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STVDI MEDIEVALI SERIE TERZA Anno XXX - Fase. I 1989 CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL' ALTO MEDIOEVO SPOLETO

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STVDI MEDIEVALI

SERIE TERZA

Anno XXX - Fase. I

1989

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL' ALTO MEDIOEVOSPOLETO

RASSEGNE

Ebrei in Italia alla fine del Medioevo:studi recenti

• lo ero rimasto. Il, senz'ombra e senzadenaro t A. von Cha:nisso, Storia mera-vigliosa di Peter Schlemihl (1814), IX.

Gli storici del Medioevo italiano si sono occupati delle realtà ebraicheattestate soprattutto dal XIII secolo nella parte centrosettentrionale dellaPenisola, occasionaImente da almeno quarant'anni. Nonostante e a partel'inizio di discorso in materia del Morghen, infatti, questo oggetto di studioè stato accostato sporadicamente dalla storiografia: piuttosto quale datoperiferico di una centralità cristiana (1) che come componente di un'orga-. nizzazione sociale e mentale complessiva, quella del mondo bassomedievalecittadino, la razionalità del quale andava via via formandosi da elementi' 'altamente eterogenei fra loro: Questo pur non assoluto silenzio è rotto dauna decina d'anni da una molteplicità di interventi sull'argomento «Ebreinell'Italia medievale t: voci che, aumentate soprattutto dall'84 a oggi,consentono di riflettere su quella che si viene determinando come tendenzastoriografica e, in fondo, come definizione di un problema. Se, infatti, neiquadri storici precedenti gli Ebrei italiani non erano stati che la variabilelocale di una comunità sovranazionale e la ricostruzione scontàva, quindi,complessi apriori tanto teologici e antichi, quanto politici e contemporanei,in questa recente storiografia è l'identità ebraica locale, dunque citta-dina/italiana a essere messa a fuoco: con la conseguenza di un rovesciamentodi prospettiva ossia di un passaggio dell'oggetto esaminato dallo sfondo alprimo piano, dalla periferia al centro.

Gli studi di Luzzati e Toaff, iniziati negli anni '70, conducono in certomodo a quella specie di programma che è il fascicolo del 1983 di QuaderniStorici (I) dedicato appunto agli cEbrei in Italia t e la cui Introduzione

(1) R. MORGHEN, La. questione ebraica nel Medioevo, in lo., Medioevo cristiano, Bari,1958' (1· edizione 1951), pp. 143-162; cfr. A. MILANO, Biblioteca historica italo-judaica,Firenze 1954: In., Supplemento alla Bibliotheca ••• , Firenze, 1964; cfr. ora M. G. MUZZA-RELLI, Luoghi, tendmze delfatluale storiografia italiana sulla /ffesenza ebraica fra XIV I

XVI secolo, in Società e Storia, XXIV (1984), pp. 369-394.(2) Gli studi di M. LUZZATI sono ora riuniti in La. casa dell'Ebreo, Pisa, 1985; cfr. A.

TOAFP, Gli Ebrei a Perugia, Perugia, 1975; In., The Jews in Mediaeval Assisi, 1305-1487,Firenze, 1979. Ci si riferisce a Quaderni Storici, XVIII 54, 3 (1983), p. 799 sgg.

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a forte spessore metodologico non a caso è scritta da due medievisti: SofiaBoesch e Michele Luzzati. L'individuazione di un nodo storiografico dasciogliere, ad opera di studiosi di questa specializzazione, assegna per logicaconseguenza alla definizione degli Ebrei medievali un significato-chiavenella ricostruzione di una cosi complessa identità di lungo periodo. Il bassoMedioevo è riconosciuto come fase decisiva, categorialmente fondantedunque, nel definirsi di un ruolo (secondo la più generale indicazione diBaron e Poliakov), ma in quanto italiano lo si intende articolato (a) in unamoltitudine, ebraica, di situazioni. Almeno a partire da questo momento,storia ebraica in Italia medievale comincia a significare storia di famiglie,di comunità socio-istituzionali, di confiitti locali fra poteri, di convivenzeO di incompatibilità. Questa impostazione, confermata e preannunciata daisaggi di Michele Luzzati, riuniti in volume nel 1985 (4), è ripresa tanto dal-l'antologia curata da Sofia Boesch (I) nello stesso anno e ilcui titolo signi-ficativamente riafierma la multiformità, elusiva talvolta, della presenza:ebraica in Italia fra XIV e XV secolo, quanto da gran parte degli inter-venti presentati a S. Miniato nel 1986 nel corso del sesto Congresso inter-nazionale della Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (e). Neglistessi anni, ricerche come quelle di Ariel Toaff per l'Italia centrale, ShlomoSimonsohn per quella settentrionale, studi particolari su situazioni localidunque microstorie come quelle della Muzzarelli per Cesena o della Anto- 'niazzi Villa per Milano (1), discussioni congressuali come quelle dedicate airapporli fra Ebrei e territori veneziani (8), vengono rapidamente a costituireun patrimonio di analisi condotte territorialmente, capillarmente, amplianoe complicano il panorama della presenza ebraica italiana alla fine del Me-dioevo; non risolvono tuttavia la questione rotante intorno al binomiocentro/periferia, il problema cioè di ruolo e funzione di una minoranza aforte rilievo come quella ebraica nella fase considerata, tipicamente di con-solidamento istituzionale e .di rivolgimenti economico-etici. Il problema,in altri termini, degli equilibri maggioranza/minoranza nelle città italiane

(3) Ibidem,' pp. 780-781.(4) Op. cit., p. 267 sgg. (Dal prestito al com_cio); e cfr. già nel 1974, Per la storia

degli ebrei üaliani nel Rinascimento, ibidem, pp. 59-106.(5) Aspetti e problemi della presen", ebrai.ca.neU'Italia centrosatentrioftale (XIV e XV

.ecolo), Roma,1983.(6) Ebrei e Cristiani neU'Italia medJevale e moderna: cenversWni, scambi, centrasti.

Atti del VI Congresso internazionale deU'AISG. S. Miniato, 4-6 novembre 1986 (a cura di. M. LUZZATI, M. OLIVARI, A. VERONESI), Roma, 1988.

