ebrei (quasi) come voi

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esplodere l’indignazione e la rabbia. Gli ebrei di colore sono scesi nelle strade di Gerusalemme, prima, e in quelle di Tel Aviv poi, per dire basta al razzismo e alla violenza delle forze dell’ordine. “Non neri, non bianchi, siamo tutti esseri uma- ni”, hanno scandito in piazza Rabin a Tel Aviv, dove è andata in scena una delle più violente proteste della storia del Paese. Migliaia di mani- festanti hanno bloccato una delle principali ar- terie della città, poi si sono riversati nel centro, in direzione del Municipio. Tanti giovani tra le fila del corteo, ma anche donne e madri di famiglia. “Ciò che mostra il video è quello che subiamo ogni giorno, solo senza una telecamera che lo documenti. Siamo ebrei e israeliani come tutti”, era il leitmotiv ripetuto dai dimostranti. Un’altra Baltimora La protesta, iniziata pacificamente, è degenerata in uno scontro che si è protratto fino a tarda not- te nelle strade di Tel Aviv, dove i contestatori hanno attaccato i poliziotti con lanci di sassi e bottiglie, mentre le forze dell’ordine hanno cer- cato per ore di disperdere i manifestanti con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e granate stor- denti. Un trattamento che fino ad ora la polizia israeliana aveva riservato solo alle proteste ara- be e i disordini nella West Bank in Cisgiordania. Gli elicotteri hanno sorvolato la città fino all’al- ba, mentre in televisione i notiziari straordinari hanno interrotto i programmi di intrattenimen- to per trasmettere le immagini della protesta. Il bilancio finale è stato di oltre 60 feriti, di cui circa la metà poliziotti, e 26 persone arrestate. “Israele sarà come Baltimora, ci saranno altre manifestazioni in tutte le città”, hanno promesso i dimostranti, riferendosi alla protesta nella città del Maryland, dove la comunità afroamericana si è scontrata con la polizia dopo i funerali di Freddy Gray, il detenuto di colore deceduto in se- guito ad alcune lesioni riportate proprio mentre era sotto la custodia della polizia americana. Al centro delle due proteste, esplose quasi in contemporanea a un oceano di distanza, c’è lo stesso ingombrante problema: la presunta vio- lenza di matrice razzista da parte delle forze del- l’ordine. Damas Pakada, il ragazzo ebreo pic- chiato dai poliziotti nel video, è un immigrato or- fano di 21 anni, arruolato nell’Israeli Defence Force (Idf). Indossava l’uniforme dell’esercito quando è stato avvicinato dai due agenti mentre era appoggiato alla sua bicicletta. Uno dei poli- ziotti lo ha spinto a terra, quindi gli ha tirato una ginocchiata minacciando di sparargli alla testa. Sull’episodio la polizia ha aperto un’inchiesta in- terna. «La discriminazione fa parte della routine di questa città. È per questo che abbiamo blocca- to le strade. È tempo che la società israeliana si svegli», ha detto una donna che ha preso parte al corteo. «I nostri figli hanno servito l’Idf e adesso non riescono a trovare lavoro. Ho attraversato il Sudan a piedi per contribuire alla formazione dello Stato di Israele. Non sono arrivata fin qui perché i miei figli venissero abusati dalla polizia e dallo Stato. Questo è il risultato di 30 anni di razzismo», ha spiegato Rina Angado della co- munità etiope alla testata israeliana ‘Ynet’. Il deputato di origine etiope Shlomo Molla ha in- vitato i giovani a portare avanti le rivendicazio- ni, con l’auspicio che “possano arrivare dove la mia generazione ha fallito”, invocando persino la disobbedienza civile. «Dovremmo smettere di arruolarci nell’esercito, non far parte della poli- zia, non pagare più le tasse, perché se lo Stato non tiene in conto i cittadini, allora anche in cit- tadini possono evitare di preoccuparsi per lo Stato», ha detto. L’intervento di Rivlin Il primo importante gesto di vicinanza alla co- munità etiope è arrivato all’indomani della ma- nifestazione dal presidente dello Stato di Israele, Reuven Rivlin, da sempre un riferimento morale per la comunità ebraica, secondo il quale la pro- testa ha messo in luce «una ferita aperta e san- guinante nel cuore della società israeliana. Ab- biamo sbagliato, non abbiamo guardato, non ab- biamo ascoltato abbastanza». Dopo una prima condanna alla deriva violenta, Benjamin