maitan, crisi del '29

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    Copyright 1976Savelli spa -00193 Roma -via Cicerone 44Copertina DavifIllustrazione: poster satirico americano (1972)

    ()

    Finito di stampare nel mese di marzo 1976

    93.

    113.121.133.153.

    Indice

    7. Caratteristiche e portatadella crisi economica 1929-32Crisi economica e lotte operaieLa nuova crisi dell'economiacapitalistica e le prospettive politichePrecisazioni e messe a puntOsulla recessione 1974-75

    55.75.

    APPENDICEDove va r economia capitalistica?La crisi economica italianaGlossarierro .Indicazioni bibliografiche

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    ICaratteristiche e portatadella crisi economica 192~ -32j

    Cicli e' onde lunghe' dell'economia capitalisticaE' noto che l'analisi dell'andamento dell'economia ca-

    pitalistica da un secolo e mezzo a questa parte consente diindivid uare con precisione il carattere ciclico dello sviluppoeconomico, cio l'alternarsi con relativa regolarit di fasi diboom e di fasi di crisi. Alla base delle fasi ascendenti, inspecie di quelle pi marcate, hanno agito fattori propulsorispecifici che hanno aperto nuovi sbocchi. Questi nuovi sboc-chi sono stati determinati alternativamente o contemporanea-mente ,da un'estensione dell 'area geografica investita dallaproduzione capitalistica, dall'introduzione di innovazioni tec-nologiche, da alterazioni brusche - dovute non ai rado acause extraeconomiche - dei rapporti di concorrenza. L1durata dei cicli ha oscillato tra un massimo di dieci-undici e unminimo di sei-sette anni (per esempio un ciclo si protrattoda11825 a11836, un altro dal 1900 a11907) l.Una tendenza del pensiero economico marxista ha ritenutotuttavia di dover individuare, al di l dei cicli classici, dei cicli

    1. Per un quadro riassuntivo completo cfr. il capitolo sulla crisi delprimo volume del Trattato marxista di economiadi E. MANDEL.Roma, SaveUi, 1975 z.In una prefazione al CaPitaleEngels accenna.a un ciclo decennaletra il 1825 e il 1867, aggiungendo che questo ciclo sembra inveroaver compiuto il suo corso, ma solo per ,farciapprodare nel pantanodi disperazione di una depressione permanente e cronica (1886) (IlcaPitale,Roma, Rinascita, 1956, libro l, 1, pp. 37-8).

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    lOnuovi continenti, lascoperta dinuove risorse naturali e, nell'ondata diquesti fattori, avvenimenti decisivi di natUra'sovrastruttUraie' come leguerre e le rivoluzioni, determinano il carattere e l 'alternarsi di fasiascendenti, stagnanti o declinanti dello sviluppo capitalistico 4.Questa precisazione - importante dal punto di vista delmetodo perch ribadisce la necessit di non isolare l'analisieconomica dall'analisi globale delle tendenze operanti nellasociet capitalistica - di per s sufficiente a mettere inguardia contro ogni tentazione di trasformare una interpreta-zione dell'andamento storico concreto dell'economia capitali-stica in una specie di legge insopprimibile per cui cicli lunghidi sviluppo accelerato si alternerebbero inevitabilmente a ciclilunghi di ristagno o di sviluppo contenuto. Resta tuttavia chele critiche rivolte alla tesi 'Trotskij-Kondrat'ev' si sonodimostrate false; resta, soprattutto, che !'interpretazione confortata dall'analisi storica concreta'.

    4. Lettera comparsa nella primavera del 1923 e pubblicata inFounh International, maggio 1941.5. Un esempio di critica di stampo staliniano fornito dal libro diL. L. LJUBosIC, Questioni della teoria marxista-leninista delle crisiagrarie, Torino, Einaudi, 1955: la teoria antiscientifica del Kon-drat'ev sui 'grandi cicli della congiuntUra' di 30-60 anni, tenta dispiegare le crisi agrarie persistenti conuna duratUra ondata di ribassodel 'grande ciclo'. Lo schema artificiale degli inesistenti 'grandi cicli'fu inventato dal sabotatore Kondrat'ev per spiegare la profondadecadenza, lo sfacelo e tUtti gli inconvenienti del capitalismo dopo laprima guerra mondiale con lalunga onda depressiva del 'grande ciclo'cui sarebbe fatalmente subentrata una nuova era di prosperit del ca-pitalismo. Riteniamo superfluo dilungarci ad analizzare questa 'teoria'apologetica borghese, che mira unicamente a contrapporre alla dot-trina di Lenin e di Stalin sulla crisi generale del capitalismo l'afferma-zione della ' incrollabile perpecuit del regime capitalistico Non acaso, di questa teoria dei 'grandi cicli' , che predice un nuova era diprosperit capitalistica, sifece banditore ilgiuda Trotskii, agente dellespie fasciste che ardi i suoi piani nefandi e commise i suoi atrocimisfatti calcolando sull'accerchiamento del capitalismo e mirando aristabilirlo nel nostro paese (pp. 456-7). Una critica alla scorrettateoria di Kondrat'ev sui ciclilunghi, che anche Trotskij ha ampiamen-te accettato e che si baserebbe sull'azione che la grande crisi agrariadel XIX secolo esercit sull'industria introdotta di passata anchenello scritto di EUGENVARGA,La grande crisi e le sue conseguenze

    (,i!,)

    11Infatti, !'ipotesi della possibilit - non della 'fatalit' di unanuova fase ascendente dell 'economia capitalistica, che i por-tavoce dello stalinismo respingevano con il consueto arma-

    mentario di argomenti di sapore poliziesco, si dimostratavalida: non essendo stato rovesciato dalla rivoluzione e aven-do superato la prova della seconda guerra mondiale, se purcon la perdita di nuove aree, il capitalismo ha conosciuto apartire dalla fine degli anni quaranta o dall'inizio degli annicinquanta una nuova fase ascendente vigorosa che ha investitocontemporaneamente gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europaoccidentale. Il quadro abbozzato da Trotskij pu essere,dunque, completato come segue: dal 1914 al 1940 si registrata una nuova onda lunga di ristagno odi sviluppolimitato, mentre dal dopoguerra (o dal 1940 negli Stati Uniti)sino al 196~-68 circa si avuta una nuova onda lunga disviluppo accelerato 6.Analogamente a quanto avvenuto in fasiprecedenti, la fase ascendente del secondo dopoguerra statacaratterizzata da una esplosione tecnologica. Come l'ondatadal 1847 al 1873 era stata contraddistinta dalla sostituzionedella macchina a vapore con il motore a vapore, quella tra il1893 e il 1914 dall'introduzione del motOre elettrico e delmotore a scoppio, cosi l'ondata pi recente ha visto l'affer-marsi dell'elettronica e dell'energia nucleare. Rimane unaquestione aperta - su cui torneremo alla fine del nostro scrit-to - se dopo il 1968 sia commciatao no una nuova ondalungadepressiva.1/.ic/o degli anni flentiDall'inizio del secolo all'inizio degli anni venti si erano suc-cedu ti tre cicli economici. Il primo, dal 1900 al 1907, era6. Nel capitolo Die'lange Wellen'in der GeschichtedesKaPitalismus

    (Le 'onde lunghe' nella storia del capitalismo) del suo DerSpatlea.f1italismus (Frankfurc, Suhrkamp Verlag, 1972),. ER-NEST MANDELtraccia il seguente quadro delle onde lunghe alter-nate, cio di espansione sostenuta e di ristagno o sviluppo limitato:1793-1825, 1826-1847, 1848-1873, 1874-1893, 1894-1913,1914-1939, 1940 (1945)-1966, 1%7 Una sintesi di questo

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    12stato legato allo sviluppo della sidrurgia (compresi gli usimilitari), delle costruzioni navali, delle centrali elettriche e deitelefoni. Il secondo, tra il 1907 e il 1913, era stato caratteriz-zato dagli stessi elementi stimolanti. Il terzo,-tra il 1913 e il1921, era stato condizionato dalle esigenze belliche e, succes-sivamente, della ricostruzione. Tra gli elementi pi specificierano entrati in gioco una crescita notevole dell'industriachimica e !'impulso dell'industria automobilistica.Il rilando postbellico inizia dal 1919. In Europa, dove nn-

    dustria si riprende con lentezza, assume un carattere in largamisura speculativo. Negli Stati Uniti invece ha un respiro benmaggiore, con una notevole riconversione dell'industria lleesigenze di pace. (Per non. citare che tre indicatori, la .produzione di petrolio passa da 356 milioni di barili nel J918a 378 nel 1919 e 442 nel 1920, la produzione di automobiliaumenta nello stesso triennio da 1.153.000 a 1.974.000 e a2.350.000, mentre la costruzione di navi ha un andamentopi irregolare in quanto sale da 3.303 migliaia di tonnellatenel 1918 a 4.075 nell'anno successivo per cadere a 2.746 nel1920). Ma gi nel 1921 si verificauna caduta che comincia inGiappone nel mese di marzo per coinvolgere nel mese suc-cessivo gli Stati Uniti e quindi l'Inghilterra, la Francia. el'I talia. .. .E' con l'avvio al superamento della crisi del 1921 che siinaugura il ciclo degli anni venti, cui porr fine il terremotodel 1929. Tra i fattori trainanti di questo ciclo, lo sviluppo suscala mondiale dell'induStria a1.itomobilistica, dell'industriadella gomma, dell 'industria petrolifera, delle attrezzatureindustriali, degli apparati elettrici, dell'industria chimica. Siverifica un bom delle esportazioni di capitali statUnitensi, inprimo luogo in direzione dellaGermania.Durante questo periodo, sino alla vigilia del' crollo

    clamoroso, si diffonde una straordinaria euforia tra gli uominidi affari, tra gli economisti e tra gli uomini politici. Siprevedequasi senza eccezioni una durata indefinita del boom e si suc-cedono i panegirici dell"epoca nuova' in cui esisteva ormai lapossibilit del benessere universale, se non dell'universalearricchimento.Eppure un esame anche sommario basta a mettere in luce

    13

    I

    ufficiale. Seri elementi di squilibrio - politici o pi stret-tamente economici - continuavano ad agire: si pensi aiproblemi creati dal ritorno al go/dstandard con allineamenti.delle monete all 'oro sulla base di rapporti rivelatisi erronei, ealle conseguenze negative per la bilancia commerciale e labilancia dei pagamenti, nonch alla tormentosa questionedelle riparazioni e dei debiti di guerra. In realt, nell'ambitodella fase cui ci riferiamo, rascesa non Stata affatto costanten generalizzata e il boom vero e proprio non ha avuto inizio ..che nel 1925.I dati globali indicano che tra il 1925 e il 1929 laproduzione mondiale delle materie prime ha registrato unincremento dell'Il %,la produzione industriale tra il 23 e il

    27% e il commercio mondiale di circa il 20% (Rev;ew o/World Production 1925-1931, pubblicata dalla Societ delleNazioni). Ma in paesi importanti, come la Gran Bretagna e ilGiappone, l 'andamento stato sensibilmente meno positivoche negli Stati Uniti e nella stessa Germania. In Gran Breta-gna, se si sono sviluppate nuove industrie e se nella regione diLondra e del Sud-Est la congiuntura stata favorevole, nelGalles, nella regione di Manchester e nel Nord-Est si avutauna disoccupazione abbastanza elevata, soprattutto dopo losciopero generale del 1926. L'industria del carbone e dell'ac-ciaio, i cantieri navali e le costruzioni hanno conosciuto unasituazione depressiv~. Quanto al Giappone, il tasso di svilup-po negli anni venti stato pari a circa la met del decennioprecedente e di quello successivo.Negli stessi paesi a sviluppo pi sostenuto non sono man-cati- anchedopoil 1925- i momentidipausao dirallen-tamento. Nel 1927 un ribasso della produzione si verificatonegli Stati Uniti (nndice industriale, basato su& media1923-25, cadeva da 111 nel maggio a 99 in se~embre). Nel1925, d'altronde, era gi iniziata la flessione nell 'industriadelle costruzioni. Nell 'inverno 1925-26, dopo il fallimentodella Stinnes nel giugno precedente, siera avuto in Germaniaun sensibile aumentO della disoccupazione e contemporanea-mente erano calatiin modo drastico gli investimenti '.7. Oltre alle fonti via via indicate, ci serviamo largamente dei dati

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    f-I 14Aggiungiamo qualche altro dato per dare un'idea della por-tata dell'ascesa di quel periodo e di certe sue caratteristiche.