(7) S. SIMONSOHN,The lews in the Duchy 01Mantua, Jerusalem, 1977: ID., The lewsin the Duchy 01Müan, Jerusalem, 1982-1986; A. TOAF", opp. eitt.; ID., Gli ebrei roman,e il commef'ciodel denaf'o nei comuni deU'Italia. centf'ale alla fine del Duecento, in Att' del IConvegno internazionale .Italia ludai.ca. t, Roma, 1983, pp. 183-196; ID., Convergema sulVeneto di banchieri ebrei romani e tedeschi nel tal'do Medioevo, Gli Ebrei e Venezia (Atti delConvegno organizzato dall'Istituto di storia della società e dello stato veneziano della Fon-dazione G. Cini, Venezia, giugno 1983), Milano, 1987, pp. 59S-613; ID., Commercio del denaroeà ebrei romani a Terni (1296-1299), Allnuario di Studi Ebraici-X, Roma, 1984; M. G.MUZZARELLI,Ebrei e cütil d'Italia in etil di transinone: il caso ài Cesena dal XIV al XVIsecolo, Bologna, 1984; A. ANTONIAZZIVILLA, Un processo centro gli ebrei nella Müano del1488, Bologna, 1986.

(8) Gli Ebrei e Venena cìt,

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bassomedievali: di quale sia il termine centrale di riferimento culturalee instituzionale per i soggetti che formano la minoranza; se ìl Ioro centro. si identifichi con quello del potere maggioritario.

Il mosaico di conoscenze, di cui si è detto, e che riguarda gli Ebrei diMilano, Venezia, Padova, Cesena, Bologna, Siena, Assisi, Perugia, Ancona,Roma, viene costituendo, nella prima metà degli anni 'So, un archivio diinformazioni sulla varia e inuguale presenza ebraica in Italia: la formazionedell'archivio segnala un vuoto precedente, dunque la necessità di una cono-scenza di base, determina in sé un contesto dialettico, un'area storìogra-fica nuova almeno potenzialmente, non per questo automaticamente sciogliela contraddizione rappresentata dalfatto di formarsi tardivamente, inpresenza cioè di annosi e consolidati presupposti storiografici che tenden-zialmente lo negano o ne marginalizzano il senso. In molti; e importanti,lavori, la vicenda ebraica due-quattrocentesca è vicenda di stereotipi po-lemici (Boesch), di armonia sociale ed economica malauguratamente tur-bata dall'agitarsi degli Ordini Mendicanti (Luzzati), o viceversa di attriti,ostilità, chiusure reciproche ebraico-cristiane di antica radice (Bonfil) (D).Occorre sintetizzare e semplificare, nel tentativo, pur discutibilmente fa-zioso, di estrarre il senso di un indirizzo storiografìco dalla moltitudinedi informazioni e di interventi di cui si è accennato. Importa, a questopunto, rendersi conto del fatto che dalla pluralità di studi in questione

. affiora, al di là dei conflitti sull'integrazione reciproci o l'incompatibilitàdel mondo cristiano e di quello ebraico in Italia alla fine del Medioevo, unaccordo. quasi totale sulla dipendenza (cvariabile dipendente t è la parola-chiave) della società ebraica (posto che esista) da quella cristiana coeva,implicitamente ammessa come totalizzante: è la visione del Morghen ariemergere, quella di un Medioevo Cristiano compatto che ora tollera, oranon tollera ciò che, per il fatto di porsi come alterità rispetto al principiodi identità perfetto che caratterizza ilpotere, non può che essere minoritario.Immagine di compattezza della ragione dominativa cristiana cui si opponela sfrangiata esistenzialità ebraica già in un basso Medioevo la èui ferreaidentità è, dunque, un apriori storiografico meno verificato di quel che sicrede, se da esso continui a discendere quell'equivalenza cminoranza t =cminorità t, di cui si sta parlando qui. I

Che questa impossibile equivalenza, che significherebbe disconoscimentodi una tradizione culturale nel caso della sua emarginazione o addiritturadella sua sconfitta, sottostia metodologicamente, quasi mutuata da pre-cedenti storiografie, a gran parte delle ricerche di cui ora si discute, lo mostraIa tensione a sottolineare il formarsi di stereotipi ebraici negativi fra XIe XII secolo, ovvero la fusionalità ebraico-cristiana fra Tre e Quattrocentoin Italia centrale, o al contrario i modi per cui s la dinamica della convì-

(9) Cfr. S. BOESCH GAIANO, Identità ebraica e stereotipi cristiani: riflessioni suU'aUoMedioevo in Ebrei e Cristiani cìt., pp. 45-61; M. LVZZATI, op. cit.; R. BONFIL, Societàcristiana e società ebraica neU'Italia medievale e rinascimenlale: riflessioni sul significatoe sui limiti di una convergenza, in Ebrei e Cristiani cit., pp. 231-260; cfr. R. SEGRE,

intervento alla cTavola rotonda t, ibidem, p. 266 sgg.j ID., Bernardino da Feltre, • Montidi Pietà e i banc1liebraici, in Rivista Storica Italiana, XC (1978), pp. 818-833.