Netanyahu, per scongiurare il rischio di una vera sommossa popolare, ha ammorbidi- to i toni, invitando una delegazione etiope a in- contrarlo di persona. «Dobbiamo cambiare un po’ di cose», ha ammesso il primo ministro, fa- cendosi fotografare dalla stampa con il soldato aggredito nel video. Un compito difficile, visto l’ennesimo muro eretto silenziosamente, in tut- ti questi anni da Israele, a scapito della mino- ranza di colore. Un muro, questa volta, interno e invisibile. Ebrei (quasi) come voi di Elena Borromeo Gerusalemme – Combattono nello stesso eserci- to, indossano la stessa divisa, difendono lo stes- so Paese. In molti casi parlano anche un ebraico perfetto e senza inflessioni. È impossibile distin- guerli dagli altri israeliani se non per il colore della pelle. Sono gli ebrei etiopi, discendenti di una civiltà antichissima. Negli scorsi decenni, come tanti altri ebrei, hanno lasciato la propria terra per riunirsi nel neonato Stato di Israele, in virtù della Legge del Ritorno. Ma la maggior parte non vi ha trovato che povertà, emarginazione, ingiustizia e razzismo. Un malessere, quello covato dagli ebrei di colore, rimasto nel silenzio per tutti questi anni. Finché nelle scorse settimane, la diffusione di un video che mostra due poliziotti bianchi pestare un sol- dato etiope senza un motivo apparente, ha fatto LA STORIA Dal Corno d’Africa alla Terra promessa Gerusalemme – L’immigrazione degli ebrei etiopi in Israele risale principalmente agli anni 70 e 80 del secolo scorso, dopo il riconoscimen- to ufficiale da parte del governo di Yitzakh Ra- bin della loro appartenenza alla comunità ebraica. Da quel momento in poi, i “beta Israel” (come si fanno chiamare in aramaico) hanno potuto beneficiare come tutti gli altri della cosiddetta Legge del Ritorno, promulgata nel 1950, secon- do cui qualunque ebreo ha il diritto di diventa- re cittadino israeliano, a prescindere dal luogo in cui è nato e cresciuto. Alcune teorie identificano gli ebrei etiopi come i discendenti dell’antica tribù di Dan, rimasti tagliati fuori dal resto della comunità ebraica per circa mille anni. In tempi più recenti, durante la guerra civile in Etiopia, il governo israeliano ha contribuito concretamente, anche attraverso operazioni segrete, al rimpatrio degli ebrei etiopi dal Cor- no d’Africa alla Terra promessa. Ma sebbene molti di loro si siano integrati nel- la comunità israeliana, facendo carriera nel- l’esercito e nella politica ad esempio, la mag- gior parte è rimasta ai margini della società, vittima di discriminazioni e violenze. Oggi gli etiopi che vivono in Israele sono appe- na 130mila su un totale di circa otto milioni di abitanti. Una minoranza che tuttavia nelle scorse settimane ha avuto la forza di scendere in piazza, paralizzando per un giorno e una notte la cosmopolita e brulicante di vita Tel Aviv. Secondo uno studio del Myers-JDC-Brookdale Institute, quattro ebrei etiopi su dieci oggi vi- vono sotto la soglia della povertà e per lo più svolgono lavori umili come addetti alle pulizie, cassieri nei supermercati o addetti alla sicu- rezza. A relegarli nelle frange più disagiate della so- cietà non sarebbero soltanto le regole sociali, che permettono di fatto solo a chi ha già una famiglia agiata alle spalle di studiare e rag- giungere i posti migliori. Accade spesso che molti di loro, dopo aver svolto il servizio milita- re obbligatorio (che per gli uomini è di tre anni e per le donne di due), non riescano a trovare un lavoro. Anche la polizia, con le sue provocazioni conti- nue e le sue incriminazioni sommarie, secon- do quanto sostenuto dagli stessi membri della comunità etiope, contribuisce a rendere più difficile la vita dei giovani. Con la fedina penale macchiata, infatti, in Israele è impossibile ac- cedere a qualunque professione. Bianchi e neri KEYSTONE L’emarginazione della minoranza di israeliani di origini etiopi è sfociata nelle scorse settimane in manifestazioni e negli scontri con la polizia, seguiti alla diffusione delle immagini del pestaggio di un soldato nero da parte di agenti bianchi. Una forma di razzismo latente che si va radicando e mina la società, come ha detto il capo dello Stato Reuven Rivlin. L’approfondimento 8 giovedì 21 maggio 2015 210515_08_Estero_1 21.05.15 17:08 Pagina 1