    Negli Stati Uniti, nel momento culminante del boom, la di-soccupazione era dell'ordine del 3,1%, mentre gli aumenticomplessivi dei salari tra il gennaio 1925 e il gennaio 1929non erano andati oltre il 5% (l'aumento statO dell'8% tra il1923 e il 1929). Quanto ai prezzi, l'indice generale haregistrato tra il 1926 e il 1929 una riduzione di circa il 5%con un andamento opposto dei prezzi agricoli (+ 5%) rispet-to a quelli delle altre merci (- 8% circa). Per passare aqualche dato pi significativo, la produzione industriale,rispetto al 1913, ha segnato nel 1929 i seguenti aumenti:

    Stati Uniti + 75%Belgio + 52%Francia + 39,05%Germania + 10%Gran Bretagna + 9%

    Va da s che questi dati hanno un valore relativo: b~ti pen-~are che la Francia ha raggiunto il punto pi alto dellaproduzione industriale non nel 1929, ma nel 1930 e che,per la Germania, per ragioni ovvie, il riferimento del 1924 pi significativo di quello del 1913 (effettivamente, rispetto al1924, il progresso maggiore stato ottenuto appunto dallaGermania).

    N el corso degli anni venti la produzione industriale negliStati Unici ha registrato un incremento notevole della produt-tivit: l'aumento per uomo-ora stato pari al 40%. Contem-poraneamente si sviluppato un forte movimento di concen-trazione: nel 1930 le duecento maggiori societ - escluselebanche - erano cresciute, rispetto a dieci anni prima~due otre volte di pi delle societ minori ed erano arrivate a con-trollare circa met del patrimonio complessivo delle societ.Abbiamo gi segnalato la relativa modestia degli aumentisalariali: tra il 1923 e il 1929, come si detto, l'incrementodei salari scatOsolo dell'8% di fronte a un incremento dellaproduzione industriale per uomo-ora del 32%. I profitti,invece, nell'arco del decennio, hanno registratO un aumento

    ~~i

    III!

    15mentre i profitti delle societ finanziarie sono cresciutiaddirittura del 150%8.

    Al quadro del periodo mancherebbe un elemento importan-te se ndn accennassimo al boom della borsa, destir..atOadiventare oggetto di inesauribili polemiche dopo lo spet-tacolare crollo dell'autunno 1929. Tendenze speculative inborsa si erano delineate a partire dal 1924: gi nel 1925 si eratoccato in due occasioni il tetto dei tre milioni di azioninegoziate in un solo giorno e lo stesso livello era statoraggiunto tre volte nell'anno successivo. Ma era nel 1928 enei primi mesi del 1929 che il fenomeno assumeva le dimen-sioni pi clamorose. L'attrazione della borsa era tale che siverificavano dirottamenti dagli investimenti industriali e unadiminuzione dei depositi bancari e a causa delle speculazioniborsistiche, in particolare dalla met del 1928, si verificavaanche una caduta degli stessi prestiti esteri. Finanzieri,1speculatori e agenti di borsa costruivano un fantastico castello

    Ii sempre nuove societ finanziarie, investment trusts ecc. , 0'escogitando i metodi pi ingegnosi e meno scrupolOsi pe;-consentire la partecipazione all'avventuroso festino anche dicoloro che disponevano di capitali relativamente limitati i(grazie agli 'acquisti a termine' e con il ricorso ai prestiti di 'agenti di borsa, per cui un acquirente doveva sborsare solouna parte del valore delle azioni, in molti casi non oltre il25%9). Il saggio di Galbraith, The Great Crash, fornisce inproposito significativi dati e illustrazioni.Solo alcune cifre per dare un'idea delle dimensioni delfenomeno. L'indice dll'Annalisc>" comprendente ven-.ticinque azioni industriali, passava da 138 al30 marzo 1926 a469 il 19 settembre 1929, mentre il pi celebre Dow.Jones(

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    16dell'industria, passava da 163 nell'aprile 1926 a 381 all'iniziodi "ottobre del 1929. In un periodo di tre anni la somma com-plessiva deU'aumento dei corsi superava i 100 miliardi didollari. Nel 1928 l'indice delle azioni industriali elalx>ratodal4(Times. passava da 245 a 331; le azioni Radio crescevano da85 a 420, le Du POnt da 310 a 525, le Montgomery Ward da117 a 440, le Wright Aeronautic da 69 a 289. Quanto aiprestiti garantiti da titoli (broker's loans), che all 'inizio deldecennio avevano oscillato tra il miliardo e il miliardo emezzo di dollari, all'inizio del 1926 erano gi dioltre due miliar-di e mezzo per arrivare a circa tre miliardi e mezzo alla finedel 1927 e a quattro miliardi il primo giugno 1928. Nel 1929superavano gli otto miliardilo. "Nei tre mesi estivi del 1929l'ascesa assumeva un carattere frenetico: mentre per tutto il1928, pure molto favorevole, !'indice industriale Times ave-

    . va segnato un incremento di 86,S punti, nel giugno-agosto1929 l'indice saliva di ben 110 punti (da 339 a fine maggio a449 a fine agosto). Quanto alle singole azioni, valgano treesempi, sempre per i tre mesi suindicati del 1929: leWestinghouse passavano da 151 a 286, le Generai Electrie da286 a 391 e le Steel da 165 a 258.E' stata soprattutto l'euforia della borsa a contribuire a

    creare quella psicologia di incondizionato ottimismo, cheappare come uno dei tratti del periodo e che dovevainevitabilmente attirare l'attenzione critica dei posteri, fortidel senno di poi. Si potrebbe raccogliere in proposito unaesilarante antologia a dimostrazione della clamorosa incapacitdi previsione sino alla vigilia stessa del disastro come delcarattere antidiluviano di certe concezioni di politicaeconomica. Herbert Hoover si meriterebbe senz'altro unposto di primo piano grazie, per esempio, a un discorsodell'Il agosto 1928, in cui non siera peritato di affermare:Oggi noi americanisiamopi vicinial trionfo finalesullamiseria

    che in qualsiasialtro momento in qualsiasialtra nazione.Gli ospizidei poveri stanno scomparendo.Non abbiamoancora raggiuntolameta, ma se ci sardatal'opportunitdi proseguireconi metodidegli

    17ultimi Otto anni, vedremo presto con l'aiuto di Dio, ilgiorno in cui lamiseria sar bandita daquesto paese.

    t.

    . Per parte sua, il predecessore di Hoover, Coolidge, con uncandore mistO a cinismo aveva espresso nitidamentel'ideologia della classe dominante in quel periodo, ispirata aun vero e proprio culto degli affari e almito tenace dellaissezfaire: 4(Gliaffari pi importanti degli americani - aveva dertocon singolare acutezza - sono gli affari, proclamando con-temporaneamente che l'uomo che costruisce una fabbricacostruisce un tempio e l'uomo che vi lavora vi prega. La.suadiffidenza verso il governo - in cui pure avrebbe dovutoavere una parte non irrilevante - lo aveva portatO, d'altraparte, a dire: Se il governo federale scomparisse, la gentecomune non se ne accorgerebbe per lungo tempo.La. cecit non era appannaggio degli uomini politici.Uomini di affari ed economisti, pi o meno noti, meritanopure una segnalazione. Che cosa dire, per esempio, di illustriprofessori di non" meno illustri universit, da Lawrence aFisher, spietatamente rievocati da Galbraith, che facevano glielogi della stabilit della borsa proprio pochi giorni prima deltracollo? Che cosa dire della malcapitata Harvard EconomieSociety che, dopo avere a lungo previsto una recessione,capovolgeva il proprio pronostico proprio nell'estate del1929? Che cosa dire dei violenti attacchi di cui erano imme-diatamente oggetto quei pochissimi che osavano avanzarel'ipotesi che il boom non potesse durare indefinitamente?Di contro all'incapacit degli esponenti del capitalismo diprevedere le reali tendenze di sviluppo va ricordata l'acutezzadi . analisi e di previsione di chi si sforzava di applicarecorrettamente il metodo marxista. Gi all'inizio degli anniventi, quando si era delineato il rilando del dopoguerra, sierano sviluppate intense discussioni sulle prospettivedell 'economia capitalistica e l'Internazionale comunista erastata una dei principali teatri di queste discussioni. Nellarelazione gi citata Trotskij non aveva affatto negato lepossibilit di una ripresa, come non doveva negarle in scrittisuccessivL Ma aveva sottolineato come, nel contesto dato, le

    I

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    18 19del 1922, con un esplicito richiamo a Trotskij che allora nonaveva ancora un sapore ereticale H.

    'I

    Lo scoPPiodellacrisi

    registrava un nuovo clamoroso crollo. Questa volta i banchierinon solo non intervenivano, ma dichiaravano esplicitamenteche non era loro obiettivomantenere un determinato livello ,dei titoli. Il giorno dopo si delineava una parziale ripresa, ma:,.. ._. .. . . . ~ ..4 ,.'0.. ..~.'~,~... ._ ..." .. _ :!O_......poi la parabola dlsceiioente'riprendeva sino a toccare punte irecord negative il 13 novembre. jQualche elemento sulle dimensioni dei fenomeni men-zionati. L'indiceDowJonescadevada 381 il3 settembre a 198il 13 novembre (alla fine dell 'anno doveva risalire sino a 250).Secondo !'indice deU'Annalist dal 19 settembre al 13novembre si verificava una caduta da 469,5 a 221 (con unricupero sino a 275 il 21 dicembre). Secondo l'indice del((Times il 29 ottobre si produceva una flessione di 43 punticon un annullamento dei guadagni registrati nel corso deidodici mesi precedenti. Lo stesso giorno erano vendute allaborsa di New York ben 16.410.030 azioni. Il 28 ottobre leazioni della General Motors diminuivano il loro valore di cir-ca due miliardi di dollari. Quanto alla perdita complessivaregistrata dalle azioni in poche settimane, sempre lla borsa diNew York, ammontava a oltre 26 miliardi di dollari (con unadiminuzione di valore di circa il 40%). Nelle tre giornatedell'Il, 12 ,e 13 novembre l'indice del Times subiva unanuova flessione di 50 punti.Per evitare di ritornarci, aggiungiamo qui qualche dato ri-guardante l'arco complessivo della crisi. L'indice ((Times-che era a 224 alla chiusura del 13 novembre 1929 - scen-

    deva sino a 581'8 luglio 1932. Nello stesso periodo le azionidella Standard Oi! precipitavano sino a 22 (262 il 3 settembre1929) e quelle della General Motors sino a 8 (73 il 3 settem-bre 1929). La caduta era ancora pi catastrofica per i cosiddet-ti investment trusts, che tanta par~e avevano avuto nell'ascesa..speculativa. Sempre 1'8 luglio 1932 Blue Ridge era scesa allaquotazione di 63 tent e Shenandoah di 50. United Founderse American Founders erano attorno ai 50 cent, mentre il 3settembre 1929 avevano raggiunto rispettivamente 70 e 117dollari 13.