,

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venza si andò orientando sempre più in senso di reciproca chiusura t (10).L'archivio volge, cioè, alla ricostruzione di una realtà, quella ebraica ita-liana bassomedievale, in negativo: della sua maggiore o minore prossimitàal centro cristiano degli eventi, del suo riconoscimento o del suo rigettoda parte di quel centro. La posizione di Sermoneta, da questo punto divìsta, appare isolata; anche se, nella sua sottolineatura dell'esistenza di una,base culturale giudaico-cristiana altomedievale che «si spez~a bruscamentedurante il tredicesimo secolo t, si può leggere una critica accurata, e d'al-tronde esplicita, del metodo che conduce all'immagine storiografica del-l'. incontro t (11) fra Ebrei e Cristiani fra alto e basso Medioevo, e di con-seguenza a' quella dello scontro. Se una base comune, dunque una rete diinterrelazioni fittissime, per ragioni contingenti da indagarsi, si dissolvea partire da un momento particolare, ne viene che almeno sino a quel mo-mento è discutibile determinare centro e periferia della storia, che l'in-terruzione deve avere ragioni specifiche. altre dalla tradizionale avversioneo dalla tradizionale tolleranza di ehi fa gli eventi per chi non li fa. Se inlavori come quello della Muzzarelli la scansione ebraico/cristiana è l'inevi-tabile risultato della assoluta centralità del Medioevo cristiano. il risultatodi una politica tortuosa ma non compromissoria, bensl abile, della centra-,lità cristiana, finalizzata al miglior utilizzo della minoranza (11), il cui si-gnificato si smarrisce nei rivoli delle vicende particolari, nell'alternarsidelle espulsioni e delle chiamate degli Ebrei da, parte della città, d'altraparte l'accento posto dalla Boesch sul mancato riconoscimento da partedei poteri bassomedievali di una • storia comune t ai due mondi. sul trion-fare delle stereotipie (13) nei rapporti fra maggioranza e minoranza, avverteillettore del fatto che qui. minoranza t sta per realtà riflessa. Diversamenteda quanto propone il Quaglioni (U) affermando l'esigenza «di ricostruireil processo di formazione dell'immagine degli Ebrei nelle dottrine giuri-diche tardomedioevali t, dunque di fare la storia di una multiforme dottrinache reagisce alla variegata presenza ebraica rivelando un atteggiamentocristiano centrifugo e frammentato, che forse si aggancia talvolta, si puòaggiungere, alle suggestioni di un'autonoma consapevolezza giuridicaebraico-rabbinica; ché, se questa ricostruzione, appunto, è via alla destrut- .turazione di un mito. storiografico-teologico di centralità, altrove si pre-ferisce oscillare con una certa angoscia fra l'esultanza per i tempi buoniche talvolta occorsero ai marginali e la desolazione di fronte alla loro fìne,sì che, talvolta, svoltosi il percorso che «ineluttabilmente t conduce daitentativi di conversione e dalla demonizzazione degli Ebrei al ghette, èstrano leggere' che questi ultimi hanno continuato ad «esistere e a. man-

(10) R. BONFtL. Op. cit., p. 259.(11) G. SERMONETA, L'incontro culturale tra ebrei e crmia"i nel Medioeuo , nel Rina-

scimento, in Ebrei e Cristi""i cit.,pp. 183·207, p. 195.(12) MUZZARELLl, Ebrei e città cito(13) BOESCH, op. cit., p. 56 sgg. ,(14) D. QUAGLIONI, 1 giuristi e gli ebrei. Due f CQfUultationes di G. F. Pa.Tlini in Ebrei

, .Cr~s~ia"i eit.! pp. 63-73; su questa linea d'impostazione, ID. (a cura di), Ballista deGiudu:" .Apologla Iuda.eorum, Invettiva contra Plati"""" Propa.gandaantiebraic4, polemie1aedi curia durant, il pontijicalo di Sisto IV (1471-1484), Roma, 1987.

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tenere la loro identità t (15): si tratta, qui, di fantasmi ai quali l'affettuosacommemorazione non può rendere vita.

Le tendenze di questa storiografia attualmente vissute come conflit-tuali si conciliano, per esempio, a proposito delle capacità economiche ebrai-che alla fìne del Medioevo italiano. Se molte puntuali ricerche cataloganoil dato d'archivio e ne ricavano lo schema della professionalità (16) e della. mobilità ebraiche fra Tre e Quattrocento, separandolo 'nettamente a livello'concettuale dalla immagine di un Medioevo ebraico giuridicamente coscientee conseguente, dotato di porpri apparati giurisdizionali e di una propriaimmagine, anche geografica, del mondo, nonché di un'idea complessa delpotere maggioritario, d'altra parte analisi come quelle del Luzzati e sintesicome quelle del Bonfil (17), non possono perdere di vista il problema dellaricchezza ebraica quantitativamente intesa e della sua incidenza sul ruolosociale ebraico alla fine del Medioevo. Sembra allora che caratteristica sto-riografica della minoranza sia in ogni caso la sua atipicità culturale, almenoin rapporto all'enorme significanza riconosciuta al suo esistere economico.Ma, se gli Ebrei in Italia alla fine del Medioevo sono tanto più integratiquanto più la loro ricchezza è analoga a quella cristiana per mole e per tipodi circolazione, o al contrario sono tanto più separati quanto meno la lororicchezza è significativa stando al metro costituito da una. scienza eco-nomica I obiettiva', allora in ogni caso questa storiografia fa proprio unpresupposto caro al più classico etnocentrismo di radice cristiano-teologica,e cioè che la storia della minoranza ebraica abbia tanto più significato,tanto più possa essere scritta, quanto più si sia rivelata funzionale (18)alla. logica maggioritaria (in misura direttamente proporzionale, si potrebbedire, alla sua produttività), o viceversa che la sua particolarità minoritariaconsista essenzialmente nella sua insignificanza economica. Ancora in unrecentissimo e importante lavoro, di cui si riparlerà, Ariel Toaff (1'), po-lemizzando col Bonfìl, non si sottrae alla dialettica obbligata della ric-

(15) Cfr. A. FOA, Il gioco del proselitismo: politica. deUeconve,sioni e cont,ollo della.via-lenu nella. Roma del Cinquecento, in Ebrei 6 C,istiani cìt., pp. 155-169, p. 169.

(16) Cfr. A. ESPOSITO, Notai, medici, COflverliti:figure di inte,mediari nella. società '0-mana del ta,do Quatt,ocento, in Ebrei e Cristiani cìt., pp. 113-121, come sviluppo dellericerche già esposte in AspeUi e p,oblemi cìt., pp. 29-125; cfr. J. C. MAIRE VIGUEUR,Les ]ui/s IlRome dans la secondemoitié du XIV· siele: in/ormaticns ti,ées d'unlond nolarié,ibidem, pp. 19-28; M. T. CACIORGNA,P,esenza. ebraica nel Lazio me,idionale: il caso di Se,-moneta.,ibidem, pp. 127-173; oltre alle cìtt, opere di TOAFF e LUZZATI.

(17) Isolata la voce di K. STOW, I PaPi, gli Eb,ei e la legge, in Ebrei e Cristianicit., pp. 141-153, che tenta di introdurre nella discussione sulle politiche pontificie riguardoagli Ebrei fonti di pensiero politico ebraico coeve, per cui cfr. i classici V. CoLORNI, Leggeebraica.e leggi locali ••• , Milano, 1945, L. LANDIoIAN, ]ewish La.uI.in the Diaspora : Con/,on·taticn and Accomodaticn ••• , Philadelphia, 1968.

