qualitÀ. È bufera sui nuovi controlli docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il...

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Per i produttori il legame troppo stretto fra controllori e controllati non garantisce l’indipendenza F atturato in calo del 3,2 per cento, frutto di una flessione delle esportazioni del 4,3 per cento e di vendite domestiche che accusano un arretramento del -2,2 per cen- to. Se ci si ferma alle varia- zioni percentuali sui valori assoluti, la congiuntura viti- vinicola italiana del 2009 vi- sta da Mediobanca presenta, rispetto all’anno prima, una sfilza di negatività che la me- tà basta e avanza. Segni in rosso che il setto- re ha in parte già metaboliz- zato nel corso dell’anno e che, purtroppo, anticipano un po’ tutti i valori assoluti della filiera, a cominciare dalla produzione (9,04 mi- liardi di euro), passare alle esportazioni (3,6 miliardi), fi- nire ai consumi interni appa- renti valutati 5,77 miliardi e attribuibili per il 28% al pia- neta famiglia, per il 67% al sistema horeca e il restante 5 per cento alle altre voci di consumo. Tuttavia, per essere noi più portati all’ottimismo, ec- co che una via di uscita dal cul-de-sac in cui il settore si dimena da molto tempo, biso- gna trovarla. Anzi, esiste e la consueta «indagine sul setto- re vinicolo» realizzata dalla banca d’affari milanese, la mette in bella evidenza. Lo fa anagrammando i sentimen- ti prevalenti tra gli addetti ai lavori, circa le attese per l’an- no in corso. Il risultato è che il 66,1% di essi ritiene di potere chiudere l’esercizio 2010 con un fatturato in so- stanziale equilibrio, il 30,8% in crescita e solo il 3,1% in calo. Indicazioni che contra- stano nettamente con il 52,5% delle aziende che nel 2009 hanno avuto il consunti- vo in rosso, di cui il 6,8% di esse con riduzioni fino a -5 per cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe- riori al -10 per cento. A confermare questo senti- mento in chiave ottimistica ci sono le attese relative al- l’export che, come già detto, nel 2009 ha subìto un ridi- mensionamento superiore al 4 per cento dei valori. Ebbe- ne, dalle risposte degli opera- tori, che hanno già incamera- to un primo bimestre miglio- re del previsto, la risposta è ancora più incoraggiante, con il 40% di essi che dichia- ra di attendersi un export in crescita. L’indagine di Medioban- ca, il cui campione d’analisi consta di 99 aziende con un fatturato superiore a 25 mi- lioni di euro, ancorché osser- vare la curva discendente dei rendimenti finanziari, con il reddito sul capitale investito (Roi) sceso nel 2008 al 5,4% rispetto al 6,3% dell’anno precedente, con una sostan- ziale differenza tra aziende a capitale privato, che segnano un Roi nettamente più alto rispetto alle cooperative, con la differenza che mentre per le prime il trend del Roi è discendente (dal 7,4% del 2007 al 6,1% nel 2008) per le seconde accade il contra- rio (dal 3,6% del 2007 si passa al 4,2% del 2008). E a proposito di forma societaria, il sistema delle cooperative consolida la lea- dership operativa, conqui- stando le prime cinque posi- zioni (un anno fa erano quat- tro) per fatturato (Giv, Cavi- ro, Mezzacorona, Riunite, Cavit). Classifica che nel prossimo rapporto è destina- to a cambiare ulteriormente, vista la recente fusione tra Giv e Riunite che ha creato un colosso vitivinicolo da quasi mezzo miliardo di eu- ro e tra i primi dieci a livel- lo mondiale. NICOLA DANTE BASILE © RIPRODUZIONE RISERVATA QUALITÀ. Una raffica di critiche al sistema che sostituisce le verifiche dei consorzi con la certificazione È bufera sui nuovi controlli Doc MEDIOBANCA Per i 78 progetti diretti ai mercati extra Ue un budget di 62 milioni di euro SERVIZIO A PAG.5 Oiv: si riducono le superfici in Europa e fra i «big» ora si affaccia la Cina SERVIZI A PAG.6 In ripresa le vendite all’estero: i volumi crescono del 6,2%, ma frena il fatturato SERVIZI A PAG.4 Il boom del made in Italy: in dieci anni produzione a +48%, l’export a +175% SERVIZI A PAG.7 Un anno nero, ma la ripresa è ora dietro l’angolo (Dati 2009 in milioni di euro) PROMOZIONE VIGNETO MONDIALE EXPORT SPUMANTI LE PRIME CINQUE AZIENDE ITALIANE P artenza in salita per i nuovi controlli Doc. Il sistema di verifiche sui vini a denomi- nazione passato, come pre- visto dall’ultima riforma dell’Ocm vino, dai consor- zi di tutela ad organismi ter- zi di certificazione stenta a decollare. Gli organismi di certifica- zione dovranno operare sul- la base di un riconoscimen- to ministeriale cui spetta la vigilanza sul sistema e (a partire dal prossimo 1 mag- gio) di un placet rilasciato dall’organismo unico di ac- creditamento che in Italia si chiama Accredia. Al mo- mento, e nonostante la data dell’1 maggio sia vicina, nessun ente di certificazio- ne del settore vino ha otte- nuto il rilascio certificato di conformità alle regole Ue necessario per operare. Ma al di là degli step procedurali, una vera e pro- pria ondata di critiche si sta riversando sul nuovo siste- ma di controlli da parte del mondo agricolo, coope- rativo e dei consumato- ri. Per quanto riguarda questi ultimi, Assoutenti, dopo aver sollevato invano una serie di quesiti al mini- stero per le Politiche agrico- le, ha scritto direttamente alla Commissione Ue solle- vando alcuni dubbi sull’as- senza negli organismi di certificazione dei necessari requisiti di indipendenza. Aspetto quest’ultimo che a fronte di un prezzo unitario più elevato, non garantireb- be ai consumatori controlli all’altezza di prodotti a de- nominazione d’origine. Le cooperative italiane. da parte loro, in un comuni- cato congiunto di Fedagri, Legacoop e Agci Agrital, hanno sottolineato la pro- pria preoccupazione per no- vità che rischiano di rivelarsi troppo onerose per le aziende. Ancora più esplicite e an- che più dure sono state le organizzazioni agricole. Confagricoltura ha eviden- ziato soprattutto la necessi- tà, sfruttando le norme pre- viste dalla riforma della leg- ge quadro su Doc e Docg, di adattare meglio i piani di controllo previsti dagli orga- nismi di certificazione alla realtà delle singole denomi- nazioni. Una strada che – secondo Confagr icoltura – potrebbe dare un primo contributo all’abbatti- mento dei costi. La Coldiretti ha messo all’indice l’eccesso di di- screzionalità di cui godono gli organismi di certificazio- ne nel definire azioni e rela- tivi costi. E soprattutto ha attaccato il legame troppo stretto che gli enti di certifi- cazione conservano con i Consorzi di tutela, tenuto conto che in molti casi han- no assorbito (con il mecca- nismo dell’affitto del ramo d’azienda) le strutture di controllo che in passato ope- ravano presso gli stessi Con- sorzi di tutela. «Così si pon- gono spiegano in Coldiretti – pesanti dubbi sul rispetto del requisito del- la terzietà, presupposto per poter effettuare i controlli». Tutte accuse rimandate al mittente però da Valorita- lia, il principale degli orga- nismi di certificazione in Ita- lia visto che è stato scelto da ben 159 denominazioni (sulle complessive 365) che rappresentano il 71% dei vo- lumi di vino a denominazio- ne d’origine. Valoritalia in- nanzitutto rivendica di aver finora sempre applicato il piano dei controlli e sottoli- nea da un lato di aver già incassato le autorizzazioni Mipaaf e in secondo luogo di aver ricevuto le prime vi- site di Accredita e che fino- ra alcun rilievo è stato for- mulato. «Ma soprattutto – ha detto l’amministratore delegato di Valoritalia, Ezio Pelissetti – nessuna di quel- le che per il mondo agricolo e per i consumatori rappre- sentano anomalie o rischi per l’indipendenza del no- stro organismo, è invece esclusa dalla regolamenta- zione comunitaria». SERVIZI A PAG. 2 e 3 Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, DCB Roma Supplemento al n. 13 di Agrisole del 2-8 aprile 2010

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Page 1: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

Per i produttori il legame troppo stretto fra controllori e controllati non garantisce l’indipendenza

F atturato in calo del 3,2per cento, frutto di una

flessione delle esportazionidel 4,3 per cento e di venditedomestiche che accusano unarretramento del -2,2 per cen-to. Se ci si ferma alle varia-zioni percentuali sui valoriassoluti, la congiuntura viti-vinicola italiana del 2009 vi-sta da Mediobanca presenta,rispetto all’anno prima, unasfilza di negatività che la me-tà basta e avanza.

Segni in rosso che il setto-re ha in parte già metaboliz-zato nel corso dell’anno eche, purtroppo, anticipanoun po’ tutti i valori assolutidella filiera, a cominciaredalla produzione (9,04 mi-liardi di euro), passare alleesportazioni (3,6 miliardi), fi-nire ai consumi interni appa-

renti valutati 5,77 miliardi eattribuibili per il 28% al pia-neta famiglia, per il 67% alsistema horeca e il restante 5per cento alle altre voci diconsumo.

Tuttavia, per essere noipiù portati all’ottimismo, ec-co che una via di uscita dalcul-de-sac in cui il settore sidimena da molto tempo, biso-gna trovarla. Anzi, esiste e laconsueta «indagine sul setto-re vinicolo» realizzata dallabanca d’affari milanese, lamette in bella evidenza. Lofa anagrammando i sentimen-ti prevalenti tra gli addetti ailavori, circa le attese per l’an-no in corso. Il risultato è cheil 66,1% di essi ritiene dipotere chiudere l’esercizio2010 con un fatturato in so-stanziale equilibrio, il 30,8%

in crescita e solo il 3,1% incalo. Indicazioni che contra-stano nettamente con il52,5% delle aziende che nel2009 hanno avuto il consunti-vo in rosso, di cui il 6,8% diesse con riduzioni fino a -5per cento, il 24,3% con calitra -5 e -10 per cento e il21,4% con arretramenti supe-

riori al -10 per cento.A confermare questo senti-

mento in chiave ottimisticaci sono le attese relative al-l’export che, come già detto,nel 2009 ha subìto un ridi-mensionamento superiore al4 per cento dei valori. Ebbe-ne, dalle risposte degli opera-tori, che hanno già incamera-

to un primo bimestre miglio-re del previsto, la risposta èancora più incoraggiante,con il 40% di essi che dichia-ra di attendersi un export increscita.

L’indagine di Medioban-ca, il cui campione d’analisiconsta di 99 aziende con unfatturato superiore a 25 mi-lioni di euro, ancorché osser-vare la curva discendente deirendimenti finanziari, con ilreddito sul capitale investito(Roi) sceso nel 2008 al 5,4%rispetto al 6,3% dell’annoprecedente, con una sostan-ziale differenza tra aziende acapitale privato, che segnanoun Roi nettamente più altorispetto alle cooperative, conla differenza che mentre perle prime il trend del Roi èdiscendente (dal 7,4% del

2007 al 6,1% nel 2008) perle seconde accade il contra-rio (dal 3,6% del 2007 sipassa al 4,2% del 2008).

E a proposito di formasocietaria, il sistema dellecooperative consolida la lea-dership operativa, conqui-stando le prime cinque posi-zioni (un anno fa erano quat-tro) per fatturato (Giv, Cavi-ro, Mezzacorona, Riunite,Cavit). Classifica che nelprossimo rapporto è destina-to a cambiare ulteriormente,vista la recente fusione traGiv e Riunite che ha creatoun colosso vitivinicolo daquasi mezzo miliardo di eu-ro e tra i primi dieci a livel-lo mondiale. ●

NICOLA DANTE BASILE

© RIPRODUZIONE RISERVATA

QUALITÀ. Una raffica di critiche al sistema che sostituisce le verifiche dei consorzi con la certificazione

È bufera sui nuovi controlli Doc

MEDIOBANCA

Per i 78 progettidiretti ai mercati

extra Ue un budgetdi 62 milioni di euro

SERVIZIO A PAG. 5

Oiv: si riducono lesuperfici in Europa e

fra i «big» orasi affaccia la CinaSERVIZI A PAG. 6

In ripresa le venditeall’estero: i volumicrescono del 6,2%,

ma frena il fatturatoSERVIZI A PAG. 4

Il boom del made inItaly: in dieci anni

produzione a +48%,l’export a +175%SERVIZI A PAG. 7

Un anno nero, ma la ripresa è ora dietro l’angolo(Dati 2009 in milioni di euro)

PROMOZIONE

VIGNETO MONDIALE

EXPORT

SPUMANTI

LE PRIME CINQUE AZIENDE ITALIANE

P artenza in salita peri nuovi controlliDoc. Il sistema di

verifiche sui vini a denomi-nazione passato, come pre-visto dall’ultima riformadell’Ocm vino, dai consor-zi di tutela ad organismi ter-zi di certificazione stenta adecollare.

Gli organismi di certifica-zione dovranno operare sul-la base di un riconoscimen-to ministeriale cui spetta lavigilanza sul sistema e (apartire dal prossimo 1 mag-gio) di un placet rilasciatodall’organismo unico di ac-creditamento che in Italia sichiama Accredia. Al mo-mento, e nonostante la datadell’1 maggio sia vicina,nessun ente di certificazio-ne del settore vino ha otte-nuto il rilascio certificato diconformità alle regole Uenecessario per operare.

Ma al di là degli stepprocedurali, una vera e pro-pria ondata di critiche si stariversando sul nuovo siste-ma di controlli da parte delmondo agricolo, coope-rativo e dei consumato-ri. Per quanto riguardaquesti ultimi, Assoutenti,dopo aver sollevato invanouna serie di quesiti al mini-stero per le Politiche agrico-

le, ha scritto direttamentealla Commissione Ue solle-vando alcuni dubbi sull’as-senza negli organismi dicertificazione dei necessarirequisiti di indipendenza.Aspetto quest’ultimo che afronte di un prezzo unitariopiù elevato, non garantireb-be ai consumatori controlliall’altezza di prodotti a de-nominazione d’origine.

Le cooperative italiane.da parte loro, in un comuni-cato congiunto di Fedagri,Legacoop e Agci Agrital,hanno sottolineato la pro-pria preoccupazione per no-vità che rischiano di

rivelarsi troppo onerose perle aziende.

Ancora più esplicite e an-che più dure sono state leorganizzazioni agricole.Confagricoltura ha eviden-ziato soprattutto la necessi-tà, sfruttando le norme pre-viste dalla riforma della leg-ge quadro su Doc e Docg,di adattare meglio i piani dicontrollo previsti dagli orga-nismi di certificazione allarealtà delle singole denomi-nazioni. Una strada che –

secondoConfagr

icoltura – potrebbe dare unprimo contributo all’abbatti-mento dei costi.

La Coldiretti ha messoall’indice l’eccesso di di-screzionalità di cui godonogli organismi di certificazio-ne nel definire azioni e rela-tivi costi. E soprattutto haattaccato il legame troppostretto che gli enti di certifi-cazione conservano con iConsorzi di tutela, tenutoconto che in molti casi han-no assorbito (con il mecca-nismo dell’affitto del ramod’azienda) le strutture dicontrollo che in passato ope-ravano presso gli stessi Con-sorzi di tutela. «Così si pon-

gono – spiegano inColdiretti – pesanti dubbisul rispetto del requisito del-la terzietà, presupposto perpoter effettuare i controlli».

Tutte accuse rimandateal mittente però da Valorita-lia, il principale degli orga-nismi di certificazione in Ita-lia visto che è stato sceltoda ben 159 denominazioni(sulle complessive 365) cherappresentano il 71% dei vo-lumi di vino a denominazio-ne d’origine. Valoritalia in-nanzitutto rivendica di averfinora sempre applicato ilpiano dei controlli e sottoli-nea da un lato di aver giàincassato le autorizzazioniMipaaf e in secondo luogodi aver ricevuto le prime vi-site di Accredita e che fino-ra alcun rilievo è stato for-mulato. «Ma soprattutto –ha detto l’amministratoredelegato di Valoritalia, EzioPelissetti – nessuna di quel-le che per il mondo agricoloe per i consumatori rappre-sentano anomalie o rischiper l’indipendenza del no-stro organismo, è inveceesclusa dalla regolamenta-zione comunitaria». ●

SERVIZI A PAG. 2 e 3

Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, DCB Roma

Supplementoal n. 13 di Agrisoledel 2-8 aprile 2010

Page 2: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

A maggio entrerà in vigore il nuovo sistema che haesteso al settore le norme comunitarie già previsteper i prodotti Dop e Igp. Nella fase transitoria lavigilanza è stata effettuata dal ministero per lePolitiche agricole che finora non ha sollevato alcu-na eccezione sui presunti conflitti di interesse

I l capitolo terzietà dei con-trolli è finito anche al cen-

tro di un esposto, presentatoalla Commissione Ue, daun’associazione di consumato-ri, Assoutenti. L’associazioneitaliana infatti, nei mesi scorsi,ha scritto ripetutamente al pre-sidente della CommissioneUe, José Manuel Barroso e aidue Commissari, alla Concor-renza, Neelie Kroes e all’Agri-coltura, Mariann Fischer Boelsollevando alcune incongruen-ze del sistema italiano dei con-trolli sui vini a denominazio-ne. «Abbiamo cominciato nel2008 a scrivere alla Commis-sione Ue – spiega il presidentedi Assoutenti, Mario Finzi –sollecitando una maggiore at-tenzione su questo sistema cheriteniamo non idoneo a garanti-re indipendenza e terzietà».