    Segni premonitori. della crisi si erano avvertiti sin dallaprimavera del 1929. La borsa di New York aveva conosciutouna prima giornata difficile il 26 marzo, quando erano statiscambiati oltre Otto milioni di azioni e l' indice del Timesaveva registrato una caduta di 15 punti. In settembre siverificarono delle flessioni, preannunciando la fine del por-tentoso boom. Ma l'uragano che doveva sconvolgere WallStreet si scatenava tra il 24 e il 30 ottobre con un succedersidi vicende drammatiche e con una caduta verticale dellequotazioni. La grande depressione, destinata a marcareprofondamente gli Stati Uniti e, in misura pi o meno grande,il mondo intero, si era irresistibilmente messa in moto.Il crollo in borsa cominciava con il precipitare di una serie

    di titoli mercoledi 23 ottobre. Ma il panico scoppiava soprat-tutto il mattino successivo, il giovedl nero: tutti cercavano divendere, gli acquirenti venivano meno e le quqtazioni siabbassavano vertiginosamente. Venivano scambiati omplessi-vamente tredici milioni di azioni! A met della giornata igrandi banchieri decidevano di intervenire energicamente,costituendo una specie di pool di acquirenti cui quattro grandibanchieri contribuivano ciascuno con alcune decine di milionidi dollari (la cifra esatta oggetto di contestazione: alcunil'hanno valutata a 40 milioni di dollari ciascuno, altri a unasomma tra i 20 e i 30 12). Il risultato voluto era raggiunto: lavalanga veniva contenuta. Si trattava, tuttavia, di un successoeffimero.Gi all'inizio della settimana successiva i titoli subivano

    nuovi massicci cedimenti e il 29 ottobre - il marted nero _11. C' appena bisogno di dire che le previsioni della relazionecitata non si sono realizzate interamente. Ma era stata colta in terminisostanzialmente corretti la caratteristica generale del nuovo ciclo.12. Nei giorni immediatamente successivi i banchieri ributtavano

    13. Molti dei dati che riportiamo, risalenti a varie fonti, sono statiutilizzati negli studi citati di KindIeberger, Galbraith, Varga e

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    20 21Sulle cause del crollo a Wall Street e sui rapporti tra questocrollo e la grande depressione si sono accese sin dall'autunnodel 1929 polemiche e discussioni.Galbraith, nello studio citato, ritiene che il crollo sia stato

    , p.ro.vocatoy-,inultima analisi, dal venir meqQ"q~Uajid.ucia-Non, c' dubbio che il clima di euforia alimentato dalle ripetUteprese di posizione a banc@eri,economistie uominidi gover-no, aveva CO~!Q~J1Q._~n'~.9Igjmu:kd2.QQm.AellaQ.~a. Erainevitab"ITeche un movimento in senso inverso si delineasse- e con rapidit - non appena cominciasse a essere intaccatala fiducia nella inesauribilit della portentosa ascesa. Quanto: pi la costruzione era stata stimolata e tenuta in piedi coniartifici di ogni genere e quanto meno aveva Cor.dp.9ncle.oza...!con l'andamento reale deii~con'mia~-i:aiito-pli)improvviso e\"-r~viDoso.dovev-esserei croilo:'Perricorrere'~'~~ ~g~sportiva, un atleta che, si droga pu realizzare per un certoperiodo eccezionali performance, superiori a quelle che i suoimezzi normalmente gli consentirebbero; ma quando lasaturazione raggiunta e l'organismo ha una reazione di riget-to, sopraggiunge inevitabilmente un collasso demolitore.Al di l delle manifestazioni macroscopiche, il meCC!l~ismonegativo veniva messo in moto da coloro che, per essere pidirettamente legati al contesto produttivo o per averecomunque mantenuto una maggiore lucidit di analisi, perprimi avevano avvertito che la congiuntura era giunta a unasvolta e che non sarebbero servite nuove iniezioni distupefacenti. Proprio le vendite da parte di costoro avevanodeterminato i primi sintomi di flessione ai primi di settembredel 1929. Qui arriviamo alla causa fondamentale del crash.Senon esiste una corrispondenza meccanica e tanto meno unacorrispondenza inunediata tra congiuntura economica e anda-mento della borsa, ci non toglie che il secondo elementonon pu affatto prescindere dal primo. Quando l'economiaencra in difficolt e poi in una crisi vera e propria, quandodiminuiscono, si contraggono e in certi settori scompaiono imargini del profitto, il mercato borsistico encra a sua volta incrisi e, ripetiamolo, tanto pi esplosiva e drammatica questacrisi quanto maggiore era stata la precedente divaricazione trapotenzialit economiche reali e. operazioni speculative. Mainella storia del capitalismo tale divaricazione aveva raggiunto

    le dimensioni raggiun~e negli Stati Uniti tra il 1925 e il 1929- e soprattutto tra il 1928 e il 1929 -; mai il capitalismo hasubito una catastrofe borsistica della portata di quella che hasconvolto Wall Street nelle giornate 'n~re' d. un ottobredivenuto un puntO di riferimento quasi obbligato.Queste semplici considerazioni sono sfficienti a confutarel'ipotesi secondo cui la grande depressione avrebbe avutocome causa prima il croUo di Wall Street. L'interpretazioneopposta - corrispondente ai criteri di indagine marxisti econdivisa anche da molti che al marxismo non si richiamanoma che sanno cogliere la reale concatenazione dei fenomeni- confortata, peraltro, dalla cronologia degli avvenimenti. Isintomi inequivocabili di un mutamento di congiuntura sierano manifestati, infatti, prima delle drammatiche settimanedi ottobre, e il fatto che sul momento fossero stati SOttO-valutati non altera minimamente la sostanza delle cose..vediamo pi concretamente. L'indice complessivo An-nalist registrava per il periodo tra maggio e novembre l'anda-mento seguente:

    maggio = 108,8giugno = 107,5luglio = 108,5agosto = 106,8settembre = 105,7ottobre = 103,7.L'indice della produzione industriale elaborato dalla FederalReservecalava nell'ottobre a 117, mentre era stato di 126quattro mesi prima. L'industria automobilistica passava - in

    . migliaia di unit - da 636 in maggio a 576 in giugno, 518 inluglio, 513 in agosto, 430 in settembre, 394 in ottobre, 214in novembre e 160 in dicembre. La produzione dell 'acciaiosubiva pure una contrazione gi apartire da maggio: da 126(migliaia di tonnellate) a 124 in giugno, 122 in luglio, 121 inagosto, 117 in settembre, 116 in ottobre e 106 in novembre.Quanto all'industria delle costruzioni - che, come si visto,aveva cominciato a declinare gi nel 1925 -,registrava unaulteriore caduta: 652 in luglio, 489 in agosto, 445 in settem-bre, 446 in ottobre, 350 in novembre e 300 in dicembre (le

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    22cifre indicano i contratti mensili di costruzione espressi inmilioni di dollari). Secondo altri dati gli investimenti netti incase di abitazione diminuivano rispetto al 1928 di un miliardodi dollari.Nello stesso tempo si delineava un aumento delle SCortecommerciali che passavano da 500 milioni di dollari nel 1928a 1800 milioni nel 1929, mentre diminuivano nettamente gliacquisti da parte dei consumatori (+ 7,4% nel 1927-28, -1,5% nel 1928-29). Quanto all'occupazione !'indice (1925 =100) aveva la seguente evoluzione: maggio = 121, giugno =126, luglio = 124, agosto = 123, settembre = 121, ottobre= 117. I prezzi cominciavano a scendere, in generale, a par-tire da settembre con un movimento destinatO a protrarsi pertre anni. L'indice complessivo dei prezzi del Bureau of LabourStatistics passava da 140 in settembre a 135 in novembre edicembre, Contemporaneamente si delineava una progressivacontrazione delle importazioni (le esportazioni comincerannoa declinare dal gennaio 1930 14).Se il boom speculativo della borsa e il successivo crollo nonpossono essere considerati come la causa della grande crisi,ci non significa, tuttavia, che non abbiano avutO effetti

    lrilevanti. Come si accennato, non c' dubbio che l'euforia

    .borsistica ha con~~C?~ ~t~olare, sia pure artificios~ente,

    ,la..c_0':1~~~t':l.~}vor~vole,come vi ha contribuito, su un altropiano, il diffondersI delle vendite rateali (si calcola che neli 1929 circa un terzo delle automobili fossero acquistate coni questo sistema). In altri termini, le risorse derivanti daoperazioni o speculazioni sulle azioni e l'a\up~mQ d~J.potere. \ diacq~is~

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    26 27riduzion~ anche sensibile della produzione, non di rado conuna contrazione delle aree coltivate (questo secondo fe-nomeno , tuttavia, il pi delle volte conseguenza di misuredi politica economica che tendono a incoraggiarlo con premi,concessioni ecc.).In secondo luogo - ed ' un punto ancora pi importante- le crisi agrarie hanno avutOla tendenza ad assumere ritmidi sviluppo ben diversi da quelli delle crisi industriali, ciomeno bruschi e molto meno rapidi. In questo senso non

    esiste una corrispondenza esatta tra i due cicli, i cicli agrariessendo notevolmente pi estesi, al di l delle effettiveoscillazioniinterne. .Da questO sarebbe errato ricavare la conclusione che si trat-

    ti di fenomeni del tutto indipendenti. Ripetiamo: i ritmi e cer-te caratteristiche sono diversi e non esiste una corrispondenzaesatta. Ma, in primo luogo, le cause strutturali sono le stesse(la crisi agraria pur sempre una crisi capitalistica di sovrap-produzione che nasce dalle contraddizioni fondamentali delcapitalismo). In secondo luogo, le crisi industriali tendonoinevitabilmente ad aggravare le crisi agrarie nella misu,ra in cuicomportano un restringimento degli sbocchi, mentre ilprotrarsi di una crisi agraria anche in una congiuntura global-mente favorevole un ostacolo a uno sviluppo sostenutodell'industria.Nel corso dell'ultimo secolo si sono avute due grandi crisiagrarie prolungate: la prima dal 1873 al 1895, la seconda dal1920 al 1940. Il semplice dato cronologico suggerisce duecoincidenze. Laprima - meno importante - la coincidenzadell'inizio di una crisi agraria con una crisi industriale (1873 e

    1920-21). La seconda una coincidenza delle due grandi crisiagrarie con due onde lunghe di crescita contenuta o di rista-gno relativo (1873-95 e 1920-40). Si tratta di una confermaempirica, in ultima analisi, dell'azione reciproca che pur sem-pre esiste tra i due fenomeni.La crisi agraria dell'ultimo quarto del secolo scorso - comegli studiosi marxisti non hanno mancatOdi rilevare gi a par-tire da Kautsky - ha tratto origine dalla concorrenza ttan-soceanica che, in seguito allo sviluppo dei mezzi di trasporto,aveva investito violentemente l'Europa. L'agricoltura transo-

    dalla rendita fondiaria e di svilupparsi su terreni in cui erapossibile ottenere per i grandi prodotti di base rendimenti pielevati. Ci valeva per le due Americhe Eper l'Australia. Nelcaso dell'India e della Russia entravano in gioco fattori diver-si, ma con lo stesso risultato; i prodotti potevano affluire sulmercato a prezzi pi bassi. Ne derivava una caduta generaliz-zata dei prezzi, dovuta sia all'abbassamentOdel valore di mer-cato sia all'abbassamentO dei prezzi al di sotto di questo stessovalore, data la sovrapproduiione.La cristallizzazionedella rendita, la lentezzae l'insufficienzadellasua riduzione in un periodo di diminuzionedel sovrapprofittochela rendita fondiariastessa- scriveLjuboic- furonoallalorovoltauna delle cause principalidellapeculiarite della durataeccezionale

    dellacrisi agraria 19.Il superamentO della crisi avveniva per l'azione convergentedelle riconversioni culturali (sviluppo della produzione del

    bestiame, trasformazione a prato e a pascolo di terre primacoltivate a grano), e cio di una almeno parziale nuovadivisione mondiale del lavoro, di una razionalizzazione

