corporazioni romane e arti medievali

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    PIER SILVERIO LEI HT

    CORPOR ZIONIROM NE

    ERTI MEDIEV LI

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    PROPRIETA LETTERARIA

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    p:: P T foPIER SILVERIO LEI HT

    CORPOR ZIONI ROM NEE

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    1937 XVGIUL IO E INAUD I ED ITORE TORINO

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    ndice

    I. Lor igine delle arti nell Europa occidentaleII Gli ultimi tempi Romani

    III . L ordinamento bizantinoIV. Le scholae romaniche .V Ministeri e offici del regno d Italia

    VI. Il problema del legame degli officia e ministeriacon l arte

    VII. La variet d origine delle arti nell epoca comunale

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    refazione

    L importanza assunta, nei nostri tempi, dalle uTlJioni sindacalidi datori e prenditori di lavoro , che san divenute, in faI me varie,nei diversi paesi, la spina dorsale della vita economica, ha richiamata vivamente lattenzione generale sui plecedenti storici di taliistituti, sulle organizzazioni che, nel mondo romano e nel mondomedievale, raggrupparono co mmercianti, imprenditori ed artieri.i volle sapere come queste si formassero , quale fosse la loro atti

    vit, quali le ragioni della loro decadenza, si vollero raffrontarecogli istituti odierni e vedere quali differenze o somiglianze vi sipotessero riconoscere.

    Un esame ;anche superficiale mostra profonde diversit; bastiosservare che interi strati della popolazione lavoratrice eranoesclusi, nelle arti medievali , dall esercizio dei diritti sindacali.Esse tendevano inoltre a costituire un regime di privilegio, sia dallato economico, che da quello giurisdizionale e per di pi avevano

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    f u,nzioni economiche, come l acquisto delle materie prime, che,nell attuale sistema italiano, sono escluse dallattivit delle U/.ioniprofessionali. Tuttavia, malgrado tali differenze, non si pu ne-gare che ci sian analogie che, talvolta, appaiono sorprendenti,quando si consideri la grandissima distanza dei tempi l D diversit della struttura economica. d esempio, l importanza assuntadall organizzazione data alla societ sul fondamento delle professioni, nell ordinamento politico dello Stato, non pu a meno dirichiamare alla nostra mente, quell interessante fase del governomedievale che si chiama Comune delle rti si trova o s ~ inItalia, come in altri paesi dell Europa occidentale.

    Nell ordinamento italiano odierno, poi, la stretta connessionedelle organizzazioni professionali collo Stato, ci richiama da unlato all ordinamento dei collegi romani, in particolar modo per ilprevalere dell interesse generale sull interesse delle singole categorie, dall altro alla disciplina imposta da taluni fra i pi rigogliosi nostri comuni, ad esempio Venezia, alle unioni pro fes-sionali.

    E naturale il chiedere come si sia formato questo stretto rapporto delle arti con lo Stato. Ha avuto, questo, nna parte notetole nella formazione di tali unioni professionali, od almeno hainfluito sulla costituzione della loro personalit giuridica? Comes formato il concetto della superiorit dellinteresse pubblicosull interesse profesoionale?

    Come ovvio, tali problemi sono legati a quello della formazione delle unioni professionali stesse nel periodo precomunaleed agli inizi del periodo comunale.

    A lcuni studiosi credettero di veder la ragione della formazionedi esse in movimenti di ribellione contro gli ordini feudali; alcunipoi vollero che i p r i n i p i ~ se ne trovassero negli stessi grandi do-min di quell et, nei quali, secondo la loro opinione, si concentrava la vita economica precomunale. ltri li videro invece formarsi all ombra delle istituzioni ecclesiastiche, con scopi preva-

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    lenti d assistenza e di culto. Per alcuni si tratta di movimenti, perla maggior parle, di servi anelanti alla libert, che cercavan eliscuotere l loro vincoli, formati gi dalle invasioni barbariche;per altri invece, il modello delle arti medievali si troverebbe neicollegi romani e gli ordinamenti del basso impero sarebbero continuati, in buona parte, senza interruzione, sino all et comunale:si tratterebbe, dunque, d unioni di liberi, pur soggetti, secondo ilsistema dei collegi, alla dipendenza dello Stato . Vha, quindi,come si vede, un estrema variet dopinioni.

    Le pagine che seguono hanno lo scopo di esaminare, in ispecieper i che concerne l Italia, ma senza considerare il fenomenoitaliano co me avulso dal mondo occidentale, i dati che le fontici offron in ordine a tale argomento. lo spero , che esse potrannofar conoscere ad un pubblico alquanto pi largo che non siaquello degli studiosi spec iali, quanto ampio sia staio, in tuttii paesi dell Europa occidentale, il lavorio dei ricercatori su ques toargomento, quanto importanti le ipotesi da essi poste, e come epazienti ricerche d archivio condotte negli ultimi decennI abbianopotuto porre in luce nuovi elementi utili aUro soluzione dii questiproblemi cos ardui ed interessanti.

    L EICHT

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    L o r ig ine delle artinell Europa o e ~ i d e n t a l e .

    Il problema delle origini delle arti , uno dei picomplessi che si agitino nel campo storico-giuridico. A renderlo pi ardu() contriblsce il fatto dellimmensa diffusione dell istituto, che dal Baltico e dal Mare del Nord, siestende fino al Mediterraneo. Esso sorge non solo nei territori dove Roma lasci un indelebile impronta della suacivilt, ma anche in altri dove essa o non estese il suo do-minio, oppure le tracce ne sparirono quasi totalmente. Eper questo che teorie generali sono assai difficili a o-struirsi. L idea, che ebbe sostenitori anche per le gildeinglesi, che lorigine delle associazioni mercantili ed arti giane del medioevo si potesse vedere 1Il una diretta filia-

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    zione dai collegi a romani si deve considerare come dif-ficile a sostenersi, come tesi generale, applicabile a tutti ipaesi dell Europa occidentale. Ci naturalmente non impe-disce che si possano ritenere esistenti in alcune terre, dovel impronta romana fu pi forte, legami di continuit frale organizzazioni di commercianti e d artier i che precedet-tero le arti medievali, e che con queste hanno indubbirapporti di collegamento, e gli antichi co llegia delbasso impero e del tempo bizantino. Senonch, levata dimezzo l ipotesi di una generale derivazione dai col-legia , l accordo non s affatto formato, fra gli studiosiper un altra teoria che ad essa si sostituisca.

    La dottrina che per mollo tempo tenne il campo, intutta l Europa o c c i d e ~ t a l e fu quella dell origine cur-tense delle arti mediovali. Un elaborazione scientifica,alla quale non si pu negare il merito di avere studiatoun gran numero di documenti e d aver anche messi in lucei vari lati, economico, giuridico, sociologico del problema,parti dal principio, che, nell alto medioevo, e particolar-mente nell et Carolingia e nella successiva et feudale,l economia fosse dominata in modo assoluto dalla grandepropriet. Secondo tale ipotesi, il lavoro degli artigiani fucompreso nel nesso di questa, i grandi proprietari organiz-zarono le arti nei vasti territori da loro dipendenti, in modoche ogni grande dominio divenne unisola economica baste-vole ai bisogni della popolazione che lo abitava; in cia-scuna di queste signori e territoriali, v erano perci orga-nizzazioni artigiane, nelle quali si svilupp, in questa

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    unione forzosa, lo stimolo dell'associazione. Quando perl'evoluzione economica del secolo XI-XII, la tessitura dellasociet medievale si mut, scioltosi il nesso della signoriaterritoriale, nelle citt si d ampio sviluppo a tali associazioni che, sorte con carattere di pertinenza personale e neldominio del diritto curtense, acquistano libert d'azione esvo lgono a proprio vantaggio quell'autonomia e quei dirittimonopolistici che erano stati, nelle origini, formati a vantaggio del signore.Secondo alcuni eminenti scrittori per, il fattore decisivo che porta alla formazione della vera associazioneartigiana, alla lnnung , come si chiama nei documentitedeschi del secolo XII, si trova prevalentemente nelle organizzazioni curtensi cittadine; nelle citt, che, sovente, per'impulso degli stessi grandi signori, come ad esempiol'arcivescovo di Magdeburgo, furon formate tali unioni diartieri. A susciiare numerose e forti associazioni artigiane,contribuiscono, da un lato, la formazione di mercati neiquali gli artigiani, pur legati alla colte signorile, hannodiritto di vendere e di comperare liberamente, rompendocos il vincolo curtense, dall'altro, il numero degli artigiani della t:itt, ben superiore a quello dei dominii signorili della campagna, cos che l associazione d'appartenentiad una stessa arte diviene facile e naturale.Questa dottrina, che, nata in Germania C , trov larga

    1) La teoria fu fondata da G L. v Maurer, K W Nitsch e da K T.von Inarna Sternegg. Vedi di quest'ultimo: Deutsche VerfassungsgeschichteLeipzig 1891, II, p 290 segg.:5

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    diffusione in Francia, dove la sostenne il Fagniez :

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    Questa concezione dello spInto d associazione, qualecaratteristica nazionale comune delle varie branche delpopolo germanico anim la grande opera del Gierke e fu ,estesa da qualche scrittore, come il Brentano, sino a com- prendere nell istituto delle gilda germanica, ogni forma diunione. Persino le leghe fra le citt Renane del secolo XIIIsono da lui classificate quali gilde, i cui membri sono citt,anzich singoli individui.

    Lasciando da parte questi ampliamenti del concettod associazione, dobbiamo ricordare che alla teoria dell associazione libera furon mosse obbiezioni gi nello stessoterritorio inglese, dove esso aveva trovato il pi ampiofavore, . perch appunto col si trovavano gli esempi piantichi di gilde di carattere protettivo e religioso, e quindipi ovvia era la connessione con le prime gilde economiche, cio le mercantesche. Queste opposizioni furonofondaLe sopratutto dal libro del Gross 4), il quale, studiando il problema, colla scorta di gran copia di documenti, mostr come fosse da respingersi una derivazionedelle gilde mercatorie che appaiono in alcune citt inglesinel secolo XII e nel XIII, dalle gilde del periodo anglosassone, e come una menzione di gilde mercatorie negliIudicia Civitatis Lundonie, sui quali si fondava tale legame, sia da porsi assai in dubbio. La Gilda Mercatoriaquale fiorisce nel regno d Inghilterra, una formazione

    (4) C. GROSS, Gilda mercatoria ein Beitrag zur Geschicht.e der englischenStiidteverfassung Giittingen 1883; dello stesso: The gild Merchant Oxford1890, I II.

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    del tempo Normanno e non si pu escludere che ad essacontribuiscano influenze del continente dove, a Saint Omer,per esempio, gi alla met del secolo XI, troviamo dalcastellano sanzionata ufficialmente una gilda di mercanti.Ci fu riconosciuto anche di recente dal Lipton.