Tutto comincia con un de-creto del Mipaaf. «Ci è sem-brato inusuale – aggiunge Fin-

zi – che il decreto che dovevarecepire le novità Ue in mate-ria di vini Dop e Igp nellospiegare che i controlli sui vi-ni non potevano essere piùsvolti dai Consorzi di tutelama da organismi di certifica-zione, poi, invitasse la Feder-doc e gli stessi Consorzi a co-stituire enti terzi. E non a casoappena qualche giorno dopoquel decreto, veniva varato ilpiù importante di questi organi-smi e cioè Valoritalia. Azien-da che, come da visura camera-le, vede nella propria compagi-ne societaria la maggioranzadelle azioni, cioè il 51%, dete-nuta proprio da Federdoc, men-

tre invece il 49% spetta aCsqa».

Secondo Assoutenti in talicondizioni l’associazione deiconsorzi di fatto controlla ilnuovo organismo. «Ma l’ano-malia è anche un’altra – ag-giunge Finzi – e cioè che neiconsorzi i voti non si contanoma “si pesano”, e cioè hannoun peso specifico proporziona-to alle quantità certificate. Per-tanto anche due soli produttoripotrebbero controllare l’interoconsorzio e quindi avere unaparola decisiva anche nellascelta dell’organismo di certifi-cazione. In queste condizioniriteniamo che non sia garantitané la terzietà né tantomeno lecondizioni minime di una cor-retta concorrenza».

Per questi motivi nel loroesposto, ad Assoutenti auspica-no un legame meno stretto frai funzionari che presso i con-sorzi svolgevano compiti dicontrollo e i nuovi organismi

di certificazione «magari gra-zie a un maggiore coinvolgi-mento pubblico nella scelta de-gli enti terzi».

Il problema è che le even-tuali zone d’ombra dell’attualesistema rischiano di richiama-re l’attenzione soprattutto a li-vello internazionale. «Scanda-li come quello del Brunellohanno tenuto banco per mesitanto negli Usa quanto in Giap-pone – prosegue il presidentedi Assoutenti –. Siamo convin-ti che espisodi del genere pos-sono avere ritorni molto negati-vi per il made in Italy. Masoprattutto temiamo che a fron-te dei costi sostenuti dai pro-duttori e del maggior prezzosul mercato ai consumatorinon sia garantito un sistemadei controlli all’altezza di pro-duzioni Dop e Igp». ●

PAGINE A CURA DIGIORGIO DELL’OREFICE

© RIPRODUZIONE RISERVATA

P artenza in salita per lacertificazione Doc.Dallo scorso 1 agosto,

come previsto dalla recente ri-forma dell’Ocm vino, l’interosistema dei vini a denomina-zione d’origine (e a indicazio-ne geografica) deve essere con-trollato da organismi terzi dicertificazione e non più daiconsorzi di tutela. Consorziche, su base volontaria, svolge-vano le attività di controllo nel-l’ambito di una fase sperimen-tale avviata nel 2001.

Un semplice passaggio diconsegne quindi? Non pro-prio. Gli organismi terzi di cer-tificazione, nati proprio neimesi scorsi e spesso per“gemmazione”, dagli stessi or-ganismi di tutela operano at-tualmente sulla base di un pri-mo riconoscimento rilasciatodal ministero delle Politicheagricole in quanto titolare del-le funzioni di vigilanza sul si-stema. Ma presto il riconosci-mento del Mipaaf non basteràpiù e se ne dovrà aggiungereun altro. A partire dal prossi-mo 1 maggio, infatti, per ope-rare tutti gli enti di certificazio-ne dovranno ottenere un secon-do “bollino” da parte di Accre-dia, l’ente unico di accredita-

mento che dovrà verificare ilrispetto da parte degli organi-smi della norma En 45011.

E già su questo secondostep, sembra che si stiano accu-mulando i primi ritardi. Al mo-mento non c’è alcun accredita-mento relativo al settore delvino. Un nuovo pacchetto diautorizzazioni è previsto inqueste settimane, tuttavia, siprevede che all’appuntamentodell’1 maggio (che comunquenon rappresenta la scadenzadel nuovo sistema) non più del50% degli enti di certificazio-ne sarà in regola con i nuovirequisiti.

Ma al di là del sistema “amonte” dell’attività di certifi-cazione diverse difficoltà sistanno cominciando a registra-

re nel rapporto “a valle” ovve-ro fra i nuovi organismi e ilmondo della produzione.

Innanzitutto, il nuovo siste-ma ha già conosciuto una pri-ma deroga. Per i vini a indica-zione geografica, che pure do-vevano essere certificati anchese in base a regole più blanderispetto a quelle dei vini a de-nominazione d’origine (il rego-lamento Ue prevede per le Doverifiche sistematiche e a cam-pione e per le Ig, solo basatesull’analisi del rischio), è statodisposto uno slittamento di unanno. Secondo un Dm varatonello scorso ottobre infatti perl’annata 2009-10 i controlli sa-ranno garantiti dall’Ispettoratoper il controllo qualità.

A questa proroga di un an-

no per i vini a indicazione geo-grafica si aggiunge poi un qua-dro normativo incerto ancheper i controlli sui vini da tavo-la con indicazione in etichettadi vitigno e d’annata. Per que-sti infatti il decreto che defini-va i controlli per garantirequanto riportato in etichettadopo un lungo tira e mollasembra sia stato definitivamen-te firmato dal ministro Zaia edeve ora essere pubblicato inGazzetta ufficiale.

Ma il passaggio di conse-gne, si sta rivelando semprepiù complesso soprattutto perquanto riguarda i vini a deno-minazione d’origine. Per mol-te negli ultimi anni i controllivenivano effettuati da Consor-zi di tutela e andavano a inte-

grare le analisi effettuate sulterritorio dalle Camere di com-mercio. Dallo scorso 1 agostoinvece l’intero sistema sarà ge-stito esclusivamente da organi-smi terzi (pubblici o privati)giudicati da Accredia confor-mi alla norma Ue En 45011.

Ben 240 denominazioni(sulle totali 365 cui vanno poiaggiunte altre 118 Igt) hannogià scelto il proprio organismodi certificazione (si veda tabel-la in pagina). Le rimanenti125 invece hanno optato in ba-se alle indicazioni che verran-no dalle singole Regioni (cui èdemandata la scelta) che po-tranno scegliere fra gli organi-smi accreditati.

Va detto che rispetto al pre-cedente sistema di controlli“erga omnes” svolti dai con-

sorzi di tutela (che, in quantovolontari, erano effettuati solonelle denominazioni che neavevano fatto richiesta) il nuo-vo sistema delle certificazioniinvece riguarda tutte le deno-minazioni.

Per questo un primo ordinedi difficoltà riguarda quei pro-duttori che, non avendo in pas-sato optato per i controlli“erga omnes”, oggi si trovanoa dover fronteggiare compiti,e costi, del tutto nuovi.

Ma diverse perplessità sulnuovo sistema sono state solle-vate anche da chi in passatogià rientrava nel precedente si-stema di verifiche. Nelle scor-se settimane, ad esempio, nelsalutare il varo da parte delConsiglio dei ministri, dellanuova legge quadro sulle deno-

I l passaggio di consegne fraConsorzi di tutela che effettua-

vano i controlli e i nuovi organismiterzi di certificazione non sembrasia partito con il piede giusto. Ne èconsapevole Ezio Pelissetti, ammi-nistratore delegato di Valoritaliache, con gli ultimi arrivi di Modenae Prosecco Doc, coinvolge 159 de-nominazioni controllate (pari al71% della produzione italiana a de-nominazione) ed è il principale or-ganismo di certificazione in Italia.«Si tratta di una macchina ammini-strativa complessa ed era impossibi-le che non ci fossero intoppi – spie-ga – ma sono comunque soddisfat-to. Dall’1 agosto al 31 dicembreabbiamo rilasciato 36.851 pareri diconformità nelle varie fasi: viticol-tori, vinificatori e imbottigliamen-to. Stiamo facendo il massimo».

Un lavoro importante.Senza dubbio. E l’aspetto di

maggiore complessità è proprioquello di coinvolgere in un sistemarealtà che fino allo scorso anno non

sottostavano a nessun controllo, op-pure sostenevano solo i prelievi perle analisi delle Camere di commer-cio.

Alcuni produttori lamentanoche gli organismi di tutela godo-no di troppa discrezionalità nel-l’applicazione dei piani di con-trollo.

Respingo fermamente questa ac-cusa. L’organismo di controllo nonpuò che applicare il piano alla lette-ra. Abbiamo ricevuto le visite diAccredia che sono volte a verifica-re proprio l’applicazione del piano.Il nostro compito è verificare il ri-spetto del disciplinare. Il punto èche stiamo coinvolgendo moltearee del paese nelle quali in passatonon si effettuava alcuna attività dicontrollo. E nel far questo non c’èalcuna discrezionalità da parte no-stra.

Molti sostengono che gliorganismi terzi hanno man-tenuto rapporti troppo stret-ti con i consorzi di tutela dai

«Le norme Ue non

Vini Doc, bufera sui controlliper quella «zona grigia»fra controllati e controllori

E i consumatori fanno ricorso a Bruxelles:prezzi più elevati ma garanzie insufficienti

L’ad Pelissetti difende la legittimità della societàLA DIFESA DI VALORITALIAASSOUTENTI

Nel mirino di agricoltori e centrali coop le società costituite dai Consorzi: non sono super partesCERTIFICAZIONE

Occorre un maggiorecoinvolgimento degliorganismi pubblici

I MARCHI IN ITALIA(Dati 3/10; quo.% su prod. italiani)

Doc -Docg33%

Vino da tavola40%

Igt27%

2 VINITALY 2-8 APRILE 2010

Page 3: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

minazioni d’origine (che sosti-tuirà la 164/92) diversi dubbiproprio sul fronte dei controllisono stati mossi dal mondocooperativo. «La legge che ri-forma il sistema delle denomi-nazioni d’origine del vino – silegge in un comunicato con-giunto delle centrali cooperati-ve Fedagri, Legacoop e AcgiAgrital – se da un lato introdu-ce significative semplificazio-ni, dall’altro darà vita a unsistema di controlli che rischiadi essere troppo oneroso per leaziende agricole».

Dal canto suo anche Feder-vini ha mostrato «preoccupa-zione per la probabile erosio-ne dei già esigui margini delsettore a seguito degli aumentidei costi di produzione a cau-sa di alcune scelte operate, co-

me ad esempio in materia diConsorzi e controlli».

Ancora più esplicite sonostate le organizzazioni agrico-le. «Qualche produttore già siè lamentato per i costi elevatidei controlli – spiegano inConfagricoltura –. E riteniamoche uno spiraglio importanteper apportare alcune correzio-ni al sistema si possa aprireproprio con la «nuova 164»laddove (all’art. 13) prevedeche lo schema del piano deicontrolli «deve prevedere azio-ni adeguate e proporzionate al-la classificazione qualitativadei vini». Su questo facciamoaffidamento e speriamo che illavoro sul decreto ministerialeapplicativo della nuova leggequadro che dovrà essere vara-to sui controlli (insieme ad al-

tri due sui consorzi, e sulloschedario viticolo), consentadi tarare meglio l’intero siste-ma di costi».

«Riguardo al tariffario deicontrolli – aggiungono allaColdiretti – notiamo alcunedifferenze di costo significati-ve e che appaiono ingiustifica-te visto che spesso riguardanoprodotti analoghi, relativi adue Doc della stessa Regionee distanti fra loro pochi chilo-metri. In queste condizioni difronte a costi elevati richiestiper produrre Doc e Docg enessun onere per produrre Igt,non ci stupiremmo se alcuniproduttori, per giunta in un pe-riodo di crisi, optassero perdeclassare le proprie produzio-ni».

Ma i problemi aperti dal

nuovo sistema non sono solorelativi ai costi. «Riteniamo in-fatti che gli organismi di certi-ficazione – aggiungono inColdiretti – godano di una di-screzionalità eccessiva nel de-finire le azioni che rientranonel piano di controllo. Sottoquesto aspetto anche noi auspi-chiamo correzioni nel tariffa-rio che tengano in maggiorconto le singole realtà. Ma so-prattutto, in molti casi, alcuniorganismi di certificazionehanno assorbito, attraverso ilmeccanismo dell’affitto del ra-mo d’azienda, le strutture, ilpersonale, insomma l’interaarea controllo di alcuni consor-zi di tutela. Siamo sicuri chequesto si possa conciliare conil requisito della terzietà?». ●

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quali hanno rilevato struttu-re e personale di controlloattraverso l’affitto del ramod’azienda. Questo non mettea rischio il requisito della ter-zietà?

Altra accusa che mi sentodi respingere in toto. Il puntoè che ci vuole professionalitàed esperienza per effettuarequesto mestiere. Personale sulquale i consorzi in passato han-no investito. In più non vadimenticato che al nostro inter-no abbiamo il Csi, il comitatodi sorveglianza sull’imparziali-tà, del quale fanno parte orga-nizzazioni agricole e dei con-sumatori e che crediamo forni-sca ampie garanzie.

Si contesta che Valoritaliasia controllato al 51% dallaFederdoc, cioè dalla Federa-zione dei consorzi di tutela eche è sopratutto questo amettere a rischio la terzietà

Guardi, siamo convinti che

in base alla normativa vigentesiamo in regola. Abbiamo di-versi ricorsi al Tar su questopunto. Vedremo. Nel frattem-po so che abbiamo già ottenu-to il parere Mipaaf per opera-re, abbiamo ricevuto le visitedi Accredia che dovrà rila-sciarci l’accreditamento in ba-se alla norma Ue En 45011,senza contare che avremo leautorizzazioni di Mipaaf e Re-gioni cui spetta la vigilanza.Riteniamo di essere abbastan-za controllati, se ci dovesseessere qualche anomalia ver-rebbe fuori.

Ma la compagine socialenon crea qualche problema?

Ripeto. Avere come sociodi maggioranza una federazio-ne dei consorzi è cosa moltodiversa dall’avere come sociodi riferimento un singolo con-sorzio. Poiché realtà di questotipo esistono si vadano a verifi-care anche le altre di situazio-ni non solo la nostra.

Secondo alcuni il control-lo dovrebbe solo essere pub-blico.

Ma anche in quel caso idubbi sulla terzietà non sareb-bero risolti. Nelle Giunte ca-merali, ad esempio, sono pre-senti rappresentanti delle orga-nizzazioni agricole che spessosono anche produttori. In queicasi non c’è nessun conflittod’interesse?

Tornando invece al siste-ma di certificazione, manmano che andrà a regime cisaranno riduzioni dei costi?

Innanzitutto va chiarito cheogni denominazione ha il pro-prio tariffario proporzionatoalla propria realtà produttiva estruttura di costi. All’internodi questo rapporto verifichere-mo se ci saranno spazi permodifiche. Ma questo legameva salvaguardato perché è ciòche assicura equità al nostrosistema e non un’applicazionedel tariffario uguale per tutti.

Anzi, problemi si sono verifi-cati proprio laddove si è volu-to unificare realtà diverse.

Sono accaduti casi del ge-nere?

