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Striscione del Pstu, sezione brasiliana della LitQuarta Internazionale, in prima fila nelle mobilitazioni in Brasile P P R R O O G G E E T T T T O O C C O O M M U U N N I I S S T T A A continua a pagina 2

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Page 1: PROGETTOCOMUNISTA progetto/pc_n… · Striscione del Pstu, sezione brasiliana della LitQuarta Internazionale, in prima fila nelle mobilitazioni in Brasile PROGETTOCOMUNISTA

SSttrriisscciioonnee ddeell PPssttuu,, sseezziioonnee bbrraassiilliiaannaa ddeellllaa LLiitt­­QQuuaarrttaa IInntteerrnnaazziioonnaallee,, iinn pprriimmaa ffiillaa nneellllee mmoobbiilliittaazziioonnii iinn BBrraassiillee

PPRROOGGEETTTTOO CCOOMMUUNNIISSTTAAPeriodico delPartito di Alternativa Comunista sezione dellaLega Internazionale dei Lavoratori (Quarta Internazionale)ALTERNATIVACOMUNISTA.org OOttttoobbrree 99 NNoovveemmbbrree 220011 33 99 NN°°4422 99 22€€ 99 AAnnnnoo VVII II 99 NNuuoovvaa sseerriiee

La battaglia per il sindacato di classeCCggiill,, FFiioomm ee ssiinnddaaccaattii ddii bbaasseeDa Sel a Grillo: perché non rappresentano un'alternativaLLee ffiinnttee ooppppoossiizziioonnii aall ggoovveerrnnoo ddeeii ppaaddrroonnii

4­53

Quattro pagine a cura dei giovani del PdacSSiirriiaa:: ddaallllaa mmiinnaacccciiaa ddii iinntteerrvveennttoo aallll''aaccccoorrddoo ffrraa ppootteennzzee15 Un confronto con Roberto MassariDDiibbaattttiittoo ssuullllaa ffiigguurraa ddii AAnnttoonniioo GGrraammssccii12­13 ll''iinnsseerrttoo ddeeiiGGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAnellepagineinterne

SPED.A

BB.POST.A

RT.1COMMA2D.L.353/03DEL24/12/2003(CONV.INL.46/04DEL27/02/2004)DCBBARI

La Lit­Ci al fianco della rivoluzione siriana

Adriano Lotito

Da quando è cominciatol'autunno è in corsoun'opera di convinci­mento da parte del go­

verno Letta mirata a tranquillizzarei lavoratori italiani circa un pre­sunta ripresa economica: «la reces­sione è finita!» è l'entusiastaaffermazione che il ministrodell'economia Saccomanni ha piùvolte ripetuto in numerose occa­sioni. Un'affermazione che lungidall'essere veritiera, suona piutto­sto come uno slogan volto aesorcizzare la paura che la borghe­sia nostrana nutre rispetto alle pro­spettivedellacrisi,chenonaccennaaffatto a diminuire.

L'agognata luce in fondo al tunnelresta infatti un miraggio e lo dimo­strano le cifre: secondo le previsionidiffuse dall'Ocse a settembre il Pilitaliano continuerà a contrarsi pertutto il 2013, anche se più lieve­mente rispetto alla prima partedell'anno, con un ­0,4% nel terzotrimestre e un ­0,3% nel quarto; piùche di una ripresa si può parlaredunque di un rallentamentocongiunturale della crisi in un qua­dro strutturale di aggravamentodella situazione. Gli ultimi dati sullaproduzione industriale, relativi aiprimi sette mesi dell'anno, evi­denziano infatti un trend negativoche per ora non si è fermato; il datopiù recente, relativo al mese di lu­glio, è ancora negativo, ­1,1.

Questo implica il tendenziale au­mento della disoccupazione chearriva al 12% (escludendo le tantecategorie di lavoratori atipici evi­dentemente sotto­occupate). Cisiamo dilungati sul fronte statisticounicamente per ristabilire la veritàdei fatti di contro agli slogan go­vernativi sempre rivolti ad attutirele insanabili contraddizioni di que­sto sistema. La ripresa non esiste, lacrisi continua e si aggrava, e nondeve ingannare quel tasso di cresci­ta dell'1% di cui Saccomanni blate­ra riguardo al prossimo anno,crescita che a detta del ministro sa­rebbe dovuta alle miracolose ri­forme del governo Letta. Che unapatologia mortale progredisca inmodo più rapido o più lento, i suoi

esiti non cambieranno e le sorti delmalato, in questo caso, sono se­gnate irrevocabilmente.

Le larghe intese contro laclasse lavoratrice

Ma quali sono queste miracoloseriforme che vanta il ministro? Daquando si è insediato il governoLetta, dopo quegli indimenticabiligiochi di prestigio post­elettoraliche tutti hanno visto, le politiche diausterità sono continuate inperfetta sintonia con i precedentiberlusco­montiani, arricchite danuove elargizioni ai soliti potentatiprivati. L'altisonante Decreto del

La crisi, le larghe intese antioperaie, il riformismo impotente:costruiamoun'alternativaoperaia

BBAASSTTAA SSAACCRRIIFFIICCII PPEERR II LLAAVVOORRAATTOORRII!!VVIIAA TTUUTTTTII II GGOOVVEERRNNII DDEEII PPAADDRROONNII!!

Ultim'oraSSoolliiddaarriieettàà aaii ffrraatteellllii mmiiggrraannttiiStrage di Lampedusa

Il Pdac esprime la più profondasolidarietà ai fratelli migranti.È enorme la rabbia per ladrammatica

sorte delle personemorte nei pressi diLampedusa inmaniera atroce, per lasorte di tutti i fratelliimmigrati morti sinoad oggi nel tentativodisperato di fuggiredalla guerra e dalla miseria percostruirsi un futuro migliore.Respingiamo il falso "cordoglio"delle istituzioni borghesi e dei vari

politicanti, di centrodestra e dicentrosinistra, promotori in questianni di politiche razziste e xenofobe

che noi abbiamosempre denunciato ecombattuto. Nonbastal'indignazioneola chiacchiera,occorre lottare afianco dei migranti,unire le nostre lottecon la loro, con

l'obiettivo di abbattere il sistemabarbaro e disumano che permettetutto questo. Non ci sono altrestrade.continua a pagina 2

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2 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA

Fare stanzia due miliardi per legrandi opere: si va dalla Pede­montana Veneta alla TangenzialeEst Milano (Tem) contro le quali so­no nati dei combattivi comitati dilotta; semplifica inoltre le normeedilizie e quelle relative alla gestio­ne di cave e rifiuti, alimentando laspeculazione in due campi dove giàora regna una spietata, e spessomafiosa, corsa al profitto. Conti­nuano inoltre le spese militari: la fa­mosa questione deicacciabombardieri F35 vienerinviata ipocritamente senzabloccare l'acquisto.Sul fronte del lavoro, Letta si limita arifinanziare la cassa integrazione,una strumento di controllo fonda­mentale per prevenire il conflittosociale ma i cui fondi si esaurirannopresto. Mentre a proposito di scuo­la, il governo stanzia poco meno di200 milioni per l'edilizia scolastica,a fronte degli 8 miliardi tagliati dallasola riforma Gelmini e tenendopresente che la situazione nellaquale versano gli edifici scolasticiesigerebbe pressapoco una sommadi 15 miliardi di euro. Ma il colpo discena è stato sicuramente l'elimi­nazione dell'Imu... o meglio, la suasostituzione con una tassaugualmente pesante, se non di piùla Service tax, che colpirebbe gliinquilini, dunque anche gliaffittuari, compresi gli studenti fuo­risede, già oberati dalle tasse uni­

versitarie in aumento. Per finire,procede il disegno presidenzialistache ha da sempre caratterizzato leintenzioni di questo esecutivo, es­sendo stato istituito un comitatoparlamentare per le riforme costi­tuzionali: lo scopo è quello di dero­gare all'articolo 138 della cartacostituzionale per facilitare unatrasformazione in senso presi­denzialista dell'architettura istitu­zionale.Pur non facendone una differenzaqualitativa, giacché il dominio diclasse è condotto sempre nellostesso modo, è da sottolinearel'aspirazione della borghesia italia­na ad avere un esecutivo più forte esolidoinunperiododiforteinstabi­lità in cui servirà velocità legislativae mano di ferro anche e soprattuttocontro una possibile ascesa delconflitto sociale (preoccupazionepiù volte ribadita da Letta). Al mo­mento paradossalmente, la fontemaggiore di instabilità provienedall'interno stesso del governo:parliamo ovviamente di Berlusconie delle sue vicende giudiziarie.Mentre scriviamo i parlamentaridelPdlhannoannunciatolelorodi­missioni qualora Berlusconi doves­se decadere da parlamentare invirtù della condanna pronunciatadalla Cassazione. Pur non volendoimprovvisare avventate previsioni,riteniamo poco probabile una ca­duta immediata del governo, alme­no fino a quando non si risolve laquestione della legge elettorale, che

se lasciata così com'è finirebbe perriproporre il medesimo scenarioavutosi all'indomani delle elezionidi febbraio, quando lo spettrodell'ingovernabilità ha fatto trema­re la classe dominante. Le largheintese, dopotutto, sono sempre utiliquando si vuole muovere guerraalla classe operaia e alle categoriesociali più deboli. E questo i padro­ni lo sanno, non a caso le maggioriistituzioni internazionali nonfanno altro che esortare alla stabili­tà di governo.

Quello che si muovea sinistra

Mentre i liberali s'intendono a me­raviglia, e con Renzi alla guida delPd sarà ancora meglio, la socialde­mocrazia lavora per darsi nuovepettinature. Se Vendola non riusci­va lo scorso 11 maggio a lanciare unnuovo soggetto, boicottato daBarca e da Landini, quest'ultimo siè legato in modo particolare a Ro­dotà, e dallo scorso 8 settembrehanno avviato insieme unpercorso volto a costruire, non unpartito, specificano, ma uno “spa­zio politico” per creare “massa cri­tica”. E a condimento del solitovocabolario “critico” ecco la primadata di mobilitazione nazionale diquesto nuovo progetto: il 12 otto­bre a Roma, tutti in piazza per... laCostituzione! Insieme a loro ci sa­rebbe anche Vendola che nellostesso tempo lancia frecciatine

amicali a Renzi, e la corrente Esserecomunisti di Rifondazione, capita­nata da Grassi, in cerca di nuovi lididopo la spaccatura con i ferreriani.In ogni caso il nuovo soggetto sia­mo sicuri non voglia ritagliarsi unavera autonomia rispetto al centro­sinistra, almeno nella stessa misu­ra in cui Landini, sul pianosindacale, non ha alcuna intenzio­ne di rompere con la direzione Ca­musso. Questo è il rimproveromosso da Cremaschi, che intantoha il problema di come fare a ri­lanciare Ross@, la sua nuovacreatura che non riesce a partire eche riunisce vecchi settori di buro­crazia in fase di riciclaggio (dalla“fu” Sinistra critica di Turigliattoalla “fu” Rifondazione” di Ferrero,passando per gli stalinisti di Retedei comunisti e Usb). Insomma, igruppi dirigenti che dovrebberorappresentare le classi lavoratrici,risultano essere, una volta di più,incapaci, volutamente incapaci,nel rispondere ai pesantissimiattacchi mossi dal capitale, e que­sto conferma una tesi già più voltesperimentata nella storia del movi­mento operaio: in tempi di crisiacuta i riformisti non sono in gradodi dare nemmeno le minime rispo­ste alle masse popolari, che più fa­cilmente sono preda delpopulismo piccolo­borghese(rappresentato oggi dal Movi­mento di Grillo, anch'esso però infase di declino dopo l'exploit difebbraio).

Occorre unificarele lotte dei lavoratori!

A fronte di questa situazione la clas­se operaia non è in grado di orga­nizzarsi autonomamentenemmeno rispetto alla più spiccio­la lotta economica, tranne alcunelodevoli eccezioni. È evidente cherispetto alla situazione esplosiva diun paese come la Grecia, la situa­zione del conflitto sociale qui in Ita­lia è molto arretrata: la difesa deipropri diritti viene appaltata ai giu­dici (come nel caso della Fiat) e ilposto di lavoro viene difeso...aspettando che arrivino i padronibuoni (come nel caso di tanteaziende che chiudono senza che visia una resistenza operaia nell'atte­sa che qualche altro manager rilevigli stabilimenti). Le cause di questaarretratezza sono diverse ma noiabbiamo più volte sottolineato ilruolo antioperaio che svolgono ledirezioni burocratiche del sindaca­lismo, e non solo di quelloconcertativo.Ne è una dimostrazione lo scioperogenerale del sindacalismo di basefissato per il 18 ottobre: un eventosicuramente pregevole, tanto piùche non accadeva da tempo che ledirezioni sindacali più combattivenon organizzassero una giornataunificata di lotta. Eppure le pre­messe non sono affatto buone pertentare un rilancio della lotta diclasse: innanzitutto si segnala ilvergognoso boicottaggio da partedi Landini e della dirigenza Fiom,

interessata a difendere la carta co­stituzionale mentre alle conferenzeparla addirittura di “occupazionedelle fabbriche” (sic!); in secondoluogo,lestessedirezionisindacalidibase non hanno promosso unareale costruzione dal basso dellosciopero, con la frammentazionedelle iniziative e delle manifesta­zioni in occasione della giornata disciopero. Ciliegina sulla torta, ilgiorno successivo, 19 ottobre, èprevista una mobilitazione nazio­naledeimovimentiaRoma:sembrache tutto sia stato fatto perframmentare la lotta e arrestarne lacombattività, dal momento cheogni forza organizzata procede perconto proprio rendendo impossi­bile l'unificazione di tutte le lottenella prospettiva del superamentodel sistema. Proprio la prospettivache si pone Alternativa comunistaogni giorno nelle piazze e davantialle fabbriche del nostro Paese:ancheil18ottobresaremoinpiazzaa rivendicare con urgenza l'unitàdelle lotte contro la guerra del capi­tale,aldilàecontroigruppidirigentidella sinistra, politica e sindacale,che fanno di tutto per differire ilconflitto o privarlo di contenutirealmente anticapitalisti. Ancorauna volta saremo al fianco dellaclasse operaia, da una parte dellabarricata, contro un capitalismoche non ha più nulla da offrire allemasse popolari, se non miseria,disoccupazione e guerra.(27/9/2013)

segue dalla prima

IlcasoBerlusconieilteatrinodellagiustiziaborghese

Claudio Mastrogiulio

Le vicende giudiziarie di Berlusconi caratte­rizzano ormai, da più di quindici anni, la vitapolitica italiana, in tutti i suoi aspetti, sia digoverno che di gestione complessiva del po­

tere.Il percorso giudiziario dell'ex presidente del Consi­glio è troppo lungo e complesso da potersi, qui ed ora,compendiare ed allo stesso tempo descrivere consufficiente dovizia di particolari. La precipitazionedefinitiva della questione, con la consequenziale di­mostrazione di quanto la giustizia borghese in realtàsia assolutamente partigiana (non nel senso berlu­sconiano, ma nella misura in cui quando tocca far pa­gare qualche padrone sopraggiungono cavilli d'ognigenere) si è avuta lo scorso mese di agosto. In que­st'occasione, la Corte di Cassazione, vale a dire il terzoed ultimo grado di giudizio del sistema giuridico ita­liano, ha affermato la colpevolezza di Berlusconi inordine al reato di frode fiscale. Sostanzialmente, l'expremier avrebbe frodato ed eluso la tassazione stabi­lita dal fisco italiano, con operazioni di alta ingegneriacriminale e finanziaria.

Il vero timore di BerlusconiAl di là del merito della questione, su cui non ci inte­ressa addentrarci, v'è da aggiungere che Berlusconi èstato condannato a 4 anni di reclusione che, con losconto dell'indulto di matrice mastelliana si riduco­no a soltanto 12 mesi di carcere. Ancora, essendo la

pena residua della reclusione temporalmente limi­tata al di sotto dei due anni, il condannato in via defi­nitiva potrà godere della sospensione condizionaledella pena oltre che dell'opportunità di convertire lastessa con lo strumento degli arresti domiciliarioppure dei lavori di pubblica utilità (i c.d. servizi so­ciali).Ma ciò che maggiormente preoccupa Berlusconi ri­guarda l'aspetto delle pene accessorie che, comeindica la stessa terminologia, rappresentano dellesanzioni che si accompagnano ex lege alla corre­sponsione della pena principale (la reclusione o lapena alternativa).Infatti, la Cassazione ha deliberato il rinvio adun'altra sezione della Corte d'Appello di Milano per ilricalcolo della sanzione accessoria dell'interdizionedai pubblici uffici, che originariamente era stata cri­stallizzata in secondo grado nel termine di cinqueanni.Ecco il fulcro di tutta la faccenda; l'impossibilità perBerlusconi di continuare ad esercitare un ruolo di­rettivo nella vita pubblica del Paese, e segnatamente,l'impossibilità di mettere direttamente le mani sulleleve di comando, orientando, più o meno diretta­mente, la gestione pubblica alla determinazione deiprofitti delle sue aziende e dei suoi interessi disparati.Come molto spesso capita a Berlusconi, simbolo delcapitalismo d'assalto, sociologicamente il para­digma del classico parvenu, la faccenda tende a tra­sformarsi in farsa. Infatti, dopo essere statocondannato in via definitiva, ha fatto capolino, tra le

diverse strategie prospettate dal Cavaliere ed i suoisodali, quella della richiesta di grazia al presidentedella Repubblica.Senza spiegare qui i motivi dell'infondatezza della ri­chiesta, proviamo a ragionare sul piano politico dellavicenda.

La giustizia borghese:forte con i deboli,debole con i forti

Il dato che emerge incontrastato da tutta questafaccenda, è quello che evidenzia come tutto quantorappresentato dall'ideologia dominante come terzoed imparziale, in realtà non abbia alcuna dellesuddette caratteristiche. E non le ha, semplicementeperché sarebbe impossibile che le avesse.Tutto ciò di­mostra infatti l'artificiosità formalistica di un sistemabasato su una tripartizione fittizia dei poteri.Esiste infatti in realtà un potere, non codificato, chesovrasta, indirizza, orienta tutti gli altri (esecutivo, le­gislativo e giudiziario); si tratta, in buona sostanza,del potere economico.E certamente un uomo come Berlusconi è portatoredi un enorme potere su questo piano, avendo interes­si e proprietà in svariati campi dell'economia nazio­nale ed internazionale.È tutto qui il trucco del sistema capitalistico domi­nante, una congerie di regole, norme, orpelli cheservono solamente a fare da cornice esecutrice degliinteressi delle classi sociali che hanno in mano le redi­

ni del sistema economico complessivo. Non è qua­lunquismo, ma pura affermazione della verità,ricordare come solamente per i vari Berlusconi e socivalgonoiprincipidell'innocenzafinoalterzogradodigiudizio (ed anche oltre!), del diritto di difesa comeaspetto invalicabile. Mentre chi non appartiene aquesta cricca, vede violati e calpestati i propri dirittiogni giorno, come accade alle migliaia di lavoratoriche per colpa della crisi generata dai padroni sono ri­dotti sul lastrico od ai vari Cucchi, Aldrovandi, Uva,semplici ragazzi finiti per caso nelle grinfie della re­pressione più becera ed abietta.

La necessità di un'alternativaal capitalismo

Tuttoquestodimostralavacuitàdiquelcherestadellasinistragovernista,cheanzichéincardinarelapropriaproposta politica sulla necessità radicale di superare,abbattendolo, un sistema caratterizzato da ingiusti­zie enormi e strutturali, si ripara sotto l'ombrello dellamagistratura che, come si è tentato di dimostrare,nulla ha a che vedere con la giustizia sociale di cui c'èstringente bisogno.È per queste ragioni che i riformisti falliscono e che siapre, per i rivoluzionari, uno spazio politico enorme,in un momento storico caratterizzato da una crisieconomica generalizzata, in cui l'unica alternativaalla barbarie è la cancellazione dello sfruttamentodell'uomo sull'uomo, regola generale e basilare delcapitalismo italiano e mondiale. (26/9/2013)

Nel capitalismo la legge non è uguale per tutti ma espressione di interessi di classe

PROGETTO COMUNISTAPeriodico del PARTITO DI ALTERNATIVACOMUNISTAsezione della Lega Internazionale dei Lavoratori 9 Quarta Internazionale

Ottobre - Novembre 2013 – n.42 – Anno VII – Nuova serieTestata: Progetto Comunista – Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori.Registrazione:n. 10 del 23/3/2006 presso ilTribunale di Salerno.Direttore Responsabile:Riccardo Bocchese.Direttore Politico:Fabiana Stefanoni.

Redazione e Comitato Editoriale:Giovanni“Ivan” Alberotanza, Mauro Buccheri, Patrizia Cammarata,Adriano Lotito, Claudio Mastrogiulio, Fabiana Stefanoni,ValerioTorre.Grafica e Impaginazione: Giovanni“Ivan” Alberotanza[Scribus+LibreOffice su Debian GNU/Linux]Stampa:Litografica '92 – San Ferdinando di PugliaEditore:ValerioTorre, C.soV.Emanuele, 14 – 84123 Salerno.Vignette:AlessioSpataro.blogspot.comScriviunae-mailallaredazione: [email protected] telefonico: 328 17 87 809

La redazione diProgetto Comunista e ilPdAC tutto

si stringono fraternamente al compagno Michele Rizzi

per la dolorosa perdita della caraMAMMA

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 3POLITICA

Rivoluzioneinformaticaorivoluzionediclasse?Il Movimento5Stelle, il populismo e le relazioni pericolose con l'estrema destra

Riccardo Bocchese

Avete idee condivisibili,alcune più, alcune me­no. Ma se un ragazzo diCasa Pound vuole

entrare a far parte del Movi­mento, non vedo problemioggettivi. Lo dice Beppe Grillo alcandidato alla Regione Lazio perCasa Pound Italia. Riuniti difronte al Viminale per la pre­sentazione del simbolo elettora­le, al leader del M5S è chiesto se siconsidera un antifascista: «È unproblema che non mi compete,questo è un movimento ecume­nico, se un ragazzo di Casa Poundvolesse entrare nel MovimentoCinque Stelle e ha i requisiti, cientra». E ancora: «Questa è de­mocrazia». Poi, dopo unoscambio d'idee sulla politica eco­nomica, conclude: «Non possia­mo non essere d'accordo suiconcetti; c'è una violenza che staper esplodere. Lo Stato deveprendersi in mano l'energia, nonle multinazionali. Deve gestiresanità, strutture, scuola, auto­strade, informazione. Noi siamola controparte strutturale del Pa­lazzo: sto parlando con te che seiun esponente d'estrema destra,ma sembri un delegato del Movi­mento Cinque Stelle».E ai manifestanti dei centri socia­li, che pochi giorni dopo sonoandati a contestarlo sotto il palco,Grillo recita le regole. «Per entrarenel movimento, dice, ci sonoquattro regole: devi essereincensurato, non devi essereiscritto né a partiti né a movi­menti, non devi aver fatto più diuna legislatura, devi essere resi­dente nel posto dove vuoi go­vernare. Siamo un movimentoaperto, che non ha ideologie. Sie­te vittime di ideologie, perchésulle banche e sullo Stato dicia­mo le stesse cose».

Lotta di classe e fintademocrazia

Negli interventi di Grillo e del Mo­vimento Cinque Stelle quello cheemerge in modo chiaro è lamancanza del concetto di classe.Un progetto tutto interno ad uncapitalismo “buono” fatto da uo­mini non corrotti che, per il solofatto di essere incensurati (nellaloro giustizia borghese che dasempre riserva le bastonate aglioperai in sciopero mentre di­fende i capitalisti predatori), do­vrebbero risolvere tutti iproblemi di una società in pienacrisi strutturale del capitalismo.Marx ha iniziato il primo capitolodel Manifesto ricordando che:«La storia di ogni società è stata fi­nora la storia di lotte di classe.Uomo libero e schiavo, patrizio eplebeo, barone e servo della gle­ba, membro di una corporazionee artigiano, in breve oppressore eoppresso si sono sempre recipro­camente contrapposti, hannocombattuto una battagliaininterrotta, aperta o nascosta,una battaglia che si è ogni voltaconclusa con una trasformazio­ne rivoluzionaria dell'intera so­cietà o con il comune tramontodelle classi in conflitto».È vero che apparenti similitudinidi programma della destra estre­ma con il programma della sini­stra radicale possono creare, aduna lettura superficiale,sconcerto o incomprensione.Ma, chiediamo ai tanti compagnidi sinistra o che si dichiarano co­munisti che hanno votato eappoggiato Grillo, è sufficienteessere contro le banche e lo Stato,come dice Grillo, per andared'accordo? La destra non mette indiscussione la proprietà deimezzi di produzione. Per i comu­nisti la proprietà delle fabbrichedeve essere di chi ci lavora, equindi dei lavoratori. Non dei po­chi capitalisti che sfruttano il la­

voro altrui per l'arricchimentopersonale, o di pochi eletti.

Il ruolo della destraestrema ieri e oggi

La destra, anche quella che si dicesociale, rivendica e ha nostalgiadel periodo fascista e dei suoimetodi. Ma il fascismo non èstato un incidente di percorso edè un pericolo in agguato so­prattutto in questo periodo dicrisi economica. Il fascismo èstato un fenomeno funzionaleagli interessi del grande capitale,ha rappresentato per unventennio un ariete che i padronihanno utilizzato per sfondare gliavamposti della classe operaia,uno strumento di distruzione deipartiti e dei sindacati del movi­mento dei lavoratori. Oggi, nelpieno di una devastante crisi delsistema capitalista, davanti al pe­ricolo, per i padroni e i loro parti­ti, che la classe operaia cominciad organizzarsi anche in Italiacontro le misure di austerità e diattacchi alle masse popolari, ri­torna puntualmente il pericolofascista, il pericolo di una reazio­ne della classe padronale allelotte operaie. Lo vediamo in Gre­cia, dove Alba dorata rappresentaormai un braccio operativo delgoverno contro le organizzazionidel movimento operaio. L'ultimotragico episodio è del 18settembre scorso. In Grecia alcu­ni membri di Alba Dorata, partitoneo­nazista ad oggi al terzo postonei sondaggi con il 17%, hannoaggredito alcuni militanti di unpartito di sinistra. Un rapper di si­nistra è stato ammazzato da ungruppo di neo­nazisti. Ad esserefermato per l'omicidio, un uomodi quarantacinque anni,membro proprio di Alba Dorata.Non è sufficiente essere contro ilGoverno. Perché nella crisi pe­santissima che stanno vivendo i

lavoratori e i disoccupati dei Pae­si del sud dell'Europa gruppi dinazifascisti si organizzano impu­nemente per diffondere la cultu­ra dell'intolleranza nei confrontidel “diverso”, omosessuale oimmigrato che sia, approfittandodel malessere provocato propriodalla crisi per fomentare divisionie odio. N el 2003 a Milano è statoassassinato da mano fascista Da­vide Cesare, meglio conosciutocome Dax, militante di un centrosociale milanese. Nel 2008, a Ve­rona, un gruppetto di giovani vi­cini all'estrema destra pestava amorte Nicola Tommasoli. A Fi­renze, il 13 dicembre 2011, un ita­liano vicino a Casapound spara euccide due senegalesi, Samb Mo­dou e Diop Mor, altri tre rimango­no feriti. In Francia, a Parigi, afarne le spese è stato un giovanis­simo militante antifascista, Clè­ment, ucciso lo scorso 5 giugno inun vile agguato squadrista. Que­sti sono solo esempi fra i numero­si brutali omicidi degli ultimianni, poi c'è un elenco infinitod'aggressioni a immigrati, rom,omosessuali e militanti antifasci­sti e antirazzisti.

Grillismo e “Nuova Destra”Nell'ultimo mese, a Vicenza, si ètornati a parlare della “NuovaDestra”, quella che rifiuta le eti­chette ma ha marchi indelebilidi finta tolleranza. Il 7 settembredoveva tenersi una conferenza,poi revocata dall'amministra­zione comunale su pressionedella Questura e Prefettura perproblemi di ordine pubblico,con l'avvocato del gerarca nazi­sta Priebke e due esponenti delNpd e il partito d'estrema destratedesco. Ma tra i relatori figura­va anche Massimo Fini, di Movi­mento Zero, quello stessoMassimo Fini che, secondoquanto scrive Grillo nel maggio2011, «va ascoltato in silenzio,

come si ascoltano i saggi, comesi degusta, di fronte al camino,un vino invecchiato della pro­pria cantina». Un appunta­mento, quello con i gruppi didestra, non occasionale perl'amico filosofo di Grillo. Pro­prio lo stesso Massimo Fini che èstato incaricato ad aprire le rela­zioni alla festa nazionale di Ca­sapound di Revine Lago inprovincia di Treviso lo scorso 12settembre, appuntamento cheha fatto scatenare le proteste daparte dell'Anpi. Ma l'antipartiti­smo, il non essere né di destra nédi sinistra sono caratteristichedel M5s, avvicinandoli perico­losamente alle attuali posizionidella destra reazionaria.