    In ogni modo, negata l Influenza della gilda sullaprimitiva costituzione del comune. Si confermavano cos leconclusioni di Carlo Hegel, il quale si oppose risoluta-mente nel suo libro Stiidte und Gilden del germanischenVCilkern a che si facesse derivare il comune dallaGilda. Ne venivano infirmate teorie sorte, in connessionedi questa, in molti altri paesi, fra i quali anche in Italia,dove, fra l altri, l benemerito storico del diritto AntonioPertile consider che a creare quell unione cittadina, cheera necessaria a formare il comune, contribuissero le gildeche erano associazioni a scopi comuni, principalissimoquello della mutua difesa . Vero che il Pertile ammet-teva che accanto alla gilda di creazione germanica, potes-sero esser rimasti, in Italia, residui delle corporazioni ocollegia Romani

    Altre obbiezioni venivano mosse poi alla teoria dellalibera associazione, dai lavori dell Eberstadt, che im-prese a studiare alcune forme di organizzazione degliindustriali ed artieri cittadini della ~ r m a n i a occidentale,della Francia settentrionale e delle Fiandre, nel periodoanteriore allo sviluppo delle vere e proprie art i o

    (5) A. PERTILE, Storia del diritto italiano , II, l, Torino 1897, p. 179.S

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    Ziinfte (6). Si tratta degli officia o ministeria, deiquali sono numerose e notevoli menzioni nei documentidei secoli XI-XII e dei magisteria, che hanno posto inquesla organizzazione. Carlo Hegel gi prima e poi ilv. Below erano partiti dal concetto d un identit sostanziale fra officia, Gilde, Innungen, Ziinfte e fraternitates,pur ammettendo una differenza di forma esteriore C .Eberstadt ritorna a quella teoria della formazione pergradi del sistema delle gilde, che fissa come punto dipartenza pi antico, il lavoro d artieri legati da un vincolo personale al grande proprietario ed organizzati inspeciali gruppi per servizio della corte del Re, del Ve-scovo o del Conte, e giunge, come gi vedemmo, in seguitoad un lungo processo storico, all affrancazione di questivincoli in dipendenza della costituzione dei mercati liberiper arrivare inine, alle associazioni libere. Senonch loscrittore tedesco, analizzando gli officia e i magisteria,ritenne che questi siano quell anello di congiunzione fral organizzazione curtense e le arti , che non risultavachiaro nelle teorie precedenti. L officium, nel quale, perdisposizione del signore, son raggruppati gli artieri, chelavorano per sua utilit, non si trova dovunque; non dirado abbiamo invece artieri non organizzati alle dipendenze di corti signorili. Dove per l officium si trova,

    (6) R. EBERSTADT, Der Ursprung des Zunftwesens , Miinchen Leipzig,1915.(7) C HEGEL, Stiidte und Gilden der germanischen V olkern, Il, 495;

    v. BELOW , ltstehung des Handwerks in Deutschland nella Zeitschrift fii.rsozial und Wirtschaftsgeschichte V 124 e sego (1896).9

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    esso acquista particolare importanza per il legame checostituisce fra coloro che vi appartengono, per la graduale determinazione dei servigi che costoro devono rendere al signore, per i privilegi che un po per volta sonoloro concessi, cio: affrancazione da certi aggravii, disposizioni che limitano le pene per non aver ottemperato alleregole relative alle vendite, ai pesi e alle misure, e finalmente esenzioni dall amministrazione d ufficia li locali.Quest organizzazione prende un risalto ancor maggiorecolla formazione del magisterium. Il magisterium che sitrova in alcune citt francesi, quali Parigi e Chartres,come pure in citt tedesche, come Basilea, Magdeburgo.Brunswick ed altre, uno svolgimento ulteriore dell autonomia dell officium: il magister ha particolari privilegicl esenzione per la giurisdizione, tiene gli artigiani delmagisterium sotto la sua sorveglianza, gode una partedegli introiti giurisdizionali, ha particolari diritti, nel casod ingresso di nuovi membri dell officium da lui dipendente.Vi sono qui, come si vede, molti elementi che troveremopi tardi nelle arti . Tuttavia manca ancora 1 spiritodi larga autonomia e dautogoverno, che troveremo nellearti e che si sviluppano per effetto dell influenza esercitatasulle organizzazioni signorili dal mercato cittadino (8):gli artieri signorili che lo frequentano, rallentano rapidamente i loro legami, che si ri solvono spesso in censi pagatiagli antichi signori in sostituzione della precedente sogge-

    (8) ESERSTADT, op. cit . p. 217 e s go

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    ZlOne. In molti luoghi si formno poi associazioni di ca-rattere assistenziale, fraternit religiose, che accoppianoagli scopi di culto anche scopi economici, ed imitano lor-ganizzazione dei magisteria. Cos lentamente e con parti-colari s,,-olgimenti, determinati da circostanze locali, siformano le rti .

    Come si poteva supporre agevolmente, le idee del-l Eberstadt suscitarono una forte opposizione nei sosteni-tori della teoria dell associazione libera, i quali obbietta-rono all Eberstadt, che egli faceva oos risorgere la teoriacurtense : che il sistema degli officia poco diffuso e chemolto spesso l officium non ha i caratteri a lui attribuitidall Eberstadt; che pur ammettendosi l esi stenza d unaampia organizzazione signorile, questa per non ha maieliminato il lavoro libero, che non vi la prova d unatrasformazione delle organizzazioni curtensi in associazionilibere, perch gli artefici signorili sono esclusi dal mer-cato libero e fra due tipi di organizzazione vi antitesiassoluta I .

    Certamente non tutte queste obbiezioni hanno SIcurofondamento; vi sono per due punti della teoria di Eber-stadt che lasciano dubbiosi anche gli . studiosi, che non di-sconoscono il servizio da lui reso alle ricerche storichesu questo argomento, col porre in piena luce l importanza

    (9) Le obbiezioni vennero in principal modo da F. KEUTGEN, Aemterund Zunfte zur Entstehung des Zunjtwesens, Jena, 1903 e furon mosse allaprima edizione dell EsERsTADT , che rispose ad esse nella seconda, op cit.,p. 304 e sego Ritorneremo poi sull opilone di KEUTGEN.

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    dell'organizzazione degli officia.Un primo dubbio sorge dall et delle prove da lui

    addotte per tale organizzazione. Egli stesso riconobbe chele apparizioni scritte delle fraternitates , cio delleassociazioni libere, delle quali si pu seguire la trasfor-mazione in artes , che concorrono cio, secondo la suateoria, insieme agli officia ed ai magisteria , allaformazione di queste, sono contemporanee ed anzi un po'anteriori a quelle degli officia: a Rouen, a Magonzaappaiono fraternitates nel 1100, nel 1129 circa v' laredazione delle consuetudini cittadine di Strasburgo, dallequali largamente provata l'esistenza degli officia. Vero che queste ultime consuetudini attestano fatti ed isti-tuti ad esse anteriori, per pliove documentarie precedentinon risulta lO. L altro dubbio riguarda il carattere cur-tense (hofrechtlich) di queste organizzazioni, caratteresul quale Eberstadt insiste con grande asseveranza. Ora,dalle stesse consuetudini di Strasburgo 10), risulta, veroche il burgravio ha il diritto di porre i suoi magistri inquasi tutti gli officia della citt e risultano pure gli ob-blighi di prestazioni in lavoro od in manufatti od altrioggetti, al Vescovo, ma non appare chiaro che l ' organiz-zazione abbia un vero e proprio carattere curtense. I pe-scatori ad esempio, esercitano la loro arte, durante tuttol'anno per proprio conto e pescano per conto del Vescovo

    (lO) Vedo FAGNIEZ, Documents relati/s l histoire e l industrie et ducommerce en France, Paris 1898, p. 68, n. 103 , da WIEGAND, Urkundenbuchder Stadt Strassburg I, (1879), n. 616.

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    soltanto fra la nativit della Vergine e S. Michele, ciofra 1 8 e il 29 settembre. Pescatori e mugnai debbono poitrasportare il Vescovo per via d acqua, q u n ~ o questi neabbisogni; ma son accuratamente stabiliti i percorsi aiquali s estende l obbligo ed pure sancito che il thelo-nearius dovr dare navigli necessari. E questa unacondizione conforme al nesso curtense? Un dubbio apparegiustificato. i si pu cio chiedere se veramente qui ci sitrovi di fronte ad un organizzazione di carattere curtense,oppure se si tratti di oneri di caraLtere pubblico, che ilVescovo come signore del luogo esige dai suoi dipendenti,ci che non esclude possano essere liberi. Lo storico te-desco v. Below aveva posta una simile obbiezione alle deduzioni che uno scrittore precedente ad Eberstadt, Stieda,v,oleva trarre dal diritto di nominare i preposti agli o cipertinente al signore del luogo (a Parigi, ad esempio, cispetta al Re); egli neg che ci dimostrasse che in originegli appartenenti all officium dovessero essere stati servio quanto meno legati da un vincolo personale 11) . Cipu essere connesso col diritto di regolare il commercio ela produzione artigiana, spettante al signore, per il suodiritto di sovranit, e perci il vederlo in possesso di talepotere non dimostrazione sufficiente che il magister dalui nominato, sia l erede dei villici e dei ministeriales deldiritto curtense.

    Particolarmente vigoroso fu su questo punto lo studio

    (Il) V. BELow, TeTntonum und Stadt Miinchen-Leipzig 1900, p. 307 e sego23

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    del Keutgen il quale si richiam agli studi del v Belowed osserv che dall editto Pistense di Carlo il Calvo dell anno 864, ove si esamini attentamente il passo nel qualesi prescrive la sorveglianza .dei ministri rei publicae suifornai, macellai ed osti, si vede che nelle citt esistevano,da un lato, fornai dipendenti da vescovi ed abbati che viavevano residenza nelle loro corti e si devono pensare sog-getti al vincolo curtense, mentre dall altro vi son vendi-tori di tali alimenti indipendenti, che soltanto per pubblicointeresse sono sottoposti a quei funzionari. Avvert perciche una vita artigiana libera dovette continuare nelle cittall infuori del vincolo curtense: d altra parte l antica opi-nione che nelle ciu Romane della sinistra del Reno, cisia stata una completa interruzione della vita commercialee artigiana ormai abbandonata C2. Egli ritenne cheanche dove commercianti ed artigi ani fossero obbligati aprestazioni a favore della corte imperiale o vescovile, nonsi possa per questo dedurre senz altro che gravasse su diessi un vincolo curtense, perch si pot trattare di tributodi natura pubblica, prestazione in natura o di lavoro, chehanno la stessa indole di quelli in denaro. La necessit disorvegliare il mercato e l esazione dei tributi e prestazioniportarono alla formazione di raggruppamenti dei commer-cianti e degli artieri, ed a tali officia furono preposti dai

    (12) Questa interessante affermazione i KEUTCEN, op. cit. p. 44, n. 109.sta in contrasto colla vecchia teoria, secondo la quale nei tempi carolingici sarebbe stata soltanto una economia naturale, nella qu ale l attivit commerciale cittadina non avrebbe avuto ancora un posto rilevante. Contro

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    pubblici poteri, dei ministeri ali o addirittura dei magistri,che sono essi stessi degli artieri. Quest organizzazione chesi trova nelle citt Renane ed in altre citt tedesche, hapoi delle successive trasformazioni. Il magister, che vieneposto dal Signore della citt, esercita anche la giurisdi-zione sugli altri artieri che appartengono all officium alquale preposto; si tratta per d una giurisdizione limi-tata, giacch le cause pi importanti spettano alla giurisdi-zione del Signore della citt, al Vescovo o ai suoi ufficiali,oppure agli a1J:ri rappresentanti del potere imperiale. Permezzo di questi raggruppamenti si vengono cos a crearenuovi unioni d artieri o di commercianti con un propnocapo e con Wla certa autonomia che, come naturale,hanno sempre maggiormente la tendenza di tutelare ilproprio interesse pi che servire a scopi pubblici: s aprecos la possibilit della trasformazione dell o fficium in arteo Zunft 3 : Accanto a questa per si formano ancheunioni libere, Innungen, che sorgono contro il volere delleautorit, sopratutto per ottenere l es clusione dal mercatocittadino degli artieri forestieri e di quelli provenientidane curtes signorili.Queste sono le principali opInIOni poste innanzi neivarii paesi per risolvere il problema dell origine dellearti. Dei documenti italiani che riguardano lo stesso campo,ben poco s occuparono questi scrittori che, soltanto perquesta teoria \ edasi A DOPSCH , Die Wirtschaftsentwicklung der Karolingerzeit Weimar 1913, II, 352 seg., che l ha vigorosamente combattuta.(13) Vedi per ques to particolarmente KEUTGEN, op. cit. p 158.

