica», del successivo ri-torno a casa con il susseguirsi deimatrimoni, delle fatiche, dei figliche muovono nuove imprese ne-gli spazi ristretti della piccola bor-

ghesia rurale, non è certo di quel-le mai visitate. Ma Gangemi ha vo-luto - crediamo - rendere omaggioalla sua Calabria attraverso l'epo-pea di Giuseppe, che dal suo pae-se di Aspromonte approda all'America dei grandi sogni, ri-schiando di non superare l'ostaco-lo di Ellis Island. Respinto a causadi una brutta febbre, Giuseppeviene miracolosamente transita-to sul continente da una bella si-

gnora con un bambino in braccio,e da qui nascerà la sua piccolafortuna. Dalle miniere dell'Ohioalle fonderie di Pittsburgh, la vitadi Giuseppe sfiora tutti i luoghicomuni del dispatrio: fatica, mor-te, lontananza, perdita di amicicari sul posto di lavoro, fino alrientro in Italia, dove l'acquistodi un terreno consente al giovanecalabrese d riappropriarsi di sestesso, di formare una famiglia -

dieci figli con la dolce, remissivaAnna Maria - di spegnersi nellavecchiaia dopo aver vissuto feli-cemente le sue stagioni.

In mezzo ci sono guerre e care-stie, figlie morte in tenera età e fi-gli che vogliono cambiare il per-corso contadino del loro futuro, iltutto all'insegna di un naturali-smo carnale sincero e appassiona-to, dove non c'è posto per i pensie-ri fatui e le finzioni. Da Saverio, ilfiglio scapestrato che conoscel'Africa e i primi segni della mo-dernità tecnologica, a Ciccio, l'al-tro figlio diventato prete per dove-re ma fedele fino in fondo alla fa-miglia, il percorso dei discenden-ti di Giuseppe attraversa il seco-lo scorso sull'onda di una corali-tà nobile, intensa, che vive - e tal-volta un po' si sperpera - nellatradizione popolare. Su tuttoaleggia la figura nebbiosa di quel-la signora di Ellis Island, un po'Madonna un po' dama borghese,da cui parte il sogno di Giuseppe,la sua scalata alla vita, come il la-scito di una fortuna che talvoltasfiora anche gli spiriti puri.

BRUNOQUARANTA

In carcere, dov’era fi-nito per attività antiamerica-na, Dashiell Hammett avreb-be accolto con sollievo le Ricet-te di famiglia di Roberto Bar-bolini. Leggendovi, lui che pa-tiva dietro le sbarre «il cibo di-sgustoso e spesso anche ran-cido», la promessa di un futu-ro saporoso almeno a tavola.

Barbolini, che di Hammettha curato il Meridiano, ro-manza una passione culinariasontuosa come la tavola dellasua Modena, il villaggio nata-le mille volte trasfigurato, co-sì sospingendolo in una di-mensione «invisibile», quindiincorruttibile (si riapra Magi-cal Miystery tour. Da Pico dellaMirandola a Ligabue, una gui-da «sentimentale» fino all’ulti-mo capriccio stilistico).

E’ un «cabaret domestico»lungo la via Emilia, Ricette difamiglia, con rare escursionifuori di casa, ma sempre «pro-tette». Perché a Milano si è at-

tesi da zii-ovatta (è remota l’ar-piniana Torino dell’anima per-sa) e a novemila metri di quotasull’Appennino è un ex compa-gno di scuola «nonché di cacciaalle rane» a reggere il timone.

Roberto Barbolini ritrael’Italia (un microcosmo d’Italia,l’identità nella provincia som-mamente accudita) mai ipnotiz-zato dall’ombelico, del lessicofamiliare facendo rifulgere le

sillabe, i gesti, i tran tran chehanno più o meno consapevol-mente unito, unificato, lungo ladirettrice Alpi-Capo Passero.Gozzaniano catalogo delle buo-ne cose, ma non sempre, anzi -inseguendosi i rossi d’uova e lecotolette con la crema, la leprearrosto e il dolce che non si co-nosce - di pessimo gusto. Assisial desco e oltre: collezionandole figurine Liebig, ingollando

l’olio di merluzzo, ascoltando iRokes e i Giganti e Rita Pavo-ne, criccando i coperchini delChinotto e del Campari, ciascu-no un eroe del pedale («Il mioideale era Gastone Nencini. Giàquel nome da gagà di Petrolini,stampato su una faccia inge-nua e guerriera da contadinotoscano...»), rimirando l’osse-quiosa lettera di D’Annunzio albisnonno Roberto, magistrato,

là dove si invoca un legittimoimpedimento ante litteram...

A ciascuno il suo blasone.Barbolini indossa, orgoglioso,la medaglia coniatagli da Cesa-re Garboli: «Ecco, ho trovato isuoi padri: Delfini e Gadda».Nelle Ricette l’acribia del GranLombardo (quel suo «risottopatrio», quella meraviglia trico-lore) e l’aristocratica svagatez-za del poeta della Basca si at-

traggono e si confondono. Mal’albero genealogico non siesaurisce qui. «Lo mio autore»è riconosciuto, anche, in ulterio-ri officine. Sterne, in primis.Perché questa galleria di tipimeticolosamente bizzarri (co-mico il registro, il cavallo e il bi-roccio fuori di senno sotto lebombe di Reggio Emilia, peresempio: una metapagina diVamba) è un eco di TristramShandy, ascendenza peraltro di-chiarata, la digressione qualevessillo, divisa, ludica bussola.

Di ricetta in ricetta, intornoalle ricette rammemorando esmemorando, Roberto Barboli-ni compone un barocco «viag-gio sentimentale» (scoprendosi«in rapporto con tutto ciò che,nella vita, è incompiuto, mesco-lato e barocco», come si addicea un allievo di Anceschi), via viaauscultando e ri-accordando ilcuore «rivelatore», quello chebatte in petto, quello che ci ètoccato geograficamente in sor-te, sangue e zolle, loro sì, felice-mente all’unisono.

GIOVANNITESIO

Figlie d'Italia s'intito-la il saggio che Maria TeresaMori ha pubblicato da Caroc-ci. Ma avrebbe anche potutointitolarsi «madri d'Italia»(già del resto esistente in bi-bliografia), se è vero che vi siparla di donne che l'Italia han-no contribuito a farla.

Donne che esulano dal ca-none a cui la letteratura s'è te-nuta per anni. Donne che ingenere escono dagli studi dialtre donne sollecite a scriver-ne quasi come un atto di ripa-razione. Nessuna rivendica-zione spinta, beninteso, mauna passione di ricerca stori-ca e letteraria che frugandonelle zone meno frequentateriesce a dirci qualcosa di nuo-vo, se non proprio di inedito;qualcosa che costringe a faredei conti di solito trascurati.

In estrema sintesi è quan-to serve a introdurre un libroche il sottotitolo rende piùesplicito: «Poetesse patriotenel Risorgimento (1821 -1861)». Loro - le poetesse pa-triote - si chiamano con nomiquasi tutti doppi perché con-giungono la condizione nata-le a quella coniugale: da Ma-rietta Bert Cambiaggio a Er-minia Fuà Fucinato, da Ma-ria Alinda Bonacci Bruna-monti a Caterina FranceschiFerrucci, da Giannina Milli

Cassone a Maria GiuseppinaGuacci Nobile, da Onestina Ri-cotti ad Agata Sofia Sassernò(se ne contano più di trenta).Appartengono a una diversageografia (Sicilia, Marche, To-scana, Piemonte, Campania,Umbria, Veneto, Lombar-dia…), ma insieme costituisco-no - con i loro componimentipubblicati in opuscoli, fogli vo-lanti, periodici, raccolte antolo-giche, o con i loro libri poetici -altrettanti momenti di riscattopersonale e patrio: sia perchédevono fare in conti con un uni-verso maschile che tende spes-so a escluderle, sia perché devo-no fare i conti con diffidenze eresistenze d'ogni tipo.

Donne che si tengono a un li-beralismo strettamente mode-rato e donne che si spingono

più in là. Donne a volte ligie alclassicismo imperante in Ro-ma e nel Meridione, a volte piùpropense al Romanticismo dimarca lombarda e toscana.Donne che accompagnano le fa-si cruciali del Risorgimento

(dagli anni venti all'Unità) conle due tappe fondamentali del'48 del '59. Donne che disegna-no la scena di un continuo am-maestramento, rivendicando ase stesse un ruolo non conven-zionale. Donne che scrivono o

improvvisano versi (la maggio-re tra le improvvisatrici fu la te-ramana Giannina Milli), anchese lo fanno in poesie piene di en-fasi civile, del resto compatibilicon la medietà retorica e poeti-ca per un verso degli entusia-smi risorgimentali, per altroverso di un «poetichese» che vi-ve di vita separata e parziale,come ancora recentemente hasottolineato Pietro Trifone nel-la sua Storia linguistica dell'Ita-lia disunita (Il Mulino).

Gusto melodrammatico, les-sico del cuore, registro aulico,palingenesi liberatorie, rigene-razione morale, idee virtuose(condensabili in alcune parole-chiave come «patria, guerra,armi, bandiera, inno»). Un'ita-lianità radicata soprattutto nel-la tradizione umanistica, chepassa per le accademie e i salot-

ti, ma che alla fine viaggia più li-beramente nelle occasioni of-ferte dalla nascente industriaeditoriale.

Alla domanda fondamenta-le che la Mori si pone («C'è sta-to un Risorgimento delle don-ne?») farei solo una giunta cheviene a integrare i molti riferi-menti convocati. Riguarda l’Et-tore Fieramosca di Massimod'Azeglio e il personaggio sacri-ficale di Ginevra («sadomaso-chismo» del tutto pertinente).Lei a dire a Ettore in procintodi mostrare l'altezza del corag-gio d'Italia, afferrandone l'elsadella spada: «Se avessi il tuobraccio! Se potessi far fischia-re questa, che reggo appena!non anderesti solo: no!». Eccoqua: virilità attiva e femminili-tà virtuosa.

Da tante donne-intellettualinessuna rivelazione sorpren-dente, ma un «canzoniere» poe-tico (e civile) che ha fatto la suaparte confermando che un Ri-sorgimento delle donne c'è sta-to. Nemmeno irrilevante.

Una Madonnafa la graziaal calabrese

Tristram Shandycapotavolasulla via Emilia

MIRELLASERRI

Due boccolotti neri neincorniciano il volto paffutello,lo sguardo è ironico e intenso:così l’amico pittore FrancescoHayez rappresenta la contes-sa Clara Maffei. Non a caso lanobildonna, conosciuta in tut-ta Milano, veniva chiamataClarina: era esile e minutina.Ma la piccola contessa, in con-trasto con il suo diminutivo, fuun personaggio di gran pesonella vicenda risorgimentale e

di notevole statura intellettua-le. Il suo salotto, tra tutte le di-more patrizie che furono culladi moti liberali, fu il cenacolopiù noto della penisola. Duròben 52 anni e contribuì a lastri-care la strada che avrebbe por-tato all’Italia unita. Nelle saleben arredate della Maffei nonsolo ci si impegnò alacrementeper la causa patriottica, ri-schiando la tortura, la prigio-nia, la vita; in quella fucina didiscussioni, di elaborazioni cul-turali, di giornali – come il Cre-puscolo fondato nel 1850 daCarlo Tenca – si lavorò ancheper gettare le basi di un’idea dinazione capace di cementarele diversità della penisola.

Clara raccolse fondi, orga-

nizzò fughe in Piemonte e inSvizzera, distribuì moschetti epistole a scrittori, giornalisti eartisti, convinta che il loro ap-porto alla causa risorgimentalefosse determinante. Come emer-ge dal suo carteggio con il gior-nalista e scrittore Tenca, il com-pagno della sua vita, gli intellet-tuali si ponevano come i nuovi«mediatori» tra il ceto politicoemergente e gli esponenti delleclassi borghesi o popolari che av-vertivano prepotenti le esigenzedi modernità e di avvicinamentoall’Europa. Abile tessitrice di le-gami e di rapporti, Clarina, con-sapevole che «fatta l’Italia biso-gnava fare gli italiani», si applicòalla creazione di una palestra diintelligenze che elaborasserouna coscienza e un’identità na-zionale in quel disarmonico puz-zle che era lo Stivale.

«Sul finire dell’inverno 1850,feci una cara conoscenza, quelladella contessa Clara Maffei […]che aveva allora 36 anni», anno-ta entusiasta del suo nuovo in-contro il non ancora ventenneGiovanni Visconti Venosta, futu-ro deputato del Regno d’Italia.«Era una donnina […]più che bel-la, elegante, di maniere distin-te». Colta, appassionata lettrice,di notevoli capacità dialettiche,non era solo in grado di animareuna garbata conversazione maanche di «infiammare gli ani-mi»: così la descriveva il nobileche frequentava, insieme al fra-tello maggiore Emilio, il salottonuovo di zecca della Clarina.

Nuovo come locazione magià noto per la sua intensa attivi-

tà nella città lombarda. La casa,fresca di pittura, in un elegantepalazzotto settecentesco in viaBigli 21, accoglieva, come la pre-cedente abitazione in corsia deiGiardini, dalle otto di sera in poiun gran via vai di dame in stolaal braccio di gentiluomini in abi-to scuro. Ma non si trattava diospiti di serate mondane, eranointellettuali-cospiratori, volitivie determinati sostenitori dell’in-dipendenza dallo straniero.L’edificio si trovava a un tiro dischioppo da via Andegari, dove

risiedeva Tenca, ed era la secon-da dimora della nobildonna do-po la separazione dal poeta escrittore Andrea Maffei. Il pri-mo rifugio – dopo l’addio al bion-do scrittore avvenuto con il so-stegno e il consiglio dell’amicoGiuseppe Verdi – era stato traville immerse nel verde dietroeleganti cancellate in ferro.[...]

Ad accomodarsi tra le trine ei tavolini intarsiati di Clarina,molto stimata da AlessandroManzoni e da Verdi, furono lepersonalità emergenti della cul-tura europea. A dar lustro allesue serate tra i primi vi fu Ho-noré de Balzac. Il cicciottellonarratore in Italia era circonda-to da una pessima fama. Era in-seguito dai creditori, sonnec-

chiava su tutti i divani su cui po-sava le sue abbondanti terga,era considerato sciatto e pocoelegante. Tenuto alla larga damolti blasonati, venne però ac-colto dalla Maffei che vide in luiun importante intellettuale di ri-ferimento. Per Balzac la sua ca-sa era sempre aperta, persino almattino, appuntamento conces-so solo ai più intimi, perché per-metteva gran confidenza. [...]

La Maffei, tra i suoi ospiti, eb-be anche Franz Liszt accompa-gnato dalla discussa amante Ma-rie d’Agoult, entrambi protago-nisti di una storia che aveva mes-so a rumore tutti i salotti d’Euro-pa. La contessa Marie aveva la-sciato marito e figli per il musici-sta, più giovane di sei anni. Liszt,che sedendosi al piano lasciavacadere i guanti gialli in modo

che le ammiratrici accorresseroa raccoglierli, non attirava mol-te simpatie: nobili e buona bor-ghesia meneghina gli avevanosbarrato le porte. Clara, anchenel suo caso, dimostrò di non vo-lersi accodare all’opinione comu-ne e aprì la sua dimora alla cop-pia, confermando il suo anticon-formismo e la propensione a da-re al suo «salone», influenzatodalle idee illuministiche, l’im-pronta di un luogo di riunione al-la madame du Deffand o di un sa-lotto anglosassone.

Da dove nasceva questa incli-nazione a percorrere strade au-tonome e molto particolari? Si-curamente l’educazione ricevu-ta aveva abituato Clarina a colti-vare la sua verve più originale.Sua madre l’aveva abbandonatapiccolissima e il padre, il conte

Carrara Spinelli, per sfuggire aipettegolezzi e superare un mo-mento difficile anche dal puntodi vista economico, si trasferì daBergamo a Milano, dove diven-ne precettore di rampolli digrandi famiglie aristocratiche.Fu costretto a metter la figlia incollegio, presso l’Istituto degliAngeli di Verona. Clara, aiutatadal padre, ebbe un buon appren-distato letterario e non nutrìmai rancore o risentimento perla madre, anzi, vide in lei un mo-dello di indipendenza. Lei stes-sa, una volta separata da Maffei,rifiutò una nuova convivenzacon Tenca, nonostante le aspet-tative di Carlo che l’avrebbe vo-luta al suo fianco: «Io apparten-go a me medesima», scriveva,«solo io voglio essere giudice delmio operare».

CRONACHE DELL’UNITÀ

Dall’inviato a Palestro= «Nel piccolo spazio di pochi giorni si ebbe parte atre combattimenti...», dal nostro inviato alla battaglia diPalestro, anonimo, per L’Opinione, 4 giugno 1859. E’fra gli articoli e corrispondenze 1859-1861 raccolte inun Oscar Mondadori sotto il titolo Cronache dell’Unitàd’Italia (pp. 440, € 10, introduzione e cura di AndreaAveto). Dalla seconda guerra d’Indipendenza allaproclamazione del Regno d’Italia. Dal Plebiscito toscanoraccontato da Carlo Collodi alla scomparsa di IppolitoNievo, da Garibaldi e Cavour visti da Mazzini,all’impresa garibaldina per la firma di Alexandre Dumas.

Raccolse fondi,organizzò fughe,distribuì pistolea scrittori e artisti,ospitò Balzac e Liszt

UN RITRATTO DI GIANNI FARINETTI

La Bela Rosin, regina di cuori= Rosa Vercella o la Bela Rosin, la donna che VittorioEmanuele amò tutta la vita, «restaurata» da GianniFarinetti in Regina di cuori (Marsilio, pp. 108, € 10). Ilprimo incontro a Racconigi nel 1847, quindiinseparabili, Sua Maestà e Rosina, fino alla morte del Re,avvenuta nel 1878. E’ sposato da cinque anni, il ReGalantuomo, quando Cupido lo colpisce, lei così «bella,gran massa di capelli corvini, occhi scurissimi,carnagione perfetta, il petto tutt’altro che acerbo».Gianni Farinetti con grazia, non lesinando gli inchini,racconta una indimenticabile storia «privata».

Migranti «La signora di Ellis Island»:con Gangemi tra la Merica e l’Italia

In anteprimauno dei 14 ritrattiraccolti in «Donnedel Risorgimento»celebri o dimenticate

Ricette di famiglia Il sentimentalecabaret domestico di Barbolini

ISABELLABOSSI FEDRIGOTTI

Amore mio, uccidi Garibaldi= Una storia fabbricata in casa, attingendo nellacassapanca degli epistolari, centocinquanta lettere deibisnonni, lei principessa di Boemia, lui ussaro imperiale.Amore mio, uccidi Garibaldi, opera prima di Isabella BossiFedrigotti, ritorna ora da Longanesi (pp. 178, € 15,60).Leopoldina Lobkowitz incoraggia così il marito, conteFedrigo Bossi Fedrigotti, nobile «povero» in quel di Rovereto,una provincia dell’impero absburgico. Arruolatosi comevolontario nell’esercito di Francesco Giuseppe, fronteggial’Erore dei due Mondi. Per il mondo di ieri, per l’Austria felix,il tramonto è inesorabilmente cominciato

A PORDENONE

Cees Nooteboom= Lo scrittore olandese CeesNooteboom sarà ilprotagonista di «Dedica», lamanifestazione culturale diPorednone (da oggi al 26marzo). Nell’occasione esce daIperoborea la raccolta diframmenti Avevo mille vitene ho presa una sola (pp.208, € 14,50). Il curatore,Rüdiger Safranski, vi haselezionato le pagine piùevocative dell’«olandesevolante». Nella città friulana(che conferirà il «sigillo» alloscrittore più volte candidato alNobel) sarà tra l’altropoiettato il film documentario«Hotel Nooteboom» realizzatoda Heinz Peter Schwerfel.

A PARMA

Minimondi= Undicesima edizione aParma e provincia di«Minimondi», festival diletteratura e illustrazione perragazzi e adulti, diretto daSilivia Barbagallo. Da oggi al 27marzo. Una delle mostre checaratterizzano la rassegna èdedicata a Remy Charlip,«Danzare il mio libro» :coreografo, danzatore,performer americano, Charlip èautore e illustratore di libri perbambini, editi in Italia daOrecchio Acerbo.

A MILANO

Il Libro Antico= Fino a domani, Palazzodella Permanente, prosegue laventiduesima edizione delLibro Antico. Tra le rarità inmostra, il pamphletpubblicato da Ezra Pound aRapallo, 1944: Oro e lavoro:alla memoria di Aurelio Biasi, ilmanoscritto autografo di OsipMandelstham PetersburgStanzas (1913), una delle 80copie di La Guerre. Une poésiedi Ungaretti, con autografo.

JESSIEMARIO WHITE, L’INGLESEPATRIOTA

La chiamavano Miss Uragano= Da figlia dell’Inghilterravittoriana a protagonistadelnostroRisorgimento: corrispondentedi guerra, infermiera,mogliedel patriotaAlbertoMario, fervente garibaldina (maanchemazziniana,nonché amicadi Bertani e Cattaneo) fuMissUragano, al secolo Jessie White, «una gran donna»(Carducci) che contribuì appassionatamenteall’Unità. Nericostruisce la vicendaPaolo Ciampi,per l’editoreRomano(pp. 323, € 14.,pref. di Anita Garibaldi ). Morirànel 1906,fiduciosa: «Le nuove speranze che si aprono all’Italiamihannoun poco risvegliata...All’etàdi 75 anni io ho davverounavisione dal MonteNebo della Terra Promessa».