    19. Il seguente passo di Engels stato giustamente rievocato intutti gli studi marxistisull'argomento: .I transatlantici, le ferrovie dell'America settencrionale e meridio-nale e quelle dell'India, dettero a paesi del rutto particolari lapossibilit di affacciarsi come concorrenti sui mercati granari europei.Da un lato c'erano le praterie dell'America settentrionale, le pampasargentine e le steppe, gi per natura adatte a essere dissodate conl'aratro; terreni vergini che da molti anni producevano abbondantiraccolti anche con sistemi primitivi di coltivazione e senza concime.Dall'alcro c'erano le terre delle comunit contadine russe e indiane,costrette a vendere parte del loro prodotto, e una parte sempremaggiore, per recuperare il denaro necessario al pagamento delleimposte che l'implacabile despotismo dello StatO spremeva da esse,spesso per mezzo della toreura. Questi prodotti venivano vendUti alprezzo offerto daI mercante, poich il contadino, alla scadenza di unpagamento, doveva procurarsi il denaro a ogni costo. Di fronte aquesta concorrenza, di fronte alla concorrenza della terra verginedella steppa e dei contadini -russie indiani oppressi da imposte inso-stenibil i, i l fi ttavolo e il contadino europeo non potevano .pi con-tinuare a pagare le vecchie rendite. Una parte della terra in Europa sidimostr definitivamente incapace di sostenere la concorrenza della

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    '28ottenuta con un uso delle macchine facilitato dalladiminuzione dei prezzi industriali, dall'introduzione di daziprotettivi. Contemporaneamente si era venuta delineando unacerta parificazione delle condizioni strutturali: in particolarenegli Stati Unici si era esaurita la riserva di terreni liberi e siera imposta la rendita fondiaria.La seconda crisi agraria ha: dimensioni mondiali: noncolpisce un continente in particolare, ma li coinvolge tutti.D'altro canto, investe non solo alcuni settori, ma tutti i settorisenza eccezione, rendendo cosi assai pi difficile un recuperotramite.nuove riconversioniculturali. .L'inizio della crisi risale alla prima met del 1920. Ilfenomeno assume Particolare gravit negli Stati Uniti, dove ilreddito agricolo lordo cade da 17,7 miliardi di dollari nel1919 a 10,5 miliardi nel 1921, mentre nello stesso periodo!'indice complessivo dei prezzi agricoli scende da 215 a 125.Conseguenza della crisi: diminuiscono notevolmente i prezzidella terra e aumentano notevolmente i debiti (le spese perinteressi per ettaro raddoppiano tra il 1916 e il 1923).Dopo il 1921, con l'inizio del nuovo ciclo economico, siregistra una ripresa dei prezzi, e tra il 1924 e il 1928, incorrispondenza con l'alta congiuntura, si opera una certaristabilizzazione. Tuttavia, si accentua e si generalizza il cosid-detto fenomeno delle forbici, cio la divaricazione tra prezziagricoli e prezzi industriali a vantaggio di questi ultiJni. Con-temporaneamente aumenta in misura considerevole il pesodella commercializzazione dei prodotti. (con il divario traprezzi all'ingrosso e prezzi alminuto). Si delinea cosi un trattocaratteristico della nuova crisi. A gravare sull'agricoltura non pi solo la rendita fondiaria, ma anche la struttura monopo-listica o tendenzialmente monopolistica del capitale finan-ziario.

    Un'altra caratteristica consiste nel fatto che la crisi producvere e proprie tendenze regressive. In ultima istanza, si deter-mina una riduzione sensibile della produzione. Molti settorisubiscono una involuzione. C' un ritorno - relativo - allatrazione animale con un ribasso del livello di meccanizzazionee diminuisce l'impiego di concimi. Come risorsa estrema, cisono tendenze a rifugiarsi in una agricoltura di autoconsumo.Pi ancora che nella grande crisi del secolo scorso i prezzi

    29registrano una dinamica discendente per la combinazionedella diminuzione del valore di mercato dei prodotti agricoli(in seguito aU'introduzione di nuove tecniche ecc.) e dellacaduta dei prezzi al di sotto di questo valore declinante (in

    . seguito alla sovrapproduzione).I dati statistici indicano chiaramente che la crisi agricola hapreceduto la crisi generale: gi prima del fatidico autUnno del1929. si verificano, infatti, una caduta dei prezzi e unincremento delle scorte. Dopo la relativa stabilit delperiodo 1924-28 (sovrapproduzione latente), gi alla fine del. 1928 esplode la sovrapproduzione. La crisi si a~va tra il1930 e il 1934 per !'incidenza della crisi industriale. Ilmiglioramento relativo tra. il 1935 e il 1937 seguito da unnuovo peggioramento della situazione nella seconda metdello stesso 1937. In realt, la crisi giunger a conclusionesolo con l'inizio della seconda guerra mondiale.

    L'indice generale dei prezzi agricoli - considerando comebase 100 la media del periodo agosto 1909-luglio 1914-hail seguente andamento:1920 = 211.1921 =1251922 = 1321923 = 1421924 = 1431925 = 1561926 = 145

    1927 = 1391928 = 1491929= 1461930 = 1261931 = 871932 = 65

    1.0 stesso indice d per i prezzi dei cereali negli Stati Uniti(medie annuali):1927 = 1281928 = 1301929 = 1201930 = 100

    1931 =631932 =441933=621934 = 931935= 1031936 =1081937 =1261938 = 74

    Pet quanto riguarda la caduta in vari paesi dopo il 1928,vale la pena di ricordare che nel 1933 i prezzi agricolicorrispondono alle seguenti percentUali dei prezzi del 1928:

    .~~

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    30

    I

    Germania = 64,6%Gran Bretagna = 75,7%Stati Uniti = 47%Canada = 50,6%Argentina = 52,5%Nuova Zelanda = 52,8%Italia = 52,9%Olanda = 57,9%

    Le scorte mondiali complessive- eccettuata l'UnioneSovietica - sono come media annua di 18.670 migliaia ditonnellate nel periodo 1925-29 ed evolvono come segue dal1928 al 1934 20:1928 = 19.1601929= 25.9641930 = 24.739

    1931 = 27.1341932 ='26.9711933= 29.4751934 = 31.271

    Il rapporto tra prezzi agricoli e prezzi industriali si sviluppa. a detrimento dei primi: l'indice delle forbici - con la mediadel periodo 1909-14 eguale a 100 - il seguente tra il 1928e il 1934: 96, 95,,87, 70, 61, 64, 73. .~jubosic sottolinea, per parte sua, come i prezzi dei prodot-ti agricoli registrino tra il 1929 e il 1932 diminuzioni tra il 55e il 60%, scendendo sino a due volte al di sotto del livelloprebellico e risultando inferiori persino ai prezzi del 1895, i. pi bassi di tutto il secolo scorso 21. Secondo altre stime,riferite da Kindleberger, dalla base 100 per il periodo1923-25 i prezzi agricoli passano a 70 nelluglio-ottobre 1929con un parllelo aumento delle scorte di circa il 75%. Neldicembre 1932 viene raggiunto l'indice 24,4 con un ulterioreincremento delle scorte del 50% circa. Nei tre anni 1930,1931,1932 il ribasso dei prezzi rispettivamente del 40, del28 e del 12% 22.In queste condizioni il reddito agricolo subisce naturalmen-te una severa contrazione. Per limitarci a una sola serie di

    dati, ecco, per alcuni paesi sig~ificativi, le percentuali rap-20. Cfr. i dati dettagliati per una serie di prodotti impol.:tantinellostUdio citato di Varga (p. 332), che utilizza come fonte il London andCambridgeEconomicService. .21. Op. cit., p. 263.22. ll1i, p. 86. Cfr. nello stesso Kindleberger dati sull'andamentospecifico di alcuni prodotti fondamentali.

    31presentate dal reddito agricolo del 1932 e del 1933 rispetto aquello del 1929 (che pure, ricordiamolo, non era stato perl'agricoltura un anno record):

    1932 1933Germania 66% 73,5%Inghilterra 82,5% 23Stati Uniti 43,2% 53,4%Canada 46% 45%Argentina 59,4% 51,7%Ungheria 56% 54,8%Romania 49,4% 42,4%Danimarca 68% 71,2%Va notato - si tratta di una peculiaiit della crisi agricola

    che gi abbiamo richiamato - che alla caduta dei prezzi eall'aumento delle scorte non corrisponde necessariamente unacontrazione della produzione. Nel 1932, anno in cui laproduzione industriale tocca i punti pi bassi, la produzioneagricola in volume non affatto diminuita n si sono ridotte,in generale, le aree messe a cultura. Nel 1932, secondo rAn-nuaire Internationa/ 1935-1937, la superficie a frumento nel.mondo (esclusa l'Unione Sovietica), che era stata di 101,3milioni di ha. nel periodo 1926-30, addirircura di 105,6 .milioni di ha. e la produzione -mondiale, che era stata di1021,9 milioni di quintali nel 1926-1930, passata a 1049,4milioni. Solo pi tardi, sotto lo stimolo della caduta deiprezzi dei prodotti al di sottO del loro valore, si manifestanegli Stati Uniti e in altri paesi una tendenza alla contrazionedella produzione, tendenza stimolata, specie negli Stati Uniti,da misure governative.Per limitarsi agii Stati Uniti, l'indice del volume dellaproduzione dei cereali, base 1924-29 = 100, ha la seguenteevoluzione:

    1928 = 1081929 = 931930 = 851931 = 891932 = 851933 =61

    1934 = 441935=711936 = 55

    23. L'indicazione manca nella fonte che il World Economic SUr1Iey1933-1934 della Societ delle Nazioni.

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    32L'indice complessivo dei prodotti agricoli segna per lostesso periodo:1928 = 1041929 = 1011930 = 101

    1931= 1071932= 1001933= 97 1934=941935=921936=9SQuanto alle superfici coltivate, secondo l'Annuario del-

    l'Istituto internazionale di agricoltura utilizzato da Varga, l'an-edamento sarebbe stato (in milioni di ha.);

    Nella sua interpretazione della crisi Kindlebe.ger sostieneche si avuta un'azione reciproca tra caduta dei prezziagricoli, arresto dei prestiti esteri e rafforzamento delle tar~eprotettive. Afferma inoltre che tra il 1925 e il 1929 si era giverificata quella che per analogia potrebbe essere definitauna deflu:ione strutturale nell'economia mondiale dei prodot-ti primari... L'accumulazione delle scorte aveva contribuito perun certo periodo ad attenuare la gravit della situazione enello st~sso senso aveva agito, sino alla met del 1928, l'ab-bondanza del credito. Il mondo, secondo il nostro autore,avrebbe potUto sottrarsi alle conseguenze della sovrap-produzione di materie prime se avesse evitato la deflazionemonetaria. Ma la combinazione di surplus e. di deflazionemonetaria ha fornito lafatale miscela 24.Secondo noi, pi giusto sOttolineare l'andamento relativa-

    mente indipendente della crisi agraria, che, a parte le con-siderazioni storico-teoriche generali, dovrebbe discendere datutta la nostra esposizione. Ci non significa affatto, loribadiamo, che la crisi agraria non abbia contribuito apreparare la crisi generale e non sia stata a sua volta seriamen-

    33te aggravata - sino a raggiungere le eccezionali dimensioniindicate.- dall'esplodere della grande depressione (basti pen-sare all'incidenza della contrazione generalizzata dei consumi).Dalla fine del ~929 la connessione tra crisi agraria e ciclonegativo generale diventa ovviamente pi stretta. . .

    Sia detto di passata, questa una con(erma ulteriore dellaprofondit della penerrazione del capitalismo nelle campagnecome della sostanziale identit della molla fondamentale dellacrisi.

