luglio 2015 - anno vii n. 27€¦ · vita anche sul lavoro, senza nascondersi per timo-re di non...

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Direttore responsabile: Donatella Gallone - Editore: Ilmondodisuk Società Cooperativa - graphic design: Pasquale Amato Sede legale: Via Duca di San Donato 15 - 80133 Napoli - tel. 081.19806215 - Codice Fiscale e Partita Iva 06088751216 Iscrizione REA (repertorio economico amministrativo) n. 794608 - Tribunale di Napoli al n. 76 del 10/07/2008 - iscrizione ROC n. 17598 LUGLIO 2015 - ANNO VII n. 27 MAGAZINE attualità & cultura MAGAZINE attualità & cultura L’ottimismo di (re)inventarsi Se la professione incontra le emozioni di Donatella Gallone Diletta Capissi e Roberta del Vaglio a pagina 2 Quando l’idea diventa cultura d’impresa Giuseppe Avallone a pagina 4 Un percorso fatto di piccoli passi a pagina 6 La più grande spinta è la passione Bianca Imbembo a pagina 5 J ohanna Morrigan ha 14 anni, molti chili in più e un aspetto poco gradevole. Non ama la vita che condivide a Wolverhampton, cit- tadina britannica di 250mila abitanti nelle Midlands, con un papà infantile, aspirante rockstar, una madre troppo paziente, due fratelli (uno maggiore, l’altro più piccolo), un cane lupo. continua a pagina 2 Roberta Ventrella Vivaiodonna Vivaiodonna

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Page 1: LUGLIO 2015 - ANNO VII n. 27€¦ · vita anche sul lavoro, senza nascondersi per timo-re di non essere considerate all’altezza della situazione. Orgogliose, sorridono al presente,

Direttore responsabile: Donatella Gallone - Editore: Ilmondodisuk Società Cooperativa - graphic design: Pasquale Amato

Sede legale: Via Duca di San Donato 15 - 80133 Napoli - tel. 081.19806215 - Codice Fiscale e Partita Iva 06088751216

Iscrizione REA (repertorio economico amministrativo) n. 794608 - Tribunale di Napoli al n. 76 del 10/07/2008 - iscrizione ROC n. 17598

LUGLIO 2015 - ANNO VII n. 27 MAGAZINE attualità & culturaMAGAZINE attualità & cultura

L’ottimismo di (re)inventarsi

Se la professioneincontra le emozioni

di Donatella Gallone

Diletta Capissi e Roberta del Vaglio

a pagina 2

Quando l’idea diventacultura d’impresa

Giuseppe Avallone

a pagina 4

Un percorso fatto di piccoli passi

a pagina 6

La più grande spintaè la passione

Bianca Imbembo

a pagina 5

Johanna Morrigan ha 14 anni,molti chili in più e un aspettopoco gradevole. Non ama la vita

che condivide a Wolverhampton, cit-tadina britannica di 250mila abitantinelle Midlands, con un papà infantile,aspirante rockstar, una madre troppopaziente, due fratelli (uno maggiore,l’altro più piccolo), un cane lupo.

continua a pagina 2

Roberta Ventrella

VivaiodonnaVivaiodonna

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LUGLIO 2015 - ANNO VII n. 27

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segue dalla prima pagina

Come se non bastasse, in una famigliasempre in conflitto con i soldi, stannoper arrivare due gemellini che lamamma proprio non si aspetta. Il qua-dro è sufficiente a suggerirle di trasferir-

si a Londra, cambiare nome e modo di vivere:Johanna diventa Dolly, decide di concedersi unavita piena di sesso, malgrado si senta brutta.

I suoi pensieri arrivano ai lettori attraverso laforma di un diario (ambientato negli anni novan-ta) dal titolo “Come diventare una ragazza” (pub-blicato in Italia da Bompiani) firmato da CaitlinMoran, editorialista del “Times”. Che tra i consigliaffidati al suo alter ego, Johanna/Dolly, infilaanche il seguente: non appena avrete finito lavostra trasformazione vi renderete conto cheavete sbagliato tutto, che siete cresciute ed ètempo di reinventarsi ancora. E poi ancora unavolta, per tutta la vostra vita.