L'utopia dellarivoluzione informatica

«Le rivoluzioni nelle comunica­zioni –dice Gianroberto Casa­leggio (imprenditore eco­fondatore, insieme a Grillo,del M5s) ­ sono sempre state alcentro dei cambiamenti delleorganizzazioni sociali, Internetnon fa eccezione, con l'accessoglobale dei cittadini alleinformazioni. Ma Internet non èsolo un supermedia destinato aassorbire tutti gli altri, ma so­prattutto è un processo di tra­sformazione della società» .Casaleggio è stato tra i relatori alForum Ambrosetti a Cernobbio“Lo scenario di oggi e domaniper le strategie competitive”,dove è andato a parlare diinternet e della sua rivoluzione ea spiegare a banchieri e politici“le idee del movimento”. Adascoltarlo c'erano il presidentedel Consiglio Enrico Letta, l'expremier Mario Monti, diversiamministratori e delegati dellemaggiori banche italiane, fra cuiFederico Grizzoni di UniCredited Enrico Cucchiani di Intesa­

SanPaolo, il quale ha dichiaratodi aver molto apprezzatoquanto esposto dall'ideologodel M5s.Il leader della Rivoluzione a 5Stelle si trova a suo agio a fiancodei peggiori responsabilidell'austerità europea. Non è uncaso che l'argomento assente,drammaticamente assente, dalprogramma comunicativo dei 5Stelle sono i lavoratori, la forzalavoro, l'unica forza in grado dicompierla veramente una rivo­luzione. Una rivoluzione cheper essere organizzata si puòavvalere di diversi strumenti trai quali anche internet, senza di­menticare di ciò di cui si trattarealmente: uno strumento. Nonneghiamo che internet siaun'arma importante in manoalle organizzazioni dei lavo­ratori e ai giovani precari edisoccupati di tutto il mondo.Un importante strumento chenoi utilizziamo, insieme aglialtri strumenti della nostraesperienza storica (volantini,assemblee, manifestazioni).Il capitalismo, che tutto vende etutto compra, ci vende anchequesto: la corda che ci aiuterà adimpiccarlo. Ma i lavoratori, perriprendersi i loro diritti, nonavranno scorciatoie, né coninternet, né votando il M5s. Solola lotta organizzata e la costru­zione di quell'unico strumentoveramente in grado di portareuna rivoluzione alla vittoria,cioè un partito rivoluzionario,potranno consegnare allamaggioranza della popolazionequella dignità necessaria perriappropriarsi di quel potere orain mano a quei banchieri e fi­nanzieri che stanno affamandomiliardi di persone nel mondo.Quegli stessi banchieri, padronie finanzieri che solo a parole ilMovimento 5 Stelle dice di volercombattere. (25/9/2013)

Michele Rizzi

Le poltrone sono in sé eper sé molto comode,soprattutto quelle deitalk show televisivi da

dove si raccontano frottole. E dipoltrone occupate comoda­mente e di frottole a volontà, ilgovernatore pugliese, nonchéleader di Sel, Nichi Vendola, èabbastanza esperto. Presentarsinazionalmente come l'opposi­zione parlamentare al GovernoLetta­Alfano e poi riportare lestesse politiche antipopolari inPuglia è un pezzo fondamentaledel repertorio del partito del “fi­losofo” di Terlizzi.Una riprova molto chiara la si èavuta all'inaugurazione dellaFiera del Levante di Bari, tradi­zionale appuntamento di fineestate al quale intervengono mi­nistri e premier in carica perparlare di politica nazionale e di“sviluppo” del Sud davanti aduna platea classica di confindu­striali e di accademici.Infatti, quest'anno, alla presenzadel premier Letta, di ministri e diesponenti di centrodestra ecentrosinistra, Vendola dopoaver riposto le sue vesti di go­vernatore pugliese (illustrandosuccessi che solo lui vede), haaccarezzato le guance del presi­dente del Consiglio, dicendogliche, seppur all'opposizione, co­munque si sente di collaborarein maniera stretta con il governo,cosa alquanto bizzarra visto chechi sta all' opposizione di un go­verno ne dovrebbe contrastarein tutti i modi l'azione politica enon certo collaborare perl'applicazione della stessa.Il tutto avveniva mentreAlternativa comunista e i lavo­ratori dell'Om carrelli manife­stavano all'esterno della Fieracontro le politiche del governo

Letta e contro i licenziamentiall'Om. D'altronde, il governato­re pugliese, che si prepara a ri­lanciare il suo partito puntandoad inglobare pezzi di Rifonda­zione comunista, di Fiom e diPdci, è abituato ai sofismi e allerappresentazioni filosofiche e asalire sui carri dei vincitori, tantoda attaccare Renzi quando so­steneva Bersani per poi scaricarei maggiorenti del Pd antirenzianie porsi come uno dei più fidatialleati del nuovismo renziano.La cosa certa è che la borghesiaitaliana ha necessità di una so­cialdemocrazia che faccia da cu­scinetto rispetto al possibile

insorgere di conflittualità socia­le, e Vendola e lo stesso Landinidella Fiom (braccio sindacaledel leader di Sel) possono fare alsuo caso. Fingere un'opposizio­ne al governo delle larghe intesenazionalmente e andare d'amo­re e d'accordo con il centrode­stra in Puglia, questo è unleitmotiv ricorrente così comecostruire buoni rapporti con igoverni nazionali. Infatti, cometanti non sanno, Vendola in ottoanni di governo ininterrotto inPuglia ha applicato pedissequa­mente le politiche di austeritytanto condannate (a parole) neisalotti televisivi. Il tutto in stretta

collaborazione con i governiBerlusconi, Monti e Letta. Se dauna parte rilasciava dichiarazio­ni di fuoco alla stampa contro ipiani sanitari regionali, allo stes­so tempo mandava i suoi asses­sori della sanità a Roma a trattarecon i governi nazionali la loroapplicazione.

I numeri del governatoreVendola

Venti ospedali chiusi in due anni,duemilacinquecento posti lettocancellati e interi reparti ospe­dalieri chiusi, mentre sopravvivequasi un miliardo di euro di

convenzioni con le strutture sa­nitarie private, sono un pezzoimportante del governo dicentrosinistra pugliese guidatodal “filosofo” di Terlizzi.Alle proteste dei comitati cittadi­ni contro la chiusura degli ospe­dali, gli assessori alla sanitàrispondevano che “non si puòpretendere di avere un ospedalesotto casa” e che gli ospedali ta­gliati sarebbero stati sostituiti da“presidi sanitari di eccellenza”che, tradotto dal politichesevendoliano, altro non sono chesemplici pronto soccorso. Stessacosa vale per la produzione dienergia da fotovoltaico. Mentrepoeticamente esorta le famigliepugliesi a dotarsi di pannelli so­lari nei propri condomini,Vendola favorisce sperdutedistese di pannelli di multina­zionali che inondano edistruggono il territorio, speciequello salentino.Per non parlare dei rapporti con ipadroni dell'Ilva e del gruppoNatuzzi. Prima che Riva fossecoinvolto nelle note inchiestegiudiziarie, il leader di Sel si face­va immortalare con lui ed il suomanagement, aprendo spessoanche il portafoglio regionaleper ricchi contributi al padronebresciano. Per l'azienda diNatuzzi intanto Vendola preparamilioni di euro, e quando Pa­squale Natuzzi annuncia 1500 li­cenziamenti, di concerto con luiattacca una presuntaconcorrenza internazionale chenuocerebbe al boss del salotto,implicitamente assecondando­ne gli intenti delocalizzatori perrisparmiare sul costo del lavoro emandare a casa migliaia di ope­rai.Stessa cosa con gli operaidell'Om carrelli di Bari. Viene alpresidio, si fa immortalare dalletelecamere compiacenti con

bambini in braccio, parla diquestione operaia e di soprusidelle multinazionali e poi, a chigli dice che la fabbrica va espro­priata quale risposta proprio aquei soprusi, risponde: «nonsiamo mica ad un seminario dicomunismo!» Mentre il suo luo­gotenente, Leo Caroli, assessoreal lavoro, vendoliano ed ex diri­gente Cgil, si prodiga a creareconcertazione laddove proprionon si può concertare niente,cercando di mettere assieme gliinteressi dei lavoratori con quellidei padroni che li licenziano.

La prospettiva diAlternativa comunista

Alternativa comunista ha co­struito in questi anni una forteopposizione alle scelte politichedel governo Vendola in Puglia.Opposizione sociale e politicafrutto di battaglie nella sanità,contro la devastazione del setto­re sanitario pubblico, al fiancodegli operai licenziati e perl'ambiente, al fianco dei comitatilocali che si battono contro ladevastazione paesaggistica.Riteniamo che la socialdemo­crazia vendoliana sia un ostaco­lo allo sviluppo delle lotte e chesia un'arma utilizzata dal pa­dronato per bloccare l'avanzatadella conflittualità sociale. Alcontrario, partendo dall'unifi­cazione di tutte le lotte nellequali siamo presenti, noipuntiamo a costruire una veraalternativa di potere dei lavo­ratori, anticapitalista e rivolu­zionaria, e lontana anni lucedalla poetica borghese del go­vernatore pugliese e leader diSel. (26/9/2013)

Sel:tradecadenzaedopportunismoLa finta opposizione dei vendoliani al governo Letta

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4 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTALAVORO E SINDACATO

La necessità di una svolta dell'opposizione interna

IlcongressodellaCgil:temieprospettive

Alberto Madoglio

Nelle prossime setti­mane si darà inizio alpercorso di discus­sioni e dibattiti che

porterà la Cgil a svolgere il suoXVII congresso nazionale entrol'estate del 2014.Dalla precedente assise, tenutasi4 anni fa, parecchie cose sonomutate.La crisi era già esplosa da dueanni, il suo peso sul mondo dellavoro si era fatto sentire imme­diatamente (come ricorda unarticolo de La Repubblica , nel2009 si è registrato il recordannuale di ore di cassa integra­zione, sulla soglia del miliardo),ma è stato a partire dal 2010 chele cose sono ulteriormente pre­cipitate.La crisi dei debiti sovrani hadapprima colpito la Grecia e poisi è rapidamente trasferita adaltri Stati europei, Portogallo,Spagna, Irlanda e Italia, e halambito Francia e Gran Breta­gna. Questa situazione ha dato ilvia anche in Italia a una serieininterrotta di attacchi al mondodel lavoro e al welfare state cheha causato un evidente e percerti versi drammatico arretra­mento dei livelli di vita delle clas­si subalterne: lavoratori, precari,disoccupati, giovani, donne eimmigrati.Finanziarie “lacrime e sangue”varate dai governi Berlusconi,Monti, politiche di austeritàimposte dalla Troika e fatte pro­prie da tutti i partiti dello schie­ramento borghese, Pd in testache oggi esprime anche il Presi­dente del Consiglio. Ennesimariforma delle pensioni che haaumentato dalla sera alla matti­na il numero di anni necessariper beneficiare di un assegnosempre più ridotto, abolizionedell'articolo 18, distruzione del

contratto nazionale, opera ini­ziata negli stabilimenti Fiat.Tutto avvenuto senza una realeopposizione da parte delmaggiore sindacato italiano, etra i maggiori a livello conti­nentale, la Cgil.

Lo scenario in tempi dicrisi economica

Prima del 2008 la Cgil potevapermettersi di giocare il ruolo difinta opposizione alle decisionidei governi (specie se di centro­destra), quando le condizionieconomiche nazionali, gravi manon drammatiche, consentiva­no a padroni, sindacati e go­verno un vergognoso gioco delleparti sulle spalle dei lavoratori.Dopo il 2008 tutto ciò non è statopiù possibile. La necessità di“salvare il Paese”, il farsi caricodel “senso di responsabilità”hanno spinto la Cgil ad accodarsie a sostenere le politiche di au­sterità a danno di milioni di lavo­ratori, nel solo interesse delladifesa dei profitti della borghesiaimperialista italiana. In questobreve lasso di tempo abbiamoavuto la dimostrazione di cosaLenin intendesse quando soste­neva che le burocrazie sindacali(e dei partiti operai) erano gliagenti della borghesiaall'interno del movimento ope­raio. Il gruppo dirigente dellaFiom (ala sinistra della burocra­zia) ha impiegato un po' più ditempo ad allinearsi completa­mente al clima di unione sacraimperante nel paese, ma fi­nalmente il 31 maggio scorso hacalato la maschera, accettandoun accordo che nei fatti cancellail diritto di sciopero nei luoghi dilavoro e impedisce ai sindacati oai delegati non concertativi dipoter essere presenti nellefabbriche e negli uffici: il trionfodel modello Pomigliano.

Questa situazione ha cambiatogli equilibri all'interno dellaConfederazione di Corso Italia.La vecchia minoranza ha capito­lato, o meglio ha scelto la collo­cazione migliore per difendere isuoi privilegi burocratici,rientrando a pieno titolo nellamaggioranza che sostiene la se­greteria Camusso.Al momento la sola area orga­nizzata che ha annunciato checontinuerà la sua battaglia diopposizione è la Rete 28 aprile(anche se non è detto che ciòpossa concretizzarsi in un testoalternativo nazionale, dati i limi­ti antidemocratici che impedi­scono a chi non ha pesonell'apparato di poter essereadeguatamente rappresentato).Da parte nostra diciamo fin dasubito che sosterremo in ognimodo la battaglia di opposizioneche i compagni della Rete 28aprile faranno nelle assisecongressuali.Tuttavia vogliamo fare alcuneconsiderazioni.

Sulla minoranza dellaRete 28 aprile

Noi non siamo rimasti in nessunmodo sorpresi dalla fine inglo­riosa fatta dalla minoranzasindacale nata allo scorsocongresso. Già all'epoca de­nunciavamo i limiti di quellaalleanza tra varie frazioni dellaburocrazia Cgil che nei fatti nonproponevano una vera rotturacon le politiche concertative chela maggioranza della Cgil avevaseguito per almeno due de­cenni. Il vero scopo dei propo­nenti di quel raggruppamento(Fiom, segretari della FunzionePubblica e dei bancari) eraquello di non condividere lacandidatura della Camusso anuova segretaria generale, e ditrovare un modo per difendere i

propri privilegi di castaall'interno della Confederazio­ne.Oggi quell'operazione non hapiù senso ed ecco spiegato il lororitorno nella maggioranza, no­nostante una deriva sempre piùa destra della Cgil nell'ultimoquadriennio.Nel nuovo quadro che si è defini­to, crediamo che sia indispensa­bile una svolta e un salto politicoorganizzativo della nuovaopposizione in Cgil.Il documento che dovrà esserepresentato e discusso neicongressi di ogni categoria devesenza esitazioni indicare una li­nea in rottura totale col passato:denunciare le politiche di auste­rità che hanno impoverito mi­lioni di proletari nel Paese e ilruolo nefasto che la Cgil ha avu­to nel non opporvisi, o anzi nel

sostenerle in prima persona.Evitare di creare l'illusione che,per uscire dalla crisi, il sistemacapitalistico abbia bisogno solodi pochi (o tanti, non importa)aggiustamenti strutturali. Biso­gna dire con chiarezza che la cri­si è frutto intrinseco del sistemacapitalistico e che solo dal suoabbattimento i lavoratori po­tranno avere dei vantaggiconcreti. Ma ciò non basta. Il mi­gliore e più avanzato docu­mento congressuale nonrimane niente altro che unpezzo di carta se non è sostenutoda un'azione concreta. La Retedeve appellarsi ai suoi sosteni­tori, in primo luogo, e poi a tuttele avanguardie sindacali, per farsì che queste intervengano e di­rigano le decine e decine di lotteche, seppur attualmente isolate,si stanno sviluppando in Italia. Il

fatto che la Rete sia statacompletamente assente a quellache nell'ultimo anno è stata lapiù importante e radicale mobi­litazione di classe, quella dei la­voratori della logistica (per lamaggior parte compagni immi­grati) è il sintomo di un'opposi­zione che si limita alle riunionidegli organismi anzichéintervenire nella concretezzadella lotta di classe.Il vero successo della battagliacongressuale non dipenderàdalla percentuale che si avrà allafine delle assemblee, ma dallacapacità della Rete 28 aprile diriuscire finalmente a rappre­sentare una concreta e realealternativa a un'azione sinda­cale ormai da troppo temposubalterna alle esigenze delprofitto e della stabilità borghe­se. (26/9/2013)

E ora gli operai devono riprendersi i loro diritti!

LaFiatriapreleporteallaFiom

Massimiliano Dancelli

Dopo la sentenza dellaCorte costituzionaledello scorso 23 luglio,la Fiat è costretta a fare

buon viso a cattivo gioco econcedere l'agibilità sindacale aidelegati della Fiom, che così,almeno formalmente, tornano afare sindacato in fabbrica. Unavittoria per i diritti dei lavoratori,sembrerebbe. Ma analizzandomeglio i fatti vediamo che non èproprio così.

Vittoria o sconfitta?Certo, che il sindacatomaggiormente rappresentativotra gli operai della piùimportante industria italianavenga nuovamente riconosciutoè un buon risultato per quantoconcerne il diritto del lavoratorea scegliere i propri rappre­sentanti sindacali (sebbene perora la Fiat si rifiuti di indire nuoveelezioni sindacali in fabbrica). Ilproblema sta nei rapporti che laFiat continuerà a tenere neiconfronti dei delegati e attivistinon proni alle sue direttive, enella politica che la Fiom decide­rà di attuare sia confronti dellastessa azienda sia nei confrontidel governo della borghesia.La realtà dice che la Fiom non haper il momento nessun poterecontrattuale nei confrontidell'azienda torinese, come di­mostra il fatto che, poco dopo lasentenza dell'estrema Corte, ivertici del lingotto convocavano isindacati firmatari del vigentecontratto (Fim­Uilm­Fismic) persiglare un nuovo e insufficienteaccordo di piano industriale,escludendo palesemente laFiom. Inoltre continuano, comeci hanno testimoniato e de­nunciato più volte i delegatiFiom dello stabilimento Fiat­

Ferrari di Maranello, le misurerepressive (lettere di richiamo,continui cambi di mansioneecc.) nei confronti dei delegaticombattivi e di tutti gli operaieapertamente schierati coi me­talmeccanici della Cgil. Questadebolezza testimonia l'ineffica­cia della linea politico­sindacalefin qui tenuta dalla direzionedella Fiom: un quasi totaleimmobilismo dettato dalla sceltadi affidarsi esclusivamente allagiustizia borghese, rinunciandoquindi in più occasioni alla lotta elasciando spesso i lavoratori inbalia di ricatti e minacce. È veroche a volte è possibile insinuarsitra le distorsioni del dirittoborghese e ottenere risultatiimportanti come questasentenza della Corte costituzio­nale, ma è altrettanto vero che inquesta società è il padrone adavere le maggiori tutele ed è perquesto, come dicevo sopra, chemolto dipenderà dalla rotta cheLandini e il suo sindacato intra­prenderanno da qui in avanti.Purtroppo le prime dichiarazionidel segretario generale dellaFiom non sono rassicuranti inquesto senso: dopo aver applau­dito la sentenza, invece diannunciare le prime mosse dilotta per la cancellazionedell'attuale contratto applicatoin Fiat e la riconquista dei dirittitolti ai lavoratori (ad esempio: iprimi tre giorni di malattia nonretribuiti), ha ribadito (facendo ilverso alla Camusso) la necessitàdi una legge sulla rappre­sentanza sindacale in azienda,elogiando nuovamentel'accordo siglato tempo fa daCgil­Cisl­Uil e Confindustria. Unaccordo truffaldino che non faaltro che estendere quanto è giàsuccesso in Fiat (ai danni dellaFiom) a tutte le altre industrie, ri­ducendo ulteriormente i diritti

dei lavoratori per quel che ri­guarda la democrazia sindacaleo il diritto al dissenso e allo scio­pero (solo i sindacati riconosciu­ti avranno il diritto di indire losciopero, per maggiori informa­zioni su tale accordo abbiamogià scritto diversi articoli che po­tete trovare sul nostro sitowww.alternativacomunista.org). Se questa è la “svolta” impressada questa sentenza, non possia­mo certo parlare di vittoria per ilavoratori, ma piuttosto di enne­simo inganno da parte di buro­crati che sarebbero i soli trarrevantaggio da una nuova leggesulla rappresentanza.

Cosa serve davvero?Gli obiettivi del gruppo torinesenon cambiano di una virgola, lanecessità resta sempre quella direcuperare i mancati profitti de­rivanti dalla crisi sulla pelle deilavoratori: nessuna delle pro­messe che fecero all'epoca dellafirma del contratto aziendale èstata mantenuta. Il fantomaticoprogetto di “Fabbrica Italia” è ri­masto nel cassetto diMarchionne, dei venti miliardi dieuro di investimento sugli stabi­limenti del nostro Paese ne è arri­vato solo uno per il rilancio ametà di Mirafiori (dove la cassaintegrazione è all'ordine delgiorno), mentre sembrano se­gnati i destini di Cassino e Pomi­gliano, per non parlare diTermini Imerese e della Irisbus,chiuse da tempo, e delle migliaiadi lavoratori lasciati perenne­mente in cassa integrazione. Maè proprio da vicende come quelladei lavoratori dell'Irisbus che laFiom dovrebbe prendereesempio, da persone che nonhanno voluto chinare la testa erassegnarsi al proprio destino.Questi lavoratori hanno portatola lotta dentro e fuori la fabbrica,

portando solidarietà agli altri la­voratori nelle loro stesse condi­zioni, sfidando più volte ilpadrone e persino gli stessi dele­gati sindacali.La Fiom deve sfruttare il suorientro in fabbrica per provare adare una svolta definitiva allapolitica di smantellamentoattuata da Marchionne, deveuscire dalla logica dei tribunalidella giustizia borghese perporre le rivendicazioni dei lavo­ratori su di un terreno piùconflittuale. Deve imporre la suaforza numerica ai vertici dellingotto sul terreno della lotta.Solo così si potrà smantellare ilcapestro contratto Fiat, solo così

si potranno riottenere quei dirittiche il padrone ha vergognosa­mente negato, solo così si potràevitare la chiusura degli stabili­menti, e solo così si potrà impe­dire che quanto accaduto in Fiatvenga preso a modello dagli altriimprenditori ed esteso a tutto ilmondo del lavoro. Il Partito dialternativa comunista crede chenon sarà questa la strada cheintenderà intraprendere Landi­ni: per questo facciamo appelloai lavoratori e ai delegati Fiom inFiat affinché facciano pressionesui vertici del proprio sindacato,affinché non cedano ai ricatti delpadrone. Quello che serve sonola lotta dentro e davanti alle

fabbriche, l'unità di tutti i lavo­ratori Fiat, anche con quelli deglistabilimenti all'estero, che vivo­no le stesse se non peggioricondizioni di precarietà emancanza di diritti. Quello di cuihanno bisogno i lavoratori è unsindacato che lavori per la salva­guardia dei loro interessi, unsindacato indipendente dallelogiche del padronato e coordi­nato anche a livello internazio­nale, un sindacato di lotta e nonun sindacato che continui aconcertarebriciolecheoltretuttonon riesce ad ottenere. In unaparola: un sindacato di classe!(23/9/2013)

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 5LAVORO E SINDACATO

L'attualitàdellabattagliaperilsindacatodiclasseFrenare le“larghe intese”tra burocrazie sindacali,padroni e governo

Fabiana Stefanoni

Mentre sulla pelle di mi­lioni di lavoratrici e la­voratori si consumanole “larghe” intese tra le

burocrazie sindacali, il governo eConfindustria, in Italia non c'è anco­ra, da parte della classe lavoratrice,una risposta di lotta adeguata. Lottedure e radicali negli ultimi mesi nonsono mancate: basta citare la lotta deilavoratori della logistica, in gran partilavoratori immigrati, organizzati nelsindacato di base (Si.Cobas). Non so­lo: sono centinaia le vertenze in corsonelle fabbriche e nei luoghi di lavoro,ma nessuna sembra riuscire a inne­scare la protesta di massa che servi­rebbe per iniziare a ribaltare irapporti di forza tra proletariato eclasse borghese.

L'egemonia incontrastatadegli apparati burocratici

È un dato di fatto: gli apparati di Cgil,Cisl e Uil godono ancora di un'ege­monia incontrastata tra la classe la­voratrice. Non riconoscerlo significaconfondere i desideri con la realtà. Adoggi, i settori maggioritari della classeoperaia scendono in piazza o in scio­pero solo se chiamati dalle direzionisindacali burocratiche delle treprincipali confederazioni sindacali,in primis la Cgil (che è, in termini nu­merici, il primo sindacato in Italia).Perché avviene questo? Uno dei mo­tivi è sicuramente la forza economicae organizzativa di questi apparaticoncertativi, che vivono di finanzia­menti (diretti o indiretti) dello Statoborghese. Ma pensiamo anche che sisconti, in Italia, l'assenza di un sinda­cato di classe e di massa in grado dirappresentare un punto di riferi­mento alternativo rispetto alle dire­zioni burocratiche. Il quadro delsindacalismo “conflittuale” di casanostra, sorto per lo più tra la fine deglianni Settanta e gli anni Ottanta daesperienze di autorganizzazione deilavoratori (da qui l'aggettivo “di base”utilizzato ancora oggi per indicare isindacati non concertativi), nel corsodi questi ultimi decenni si è caratte­rizzato per una progressivaframmentazione e un conseguenteindebolimento. Con il riflusso dellelotte da cui erano originariamentesorti, i sindacati “di base” hanno co­nosciuto spesso al loro interno feno­meni di burocratizzazione, con lacostruzione di piccoli apparati prividi spazi di democrazia interna. Nonsolo: spesso i principali dirigenti diquesti sindacati hanno soffiato sulfuoco della frammentazione, ali­mentando atteggiamenti settari e au­toreferenziali, arrivando talvolta adadditare gli altri sindacati di base co­me “nemici da combattere”, anzichéconsiderarli come alleati nello stessofronte di lotta. Basta citare la diatribatra Usb e Cub, finita con reciprochedenunce nei tribunali borghesi, peravere un'idea dello stato di agonia incui si trova buona parte del sindacali­smo di base.Ciò significa prendere atto che l'ipo­tesi di costruzione di un sindacali­smo di base, di classe e conflittuale èdefinitivamente fallita? Noi credia­

mo di no. L'esperienza di altri Paesi,come quella del Brasile, con la Csp­Conlutas in forte crescita sull'ondadelle mobilitazioni di questi mesi (sivedano gli articoli sull'argomentonelle altre pagine), ci parla di grandipotenzialità per lo sviluppo di unsindacalismo di classe e di base. Conl'accentuarsi della crisi sono desti­nate a inasprirsi le contraddizioniinterne agli apparati concertativi: leburocrazie, che mirano allaconservazione dei propri privilegimateriali, non hanno ormai più bri­ciole da distribuire ai lavoratori perammansirli e convincerli che devonostare zitti e buoni (o al massimo farequalche innocua passeggiata inoccasione di innocui sciopericchi).Le contraddizioni materiali dovutealla crisi del sistema capitalisticometteranno all'ordine del giorno lanecessità di un sindacalismo di lotta,avente come protagonisti gli stessilavoratori. Ma, come dimostral'esperienza storica, in questo ambi­to non esistono automatismi: in Bra­sile è stato possibile costruire unsindacato come la Conlutas perchéesisteva un partito rivoluzionario ra­dicato (il Pstu, sezione della LegaInternazionale dei Lavoratori) che hadato un contributo fondamentaleallo sviluppo di un sindacalismo diclasse. Per questo, crediamo cheanche in Italia lo sviluppo di un parti­to rivoluzionario (progetto nel quale

sono impegnati i militanti del Pdac)potrà contribuire a rafforzare la lottaper costruire quel sindacato di classee di massa che ancora manca.

L'accordo vergogna sullarappresentanza

La frammentazione, la debolezza e ilsettarismo delle organizzazionisindacali “di base” ha indirettamenterafforzato il nemico di classe e gliapparati burocratici concertativi. Ilpadronato, consapevole di stare se­duto su una pentola a pressione chepotrebbe esplodere da un momentoall'altro, oggi gioca d'anticipo. Perquesto ha stipulato un accordo (chediventerà probabilmente legge) conCgil, Cisl, Uil che prevede la cancella­zione della possibilità stessa di un

sindacalismo combattivo, vinco­lando la partecipazione alle trattativea percentuali minime troppo alte perle organizzazioni di base (conside­rata la spietata concorrenza sleale, fi­nanziata dallo Stato borghese, di Cgil,Cisl e Uil) e ridimensionando il dirittodi sciopero (e persino di ricorso lega­le) nel caso di accordi approvati dallamaggioranza delle sigle sindacali. Peredulcorare la pillola amara, burocra­zie e padroni garantiscono che tutto

ciò avverrà fatta salva una “consulta­zione referendaria” tra i lavoratori. Sitratta, in poche parole, dell'estensio­ne del “modello Pomigliano” dellaFiat a tutto il mondo del lavoro. Nelgruppo Fiat l'utilizzo di accordi trasindacati complici del padrone, asso­ciato a un referendum farsa sotto ri­catto occupazionale, è stato unmezzo utilizzato da Marchionne peremarginare la Fiom di Landini. Logi­ca vorrebbe che oggi Landini si oppo­nesse a questo accordo: e invece èproprio il contrario. Landini giudica“positivamente” l'accordo sullarappresentanza, e promette quindi aipadroni che in cambio di un ritorno altavolo delle trattative e di qualcheprivilegio economico (utile per le ta­sche degli uomini dell'apparato, manon certo per quelle degli operai) sarà

disposto a rinunciare al conflitto.È anche per l'atteggiamento vi­gliacco della direzione della Fiom(che, oltre ad organizzare la maggio­ranza degli operai metalmeccanicisindacalizzati, è stata punto di riferi­mento delle battaglie per la demo­crazia sindacale) se fino ad oggi nonsi è sviluppata nessuna azioneconflittuale e di sciopero controquesto accordo vergognoso. Chi nepagherà le spese non saranno solo isindacati di base (che verrannoesclusi dalle trattative e dalla rappre­sentanza in fabbrica) ma anche glistessi delegati della Fiom, che nonavranno più agibilità sindacale realenelle fabbriche e, come già avvieneoggi nel gruppo Fiat, saranno co­stretti all'impotenza.