(18) Cfr. M. LUZZATI, I legami f,a i banehi eb,aici toscani e i banehi fleneti dell'ItaliaseUent,ionale: spunti per llna ri.considerasionedel ruolo economico e politico degli Ebrei nelRinascimento italiano, in ID., Le casa dell'Ebreo cit., pp. 235-263; R. BONFIL, op. cit.,p. 236 sgg. .

(19) A. TOAFF, Il vino e la. carne. U_ comunità ebraica nel Medioevo Bologna, 1989,p. 290 sgg. e p. 305; cfr. anche R. BONFIL, Tlu Historian's Perception 01 tlu lews in 'heI'alian Renaissance. Towa,ds a Reappraisal, inRevue des Etudes ]lIives, 143 (1984), pp. 59-82.

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chezza ebraica «consistente t o poco importante, «palliativo della povertàcongiunturale t o analoga a quella dei mercanti-banchieri cristiani. lO.entrambi i casi, la quantificazione monetaria della ricchezza degli Ebrei(di Siena o di Firenze, poniamo) ricaccia nell'ombra la descrizione dei modidel suo funzionamento, ossia della circolazione di questa ricchezza: nerisulta una eliminazione dal contesto storiografico del senso culturale dellapresenza economica ebraica nelle città dell'epoca. Una eccessiva corrispon-denza collega, secondo schemi logici rigidamente binari, il modello di unaesistenza ebraica protagonista dei cambi, finanziatrice del potere cristiano,funzionale e determinante allo sviluppo economico cristiano ,tre/quattro-centesco, con ilmodello di una società ebraica i cui rappresentanti «eranoambiguamente necessari ai cristiani perché questi ultimi potessero esplicarela missione cristiana t proprio c come i poveri t che c erano necessari ai rìcchìperché potessero svolgere la funzione ideale del patronato t (IO). La fun-zionalità economica si oppone alla marginalità economica; entrambe siradicano in analisi quantitative; entrambe propongono binomi (ebrei-cristiani ricchi / ebrei-cristiani poveri) che negando apriori la possibilitàdi un'economica culturalmente segnata come ebraica finiscono per famel'ombra di una volontà politica maggioritaria, il doppio un po' grottesco ,delle tensioni economiche cristiane bassomedievali. Certo da accogliere pareil suggerimento a «cercare la • ragione vera' tanto della persistenza degliebrei nelle città italiane quanto. dell'invito esteso a costoro di stabilirsi.laddove in precedenza non risiedevano, nel campo difficile a percorrere deimodi. di precisarsi della coscienza socio-politica dei cristiani piuttosto chenella somma dei documenti notarili delle compravendite o nelle condotte t

e dunque nelle «espressioni della mentalità dei fautori e degli oppositoridella presenza ebraica t (11) - ma se questa indagine dovrà a tal punto ri-muovere fonti giuridiche e strutture mentali ebraiche da giungere alla con-clusione provvisoria; per esempio, secondo cui i francescani cattaccandolo • sfruttamento' degli ebrei ... attaccavano l'insensibilità cristiana alproblema della povertà t (12), allora non si potrà che leggere in quel suggeri-mento l'ipotesi di una dipendenza assoluta del fenomeno ebraico italianobassomedievale dalle coeve e centrali strutture dominative cristiane. Alpunto che l'avversione del Francescanesimo Osservante per la presenzaeconomica ebraica si rivela nient'altro che un episodio interno al maturaredella coscienza civica della maggioranza, non certo il confronto fra quest'ul-tima (fra i suoi avamposti etico-economici) e un altro universo giuridico,giurisdizionale, politico. Ma se il ruolo degli Ebrei anche in questo caso è .un ruolo di comparse e di occasioni alla riflessione cristiana, come se d'altraparte questo ruolo è ruolo di comprimari e Doppelgänger dell'iniziativasociale cristiana, ci si chiede di che cosa sia fatto quel «rifiuto di accul-turazione da parte di una minoranza t che caratterizza il perdurare del-l'identità ebraica fra Medioevo ed Età Moderna. «Affermàzione di identità

(20) BONFIL, Società cristiana e società eM4W eit., p. 240;(21) Ibidem, p. 243.(22) Ibidem, p. 242.

EBREI IN ITALIA ALLA FINE DELMEDIOEVO 359

diversa da quella della maggioranza in continuo interplay con essa t (")come cifra dell'essere ebraico bassomedievale rischia di valere solo negati-vamente, se la separazione è costante segno di una chiusura causata dalla«struttura della mentalità religiosa t, se cioè si escluda che minoranza emaggioranza (soprattutto ove quest'ultima vada formando la proprìa ra-zionalità socio-economica) possano confrontarsi quotidianamente sul pianodell'organizzazione economica e politica. E pare pericolosamente vicinaal luogo teologico negativo dell'ostinazione giudaica, questa «durities t opervicacia che contraddistingue gli Ebrei per gli Scolastici, l'idea storio-grafica che la loro identità si risolva in una resistenza all'invasione, in unabarriera eretta contro l'incombente assimilazione (H). Le indicazioni e lefonti offerte dal Mueller e dal Braunstein (25) per una storia della realtàeconomica ebraica italiana puntuale, dunque per una ricostruzione dellapresenza minoritaria in chiave dispecificità culturale (anche sociale e giu-ridica), sembrano spesso arenarsi di fronte a questi presupposti metodolo-gici di massima; di fronte all'Immagine degli Ebrei quasi-Cristiani o degliEbrei-vittime eterne: immagine in entrambi i casi di negazione della pre-senza attiva e culturalmente positiva. Non a caso in un'opera recente diCarlo Ginzburg gli Ebrei compaiono di nuovo, in occasione della pestetrecentesca, come incubi di una società cristiana tormentata dalla «osses-sione del complotto t; anelli di una catena di marginalità, occasioni al de-terminarsi di una visione o di un terrore cristiani, non interessanti in séper l'occhio dello storico, disinteressato a stabilire quanto e che cosa fossetemuto e rifiutato di questa cultura da quella maggioritaria, quale propostadi organizzazione della realtà sia stata bruciata nei roghi o affossata nellaguerra contro gli scritti talmudici. Gli Ebrei-incubi e protagonisti, al paridi lebbrosi e streghe, di un mito o di una proiezione cristiane, si tramutanofacilmente nell'appendice ideologica negativa (28) che un mondo di vinci-tori porta con sé e che la storiografia rispolvera quando si tratti di chiarirelati oscuri, di analizzare i complessi di coloro che furono al centro dellaStoria cvera t.