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    incidenza li citarono, come materiale di confronto, che fugiudicato evidentemente di scarsa importanza, per questoperiodo pi antico. La situazione s per cambiata pitardi per effetto degli studi condoni cos da italiani comeda straniri su documenti di grande importanza che riguar-dano sia la parte romanica, che la parte longobarda del-l Italia, durante l alto medio evo, negli ultimi decennii.

    Riservandomi di esaminare pi oltre questi documenti, ri-corder che, in Italia, la questione dell origine delle corpora-zioni fu affrontata, in questi ultimi trent anni, da varii scrit-tori. Allo scritto giovanile del Solmi sulle associazioni (H),nel quale era esposta con molta genialit la tesi dell ori-gine libera delle arti da associazioni strette fra commer-cianti ed artieri, come movimento comune a tutta l Europa,rispose il Tamassia con un interessante scritto 15), nelquale esponeva l opinione che nelle terre romaniche vipotesse essere un collegamento fra le scholae del mondobizantino e le nuove arti del medioevo pi tardo. Egli ri-teneva per difficile pensare ad un collegamento cogliantichi collegia del basso impero e riteneva che il fattorereligioso avesse esercitata una larga influenza nella for-mazione delle arti, in particolare, nel territorio lombardo-tosco, determinando primitive unioni di fedeli appartenentiad una determinata professione, unioni che pi tardi si

    14) A SOL lU, Le associazioni in Italia avanti le origini del comuneModena 1898 .

    15) N TAMASS1A , e associazioni in Italia nel periodo precomLLnaleArchivio Giuridico LXI , Modena 1899 , p. 121 sego

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    trasformarono in arti. Questa idea, che venne sostenuta inFrancia, da Martin Saint Lon e da Boissonnade, ed inItalia da Gaudenzi nei suoi studi sulle arti . bolognesi edal Roberti in quelli sulle arti padovane, coincide inqualche parte con quelle dell Eberstadt, per il quale ilsorgere dell arte o Zunft, deriva dalla formazione di fra-ternit religiose fra coloro che esercitano lo stesso com-mercio o lo stesso mestiere; soltanto che secondo lui,queste fraternit avrebbero preso come modello della loroorganizzazione, il magistero. Particolare importanza, quantoa questo problema ebbero gli studi premessi da G. Mon-ticolo alla sua edizione dei capitolari delle arti vene-ziane C6 . Il Monticolo, quanto a queste, pi che ad unatrasformazione d antichi sodalizi religiosi, riteneva che sipotesse trattare d imitazione di quelli da parte dei nuovisodalizi, con questa differenza, che la scuola di devozioneraccoglieva persone appartenenti a tutti i ceti sociali,mentre i nuovi venivano formati soltanto da uomini ap-partenenti ad una sola arte per l impulso derivante dagliinteressi qomuni. In questi scritti non s accenna ad orga-nizzazioni di carattere economico anteriori alle arti, senon per le provincie romaniche, nelle quali la fioritura discholae con scopi economici comincia gi, nelle attestazionidei documenti, col secolo X e per Ravenna si risale facil-mente al IX. Per queste ultime provincie ebbero grandeimportanza le geniali ricerche di Hartmann, il quale fu

    (16) l capitolari deile arti Veneziane, Fonti per l Storia d ltalia dell Istituto Storico Italiano, Roma 18961905.7

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    il primo ad asserire la continuit dei collegi a romani nellescholae del periodo bizantino, se pure con caratteri mutatiper alterazioni avvenute per il decorso del tempo e percambiamenti delle condizioni politiche ed economiche.

    Un nuovo indirizzo agli studi relativi alle condizionidelle professioni nel periodo ..anteriOre all et comunalenel territorio del regno d Italia, fu determinato dalle ri-cerche sul testo delle H onorantiae Civitatis Papiae quando, a merito del Solmi, si stabil definitivamente laesattezza dell ipotesi posta innanzi dal suo editore A. S6-riga, che cio esso risaliva ai tempi degli imperatori En-rico II e Corrado II, cio agli inizi del secolo XI 7 .

    (17) R. 50RIGA in Bullettino della Societ Pavese di Storia Patria, XIV,Pavia 1914, p. 95; A. 50UII, Tl testo delle Honorantie Civitatis Papie,nell Archivio Storico Lombardo, seri e V XLVII, Milano 1920, p. 187 eidem, L amministrazione finanziaria del R egno italico nell alto medioevo,Pavia 1932 . Vedo anche su questo memoratorio, F. LANDOGNA La genesidelle Honorantie Civitatis Papie, nellA rchivio Storico Lombardo, serie VXLIX, Milano 1922, p. 295 sego

    Una edizione critica di questo testo, corredata dun amplissimo apparatoclocumentario, ha dato A. HOFMEISTER col titolo: Instituta regalia et mini-steria camerae regum longobardorum et honorantiac civitatis Papiae, in unfascicolo apposito dei Monumenta Germaniae Historica, 55., tomi partisII, fase. 3 Lipsiae 1933.Di questo insigne do cume nto mi sono occupato nei seguenti articoli:P. 5. LEICHT Le arti italiane nell et feudale in Archivio di Studi Cor-porativi, a. I, voi. I, fase. III, Pisa 1930 ; Origine delle Arti nelf EuropaOccidentale, nella Rivista di Storia del diritto italiano, anno VI, fase. I,Bologna 1933; Ministeria et officia, nella Rivista italiana per le scienzegiuridiche, N. S., anno IX, fase. I , Roma 1934.

    5i veda inoltre l articolo di G. M. MONTI Le associazioni in Italia e inFrancia nei sec. VI XII, nella Rivista: il Diritto del Lavoro, 1930.28

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    Si tratta d un memoratorio fatto collo scopo di descriverei redditi della Camera regia di Pavia, capitale del Regnod'Italia, prima che le dissipazioni avvenute . ai tempi diOttone III e d'Enrico II, ne avessero diminuita l'efficienza.Il documento appare anteriore al 26 Marzo 1027 cioalla coronazione di Corrado II ad imperatore. Esso hagrande interesse per il problema del quale ci occupiamo,perch ci mostra negozianti, zecchieri, pescatori, cuoiai,saponai, naviculari uniti da mollo tempo in ministeria;l autore delle Honorantiae descrive, infatti, una condizione di cose che risale, come egli stesso dice, ai tempidei Re d Italia Ugo e Lotario (926-950) e Berengario II(950-962) eS).

    Il ducumento ci permette di scenclere nell'intimo dellaorganizzazione. Appare chiaro che si tratta d'organizzazionidi uomini liberi, i quali hanno il loro giudizio a Pavia, capitale del Regno italiano, dinanzi al Re. I negotiatoresdella Longobardia erano, del resto, liberi sin dal tempo deiRe Longobardi, come lo dimostra la legge di Astolfo che lequipara, negli obblighi militari, ai proprietari fondiari. Acapo del ministerium stanno uno o pi magistri, che dipendono dal camerario del Re. Gi si vede formato nei mini5leria Pavesi il monopolio a favore degli appartenenti al

    ministerium , giacch, come il documento ricorda esplici tamente nessuno pu esercitare l arte del cuoiaio n fab-

    (18) Le Honorantiae parlano i Berengario primo, ma poich l autore lomenziona fra Lotario e Ottone I, anche HOFMEISTER (p. 16, n. 7 ritieneche si tratti del secondo.

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    bricare sapone, se non vi appartiene, e l ingresso nel -sterium d luogo al pagamento di tasse, delle quali unaparte va agli stessi confratelli. Si ricordano, nella Hono.rantiae i tributi che i ministeria dovevano alla cameraRegia e si rammenta anche come una parte di essi fossestata assegnata in beneficio al Camerario.

    Tutto ci che risulta nel documento, ha caraLteri pertiIlenti al diritto pubblico e, a mio modo di vedere, non cisi scorge nulla che faccia pensare all organizzazione urotense che troviamo in questi stessi tempi, come ho mostratomolti anni or sono, nei miei studi sulla propriet fondiariaIleI Medio Evo, in alcuni grandi possessi del Re, o di ricchivescovi e monasteri.

    Qui dunque ci troviamo dinnanzi ad un organizzazionedi Ministeria od offici (l identic.o significato dei due termini esplicitamente dimostrato da un diploma di Fedel i o Barbarossa relativo a Verona, sul quale ritorneremopi tardi), della quale il memoratorio pavese ci mostra laesistenza a Pavia ed a Milano, sin dal X secolo, ma dellaquale, come vedremo, si trovan traccie anche in altre cittdel Regno dItalia. l memoratorio ci mostra dunque cometale ordinamento di ministeria cd offici non appartengasoltanto alle regioni Renane e al Nord della Francia, ma-anche ad una parte dell Italia: ad un area, dunque, moltopi vasta. Quest area si estende da Bologna sino a Colonia,da Chalons a Treviri. E possibile pensare che ci avvengaa caso o semplicemente per imitazione, in paesi cos lontani1 uno dall altro? Non si deve invece supporre, che questa

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    corrispondenza d istituzioni derivi da un ordinamento gene-rale? lo penso che questa conclusione sia legittima. Chequesto ordinamento sia sorto nell et degli iIT.lperatori dellacasa di Sassnia non mi sembra molto verosimile: essi ebbero a pensare piuttosto alla difesa militare dell imperominacciato da ogni parte, che ad organizzazioni di questogenere. D a ltronde, come ho gi detto, il testo delle Bono-rantiae fa risalire i diritti della Camera, gi ai tempi deiRe d ltalia Ugo, Lamberto e Berengario II. Ma come spie-gare allora questa somiglianza d ordinamenti fra le cittdell Ilalia superiore e le citt del Reno e della Franciasettentrionale? Par legittimo pensare ad un et anteriorealla costituzione di Re d Italia indipendenti quali furonoBerengario I, Guido e gli altri fino a Berengario II, ad untempo nel quale non fossero ancora spezzati i vincoli frala Longobardia e le regioni occidentali ricordate: la menteva spontaneamente agli ultimi Carolingi.