Lo sciopero del 18 ottobreLo sciopero generale del sindacali­smo di base del 18 ottobre rappre­senta un momento importate. Noncapita spesso di vedere tutte (o quasitutte) le sigle del sindacalismo nonconcertativo unite in un'azione disciopero generale. L'ultima azioneunitaria si è avuta in occasione dellosciopero contro la riforma del lavoroa firma Fornero. Allora si trattò di unosciopero di piccole dimensioni, chenon riuscì ad attrarre settori consi­stenti della base dei sindacaticoncertativi. Questa volta lo scioperocade dopo altri due anni di continuiattacchi alle masse lavoratrici ed èproclamato in autunno, un mo­mento tradizionalmente più favore­vole per la riuscita degli scioperigenerali. E tuttavia è uno scioperoche, ancora una volta, è partito con ilpiede sbagliato. I sindacati promo­tori, a parte qualche incontro alvertice, non hanno fatto molto perfavorire una reale unificazione degliattivisti e dei lavoratori delle siglesindacali promotrici. Non sono stateconvocate assemblee unitarie neiluoghi di lavoro o nelle città (a partepochissime eccezioni). Non si ècercato di allargare il fronte dellosciopero alle associazioni e aicollettivi studenteschi o ai movi­menti per la casa, per la difesadell'ambiente (che, infatti, manife­stano a Roma il 19 ottobre, cioè ilgiorno dopo...). È mancato persinoun coordinamento minimo dellemanifestazioni e delle azioni di lottapreviste per il giorno dello sciopero(ognisindacatofaràunpo'quellochecrede, senza confronto con gli altri).È chiaro che, con queste premesse, losciopero nasce debolissimo. Non so­lo: laddove dovesse anche riuscire intermini di adesioni e partecipazionealle manifestazioni, rischia difermarsi ad una dimostrazioneestemporanea, senza favorire unpercorso di lotta e di coordinamentodi lungo periodo.Ovviamente, il Pdac sarà in piazza il18 ottobre, si è attivato per la miglioreriuscita dello stesso e, soprattutto, sibatteràperchéil18ottobresia l'iniziodi un nuovo ciclo di lotte. Siamoconsapevoli ­ e per questo contri­buiamo, con tante altre realtà opera­ie, politiche e di movimento, alrafforzamento del CoordinamentoNo Austerity ­ che solo l'estensione el'unificazione delle lotte puòpermettere un salto di qualità nelloscontro di classe con il padronato.Quello scontro di classe da cui puòsorgere un'alternativa di sistema,unica risposta alla crisi profonda delcapitalismo. (27/9/2013)

MMoonnooppoollii ((BBaa))Prosegue la vertenza dei lavoratori dellaEcoleather di Monopoli nel Sud Est barese. Unavertenza nata nel 2012 e che, con un piano didelocalizzazione in Romania che ha portato allachiusura del reparto taglio, ha mobilitato alcunedecine di lavoratori contro i licenziamenti. Si trattadell'ennesima concretizzazione dell'adagiocorrente che prevede lo sfruttamento di territorioe dei lavoratori da parte di padroni senza scrupoliche utilizzano agevolazioni contributive, fiscali efinanziamenti pubblici per alcuni anni, per poicedere rami d'azienda o chiudere tutta la fabbricae trasferire la produzione in altre Stati dove lamanodopera costa ancora di meno del Sud Italia.Il Pdac continuerà a sostenere la lotta deilavoratori della Ecoleather, unificandola a quelladelle altre fabbriche in lotta.NNaappoolliiLa direzione della Unicoop ha annunciato nelmese di settembre il licenziamento di 250lavoratori dei punti vendita di Afragola (225dipendenti) e di altri a Quarto, Avellino e viaArenaccia a Napoli (in tutto 25). Dopo essere salitisui tetti del negozio Unicoop di Afragola e nonaver ottenuto nulla se non la conferma deilicenziamenti da parte delle cooperative “rosse”, ilavoratori continuano la mobilitazione dura controuna decisione padronale che punta aridimensionare la forza lavoro dei quattro puntivendita campani.VVaarrssaavviiaaProsegue la mobilitazione dei lavoratori contro lepolitiche di austerity del governo polacco guidatoda Donald Tusk, conservatore e sfrenatoesecutore delle politiche liberiste promossedall'Unione europea. La Polonia è stataparalizzata per tre giorni da cortei emanifestazioni contro le misure di lacrime esangue volute dal governo che vedono tra l'altrol'innalzamento dell'età pensionabile che passada 65 a 67 anni, ulteriore flessibilità sul lavoro concontratti sempre più precari e tagli ai fondi suscuola pubblica e sanità. Si tratta di una veramannaia contro i lavoratori polacchi già strematidagli effetti della crisi capitalista che colpisceanche la Polonia. Sono stati organizzati picchettidavanti ai ministeri degli Interni, della Sanità, deiTrasporti, del Tesoro, del Lavoro edell'Educazione, con centinaia di migliaia dimanifestanti scesi in piazza. La partecipazionepopolare è culminata in una grandemanifestazione finale che ha fatto scendere amanifestare circa 120 mila persone control'austerità imposta dal governo di Tusk e dallaTroika. Se il governo polacco non ritirerà questenorme antipopolari su scuola, sanità e lavoro, ilavoratori proclameranno uno sciopero generaleche punterà a mettere in ginocchio il governo finoalla sua caduta.OOrriiggggiioo ((VVaa))Il Pdac solidarizza con i compagni delsindacalismo di base e del comitato di sostegnoalla lotta dei lavoratori delle cooperative inappalto dei magazzini Bennet di Origgio nelvaresotto. Si tratta di una lotta durata vari mesi ecominciata nel 2008 che ha portato amiglioramenti salariali nonostante in questosettore le condizioni lavorative siano moltonegative per i lavoratori. Le denunce concomunicazioni di rinvio a giudizio sono arrivatedopo tre anni per colpire proprio la parte piùavanzata della lotta legata per lo più alsindacalismo di base e combattivo e al comitato disostegno alla stessa, proprio mentrecominciavano a diffondersi le vertenze nel settoredella logistica per Esselunga, Dhl, Il Gigante eOrtomercato Milano. Nelle cause si sonocostituite in giudizio Italtrans, Bennet e tutte lesocietà appaltatrici che chiedono il risarcimentodanni per i mancati profitti derivanti dagli scioperia ripetizione nel settore.VViittttoorriioo VVeenneettoo ((TTvv))Continua la vertenza dei lavoratori delle officineSan Giacomo di Vittorio Veneto nel trevigianocontro l'aumento quadruplo dei buoni mensadettato dalla necessità padronale di ridurre i costipersino in questo settore. I lavoratori dopo unosciopero di un giorno continuano la vertenzaperché la crisi aziendale non venga pagata comesempre dai lavoratori.TTaarraannttooI 50 lavoratori della Emmerre che lavora in appaltoall'Ilva di Taranto continuano la lotta dopo esserestati sui tetti dell'acciaieria con i lavoratori chemanifestavano contro il licenziamento di MarcoZanframundo, operaio del reparto movimentoferroviario. I lavoratori della ditta appaltatricesono stati scaricati dal colosso retto dai Riva egestito dal commissario governativo Bondi eadesso si trovano senza alcuna tutela sociale. IlPdac sostiene la lotta di questi lavoratori e ritieneche l'unica soluzione per l'Ilva sia quella dellanazionalizzazione senza indennizzo, conriconversione e gestione operaia. Questa èl'unica soluzione che possa salvaguardarel'ambiente tarantino e i lavoratori Ilva stessi. Ilavoratori delle ditte appaltatrici invece vannointernalizzati, eliminando così lo sfruttamentoche deriva dagli appalti e subappalti.

LLoottttee eeMMoobbiilliittaazziioonniiRubrica a cura di MMiicchheellee RRiizzzzii

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6 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTAMOBILITAZIONI IN BRASILE

Mauro Buccheri

Negli ultimi mesi il Brasi­le è salito alla ribaltadelle cronache in tuttoil mondo per la radicali­

tà e la continuità delle lotte e dellemobilitazioni. Il governo di DilmaRousseff, in carica dal gennaio2011, in perfetta continuità colprecedente esecutivo di Lula, hapromosso negli anni una politicafilopadronale caratterizzata daprivatizzazioni, tagli alla sanità eall'istruzione, regalie alle grandiimprese, apertura al capitale stra­niero e attacco ai diritti dei lavo­ratori.I governi a trazione Pt (Partito deilavoratori) di Lula e Dilma, nono­stante l'indirizzo politico pesante­mente antipopolare, sono riuscitituttavia a contenere a lungo ilmalcontento dei brasiliani attra­verso l'elargizione di promesse equalche elemosina al sottoprole­tariato, come la “Borsa familia”,progetto assistenziale lanciato daLula nel 2006. Il castello di sabbianon poteva però reggere a lungo, enegli ultimi mesi il sistema econo­mico e politico brasiliano ha mo­strato le prime crepe.

Dal Pinheirinhoa Belo Monte

La rivolta della favela di Pinheiri­nho a San Jose Dos Campos, il 23gennaio 2012, rappresenta unodegli episodi più significativi nelrecente processo di ascesa dellelotte in Brasile. In quella circo­stanza, migliaia di persone hannotentato un'eroica resistenzacontro il massiccio interventooperato dalle squadre anti­sommossa della polizia militare diSan Paolo per sgomberare l'area“occupata” dalla favela, un'area cuile autorità locali erano evidente­mente interessate non per la ri­qualificazione urbana quanto perla speculazione edilizia.Più meno nello stesso periodo ini­ziava nei pressi della città di Alta­mira, nello Stato del Parà, lacostruzione della diga di BeloMonte, un'opera faraonica soste­nuta dai governi di Lula e Dilmache rischia di avere un impatto de­vastante dal punto di vistaambientale. La costruzionedell'opera, grazie alla quale alcuneimprese private contano di fareingenti profitti, è stata duramenteavversata per anni dalle popola­zioni indigene che hanno promos­so una lunga battaglia legale. Ipadroni però hanno avuto la me­glio su quel terreno, e i cantieri so­no stati avviati facendo registrareun pesantissimo sfruttamento deilavoratori impiegati. Questi hannocominciato una lotta che ha avutodelle tappe importanti negli scio­peri del 25 novembre 2012 e del 5marzo 2013, e che non si è arrestatanemmeno davanti alle minacce ealla repressione violenta (il 10 apri­le scorso tre operai sono scomparsie altri tre sono stati arrestati). Nella

resistenza del Pinerinho hannoavuto un ruolo di primo piano icompagni del Pstu, la sezione bra­siliana della Lit (Lega Internazio­nale dei Lavoratori).

La lotta degli operai dellaGeneral Motors

Sul fronte operaio, la resistenza allepolitiche filopadronali del Pt, co­perte dalle grandi organizzazionisindacali burocratizzate (come laCut e For�a sindical), ha conosciu­to uno snodo importante con lemobilitazioni dei lavoratori dellaGeneral Motors. Di fronte alle mi­nacce della multinazionaledell'automobile, che volevaimporre la riduzione dei salari pa­ventando in caso contrario la chiu­sura della fabbrica e ladelocalizzazione (che avrebbecomportato la perdita del lavoroper 1800 operai), i lavoratori sonoriusciti a mettere in campo una re­sistenza di forza uguale e contrariaa quella dei padroni. Gli operai,infatti, non si sono piegati al ricattodi una grande impresa che, nonpaga dei cospicui finanziamenti ri­cevutinegliannidaigovernidiLulae Dilma, e degli ingenti profittimaturati sulla pelle dei lavoratori,era pronta a passare anche sul lorocadavere. Attraverso una durissi­

ma lotta gli operai sono riuscitiinfatti a fare arretrare la GM.Questo importante risultato è statoraggiunto grazie anche aun'intensa opera di divulgazione,che ha fatto uscire la vertenza GMal di fuori de confini locali e gli hagarantito una solidarietà interna­zionale, concretizzatasi nellagiornata mondiale di solidarietàagli operai della GM del 23 gennaio2013. A dimostrazione del fatto chel'unità dei lavoratori è un'arma de­cisiva, capace di rafforzare la resi­stenza agli attacchi del capitale.Decisiva è stata anche la radicalitàdelle lotte, con manifestazionicontinue e blocchi autostradali,all'interno delle quali un ruolo diprimo piano ha giocato la Csp­

Conlutas (in prima linea anchenella lotta a fianco degli operai diBelo Monte), il più grande sinda­cato di base dell'America latina, eprimo sindacato nello stabili­mento GM di Sao José DosCampos, mentre le burocraziesindacali – come al solito – cerca­vano di fare da estintore sociale abeneficio dei padroni.

Le mobilitazioni di giugnoNel mese di giugno la mobilitazio­ne in Brasile ha conosciutoun'accelerazione, assumendo unaradicalizzazione e una diffusionemai viste negli ultimi venti anni. Lamiccia che ha innescato il po­tenziale esplosivo è stato il rincarodelle tariffe del trasporto urbano,in un Paese già fortemente segnatodalla povertà e vessato dalle politi­che antipopolari. Il 10 e l'11 giugnomigliaia di persone – princi­palmente studenti e lavoratoriprecari ­ sono scese in piazza, a Riode Janeiro e a San Paolo, manife­stando contro il carovita e recla­mando a gran voce il diritto ad unfuturo e a una vita dignitosa. Desti­natario principale delle proteste,che si sono presto diffuse in altrecittà brasiliane, è stato il governo diDilma Rousseff, un governo chenonostante i pesanti attacchi allostato sociale non esita poi a elargire

cifre da capogiro per organizzare iprossimi mondiali di calcio. La ri­sposta del governo davanti alleproteste popolari ha assunto la fi­sionomia della repressioneselvaggia. Gli stati maggiori del Ptinfatti (allineandosi alle posizionidella destra) hanno criminalizzatoi “rivoltosi”, potendo vantare comesempre il supporto della stampa disistema, e invitato la polizia adintervenire con durezza. Inviti chele forze dell'ordine borghese nonhanno esitato a recepire,mettendo in atto in ogni città dellepesanti repressioni, con numerosiferiti e arresti. La repressionetuttavia ha avuto l'esito opposto aquello sperato dai padroni, inquanto ha favorito la radicalizza­

zione della lotta, con diverse cate­gorie di lavoratori e settoripopolari e sindacali che si sonouniti alla protesta studentesca. Lemobilitazioni, infatti, sono prose­guite per diversi giorni inparecchie città facendo registrarefolle oceaniche di manifestanti, edepisodi particolarmente signifi­cativi come l'occupazione delParlamento operato a Brasilia damigliaia di studenti e lavoratoririusciti a sfondare il cordone dellapolizia.

Il ruolo della Csp­Conlutase del Pstu

Le proteste sono riuscite ad otte­nere sin da subito importanti ri­sultati, col ritiro del rincaro delletariffe dei trasporti in diverse città,come Porto Alegre e Natal. Ma lemobilitazioni non si sono arre­state, e a Rio de Janeiro il 20 giugnosi è svolta la più grande manifesta­zione mai vista nel Paese, con unapresenza di manifestanti stimataintorno al milione di unità, a dimo­strazione del fatto che i settori mo­bilitati non sono più disposti araccogliere le briciole. E a niente èvalso il tentativo della borghesia diinfiltrare i cortei con provocatorinonché con squadre fascistesupportate dalla polizia.Anche nel caso delle grandi mobi­litazioni di giugno, un ruoloimportante è stato svolto dallaCsp­Conlutas, così come da Anel, ilsindacato studentesco che aderi­sce a Csp­Conlutas. E anche sta­volta decisivo è stato il raccordodelle lotte: in tal senso, essenziale èstato il lavoro svolto dai compagnidel Pstu, partito nato nel 1972 cheha conosciuto in questi anni unforte sviluppo grazie alla coerenzadi un'attività politica di assolutaopposizione ai governi e alla classepadronale. Il Pstu è riuscito infatti aguadagnare al proprio programmarivoluzionario i settori piùavanzati della classe operaia e deimovimenti di lotta, svolgendo intutte le più importanti lotte delPaese un ruolo di primo piano: dal

movimento del Pinheirinho allemobilitazioni della General Mo­tors, fino ad arrivare alle mobilita­zioni di massa di quest'estate. Nona caso, il Pstu è stato bersaglio di fe­roci attacchi da parte dei partiti pa­dronali e degli ambienti piùreazionari della politica brasiliana,che vedono nei rivoluzionari ilprincipale nemico da combattere.

Le mobilitazioni di luglio ela visita del papa in Brasile

La conferma del fatto che i settorimobilitati non intendevanofermarsi si è avuta in occasionedella grande giornata di mobilita­zione contro il governo dell'undiciluglio, convocata dalle centralisindacali su una piattaforma cherivendicava, oltre a maggiori ri­sorse per l'istruzione, la sanità e itrasporti, anche la riduzione delleore di lavoro a parità di salario,l'adeguamento salariale, la ri­forma agraria, il ritiro delle contro­riforme sulle pensioni. La giornatadell'undici luglio è stata caratte­rizzata da blocchi stradali, manife­stazioni e scioperi in quasi tutti glistati della repubblica federale bra­siliana. Rispetto alle manifestazio­ni di giugno, nate in manieraspontanea, stavolta la mobilita­zione è stata organizzata dalleorganizzazioni di classe dei lavo­ratori, col risultato che si è riuscitoa coinvolgere ulteriori settoridell'economia, con blocchi difabbriche e aziende a San Paolo,San José dos campos, Rio de Janei­ro, con cortei e blocchi dei mezzi ditrasporto in parecchie città. Inse­gnanti, lavoratori del settore edile edelle banche pubbliche hannopreso parte in diverse città alle ini­ziative di protesta e non sonomancate le occupazioni di edificigovernativi, come nel caso di PortoAlegre.Le manifestazioni di piazza sonoseguite nei giorni seguenti: ne saqualcosa il papa, che proprio a fineluglio si è recato in Brasile, de­stando legittime perplessità in chiha fatto notare come le enormispese per il suo viaggio (parecchiedecine di milioni di euro) avrebbe­ro potuto essere impiegate perinvestire nella scuola e nella sanitàpubblica! Mentre il papa il 23 lugliosi incontrava con Dilma Rousseff aRio de Janeiro, per le strade infuria­

va l'ennesima protesta popolare,che ha destato non poche ansie neipadroni, preoccupati per l'incolu­mità del “santo” pontefice, co­stringendo le forze dell'ordine aglistraordinari per reprimere i mani­festanti.

Lo sciopero del 30 agostoE arriviamo dunque ai fatti più re­centi, col grande sciopero indetto

per il 30 agosto dai sindacaticonflittuali. Una giornata di lotta eparalisi che ha interessato granparte del Paese e che ha mostratocome la mobilitazione popolare inBrasile è lungi dall'essersi fermata,nonostante i soliti tentativi di boi­cottaggio operati dalla Cut e daglialtri sindacati filopadronali, checerto hanno impedito alla mobili­tazione di avere effetti ancora piùdirompenti. I minatori, i lavoratoridei settori metalmeccanico e pe­trolifero hanno dato unimportante contributo, e anchestavolta blocchi delle strade, deimezzi di trasporto, delle fabbrichee delle raffinerie hanno interessatodiverse città, da San Paolo a Belem,da Santos a Fortaleza. Anche sta­volta la Csp­Conlutas e l'Anelhanno svolto un ruolo importantenell'organizzazione della mobili­tazione, così come un ruolo di pri­mo piano è stato svolto dal Pstu nelfavorire il raccordo delle vertenze edei diversi settori mobilitati.L'obiettivo adesso è dare conti­nuità alla lotta e premere sulleorganizzazioni sindacali affinchémobilitino le loro basi intorno auna piattaforma rivendicativa ra­dicale che rifiuti ogni tentativo dicompromesso al ribasso operatodalle burocrazie politiche e sinda­cali al libro paga del padronato.Certamente la lotta non si fermaqui, e le masse popolari brasilianecostituiscono oggi un esempio peril proletariato mondiale. Il livellodello scontro si alza, e in Brasile inparticolare la vittoria delle classisubalterne contro il capitalismopassa attraverso il rafforzamentodelPstuedellaLegaInternazionaledei Lavoratori (di cui il Pdac è se­zione italiana). L'unico obiettivoche potrà garantire alle masse bra­siliane un futuro migliore è la presadel potere politico e l'abbatti­mento del sistema capitalista.(23/9/2013)

Il ruolo del Pstu (sezione brasiliana della Lit) e del sindacato di base Csp­Conlutas

L'esemplareascesadellelotteinBrasile

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 7MOBILITAZIONI IN BRASILE

Intervista ad Antonio Ferreira,dirigente del Pstu,sezione brasiliana della Lit­Quarta Internazionale

a cura di Matteo Bavassano

Lultima manifestazionedella lotta di classe a livellomondiale ha lasciatomolti in preda allo stupo­

re. Quest'estate, infatti, il Brasile diDilma e Lula, tanto decantato dairiformisti anche nostrani qualemodello di sviluppo possibile perun capitalismo dal volto umanoche possa riunire le esigenze dei la­voratori a quelle dei padroni, èstato scosso da manifestazionioceaniche di milioni di personeche protestavano proprio contro ilgoverno del Pt. Ci facciamoraccontare cosa è successo daAntonioFerreira,dirigentedelPstue di Csp­Conlutas, che è rimastoalcune settimane in Italia parteci­pando a varie iniziative di lotta (daun dibattito sul Pinheirinho in Valdi Susa alla manifestazione di Pia­cenza contro il regime militare inEgitto e contro la guerra in Siria, fi­no ai picchetti notturni davantiallo stabilimento di Pomigliano).

Toninho, parliamo delle mobilita­zioni di giugno e luglio in Brasile.Qualèstatalaragione(oleragioni)di queste manifestazioni?

Quelle manifestazioni erano colle­gate alle manifestazioni che si sonoavute in quasi tutto il mondo. Inparticolare in Nord Africa, MedioOriente e in parte dell'Europa.Quello che è successo è stato il ri­sveglio dei giovani, della classe la­voratrice e delle masse popolari ingenerale, in una stessa lotta contro igoverni municipali, statali e federa­li. Il popolo brasiliano ha smesso dicredere alla propaganda del go­verno che diceva che la vita è mi­gliorata. La gente ha cominciato arendersi conto che quello che èrealmente migliorato sono sola­mente i profitti e la ricchezza deigrandi impresari. È per questa ra­gione che milioni di persone sonoscese in strada a manifestare. Lascintilla è stata la lotta conto l'au­mento del biglietto degli autobusnella città di San Paolo, che poi si èdiffusa in tutto il Paese. Ma era evi­dente durante le mobilitazioni chenon si lottava soltanto per l'au­mento di 20 centesimi dei biglietti.Nelle manifestazioni è stata espres­sa tutta l'indignazione e la rivoltacontro i potenti. Le persone nellepiazze hanno espresso le loro ri­vendicazioni con striscioni ecartelli: per maggiori fondi all'istru­

zione e alla sanità pubblica, per piùscuole e asili, per alloggi a prezziaccessibili, contro la corruzione,contro i politici ecc… Vale a dire, èstata una protesta contro tutti i go­verni, contro i partiti e i politiciborghesi.

Quali sono stati i soggetti socialiche sono scesi in piazza a manife­stare?In un primo momento sono stati igiovani a manifestare in formaspontanea insieme con settori dellemasse popolari, con l'appoggio dicirca l'80% della popolazione bra­siliana.Dopodicheèentratainsce­na la classe lavoratrice: l'11 luglio èstato un giorno di mobilitazionenazionale, proclamato dallecentrali sindacali che ha para­lizzato milioni di lavoratori, con ilblocco di 25 strade federali e moltealtrestatali intuttoilPaese.Così i la­voratori sono entrati in lotta per unaumento generale dei salari, controi tagli alle pensioni, contro la pri­vatizzazione del petrolio, per la ri­duzione della giornata lavorativa econtro la precarizzazione el'outsourcing. L'11 luglio è statauna giornata fondamentale perl'entrata in campo della classe lavo­ratrice nelle mobilitazioni.

Qual è stata la reazione del go­verno di Dilma Roussef e del Pt difronte alle mobilitazioni? Equello della Cut?La reazione del governo e del Pt èstata di forte stupore. Il governo diDilma Rousseff è stato come stordi­to dalla forza delle mobilitazioni.Per cercare di contenere le manife­stazioni, ha avanzato la proposta diuna specie di referendum popolaresulle riforme politiche, perché neicortei c'erano centinaia di striscio­ni e di cartelloni, con delle scritteche attaccavano i politici e la corru­zione, cui si aggiungevano gli slo­gan scanditi dai manifestanti.Anche il Pt è stato sorpreso e

sconvolto, i suoi leader non riusci­vano a credere a ciò che stava acca­dendo. L'ex premier Lula hapassato diversi giorni senza avere ilcoraggiodiproferireancheunasolaparolaequandoharipresoaparlareè stato solo per dire che il Pt dovevamodernizzarsi, prestare maggioreattenzione ai media e soprattuttoalla comunicazione attraversointernet. L'insieme del Pt rimasequindi paralizzato. Anche la Cut, inquanto braccio sindacale del Pt, haavuto esattamente la stessa reazio­ne di disorientamento, ed anchealtre istituzioni, come il Congressoo i partiti borghesi sono stati comestorditi dalle imponenti manifesta­zioni delle masse popolari brasilia­ne.

Qual è stato il ruolo del Pstu e diCsp­Conlutas nelle manifesta­zioni?Il Pstu ha partecipato da subito allemanifestazioni, non soloappoggiandole e supportandole,ma anche facendosene egli stessoco­promotore in diverse città delBrasile. La Conlutas, invece, attra­verso le organizzazioni sindacali, ilsindacato degli studenti, l'Anel,insieme con Luta popular, unaorganizzazione di senza tetto, hagiocato un ruolo nelle giornate bra­siliane di giugno e luglio. Abbiamopartecipato con le nostre bandiere,portando in piazza la nostra chiaraposizione politica d'opposizione algoverno e di difesa dei lavoratori,dei giovani e della popolazione piùpovera.La Conlutas insieme con altrecentrali sindacali ha convocato erealizzato la grande mobilitazionedel giorno 11 di luglio, cui ho giàaccennato precedentemente e cheha visto la paralizzazione di settoriimportanti dell'economia, conblocchi della circolazione stradalein decine di strade ed autostrade,stataliefederali.Èstatoilpiùgrandesciopero generale in Brasile degli

ultimi anni e Conlutas ha avuto unruolo importante anche a livello dipartecipazione in questa giornatadi lotta.

Dopo lo sciopero del'11 luglio èstata indetta un'altra giornata dimobilitazione nazionale per la fi­ne d'agosto. Come si è svolta que­sta ennesima giornata di lotta?Il giorno 30 d'agosto è stata propo­sta una giornata di sciopero gene­rale che bloccasse il Paese, con loscopo di dare continuità alla lottadei lavoratori all'interno della mo­bilitazione generale. Purtroppo, laCut e altre centrali sindacali, dopoaver dato la loro adesione alla mo­bilitazione, senza però impegnarsirealmente nell'organizzazionedello sciopero, hanno ritirato la loropartecipazione a questa giornata dilotta, che è stata però moltoimportante, con diverse manifesta­zioni in tutto il Brasile, con blocchidella produzione in molte fabbri­che, scioperi dei trasporti e dellapubblica amministrazione in moltecapitali. La cosa più importante èche questa giornata di mobilitazio­ne è servita per incoraggiare le cate­gorieprofessionaliaentrareinlotta.

Dopoil30agostoinmoltefabbrichesi stanno verificando, e in alcunicasi si sono già conclusi, scioperiper l'aumento dei salari. La lottanon è ancora finita, la lotta conti­nua…

Le mobilitazioni quindi stannocontinuando? Come credi che sisvilupperàilmovimentodimassain Brasile?Dopo le manifestazioni generali,varie categorie sono entrate insciopero per delle loro rivendica­zioni specifiche. Le mobilitazioniproseguono in vari Stati. Ci sonoscioperi molto forti dei lavoratori eanche degli studenti nelle uni­versità. Diverse camere munici­pali sono state occupate daigiovani, mentre si stanno svi­luppando diversi movimentid'occupazione di terreni, tantonelle città come nelle campagne.Ci sono grandi manifestazioni chechiedono le dimissioni d'alcunigovernatori della provincia di Riode Janeiro e d'altri Stati. Cioè lalotta,ancheseperoranoninformacentralizzata ed unificata, conti­nua in tutto il Paese.

IlavoratoriinlottasfatanoilmitodelBrasileprogressistadiLula

di Laura Sguazzabia

Lestate appena trascorsa havisto il divampare di nu­merosi focolai di rivolta intante parti del mondo: la

partecipazione delle donne è statamassiccia, eppure non sufficiente­mente documentata dagli organidi stampa ufficiali se non per ri­svolti folkloristici o sessisti. Tutta­via non è possibile ignorarne ilcoinvolgimento, omettendo ledonne dagli avvenimenti della sto­ria come troppo spesso accade econsiderando il loro contributocome meno incisivo di quello degliuomini. Di fronte ad eventi rivolu­zionari le donne comprendonoche è possibile modificare il lororuolo e non si sottraggono alla re­sponsabilità di intervenire,combattendo per cambiare un si­stema che le opprime in doppiamisura, a qualsiasi latitudine olongitudine esse siano.

Il“Movimento Donne inlotta”in Brasile

Mentre scriviamo quest'articolo,in Brasile si prepara il 1° incontronazionale del “Movimento Donnein Lotta” che raggruppa migliaia didonne (molte provenienti daisettori edile e metalmeccanico),importante parte della Csp Conlu­tas, il sindacato di base più grandedell'America Latina, a capo dellerivolte dei mesi estivi e dello scio­pero del 30 agosto che ha para­lizzato lo Stato sudamericano:durante le manifestazioni le donneaderenti al Movimento sono scesein piazza ed hanno affrontato icorpi speciali inviati dall'ex guerri­gliera, ora capo di Stato, DilmaRousseff.Nel documento che annuncia

l'incontro, le “Donne in Lotta” ri­percorrono le tappe che le hannoportate ad aderire alle manifesta­zioni e alle lotte contro l'aumentodel biglietto nei trasporti, la primascintilla dei fatti brasiliani: non na­scondono che molte di loro hannocreduto alle promesse elettoralidella Rousseff, in quanto prima ditutto donna, di sinistra, con unlungo curriculum di militante ecombattente; ma oggi affermanoche quel governo non opera di­versamente dagli altri che lo hannopreceduto ed anzi affonda conmaggior precisione gli attacchi allacondizione femminile. Per questeragioni annunciano il prosegui­mento della loro battaglia artico­lando una piattaformarivendicativa, soprattutto basatasull'indipendenza di classe dal go­verno Dilma e sulla necessità dellacostruzione di un'economia so­cialista, che va dalla richiesta diservizi pubblici alla legalizzazionedell'aborto, fino alla lotta contro ilmaschilismo.

La lotta delle donnenei Paesi arabi

Nei Paesi arabi la ripresadell'ondata rivoluzionaria ha vistouna partecipazione femminile ele­vatissima per quelle aree ed appa­rentemente inspiegabile se sipensa alla crudezza della repres­sione operata dai regimi e dai loroeserciti che hanno colpito preferi­bilmente le donne, facendo spessodel loro stesso corpo un terreno dibattaglia, con l'intento preciso diallontanarle dalle piazze e dallelotte: le associazioni per i dirittiumani che operano nelle zone de­gli scontri riportano cifre e testi­monianze incredibili circa ilricorso allo stupro e alla torturasessuale quali deterrenti. Eppure ledonne hanno compreso che solouna rivoluzione può cambiareanche la condizione femminile edhanno messo in conto che ogni ri­voluzione necessariamente ha isuoi morti e i suoi feriti. Non si sonofatte intimorire né hanno desistito.Le donne egiziane in particolare

hanno dapprima organizzato corsidi autodifesa per imparare ed inse­gnare come difendersi dagli stupriperpetrati dai Fratelli Musulmanicontro le organizzazioni femminilipartecipanti alle proteste e allemarce politiche; hanno sensibi­lizzato l'opinione pubblica, quellamaschile in particolare, ed hannoottenuto un grande risultato di so­lidarietà nel cordone che il giorno 8luglio, in piazza Tahrir, gli uominihanno formato intorno a loro perconsentirne la partecipazione allemanifestazioni.