    Il momento culminanteAbbiamo gi visto come, dopo le flessioni prodottesi ginei mesi precedenti, la crisi si sviluppasse ormai in modo net-to nell'autunno del 1929. Vale la pena di ricordare che nep-pure dopo le vicende dell'autunno gli esponenti piaUtorevoli della classe dominante comprendevano tUtta lagravit della crisi n si rendevano conto di essere di fronte aun fenomeno di lunga durata. Alcuni sintomi parzialie(comei fatti dovevano rapidamente dimostrare) del tutto effimeri -una relativa ristabilizzazione del corso medio delle azioni nei

    primi mesi del 1930, un andamento analogo di indici dellaproduzione industriale, delle importazioni e dell'occupazione, .un rallentamento della caduta dei prezzi di una serie dimaterie prime - contribuivano ad accreditare le inter-pretazioni ottimistiche. Anche questa volta erano ledichiarazioni di Hoover ad assumere un carattere quasi sim-bolico. Nel marzo 1930 !'incauto presidente proclamava chegli effetti peggiori del crollo di autunno sull'occupazionesarebbero stati superati entro sessanta giorni. Il primo maggioesprimeva di nuovo la convinzione che il peggio fosse passatoe qualche settimana pi tardi affermava che entro l'autunno sisarebbe ritornati alla normalit.La crisi doveva, invece, prolungarsi per oltre tre anni: laripresa vera e propria non sarebbe venuta prima del 1933.Sar la crisi pi lunga subita dal capitalismo nel corso della sua

    '1929-30 1930-31 1932-33barbabietola 2,22 1;96 1,77tabacco 2,42 2,42 2,07cotone 33,62 30,88 29,13iuta 1,39 0,76 0,87canapa 0,47 0,35 0,27

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    36L'indice dell'attivit edilizia stato (1930 = 100) 27:1925 = 252,31929 = 197,3 1930 = 100,0 1932 = 28,01931 = 78,8 1933 = 19,0

    Secondo altre stime laproduzione industriale complessiva caduta tra il 1929 e il 1933 del 48,7%. Rispetto, poi, a unindice 1923-25 = 100, sempre la produzione industriale scesa a 87,78 e 76 rispettivamente nel marzo, agosto e set-tembre 1931 ed arrivata addirittUra a 59 nel giugno 1932(fonte: 'Federal Reserve Bulletin'). Quanto alla produzionedell'aHiaio, stando alle indicazioni della relazione per il 1931della United Steel Corporadon, la produzione media dell'ac-ciaio non lavorato era stara di 43 milioni di tonnellate annuetra il 1922 e il 1931, ma nel 1931 era solo di 26 milioni. L'an-no successivo si verificava un'ulteriore caduta di circa lamet.Quanto al reddito nazionale, subiva una riduzione di oltre lamet (da 82,7 miliardi di dollari nel 1929 a 40 miliardi nel1932, secondo i dati forniti da Statistical Abstract 01the UnitedStates 1939, e da 87,4 a 41,7 secondo le stime 'riferite daSchlesinger). Il prodotto nazionale lordo, calcolato sulla basedei prezzi del 1929, secondo il gi citato Historical Statistics,evolveva come segue (1929 = 100):

    1929 = 100 1931 = 85 1933= 771930 = 96 1932.= 77Ricordiamo, infine, che in Germania tra la fine del 1928 ela fine del 1932 il redditO nazionale cadeva da 75,4 a 45,2miliardi di marchi. .Molto nettO il declino degli investimenti. Kindlebergerricorda che gli investimenti interni lordi, che erano stati .di16.000 milioni di dollari nel 1929, sono caduti a 1.000milioni nel 1932, mentre gli investimenti netti in quest'ultimoanno sono stati di - 6.600 milioni (si sono verificati. cio.notevoli disinvestimenti).Difficile stabilire in quale misura siano caduti i profitti.Riprendiamo a titolo puramente indicativo alcuni dati forniti

    37da Varga. Per gli Stati Uniti il profitto netto di 433 societindustriali considerate dalla Standard Sratistics, partendo dallabase 100 per il 1928, passatOa 113,5 per il 1929, 67,6 peril 1930, 28 per il 1931 e 7 per il 1932. Per la Gran Bretagna- base1924= 100 -l'andamentO stato: 1929 = 120,1;1930 = 119,4;1931= 92,5;1932= 15,8.PerlaGermaniala somma dei profitti in milioni di marchi stata di 315 nel1929,207 nel 1930, 116 nel 1931 e -73 nel 1932.La caduta dell'attivit economica nella quasi totalit deipaesi de mondo non poteva non provocare una seria caduta.dell 'occupazione. Forniamo in proposito una serie di dati daprendere con il beneficio d'inventario (la diversit delle stimenon infida, comunque, la tendenza generale).Gi nel primo anno di crisi - dal novembre 1929 alnovembre 1930 -l'indice complessivo delle buste-paga negliStati Uniti cade di circa un terzo (da 95,1 a 68,5 28).La crisicolpisce la classe operaia non solo con i licenziamenti, maanche con drastiche e ripetUte riduzioni di salari. Nel 1931 isalari e gli stipendi complessivi sono giridotti a circa la metdel 1925! Alla fine del 1932 le paghe settimanali nelleindustrie del ferro e dell'acciaio sono inferiori del 63% aquelle del 1929. Quest'ultima stima - riportata daSchlesinger 29 - sembra, a dire il vero, eccessiva; Kin-dleberger dta per parte sua una stima secondo cui l 'indice deilactory payrolls sarebbe passato da 1923-25 = 100 a 75 nelmarzo 1931 e a 43 nel giugno 1932 30. Historical Statisticsindica come guadagno orario medio di un operaio allaproduzione nell'industria manifatturiera 0,566 dollari nel1929,0,552 nel 1930, 0,515 nel 1931, 0,446 nel 1932, 0,442nel 1933 e come guadagno medio settimanale, sempre per lastessa categoria, 44,2 dollari nel 1929, 42,1 nel 1930, 40,5 .n~11931, 38,3 nel 1932 e 38,3 nel 1933 (34,6 nel 1934 31). .28. Questi dati- comealtri riportatipi avanti- sono tratti da

    un importante libro sulla stOriasindacale americana, Labor's GiantStep di ART PREIS,New York, Pioneer Publishers, 1964. Il datosulle paghe settimanali nell'industria del ferro e dell'acciaio, che pususcitare perplessit fornito da Schlesinger (op.cit., p. 232), che citastudi di D.D. Bromley,].T. Flynned altri (nota 147).29. Op.cit.,p.232. .

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    38L'occupazione industriale, secondo dati del Federal Reser-

    ve Bulletin conosce il seguente andamento (1925 = 100):marzo 1931 = 78; agosto 1931 = 74; settembre 1931 =73; giugno 1932 = 60Secondo stime riprese da Galbraith i disoccupatiraggiungono i 13 milioni nel 1933 Con un rapporto di 1 a 4rispetto alla forza-lavoro complessiva. Le valutazioni delNational Industriai Conference Board danno una cifrapressoch uguale (12.300.000) per ilmarzo dello stesso anno.

    La National Research League arriva, invece, a un totale sen-sibilmente superiore: 17.920.000. Secondo Arndt gli operaioccupati passano da 48 milioni nel settembre 1929 a 36milioni nel marzo 1933. Altre valutazioni indicano per il 1933una disoccupazione pari al 36% della popolazione attiva 32.Historical Statistics calcola 1.550.000 disoccupati nel 1929,4.340.000 nel 1930, 8.020.000 nel 1931, 12.060.000 nel1932 e 12.830.000 nel 1933, pari rispettivamente al 3,2, 8,7,15,9, 23,6 e 24,9% della forza-lavoro civile comples'siva.Per quanto riguarda altri paesi, la Gran Bretagna registranel 1932 tre milioni di disoccupati, cio circa un quarto dellapopolazione assicurata, e laGermania, agli inizi del 1933, tra i6 e i 7 milioni. In Giappone, nel 1933-34, la percentuale deisenza lavoro tra gli operai industriali raggiunge il 40%. Dati

    globali, comprendenti i 32 principali paesi capitalistici, dannole seguenti medie annue (in milioni) 33:1929 = 5,951930 = 11,081931 = 19,18

    1932 = 26,371933 = 22,341934 = 22,34

    1935 = 21,39

    1931.gli iscrittiall'AFLdiminuivano a un ritmo di 7.000 alla settimanae nel 1933 si erano ridotti complessivamente a 2.127.000 dai4.029.000 del 1920. Il sindacato minatori di Lewisg nel 1931 nonaveva pi di 60.000 iscritti contro 400.000 nel 1920. Secondo altrefonti gli iscritti sarebbero stati nel 1920 5.000.000 scendendo gi nel1929 a 3.400.000 con una contrazione nel decennio dal 12 al 7%degli effettivi della classe operaia (cfr. SCHLESINGER,p.cit., p. 103).32. Dato richiamato in un recente articolo di PIERREDROUINnelMonde deI4.VII.75.33. Monthly Bulletin of Statistics della International I.abour

    39Secondo dati della Societ delle Nazioni i prezziall'ingrosso tra il 1929 e il 1932 hanno subito una contrazionemedia del 35% negli Stati Uniti, del 35% in Germania e del30% in Gran Bretagna. Considerando il periodo 1929-33, lacaduta media annua stata del 32% in Germania, del 36% in

    Francia, del 31% in Gran Bretagna e del 31% negli StatiUniti.Per gli Stati Uniti !'indice BLSdei prezzi all'ingrosso dei

    prodotti pi importanti ha il seguente andamento (1926 =100): 1929 = 95,3;1930 = 86,4; 1931 = 73,0; 1932 =.64,8.Per quanto riguarda le materie prime, ci limitiamo aqualche esempio di prodotti tra i pi significativi:

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    jh.

    (va notato che per il cacao, il caff, il cotone e la gomma ilcalcolo sempre in cent per libbra; per il rame il calcolo insterline per tonnellata lunga per gli anni 1929 e 1930, per glianni successivi in cent per libbra; per il grano il calcolo indollari per bushel per glianni 1929 e 1930 e successivamentein cent 34).Va infine segnalata la seria inCidenza della crisi sul com-mercio mondiale: si verifica una caduta sia per il crollo dei

    prezzi sia per la diminuzione del volume. La riduzione valutabile a circa unterzo. Dal gennaio 1929 al febbraio 1933si sviluppa una spirale che va, per !'importazione mondialecomplessiva, da 2.998 milioni a 944 milioni di dollari-oro.

    34. Kindleberger riporta in proposito tabelle pi dettagliate

    cacao caff rame cotone gomma grano zincogiugno 1929 10,51 23Y2 74,3 18,04 20,56 1,50 6,64dicembre 1929 9,13 15Y2 68,3 16,64 19,06 1,32 5,65marzo 1930 8,67 14 69,2 14,74 15,25 1,15 4,94dicembre 1930 6,16 1OY2 46,8 9,16 8,94 0,77 4,09marzo 1931 5,41 8Y2 9,9 10,15 7,13 0,76 4,01marzo 1932 4,44 9 5,8 6,44 3,31 0,72 2,79marzo 1933 3,40 974 5,0 6,19 3,03 0,54 3,00

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    40Varga, valendosi sempre di dati della Societ delle Nazioni,sintetizza l'andamento come .segue (in miliardi di vecchidollari-oro): .