Clara Maffei La nobildonna che a Milanoorchestrò una palestra di intelligenze

L’ALMANACCOPIEMONTESE

Nella Torino del 1911= Rievoca la Torino del 1911, la Torino dell’Esposizioneinternazionale, l’Almanacco Piemontese (pp. 223, € 23)di Viglongo ([email protected], tel.011/6060421). Nel volume, scritti, fra gli altri, di Pascoli,Thovez, Gozzano, nonché necrologi in morte di Salgari, loscrittore che Viglongo ha via via restauratofilologicamente. Non mancano sguardi, rispettivamente ,al 1861 (nel segno di Cavour: il funerale raccontato daGiuseppe Deabate, gli elogi di Casalegno e Salvatorelli) eal 1961 (da Carlo Levi a Guido Piovene, da Paolo Monelli aGiovanni Arpino, allergico all’enfasi celebrativa)

pp Mimmo Gangemi

p LA SIGNORA DI ELLIS ISLAND

p Einaudi

p pp. 619, € 19,50

pp Roberto Barbolini

p RICETTE DI FAMIGLIA

p Garzanti

p pp. 157, € 16

«ITABOLARIO» 1861- 2010

In centocinquanta parole= Un alfabeto del Bel Paese, «l’Italia unita in 150parole», anno per anno : è l’Itabolario curato da MassimoArcangeli per Carocci (pp. 371, € 23). Da Nazione (1861)alla locuzione Social network (2010), da Automobile(1899, nasce la Fiat) a Metroplitana (1955), da Futurismo(1909, il Manifesto sul Figaro) a Qualunquismo (1945) , daPizza (1889) a Velina (1988), da Bar (1897) a Telequiz(1970), da Marcia (1922) a Lega (1991), da Vincere (1940)a Girotondo (2002), da Repubblica (1946, il referendum) aFurbetto (2006, i furbetti del quartierino, l’Italia opposta aquella dei fessi prezzoliniani).

pp AA. VV.p DONNE DEL RISORGIMENTOp Il Mulino, pp. 240, € 24p In libreria dal 16 marzop Le donne del Risorgimento rac-

contate da altrettante donne.In anteprima pubblichiamo quialcuni brani del ritratto che Mi-rella Serri dedica alla contessaClara Maffei.Le altre autrici sono Claudia Ga-limberti («Bianca, Cecilia, Tere-sa e le altre» e «Mille e una...Ro-salie Montmasson»), Elena Doni(Colomba Antonietti e JessieWhite Mario), Lia Levi (Marga-ret Fuller), Simona Tagliaventi(Anita Garibaldi), Maria Grossoe Loredana Rotondo (CristinaTrivulzio di Belgioioso), Federi-ca Tagliaventi (Antonietta DePace), Dacia Maraini (Enrichet-ta Di Lorenzo e Peppa la canno-niera), Chiara Valentini (Sara Le-vi Nathan), Simona Tagliaventi(Antonia Masanello), FrancescaSancin (Enrichetta CaraccioloFiorino), Serena Palieri (Giudit-ta Tavani Arquati).

pp Maria Teresa Mori

p FIGLIE D'ITALIA

p Carocci

p pp. 200, € 18,90

La contessa Clara Maffei in un ritratto di Hayez

In quel salottosi fece l’Italia

Bloc notes

Mimmo Gangemi

Un lessico del cuore:registro aulico,palingenesi liberatorie,rigenerazione morale,idee virtuose

Roberto Barbolini

«Venezia che spera»di Andrea Appiani jr, 1861

La copertina di Miss Uragano

Storie e personaggiIITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA III

L’Almanacco Viglongo

Alla scoperta di nomitrascurati, fuori canone,tra classicismoe romanticismo,una sincera enfasi civile

Page 4: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.04

Lettera a una professoressadi don Lorenzo Milani è unlongseller della LibreriaEditrice Fiorentina (pp. 166,€ 10). Numerosi i libri sulsacerdote di Barbiana: da Ilmio amico don Milani diDavid Maria Turoldo a Ilsegreto di Barbiana. Lastoria di Don Milani,sacerdote e maestroraccontata da Frediano Sessi(Marsilio), a Pensieri eparole di Don LorenzoMilani (Paoline), a DonMilani. Una lezione diutopia di Antonio SantoniRugiu (ETS).

GIANANDREAPICCIOLI

Ci sono libri (Pinoc-chio, l’Artusi, I Promessi Sposi,Cuore, Il piccolo alpino...) chehanno fatto l’Italia. Altri resta-no muti sugli scaffali, benchéonorati non entrano nel patri-monio culturale del Paese: so-no i libri che non hanno fattol’Italia (Delle cinque piaghe del-la Santa Chiesa di Rosmini,mai recepito né dalla Chiesaistituzionale né dalla più vastacerchia dei credenti italiani; oIl Santo, di Fogazzaro: grandesuccesso all’estero e qui mes-so all’Indice; o l’Antistoriad’Italia del triestino Cusin, cri-tico intelligente dell’antropolo-gia italica, che anche gli ener-gumeni della Lega potrebberoleggere con profitto).

Altri libri, invece, vengonoacclamati fin dal primo appa-rire, diventano quasi la sined-doche di un intero giro d’anni,ma restano sostanzialmentefraintesi. A esempio gli scrittidi Basaglia, cui venne poi da-ta la colpa di essere morto ametà dell’opera, mentre lastruttura reinterpretava amodo suo un mai dichiarato«liberi tutti!».

Ma anche il famoso Letteraa una professoressa, opera col-lettiva di don Milani e dei suoistudenti di Barbiana, pubblica-to nel maggio 1967 (don Milanimorirà un mese dopo), pochianni dopo la riforma dellascuola media unificata e obbli-gatoria fino ai 14 anni (1963).Quel testo divenne una bandie-ra della rivolta studentescadel ‘68, oggi così deprecata, eispirò, nel 1969, uno spettacolomilitante di Dario Fo L'operaioconosce 300 parole, il padrone1000. Per questo lui è il padro-ne. E naturalmente a esso ri-mandarono poi infinite espe-rienze pedagogiche e antipe-

dagogiche e decine di titoli edi-toriali e controcorsi nelle uni-versità occupate, con richiaminon sempre pertinenti a Illich ea Freire, e, con maggior fonda-tezza, alla pedagogia di MarioLodi, il grande maestro di Piade-na, che negli stessi anni facevanella Bassa lombarda un percor-so analogo a quello di don Mila-ni sull’Appennino toscano.

Protagonisti emblematicidel libro sono Gianni, il figlio dicontadini poveri regolarmenterespinto dalla scuola, e Pieri-no, il ragazzino borghese cuispiana la strada il fatto di esse-re ricco, non tanto o non solo disoldi, quanto soprattutto diquello che i soldi potevano da-re nell’Italia degli Anni Sessan-ta: lingua, libri, cultura. La di-cotomia è demagogica solo inprima battuta: una serie di ta-belle statistiche elaborate da-gli autori dimostra inesorabil-mente come la scuola di allorafosse realmente una valvola re-golatrice dell’esclusione e del-l’inclusione sociale funzionan-te in un solo senso.

Il fatto è che don Milani, pre-te cattolico convertito dal-l’ebraismo di famiglia, aveva

scelto l’unico luogo possibile aun cristiano credente: il luogooccupato dai poveri, da «coloroche non possiedono» (Ranchet-ti). Di qui l’apodittica semplici-tà della sua parola, priva di pre-supposti teologici e dogmatici,nata da una fede solo apparen-temente ingenua perché senzaapparati esegetici di riferimen-to. Di qui, anche, il gusto per lascrittura collettiva, anti-indivi-dualistica, per la pagina co-struita insieme coi ragazzi, co-me nel Medioevo una folla ano-nima ma unita costruiva unacattedrale. E le pagine di Lette-ra a una professoressa sonoscritte benissimo, in una prosascarna, chiara e netta, con leparole e le frasi che si disegna-no come i salti di sassi ben lan-ciati su acque tranquille.

Ma dalla scelta di campo trai poveri nasce anche la durezzadella scuola di Barbiana. Altro-ché permissivismo sessantotti-no! Tutto il giorno, tutti i giorni,domeniche comprese, perché«la scuola sarà sempre megliodella merda» come dice un ra-gazzo che rigovernava ogni gior-no le 36 mucche del padrone.Niente ricreazione. Al posto del-le vacanze, viaggi di lavoro e stu-dio all’estero. Rigore e severità,nessuna comprensione per le«esigenze dei giovani», lussoche solo i privilegiati possonopermettersi. E visto che si trat-ta di scuola dell’obbligo il con-tratto dei metalmeccanici o laSeconda guerra mondiale piut-tosto che la mitologia o la neveche fiocca fiocca fiocca («Quan-do la scuola è poca, il program-

ma va fatto badando solo alle ur-genze»). La cultura di base deveessere viva e servire alla vita.Inutile fare i «custodi del luci-gnolo spento».

Poi, con gli anni e la burocra-tizzazione, dalla battaglia con-tro le bocciature per insegnarea tutti e a tutti dare forza e fidu-cia in sé stessi perché nessunopiù si senta uno scarto della so-cietà, si è passati al 6 politico, edall’impegno diuturno, che con-templava persino l’elogio del ce-libato, si è passati a un tempopieno riempito spesso di vacui-tà. Il che non giustifica le intem-peranze della signora Gelmini,

che certo non si ispira al rigoredel «cattocomunista» don Mila-ni (il peggio del peggio!). E oggi,nell’americanizzazione forzatae astorica, spacciata per «mo-dernizzazione», la differenzatra Pierino e Gianni si è istituzio-nalizzata: nemmeno più scuoladi ricchi e poveri, ma scuola(buona, privata o all’estero) deiricchi e scuola (scadente, stata-le) dei poveri. In una torva paro-dia di Barbiana, il rifiuto di unacultura sterile è diventato rifiu-to della cultura tout court: se-condo i giovani virgulti padani,è meglio lavorare e far soldipiuttosto che perdere tempo ascuola. E così la ricchezza pro-duce ignoranza, anzi incultura,che è peggio. Come scrisse il tici-nese Francesco Chiesa «L’igno-ranza è un terreno vergine,spesso ricco e profondo. […]L’in-coltura è la solida impenetrabi-le sterilità del terreno pago dinutrire qualche fil d’erba».

La confessioneingabbiò le anime

«La fabbrica dell’obbedienza» L’influssocattolico dal Concilio di Trento spegne l’Italia

FERDINANDOCAMON

Dice l’autore che que-sto libro è nato da un’occasio-ne: invitato a tenere un paiodi conferenze nel Vermont, civa, sceglie come argomento ilcarattere degli italiani, poitorna in Italia e rielabora, al-lunga, completa il testo: edeccolo qui, trasformato in li-bro. Pare quasi che il libro sianato per caso. Non ci credo.Perché è così denso di passio-ne civile, così carico d’invetti-ve e di accuse, così articolatonell’esporre i rapporti traNord e Sud (Sud depredatoda un Nord rapace), insommaun libro così maturo che nonpoteva non spuntare nella bio-

grafia dell’autore.È un ragionamento e un

documento essenziale nel150˚ anniversario dell’Unitàd’Italia. Perfetto il titolo: Lafabbrica dell’obbedienza, che èla Chiesa Cattolica. Inganne-vole il sottotitolo: «Il latooscuro e complice degli italia-ni», perché pare che gl’italia-ni abbiano un ruolo attivo(complice) nella propria sot-tomissione, mentre i secoli diservaggio sono descritti co-me il dispiegarsi di un Dnaforgiato dalla Chiesa stessa.

La civiltà italiana è la gui-da del mondo nel Quattrocen-to e Cinquecento, fino al Con-cilio di Trento, poi il ruolo del-l’Italia nella storia della civil-tà s’inabissa. Il Concilio diTrento spegne la ricercascientifica e la creazione arti-stica, perché condanna il libe-

ro pensiero e insegna che laperfezione sta nell’obbedienza,il perfetto cattolico è colui cherimette ad altri la gestione del-la propria coscienza.

In un certo senso, neanchetanto sottinteso, la guida dellaciviltà che fino al Rinascimentoera stata a gestione italiana, colConcilio di Trento passa ai Pae-si della Riforma. In Italia laControriforma crea un uomoche agisce dentro una verità ri-

velata, per cui appare insensa-ta e colpevole la ricerca, e bene-fica l’autorità perché lui ha biso-gno di guida, e si dispone al con-senso verso ogni autocrate chesi presenti come dotato di cari-sma, fino a quello che si chiama-va ieri Mussolini e a quello chesi chiama oggi Berlusconi. Poi-ché la Chiesa pretende, diceRea, di avere le risposte a tuttele domande, chiede tutta l’obbe-dienza, e a partire dal Concilio

di Trento «farà conoscere connotevole anticipo all’Italia (enon solo) il fascismo che si anni-da tra le pieghe del potere, diqualsiasi potere».

Lo strumento per esercita-re il controllo sulle anime è laconfessione. Ermanno Reaadotta la tesi di Adriano Pro-speri, che a stroncare l’eresiain Italia non sia stata l’Inquisi-zione ma la confessione. Da quiparte una strada che va in dire-

zione opposta rispetto alla Ri-forma: nella Riforma il fedelesta in rapporto diretto con Dio,senza intermediari, nella Con-troriforma l’intermediario c’è,è la Chiesa, ed è irrinunciabile.«Extra Ecclesiam nulla salus».L’Inquisizione è la strutturapratica di un fascismo che im-prigiona le coscienze. Il nazi-smo è una tappa dello stesso iti-nerario, e a chi obiettasse cheil nazismo s’impiantò in Ger-

mania che era uno Stato prote-stante, Rea oppone la tesi diMalaparte che però Hitler nonera tedesco, era austriaco eaveva un’educazione cattolica.

L’influsso cattolico Rea loavverte anche nelle associazio-ni criminose come mafia, ca-morra e ‘ndrangheta, perché iboss malavitosi «vivono il delit-to come crociata e devozione»,esattamente come gl’inquisito-ri del Sant’Uffizio. La Controri-forma, incarnata ieri nel fasci-smo, s’incarna oggi nel berlu-sconismo, che è «l’esito più re-cente del permanente conflittotra modernità e chiesa cattoli-ca, tra liberalismo democrati-co e negazione vaticana a ognirinnovamento sostanziale».

Piccola obiezione, che non èmia ma di una parte dei mieilettori: se Berlusconi incarnala «negazione (sia pure «catto-lica») della modernità», chi in-carna la modernità? Forse que-sta Sinistra? Ci fu una colpadel fascismo, ma anche una col-pa nella non-opposizione al fa-scismo, e qualcuno non potreb-be oggi vedere una colpa nel-l’opposizione-che-non-c’è alberlusconismo? E la morale diBerlusconi è davvero coinci-dente con la Controriforma?Berlusconi sarebbe in lineacon l’Inquisizione?

Impossibile dar conto delletante tesi del libro, densissi-mo, per alcuni lettori illumi-nante, per altri inquietante.Con affetto fraterno confessoperò a Rea che non mi crea em-patia lo scrittore o giornalistache ad ogni piè sospinto dichia-ra che «si vergogna di essereitaliano» e «ha voglia di fuggi-re all’estero». In una democra-zia ci sono parti contrapposte,e le colpe della parte avversanon sono colpe della mia par-te. E sono tanti gli italiani dicui possiamo andar fieri. Traessi, anche Ermanno Rea.

([email protected])

A Barbianasono risortigli ultimi

FRANCOGARELLI

Che festa sarà il pros-simo 17 marzo, il giorno dellamemoria dei 150 anni dallanascita della nazione? Quan-ti tricolori verranno espostidalle finestre e dai balconidelle nostre case? Perchémolte forze sociali e politichesono tiepide verso questo an-niversario? Perché si arrivacosì stanchi a questo appun-tamento? Stanno prevalen-do le ragioni dell’unità o del-la disunità dell’Italia?

Nel suo volume L'unitàd'Italia e la Santa Sede, lo sto-rico gesuita Giovanni Sale os-serva che soltanto due gran-di istituzioni hanno di questitempi invitato tutto il Paesea celebrare i 150 anni del-

l’Unità d’Italia: da un lato ilpresidente della Repubbli-ca, Giorgio Napolitano, as-sai attivo nel far sì che que-sto importante evento ci raf-forzi come nazione e ci impe-gni come Stato unitario difronte alle sfide che ci atten-dono; dall’altro, la Conferen-za dei Vescovi italiani, cheper voce del cardinal Bagna-sco parla dell’unità d’Italiacome di un bene comune, au-spicando addirittura chel’anniversario sia l’occasio-ne «per un nuovo innamora-mento dell’essere italiani».

A detta di Sale, queste pa-role del presidente della Ceisono la miglior risposta allecritiche che parte della sto-riografia moderna (specie dimatrice laica o laicista) dasempre rivolge alla chiesa e

ai cattolici di essere antiunita-risti, dimenticando non sol-tanto che da tempo essi si so-no «riconciliati» con lo Stato,ma anche il contributo positi-vo offerto dal pensiero politi-co cattolico al Risorgimento.La tesi implicita del volume èche se nel processo di unifica-zione nazionale si fosse pre-stata maggior attenzione alleistanze cattoliche, probabil-mente oggi avremmo una na-zione con meno squilibri escompensi, più salda nei suoiriferimenti di fondo.

Il Risorgimento italiano - al-meno agli inizi - ebbe più padrie più ispirazioni. A fianco deiprogetti rigorosamente «unita-risti» (di Mazzini e Garibaldi),vi erano quelli più inclini al-l’idea federalista, in cui si rico-nosceva maggiormente il cat-tolicesimo liberale. Pur in con-flitto con l’autorità ecclesiasti-ca, questa corrente di pensie-ro (alimentata da figure comeRosmini e Gioberti) pensavaalla nascita di uno Stato confe-derale (sulle orme della Svizze-ra o degli Stati Uniti d’Ameri-ca) composto da culture e tra-dizioni locali diverse, tutte ac-comunate «dal cemento dellafede cattolica».

Si trattava di un disegnomolto ambizioso e velleitario

per le condizioni politiche edecclesiali dell’epoca, in quantomirava a tenere insieme Paesereale e Paese legale, ridurre ladiffidenza e l’ostilità della chie-sa verso il nuovo ordine politi-co, evitare che la religione fos-se messa ai margini dallo Sta-to unitario, impedire una deri-va anticlericale della classe di-rigente. Stato e Chiesa eranopensati come realtà istituzio-nalmente separate, ma nellostesso tempo si doveva ricono-scere che il cattolicesimo era

un tratto distintivo dell’Italia,secondo la nota formula di Gio-berti che tra i primi pensò alla«nazione» italiana come «unadi lingua, di lettere, di religio-ne, di genio nazionale, di pen-siero scientifico, di costumecittadino, di accordo pubblicoe privato tra i vari Stati ed abi-tanti che la compongono».

Per questi cattolici l’unitàtra le genti italiche avrebberestituito all’Italia quel prima-to morale e civile che avevanel passato, fondato più suivalori culturali e spiritualiche sulle strategie politiche;sottraendo finalmente la peni-sola al dominio delle potenzestraniere (Austria e Francia).Teorie certamente fantasio-se, che ebbero comunque il po-tere di scaldare gli animi dimolti italiani, interessati al«riscatto» della nazione.

Per contro, come ben sap-piamo, i moti risorgimentaliandarono in tutt’altra direzio-ne, risultando vincente il mo-dello di unificazione «centra-listico» imposto dai Piemon-tesi e ricalcato sul prototipofrancese; forse l’unico reali-sticamente possibile in quel-l’epoca, che tuttavia - ricordaSale - soffocò la nazione e lediverse culture che la compo-nevano, alimentando anche

un forte conflitto con la chie-sa e la religione.

Sullo sfondo di questa inter-pretazione, il volume di Sale ri-percorre il difficile rapportotra la Santa Sede e il movimen-to di unificazione nazionale,documentando i tentennamen-ti e l’impoliticità di Pio IX, lechiusure della chiesa di frontealla cultura moderna (il Silla-bo), la presa di Roma del 1870,la fine del potere temporaledei Papi; sino al cristallizzarsidella «questione romana» e al

divieto ai cattolici (il Non Expe-dit) di partecipare alla vita po-litica che condizionarono pervari decenni le vicende dellanazione. Testimone privilegia-to di molti di questi eventi fu larivista dei gesuiti Civiltà catto-lica, che nata nel 1850 (già inlingua italiana e per volere delPapa) per contrastare le spin-te anticlericali del periodo,continua ancor oggi a monito-rare - pur in modo più sereno eequilibrato - la vita civile e reli-giosa della nazione.

«Lettera a una professoressa»Una bandiera per la scuola di tutti

Il contributo liberalee federalistadi Rosmini e Gioberti,la fede come cementoe riscatto della nazione

Vincenzo Gioberti in un ritratto di A. Puccinelli, conservato alla Gam di Firenze

«Unità e Santa Sede» Non solo conflitti,ma utili «istanze» nell’analisi del gesuita Sale

pp Giovanni Salep L'UNITÀ D'ITALIA

E LA SANTA SEDEp Jaca Book , pp. 195, € 18p E’ il più recente dei numerosi ti-

toli in cui Sale ha ricostruito ilruolo della Chiesa nella storiad’Italia. Ricordiamo Fascismo eVaticano, 2007 e Il Vaticano ela Costituzione, 2008

pp Ermanno Reap LA FABBRICA

DELL’OBBEDIENZAp Feltrinelli, pp. 224, € 16

Don Lorenzo Milani con i ragazzi di Barbiana

Anche i credentiissarono il tricolore

Un libro di ErmannoRea, denso di passionecivile e di invettive,per alcuni illuminante,per altri inquietante

Quella di don Milaniera una dura lezione:rigore e severità,altroché permissivismosessantottino!

Il confessionalein un dipinto

di GiuseppeMolteni, 1838:nel suo saggio

«La fabbricadell’obbedienza»

Ermanno Reariprende la tesi

di AdrianoProsperi che

individuò nellaconfessione

lo strumentodi controllodelle anime

con cuila Chiesa

stroncòil diffondersi

dell’eresia

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Idee e societàIVTuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA V

Page 5: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.04

Lettera a una professoressadi don Lorenzo Milani è unlongseller della LibreriaEditrice Fiorentina (pp. 166,€ 10). Numerosi i libri sulsacerdote di Barbiana: da Ilmio amico don Milani diDavid Maria Turoldo a Ilsegreto di Barbiana. Lastoria di Don Milani,sacerdote e maestroraccontata da Frediano Sessi(Marsilio), a Pensieri eparole di Don LorenzoMilani (Paoline), a DonMilani. Una lezione diutopia di Antonio SantoniRugiu (ETS).