La condizione delle donnein Italia

Guardiamo a questi fatti non comeeccezionali o lontani perché parla­re di donne brasiliane o egizianenon è diverso che parlare di quelleitaliane: il capitalismo ha bisognodi imporre un nuovo modello disfruttamento mondialesmantellando completamente leconquiste sociali della classe lavo­ratrice nel tentativo di superare lacrisi economica, ed accentua losfruttamento delle donne in ogniparte del mondo con ricadute nonsolo economiche o lavorative, maanche culturali, sociali e familiari.Pensiamo alle conseguenze della

riforma Fornero e all'allunga­mento dell'età pensionistica, alledecantate e non applicate politichedi conciliazione famiglia­lavoro, aitagli della spesa pubblica con ridu­zione dei servizi ai quali le donneitaliane, soprattutto proletarie, de­vono sopperire. In un sistema cheincoraggia quotidianamente unavisione delle donne sempre più re­legate tra le mura familiari comeproprietà degli uomini, la violenzadomestica e i reati sessuali, le mo­lestie, lo stupro e gli omicidi, hannoraggiunto livelli allarmanti.Da qualche mese circola sul web uninvito alla donne italiane a sciope­rare il 25 novembre , giornatainternazionale contro la violenzasulle donne, per protesta controuno Stato che non agisce in modoincisivo contro la piaga del femmi­nicidio. Iniziativa lodevole chetuttavia rispetto all'attuale situa­zione delle donne italiane non po­ne alcuna rivendicazione concreta(non stupisce quindi che tra tanteadesioni “illustri” figuri anche laCgil che pure ha appoggiato le ri­forme di cui si parlava sopra), comead esempio la lotta contro flessibi­lità e precarizzazione; per un'istru­zione di massa e pubblica; contro lepolitiche di privatizzazione edesternalizzazione dei servizi, per il

mantenimento e il potenziamentodeiservizipubbliciasupportodelledonne; contro le politiche famili­stiche della Chiesa, per la libertà diprocreazione e contraccezione .

Lalottadiclassecomeunicasoluzione

La storia recente e passata ci inse­gna che le donne che hanno parte­cipato alle lotte sono, ed erano,lavoratrici. Hanno scelto la lottaperché il riformismo è incompati­bile con la condizione delle donneproletarie: ogni riforma, ognitentativo di aggiustare un sistemache non funziona, non solo noncostituiscono una soluzione, ma sisono dimostrati controproducenti.Hanno scelto la lotta di classeperché l'unità con le donneborghesi è praticabile solo in difesadi qualche diritto democratico, maè destinata a rompersi non appenasi scontrerà con i limiti del capitali­smo. La sola unità strategica delledonne lavoratrici è quella con lapropria classe, l'unica in grado disconfiggere il capitalismo e pro­muovere le condizioni di una so­cietà socialista, che a sua voltaaprirà la strada per la realizzazionedella piena eguaglianza.(26/9/2013)

DonneinlottanelmondoQuestione femminile e lotta di classe

Toninho Ferreira (al centro nella foto) alla manifestazione del 14 settembrea Piacenza contro la guerra in Siria e contro il regime militare in Egitto

La platea del 1° incontro nazionale del “Movimento Donne in Lotta”4­5­6 Ottobre 2013 ­ Belo Horizonte (Minas Gerais­Brasile)

Il tavolo di presidenza

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8 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTANO AUSTERITY! - DAL TERRITORIO

LacostruzionedeicomitatiterritorialidiNoAusterity:MilanoIntervista a Luigi Brambillaschi,attivista di No Austerity Milano e Martesana

a cura del Pdac Milano

Luigi, parlaci della tuaesperienza con il pro­getto di No Austerity: co­me è nata la

collaborazione e come ti troviall'interno di questo coordina­mento delle lotte che stai aiu­tando a costruire?Sono partito con la costruzionedella Rete di sostegno attiva Jabilex­Nokia Siemens: un esempio dilotta! L'occupazione della fabbri­ca e il presidio permanente, per ri­badire la volontà di non chiuderela fabbrica e delocalizzare la pro­duzione, e la determinazionedelle lavoratrici e dei lavoratori adifendere il posto di lavoro, questocontro le pratiche novecenteschedei sindacati concertativi. Maquesto bastava? No. Stiamo assi­stendo a uno scenario incredibiledove i padroni sostenuti dai go­verni delle larghe intese, possonodecidere della vita di milioni di la­voratori, che molto spesso vengo­no isolati e hanno poca voce incapitolo. Ho aderito da subito alprogetto di No Austerity, inquanto ne ho approvato in pieno ipunti programmatici, che a mioavviso possono determinare ilprotagonismo dei lavoratori condelle lotte che partano dal basso,senza subire più la volontà dirappresentanti sindacali buro­crati, che sanno proporre solomobilità e cassa integrazione.All'interno di questa esperienzaho trovato persone come me,disposte a lottare e a combattere,perché penso che il solo modo direagire sia la lotta contro il capita­le, contro il neoliberismo, la fi­nanza, poteri forti coninclinazioni dittatoriali: qualcunopotrebbe ritenerlo utopistico, maè doveroso lottare contro questidelinquenti assassini che hanno ilsolo scopo di fare profitti, anche acosto di far vivere l'80% della po­

polazione in un mondo miserabi­le.

Come procede la crescita di NoAusterity a Milano e in Martesa­na?Sono appena nove mesi che è natoNo Austerity e di passi in avanti nesono stati fatti. Un esempio cheinvito anche altre organizzazioni aintraprendere è avere un rapportodiretto con le fabbriche in crisi fa­cendo sentire gli operai protago­nisti delle loro lotte. Nel milanesee in Martesana ci stiamo orga­nizzando intercettando le molte­plici realtà lavorative in crisi perdare loro “la parola”. Nelle nostreriunioni invitiamo queste realtà eho visto un particolare interesseperché finalmente trovano unsoggetto attivo al loro fianco nellelotte e disposto a metterci lafaccia.

Che tipo di interesse ritieni possasuscitare un progetto comequello di No Austerity tra i lavo­ratori, anche in base all'espe­rienza sul campo, e quale puòessere la sua importanza per lelotte sociali?Mi ricordo bene che durante lalotta delle lavoratrici e dei lavo­ratori del San Raffaele l'idea dicreare un collegamento tra le di­verse realtà in lotta è stata accoltamolto positivamente. E questo ri­scontro si è avuto anche con il pre­sidio Jabil e con le operatici e glioperatori dell'ospedale geriatricoRadaelli di Vimodrone e con glioperai licenziati dell'Esselunga diPioltello e del Gigante di Basiano.Io penso che coordinare le lotte esentirci tutti protagonisti rafforzil'azione contro i padroni e che siaun segnale molto positivo. Co­munque dobbiamo anche soste­nere quelle realtà che si battonoper il diritto alla casa, per la scuolapubblica e contro lo scempio chene stanno facendo, per la sanità

pubblica, ed essere anche a fiancodei movimenti che si battono perla difesa del territorio e contro lecosiddette grandi opere: No Tav,No Tem, No Expo, No Pedemonta­na, No Ponte, No Muos… Dobbia­mo cercare il dialogo con tutte leforze antagoniste al sistema capi­talista neoliberista, non dobbia­mo isolarci, ma essere aperti,inclusivi. Le lotte sociali sono allabase della costruzione della vo­lontà della popolazione di non es­

sere più schiacciata e oppressa, diinvertire i rapporti sociali per pas­sare dall'essere oggetto passivoall'essere soggetto attivo che siorganizza, perché non vogliamosolo il pane ma anche le rose.Attenzione però a non mettere ilcappello sulle lotte: stiamo assi­stendo in questo periodo allepratiche scorrette di alcune orga­nizzazioni che entrano incontatto con i movimenti in lottaper poter costruire un loro piccolo

feudo; per esempio mi è stato rife­rito dagli abitanti della Val di Susache lottano contro la Tav in rela­zione al comportamento di Ri­fondazione e del tradimento dellaloro lotta quando sono andati algoverno nel 2006. Termino condi­videndo con voi quanto dicesempre Giampiero (attivista di NoAusterity Milano e attivista delmovimento No Tem, ndr):dobbiamo cercare di fare le nostreriunioni nei luoghi di lotta anche

per portare la solidarietà tracompagni! Mi è successo in questigiorni di avere un piccolo attritocon gli operai di una fabbrica inlotta a cui ho sempre dato il miosostegno e dove ho sempre messola faccia: venendo a sapere l'acca­duto i miei carissimi compagni diNo Austerity mi sono stati moltovicini. Questo lo considero essereveri compagni: aiutarsi nel mo­mento del bisogno. Grazie!(26/9/2013)

Sostienilalottaall'EsselungaeaBasianoContinua l'esemplare lotta ad oltranza dei lavoratori pugliesi

Stefano Bonomi e Luis Seclen

Durante l'estate sonoarrivate delle buonenotizie dal frontedell'Esselunga di

Pioltello, dove i lavoratori licenziatistanno continuando una mobili­tazione iniziata due anni fa. Nono­stante tutta la difficoltà della lotta, irisultati arrivano, anche sul pianolegale, con una nuova sentenza fa­vorevole ai lavoratori. E nono­stante la direzione continui avietare l'ingresso al magazzino(anche opponendosiall'ingiunzione del tribunale) deilavoratori che ne avrebbero tutti irequisiti. Per un approfondimentovi rimandiamo alla letturadell'intervista a Luis Seclen sul sitowww.alternativacomunista.org.Il coordinamento delle lotte No au­sterity, oltre a sostenere attiva­mente le iniziative di cassa diresistenza in solidarietà con i lavo­ratori dell'Ikea di Piacenza e dellecooperative del bolognese, halanciato una cassa di resistenza a

favore dei licenziati politici diPioltello e di Basiano come gestoconcretodisolidarietàesupportoailavoratori in lotta che, con protago­nismo diretto e non delegato,hanno saputo costruire nel tempopercorsi di lotta esemplari ancheper le vertenze seguenti e nelle qua­li la dignità, l'egualitarismo, l'unitàelasolidarietàtrasfruttatinonsonosemplici slogan da agitare, mapratiche quotidiane perseguitepartendo dalla semplice constata­zione di appartenenza alla medesi­ma classe.Anche il Pdac fa appello a tutte lerealtà di lotta, ai sindacati, alle asso­ciazioni, ai comitati, alle organizza­zioni politiche, ai centri socialiperché si attivino per organizzareiniziative di autofinanziamento asostegno dei licenziati politicidell'Esselunga e di Basiano.Vi invitiamo a partecipare attiva­mente alle iniziative già in pro­gramma nel milanese:Sabato 2 Novembre dalle ore 22,presso l'Arci Area di Carugate, laBanda Putiferio terrà uno spettaco­lo di teatro canzone. Il ricavato sarà

totalmente devoluto alla Cassa diResistenza per i licenziati politicidell'Esselunga di Pioltello e del Gi­gante di Basiano.Domenica 17 Novembre alle ore16.00 l'attrice Antonella ImperatoriGelosa terrà lo spettacolo teatralesullo sfruttamento delle cooperati­ve di lavoro. Il ricavato sarà devolu­to alla Cassa di Resistenza per ilicenziati politici dell'Esselunga diPioltello e del Gigante di Basiano.Per ulteriori info sul luogodell'evento : www.coordina­mentonoausterity.org.I fondi raccolti a favore dei lavo­ratori delle cooperative dell'Esse­lunga e di Basiano possono essereversati su questo conto: IBANIT18N0760111400001013728736intestato a No Austerity, indicandocome causale: cassa di resistenzaEsselunga Basiano.Allo stesso tempo, sosteniamo e ciattiviamo per la cassa di resistenza(promossa dal Si.Cobas) a sostegnodei licenziati della Granarolo di Bo­logna.Lasolidarietànonhaconfini!

(26/9/2013)

Francesco Carbonara*

Il presidio dei lavoratori OmCarrelli di Bari va avanti senzasosta. I lavoratori che da mesipicchettano la fabbrica,

hanno fatto si che questo presidio,ormai simbolo delle lotte operaiepugliesi, diventasse sempre più po­polare e seguito dalla cittadinanza.Lo dimostra anche il fatto che inquesti mesi, ma anche negli ultimigiorni, si sono avvicendati aicancelli artisti locali e nazionali(Caparezza, l'anonima GR, EmilioSolfrizzi ed Antonio Stornaiolo) persolidarizzare con i lavoratori. Peròquesta popolarità è diventata unboccone amaro per l'azienda cheha risposto denunciando 29 lavo­ratori singolarmente con l'intentodi spaccare e dividere il gruppo perallontanarlo dai cancelli. L'accusa èdi aver prodotto danni all'azienda acausa del blocco dei camion,bloccochehaimpeditodiportarviai 262 carrelli il cui valore è stimatointorno ai 10 milioni di euro. In ognicaso questa rappresaglia padronalenonhasortitonessuneffettotrai la­voratori perché l'azienda non ha te­nuto conto di avere a che fare condegli irriducibili che non si spa­ventano con questi ridicoli tentativid'intimidazione, anzi la proprietà

da ora in poi avrà a che fare con ungruppo di lavoratori ancora piùunito che venderà cara la pelle.Il Partito di alternativa comunista,che dirige la vertenza della Om findal suo inizio, è stato sempre chiarorispettoallesmielateparoledelpre­sidente Vendola: noi operai nonaspetteremo che l'azienda venga ri­levata da un altro padrone, pronto asfruttare nella stessa misura i lavo­ratori e a trarne profitto per poichiudere una volta fatti i suoi porcicomodi. Abbiamo detto forte echiarocheipadronihannofallito, la

crisi del loro sistema lo dimostra:bisogna che noi operai si prenda inmano il proprio destino e si ri­vendichi l'esproprio della fabbricae la sua gestione da parte dei lavo­ratori e della cittadinanza. Una so­luzione che però siamoconsapevoli non potrà mai ri­guardare una sola azienda o un soloterritorio ma che deve coinvolgeretutti i lavoratori che in questi annihannopersoilpostodilavorooselovedono minacciato.*Rsu Fiom Om Carrelli emilitante del Pdac

OmCarrelli:ledenuncenonfermanoilpresidio!No Austerity:“diffondere la solidarietà...per continuare a lottare!”

Caparezza con i lavoratori OM nella sede del PdAC Antonio Stornaiolo e Emilio Solfrizzi al presidio OM

Il PdAC con i lavoratori OM davanti il Tribunale di Bari

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GGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAFoglio dei giovani del Partito di Alternativa Comunista sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale

Sapranno le lottestudentescherovesciarequestasituazione?Davide Primucci

Finalmente è rico­minciato l'anno scola­stico e, come sempre, leassurde dichiarazioni

dei politicanti non si fannoattendere: il ministro dell'istru­zione, Maria Chiara Carrozza, hainvitato gli studenti e le stu­dentesse di tutta Italia a “essereribelli e cambiare il mondo”. Dicerto gli studenti non esiterannoa cogliere l'invito della ministra,ma contro chi e cosa dovrebberoribellarsi gli studenti se noncontro le politiche di austeritàmesse in atto nella scuola pro­prio dai governi?

La scuola paga il prezzodell' austerità

La scuola pubblica ha pagatomolto pesantemente, in questianni, le politiche di “austerità”portate avanti trasversalmenteda centrodestra e centrosinistra.L'attacco più forte all'istruzionerimane quello attuato dal go­verno Berlusconi che, attraversoGelmini e Tremonti, ha tagliatorisorse pari a otto miliardi d'eu­ro, espellendo dal mondo dellascuola circa 150000 lavoratoriprecari nel triennio 2008­2011,fra docenti e personale ausiliariotecnico amministrativo (Ata), la­voratori che avevano contribui­to negli anni precedenti aportare avanti il sistema scola­stico.La scuola pubblica si è vistasottrarre preziose risorse, intermini umani ed economici, havisto aumentare il numero dialunni per classe, con le inevita­bili ricadute negative che ciò hacomportato sul piano didattico,e tutto questo sull'altare del“contenimento della spesapubblica”. A fronte di ingenti fi­nanziamenti che sono stati co­stantemente erogati verso lescuole private, clericali e non.Gli edifici scolastici, così comegli altri palazzi pubblici, versanoin condizioni sempre più fati­

scenti, esponendo quotidiana­mente a rischio l'incolumità dialunni e lavoratori della scuola inogni parte del Paese, mentre ilblocco del contratto del lavoro,fermo dal 2009, ha impoveritoulteriormente i lavoratori, giàpesantemente esposti all'au­mento del carovita. La scuola èormai retta in maniera volonta­ristica grazie alle attività sotto­pagate o non pagate per niente dichi ci lavora, come si è visto loscorso anno scolastico quando icollegi dei docenti di numerosescuole hanno minacciato dibloccare ogni attività aggiuntivarispetto a quelle previste dalcontratto di lavoro. La politicadei tagli non ha risparmiatonemmeno gli alunni disabili,colpiti contemporaneamentedalla mancanza di continuità di­dattica (figlia di una politica cheha deciso di ridurre drastica­mente il turn­over ) e dalla ridu­zione delle ore di sostegno(dovuta alla progressiva diminu­zione del rapporto fra insegnantidi sostegno e alunni disabili, equindi ai tagli al personale).

La continuitàdel governo Letta

Con l'attuale governo, le cosenon stanno certamentecambiando. È lunedì 9 settembrequando il Consiglio dei Ministrivara in pompa magna l'ultimodecreto sulla scuola, in realtà è ilprimo atto dell'attuale Esecutivoper quel che riguarda l'istruzio­ne. “Si torna a investire” diceLetta, sì, però quei 400 milioni dieuro d'investimento sono solo “un'elemosina a Scuola e Ricerca”come scrivono i Precari uniticontro i tagli , « contrabbandatacome riparatoria inversione ditendenza politica e accompa­gnata da tanta retorica sul bino­mio Scuola­futuro» . Nonostantei 400 milioni stanziati, il proble­ma essenziale resta quello dellerisorse che sarebbero necessariea risolvere i guai maggiori: lamancanza d'insegnanti in ruolo,

l'edilizia scolastica, il ripristinodi un numero accettabile di la­voratori Ata.Anche per quanto riguarda il so­stegno non c'è da stare allegri.L'immissione in ruolo di 27000docenti nel prossimo triennio,secondo quanto sbandierato daiproclami ministeriali, rappre­senterebbe (il condizionale èd'obbligo, dati i precedenti) unpiccolo passo avanti, ma deltutto insufficiente. Inoltre, il de­creto prevede una nuova disci­plina per accertare i casi didisabilità, coerentemente conl'idea, ripresa da Il Sole 24 Ore ,che « si stia assistendo a unallargamento strisciante del nu­mero dei cosiddetti disabili ri­spetto a quanto previsto dallalegge 104 del 1992» . L'Italia, inmateria, ha forse una delle legi­slazioni più avanzate e l'ipotesiche questa andrebbe rivista, cioèridimensionata, è stata giàavanzata in passato. Senzacontare che l'impostazione mi­nisteriale che sta prendendopiede è quella di far rientrare glistudenti disabili nella casisticadei (Bes) Bisogni educativi spe­ciali, cui non corrisponderannoinsegnanti di sostegno.Sul fronte dei precari della scuo­la, si continua a giocare sulla lorodivisione in mille tipologie, illu­dendo ogni volta migliaia di gio­vani di poter accedere ad unaprofessione socialmente utile egratificante come l'insegna­mento. Il concorso, fioreall'occhiello del ministro Profu­mo, si è rivelato una grande pre­sa in giro. Oltre alla farsa delleprove preselettive costruite suquiz da settimana enigmistica,all'inevitabile arbitrarietà neigiudizi sulle prove scritte e orali,alla fine il 73% dei vincitori nonsono stati assunti, semplice­mente perché i posti di lavoromessi a concorso non esisteva­no, essendo calcolati con criteriprecedenti alla riforma dellepensioni della Fornero. Intantosi fomenta la guerra tra gli abili­tati con i Tfa ordinari e i futuri

abilitati speciali (cd. Pas), e traquesti insieme contro i vecchiabilitati Ssis.Non importa che i precari au­mentino esponenzialmente innumero, anzi questo fagioco per peggiorarele condizioni di la­voro nelle scuole, ciòche interessa al go­verno è che questinon si coalizzinotra loro perchiedere unmassiccioinvesti­mento nellascuola pubblicae l'assunzione atempo inde­terminato sututti i posti ne­cessari. Ad oggi, dopo tutti i taglidella Gelmini, sono circa 120000i contratti a tempo determinatostipulati per l'intero anno scola­stico nelle scuole italiane. Tantialtri ne sarebbero necessari pergarantire il diritto all'istruzione atutte e tutti. L'obiettivo fonda­mentale del governo è l'au­mento della cosiddettaproduttività nei servizi pubblicie nella scuola (come se nellascuola si producesse unamerce), com'era scritto in unodei punti del memorandum diTrichet e Draghi indirizzato algoverno italiano nell'estate del2011.I problemi della scuola non ri­guardano solo i lavoratori. Chipaga le conseguenze della dis­missione dell'istruzione pubbli­ca statale sono in primo luogo lestudentesse e gli studenti chesubiscono un'impostazione di­dattica sempre più scadente enon certo per colpa di tanti do­centi che, anzi, ci mettono tuttala loro buona volontà per salvareil salvabile. La valutazione dellescuole tramite i famigerati quizInvalsi porterà a distorcere ulte­riormente la didattica, alla tra­smissione di contenuti di sapereminimi e nozionistici, inutili alpieno sviluppo di una personali­

tà critica, che non si limiti adadeguarsi alle condizioni socialiesistenti, ma punti con la propriaazione a cambiarle anche radi­calmente.

Crescono le spese militariUn piccolo appunto va fatto poiin merito al confronto tra spesaper l'istruzione e spesa militare:i conti sono semplici da fare,oggi si spende di più in arma­menti che nel periodo pre­crisi.Ce n'è per tutti i gusti: nuove na­vi per completare la flotta, nuo­vi elicotteri, jet, blindati,fregate, sottomarini, Lince,nuovi kit per i soldati. Tutto qui?Non sia mai; all'armamentario“tradizionale”, si aggiungono ifinanziamenti per nuovi siste­mi da applicare a droni e radar.E qui ci soffermiamo, perché inun'inchiesta pubblicatadall'Espresso qualche settima­na fa risultano a questa voce 500milioni di euro messi dal Mini­stero dell'Università e Ricerca edall'Agenzia Spaziale.Insomma, all'Università giàspolpata da Gelmini e spendingreview vengono sottratti (ulte­riori) centinaia di milioni di eu­ro che finiscono dritti diritti intasca alle lobby dell'industriabellica. Niente di cui stupirsi. Se

da un lato sentiamo i venti diguerra spirare minacciosi lungole coste del Mediterraneo e leterre mediorientali, in “casa”constatiamo che le larghe inte­se minano le possibilità per unalarga fascia di popolazione, so­prattutto giovanile, di intrave­dere uno scampolo di futuroche non sia quello fatto di lavorisottopagati e indebitamento.

Per un autunno caldoanche nelle scuole

In questo quadro si apre l'au­tunno di lotta studentesco. Glistudenti non devono esseredisposti a scendere a compro­messi con chi da anni si dimo­stra sordo alle richieste delmondo della scuola. Sul nuovoautunno studentesco sorgonospontanee almeno due do­mande. Tenendo conto chequest'anno i provvedimentisull'istruzione non toccano di­rettamente gli studenti tantoquanto quelli sul ddl Aprea osulla riforma Gelmini, gli stu­denti saranno in grado dimettere in campo quellaconflittualità che negli scorsianni ha caratterizzato la loromobilitazione? Le mobilitazio­ni studentesche saprannocollegarsi alle lotte dei lavo­ratori, disoccupati e cassinte­grati? A patto che entrambe lerisposte siano positive, que­st'autunno potrà prospettarsiricco di amare sorprese per go­verno e padronato.È doveroso che le lotte stu­dentesche si colleghino a quelleoperaie per incidere concreta­mente fino a raggiungere lavittoria. Padri e figli devonoprendere consapevolezza delfatto che il problema di fondo èil capitalismo. È indispensabile,infatti, collegare le rivendica­zioni per un'istruzione pubbli­ca, gratuita, di qualità e dimassa alle rivendicazioni piùgenerali che puntino a minare lebasi del capitalismo per un suorovesciamento a favore dellacostruzione di una società ba­sata sul socialismo.Con la consapevolezza del fattoche i diritti non si meritano masi conquistano, anche que­st'anno i giovani di Alternativacomunista saranno presenti afianco degli studenti chescenderanno nelle piazze enelle strade per far sentire lapropria voce e, a differenza de­gli altri, i giovani del Pdacporteranno le proprie paroled'ordine di rottura con tutti glischieramenti, siano essi dicentro destra o di centro sini­stra, per avanzare un vero pro­gramma per un'alternativa diclasse.(25/9/2013)

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II GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA

Adriano Lotito

Non se ne parla molto su giornali e televisio­ni, ma senza dubbio si tratta di uno dei mo­vimenti di lotta più oltranzisti da qualchemeseaquestaparte.Unmodellodaseguire

per i movimenti del nostro Paese che da anni si batto­no contro le controriforme della scuola, e ripetuta­mente vengono sconfitti o rifluiscono senza lasciaretracce.Ciriferiamoallaresistenzachei lavoratoridellascuola messicani insieme ai loro studenti stannoopponendo a una delle peggiori manovre del governodi Pena Nieto: una riforma della scuola in perfetto stileneoliberista che precarizza fortemente i lavoratori,priva loro di previdenze, tutele e diritti e inserisce cri­teri selettivi molto simili al nostro famigerato Invalsi.Controtuttoquestodacinquemesisonoinlottailavo­ratori della Cnte, Coordinamento nazionale dei lavo­ratori dell'educazione, una corrente sindacale di basee combattiva interna alla Snte, il sindacato maggiori­tario allineato al governo, e fortemente critica neiconfronti della direzione burocratica e filopadronaledi quest'ultimo.

L'inizio dell'occupazione di piazzaa Città del Messico

Le tre proposte di legge che hanno causato il solleva­mento dei maestri messicani sono presto dette. Laprima istituisce un Istituto nazionale per la valutazio­ne dell'educazione, per cui ci sarà una valutazioneobbligatoria dalla quale dipenderanno la perma­nenza in servizio e le promozioni dei docenti. Unprovvedimento che segue la scia della mercificazionedell'educazione, cui si applicano criteri quantitativi e

riduttivistici per “massimizzare la produttività delservizio” (appunto come se si parlasse di un prodottoin vendita sul mercato). La seconda proposta è laLegge generale sull'educazione, che tra le altre coseistituisce una corresponsabilità gestionale ed econo­mica per cui alunni, docenti e genitori, con il coordi­namento della direzione, potranno essere coinvoltinel miglioramento delle infrastrutture, nell'acquistodi materiali educativi e nella risoluzione di problemioperativi. Insomma, le famiglie dovrebbero pagare ditasca propria quello che spetta loro di diritto e le quo­te volontarie che già ora versano per le scuole po­trebbero diventare quote obbligatorie. La terza e piùdiscussa proposta è la Legge sul servizio nazionaledocente che cancellerebbe tutti i diritti acquisiti dailavoratori: deroga di ogni accordo nazionale dalpunto di vista del contratto, cancellazione del postofisso, massima diffusione di contratti temporanei,più facilità nel licenziamento, impossibilità di essereriassunti o anche solo di ricevere un indennizzo in ca­so di licenziamento senza giusta causa (nota somi­glianze). Contro questi tre attacchi strutturali almondo della scuola, i lavoratori organizzati dallaCnte hanno occupato il 19 agosto la piazza centrale diCittà del Messico, chiamata lo zocalo , mettendo inpiedi una tendopoli presidiata da 40mila maestri, diasili e di scuole primarie e secondarie, provenienti davarie parti del Paese (Oaxaca, Chiapas, Bassa Cali­fornia, Guerrero, Durango, Michoacan). Nei giorniseguenti sono stati messi in campo diversi atti di resi­stenza, il blocco di numerose arterie centrali dellametropoli nonché il blocco dell'aeroporto interna­zionale e l'assedio ai palazzi del potere, oltre a decinedi manifestazioni e assemblee.

L'appoggio delle università e la repressionedel governo

Lalottaharicevutoanchelasolidarietàeilsostegnode­gli studenti di numerose facoltà universitarie, anche lo­ro scesi in piazza in occasione della mobilitazionenazionale del 1° settembre, che ha visto le prime duris­simerisposterepressivedapartedelgovernoNieto,condecine di arresti, feriti e pestaggi arbitrari. Un governoche si era già reso famoso per le mattanze di Atenco eOaxaca nel 2006, e che si riconferma come uno dei piùautoritari della storia di questo Paese. Ma lavoratori estudenti non si sono fatti intimorire e sono ridiscesinelle strade tre giorni dopo, il 4 settembre: sono stateorganizzate manifestazioni nella capitale e in 22 stati:30milainsegnantihannomanifestatoaOaxaca,40milain Chiapas, mentre in 20mila hanno bloccato per ottoore le strade della capitale. In totale si sono mobilitati700 mila lavoratori in tutto il Paese. Alla faccia della mo­bilitazioneilparlamentohaapprovatoinfrettaefurialeproposte di riforma dell'istruzione, a causa delle largheintese che i principali partiti hanno sottoscrittonell'ambito del cosiddetto Patto per il Messico (anchequi notare le somiglianze).Tutto questo non ha scoraggiato la resistenza dei lavo­ratori che hanno rilanciato la mobilitazione, unifi­candola con la lotta contro la riforma energetica e laprivatizzazione della Pemex, la compagnia petroliferadi stato. Non mancano certo i tentativi di strumenta­lizzazioni opportunistiche della protesta, come dimo­stra il sostegno che ha dato al movimento il leaderdell'opposizione Obrador (ex­candidato alle presi­denziali per la sinistra borghese) e il suo MoReNa (Mo­vimento per la Rigenerazione Nazionale). Ma la basedeilavoratoriproseguenellalottaandandooltreigiochiopportunistici tra le due fazioni del capitale e rivendi­cando il ritiro delle riforme strutturali avviate dal go­verno e mirate a far retrocedere le condizioni di lavoro edivitaconquistatedalleclassi lavoratricinegliannipas­sati.Laradicalitàdellaprotestasimisuraanchedallaradica­lità della repressione. E così venerdì 13 settembre lesquadre antisommossa della polizia federale mandateda Nieto attaccano il presidio dello zocalo per sgombe­rare i manifestanti, in vista delle parate militari dasvolgersi nei giorni seguenti per la festa dell'indi­pendenza.Elofannoconunaviolenzainaudita:40feri­ti e 32 arresti. Guerriglia urbana per le strade dellacapitale: ai manganelli e ai lacrimogeni, i manifestantirispondono con bottiglie incendiarie. AmnestyInternational ha richiamato il governo messicano e hadenunciato gravi abusi contro i giornalisti indi­pendenti.Anchesetraidetenutinonc'eranodocenti, lasproporzione delle forze messe in campo e la strategia

repressivadelgovernoeranoevidenti:sonostatirilevatiarresti arbitrari, violenze gratuite e gruppi di infiltrati ofalcones (falchi) protetti dalla polizia. Naturalmentetutto questo nel più completo silenzio mediatico.