Una consapevolezza, questa, che appartieneanche alle protagoniste del progetto cui diamospazio in queste pagine. Donne che hanno ilcoraggio di ascoltare le proprie idee, di non rinun-ciare al ruolo di mogli e madri, di affrontare irischi dell’impresa, ascoltando i consigli di chiun’azienda l’ha fondata prima di loro. Di mettersiin discussione, voltare pagina, scalare la monta-gna dei desideri. Voci femminili che testimonianocome sia duro credere nei propri sogni ma anchequanto sia importante inseguirli finché non siavverano, compiendo piccoli passi e accumulandoesperienze. Un diritto che conquistano con la“normalità del quotidiano” senza nascondere lapropria femminilità. Sono donne che voglionostare dalla parte delle donne, partendo da sestesse, senza mettersi in competizione con lealtre, né con gli uomini. Non hanno voglia didominio e non ragionano secondo categorie dipotere. Sono affascinate dalle loro passioni e, allostesso tempo, dalla voglia di realizzarle, attraver-so oggetti, accessori, abiti.

«Ho scelto un vestito di vigogna grigia, ilmeno appariscente possibile, appena ravvivatodalle pieghe della gonna, ma forse è ancora trop-

po squillante la mattina di fine autunno 1959 incui entro alla Olivetti di Torino, dalle parti di piaz-za Solferino, per il colloquio di selezione». Lo scri-ve Marisa Bellisario, prima grande donna mana-ger italiana (1935 – 1988), nell’autobiografia pub-blicata agli apici del successo. Adesso le donne,nonostante (troppi) tentativi di una pericolosamarcia indietro, hanno conquistato i colori dellavita anche sul lavoro, senza nascondersi per timo-re di non essere considerate all’altezza dellasituazione. Orgogliose, sorridono al presente, rim-boccandosi le maniche con allegria. Anche se avolte c’è da stare poco allegri. Ma l’ottimismo lesalverà.

UN PROGETTO TRA PRESENTE E FUTURODedichiamo questo numero del magazine a “Vivaio

Donna”, progetto promosso dal Comune di Napoli, nel-l’ambito degli interventi finalizzati allo sviluppo e allacoesione col Programma “Donne per lo sviluppo urbano”(con risorse a valere sul P.O.R. CAMPANIA FSE2007/2013 - Asse II Occupabilità).

Fiore all’occhiello dell’iniziativa sono i partner: Cidisonlus, Carlo Borgomeo & Co., Theorema, Studio Come.

Obiettivo: promuovere l’occupazione e sostenere lacreazione di imprese femminili con azioni tese a combat-tere disparità legate a situazioni sociali, economiche, cul-turali, etniche. In un vivaio, appunto, spazio polifunzio-nale nel centro di Napoli, luogo fisico ma anche simboli-co e virtuale, che accoglie, accompagna nel “tempo deldecollo” e rafforza le competenze delle donne in posses-so di un talento artigianale o artistico da valorizzare.

Centodieci le donne ammesse che hanno intrapresoun percorso di creazione e consolidamento della propriaidea imprenditoriale, attraverso lezioni e incontri o contutor e manager di settore. Un ulteriore processo seletti-vo ha individuato 70 partecipanti. Stiliste, sarte, interiordesigner, creatrici di gioielli e accessori moda, upcycler,ricamatrici. Diamo la parola ad alcune di loro e agli idea-tori dell’iniziativa.