Ci sono stati casi in cui dik-tat politici o sindacali hannoimposto scelte di questo gene-re. Ad esempio in Piemonte èprevisto che il produttore diNebbiolo da Barolo paghi peri controlli 0,27 euro a quintaleesattamente come un produtto-re di Barbera del Casalese. Èevidente che i due prodottihanno un diverso valore dimercato e pertanto quella chesembra una parità di trattamen-to poi in realtà rischia di rive-larsi alla prova dei fatti unasperequazione. Per questo lastrada maestra è quella di untariffario legato alla singola re-altà produttiva. ●

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escludono la nostra struttura»

DI CLAUDIO GAGLIARDI*

D al primo gennaio 2010, anche nel nostro paese,è stata istituita l’Autority prevista dalla norma-

tiva comunitaria, ovvero l’ente unico che opera inmateria di accreditamento e vigilanza sugli organi-smi di certificazione. Questo Ente, denominato Ac-credia, è nato lo scorso luglio dalla fusione di Sinale Sincert, riunendo otto Ministeri; Enti di ricerca;tutte le principali Organizzazioni imprenditoriali; idue Enti di Normazione nazionali e numerose Asso-ciazioni di consumatori.

È stato un percorso articolatoe complesso, al quale peraltroha dato il proprio contributo an-che il Sistema camerale, che do-po una faticosa attività di me-diazione ha determinato la“cessione” di importanticompetenze da parte deiMinisteri coinvolti.

Sono, dunque, raccolteall’interno di un unico En-te, riconosciuto in ambitocomunitario, le competen-ze di autorizzazione e vigilanza sugli organismi dicertificazione operanti nel settore della sanità, deilavori pubblici, dei trasporti, dell’ambiente, delladifesa, dell’istruzione, della sicurezza e, non ultimo,quello dell’agroalimentare.

Oggi l’Ente unico si trova a fronteggiare unaprima sfida che riguarda proprio il settore agroali-mentare i cui organismi di certificazione sono tenutiad accreditarsi entro il primo maggio 2010. Negliultimi anni, in questo settore, si sono sedimentaticomportamenti che potrebbero non essere in lineacon i requisiti di terzietà e indipendenza richiesti alivello internazionale dal sistema di certificazione.Si tratta – com’è noto – di problemi che si trascina-no da anni, almeno da quando nel nostro paese si èavviata la stagione dei controlli affidati ad organi-smi che, in alcuni casi sono diretta espressione delmondo produttivo. È necessario, a questo riguardo,evitare forme di sovrapposizione tra la funzione di“controllore” e quella del “controllato”.

Sono problematicità nate in alcuni comparti dellefiliere dell’agroalimentare e che hanno trovato unaparticolare evidenziazione nel settore vitivinicolo,dove la storia recente ha visto protagonisti i consor-zi di tutela nell’espletamento dei controlli.

Il settore agroalimentare è, dunque, l’apripista diuna nuova politica di cui l’Ente unico dovrà farsicarico. Il rilascio secondo regole rigorose di autoriz-zazioni agli organismi di certificazione sarà il bancodi prova per la credibilità dell’Ente unico e dell’inte-ro sistema economico del nostro paese.

Oltre all’agroalimentare, come detto, sono infatticoinvolti settori dove è in gioco la salute e lasicurezza stessa dei cittadini. L’adozione di regole ecomportamenti non in linea con lo spirito di sostan-ziale terzietà richiesto dalla normativa comunitaria,innescherebbe ineludibili “effetti a catena” che po-trebbero investire altri settori produttivi (farmaceuti-co, sicurezza dei cittadini, lavori pubblici ecc.) doveè fondamentale assicurare la trasparenza e il rispettodelle regole di mercato.

Bisogna, invece, lavorare perché l’Ente unico siprefiguri come un valore aggiunto sia per i consuma-tori, che chiedono certezza nella corrispondenza deiprodotti acquistati a quanto dichiarato in etichetta,sia per i produttori, che devono poter contare suregole certe in grado di offrire pari opportunità dimercato. Un sistema che, viceversa, dovesse avereelementi, più o meno evidenti, di dubbia separazionetra controllori e controllati sarebbe poco credibile epotrebbe minare alle fondamenta quel “made inItaly” che tutti vorremmo consolidare, proprio apartire da un settore decisivo come l’agroalimenta-re. ●

*SEGRETARIO GENERALEUNIONCAMERE

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controllata al 51% dalla Federdoc e che conta già 159 clienti

Toccherà ad Accrediasciogliere il nododell’indipendenza

Claudio GagliardiSegretario generale Unioncamere

L’ad di Valoritalia Ezio Pelissetti

INTERVENTO

N. Doc/Docg

Valoritalia 159

Ist. reg. vite e vino (Sicilia) 23

Ismecert (Campania) 20

Siquria (Veneto) 14

Tca (Toscana) 10

Parco tecn. agroal. Umbria 7

Ceviq (Friuli) 6

Imc (Lombardia) 4

Totale 240

GLI ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE(Dati 2010)

Fonte: Federdoc

319Doc46

Docg

118Igt

2-8 APRILE 2010 VINITALY 3

Page 4: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

L’ export delle can-tine italiane resi-ste all’urto della

crisi. In un’annata, il 2009,che se da un lato ha alleggeri-to il fatturato del 5,5%, dal-l’altro ha proiettato le vendi-te all’estero a quota un milio-ne 970mila tonnellate, secon-do i dati provvisori del-l’Istat, corrispondenti a oltre19 milioni di ettolitri. Unquantitativo cresciuto, annosu anno, del 6,2%, che neltracciato storico si collocacome il secondo miglior ri-sultato in assoluto, a pocadistanza dal primato toccatonel 1999. Risultati che nelquadro di un anno, il 2009,di congiuntura difficile perl’intera economia e nel qualel’export made in Italy in ge-nerale ha registrato un crollodi oltre il 21%, mentrel’export agricolo di oltre il15%, disegnano il settore delvino come una vera e pro-pria eccezione.

Tornando alle cifre sulfronte del fatturato, ammon-tato complessivamente a po-co meno di 3 miliardi e mez-

zo di euro, scontano nella di-namica negativa degli ultimidodici mesi, il duplice effettodi una generale flessione deiprezzi internazionali e di unospostamento della domanda,a causa della crisi economicamondiale, verso prodotti apiù basso costo unitario. Fat-tori che in media si sono tra-dotti, rispetto all’anno prece-dente, in un calo del valoreunitario delle esportazioni dioltre l’11 per cento.

Analizzando i flussi quan-titativi, nella lista dei primi

dieci mercati di sbocco emer-gono solo due segni negativi:quello degli Usa, dove le spe-dizioni di vini italiani hannoaccusato l’anno scorso unaflessione del 2,7%, e il datodella Repubblica Ceca, paesein cui le cantine hanno co-munque contenuto le perditea un meno 0,9per cento.

Riduzioni abbondantemen-te controbilanciate dalle otti-me performance sul mercatotedesco e in quello del Re-gno Unito, dove le esporta-zioni sono aumentate a volu-

me di oltre l’8%. Ancora piùsostenuto il ritmo di crescitain Francia e in Svizzera dovel’export ha messo in piedi cre-scite rispettivamente del 19%e del 13,5 per cento.

Quantitativi addirittura rad-doppiati sul mercato russo, do-ve le vendite di vini italiani sisono portate oltre 66mila ton-nellate, da 31mila del 2008(+114%), seppure a fronte diun fatturato solo in lieveespansione (+2,5 per cento).

Il grosso delle esportazio-ni (poco meno di tre quarti)

ha mantenuto una destinazio-ne comunitaria. Area in cuile vendite sono complessiva-mente aumentate, secondol’Istat, del 5,7% su base an-nua.

Più accelerata la crescitaoltre i confini Ue (+7,7% ri-spetto al 2008), grazie soprat-tutto ai progressi nel restodei paesi europei, Norvegiainclusa, e alla maggiore pre-senza nella regione dell’Asiaorientale. Con il Giappone,in particolare, che da solo haacquistato il 5% in più dei

volumi 2008.Per quanto attiene ai valo-

ri, a una tenuta del fatturatoin Germania si è contrappo-sta una flessione del 7% inUsa e di oltre il 10% in Re-gno Unito. Avanti adagio inSvizzera, Danimarca e Fran-cia, con perdite invece piutto-sto evidenti in Canada eGiappone .

Le importazioni, nel frat-tempo, hanno mostrato unamarcata tendenza negativa.In termini quantitativi gli ac-quisti dall’estero di vini(148mila tonnellate circa),hanno accusato nel 2009 unacontrazione del 22% (meno24% in valore), toccando ilminimo da sette anni.

La bilancia commercialeha chiuso i conti in attivoper 3,2 miliardi di euro. Undato in lieve peggioramentorispetto al 2008 (-3,7%),che rappresenta però il se-condo miglior risultato asso-luto nel trend degli ultimivent’anni. ●

LORENZO FERRI

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Ma il calo dei listini penalizza il fatturato (-5,5%) – Crolla l’import (-22%) ai minimi da sette anni

L a Russia non è certouna novità fra i princi-

pali acquirenti di vino madein Italy. Tuttavia, non puònon balzare all’occhio che,in una annata di grande cri-si economica, l’import diMosca di vino italiano è cre-sciuto del 2,5% in valore edi ben il 114% in quantità.Insomma a valori quasi sta-bili le spedizioni sono rad-doppiate. Come dire: paghiuno e prendi due. Cifre cheproiettano inoltre la Russiaal 7˚ posto fra i principaliacquirenti di vino made inItaly.

«Non siamo convinti finoin fondo dei dati che a noiappaiono un po’ differenti –spiega Anatoly Korneyev, tito-lare della Simple, uno deimaggiori importori di vinorussi che veicola in media 75milioni di bottiglie (il 55% ma-de in Italy) per un giro d’affa-ri che nel 2009 è stato di 42milioni di euro –. A noi infattirisulta una crescita del fattura-to del 10% e delle quantità dinon oltre il 50 per cento.

Ma è anche vero che noisiamo specializzati in prodottidi fascia medio alta e che per-tanto i nostri dati potrebberoessere corretti al rialzo da quel-

li di altri gruppi specializzatiin vini di fascia media com-mercializzati sopratutto nellegrande distribuzione. Ma talidati non saranno disponibiliprima del prossimo giugno».

Resta però un dato di fattoche nonostante la crisi la Rus-sia diventa sempre più un in-terlocutore privilegiato per ilvino italiano. «I dati vannoletti anche alla luce del fatto

che il 2009 è stato un annodavvero difficile in Russia –aggiunge Korneyev – nel cor-so del quale diversi player, di-versi importatori – come Vini-com hanno chiuso i battenti.Senza contare che nei mesiscorsi si è assistito a un fortedeprezzamento del rublo neiconfronti di dollaro ed euro. Equesto non ha certo agevolatole importazioni. Tutti elemen-ti che hanno inciso sul nostrobilancio. Eravamo abituati aveder crescere il fatturato alritmo del 20–25% l’anno, per-centuale che ha toccato il

+40% nel 2006, mentre loscorso anno non siamo andatioltre il 10 per cento».

Ma al di là delle difficoltàeconomiche in Russia di vinoitaliano se ne continua a ven-dere molto. «Certo i consumisi sono un po’ riposizionati –aggiunge il titolare di Simple–. Chi comprava Brunello haoptato per altre tipologie divino, ma gli acquisti restanosostenuti. Continuano ad anda-re forte i supertuscan e le de-nominazioni rinomate. Ma so-pratutto si stanno svegliandonuove province. La regionepiù promettente come consu-mi è quella di Novosibirsk,nella Siberia Occidentale. Mavanno bene anche Vladivo-stok nell’Estremo Oriente e ingenere le città che si affaccia-no sul Volga. Interessanti so-no anche gli sviluppi che sistanno registrando più a Sud,e in particolare a Sochi, dovesi terranno le olimpiadi inver-nali nel 2014. Insomma le con-dizioni per una ripresa nel2010 ci sono tutte, anche seun rallentamento rispetto ai rit-mi di crescita del recente pas-sato è innegabile che ci siastato». ●

GIORGIO DELL’OREFICE

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DI LUCIO CAPUTO*

I l secondo decennio deglianni Duemila porta a una

serie di considerazioni sul futu-ro del vino italiano sul mercatoUsa e pone non pochi interro-gativi. Nonostante la grave cri-si e la conseguente riduzionedei consumi, il vino ha fattoregistrare una riduzione del10,4% contro il 26,9% del tota-le delle esportazioni verso gliUsa e contro il 31,6% dellecalzature, il 33% dei mobili, il34,2% dell’abbigliamento ed il69,9% della gioielleria. Che ilvino abbia limitato le sue perdi-te rispetto ai prodotti più emble-matici delle esportazioni italia-ne è certamente un motivo diconsolazione, in un pur dram-matico quadro generale del-l’export italiano.

La consolazione è poi mag-giore se si tiene presente che lariduzione in quantità è stata so-lo del 3,9%. Tali considerazio-ni non devono però portare aun eccessivo ottimismo. La cri-si ha infatti causato notevolicambiamenti al mercato Usaed ha modificato l’atteggiamen-to dei consumatori verso il vi-no.

Le importazioni complessi-ve Usa sono infatti aumentatein quantità di ben il 13,3% ma

diminuite in valore dell’11,6%confermando la continua espan-sione dei consumi e il trendche privilegia i vini di più bas-so prezzo. I consumatori ameri-cani, cercando di affrontare glieffetti della crisi, hanno scoper-to che un prezzo elevato non ènecessariamente sinonimo diun vino migliore. In questa lo-ro scoperta sono stati agevolatidal fatto che la qualità dei vini

meno costosi è notevolmentemigliorata.

Molti dei consumatori nonsono poi in grado di apprezza-re la migliore qualità di un vi-no che costi tre, quattro voltedi più rispetto a quello che han-no scoperto essere piacevole efacilmente bevibile.

Un altro mutamento è statodato dal considerevole incre-mento nell’importazione dei vi-ni sfusi provenienti dall’Austra-lia, dal Cile e dall’Argentinache hanno inondato il mercatoe che, grazie ai loro bassissimicosti, hanno avuto una azione

calmierante sui prezzi. Elemen-to, dannoso per l’export italia-no, che certamente non spariràcon il superamento della crisi.

L’Italia, che oggi ha unaquota del mercato di importa-zione del 24,9% (contro quellarecord del 61,7% raggiunta nel1980 e quella pre-crisi del30,5% registrata nel 2007) con-tinua comunque a mantenere ilprimo posto fra i paesi esporta-tori verso gli Stati Uniti per ilvino imbottigliato e detiene an-che il primo posto per le espor-tazioni in valore con oltre unmiliardo di dollari.

Ma la crisi ha quindi definiti-vamente modificato il mercatoUsa? E queste modifiche faran-no perdere quella posizione diprimo piano che aveva per ivini italiani? Dopo aver segui-to con tanta attenzione e pertanti anni questo mercato, riten-go di poter rispondere no a en-trambe le domande. Vi sarà unperiodo di riaggiustamenti magli Usa sono e resteranno ilmercato principe per i vini ita-liani potendo contare suun’economia forte, grandi ric-chezze, un elevato tenore di vi-ta, un mercato strutturalmentesolido e una positiva predispo-sizione per il made in Italy. ●

*DIRETTORE IWFI

BILANCIA COMMERCIALE

LO SBOCCO EMERGENTEIL PRIMO MERCATO

In controtendenza con l’andamento generale nel 2009 cresciute in quantità le vendite made in Italy (+6,2%)

L’export di vino imbocca la ripresa(Dati 2009)

In Russia vendite più fortianche del rublo debole

Usa, nella corsa al ribassol’Italia ha limitato i danni

Milioni di euroPaesi 2008 2009 Var.%

Mondo 3.672 3.469 -5,5Ue 27 2.056 1.932 -6,0Extra Ue 27 1.616 1.536 -5,0Germania 797 797 +0,1Stati uniti 798 742 -7,0Regno unito 505 452 -10,4Svizzera 228 230 +1,2Canada 202 191 -5,4Danimarca 99 100 +1,3

COSÌ L’EXPORT DI VINI ITALIANI

Le spedizioni arrivanoanche in Siberiae in Estremo Oriente

Roma mantiene laleadership di mercatoe nel giro d’affari

000. di tonnellatePaesi 2008 2009 Var.%

Mondo 1.855 1.970 +6,2Ue 27 1.351 1.427 +5,7Extra Ue 27 504 543 +7,7Germania 599 651 +8,7Regno unito 276 298 +8,2Stati uniti 247 241 -2,7Francia 107 127 +19,2Svizzera 61 70 +13,5Russia 30 66 +114,2

4 VINITALY 2-8 APRILE 2010

Page 5: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

D egustazioni e seminari in Usa, Cana-da e Cina. Sono queste le principaliindicazioni che emergono dai pro-

getti presentati nel secondo anno della misu-ra Ue relativa alla promozione.