Le proteste continuanoMa nemmeno questo ha fermato i lavoratori e gli stu­dentimessicanichesonoscesinuovamenteinscioperoperduegiorni, il18e19settembre:15scuolesuperioriefacoltà universitarie appartenenti alla UniversidadNacional Autonoma de Mexico, site a Città del Messico,hanno aderito allo sciopero, hanno chiuso e occupatole rispettive sedi scolastiche e hanno manifestato per lestrade di Città del Messico insieme al sindacato deglielettricisti (Sme) e alla Cnte. Azioni di protesta conti­nuano mentre scriviamo quest'articolo e migliaia diinsegnanti rimangono sul piede di guerra per le stradedi Città del Messico. Da parte nostra non possiamo farealtro che esprimere la massima solidarietà a questalotta tanto radicale quanto oscurata e appellarci allamassimaunitàtrastudentielavoratori.Soloconquestaunità sperimentata nella pratica, è possibile respingerele manovre che i governi di tutti i Paese, dal Messicoall'Italia, hanno avviato in nome del mercato, contro ilsapere e il lavoro. (26/9/2013)

Messico:laresistenzadimaestriestudentiContro la riforma dell'istruzione in migliaia protestano da oltre un mese

IlPetroliere:lospiritomalatodelcapitalismoAttraverso l'epopea di un uomo P.T.Anderson ci narra una vicenda sulle origini del capitalismo,ma quanto mai attuale

Giovanni Bitetto

Paul Thomas Anderson è un gio­vane (almeno per gli standard acui siamo abituati) regista che daormai un decennio si distingue

come talentuoso narratore di storie,attento sia nell'orchestrare magi­stralmente narrazioni corali, sia nel co­struire minuziosamente il prospettopsicologico dei personaggi cardine dellesue storie. Il Petroliere è la pellicola chenel 2007 lo porta alla consacrazione fa­cendogli vincere ben due premi Oscar esvariate nomination. Il film raccontal'epopea umana di Daniel Planview (unostraordinario Daniel Day­Lewis che da ilmeglio di se nell'impersonare figuregrandiose e tragiche, interpretazioni chespesso gli valgono l'Oscar): nel 1898 ilcercatore d'argento scopre un giaci­mento di petrolio in una delle sue minie­re.In poco tempo guadagna abbastanzasoldi da poter mettere in piedi una suapiccola compagnia di estrazione. Uno deisuoi lavoratori rimane ucciso in un inci­dente e Plainview prende con sé il figlio ri­masto orfano facendolo passare per suo,in realtà il petroliere si vuole servire dellapresenza del ragazzo per presentarsi co­me un padre affettuoso e dedito alla fami­glia per influenzare positivamente econvincere alla vendita i proprietari deiterreni con depositi di petrolio. Nel 1911Plainview, ormai diventato uno dei petro­lieri più importanti della California, avvialo scavo di un nuovo pozzo petroliferonella comunità di Little Boston, pro­mettendo prosperità per la cittadina; quisi deve scontrare con Eli Sunday e la suachiesa. In breve, i rapporti tra Plainview

ed Eli si deteriorano: il primo manca dionorare il proprio debito con la famigliaSunday e accusa il secondo di essere uncommediante, un falso profeta.L'esplosione di un pozzo di petrolio privail figlio H.W. dell' udito. Nel frattempo, unuomo di nome Henry visita Plainview, di­chiarandogli di essere suo fratello.Plainview, che ha in odio gli uomini ed èdannato dalla sua stessa sete di potere,sembra vedere nel fratello una possibilitàdi mutamento. H.W. prostrato dallaperdita dell'udito, curiosa nel diario diHenry e a causa della gelosia decide di da­re fuoco all'abitazione dove i due fratellidormono. A motivo di ciò, viene allonta­nato e messo in cura in un ospedale spe­cializzato. Henry e Daniel iniziano alavorare assieme ma in occasione di unviaggio Plainview scopre che Henry è unimpostore che, avendo conosciuto il suovero fratello, ha attinto dal suo diario unastoria credibile per coprire l'inganno.Trovandosi accampati e isolati, Plainviewuccide Henry con una pistolettata a bru­ciapelo alla testa e lo seppellisce. Per farfruttare i suoi affari a Little Boston,Plainview ha bisogno di ottenere unaconcessione da un riottoso contadinodella zona, per far attraversare il terrenodi quest'ultimo da un oleodotto. Il pro­prietario gli darà il permesso ma a condi­zione che egli si converta alla chiesa di Eli.Ottenuta la concessione gli viene peròrimproverato l'abbandono del figlioloche Plainview richiamerà a sé. La storia siconclude poco prima della grande de­pressione del 29'.Daniel è ormai un alcolista quando il fi­glio decide di abbandonarlo per mettersia trivellare in proprio in Messico. Stizzito,Plainview rivela a H.W. che egli è in realtà

un orfano, un “bastardo trovato in un ce­sto”. Quando ormai la situazione dei ri­sparmiatori americani è disastrosa,Plainview riceve la visita di Eli, il qualeormai ridotto al lastrico da una vita disso­luta gli offre di entrare insieme in affari.Tuttavia, la competizione fra i due ètalmente forte che Plainview non ri­nuncia a vendicarsi dei torti subiti nelpassato. Pone come condizioneall'impresa commerciale che Eli dichiarise stesso un falso profeta e l'inesistenza diDio. Eli, uomo ormai corrotto dal peccato,accetta di proclamare a gran voce la pro­pria apostasia e solo a quel punto Danielgli rivela l'inconsistenza degli affari da luiproposti. A questo punto, la furia diPlainview si scatena e dopo averlomalmenato uccide Eli fracassandogli ilcranio.Quella raccontata da Anderson è una sto­ria senza redenzione; il protagonista innome della ricchezza, del potere finisceper alimentare i germi della sconfitta chevivono in lui e si aliena nel mondo del de­naro perdendo l'unica relazione della suavita: quella con il figlio. L'apologo della vi­cenda lo vede vittorioso contro il nemicodi una vita Eli Sunday: anch'esso metafo­ra della vendita dei valori (in questo casoreligiosi) in nome della merce. Ma è unavittoria di Pirro: la risata amara con cui siconclude la storia di Daniel Plainview è ilfregio che sancisce la sua tragica solitudi­ne. Il regista affianca al possente conte­nuto un'altrettanta poderosa periziatecnica: lunghi piani sequenza che spa­ziano nel desolante deserto californiano,sui volti sporchi dei minatori; i primi ventiminuti di pellicola senza alcun dialogo,l'aria che viene riempita solo dai rumorimetallici dei pozzi petroliferi. Elementiche concorrono a creare quel senso di cu­pidigia, avidità, incomunicabilità (fisicacome quella di H.W., metaforica nel casodi Daniel ed Eli) tipico del mondo capita­lista. Una narrazione che si fa corpo soli­do per ricordarci che, nell'eraformalizzata ed evanescente che siamoabituati a vivere, i nostri problemi sonoreali e viscosi come il petrolio che regge ilnostro feroce sistema economico.

Cinema e rivoluzione

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GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA III

“Siamol'AssembleaNazionaledegliStudentiLiberi!”Il ruolo di Anel,organizzazione studentesca di classe,nelle mobilitazioni in BrasileNicola Porfido

Anel è stata fondata in occasionedel Congresso Nazionale degliStudenti che ha avuto luogopresso l'Università Federale di

Rio de Janeiro, dall'11 al 14 giugno 2009. Lasua fondazione ha contato sulla parteci­pazione di circa duemila delegati elettinelle scuole e nelle università di tutto ilpaese. Dopo aver discusso delle esigenzedel movimento studentesco, i delegatihanno votato a larga maggioranza lafondazione di una nuova realtà nazionale,indipendente, democratica e combattiva,l'assemblea nazionale degli studenti liberi(Assembleia Nacional dos Estudiantes Li­vres, Anel). Le parole d'ordine che Anel ri­lancia sono semplici ma quanto mainecessarie: scuola pubblica, gratuita e diqualità, per combattere la corruzione el'abbandono degli studi da parte dei gio­vani del paese. Ma non è solo la scuola ilcampo in cui l'Assemblea si muove, comeha dimostrato nelle ultime mobilitazioni.

L'esplosione delle protestedi fine giugno

Gli stati federali del Brasile negli ultimimesi hanno visto una crescente tensionesociale, legata a manovre di sacrificio che ilgoverno centrale richiede e che come inaltre parti del mondo, ha visto in un eventoapparentemente di minor importanza lagoccia che ha fatto traboccare il vaso. InBrasile è stato l'aumento delle tariffe suitrasporti a dare il via a una serie di rivendi­cazioni che aspettavano di venire alla luce.Le parole d'ordine gridate nelle mobilita­zioni iniziate il 27 giugno sono dunquestate molteplici: dalla crisi degli alloggi allariforma agraria, dal congelamento delprezzo di tariffe e servizi e più risorse perpolitiche sociali e istruzione pubblica,dalla lotta al lavoro precario alla denunciadegli atti repressivi della polizia.Questo intento di avvicinare un'ampia

gamma dirivendicazioni non è una cosa inusuale perAnel, dato che il manifesto di lotta per il 27giugno vede come portavoce Csp­Conlu­tas, il più grosso sindacato non concertati­vo brasiliano, che raggruppa le piùcombattive realtà del paese. I giovani diAnel hanno dato sin da subito pienoappoggio a queste mobilitazioni, a partireda quella nella capitale San Paolo, doveprofessori e lavoratori della metropolitanahanno manifestato davanti le metropoli­tane nelle periferie: «è importante inclu­dere le periferie in queste manifestazioni,

perché è lì che le persone soffronomaggiormente la mancanza di investi­menti da parte del governo. In questosenso la periferia è il centro, perché è abi­tata dai lavoratori più poveri». Ancheimportanti settori sono stati investiti daquesta ondata di dissenso, come adesempio la General Motors a San Jose dosCampos, i lavoratori della raffineria Cu­batao a Santos ed i lavoratori edili di Be­lem. In tutte queste manifestazioniall'ordine del giorno viene approvata lapartecipazione alla Giornata Nazionale diLotta proclamata dai sindacati per l'11 lu­glio.

La giornata dell'11 luglio:studenti e operai uniti

L'11 vede quindi una ben più ampia parte­cipazione, con blocchi di centri di lavoro estrade molto importanti. A San Paolo i gio­vani di Anel hanno partecipato ai picchettidelle fabbriche metallurgiche per poiorganizzare un incontro pubblico inpiazza Roosevelt in San Paolo. Temaprincipale discusso era l'unione di lotta tralavoratori e studenti, in una analisi e un bi­lancio di questa esperienza fondamentalenella guerra politica e sociale contro il go­verno centrale di Dilma. A Rio de Janeiro lagiornata è iniziata con la paralisi delle atti­vità delle scuole pubbliche statali e muni­cipali. Gli studenti di Anel, insieme ad altrimanifestanti, si sono incontrati al centrodi Rio per delle dimostrazioni che sonostate duramente represse dalla polizia.Secondo testimonianze dirette degli stu­denti le forze dell'ordine hanno usato la­crimogeni e proietti. Tantissime altre zonedel paese hanno visto il blocco delle attivi­tà, con la partecipazione unita dei giovanidi Anel con i lavoratori: sono stati bloccati iservizi di trasporto di Belo Horizonte capi­tale dello stato di Minas Gerais; è stataorganizzata una grossa manifestazione aBrasilia dove gli studenti di Anel hanno sfi­lato con Csp­Conlutas in un

imponente corteo; aFortaleza gli studentihanno dormito dallasera nella sededell'Unione delle Co­struzioni, tenendo inserata un workshopcon circoli di discus­sione in preparazionedel giorno seguentedurante il quale hannopartecipato aipicchetti accanto ailavoratori nei cantieridella città; a Natal lacittà si è fermata acausa di circa quindi­cimila persone scesein piazza, che hannopoi sfilato per le vie

principali della città. Di grandeimportanza dunque è stato vedere gli stu­denti partecipare attivamente a fianco deilavoratori, una scelta fortemente volutacome si può leggere dai titoli degli articolipubblicati sul sito di Anel l'11 luglio: «Uni­re l'audacia della giovinezza con la forza el'esperienza dei lavoratori». Così giovani elavoratori si sono trovati insieme a portareavanti sia dimostrazioni di forza sulcampo (picchetti, manifestazioni, ecc) siadiscussioni e assemblee pubbliche. Anelin quella giornata ha posto al centrodell'attenzione determinate parole

d'ordine: innanzitutto si è sostenuta la ne­cessità di investire il 10% del Pil per l'istru­zione pubblica, piuttosto che sprecaresoldi in grosse opere pubbliche di scarsaimportanza sociale; si è voluto inoltre farpressione sul Senato per l'approvazione diun disegno di legge che garantisca il FreePass nazionale, ovvero agevolazioni suitrasporti per studenti e per i più poveri; èstato infine denunciato l'imbrogliorappresentato dal recente Statuto dellaGioventù.

Il 30 agosto e il boicottaggioda parte delle burocrazie

Viene quindi indetta dai sindacati, per il 30agosto, una terza giornata di mobilitazioniche scuote il paese. Paralisi, totali o parzia­li, blocchi di strade e viali, manifestazionipubbliche hanno caratterizzato lagiornata, mostrando come non sia sopitala disponibilità delle masse popolari allalotta, soprattutto tra i lavoratori. Lagiornata di sciopero si pone dunque incontinuità con quella dell'11 luglio, chemostrò l'ingresso in scena della classeoperaia nelle manifestazioni. Anche inquesta giornata di mobilitazioni sono statibloccati settori di peso come i me­talmeccanici, i minatori, i lavoratoridell'edilizia civile, del petrolio, gli impie­gati pubblici e i giovani. L'adesione dei la­voratori del trasporto pubblico è riuscita afermare, per almeno qualche ora, settecapitali: Fortaleza, Salvador, Natal, BeloHorizonte, Porto Alegre, Sao Luis e Palmas.A São José dos Campos, importante poloindustriale all'interno dello Stato di SanPaolo, si sono fermati almeno 27mila ope­rai di 25 fabbriche, tra cui i lavoratori dellaGeneral Motors. Lo stesso hanno fatto i la­voratori del petrolio che hanno fermato leraffinerie, come la Cubatão (San Paolo).Anche in questa giornata i giovani di Anelsono stati presenti sul campo accanto ailavoratori per costruire un blocco di lottacomune.I temi portati avanti sono ancora gli stessi,a partire dalla lotta per il Free Pass per stu­denti, in opposizione alle politiche filo­padronali del governo. Interessante inquesta giornata è notare un parallelismotra il boicottaggio dello sciopero che sia laCut (il sindacato legato al Pt di Lula e al go­verno) che Une (sindacato studentesco disinistra) hanno fatto all'ultimo non ade­rendo né partecipando. Ad esempio A Riode Janeiro, la Cut ha boicottato la manife­stazione unitaria, che ha coinvolto 3 milapersone.

Viva Anel!Viva Conlutas!Per un'alternativa di lotta!

Vista la continuità delle politiche padro­nali, in Brasile come nel resto del mondo, edato lo smascheramento di sindacaticoncertativi al padrone che non si pongo­noinrotturaconesso,AneleCsp­Conlutasalla quale fa riferimento, nei loro manifestie dichiarazioni si pongono al fianco di la­voratori, studenti e disoccupati senzaalcun “se” né alcun “ma”. E ' importanteadesso puntare alla continuità della lotta,mettendo alla prova le dirigenze sindacaliaffinché mobilitino le loro basi, senzaaccettare accordi al ribasso. È inoltre es­senziale, in questo processo, rafforzare lereali alternative di lotta, come la Csp­Conlutas e Anel, la cui importanza è ri­saltata in questo 30 agosto. (26/9/2013)

ConsiderazionisulMovimentoNoDalMolin

Pregi e limiti di una mobilitazionesu cui è utile riflettere

Riccardo Vallesella

Il 7settembre siè tenutaun'altra

manifestazionedel MovimentoNo Dal Molin insegno di protestacontro la guerra inSiria e contro lapresenza di basimilitari nella cittàdiVicenza.Ilcorteoè partito dall'areadove si svolge il fe­stival No Dal Molin(nella zona di Vi­cenza Ovest) finoad arrivare vicino alla base militare inquestione per poi tornare indietro. Nes­sun disordine si è verificato e tuttosembra essere andato bene, il problemaè un altro: fatta la manifestazione si èmosso più nulla? Si è sentito parlare diiniziative di protesta che hanno seguitoquesto evento? La risposta è no. Il 10settembre è stata organizzata una cena,con tanto di assemblea per discuteresulle tematiche di cui sopra e dopodichébasta, nessun piano d'azione e orga­nizzazione di una lotta lunga e duraturache porti a qualche risultato.

La necessità di pianificarele lotte

Ed è proprio qui che risiede il problema:nella mancanza di una pianificazionedelle lotte atta a produrre risultati, cheinvece dovrebbe essere presente inqualsiasi organizzazione che intendaporsi in contrasto con il sistemacorrente. Il fatto è che il Movimento NoDal Molin molto probabilmente non hanessuna intenzione di porsi in contrastocon tale sistema, il capitalismo, dal mo­mento che oramai la sua dirigenza ècompletamente asservita ai meccanismiburocratici borghesi e agisce in accordocon essi. Quando si pensa al modo in cuila lotta del Movimento No Dal Molin èstata svenduta, si ha ancora l'amaro inbocca: è stato il perfetto esempio di co­me poche persone, asservite al sistemacapitalista e ai suoi rappresentanti, sianostate in grado di portare alla rovina inmaniera completa un movimento cheavrebbe potuto fare grandi cose, cheavrebbe potuto ottenere importanti ri­sultati. Proprio la presenza di tali po­tenzialità spiega perché siano stati fatticosì tanti sforzi per far sì che questa lottasi arenasse e non ottenesse niente, a me­no che non si consideri il “parco della pa­ce” un risultato.Sul sito web del Movimento No Dal Molinvi è anche un riferimento alla manifesta­zione del Movimento No Muos del 28settembre a Palermo: si spera che i

due movimenti noncondividano una storia simile in quantosarebbe una delle cose peggiori che pos­sa accadere al Movimento No Muos.Oramai il Movimento No Dal Molin èl'esempio di un errore da noncommettere mai più nella lotta allamacchina da guerra del capitalismo: lelotte vanno tenute vive e non devono maiscendere a compromessi con i governiborghesi. Il problema del Movimento NoDal Molin è proprio l'atteggiamentodelle direzioni: c'è chi crede ancora nelmito del “capitalismo buono” e chi inve­ce ha interesse a mantenerle e vederleprosperare, senza accorgersi che per ipadroni anche le socialdemocrazie sonouno strumento da usare e gettarequando non sono più utili.

La rivoluzione come unica viaNoi della Lit­Quarta Internazionale,partendo da una prospettiva rivoluzio­naria, riteniamo al contrario che la stra­da da percorrere sia quella di una lottaradicale e ad oltranza. Sappiamo beneche il massimo che la classe padronalefarà con i proletari dopo averli comple­tamente dissanguati, o mandati al ma­cello in guerra, sarà dire qualche bellaparola per fingere un interesse – in realtàinesistente – nei nostri confronti. La ri­voluzione non è un sogno, la rivoluzioneè una necessità legata alla nostra stessasopravvivenza: quando si parla di pa­droni, di grandi capitalisti e di dirigentiborghesi non c'è nessun “noi” collettivoche metta sullo stesso piano noi delleclassi subalterne e loro. La realtà concre­ta parla chiaro: “o noi o loro”. Perché pos­siamo stare certi che l'unica cosa che siotterrà non opponendosi fermamenteallo sfruttamento in atto, comepurtroppo ha fatto il Movimento No DalMolin, sarà contribuire ad affossare ilproletariato mentre coloro che causanoguerra e sofferenza in tutto il mondocontinueranno a fare i loro squallidiinteressi.(26/9/2013)

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IV GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA

Riccardo Stefano D'Ercole*

Sicuramente uno deiproblemi piùimpellenti e oggettividel nostro pianeta è la

devastazione ambientale che,dalla seconda rivoluzioneindustriale, che ha portato consé una fiducia spietata nelprogresso tecnologico,continua a essere oggetto di unintenso dibattito. Certamenteil problema andrebbe risolto, ein fretta: desertificazionegenerata dalle coltureintensive dei grossi trust

alimentari chesovraproducono, e sfruttanomilioni di lavoratori,impoverendo il territorio;scioglimento dei ghiacciaicausato dai combustibilifossili che ci si ostina aconsumare per tutelare glienormi interessi privati digrandi compagnie petrolifere;disboscamento delle maggioriforeste necessarie al riciclobiogeochimico del nostropianeta a causa della volontàdi creare grossi impiantiindustriali o enormi coltureintensive. Mille altri sono gli

esempi a cui ci si potrebberiferire.È un emergenza globale a cuil'umanità dovrebbe far frontee anche con una tempestivitànon indifferente. Ma qual è illimite? Perché ci ostiniamo asfruttare e devastare la Terra?Il capitalismo non èconciliabile con un'idea disviluppo sostenibile. E questobasta a delegittimare il nostrosistema economico globaleche, a tutela di interessiprivati, distrugge il nostroterritorio.

I maggiori esempi didevastazioneambientale

in ItaliaIn Italia sono molti i casi in cuigli interessi economici dipiccoli gruppi prevaricano illegittimo interesse collettivo. Iparametri di consumo cherispettiamo determinanosicuramente una mancanza dirispetto nei confrontidell'ambiente che ci circonda.Ma ci sono delle preciseresponsabilità che vannoattribuite a precisiresponsabili: esistono infattidei colpevoli delladevastazione ambientale. Lalinea ad alta velocità Torino­Lione ne è un chiaro esempio.Essa costituisce la volontàantipopolare di creareun'opera che viene definitapubblica per fare fruttarecospicui introiti ad aziendeprivate che smantellano ilterritorio della Val Susa. Unagrossa fetta di popolazione(che si è costituita in comitatipopolari) conduce da anni unalotta accanita contro questiinteressi privati. Lastrumentalizzazionemediatica è certo un'arma fortenelle mani dell'istituzioneborghese che devial'attenzione sulla violenza edimentica i reali problemi. LaTav è un'opera che non serve aniente se non a rimpinzare letasche di qualche uomo colcilindro.Lo stesso vale per Il Muos(Mobile User ObjectiveSystem) in Sicilia, un enormesistema di telecomunicazionisatellitari di proprietà dellamarina militare statunitense.Queste apparecchiatureservono per diversi scopi, adesempio telecomandare i droni

o rilevare aerei ed altreapparecchiature. Una stazionefunzionale ai disegnidell'imperialismo statunitensein pieno territorio italiano, cheha un impatto devastante sulterritorio circostante. Anche inquesto caso, un comitatopopolare (No Muos) ha avviatouna battaglia contro lo stuproche lo Stato italiano, asservitoall'imperialismo a stelle estrisce, conduce contro la suaterra.Sono poi sotto gli occhi di tutti iproblemi ambientali legati agrossi stabilimenti industriali.È il caso dell'Ilva di Taranto ilcui proprietario, Riva, non hacerto utilizzato i cospicuifinanziamenti pubblici perrisanare il territorio tarantino.Ma noi consideriamo questaun'ovvietà. L'interesse privatocoincide con la pienaconsapevolezza di utilizzare ifinanziamenti statali percontinuare a risucchiarecapitale dal territorio e da chi ciabita e ci lavora. I lavoratorisfruttati si ammalano emuoiono come il mare e la terradella zona pugliese. Il profittocoincide con la produzioneelevatissima di rifiuti tossici econ condizioni precarie dilavoro e di vita.Sempre in Puglia è nato unprogetto che prevede lacostruzione di un gasdotto cheattraversa il mare Adriatico inprofondità. Un altro progettoche arricchirebbe le tasche diqualche lobby internazionaleenergetica distruggendo ifondali marini. Tutto ciòavviene con la consapevole evolontaria parte delleistituzioni locali (targate Sel)che svendono il territoriopugliese ad aziendemultinazionali estere,veicolando una falsa idea di

progresso, artificio pericolosoin virtù del quale si avalla ladistruzione di uno dei più beitratti di mare nostrano. Difronte a questi esempi eclatantidi come la proprietà privata deimezzi di produzione tuteli solose stessa a scapito dipopolazione e territorio, lasoluzione resta una sola.

Socialismoè sviluppo sostenibile

Nell'ambito del dibattito sullasalvaguardia del pianeta,alcune teorie prevedono unapossibilità riformistaall'interno delle istituzioni. Noicrediamo che, nell'ambito diquesto sistema, non esistaalcuna via d'uscita a taliproblematiche, e riteniamo checonvertire o ricapitalizzareenergie rinnovabili o sistemi di“tutela” del pianetaconservando la proprietàprivata non risolva affatto ilproblema. Solo la lottaprofonda e radicale neiconfronti di un sistema marciosin dalla sua matrice puòprodurre risultati, portandoalla socializzazione e allacollettivizzazione del nostropianeta: l'unica via d'uscita daun imminente disastroambientale non lontano dai piùlungimiranti filmfantascientifici o post­apocalittici. In sostanza, porre iterritori e il bene naturalepubblico sotto il controllo dellapopolazione e dei lavoratori èl'unica soluzione allacatastrofe ambientale. Perl'autodeterminazione, lasopravvivenza dell'umanità eper un futuro migliore.(26/9/2013)*Giovani delPartito di alternativa comunista

IlcapitalismoèdevastazioneambientaleIl socialismo è la via d'uscita dalla crisi ambientale globale

««LLaa QQuuaarrttaa IInntteerrnnaazziioonnaalleepprreessttaa ppaarrttiiccoollaarree aatttteennzziioonneeaallllaa ggiioovvaannee ggeenneerraazziioonnee ddeellpprroolleettaarriiaattoo..TTuuttttaa llaa ssuuaa ppoolliittiiccaa ssii ssffoorrzzaaddii iinnffoonnddeerree nneellllaa ggiioovveennttùù llaaffiidduucciiaa nneellllee pprroopprriiee ffoorrzzee eenneell ffuuttuurroo..SSoolloo iill ffrreessccoo eennttuussiiaassmmoo ee lloossppiirriittoo bbeelllliiccoossoo ddeellllaaggiioovveennttùù ppoossssoonnoo ggaarraannttiirree iipprriimmii ssuucccceessssii nneellllaa lloottttaa;;ssoolloo qquueessttii ssuucccceessssii ppoossssoonnoorriippoorrttaarree ssuullllaa ssttrraaddaa ddeellllaarriivvoolluuzziioonnee ii mmiigglliioorriieelleemmeennttii ddeellllaa vveecccchhiiaaggeenneerraazziioonnee..CCoossìì èè ssttaattoo ee ccoossìì ssaarràà..»»Lev TrotskyProgramma di transizione

LLaa RRiivvoolluuzziioonnee ssii ppuuòò ffaarree!!

Aderisci ai Giovani di Alternativa Comunista, per info scrivi a [email protected] al 328.17.87.809 su facebook "Giovani AlternativaComunista"

La piattaforma Deepwater Horizon della British Petroleumin fiamme al largo del Golfo del Messico (20/04/2010)

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 9

NoMuos,labattagliacontinuaLa crescita del Pdac in Sicilia e la sua presenza nelle lotte

Francesco Micciché*

In questi mesi ad essere ro­vente non è stato solamente ilsole siciliano, ma anche lalotta contro la realizzazione

del Muos tro di Niscemi.Ricordiamo brevemente che ilMuos (Mobile User Objective Sy­stem) è un sofisticato sistema di te­lecomunicazioni satellitari diproprietà della marina militarestatunitense, un sistema radar checonsiste di tre grandi antenneparaboliche di circa 18 metri didiametro per le trasmissioni inbanda Ka verso i satelliti geostazio­nari e di due trasmettitori elicoida­li in banda Uhf, di 149 metrid'altezza, per il posizionamentogeografico. Scopo del sistema ècoordinare i sistemi militari statu­nitensi, in particolare i droni (aereidi guerra telecomandati) utili co­me nuovi strumenti di guerra delterzo millennio.

La battaglia antifascistadel Pdac

Alla prima manifestazione nazio­nale, svoltasi il 6 Ottobre 2012 a Ni­scemi, hanno partecipato imovimenti di lotta dell'area anta­gonista e i movimenti No Muosterritoriali, costituiti da comunicittadini e sostenuti da associazio­ni ambientaliste e movimenti civi­ci. Ricordiamo che nelle primesettimane di vita il movimento,privo di una rete organizzativa, eradiretto o comunque sostenuto inalcune aree geografiche da perso­naggi riconducibili all'area diestrema destra e da movimentineo­fascisti, che sotto la bandieradell'antipartitismo hanno cercatodi indirizzare il movimento versouna semplice lotta control'usurpazione ambientale e terri­toriale in nome del “sici­lianpatriottismo”.Come Partito di alternativa comu­nista abbiamo subito denunciatoqueste infiltrazioni, e in seguitoalla nostra denuncia si è creata unarete antifascista No Muos che halavorato per la realizzazione di unacarta d'intenti, attraverso la qualeil movimento si è dichiarato uffi­cialmente antifascista e antirazzi­sta.In fase di realizzazione di questodocumento, come sempre, nonsono mancate le critiche, e in parti­colare a prendere le distanze èstato un esponente agrigentino diRifondazione Comunista che piùvolte ha attaccato il lavoro dei no­stri compagni con banali e steriliaccuse di “settarismo”. Il rifonda­rolo in questione premeva sul fattoche il movimento No Muos nonandava spaccato, che non si dove­vano creare divisioni al suo interno– l'antifascismo per certi perso­naggi è solo una semplice parola,non una lotta contro il germemalsano della borghesia – ma lanostra posizione antifascista èstata largamente condivisa dallastragrande maggioranza degli atti­visti No Muos.