GIANANDREAPICCIOLI

Ci sono libri (Pinoc-chio, l’Artusi, I Promessi Sposi,Cuore, Il piccolo alpino...) chehanno fatto l’Italia. Altri resta-no muti sugli scaffali, benchéonorati non entrano nel patri-monio culturale del Paese: so-no i libri che non hanno fattol’Italia (Delle cinque piaghe del-la Santa Chiesa di Rosmini,mai recepito né dalla Chiesaistituzionale né dalla più vastacerchia dei credenti italiani; oIl Santo, di Fogazzaro: grandesuccesso all’estero e qui mes-so all’Indice; o l’Antistoriad’Italia del triestino Cusin, cri-tico intelligente dell’antropolo-gia italica, che anche gli ener-gumeni della Lega potrebberoleggere con profitto).

Altri libri, invece, vengonoacclamati fin dal primo appa-rire, diventano quasi la sined-doche di un intero giro d’anni,ma restano sostanzialmentefraintesi. A esempio gli scrittidi Basaglia, cui venne poi da-ta la colpa di essere morto ametà dell’opera, mentre lastruttura reinterpretava amodo suo un mai dichiarato«liberi tutti!».

Ma anche il famoso Letteraa una professoressa, opera col-lettiva di don Milani e dei suoistudenti di Barbiana, pubblica-to nel maggio 1967 (don Milanimorirà un mese dopo), pochianni dopo la riforma dellascuola media unificata e obbli-gatoria fino ai 14 anni (1963).Quel testo divenne una bandie-ra della rivolta studentescadel ‘68, oggi così deprecata, eispirò, nel 1969, uno spettacolomilitante di Dario Fo L'operaioconosce 300 parole, il padrone1000. Per questo lui è il padro-ne. E naturalmente a esso ri-mandarono poi infinite espe-rienze pedagogiche e antipe-

dagogiche e decine di titoli edi-toriali e controcorsi nelle uni-versità occupate, con richiaminon sempre pertinenti a Illich ea Freire, e, con maggior fonda-tezza, alla pedagogia di MarioLodi, il grande maestro di Piade-na, che negli stessi anni facevanella Bassa lombarda un percor-so analogo a quello di don Mila-ni sull’Appennino toscano.

Protagonisti emblematicidel libro sono Gianni, il figlio dicontadini poveri regolarmenterespinto dalla scuola, e Pieri-no, il ragazzino borghese cuispiana la strada il fatto di esse-re ricco, non tanto o non solo disoldi, quanto soprattutto diquello che i soldi potevano da-re nell’Italia degli Anni Sessan-ta: lingua, libri, cultura. La di-cotomia è demagogica solo inprima battuta: una serie di ta-belle statistiche elaborate da-gli autori dimostra inesorabil-mente come la scuola di allorafosse realmente una valvola re-golatrice dell’esclusione e del-l’inclusione sociale funzionan-te in un solo senso.

Il fatto è che don Milani, pre-te cattolico convertito dal-l’ebraismo di famiglia, aveva

scelto l’unico luogo possibile aun cristiano credente: il luogooccupato dai poveri, da «coloroche non possiedono» (Ranchet-ti). Di qui l’apodittica semplici-tà della sua parola, priva di pre-supposti teologici e dogmatici,nata da una fede solo apparen-temente ingenua perché senzaapparati esegetici di riferimen-to. Di qui, anche, il gusto per lascrittura collettiva, anti-indivi-dualistica, per la pagina co-struita insieme coi ragazzi, co-me nel Medioevo una folla ano-nima ma unita costruiva unacattedrale. E le pagine di Lette-ra a una professoressa sonoscritte benissimo, in una prosascarna, chiara e netta, con leparole e le frasi che si disegna-no come i salti di sassi ben lan-ciati su acque tranquille.

Ma dalla scelta di campo trai poveri nasce anche la durezzadella scuola di Barbiana. Altro-ché permissivismo sessantotti-no! Tutto il giorno, tutti i giorni,domeniche comprese, perché«la scuola sarà sempre megliodella merda» come dice un ra-gazzo che rigovernava ogni gior-no le 36 mucche del padrone.Niente ricreazione. Al posto del-le vacanze, viaggi di lavoro e stu-dio all’estero. Rigore e severità,nessuna comprensione per le«esigenze dei giovani», lussoche solo i privilegiati possonopermettersi. E visto che si trat-ta di scuola dell’obbligo il con-tratto dei metalmeccanici o laSeconda guerra mondiale piut-tosto che la mitologia o la neveche fiocca fiocca fiocca («Quan-do la scuola è poca, il program-

ma va fatto badando solo alle ur-genze»). La cultura di base deveessere viva e servire alla vita.Inutile fare i «custodi del luci-gnolo spento».

Poi, con gli anni e la burocra-tizzazione, dalla battaglia con-tro le bocciature per insegnarea tutti e a tutti dare forza e fidu-cia in sé stessi perché nessunopiù si senta uno scarto della so-cietà, si è passati al 6 politico, edall’impegno diuturno, che con-templava persino l’elogio del ce-libato, si è passati a un tempopieno riempito spesso di vacui-tà. Il che non giustifica le intem-peranze della signora Gelmini,

che certo non si ispira al rigoredel «cattocomunista» don Mila-ni (il peggio del peggio!). E oggi,nell’americanizzazione forzatae astorica, spacciata per «mo-dernizzazione», la differenzatra Pierino e Gianni si è istituzio-nalizzata: nemmeno più scuoladi ricchi e poveri, ma scuola(buona, privata o all’estero) deiricchi e scuola (scadente, stata-le) dei poveri. In una torva paro-dia di Barbiana, il rifiuto di unacultura sterile è diventato rifiu-to della cultura tout court: se-condo i giovani virgulti padani,è meglio lavorare e far soldipiuttosto che perdere tempo ascuola. E così la ricchezza pro-duce ignoranza, anzi incultura,che è peggio. Come scrisse il tici-nese Francesco Chiesa «L’igno-ranza è un terreno vergine,spesso ricco e profondo. […]L’in-coltura è la solida impenetrabi-le sterilità del terreno pago dinutrire qualche fil d’erba».

La confessioneingabbiò le anime

«La fabbrica dell’obbedienza» L’influssocattolico dal Concilio di Trento spegne l’Italia

FERDINANDOCAMON

Dice l’autore che que-sto libro è nato da un’occasio-ne: invitato a tenere un paiodi conferenze nel Vermont, civa, sceglie come argomento ilcarattere degli italiani, poitorna in Italia e rielabora, al-lunga, completa il testo: edeccolo qui, trasformato in li-bro. Pare quasi che il libro sianato per caso. Non ci credo.Perché è così denso di passio-ne civile, così carico d’invetti-ve e di accuse, così articolatonell’esporre i rapporti traNord e Sud (Sud depredatoda un Nord rapace), insommaun libro così maturo che nonpoteva non spuntare nella bio-

grafia dell’autore.È un ragionamento e un

documento essenziale nel150˚ anniversario dell’Unitàd’Italia. Perfetto il titolo: Lafabbrica dell’obbedienza, che èla Chiesa Cattolica. Inganne-vole il sottotitolo: «Il latooscuro e complice degli italia-ni», perché pare che gl’italia-ni abbiano un ruolo attivo(complice) nella propria sot-tomissione, mentre i secoli diservaggio sono descritti co-me il dispiegarsi di un Dnaforgiato dalla Chiesa stessa.

La civiltà italiana è la gui-da del mondo nel Quattrocen-to e Cinquecento, fino al Con-cilio di Trento, poi il ruolo del-l’Italia nella storia della civil-tà s’inabissa. Il Concilio diTrento spegne la ricercascientifica e la creazione arti-stica, perché condanna il libe-

ro pensiero e insegna che laperfezione sta nell’obbedienza,il perfetto cattolico è colui cherimette ad altri la gestione del-la propria coscienza.

In un certo senso, neanchetanto sottinteso, la guida dellaciviltà che fino al Rinascimentoera stata a gestione italiana, colConcilio di Trento passa ai Pae-si della Riforma. In Italia laControriforma crea un uomoche agisce dentro una verità ri-

velata, per cui appare insensa-ta e colpevole la ricerca, e bene-fica l’autorità perché lui ha biso-gno di guida, e si dispone al con-senso verso ogni autocrate chesi presenti come dotato di cari-sma, fino a quello che si chiama-va ieri Mussolini e a quello chesi chiama oggi Berlusconi. Poi-ché la Chiesa pretende, diceRea, di avere le risposte a tuttele domande, chiede tutta l’obbe-dienza, e a partire dal Concilio

di Trento «farà conoscere connotevole anticipo all’Italia (enon solo) il fascismo che si anni-da tra le pieghe del potere, diqualsiasi potere».

Lo strumento per esercita-re il controllo sulle anime è laconfessione. Ermanno Reaadotta la tesi di Adriano Pro-speri, che a stroncare l’eresiain Italia non sia stata l’Inquisi-zione ma la confessione. Da quiparte una strada che va in dire-

zione opposta rispetto alla Ri-forma: nella Riforma il fedelesta in rapporto diretto con Dio,senza intermediari, nella Con-troriforma l’intermediario c’è,è la Chiesa, ed è irrinunciabile.«Extra Ecclesiam nulla salus».L’Inquisizione è la strutturapratica di un fascismo che im-prigiona le coscienze. Il nazi-smo è una tappa dello stesso iti-nerario, e a chi obiettasse cheil nazismo s’impiantò in Ger-

mania che era uno Stato prote-stante, Rea oppone la tesi diMalaparte che però Hitler nonera tedesco, era austriaco eaveva un’educazione cattolica.

L’influsso cattolico Rea loavverte anche nelle associazio-ni criminose come mafia, ca-morra e ‘ndrangheta, perché iboss malavitosi «vivono il delit-to come crociata e devozione»,esattamente come gl’inquisito-ri del Sant’Uffizio. La Controri-forma, incarnata ieri nel fasci-smo, s’incarna oggi nel berlu-sconismo, che è «l’esito più re-cente del permanente conflittotra modernità e chiesa cattoli-ca, tra liberalismo democrati-co e negazione vaticana a ognirinnovamento sostanziale».

Piccola obiezione, che non èmia ma di una parte dei mieilettori: se Berlusconi incarnala «negazione (sia pure «catto-lica») della modernità», chi in-carna la modernità? Forse que-sta Sinistra? Ci fu una colpadel fascismo, ma anche una col-pa nella non-opposizione al fa-scismo, e qualcuno non potreb-be oggi vedere una colpa nel-l’opposizione-che-non-c’è alberlusconismo? E la morale diBerlusconi è davvero coinci-dente con la Controriforma?Berlusconi sarebbe in lineacon l’Inquisizione?

Impossibile dar conto delletante tesi del libro, densissi-mo, per alcuni lettori illumi-nante, per altri inquietante.Con affetto fraterno confessoperò a Rea che non mi crea em-patia lo scrittore o giornalistache ad ogni piè sospinto dichia-ra che «si vergogna di essereitaliano» e «ha voglia di fuggi-re all’estero». In una democra-zia ci sono parti contrapposte,e le colpe della parte avversanon sono colpe della mia par-te. E sono tanti gli italiani dicui possiamo andar fieri. Traessi, anche Ermanno Rea.

([email protected])

A Barbianasono risortigli ultimi

FRANCOGARELLI

Che festa sarà il pros-simo 17 marzo, il giorno dellamemoria dei 150 anni dallanascita della nazione? Quan-ti tricolori verranno espostidalle finestre e dai balconidelle nostre case? Perchémolte forze sociali e politichesono tiepide verso questo an-niversario? Perché si arrivacosì stanchi a questo appun-tamento? Stanno prevalen-do le ragioni dell’unità o del-la disunità dell’Italia?

Nel suo volume L'unitàd'Italia e la Santa Sede, lo sto-rico gesuita Giovanni Sale os-serva che soltanto due gran-di istituzioni hanno di questitempi invitato tutto il Paesea celebrare i 150 anni del-

l’Unità d’Italia: da un lato ilpresidente della Repubbli-ca, Giorgio Napolitano, as-sai attivo nel far sì che que-sto importante evento ci raf-forzi come nazione e ci impe-gni come Stato unitario difronte alle sfide che ci atten-dono; dall’altro, la Conferen-za dei Vescovi italiani, cheper voce del cardinal Bagna-sco parla dell’unità d’Italiacome di un bene comune, au-spicando addirittura chel’anniversario sia l’occasio-ne «per un nuovo innamora-mento dell’essere italiani».

A detta di Sale, queste pa-role del presidente della Ceisono la miglior risposta allecritiche che parte della sto-riografia moderna (specie dimatrice laica o laicista) dasempre rivolge alla chiesa e

ai cattolici di essere antiunita-risti, dimenticando non sol-tanto che da tempo essi si so-no «riconciliati» con lo Stato,ma anche il contributo positi-vo offerto dal pensiero politi-co cattolico al Risorgimento.La tesi implicita del volume èche se nel processo di unifica-zione nazionale si fosse pre-stata maggior attenzione alleistanze cattoliche, probabil-mente oggi avremmo una na-zione con meno squilibri escompensi, più salda nei suoiriferimenti di fondo.

Il Risorgimento italiano - al-meno agli inizi - ebbe più padrie più ispirazioni. A fianco deiprogetti rigorosamente «unita-risti» (di Mazzini e Garibaldi),vi erano quelli più inclini al-l’idea federalista, in cui si rico-nosceva maggiormente il cat-tolicesimo liberale. Pur in con-flitto con l’autorità ecclesiasti-ca, questa corrente di pensie-ro (alimentata da figure comeRosmini e Gioberti) pensavaalla nascita di uno Stato confe-derale (sulle orme della Svizze-ra o degli Stati Uniti d’Ameri-ca) composto da culture e tra-dizioni locali diverse, tutte ac-comunate «dal cemento dellafede cattolica».

Si trattava di un disegnomolto ambizioso e velleitario

per le condizioni politiche edecclesiali dell’epoca, in quantomirava a tenere insieme Paesereale e Paese legale, ridurre ladiffidenza e l’ostilità della chie-sa verso il nuovo ordine politi-co, evitare che la religione fos-se messa ai margini dallo Sta-to unitario, impedire una deri-va anticlericale della classe di-rigente. Stato e Chiesa eranopensati come realtà istituzio-nalmente separate, ma nellostesso tempo si doveva ricono-scere che il cattolicesimo era

un tratto distintivo dell’Italia,secondo la nota formula di Gio-berti che tra i primi pensò alla«nazione» italiana come «unadi lingua, di lettere, di religio-ne, di genio nazionale, di pen-siero scientifico, di costumecittadino, di accordo pubblicoe privato tra i vari Stati ed abi-tanti che la compongono».

Per questi cattolici l’unitàtra le genti italiche avrebberestituito all’Italia quel prima-to morale e civile che avevanel passato, fondato più suivalori culturali e spiritualiche sulle strategie politiche;sottraendo finalmente la peni-sola al dominio delle potenzestraniere (Austria e Francia).Teorie certamente fantasio-se, che ebbero comunque il po-tere di scaldare gli animi dimolti italiani, interessati al«riscatto» della nazione.

Per contro, come ben sap-piamo, i moti risorgimentaliandarono in tutt’altra direzio-ne, risultando vincente il mo-dello di unificazione «centra-listico» imposto dai Piemon-tesi e ricalcato sul prototipofrancese; forse l’unico reali-sticamente possibile in quel-l’epoca, che tuttavia - ricordaSale - soffocò la nazione e lediverse culture che la compo-nevano, alimentando anche

un forte conflitto con la chie-sa e la religione.

Sullo sfondo di questa inter-pretazione, il volume di Sale ri-percorre il difficile rapportotra la Santa Sede e il movimen-to di unificazione nazionale,documentando i tentennamen-ti e l’impoliticità di Pio IX, lechiusure della chiesa di frontealla cultura moderna (il Silla-bo), la presa di Roma del 1870,la fine del potere temporaledei Papi; sino al cristallizzarsidella «questione romana» e al

divieto ai cattolici (il Non Expe-dit) di partecipare alla vita po-litica che condizionarono pervari decenni le vicende dellanazione. Testimone privilegia-to di molti di questi eventi fu larivista dei gesuiti Civiltà catto-lica, che nata nel 1850 (già inlingua italiana e per volere delPapa) per contrastare le spin-te anticlericali del periodo,continua ancor oggi a monito-rare - pur in modo più sereno eequilibrato - la vita civile e reli-giosa della nazione.

«Lettera a una professoressa»Una bandiera per la scuola di tutti

Il contributo liberalee federalistadi Rosmini e Gioberti,la fede come cementoe riscatto della nazione

Vincenzo Gioberti in un ritratto di A. Puccinelli, conservato alla Gam di Firenze

«Unità e Santa Sede» Non solo conflitti,ma utili «istanze» nell’analisi del gesuita Sale

pp Giovanni Salep L'UNITÀ D'ITALIA

E LA SANTA SEDEp Jaca Book , pp. 195, € 18p E’ il più recente dei numerosi ti-

toli in cui Sale ha ricostruito ilruolo della Chiesa nella storiad’Italia. Ricordiamo Fascismo eVaticano, 2007 e Il Vaticano ela Costituzione, 2008

pp Ermanno Reap LA FABBRICA

DELL’OBBEDIENZAp Feltrinelli, pp. 224, € 16

Don Lorenzo Milani con i ragazzi di Barbiana

Anche i credentiissarono il tricolore

Un libro di ErmannoRea, denso di passionecivile e di invettive,per alcuni illuminante,per altri inquietante

Quella di don Milaniera una dura lezione:rigore e severità,altroché permissivismosessantottino!

Il confessionalein un dipinto

di GiuseppeMolteni, 1838:nel suo saggio

«La fabbricadell’obbedienza»

Ermanno Reariprende la tesi

di AdrianoProsperi che

individuò nellaconfessione

lo strumentodi controllodelle anime

con cuila Chiesa

stroncòil diffondersi

dell’eresia

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

Idee e societàIVTuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA V

Page 6: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.05

Fotografia del Risorgimento Si inventò monumentali e fredde messe in scenae fabbricò una valanga di falsi, come il sosia del Generale ferito in Aspromonte

ANGELOD’ORSI

«Lo Stato borgheseitaliano si è formato per laspinta di nuclei capitalisticidell’Italia settentrionale chevolevano unificare il sistemadei rapporti di proprietà e discambio del mercato naziona-le suddiviso in una molteplici-tà di staterelli regionali e pro-vinciali. Fino all'avvento dellaSinistra al potere, lo Stato ita-liano ha dato il suffragio soloalla classe proprietaria, è sta-to una dittatura feroce che hamesso a ferro e a fuoco l'Italiameridionale e le isole, crocifig-gendo, squartando, seppellen-do vivi i contadini poveri chegli scrittori salariati tentaro-no infamare col marchio di“briganti”».

Così Antonio Gramsci, nel1920, sull'edizione piemontesedell’Avanti!, affrontava, in sin-tesi estrema, e certo giornali-sticamente semplificatoria, ilproblema della unificazione:che non fu una fusione, ma,

questo lo abbiamo imparatoda tempo, un'annessione delSud da parte del Piemonte. Iltema di cui si dibatte oggi, fratroppe parole in libertà (e mol-ti gesti inconsulti), è se quellaunificazione sia stata a som-ma positiva o negativa; e perquale delle «due Italie». In-somma, il Sud ci ha guadagna-to? Il Nord ci ha perso? È sta-to il Mezzogiorno, come si sen-te ripetere, «la palla al piede»,oppure è stata terra di conqui-sta per i «piemontesi»?

Pullulano, prodotti dellospirito del tempo, libelli anti-unitari, talora animati da nobi-li intenzioni di riscatto moraleper il popolo meridionale; manulla di nuovo sotto il sole, sefacciamo caso, per esempio, aquanto scriveva, tra il 1862 e il1864, il teorico socialista fran-cese Proudhon, il quale critica-va l'appena raggiunta unità,affermando che l'Italia era esarebbe rimasta divisa, per lasua storia così frammentata:al più si sarebbe potuto pensa-re a una situazione federativa,ma ormai era tardi, e «dopoun letargo di tre secoli», il Pae-se non aveva energie sufficien-ti, e allora, «Finiamola conl'Italia. Che venga cancellatadal novero delle potenze e del-le nazionalità».

Facciamo un salto di un se-colo e mezzo, e arriviamo al se-misconosciuto Nicola Zitara,esponente di quella intellet-tualità meridionale, apparta-ta quanto operosa, un giornali-sta con vivo senso della storia,mancato sul finire del 2010.Ora si ripubblica il suo piccolo«classico», che nel sottotitoloparla senza infingimenti di«Nascita di una colonia». SeProudhon riteneva che l'Italiafosse un'invenzione, per Zita-

ra (si parva licet) è il Mezzogior-no l'invenzione (e qui mi riferi-sco alla ponderosa opera di cuil'autore non ha potuto vedere lapubblicazione), e dunque laQuestione Meridionale è statacreata dal Settentrione che, co-

me afferma l'autore, se si guar-da alle campagne, non stavacerto meglio: L'albero degli zoc-coli, il bel film di Ermanno Olmi,ritrae un quadro desolante, am-bientato nella Bassa Padana!Ciò che Zitara cerca di faremergere dalle sue ricerche èche il Sud ha pagato, in terminidi sviluppo frenato e di ricchez-za sottratta, un prezzo elevato abeneficio della «Toscopadana»:

dico «cerca di far emergere»perché il suo è un classico lavo-ro a tesi. Ciononostante, le os-servazioni e i dati forniti sonodegni di attenzione, e l’autore facapire chiaramente di non esse-re antiunitario, come Proudhono i nuovi paladini di un Nordoperoso appesantito da un Sudpopolato di lazzaroni, che passa-no «la loro giornata a rubacchia-re e a godersi il sole con una chi-tarra in mano».

Polemiche a parte, Zitara an-tigramscianamente ritiene cheNord e Sud siano inconciliabili,non solo perché l'uno colonizzae opprime l'altro, ma per le lorocaratteristiche storiche, sociali,economiche; il rapporto è e ri-mane quello tra nazione sfrutta-trice e colonia: il Sud non è Ita-lia, è «terzo mondo» sottopostoa saccheggio permanente, enon sarà certo il proletariato ur-bano del Nord («asservito al ca-pitalismo») a salvarlo, ma solol'inserimento in un moto inter-nazionale di liberazione adot-tando precisamente l'ottica ter-zomondista.