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L'emarginazione della minoranza di israeliani di origini etiopi è sfociata in manifestazioni e scontri con la polizia, seguiti alla diffusione delle immagini del pestaggio di un soldato nero da parte di agenti bianchi. Articolo di Elena Boromeo sul quotidiano svizzero "La Regione"

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  • esplodere lindignazione e la rabbia. Gli ebrei dicolore sono scesi nelle strade di Gerusalemme,prima, e in quelle di Tel Aviv poi, per dire basta alrazzismo e alla violenza delle forze dellordine. Non neri, non bianchi, siamo tutti esseri uma-ni, hanno scandito in piazza Rabin a Tel Aviv,dove andata in scena una delle pi violenteproteste della storia del Paese. Migliaia di mani-festanti hanno bloccato una delle principali ar-terie della citt, poi si sono riversati nel centro, indirezione del Municipio. Tanti giovani tra le filadel corteo, ma anche donne e madri di famiglia.Ci che mostra il video quello che subiamoogni giorno, solo senza una telecamera che lodocumenti. Siamo ebrei e israeliani come tutti,era il leitmotiv ripetuto dai dimostranti.

    Unaltra Baltimora

    La protesta, iniziata pacificamente, degeneratain uno scontro che si protratto fino a tarda not-te nelle strade di Tel Aviv, dove i contestatorihanno attaccato i poliziotti con lanci di sassi ebottiglie, mentre le forze dellordine hanno cer-cato per ore di disperdere i manifestanti con gaslacrimogeni, cannoni ad acqua e granate stor-denti. Un trattamento che fino ad ora la poliziaisraeliana aveva riservato solo alle proteste ara-be e i disordini nella West Bank in Cisgiordania.Gli elicotteri hanno sorvolato la citt fino allal-ba, mentre in televisione i notiziari straordinarihanno interrotto i programmi di intrattenimen-to per trasmettere le immagini della protesta. Il bilancio finale stato di oltre 60 feriti, di cui

    circa la met poliziotti, e 26 persone arrestate. Israele sar come Baltimora, ci saranno altremanifestazioni in tutte le citt, hanno promessoi dimostranti, riferendosi alla protesta nella cittdel Maryland, dove la comunit afroamericanasi scontrata con la polizia dopo i funerali diFreddy Gray, il detenuto di colore deceduto in se-guito ad alcune lesioni riportate proprio mentreera sotto la custodia della polizia americana. Al centro delle due proteste, esplose quasi incontemporanea a un oceano di distanza, c lostesso ingombrante problema: la presunta vio-lenza di matrice razzista da parte delle forze del-lordine. Damas Pakada, il ragazzo ebreo pic-chiato dai poliziotti nel video, un immigrato or-fano di 21 anni, arruolato nellIsraeli DefenceForce (Idf). Indossava luniforme dellesercitoquando stato avvicinato dai due agenti mentreera appoggiato alla sua bicicletta. Uno dei poli-ziotti lo ha spinto a terra, quindi gli ha tirato unaginocchiata minacciando di sparargli alla testa. Sullepisodio la polizia ha aperto uninchiesta in-terna. La discriminazione fa parte della routinedi questa citt. per questo che abbiamo blocca-to le strade. tempo che la societ israeliana sisvegli, ha detto una donna che ha preso parte alcorteo. I nostri figli hanno servito lIdf e adessonon riescono a trovare lavoro. Ho attraversato ilSudan a piedi per contribuire alla formazionedello Stato di Israele. Non sono arrivata fin quiperch i miei figli venissero abusati dalla poliziae dallo Stato. Questo il risultato di 30 anni dirazzismo, ha spiegato Rina Angado della co-munit etiope alla testata israeliana Ynet.

    Il deputato di origine etiope Shlomo Molla ha in-vitato i giovani a portare avanti le rivendicazio-ni, con lauspicio che possano arrivare dove lamia generazione ha fallito, invocando persino ladisobbedienza civile. Dovremmo smettere diarruolarci nellesercito, non far parte della poli-zia, non pagare pi le tasse, perch se lo Statonon tiene in conto i cittadini, allora anche in cit-tadini possono evitare di preoccuparsi per loStato, ha detto.