La crescita delmovimento No Muos

Nel corso dei mesi il movimentoNo Muos è riuscito ad avanzare intermini di metodo, pur perma­nendo una diffusa tendenza allasponda istituzionale, mettendo incampo soprattutto nell'ultimo pe­riodo delle modalità di lotta più ra­dicali contro la realizzazione delMuos tro, ad esempio il blocco deimezzi in entrata alla base attra­verso presidi e barricate.il 30 Marzo 2013 il Pdac, nato da

poche settimane in Sicilia, hapartecipato alla seconda manife­stazione nazionale No Muos: più di10.000 persone si sono riversate aNiscemi per opporsi a questoennesimo scempio, sottolineandopiù che mai che la battaglia controil Muos non è solo della popolazio­ne niscemese ma è una lottainternazionale. In tante altre occa­sioni nei mesi successivi i militantiNo Muos si sono opposti con forzaalzando barricate e blocchi,subendo cariche e manganellatedalle forze del disordine, e riu­scendo a ostacolare gli sviluppi deilavori. Con queste dimostrazionidi forza e coraggio, hanno fatto unpasso avanti nella lotta rispetto allesemplici contestazioni verbali egiuridiche portate avanti in prece­denza attraverso la sponda suipoliticanti (soprattutto del Pd e delM5s) e sulle istituzioni, in partico­lare sul presidente della RegioneRosario Crocetta.I reazionari grillini hanno più voltecriticato le modalità delle azioniattuate dai militanti No Muos (adesempioil tagliodelleretie lebarri­cate), finendo recentemente peralienarsene le simpatie, mentre lapresenza di Rifondazione o altrigruppi di “sinistra” nel movimentoè stata puramente simbolica.Il governatore Siciliano, da partesua, dopo aver finto in un primomomento di bloccare i lavori asuon di revoche e diffide (ma solosulla carta perché nel frattempo gliamericani continuavano a co­struire), si è fatto artefice poi disconvolgenti e assurde dichiara­zioni, come quella secondo cui“dentro le fila del movimento NoMuos si celano mafiosi”, mentre siintensificavano le visite autorevoliche Saruzzo riceveva a PalazzoD'Orleans, dal console Usa ai ge­nerali della marina statunitense,visite che evidentemente hannoindotto il presidente a ritornare suisuoi passi revocando “la revoca deilavori”, cosi da obbedire ai dettamidell'imperialismo americano.

La manifestazione del9 agosto

Arriviamo cosi al fatidico 9 Agosto2013, una giornata storica chetuttavia ha lasciato l'amaro inbocca a parecchi compagni per lagrande occasione perduta (1) . Altermine di un lungo corteo, neipressi dei cancelli d'ingresso dellabase Usa, sono avvenuti degliscontri con le forze dell'ordine inassetto antisommossa che nonhanno esitato a manganellare imanifestanti. Il movimento, graziea un ingente numero di forze, è riu­scito tuttavia a piegare il bloccodella celere e centinaia di attivisti,fra cui i nostri militanti, sonoentrati all'interno della base dopoavere tagliato le reti di recinzione.Un evento che senza dubbio hauna notevole importanza e checertifica la possibilità di vittoriachelemassepossonoaveresesonounite contro il sistema. Sappiamobene tuttavia che se le masse nonsono unite intorno a un pro­gramma anticapitalista e se mancauna guida che dia una direzione ri­voluzionaria al movimento, le spe­ranze di vittoria vengono meno.Dopo un colloquio di alcuni attivi­sti con la digos, i manifestanti – siapure in enorme superiorità nume­rica rispetto alle forze dell'ordine –hanno abbandonato la base mili­tare. In tanti diranno che nonc'erano le condizioni per rimaneree che i manifestanti erano impre­parati all'evento, ma in parecchicompagni è rimasto l'amaro inbocca per l'occasione sciupata.

Difficilmente potranno capitareinfatti occasioni del genere, e l'au­spicio è che il movimento sappiatrarre dagli errori una lezione.

Continua la crescita delPdac in Sicilia

Se è vero che la verità è rivoluzio­naria, noi abbiamo il dovere di de­nunciare chi svia o rallenta leazioni di lotta che il movimentointraprende, e di rimarcare che lalotta può avere uno sbocco solo nelquadro di una più ampia guerra alsistema anticapitalista. È questaprospettiva anticapitalista che si­nora è mancata a nostro avviso almovimento, così come abbiamopiù volte sottolineato. Unificare lelotte intorno a una prospettiva ra­dicalmente antisistema, per co­struire un ponte verso la presa delpotere politico del proletariato el'abbattimento del capitalismo: èquesto che abbiamo detto in ognipiazza che abbiamo marcato conla nostra presenza, da Messina aMazara, da Palermo a Catania, neinostri “Sicilia Revolution Tours”. Èquello che abbiamo detto nei se­minari organizzati sul territorio,da Caltanissetta ad Augusta,nell'ambito del percorso di di­vulgazione del marxismo rivolu­zionario e di formazione deimilitanti che il Pdac promuove sututto il territorio nazionale.È quello che dicono i compagni si­racusani che portano avanti labattaglia contro l'inquinamentodel polo petrolchimico, e i compa­gni nisseni che lottano a fianco de­gli immigrati di Caltanissetta, dovenello scorso mese di giugno centi­naia di persone sono scesi inpiazza per la manifestazione orga­nizzata dal Pdac nell'ambito diuna tre giorni di lotta in supporto aimigranti. È la stessa prospettivache abbiamo portato nella lottadegli studenti, per esempio quellidell' Ipia di Agrigento, privati di

una scuola dove esercitare il dirittoallo studio e costretti assieme agliinsegnanti a utilizzare i locali dialtri istituti.In conclusione possiamo afferma­re con fierezza che in Sicilia il Parti­to di alternativa comunista è unarealtà su cui i lavoratori, i precari, idisoccupati possono contare, unarealtà che ha conosciuto in questesettimane nuovi ingressi chehanno contribuito a dare unamarcia in più. Siamo consapevoliche la strada è lunga e che ancoratante battaglie ci aspettano, ma

siamo altrettanto consapevoli chel'unica strada percorribile pervincere è quella che passa dalla co­struzione del Partito rivoluziona­rio internazionale.È la strada che noi del del Partito diAlternativa Comunista, sezioneitaliana della Lega Internazionaledei Lavoratori ­ Quarta Internazio­nale (Lit­ci) stiamo seguendo,continuando il progetto iniziato daTrotsky, per provare con ogni forzaa far vincere nel mondo la rivolu­zione. (27/9/2013)*Pdac Agrigento

Nota(1) Per maggiori informazionisull'accaduto vi invitiamo aconsultare l'articolo da noipubblicatosulnostrositoNoMuos!Proseguire la battaglia in unaprospettiva anticapitalistica. Aproposito di alcune sterilipolemichealternativacomunista.it/content/view/1870/1/

MOVIMENTI E LOTTE

NoallamilitarizzazionedellaValdiSusaPer un autunno rovente contro padroni e repressione

Stefano Bonomi

Pare passato un secolo daquando giovedì 29 agostosi è svolta al campeggio diVenaus un'assemblea

organizzata dal movimento NoTavcon No Austerity­Coordinamentodelle lotte, incentrata sulle lotteinternazionali, approfittandodella presenza in Italia del compa­gno Toninho Ferreira, militantesindacale della Csp­Conlutas, unotra i più attivi sindacati di base delBrasile (la Csp­Conlutas fa parte,come No Austerity, della Retesindacale internazionale di solida­rietà e di lotta).

Un'esperienzainternazionale

inVal di Susa

Il dibattito riguardava le espe­rienze recenti di lotta in Turchia eBrasile. Toninho ha parlato inparticolare dell'esperienza dellalotta del Pinheirinho (una favelaoccupata, i cui abitanti hannoopposto una dura resistenza atentativi di sgombero da partedella polizia militare e dell'eserci­to), a cui ha partecipato in primapersona, e delle manifestazioni dimassa di questi ultimi mesi in Bra­sile. Parlando dello sciopero gene­

rale del 30 agosto in Brasile,sciopero promosso anche dallaCsp­Conlutas,Toninho ha ribaditol'importanza della solidarietàinternazionale tra i lavoratori, haricordato che le varie lotte sonoparte di una stessa lotta e che lavittoria di una lotta è una vittoriaper tutte le lotte. Ovvia e scontata èarrivata immediata la solidarietà ditutto il movimento No Tav sottoforma di un comunicato speditoalla stessa Csp­Conlutas.

No alla repressionedelle lotte

Proprio mentre scriviamo si susse­guono vorticose le notizie riguardoilmovimentochetantostafacendopenare coloro che, nella devasta­zione del territorio naturale, dellavita dei valligiani e dello stato so­ciale di una intera nazione, vedono“solo” una ulteriore occasione peringigantire i propri profitti. Siamopassati da fermi e arresti (con ripe­tute perquisizioni di abitazioni) diattivisti e solidali, rei unicamentedinonvolerchinarlatestadifronteai potenti di turno e di fronte allamilitarizzazione del loro territorio,a teoremi ridicoli di prossimità adorganizzazioni terroriste (sempreprontamente smentiti), a tentativi,sempre presenti nella storia No

Tav, di riportare nell'alveo istitu­zionale la resistenza ultraventennale della comunità val su­sina.Ci sono delle “buone” notizie,ovvero che Andrea e Paolo (que­st'ultimo ha partecipato con noi aldibattito sulle lotte internazionali)sono usciti dal carcere per andareai domiciliari, ma ovviamentel'unica ottima notizia l'avremoquando Andrea, Paolo e tutti glialtri attivisti in carcere o ai domici­liari saranno definitivamente libe­ri insieme a tutti gli antagonisti chepatiscono la repressione borghese.Ci sono anche notizie pessime, chearrivano direttamente dal diretto­re dei lavori del cantiere a Chio­monte: entro la prima metà diottobre la “talpa” entrerà “fi­nalmente” in funzione e quindi siproverà a dare un'energicasterzata verso la piena operativitàal fortino. Quindi ulteriori 200 uo­mini delle forze del (dis)ordine aoccupare la valle e “ovviamente”giro di vite sulla repressione.

Avanti con la lotta!Dalle assemblee dei campeggi dilotta del movimento sono statelanciate alcune mobilitazioni direspiro nazionale per allargare ilfronte di lotta: sabato 12 Ottobregiornata di iniziativa contro la de­

vastazione del territorio, venerdì18 ottobre partecipazione allosciopero generale indetto dalsindacalismo di base, sabato 19ottobre giornata della “sollevazio­ne generale” a Roma.Come militanti di Alternativa Co­munista, impegnati a rafforzare ilcoordinamento delle lotte No Au­sterity,siamoesaremoalfiancodeiNoTav con l'intento di rafforzare laloro determinata lotta, guardandoalle mobilitazioni dei lavoratori,degli studenti e dei disoccupati ecollegandoci alle mobilitazioni inTurchia, Egitto e Brasile.Organizziamo la legittima resi­stenzapopolarecontrogli interessidei padroni, delle banche e deglispeculatori!Contro padroni e repressione: stu­denti e lavoratori uniti nella lotta fi­no alla vittoria! (25/9/2013)

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10 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTALOTTE DEI LAVORATORI IMMIGRATI

Patrizia Cammarata eMoustapha Wagne

Il 20 settembre 2013 l'eurode­putato leghista MarioBorghezio ha scritto unalettera aperta inviata all'Arci­

vescovo di Milano, Angelo Scola, ilquale alcuni giorni prima, inun'intervista a Repubblica , avevaassunto una posizione d'aperturaallo ius soli (1)Nella lettera aperta Borghezio hainvitato il Cardinale a parteciparead un convegno che in ottobre saràorganizzato dalla “Fondazione Fe­deralista per l'Europa dei popoli”. Èrispettoso nei toni, l'eurodeputatoleghista, con il cardinale, e dice «hoaccolto con tutto il dovuto rispettole Sue recenti dichiarazioni sul pro­blema della cosiddetta riformadello ius soli » annunciandogli alcontempo che al convegno parteci­perà una delegazione africana delRceedao (Rete delle Camere degliesperti europei dell'Africadell'Ovest, accreditata presso ilParlamento europeo) e che questarappresentanza diplomatica afri­cana potrà fornire all'Arcivescovodi Milano utili elementi per co­statare che molti dirigenti politiciafricani non la pensano come il Mi­nistro Kyenge. Così la delegazioneafricana nera diventerà un'ottimaalleata per il leghista biancoBorghezio nella sua battagliacontro lo ius soli.

Razzismo e interessiborghesi

Noi sappiamo bene, e lo affermia­mo in ogni occasione, che non èsufficiente essere neri per esseredalla parte della maggioranza dellapopolazione nera, come non èsufficiente essere donna per esseredalla parte della maggioranza dellapopolazione mondiale femminile.La borghesia ha utilizzato negli ulti­mi anni, frutto della crisi che viveper la situazione rivoluzionariamondiale, governi che possanoservirle per frenare l'ascesa dellemasse. Ha dovuto ricorrere ai setto­ri più rappresentativi degli oppressie sfruttati per ingannare, attraversola forma, le masse popolari, fre­nandone le lotte con l'illusione delcambiamento attraverso qualcheprovvedimento governativo. Cosìsono sorti, negli anni recenti estanno sorgendo tuttora, governi difronte popolare, di collaborazionedi classe, in cui organizzazioni ope­raie partecipano ai governi borghe­si, fino a porvi alla testa presidentineri come Obama negli Usa, oppu­re operai come in Brasile con Lula,indigeni come Evo Morales in Boli­via, socialdemocratici come Za­patero in Spagna, o governi conretorica populista com'è statoquello di Chávez in Venezuela,oppure una donna, Angela Merkel aguida della Germania e, in Italia, nelmomento di maggiore crisi istitu­zionale, in un governo cosiddetto“d'emergenza” e di“larghe intese”, èstata nominata Ministro dell'inte­grazione Kashetu Kyenge, detta Cé­cile, d'origine congolese, donna eprimo ministro nero in un governodella Repubblica Italiana.

Il razzismo della Lega NordÈ stato rispettoso, Borghezio, nellasua lettera all'Arcivescovo di Mila­no (prelato legato a “Comunione eliberazione”) e toni tanto rispettosirendono ancora più evidenti i tonirazzisti usati, invece, contro la mi­nistra Kyenge dall'inizio del suomandato. Ricordiamo solo alcunedelle frasi che Borghezio ha ri­servato alla Kyenge: «Faccetta nera,lo capiamo solo ora, non era, comesembrava, un canto colonialista,ma un presagio di una futura Italiameticcia, dove i loro protetticlandestini possono tranquilla­mente distruggere i Cie, pagati conle nostre tasse, e per noi, se cipermettiamo di muovere qualchecritica, è pronta l'accusa di razzi­smo»; « Questo è un governo delbonga bonga, vogliono cambiare lalegge sulla cittadinanza con lo iussoli e la Kyenge ci vuole imporre lesue tradizioni tribali, quelle delCongo… gli africani sono africani,appartengono a un'etnia molto di­versa dalla nostra. Non hanno pro­

dotto grandi geni, basta consultarel'enciclopedia di Topolino. Kyengefa il medico, gli abbiamo dato unposto in un'Asl che è stato tolto aqualche medico italiano» (...) «Nonho mai chiesto scusa. Ho detto chese lei si è ritenuta offesa mi dispiace.Ma la parola scusa non l' ho pro­nunciata e non la pronuncionemmeno se mi sparano».E quando gli viene chiesto se si siapentito di quanto detto, Borghezioreplica: «No, non mi pento assolu­tamente delle cose che ho detto aquesta signora»; «Ormai l'Occi­dente è invaso dagli extracomuni­tari»; « Vedo però un pericolo,qualora il demenziale progetto s iavveri, che nel nostro Paese finoraimmune dal razzismo vero e pro­prio, nasca come in Alabama il KuKlux Klan . Auguri!»; « Obama? Gra­zie a lui il Ku Klux Klan è rigoglioso

come non mai. Lo dicono i dati:Obama non ha solo torti, ma anchequesto merito, la crescita del KuKlux Klan. Certo, hanno un po' esa­gerato, ma combattono e resistonoalla società multirazziale con la filo­sofia della differenza».Queste frasi hanno fatto da apripi­sta a decine e decine di altri insultinei confronti della ministra Kyengeda parte di altri esponenti di primopiano della Lega (come Calderoli) eda parte di semplici iscritti maanche di esponenti di altri partiti,frasi razziste talvolta smentite, altrevolte semplicemente spiegate,interpretandole diversamente. Sisono moltiplicate le scritte razzistesui muri del Paese.Forza Nuova ha chiesto “una revi­sione in senso restrittivo della Bos­si­Fini” e, in occasione dell'arrivodella Kyenge alla festa dell'Unitàprovinciale di Bologna, ha espostouno striscione con la scritta:“l'immigrazione è il genocidio deipopoli. Kyenge dimettiti”, replica dialtre iniziative precedenti durantele quali queste parole erano stateaccompagnate dall'esposizione dialcuni manichini insanguinati.Nella notte fra il 14 e il 15 luglioscorso, in occasione della visita delministroKyengeaPescara, lapiazzaè stata tappezzata di cappi in stile“Ku klux klan” e con manifesti razzi­sti fotografati e diffusi dalla stessaForza Nuova.

L'ipocrisia del governoA questi insulti il governo ha rispo­sto verbalmente, prendendo ledistanze, ma la risposta vera nonpuò essere una battuta contro unabattuta. C'è stata l'indignazione mal'unica risposta concreta sarebbestata una legge a favore degli immi­grati, inveceèstatounsusseguirsididichiarazioni, di balletti, per na­scondere la realtà di un governoche, al di là delle belle parole, è ungoverno che ha il compito di ina­sprire le politiche d'austerità e che,quindi, dovrà continuare a colpirela parte più ricattabile della classelavoratrice, cioè gli immigrati. Nonè importante se a portare avantiqueste politiche sia un ministro ne­ro o uno bianco.Quali risposte concrete sono statedate? Gli immigrati aspettavano e

invece sono arrivati annunci.Quando la Kyenge ha parlato dicancellare la clandestinità e haparlato di diritto di cittadinanza, ilgoverno Letta non è passato ai fatti.Sono stati molti gli immigrati che sisono illusi, che pensavano cheentro i 100 giorni il governo avrebberispettato almeno le norme a livelloeuropeo. Invece tutto è rimasto co­me prima e la legge Bossi­Fini èancora in vigore, portando alladisperazione migliaia di lavoratoriimmigrati con le loro famiglie. Nonsi può aspettare né delegare il pro­blema alla Keynge che è un mini­stro del governo borghese ed è,invece, necessario che la battagliavada avanti nelle fabbriche e in tuttii luoghi di lavoro. Noi dobbiamocondizionare la politica con unaparola d'ordine forte e, soprattutto,con il rapporto di forza nelle piazze.

Il ministro Kyenge fa il suo lavoro, illavoro di un ministro in un governodei padroni. Anche noi dobbiamofare il nostro lavoro, dobbiamoandare al fronte, un fronte rivolu­zionario che ha il compito di aggre­gare il proletariato nativo edimmigrato su parole d'ordinecontro il razzismo e il capitalismo.Solo con la lotta si potranno ottene­re risultati.

La lotta per l'abolizionedella Bossi­Fini

La Lega, in calo di consensi, vuoletornare al governo e per farlo devemarciare sul cadavere degli immi­grati, sulla loro disperazione. Il go­verno Letta non ha fatto quello chesarebbe stata la sola, vera, concretarisposta agli insulti razzisti neiconfronti del ministro Kyenge e,

cioè, l'abolizione della legge Bossi­Fini. Attualmente la madre di tuttele battaglie a favore degli immigrati,in Italia, è la battaglia per l'abolizio­ne della legge Bossi­Fini checontiene tutto l'attacco agli immi­grati, una legge che, vincolando lapresenza sul territorio italiano alcontratto di lavoro, introduce il“reato di clandestinità”. Una leggeche ha portato a drammaticheconseguenze, fra le quali anche lecosiddette “sanatorie truffa” chehanno rappresentato un ulterioredramma e sfruttamento per gliimmigrati.Gli immigrati, essendo vincolati aun contratto di lavoro per ottenereun permesso di soggiorno, sonospesso costretti ad accettare condi­zioni di lavoro disumane, senzapossibilità di trattativa e, quando siabbatte su di loro il dramma del li­cenziamento, cadono nella trage­dia della clandestinità.Tutti i lavoratori immigrati,appartenenti alle varie sigle sinda­cali, devono fare una battaglia co­mune contro questa legge.Le nostre parole d'ordine devonoessere:­ Cancelliamo con la lotta la leggeBossi­Fini!­ Permesso di soggiorno per tuttisenza condizioni!­ Diritto al voto e alla cittadinanzaper tutti gli immigrati!­ Chiusura di tutti i centri di de­tenzioni per gli immigrati!­ Parità di condizioni salariali e la­vorative per lavoratori immigrati enativi!­ Cancellazione di tutti i contratti

precari!­ Servizi sociali, Scuola, Sanitàpubbliche e gratuite!­ Diritto all'autodifesa dei lavo­ratori immigrati dalle aggressionixenofobe e razziste!­ No all'accordo sulla rappre­sentatività siglato da Cgil­Cisl­Uil!­ No alla cassa integrazione! No ailicenziamenti!­ Unità internazionale dei lavo­ratori contro le politiche razziste ecoloniali dei Paesi imperialisti!­ Solidarietà alle rivoluzioni inNord Africa e Medio Oriente!­ Solidarietà alla lotta del popolopalestinese!­ No alla guerra in Siria, sostegnoalla rivoluzione!

Queste parole d'ordine non po­tranno mai essere nell'agenda diquesto governo di concordia na­zionale (Pd­Pdl­Centro di Monti),non potranno mai esserenell'agenda del governo deibanchieri ma devono esserenell'agenda delle organizzazionipolitiche e sindacali dei lavoratori,di tutte quelle organizzazioni e as­sociazioni che, non solo a parole,vogliono combattere razzismo esfruttamento. (23/9/2913)

Nota(1) La cittadinanza italiana è oggibasata sullo ius sanguinis , il dirittodi sangue, e non prevede lo ius soli ,il diritto che si acquisisce per na­scita sul suolo italiano indi­pendentemente dallacittadinanza dei genitori.

ControgliattacchirazzistiallaKyengeecontroilgovernoPerché non crediamo che da questo governo vengano risposte agli immigrati

Sabato 14 settembre a Pia­cenza lavoratori immi­grati protagonisti di lotteradicali nel settore della

logistica hanno promosso unamanifestazione contro la guerraimperialista, contro il regimemilitare in Egitto, a sostegnodelle rivoluzioni in Nord Africa ein Siria. Il Pdac ha aderito epartecipato alla manifestazio­ne: pensiamo si tratti di unimportante passo in avanti nellosviluppo della coscienza di clas­se di questi lavoratori, chehanno animato in Italia le lottepiù dure contro lo sfruttamentocapitalistico. Oggi, quegli stessilavoratori, oltre a rivendicaremigliori condizioni salariali,comprendono che la lottasindacale deve diventare lottapolitica. Per questo si fanno pro­motori di iniziative di solidarie­tà internazionale e riconosconoche il nemico – in Italia, in Egitto,Marocco o Siria – è lo stesso: ilcapitalismo.

Una manifestazione perle rivoluzioni

e contro il capitalismo

La manifestazione di Piacenza,che ha visto la partecipazione dicentinaia di lavoratori (in granparte egiziani, ma anche lavo­ratori italiani e di tante altre na­zionalità), si è aperta con unintervento di Mohamed Arafat,lavoratore egiziano noto a tuttiper aver diretto l'importantelotta dei lavoratori della logisti­ca all'Ikea di Piacenza. Arafat haspiegato il senso della manife­stazione di sabato a Piacenza:una manifestazione contro il re­gime militare in Egitto, che hatradito la rivoluzione, ma anchecontro tutti i governi e contro ilcapitalismo. Arafat ha spiegatoche la rivoluzione in Egitto è la

stessa rivoluzione che c'è in Siriae ha sottolineato l'importanza diopporsi alla guerra che gli StatiUniti e gli altri Paesi capitalisticivogliono scatenare. Arafat haprecisato più volte che la mani­festazione non è stata convocataa favore di questo o quel presi­dente, di questo o quel governocapitalistico: «vogliamo che nonsiano più i capitalisti a co­mandare o gli eserciti o i governidei capitalisti, vogliamo che siail popolo a comandare». Ancheper questo, fin da subito è statorespinto dagli organizzatori iltentativo (subito strumenta­lizzato dai giornalisti peroccultare il vero senso della ma­nifestazione) di alcuni presentidi fomentare uno scontro tra so­stenitori di Morsi e sostenitoridel regime militare: la manife­stazione, hanno ricordato i pro­motori, è stata una“manifestazione per l'autode­terminazione dei popoli, controtutti i governi capitalistici”.

Una manifestazioneinternazionalista

Dopo l'intervento di apertura diArafat, la giornata è continuatacon vari comizi, che hanno ri­marcato il significato interna­zionalista della giornata diPiacenza. La parola è stata dataal compagno Toninho Ferreira,del Pstu brasiliano (sezione bra­siliana della Lega Internazionaledei Lavoratori ­ Quarta Interna­zionale, di cui il Pdac è sezioneitaliana) e dirigente della Csp­Conlutas (il più grande sinda­cato di base dell'America Lati­na). Il Pstu e la Csp­Conlutassono in questi mesi in prima filanelle mobilitazioni in Brasile.Toninho, che si è detto compia­ciuto di essere tradotto in piùlingue (italiano e arabo), ha

portato la solidarietà di classedel Pstu e della Csp­Conlutasalle lotte dei lavoratori immi­grati in Italia. Ha ricordato che lalotta di classe è internazionale eche la classe lavoratrice si deveunire su scala internazionaleper abbattere il sistema capitali­stico. Ha ribadito l'importanzadi organizzare iniziative in soli­darietà con le rivoluzioni in Siriae in Egitto, per abbattere i regimimilitari, sconfiggere l'imperiali­smo e tutti i governi borghesi.Dopo di lui, è intervenuto ilcompagno Karim, marocchino,molto conosciuto per il suo ruo­lo nelle lotte dei lavoratori dellalogistica, in particolare alla Gra­narolo di Bologna. Karim nel suointervento ha chiesto l'unità ditutti i lavoratori contro il capita­lismo, ha fatto appello ai soste­nitori di questo o quel governo aprendere coscienza del fatto chenessun governo rappresenta gliinteressi dei lavoratori, che tuttii governi in Nord Africa hannotradito le rivoluzioni e le massepopolari. Karim ha anche sotto­lineato che la manifestazione èstata convocata non solo controil regime militare ma anchecontro tutti i governi del capita­le.Infine, sono intervenuti Mou­stapha Wagne, senegalese, delPartito di Alternativa Comuni­sta, che ha ricordato che inEgitto servono elezioni subitoper un'assemblea costituentelibera e sovrana che assuma ilpotere: «ma non basta, dobbia­mo costruire partiti rivoluzio­nari in Africa, come stiamofacendo in Senegal». Infine, so­no intervenuti rappresentanti(provenienti da varie città d'Ita­lia) di associazioni democrati­che che chiedono la fine deimassacri e del regime militare inEgitto.

Dopo il comizio iniziale, uncorteo ha attraversato le stradedella città, con slogan contro ilregime militare, contro la guerrain Siria, a favore dello scioperogenerale. Da sottolineare il fattoche, sia nell'intervento diapertura sia durante il corteo, ipromotori hanno ripetuto che èimportante coinvolgere ledonne nella lotta. Anche perquesto è stato chiesto a FabianaStefanoni, del Partito diAlternativa Comunista, diintervenire come "donna e rivo­luzionaria". Quello dellacompagna non è stato l'unicointervento durante il corteo:oltre a vari interventi di lavo­ratori egiziani, sono intervenutianche rappresentanti del Nap(Network Antagonista Piacenti­no).

Un esempio da seguireIl Partito di Alternativa Comuni­sta ha aderito e partecipato allamanifestazione con le proprieparole d'ordine. Pensiamo chela manifestazione di Piacenzasia un esempio da seguire inaltre città d'Italia per offrire unsostegno concreto alle rivolu­zioni in Egitto e Siria, peropporsi al tradimento delle ri­voluzioni e avanzare nella co­struzione di partiti rivoluzionariin Nord Africa e Medio Oriente:noi pensiamo infatti che solocon la costituzione di governioperai e contadini, con lasconfitta dei regimi militaricapitalistici e di tutti i partitiborghesi le rivoluzioni potrannovincere. Costruire gli strumentinecessari per raggiungere que­sto obiettivo, cioè costruirepartiti comunisti rivoluzionari,è l'obiettivo che si pone la LegaInternazionale dei Lavoratori ­Quarta Internazionale.(15/09/2013)

14settembreaPiacenza:unesempiodaseguireControiregimimilitariecontrol'imperialismo,alfiancodellerivoluzioniinEgittoeSiria

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 11LOTTE DEI LAVORATORI IMMIGRATI

LalottadelPdacinSiciliaafiancodeimigrantiUna battaglia contro il razzismo,per la difesa del diritto di sopravvivere

Conny Fasciana*

Limmigrazione vista dauna prospettiva di classesvela uno dei volti più fe­roci del capitalismo: lo

sfruttamento dell'uomo sull'uo­mo. I governi locali e nazionali diogni colore hanno favorito la ri­cattabilità dei migranti, attra­verso strumenti borghesi dicontrollo del fenomenodell'immigrazione, che si attuaattraverso i Cda, i Cara ed i Cie,strutture preposte dall'apparatostatale per il loro “smistamento”e previste da una serie di norme(passando attraverso la leggeTurco­Napolitano e il pacchettoMaroni, fino alla legge Bossi­Fi­ni, quest'ultima non a casoideata da un leghista ed un fasci­sta!). Tali strumenti dovrebberogarantire allo straniero le primecure e l'espletamento delle pro­cedure di identificazione.Successivamente, la sua perma­nenza (per lavoro o come rifu­giato politico) o l'espulsione. Difatto forniscono al padronato learmi per porre in essere un pe­santissimo attacco nei confrontidella classe lavoratrice attra­verso lo sfruttamento legalizzatodi lavoratori a costo zero da ri­durre in stato di semi­schiavitù,ponendo le basi per l'acutizzarsidi atteggiamenti xenofobi neiconfronti degli immigrati, rite­nuti colpevoli di portare via il la­voro agli italiani.