Ottica originale, per la lettu-ra del Sud, almeno in parte, masiamo convinti che sia la più ido-nea a capire, o, come invitavaGramsci, a «spiegare» la que-stione meridionale? Che va col-locata come ogni problema sto-rico in un quadro ampio di rife-rimento e di contesto, il che sipuò fare, per esempio, con l' agi-le libro di Salvatore Lupo, Il pas-sato del nostro presente. Il lungoOttocento 1776-1913 (Laterza)che rende il quadro, come tutti ilavori di questo storico (sicilia-no, mentre Zitara è calabrese),problematico, e ci mostra sì dueItalie, ma in un contesto di piùItalie, diverse per economia ecultura, e tutte distanti daglistandard dell’Europa avanzata.Che sembra essere ancora ilproblema odierno.

non malediciamo al passato,se non quando c'incontriamoin uomini, i quali s'ostinano afarne presente, e quel ch'èpeggio, avvenire».

Nella prospettiva mazzi-niana un'Italia vecchia, rasse-gnata a diverse monarchie ealla dominazione, a ridotte li-bertà e partecipazione civili,doveva esser scalzata dallagiovine. E giovani furono iCarlo Pisacane che dal meri-dione salirono nel Lombardo-Veneto per battersi senza«speranza di premio», macon in testa l'eventualità diun sacrificio che ridestassegli animi; giovani i fratelli Ca-iroli, Nino Bixio e LucianoManara coi bersaglieri, Emi-lio Morosini, i Dandolo e iBandiera, Ippolito Nievo.

Servirebbero pagine peronorare le vite di costoro edei loro compari, ma qui pos-so rammentare che il gesto -quel movimento e quella con-traddizione, non mera conte-stazione - che diede unità alPaese fu attuato da giovina-stri anneriti da un velo dibarba che andarono per lostivale richiamati dai motidel primo Ottocento, dal so-gno vero benché subitoschiantato della RepubblicaRomana e da ogni successivabattaglia per conquistarequell'indipendenza che, spes-so, oggi si vorrebbe ricondur-re solo a maneggi tra elite epotenze straniere.

Gli storici si assumonol'onere di restituire luci e

ombre del Risorgimento,quest’anno abbondano lepubblicazioni, ma a me pre-me dire di chi calcava le viee fondeva in mescolanze ba-starde i dialetti. Erano gio-vani generosi che non si limi-tavano a seguire, solerti comecani fedeli, le icone del tempo- da Mazzini a Garibaldi. Ave-vano amici di letto ed amori,tristizie e lavori fra i quali bar-camenarsi, ma vollero lanciar-si - spesso letteralmente, in as-salti a baionetta - contro chinegava loro una promessa dicomunità, uno stato che ac-quisisse identità di nazione.

Speranza, s'intitola la poe-sia di Gozzano che ho piega-to all'uso, perché speranzaera ciò che animava queglistranieri divisi in stati, gran-ducati e ducati che battero-no la penisola con in bocca larivoluzione; incarnavano iticchi e il genio delle regioninatie, ne portavano con sé le

radici, ma anziché coltivarleper farne siepi che servisseroda divisori, da confini ulterio-ri, vollero pensarsi fratellid'Italia. Perché la terra, comevuole l'adagio indiano, non siriceve dai Padri, bensì si ha inprestito dai figli, e quei giova-ni, che spesso morirono primadi procreare, vedevano ciono-nostante i loro figli italiani.

Ecco il sogno del Risorgi-mento: la speranza di abitare,o quantomeno di garantire al-le generazioni future una ter-ra unita e di popolo, di maggio-ri diritti, istruzione e ferrovieche abbattessero le distanze,una nazione da non subire maalla quale partecipare col vo-to, nelle assemblee di governo,nella Guardia Civica.

Da qui, ne sono convinto,discende la memoria geneticache abbiamo in corpo. Laggiùsiamo nati e da laggiù muove

l'istinto di affermare chechiunque, se il presente strito-la, può esigerlo diverso. Perquesto fraternizziamo coi libi-ci e gli egiziani, e per questova rifiutato il distacco che fadel Risorgimento un momen-to di sbadiglio scolastico. Tuf-fandoci nei nostri anni di fon-dazione vedremo chi erava-mo, forse capiremo chi siamo,senz'altro sentiremo più ine-luttabile la domanda: l'Italiadi oggi va verso il sogno chenoi figli abbiamo affidato ai no-stri padri contemporanei, e inostri figli a noi?

Poiché se quella promessadi terra si sta sfuocando, ilcompleanno dell'Italia unita èl'occasione per recuperare ilsenso primigenio del Risorgi-mento e farsi cassa di risonan-za di quel sentimento vivifican-te della gioventù che precedeogni declinazione politica; in-vece di rassegnarsi, si può al-zare la testa come germogli econtrastare la pena che si pro-va dinanzi a un fusto morente.I giovani del Risorgimento lofecero. Si affidarono al cari-sma di valorosi generali e all'astuzia dei politici, beninteso,ma i «grandi» della svolta epi-ca della nostra storia naziona-le nulla avrebbero ottenuto, senon avessero potuto attingereall'edificante coraggio dellagioventù di allora.

Perciò auguri, giovine Ita-lia. Non invecchieremo se re-clameremo per i figli di doma-ni un Paese solidale, a misuraloro. Vien voglia d'un tuffo an-che se non è ancora stagione,col tricolore a mo' di mantello.Perché un Paese non vive disoli simboli e memoria, ma neabbisogna per non dimentica-re. Per guardarsi meglio den-tro e dattorno.

Ritratti Scrittori, artisti, musicistida Foscolo a Verdi: un’ansia di libertà

150 ANNI ATTRAVERSO LE CANZONI POPOLARI

Pane, rose e libertà= Un secolo e mezzo di musica popolare, sociale e diprotesta. Da Garibaldi fu ferito a Fischia il vento, da Addiobella addio a Sentite buona gente, da «L’attentato aTogliatti» a Valle Giulia, da Morti di Reggio Emilia a Contessa.Cesare Bermani, storico e studioso delle tradizioni popolari,racconta in Pane, rose e libertà (Bur Rizzoli) le canzoni chehanno fatto l’Italia. Ottantasei motivi, per ciascuno unadettagliata scheda. Un cofanetto a € 24,90 con libro (pp.200) e tre cd (editi anche a parte da Ala Bianca).Un’operazione culturale che naturalmente riconduce allastagione di Cantacronache e del Nuovo Canzoniere Italiano.

FRANCESCODE SANCTIS

Tra giovinezza ed elezioni= Primo ministro della Pubblica Istruzione nell’Italia Unita,Francesco De Sanctis nacque a Motta Irpina nel 1817. In Lagiovinezza (riproposto dagli Editori Riuniti, intr. e note a curadi Francesco De Nicola, pp. 307, € 9,90), lo storico e criticodella letteratura italiana ripercorre i napoletani anni di prova,l’età della sua formazione. Maturando la consapevolezza che«la forza è il rilievo della chiarezza, e si ottiene mediante ilparallelismo o il contrasto o l’urto delle idee, che ti fannobalzare innanzi una nuova idea improvvisa...». Di De Sanctistorna anche, da Passigli, Un viaggio elettorale, documentodelle condizioni del Sud nel 1875 (pp. 208, € 12).

GIOVANNIDE LUNA

Lo stivale di Garibal-di ferito sull’Aspromonte il29 agosto 1862 fu raccolto dalvolontario Rocco Ricci Gra-mitto di Girgenti e da lui stes-so conservato «come una sa-cra reliquia». Almeno così re-cita la didascalia di una fotoscattata dai torinesi fratelliBernieri. Sarà il «vero» stiva-le? A essere certamente falsaè un’altra fotografia, purequella legata alla ferita e al-l’Aspromonte. In questo casoil piede offeso è in bella evi-denza e sulla camicia di Gari-baldi è appuntata una sfilzadi medaglie, compresa quellaconcessa ai «reduci dell’im-presa dei Mille» che il genera-le non indossò mai. E infattisi tratta solo di un sosia, nem-meno tanto somigliante. Fal-sa questa foto. False moltedelle foto di briganti (si chie-se ai contadini del Sud di met-tersi in posa «come se fosse-ro» briganti). E falsa anchel’immagine della regina Sofiadi Borbone, l’eroina della resi-stenza contro i piemontesi aGaeta, ritratta nuda.

Una valanga di falsi, dun-que inonda il bel libro di Mar-co Pizzo Lo stivale di Garibal-di. Il Risorgimento in fotogra-

fia. Perché? Perché il nostroRisorgimento coincise congli albori della fotografia equesta, per intenderci, nonpoteva minimamente compe-tere con la pittura. Per il suoingombro (una macchina fo-tografica pesava più di trentachili) e per le rudimentali tec-nologie, alla fotografia erapreclusa l’immediatezza del-la battaglia, la vivacità dellavita in diretta.

E’ così, ad esempio, per lefoto di Stefano Lecchi scatta-

te nel luglio 1849 dopo la cadu-ta della Repubblica Romanache - forse a dispetto di quantosi riprometteva l’autore checon quelle immagini di rovinebelliche intendeva ringraziare

i francesi per il loro aiuto al Pa-pa - diventarono per tutti la te-stimonianza dell’eroica difesadi Roma da parte dei patriotirepubblicani. Ed è così perquelle foto di Gustave Le Gray,

Victor Laisnè e Eugène Sevai-stre che mostrano le barricatedi Palermo insorta all’arrivodei Mille. Senza la possibilitàdell’«istantanea», si trattavadi una fotografia «monumenta-

le» che finiva con attribuire al-le guerre del Risorgimento glistessi tratti estetici con cui i«vedutisti» raccontavano allo-ra il paesaggio italiano.

Non ci sono morti nelle fo-

tografie delle guerre risorgi-mentali: i cadaveri di Gaeta so-no finti, messi in posa da Eugè-ne Sevaistre che riprese i restidella cittadella subito dopo laresa borbonica (13 febbraio1861). Ci sono invece i morti,tantissimi, del «brigantag-gio». In quei cadaveri di bri-ganti messi in scena davanti alfotografo, il nemico uccisonon è quello delle guerre sim-metriche, del rispetto delle re-gole, della reciprocità dei com-portamenti. E’ un trofeo dicaccia da esibire.

Niente a che vedere, insom-ma, con i grandi cicli pittoricidel Risorgimento, con il pathosracchiuso nelle le immaginisimboliche dell’Italia piangen-te o in fase di riscatto (France-sco Hayez), nel Balilla (EmilioBusi e Luigi Asioli), ne Il carabi-niere reale Giambattista Scapac-cino (Francesco Gonin). Tuttoil nostro Risorgimento, dallecospirazioni degli Anni 30 alleguerre di indipendenza, potèavvalersi dei quadri di Gerola-mo Induno, ma anche di Anto-nio Puccinelli, di FrancescoNetti, di Giulio Gorra e altri.Mentre Eleuterio Pagliano, Do-menico Induno, lo stesso Gero-lamo Induno, Filippo Palizzi,Angelo Migliaccio, DomenicoRusso, Vincenzo Cabianca fu-rono poi eccellenti interpretidell’epopea garibaldina.

Sono quadri vibranti, cheracchiudono nei loro colori lapassione di autori che eranopittori ma che erano anzitut-

to patrioti che credevano nelloro lavoro come credevanonell’Unità d’Italia. Lontaniquindi dalla freddezza profes-sionale di quei primi fotografidi mestiere.

La loro era una fotografiaaffollata per forza di cose di po-se e di ritratti: Eppure... eppu-re proprio attraverso i ritrattianche la fotografia contribuìad avvicinare il pubblico ai pro-tagonisti del nostro Risorgi-mento, rendendo «popolari»Garibaldi e Mazzini, Cavour eVittorio Emanuele ma anche i«Mille» (nel 1861, nell’ Albumdei Mille furono raccolti le im-magini di quasi tutti i garibaldi-ni che parteciparono alla spedi-zione). E fu sempre attraversola fotografia che si dispiegòcompiutamente il tentativo dicasa Savoia di dare una nettaimpronta dinastica al progettodi «fare gli italiani», promuo-vendo una diffusione capillare

delle immagini della «FamigliaReale» (significative, ad esem-pio, quelle del torinese LuigiMontabone).

Le classi dirigenti dell’Italialiberale usarono la fotografiaper conoscere, controllare, gui-dare «dall’alto» la nuova Italia,attraverso un progetto centra-listico e pedagogico in un dise-gno in cui i cataloghi dei me-stieri, degli usi e dei costumi,dei monumenti e delle piazze,si intrecciano all’ossessionedelle foto segnaletiche utilizza-te dalle forze dell’ordine per se-parare normalità e devianza.Oggi si può valutare tutta l’im-portanza di quei «tipi umani»,delle vedute, dei paesaggi: fu-rono immagini che aiutarono a«immaginare» l’Italia in queidecenni quando era ancora im-possibile «conoscerla». Fuun’esperienza solo visiva, mapropedeutica a tutti i successi-vi progetti di «fare gli italiani».

ALBERTOM. BANTI

Alle origini della nazione= Autore del recente e discusso saggio Sublime madrenostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo(Laterza), Alberto M. Banti ripropone da Einaudi La nazionedel Risorgimento (pp. 213, € 22). Parentela, santità e onoresono le stimmate identificate dallo storico. Gli intellettualipatriottici faranno leva per affermare la loro visione su simbolie figure mutuati dal cristianesimo (il martirio, il sacrificio),dall’ordinamento cetuale (onore, castità, coraggio), dallafamiglia (l’idea della nazione - madre, la comunità nazionalecome comunità di fratelli). Banti è tra i curatori dell’Atlanteculturale del Risorgimento, in uscita da Laterza

EUGENIO TORELLI VIOLLIER

Il garibaldino della Sera= Fu una camicia rossa a inventare il giornale dellaborghesia italiana. Massimo Nava racconta via e avventure diEugenio Torelli Viollier: Il garibaldino che fece il Corrieredella Sera (Rizzoli, pp. 283, € 9,50). Originario di Napoli(1842), combattente al fianco del Generale, allievo(giornalisticamente) di Alexandre Dumas, marito dellamarchesa Colombi, varò il giornale di via Solferino il 5 marzo1876. Di lui resta, tra l’altro, la lezione di giornalismo chediede a Luigi Albertini arruolandolo: «Lei sa la differenza fraun piccolo e un grande giornale? Il grande giornale è quelloche pubblica anche le notizie che dispiacciono».

SANDROCAPPELLETTO

«Sì, sì, ancora pochianni, forse pochi mesi e l'Italiasarà libera, una, repubblicana.Tu mi parli di musica? Nonc'è, nè ci deve essere che unamusica grata alle orecchie de-gli Italiani del 1848. La musicadel cannone». Così GiuseppeVerdi, nella sua più celebre let-tera «patriottica».

In quello stesso anno, vienepubblicata a stampa Marzo 1821:«Oggi, o forti, sui volti baleni / ilfuror delle menti segrete / perl'Italia si pugna, vincete!/ il suofato sui brandi vi sta». I martel-lanti decasillabi dell'ode di Ales-sandro Manzoni - scritti al tem-po dei primi moti carbonari - astento si distinguono da um in-calzante coro d'opera. E duran-te le Cinque Giornate di MilanoManzoni non si tirò indietro,quando i concittadini, convenu-ti sotto le sue finestre, gli chiese-ro di comporre versi su quantostava accedendo.

Nel 1818, nel Discorso intornoalla poesia romantica, anche Gia-

como Leopardi si accendeva dipassione «italiana»: «Soccorrete,o Giovani italiani, alla patria vo-stra, date mano a questa afflitta egiacente, che ha sciagure moltopiù che non bisogna per muoverea pietà, non che i figli, i nemici. Fùpadrona del mondo...»

Biografia dopo biografia, dedi-cando a ciascuno dei dodici prota-gonisti scelti uno snello ritratto euna essenziale bibliografia, alter-nando citazioni dalle opere a epi-sodi pubblici e privati, il volume apiù firme di Donzelli, Vite perl’Unità , a cura di Beatrice Alfon-zetti e Silvia Tatti, riesce nell'in-

tento di dimostrare che il Risorgi-mento è stato un progetto colletti-vo, diffuso, non élitario, capace dicoinvolgere artisti e intellettuali,condizionando le loro scelteespressive. Tra barricate e salot-ti, tra attori patrioti (Gustavo Mo-dena fra tutti) e principesse comeCristina Belgiojoso Trivulzio (lamilanese famiglia del cosiddetto«albergo dei poveri»), che in pri-ma persona sostengono la causa.

Il percorso è stato lunghissi-mo, se inizia con la passione giaco-bina di Ugo Foscolo, e con la delu-sione per la patria veneziana «tra-dita« da Napoleone - la prima edi-zione de Le ultime lettere di JacopoOrtis è del 1798 - per arrivare allanascita del Regno d'Italia del 1861,alla presa di Porta Pia.

Nella sua tinta di fondo,Vite per

l'Unità si contrappone così a Noicredevamo, il film di Mario Marto-ne tratto dal romanzo (1967) di An-na Banti. All'afflitto disincanto delregista - il Risorgimento gli apparecome una cospirazione di pochi,spesso anche mediocri, e l'Italiache ne è uscita è un paese devasta-to - risponde qui una polifonia di in-telligenze e attitudini. Tra le quali,spicca la personalità del professo-re di grammatica, storico, econo-mista e politico favorevole agli«Stati Uniti d'Italia», Carlo Catta-neo. Tra i musicisti, oltre a Verdi fi-gura la cantante Maria Malibran(forse si poteva scegliere una figu-ra più rappresentativa) e GaetanoDonizetti, nel quale Antonio Rosta-gno individua «il principale antici-patore del fenomeno Verdi, a suavolta inconcepibile senza questonecessario precedente». GiuseppeMazzini, scrivendo nel 1836 Filoso-fia della musica, indica in lui «l'uni-co il cui ingegno altamente pro-gressivo riveli tendenze rigenera-trici». Ma già nel rossiniano Gugliel-mo Tell, come nei Puritani di Belli-ni, palpitava un'ansia di libertà e in-dipendenza.Loro credevano.

ALESSANDRO MARI

Da Solferino a Gaetaanche i morti erano finti

Già Proudhon sbottava«Finiamola con l’Italia»e Gramsci lanciavail suo j’accuse controil feroce Stato borghese

Tra coloni,lazzaronie terzomondisti

Per Zitara, il Meridioneinventato e sfruttatodai «toscopadani» potràliberarsi solo in un’ottica«internazionale»

I PROTAGONISTI RACCONTANO

Uomini, battaglie, ricordi= Il Risorgimento visto dai suoi protagonisti. Tiracconto l’Italia è un’antologia di testimonianzedirette adunate da Riccardo Reim per l’editoreCastelvecchi (pp. 444, € 24). Da Giuseppe Mazzini («Ilgiuramento della Giovine Italia») all’inno di GoffredoMameli, dalle C inque giornate di Milano secondo CarloCattaneo al racconto mensile, «Il tamburino sardo», diEdmondo De Amicis, dalle «Prigioni» di Silvio Pellico al«Grido di dolore» di Vittorio Emanuele II, dai fratelliCairoli di Felice Cavallotti al «Ricordo dei Mille» diGaribaldi. La Storia scolpita nelle parole

Italia forevergiovane e forte

pp Marco Pizzo

p LO STIVALE DI GARIBALDI

Il Risorgimento in fotografia

p Mondadori

p pp. 179, € 35

LETTERATURA E RISORGIMENTO

Da Alfieri al carduccianesimo= Letteratura e Risorgimento. Marino Biondi, per leEdizioni di Storia e Letteratura, ripercorre in due volumi(ciascuno € 48) La tradizione della Patria. Nel primo , glistudi vanno da Vittorio Alfieri a Ferdinando Martini. Nelsecondo ci si sofferma, in particolare, su «carduccianesimo estoria d’Italia». Sempre per lo stesso editore, di MariaSilviaTatti, Il Risorgimento dei letterati (pp. 214, € 28), ovverocome ha influito la letteratura nel processo risorgimentale?Qual è stato il contributo di scrittori e critici alla definizione diun’identità nazionale? E quale immagine dell’Italia emergedalla riflessione letteraria dei contemporanei?

pp Nicola Zitarap L'INVENZIONE DEL MEZZO-

GIORNO. Una storia finanziariap Jaca Book, pp. 479, € 32p L'UNITÀ D'ITALIAp Jaca Book, pp. 153, € 16p Antonio Gramscip IL RISORGIMENTO

E L'UNITÀ D'ITALIAp Donzelli, pp. 203, € 9,50p Pierre-Joseph Proudhonp CONTRO L'UNITÀ D'ITALIAp Miraggi, pp. 122, € 16

pp Autori Varip VITE PER L'UNITÀp Artisti e scrittori del Risorgimento

civilep Donzelli, pp. 195, € 17

Nord/Sud La questione meridionalecon antiche e nuove interpretazioni

Vittorio Emanuele II durante una battuta di caccia in Valsavaranche

Un’arte che agli alborinon poteva competerecon la vibrante pitturapatriottica, da Hayeza Gonin, a Cabianca

Segue da pag. I

Nell’album «Lo stivaledi Garibaldi»le immagini per far«immaginare» l’Italiaa chi non la conosceva

Ognuno portavale radici della propriaregione, ma nessunole coltivò per farneconfini, siepi divisorie

«Il brigante Tinna», immagine tratta da «Lo stivale di Garibaldi»

Una antologia di «vite»per raccontare comeil progetto di un’Italiaunita si trasmisedalle élites al popolo

Da Pisacane ai fratelliCairoli, da Manaraa Nievo e Bixio, tuttisi batterono senza«speranza di premio»

Filippo Lais«Ritratto di

donnaraffiguranteun’allegoriadell’Italia»:

un’altra fototratta da «Lo

stivale diGaribaldi»,

esempiodella retorica

visiva delRisorgimento

Eugenio Torelli ViollierEdmondo De Amicis

Eran quelli checi credevano

p

Uno tra i più celebri falsi della fotografia risorgimentale: un sosia in posa per interpretare Garibaldi, ferito nel 1862 sull’Aspromonte

Incontri e scontriVITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA VII

Page 7: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.05

Fotografia del Risorgimento Si inventò monumentali e fredde messe in scenae fabbricò una valanga di falsi, come il sosia del Generale ferito in Aspromonte

ANGELOD’ORSI

«Lo Stato borgheseitaliano si è formato per laspinta di nuclei capitalisticidell’Italia settentrionale chevolevano unificare il sistemadei rapporti di proprietà e discambio del mercato naziona-le suddiviso in una molteplici-tà di staterelli regionali e pro-vinciali. Fino all'avvento dellaSinistra al potere, lo Stato ita-liano ha dato il suffragio soloalla classe proprietaria, è sta-to una dittatura feroce che hamesso a ferro e a fuoco l'Italiameridionale e le isole, crocifig-gendo, squartando, seppellen-do vivi i contadini poveri chegli scrittori salariati tentaro-no infamare col marchio di“briganti”».