    E un ipotesi che pu trovare un sostegno in qualcheosservazione ulteriore. Ricorder un fatto solo: la posi-zione particolare che gli addetti al commercio delle vetto-vaglie, pistores macellatores hanno nei documenti relativiai ministeria et offiGia. A Verona essi costituiscono unofficium distinto dalla schola maior che abbraccia le altreprofessioni. Nelle Honorantiae Civitatis Papiae pistores emacellatores non sono ricordati, ci che non pu voler diredi certo che non esistessero, ma piuttosto che dipendesseroda un ufficiale diverso dal camerarius. Anche ad Augsburged a Strasburgo, i macellai, i panattieri, e in genere le pro

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    fessioni relative all alimentazione, son soggetti ad una giu-risdizione diversa da quella alla quale obbedivano gli altriI fficia e l .TuLto questo non pu a meno di farci ricordare l ed ittoPistense di Carlo il Calvo dell am10 864, nel quale i vendi-

    tori di carne, di pane, di vino sono assoggettati ad unastretta vigilanza dei ministri reipublicae come ci dice, nelsuo linguaggio del tutto romanizzante, il documento carolingio ; i suddetti ministri devono invigilare per civitates,per vicos, atque per mercala, affinch venditori nonadulterino le merci, non alterino le misure. Ai tempi caro-lingi esistevano gi, pertanto, raggruppamenti di artieriliberi, sorvegliati da ufficiali regi eD .

    L organizzazione che ci viene descritta dalle Bono-rantiae e che, come veremo a suo tempo, perdura a lungoin varie citt italiane, appare quale uno svolgimento diquesti provvedimenti dei carolingi. E l ipotesi che ho deli-neato nelle mie precedenti indagini sul memoratorio Pavese. Nel libro postumo del Doren sulla storia economicad Italia, il compianto studioso osserv pure il sorpren-dente parallelismo fra l organizzazione pavese e quellaGhe trovamo in molti luoghi della Germania, come a Stra-sburgo, a Treviri, a Basilea ed in altre citt vescovili te-desche 1 .

    (19) KEUTGEN, op. cit., p. 74 per Strasburgo; EIlERSTADT, op. cit., p 31per Augsburg.

    (20) KEUTGEN, op. cit . p . 25l.(21) A DOREN, Italienische Wirthschaftsgeschichte, I, Iena 1934 C ora32

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    La pubblicazione delle onorantiae diede luogo a varieinLeressanti indagini . Il S6riga avvert l importanza dell organizzazione pavese dei ministeria che vorrebbe far risalire allet longobarda e pose in luce alcune testimonianze,assai interessanti, dalle quali risulta chiaramente, comevedremo in seguito, che tale organizzazione continua, aPavia, sino alla fine del secolo XII ed oltre. Egli ebbe anchead avvertire che tali ministeria erano organizzati pi a vantaggio dello Stato che a profitto dei maestri ivi riuniti; tuttavia l organizzazione gli apparve solo parzialmente ser\-ile , espressione nella quale si trova un evidente riflessodella teoria curtense.Chi trasse poi pieno profitto dal memoratorio Pavesefu il Solmi, al quale dobbiamo prima, uno studio sullecorporazioni romane nelle citt dell Italia superiore nell alto medioevo (negli studi in onore di Ronf ante, IV) e poiil volume sull amministrazione finanziaria del regno italiconell alto medioevo. In questi scritti troviamo ampie ricerche su tutto il sistema finanziario che viene descrittollelle onorantiae, dalla moneta alle dogane, ai dirittiregali sui mercati, all ordinamento del fisco ecc. Nellaparte riguardante i ministeria pavesi e milanesi descrittinel memoratorio pavese, i l Solmi asserisce che tale organizzazione appare come l erede della corporazione romana: nelrorganizzazione delle arti, egli dice, affiorano ancorala traduzione itahana i G. LuzzATTo, pubblicata negli Annali dell Univer-sit mmerciale L. Bocconi di Milano, Padova 1936, vol. Xl. Le citazionison fatte secondo questa traduzione. Vedo p. 100 sego

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    talune forme della corporazione romana, l organizzazionedei magistri i tributi, avanzi del vectigal artiq m la tassad entratura . Naturalmente non si tratta dell afferma-zione generica, che sarebbe ingiustifcata, della continuitdella corporazione romana nell a lto medio evo e del vin-co lo diretto ed immediato fra la corporazione romana e leistituzioni corporative dell et comunale . Non si trattadella tesi troppo semplice per pter essere vera, data lim -mensa trasformazione .politica e sociale avvenuta co lle inva-sioni nei territori occupati dai Longobardi, della pura con-tinuit; per, il Solmi conclude vi furono ministeria edo/ficia legati allo Stato e alle citt, e questi continuarono avivere e si salvarono cos, almeno in parte, alcune delleantiche forme corporative .

    Il Solmi, pur con queste attenuazioni, ritiene dunquepossibile il pensare per i ministeria pavesi ad una conti-nuazione, in essi, dalcuni elementi dei llegia del bassoimpero. A questa tesi s accost di recente il Cadi 22), neisuoi studi sulla Storia del mercato in Italia, nei quali rico-nobbe che nelle Honorantiae si pu vedere una sopravvi-venza della corporazione obbligatoria che dove tte persi-stere pi a lungo nell Italia bizantina, dovette persisterepi a lungo nelle citt capitali; quindi anche a Pavia . Sitratta, secondo l A ., dell inesorabile tramonto di ci cheancora rimane delle vecchie forme . Egli nega che gli isti-tuti pavesi si possano trovare in altre citt dell Italia se t-

    (22) F. C ARLI, Il mercato ne alto medioevo Padova 1934, p. 247255.4

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    tentrionale ci che invece apparve verosimile al Sol mi, il4uale all erma che 4uesto stato di cose, salvo particolaridoveva esser comune alle diverse citt italiane e3 . IlCarli, quanto al sistema dei ministeria pavesi pi che allecorporazioni romane, pensa all antica teoria curtense r i tiene che, in sostanza, l ordinamento stesso sia un portatodel sistema curtense, che tent di estendersi anche allaci tt e nelle citt sedi di corti regie si trasport effettivamente lo stesso ordinamento proprio delle dette regie. Inqueste ciit vi furono dunque dei servi ministrales e deglioffida, come appunto troviamo a Pavia nel X secolo l

    Quest affermazione che difficile conciliare, per verit,coll idea della sopravvivenza dei collegi romani, porta,com logico, il Cadi a negare la possibilit d un rapportodi continuit fra questi istituti dell et precomunale e learti dell et comunale. Appare, sotto questo punto di vista,superfluo ricorrere, come egli fa un po pi innanzi, al COllotrasto esistente fra il carattere statale e coattivo dell orga.nizzazione corporativa del basso impero e le associazionilibere dei comuni, per negare che possa esserci stato unlegame fra i ministeri a pavesi e le arti: basterebbe perquesto la sua affermazione, ove fosse esatta, del caratterecurtense dei ministeria ed officia e del marchio servile deisuoi addetti. Ma, come vedremo pi oltre, il memoratoriopavese contraddice, invece, apertamente a questa inclusione

    (23) A. SOLMI, Le corporazioni romane nelle citt dell flalia superioreTtell alto medioevo, Padova 1929, p. 21

    (24) F. CABLI, Il mercato nell et del comune, Padova 1936, p. 357.35

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    degli appartenenti all ordinamento dei m n steria fra iservi: basti per questo il fatto che essi hanno il loro giudizio dinnanzi al Re.

    C perci da fare una riserva sulla tendenza del Carlia disgiungere il problema giuridico da quello economico,dato che appunto questa voluta separazione dei due criterii,pu indurre a tralasciare elementi di tanta importanza, perdefinire esattamente il carattere degli istituti pavesi.

    Con ci non intendo per dire che abbia torto il Carliquando osserva che molte volte gl istituti giuridici rimangono, anche quando il loro contenuto sostanziale venutomeno. La questione sta nel vedere se, pur attraverso a talimutamenti, la figura giuridica del rapporto riesca a mantenere un proprio vigore, cos da esercitare un notevole influsso sul definitivo atteggiarsi del rapporto stesso.

    Questa distinzione fra scopo economico e figura giuridica anima tutta la trattazione che fa del problema unaltro recente scrittore, cio il Mickwitz, che ha dedicato unvolume alle f unzioni di cartello delle arti o Ziinfte e5 .Il Mickwitz ha fatta un amplissima disamina delle fontiche possono servire in tutta l Europa occidentale e centralead illustrare il problema dell origine delle arti: perci quitroviamo discussi cos i documenti tedeschi, come glitaliani, gl inglesi come i francesi. Egli inoltre discute anchele opinioni principali espresse dai varii autori che hanno

    25) G. MICKWITZ , Die Kartellfunktionen der Ziinfte und ihre Bedeutungbei der ntstehung des Zunftewesens Helsingfors-Leipzig 1936.

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    scritto in proposito. Tale disamina conduce il M a costruireuna teoria sull origine delle arti che, nel complesso, negaquei rapporti, sia fra le organizzazioni r o m n ~ e le pitarde medievali, sia fra quelle del meioevo precomunalee le successive arti del periodo comunale che erano statiaffermati, come s visto, in vario modo, da molti scrittori.L A. si palesa contrario, in massima, all idea d una lentaevoluzione e trasformazione degli istituti; non vuole pertanto ammettere che le arti del periodo comunale possanonver le loro radici, in molti casi, nelle organizzazioni signorili di commercianti od artigiani dell et precedente, macrede im-ece che le arti del medioevo pi tardo costituiscano un fenomeno autonomo e spontaneo. Ammette soltanto la possibilit d un imitazione dell ordinamento dellearti da paese a paese.

    Il fondamento dell opinione dell A. sta appunto nell esame degli scopi economici delle arti . Le organizzazionisignorili che troviamo nell alto medioevo possono bens, aa suo avviso, aver avuto qualche legame coi collegi delmondo antico, giacch l interesse economico protetto negliuni e negli altri era sempre esclusivamente inteso al vantaggio dello Stato o del Signore, ma le successive arti sonocostruite su basi economiche totalmente diverse, giacchesse uron organizzate da commercianti o da artigiani pertutelare soltanto i propri interessi.

    Avremo occasione di soffermarci plU mnanzi su varieprove che, secondo.il nostro parere, contraddicono le opimOll l di questi scrittori che negano cos recisamente la con-

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    tinuit delle organizzazioni professionali dell et precomu-naIe nella successiva et comunale e ci additano invece, incerti casi, un legame fra le une e le altre.