Dopo l’avvio lento dello scorso anno(quando il budget ammontava a soli 6,7 mi-lioni di euro) per il secondo anno le azionipromozionali dirette ai mercati extra-Ue ecofinanziate al 50% da Bruxelles hanno adisposizione risorse per 35 milioni di euro.L’importante incremento delle risorse ha fini-to per coinvolgere molte realtà dal Nord alSud. Sono infatti 78 i progetti presentati (69regionali, con la rinuncia di ConfagricolturaLombardia, cui si aggiungono i 9 di caratterenazionale) e hanno impegnato un budgetcomplessivo (fra risorse Ue, regionali e deiproponenti il progetto) di circa 62,4 milionidi euro.

Fra i progetti regionali la fetta maggioredi risorse sarà assorbita da Piemonte e Vene-to cui andranno ciascuna 6,8 milioni di euro.All’interno sempre dei progetti regionaliquello che richiederà il finanziamento mag-giore è quello dell’antica cantina di Canelli(cui andranno 1,2 milioni di euro). Un mag-gior finanziamento unitario è invece previstoper i progetti di carattere nazionale. Si andràinfatti da un minimo di 698mila euro, previ-sto per l’associazione temporanea di imprese(Ati) Wine in coop Unavini, fino ai 7,5 milio-ni assegnati invece al Consorzio Italia delvino.

Il bilancio – va detto – è ancora parzialeperché, come più volte sottolineato dal Mi-paaf, alcuni progetti sono ancora in corsod’opera e quindi non sono conteggiati. Tutta-via colpiscono due dati su tutti. Da un lato lerisorse Ue utilizzate ammontano a circa 25milioni di euro e pertanto rispetto al budgetdi 35 milioni, ci sono ancora circa 10 milioninon utilizzati. L’altro elemento che emergecon forza dai dati resi noti nei giorni scorsi èche una delle principali regioni viticole italia-ne, la Sicilia, nella seconda annualità non hapresentato alcun progetto. E questo – a quan-to è dato sapere – per difficoltà burocratichenella messa a punto del bando regionale.

I dati forniti nei giorni scorsi consentonoanche di valutare la tipologia delle azioni chesaranno attivate e soprattutto i paesi tergetprescelti. Sotto il profilo della tipologia diinterventi al primo posto nell’ambito dei pro-getti presentati ci sono le «degustazioni e iseminari» previsti nel 45% dei casi. Al secon-do posto invece le azioni di comunicazione(che assorbiranno il 28% delle risorse), segui-te dalle azioni presso i punti vendita (17%) einfine dalla partecipazione a fiere (10 percento).

Per quanto riguarda invece i paesi di desti-nazione delle iniziative promozionali al pri-mo posto con oltre il 58% del budget ci sonogli Stati Uniti. Al secondo posto fra i paesiextra-Ue si trova il Canada, mercato verso ilquale è diretto il 17% degli investimenti. Alterzo posto troviamo la Cina (8%) seguita daGiappone e Russia (entrambi col 4% dellerisorse), dalla Svizzera (3%) e dal Brasile(2%).

Proprio il campo delle destinazioni delleazioni promozionali sembra essere il primobanco di prova per la neonata cabina di regìaMipaaf delle azioni promozionali. Col 58%delle iniziative concentrate in un unico paese(gli Usa) il rischio duplicazione è infattielevato. Ma la prevista cabina di regìa per ilcoordinamento delle iniziative si è insediatasolo al termine del secondo anno di operativi-tà dei finanziamenti comunitari. ●

G.D.O.

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Priorità a degustazioni e comunicazione – In troppi vanno negli Usa, bisogna differenziare i target

POLITICA UE

Le azioni di valorizzazione dirette ai mercati extra-Ue assorbiranno nel 2010 un budget di 62 milioni di euro

BeneficiarioBeneficiario Importo TotaleImporto Totale

Gruppo italiano vini 3.802.357,78Tenute di Toscana 1.465.550,00Istituto del vino di qualità grandi marchi 3.292.109,17Verona Fiere Vinitaly tour 4.550.273,33Consorzio Italia del vino 7.507.116,34

Schenk Italia 2.481.732,31Cavit 2.384.083,47Istituto della vite e del vino 1.743.200,00Ati Wine In Coop Unavini 698.376,71Totale progetti nazionali 27.924.799,11Totale generale 62.427.482,61

Promozione, la carica dei 78 progetti(Quota % su totale)

(Campagna 2009-10)

(Campagna 2009-10)

PROGETTI NAZIONALI

I PAESI OBBIETTIVO

I BENIFICIARI DEI PROGETTI

LE TIPOLOGIE DI AZIONE

RegioneRegione BeneficiarioBeneficiario ImportoTotale

ImportoTotale

FriuliVeneziaGiulia

Fantinel 581.376,25Camera di commercio Udine 299.995,78Vini La Delizia 475.891,00Livio Felluga 100.000,00Ciollio e Carso 422.724,57Totale 1.879.987,60

Piemonte

Consorzio Export Langa In 110.000,00Ati Made in piedmont vini diLanga Roero e Monferrato 1.098.274,85

Antica Cantina di Canelli 1.259.000,00Consorzio Alba Export wine & food 120.000,00Agricola Brandini 696.928,00Consorzio Tutela Vini D’acqui 446.860,84Villa Rivalta 708.097,44Società agricola Winea 280.163,00Consorzio tutela dell’Asti 430.000,00Vignaioli Piemontesi 897.162,14Gancia 759.400,00Totale 6.805.886,27

TrentinoAlto Adige

Eos Organizzazione export Alto Adige 350.000,00Totale 350.000,00

Veneto

Camera di commercio di Verona 518.100,00Cevive 600.000,00Le Carline 138.481,50Spumanti Valdo 248.979,49Cantine Riunite 300.000,00Ati Santa Margherita - Casa vinicolaZonin - Casa vinicola Sartori 566.699,64

Ati Www Veneto world wine 315.182,78Ati Veneto Wine excellences 1.356.707,92U.Vi.Ve. Consorzio Unione vini veneti 2.713.625,04Azienda agricola La TorderaDominio di Bagnoli 113.040,00Totale 6.870.816,37

Lombardia

Ati Wine Franciacorta e Lugana 119.800,00Consorzio per la tutela Franciacorta 200.000,00Ascovilo 450.000,00Confagricoltura Lombardia (rinuncia) 200.000,00Totale 969.800,00

Umbria

Umbriait 121.000,00Falesco 192.510,00Cantina Terre De Trinci 100.000,00Umbria Top 282.256,00Podere Casale di Montefalco 358.100,70Arnaldo Caprai 300.000,00Cantine Novelli 327.600,00Totale 1.681.466,70

Marche

Vignaioli di Marche 793.000,00Saladini Pilastri Saladino 100.500,00Consorzio tutela vini piceni 400.000,00Istituto marchigiano 495.247,50Moncaro 687.598,82Totale 2.476.346,32

CampaniaConfagricoltura di Benevento 153.000,00Agripromos (Cciaa Napoli) 239.930,00Totale 392.930,00

Toscana

Consorzio vino Chianti 562.665,40Consorzio Chianti classico 250.000,00Felsina 82.110,00Enoteca italiana 211.600,00Totale 1.106.375,40

EmiliaRomagna

Enoteca regionale Emilia Romagna 4.646.487,08Totale 4.646.487,08

PugliaBotromagno 269.541,00Cantina cooperativa Riforma fondiaria 349.452,65Ati vini di Puglia Tormaresca 1.561.952,49Totale 2.180.946,14

Liguria Camera di commercio di Imperia 398.000,00Totale 398.000,00

Abruzzo

Cantina sociale Tollo 173.177,60Arssa Abruzzo 116.500,00Consorzio tutela vini D’abruzzo 201.500,00Citra 732.890,00Azienda agricola Masciarelli 201.550,00Farnesi vini 100.038,00Podere Castorani 212.448,00Azienda agricola Chiusa Grande 177.675,00Totale 1.915.778,60

Calabria Ati Calabrian wine mood 438.000,00Totale 438.000,00

Sicilia Totale

Sardegna

Cantina di Oliena 117.609,44Cantine di Dolianova 104.990,50Cantina sociale Ogliastra 916.188,00Vigne Surrau 100.000,00Totale 1.238.787,94

LazioFontana di Papa 1.000.000,00Casale Del Giglio 151.075,08Totale 1.151.075,08

Totale progetti regionali 34.502.683,50

PROGETTI REGIONALI

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Page 6: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

C alano superficimondiali e produ-zione. E la crisi

economica lascia il segno:calano i consumi e si ridi-mensiona il commerciomondiale nel quale trovanosempre più spazio le produ-zioni a minor valore ag-giunto.

È questo il quadro cheemerge dai dati forniti dal-l’Organization internationa-le de la Vigne et du vin(Oiv) e resi noti nei giorniscorsi.

Vigneti – Sul fronte del-le superfici lascia il segnola campagna Ue per l’estir-pazione che trascina al ri-basso il vigneto globale chesi è fermato a quota 7,6ettari contro i 7,7 dello scor-so anno (-1,34%). Nel pri-mo anno di applicazione (il2008) i vigneti «rottamati»con premio in Europa sonoammontati a 73mila ettari(e le domande complessiveriguardavano una superfi-cie di 160mila ettari). I Pae-si europei nei quali è statopiù forte l’impatto della mi-sura sono stati la Spagna(-16%) ma anche la Francia(che in realtà aveva avviatopiani di ristrutturazione vo-lontaria anche negli anniprecedenti la riforma Ocm).In flessione anche le super-fici in Bulgaria (5mila etta-ri in meno), in Portogallo

(che ha perso 3mila ettari)e in Ungheria (-2mila etta-ri). Complessivamente nel-la Ue a 27 le superfici vita-te si sono ridotte del 2,5%fra il 2008 e il 2009.

Trend stabile invece peri vigneti nei Paesi extra-Ue.Dopo il 2005 si è fermatolo sviluppo degli investi-menti in Cina. In lieve pro-gresso i vigneti argentini,cileni e della Nuova Zelan-da. Si riducono anche le su-perfici in Turchia e nel com-plesso del continente africa-no.

Produzione – I dati sulridimensionamento delle su-perfici non possono non la-

sciare il segno sul fronte del-la produzione mondiale cheinfatti nel 2009 è stata fra lepiù basse degli ultimi 15anni. In crescita la produzio-ne negli Usa (20,6 milionidi ettolitri, +6,6 per cento).

Andamento invece altale-nante in America Latina:cresce il Cile (9,7 milionidi hl, +13,7% sul 2008).L’Oiv segnala inoltre chein Cile il recente terremoto,pur non compromettendo lavendemmia 2010, tuttavia,ha causato una perdita discorte per circa 1,2 milionidi ettolitri.

In sensibile calo invecele produzioni di Brasile e

Argentina che fanno regi-strare rispettivamente -19,9e -17,3 per cento.

Stabile appare invece laproduzione della Nuova Ze-landa mentre in pesante ca-lo è quella dell’Australia(dove si prevede un meno6,7 per cento).

Per effetto di questi datil’Oiv prevede una produzio-ne mondiale che dovrebbeessere compresa fra i 262 ei 269 milioni di ettolitri eche quindi a seconda deirisultati potrebbe oscillarefra un -1,9% e un più 0,8%rispetto alla campagna2008.

Consumi – Sul fronte

dei consumi non può nonlasciare il proprio segno lacrisi economica mondialeche ha caratterizzato tutto il2009. Per i consumi mondia-li di vino si stima infatti unaflessione secondo un rangecompreso fra 230 e 242 mi-lioni di ettolitri pari a un ca-lo che può andare da un mas-simo di meno 6,8% a un mi-nimo di meno 2,8 per cento.

Nei singoli Paesi unaflessione è prevista innanzi-tutto negli Usa (-2,5%) chenegli ultimi anni hanno rap-presentato il vero e propriotraino della domanda mon-diale.

Per effetto di questi risul-

tati cresce il livello di equi-librio del mercato del vino,dato dal rapporto fra produ-zione e consumi. Un rappor-to che si riduce per entram-be le voci determinandouna sempre minore dipen-denza dagli stock, che fral’altro, negli ultimi anni sisono anche loro ridotti.

Commercio internazio-nale – Si riducono i volumidel commercio internazio-nale. Si calcola infatti chele quantità oggetto di scam-bi internazionali si ferme-ranno a quota 86 milioni diettolitri (con un calo del3,6% rispetto al 2008).

«Ma l’impatto della crisisul settore non è solo intermini di minori volumi –spiegano all’Oiv –. Nellagenerale propensione alla ri-duzione dei prezzi aumentala quota del commerciomondiale coperta da vinisfusi. In particolare crescela quota di ri-esportazionein particolare cross conti-nentali. I Paesi esportatorisempre più di frequente ten-dono a confezionare i viniin piattaforme vicine ai mer-cati di sbocco con la tenden-za a spostare la creazionedi valore aggiunto più a val-le verso cioè i mercati didestinazione. Un quadroconfermato anche dal con-temporaneo brusco calo delvalore delle esportazionidei vini confezionati. ●

L’Europa resta leader e tra i big si affaccia la Cina – In flessione anche produzione e consumi

Castellucci: dopo due anni difficilila domanda è ora pronta a ripartireL a crisi ha lasciato il

segno sul mercatomondiale del vino. Il mino-re potere d’acquisto dei con-sumatori ha profondamenteinciso sulla tipologia delladomanda spingendo le ven-dite di vino sfuso o bag inbox riducendo invece glispazi per le bottiglie di mag-giore qualità. Ne è convintoil direttore generale del-l’Oiv, Federico Castellucci.«Dopo due anni di congiun-tura negativa la realtà è cheall’interno di un trend deiconsumi che ha mostrato se-gnali di flessione anche inquei Paesi che crescevanoormai da anni, mostra an-che un profondo riposizio-namento della domanda».

Sono esplose le venditedi prodotto indifferenzia-to e a basso prezzo.

Appunto. Basti pensareche abbiamo calcolato co-

me in alcuni Paesi consuma-tori come Norvegia e Sve-zia il bag in box arrivi acoprire fino al 40% delleimportazioni. Per questomolte aziende stanno co-minciando a investire ingrossi impianti di imbotti-gliamento vicino ai mercatidi sbocco per importare vi-no sfuso, imbottigliarlo inproprio e distribuirlo suimercati da un’unica piatta-forma. Senza contare che anovembre ad Amsterdam siterrà il secondo salone delvino sfuso organizzato daproduttori spagnoli. Sonosegnali importanti.

Un vero e proprio allar-me per i produttori tradi-zionali di Francia e Italia.

Direi proprio di sì. Per-ché con scelte come quelledi multinazionali come Con-stellation, che ha realizzatoun grosso impianto di con-fezionamento a Bristol, inInghilterra, il valore aggiun-to si sposta sempre più avalle passando cioè dallaproduzione alle fasi dell’im-bottigliamento e della distri-buzione.

Come ci si può difende-re?

Penso bisognerebbe insi-stere sul tema della traccia-bilità, che in queste condi-zioni può essere difficile daassicurare. E poi pensare adifferenziare il prodotto,magari con bottiglie più leg-gere a minore impatto am-bientale come stanno facen-do in Francia.

Produttori che già sonoalle prese con il dilemmadei prezzi.

Vero. Sui mercati interna-zionali Italia e Australiahanno aumentato i volumiabbassando i prezzi. Fran-cia e Spagna invece hannopreferito non toccare i listi-ni. Nel medio periodo ve-dremo chi ha fatto la sceltagiusta.

Anche in Italia alcunidicono che abbassando iprezzi si è distrutto valoreaggiunto.

La pensano così anche iproduttori di Champagne.Ma è anche vero che se siperdono spazi a favore diprodotti con prezzo più bas-so poi è davvero difficileriprenderseli.

I nuovi consumatoriasiatici come stanno ri-spondendo?

In Estremo Oriente le co-

se si stanno muovendo. Èinteressante ad esempio chein India stanno prendendopiede un numero significati-vo di piccole imprese vini-cole. Il che significa che sista radicando una culturadel vino di qualità in con-trapposizione con il vino dimassa che invece è domi-nante in Cina. Fra i nuoviPaesi consumatori sta cre-scendo il peso di Brasile,Corea del Sud e Thailandia.E importanti sviluppi si re-gistrano anche ad HongKong.

Che tipo di sviluppi?Hong Kong ha introdotto

il tasso zero sull’import divino. E questo li porterà pre-sto a diventare la piattafor-ma trainante per il commer-cio di vino in Oriente.

Mentre invece nei Paesiproduttori qual è lo scena-rio?