Ulteriormente aggravata lacondizione dei migranti nei Cie

Giova ricordare in questo conte­sto le recenti innovazioni intro­dotte dal documentoprogrammatico sui Cie elabo­rato dall'ex ministro dell'internoCancellieri che aggravano questasorta di detenzione ammini­strativa lesiva dei diritti fonda­mentali della persona. Locali dicontenimento separati per lepersone più problematiche eu­femisticamente chiamati “mo­duli idonei a ospitare personedall'indole non pacifica”, conva­lida dei trattenimenti diretta­mente all'interno dei Cie,controllo degli apparecchi di te­lefonia mobile in maniera “sele­zionata”, introduzione di unaspecifica aggravante per le ri­

volte all'interno dei Cie, au­mento del numero degli agentipresenti all'interno delle struttu­re. Tutto ciò nel più assoluto si­lenzio della stampa borghese chesi limita a bollare come attivandalici le rivolte, che noi rite­niamo al contrario assoluta­mente legittime, o a definire“escamotage” per uscire dal Cie escappare, gli atti estremi qualiingoiare lamette pur di porre finea tali abominevoli condizioni divita, che però, ci tiene a sottoli­neare il succitato documentoprogrammatico, saranno ridottea 12 mesi contro i 18 in vigore! Po­teri speciali ai prefetti, ai questorio a commissioni miste di disci­plina, in una sorta di Guantana­mo all'italiana.

Le strutture presentiin Sicilia

In Sicilia amiamo fare le cose perbene! Laddove si tratta di dareuna mano al capitale e ai suoiinteressi, cominciando ovvia­mente da quelli imperialistici,così come non potevamo farcimancare il muos e le basi militari,non ci siamo fatti sfuggire l'occa­sione di rifornirci per bene dicontenitori di merce umana.Ecco come in questa terra pro­messa abbiamo organizzato ilmoderno “triangolo della schia­vitù”. Possiamo vantare duestrutture chiamate Cpsa (Centridi primo soccorso ed acco­glienza): una a Lampedusa (381posti) ed una a Pozzallo (172 po­sti). Una delle perle di cui andia­mo maggiormente fieri è ilCentro di Pian del Lago a Calta­nissetta: come una matrioska,contiene un Cda (Centro di acco­glienza), un Cara (Centro diaccoglienza richiedenti asilo) eun Cie (Centro di identificazioneed espulsione) per un totale di552 posti. Seguono il Cara di Sali­na Grande (Trapani) con 260 po­sti ed il Mega Caea di Mineo(Catania) con ben 2000 posti,gentilmente concesso dagliamericani che vi soggiornavanoprima che fosse sconsacrato co­me base militare. Infine i Cie diSerraino Vulpitta e Milo (Trapa­ni) per un totale di altri 247 posti.La distinzione in tre tipologie difatto è pressoché nulla. Vi siconcentrano per periodi più o

meno lunghi e a seconda del pae­se d'origine, dell'intensità deiflussi (emergenze umanitarie) edegli accordi internazionali ma­scherati dalle diplomazie (il fa­moso baciamano di Berlusconi aGheddafi ne è emblematico edrammatico esempio!), personedi svariate appartenenze etni­che.

Il nostro lavoro dimilitanti rivoluzionari

La nostra prospettiva di classe cipone in prima linea accanto aimigranti che rivendicano un di­ritto di appartenenza che va benoltre il riconoscimento buro­cratico di un'identità o di unostatus, tanto più se tale ricono­scimento, oltre ad essere unnaturale bisogno dell'individuodi dimorare in qualsiasi parte delmondo desideri, è legato alla ne­cessità di fuggire dalla propriaterra per cercare condizioni di vi­ta migliori o per sfuggire alleguerre imperialiste, alle dittatureo alle grinfie delle organizzazioniterroristiche (una per tutte AlQaeda).Nel mese di giugno abbiamolanciato un appello alla colletti­vità attraverso una tre giorni dilotta, per porre in evidenza ladrammatica situazione diabbandono e degrado dei mi­granti, sia di quelli ospitati neiCampi, da noi definiti senzamezzi termini centri di reclusio­ne, sia di tutti coloro cheattendono fuori dai Campi,troppo affollati per riceverli. Soloa Caltanissetta questi ultimi so­no oggi circa 200. Sopravvivono,in condizioni disumane, senzaacqua, cibo, elettricità, vestiti,assistenza medica e servizi igie­nici, in uno spazio all'aperto, neipressi del Cda di Pian del lago,che hanno occupato in assenzadi spazi alternativi che le istitu­zioni non si sono mai preoccu­pate di predisporre: non unaparola sui giornali, non unintervento di assistenza cherenda umana questa attesa, nonun atto di solidarietà.L'8 luglio abbiamo sventato unvergognoso tentativo disgombero (proprio mentre il no­vello pusher a capo dello Ior la­sciava Lampedusa dove avevaspacciato oppio per i cattolicissi­

mi benpensanti) ordinato dalsindaco di Caltanissetta. Il no­stro tempestivo intervento hafermato l'azione repressiva aconferma che un militante chenon arretra è più forte deimanganelli! L'occupazione ed iblocchi sono proseguiti, semprecon il nostro deciso supporto econ la puntuale denuncia siadell'ipocrisia dei mass mediaborghesi che dell'apatia delleforze della “sinistra” riformista ecentrista. L'ultimo e forse piùelevato momento di lotta si èavuto il giorno 18 settembre: èstato infatti attuato un blocco to­tale all'ingresso del Cda, da partedi centinaia di immigrati e deimilitanti del Pdac sezione Calta­nissetta (unico riferimento pergli immigrati presenti sul territo­rio), che ha impedito per circa seiore l'ingresso e l'uscita dalCentro sia a chi vi lavora sia alleforze dell' ordine (dai convoglimilitari ai blindati, dalla guardiadi finanza alla digos).A nulla sono valse le minacce didenuncia, identificazione e foto­segnalazione da parte della poli­zia scientifica, e dopo ore laquestura ha dovuto cedere edaccettare di ricevere una delega­zione composta da alcunirappresentanti di diverse etnie dimigranti, mentre il blocco delCda proseguiva. Il questore hacomunicato l'immediata ria­pertura, a partire dalla prossimasettimana, delle commissioniterritoriali nissene che, a suo di­re, risolveranno il problema delsovraffollamento del Centro checrea la difficoltà del turnover conchi attende all'esterno. Una de­legazione di migranti è stata rice­vuta l'indomani anche dalprefetto, il quale, in merito alladelicata questione da noi de­nunciata e relativa alle condizio­ni disumane in cui versano gliimmigrati in attesa di accesso alCda, ha riferito che il governo hastanziato i fondi necessariall'attivazione dei progetti Sprarper l'utilizzo di strutture comu­nali e provinciali ove i migrantipotranno risiedere prima diaccedere al Cda. Gli stessi mi­granti hanno definito l'incontro“deludente”, dato che non è statafatta alcuna indicazione precisae concreta sui tempi di attuazio­ne di tale progetto.

La lotta continua!

Noi vigileremo attentamente eintanto abbiamo iniziato a co­struire il Movimento di Lotta per iMigranti a Caltanissetta la cui pri­ma assemblea si è svolta il 20settembre. Le manifestazioni, as­semblee, blocchi ed occupazionipromosse negli scorsi mesi gra­dualmente hanno avvicinato alnostro partito le avanguardie diogni etnia presente sui nostriterritori ed in modo particolarecittadini pakistani, afgani, soma­li, nigeriani e senegalesi con cuistiamo costruendo giorno dopogiorno una resistenza sempre piùcompatta e combattiva che ha co­nosciuto altissimi ed avanzatissi­mi momenti di lotta mirati alraggiungimento di obiettivitransitori di crescente coscienzasociale.

Stiamo preparando una manife­stazione per i primi di ottobre eabbiamo tutti insieme spostatol'obiettivo da un livello embrio­nale ed individualista (il propriopermesso di soggiorno) ad unaprospettiva di classe nella qualericonoscersi come unica voce. Illavoro che stiamo svolgendo tuttiinsieme è difficile e pericoloso.Dobbiamo abbattere barriereculturali e superare la repressioneed i tentativi di intimidazione, iricatti e il giudizio morale sul no­stro operato, la diffidenza deicittadini anestetizzati dallacontroinformazione borghese.Ma stiamo andando avanti. Il no­stro obiettivo è unire questa lottacon quella più ampia contro ilcapitalismo. Siamo solo all'inizio,ma siamo già tanti. (25/9/2013)*Pdac Caltanissetta

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12 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTATEORIA E PRASSI

Su Progetto comunista n. 40 (giugno 2013)abbiamo pubblicato un articolo di Francesco Riccisu Gramsci: A proposito del “quadernoscomparso”: Gramsci tradito . Nell'articolo sifaceva riferimento ad alcuni testi di RobertoMassari, autore di innumerevoli saggi sulla storiadel movimento operaio, nonché editore (anche diTrotsky e altri classici del marxismo), e, nellafattispecie, curatore dei Bollettini della NuovaOpposizione Italiana che, animata da Tresso,Leonetti e altri espulsi dal Pci stalinizzato, gettò lefondamenta del trotskismo in Italia. Massari hascritto alcune considerazioni su quell'articolo, chepubblichiamo qui sotto con una risposta di Ricci.Chi volesse seguire meglio il dibattito dovrebbeleggere (o rileggere) oltre all'articolo di Ricci ancheil saggio di Massari posto ad introduzione di:All'opposizione nel Pci con Trotsky e Gramsci (ed.Controcorrente, 1977; ristampato da Massarieditore).

L'intervento di Roberto MassariCaro Francesco, riguardo al tuo articolo suGramsci non posso che essere generalmented'accordo e anzi, stimolato da te, sono andato acomprarmi L'enigma del quaderno di Lo Piparo el'ho subito divorato. Penso che invece tu non abbiacolto bene lo spirito della mia introduzione alBollettino della Noi, quando scrivi:«Non ci convincono le conclusioni di Massari, chetende a ridimensionare i gravi errori di Gramsci(pur riconoscendoli) e che finisce col sostenere...chein sostanza la stessa Noi, e cioè la prima forma ditrotskismo in Italia, nacque sotto il segno di Trotskye Gramsci. Conclusione zoppicante perché Tresso egli altri fecero appunto ciò che Gramsci non fece...cioè si schierarono con Trotsky e dunqueproseguirono con lui 'l'ultima battaglia di Lenin',quella contro la degenerazione burocraticadell'Internazionale comunista» . Anche seprosegui riconoscendomi di essere stato il primo arichiamare l'attenzione su «questadifferenziazione tra vari periodi di Gramsci» .Penso che rileggendo a freddo le righe che haiscritto ti accorgerai anche tu della sfasaturatemporale che c'è nelle tue cortesi critiche al mioriguardo. Sfasatura che riguarda non solo laseconda metà degli anni‘30, quando la Noi diventasezione italiana del nascente movimento per laQuarta. Leonetti farà da segretario (o per lo menoda riferimento politico­organizzativo diretto perTrotsky) fin quasi alla fondazione, per poi tirarsivia. Tresso parteciperà invece alla fondazionedella Quarta e rappresenterà il trotskismo dopo il1938 fino al suo assassinio.Ebbene, tutto ciò nel 1929­30 è ben lungidall'accadere o dal potersi immaginare. E sequindi è vero che Gramsci in carcere nonparteciperà a questo processo positivo dicostruzione di un'alternativa allo stalinismo­togliattismo, è anche vero che non parteciperà adaltro, e le sue posizioni in carcere, nel bene o nelmale, non avranno alcuna conseguenza direttasulla politica dell'età sua contemporanea.L'avranno molto di più nel dopoguerra.Ma la sfasatura riguarda anche il periodo diformazione della Noi. Dico alcune cose, andando amemoria e quindi col beneficio di poter sbagliarequalche data. Ma importa la sostanza.1) La Noi si manifesta nel 1929­30, cioè nel pienodel cosiddetto Terzo periodo (ultrasinistro) dell'Ic.La sua battaglia in Italia si svolge ancora su duefronti: da un lato ci sono i bordighisti checontinuano a non capire niente della natura delfascismo e della necessità del fronte unico persconfiggerlo, e dall'altro ci sono, come chiamarli, i“togliattiani” che tali sono solo perché diventatianche stalinisti, ma che al momento sembranoconvergere oggettivamente in alcune cose con ilbordighismo. La Noi deve combatterecontemporaneamente contro la stalinizzazione econtro l'ultrasinistrismo del Terzo periodo. Ladegenerazione staliniana è avanzatissima. Dalmio punto di vista (a posteriori) posso dire cheinvece era completata integralmente, ma diquesto purtroppo Trotsky si stava rendendo contosolo parzialmente, visto che ancora si illudeva dipoter riformare il Pcr, l'Ic e di conseguenza i partitistalinizzati – nel 1929 (!), col Gulag ormaiavviatissimo, la distruzione di qualsiasiopposizione e di qualsiasi fermento operaio, dopola tragedia in Cina e l'avvio dello sterminio deipopoli sovietici con la collettivizzazione forzata...Ebbene, nonostante ciò, nel 1929­30 della Quartainternazionale non si parla come progetto enemmeno come sogno; e dello stalinismo si haancora una definizione come... “centrista”: sic eahimè. (Un errore tragico di Trotsky che costò ladistruzione fisica, quasi­integrale, della massa deisuoi sostenitori in Urss.) Non si deve pensare peròche altri dirigenti politici stessero dicendo ofacendo di meglio. Laddove, sulla maggiore ominore lucidità di comprensione – rispetto aTrotsky – della vera natura dello stalinismo daparte di singoli intellettuali non­impegnati nellabattaglia organizzativa si può discutere e sicontinua a discutere, ma solo a fini storiografici: iloro errori o le loro “intuizioni” non ebberoconseguenze politiche di rilievo.La degenerazione è da Trotsky considerataparziale, con tutte le conseguenze organizzativeche conosci o che si possono immaginare. Inquegli anni, infatti, si compì definitivamente lanostra sconfitta. Ma non certo solo per gli errori di

analisi che in quel periodo paralizzarono ilpensiero politico di Trotsky. C'era la montagna diprecedenti da prendere in considerazione, sia perla natura centrista del Partito bolscevico (che perchi si richiama alla teoria della rivoluzionepermanente dovrebbe essere un'ovvietà), sia perciò che era accaduto nelle prime settimane dopo iltrionfo della rivoluzione d'Ottobre (nascita dellaCeka, desautorazione dei comitati di fabbrica,esclusione dal governo e liquidazione degli altripartiti soviettisti, scioglimento della Costituente edi fatto scioglimento dei soviet perché amaggioranza socialrivoluzionaria). Ma di questonon è il caso di parlare ora e qui e comunque ho giàaffrontato le varie questioni nel passato.2) Nel contesto del 1929­30 la Noi trovanormalissimo raccogliersi intorno a due numitutelari e non uno: sulla prospettiva generale emondiale sta con Trotsky; sui compiti dellarivoluzione in Italia sta con Gramsci (che a suavolta era stato “istruito” da Trotsky e Lenin su cosasi dovesse fare in Italia e a fronte del fascismo).Questi, fino al momento dell'arresto non fecealcuna dichiarazione importante antitrotskista eagli occhi della Noi aveva almeno tre meriti (che ioesamino con una certa attenzione nel mio lavoroda te citato): a ) aveva capito e accettato inprecedenza (1922­24) le posizioni fondamentali egiustissime di Trotsky sull'Italia (che sirifletteranno ideologicamente nelle Tesi di Lione,tanto odiate dai bordighisti) e probabilmentesapevano anche loro che Gramsci era diventato aMosca e a Vienna un ammiratore (moltosuperficiale, in verità, ma pur sempre...) dellateoria della rivoluzione permanente; b ) eracertamente vaccinato rispetto al bordighismo; c )era certamente contrario alla politica suicida delTerzo periodo. Tieni conto che, perlomenoLeonetti, Gramsci lo conosceva benissimo sulpiano personale e non aveva certo bisogno dellepostuma biografia di Fiori per sapere come lapensasse riguardo al Terzo periodo, pur stando incarcere. Contatti diretti non ne avevano più, ma ivari (pochi) membri della Noi potevanoimmaginare cosa Gramsci pensasse del Terzoperiodo. E noi sappiamo oggi che effettivamenteallora ebbero ragione.I gravi errori di Gramsci li ricostruiamo noi oggi(non ne fa cenno nemmeno Tresso nel 1937...).Errori che erano di formazione ideologica, che siriflessero nei Quaderni , ma che non furono subitoconosciuti e tantomeno operativi. Come ricordianche tu, l'arresto a partire dal 1926 mise Gramsciin condizioni di non capire, quindi di non esserepiù utile, ma anche di non essere poi così dannosocome si potrebbe pensare. Anche per questo nel1929 la Noi poteva richiamarsi apertamente elegittimamente a lui, in polemica con la politicadel Terzo periodo applicata all'Italia. Lo fece intutto il Bollettino e Leonetti ancora celebravaGramsci in un articolo del 1934, da me posto inappendice allo stesso Bollettino , proprio adimostrazione del radicato gramscismo nellaprima fase di vita della Noi.Nel 1934 – prima di dissolversi di fatto – la Noitrovava giusto e necessario essere ancoragramsciana e trotskiana allo stesso tempo. Néalcuno in campo rivoluzionario ebbe motivo dirimproverarle tale posizione, a partire da Trotskystesso (questo silenzio di Trotsky su Gramsci credovada preso in maggiore considerazione di quantoin genere facciano i trotskobordighisti). Ilbordighismo italiano – che ancora deve farsiperdonare di non aver mai capito nulla dellevicende italiane di allora, successive epostbelliche – ha cercato in tutti i modi dicontrapporre l'immagine del Gramsci di allora aquella di Trotsky (e non solo del Trotsky post­1933), ma si tratta di un falso storico operato aposteriori, sulla base di informazioni cheall'epoca (dal 1926 in poi) non si avevano.(Piccolo inciso. Non so se tu sai che io definisco dasempre Marco Ferrando come“trotskobordighista”, dando a questa definizioneun tono assolutamente negativo, se nonaddirittura caricaturale. Non posso dire lo stessodi Grisolia a causa della sua provenienza mentale eufficiosa dal lambertismo, cioè dall'estremadestra, opportunista e ridicolmente “ortodossa”del movimento trotskoide. Come iltrotskobordighismo e il lambertismo si sianopotuti saldare così stabilmente, rimane per meancora un fatto incomprensibile o spiegabile soloin termini psicologici, non certo politici.)È in fondo il dramma che mi pare di averaccennato anche in quel mio testo (che ora non hoil tempo di rileggere) e cioè che mentre Gramsciaveva torto sul Comintern e ragione sullasituazione italiana (l'Italia del fascismo trionfantee degli anni ‘20!), Bordiga aveva completamentetorto sull'Italia, ma aveva ragione in terminiastratti e puramente ideologici su Trotsky e sullanecessità di lottare internazionalmente contro lostalinismo (sul come e il quando sarebbe tutto dadiscutere). A volte mi sorprendo a pensare chequella sfasatura ideologica (Gramsci­Bordiga­Trosky) la stiamo ancora pagando. E che forse seGramsci fosse sfuggito all'arresto, lastalinizzazione avrebbe avuto in Italia e in lui unserio ostacolo (anche se probabilmente gliassassini del Pci e del Kgb lo avrebbero uccisodirettamente e non solo indirettamente comefecero impedendo che uscisse dal carcere). Maforse esagero. Anche perché ormai viviamoun'epoca di piena psicopatologia politica, di

separazionipersonalistiche opuramenteorganizzativistiche, enon ci troviamo più nelcuore di contenziosiideologici fracorrentiriconosciute delmovimento operaioche fu.Potrei aggiungerti aquesto punto che scrissiquel testo dopo anni diintensa ed umanafrequentazione diLeonetti (AntonellaMarazzi può dire lostesso e forse dipiù), diconsultazionedi suoimaterialid'epoca, diincontria casasua contestimoni ancora vivi. E quindi le cose che ho lì scritto nonle ho apprese solo dai libri, ma anche dalla sua vivavoce.Tu mi potresti rispondere che Leonetti aveva tuttol'interesse a mentire, visto che poi nei primi anni‘60 tornerà nel Pci, umiliato e pentito. Argomentoretroattivo, già ascoltato da suoi denigratori e diassai dubbia validità, che non tiene conto del latoumano (onesto, ingenuo e in fondo molto dolce) diLeonetti e comunque non inficia la componentedocumentaria all'epoca disponibile in gran partepresso di lui. Per ragioni di età, oggi si ignorageneralmente che la ripresa del dibattito sulGramsci antistaliniano e sulla Noi avvenne nellaseconda metà degli anni '60, proprio grazieall'intervento diretto di Leonetti – sottopseudonimo – e da parte di giovani storici daLeonetti incoraggiati.)Posso però chiederti di credermi. Leonetti puòaver sbagliato tantissimo a rientrare nel Pci neldopoguerra, ma quando parlava con me eAntonella di quegli anni (diciamo del 1919­29 e del1929­33/34) era di una sincerità a prova di bomba,era come se tornasse indietro nel tempo e siritrovasse giovane, agguerrito, accanto a Gramscie con a fianco la sua adorata compagna (PiaCarena) che era stata già fidanzata di Gramsci.Quel Leonetti là salvaguardava certamente unacerta diplomazia nei rapporti con gli studiosi distoria del movimento operaio ( tuttifrequentavano casa sua, da Spriano a Broué, nonne mancò nessuno), ma con noi due era di unasincerità totale, quasi paterna. Ricordati che tennea battesimo la nascita del giornale La Classe(organo della nostra Frazione marxistarivoluzionaria – che consideroretrospettivamente il canto del cigno del“trotskismo” in Italia) e lasciò come testamento(nel 1982!) un appello accorato a favoredell'Utopia trotskiana e quartinternazionalista.Per ironia della storia, tra la redazione di quel testoe la sua morte nel 1984, si colloca la miachilometrica relazione sulla necessità di costruireuna Quinta internazionale, fatta nel 1983 a Firenzee solo di recente sbobinata, e pubblicata perarricchire la discussione tra quanti comincianosolo ora a capire (dopo il 2010 – cioè dopo l'appellopoi lasciato cadere da Chávez) la necessità dilavorare per una Quinta internazionale (dimovimenti e non di partiti). Questo per dirti cheAntonella Marazzi ed io (e altri compagni – tra iquali vale la pena di citare almeno MicheleNobile), pur volendo bene a Leonetti, noneravamo in sintonia politica con lui; per nonparlare del disprezzo etico e politico chenutrivamo verso il movimento trotskoide di queglianni ‘80: un processo degenerativo che hoanalizzato e ricostruito in vari miei volumi,disponibili per la lettura di chi vuole capire e suiquali mi si possono chiedere tutti i chiarimenti chesi desiderano.Concludo, facendoti ancora i complimenti per iltuo articolo sulla “misteriologia” gramsciana, e tiprego di considerare questa mia messa a puntocome un arricchimento delle considerazioni chehai ritenuto utile fare su quella mia introduzione alBollettino della Noi , che concepii di fatto comeuna ricostruzione documentata dei rapporti fraTrotsky e Gramsci.

Saluti fraterni,Roberto Massari

La risposta di RicciCaro Roberto, Mi pare che le tue garbateosservazioni confermino che, come avevo scrittonel mio articolo, abbiamo una lettura differente diGramsci – di là dalle periodizzazioni.In questa tua lettera, così come nella citataintroduzione, tu confermi che, a tuo avviso,Gramsci, pur non partecipando a costruireun'alternativa allo stalinismo, nemmeno sischierò in suo favore. Io la penso diversamente(parlo al singolare perché sul tema di Gramsci,tanto nel Pdac come nella Lit, ci sono opinioni e

sfumature differenti).Dopo il periodo di Mosca­Vienna, già con lafamosa lettera del 1926 Gramsci si schiera –seppure criticamente – con lo stalinismo,invitando Stalin a non “stravincere”, a rispettarequelli che nonostante tutto lui considera i suoi“maestri” (Trotsky) ma, comunque schierandosida una delle due parti in lotta e proprio in unpassaggio in cui la sua posizione, quale dirigentedella sezione italiana della Terza Internazionale,avrebbe potuto avere un peso notevole.Pur con tutti i suoi limiti (elevati all'ennesimapotenza dai suoi pretesi discepoli odierni), variconosciuto che l'unico dirigente del Pci aschierarsi con Trotsky in quel periodo fu Bordiga,che pure sbagliava sul resto (per quella “sfasaturaideologica” di cui parli). Gramsci non prendeposizione per Trotsky (e si schiera criticamentecon Stalin) prima di entrare in carcere, dunque inun momento in cui aveva sufficienti elementi percomprendere il “dibattito russo” e la sua portatainternazionale.Negli anni del carcere la critica di Gramsci allostalinismo si farà sempre più marcata ma – aquanto conosciamo (una conoscenza chepotrebbe essere incompleta, viste le falsificazioneoperate daTogliatti) – in ogni caso non parteciperà(nemmeno con i limiti imposti dalla carcerazione)alla costruzione dell'unica opposizione reale allostalinismo, quella trotskista.Il che non toglie che, come scrivi, la Noi ritenesseutile riconoscersi in Trotsky rivendicando ancheGramsci, col quale convergeva su tutta una serie diquestioni. Così come Pietro Tresso scriverà parolelusinghiere in morte di Gramsci: bisogna peròtenere conto del periodo in cui le scriveva (nel1937, nel pieno della battaglia contro stalinismo efascismo), ritenendo (penso a torto) più utilesottolineare gli elementi di comunanza.Questa lettura diversa che diamo di Gramsci sicombina, come sai, con una lettura diversa tra noidel bolscevismo (vedi la questione delloscioglimento della Costituente, i primi anni delpotere sovietico, e altri temi importanti che non hoqui lo spazio per affrontare), della battaglia diTrotsky e con il giudizio diverso che abbiamo sulleragioni della fondazione della QuartaInternazionale (penso a quanto hai scritto nellatua biografia di Trotsky e ad alcune cose cheaccenni qui), così come è differente l'opinione tuae la nostra (ora parlo al plurale perché mi riferiscoa ciò che sostiene il Pdac e la Lit) sulla QuartaInternazionale che noi siamo impegnati aricostruire oggi come strumento indispensabileper rendere vincenti le lotte e le prossimerivoluzioni.Abbiamo giudizi diversi non solo sul pianostoriografico ma anche politico: il che spiegaperché tu ti definisci “marxista libertario” mentrenoi ci riconosciamo senz'altro nel marxismo(sicuramente “autoritario”, come scriveva Engelsaccettando di buon grado l'etichetta usata daglianarchici); perché opposti a quelli del Pdac sono igiudizi tuoi e di Utopia Rossa su varie questionipolitiche (penso alla tua analisi del “grillismo”, diChavez, ecc.; mentre convergiamo nel giudizio sulferrando­grisolismo, anche se penso che sia fintroppo generoso scomodare un “trotsko­bordighismo” dato che in questo caso la categoriapiù prossima pare essere quella, cui giustamentefai cenno, della psico­patologia: ma qui parliamodi cose serie e dunque non ragioniam di loro...).Una gran lista di differenze, insomma, che non ciimpedisce di leggerci reciprocamente coninteresse e dialogare; e che non mi esime certo daldovere di indicare i tuoi testi sulla storia delmovimento operaio come preziosi e semprestimolanti, anche quando non ne condivido leconclusioni.E non è poco, nel quadro di una sinistra in cui o ci siignora o ci si calunnia, e in cui si coltiva il disprezzoper la teoria e per la storia della nostra classe.

saluti rivoluzionari,Francesco Ricci

AncorasuGramsci,TrotskyelaNoiUn confronto con Roberto Massari

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 13TEORIA E PRASSI

IlquartonumerodiTrotskismooggiLa teoria come strumento per l'azione rivoluzionaria

Matteo Bavassano

Eccoci arrivati al quartonumero della rivistateorica del Pdac. Que­sta rivista è stata una

scommessa vinta dal nostropartito, qualcosa in cui credeva­mo molto: eravamo assoluta­mente sicuri della sua utilità pertutti i militanti e gli attivisti delmovimento operaio e non solo.Non era però scontato che riu­scissimo ad arrivare al punto diuscire regolarmente ogni seimesi con una rivista interes­sante e ben curata, che riuscissea conquistarsi un pubblicosufficiente a farla sopravvivereed anzi a darci la possibilità dicontinuare a migliorarla, cre­diamo con discreto successo.Questo quarto numero si aprecon un articolo di Valerio Torreche fa il punto sulla situazionedella lotta delle masse egiziane,tema che rimane ancorad'attualità nonostantel'attenzione dei media si siaallontanata dal Paese dopo gliscontri nelle piazze d'Egitto diquest'estate, che si svolgevanoproprio mentre andavamo instampa con la nostra rivista.L'articolo di Torre, pur nontrattando degli sviluppi succes­sivi alla caduta di Morsi, rimaneuno strumento utilissimo inquanto fornisce le chiavi dilettura per tutto il processo dellarivoluzione egiziana in corso.

La riflessione sulla storiadel movimento operaio

La sezione più specificamentestorica della rivista in questonumero è composta da duesaggi che ricostruiscono duefondamentali momenti dellalotta operaia nel Novecento inItalia. Francesco Ricci analizzail periodo che va dal 1943 al1948, ricostruendo il tradi­

mento attraverso cui il Pci stali­nista trasformò la guerra civile,che era una guerra di classe chevedeva il proletariato italianolottare contro la borghesiacollusa col vecchio regime fasci­sta, in guerra di liberazione na­zionale “antifascista” e“antinazista” in collaborazionecon la borghesia italiana,portando alla restaurazionedello Stato borghese nella formadi una repubblica “democrati­ca”, esattamente l'opposto di ciòper cui avevano lottato nei fattimigliaia di partigiani.Il secondo saggio, di FabianaStefanoni, è dedicato alle lotteoperaie nel '68 e nell'Autunnocaldo e, in particolare, alle lottein Fiat come avanguardia delmovimento operaio in queglianni: le vicende di allora rappre­sentano l'ultima grande“fiammata” della lotta di classein Italia finora, dopo quelle delbiennio rosso e della guerra civi­le, e la conoscenza e lacomprensione, anche critica, diquelle vicende è indispensabileper riannodare il filo rosso dellalotta di classe e far riprendere lemobilitazioni di massa controgli attacchi padronali anche inItalia come nel resto del mondo.