    A questi scritti devesi aggiungere il volume di G. M.Monti sulle corporazioni nell evo antico e nell alto medio-e\o, nel quale l A. ha raccolto con molta obbiettivitle varie opinioni emesse intorno al problema e i documenticitati a sostenerle. Egli ritiene giusta l opinione che le cor-poxazioni siano prodotto spontaneo e pienamente ongl-naIe di quel primo rinascimento che riempie di s i secolidopo il mille e S , tuttavia fa notevoli restrizioni a taleasserzione, ammettendo la continuazione d alcuni elementidella corporazione romana nei ministeria e di qu nellearti, o, per usare le parole del Solmi lininterrotta suc-cessione degli elementi civili .

    D altre indagini sullo stesso problema mi riservo diparlare nel corso di questo studio. Esso rivolto a riunireed a discutere i materiali storici relativi alla storia delleorganizzazioni pr:ofessionali che riguardano l Italia ed atrame gl indizi che ci possano guidare ad una soluzione deidue principaE quesiti che ci offre la storia delle organizza-zioni professionali nel periodo che va dalla caduta dell im-pero romano doccidente, al sorgere dei comuni: cioquello dello sparire o del conservarsi dei collegi romani e

    (26) MOl iTI , e corporazioni nellevo antico e nellalto medioevo, Bari1934, p. 211 : le parole riportate sono del VALSECCHI, Le o rpor z ioni nel-l organismo politico del medioevo , Milano 1931 , che il Monti cita, dividen-done il pensiero.

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    alcune regioni, in molta parte della penisola non tolse l organizzazione statale quale s era formata, con notevoli residui romani, nel regno Longobardo e nel regno Franco.

    Dati questi capisaldi dell evoluzione economica, naturale che la ricerca relativa alle vicende delle organizzazioni professionali in Italia duranLe l alto medioevo offraun particolare interesse: qui si presenta pi vivo che inogni altro paese il problema dei rapporti fra la civiltantica e la civilt medievale e pi interessante il contrasto fra le correnti che provengono dalle nuove energieapportate nei paesi romanici dalle schiatte germaniche e ilsopravvivere d istituti del mondo romano-bizantino, siapure modificati pi o meno profondamente dalle vicendestoriche e dalle mutazi,oni sociali. La limitata influenza delfeudo in grandi regioni italiane, il permanere di un economia urbana abbastanza intensa, l i mportanza mantenutadalla classe commerciale, il vivace ritmo dei traffici marittimi, tutto ci non pu a meno di dare alle testimonianzesLoriche italiane un pes singolare nello studio di questovasto problema per tutto l Occidente. E necessario naturalmente iniziare le nostre indagini con uno sguardo alleistituzioni del mondo romano nel suo ultimo periodo precedente alla caduta di Roma occidentale.

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    Gli ultimi tempi Romani

    Il mondo romano, specialmente negli ultimi due secolidell im pero occidentale ci presenta una complicata organizzazione economico-amministrativa di professioni e -stieri fondata su collegia di varia indole. Alcuni di questicollegia erano liberi, intendendosi per questa libert nonin senso assoluto, ma relativo, perch dalla lex Iulia collaquale Augusto sottopose ad autorizzazione ed a sorveglianza i llegia nessuno di questi poteva sorgere senzaconcessione, che avveniva fino al secolo da parte delSenato, nelle provincie senatorie, e nelle altre da partedell imperatore, quando fosse certa l utilit che ne deri.-ava all economia pubblica. Pi tardi tali poteri sono

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    concentrati nell imperatore (l). Che questo controllo fosseeseguilo nel modo pi rigoroso lo sappiamo da varie fonti.C6S Aurelio Vittore ci narra della cura data da Traianoall annona di Roma e del fatto che egli, per meglio garan-tirne la regolarit, costitu e diede regolare autorizzazionefirmare o confirmare il termine tecnico adoperato perquesto) al collcgium pstorum. Cos d altra parte in una let-tera di Plinio, vediamo lo stesso Traiano negare la costi-

    tuzione d un collegio di fabbri a Nicomedia per il timoreche vi s introducessero persone estranee e che si volgessel associazione a diversi fini. Questi documenti ci mostranocome il controllo dovesse essere fermo e continuo. Questicollegia avevano obblighi verso lo Stato. E noto, adesempio, quello che grava sui muratori e su altri collegiaobbligati ad accorrere con adatti strumenti per spegneregl incendi, obbligo che si trova in vigore anche a Costan-tinopoli.L epoca dei Severi rappresenta un mutamento nell or -ganizzazione dei collegia giacch in questo tempo, da unlato, si stabiliscono industrie di Stato e s organizzano COl -porazioni d artefici addetti a queste, con carattere eredi-tario; dall altro si serrano i vincoli dei co llegia gi esi-stenti per tutto ci che concerne l approvvigionamento, cosda sottoporre l attivit dei commercianti ed artieri diquesti rami ad una strettissima sorveglianza. primo caso

    1) Vedasi su questo problema il recente scritto di DE ROBERTlS , Con -tributi alla storia delle cor porazion i a Roma I, 69 sg_

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    quello delle fabbriche d armi, degli addetLi ai metalla,delle manifaLlure di seta che servono per la corte impe-riale. Questi addetti sono perpetuamente ed. ereditaria-mente assegnati al collegium e non possono perci nallontanarsi dalla citt, n assumere uffici ecclesiastici vmilitari che vengano a distoglierli dal loro munus. Per ibisogni dell annona servono i collegi dei pistores, deisuarii, dei caudicari, dei catabolenses, dei navicularii, tuttiaddetti o all industria alimentare oppure al trasporto dellederrate. Anche qui l appartenenza al collegio perpetuaed ereditaria, ma l attivit industriale o commerciale autonoma, al contrario di quanto avviene nelle industriedi Stato. Vi per il vincolo dipendente dai calmieri,imposti dallo Stato secondo la costante pratica dell impero.Questi collegia sono costituiti di imprenditori, sia chesi tratti di padroni di forni, di proprietari di navi ecc.Tuttavia, dopo la refutazione fattane da Waltzing, non sipu ritenere che tali imprenditori non partecipassero maial lavoro; anzi sovente era questo il loro munus. Natural-mente essi avevano schiavi alle loro dipendenze, dai qualiesigevano le pi pesanti fatiche: cos i fornai tenevanoquesti servi incatenati, adibendoli al lavoro del pistrinum.In altri casi venivano adibiti a tali lavori pi gravosi deidelinquenti attribuiti a titolo di pena, al collegium 2).I particolari di questa organizzazione non sono ben noti,ma di certo vi sono differenze da collegio a collegio, non

    2) Editto di Teodorico, c 69

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    solo, ma da localit a localit. Il Waltzing (3, ha notato,ad esempio, come il vincolo che grava sulle persone e suibeni dei membri dei collegi obbligatori abbia, quanto ainavicularii, diversa intensit secondo che trattisi di membri che appartengono al collegio per ragione ereditaria,oppure se tali membri siano entrati nel collegio stesso peraver comperati beni che eran ad esso vincolati, per esserstati originariamente posseduti da un naviculario. In questoultimo caso, il nuovo proprietario era obbligato alla navi-cularia functio cio all onere di garantire i carichi digrano trasportato per conto dello Stato e ad altri pesi,ma non per questo diveniva naviculario, n aveva i relativi particolari muner personali. Per i pistores invece,

    estraneo che ne acquistava i beni, doveva scegliere fral abbandono dei beni stessi ed il suscipere pistoris of-ficium (Cod. Theod. XIV, 3, 2, 2). Ma pure la condizionedei pistores era diversa se essi producevano l panis gra-dilis, che veniva distribuito gratis ai cittadini provvistidella tessera frumentaria, o se, invece, facevano il panisostiensis o jiscalis che era destinato alla vendita. Nelprimo caso i pistores lavoravano per conto dello Stato ericevevano da questo un compenso; nel secondo, invece,comperavano il grano dallo Stato, lo lavoravano e lo ven-

    (3) WALTZING, tude historique sur les Corporations professionnell schez les Romains, Louvain 1895, I, 57. Per le dispo sizioni degli imperatoriValentiniano e Graziano dirette da impedire 1abbandono d una categoriaper un altra vedo ora SOLARr La crisi dell impero romano, I, 80 e II, 44,Milano 1933.

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    devano poi ad un prezzo stabilito dal calmiere che con-sentiva loro un modico guadagno 4). Due problemi ine-renti a quest organizzazione c interesserebbero molto, ovesi potessero compiutamente risolvere, per il confronto coitempi posteriori che scopo di queste pagine. Uno di essi la diffusione di questi collegi nell Impero; l altra l esi-stenza di collegi liberi accanto ai collegi obbligatori deiQuali abbiamo parlato. Quanto al primo problema, unegregio studi.oso, il Visconti, ha, in due suoi recenti scritti,

    ~ o s t n u t o che anche negli ultimi tempi dell Impero occi-dentale, esistessero collegia non solo nelle capitali, mapure nelle citt di provincia, malgrado la desolazione nellaquale molte fra queste, particolarmente nell Occidente,erano cadute; queste conclusioni sono le stesse alle quali arrivato, nel suo recente libro il Mickwitz, il quale aggiunge che la lista dei co llegi deve essere aumentata pereffetto dei papiri dei quali stata data notizia in questiultimi anni e . Il Visconti aggiunge per che non sipossono estendere alle provincie le norme del diritto sin-golare sancito per Roma e per Costantinopoli . Credo chetali conclusioni debbano essere accettate in generale, bench non si possa escludere che restrizioni consimili esi-

    (4) Nel Cud. Theod. XlV, 19, l c un decreto dArcadio ed Onorio chediminuisce il prezzo del panis ostiensis.(5) Il MICKWITZ, op. cit . d, a p. 178 e seg., notizia di var papiriegiziani del IV secolo ove son menzionati i collegia. Da essi risulta chela costrizione legale che determina l appartenenza obbligatoria ai co llegia

    per certe professioni esisteva anche in Egitto. Non ne appare dimostratoinvece un ohhligo ereditario.

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    stessero anche l grandi citt come p. e. Alessandria oCartagine. Sono invece assai perplesso nel giudicare l altratesi del Visconti 6), il quale nega che fuori di Romaesistessero r :ollegia pistorum all i nfuori che ad Ostia,dove la loro presenza ci attestata da varie epigrafi. Laquestione ha interesse per noi, giacch i pistores sono fragli artigiani e commercianti, quelli che ci danno abba-sianza presto tracce d un attivit collegiale nel medioevo.Comunque appare certo che negli ultimi tempi dell Im-pero e nell e poca gotica, collegia pistorum si abbianoavuti in Italia anche fuori di Roma: a Ravenna troviamoinfatti, un pater pistorum che sta di certo in relazioneeoll organizzazione d un corpus o collegium C . Si vedeperci che in citt di grande importanza esistevano collegiaanche per questa parte dell approvvigionamento cittadino.