Io sono ottimista. La do-manda si riprenderà. Equando ripartiranno i consu-mi ci sarà una minore dispo-nibilità di prodotto. E que-sto perché in Francia, in Ita-lia ma anche in Turchia e inAustralia in questi anni so-no state estirpate molte su-perfici a vigneto. Alcunimercati francesi mi diceva-no che alcune tipologie divino sfuso già non si trova-no più. E questo potrebbeportare a breve a una ripre-sa dei prezzi. ●

PAGINA A CURA DIGIORGIO DELL’OREFICE

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CONGIUNTURA

Il direttoregeneraledell’OivFedericoCastellucci

Oiv: gli incentivi Ue alle estirpazioni riducono le superfici totali a 7,6 milioni di ettari (meno 1,3 per cento)

INTERVISTA

Così è cambiato il vigneto globale(Dati 2009, quota % su totale) (Dati 2009 , quota % su totale)LE SUPERFICI MONDIALI COSÌ LA PRODUZIONE

E il trading rilanciale mega centralidi imbottigliamento

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Page 7: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

L e vendite nataliziehanno dato una buo-

na spinta allo spumanteAsti, ma gradualmente sista superando la stagiona-lizzazione degli acquisti.Lamberto Vallarino Gan-cia, presidente di Federvi-ni e della Gancia Spa, laholding interamente con-trollata dalla famiglia chedetiene la Fratelli Gancia ealtre controllate minori, af-ferma che gli spumanti so-no riusciti a evitare l’ondalunga della crisi con unabuona tenuta dei consumi.A sostenere le bollicine dicasa Gancia è stata soprat-tutto la grande distribuzio-

ne organizzata. «Nei super-mercati – afferma Gancia– c’è stata una ricerca del-la qualità con i prodotti so-pra i 5 euro. A riscuotere ilmaggior successo sono sta-te infatti le bollicine dellafascia premium.

Un risultato importantein un mercato ad alta com-petizione caratterizzato damolte offerte promoziona-li». «La nostra azienda haavuto grandi soddisfazionedalla fascia dei vini classi-ci di vertice che hanno buo-ne opportunità di merca-to». A registrare i proble-mi più pesanti nei super-mercati sono infatti pro-prio i prodotti di fascia bas-

sa. Un motore importantepoi viene dall’export. «Ne-gli Usa – afferma Gancia –ci sono buone potenzialitàdi ripresa, così come è inte-ressante il mercato russo.Ci sono poi i mercati emer-genti con la Cina. In questinuovi paesi dove lo spu-mante è legato soprattuttoalle celebrazioni bisognalavorare per educare al con-sumo nel rispetto delleusanze locali». Tornandoin Italia si guarda sempredi più alla Gdo, un canaleche ha concentrato i consu-mi con il ridimensionamen-to dei pasti fuori casa. «An-che se alcuni segmenti del-l’Horeca come gli happy

hour sono stati premiantiper noi». Gancia sta anchegiocando la carta giovanicon una campagna mirata:«Bisogna ringiovanire e de-stagionalizzare». E si vaavanti anche con il progra-mam di vendita diretta.«Selezioniamo una gam-ma di vini per realizzareuna cantina ideale che arri-va direttamente a casa cheva dalle bollicine a ai vinidi tutte le zone italiane del-le tenute dei Vallarino dalPiemonte alla Puglia e Sici-lia. ●

PAGINA A CURA DIANNAMARIA CAPPARELLI

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Q uest’anno quattro mar-che di Franciacorta so-

no state vendute a prezzi su-periori a quelli di noti cham-pagne francesi». MaurizioZanella titolare di Cà del Bo-sco e presidente del Consor-zio Franciacorta è orgogliosodi questo importante traguar-do. «Franciacorta ha chiusoil 2009 con un calo del 2%dei volumi, ma con un legge-ro incremento del prezzo, inun momento in cui i produtto-ri italiani vendono a 3 euro labottiglia, il vino di qualità èin affanno e i francesi hannoperso il 27% in quantità el’8% in valore».

Franciacorta dunque rin-grazia e per il 2010 «vede»una tenuta. Zanella però con-testa molto la scelta di chi«con un atteggiamento deci-samente schizofrenico sven-de il prodotto, in questo mo-do si fanno danni che non siriusciranno a sanare tanto fa-cilmente». I numeri di Fran-ciacorta acquistano ancorapiù significato se si pensa al-la forte contrazione dei con-sumi che hanno penalizzatola ristorazione, canale privile-giato per le bollicine di altaqualità. «La nostra presenzanella Gdo si limita a un 10%,la crescita è sostenuta dai ca-nali Horeca che sono in affan-no». E allora la considerazio-ne è che comunque il settore«tiene molto più dei vini, chesi chiami Franciacorta o Pro-secco, qualunque sia la decli-nazione delle bollicine la con-trazione è nettamente inferio-re ai vini di qualità.

Il risultato che inorgogli-sce di più «è aver vinto inItalia l’esterofilia». Nel 2009con 10 milioni di bottiglievendute Franciacorta è la pri-ma zona in termini di prodot-to ottenuto con il metodoclassico. «Se poi si aggiungache il prezzo spuntato que-st’anno è più alto rispetto aiprodotti esteri che hanno 250anni di storia più di noi nonpossiamo che dichiarare lanostra piena soddisfazione».E il futuro?«Stringere ancoradi più il cerchio sulla qualità– assicura Zanella – già oggi

il nostro è il disciplinare piùsevero nel mondo delle bolli-cine compresi i francesi». Og-gi sono 97 gli imbottigliatorie 280 i produttori di uva.«Cà del Bosco – spiega Za-nella – produce 1,1 milionidi bottiglie vendute a un prez-zo medio di 25 euro. Siamopresenti nel settore della Gdosolo nei supermercati Esse-lunga perché riteniamo chesia una catena molto attentaalla qualità». Cà del Bosco loscorso anno ha anche aumen-tato del 6% la quota del-l’export che però vale solo il16 per cento. ●

I n una fase di pesantecalo dei consumi ali-

mentari il Prosecco sull’on-da della nuova Doc fa scin-tille. Gianluca Bisol, diretto-re generale dell’omonimaazienda di Stefano di Val-dobbiadene, in provincia diTreviso (guidata da unasquadra familiare di 4 gio-vani e due senior con unfatturato di 10 milioni) af-ferma che il prodotto staandando benissimo sul mer-cato nazionale e su quelloestero. «Siamo davvero pia-cevolmente stupiti – dichia-ra Bisol – di quello che sta

accadendo. Nei primi 80giorni dell’anno la nostraazienda ha registrato unacrescita del 12%». La moti-vazioni di questo successo?«Oggi – sostiene il diretto-re generale della casa vini-cola – il Prosecco vestel’abito giusto per la richie-sta del momento. Che èquella di spendere un prez-zo giusto per un prodotto diqualità. E oggi questo ilProsecco lo permette. A tut-ti i livelli dalla Docg allanuova Doc».

La produzione con lagriffe Bisol è di 500mila

bottiglie a cui si affiancano950mila di Jeio, due realtàche saranno rafforzate dauna terza attività operativada pochi mesi. Si tratta diBel Star (nome dialettale diun vigneto appena acquisi-to in una collina vicino Co-negliano) con cui si identifi-cherà la nuova Doc. Il mer-cato interno dà dunque mol-te soddisfazioni, ma non èda meno quello estero.«Nel 2009 abbiamo esporta-to il 45% del Prosecco eper il 2010 l’obiettivo è diarrivare a quota 50%. Lepremesse ci sono: in Italial’incremento è stato del6%, del 20% quello estero.«Il nostro primo mercato diesportazione è l’Inghilterra,il secondo gli Usa, mentrein terza posizione si collocala Svizzera. La Germaniain questi ultimi tempi si eraorientata su prodotti di fa-scia bassa, ma ora sta lan-ciando segnali di ripresa».Tra le nuove sfide ci sono ipaesi asiatici, dove, dice Bi-sol, è più facile penetrarecon il Prosecco piuttostoche con il vino. E si guardacon interesse al mercato ci-nese: «Siamo presenti dacinque anni con piccolequantità ma con trend dicrescita molto interessantiche hanno raggiunto il 300per cento».

Per una volta non ci so-no ombre: «Con la nuovaDoc è stata fatta anche piaz-za pulita dei prodotti sca-denti che facevano concor-renza sleale alle bollicinedi qualità». ●

Zanella: Franciacorta volae sui prezzi batte lo champagne

Bisol: Prosecco a gonfie veleIn tre mesi una crescita del 12%

Gancia: la Gdo premia la «fascia alta»

C orrono le bollicine sulmercato italiano e suquello internazionale.

Anche nel 2009 gli spumantimade in Italy hanno messo asegno un’ulteriore crescita cheva ormai avanti da 10 anni eche ha portato le bottiglie dai205 milioni del 2000 ai 355milioni registrate lo scorso an-no (+48%). La lunga corsa de-gli spumanti emerge anche daidati sul giro d’affari che nellostesso periodo è passato da unvalore alla produzione 480 mi-lioni, agli 1,2 miliardi di eurodi oggi. Valori che al consumo,arrivano a quota 2,8 miliardianche se in leggera flessione(-4%) rispetto al 2008.

Il boom degli spumanti del-l’ultimo decennio ha soprattut-to solide radici all’estero. Infat-ti mentre i consumi interni so-no cresciuti «solo» del 17,8%,

le spedizioni sono invece passa-te da 70 a 193 milioni di botti-glie per un significativo più175 per cento.

È lo spaccato tracciato dal-l’Osservatorio Mercati&Consu-mi che rileva una sostanzialetenuta sul mercato nazionale de-gli spumanti a fronte di un fortecalo valutato in circa 2 milionidi bottiglie per lo Champagne.I prezzi medi al consumo diuna bottiglia si sono attestati supoco meno di 5 euro per unocharmat e poco più di 11 perun metodo classico.

La crisi generale che ha falci-diato i consumi dunque non hascalfito gli spumanti che sonoriusciti a limitare i danni a unaflessione del 4% del fatturato.E così nonostante la caduta libe-ra di attività di marketing e co-municazione il consumo deglispumanti charmat è aumentato

del 10%. E si consumano sem-pre più bollicine (+6%) in casae nei wine bar.

Oggi infatti spumanti e pro-secco stanno scalzando cock-tail e bevande esotiche: 7 aperi-tivi su 10 sono a base di spu-manti. Una tendenza che hacontagiato anche i giovani.

«Un calice – afferma, dati allamano, il responsabile dell’Os-servatorio Mercati&Consumi,Giampietro Comolli – ha sosti-tuito nel 50% dei casi le bevan-de analcoliche più gettonate daigiovani, le ragazze privilegianorosé e aromatici, mentre i giova-ni si orientano su charmat e

metodo classico». A spingerele etichette frizzanti made inItaly è stata anche la grandedistribuzione organizzata cheha favorito anche il processo didestagionalizzazione dei consu-mi. «In Italia – secondo l’Osser-vatorio – il consumo domesticoè arrivato a coprire 2 bottigliesu tre. I consumi restano anco-ra ridotti: 2,6 bottiglie pro capi-te contro le 7 bottiglie di vino.Senza contare poi i numeri este-ri: 4,7 bottiglie in Francia e 6,5in Germania». Trend positivoanche per l’export con una cre-scita in quantità del 10,3% edel 2% in valore. Nel 2009 so-no state spedite 193 milioni dibottiglie (erano 173 nel 2008)con prezzi che variano in unaforbice compresa tra 2 e 15 eu-ro.

L’export che dà grandi sod-disfazioni al made in Italy resta

però ancora confinato in soli 74paesi contro i 193 dove sbarcalo champagne francese. Anchecon la crisi dei consumi comun-que il made in Italy non perdesmalto. «Tirano i prodotti grif-fati Italia – spiega GiampietroComolli, curatore dell’Osserva-torio – se c’è certezza dell’origi-ne e del nome. Occorre pertan-to blindare i nostri marchi, que-sto è un investimento indispen-sabile».

Nella gara dei vini efferve-scenti al primo posto si collocala Francia con 500 milioni dibottiglie. E la Francia è anche ilsecondo consumatore al mon-do con 280 milioni di bottiglie.Parigi importa 11 milioni di cui4,5 milioni dall’Italia con Asti,Brachetto d’Acqui e Prosecco.Secondo produttore è la Germa-nia che acquista dall’Italia 42milioni di bottiglie. ●

Nuove tendenze e Gdo aiutano le bollicine – Balzo dell’export (175%) con 193 milioni di bottiglie

SETTORI IN SALUTE

CANELLI

ERBUSCO VALDOBBIADENE

2000 2009 %Prod. vini spumanti 240.000.00 355.500.000 48,1

Prod. metodo classico 18.500.000 28.200.000 54,4

Consumo naz. 135.300.000 159.400.000 17,8

Export 70.000.000 193.100.000 175,8

Valore €/bott. 2,35 3,46 47,2

Export €/bott. 7,05 10,02 42,1

Volume d’affari 480,00 1.200 150

Secondo i dati dell’Osservatorio in dieci anni la produzione è aumentata del 48%, i consumi del 18 per cento

(Dati in milioni di bottiglie)

La lunga rincorsa degli spumantiLA CORSA DEGLI SPUMANTI

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Page 8: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

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È «il» vino italiano inbrik per eccellenza, tan-to che quando si dice

Tavernello si pensa immediata-mente alle confezioni in tetrapak che riempiono gli scaffalidella Gdo.

Ma adesso è arrivato il mo-mento di cambiare quest’associa-zione di idee: infatti sta per arriva-re sul mercato il Tavernello inbottiglia, confezionato nella ele-gante «renana» da 0,75 litri.

Una novità assoluta per l’Ita-lia, mentre all’estero Tavernellopropone già una vasta gammadi vini Igt fermi e frizzanti, inbottiglia da 1,5 litri. Ma la sceltadel contenitore è stata solo unaconseguenza della novità appor-tata nel contenuto: da fermo, oraTavernello diventa anche vinofrizzante e questo ovviamenterichiede un contenitore rigidoche sappia contenere la maggiorpressione. Con il Tavernello friz-zante Caviro punta a coprireuna nuova fascia di mercato e afar scoprire i suoi vini a chi amal’effetto delle bollicine, o non sifida della qualità dei vini in car-tone. Uno scetticismo duro amorire, anche se gli esperti ripe-

tono che a fare la qualità delvino è soprattutto la materia pri-ma e che, se il vino ha la stessaqualità, nel breve periodo nonc’è differenza tra brik e vetro.«Tavernello è il vino più vendu-to in Italia, è acquistato da circa5 milioni di famiglie – spiegaSergio Dagnino, direttore gene-rale Caviro – e l’allargamentodella gamma al frizzante puòconsentirgli di crescere ancora edi conquistare nuove fette di

mercato». Il periodo di test rea-lizzato nella moderna distribu-zione ha confermato le aspettati-ve di Caviro, dimostrando che ilcomparto dei vini frizzanti offreancora notevoli opportunità peri prodotti che sappiano risponde-re, con un ottimo rapporto quali-tà/prezzo, alle richieste del con-sumatore.

Il Tavernello frizzante è di-sponibile in due referenze, bian-co e rosato, entrambe ottenute

da una selezione di uve italianesottoposte a frizzantatura. Diquesti prodotti viene garantita latracciabilità totale di filiera, cherappresenta un fiore all’occhiel-lo per la cooperativa faentinache fa capo a Confcooperative.I consumatori italiani potrannoacquistare il Tavernello frizzan-te al prezzo consigliato di 2,50euro a bottiglia. «È una fascia diprezzo interessante e molto com-petitiva», sottolinea Dagnino.

In effetti nell’ultimo anno inItalia il segmento che ha vistocrescere maggiormente le vendi-te è stato quello sotto i due euro,dove si è registrato un aumentodel 7 per cento. In questa fasciaci sono anche gli Igt che hannoguadagnato posizione sui vinida tavola, i quali risultano inflessione del 2,1 per cento.

Più che la denominazione, agiocare un ruolo determinante èstato il fattore prezzo che ha

subito un abbassamento genera-lizzato in tutto il mondo del vi-no. Ma cosa succederà ora chela nuova Ocm permette di indi-care annata e vitigno anche suivini da tavola? «L’impatto dellanuova Ocm, almeno dal puntodi vista del consumatore, è mol-to depotenziato in Italia dove,ad esempio, i varietali nominabi-li saranno solo quelli internazio-nali e alla fine la vera novitàsarà costituita dal chiamare“vino d’Italia” l’ex vino da tavo-la», risponde Dagnino.