Per saperne di più: www.vivaiodonna.ithttps://www.facebook.com/pages/Vivaio-

Donna/1487445534873388

di Donatella Gallone*

In alto, uno dei lavori proposti all’esposizione di Palazzo Venezia. Nella pagina

precedente, il manifesto dedicato alle 70 imprenditrici selezionate per il progetto

L’ottimismo di (re)inventarsi

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Vivaio Donna è un per-corso di formazioneprofessionale ed emo-tiva: le partecipanti,creative napoletane dal

grande talento, sono stateaffiancate da manager di spes-sore che le hanno accompagna-te in un viaggio verso la consa-pevolezza dei propri limiti edelle proprie forze. Fuori e dentro l’aula, con la pos-sibilità di mettere in mostra i propri prodotti in unaserie di mostre ed esposizioni temporanee in alcunidei più suggestivi luoghi storici di Napoli, e potersianche confrontare con la dimensione più commer-ciale di uno dei più importanti e consolidati eventi disettore: la Fiera della Casa ospitata dalla Mostrad’Oltremare.

Una delle fasi più interessanti del progetto èstata quella degli incontri di mentoring con impren-ditori già affermati in vari ambiti di attività. Quattroappuntamenti, preceduti da altrettanti incontri pre-paratori, nel corso dei quali le donne hanno potutoaddestrare, testare ed esercitare la capacità di cia-scuna di esporre e raccontare il proprio progetto.Ogni incontro preparatorio si è articolato in dueparti: nella prima parte sono stati introdotti gliimprenditori ospiti ed è stata illustrata la tecnicadell’elevator pitch, individuata come forma breve dipresentazione di un progetto imprenditoriale. Nellaseconda parte, le partecipanti hanno svolto sessionidi esercitazione: a turno hanno simulato la presen-tazione del proprio progetto avendo la possibilità diripetere l’esperimento fino al raggiungimento di unrisultato ottimale.

Per molte di loro si trattava della prima, prezio-sa, occasione di esposizione di se stesse e del pro-prio lavoro di fronte a una platea e i progressi sonostati tangibili, soprattutto nelle donne che hannopartecipato a più sessioni preparatorie. Gli impren-ditori sono tutti accomunati da una importanteesperienza, grande generosità e forti personalità:Gabriella Amodio, imprenditrice dell’azienda OpenMark e fondatrice del marchio Hello Kitty e NinoLettieri, stilista di alta moda, hanno parlato di “Altamoda: creatività e business imprenditoriale” e sonostati accolti con grande entusiasmo dalle tante stili-ste e sarte presenti al Vivaio. Il tema “I nuovi trenddell’accessorio moda: la manifattura tra tradizione einnovazione” è stato affrontato da Daniela Forino –Gloves F.lli Forino, imprenditrice di un’azienda stori-ca nella produzione di guanti e accessori di qualitàe Bianca Imbembo, Kilesa Italia, imprenditrice inun’azienda giovane nella produzione di borse eaccessori realizzati con materiali innovativi. Duedonne dai profili diversi che hanno evidenziato leproblematiche di un mercato sempre più esigente.

Un focus sulle nuove tecnologie è stato apertocon l’incontro dal titolo “Il marketing digitale per lamoda” con Mary Palomba e Maurizio Palumbo –Maison Academia, imprenditori di una start up inno-vativa che ha realizzato una piattaforma web per il

fashion e hanno spiegato alle partecipanti cosasignifica costituire una start up. Infine, si è apertauna finestra su “Artigianato Artistico e InteriorDesign” con gli architetti Andrea Jandoli e PaolaPisapia, fondatori di Sudesign, realtà specializzatanella progettazione e nella produzione di mobili,complementi d’arredo, e lampade. Affiancati daRoberta Ventrella, designer e creatrice di un siste-ma costruttivo brevettato in plastica e alluminio,Selframes, con cui ha dato vita alla omonima startup. Due generazioni in un confronto prezioso.Imprenditori che hanno saputo ricoprire il ruolo di“mentori” impegnati con grande disponibilità perraccontare, ascoltare, valorizzare il patrimonio crea-tivo napoletano e sostenere la nascita di nuoveimprese al femminile.