    (6) A. VISCONTI, Il collegium pistorum nelle fonti giuridiche romane emedievali, Rendiconti del R. Istituto Lombardo , LX IV, fase. VI-X,Milano 1931; Id. , Su l collegium pistorum e sulla politica annonaria delbasso impero, negli stessi Rendiconti , LXVIII, fase. XI-XV, 1935.

    A me sembra che la costituzione contenuta nel Cod. Th eod. XIV, 3,12 diretta al proconsole d Africa, nella quale si dnno prescrizioni relativeai pistores che ogni cinque anni ex officio quod ei corp ori constat addictum,dovevano essere invia ti alla urbs sacratissima, indichi l esistenza d uncollegium = cor pus, in qualche citt africana, probabilmente Ca rtagine.L officium che vi ricordato nOn deve essere altra cosa che l organo am-ministrativo del collegium (ved. WALTZINC, op. cit., II, 355). In questo nonmi pare sia da seguire Gotofredo che nel commentario a questo passorit enne che qui sallud esse all officium minOTum iudicum dell Africa e cosl intese anche il GUERRiERI, nel suo studio sul Collegium pistorum, nell Ar-chivio di Studi co rporativi , II, 270, Pisa, 1932.

    (7) MARINI, Papiri Diplomatici , Roma 1805, p. 352 sg. Poter, patronuse prior sono termini equivalen ti e stanno ad indicare i capi del co llegium.

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    Ancora pi ardua la soluzione dell altro quesito.Qui l op inione d a lcuni scrittori assoluta nel senso diritenere che la forma coattiva ereditaria, che abbiamoveduto usata per i collegia addetti alle manifatture diStato e per gli altri relativi all approvvigionamento dellecapitali, si estenda verso la fine del secolo IV, anche atutti gli altri o llegia ~ ) . Si ricorda, a questo proposito laspiccata tendenza del basso impero a rendere ereditarieanche altre occupazioni: cos avviene dei soldati addettialla difesa della frontiera, cos dei coltivatori addetti allaagricoltura. Altrettanto, dicesi, dovette avvenire per leprofessioni ed i mestieri cos che la popolazione delloStato avrebbe finito coll aver un aspetto di caste ereditarie,ci che in effetto, non avvenne. Non si pu negare che vsiano passi del Codice Teodosiano che parlano generica-mente dei collegiati che devono essere fatti ritornare ailoro collegia che hanno abbandonati per recarsi in altrecitt, o per nascondersi nella campagna Cod . Theod.,XII, 19, a 400), ma anche vero che a queste costitu-zioni si pu dare il significato che esse diano istruzioni aivari magistrati romani per colpire soltanto quei tali o -legiati che erano legati da questi vincoli; comunque sitratterebbe di provvedimenti per far rientrare in sedecoloro che avevano abbandonato le proprie citt e non sene pu dedurre, mi sembra, una regola generale che abbiareso obbligatoria ed ereditaria ogni professione costituita

    (8) Vedasi per lut t i WALTZING, op. cit., II , 51, e sg.7

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    Hl collegium 9). Se ne pu dedurre bens che l operadata alla professione era ritenuta come un dovere al qualenon si poteva mancare, cos che Arcadio ed Onorio col-piscono di pene pecuniarie cos i curiali, come i collegiatiqui debita prestatione patriam defraudarent (Cod. Theod. ,XII, l , 146) . Questo per, sebbene sia principio di grandeimportanza, non si pu addurre a sostegno della tesi sopraricordata. A me sembra che una conclusione pi modesta,ma pi certa, sia quella che tutti i collegiati siano vinco-lati personalmente al loro collegum e, per esso, alla lorocitt, che non possono abbandonare per lungo tempo senz alegittimo motivo. In questo senso tutti i collegi sono ob-bligatori perch tendenza imperiale quella di tenerognuno nella sua professione e nella sua citt. Quantoper al vincolo particolare dei beni ed all obbligo eredi-tario, possiamo fondatamente ammetterlo soltanto per icollegia dove essi son ricordati in modo espresso, cio, insostanza, per gli addetti alle manifatture di Stato, ai varicommerci e mestieri che servono all approvvigionamentodelle grandi citt, senza che ci sia consentito di definirmeglio il significato di questo termine, e per certi mestieriche hanno importanza per la sicurezza cittadina. Per lacapitale dell occidente, tale concetto . espresso in forma

    (9) Queste varie condizioni sono per profondament e distinte dinanzi aigiuristi del tempo: vedasi ad es. l interprelatio al Co d. Teodosiano XI V, 7,l de quorum tiliis haec servanda conditio est ut si de colona vel ancillanascuntur, matrem sequatu,r agnatio si vero de ingenua et co lleg iato. colle-giati nascantur.

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    pittoresca dal Cod. Theod., XIV, 4, 6, dove dice dei r-cinarii: cum pervigilem laborem populi Romani com-modis exhibeant. Non si tratta soltanto dell alimentazione,ma anche della sicurezza: da ci il vincolo che colpiscecarpentieri, fabbri, muratori che debbono aCCOrrere a se-dare gl incendi. E da ritenere perci che i commercianti,gl imprenditori, come pure gli addetti alle cosi dette professioni liberali, che costituiscono collegia, fossero bensobbligati a non abbandonarli, per la regola generale suaccennata, ma non avessero vincoli ereditari n gravami checolpissero i beni. In certi casi il vincolo dei beni sorge perla speciale qualit dell attivit svolta dai collegiati, comead es., quando i beni dei nummularii sono vincolati pergarantire il pubblico dalle frodi che essi potevano facilmente commettere Cod. fust., XI, 18, l), ma ci non sipu citare come prova d un vincolo generale.

    Quanto all organizzazione interna ed agli scopi ai quali vlto il collegium, mi limiter soltanto a ricordare alcuni punti che ci potranno servire pi tardi come materia< li confronto con ci che accade nell alto medioevo inItalia.

    Tutti i collegia stanno, in generale, alle dipendenzedel prefetto del pretorio, al quale attribuita la sorveglianza generale dei prezzi, nonch dei redditi che provenivano al fisco. A lui fa capo tutta un organizzazione, inparticolar modo per ci che concerne gli approvvigionamenti, come apprendiamo da una v a r i a di Cassiodorodel tempo del re Teodahato Var., X 28), dove sono enu-

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    .dentemente, da questo ceto pi elevato dell ars pistoriache si traggono i capi.

    Quanlo ai rapporti dei collegia collo Stato c da di-stinguere i collegi pertinenti alle manifatture dello Statodagli altri, poich nelle prime tutto l ordinamento dellavoro dipendeva dai preposti statali . Anche negli altriper vi sovente una stretta dipendenza. Cos per i navi-cularii che trasportano il grano dello Stato, questo fissa ilnolo del trasporto e lo fa pagare dall amministrazionedellannona. Ed anche per i collegi, nei quali commerciantied artieri agiscono per conto proprio, lo Stato entrava neiloro rapporti economici. Cos faceva risarcire dai proprie-tari di maiali le spese ed i rischi del trasporto del lardo,fatto per proprio conto dai suarii mediante un complessodi 25.000 anfore di vino dato all amministrazione pub-blica e da questa distribuite in parte ai suddetti negozianti.

    Il legame che univa il collegiato al suo collegio facevas che esso non lo potesse abbandonare, per un altro. Conci escluso anche l appartenere a pi collegi contempo-raneamente, e questo, come dice giustamente Waltzing, nelIV secolo non dipende pi dal timore di coalizioni chepossano disturbare il governo dal punto di vista politico,ma dal fatto che ne sarebbe risulLato un insolubile gro-viglio d impegni, quanto ai beni dei collegiati, che eranogravali dal vincolo perpetuo di servir di garanzia a chela publica functio del mugnaio, oppure del naviculariofosse adempiuta. Vincolo questo che aveva, sotto certi.llspetti, accostato il collegiato al colono, cos che in alcuni

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    collegia valeva l o b b l i ~ o di non poter sposare se non donnedella stessa cerchia.

    Quanto agli scopi che si propongono i collegi (oltrequelli che vengono imposti dallo Stato) noto che Walt-zing ritenne che essi non servissero n alla conservazionedi procedimenti industriali, n alla formazione d appren-disti, n all esercizio comune del mestiere o della profes-sione 11), ma soltanto per ottenere immunit che venivanospesso e largamente elargite dagli imperatori, per aversussidi dallo Stato, oppure per combattere dei collegi ri-vali : cos vediamo in lotta i pescatori del Tevere controaltri collegi, probabilmente quelli dei battellieri che do-vettero ostacolare ai pescatori il transito per il fiume. Nonmancano, del resto, prove che dimostrano come l opinionedel Waltzing sia troppo assoluta. Cos pistores di Ostiaacquistavano insieme il grano per la fabbricazione delpane pi fino, che portava il nome di quella citt. Gl in-teressi dei propri consociati sono curati dai collegi anchecol far risolvere difficolt giuridiche derivanti dall eser-cizio della loro professione: cos vediamo in una costitu-zione Giustinianea risolto un quesito presentato dagli ar-gentieri circa le impugnazioni dei contratti da essi cele-brati coi clienti app. cap. VII). Cos pure troviamo inuna n o v l i a (LXIV) dello stesso imperatore ricordato,che i collegia degli ortolani nominavano aestimatores per

    (11) WALTZING, op cit. I , 183 e sg. T W. indubbiamente eccedette nelsuo giudizio pessimistico relativo ai collegi del basso impero.

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    dirimere le questioni che potevano insorgere fra un mem-bro el collegio e l proprietario del terreno da esso presoin locazione, quan to allo stato di questo, al ~ t o dellaconsegna e riconsegna.

    Un punto da chiarire quello relativo al monopolio.Meno qualche poss ibile eccezione, come quella degli sca-rjcatori del porto di Ostia che godevano un privilegioesclusivo per il loro mestiere Cod. Theod ., XIV 22, l),in generale, un mon opolio a favore dei collegiati non esi-steva. Tale inesistenza risulta chiaramente dalla novellaLXXXV dell i mperatore Giustiniano, ch e stabilisce a favoredelle fabbriche imperiali darmi il monopolio per la fab-bricazione di queste. Se ne pu dedurre che fino allora nonesistesse un monopolio soprattutto per i privati, dato chenon lo si aveva neppure per una manifattura dello Statodi tanta impor tanza. Nellepoca di Giustiniano la suddettanovella ci indica una tendenza in tale materia che dovetteguadagnar te rreno, co me si vedr quando parleremo deico llegi di Costantinopoli, in un epoca pi tarda.