Dunque quella del Tavernel-lo frizzante è la nuova scommes-sa di Caviro, che, con i suoi18mila viticoltori associati, glioltre 184 milioni di litri di vinoprodotti annualmente e i 260 mi-lioni di fatturato, è il leader asso-luto del settore vinicolo italiano,dove con i propri marchi e leprivate label fornite alla Gdorappresenta il 18% a volume e il9,8% a valore di tutto il vinovenduto nella distribuzione mo-derna. ●

MANUELA SORESSI

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I nuovi formati hanno superato i test di mercato evidenziando un ottimo rapporto qualità-prezzo

Ma il cartonecresce ancorasui mercatiesteri (+9%)

INNOVAZIONE

Con il debutto del vino frizzante l’azienda romagnola leader del brik si «converte» ai contenitori in vetro

C aviro è tra i primi dieci operatori vinico-li mondiali. Una posizione raggiunta

soprattutto grazie all’espansione del Tavernel-lo sui mercati internazionali, dove questo vinoviene venduto nelle principali catene di distri-buzione in paesi come Germania, Giappone,Russia, Norvegia, Svizzera, Repubblica Cecae Taiwan. «Nel 2009 – sottolinea il direttoregenerale, Sergio Dagnino – abbiamo avutouna crescita dell’export pari all’8% con buoneperformance anche in paesi come Inghilterra,Spagna e Russia dove la crisi ha colpito inmodo pesante e i nostri prodotti si stannofacendo apprezzare anche in nuovi mercati.La scorsa estate il Tavernello in brik ha debut-tato in Inghilterra e in Giappone, mentre inGermania, a tre anni dal lancio, è diventato ilprimo marchio di vino italiano».

In base a questi successi la cooperativavaluterà se presentare Tavernello frizzante an-che sui mercati esteri, dove è forte l’interesseper i vini mossi. Ad esempio, in Olanda lapredilezione dei consumatori verso i vini friz-zanti ha contribuito all’aumento della quota divendita dei vini italiani, mentre in Gran Breta-gna sono questi i vini considerati più allamoda. Infatti, secondo il Rapporto sul com-mercio con l’estero dei prodotti agroalimenta-ri realizzato da Inea per quanto riguarda ilvino, i frizzanti sono una delle poche voci chenel primo semestre 2009 ha «tenuto», insiemeai vini rossi e ai rosati non di qualità (sia sfusiche confezionati). ●

M.S.

Il «Tavernello» ora va in bottiglia

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L a crisi nel settore vi-tivinicolo c’è, ma siaffronta senza rinun-

ciare agli investimenti in qua-lità e innovazione. Ne è con-vinto Eugenio Sartori, diret-tore di Vcr Rauscedo, azien-da friulana leader del vivai-smo mondiale che ha chiusola campagna 2008-09 con49,4 milioni di barbatellevendute, con un crollo del19% rispetto all’annata pre-cedente.

«Il calo – spiega Sartori –c’è stato sia in termini diprodotto venduto, sia di prez-zi e fatturato. In Italia le ven-dite sono diminuite del 15%,all’estero del 24%». Dati inlinea con tutti gli altri setto-ri, secondo Sartori, che se-gnala come anche il fatturatosia calato dai 56 milioni del2007-08 ai 45 milioni del2008-09.

«La situazione del merca-to a livello nazionale e inter-nazionale è difficile – ag-giunge il direttore Vcr – perla contrazione della doman-da seguita alla crisi economi-ca. Ma l’offerta non è calata

e questo ha determinato ov-viamente una notevole fles-sione dei prezzi, fino al 10%l’anno scorso».

Di fronte alla crisi, VcrRauscedo non sta certo allafinestra. Anzi, sottolinea Sar-tori, la previsione per il 2010«è di un aumento delle no-stre vendite soprattutto al-l’estero, tenendo conto chela nostra quota d’export èdel 40%». E in un periodo dicrisi, secondo il direttore «oc-corre puntare ancora di più

sull’innovazione. Pertantoabbiamo mantenuto costantii nostri investimenti in ricer-ca e sviluppo, pari a 1 milio-ne e 200mila euro nella scor-sa campagna».

Gli investimenti sono ri-volti, tra l’altro, a program-mi di selezione clonale perle varietà italiane ed estere(oltre 300 i cloni omologati),alla caratterizzazione e allamessa in opera di una mac-china completamente auto-matizzata per il tradizionale

innesto a incastro. Le pro-spettive del settore per il2010, a livello mondiale,non sono rosee.

«Tutti gli operatori stannosoffrendo – afferma Sartori– e l’annata sarà difficile per-ché permane lo squilibrio tradomanda in calo e offerta inaumento. Ovunque si com-prende che c’è una sola medi-cina: ridurre la produzione,perché altrimenti i prezzi, almomento non remunerativi,non possono risalire.

Quanto ai mercati del SudAmerica, dell’Australia e de-gli Usa, la situazione è diffe-renziata. «In Sudamerica ilsettore vinicolo ha subito me-no che altrove l’impatto del-la crisi – dice Sartori – men-tre ci sono più difficoltà inAustralia, dove i nostri clonisono diffusi attraverso il vi-vaista Chalmers Nurseries, enegli Usa, dove si è piantatoil 30% in meno rispetto al-l’anno scorso».

Anche Novavine, società

consociata di Vcr in Califor-nia, benché abbia chiuso il2009 con un ottimo bilancio,ha iniziato l’anno in corsocon qualche difficoltà. Otti-ma, invece, la performancedi Vcr France, che prevededi passare a 4 milioni di pian-te vendute sul mercato d’Ol-tralpe dai 3 milioni dell’an-no scorso.

Per quanto riguarda le va-rietà, permane uno sposta-mento, in via di stabilizzazio-ne, verso le varietà bianche(68%) a discapito delle rosse(32%). «In Italia è già avve-nuto – commenta Sartori –ora si sta verificando adesempio nell’Est Europa».Per l’Italia, boom della do-manda di Prosecco per l’av-vento della Doc, con un deci-so calo di Pinot Grigio, Char-donnay, Friulano, Merlot eCabernet Sauvignon, specienell’area interessata dallanuova Doc. Tiene il PinotNero, come base per lo spu-mante. Buona la richiesta diCataratto, Sonica e Grillo inSicilia, di Vermentino in Sar-degna e Toscana. ●

Tra le priorità dopo il crollo di vendite nel 2009 (-19%) anche la riduzione produttiva di barbatelle

Vitis punta sull’Est Europae sui programmi di ricerca

E la macchinaCelerina Plusassicura milleinnesti l’ora

VIVAISMO

V itis Rauscedo, secon-do polo del vivaismo

italiano con una produzio-ne annua di 8 milioni dibarbatelle innestate, guar-da con ottimismo oltre lacrisi del settore vitivinico-lo. «Diamo impulso alla ri-cerca mantenendo tutti i no-stri programmi in essere –esordisce il direttore, Dio-nisio Vizzon – e stiamo datempo esplorando i mercatiesteri, sebbene quello italia-no resti il nostro mercatodi riferimento».

Una contrazione delladomanda certo c’è stata.«Se negli ultimi anni sia-mo arrivati a 8 milioni dibarbatelle innestate prodot-te e vendute – dice Vizzon– attualmente siano attornoai 6 milioni di piante».Quest’anno, in particolare,la propensione all’impian-to è stata condizionata eridotta pure dalle condizio-ni climatiche avverse. «Lepiogge – spiega il direttore– hanno rallentato gli im-pianti anche in regioni co-me la Puglia, la Sicilia, laSardegna e la Toscana, tra-dizionalmente in anticiporispetto ad altre aree delPaese».

A livello nazionale emer-

gono tendenze chiare.«Reggono le aziende strut-turate – continua Vizzon –mentre scarseggiano i nuo-vi investimenti». Diversala situazione all’estero. Afronte di uno stallo in Spa-gna, Grecia, Portogallo, ealla condizione stazionariadella Francia, ci sono areemolto vivaci come la Ro-mania e la Bulgaria. E poila Russia, l’Ucraina e laMoldova, dove il rinnovo èun «must» per essere com-petitivi e dove si registra lapresenza di numerosi inve-stitori stranieri. A questimercati, dunque, Vitis con-tinua a guardare con parti-colare interesse.

«Abbiamo una quotad’export del 15% – sottoli-nea Vizzon – che intendia-mo incrementare». Alcunipaesi, come California, Su-dafrica, Nuova Zelanda eCile, restano «off limits»per la presenza di barrierefitosanitarie nei confronti

delle piante vive, ma Vitisè attiva nel campo dellaricerca di accordi interna-zionali di collaborazioneper la moltiplicazione in lo-co di propri cloni. «Adesempio in Australia – di-ce il direttore – dove abbia-mo già un collaudato rap-porto di collaborazionecon la società Savi». Unaccordo analogo è in cantie-re per la California e prose-gue l’esplorazione – attra-verso contatti commerciali– anche di altri mercatiaperti, come Brasile, Ar-gentina, Nord Africa, Indiae Cina. Sul versante dellaricerca, Vitis mantiene iprogrammi, concentrandogli investimenti su alcunitemi: la riduzione dell’im-patto ambientale delle colti-vazioni; la riduzione deitrattamenti chimici e dellequantità di principi attiviutilizzati per ettaro; le bar-batelle prodotte con meto-do completamente biologi-co, ma anche quelle piùadatte a soddisfare le esi-genze dei viticoltori per ilrimpiazzo di piante nei vi-gneti adulti. ●

PAGINA A CURA DIALBERTO ROCHIRA

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Il direttore di Vcr Rauscedo, Sartori, illustra le strategie aziendali sostenute da nuovi investimenti in selezione

U n nuovo modo di produrre barbatel-le, rispondendo alla crisi con l’inno-

vazione tecnologica. Vcr Rauscedo ha bre-vettato «Celerina Plus», una nuova macchi-na automatica per l’innesto di barbatelleclonali, che è in grado di produrre, con unoperatore, circa 1.000 innesti «fresa-inca-stro» l’ora, con una qualità eccellente.

«Il tradizionale innesto a incastro – spie-ga il direttore Vcr Eugenio Sartori – neltempo era stato abbandonato a favore del-l’innesto francese a Omega, riservando ilprecedente solo ad alcune combinazioni».Con questa nuova macchina la produttivitàdell’innesto a incastro aumenta di un quar-

to rispetto all’innesto a Omega. «I vantag-gi sono notevoli – prosegue Sartori – per-ché l’innesto a incastro ha una tenuta mec-canica superiore, senza contare che dà ori-gine a un callo di cicatrizzazione più robu-sto e regolare, rendendo la pianta più resi-stente a qualsiasi contaminazione ester-na».

Con questa macchina si assicura all’in-nesto a incastro una maggiore produttivitàed efficienza e si ottengono piante piùresistenti. «Ne sono entrate in funzione già40 e altre 20 sono in cantiere – dice Sartori– Contiamo di dotare tutti i nostri 250 socidi questo strumento innovativo». ●

Qualità e innovazione scaccia-crisi

Investimenti miratianche per contenerel’impatto ambientale

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Page 12: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

T radizione e innova-zione, nomi storiciaccanto a nuove de-

nominazioni: così il Piemon-te si prepara a Vinitaly, permettere in mostra produttorie qualità. Una presenza stori-camente forte e rappresentati-va: quest’anno sono previstioltre 600 espositori piemonte-si, quasi il 15% del totale. Glisforzi puntano al coordina-mento e al rafforzamento del-la presenza anche in terminidi immagine e comunicazio-ne, oltre alla presentazione dieventi (tra cui Vinum, Doujad’Or, Moscato Wine Festi-val, Barbera Meeting ecc.),nuove Doc, libri, pubblicazio-ni e progetti, abbinamenti ga-stronomici.

Dal punto di vista produtti-vo, il Piemonte ha messo asegno un’annata con 2,85 mi-lioni di ettolitri, nella mediadell’ultimo quinquennio (ilpicco dei 4 milioni fu supera-to solo nel 1987). La superfi-cie totale degli impianti si èattestata a 50.737 ettari (dicui 49.586 in produzione), ildato più basso da metà anni

Ottanta, mentre la resa in vi-gna è salita a 80 quintali perettaro (contro i 70 del 2008).

L’export vale oltre un mi-liardo e il 60% della produzio-ne; tra le prime destinazioniRegno Unito, Germania, Usae Francia. Su estero e promo-zione c’è impegno: tre proget-ti finanziati dalla Regione nel2009 (due in Usa e uno inCorea, spesa complessiva702mila euro), per il 2010 su

un bando da 2,5 milioni sonostati presentati dieci progettiper una spesa ammissibile di7 milioni. Voglia di investiree di nuovi mercati, come di-mostra anche la partecipazio-ne alle maggiori fiere nazio-nali e internazionali, accantoall’impegno delle 14 enote-che regionali.

Significativo il patrimo-nio delle denominazioni, con47 Doc e 14 Docg, che rap-

presentano oltre l’85% dellaproduzione. Numeri che po-trebbero aumentare ancora,con il lavoro portato avantinegli ultimi anni e alla lucedelle nuove norme sulle de-nominazioni (con richiestedi riconoscimenti, passaggida Doc a Docg, modifiche adisciplinari).

Tra le novità, a fine 2009 ègiunto il sì del Comitato vinialla nuova Doc Alba con un

marchio territoriale forte.Stesso obiettivo, su scala piùampia, per la Doc Piemonteche abbraccia quasi tutto ilterritorio vitato piemontese,anche se il progetto ha solle-vato anche molte critiche.Scenario in evoluzione ancheper la Doc Langhe, allargatacon possibilità di nuovi viti-gni, e per due nomi storici e«regali», come Barolo e Bar-baresco che nella seconda me-

tà dello scorso anno hannoavuto il via libera alle menzio-ni geografiche aggiuntive.

Nel 2009, infine, hanno otte-nuto il riconoscimento altre duenuove denominazioni: Terre Al-fieri (tra Astigiano e Cuneese,Arneis e Nebbiolo) e Valli Os-solane (Nebbiolo e Bianco abase Chardonnay). ●

FABRIZIO BRIGNONE

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Opzione cru per Barolo e Barbaresco – Ma l’ipotesi di una denominazione unica non piace

L’Oltrepò completa il processo di restyling

LE SCELTE DELLE REGIONI

D al restyling completodel disciplinare dei vi-

ni Doc Oltrepò pavese nasco-no sei nuove Doc lombarde.Le modifiche, recentementeapprovate dal Comitato na-zionale vini, «hanno l’obiet-tivo di rafforzare la protezio-ne comunitaria – spiega ildirettore del Consorzio di tu-tela, Carlo Alberto Panont –ed esaltare le caratteristichedel Pinot Nero vinificato in

rosso». Il disciplinare è statomodificato estrapolando al-cune tipologie legate a presti-giose menzioni tradizionalie a vitigni tipici del territo-rio che sono diventate Docautonome: si tratta dei viniBonarda, Sangue di Giuda,Buttafuoco, Pinot Nero e Pi-not Grigio dell’Oltrepò pave-se. È stata inoltre riconosciu-ta la Doc Casteggio, cheidentifica sempre una tipolo-

gia di vino rosso, e revisiona-to il disciplinare dell’Igt deivini «Provincia Pavia» conl’indicazione di due nuovetipologie.

Dopo l’arrivo della DocgOltrepò pavese metodo Clas-sico, il processo di ristruttu-razione della più grande can-tina lombarda, capace di ge-nerare un fatturato alla pro-duzione vicino ai 180 milio-ni, è ora completato. Alle

bollicine che soprattutto nel-la versione rosè, rappresenta-no il prodotto di punta, siaffianca quindi una linea dirossi completamente rivedu-ta.

Nel dettaglio, viene riven-dicata la Doc della Bonardaprodotta nell’Oltrepò pave-se, che con 20milioni di bot-tiglie all’anno rappresentauno dei vini più venduti inItalia. In questo caso è con-

sentito anche l’uso dellamenzione tradizionale viva-ce per i vini effervescenti.

Per la seconda Doc, San-gue di Giuda dell’Oltrepò pa-vese o Sangue di Giuda èstata ampliata leggermentela zona di produzione e sonostati inclusi solo terreni colli-nari, estremamente vocati. ●

FRANCESCA BACCINO

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Da Alba e Colline ovadesi fioccano i nuovi riconoscimenti in una zona con il maggior numero di marchi

LOMBARDIA

Piemonte, a ognuno la sua etichetta

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A marone, Recioto eProsecco, i vini dipunta del Veneto,

attendono la risposta deimercati mondiali dopo laconquista della Docg, tap-pa importante, per i futurisviluppi. Intanto i produtto-ri veneti si confrontano coni primi dati complessivi del2009, che vedono l’exportscendere a 1,089 miliardidi euro, con una perdita del5,79%. Comunque nel Ve-neto si commercializza e siconsuma meno vino, vistoche l’import è sceso del6,85%, attestandosi a 144milioni. Verona detiene piùdi metà dell’export, ma haperso il 5,27%, segue Trevi-so a 156 milioni e una ridu-zione dell’export del 3,5%,ridotta proprio per gliexploit del Prosecco.