Così Antonio Gramsci, nel1920, sull'edizione piemontesedell’Avanti!, affrontava, in sin-tesi estrema, e certo giornali-sticamente semplificatoria, ilproblema della unificazione:che non fu una fusione, ma,

questo lo abbiamo imparatoda tempo, un'annessione delSud da parte del Piemonte. Iltema di cui si dibatte oggi, fratroppe parole in libertà (e mol-ti gesti inconsulti), è se quellaunificazione sia stata a som-ma positiva o negativa; e perquale delle «due Italie». In-somma, il Sud ci ha guadagna-to? Il Nord ci ha perso? È sta-to il Mezzogiorno, come si sen-te ripetere, «la palla al piede»,oppure è stata terra di conqui-sta per i «piemontesi»?

Pullulano, prodotti dellospirito del tempo, libelli anti-unitari, talora animati da nobi-li intenzioni di riscatto moraleper il popolo meridionale; manulla di nuovo sotto il sole, sefacciamo caso, per esempio, aquanto scriveva, tra il 1862 e il1864, il teorico socialista fran-cese Proudhon, il quale critica-va l'appena raggiunta unità,affermando che l'Italia era esarebbe rimasta divisa, per lasua storia così frammentata:al più si sarebbe potuto pensa-re a una situazione federativa,ma ormai era tardi, e «dopoun letargo di tre secoli», il Pae-se non aveva energie sufficien-ti, e allora, «Finiamola conl'Italia. Che venga cancellatadal novero delle potenze e del-le nazionalità».

Facciamo un salto di un se-colo e mezzo, e arriviamo al se-misconosciuto Nicola Zitara,esponente di quella intellet-tualità meridionale, apparta-ta quanto operosa, un giornali-sta con vivo senso della storia,mancato sul finire del 2010.Ora si ripubblica il suo piccolo«classico», che nel sottotitoloparla senza infingimenti di«Nascita di una colonia». SeProudhon riteneva che l'Italiafosse un'invenzione, per Zita-

ra (si parva licet) è il Mezzogior-no l'invenzione (e qui mi riferi-sco alla ponderosa opera di cuil'autore non ha potuto vedere lapubblicazione), e dunque laQuestione Meridionale è statacreata dal Settentrione che, co-

me afferma l'autore, se si guar-da alle campagne, non stavacerto meglio: L'albero degli zoc-coli, il bel film di Ermanno Olmi,ritrae un quadro desolante, am-bientato nella Bassa Padana!Ciò che Zitara cerca di faremergere dalle sue ricerche èche il Sud ha pagato, in terminidi sviluppo frenato e di ricchez-za sottratta, un prezzo elevato abeneficio della «Toscopadana»:

dico «cerca di far emergere»perché il suo è un classico lavo-ro a tesi. Ciononostante, le os-servazioni e i dati forniti sonodegni di attenzione, e l’autore facapire chiaramente di non esse-re antiunitario, come Proudhono i nuovi paladini di un Nordoperoso appesantito da un Sudpopolato di lazzaroni, che passa-no «la loro giornata a rubacchia-re e a godersi il sole con una chi-tarra in mano».

Polemiche a parte, Zitara an-tigramscianamente ritiene cheNord e Sud siano inconciliabili,non solo perché l'uno colonizzae opprime l'altro, ma per le lorocaratteristiche storiche, sociali,economiche; il rapporto è e ri-mane quello tra nazione sfrutta-trice e colonia: il Sud non è Ita-lia, è «terzo mondo» sottopostoa saccheggio permanente, enon sarà certo il proletariato ur-bano del Nord («asservito al ca-pitalismo») a salvarlo, ma solol'inserimento in un moto inter-nazionale di liberazione adot-tando precisamente l'ottica ter-zomondista.

Ottica originale, per la lettu-ra del Sud, almeno in parte, masiamo convinti che sia la più ido-nea a capire, o, come invitavaGramsci, a «spiegare» la que-stione meridionale? Che va col-locata come ogni problema sto-rico in un quadro ampio di rife-rimento e di contesto, il che sipuò fare, per esempio, con l' agi-le libro di Salvatore Lupo, Il pas-sato del nostro presente. Il lungoOttocento 1776-1913 (Laterza)che rende il quadro, come tutti ilavori di questo storico (sicilia-no, mentre Zitara è calabrese),problematico, e ci mostra sì dueItalie, ma in un contesto di piùItalie, diverse per economia ecultura, e tutte distanti daglistandard dell’Europa avanzata.Che sembra essere ancora ilproblema odierno.

non malediciamo al passato,se non quando c'incontriamoin uomini, i quali s'ostinano afarne presente, e quel ch'èpeggio, avvenire».

Nella prospettiva mazzi-niana un'Italia vecchia, rasse-gnata a diverse monarchie ealla dominazione, a ridotte li-bertà e partecipazione civili,doveva esser scalzata dallagiovine. E giovani furono iCarlo Pisacane che dal meri-dione salirono nel Lombardo-Veneto per battersi senza«speranza di premio», macon in testa l'eventualità diun sacrificio che ridestassegli animi; giovani i fratelli Ca-iroli, Nino Bixio e LucianoManara coi bersaglieri, Emi-lio Morosini, i Dandolo e iBandiera, Ippolito Nievo.

Servirebbero pagine peronorare le vite di costoro edei loro compari, ma qui pos-so rammentare che il gesto -quel movimento e quella con-traddizione, non mera conte-stazione - che diede unità alPaese fu attuato da giovina-stri anneriti da un velo dibarba che andarono per lostivale richiamati dai motidel primo Ottocento, dal so-gno vero benché subitoschiantato della RepubblicaRomana e da ogni successivabattaglia per conquistarequell'indipendenza che, spes-so, oggi si vorrebbe ricondur-re solo a maneggi tra elite epotenze straniere.

Gli storici si assumonol'onere di restituire luci e

ombre del Risorgimento,quest’anno abbondano lepubblicazioni, ma a me pre-me dire di chi calcava le viee fondeva in mescolanze ba-starde i dialetti. Erano gio-vani generosi che non si limi-tavano a seguire, solerti comecani fedeli, le icone del tempo- da Mazzini a Garibaldi. Ave-vano amici di letto ed amori,tristizie e lavori fra i quali bar-camenarsi, ma vollero lanciar-si - spesso letteralmente, in as-salti a baionetta - contro chinegava loro una promessa dicomunità, uno stato che ac-quisisse identità di nazione.

Speranza, s'intitola la poe-sia di Gozzano che ho piega-to all'uso, perché speranzaera ciò che animava queglistranieri divisi in stati, gran-ducati e ducati che battero-no la penisola con in bocca larivoluzione; incarnavano iticchi e il genio delle regioninatie, ne portavano con sé le

radici, ma anziché coltivarleper farne siepi che servisseroda divisori, da confini ulterio-ri, vollero pensarsi fratellid'Italia. Perché la terra, comevuole l'adagio indiano, non siriceve dai Padri, bensì si ha inprestito dai figli, e quei giova-ni, che spesso morirono primadi procreare, vedevano ciono-nostante i loro figli italiani.

Ecco il sogno del Risorgi-mento: la speranza di abitare,o quantomeno di garantire al-le generazioni future una ter-ra unita e di popolo, di maggio-ri diritti, istruzione e ferrovieche abbattessero le distanze,una nazione da non subire maalla quale partecipare col vo-to, nelle assemblee di governo,nella Guardia Civica.

Da qui, ne sono convinto,discende la memoria geneticache abbiamo in corpo. Laggiùsiamo nati e da laggiù muove

l'istinto di affermare chechiunque, se il presente strito-la, può esigerlo diverso. Perquesto fraternizziamo coi libi-ci e gli egiziani, e per questova rifiutato il distacco che fadel Risorgimento un momen-to di sbadiglio scolastico. Tuf-fandoci nei nostri anni di fon-dazione vedremo chi erava-mo, forse capiremo chi siamo,senz'altro sentiremo più ine-luttabile la domanda: l'Italiadi oggi va verso il sogno chenoi figli abbiamo affidato ai no-stri padri contemporanei, e inostri figli a noi?

Poiché se quella promessadi terra si sta sfuocando, ilcompleanno dell'Italia unita èl'occasione per recuperare ilsenso primigenio del Risorgi-mento e farsi cassa di risonan-za di quel sentimento vivifican-te della gioventù che precedeogni declinazione politica; in-vece di rassegnarsi, si può al-zare la testa come germogli econtrastare la pena che si pro-va dinanzi a un fusto morente.I giovani del Risorgimento lofecero. Si affidarono al cari-sma di valorosi generali e all'astuzia dei politici, beninteso,ma i «grandi» della svolta epi-ca della nostra storia naziona-le nulla avrebbero ottenuto, senon avessero potuto attingereall'edificante coraggio dellagioventù di allora.

Perciò auguri, giovine Ita-lia. Non invecchieremo se re-clameremo per i figli di doma-ni un Paese solidale, a misuraloro. Vien voglia d'un tuffo an-che se non è ancora stagione,col tricolore a mo' di mantello.Perché un Paese non vive disoli simboli e memoria, ma neabbisogna per non dimentica-re. Per guardarsi meglio den-tro e dattorno.

Ritratti Scrittori, artisti, musicistida Foscolo a Verdi: un’ansia di libertà

150 ANNI ATTRAVERSO LE CANZONI POPOLARI

Pane, rose e libertà= Un secolo e mezzo di musica popolare, sociale e diprotesta. Da Garibaldi fu ferito a Fischia il vento, da Addiobella addio a Sentite buona gente, da «L’attentato aTogliatti» a Valle Giulia, da Morti di Reggio Emilia a Contessa.Cesare Bermani, storico e studioso delle tradizioni popolari,racconta in Pane, rose e libertà (Bur Rizzoli) le canzoni chehanno fatto l’Italia. Ottantasei motivi, per ciascuno unadettagliata scheda. Un cofanetto a € 24,90 con libro (pp.200) e tre cd (editi anche a parte da Ala Bianca).Un’operazione culturale che naturalmente riconduce allastagione di Cantacronache e del Nuovo Canzoniere Italiano.

FRANCESCODE SANCTIS

Tra giovinezza ed elezioni= Primo ministro della Pubblica Istruzione nell’Italia Unita,Francesco De Sanctis nacque a Motta Irpina nel 1817. In Lagiovinezza (riproposto dagli Editori Riuniti, intr. e note a curadi Francesco De Nicola, pp. 307, € 9,90), lo storico e criticodella letteratura italiana ripercorre i napoletani anni di prova,l’età della sua formazione. Maturando la consapevolezza che«la forza è il rilievo della chiarezza, e si ottiene mediante ilparallelismo o il contrasto o l’urto delle idee, che ti fannobalzare innanzi una nuova idea improvvisa...». Di De Sanctistorna anche, da Passigli, Un viaggio elettorale, documentodelle condizioni del Sud nel 1875 (pp. 208, € 12).

GIOVANNIDE LUNA

Lo stivale di Garibal-di ferito sull’Aspromonte il29 agosto 1862 fu raccolto dalvolontario Rocco Ricci Gra-mitto di Girgenti e da lui stes-so conservato «come una sa-cra reliquia». Almeno così re-cita la didascalia di una fotoscattata dai torinesi fratelliBernieri. Sarà il «vero» stiva-le? A essere certamente falsaè un’altra fotografia, purequella legata alla ferita e al-l’Aspromonte. In questo casoil piede offeso è in bella evi-denza e sulla camicia di Gari-baldi è appuntata una sfilzadi medaglie, compresa quellaconcessa ai «reduci dell’im-presa dei Mille» che il genera-le non indossò mai. E infattisi tratta solo di un sosia, nem-meno tanto somigliante. Fal-sa questa foto. False moltedelle foto di briganti (si chie-se ai contadini del Sud di met-tersi in posa «come se fosse-ro» briganti). E falsa anchel’immagine della regina Sofiadi Borbone, l’eroina della resi-stenza contro i piemontesi aGaeta, ritratta nuda.

Una valanga di falsi, dun-que inonda il bel libro di Mar-co Pizzo Lo stivale di Garibal-di. Il Risorgimento in fotogra-

fia. Perché? Perché il nostroRisorgimento coincise congli albori della fotografia equesta, per intenderci, nonpoteva minimamente compe-tere con la pittura. Per il suoingombro (una macchina fo-tografica pesava più di trentachili) e per le rudimentali tec-nologie, alla fotografia erapreclusa l’immediatezza del-la battaglia, la vivacità dellavita in diretta.

E’ così, ad esempio, per lefoto di Stefano Lecchi scatta-

te nel luglio 1849 dopo la cadu-ta della Repubblica Romanache - forse a dispetto di quantosi riprometteva l’autore checon quelle immagini di rovinebelliche intendeva ringraziare

i francesi per il loro aiuto al Pa-pa - diventarono per tutti la te-stimonianza dell’eroica difesadi Roma da parte dei patriotirepubblicani. Ed è così perquelle foto di Gustave Le Gray,

Victor Laisnè e Eugène Sevai-stre che mostrano le barricatedi Palermo insorta all’arrivodei Mille. Senza la possibilitàdell’«istantanea», si trattavadi una fotografia «monumenta-

le» che finiva con attribuire al-le guerre del Risorgimento glistessi tratti estetici con cui i«vedutisti» raccontavano allo-ra il paesaggio italiano.

Non ci sono morti nelle fo-

tografie delle guerre risorgi-mentali: i cadaveri di Gaeta so-no finti, messi in posa da Eugè-ne Sevaistre che riprese i restidella cittadella subito dopo laresa borbonica (13 febbraio1861). Ci sono invece i morti,tantissimi, del «brigantag-gio». In quei cadaveri di bri-ganti messi in scena davanti alfotografo, il nemico uccisonon è quello delle guerre sim-metriche, del rispetto delle re-gole, della reciprocità dei com-portamenti. E’ un trofeo dicaccia da esibire.

Niente a che vedere, insom-ma, con i grandi cicli pittoricidel Risorgimento, con il pathosracchiuso nelle le immaginisimboliche dell’Italia piangen-te o in fase di riscatto (France-sco Hayez), nel Balilla (EmilioBusi e Luigi Asioli), ne Il carabi-niere reale Giambattista Scapac-cino (Francesco Gonin). Tuttoil nostro Risorgimento, dallecospirazioni degli Anni 30 alleguerre di indipendenza, potèavvalersi dei quadri di Gerola-mo Induno, ma anche di Anto-nio Puccinelli, di FrancescoNetti, di Giulio Gorra e altri.Mentre Eleuterio Pagliano, Do-menico Induno, lo stesso Gero-lamo Induno, Filippo Palizzi,Angelo Migliaccio, DomenicoRusso, Vincenzo Cabianca fu-rono poi eccellenti interpretidell’epopea garibaldina.

Sono quadri vibranti, cheracchiudono nei loro colori lapassione di autori che eranopittori ma che erano anzitut-

to patrioti che credevano nelloro lavoro come credevanonell’Unità d’Italia. Lontaniquindi dalla freddezza profes-sionale di quei primi fotografidi mestiere.

La loro era una fotografiaaffollata per forza di cose di po-se e di ritratti: Eppure... eppu-re proprio attraverso i ritrattianche la fotografia contribuìad avvicinare il pubblico ai pro-tagonisti del nostro Risorgi-mento, rendendo «popolari»Garibaldi e Mazzini, Cavour eVittorio Emanuele ma anche i«Mille» (nel 1861, nell’ Albumdei Mille furono raccolti le im-magini di quasi tutti i garibaldi-ni che parteciparono alla spedi-zione). E fu sempre attraversola fotografia che si dispiegòcompiutamente il tentativo dicasa Savoia di dare una nettaimpronta dinastica al progettodi «fare gli italiani», promuo-vendo una diffusione capillare

delle immagini della «FamigliaReale» (significative, ad esem-pio, quelle del torinese LuigiMontabone).

Le classi dirigenti dell’Italialiberale usarono la fotografiaper conoscere, controllare, gui-dare «dall’alto» la nuova Italia,attraverso un progetto centra-listico e pedagogico in un dise-gno in cui i cataloghi dei me-stieri, degli usi e dei costumi,dei monumenti e delle piazze,si intrecciano all’ossessionedelle foto segnaletiche utilizza-te dalle forze dell’ordine per se-parare normalità e devianza.Oggi si può valutare tutta l’im-portanza di quei «tipi umani»,delle vedute, dei paesaggi: fu-rono immagini che aiutarono a«immaginare» l’Italia in queidecenni quando era ancora im-possibile «conoscerla». Fuun’esperienza solo visiva, mapropedeutica a tutti i successi-vi progetti di «fare gli italiani».

ALBERTOM. BANTI

Alle origini della nazione= Autore del recente e discusso saggio Sublime madrenostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo(Laterza), Alberto M. Banti ripropone da Einaudi La nazionedel Risorgimento (pp. 213, € 22). Parentela, santità e onoresono le stimmate identificate dallo storico. Gli intellettualipatriottici faranno leva per affermare la loro visione su simbolie figure mutuati dal cristianesimo (il martirio, il sacrificio),dall’ordinamento cetuale (onore, castità, coraggio), dallafamiglia (l’idea della nazione - madre, la comunità nazionalecome comunità di fratelli). Banti è tra i curatori dell’Atlanteculturale del Risorgimento, in uscita da Laterza

EUGENIO TORELLI VIOLLIER

Il garibaldino della Sera= Fu una camicia rossa a inventare il giornale dellaborghesia italiana. Massimo Nava racconta via e avventure diEugenio Torelli Viollier: Il garibaldino che fece il Corrieredella Sera (Rizzoli, pp. 283, € 9,50). Originario di Napoli(1842), combattente al fianco del Generale, allievo(giornalisticamente) di Alexandre Dumas, marito dellamarchesa Colombi, varò il giornale di via Solferino il 5 marzo1876. Di lui resta, tra l’altro, la lezione di giornalismo chediede a Luigi Albertini arruolandolo: «Lei sa la differenza fraun piccolo e un grande giornale? Il grande giornale è quelloche pubblica anche le notizie che dispiacciono».

SANDROCAPPELLETTO

«Sì, sì, ancora pochianni, forse pochi mesi e l'Italiasarà libera, una, repubblicana.Tu mi parli di musica? Nonc'è, nè ci deve essere che unamusica grata alle orecchie de-gli Italiani del 1848. La musicadel cannone». Così GiuseppeVerdi, nella sua più celebre let-tera «patriottica».

In quello stesso anno, vienepubblicata a stampa Marzo 1821:«Oggi, o forti, sui volti baleni / ilfuror delle menti segrete / perl'Italia si pugna, vincete!/ il suofato sui brandi vi sta». I martel-lanti decasillabi dell'ode di Ales-sandro Manzoni - scritti al tem-po dei primi moti carbonari - astento si distinguono da um in-calzante coro d'opera. E duran-te le Cinque Giornate di MilanoManzoni non si tirò indietro,quando i concittadini, convenu-ti sotto le sue finestre, gli chiese-ro di comporre versi su quantostava accedendo.

Nel 1818, nel Discorso intornoalla poesia romantica, anche Gia-

como Leopardi si accendeva dipassione «italiana»: «Soccorrete,o Giovani italiani, alla patria vo-stra, date mano a questa afflitta egiacente, che ha sciagure moltopiù che non bisogna per muoverea pietà, non che i figli, i nemici. Fùpadrona del mondo...»

Biografia dopo biografia, dedi-cando a ciascuno dei dodici prota-gonisti scelti uno snello ritratto euna essenziale bibliografia, alter-nando citazioni dalle opere a epi-sodi pubblici e privati, il volume apiù firme di Donzelli, Vite perl’Unità , a cura di Beatrice Alfon-zetti e Silvia Tatti, riesce nell'in-

tento di dimostrare che il Risorgi-mento è stato un progetto colletti-vo, diffuso, non élitario, capace dicoinvolgere artisti e intellettuali,condizionando le loro scelteespressive. Tra barricate e salot-ti, tra attori patrioti (Gustavo Mo-dena fra tutti) e principesse comeCristina Belgiojoso Trivulzio (lamilanese famiglia del cosiddetto«albergo dei poveri»), che in pri-ma persona sostengono la causa.

Il percorso è stato lunghissi-mo, se inizia con la passione giaco-bina di Ugo Foscolo, e con la delu-sione per la patria veneziana «tra-dita« da Napoleone - la prima edi-zione de Le ultime lettere di JacopoOrtis è del 1798 - per arrivare allanascita del Regno d'Italia del 1861,alla presa di Porta Pia.

Nella sua tinta di fondo,Vite per

l'Unità si contrappone così a Noicredevamo, il film di Mario Marto-ne tratto dal romanzo (1967) di An-na Banti. All'afflitto disincanto delregista - il Risorgimento gli apparecome una cospirazione di pochi,spesso anche mediocri, e l'Italiache ne è uscita è un paese devasta-to - risponde qui una polifonia di in-telligenze e attitudini. Tra le quali,spicca la personalità del professo-re di grammatica, storico, econo-mista e politico favorevole agli«Stati Uniti d'Italia», Carlo Catta-neo. Tra i musicisti, oltre a Verdi fi-gura la cantante Maria Malibran(forse si poteva scegliere una figu-ra più rappresentativa) e GaetanoDonizetti, nel quale Antonio Rosta-gno individua «il principale antici-patore del fenomeno Verdi, a suavolta inconcepibile senza questonecessario precedente». GiuseppeMazzini, scrivendo nel 1836 Filoso-fia della musica, indica in lui «l'uni-co il cui ingegno altamente pro-gressivo riveli tendenze rigenera-trici». Ma già nel rossiniano Gugliel-mo Tell, come nei Puritani di Belli-ni, palpitava un'ansia di libertà e in-dipendenza.Loro credevano.