    1928 1929 1930 1931 1932 1933importazioni 34,7 35,6 29,8 20,8 14 12,5esportazioni 32,8 33 . 26,5 18,9 12,9 11,7I mutamenti nel commercio mondiale non colpiscono tutti ipaesi nella stessa misura: nel corso stesso della crisi, peresempio, il Giappone riesce ad accrescere la propria percen-tuale, .mentre perdono terreno, tra le maggiori potenze, sia laGermania sia gli Stati Uniti, che vedono venir meno le loroeccedenze commerciali, soprattutto nel 1932. Sono, tuttavia, ipaesi produttori di materie prime a essere colpiti pi

    gravemente, data l'evoluzione della ragione di scambio.S.G. Triantis ha svolto in proposito uno studio analizzandole tendenze di 49 paesi esportatori di prodotti primari 35.Prescindendo qui dalla pi dettagliata suddivisione in quattrocategorie, risulta, comunque, che questi paesi hannoregistrato nelle loro esportazioni tra il 1925-29 e il 1932-33cadute da un minimo del 30-45 sino a un massimo di oltrel'SO%. Per fare qualche esempio, il Cile ha perduto oltrel'SO%, la Cina tra il 75 e l'SO, la Bolivia, Cuba, il Per, laMalesia tra il 70 e il 75, l'Argentina, il Canada, le Indie olan-desi, il Messico tra il 65 e il 70, il Brasile, l'Ungheria, laJugoslavia, la Nigeria, l'Egitto e la Grecia tra il 60 e il 65. Lasituazione di molti di questi paesi diveniva ancora pi dram-matica nella misura in cui non avevano pi - o avevanomolto meno di prima -la possibilit di fare ricorso ai prestitiesteri.Come abbiamo accennato, una soluzione che quasi tUtti i

    paesi hanno cercato per i problemi determinati dalla crisi, stata quella delle tariffe protettive. Il che ha finito col creareostacoli supplementari alla ripresa.Infine, il terremoto della depressione non poteva non avereripercussioni sul sistema monetario e sul sistema finanziario.PJ.:ima la Gran Bretagna (1931), poi gli Stati Uniti (1932)

    t'i41 .

    rinunciavano alla base aurea. Si sviluppavano fenomeni di tipoinflazionistico a ere ondate principali: la prima riguardantealcuni paesi d'oltremare produttori di materie prime; la secon-da che, in concomitanza con ilritiro della Gran Bretagna dallabase aurea, coinvolgeva la stessa Gran Bretagna, i suoidominion e paesi scandinavi; la terza connessa all'abbandonodel go/dstandard da parte degli Stati Uniti.Quanto al sistema bancario, nel 1931 si aveva una crisi inGermania, seguita subito dopo dal crollo del Kredit Anstaltaustriaco, cui contribuiva il ritiro di crediti francesi come. ritorsione a una prospettata unione doganale austro-tedesca.Negli Stati Uniti il collasso bancario si produceva alla finedella presidenza Hoover, proprio nel periodo del trapasso dipoteri al neoelecco FranIdin Delano Roosevelt. Le bancheerano state gi chiuse una prima volta nel Nevada nell'ottobredel 1932; nel febbraio erano state chiuse temporaneamente lebanche del Michigan e del New]ersey, sempre per evitareche i depositi venissero maSsicciamente ritirati. n 4 marzoRoosevelt chiudeva tutte le banche del paese.

    La riPresa e la n. tlova recessioneIl 1933 segna la fine della crisi e l 'inizio di un cilancio. Tut-

    tavia, l'andamento non affatto univoco: permangono dif-ferenze sensibili tra le condizioni dei singoli paesi o di gruppidi paesi. Nei paesi del blocco aureo la crisi tende a prolungar-si e la Francia, in particolare, continuando nel suo corsoanomalo, non raggiunge il puntO pi basso che nel 1935. Ipaesi sottosviluppati che, si visto, hanno sofferto dram-maticamente per la caduta verticale dei prezzi delle materieprime, sono pesantemente gravati da un crescente indebita-mento. Le stesse economie in ripresa si urtano a persistentidifficolt, risentendo, tra l'altro, dello stato di estrema crisidel mercato mondiale dei capitali (

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    .42

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    luglio dello stesso anno risalitO a 100. Il brusco 'aumentoera dovuto, per, pi a una accumulazione di scorte che a unrilando organico degli investimenti. Difatti nel luglio 1934!'indice caduto di nuovo a 71 e solo alla fine del 1935 ritor-ner a 100 (90 nel luglio dello stesso anno). Contemporanea-mente cominciano a diminuire i disoccupati che, con l'avviarsidella ripresa, scendono dal 25 al 17% degli iscritti ai sin-dacati. Secondo stime dell'AFLl'andamento pi precisamen-te: 1933 = 13.700.000, 1934 = 12.400.000, 1935 =12.000.000 (va notato che i sindacati recuperano almeno inparte gli iscritti che avevano perduto: da 3 milioni alla fine del1933passano a 3,6 milioninel 1934e a 3,9 l'annodopo). 'I prezzi registrano una ripresa: sulla base 1920 = 100, !'in-dice generale passa da 63 nel marzo 1933 a 74 nel luglio dello

    stesso anno. Nei mesi successivi scende a 71 per risalire poi a'75 nel 1934 e a 76,5 nel 1935.Il nuovo boom si produce nel 1936-37. Nel marzo 1936 si

    chiude finalmente il lungo declino, iniziato nel 1929, deiprestiti commerciali. Una ulteriore spinta al rilancio viene dalpagamento di 1.700 milioni di dollari di titoli ai veterani dellaprima guerra mondiale, che costituiscono una forte iniezioneal consumo. Contemporaneamente si verificano aumenti disalari. Alla met del 1937 il prodotto nazionale lordo supera illivello del 1929. Va tenuto, per, conto che nel frattempo lapopolazione aumentata del 10% e la produttivit di circa il15%. Per di pi, la ripresa, disuguale: mentre i beni di con-sumo non durevoli, sempre alla met del 1937, superano ilivelli del 1929 di circa il 10%, per le costruzioni il livelloresta ancora inferiore tra il 40 e il 50% (e abbiamo dettosopra che il declino del settore era cominciato gi nel 1925).In Germania un profondo cambio della Situazione avvienecon J'introduzione delle structure e delle leggi naziste. Lamisura capitale la distruzione dei sindacati che rendeimpossibile per la classe operaia la difesa dei propri interessi,facilitando cos l'operazione di far pagare duramente alle classisfruttate il peso della crisi (per esempio, sono abbandonate le40 ore e nel 1938 siarriva alla legalizzazione delle 48 ore set-timanali come minimo). Progressivamente viene introdotto ilservizio nazionale del lavoro e viene condotta una campagna

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    denza non sar rovesciata che al momento dell'avanzatapreparazione della guerra e dopo !'inizio della guerra stessa).Programmi di lavori pubblici (costruzioni pubbliche, auto-strade ecc.) vengono varati per fronteggiare la disoccupa-zione; ma, in ultima analisi , la crisi sar superata solo con ilriarmo a ritmi sempre pi sostenuti, soprattutto a partire dalIl Piano quadriennale, varato nel settembre del 1936. Per uncerto periodo si verifica un movimento di ritorno dellapopolazione dalle citt alle campagne. Infine, strumentoimportante della politica economica del Terzo Reich sar !'in-troduzion~ del controllo dei cambi. Il commercio estero sisvilupper sulla base del sistema di clearing.A parte le industrie belliche vere e proprie, si sviluppa lachimica, in particolare !'industria della gomma sintetica. Allafine del 1934 gli investimenti privati sono pari a 1.070 milionidi marchi contro 440 nel 1932. Laspesa pubblica, d'altro can-to, aumenta notevolmente: 6,7 miliardi di marchi nel1932-33, 9,7 nel 1933-34 e 31,5 (cio quasi la met del red-dito nazionale) nel 1938-39. Alla fine del 1934 gliinvestimenti pubblici diretti ammontano a 3 miliardi di mar-chi. In questo contesto cala progressivamente la disoccupa-zione. Dagli oltre 6 milioni di disoccupati dell 'autunno 1933si passa a 4,1 un'anno dopo, a 2,8 nel febbraio 1935 e a 1,2nel febbraio 1936. Al maggior numero di lavoratori occupati- oltre che all'aumento dell'orario di lavoro e ai passaggi acategorie superiori - si deve l'aumento dei guadagnimonetari degli operai di 8,7 miliardi di marchi tra il 1933 e il1937 (solo il 13,4% di questa differenza da attribuire adaumenti delle tariffe 36).In Gran Bretagna negli anni 1932-37 si verifica una ripresaindustriale importante, in contrasto con quanto era avvenuto

    negli anni venti, quando, come abbiamo segnalato a suo tem-po, il tasso di sviluppo era stato nettamente inferiore a quellodei maggiori paesi capitalistici. L'~umento complessivo dellaproduzione industriale del 50% circa (20% rispetto allostesso 1929). La svalutazione - unitamente a una politica didenaro a buon mercato - costituisce un notevole incentivo. I36. Per la Germania una fonte utile The National Economy01Ger-

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    44 4Ssettori di maggiore espansione sono l'industria elettrica, !'in-dustria motociclistica, l'industria delle costruzioni. Unospostamento verso le industrie nuove si.registra anche per leesportazioni. La disoccupazione aveva colpito severamente laGran Bretagna: aveva raggiunto una punta del 17,6% con unaconcentrazione nelle zone del carbone, dei cantieri navali edei cotonifici (in alcuni casi era stato raggiunto il tetto del50%). La contrazione lenta e parziale: nel 1935 la disoc-cupazione resta dell'ordine del 12-13%. Nel 1937 menodella met del 1932, ma resta superiore a quella del 1929,corrispondendo al 10% della popolazione assicurata. Glioccupati sono tuttavia passati,. complessivamente, da 10,2milioni nel 1929a 11,5nel 1937 37.Per il Giappone ci limitiamo a ricordare che si produce unboom tra il 1934 e il 1936, con lo stimolo delle spese militarie con l'aiuto assicurato agliesportatori dalla svalutazione dello

    yen. Nel periodo immediatamente successivo viene raggiuntoil pieno impiego. .La Francia, come si detto, conosce un andamento

    peculiare. La politica di rivalutazione, che raggiunge ilculmine con un 26% nel febbraio del 1934, provoca una.caduta del commercio di esportazione (3.600 milioni di fran-chi nel 1930, 1.500 nel 1932 e 1.300 nel 1935). Anche leimportazioni si contraggono (rispettivamente da 4.400 a2.500 e a 1.700 milioni). I prezzi cadono da 462 nel 1931 a407 nel 1932, 388 nel 1933,366 nel 1934 e 347 nel 1935(1914 = 100). Da una tabella gi riportata si ricava; d'altron-de, l'andamento della produzione industriale: 1930 = 11O,2;1931 = 97,6; 1932 = 79,5 e 1933 = 80.,8.I disoccupatinonraggiungono i livelli di altri paesi e in uno dei momentieconomicamente peggiori sono sul mezzo milione. Questodato occulta, tuttavia, il fatto importante del deflusso di circaun milione di lavoratori stranieri (polacchi, italiani,algerini).Anche in Francia avviene, poi, un parziale ritorno dalle cittalle campagne.L'avvento del governo di fronte popolare segna una

    reazione alla politica deflazionistica (tagli alla spesa pubblica,riduzioni delle pensioni agli ex-combattenti e dei salari agli

    statali ecc.). Gli accordi di Matignon rappresentano. un suc-cesso economico della classe operaia (aumenti salariali, 40.ore, ferie pagate). I vantaggi salariali acquisiti sono perrapidamente corrosi, in tutto oin parte, dagli aumenti deiprezzi.I prezziall'ingrosso 1913= 10.0.- passano da 375nel maggio 1936 a 420 nel settembre dello stesso anno, men-tre i prezzi al minuto- 1930.= 100 - salgono nello stessoperiodo da 76,4 a 80.,5. Nel settembre il governo Blumrinuncia al go/djtandarde opera una svalutazionedel francodel 25 %. Le esportazioni vengono stimolate: crescono del12% tra l'ottobre 1936 e l'aprile 1937. La produzioneindustriale tra l'agosto 1936 e l'aprile 1937 aumenta del 13%;la disoccupazione diminuisce del 17% dall'agosto 1936all'aprile 1937.I governi succeduti al fronte popolare e in particolare ilgoverno Reynaud dovevano capovolgere di nuovo la politicaeconomica francese. Un rilancio industriale aveva luogo tra ilnovembre 1938 e il giugno 1939; ma si era ormai alla vigiliadella guerra che doveva rimettere tutto in discussione, inFrancia come altrove.Sia pure in diversa misura e a diverse scadenze, la ripresafiniva con il coinvolgere anche i paesi produttori di materie

    prime. Nei paesi del Commonwealth i prezzi ricominciavanoa salire gi dal 1933-34; nel 1935 Australia e Nuova Zelandaraggiungevano rispettivamente gli indici 80 e 95, fatto il 1929eguale a 10.0. Il Sud-Africa arrivava a 80.e la stessa India erain ripresa, bench con maggiori difficolt (58 nel marzo del1933; 65 neI1935-36). Un rilancio delle esportazioni argen-tine era facilitato da una svalutazione del peso e da una siccitnegli Stati Uniti. A Cuba i prezzi del 1936 erano il doppioche nel 1929. Nelle Indie olandesi, invece, nel 1936 la crisie.ra ancora in pieno sviluppo (1929 = 100.; marzo 1933 =49,6; 1935 = 46; 1936 = 44).Per la produzionedi alcunematerieprime importantivalgala tabella seguente:

    rame zinco gomma cotone grano

    37. Cfr. per dati inproposito sia Kindleberger siaArndt.

    1929193219361937

    1.9158861,6842.141

    1.450.7781.4731.620.