L'approfondimento dellequestioni teoriche

La sezione dedicata alle que­stioni teoriche ospita un riccodossier curato da Adriano Lotitosu Marx ed Engels e sul materia­lismo storico: quest'ultimo èun'arma indispensabile per i la­voratori che voglionocomprendere la realtà e che so­prattutto vogliono capire comerovesciarla e creare un sistemasociale più giusto. Il dossier sicompone di due articoli, il pri­mo ha un taglio più biografico eripercorre gli anni della forma­zione del pensiero dei due rivo­

luzionari per spiegarci ilpercorso intellettuale che li haportati a concepire il materiali­smo dialettico. Il secondo arti­colo è invece scritto utilizzandol'espediente letterario diformulare delle domande a cuil'autore risponde, e si ponel'obiettivo di spiegare che cosasia in concreto il marxismo inquanto filosofia e chiave dilettura della realtà e, so­prattutto, quale sia la sua utilitàper il movimento operaio e per irivoluzionari, oggi come allora.Chiaro, semplice ma esaustivo emai banale, il dossier curato daLotito si conclude con dellepuntuali indicazioni bibliogra­fiche per coloro che voglionoapprofondire lo studio delleopere dei due fondatori del co­munismo scientifico.Nella sezione inediti tradottiproponiamo un interessantissi­mo saggio di Trotsky sulla ri­volta di Kronštadt (e sullepolemiche degli anni Trenta aquesto riguardo: polemiche cheriemergono ancora oggi). Comemolto spesso accade agli scrittidi Trotsky, questo saggio nonparla solo della specifica vi­cenda della famosa rivolta delsoviet dei marinai, ma contienepreziose generalizzazioni sulledinamiche profonde della rivo­luzione e della lottadell'avanguardia perl'influenza sulla classe. Il se­condo inedito, che proponiamoin prima traduzione italiana, èun testo della seconda metà de­gli anni Trenta scritto da PietroTresso, dirigente trotskista ita­liano, che tratta della politicaopportunista del Pci stalinistaverso il fascismo in quel perio­do: il testo è veramenteimportante per ricostruire unarco di tempo di azione dellostalinismo che soprattutto inItalia viene rimosso per tacere leresponsabilità del partito di To­

gliatti nei confronti di centinaiadi militanti comunisti sacrifi­cati dalla direzione del partitoper compiacere le direttive diMosca, pratica a cui proprioTresso per primo si opporrà eper cui sarà espulso dal Pcd'I.L'articolo di Tresso in qualchemodo completa (o, in base alpunto di vista, viene completatodal) l'articolo di Ricci sulla Resi­stenza. Ricordiamo tra l'altroche proprio quest'anno cade il70° anniversario della morte diPietro Tresso, ucciso in Franciadai partigiani stalinisti del Pcfmentre lottava conto i nazisti.La rivista prosegue con la primaparte di un saggio dell'autore diquesto articolo che proseguel'analisi delle teorie marxistedel diritto analizzando l'operadi Pašukanis. È questo un saggioscritto non da un giurista, ma daun militante che utilizza una vi­suale propria della politologia,nel tentativo di studiare edeventualmente proporre unasintesi delle teorie marxiste ri­voluzionarie sullo Stato. Ilpercorso è stato iniziatodall'autore nello scorso numerodi Trotskismo oggi con un saggiosull'opera di Stučka (a cui cipermettiamo di rinviare),mentre la seconda parte di que­sto nuovo saggio verrà pubbli­cata sul prossimo numero.Speriamo che questi due saggipossano stimolare altri contri­buti di ricerca teorica su questoimportante tema che noi rite­niamo fondamentale.

Inviti alla letturadei classici

Le pagine finali della rivistaospitano gli inviti alla lettura ditesti classici del marxismo: inquesto numero Alberto Mado­glio ci parla del celebre La situa­zione della classe operaia inInghilterra di Engels, primo li­bro del rivoluzionario e che,sebbene antecedente al Mani­festo del partito comunista,contiene già in embrione alcu­ne delle riflessioni e delle genia­li intuizioni del filosofo tedesco;Mauro Buccheri si dedica inve­ce al classico libro di lotta anti­revisionista scritto da Rosa Lu­xembug, Riforma sociale orivoluzione? , mentre l'ultimascheda è stata curata da LauraSguazzabia e tratta un testo cheè forse sconosciuto a molti, unimportantissimo libro di LevTrotsky intitolato La loro moralee la nostra, in cui il grande rivo­luzionario russo difende la mo­rale rivoluzionaria deibolscevichi nell'ambito di unapolemica successiva ai processidi Mosca del '36, promossa so­prattutto da anarchici e sociali­sti di sinistra (legata anche allepolemiche su Kronštadt),distinguendo la vera morale ri­voluzionaria dalla amoralitàdello stalinismo. Trotsky dedicaquesto saggio al figlio Lev Sedov,assassinato (proprio mentre illibro stava per andare instampa) da sicari stalinistinell'ospedale in cui si trovavaper un'operazione.Chiude la rivista una nuova ru­brica di percorsi bibliograficicurata da Francesco Ricci: percominciare, l'autore ci proponeuna esaustiva lista di libri sullabiografia di Marx ed Engels,ovviamente corredati da unasua valutazione degli stessi e daun'accurata descrizione degliaspetti che i diversi testi tratta­no e i differenti angoli visualiche adottano, da quello piùclassico e politico fino a quellopiù aneddotico e personale, inmodo che ognuno possa appro­fondire quegli aspetti che più gliinteressano o lo incuriosiscono.Crediamo che questo nuovonumero soddisferà le aspettati­ve dei nostri lettori conti­nuando ad offrire testi di qualitànelle varie discipline che inte­ressano ai militanti del movi­mento operaio.(20/9/2013)

Un giornale che vede continuamente ampliarsi ilnumero dei suoi lettori, a cui dedica un numerocrescente di pagine (ora sono venti, con un fogliocentrale scritto dai Giovani di AlternativaComunista), notizie di lotta, interviste, articoli diapprofondimento sulla politica italiana einternazionale, traduzioni di articoli dalla stampadella Lit-Quarta Internazionale, testi di teoria e storiadel movimento operaio.Progetto comunista è un prodotto collettivo: ad ogninumero lavorano decine di compagni.E' scritto da militanti e si rivolge a militanti e attivistidelle lotte.Viene diffuso in forma militante dalle sezioni delPdac e da tutti i simpatizzanti e da coloro che sonodisponibili a diffonderlo nei loro luoghi di lavoro o distudio.Abbonarsi a Progetto comunista non è soltantoimportante per leggere il giornale e sostenere unacoerente battaglia rivoluzionaria:è anche un'azione utile per contribuire a far crescerele lotte, il loro coordinamento internazionale, la lororadicalità. Se vuoi conoscere PROGETTO COMUNISTA,puoi leggere i pdf dei numeri precedenti sualternativacomunista.org

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La crisi capitalista morde i salari. La crisi capitalistacrea disoccupazione di massa.La crisi capitalista distrugge la vita di milioni dipersone con nuova precarietà e oppressione,miseria, razzismo, sfruttamento!Ma contro la crisi e il tentativo della borghesia e deisuoi governi, di centrodestra e di centrosinistra, discaricarne i costi sui proletari, crescono lemanifestazioni in tutta Europa, dalla Spagna allaGrecia, proteste studentesche in Italia, lotte (per oraancora isolate) in diverse fabbriche del nostro Paese.Lotte contro la Troika europea che detta la linea delpiù pesante attacco ai diritti delle masse popolaridegli ultimi decenni.La situazione è straordinaria e vede un impegnostraordinario del Pdac per far crescere le lotte indirezione di una coerente prospettiva di classe, dipotere dei lavoratori.

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14 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTATEORIA E PRASSI

Rafforzarelelotte,costruireilPartitoel'InternazionaleSuccesso della Due giorni sulle lotte di ieri e di oggi organizzata dal Pdac

Claudio Mastrogiulio

Il 7 e l'8 settembre si è tenutaa Rimini un'assemblea didue giorni organizzata dalPartito di alternativa comu­

nista. Come negli anni scorsi, si ètrattato di un appuntamentoimportante per rafforzare ilpartito ma anche per rafforzare lelotte, di cui il Pdac è parte inte­grante (spesso l'unico partitopresente, nel quadro di crisi pro­fonda di tutta la sinistra riformi­sta e centrista). Quest'annoabbiamo registrato un signifi­cativo salto in avanti sia quanti­tativo (la sala era stracolma eabbiamo dovuto aggiungere filedi sedie per accogliere nuove ri­chieste di partecipazione arri­vate nelle ultime ore) chequalitativo, per la presenza dellepiù importanti avanguardie dilotta del nostro Paese.

Imparare dalla storia diieri per far avanzare

le lotte di oggi

Le due giornate sono state ilfrutto della combinazione tra lavincente formula delle scorseedizioni, caratterizzata da rela­zioni con un taglio storico­politi­co, e la novità di quest'anno,: unatavola rotonda, domenica, conprotagonisti gli esponenti dellelotte più radicali che si sono svi­luppate nel nostro Paesenell'ultimo anno. Per i comunistilo studio non è un mero esercizioaccademico; al contrario,rappresenta uno strumentoindispensabile per il consolida­mento della capacità di analisi diogni singolo militante, per forni­re ai compagni gli strumenti utiliad intervenire nelle lotte. Lagiornata di studio sulla storia, ilsabato, ha dunque adeguata­mente preparato il dibattito piùpolitico della domenica. Alla ta­vola rotonda della domenicahanno partecipato: compagnidell'Ikea di Piacenza, dell'Ilva diTaranto, della Om Carrelli di Bari,della logistica del bolognese(Granarolo), della Fiat Ferrari diModena. In altre parole: dietro illungo tavolo della presidenzaerano seduti esponenti di più omeno tutte le lotte piùimportanti oggi in corso nel no­stro Paese. E non per caso: a partei militanti del Pdac, per il resto sitrattava di compagni che comePdac abbiamo conosciuto nellepiazze, davanti ai cancelli, nellelotte degli scorsi mesi, in cui co­me Pdac abbiamo svolto un ruo­lo attivo, portando una concretasolidarietà e un sostegno mili­tante.

Tre grandi esperienze dilotta del movimento

operaio italiano

Di alto livello (non ce lo diciamoda soli, lo hanno osservato gliospiti presenti) sono state le rela­zioni del sabato. Ha introdotto ilavori Adriano Lotito, coordi­natore nazionale dei Giovani diAlternativa comunista, che ha

descritto le finalità del seminarioe le modalità con cui si sarebbedispiegato. Lotito ha specificatocome questo appuntamento nonsia un simposio tra studiosi che,con approccio autoreferenziale,si chiudono in una stanza perdiscutere di avvenimenti del pas­sato; ma, al contrario, come gliobiettivi siano connessi allo svi­luppo del partito rivoluzionarionelle realtà attuale. Lotito ha poitratteggiato il quadro politico na­zionale e internazionale nel qua­le ci troviamo. Successivamente,la relazione di Valerio Torre hatoccato una delle questioni piùinteressanti della storia nove­centesca del movimento operaioitaliano, vale a dire il periodo cheviene storicamente definito“Biennio rosso” (1919­1920).Una vicenda esemplificativaperché dimostra il ruolo nefastogiocato dai riformisti di ieri (conle stesse modalità di quelliodierni). Nella fattispecie, il tra­dimento messo in atto dagli altidirigenti del Partito socialista ita­liano che, anziché appoggiare lelotte vincenti degli operai cheavevano occupato in armi decinedi fabbriche e conquistato leroccaforti del potere borghese (algrido di: “faremo come la Rus­sia!”, cioè la Russia della rivolu­zione bolscevica di Lenin eTrotsky), strinsero un pattomortale con il governo ed il pa­dronato, riconsegnando nelle lo­ro mani quel potere che avevanogià praticamente perduto. Laterza relazione, di FrancescoRicci, ha indagato il tema dellaResistenza e delle lotte operaienel periodo che va dal 1943 (na­scita della Resistenza) al 1948(l'insurrezione dopo l'attentato aTogliatti). Ricci ha messo in lucele falsificazioni della storiografiaborghese e stalinista checonvergono nel rappresentarequella lotta come “guerra di libe­razione nazionale” dall'occupa­zione tedesca, per mettere inombra la guerra civile, di classe,che si combatté in quegli anni traoperai e borghesia italiana. Unaguerra civile che avrebbe anchein questo caso (come nel Bienniorosso) potuto concludersi conuna rivoluzione vittoriosa e cheinvece fu tradita dallo stalinismoche contribuì a ricostruire loStato borghese, riconsegnando ilpotere e le fabbriche ai padroni.L'ultima relazione del sabato,presentata da Matteo Bavassano,ha analizzato l'altra grandefiammata di lotte che ha caratte­rizzato il ventesimo secolo delmovimento operaio italiano,quella iniziata alla fine degli anniSessanta (col '68­'69) e conclusa­si nella seconda metà degli anniSettanta. Un excursus che hatoccato ed unito, in una pro­spettiva materialistica, i variavvenimenti di quegli anni, conle dinamiche della lotta di classesia sul piano nazionale che suquello internazionale. Bavassa­no si è soffermato sulla concretaorganizzazione sindacale dellelotte operaie in quel periodo e sullegame col piano politico, para­

gonandole con la situazioneodierna.

Una tavola rotonda con iprotagonisti delle lotte

Nella giornata di domenica si èavuta la novità principale che hariguardato l'appuntamento diquest'anno: la tavola rotonda incui si sono confrontati – su di­versi temi che vanno dall'unifi­cazione delle lotte alla necessitàdella costruzione di una direzio­ne politica che le coordini e leporti a porre in discussionel'intero sistema economico – variesponenti delle lotte più radicalidegli ultimi tempi. Hanno parte­cipato al confronto: ToninhoFerreira, esponente del Pstu (lasezione brasiliana della Lit­Quarta Internazionale, in primafila nelle mobilitazioni di oggi inBrasile) e dirigente della Csp­Conlutas (il più grande sindacatodi base dell'America Latina);Mohamed Arafat, rappre­sentante del Si.Cobas all'Ikea diPiacenza, protagonista dellagrande e radicale e vincente lottache i lavoratori della logisticahanno imbastito nei mesi scorsi;Karim, del Si.Cobas di Bologna,tra i compagni che hanno direttola lotta dei lavoratori della logi­stica alla Granarolo (presenti insala anche vari altri lavoratoridell'Ikea e della Granarolo); Pao­lo Ventrella, membro del coordi­namento nazionale di NoAusterity e delegato Fiom allaFerrari di Modena, esponentedella lotta contro il modello Po­migliano negli stabilimenti delgruppo Fiat (tra cui la Ferrari diMaranello); Francesco Carbona­

ra, Rsu Fiom Om Carrelli, unadelle fabbriche che sta chiu­dendo nella Puglia del go­vernatore Vendola, scaricandosulle spalle dei lavoratori anni digestione fallimentare, fabbricain cui gli operai stanno strenua­mente impedendo ai padroni diimpossessarsi dei macchinariaziendali e hanno organizzatoun presidio permanente; Mou­stapha Wagne, del coordina­mento nazionale di No Austeritye coordinatore nazionale dellaCub Immigrazione, animatore intutta Italia delle lotte degli immi­grati; Patrizia Cammarata, RsuCub al Comune di Vicenza, cheha ricordato gli attacchi chesubiscono le donne lavoratrici;Salvatore Friscini, operaiodell'Ilva di Taranto ed esponentesindacale dell'Usb, che haannunciato le mobilitazioni ra­dicali di questi giorni contro il li­cenziamento politico di unattivista sindacale nella lorofabbrica (mentre scriviamo glioperai dell'Ilva stanno sciope­rando e dando vita ad azioni dilotta radicale). A coordinare i la­vori, Stefano Bonomi, dirigentedel Pdac, che ha di volta in voltamesso sul tavolo i vari piani delladiscussione e le tematiche di cuisi è detto. Molto applauditi anchei saluti (per impossibilità a parte­cipare direttamente) che sonoarrivati dagli operai della Fiat­Irisbus (Resistenza operaia) e daAnnalisa Minutillo, protagonistadella lotta alla Jabil­Nokia di Cas­sina de' Pecchi (proprio in questigiorni le operaie e gli operai sonodi nuovo in occupazione e mobi­litazione permanente). La tavolarotonda è stata seguita da un vi­

vace dibattito, con interventi dimilitanti del Pdac, compagniattivi in alcune delle altre lotteche, pur frammentate, ci sono invarie parti del Paese. Tra gli altri:attivisti del No Muos, delle lottealla Telecom in Puglia, di colletti­vi studenteschi, ecc. Alcuni deicompagni esterni al Pdac (inparticolare provenienti da Ri­fondazione o da altre formazionidella sinistra) hanno suscitatoapplausi annunciando durante ilseminario la loro decisione diiscriversi al Pdac.

Costruire il partitorivoluzionario

La giornata di domenica si èconclusa con la relazione finaledi Fabiana Stefanoni, che hacollegato le lezioni della storiacon le necessità di lotta del pre­sente, ribadendo l'importanza diunificare e coordinare le lotte e, alcontempo, la necessità di co­struire il partito di classe, rivolu­zionario, e l'internazionale.Nelle conclusioni è stato piùvolte ricordato il ruolo deicompagni della Lega Internazio­nale dei Lavoratori ­ QuartaInternazionale (di cui il Pdac èsezione italiana) nelle varie mo­bilitazioni rivoluzionarie nelmondo, dal Brasile (dove il Pstu èalla testa delle lotte di questi me­si) alla Spagna (presente a Riminiil compagno José Moreno Pau,della direzione di Corriente Roja,sezione spagnola della Lit), alPortogallo, alla Turchia, all'Ame­rica Latina, al continente africa­no (emozionante latestimonianza di MoustaphaWagne che ha raccontato la re­

centissima costruzione della Litin Senegal). Il dato più evidente achi ha partecipato ai seminarinazionali degli anni scorsi e aquesto è il salto qualitativo delPdac, non solo numerico maanche di relazione intensa, co­struttiva e fraterna, con le mi­gliori avanguardie di lotta.Crediamo che sia merito anzi­tutto del nuovo contestointernazionale, segnato dalla ri­presa di un'ondata rivoluziona­ria (dal Nord Africa al MedioOriente, fino all'Europa, allaTurchia e al Brasile). Ma credia­mo che sia anche merito della li­nea politica e organizzativa cheabbiamo seguito in questi anni,controcorrente: quella della co­struzione di un'organizzazionedi militanti impegnati nelle lotte,sulla base di un programma diclasse e di una coerente pro­spettiva rivoluzionaria. E fonda­mentale, in questa prospettiva, èstato ed è per il Pdac la possibilitàdi crescere nel contesto di unaautentica organizzazioneinternazionale, la principale epiù estesa organizzazione che sirichiama al trotskismo, cioè alprogramma rivoluzionario: laLit­Quarta Internazionale. Ilcanto dell'Internazionale haconcluso la due giorni. Sui visi dimolti compagni si notava unanon trattenuta soddisfazione perla bella e intensa esperienza fattain questi due giorni e per il suosuccesso. Un passo avanti nonsolo per il Pdac ma per far cresce­re le lotte e la prospettiva rivolu­zionaria,nonavendoilPdacaltrointeresse o scopo che questo.

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PROGETTO COMUNISTA Ottobre ­ Novembre 2013 15INTERNAZIONALE

Siria:dalla minaccia di intervento all'accordo fra potenzeLa Lit­Ci al fianco della rivoluzione siriana

Valerio Torre

Per tutta l'estate appenapassata i ventidell'intervento militareimperialista hanno

soffiato sulla Siria. Gli oltre100.000 morti nella guerra civilescatenata dal regime di Bashar Al­Assad per schiacciare il processorivoluzionario scoppiato nelmarzo 2011 e tuttora in corso nonerano stati un “pretesto” suffi­ciente per le potenze occidentali,ma la notizia della strage di civilicon armi chimiche il 21 agostoscorso ha fatto ritenere che ildittatore siriano avesse oltrepas­sato quella che Barack Obamaaveva definito “la linea rossa”. Ecosì, il presidente Usa, distintosiper aver lanciato ad Assad unalunga serie di “penultimatum” (1), ha cominciato a mettere in motola sua macchina da guerracontandosuglialleatidisempre: ilfido scudiero premier inglese Ca­meron e lo scalpitante presidentefrancese Hollande.Tuttavia, l'intervento militare –non finalizzato a un'invasioneterrestre, né a un cambio di regi­me, come la stessa Casa Biancaaveva ripetutamente precisato (2) ,ma che pareva così imminente – èall'improvviso sfumato fino ascomparire del tutto. Cosa è acca­duto?

Obama … fulminatosulla via di Damasco?

Prima, un sondaggio dell'IpsosReuters evidenziava che lamaggioranza degli americani eraassolutamente contraria aun'altra impresa bellica. Poi, il 29agosto, il parlamento inglese hainaspettatamente votato control'intenzione di Cameron di parte­cipare all'intervento. Tutto ciò hadeterminato l'imbarazzato ri­pensamento di Hollande, che,trovatosi da solo, ha dovuto tenerconto della contrarietà dell'opi­nione pubblica francese e deimugugni di settori della maggio­ranza che lo sostiene.L'imprevista situazione ha postoObama nella necessità di uscireonorevolmente dal pantano incui si era cacciato (3). E l'occasione

gli si è presentata quando il suosegretario di Stato, John Kerry, haaffermato – non si comprende seper un apparente lapsus verbale ofacendosi sfuggire un'accidenta­le dichiarazione – che la messadell'arsenale chimico della Siriasotto controllo internazionaleavrebbe potuto fermarel'intervento. Subito Vladimir Pu­tin ha colto la palla al balzo peruscire anch'egli dall'incomodaposizione di difensore a oltranzadel regime di Assad, e fra le duepotenze si è giunti all'individua­zione di un escamotage: la vo­lontaria sottoposizione della Siria– che non lo aveva sottoscritto – altrattato per la messa al bandodelle armi chimiche. In sostanza,l'accordo raggiunto prevede cheAssad metta a disposizione dellacomunità internazionale il pro­prio arsenale chimico allonta­nando così la minaccia diintervento militare.

Un accordoche salva la faccia a tutti

mascherando la debolezzadell'imperialismo

Ecosìèstato.Inpochissimigiorni,e addirittura anticipando i tempiassegnati, il dittatore siriano hamesso a disposizione dell'Opcw(4)una lista dei siti ove sono custo­dite le armi chimiche. Il fatto èche, come molti esperti interna­zionali hanno sottolineato, il ne­

goziato è di fatto inattuabile, dalmomento che occorrerebberouna dozzina d'anni e una monta­gna di dollari per neutralizzarle (5).E lo stesso accordo è molto ambi­guo e reticente sulla reale possibi­lità di controllare e poidistruggere l'arsenale (6) .È evidente che il risultato del ne­goziato può essere utilizzato datutte le parti coinvolte per il pro­prio tornaconto: Obama potràsostenere che la minacciadell'intervento ha piegato Assad;quest'ultimo e Putin potrannosbandierare la propria fermezza eil proprio senso di responsabilitànell'aver evitato una guerra.Tuttavia, è altrettanto chiaro cheil cambio di scenario – dall'azionearmata imminente al fumosoaccordo – se da un lato consenteal regime di Assad di tirare un so­spiro di sollievo (e, soprattutto dicontinuare a concentrarsi sullosterminio del suo stesso popolocon armi convenzionali (7) ),dall'altro conferma che la“sindrome dell'Iraq” (e cioè lasensazione di frustrazione e diimpotenza maturata a partiredall'operazione Enduring free­dom in Afghanistan e poi ulte­riormente sviluppatasi con laguerra del Golfo contro SaddamHussein) continua ad attanaglia­re gli Usa. Il fallimentodell'aggressivo progetto imperia­lista portato avanti da George W.Bush e dai “neocon” ha prodottonella società statunitense undiffuso rifiuto dell'interventismoarmato: il pantano dell'Iraq edell'Afghanistan, con i suoi 7.000soldati morti (8) , ha appannatol'immagine di un'America“gendarme del mondo” determi­nando la contrarietà dell'opinio­ne pubblica all'azione militare.È il segnale dell'attuale debolezzadell'imperialismo, sia americanoche delle altre potenze occi­dentali. Ma è anche la dimostra­zione che all'incontestabilesuperiorità militare degli StatiUniti non fa riscontro analoga su­periorità politica. Gli Usa,insomma, non sono più in gradodi imporre la loro agenda, comeproprio la vicenda della Siria haprovato.

La resistenza combattesu due fronti

Intanto, la guerra civile prosegue.Nonostante la supremazia milita­re, le truppe del regime non rie­scono ad avere ragione dei ribelliche controllano importanti cittàcome Aleppo e Latakia. E anche aDamasco i soldati di Assad hannoil controllo solo del centro dellacittà e non delle periferie.Il fatto che un esercito meglioarmato e numericamente supe­riore non ingaggi con i ribelli unoscontro corpo a corpo perschiacciarli definitivamente, pre­ferendo invece colpire da lontanocon armi pesanti e aviazione, ladice lunga su quanto basso sia ilmorale delle truppe lealiste.Nondimeno, i rivoluzionari inarmi debbono combattere nonsolo contro le truppe del regime,ma anche contro le organizzazio­ni armate legate ad Al Qaeda che,pur essendosi schierate controAssad, perseguono il fine diimporre una teocrazia in Siria: e lofanno scontrandosi anche con iribelli dell'Esercito siriano libero(Esl), che dunque sono impegnatisu due fronti. È evidente, però,che, benché collocate nel campomilitare della rivoluzione, esse difatto costituiscono la quinta co­lonna di Assad fra i ribelli, poichéne indeboliscono l'azione.

Per una campagnainternazionale

di appoggio alla resistenza

Stando così le cose, con l'accordoUsa­Russia che lascia campo libe­ro a Assad per continuare lacarneficina da un lato e, dall'altro,con l'intervento degli integralistiislamici, l'azione militare dei rivo­luzionari dell'Esl contro il regimeviene frenata. Conseguente­mente, la guerra civile in atto ri­schia di protrarsi ancora a lungo (9)

con inenarrabili sofferenze per lapopolazione.È necessario perciò proseguirenella campagna di appoggio allarivoluzione siriana. Le organizza­zioni operaie e democratiche ditutti i Paesi debbono esigere che ipropri governi (10) inviino armi eappoggio materiale alla resistenzaper spostare a vantaggio dei ribellila loro situazione di inferiorità ri­spetto al regime, contempora­neamente opponendosi a ognitipo di intervento armatodell'imperialismo.In questo senso, la Lega Interna­zionale dei Lavoratori – QuartaInternazionale (Lit­Ci) intensifi­cherà e svilupperà in ogni Paesequesta campagna agevolandol'ascolto della voce della resi­stenza siriana attraverso l'orga­nizzazione di iniziative con icompagni dell'opposizione al re­gime di Assad.

Note(1) È dall'agosto del 2012 che Oba­ma ha individuato anche nel solospostamento di arsenali di armichimiche la “linea rossa” da nonoltrepassare. In più di un anno,però, sia il presidente Usa che suoifunzionari quella linea l'hannospostata in continuazione,tornando per ben sei volte in argo­mento senza mai chiarire conesattezza cosa realmente l'ammi­nistrazione statunitenseintendesse. Sulla rete circola inproposito una divertente vignettache ritrae Obama tracciare unaserie di linee rosse superate da As­sad con olimpica tranquillità(http://lega­linsurrection.com/wp­content/uploads/2013/03/Li­nes­in­Sand­590­LI.jpg).(2) Si veda la dichiarazione dellaLit – Quarta Internazionaleall'indirizzoalternativacomunista.it/content/view/1874/1/

(3) Una serie di freneticheconsultazioni con i vertici delleistituzioni non serviva atranquillizzare Obama, per ilquale si andava profilando unapossibile e umiliante sconfittaparlamentare nonostante egli siprodigasse in rassicurazioni sulcarattere limitato di un interventomilitare che non avrebbe previstol'invio di truppe né il rovescia­mento di Assad.(4) Sigla in inglese dell'Orga­nizzazioneperlaproibizionedellearmi chimiche.(5) Basti pensare che per smaltirele sue 44.000 tonnellate di armichimiche la Russia ha dovutospostare il termine finale delleoperazioni dal 2010 al 2030 e hadovuto chiedere un aiuto econo­mico all'Onu.(6)news.panorama.it/oltrefrontiera/L­illusione­di­una­vittoria­in­Siria(7)Si stima infatti che solo il 2 o 3%delle vittime della carneficina dalmarzo 2011 sia stato causato dallearmi chimiche.(8) Dato ufficiale, mentre le stimeufficiose parlano di una cifra su­periore al doppio. Il costo econo­mico ammonta a oltre 1.700miliardi di dollari.(9) Il vicepremier siriano, QadriJamil,harecentementedichiaratoche il conflitto tra regime e ribelliha portato a una impasse e nessu­na delle due parti dispone deimezzi per vincere.(10) Compresi quelli imperialisti,così come nella guerra civile diSpagna gli operai esigevano che igoverni imperialisti di Francia eInghilterra inviassero armi e aiutimateriali ai rivoluzionari spagno­li. Il rifiuto di quei Paesi venne de­nunciatocomeuntradimentocheaiutò la vittoria di Franco. Racco­mandiamo in proposito la letturadel testo di LevTrotsky, Imparate apensare , del maggio del 1938.

Mentre continuano i massacri del regime,la resistenza combatte su due fronti

Chiarificazione: Quello che sta accadendo in Siria non è una guerra civile basatasulla religione. È una rivoluzione dei Siriani che vogliono la loro “Libertà e Dignità”

Negoziati infiniti... (gli USA abbassano il sipario e al posto di Israele e Palestina si trovanorispettivamente il regime di Assad e la rivoluzione Siriana)

NON CI PIEGHEREMO MAI

30 Agosto 2013 San Paolo/Brasile ­ bandiera della rivoluzione sirianacon logo del PSTU (sezione brasiliana della LIT­CI)

studenti rivoluzionari siriani al 2° Congresso di ANEL,il sindacato studentesco della CSP­Conlutas (Brasile)

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16 Ottobre ­ Novembre 2013 PROGETTO COMUNISTATROTSKISMO OGGI

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