ALESSANDRO MARI

Da Solferino a Gaetaanche i morti erano finti

Già Proudhon sbottava«Finiamola con l’Italia»e Gramsci lanciavail suo j’accuse controil feroce Stato borghese

Tra coloni,lazzaronie terzomondisti

Per Zitara, il Meridioneinventato e sfruttatodai «toscopadani» potràliberarsi solo in un’ottica«internazionale»

I PROTAGONISTI RACCONTANO

Uomini, battaglie, ricordi= Il Risorgimento visto dai suoi protagonisti. Tiracconto l’Italia è un’antologia di testimonianzedirette adunate da Riccardo Reim per l’editoreCastelvecchi (pp. 444, € 24). Da Giuseppe Mazzini («Ilgiuramento della Giovine Italia») all’inno di GoffredoMameli, dalle C inque giornate di Milano secondo CarloCattaneo al racconto mensile, «Il tamburino sardo», diEdmondo De Amicis, dalle «Prigioni» di Silvio Pellico al«Grido di dolore» di Vittorio Emanuele II, dai fratelliCairoli di Felice Cavallotti al «Ricordo dei Mille» diGaribaldi. La Storia scolpita nelle parole

Italia forevergiovane e forte

pp Marco Pizzo

p LO STIVALE DI GARIBALDI

Il Risorgimento in fotografia

p Mondadori

p pp. 179, € 35

LETTERATURA E RISORGIMENTO

Da Alfieri al carduccianesimo= Letteratura e Risorgimento. Marino Biondi, per leEdizioni di Storia e Letteratura, ripercorre in due volumi(ciascuno € 48) La tradizione della Patria. Nel primo , glistudi vanno da Vittorio Alfieri a Ferdinando Martini. Nelsecondo ci si sofferma, in particolare, su «carduccianesimo estoria d’Italia». Sempre per lo stesso editore, di MariaSilviaTatti, Il Risorgimento dei letterati (pp. 214, € 28), ovverocome ha influito la letteratura nel processo risorgimentale?Qual è stato il contributo di scrittori e critici alla definizione diun’identità nazionale? E quale immagine dell’Italia emergedalla riflessione letteraria dei contemporanei?

pp Nicola Zitarap L'INVENZIONE DEL MEZZO-

GIORNO. Una storia finanziariap Jaca Book, pp. 479, € 32p L'UNITÀ D'ITALIAp Jaca Book, pp. 153, € 16p Antonio Gramscip IL RISORGIMENTO

E L'UNITÀ D'ITALIAp Donzelli, pp. 203, € 9,50p Pierre-Joseph Proudhonp CONTRO L'UNITÀ D'ITALIAp Miraggi, pp. 122, € 16

pp Autori Varip VITE PER L'UNITÀp Artisti e scrittori del Risorgimento

civilep Donzelli, pp. 195, € 17

Nord/Sud La questione meridionalecon antiche e nuove interpretazioni

Vittorio Emanuele II durante una battuta di caccia in Valsavaranche

Un’arte che agli alborinon poteva competerecon la vibrante pitturapatriottica, da Hayeza Gonin, a Cabianca

Segue da pag. I

Nell’album «Lo stivaledi Garibaldi»le immagini per far«immaginare» l’Italiaa chi non la conosceva

Ognuno portavale radici della propriaregione, ma nessunole coltivò per farneconfini, siepi divisorie

«Il brigante Tinna», immagine tratta da «Lo stivale di Garibaldi»

Una antologia di «vite»per raccontare comeil progetto di un’Italiaunita si trasmisedalle élites al popolo

Da Pisacane ai fratelliCairoli, da Manaraa Nievo e Bixio, tuttisi batterono senza«speranza di premio»

Filippo Lais«Ritratto di

donnaraffiguranteun’allegoriadell’Italia»:

un’altra fototratta da «Lo

stivale diGaribaldi»,

esempiodella retorica

visiva delRisorgimento

Eugenio Torelli ViollierEdmondo De Amicis

Eran quelli checi credevano

p

Uno tra i più celebri falsi della fotografia risorgimentale: un sosia in posa per interpretare Garibaldi, ferito nel 1862 sull’Aspromonte

Incontri e scontriVITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA VII

Page 8: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.05

Arte Il Bel Paese, un’unità visivaprima ancora che politica: varietàdi figure e trionfo delle diversità

GIORGIOBOATTI

All’inizio del turismoitaliano c’è il Grand Tour. Espe-rienza culturale, pratica di vi-ta, ricognizione fuori dagli oriz-zonti domestici delle élite ari-stocratiche dell’Europa sette-centesca. Il «tourista» - ancheetimologicamente - viene allaluce con il Tour in Italia. Il turi-smo troverà lì le forme che loconnoteranno a lungo, proprionell’esplorazione che culminacon l’approdo a Roma e nelle al-tre tappe fondamentali disse-minate nella penisola.

Come ricostruisce Annun-ziata Berrino all’inizio della suaStoria del turismo in Italia, traviaggiatori e abitanti del BelPaese si attiva un’interazioneche durerà a lungo. Si estendedal Grand Tour sino alla bellafavola di Vacanze romane, il mi-tico film del 1953, con AudreyHepburn e Gregory Peck, chefissa il tradizionale canovacciodell’incontro tra i nostri compa-trioti, inconsapevoli e tuttavianavigati protagonisti della mes-sa in scena del vivere all’italia-na, e i viaggiatori stranieri.

Turisti attratti certamente

dalle bellezze artistiche, e dalpaesaggio spesso ineguagliabi-le, ma, anche, incantati dallanostra quotidianità, dalla dolcevita di un Paese che sembraagire su un palcoscenico. Nona caso la Dolce vita - l’icona cine-matografica di Federico Fellini- è del 1960, in contemporaneacon le Olimpiadi di Roma chevengono affannosamente pre-cedute, nel 1959, dall’istituzio-ne del ministero del Turismo.

E’ l’aprirsi di quegli AnniSessanta che vedono l’imporsidell’Italia come campione mon-diale di arrivi turistici (ora sia-mo al quinto posto) e primi, tratutti i Paesi europei, quanto adisponibilità di posti letto alber-

ghieri (e secondi nel mondo dopogli Stati Uniti). Il movimento fi-nanziario positivo generato dalturismo pareggia, sino agli AnniSettanta, il costo del disavanzoenergetico italiano.

Nello stesso decennio raddop-pia il numero degli italiani chevanno in vacanza: da cinque adieci milioni, diretti in gran par-te sui litorali adriatici, da Riminia Grado, e tirrenici. Sono spessoambienti paludosi bonificati nelVentennio e poi investiti, duran-te il boom economico da una

massiccia urbanizzazione cheproduce scempi e speculazioniinaudite nonché una distruzioneselvaggia di non pochi siti monu-mentali e paesaggistici che pureavevano fatto, e avrebbero dovu-to continuare a fare, da volano al-l’industria turistica nazionale.

La difesa del paesaggio ita-liano - vittima degli assalti diuna speculazione sempre piùvorace e di un’incultura che hapreso il potere - è al centro del-la ferma denuncia di uno stu-dioso come Salvatore Settis,

già presidente del Consiglio Su-periore dei Beni Culturali, auto-re di Paesaggio Costituzione Ce-mento. La battaglia per l’ambien-te contro il degrado civile.

Proprio le conseguenze diquesta stagione di degrado cultu-rale vengono ricostruite da GianAntonio Stella e Sergio Rizzocon la passione civile e la minu-ziosa documentazione dei loroprecedenti saggi, sempre pubbli-cati da Rizzoli, in Vandali. L’as-salto alle bellezze d’Italia. In uncerto senso i due giornalisti deli-neano il capitolo finale, il più sco-rato, di una vicenda - quella delnostro rapporto con le bellezzeartistiche e paesaggistiche e conla loro valorizzazione culturale eturistica - che è stata sempre in-trecciata ai passi fondamentalidella nostra storia nazionale.

Nonostante i ripetuti richia-mi da parte di chi ci governa sulprimato italiano quanto a posses-so di beni artistici, Vandali docu-menta il crollo degli stanziamen-ti (pari al 50% in meno, nel de-cennio 2001-2011) per la tuteladegli stessi da parte di quel mini-stero per i Beni e le Attività Cul-turali che ha finito con l’essere laCenerentola di tutti i dicasteri,con un peso politico - rispetto aquando fu affidato a figure comeSpadolini o Ronchey - del tuttoirrilevante. E con interventi deli-catissimi, su siti monumentali,culturali e archeologici di prima-ria importanza, rinviati sino al-l’inevitabile crollo.

Una situazione che per Stellae Rizzo è quasi scontata poichéla tipologia di classe dirigente ar-

ruolata nei Palazzi della Secon-da Repubblica registra, sul fron-te degli eletti in Parlamento inpossesso di una laurea, un crollodel 27% tra l’attuale legislatura ela prima. Dal 91,4% del 1948 sia-mo scesi, per quel poco che lelauree possono valere, al 64,6%.Mentre negli Usa, per esempio,si è saliti dall’88% al 94%.

Vandali sembra l’epilogo chenessuno può accettare a cuorleggero di un cammino, quelladella valorizzazione turistica emonumentale del Paese, che ha

coinvolto le varie generazioniche hanno fatto l’Italia unita. So-no coloro che realizzando i trafo-ri alpini, pianificando l’innervar-si delle linee ferroviarie lungo lapenisola e stimolando l’organiz-zazione su basi moderne del-l’ospitalità turistica, venivano ac-cusati dai nostalgici del GrandTour di togliere autenticità e sa-pore al viaggio in Italia.

In quei decenni la partita turi-stica era giocata pressoché tuttasu una clientela straniera. Tragli italiani erano pochissimi colo-ro che viaggiavano per piacere.Le vacanze, chi se le poteva per-mettere, le trascorreva in villa.Oppure le passava nelle localitàtermali dove il soggiorno era giu-stificato con motivazioni medi-che. Esattamente come accade-

va con le località di mare chemuovevano i primi passi, a parti-re dai pionieristici insediamentibalneari in Versilia, sotto l’egidadella talassoterapia. Scenari benlontani dalle cinque esse (Sea,Sun, Sand, Sex, Spirit ovveromare, sole, sabbia, sesso e alcol)dei trionfali Anni Sessanta.

Si era in un’Italia giolittianain cui i direttori d’albergo piùapprezzati erano ancora reclu-tati in Svizzera; nei ristorantigli chef venivano tutti, o finge-vano di venire, da Parigi; men-tre flussi ferroviari e navigazio-ne di lusso erano una faccendatutta inglese.

Mezzo secolo dopo, a metàdel Novecento, il turismo «ma-de in Italy» diventerà inveceuna delle perle di un boom,non solo economico ma cultu-rale e produttivo, giustamenteposto al centro delle celebra-zioni torinesi del primo secolodi unificazione. Tutt’altra sto-ria rispetto a quanto, cin-quant’anni dopo, viene raccon-tato, appunto, da Vandali. Eche sta sotto i nostri occhi.

([email protected])

IDEE E PROFILI

Tutti i nostri eroi= Il pensiero del Risorgimento: l’Eguaglianzasecondo Carlo Pisacane, la Repubblica secondoMazzini, il Federalismo secondo Cattaneo. Trevolumetti dell’editore Mimesi, ciascuno € 3,90.Un’iniziativa che si ricollega a quella di Dalai editore,dieci brevi biografie con scritti scelti dei nostri Padri(€ 3,90). Sono Cavour, Cattaneo, Crispi, D’Azeglio,Garibaldi, Gioberti, Mameli, Mazzini, Pellico e Pisacane.Come presentatore, Roberto Benigni: «Non li potevafermare nessuno, tutti, Mazzini, Cavour, Garibaldi,entravano nella politica e ne uscivano più poveri».

MARCOBELPOLITI

Lo stivale è la figurageografica che identifica lanostra penisola, e costitui-sce un'unità visiva prima an-cora che politica. Del resto,come è stato detto, aveva ra-gione Metternich, ministrodi Francesco Giuseppe,quando affermava che l'Ita-lia non è che un'espressionegeografica.

Da qui si deve partirequando si vuole verificarel'identità italiana nell’artedegli ultimi cinquant’anni,dal cambio di stagione degliAnni Sessanta (neoavan-guardie, concettualismo, ar-te povera) sino agli anni dop-pio zero del XXI secolo.

La forma dell’Italia è un'icona, forma estetica, persi-no archetipica, come scrive

Bartolomeo Pietromarchi inItalia in opera, ritratto delBel Paese attraverso le artivisive. Lo stivale è infatti«un frammento di mondo so-pra il quale è passata la Sto-ria, luogo d'incontri, scontri,incroci, diaspore, meticcia-ti». Un Paese, ha scritto unartista, Luciano Fabro, «permetà paradiso terreste e me-tà caos». Ed è stato proprioFabro a realizzare, a partiredal 1968, una serie, moltevolte citata, di opere intitola-te Italia rovesciata: la peniso-la appesa dalla punta cheruota dal soffitto a testa ingiù, cambiando di continuomateriale: oro, bronzo, pel-liccia, vetro; ma anche di-mensione, e in parte forma:breve e lunga, pesante e leg-gera, lucida e opaca.

A cosa allude questa im-magine, icona di un'icona?Pietromarchi suggerisceche si tratta di un paesaggiointeriore, di tentativi di dare

forma a qualcosa che l'artista«sente», e dunque vede. Ipote-si suggestiva, dal momentoche la forma a stivale del no-stro Paese, e non solo quella, ènell’arte che esamina il libroun paesaggio interiore, in for-za del fatto che la Penisola lo èdal punto di vista esteriore.

L'intera arte degli ultimicinquant’anni appare tesa adare una forma a questo ri-scontro sentimentale, rabbio-so o invece pacificato, che è ilconfronto con il paesaggioesteriore del Paese chiamatoItalia. Paese e non nazione,

dato che il secondo termineappare fortemente compro-messo col passato fascista, eanche risorgimentale, là do-ve il mito della Patria è un mi-to da combattere, da critica-re, oppure nelle nuove gene-razioni, ad esempio MaurizioCattelan, da irridere. In dueopere del 1994 di quest’arti-sta è evidente questa messain mora del logo-Italia: duetopi chiusi in una scatola diplexiglas rodono un interoformaggio Bel Paese Galba-ni; oppure: il logo formagge-sco della Galbani, che ha re-suscitato a sua volta l'operadell’abate Stoppani, paleon-tologo e geografo, è un tappe-to da calpestare.

Uno degli aspetti che piùcolpiscono nella rassegna del-l’arte italiana contemporaneadi Pietromarchi è la scarsa at-tenzione alla storia dell’Italia,se non quando diviene un mar-chio o piuttosto un'icona, co-me nel caso di Garibaldi.

Per restare al campo dellemappe, così affascinanti, e co-sì presenti nella nostra memo-ria, Flavio Favelli realizza(2010) una gigantesca mappadella penisola componendo letavole di vecchie carte strada-

li dei primi del Novecento, laquale, osservata da vicino,mostra qualcosa d'incerto eapprossimativo: fantasma dise stessa. Oppure nel 1975 Sal-vo realizza la forma dello sti-vale scrivendo i nomi degli ar-tisti italiani e rendendo piùscure le lettere che ne forma-no il profilo; o ancora EmilioIsgrò cancella i nomi sulla car-ta italiana, così che la topono-mastica appare illeggibile. Unaltro artista, Luca Vitone, rea-lizza un suo personale GranTour dell’Italia (Sonorizzare illuogo, 1989-2001): le sagome

geografiche delle regioni ita-liane che contengono ciascu-na un paesaggio sonoro diver-so, il suono delle canzoni po-polari e del folklore locale.L'Italia vi appare attraversole differenze, spazio unitario,ma multiforme.

Il libro di Pietromarchi, cri-tico, curatore, attraversa mol-teplici temi dell’attualità cul-turale e politica che sono im-pliciti nell’arte italiana attua-le, dalla politica all'emigrazio-ne, dal calcio alla mitologia,dalle figure iconiche, come Pa-solini, al tema del monumento

e della memoria; quello cheemerge è proprio la definizio-ne in negativo dell’identità ita-liana, la sua vocazione disuni-taria, e al tempo stesso l'ideadi essere un vero e propriocontinente composto da iden-tità e figure assai diverse, tut-te tenute insieme da un lessi-co visivo, prima ancora chelinguistico o culturale. Unitidalla propria diversità. L'iden-tità italiana appare come unproblema da declinare piùche risolvere, una ricchezzaproblematica.

In due altri volumi apparsidi recente questo elementocomplesso è declinato in mo-do altrettanto complesso. Ilconfine evanescente, a cura diGabriele Guercio (Electa, pp.416, € 40), libro importante, è

dedicato all'arte italiana tra il1960 e il 2010, contiene saggimolto acuti come quelli di Mi-chele Dantini (Ytalya su-bjecta) e Stefano Chiodi (Ladiscordanza inclusa. Arte e poli-tica). Mentre L’uccello e la piu-ma di Luca Cerizza (et al. Edi-zioni, pp. 71, € 16) analizza in-vece l'arte italiana degli AnniNovanta. Il nodo da scioglierein questi tre volumi apparequello della relazione con ilpassato, con la tradizione e, apartire dagli Anni Sessanta inpoi, con la politica.

La pluralità dei linguaggi enon solo delle identità significaper Cerizza, giovane criticoche vive a Berlino, il punto chia-ve degli ultimi vent’anni: «ri-mettere l'individuo, con tuttele sue fragilità e incertezze maanche con le sue capacità di cri-tica e di pensiero, al centro diuna rete di relazioni tangibilicon l'attualità». Lo stivale co-me destino e la politica comefuturo? L'identità italiana èsenza dubbio qualcosa in dive-nire con il proprio passato.

IN UN ROMANZO DI PAOLO RUFFILLI

L’isola e il sogno di Nievo= Sulle orme di Ippolito Nievo, lo scrittore (Leconfessioni di un italiano) e patriota che morì nel 1861 inmare, naufragando con il vapore Ercoli. Paolo Ruffilli, nelromanzo L’isola e il sogno (Fazi, pp. 195, € 17,50),ripercorre la vita breve e intensa dell’intellettualegaribaldino, tra aspirazioni unitarie e variegati amori, daultimo per Palmira, che potrebbe ancorarlodefinitivamente alla Sicilia. Ma «la nave, spezzata in duedall’esplosione delle caldaie forzate oltre ogni limite diresistenza», colerà a picco, portandosi «nella sua panciad’acqua» vite, sogni, ansie, paure, dubbi, speranze.

VISTI DA GIAN ENRICO RUSCON I

Cavour e Bismarck= Due leader fra liberismo e cesarismo. Gian EnricoRusconi mette a confronto Cavour e Bismarck (IlMulino, pp. 211, € 15). «Sono i costruttori degli Statinazionali italiano e tedesco, nonché due modelli digrande leadership politica. Cavour è l’esempio di unaguida politica esercitata secondo la logica parlamentareliberale (...). Bismarck invece incarna il principiod’autorità monarchica». Il libro sarà presentato lunedì14 a Torino, Accademia delle Scienze. A colloquio conl’autore, Per Paolo Portinaro e Massimo L. Salvadori,presiede Pietro Rossi.

La dolce vitain una discarica

GIORNALI E RIVISTE DAL 1847 ALL’UNITA’

Il ruolo della libera stampa= Verso la libertà di stampa. Ripercorrendo la storiadel Giornalismo italiano del Risorgimento, fra il 1847e l’Unità, come la ricostruisce Franco Della Peruta(Franco Angeli, pp. 283, € 30). Circa trecento leprincipali testate censite (da «Il Conciliatore» a «IlFanfulla»). L’opera, uscita trent’anni fa è ora ripropostacon la prefazione di Valerio Castronovo, che si ricollegaa Cavour: «Ebbe ad affermare che una libera stampa era“mezzo principale di civiltà e di progresso di unpopolo”». Un assunto che pulsa nella stampa incammino verso l’Unità.

Lo Stivalemetà paradisoterrestremetà caos

Una storia del turismonel cui nome nondi rado si è calpestatol’ambiente difesodalla Costituzione

Stella e Rizzo narranol’assalto alla diligenzafavorito da una classepolitica orfanadi Spadolini e Ronchey

pp Annunziata Berrino

p STORIA DEL TURISMO IN ITALIA

p il Mulino, pp. 332, € 23

NEI ROMANZI DI PADRE BRESCIANI E GARIBALDI

I buoni e i cattivi= Sfida fino all’ultima trama. Fra Antonio Bresciani eGiuseppe Garibaldi, fra il padre gesuita, già bersaglio di DeSanctis e Gramsci, a cui Pio IX commissionò tre opere - conun gesuita «degenerato protagonista» - contro giacobini,illuministi, settari, massoni, e l’eroe dei Due Mondi, che in 4titoli («I Mille», il più noto) raffigurò coraggio e fierezza deisuoi combattenti per la libertà. Paolo Orvieto li mette aconfronto in Buoni e cattivi del Risorgimento (Salerno, pp.318, € 18). Pagine ormai dimenticate , «potenti diffusori diidee - ricorda Orvieto - in epoca in cui i media - in mancanzadi cinema e televisione - erano proprio i feuilletons».

pp G. A. Stella - S. Rizzop VANDALI

L'assalto alle bellezze d'Italiap Rizzoli, pp. 274, € 18

pp Bartolomeo Pietromarchi

p ITALIA IN OPERA. La nostra

identità attraverso le arti visive

p Bollati Boringhieri, pp. 160, € 15

p in libreria dal 24 marzo

pp Salvatore Settis

p PAESAGGIO COSTITUZIONE

CEMENTO

p Einaudi, pp. 328, € 19

Paesaggi Dal Grand Tour alle favolose «Vacanzeromane», all’umiliazione delle bellezze d’Italia

IL GENERALE

Discorsi, lettere, proclami= Così parlò un Padre della Patria. Purple Press raduna,in Il libretto rosso di Garibaldi (pp. 122, € 9,90, a cura diPier Paolo e Massimiliano Di Mino), discorsi, scritti eproclami «dell’uomo che inventò l’Italia sognando unaPatria socialista». Garibaldi sentimentale nelle Lettere aSperanza Von Schwartz, la donna che gli fu accantodopo la scomparsa di Anita (Passigli, prefazione di NataliaAspesi). Ripercorre la spedizione dei Mille, Giovanni Russoin E’ tornato Garibaldi (Avagliano). Racconta il suoGaribaldi, Alexandre Dumas (Newton Compton). Per iragazzi, di Mino Milani, Sognando Garibaldi (Piemme).