Molti di questi temi sono stati al centro di un seminario di studi svol-tosi a Bologna (r7) nell'autunno del 1988, esplicitamente dedicato alla di-scussione di fonti e metodi utili a fare Ia storia degli Ebrei nell'Italia me-dievale; a sottolineare la volontà di molti storici a capire meglio lo spes-sore dell'oggetto considerato, a non considerarlo leggibile con criteri ana-

(23) Ibidem, p. 260.(24) Cfr. H. A. OBERKAN, Gli ostinati Giudei: mutamento delle strategie nell'Europa

tMäo-medievale, in Ebtei e Cristiani eit., pp. 123·140.(25) R. MUELLER, Les prlteurs jui/s de Venise au Moyen Age, in, Annales E.S.C.,

XXX (1975), pp. 1277-1302; P. BRAUNSTEIN, Le prlt sur gagesà Padoue et dans le Padouanau milieu du XV' siùle, in Gli Ebtei e VeneN cit., pp. 651-669; per una bibliografia sullaelaborazione giuridica ebraica in materia economica si rinvia a G. TODESCHINI, La. ,icchelladegli Ebtei, Spoleto, 1989.

(26) Cfr. C. GINZBURG, Storia notturna. Una decif,azione del sabba Torino, 1989, pp. 7sgg., 20 sgg., 36 sgg. .

(27) La. storia degli Ebtei neU'ItalÜJ medievale: ',a filologia e metodologia, Bologna,previsto per il 1990.

GIACOMO TODESCHINI

loghi o uguali a quelli che sono utilizzati per fare storia di situazioni o pe-riodi storiograficamente codificati. In quella occasione, come del restonel confronto svoltosi a Trieste l'anno seguente sulle vicende degli Ebrei (18)mitteleuropei, la questione delle fonti, meglio delle fonti «interne t o«esterne t si è subito posta come fondamentale. Il discorso non ha potutofare a meno di centrarsi sulla documentazione utile a ricostruire la vicendaebraica italiana, e dunque è rapidamente divenuto una polemica sui modidi fare storia di una minoranza, ovvero sullo sguardo che lo storico puntasu di essa, sul porsi di questo sguardo come esterno o interno alla dina-mica minoritaria. Ariel Toaff, dichiarando un metodo che negli anni gliha fatto descrivere la vita delle Comunità ebraiche centroitaliane (IV) purprivilegiando la documentazione notarile, ha decisamente sottolineato l'ìm- .portanza della ricostruzione della realtà ebraica avvalentesi di fonti internealla' Comunità: critica evìdentemente rivolta alle tendenze storiografiche«negative t di cui si è detto, come pure affermazione della storia di mi-noranza non necessariamente collegata a quella maggioritaria. Un discorsoconcretamente ripreso da Evelyne Patlagean (aa) nella sua presentazionedi un inedito manoscritto della Bibliothèque Nationale testimone di una'polemica/dialogo cristiano-ebraico nella Puglia del XII-XIII secolo, con-fronto che rivela una base culturale parzialmente comune, un sistema di corri-spondenze avvaloranti la nozione di una base altomedievale giudaico-cri-stiana come quella di cui aveva parlato Sermoneta. Contraddittoria evi-dentemente rispetto all'immagine centripeta che della ragione cristianahadato molto storiografia: una proposta metodologica, quella della Patla-gean, che va nella direzione di una esplorazione e ricostruzione dell'edificiopolicentrico medievale italiano nel rifiuto di sue preconcette raffigurazionigerarchiche o concentriche. A questi contributi sono seguiti quelli di Mi-chele Luzzati, Sofia Boesch, Kenneth Stow, Renata Segre, fra gli altri,ognuno dei quali si è fatto portatore di proposte di lettura delle fonti utiliallastoria ebraica in questione. Storia delle famiglie ebraiche e delle loromigrazioni, storia dei nomi di queste famiglie, studio delle strutture parentaliche organizzano l'antropologia ebraica bassomedievale e della prima EtàModerna, sottolineatura dell'importanza rivestita dalla polemica cristianaantiebraica nel definirsi di stereotipi ebraici letali alla comprensione (81)fra i due mondi. Questi e altri temi, ivi compresa una forte sottolineatura.posta .dalla Muzzarelli (BI) alla definizione della vicenda ebraica italiana

(28) p,.esenza elJ1'aicafra Trieste, Austria, Friuli e Istria (suoli XIV-XIX): economia, societä. (giugno 1989), in corso di stampa.

(29) A. TOAFF, opp. citt.; ID., La storia tÙgli ElJ1'ei in Ita/ia nel tardo Medioevo. Un 'problema di fonti? in La storia tÙgli ElJ1'ei cito .. (30) E. PATLAGEAN, La • Dispute euec les luif:;. de Nicolas d'Otrante (vers 1220) d la

question du Messia, ibidem.(31) S. BOESCH, p,.esenza elJ1'aica neU' Italia medievale fra identità, stereotipi, intrecci.

Una riflessione su fonti e cronologia, ibidem; K. STOW, La storiografia del ghetto romano,p,.oblemi metodologici, ibidem; M. LUZZATI, Le ricerche prosopograjic/le sulle famiglie elJ1'aiclsenelfltalia medievale, ibidem; D. QUAGLIONI, Storia della presema elJ1'aica e dimensione giu-ridica, ibidem; R. SEGRE, Flussi e correnti migratorie nel mondo elJ1'aico:fonti e storiografiaibidem. '

(32) M. G. MUZZARELLI, Storia degli ElJ1'ei e storia lcca/e, ibidem.