    Dobbiamo osservare che il codice Giustinianeo nonaggiunge, all infuori di quanto si disse sopra, nulla dim-portante alla legislazione Teodosiana sui collegia; al con-trario esso tralascia molte delle disposizioni minute datesull a materia dal Teodosiano. Si pensi ad esempio, che ilti t010 In del libro XIV di quest ultimo, che riguarda ipistores et catabolenses vede ridotti ad uno solo, nel codiceGiustinianeo, i suoi ventidue capitoli; il titolo IV de sua-riis, pecuariis et susceptoribus vini caterisque corporatis

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    lubri, banchetti ecc. Che avviene di quest attivit, quandol cristianesimo riusc a stroncare i culti pagani? Nullanoi sappiamo in proposito. Fu osservato che- gli ultimi

    tempi, linteresse per le pratiche pagane doveva esserescemato e che i collegia avevano dovuto subire l influssodi questa decadenza. Certo si che non abbiamo ricordoalcuno della sostituzione di pratiche religiose cristiane aquelle pagane nel seno dei collegia. Forse il sospetto dellacontinuazione secreta di superstizioni derivanti dal paganesimo fece s che repiscopato crisliano preferisse dissociare i collegia dal culto. I collegia furono invece chiamati a sostenere con contribuzioni e prestazioni, gl istitutidi beneficenza che lo spirito di carit che animava ilCristianesimo aveva fatto fiorire. La novella XLIII di Giustiniano ci parla i questi tributi e d altri obblighi aiquali ciascuno soddisfaceva secondo che era imposto alcollegio al quale apparteneva. E questo l unico acennoche troviamo nelle fonti relative ad un attivit dei collegiache, nell et cristiana, sostituisca quella che essi avevanoavuta nell epoca pagana. Certamente dovettero continuare,invece, tradizionali feste e conv- ti in quanto essi eranostati esplicitamente ammessi dagli imperatori che avevanocancellati gli ultimi resti del culto pagano Cod. l ust.,J 11, 4).

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    III

    L ordinamento bizantino.

    I documenti sono stranamente silenziosi, intorno ai cor-pora e collegia dalla met del VI secolo sino alla fine delIX, in tutte le terre dell impero Romano, cos in occidentecome in oriente. Tale silenzio rotto a malapena da unatestimonianza italiana, costituita da una lettera del grandepontefice Gregorio I, dalla quale abbiamo contezza dell esi-stenza, a Napoli, del corpus sapunariorum. Di questi col-legi di saponai ne esistettero forse gi ai tempi dell Im-pero, se si pu interpretare come riferentisi al collegium,l ars saponariorum ricordata in un epigrafe di Lione C .

    1) La lettera del pontefice san Gregorio Magno fu riportata da ultimonel libro i GENNARO MARIA MONTI op cit., p. 213 e sg., secondo il testo

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    L epistola gregoriana ci appare mollo interessante, perch,da un lato, ne vediamo attestato che i sapunarii avevanoatto un paclum inter se de quibusdam rationabilibus artissuae nel quale patto era stato stabilito, per i nuovi soci,il pagamento d una introitura cio d una tassa d ingresso;dall altro, vediamo che un personaggio che copriva certa-mente un alta carica finanziaria a Napoli, Iohannes virclarissimus palatinus pretendeva di godere, non si sa se intutto o in parte, questo diritto d ingresso e, forse pervendicarsi della resistenza oppostagli, proteggeva alcunisoci che pretendevano, resi arditi dal suo patrocinio, d ab-bandonare il corpus malgrado il giuramento prestatoquando vi erano entrati e la pena stabilita contro glispergiuri. Il documento nella sua brevit ci dice moltecose. Anzitutto non ci pu esser dubbio che il corpus ocollegio dei saponai sia libero, nel senso che abbiamodetto pi sopra. Il fondamento, per il quale i collegiaLisono obbligati a far parte del collegio, non si trova infattiin disposizioni di diritto pubblico, ma nel sacramentumprestato da essi, e nella lex collegii chiamata con lin-guaggio ormai quasi medievale pactum. Che cosa conte-nesse questo pactum fatto, dice san Gregorio, iuxta priscamconsuetudinem non lo possiamo purtroppo sapere: se sidei Mon. Germ. Hist. Epist. II, l , pp. 118119. La riserva circa il significato di ars = collegium fu fatta dal Visconti nei suoi citati scri tti ; tuttavia non si pu escludere che, come nella stessa lettera gregoriana, ars siaadoperata, oltre che per indicare semplicemente la professione, anche perdesignare la corporazione professionale. Sul che si pu vedere la stessaop. del MONTI, p. 156.

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    possedesse, sarebbe un prezioso anello di congiunzione frale leges collegiorum romane e gli statuti delle corporazioni medievali, anteriore d oltre quattro secoli, al famosodocumento degli ortolani di Roma. Per la parola del papache lo dice formato de quibusdam rationabilibus artissuae ci lascia intendere che dovevasi trattare probabilmente di convenzioni che riguardavano l esercizio dell at-tivit economica, non argomenti estranei ad essa. Il dirittod introitura che vi era stabilito, trova precedenti nellanota lex collegii di Lanuvio, dove coloro che vi entranodevono capitulari nomine dare certi denari e un anfora dibuon vino, ed ogni mese devon pagare asses quinos. ALanuvio si tratta di un collegio funerario C , ma l ana-logia evidente. Il documento pontificio ci permette pertanto, a circa mezzo secolo di distanza dalle disposizionigiustinianee, di cogliere qualche lineamento dell organizzazione dei collegi liberi, se pure autorizzati, mentre ilCodice ci d quelli dei collegia vincolati allo Stato. Interessante pure il motivo dell intervento pontificio, comevedemmo. Il palati o e claris5imo Giovanni vantava dirittisull introitura e voleva anche ingerirsi nella disciplinaiuterna del collegio, concedendo licenza ai soci di abbandonarlo. Mi pare abbastanza ovvio il pensare che in questo ultimo caso, si tratti di diritti che spettavano all auto-orit imperiale sui collegi sottoposti al vincolo pubblico,.

    (2) Corpus lnscr. Lat., XIV, 196, ll. 2112. E riprodotta nel BRUNS-GRADENWITZ, Fontes uris romani antiqui.

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    che il palatino vuoI estendere anche ai collegi liberi. Delloscioglimento del vincolo concesso a titolo di grazia dall imperatore a qualche collegiato, parla in pi luoghi ilCodice Teodosiano. Comunque, nel caso dei saponari, secondo Gregorio Magno, si trattava d un abuso. Vedremo,a suo tempo, come l Italia, dopo la lettera gregoriana, cidia anche qualche accenno interessante alle corpOraZlOnlin quel testo giuridico che si convenuto di chiamareSumma Perusina.

    Per l Oriente, invece, dobbiamo giungere sino all annoimprecisato, ma che sta certamente fra la fine del IX secolo e il principio del X, nel quale ci troviamo difronte all 1tCt PXVx v ~ ( ~ ( O I , attribuito dal suo scopritore aLeone il filosofo (886-912), da altri assegnato invece alperiodo intercorrente fra il 911 e il 968 (3. Non quiil caso di esaminare tutto il contenuto di questo testo sommamente importante, che ci d una viva idea della vitadi ventidue corporazioni di Costantinopoli. C interessasoltanto di ritrarre alcuni punti che potranno servirei ulte-

    (3) NrcoLE, Le livre du prfet ou l dit e l empereur Leon le Sage surles corporations e Constantinople, Genve, 1893 ha difesa la prima data;tale opinione condivisa anche da ZORAS, Le corporazioni bizantine, Roma,1931 e da DOREN, ltalienische Wirtschaftsgeschichte, gi citato (operapostuma). Accetta la data di Nicole senza discuterla: MACRI, Organisation de l cnomie urbaine dans ysance sous la dinastie de Macdonie(thse). Paris, 1925. La seconda datazione fu invece sostenuta da STOCKLE,nel suo importante studio: Spiitromisclle und byzantinische Zii.nfte, Leipzig1911. MrCKWITZ, op. cit., p. 205, riferisce l opinione di A. Christophilopulosche, in un suo recentissimo scritto ha esposti argomenti per l assegnazioneagli anni 911912.

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    riormente. Le venti due arti delle quali si parla nel librosono: tabularii argentar i trapeziti vestiarii ( mercantidi vesti preziose) prandio prati (mercanti di vesti siriache),metaxoprati (che vendono filo di seta), cartarii (che ven-dono seta greggia), sericarii (tessitori di vesti seriche), oto-nioprati o lintearii (venditori di stoffe di lino), unguentarii(venditori di spezie), cerularii (fabbricatori di candele),saponarii saldamarii (venditori, nelle loro taberne, di ali-menti di vario genere, gesso, chiodi ecc.), lorarii (cuoiai),macellai porcinai pescivendoli pistori osti mercanti stra-nieri botri (esperti del commercio degli animali che fa-cevano anche da sensali 4), e finalmente una corporazioned arti destinate alla costruzione e all abbellimento degliedifizi, come falegnami fabbri pittori marmorarii ecc.Tutte queste corporazioni stanno alla dipendenza del pre-fetto di Costantinopoli 5) e ne dipendono sia per l orga-nizzazione, che per le modalit della compravendita dellemerci, sia anche per il luogo dove esercitano il loro com-mercio che pur esso determinato dall autorit. Il libropi non parla n di vincolo ereditario, n di vincolo gra-vante sui beni. Anzi Stockle credette di poter dedurre daalcuni particolari de1l organizzazione, come dall esame chegli apprendisti dovevan dare per esser ammessi al corpuse dal giuramento che prestavano ad esso, la conseguenzache non esistesse pi, nel riguardo dei collegia o corpora

    (4) Co s ZORAS, op. cit., p. 201.(5) Ci attestato anche dai frarumenti del libro LX dei Basilici

    pubblicati da Ferrini: tit. XXXU, c. 13.6

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    quell odio che faceva fuggire i collegiati, come ci rivela ilCodice Teodosiano, nelle campagne per sottrarsi alla lorocostrizione 6), Sul che, per, ci son da fare riserve circale varie categorie d appartenenti ai collegi stessi. Si puanche osservare che nulla compare nell editto che evochiil carattere delle leggi romane del basso impero, perle quali l assegnazione ai collegia fatta talvolta comepena.

    La politica dello Stato romano-bizantino per sempreuna politica di prezzi; questi sono fissati d autorit. Cosl prefetto stabilisce il peso del pane che si alza ovvero siabbassa (XVIII, 4) secondo che il prezzo del pane diminuisca oppure cresca. Tutte le merci di carattere alimentare sono soggette alla vigilanza sia per la qualit sia per.la distribuzione fra i vari commercianti C . Il prefetto magistrato e giudice delle corporazioni: egli irroga lepene per le violazioni dei suoi ordini, come nel caso dellaadulterazione delle merci. Giusto prezzo e genuinit deiprodotti, sono infatti la direttiva costante della politicaeconomica del libro anche la concorrenza dovette esseregrandemente limitata fra i membri dei OWf.LO: CO:. Per questaazione di una economia fortemente controllata, il prefetto

    (6) STOCKLE, op. cit., p. 56-57 .(7) STOCKLE osserva che gi prima della caduta dell Impero romano

    dOccidente il prefetto aveva un attivit consimile e cita l editto del prae-fectus urbi riprodotto nel C l. L., VI, 170. BHATlANU, L approvisionnamentde Constantinoplc in Byzantion , V, 1929, p. 92 ricorda come i panattieri dovessero recarsi dal prefetto ogni qualvo lta il prezzo del grano s al

    -terasse, per determinare il peso del pane in relazione a tali variazioni.