Nel corso degli incontri si è discusso degli errorida evitare, di trucchi del mestiere, di qualità e inno-vazione dei prodotti da mettere sul mercato, di pro-mozione e di strategie di vendita dei prodotti, siaoffline che online, di partecipazione a fiere e dicome interfacciarsi con realtà commerciali.Insomma, si è stabilito un dialogo serrato in cui lecreative hanno presentato il proprio progettoimprenditoriale, proposto forme di collaborazioni maanche soddisfatto dubbi e curiosità sul percorso dicostruzione di una realtà aziendale di successo.L’obiettivo finale è stato quello di contribuire a raf-forzare le competenze delle donne in possesso diun talento artigianale o artistico e di poter trasfor-mare queste competenze in progetti sostenibilianche nel lungo periodo e, da qui, l’importanza dicreare una interfaccia con imprese, stilisti e desi-gner di successo.

Testimonianze, consigli, "dritte" trasmesse da chiha già superato difficoltà e ostacoli alle 70 donneche dopo un percorso formativo articolato, siamoconvinti, saranno pronte a trasformare il propriotalento e la propria abilità manuale in un concretoprogetto di impresa. Sicuri che la passione e lagenerosità con cui gli imprenditori hanno messo adisposizione la loro esperienza abbia rafforzato nonsolo la motivazione a saper fare delle partecipantima abbia creato i presupposti fondamentali perun’autonomia imprenditoriale.

*organizzatrici e responsabili degli incontri di mentoring di Vivaio Donna

In alto, un momento della mostra

nel chiostro del convento di San Domenico Maggiore

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Se la professione incontra le emozioni

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Se la professione incontra le emozionidi Diletta Capissi e Roberta del Vaglio*

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Quando l’idea diventa cultura d’impresa

Le donne che hanno partecipato al Vivaiohanno dimostrato notevole creatività e, nellamaggior parte dei casi, il possesso di abilità“mature” in grado di realizzare, nei diversicampi di attività, produzioni di sicuro interes-

se per il mercato. Quello che mi ha colpito principal-mente è stata la rivendicazione del “saper fare” e del”mestiere” come costruzione di senso e come fedeltàalle proprie vocazioni/passioni, prima ancora checome ricerca di un ritorno economico. Ho trovatotraccia di questo orientamento nel frequente richiamoal territorio, alla città e al valore delle tradizioni arti-gianali locali, nella ripetuta sottoli-neatura dei temi della sostenibilitàambientale, e naturalmente, comeperaltro nello spirito del progetto,in un certo “orgoglio” di genere.

Caratteristiche che, all’internodel processo di creazione di nuoveimprese, assumono molta rilevan-za perché integrano la catena delvalore con elementi di rinforzocompetitivo sul piano dell’immagi-ne distintiva che le donne impren-ditrici riusciranno a comunicare almercato.

Nel percorso formativo messoin campo dall’Ati per favorire laconcretizzazione di progetti diimpresa, sono stati curati in parti-colare due aspetti: la formazionealla cultura di impresa (per lo piùcarente nelle donne che hannoaderito al progetto), intesa comecapacità di trasformare l’idea ini-ziale, e nel caso specifico, delleabilità e competenze di partenza, in un modellostrutturato atto a prevedere e valutare tutti i fattorinecessari a garantire la fattibilità del piano di impre-sa; compagine imprenditoriale, approccio al mercato,scelte organizzative e sostenibilità economica e finan-ziaria; il supporto ai processi di aggregazione tra lepartecipanti per ottenere una sufficiente massa criti-ca, non sempre garantita a livello individuale, perrendere concretamente fattibile il piano di impresa.

Il progetto, in questa fase, non prevedeva l’effet-tivo start up delle imprese, ma sono state forniteconcrete indicazioni e riferimenti per le iniziative sucome acquisire ulteriori servizi: supporto tecnico-organizzativo per la costituzione dell’impresa dalpunto di vista societario, supporto di tipo fiscale,canali di commercializzazione (sono già attive formedi promozione delle produzioni via web), possibilifonti di finanziamento attraverso bandi pubblici peragevolazioni, accesso al credito anche mediante l’uti-lizzo di fondi di garanzia, modalità di autofinanzia-mento (crowdfunding).

Per non disperdere il lavoro svolto e i risultatiottenuti in termini di spinta delle donne verso un’au-tonomia imprenditoriale e una maggiore valutazionee definizione del proprio talento creativo, sono due gliaspetti da prendere in considerazione.