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bassomedievale in termini di una estrema e variegata frammentarietà,hanno talvolta messoin luce l'esigenza storiografica di una maggior cono-scenza diretta dell'itinerario ebraico italiano (Stow, Luzzati, Segre) facendoricorso al sistema di conoscenze che si può ricavare dall'ancora sommersoarcipelago familiare che in effetti costituisce la koinè ebraica bassomedie-vale italiana, talvolta hanno ripreso (Boesch, Pini) (33) lo schema -metodo-logico che fa dell'oggetto ebraico l'esito indiretto di una dialettica rigoro-samente riguardante la società cristiana del periodo: il binomio, dunque,tolleranza/intolleranza. Una polemica, si è detto, quella del seminario bo~lognese: fra ricerca di fonti ma anche Ira periodizzazioni non necessariamenteuguali a quelle valide per la storia del potere istituzionale cristiano, sancitedalle registrazioni da quel potere espresse - cronache o registrazioni nota-rili -, e riaffermazione della fondamentale unitarietà della memoria storicariguardo alla tensione ebraico-cristiana. Non si sarebbe, tuttavia, compiu-tamente realisti tacendo che questa seconda posizione, indubbiamentesottovalutante l'importanza, per la storia minoritaria (e anche maggiori-taria) del periodo, della documentazione strettamente interna e tradizio-nale alla minoranza, non è del tutto rigettata da parte della storiografiarivendicante una-conoscenza specifica e interna della vita delle Comunità.A dire che in molti interventi citati sin qui è parsa notevole la volontà direcupero della articolazione esistenziale ed economica della società ebraica, ,purché essa fosse intesa come frutto di una ricerca essenzialmente quanti-tativa e dunque condotta su fonti interne ed esterne alla minoranza ma co-munque soltanto seriali. Nomi, famiglie, migrazioni, e d'altra parte strut-tura professionale delle Comunità o composizione dei patrimoni delle me-desime sembrano totalizzare ilcampo di conoscenze possibili anche per moltistorici del mondo ebraico medievale italiano privilegianti la considerazionecinterna t delle vicende. Che la struttura seriale delle fonti, interne o esterne,nella sua t oggettività t, non faccia che riconfermare la perifericità deisignificati ebraici, mutui i propri criteri da una norma istituzionale cen-trale e quindi cristiana, riconduce inevitabilmente lo storico «interno tall'ovile tranquillizzante della storia ufficiale.

La storia quantitativa della minoranza, se pur fornisce dati fondamen-tali, non può che leggerli, mutilati del loro contrappeso culturale e in par-ticolar modo giuridico, che come varianti di un'univoca storia della famiglia,o della città, o dell'organizzazione patrimoniale cittadina allafine del Me-dioevo. La struttura stessa del dato seriale, ilmeccanismo stesso della dia-lettica familiare o della consistenza patrimoniale, la lingua stessa dellaregistrazione notarile, se isolati dai contesti culturalmente particolari chele manifestarono o che le influenzarono, non possono che ricadere - nor-malizzati - all'interno di un sistema di significati unitario (34). Al contrario

(33) Cfr. opp. citt.; A. I. PINI, intervento alla t Tavola rotonda t, ibidem, cfr. ID., Fa-miglie, insediamenti ti banchi ebraici a Bologna e nel bolognese nella seconda metà del Trecen-to, in Quaderni Storici, XVIII 54, 3 (1983), pp. 783-814.

(34) Cfr. P. GROSSI, Storia sociale e dimensione gi"ridiclJ, in Storia sociale e dimensionegiuridica. Strumenti d'indagine e ipotesi di laooro, Milano, 1986, pp. 5-19; M. DE CERTEAU,

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di quanto può avvenire se alla archiviazione e alla analisi dei dati quanti-tativi si aggiunga uno studio sistematico delle espressioni di autoconsa-pevolezza economica e politica ebraiche del periodo: la scienza rabbinicaintesa sia come stratificazione di un'esperienza giuridica, sia come rifles-sione sui rapporti intercorrenti fra potere cristiano e minoranza, e non vistacome semplice espressione letteraria solo occasionalmente significante, nécome informazione pertinente esclusivamente al campo teoretico o reli-gioso, potrà forse eliminare la diffusa sensazione storiografica che già allafìne del Medioevo l'Ebraismo sia assimilato o emarginato, che non esprimaalcunché di paragonabile alla ragione cristiana se non in ambiti puramenteastratti, e cioè non riferibili direttamente al quotidiano, al sociale, al po-litico, all'economico.

Nell'ambito di questo variegato panorama storiografico, nell'alveo dellediscussioni di cui si è venuto parlando sin qui, è apparso nel 1989 il libro .di Ariel Toaff (BS) sul mondo ebraico umbro fra Tre e Quattrocento. Sintesidi ricerche i cui primi frutti si erano visti nei saggi e nelle monografie ap-parsi regolarmente dal 1975 (16) almeno, l'opera pare di grande interesse tantoper la vivacità della raffigurazione in positivo di un cosmo ebraico studiatonelle sue caratteristiche esistenziali e socio-economiche, quanto per la pre-senza in essa di contraddizioni di cui la storiografia precedente non avevatuttavia del tutto preso atto, di contraddizioni connaturate alla scelta stessa,di dati o fonti, ma qui forse per la prima volta, in Italia, evidentementeleggibili e, quasi, dichiarate. La partizione del volume jn capitoli che per-corrono strutturalmente e non diacronicamente l'esistere della Comunitàumbra chiarisce subito al lettore un'intenzione di scrittura tesa al recu-pero di un insieme coeso, alla restituzione, filologica anche, di un contestotradizionalmente ipotizzato come frammentario e non ricomponibile, dun-que radicalmente marginale. Ebrei umbri, qui, significa società tre-quat-trocentesca analizzata nelle sue manifestazioni familiari,: quotidiane, ali-mentari, politiche, devianti, religiose, professionali. Fatti, nomi, personaggi,episodi ricorrono più volte come evidenziatori e protagonisti di aspettidiversi ma fra loro integrati di una vita d'insieme. Il tentativo è, appunto,- di ricomposizione, di omogeneizzazione dei materiali d'archivio, di ap-pianamento delle irregolarità di percorso, al fine di ritessere le fonti in unanarrazione che offra non l'immagine di una presenza sporadica debolmentesignificante nel mondo cristia~o ma quella, piuttosto, di una minoranzadal significato forte che, con la maggioranza, determina una realtà, I'Um-bria istituzionale politica mentale, del tardo Medioevo, senza che il maggiorpotere ovviamente detenuto dalla componente maggioritaria equivalgastoriograftcamente alla centralità oggettiva di essa. Solo una profondissimaconoscenza dei dati d'archivio, dunque una rninuziosa ricognizione deicasi che hanno tessuto questa zona della storia ebraica bassomedievale

L'histoi,e, scienc« et fiction, in ID., Histoi,e et psycha.nalyse ent,e scienc« et fiction, Paris,1987, pp. 66·96, particolarmente alle pp. 77 sgg. (ScientiftciU et hisloire: l'informatique).