«La nuova Doc del Pro-secco – sostiene il produtto-re di Valdobbiadene,Gianluca Bisol – con 650comuni veneti e friulani,ma anche il riconoscimentodella Docg per due zonestoriche di Conegliano e

Valdobbiadene-Asolo, han-no disegnato una chiaraclassificazione della quali-tà che sono convinto possarappresentare un vero tram-polino di lancio per lo svi-luppo di una leadershipmondiale».

Se il nome Prosecco èvisto come fondamentalemarchio collettivo da valo-rizzare (accanto a quelloaziendale), diverso è il con-cetto per l’Amarone, con laDocg arrivata tardi per le

precedenti divisioni tra pro-duttori e che, comunque,dovrà far leva anche sulprestigio del marchio.

«La Docg – dice, infatti,il maggior esportatore diAmarone, Sandro Boscainidi Masi – non influirà inmodo sostanziale né sullaqualità del prodotto, né sul-la distribuzione, ormai bensviluppata. È semplicemen-te una acquisizione di sta-tus sociale che pone il no-stro vino tra le poche gran-

di stelle dell’enologia italia-na». Sarà anche per questoche Boscaini è capofila delnuovo consorzio delle gran-di famiglie storiche del-l’Amarone. Crede di piùnel marchio Nadia Zenato,vicepresidente dell’Associa-zione Donne del vino perla quale «sicuramente laDocg è un’ulteriore e vali-da protezione e garanzia.Ci permette di proteggerel’identità del nostro Amaro-ne visto che le Doc vengo-

no oggi facilmente attacca-te».

E alla nuova Ocm guar-da tutto il Veneto, con intesta i presidenti dei dueconsorzi maggiori, ArturoStocchetti per il Soave eLuca Sartori per il Valpoli-cella, entrambi convintiche si aprano nuovi spazida una parte per la qualità edall’altra per una forte pro-mozione, come sta dimo-strando Soave, soprattuttonegli Usa, quasi a compen-

sare l’exploit del proseccochiamato a essere lo spu-mante ufficiale di ExpoShanghai.

L’anno trascorso dall’ul-timo Vinitaly ha però se-gnato per il Veneto anchealtri momenti significativi.Dall’uscita, ad esempio diCantina Soave dal Gruppoitaliano Vini (che, nel frat-tempo ha cambiato l’azio-nariato e anche il vertice«politico e operativo», conl’uscita dello storico ammi-nistratore delegato EmilioPedron), al consolidamentoinvece dell’aggregazioneveronese-vicentina-padova-na Collis (all’interno dellaquale la cooperazione è af-fiancata da privati comeSartori e Riondo), fino alrafforzamento di Cantinadi Soave che con la nuovapresidenza di Attilio Carles-so che sta decisamente pun-tando sul mercato statuni-tense sia per i vini fermi siacon gli spumanti comeEquipe 5 e Maximilian. ●

FRANCO RUFFO

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Nel 2009 l’export scende a 1,08 miliardi (-5,79%) – L’exploit delle bollicine evita danni maggiori

Al via fusionetra consorzidel Carsoe del Collio

LE SCELTE DELLE REGIONI

Amarone, Prosecco e Recioto alla prova del mercato dopo la conquista della denominazione «garantita»

I n Friuli Venezia Giulia la modifica deidisciplinari di produzione non ha porta-

to stravolgimenti per le 11 Doc e Docg: unapiccola modifica molto tecnica nei ColliOrientali per aumentare il limite di aciditàvolatile nel ramandolo e nel verduzzo, inlinea con i processi produttivi attuali e unampliamento della zona di produzione delProsecco.

Nel Collio Goriziano non erano necessa-ri aggiustamenti sul piano produttivo o de-gli uvaggi. La novità è invece sul pianoamministrativo e dell’ottimizzazione dei co-sti, con l’unione del piccolo consorzio delCarso con quello del Collio.

La proposta di una nuova Doc Friuliincontra favori, ma anche resistenze: per iproduttori del Collio non deve sovrapporsialle Doc esistenti. Tra gli imprenditori piùattivi nel territorio con le loro aziende difamiglia, Marco Felluga a Gradisca d’Ison-zo, e Russiz superiore a Capriva del Friuli.Per Loretto Pali, 90 ettari tra Collio e Ison-zo, il cambio di denominazione da Tocai aFriulano non è stato solo negativo, ma haportato anche qualche vantaggio di pubblici-tà e notorietà in Italia e all’estero. ●

LEONARDO FELICIAN

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In Veneto brillano tre nuove Docg

FRIULI V.G.

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T ra tradizione produtti-va e mercati in diveni-re, anche la Toscana

del vino sembra andare incon-tro al cambiamento. Se da unlato fa notizia la separazione traChianti Classico e ChiantiDocg (nei vigneti del ChiantiClassico sarà consentita la pro-duzione solo di uve destinate alvino con il Gallo Nero formaliz-zando così il divieto di impian-tare o dichiarare vigneti per ilChianti Docg nell’area delChianti Classico), dall’altro cisono realtà giovani, quali peresempio quella dell’Orcia Doc,che proprio sul disciplinare pun-tano l’attenzione per sviluppareil sistema di qualità del prodot-to. «Dovremo sempre più segui-re una doppia filosofia – spiegaDonella Vannetti, presidentedel Consorzio – da un lato quel-la di aumentare l’invecchiamen-to per i vini creando una Riser-va, dall’altro aumentando lapercentuale di Sangiovese».Certo i «tre moschettieri» delvino toscano hanno fatto unpo’ da apripista per tutte le altredenominazioni. A partire dalBrunello di Montalcino che de-mocraticamente ha messo a re-

ferendum la possibilità di modi-ficare un disciplinare da alcuniproduttori amato, da altri dichia-rato demodè: e così il 96% dei«votanti» ha optato per il con-servatorismo mantenendo ilSangiovese in purezza e il me-todo di invecchiamento, ele-menti che da sempre hannocontraddistinto lo storico vinodi Montalcino.

Diverso quanto successo aMontepulciano, patria del VinoNobile, dove dalla prossimavendemmia dovrebbe essere in

vigore il nuovo disciplinare:controllo e verifiche discrimi-nanti sulle partite che lascianola zona di produzione come«sfuso»; modifica della baseampelografica, mentre se la per-centuale di Sangiovese (a Mon-tepulciano Prugnolo Gentile) ri-mane invariata (min 70%, max100%) cambia in parte l’utiliz-zo dei vitigni complementari(tra cui il Canaiolo) con l’au-mento della percentuale utiliz-zabile dal 20% al 30%. Anchenel disciplinare di produzione

del già nominato Chianti Classi-co modifiche in arrivo: tra quel-le di rilievo l’omologazione or-ganolettica del vino «atto a di-venire Docg perché non vi sia-no dubbi sulla qualità del pro-dotto finale», spiegano dal Con-sorzio. Dal giugno 2009 è invigore anche il nuovo discipli-nare del Chianti Docg che inparticolare ribadisce l’importan-za della presenza del vitignoSangiovese come predominan-te nella produzione (non deveessere inferiore al 70%, 75%

per la sottozona Colli Senesi);inoltre abbassato il livello diuso di uve a bacca bianca chepotranno essere presenti fino aun massimo del 10%, così co-me discriminata la presenza diCabernet (Franc e Sauvignon)che singolarmente o insiemenon potranno superare il 15 percento. Rimane invariato il disci-plinare di produzione del Mo-rellino di Scansano Docg, dovetuttavia la Provincia ha decreta-to il blocco di iscrizione all’al-bo almeno fino al 2011. «Scel-

ta fatta – dice l’assessore al-l’Agricoltura della Provincia diGrosseto, Enzo Rossi – conl’impegno di effettuare un’at-tenta verifica dell’andamentodel mercato». Grosseto, invece,lascia libere di crescere le Doc«cadette» come l’Ansonica Co-sta d’Argento, il Monteregio diMassa Marittima, Parrina, So-vana, Caparbio, Bianco di Piti-gliano, e Montecucco. ●

ALESSANDRO MAURILLI

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Chianti: aree separate e norme più severe per la Docg – Morellino: fino al 2011 iscrizioni chiuse

Montalcino, così la famiglia Nardiha messo un «Brunello» nel motore

Oltre 240mila bottiglie legate al «terroir»

Cecchi: il futuro dell’export è verso il Far East

S i lavora solo a mano aMontalcino (Si) nei vi-

gneti di Casale del Bosco, latenuta della famiglia Nardiche dal 1985 Emilia guidainsieme ai fratelli. Apparente-mente un paradosso dal mo-mento che la titolare è l’attua-le general manager di quelGruppo Nardi che dall’umbraCittà di Castello dal 1895 hacontribuito a fare la storia del-la costruzione di macchineagricole. Perché FrancescoNardi da mezzadro, passandoper il lavoro di fabbro, fu ilfondatore di questo gruppoche oggi esporta in oltre 85paesi nei 5 continenti delmondo, anche attraverso lapartecipazione a numerosiprogetti internazionali di mec-canizzazione agricola (tra cuirecentemente Cina 2008 –Iraq 2009 – Afghanistan2010), vantando circa 250 di-pendenti con un fatturato dioltre 30milioni di euro, 3 sta-bilimenti in Italia, uno in Ve-nezuela, uno in Messico euno in Cina, oltre a varie col-laborazioni industriali a livel-lo internazionale. Tutto som-mato il vino non è un caso,«no perché io ho nel nasol’odore del ferro e quello del-

la terra», dice Emilia Nardiche per rimettersi in giocoall’età di 40 anni si è persinospecializzata in gestioneaziendale con un Nba a Trie-ste. A fare la differenza, indue mercati così pur apparen-temente diversi, sarebberoproprio l’approccio e lo spiri-to aziendale. «Io rappresentola quarta generazione del-l’azienda – dice l’imprenditri-ce – e in fondo è stata un po’mia e dei miei fratelli l’idea ela volontà di trasformare latenuta di Montalcino, finoagli anni ’80 un’oasi più per

la caccia e la vacanza che perl’agricoltura, in quello che og-gi rappresenta per il mondodel vino del Brunello». Casa-le del Bosco è la sesta azien-da a Montalcino per produzio-ne di vino, con circa 240milabottiglie all’anno e un fattura-to che si aggira intorno ai3milioni di euro per anno. In-gegneria e tecnologia nell’in-dustria per le macchine, maanche in cantina ed ecco unaltro ponte tra le due attività.«Dal 1995 abbiamo deciso didare una svolta a questa azien-da vitivinicola - racconta la

produttrice - per questo abbia-mo restaurato ex novo la can-tina». Così alla parte anticadel ’600 scavata nella roccianei sotterranei di Casale delBosco dove sono sistemateoggi 80 barriques, è stata ag-giunta una parte nuova contini di acciaio di varia capaci-tà sottoposti a temperaturacontrollata e spazi per la ma-turazione del vino con bottidi varia capacità: dalle barri-ques, ai tonneaux (500 litri)fino alle botti grandi. A colle-gamento delle due parti untunnel adibito a barriquerie

che ne contiene circa 500. Ela crisi del mercato? «Noi lasentiamo, la viviamo cometutti e anzi – afferma Nardi –la possiamo scorgere da puntidi vista diversi consideratoche attraversiamo due settoridifferenti, ma pure collegati;eppure per l’esperienza cheabbiamo in questi oltre cento

anni di storia non possiamofare altro che affrontarla, coni piedi di piombo certo, ma ènei momenti di crisi che gliinvestimenti fanno la differen-za». Ecco allora promozione,con la partecipazione e realiz-zazione di eventi mirati al«be to be», spesso unendo leforze con altre aziende vitivi-nicole in rappresentanza divarie denominazioni, con unaconvinzione che accomunaancora una volta il mondo del-le macchine agricole conquello della terra, del vino inparticolare «e cioè che al mo-mento gli investimenti vannofatti nel lungo periodo, pun-tando ai mercati asiatici peresempio, ancor più che quellidell’Est Europa». Mercati neiquali, secondo l’imprenditri-ce, alla lunga ripagherannodegli sforzi economici di que-sta particolare contingenza. ●

AL.MAU.

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LE SCELTE DELLE REGIONI

S arà a oriente il futurodell’export del vino to-

scano, verso il Far East. Èquanto prevede Cesare Cec-chi, direttore commercialedella casa vinicola che pren-de il nome dalla famiglia.Con 7 milioni e mezzo dibottiglie, di cui il 55% espor-tate, l’azienda Cecchi è pre-sente in oltre 50 mercati este-ri. «Fino ad adesso – dice

Cesare Cecchi – il mercatodi riferimento è stato quelloUsa, insieme a Gran Breta-gna e Germania. Ma quelliche chiamiamo i paesi Bric(Brasile, Russia, India e Ci-na) nel lungo termine diven-teranno sempre più importan-ti e influenti». La storia dellavinicola Cecchi comincia nel1893 e varca i confini nazio-nali nel 1935, con una cresci-

ta che parte dalla Svizzera eraggiunge il Brasile: il fattu-rato consolidato è di circa 30milioni di euro. Quattro leaziende gestite e organizzatedai fratelli Andrea e Cesare,situate tra le più prestigiosearee vitivinicole toscane:Chianti Classico, San Gimi-gnano, Maremma toscana eUmbria. E se secondo gli ul-timi dati Ismea, l’export vini-

colo ha registrato un aumen-to in volumi ma una diminu-zione in valori e che il merca-to risulta sempre più strettotra una politica di riduzionedei prezzi e un crescente po-tere contrattuale della Gdo,dice Andrea Cecchi, diretto-re tecnico delle cantine e con-sigliere sia dei ConsorzioChianti e Chianti Classico:«Non parlerei di crollo dei

prezzi dei vini toscani quan-to di un adeguamento all’an-damento economico mondia-le. Sono sicuro inoltre chegrazie al grande appeal dellaToscana nel mondo, non ap-pena ci sarà una ripresa deimercati, i nostri vini sarannoi premi a beneficiarne». ●

ISABELLA ALLEGRI

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Per intercettare i cambiamenti del mercato i grandi vini scommettono sul restyling delle regole produttive

DIVERSIFICAZIONE

STRATEGIE

Made in Tuscany, ora si cambia

Supplemento al n.13 di Agrisole del 2-8 apr. 2010

Direttore responsabileELIA ZAMBONICoordinatore editoriale: Alessandro MastrantonioRedazione: Massimo Agostini, Anna Maria Capparelli,Giorgio dell’Orefice, Ernesto Diffidenti, Alessio Romeo LironcurtiRegistrazione: Tribunale di Milano n. 460 del 20.07.1996

U n Brunello di Montalci-no, due Cru solo nelle

annate migliori (e per pochi ver-rebbe da dire visto che se neproducono non più di 10milabottiglie), il Rosso di Montalci-no, un Sant’Antimo Doc, Vin-santo e Moscadello vendemmiatardiva. Sono i frutti degli 80ettari di vigneto a Montalcino(quasi tutti a Sangiovese), dellatenuta Casale del Bosco, in tut-to 240mila bottiglie circa all’an-no. La parola d’ordine della pro-

duttrice è «terroir»: «Ogni eti-chetta dell’azienda – spiega –deve rispecchiare i piccoli faz-zoletti di terra da cui vengonole uve». Una bella pubblicità

per il borgo toscano e per que-ste sue terre dal momento che ivini Nardi arrivano in 20 diver-si Paesi di tutto il mondo (StatiUniti e Germania in particola-

re). Alle spalle della produzio-ne un intenso lavoro di ricerca,in collaborazione con l’Univer-sità di Firenze e con i luminaridi Bordeaux, dal quale è natatra l’altro la ricerca e la selezio-ne del lievito autoctono. Nellagamma aziendale non potevamancare l’olio che deriva dalleolive provenienti dai circa 14ettari (Frantoio, Moraiolo e Lec-cino le cultivar). Ogni anno nevengono prodotte circa 3milabottiglie. ●

Da sinistra Filippo, Emanuele, Emilia e Angelica Nardi

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Page 16: QUALITÀ. È bufera sui nuovi controlli Docper cento, il 24,3% con cali tra -5 e -10 per cento e il 21,4% con arretramenti supe-riori al -10 per cento. A confermare questo senti-mento

L’ Umbria del vinopunta sempre dipiù alla salvaguar-

dia della qualità delle proprieproduzioni vitivinicole con unocchio di riguardo anche allacontinuità del prodotto. È inquesta direzione che di sicurovanno le modifiche al discipli-nare della Docg più blasonatadel Cuore Verde d’Italia, il Sa-grantino di Montefalco, o me-glio il Montefalco Sagrantinodato che dal settembre 2009,con l’entrata in vigore del nuo-vo disciplinare, quella della no-menclatura in etichetta è unadelle modifiche sostanziali«per proteggere il nostro mar-chio in Italia, ma soprattutto nelmondo dove siamo registrati inoltre 60 paesi», spiega il diretto-re del consorzio di tutela, LuigiBonifazi.