    Lintervento di Rivlin

    Il primo importante gesto di vicinanza alla co-munit etiope arrivato allindomani della ma-nifestazione dal presidente dello Stato di Israele,Reuven Rivlin, da sempre un riferimento moraleper la comunit ebraica, secondo il quale la pro-testa ha messo in luce una ferita aperta e san-guinante nel cuore della societ israeliana. Ab-biamo sbagliato, non abbiamo guardato, non ab-biamo ascoltato abbastanza. Dopo una prima condanna alla deriva violenta,Benjamin Netanyahu, per scongiurare il rischiodi una vera sommossa popolare, ha ammorbidi-to i toni, invitando una delegazione etiope a in-contrarlo di persona. Dobbiamo cambiare unpo di cose, ha ammesso il primo ministro, fa-cendosi fotografare dalla stampa con il soldatoaggredito nel video. Un compito difficile, vistolennesimo muro eretto silenziosamente, in tut-ti questi anni da Israele, a scapito della mino-ranza di colore. Un muro, questa volta, interno einvisibile.

    Ebrei (quasi) come voi

    di Elena Borromeo

    Gerusalemme Combattono nello stesso eserci-to, indossano la stessa divisa, difendono lo stes-so Paese. In molti casi parlano anche un ebraicoperfetto e senza inflessioni. impossibile distin-guerli dagli altri israeliani se non per il coloredella pelle. Sono gli ebrei etiopi, discendenti di una civiltantichissima. Negli scorsi decenni, come tantialtri ebrei, hanno lasciato la propria terra perriunirsi nel neonato Stato di Israele, in virt dellaLegge del Ritorno. Ma la maggior parte non vi hatrovato che povert, emarginazione, ingiustiziae razzismo. Un malessere, quello covato dagli ebrei di colore,rimasto nel silenzio per tutti questi anni. Finchnelle scorse settimane, la diffusione di un videoche mostra due poliziotti bianchi pestare un sol-dato etiope senza un motivo apparente, ha fatto

    LA STORIA

    Dal Corno dAfrica alla Terra promessaGerusalemme Limmigrazione degli ebreietiopi in Israele risale principalmente agli anni70 e 80 del secolo scorso, dopo il riconoscimen-to ufficiale da parte del governo di Yitzakh Ra-bin della loro appartenenza alla comunitebraica. Da quel momento in poi, i beta Israel (comesi fanno chiamare in aramaico) hanno potutobeneficiare come tutti gli altri della cosiddettaLegge del Ritorno, promulgata nel 1950, secon-do cui qualunque ebreo ha il diritto di diventa-re cittadino israeliano, a prescindere dal luogoin cui nato e cresciuto. Alcune teorie identificano gli ebrei etiopi come

    i discendenti dellantica trib di Dan, rimastitagliati fuori dal resto della comunit ebraicaper circa mille anni.In tempi pi recenti, durante la guerra civile inEtiopia, il governo israeliano ha contribuitoconcretamente, anche attraverso operazionisegrete, al rimpatrio degli ebrei etiopi dal Cor-no dAfrica alla Terra promessa. Ma sebbene molti di loro si siano integrati nel-la comunit israeliana, facendo carriera nel-lesercito e nella politica ad esempio, la mag-gior parte rimasta ai margini della societ,vittima di discriminazioni e violenze. Oggi gli etiopi che vivono in Israele sono appe-

    na 130mila su un totale di circa otto milioni diabitanti. Una minoranza che tuttavia nellescorse settimane ha avuto la forza di scenderein piazza, paralizzando per un giorno e unanotte la cosmopolita e brulicante di vita TelAviv.Secondo uno studio del Myers-JDC-BrookdaleInstitute, quattro ebrei etiopi su dieci oggi vi-vono sotto la soglia della povert e per lo pisvolgono lavori umili come addetti alle pulizie,cassieri nei supermercati o addetti alla sicu-rezza. A relegarli nelle frange pi disagiate della so-ciet non sarebbero soltanto le regole sociali,

    che permettono di fatto solo a chi ha gi unafamiglia agiata alle spalle di studiare e rag-giungere i posti migliori. Accade spesso chemolti di loro, dopo aver svolto il servizio milita-re obbligatorio (che per gli uomini di tre annie per le donne di due), non riescano a trovareun lavoro. Anche la polizia, con le sue provocazioni conti-nue e le sue incriminazioni sommarie, secon-do quanto sostenuto dagli stessi membri dellacomunit etiope, contribuisce a rendere pidifficile la vita dei giovani. Con la fedina penalemacchiata, infatti, in Israele impossibile ac-cedere a qualunque professione.

    Bianchi e neri KEYSTONE

    Lemarginazione della minoranza diisraeliani di origini etiopi sfociata nelle scorse settimane in manifestazioni e negli scontri con la polizia, seguiti alla diffusione delle immagini del pestaggio di un soldato nero da parte di agenti bianchi. Una formadi razzismo latente che si va radicandoe mina la societ, come ha detto il capodello Stato Reuven Rivlin.

    Lapprofondimento 8gioved 21 maggio 2015

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