(35) A. TOAl'F, Il vino e ta &arne eit.(36) Cfr. le opp. eitt. sopra alle Dote 2 e 7.

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italiana, consente questa operazione tutta concreta, non accompagnatada alcuna esibizione retorica o dichiarazione astrattamente metodologica.È tuttavia chiaro da ogni passaggio, che lo scritto sì muove sul filo di unapolemica e di una definizione storiografica del concetto stesso di minoranza;che intende porsi e di fatto si pone come proposta per una storia poIicentrica,incompatibile con le visioni che del fenomeno ebraico avevano fatto una«variabile dipendente t. Esplicito è il rifiuto della «immagine di un mondoebraico relegato ad una doppia marginalità religiosa e socioeconomica, afianco di una società cristiana ostile ed economicamente più progredita eproduttiva t, netta l'obiezione a una scelta di fonti esclusivamente esterneal sistema di vita che si vuol descrivere e l'opzione per l'intreccio tra fonti«civili, raccolte negli archivi t e «quelle interne ebraiche & (87). Affioranello scorrere del discorso, costruito a mosaico di informazioni ed episodi, .il quadro di una società complessa. le cui strategie matrimoniali sono inrelazione con una logica giuridico-familiare, i cui patrimoni sono funzionedi una articolata e multiforme professionalità, al 'cui interno è possibilerintracciare norma e devianza, cultura dotta e popolare, i cui nessi conl'universo cristiano sono improntati a un alto grado di consapevolezza edelaborazione. Quest'ultimo punto, soprattutto; stacca l'analisi e sintesidel Toaff da molta produzione storiografica in materia: lo dimostrano,forse più che non le sezioni dellibro dedicate a società ed economia, quellevolte allo studio dei comportamenti politici e rituali. Gli ebrei umbri siriuniscono nelle sinagoghe per decidere di sé • come collettività. La lorocondizione di minoranza esigeva infatti periodiche analisi, verifiche e messea punto delle strutture giuridiche e socio-economiche entro cui il grupposi muoveva o intendeva muoversi t (38). Questa società che dunque vedeiI centro all'interno di sé, delle proprie strutture amministrative e giuri-diche, e si riferisce al bagaglio di scritture tradizionali che porta con sé peramministrarsi. pur mediando fra le proprie esigenze di autonomia e le vo-lontà del potere maggioritario (non diversamente da altri ordines o uni-versitates bassomedievali), esprime una particolare consapevolezza non.soltanto quando rifletta sulla propria identità religiosa, ma anche quandodiscuta sul modo di ripartire al proprio. interno le esazioni fiscali decisedall'esterno, quando affermi vigorosamente ·le proprie scelte alimentari,quando dunque concretizzi quella identità in precisi e consapevoli attipolitici. L'ambiguità delle fonti interne, come di quelle esterne alla Co-munità,' l'oscillare frammentato dell'informazione offerta dal documentogiuridico o comunque rabbinico abbisognante non meno di quello scolasticocristiano di forti griglie interpretative, come pure l'apparente e ingannevolecertezza offerta dalla fonte d'archivio, non sottraggono al Toafi la visionedi un mondo che è visto e si vede come «arte ... corporazione ... ' Univer-sità degli Ebrei' t (a8). Si che le controversie che oppongono a questo mondoquello cristiano, soprattutto quattrocentesco, in tema di macellazione rì-

(37) A. TOAFF, Il WM , la earM cit., p. 8.(38) Ibidem, p. 112.(39) Ibidem, p. 113.

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tuale oppure di prestito su pegno, non appaiono più, in questa luce, genericaintolleranza religiosa, opposizione antica e sempre presente di Chiesa controSinagoga, ma piuttosto schieramento tardomedievale di una centralità chevuole affermarsi come unico polo normativo nei confronti di una alterità.destabilizzante (né unica, se pur di eccezionale rilievo). Da questo punto. d,i vista, tanto la gestione del pegno e la sua commercializzazione ebraichecosi osteggiate dall'ipotesi di programmazione economica avanzata da trat-tati e prediche del Francescanesimo Osservante, quanto Ia costante richiestapresente. nelle condotte, che regolano il rapporto Ebrei-città di uno spaziodi" macellazione rituale ebraico acquistano il senso di una presenza suiterritori a maggioranza cristiana nettamente contrassegnata in chiave tec-nica ovvero culturalmente identificabile. L'attenzione francescana ad evi-tare la «conversatione t ebraico-cristiana (40) che si afferma anche nellarivendita ai Cristiani delle parti non kasher delle carni macellate dagliEbrei equivale allora a timore non semplicemente di generico contagioideologico, ma piuttosto di ibridazione etico-economica del mercato, diavanzante protagonismo imprenditoriale ebraico. Appare, si osserverà, unchiaro e logico parallelo con la polemica antiusuraria dello stesso mondocristiano: polemica in realtà ·nei confronti di una gestione del pegno daparte ebraica che lo commercializza localmente, si che oltre il binomiousuar-avaritia (U) si rintraccerà facilmente l'avversione di un universo chesi va codificando moralmente-economicamente nei confronti di una koinèche gestisce la ricchezza su basi meno monetarie o creditizie di quanto spessosi sia creduto. ,

Nello scritto del Toaff si avverte, dunque, una nuova e più acuta sen-sibilità storiografìca per lo specifico ebraico, per i modi concreti della vitacomunitaria della minoranza, per i percorsi che conducono all'emarginazionedi quest'ultima, per la contestualità quindi di questa emarginazione. Tantopiù dunque risalta, soprattutto nell'ultima parte del libro, la sottolineaturaposta alla rilevanza economica che la minoranza avrebbe avuto fra Tre. e Quattrocento nelle zone qui esaminate. In polemica con Bonfil, come già.si vide, il Toaff, pur analizzando in concreto ilmolteplice impegno profes-zionale ebraico (mercantile, artigiano, bancario) (42) e ricavandone un'im-magine di dispersione fondamentale delle funzioni esercitate economica-mente dai membri della Comunità, pone tuttavia un accento sulle capacitàmonetarie ossia creditizie degli Ebrei di alcune famiglie. Si propende perun quadro di ricchezza e relativo inserimento nel sistema finanziario dellecittà cristiane turbato prima, squilibrato definitivamente poi dall'iniziativaantiebraica dei Francescani e in genere dalla crescente intolleranza delle

(40) Ibidem, p. 81 sgg., p. 86.·Il nesso fra gestione del mercato cristiano e lotta al si-stema di macellazione rituale è sottolineato anche da D. IANcu, Les lvils en Provence(1475-1501). De I'insertion à l'e:zpvlsion, Marseille, 1981.