Tra le principali variazionial disciplinare del noto rossoumbro, che nel mese di aprileripropone l’ormai tradizionale«Sagrantino Day», anche la va-riazione della densità minimad’impianto che passa a 4milaceppi per ettaro, con una distan-za tra i filari che non dovrà

superare i 2,50 metri lineari.Inoltre anche se la resa a ettaroprevista resta la stessa il nuovodisciplinare prevede una produ-zione massima per ceppo perconsentire di poter valutare l’ef-fettiva produttività degli im-

pianti anche in relazione a fortifallanze. Aumenta al 13,5% iltitolo alcolometrico minimoper le uve destinate alla produ-zione della Docg e l’affinamen-to viene elevato a 33 mesi piùalmeno altri 4 in bottiglia pri-

ma della commercializzazione.Non solo il Montefalco Sa-

grantino cambia faccia, ma an-che la Doc Colli Martani per laquale l’ultimo disciplinare, data-to 2003, ha avuto delle modifi-che entrate in vigore a partire

dal luglio 2009. Anche in que-sto caso obiettivo dei ritocchi èquello di una qualità più omo-genea del prodotto, grazie a unabbassamento della resa per et-taro del Sangiovese passata120 a 100 quintali. Nel discipli-

nare è stata inserita anche lapossibilità di utilizzare uve diVernaccia di Cannara (baccarossa), vitigno che per le nuovenormative non avrebbe potutoconcorrere all’Igt e che così ri-sulta recuperato. Introdotte an-che le possibilità del tappo avite e del bag in box. DalleDocg e Doc che cambiano, aquelle che nascono, come nelcaso della recentissima ColliMartani Grechetto Doc. «Sitratta di una ristretta zona deiColli Martani – spiega il presi-dente del Consorzio di tuteladei Colli Martani, Paolo Setti-mi – dove la coltivazione divitigni a bacca bianca tipici del-l’Umbria è favorita dal micro-clima». Il disciplinare stabilisceche sia vinificato con uve Gre-chetto (minimo 85%) e può di-venire Doc solo il vino ottenutocon uve allevate nel comune diTodi (Pg). Con questa new en-try l’Umbria può così vantare12 Doc, 2 Docg (oltre al Monte-falco Sagrantino, anche il Tor-giano Rosso Riserva) e 6 Igt. ●

ALESSANDRO MAURILLI

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Modificata anche la variazione della densità minima d’impianto che passa a 4mila ceppi per ettaro

Cesanese del Piglio, prima Docg laziale

LE SCELTE DELLE REGIONI

A nche il Lazio ha un rossoimportante e a ridosso

del Vinitaly entrano in commer-cio le prime bottiglie. È il Cesa-nese del Piglio Docg, vendem-mia 2008, l’unica denominazio-ne di origine controllata e garan-tita del Lazio, la quarta a esserericonosciuta nelle regioni delCentro-Sud. La nuova Docgprevede due tipologie, il base eil Superiore, più la menzioneRiserva, quest’ultima imbotti-gliata a partire da luglio e incommercio dopo almeno 6 me-si, quindi da gennaio 2011. IlCesanese del Piglio è una realtàdi 28 piccoli e medi produttoriassociati al consorzio di tutela,

di cui 19 cantine, la più grandedelle quali ha un vigneto di 35ettari. L’area di produzione inte-ressa i comuni di Anagni, Acu-to, Piglio, Paliano e Serrone, inprovincia di Frosinone. La pro-duzione è fluttuata negli ultimianni, arrivando a un massimodi 600mila bottiglie. Oggi ilcomparto totalizza una superfi-cie vitata di 185 ettari. ma sonoprevisti reimpianti anche nel2010 per altri 4-5 ettari.

Nel passaggio dalla Doc allaDocg le rese di uva si sonoabbassate dagli iniziali 125quintali a 100 quintali/ettaro peril base e 90 quintali per il Supe-riore. L’altra novità è l’obbligo

di imbottigliamento in zona. Ildisciplinare prevede inoltre unaffinamento minimo di 12 peril base e di 18 mesi per il Supe-riore riserva. «Era già un rossoimportante con la Doc, ma ades-so è un vino che diventa ancorapiù interessante – commenta Pa-olo Perinelli, il presidente delConsorzio di tutela –. C’è unlivello medio di prodotto moltobuono, che si colloca in unafascia di prezzo dai 5 euro per ilbase ai 12 per il Superiore riser-va. Del resto, trattandosi di unvino di qualità anche la remune-razione delle uve ha i prezzi piùalti del Lazio, intorno ai 90 eu-ro a quintale». Chiuso il capito-

lo Docg i produttori hanno co-minciato a coltivare nuovi mer-cati, in particolare la Russia,mantenendo però alta l’attenzio-ne sugli Usa, che rappresentanopur sempre il primo importato-re di Cesanese del Piglio. È allostudio anche un piano di promo-zione nel Lazio, nel resto d’Ita-lia e in altri mercati strategici.La prima novità riguarda la na-scita di Rosso Cesanese, unamanifestazione per la presenta-zione della nuova annata incommercio, in programma ognianno ad Anagni. ●

MASSIMILIANO RELLA

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Il rosso di Montefalco «inverte» la denominazione in etichetta e rivede alcuni parametri del disciplinare

MARCHI

Umbria, il Sagrantino cambia nome

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L a Puglia sbarca in for-ze al Vinitaly con de-cine e decine di azien-

de e centinaia di etichette e perquesto Dario Stefàno, assessorealle Risorse Agroalimentari,non ha dubbi. «Anche questavolta vi saranno risultati tangibi-li per la Puglia vitivinicola».

Assessore cosa accadrà inparticolare nel padiglione pu-gliese del Vinitaly?

Terremo incontri e degusta-zioni ma anche workshop, labo-ratori, light lunch. Insomma unricco programma di iniziativeed eventi – organizzati da Ais,Movimento Turismo del Vino,organizzazione nazionale As-saggiatori di Vino Puglia eSlow Food Puglia – che anime-ranno gli spazi istituzionali pre-senti nel padiglione numero 10.

Come si struttura lo spa-zio, c’è un percorso a tema oè solo una serie di immaginistatiche?

No. L’area occupata dall’as-sessorato sarà strutturata per ac-cogliere opinion leader, giorna-listi, buyer, enoturisti, appassio-nati gourmet e anche per gui-darli alla scoperta dinamica dei

diversi territori vitivinicoli pu-gliesi, dalla Daunia alle Murge,alla Messapia e Valle d’Itria, alSalento, e dei loro vitigni piùrappresentativi.

Quanti saranno i parteci-panti?

Saranno 140 aziende e 1500etichette, accomunate dalla qua-lità, grazie alla quale abbiamoraggiunto traguardi che onora-no il talento dei nostri viticolto-ri. Il vitivinicolo è il fiore all’oc-chiello del nostro comparto, unmodello da replicare anche perle altre filiere produttive, poi-

ché riesce a fare sistema e perquesto sa rispondere meglio al-la sfida del cambiamento.

E i produttori come hannorisposto a questa sfida?

Tutti, con grande determina-zione, hanno saputo investiresulla qualità e sull’innovazione.

La cartina di tornasole èsul vino confezionato che vin-ce su quello sfuso. In questadirezione quali risultati sonostati raggiunti?

Il trend dell’imbottigliato èin crescita ed è raddoppiato ne-gli ultimi 5 anni. Non per caso

la Puglia è tra le regioni più«blasonate» con i suoi 26 viniDoc.

E per le Docg?Vi sono sei proposte di

Docg, fatto che, insieme alleproposte di aggiornamento deidisciplinari di produzioni dimolti vini Doc, e all’istituzionedi due denominazioni che lega-no il nome del vitigno al territo-rio, come il Negroamaro di Ter-ra d’Otranto e il Terre di Nerodi Troia, e alle proposte di mo-difica delle Igt, documentanofattivamente che la Puglia è pro-

iettata verso la qualità, forte an-che di un patrimonio inesauribi-le di vitigni autoctoni.

La Puglia è tra le regioniagricole più importanti, co-me conferma il ruolo di coor-dinatore alla CommissionePolitiche Agricole. I rapporticon il Governo e il ministroZaia come sono?

Come minimo complicati,se si pensa che Zaia, sullo statodi crisi del comparto, ha avvia-to il confronto solo con la Sici-lia. È una disparità, le regioninon si possono discriminare e

poi, vista la natura globale dellacrisi, la risposta deve essereomogenea.

Perché è accaduto?Perché Zaia nel merito ha

sempre tradito la leale collabo-razione e la correttezza istituzio-nale. Lo ha fatto sul Fondo disolidarietà nazionale, sulla ri-modulazione dell’articolo 68,sulla nostra richiesta di un pia-no straordinario contro la crisi,e lo fa ancora oggi. ●

VINCENZO RUTIGLIANO

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«Chiediamo parità di trattamento con le altre regioni e concertazione per affrontare le difficoltà»

Le estirpazioni 2009 sfiorano quota 9mila ettari

INTERVISTA

È di 8.879 ettari il totaledelle superfici vitate di

cui è stata chiesta in Puglial’estirpazione per la campa-gna 2009-2010. Il totale delpremio comunitario corri-spondente è pari quindi a90,166 milioni di euro comesi legge nella tabella cheAgea ha messo a punto, Re-gione per Regione. In questa

annualità, la seconda delle treutili, la Puglia è dunque innetto vantaggio per superficie premi richiesti rispetto allaSicilia (5.272 ettari e 39,06milioni di euro di premio),seguita a molte lunghezze dal-la terza Regione, l’Abruzzo(1.911 ettari, 20,56 milioni).All’esito del successivo esa-me si saprà quanto del richie-

sto sarà anche accolto, comeè accaduto per la prima an-nualità con 2.084 istanze ac-cettate su 5.284 presentate.La Sau di questa annualità,quando sarà definitiva, si ag-giungerà così ai 3.286 ettarigià interessati al premio diestirpazione nel corso del2008-2009 e si capirà quantaSau sarà ancora possibile otte-

nere rispetto ai 10.560,10 etta-ri interessati a tutta la mano-vra triennale (10% della Sauregionale vitata). Disaggre-gando il dato per provincia,quella di Foggia ha chiestopiù estirpazioni (3.715 ettari)seguita da Brindisi (1.600),Taranto (1.554), Bari (1.147)e infine Lecce con 819 ettari.Le unità colturali interessa-

te dalle richieste sono me-diamente piccole (massimodue, più spesso 0,5-0,6 etta-ri) segno che escono dallafiliera produzioni ormai fuo-ri mercato e riconducibili,in moltissimi casi, a viticol-tori molto anziani. ●

V.RU.

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L’assessore all’Agricoltura e coordinatore delle Regioni, Dario Stefàno: un modello anche per le altre filiere

«La Puglia rafforza la scelta Doc»

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L a Sicilia aspira almarchio “Doc”, spe-rando già di poterlo

utilizzare a partire dalla prossi-ma vendemmia. Ma la Regio-ne, intanto, “snobba” l’oppor-tunità del bando per la campa-gna di promozione2009-2010, cofinanziata dal-l’Unione europea.

E così, da una parte, pren-de corpo il progetto della“Doc” isolana, per il quale èstato avviato il percorso, conla presentazione della richie-sta di riconoscimento, se purfra tante polemiche (alla fineè stato eliminato l’obbligo del-l’imbottigliamento in zona).Obiettivo: tutelare, promuove-re e valorizzare al meglio ivini siciliani di qualità. Dall’al-tra parte, però, la Regione nonha elaborato alcuna propostaper attingere dal plafond dirisorse europee per la promo-zione. Sono 78 i progetti sultavolo del comitato ministeria-le, ma grande assente risultala Sicilia, con un potenzialeviticolo pari a 118.580 ettari,62mila, 6,1 milioni di ettolitriprodotti nel 2009 e un fattura-to di circa 700 milioni.

«Nessuna assenza, ma unascelta politica – spiega la diri-gente regionale Paola Armato– per evitare un accavallamen-to di procedure con il prece-dente bando 2008-2009, parti-to in ritardo. Abbiamo decisodi concentrarci sull’iter anco-ra da completare, consideran-do anche che, qui in Sicilia,abbiamo maggiormente biso-gno di puntare sull’estirpazio-ne. Sarebbe stato semplice pre-sentare alcune proposte, perpoi magari non attuare i pro-

getti. Vedremo, dei 78, quantiandranno in porto e cosa suc-cederà in fase di rendiconta-zione».

Per la Settesoli, la rinomatacantina di Menfi, nel cuoredella Sicilia, guidata da DiegoPlaneta (6mila ettari di superfi-cie), la prospettiva della“Doc” è assolutamente auspi-cabile. «Chi non è d’accordo– argomenta il direttore Salva-tore Li Petri – non ha capito,forse, la funzione importanteche avrebbe: la possibilità di

una più corretta informazioneai consumatori. La Sicilia èuna terra non uniforme, condifferenti caratteristiche dauna zona all’altra e nelle isoleminori. Tutti produciamo“Nero d’Avola”, per esempio,ma è un vino completamentediverso da nord a sud, da est aovest. Le aziende vorrebberopoter indicare, quindi, oltre al-la provenienza siciliana, an-che il luogo preciso dove vie-ne prodotto il vino, nel nostrocaso Menfi. Oggi l’“Igt” non

ci consente di scrivere sullabottiglia anche la sottozona.Con la “Doc”, invece, potrem-mo farlo». Di altro avviso, in-vece, l’azienda catanese diGiuseppe Benanti, 30 ettarisull’Etna e una produzione dinicchia, con esportazioni inAustria, Russia, Stati Uniti eGiappone. «Non ci interessafar parte della Doc Sicilia –dice il responsabile commer-ciale, Gaetano Filippi – anzisiamo contrari. Significhereb-be un livellamento. Penalizza-

re le aziende, soprattutto quel-le piccole, come la nostra, conuna vocazione consolidata perla produzione di qualità. Noiabbiamo già la Doc Etna diassoluta qualità, frutto di gran-de lavoro e di tecnologie avan-zate, in un territorio che hadelle peculiarità uniche e viti-gni autoctoni di pregio. Nonvogliamo l’omologazione, svi-lire il lavoro fatto». ●

ELEONORA IANNELLI

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Contrari i piccoli produttori che temono un livellamento – In stand by i fondi per la promozione

La Falanghina del Sannio sotto una sola etichetta

LE SCELTE DELLE REGIONI

È previsto entro l’estate ilvia libera alla modifica ai

disciplinari di produzione dei vi-ni Doc e Igt del Sannio cheattribuirà la Docg all’Aglianicodel Taburno e getterà le basiper la nascita della nuova DocFalanghina del Sannio. L’Aglia-nico del Taburno diventerà cosìla prima Docg del beneventano,con la prospettiva di ritagliarsi

una buona fetta di mercato, gra-zie all’ottimo rapporto qualitàprezzo.

La nuova Doc «Falanghinadel Sannio» trasformerà le attua-li quattro denominazioni distin-te (Guardiolo, Solopaca, San-t’Agata dei Godi e Taburno) insottozone o menzioni geografi-che aggiuntive. Indiscussi i van-taggi per il consumatore che si

troverebbe a poter operare unascelta più definita, tra le soletipologie di Falanghina del San-nio e dei Campi Flegrei. «I nuo-vi disciplinari – spiega LiberoRillo, titolare dell’azienda Fon-tana Vecchia di Torrecuso (Be-nevento) – sono in fase di istrut-toria. La novità più rilevante ri-guarda l’Aglianico del Taburnopoiché, oltre al rosso e alla riser-

va, il marchio Docg sarà estesoal rosato che potrebbe essere ilprimo vino di questa tipologia afregiarsi della Docg».

Ma altre novità sono previ-ste anche per le Doc Casavec-chia di Pontelatone, per l’Igt Ca-salanesca del Monte Somma,per le Doc Falerno del Massico,Campi Flegrei, Vesuvio, Costad’Amalfi, Castel San Lorenzo e

l’Igt Beneventano. «Si tratta dipiccoli aggiustamenti – spiegaVito Amendolara, direttore re-gionale Coldiretti – che consen-tiranno a un’intera filiera, chenegli anni ha compiuto passi dagigante, di diventare più compe-titiva». ●

BRUNELLA GIUGLIANO

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Le grandi cantine regionali spingono sul nuovo marchio per promuovere e valorizzare i vini di qualità

CAMPANIA

La Sicilia pronta per la Doc unica

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