Dalla Penisolarovesciata di Fabroal mito irrisoda Cattelan alla mappafantasma di Favelli

Quando la bellezza va in frantumi

La nostra identitàin una galleriadi opere degli ultimi50 anni, compostada Pietromarchi

«Il 26 aprile 1859» di O. Borrani Cavour e Bismarck

Un esempio dalla serie «Italia rovesciata» di Luciano Fabro

RappresentazioniVIIITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA IX

Page 9: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

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Arte Il Bel Paese, un’unità visivaprima ancora che politica: varietàdi figure e trionfo delle diversità

GIORGIOBOATTI

All’inizio del turismoitaliano c’è il Grand Tour. Espe-rienza culturale, pratica di vi-ta, ricognizione fuori dagli oriz-zonti domestici delle élite ari-stocratiche dell’Europa sette-centesca. Il «tourista» - ancheetimologicamente - viene allaluce con il Tour in Italia. Il turi-smo troverà lì le forme che loconnoteranno a lungo, proprionell’esplorazione che culminacon l’approdo a Roma e nelle al-tre tappe fondamentali disse-minate nella penisola.

Come ricostruisce Annun-ziata Berrino all’inizio della suaStoria del turismo in Italia, traviaggiatori e abitanti del BelPaese si attiva un’interazioneche durerà a lungo. Si estendedal Grand Tour sino alla bellafavola di Vacanze romane, il mi-tico film del 1953, con AudreyHepburn e Gregory Peck, chefissa il tradizionale canovacciodell’incontro tra i nostri compa-trioti, inconsapevoli e tuttavianavigati protagonisti della mes-sa in scena del vivere all’italia-na, e i viaggiatori stranieri.

Turisti attratti certamente

dalle bellezze artistiche, e dalpaesaggio spesso ineguagliabi-le, ma, anche, incantati dallanostra quotidianità, dalla dolcevita di un Paese che sembraagire su un palcoscenico. Nona caso la Dolce vita - l’icona cine-matografica di Federico Fellini- è del 1960, in contemporaneacon le Olimpiadi di Roma chevengono affannosamente pre-cedute, nel 1959, dall’istituzio-ne del ministero del Turismo.

E’ l’aprirsi di quegli AnniSessanta che vedono l’imporsidell’Italia come campione mon-diale di arrivi turistici (ora sia-mo al quinto posto) e primi, tratutti i Paesi europei, quanto adisponibilità di posti letto alber-

ghieri (e secondi nel mondo dopogli Stati Uniti). Il movimento fi-nanziario positivo generato dalturismo pareggia, sino agli AnniSettanta, il costo del disavanzoenergetico italiano.

Nello stesso decennio raddop-pia il numero degli italiani chevanno in vacanza: da cinque adieci milioni, diretti in gran par-te sui litorali adriatici, da Riminia Grado, e tirrenici. Sono spessoambienti paludosi bonificati nelVentennio e poi investiti, duran-te il boom economico da una

massiccia urbanizzazione cheproduce scempi e speculazioniinaudite nonché una distruzioneselvaggia di non pochi siti monu-mentali e paesaggistici che pureavevano fatto, e avrebbero dovu-to continuare a fare, da volano al-l’industria turistica nazionale.

La difesa del paesaggio ita-liano - vittima degli assalti diuna speculazione sempre piùvorace e di un’incultura che hapreso il potere - è al centro del-la ferma denuncia di uno stu-dioso come Salvatore Settis,

già presidente del Consiglio Su-periore dei Beni Culturali, auto-re di Paesaggio Costituzione Ce-mento. La battaglia per l’ambien-te contro il degrado civile.

Proprio le conseguenze diquesta stagione di degrado cultu-rale vengono ricostruite da GianAntonio Stella e Sergio Rizzocon la passione civile e la minu-ziosa documentazione dei loroprecedenti saggi, sempre pubbli-cati da Rizzoli, in Vandali. L’as-salto alle bellezze d’Italia. In uncerto senso i due giornalisti deli-neano il capitolo finale, il più sco-rato, di una vicenda - quella delnostro rapporto con le bellezzeartistiche e paesaggistiche e conla loro valorizzazione culturale eturistica - che è stata sempre in-trecciata ai passi fondamentalidella nostra storia nazionale.

Nonostante i ripetuti richia-mi da parte di chi ci governa sulprimato italiano quanto a posses-so di beni artistici, Vandali docu-menta il crollo degli stanziamen-ti (pari al 50% in meno, nel de-cennio 2001-2011) per la tuteladegli stessi da parte di quel mini-stero per i Beni e le Attività Cul-turali che ha finito con l’essere laCenerentola di tutti i dicasteri,con un peso politico - rispetto aquando fu affidato a figure comeSpadolini o Ronchey - del tuttoirrilevante. E con interventi deli-catissimi, su siti monumentali,culturali e archeologici di prima-ria importanza, rinviati sino al-l’inevitabile crollo.

Una situazione che per Stellae Rizzo è quasi scontata poichéla tipologia di classe dirigente ar-

ruolata nei Palazzi della Secon-da Repubblica registra, sul fron-te degli eletti in Parlamento inpossesso di una laurea, un crollodel 27% tra l’attuale legislatura ela prima. Dal 91,4% del 1948 sia-mo scesi, per quel poco che lelauree possono valere, al 64,6%.Mentre negli Usa, per esempio,si è saliti dall’88% al 94%.

Vandali sembra l’epilogo chenessuno può accettare a cuorleggero di un cammino, quelladella valorizzazione turistica emonumentale del Paese, che ha

coinvolto le varie generazioniche hanno fatto l’Italia unita. So-no coloro che realizzando i trafo-ri alpini, pianificando l’innervar-si delle linee ferroviarie lungo lapenisola e stimolando l’organiz-zazione su basi moderne del-l’ospitalità turistica, venivano ac-cusati dai nostalgici del GrandTour di togliere autenticità e sa-pore al viaggio in Italia.

In quei decenni la partita turi-stica era giocata pressoché tuttasu una clientela straniera. Tragli italiani erano pochissimi colo-ro che viaggiavano per piacere.Le vacanze, chi se le poteva per-mettere, le trascorreva in villa.Oppure le passava nelle localitàtermali dove il soggiorno era giu-stificato con motivazioni medi-che. Esattamente come accade-

va con le località di mare chemuovevano i primi passi, a parti-re dai pionieristici insediamentibalneari in Versilia, sotto l’egidadella talassoterapia. Scenari benlontani dalle cinque esse (Sea,Sun, Sand, Sex, Spirit ovveromare, sole, sabbia, sesso e alcol)dei trionfali Anni Sessanta.

Si era in un’Italia giolittianain cui i direttori d’albergo piùapprezzati erano ancora reclu-tati in Svizzera; nei ristorantigli chef venivano tutti, o finge-vano di venire, da Parigi; men-tre flussi ferroviari e navigazio-ne di lusso erano una faccendatutta inglese.

Mezzo secolo dopo, a metàdel Novecento, il turismo «ma-de in Italy» diventerà inveceuna delle perle di un boom,non solo economico ma cultu-rale e produttivo, giustamenteposto al centro delle celebra-zioni torinesi del primo secolodi unificazione. Tutt’altra sto-ria rispetto a quanto, cin-quant’anni dopo, viene raccon-tato, appunto, da Vandali. Eche sta sotto i nostri occhi.

([email protected])

IDEE E PROFILI

Tutti i nostri eroi= Il pensiero del Risorgimento: l’Eguaglianzasecondo Carlo Pisacane, la Repubblica secondoMazzini, il Federalismo secondo Cattaneo. Trevolumetti dell’editore Mimesi, ciascuno € 3,90.Un’iniziativa che si ricollega a quella di Dalai editore,dieci brevi biografie con scritti scelti dei nostri Padri(€ 3,90). Sono Cavour, Cattaneo, Crispi, D’Azeglio,Garibaldi, Gioberti, Mameli, Mazzini, Pellico e Pisacane.Come presentatore, Roberto Benigni: «Non li potevafermare nessuno, tutti, Mazzini, Cavour, Garibaldi,entravano nella politica e ne uscivano più poveri».

MARCOBELPOLITI

Lo stivale è la figurageografica che identifica lanostra penisola, e costitui-sce un'unità visiva prima an-cora che politica. Del resto,come è stato detto, aveva ra-gione Metternich, ministrodi Francesco Giuseppe,quando affermava che l'Ita-lia non è che un'espressionegeografica.

Da qui si deve partirequando si vuole verificarel'identità italiana nell’artedegli ultimi cinquant’anni,dal cambio di stagione degliAnni Sessanta (neoavan-guardie, concettualismo, ar-te povera) sino agli anni dop-pio zero del XXI secolo.

La forma dell’Italia è un'icona, forma estetica, persi-no archetipica, come scrive

Bartolomeo Pietromarchi inItalia in opera, ritratto delBel Paese attraverso le artivisive. Lo stivale è infatti«un frammento di mondo so-pra il quale è passata la Sto-ria, luogo d'incontri, scontri,incroci, diaspore, meticcia-ti». Un Paese, ha scritto unartista, Luciano Fabro, «permetà paradiso terreste e me-tà caos». Ed è stato proprioFabro a realizzare, a partiredal 1968, una serie, moltevolte citata, di opere intitola-te Italia rovesciata: la peniso-la appesa dalla punta cheruota dal soffitto a testa ingiù, cambiando di continuomateriale: oro, bronzo, pel-liccia, vetro; ma anche di-mensione, e in parte forma:breve e lunga, pesante e leg-gera, lucida e opaca.

A cosa allude questa im-magine, icona di un'icona?Pietromarchi suggerisceche si tratta di un paesaggiointeriore, di tentativi di dare

forma a qualcosa che l'artista«sente», e dunque vede. Ipote-si suggestiva, dal momentoche la forma a stivale del no-stro Paese, e non solo quella, ènell’arte che esamina il libroun paesaggio interiore, in for-za del fatto che la Penisola lo èdal punto di vista esteriore.

L'intera arte degli ultimicinquant’anni appare tesa adare una forma a questo ri-scontro sentimentale, rabbio-so o invece pacificato, che è ilconfronto con il paesaggioesteriore del Paese chiamatoItalia. Paese e non nazione,

dato che il secondo termineappare fortemente compro-messo col passato fascista, eanche risorgimentale, là do-ve il mito della Patria è un mi-to da combattere, da critica-re, oppure nelle nuove gene-razioni, ad esempio MaurizioCattelan, da irridere. In dueopere del 1994 di quest’arti-sta è evidente questa messain mora del logo-Italia: duetopi chiusi in una scatola diplexiglas rodono un interoformaggio Bel Paese Galba-ni; oppure: il logo formagge-sco della Galbani, che ha re-suscitato a sua volta l'operadell’abate Stoppani, paleon-tologo e geografo, è un tappe-to da calpestare.

Uno degli aspetti che piùcolpiscono nella rassegna del-l’arte italiana contemporaneadi Pietromarchi è la scarsa at-tenzione alla storia dell’Italia,se non quando diviene un mar-chio o piuttosto un'icona, co-me nel caso di Garibaldi.

Per restare al campo dellemappe, così affascinanti, e co-sì presenti nella nostra memo-ria, Flavio Favelli realizza(2010) una gigantesca mappadella penisola componendo letavole di vecchie carte strada-

li dei primi del Novecento, laquale, osservata da vicino,mostra qualcosa d'incerto eapprossimativo: fantasma dise stessa. Oppure nel 1975 Sal-vo realizza la forma dello sti-vale scrivendo i nomi degli ar-tisti italiani e rendendo piùscure le lettere che ne forma-no il profilo; o ancora EmilioIsgrò cancella i nomi sulla car-ta italiana, così che la topono-mastica appare illeggibile. Unaltro artista, Luca Vitone, rea-lizza un suo personale GranTour dell’Italia (Sonorizzare illuogo, 1989-2001): le sagome

geografiche delle regioni ita-liane che contengono ciascu-na un paesaggio sonoro diver-so, il suono delle canzoni po-polari e del folklore locale.L'Italia vi appare attraversole differenze, spazio unitario,ma multiforme.

Il libro di Pietromarchi, cri-tico, curatore, attraversa mol-teplici temi dell’attualità cul-turale e politica che sono im-pliciti nell’arte italiana attua-le, dalla politica all'emigrazio-ne, dal calcio alla mitologia,dalle figure iconiche, come Pa-solini, al tema del monumento

e della memoria; quello cheemerge è proprio la definizio-ne in negativo dell’identità ita-liana, la sua vocazione disuni-taria, e al tempo stesso l'ideadi essere un vero e propriocontinente composto da iden-tità e figure assai diverse, tut-te tenute insieme da un lessi-co visivo, prima ancora chelinguistico o culturale. Unitidalla propria diversità. L'iden-tità italiana appare come unproblema da declinare piùche risolvere, una ricchezzaproblematica.

In due altri volumi apparsidi recente questo elementocomplesso è declinato in mo-do altrettanto complesso. Ilconfine evanescente, a cura diGabriele Guercio (Electa, pp.416, € 40), libro importante, è

dedicato all'arte italiana tra il1960 e il 2010, contiene saggimolto acuti come quelli di Mi-chele Dantini (Ytalya su-bjecta) e Stefano Chiodi (Ladiscordanza inclusa. Arte e poli-tica). Mentre L’uccello e la piu-ma di Luca Cerizza (et al. Edi-zioni, pp. 71, € 16) analizza in-vece l'arte italiana degli AnniNovanta. Il nodo da scioglierein questi tre volumi apparequello della relazione con ilpassato, con la tradizione e, apartire dagli Anni Sessanta inpoi, con la politica.

La pluralità dei linguaggi enon solo delle identità significaper Cerizza, giovane criticoche vive a Berlino, il punto chia-ve degli ultimi vent’anni: «ri-mettere l'individuo, con tuttele sue fragilità e incertezze maanche con le sue capacità di cri-tica e di pensiero, al centro diuna rete di relazioni tangibilicon l'attualità». Lo stivale co-me destino e la politica comefuturo? L'identità italiana èsenza dubbio qualcosa in dive-nire con il proprio passato.

IN UN ROMANZO DI PAOLO RUFFILLI

L’isola e il sogno di Nievo= Sulle orme di Ippolito Nievo, lo scrittore (Leconfessioni di un italiano) e patriota che morì nel 1861 inmare, naufragando con il vapore Ercoli. Paolo Ruffilli, nelromanzo L’isola e il sogno (Fazi, pp. 195, € 17,50),ripercorre la vita breve e intensa dell’intellettualegaribaldino, tra aspirazioni unitarie e variegati amori, daultimo per Palmira, che potrebbe ancorarlodefinitivamente alla Sicilia. Ma «la nave, spezzata in duedall’esplosione delle caldaie forzate oltre ogni limite diresistenza», colerà a picco, portandosi «nella sua panciad’acqua» vite, sogni, ansie, paure, dubbi, speranze.

VISTI DA GIAN ENRICO RUSCON I

Cavour e Bismarck= Due leader fra liberismo e cesarismo. Gian EnricoRusconi mette a confronto Cavour e Bismarck (IlMulino, pp. 211, € 15). «Sono i costruttori degli Statinazionali italiano e tedesco, nonché due modelli digrande leadership politica. Cavour è l’esempio di unaguida politica esercitata secondo la logica parlamentareliberale (...). Bismarck invece incarna il principiod’autorità monarchica». Il libro sarà presentato lunedì14 a Torino, Accademia delle Scienze. A colloquio conl’autore, Per Paolo Portinaro e Massimo L. Salvadori,presiede Pietro Rossi.

La dolce vitain una discarica

GIORNALI E RIVISTE DAL 1847 ALL’UNITA’

Il ruolo della libera stampa= Verso la libertà di stampa. Ripercorrendo la storiadel Giornalismo italiano del Risorgimento, fra il 1847e l’Unità, come la ricostruisce Franco Della Peruta(Franco Angeli, pp. 283, € 30). Circa trecento leprincipali testate censite (da «Il Conciliatore» a «IlFanfulla»). L’opera, uscita trent’anni fa è ora ripropostacon la prefazione di Valerio Castronovo, che si ricollegaa Cavour: «Ebbe ad affermare che una libera stampa era“mezzo principale di civiltà e di progresso di unpopolo”». Un assunto che pulsa nella stampa incammino verso l’Unità.

Lo Stivalemetà paradisoterrestremetà caos

Una storia del turismonel cui nome nondi rado si è calpestatol’ambiente difesodalla Costituzione

Stella e Rizzo narranol’assalto alla diligenzafavorito da una classepolitica orfanadi Spadolini e Ronchey

pp Annunziata Berrino

p STORIA DEL TURISMO IN ITALIA

p il Mulino, pp. 332, € 23

NEI ROMANZI DI PADRE BRESCIANI E GARIBALDI

I buoni e i cattivi= Sfida fino all’ultima trama. Fra Antonio Bresciani eGiuseppe Garibaldi, fra il padre gesuita, già bersaglio di DeSanctis e Gramsci, a cui Pio IX commissionò tre opere - conun gesuita «degenerato protagonista» - contro giacobini,illuministi, settari, massoni, e l’eroe dei Due Mondi, che in 4titoli («I Mille», il più noto) raffigurò coraggio e fierezza deisuoi combattenti per la libertà. Paolo Orvieto li mette aconfronto in Buoni e cattivi del Risorgimento (Salerno, pp.318, € 18). Pagine ormai dimenticate , «potenti diffusori diidee - ricorda Orvieto - in epoca in cui i media - in mancanzadi cinema e televisione - erano proprio i feuilletons».

pp G. A. Stella - S. Rizzop VANDALI

L'assalto alle bellezze d'Italiap Rizzoli, pp. 274, € 18

pp Bartolomeo Pietromarchi

p ITALIA IN OPERA. La nostra

identità attraverso le arti visive

p Bollati Boringhieri, pp. 160, € 15

p in libreria dal 24 marzo

pp Salvatore Settis

p PAESAGGIO COSTITUZIONE

CEMENTO

p Einaudi, pp. 328, € 19

Paesaggi Dal Grand Tour alle favolose «Vacanzeromane», all’umiliazione delle bellezze d’Italia

IL GENERALE

Discorsi, lettere, proclami= Così parlò un Padre della Patria. Purple Press raduna,in Il libretto rosso di Garibaldi (pp. 122, € 9,90, a cura diPier Paolo e Massimiliano Di Mino), discorsi, scritti eproclami «dell’uomo che inventò l’Italia sognando unaPatria socialista». Garibaldi sentimentale nelle Lettere aSperanza Von Schwartz, la donna che gli fu accantodopo la scomparsa di Anita (Passigli, prefazione di NataliaAspesi). Ripercorre la spedizione dei Mille, Giovanni Russoin E’ tornato Garibaldi (Avagliano). Racconta il suoGaribaldi, Alexandre Dumas (Newton Compton). Per iragazzi, di Mino Milani, Sognando Garibaldi (Piemme).

Dalla Penisolarovesciata di Fabroal mito irrisoda Cattelan alla mappafantasma di Favelli

Quando la bellezza va in frantumi

La nostra identitàin una galleriadi opere degli ultimi50 anni, compostada Pietromarchi

«Il 26 aprile 1859» di O. Borrani Cavour e Bismarck

Un esempio dalla serie «Italia rovesciata» di Luciano Fabro

RappresentazioniVIIITuttolibri

SABATO 12 MARZO 2011LA STAMPA IX

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Page 10: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.05

2100

36

4

Testa o cuore.Il romanzodi «Amici»ZANFORLINMONDADORI

65 5

Togliamoil disturbo

MASTROCOLAGUANDA

427La giustiziaè una cosaseriaGRATTERI;NICASOMONDADORI

10

78

47

Saggistica Varia TascabiliNarrativaitaliana

GrancircoTaddeiealtrestoriediVigàtaCAMILLERISELLERIO

54

E disse

DE LUCAFELTRINELLI

Narrativastraniera Ragazzi

Indignatevi!

HESSELADD EDITORE

8

Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

La leggedel deserto

SMITHLONGANESI

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 27 FEBBRAIO AL 5 MARZO.

Vieni viacon me

SAVIANOFELTRINELLI

1

466

Nessunosi salvada soloMAZZANTINIMONDADORI

3

37

1. Cotto e mangiato 14PARODI 14,90 VALLARDI

2. Benvenuti nella mia cucina 13PARODI 14,90 VALLARDI

3. Le ricette di Casa Clerici 11CLERICI 15,90 RIZZOLI

4. Instant English 11SLOAN 16,90 GRIBAUDO

5. Le diete della salute 10LAMBERTUCCI 18,00 MONDADORI

6. I dolori del giovane Walter 9LITTIZZETTO 18,00 MONDADORI

7. Falli soffrire 2.0... 8ARGOV 15,00 PIEMME

8. È facilesmetteredi fumare... 7CARR 10,00 EWI

9. The secret 7BYRNE 18,60 MACRO

10.Incontra il tuo angelo custode 5LOUISEDINORVEGIA;SAMNOY 13,90 IL PUNTO D’INCONTRO

1. La versione di Barney 16RICHLER 12,00 ADELPHI

2. La solitudine dei numeri... 15GIORDANO 13,00 MONDADORI

3. Il piccolo principe 12SAINT-EXUPÉRY 7,50 BOMPIANI

4. È una vita che ti aspetto 11VOLO 12,00 MONDADORI

5. L’ombra del vento 10RUIZ ZAFÓN 13,00 MONDADORI

6. Il giorno in più 9VOLO 13,00 MONDADORI

7. Venuto al mondo 9MAZZANTINI 14,00 MONDADORI

8. Un posto nel mondo 8VOLO 13,00 MONDADORI

9. Esco a fare due passi 8VOLO 12,00 MONDADORI

10.Se questo è un uomo 8LEVI 10,50 EINAUDI

47

1. La legge del deserto 78SMITH 19,60 LONGANESI

2. Il profumo delle foglie di... 54SÁNCHEZ 18,60 GARZANTI

3. La mappa del destino 19COOPER 19,60 NORD

4. L’ultimo inverno 13HARDING 15,50 NERI POZZA

5. La fuga del signor Monde 13SIMENON 17,00 ADELPHI

6. Sezione suicidi 12VARENNE 18,00 EINAUDI

7. L’altare dell’Eden 11ROLLINS 19,60 NORD

8. La ragazza del lago 11FOSSUM 5,00 SPERLING & KUPFER

9. India mon amour 10LAPIERRE 16,50 IL SAGGIATORE

10.Nemesi 9ROTH 19,00 EINAUDI

Si è vecchi o almeno tardo-ni, a 37, 38, 39, 44, 45,49 anni? Certamente sì,

opina il giornale HuffingtonPost, se è l'età del debutto let-terario: rispettivamente di Jo-seph Conrad, Wallace Ste-vens, Anthony Burgess e Wil-liam Burroughs, Henry Miller,Raymond Chandler, CharlesBukowski. Il record, però, è diuna donna. Giapponese, poe-tessa. Che nella poesia intito-lata Il segreto scrive: «Anchese ho 98 anni, mi innamoro an-cora. Ho dei sogni. Sogno dicavalcare una nuvola».