(41) Sulla quotidianità del rapporto d'affari ebraico-cristiano, A. TOAFF, 11 vino , lacarne cit., p. 209 sgg.; sulla preferenza dei banchi ebraici per garanzie reali e mobili, pp. 291-292. Sulla difiusa abitudine ebraica di esportare e cioè commercializzare i pegni acquisiti,cfr. M. G. MUZZARELLI, Ebrei e città cit., p. 91 sgg.

(42) A. TOAFF, II vino e la carne cit., pp. 241 sgg., 265 sgg. 287 sgg.

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città. Capitoli della ricerca come quello dedicato al vertiginoso aumentodelle conversioni (43) dunque alla crisi che la Comunità umbra vive neglianni '60-'70 del XV secolo, nel pieno dell'offensiva minorita che conducealle fondazioni dei Monti di Pietà, se pure offrono nuove e stimolanti in-formazioni non collimano con l'insieme di un discorso che della positivitàdi una presenza tende a fare una funzionalità (44) della minoranza alla mag-gioranza. Se il sistema familiare ebraico .bassomedievale esprime una retedi banchi di prestito che da Roma raggiunge l'Italia centrale e risale sinoal Veneto, seguendo l'intricata vicenda delle migrazioni e delle alleanzematrimoniali, se l'economia dei banchi è rivolta non soltanto ai ceti bassi

• ma anche ai poteri cittadini, sarà consentito ricavarne l'idea di una assi-milazione dell'economia ebraica a quella delle «grandi compagnie to-scane t (41) e definire la struttura dei gruppi di prestatori imparentati fraloro una «struttura capitalistica t? Se una famiglia come quella dei DaBevagna fosse stata protagonista di una ricchezza politicamente influentecome quella di cui furono rappresentanti le compagnie toscane, ossia. igruppi familiari cristiani nella Toscana del periodo, sarebbe forse pensabileil suo così rapido declino (41) sotto la spinta dell'offensiva minorita? Sitratta evidentemente, ancora una volta, di non cadere nella trappola co-stituita dalla pseudoequivalenza fra significato economico-sociale di unacomunità e suo effettivo potere economico-politico. Se I'importanza dellapresenza sociale ebraica nell'Umbria bassomedievale consiste nel suo pro-porre un modello politico, una struttura di gestione economica, una retedi relazioni familiari che fanno riferimento a una tradizione diversa da quellacristiana, dunque a una testualità particolare, a un modo di pensare leconnessioni giuridiche fra soggetti, il denaro stesso, forse, diversi da quelliche Ia società maggioritaria si viene formando, sarà allora questo diversocodice sociale, economico e culturale a fondare per lo storico il significatodi questa presenza, non tanto la sua vaga analogia con i comportamentidella maggioranza. Che questa analogia sia tenue e rapidamente consumatadal fuoco delle polemiche quattrocentesche, lo mostrano, d'altronde, moltiluoghi e dati dellibro del Toaff nettamente contraddittori dunque ai puntinei quali l'Autore vuoI fare dell'esistenza ebraica un'improbabile contro-figura di quella cristiana assalita poi dal furore di un'intolleranza esclusi-vamente fratesca. Queste contraddizioni, comunque, in uno scritto storia-graficamente riassuntivo di un periodo di fitte ricerche, sembrano le tracce

(43) Ibidem, p. 181 sgg., p. 18S.(44) Ibidem, pp. 288·289.(4S) Ibidem, p. 290 sgg. Nel funzionamento economico e politico delle compagnie

cristiane, oltre al tipo di aggregazione interfamiliare ben descritta da C. KLAPISCH e D.HXRLIHY, I Toscani e le loro famiglie ••• , Bologna, 1988 (1· edizione 1978), pp. 340 sgg.,in particolare, è decisivo il costante e disinvolto ricorso alla pratica internazionale delcambio, per cui cfr. loLT. BOYER XAIIIBEU, G. DELEPLACE, L. GILLARD, Monnaie p,ivle" pouvoir des princes. L'lconomie des relations monltai,es et ta Renaissance, Paris, 1986.È dal nesso fra una precisa struttura di alleanze familiari e l'adozione di tecniche econo-miche su larga scala - garantite dal potere politico - improntate alla crescente astrazionedella riccheua che scaturisce il fenomeno della t banca t internazionale.

(46) A. ToAJ'p, Il vino , la carne cìt., p. IS9 sgg.

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e gli echi di quelle incertezze che, come si vide, hanno caratterizzato losviluppo di tutto il discorso sull'argomento in questione nell'ultimo de-cennio. Se pure è importante l'affiorare stesso di tali incoerenze metodologi-che, esse segnalano, d'altra parte, quanto persita e non sia ancora superatala difficoltà di stabilire una possibilità di storia significante riguardo a sog-getti la cui identità non si allinei a quella di maggioranza, ove, soprattutto,quest'ultima abbia fatto tutt'uno con la nascita del discorso storiograficocome tecnica della memoria.

Solo a patto, tuttavia, di superare il falso presupposto che induce al-l'uso di categorie esplicative univoche stabilendo così Ia non identificabilitàdi ehi sia stato allontanato dal «centro t della storia, sarà credibile la rì-:costruzione della vicenda minoritaria: se ne ricaverà, cioè, un senso ingrado di ridimensionare la vicenda maggioritaria medesima. Così, forse,cil mutevole, il non definitivo, l'obiettabile, il possibile t e quindi «il mol-teplice t potranno divenire chiavi interpretative di un Medioevo non piùspaccato fra centro e periferia, protagonisti e marginali, ma effettivamentecpolidirezionale t (47).

GIACOMO TODESCHINI

(47) O: CAPITANI, 1 secoli cetIl,ali del Medioevo: ti,. periodo storiograficoJ, Periodi.contenuti del Medioevo (a cura di P. DELOGU), Roma, 1988 (Università degli Studi-Seminaridell'Istituto di Storia Medievale, 1), pp. 89-110, pp. 107-108.