    86870.98621.140.

    12.70.0.11.40.0.15.0.0.0.18.50.0.

    35663.8123.4913751

    ;~

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    46(per il rame, lo zinco, la gomma il calcolo in migliaia di ton-nellate, per il cotone in milioni di libbre, per il grano inmilioni di bushel).In generale, la situazione dei paesi sottosviluppati restava

    difficile per tutto il dec~nnio, in. particolare per il pesanteindebitamento e la difficolt di sostenere con crediti esteri iprogrammi di investimento. Va, tuttavia, segnalato che la crisidel sistema mondiale capitalistico e l'accresciuta difficolt, senon !'impossibilit di importare in seguito alla caduta delleesportazioni, aveva, specie in certi paesi dell'America latina,l 'effetto di stimolare uno sviluppo dell' industria nazionale,segnatamente di alcuni beni di consumo.Il quadro della grande depressione non sarebbe completose non si ricordasse che il rilando faticosamente realizzato nel

    1936-37 doveva essere di corto respiro. Gi nell'estate-autun-no del 1937 si delinea negli Stati Uniti una nuova recessione.Comincia a cadere il prezzo del cotone: da 15 cent nel marzoa 9 cent in agosto. Nel mese di settembre la caduta sigeneralizza. La produzione industriale entra in una nuovaspirale discendente: secondo l'indice Standard Statistics da:141 il 25 agosto (1926 = 100) si passa a 125 due settimanedopo, e alla fine del mese si registra una riduzione del 30%rispetto al punto pi alto del mese di marzo. Secondo l'indiceFederal Reserve la produzione industriale subisce la flessioneseguente: 116 nei primi otto mesi del 1937, 106 nel settem-bre dello stesso anno, 99 nell'ottobre, 86 nel novembre, 83nel dicembre (1923-25 = 100). L'utilizzazione degli impiantiproduttivi per l'acciaio scende dal1'85% in agosto al 38 innovembre e al 26 in dicembre. La produzione del cotone ha!'indice 143 nel marzo, 116 in agosto, 81 in dicembre(1923-25 = 100). I prezzi dei prodotti agricoli cadono a lorovolta del 24% tra il 3 aprile e la fine dell'anno. Declinanoanche i prezzi pi in generale (tra 1'8 e il 10%). La borsaconosce di nuovo giornate di angoscia: anche il 1937 ha la suagiornata nera: marted 19 ottobre.La ripresa era stata, dunque, di corto respiro: vi avevano

    avuto una parte importante laricostituzione delle scorte e fat-tori eccezionali gi segnalati. Il commercio estero subivanuovi squilibri. D'altra parte, la riduzione del deficit di bilan-

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    cio, con la contrazione delle spese, contribuiva pure allacaduta. La lezione della grande depressione doveva per ser-vire, anche se in ritardo: gi nell'aprile del 1938 il governostatunitense varava un programma di rilancio, rassegnandosi aun bilancio in passivo. Come sottolinea Kindleberger, soloallora la dottrina di Keynes veniva effettivamente accettata.Resta che la nuova fase dell' economia capitalistica e lanuova .onda lunga' non sono state il prodotto di misure tipo

    quelle dell'aprile 1938, ma della seconda guerra mondiale contuttO quello che la sua preparazione e il suo svolgimento han-no significato per il riequilibrio del sistema. E' significativo,peraltro, che se, per ragioni ovvie, i paesi sottosviluppatidovevano risentire maggiormente anche della crisi del1937-38, poco ne risentivano, invece, i paesi europei e ilGiappone, gi largamente impegnati in una crescente attivitdi armamenti.

    Qualche considerazione sulle causePer la sua genesi, per le sue caratteristiche, per la sua

    profondit, per la sua durata la grande depressione hacostituito una verifica storica gigantesca dell'l teoria marxistadelle crisi. Resa possibile, in ultima analisi, dalla contrad-dizione tra il valore d'uso e ilvalore di scambio, tra lamerce eil suo equivalente in denaro, pi che qualsiasi altro momentOdella storia del capitalismo la crisi del 1929-32 ha segnato ilcrollo del tentativo di mantenere il vecchio livello di valori,prezzi e tassi del profitto con una massa di capir.aleaccresciuta. Pi che mai ha espresso il conflitto tra le con-dizioni di accumulazione e di valorizzazione del capitale, chenon che il dispiegarsi di tutte le contraddizioni inerenti alcapitalismo, che intervengono tutte in questa spiegazione dellacrisi: contraddizione tra lo sviluppo assai considerevole dellacapacit produttiva e lo sviluppo pi limitatO delle capacit diconsumo delle grandi masse; contraddizioni derivanti dal-l'anarchia della produzione che il risultato della concor-renza, dell' aumento della composizione organica del capitale edella caduta del tasso del profitto; contraddizione tra lacrescente socializzazione della produzione e la forma privatadi appropriazione (MandeD.

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    48Premesso questo, si tratta tUttavia di individuare come

    abbiano operato in concreto le specifiche cause delIa crisi,rendendo pi esplicito quanto era contenuto nella descrizioneabbozzata nei capitOliprecedenti.Gli apologeti del capitalismo si sono sforzati sin dall'inizio

    di individuare le cause in fattori esterni al sistema o in ten-denze patologiche o in errori soggettivi, mettendo in risalto leconseguenze della speculazioneborsistica, sottolineando ilcattivo uso del goldstandard o evocando una serie di 'acciden-ti' storici. Per parte sua, Herbert Hoover, in un messaggio deldicembre del 1930, ha addebitato la crisi alla speculazione ealla sovrapproduzione di una serie di materie prime. Suc-cessivamente ha messo SOttO accusa i cartelli europei,colpevoli di aver determinato al tempo stesso sovrap-produzione e aumenti dei prezzi.Va da s che molte delle cause e molti degli inconv~nientisegnalati dagli economisti ufficiali e dai rappresentanti deigoverni sono reali. Ma l'errore consiste sia nel confondere ilparticolare con il generale o l'effetto con lacausa, sia nel con-siderare aberrazioni evitabili Con pi lungimiranza fenomenio tendenze intrinsecamente connessi al funzionamento delsistema.La crisi del 1929 ha presentato problemi di interpretazione

    non tanto per il suo prodursi a conclusione di un ciclo, dopotutto abbastanza classico, quanto per il suo carattere esplosivoe per la sua durata. Galbraith ha fatto giustamente rilevareche sino al novembre 1929 la recessione non aveva presen-tatO - a parte il crollo aWall Street - tratti molto diversi daquelli delle prime fasi di recessioni precedenti o successive(949). Mandel ha richiamatO alcuni raffronti statistici da cuirisulta che considerando non solo i primissimi mesi, maaddirittura i primi nove mesi della recessione, le variazioninegative per quanto riguarda l'occupazione, il prodottO na-zionale lordo, la produzione industriale, il volume delle ven-dite al dettaglio, le ordinazioni di beni durevoli, non sonostate qualitativamente diverse rispetto alla crisi negli StatiUniti del 1937-38, 1948-49, 1953-54, 1957-58 38.Quello cheha contraddistinto la crisi del 1929 stata l'ampiezza della

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    caduta per un periodo prolungato e, nonostante ie diversit ela non sincronizzazione nelle scadenze e nei ritmi, la dimen-sione mondiale. Quanto profondamente l'economia fossestata scossa e quali fossero i limiti dell' 'onda lunga' deidecenni tra le due guerre stato confermato dal prodursi diuna nuova, seria crisi nel 1937-38 dopo un breve periodo dirilancio.Nella fase culminante del boom degli anni venti - analoga-mente a quanto avvenutoneglialtri cicli- si creato, innan-zi tutro, uno squilibrio netto tra i diversi settori, con unosviluppo molto pi sensibile della produzione di benistrumentali, in eccedenza rispetto alla domanda. Tra il 1919 eil 1929 si avuto, pi precisamente, un incremento annuomedio del 6,4% per questo settore, mentre per i beni nondurevoli !'incremento statosolodel 2,8% 39.In secondo luogo, lo sviluppo della produttivit e l'aumento

    dei profitti, in specie dei profitti del capitale finanziario,sonostati - lo abbiamo vistO - senza paragone superioriall'aumento dei salari, cresciuti solo dell'8% tra il 1923 e il1929. Ci significache ilpotere di acquisto digran parte dellapopolazione non conosceva una espansione apprezzabile eche restavano, dunque, decisivi i consumi di una minoranzaricca o agiata. Contemporaneamente ha agito uno stimolo ainvestimenti speculativi al di l delle esigenze economichereali. Va aggiunto, per completare il quadro, che a partire dal1924 era stagnante il reddito dei contadini, in quel periodoparte consistente della popolazione complessiva (in milioni didollari, questo reddito passava da 10,4 nel 1922 a II,3 nel1923, 12 nel 1924, 12,7 nel 1925, 12,1 nel 1926, 12,3 nel1927, 12,5 nel '1928 e 12,65 nel 1929). Il fatto che nonesistessero allora le misure a favore dei disoccupati introdottesuccessivamente ha rappresentato un altro fattore di seriacontrazione dei consumi e quindi .un ostacolo supplementarealla ripresa 40.39. Cfr. HUGH }ONESe RADICE,An American Experiment,Lon-don, 1936. Secondo lastessa fonte i beni dilento consumo sarebberoaumentati del 5,9%.40. Nel 1932, per esempio, solo un quarto dei disoccupati haricevuto una assistenza sotto forma di generi alimentari e di combusti-

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    50Non c' dubbio che la crisi agraria ha avutOuna effettiva

    incidenza non solo dal punto di vista interno degli Stati Uniti,ma anche e soprattUtto dal punto di vista delle relazionieconomiche internazionali. Lacaduta dei prezzi delle materieprime ha compresso gravemente le capacit di acquisto daparte dei paesi sottOsviluppati o comunque produttori dimaterie prime e la loro situazione peggiorata via via che perprevenire o fronteggiare la crisi sono state ristabilite ointrodotte barriere protettive. Per di pi, lo abbiamo ricor-dato, a partire dallamet del 1928 si registrata una fIessione- poi accentuatasi - dei prestiti esteri statUnitensi indirezione- dei suddetti paesi. Poich in molti casi i prestiti"erano serviti a facilitare l'acquisto di prodotti finiti americani,la loro diminuzione o sospensione aveva la conseguenza dicolpire ulteriormente le esportazioni e accrescere, dunque, lacrisi negli stessi Stati Uniti.Nel saggio ripetutamente citato Galbraith segnala cinque'debolezze' che sarebbero alla base del disastro del 1929 e nespiegherebbero la durata eccezionale. Si tratterebbe della

    cattiva distribuzione del reddito (per cui nel 1929 u~ 5% diprivilegiati riceveva oltre un terzo dei redditi personali com-plessivi); della cattiva struttUra delle aziende industriali efinanziarie (che avrebbe favorito la speculazione a valanga e ilsuccessivo catastrofico collasso); della cattiva struttura del"sistema bancario (impegni delle banche in operazioni specula-tive, frammentazione eccessiva con resistenza di un grannumero di unit indipendenti); del dubbio stato della bilanciaestera (eccedenze crescenti della bilancia commerciale, da375 milioni di dollari nel 1923 e nel 1926 a un miliardo nel1928, speculazioni sui prestiti esteri); dello stato infelicedella scienza economica (scarsa capacit di previsione, mitodel bilancio in pareggio) mito della intangibilit del goldstan-dard ecc.).Per parte suaArndt 41 mette in risalto tre fattori che neglianni venti hanno operato nel senso di estendere interna-

    ziali ricevevano 2,39 dollari la settimana per unit familiare(SCHLESINGER,op.cit., p. 233).41. Gli insegnamenti economici del decennio 1930-40, Torino,Einaudi, 1949.