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    aveva a disposizione vari ufficiali; alcuni come gli 1 i ~ C ( P X O (sono veri sostituti del prefetto, altri come i ~ O U W t C ( [ sonoloro dipendenti. Ci dovettero essere perci degli officicorrispondenti a quelli che vedemmo esistere nell anticaRoma, ma si ha l impressione che la loro organizzazionesia pi complessa. Fra i collegi a vi distinzione profonda. Alcuni di essi fanno capo a fabbricazioni di Stato,come quelle delle stoffe seriche, altri invece agiscono perconto proprio, come i fornai ed i macellai, che eranoanch essi collegiati ma avevano un attivit, come ben sicomprende, diversa dai primi. ppare inoltre che le coroporazioni dei notai, degli argentari, dei trapezi ti e dei vestiari ( ~ e o t w 1 C p c i t c ( ) avessero una posizione preminente inconfronto delle altre 8).

    I capi delle corporazioni di Costantinopoli, quale che~ i la loro denominazione, sono nominati dal prefetto, adifferenza delle corporazioni romane nelle quali, comeabbiamo visto, la nomina spettava di regola, ai collegiati.Naturalmente questo avviene per le corporazioni che vengono regolate dal libro, ma non sappiamo se esso enumeritutte quelle che erano cos strettamente controllate daglioffici del prefetto. Quanto alle altre ci impossibiledeterminare con certezza, se e quali collegia vi fossero ecome fossero organizzati. Charles Diehl crede che oltre aquelle ricordate nel libro, molte altre ve ne fossero, mentre

    (8) Questa destinazione accennata cos da NrcoLE, op cit. p. 87 sg.come da STOCKLE, op. cit. p. 83.

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    Stockle lo nega 9). Per la soluzione favorevole alla esi-stenza d altri collegi, milita il fatto che, nel libro, i collegi che yi son nominati, ci presentano una estrema varietnei loro regolamenti e che nel cap. XXII vediamo assaibrevemente ricordato il gruppo numeroso di quelli degliaddetti alle arti costruttive e decorative, come pure quellodei sellai e cuoiai, mentre altri sono regolati da molte eminute disposizioni. Si vedano ad esempio, i capitoli cheriguardano i tabularii l altro degli argentieri e cos quellodei ~ E 0 1 : l 0 1 t p C i : t < X l D altra parte, un recentissimo scrittoreha giustamente osservato che il libro stesso lascia inten-dere chiaramente che vi son corporazioni assoggettate invia principale ad altre autorit, che dipendono dal pre-fetto solo in quanto vi sia interferenza della sua compe-tenza. Cos i sellai ed i cuoiai sono sottoposti ad un fun-zionario imperiale, cio al grande scudi ere per lavori dicorte. Tutto questo ci fa ritenere che esistessero altri col-legi diversamente regolati e dotati di maggiore autonomia.

    (9) C. DIEHL , f:tudes byzantines Paris 1905; STOCK LE, op. cit. p. 6,A questo proposito lo ZORAS, op. cit . p. 153, osserva che, probabilmente, llibro non c pervenuto completo, ma per verit, esso non ha l apparenzad un opera organica, ma piuttosto della riunione di disposizioni staccate,prese dal prefetto per i varii co rpora appartenenti forse a tempi diversi.

    In un recente studio un appassionato cultore di memorie veneziane,JVURZEMIN, l libro del Prefetto Atti del R. Istituto Veneto , to. XCIV,Venezia 1935, p. 390, sosti ene pure l esistenza da ltri collegi sottoposti adiverse autorit , diverse dal Prefetto.

    Altre disposizioni relative in parti colar modo ai rapporti fra gl incaricati ufficiali del commercio della seta ed i mercanti si trovano in un codiceBodleiano di Oxford (n. 3399) che credo sia ancora inedito. Diede varieindicazioni su di esso MACRI n.ella sua tesi gi ci tata, p. 25 e sg.

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    Lo Stato eSIge dalle corporazioni vari tipi di presta-zione, che si considerano come la continuazione dei muneraspeciali del]' et romana, mentre continuavano, come cimostrano i Basilici (UV, tit. 6, c. 2: e iure immunitatis]e immunit dai munera ordinari. Queste prestazioni dellecorporazioni possono consistere in uffici che i loro capi o

    membri debbono esercitare, gratuitamente come sembra, avantaggio dello Stato, come p. esempio, i tabularii, chevengon chiamati a prestar.la loro opera al prefetto, op-pure gli argentarii che debbono coadiuvare ]a polizia incaso di furti o truffe; oppure come i fabbri che si pre-stano, continuando la prassi dei tria collegia, per lo spe-gnimento degli incendi, oppure in lavorazioni particolaricome quelle dei cuoiai che provvedono la corte di ci cheha bisogno per la selleria, o dei saponai che devon for-nire il sapone a certi uffici imperiali . Questa stretta sorve-glianza esercitata dall autorit pubblica su tali corpora-zioni e la prestazione di questi numera dovettero essercausa delle minute prescrizioni che si trovano nel librocirca i luoghi nei quali i membri dei vari awf1.cr. tcr. devonoporsi per esercitare il loro commercio o arte. Cos i ven-ditori di vesti seri che (1tpcr.VaL01tpr.i. tcr.L) debbono sedere tuttiinsieme in una parte del porticato: v M 'tdmll f 1 ~ 6 o l }(cap. V), pr.escrizione che si ripete per J . L e t c r . ~ 0 1 t p r . i . t c r . L(cap. VI), per gli unguentarii f 1 u p ~ < p o l e per altri ancora.Dai capisaldi di questo ordinamento, deriva la prescri-zione che, del resto, come vedemmo, una delle pi an-tiche che si trovino gi nell'et romana, dalla quale vien

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    gano nello stesso modo: cos i saponai danno le loro con-tribuzioni e pagano alle due casse del i3'Y/ LOO(OV e del ~ G t O l l ' l

    ~ O ' t ( G t p l O ' l ; un' altra parte doveva andare certamente allacassa delle corporazioni. Nel caso dei tabulari, il nuovoammesso deve dare per consuetudine, np OUV Y/IJ(Gt. tresoldi al primicerio e uno a colleghi. Qui ricompare laspesa per l'agape di cui parlammo in precedenza; infa,ttif ei soldi devono essere spesi per un banchetto.

    Dalle prescrizioni del libro risulta chiaro un forte spi-rito di collegialit che anima questi corpi. Troviamoinfaui, tutta una serie di prescrizioni del libro che non sispiegano, colla sola considerazione dell' interesse pubblico,ma che invece debbono rappresentarci regole interne deicollegia che il prefetto rafforza colla sua autorit, permantenerli pi uniti. Tali sono le prescrizioni che vietanoai membri del collegio di sottrarsi l'un l'altro i dipendenti(cap. VI per i L'tGtonpa.'tGtl), oppure d'usurpare il postod'un altro o d avvicinarsi troppo (cap. I, 9 per i tabu-larii , oppure, ci che ancora pi caratteristico, di tentardi togliere ad altri l officina offrendo al proprietario, dolo-samente, un affitto maggiore (cap. IX, 4; XI, 2;XIX, 2).

    Questo spirito collegiale si manifesta anche nel fattoche il collegio serve anche all acquisto di merci che ven-gono poi divise tra i soci per l esercizio della loro attivit.Cosi i fornai comprano il grano in comune, per la prepa-razione del pane, i L'tGtonpa.'tGtl f anno lo stesso per laseta greggia che la corporaZIOne acquistava in blocco.

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    Un altra manifestazione dello stesso spirito la curadata agli apprendisti. La corporazione si divide cos inmagistri et discipuli. A tale funzione d insegnamento ac-cenna ampiamente, del resto, uno dei frammenti che cisono conservatI del libro LIV, tit. VI, cap. 2 dei Basiliciil quale esime i pi capaci delle arti (tO m a t l j f L o v e > : ~ 'twvtxvwv) dalle imposte, affinch possano meglio addottrinarei giovani. Schola nel significato che le attribuito dallibro del prefetto, gi il luogo dove s esercitano gliapprendisti (1, cap. 16); le regole per questo periodosono date dal capo della corporazione. Finalmente, allafine di questo breve esame dei corpora di Costantinopoli,accenner al fatto che in essi, o almeno in alcuni, s eragi svolta una potest dei capi di giudicare le controversiependenti fra i collegiati: in certi casi essi giudicano anche,per volont delle parti, fra collegiati ed estranei. Ci detto espressamente dal libro relativamente ai tabularii

    ( a u f . L ~ o o y p a f o l ) : nel cap. lO si stabilisce che ove ci fosse unalite fra un tabulario ed un altro intorno ad una scrit-tura od alla relativa mercede, ove si tratti d un piccoloimporto, giudichi il primicerio; se si tratta invece d unacontroversia di maggiore entit, il prefetto, che ilgiudice ordinario delle corporazioni (cap. 18), d poiun altra funzione al capo della corporazione: esso stabi-lisce che se un tabulario ritenga d essere leso da un col-lega, debba, per prima cosa, muover l accusa dinnanzi alprimicerio, capo della corporazione: la lite si svolge poidinnanzi al prefetto.

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    Si potrebbe supporre, a prImo aspetto, che queste fun-zioni spettassero ai primicerii dei notai per eccezione, datala particolare importanza delle loro funzioni; ma vienfatto invece di ritenere che tutti capi delle corporazionine avessero di consimili, se non identiche, bench nonsiano ricordate nel libro. Vediamo infatti che a propositodei botri o sensali, una delle corporazioni di minoreimportanza, il libro prevede che il loro capo possa esserechiamato a giudicare controversie insorte per affari dieredito (XXI, lO) e determina l importo della sportula,cio non pi di sei folli per ogni aureo. Evidentementequi trattasi d un compromesso, ma si tratta d estranei alcollegio, di clienti del sensale. Nell ultimo capo del libro,pOI, si dispone che se uno degli artefici col ricordati,cio muratori, fabbri, pittori ecc., venga a questione conun suo committente, questi debba prima di tutto rivolgersia chi presiede l arte relativa. Appare probabile che questidovesse tentare la conciliazione fra i due contendenti 11).Appare assai verosimile che se questi capi delle corpora-zioni avevano tali funzioni d arbitri nelle controversie frai propri collegiati e gli estranei, in cose riflettenti l arte,fungessero, come avvenne nel caso dei notai, da veri epropri giudici nelle ques60ni insorte fra gli stessi colle-giati. Tanto pi poi dovevano averla quando si trattassedi comminare ai loro sottoposti le penalit prevedute dal

    (11) MA CRI, . cit. p. 76 e sg. ritiene che si trattasse soltanto, inquesti vari casi, d una funzione arbitrale: per, come vedemmo, se questo vero per gli ultimi, non lo per i primi che abbiamo citati.

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    libro per l