Lei si chiama Toyo Shibata.Il suo secondo libro uscirà a giu-gno, quando compirà cento an-ni. Il primo è uscito alla fine del2009, e ha dominato per tutto il2010 le classifiche giapponesi,vendendo oltre un milione emezzo di copie. La fanciulla hacominciato a scrivere a 92 anni:quando ha dovuto smettere didanzare, il figlio Kenichi, luistesso ultrasessantenne, le ha

consigliato di dedicarsi alla scrit-tura. Verso dopo verso, scrivendodi notte, nel suo appartamento al-la periferia di Tokyo, quando labadante la lascia sola, Shibataha messo insieme 42 componi-menti e li ha pubblicati a propriespese. La raccolta si intitolaKujikenaide, che pare significhi«Non buttatevi giù», o «Non per-

dete la speranza». Vale per lei,per i suoi lettori, e vale per un in-tero paese invecchiato e illividitodalla lunga crisi. Del proprio suc-cesso, la poetessa ha detto: «Oraho un bel ricordo da portare conme nell'Aldilà, e del quale vantar-mi con il mio povero marito e lamia povera mamma». Nelle foto,Toyo sorride.

In classifica, il suo libro habattuto 1Q84 di Haruki Muraka-mi, una dieta bestseller, e ancheun curioso romanzo popolare diNatsumi Iwasaki, che ha vendu-to oltre un milione di copie rac-contando la storia di una ragaz-za che applica le regole di un gu-ru del management alla squadradi baseball femminile della pro-pria scuola: e arriva molto in al-to. «I giapponesi hanno amato illibro perché hanno bisogno di con-sigli semplici, per sopravvivere inquesto mondo incerto», ha dettol'editore. È una diagnosi sconso-lata, su un Paese vecchio che, adifferenza della sua vecchia poe-tessa, non si innamora più.

1. Diario di una schiappa... 14KINNEY 12,00 IL CASTORO

2. Via le zampe dalla pietra... 8STILTON 8,50 PIEMME

3. Laprimaindagine diTheodore ... 7GRISHAM 18,00 MONDADORI

4. La principessa e il ranocchio 5- 4,90 WALT DISNEY

5. Attenti alla coda, meteoriti... 5STILTON 8,50 PIEMME

6. Cars 5- 4,90 WALT DISNEY

7. Gli aristogatti 5- 4,90 WALT DISNEY

8. Pinocchio 5- 4,90 WALT DISNEY

9. Alla ricerca di Nemo 10- 4,90 WALT DISNEY

10.Alice nel paese delle... 4- 4,90 WALT DISNEY

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

Per la prima volta nel 2011 il valore dei nostri 100punti supera le 15 mila copie. E’ arrivato il Savianotargato Feltrinelli, oratoria tv confezionata da Fa-

zio, e si presume che per un po’ non abbia intenzione di an-darsene: adorato da molti come icona, voce e coscienza cri-tica del popolo (di centro sinistra ma non solo), demitizza-to, con scandalo, da altri, come Alessandro Del Lago (Eroidi carta, il manifestolibri) e Alessandro Trocino (Popstardella cultura, Fazi). Lo seguono Wilbur Smith e Camille-ri, l’uno sopra e l’altro un soffio sotto quota 10 mila. LaMondadori, assente al vertice da oltre un mese e tempora-neamente (?) orfana dell’autore di Gomorra, risponde an-

ticipando l’uscita della Mazzantini, ora 5ª. Sono tornati ibig, la partita si riaccende. Reggono bene il Mosé di ErriDe Luca e la Mastrocola, da leggere e discutere in paralle-lo a Non per profitto di Martha Nussbaum (il Mulino),ovvero «perché le democrazie hanno bisogno della culturaumanistica». Vende, ma non esplode, Hessel, volantino co-pertinato in rosso tradotto dalla casa editrice di cui è socioAndrea Agnelli, titolo perfetto per gli esacerbati tifosi del-la sua Juventus. Sale la nuova testimonianza del magi-strato Gatteri, per lucidità e concretezza traccia ideale diuna riforma non ideologica della giustizia. Si riaffaccianoinfine gli Amici della Defilippi. In sintesi, tra i primi 10,tut-

ti comunque sopra le 5 mila copie, si contano 4 titoli di sag-gistica, sia pure in prevalenza mediatica, il che non acca-deva da tempo; e 6 di narrativa, di cui 2 stranieri. Unacomposizione variegata, un girone da Coppa dei campio-ni, sfide dirette: Vieni via con me / Togliamo il disturbo;La legge del deserto / Il profumo delle foglie di limone;Gran circo Taddei / La giustizia è una cosa seria; Nes-suno si salva da solo / Testa o cuore ; E disse / Indigna-tevi! Per chi non è interessato alla gara, un titolo del mo-naco Sabino Chialà edito da Qiqajon: Silenzi. Al plurale:quelli da imparare e quelli da combattere. Breviario peruna buona quaresima. Da regalare a Giuliano Ferrara.

AI PUNTILUCIANO GENTA

Saviano, Smithe Camilleri:

tornano i big

Da leggere come «una sto-ria nella Storia». E’ laCollezione storica del

Risorgimento italiano fondatada Giovanni Canevazzi nel 1931 econclusa nel 1979 che la Mucchi diModena riporta alla luce, una ses-santina di titoli in edizione origi-nale, «cameo» incastonato nel«film» dei nostri 150 anni (untempo-inezia per il marchio piùlongevo del Paese: vivo e vegetodal 1646 prima con i Soliani,«stampatori degli Estensi», poicon la famiglia che le dà tuttora ilnome, spaziando tra culturaumanistica e scienza).

«Proprio perché l’avventurache ha portato all’Unità è oggi ri-percorsa da nuovi punti di vista,tra dialogo e polemiche, è parsointeressante - spiega il direttoreeditoriale Marco Mucchi, giovaneerede della «ditta» - riproporlanella doppia prospettiva offertadalla collana: il Risorgimento nel-l’ottica del Ventennio, trionfalisti-ca però mai troppo ortodossa,grazie a studiosi capaci di pren-

derne le distanze, e il Risorgimentoraccontato dopo la seconda guerramondiale da uomini della Resisten-za, lo storico “azionista” GuidoQuazza in testa».

Pensata dal fondatore con finidivulgativi e insieme rigorosi (coe-rentemente alle linee Mucchi: atten-zione al lettore non specialista mafedeltà ad un prodotto «altamente

scientifico», in particolare rivolto adiritto e filologia, con le «edizioninazionali» di Alfieri, Spallanzani,Carducci, in forte rivalutazione;molto selezionata anche la narrati-va) la «Collezione» ha potuto frui-re di nomi importanti nella ricercauniversitaria: da Arrigo Solmi, au-tore di una indagine su Ciro Menot-ti nell’insurrezione modenese del 3febbraio 1831 e dell’Idea dell’unitàitaliana nell’età napoleonica, aAntonio Monti le cui Réflexions hi-storiques di Carlo Alberto resta-no un notevole documento.

Non minori il saggio di ValerioCastronovo dedicato a La Stampadi Torino e la politica interna ita-liana (1867-1903) e i due volumi diRomolo Quazza, padre di Guido,su Pio IX e Massimo D’Azeglio nel-le vicende romane del 1847: il papa,fortemente discusso, di Porta Pia,della fine del potere temporale, l’og-getto delle invettive del poeta deiGiambi & Epodi («Cittadino Ma-stai, bevi un bicchier...») tornato direcente in scena per il suo protofede-ralismo (di buona lega).

1. Gran circo Taddei... 65CAMILLERI 14,00 SELLERIO

2. Nessuno si salva da solo 47MAZZANTINI 19,00 MONDADORI

3. E disse 47DE LUCA 10,00 FELTRINELLI

4. Testa o cuore. Il romanzo... 36ZANFORLIN 16,00 MONDADORI

5. L’uomo che non voleva... 22MOCCIA 18,00 RIZZOLI

6. Il terrazzino dei gerani... 21MARCHESINI 17,50 RIZZOLI

7. Io e te 19AMMANITI 10,00 EINAUDI

8. Le Beatrici 18BENNI 9,00 FELTRINELLI

9. Odore di chiuso 17MALVALDI 13,00 SELLERIO

10.Non chiedere perché 17DI MARE 18,00 RIZZOLI

CHE LIBRO FA...IN GIAPPONE

GIOVANNA ZUCCONI

Sognareuna nuvola

a 98 anni

1. Vieni via con me 100SAVIANO 13,00 FELTRINELLI

2. Togliamo il disturbo 46MASTROCOLA 17,00 GUANDA

3. Indignatevi! 42HESSEL 5,00 ADD EDITORE

4. La giustizia è una cosa seria 37GRATTERI; NICASO 17,50 MONDADORI

5. La fabbrica dell’obbedienza 22REA 16,00 FELTRINELLI

6. Ogni cosa alla sua stagione 14BIANCHI 17,00 EINAUDI

7. Vandali. L’assalto alle... 13STELLA; RIZZO 18,00 RIZZOLI

8. La patria bene o male 11FRUTTERO & GRAMELLINI 18,00 MONDADORI

9. Fuori! 11RENZI 17,50 RIZZOLI

10.Viva l’Italia! 11CAZZULLO 18,50 MONDADORI

Classifica TuttolibriSABATO 12 MARZO 2011

LA STAMPAX

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PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

A Modena60 volte

Risorgimento

Page 11: Tuttolibri n. 1756 (12-03-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 12/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: SILRUF - Ora di stampa: 11/03/11 20.05

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IMMANUEL KANT

Criticadella ragion puraLaterza, pp. LIX-629, € 15

«Dimostrandomi che nonc'era bisogno di Dio,mi fece uscire da un verotormento»

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LUIGI SALVATORELLI

Pensiero e azionedel RisorgimentoEinaudi, pp. 198, € 17,50

«Fece capire a molti dellamia generazione che ilRisorgimento non eraquello insegnato a scuola»

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DANTE ALIGHIERI

La Divina CommediaRizzoli Bur, pp. 641, € 13

«È il libro che non si puòfare a meno di leggere.E’ il protolibro della miabiblioteca.Il classico dei classici»

Le interpretazioni del Risorgimento, «conteso»tra fascismo e Resistenza, nella testimonianzadello studioso «azionista», oggi novantenne

ALBERTOPAPUZZI

Risorgimento e Resi-stenza. O Resistenza come se-condo Risorgimento. E' unacomplessa questione storica, epolitica, che torna d'attualitàcon le celebrazioni per i cento-cinquant’anni dell'Unità d'Ita-lia. Perché Radio Monaco e Ra-dio Londra trasmettevano en-trambe l'«inno di Garibaldi»,Va’ fuori d’Italia, va’ fuori stra-nier? E come mai il Movimentocomunista d'Italia, piccologruppo antifascista romano, in-vocava «l'epopea del Risorgi-mento»? Lo storico ed ex resi-stente Claudio Pavone, che innovembre ha festeggiato i no-

vant’anni, ha scritto intense pa-gine su questi temi sia in Unaguerra civile (Bollati Boringhie-ri, 1991), sia nel saggio Le ideedella Resistenza ripubblicatonel volume Alle origini della Re-pubblica (Bollati Boringhieri,1995) e di recente dalle Edizio-ni dell’Asino, dopo essere ap-parso mezzo secolo fa sulla rivi-sta Passato e presente. Ora esce,sempre da Bollati Boringhieri,con il titolo Gli inizi di Roma ca-pitale, una raccolta di saggi, an-ch’essi degli Anni Cinquanta,sull’inserimento di Roma e delLazio nello Stato unitario.

Il suo è lo sguardo di un«azionista postumo», come sidefinisce, nel senso che non èmai stato azionista, ma alla finedi un lungo percorso l’azioni-smo gli sembra interpretarel'atteggiamento di quella mino-ranza illuminata e influenteche però non è mai riuscita aesercitare il potere politico. L'8settembre, a Roma, aveva pre-so contatto coi socialisti, venen-do arrestato già alla fine di otto-bre. Uscito alla fine di agosto

1944 dal carcere di Castelfran-co Emilia, militò in un piccologruppo milanese, composto so-prattutto da intellettuali e ap-partenente al Partito italianodel lavoro che aveva la sua ba-se in Romagna. Quindi il con-fronto col Pci: «Sono stato permolto tempo rispetto ai comu-nisti o un compagno di strada oun utile idiota, dipende dai pun-ti di vista». Vide nel Sessantot-to «una riapertura del campodel possibile», si unì al gruppodi Democrazia Proletaria estrinse rapporti molto forti conVittorio Foa, che divenne il suoprincipale punto di riferimen-to. Conclusasi l'esperienza,rientrò nella posizione di indi-pendente di sinistra.

Professor Pavone, qualera il significato attribui-to al Risorgimento dagliantifascisti?

«Il Risorgimento era al centrodi vivaci discussioni. Giustizia eLibertà, giornale dell’omonimomovimento che si stampava aParigi, ospitò nel 1935 un im-portante dibattito sul tema. Ilpunto era questo: perché l'Ita-lia, nata dal civile Risorgimen-to, ha poi dato vita al fascismo,divenuto il prototipo della mo-derna barbarie, che per di piùpretendeva di rappresentarela provvidenziale conclusionedel Risorgimento stesso. Eradunque necessario riesamina-

re ombre e luci di quel grandemomento della nostra storia. Sitrattava di contrapporre alla in-terpretazione fascista una inter-pretazione democratica e criticaa un tempo. Parteciparono alladiscussione Carlo Rosselli, Fran-co Venturi, Andrea Caffi, NicolaChiaromonte, Umberto Colosso.Per Benedetto Croce, invece, ilRisorgimento più che essere pas-sato al setaccio della critica dove-va essere soprattutto difeso: inquesto manifestava una contrap-posizione generazionale. Il dibat-tito agitava anche i comunisti:Togliatti scrisse nel 1931 su Statooperaio un violentissimo articolocontro GL, che egli temeva potes-

se conquistare l'egemonia del-l’antifascismo. Il “cosiddetto Ri-sorgimento”, scriveva Togliatti,era un “mito” che alle orecchiepiccolo-borghesi di GL suonava“come la fanfara per gli sfaccen-dati”. Ma dopo il VII Congressodell'Internazionale nel 1935, chevarò la politica dei fronti popola-ri, da cui scaturì quella dell’unitànazionale antifascista, il Risorgi-mento non poteva non essere re-cuperato politicamente e cultu-ralmente. Il pensiero di Gramsci,ovviamente sconosciuto duran-te la Resistenza, consentirà poialla cultura comunista di elabo-rare una ben più complessa in-terpretazione del Risorgimento.

Ma già durante la lotta antifasci-sta era stato dato il nome di Gari-baldi alle brigate combattenti,prima in Spagna e poi in Italia».

Ma era fondata l’idea dellaResistenza come secondo Ri-sorgimento?

«Da un punto di vista storiografi-co è indubbiamente una forzatu-ra, ma occorre interrogarsi suivari significati che allora la fortu-nata espressione assunse e sullainfluenza che ebbe. Dei quattrosanti padri - Cavour, Garibaldi,Mazzini, Vittorio Emanuele II -Garibaldi era di gran lunga il piùpopolare. Il primo numero del-l’Unità, uscito dopo l'8 settem-bre, aveva in prima pagina a

grandi caratteri “Torna Garibal-di”. A Milano sotto il monumen-to si trovava scritto: “Peppin,vien giò, che i son a mo’ chi”».

Anche il fascismo cercò diusare la retorica risorgimen-tale? Garibaldi e Mazzini so-no stati, per così dire, anchedue eroi fascisti?

«Esisteva, come ho già ricor-dato, una interpretazione fa-scista del Risorgimento, di cuiMazzini, soprattutto dopo l'8settembre, fece le spese. Su unfrancobollo della Rsi figuraval'immagine di Mazzini, mentreavrebbero stonato quelle diGaribaldi e di Cavour. Di Vitto-rio Emanuele II, nonno del refellone, neanche a parlarne».

Ora che ha compiuto i no-vant’anni, che cosa ricordaper esempio delle sue lettu-re giovanili?

«Premetto che io sono moltolento e purtroppo lo sono statoanche nel leggere. Delle primeletture ricordo quelle canonichedi Salgari e Verne, ai quali ag-giungevo una grande passioneper la storia delle scoperte pola-ri. Un libro ebbe per me una im-portanza particolare: Le storiedella storia del mondo di LauraOrvieto, dove imparai a cono-scere la guerra di Troia. Natu-ralmente parteggiavo per itroiani e rimasi male quando alliceo un professore molto fasci-sta ci spiegava che Ettore eraun eroe piccolo-borghese (l'ad-dio ad Andromaca? Piagnistei)e che Achille era invece un veroeroe, una sorta di superuomo.Questo professore aderì poi allaRsi, ricoprendovi un importan-te incarico. Mio padre, antifasci-

sta rassegnato, era innamoratodi Dickens e mi trasmise questapassione. Ma la forma d'arte dame prediletta era la musica».

«Una guerra civile», il suoopus magnum, poggia suuna ricca bibliografia ancheletteraria: se lei dovesse con-sigliare a un giovane delleopere narrative per capire laResistenza, che cosa gli con-siglierebbe?

«Il sentiero dei nidi di ragno diCalvino e Il partigiano Johnnydi Fenoglio».

«Vittorini, Uomini e no…».«Lo considero meno schietto. Epoi mi dà fastidio quell'altezzo-so “e no”, ai confini col razzi-smo: forse che i fascisti non era-no anch’essi uomini?».

Lei ha insegnato storia con-temporanea a Pisa: comeconsiderava e continua aconsiderare l’uso di fonti let-terarie per la storia?

«Lo considero fondamentale.Dicevo ai miei studenti: se vole-te studiare la campagna diRussia di Napoleone, leggeteprima Guerra e pace. Oggi di-rei: se volete studiare la guer-ra in Russia durante il secon-do conflitto mondiale, leggeteprima Vita e destino di VasilijGrossman, centrato sulla bat-taglia di Stalingrado».

Potrebbe dirci qualche li-bro che ha esercitato un’in-fluenza decisiva nella suaformazione?

«In chiave storiografica, Pensie-ro e azione di Luigi Salvatorelliche fece capire a me e molti dellamia generazione che il Risorgi-mento non era quello che ci inse-gnavano a scuola. Nel campo deimassimi problemi, e lo dico conla timidezza che suscita il nomedi Kant, la Critica della ragion pu-ra e la Critica della ragion pratica.Nella mia prima giovinezza erostato un cattolico sempre in cer-ca di prove inconfutabili dell’esi-stenza di Dio come garante dellarealtà del mondo e della leggemorale. Kant, dimostrandomiche non c'era né in un caso nénell’altro bisogno di Dio, mi feceuscire da quello che era diventa-to per me un vero tormento».

Lei si è laureato in giurispru-denza ma ha studiato anchefilosofia?

«Subito dopo la guerra miiscrissi a filosofia, anche perobbligarmi a riprendere un or-ganico percorso di studi. Ebbidue ottimi docenti in Guido DeRuggiero e, all'estremo oppo-sto, Ugo Spirito. Entrambiavevano una grande capacitàdi dialogare con gli studenti.Naturalmente l'affinità intel-lettuale e politica mi legò mol-to di più a De Ruggiero. Ma ri-cordo che in un seminario diSpirito ebbi una discussionemolto accesa sul concetto dilavoro: lui sosteneva che pen-sare e lavorare erano la stessacosa, io lo negavo recisamen-te. Pochi giorni dopo sostennil'esame, presi trenta e lode euna collega commentò: “Iopensavo che dopo quella litiga-ta ti avrebbe bocciato”».

Un’ultima cosa: qual è il li-bro che non si può fare a me-no di leggere?

«La Divina Commedia».

I PREFERITI

«Calvino e Fenogliocome Tolstoje Grossman: fontiletterarie indispensabiliper chi scrive la storia»

«Luigi Salvatorellie Giustizia e Libertà:gli antidoti controla retorica del regimee i dubbi dei comunisti»

“È stato Ettoreil mio primo eroegaribaldino”

«Vittorini, Uomini e no:mi dà fastidioquell’altezzoso “e no” ,forse che i fascisti nonerano anch’essi uomini?»

«Le prime lettureda Salgari a Verne,a “Le storie della storiadel mondo”: lì incontraila guerra di Troia»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 12 MARZO 2011

LA STAMPA XI

La vita. Claudio Pavone è nato a Roma nel 1920. Storico e partigiano. Hainsegnato Storia contemporanea nell’Università di Pisa. È vicepresidentedell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia. Faparte del comitato dei garanti di «Biennale Democrazia».

Le opere. Esce da Bollati Boringhieri «Gli inizi di Roma capitale» (pp. XXII -234, € 18). Per lo stesso editore: «Una guerra civile», «Alle origini dellaRepubblica»; da Laterza «Prima lezione di storia contemporanea».

Claudio Pavone

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