    51zionalmente la recessione e di ritardare la ripresa, e cio

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    52politica, quanto per intrinseca incapacit del sistema disuperarle ( facile, per esempio, denunciare le conseguenzenegative delle protezioni doganali o i tentativi di ciascunpaese di preoccuparsi soprattutto del suo particulare,ma nonsi dovrebbe dimenticare che le misure protettive eranoispirate dall'esigenza - certo a breve termine, ma non perquesto meno perentoria - di evi.tarecadute ancora pi gravidi settori delicati della produzione nazionale). E Arndt, inlinea astratta, non ha torco a indicare come problemi fonda-mentali da risolvere il controllo dei cicli economici e unaspecie di pianificazione nazionale e sovrannazionale; ma inlinea concreta questo controllo e questa pianificazione non sisono realizzati n prima n dopo il fatale autunno 1929 - nsono stati introdotti ora - proprio perch lo impedisce ilmeccanismo stesso dell'economia capitalistica.Kindleberger, sia nell'introduzione sia nella conclusione delsuo studio, avanza a sua volta l'idea della necessit di unaregolamentazione internazionale. 10 fa in una forma par-ticolare: una parte della ragione della lunghezza e la spiega-zione principale della profondit della crisi consistita nellaincapacit della Gran Bretagna di continuare a svolgere ilruolo di underwriter [garante] del sistema e la riluttanza degliStati Uniti ad assumerlo sino al 1936 (op. citop. 28). Lanazione-guida avrebbe dovuto accettare questo ruolo: a) nelmantenere un mercato relativamente aperto dei beni indif-ficolt; b) nel fornire prestiti anti-crisi a lungo termine; c)neldiscounting [assicurare il risconto] nella crisi (pp. 291-2)..L'obiezione a una simile impostazione ovvia: la deprecatacarenza di leadership non era una causa, bensi una delle for-me in cui la crisi si manifestava. Il capitalismo si era intrinseca-mente indebolito nel corso di due decenni perch l'anticapotenza egemone non aveva pi il dinamismo economico delpassato (la relativa stagnazione della sua produzione negli anniventi ne era la manifestazione pi trasparente) e perch lapotenza candidata a sostituirla veniva coinvolta nella crisiprima e pi profondamente degli altri paesi sviluppati e sipreoccupava pi di uscire dal marasma in cui era precipitatache di evitare guai agli altri. Questa valutazione doveva essereconfermata dalla situazione degli anni quaranta e cinquanta.Gli Stati Uniti conquisteranno una solida leadership non per

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    aver capito la necessit di questa leadership per l'equilibriointernazionale del sistema, ma perch la loro economiaconoscer un'ascesa consistente e prolungata e le stesse crisidcliche si inseriranno in una nuova 'onda lunga' di sviluppoaccelerato: su queSta base si assicureranno per qualche lustrouna incontrastata superiorit rispetto a tutte le altre potenzecapitalistiche.Nuovi squilibri sorgeranno quando questa situazione sarscossa prima dall'ascesa verciginosa di paesi come la Germaniaoccidentale e come ilGiappone e poi dalla grave recessione inpieno sviluppo mentre scriviamo queste pagine.

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    IICrisi economica e lotte operaie

    Il nesso tra crisi e movimento di massa nei teorici del marxismoNell'attuale fase di crisi dell'economia capitalistica si

    riproposto acutamente il problema degli effetti che una crisipu avere sulla situazione e sulla dinamica di lotta delmovimentO operaio. Non , quindi, un esercizio accademicorichiamare sinteticamente quanto hanno scritto in proposito iprincipali teoriei marxisti, peraltro impegnati nelle lotte delleorganizzazioni operaie del loro tempo.Innanzi tutto, per riferirei all'aspetto pi generale dell'anda-mentO dei salari, Marx sottolinea a pi riprese chei m,ovimenti generali del salario sono regolati esclusivamentedall'espansione e~ contrazione dell'esercitoindustriale di riserva, lequa/icorrispondonoa/l'alternarsi del periododel ciclo industriale. Non sono-dunque determinati dal movimentodelnumeroassolutodellapopolazioneoperaia, ma dalla mutVo/eproporzionein cui la classe operaia si scindein esercito attivo e in eserciro di riserva, dall'aumento e dalla diminu-zione del volume relativo della sovrappopolazione, dal grado in cuiquesta viene ora assorbita ora di nuovo messa in libert l.In altri termini, essendo una merce, la forza-lavoro sot-toposta alle condizioni del mercato in cui viene venduta: l'ec-cedenza dell'offerta sulla domanda tende a far cadere il prezzo

    e viceversa. Naturalmente, soprattutto nella pratica attuale, la

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    56logica economica non agisce allo stato puro, ma con-dizionata dall'elementO politico, cio dal grado di organizza-zione e dal livello di combattivit della classe operaia nelmomento dato.Storicamente i paesi dell'Europa occidentale hanno attra-versato due grandi periodi, il primo dal secolo XVIalla met

    del secolo XIX,durante il quale i salari si sono ridotti sempredi pi all'alimenrazione minima necessaria per la sopravviven-za, il secondo dopo la met del secolo XIX durante il qualeprima c' stato un aumento, poi una stagnazione o addiritturaUna flessione e quindi un nuovo aumento. C' appena bisognodi ricordare, inoltre, che nel corso del boom prolungato deglianni cinquanta e della prima met degli anni sessanta la cadutadella disoccupazione in vari paesi capitalistici stata accom-pagnata da aumenti salariali, in certi casi anche abbastanzaconsistenti 2, Infine, durante gli ultimi due anni, in unasituazione di recessione sempre pi netta e generalizzata conun notevole aumento della disoccupazione o della disoccupa-zione parziale, si sono verificate in alcuni paesi -; per laprima volta dopo quindici-vent'anni - contrazioni dei salarireali. Il meccanismo specifico stato quello non dellariduzione in assoluto, ma dell'usura in seguito al processoinflazionistico. Tuttavia la crescente massa dei disoccupati e ilpericolo di una disoccupazione ancora pi vasta hanno certa-mente agito come elementi di freno, impedendo o limitandoseriamente razione di recupero rispetto ai prezzi che non erastata senza risultati negli anni precedenti.Soprattutto in relazione al grado di crisi complessiva del

    sistema, ancor pi importante del rapporto crisi-salari il rap-2. Nel capitolo Vdel primo volume del suo ManualeMandel ripor-ta statistiche interessanti sull'andamento dei salari durante vari secoli.Vale la pena richiamare quelle riguardanti i salari reali dei minatelribritannici che da un indice 110-115 nel 1475-80 sarebbero passatiall'indice 56 nel 1528, 45 nel 1600, 38 nel 1610-20, 55 nel 1700,65-70 nel 1740-50, 53 nel 1765-70, 47 nel 1772, 38 nel 1800 per

    superare di nuovo 100 solo verso il 1880. Tra il 1850 e il 1914 in'Gran Bretagna e in Francia i salari reali sarebbero quasi raddoppiati.Per '1\1antoriguarda la Gran Bretagna dal 1800 al 1966 ilrapporto trasalari e occupazione messo in luce con riferimenti statistici in unsaggio di PAOLOSYLOSLABINIcontenuto in Problemidello sviluppoeconomico,Bari, Laterza, 1970.

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    porto crisi-lotte e, potenzialmente, lotte rivoluzionarie dellaclasse operaia. A questo proposito il richiamo alle concezionidei teorici marxisti tanto pi utile in quanto in polemicherecenti non sono mancati tentativi di interpretazioniunilaterali in appoggio alla tesi secondo cui la crisi economicaagirebbe in senso sfavorevole a una radicalizzazione e a unallargamento delle lotte o addirittura a un mantenimento deilivelli medi degli anni seguiti al 1968.In Marx ed Engels il problema non viene affrontato inmodo sistematico, ma emerge da vari passi di epoche diverse.In una prefazione del 1886 al CaPitale,dopo aver constatatol'aumentO dei disoccupati dianno in anno e l'insolubilit delproblema, Engels afferma: Possiamo quasi calcolare l'epocain cui i disoccupati perderanno la pazienza e prenderanno laloro sorte nelle proprie mani~.Se ne ricava, dunque, che peri disoccupati veniva prospettata una funzione positiva nellalotta rivoluzionaria della classe operaia. Da una serie di altripassi dello stesso Engels e di Marx traspare chiaramente !'ideache una crisi economica fosse una condizione perch sicreasse una situazione di instabilit e di crisi politica e lalottarivoluzionaria della classe operaia ricevesse impulso. Per farequalche esempio, i rivolgimenti politici del 1848 sono messiin relazione con la crisi -del 1847 e al contrario, il rilanciodegli affari del 1849 presentato come il fattore che spezzlo slancio dei movimenti rivoluzionari del continente 4. Inuna introduzione alla Guerra civile in Francia Engels scriveancor pi esplicitamente che la crisi del 1847 stata lamadredella rivoluzione del 1848, l'ascesa del 1849-51 la madredella controrivoluzione. Una impostazione analoga aveva delresto ispirato una pagina significativa della giovanile operaengelsiana La situazione della classeoperaia in Inghilterra 5,come ispirer allo stesso autore in et matura una pi cautaconsiderazione sull'influenza che una crisi economica eradestinata ad avere sulla storia politica e intellettuale dellaclasse operaia dell 'America e dell 'Inghilterra (Lettera aWisnewsky, 3 febbraio 1886).

    3. Il capita/e,cit., p. 38.4. l1/i,voI. 11I,2, pp. 89-90.

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    58Indicazioni nello stesso senso compaiono nell'epistolario traMarx ed Engels, Per non fare che qualche esempio, il 19agosto 1852, dopo aver individuato alcuni segni dell'av-

    vicinarsi di una crisi, Marx aggiunge: Larivoluzione potrebbevenire prima di quanto desideriamo. Nella risposta del 21agosto Engels precisa: .Dipende ancora molto dall'intensit della crisi se generer subitouna rivoluzione: subitO,cio tra sei o ottOmesi. Il cattivo raccoltOin

    Francia ha rair che l si possa arrivare a qualche cosa; ma se lacrisidiventa cronica e il raccoltO in fondo sar un po' meglio di quantonon ci si sia aspettato, la stOriapu sempre durare fino al 1854. Con-fesso che vorrei che mi restasse, ancora un anno per studiare, devofinire ancora qualche cosa,In una lettera di alcuni anni dopo, il 14 aprile 1856, dopo

    aver accennato ai problemi critici che lo sviluppo dell'in-dustria continentale creava all'industria inglese, Engels dice:In questo enorme slancio dell'industria continentale risiede ilgerme pi vitale della rivoluzione inglese. Corrispettivamen-te, Engels aveva sottolineato che la prosperit avrebbe'potutofrenare la maturazione degli operai. A proposito della Franciaaveva scritto, infatti, il 24 settembre 1852: Pare che aprstout gli operai si siano perfettamente imborghesiti per lamomentanea prosperitye per le prospettive della gIoiredell'em-Pire,Ci sar bisogno di una dura lezione a forza di crisi, sedevono riesser presto capaci di qualche cosa. Un concettoanalogo ritorna in una lettera del 7 ottobre 1858 dello stessoautore che, dopo aver parlato di progres