Il primo riguarda la prospettiva di garantire unamaggiore continuità ai progetti: nel caso specificosarebbe utile poter prevedere una seconda fase diassistenza allo start up per consolidare i processi dicreazione di impresa avviati; l’esperienza del Vivaiodimostra che sono necessari tempi più lunghi di sedi-mentazione in progetti per poter ottenere risultaticoncretamente misurabili entro lo stesso ciclo di vitadel progetto.

Il secondo aspetto riguarda la domanda prevalen-te espressa dalle donne che hanno partecipato alprogetto riguardante la messa a punto di un’offerta

stabile di strumenti di sostegno alla valorizzazionedelle attività che hanno a che fare con la creatività ele abilità artigianali: uscendo dalla logica dei progettia termine, questo significa rendere disponibili incuba-tori di impresa, spazi attrezzati per il coworking,opportunità programmate e regolate per la promozio-ne e la commercializzazione dei prodotti, creazione dimarchi pubblici di territorio e di settore, locationaccessibili per eventi.

A livello locale risulterebbe molto più efficacegarantire in via ordinaria quel minimo di infrastruttu-razione utile a far progressivamente emergere quelleattività che tuttora sono costrette nei circuiti dellaprecarietà e dell’economia informale piuttosto cheintervenire con strumenti di sostegno discontinui.Almeno per quelle iniziative di impresa nascenti chesolo dopo una fase di consolidamento potranno utiliz-zare efficacemente meccanismi agevolativi e servizipiù complessi.

* partner della C.Borgomeo&Co, consulente area creazionee sviluppo di impresa, partner ATI progetto Vivaio Donna

di Giuseppe Avallone*

Nella foto, da destra, Avallone con Diletta Capissi, Nino Lettieri

e Gabriella Amodio durante l’incontro con le imprenditrici del “Vivaio”

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Èstato entusiasmante trovarmi assieme adonne con il mio stesso coraggio nell’af-frontare una sfida: volercela fare. Volerdimostrare di aver talento ed energia e farsì che le proprie idee possano riscuotere

approvazione ed essere valorizzate. Durante il con-fronto molto intenso che si è stabilito, ho notato inalcune delle partecipanti insicurezze, alcune paurenel dover affrontare il passo successivo al terminedel loro percorso formativo all’interno del Vivaio.Sono convinta che, riuscendo a fare rete tra diloro, abbiano la possibilità di verificare di potercelafare. La donna campana ha voglia di dimostrareche lo stereotipo di “Angelo del Focolare“, oramaisuperato da un pezzo, viene soppiantato da unmodello di donna che quotidianamente dà provache, oltre a essere madre, sa fare bene il propriolavoro mostrando di avere talento. Quindi sonofelice che il Vivaio sia stato un modo attraverso ilquale queste donne - che altrimenti non avrebberomai immaginato di mettersi in gioco senza talesupporto e percorso - abbiano avuto la possibilitàdi uscire dal guscio.

Le incertezze di alcune donne, soprattutto dellepiù giovani, richiedono un maggiore training formati-vo. Per tante altre invece, con idee ancora poco chia-re circa la strada da perseguire, ciò che serve è sti-molarle a comprendere. L’aiuto sostanziale di cuinecessitano per andare avanti sono il supporto nellavisibilità (e quindi nella comunicazione) e il sostegnoeconomico che non hanno.

Avere soci finanziatori, banche o istituzioni ingrado di sostenerle, rappresenterebbe il grandesostegno di cui necessitano.

Ho notato la grande attenzione delle aspirantiimprenditrici durante l’esposizione del mio percorso diimpresa, tant’è che immediatamente dopo la miapresentazione e dopo essere stata oggetto di grandecuriosità e interesse, mi hanno posto a raffica unaserie di domande molto precise sulle possibilità di svi-luppare meglio il prodotto, sulle informazioni circa lapartecipazione a fiere, a momenti espositivi, o vendi-ta online. Alcune partecipanti mi hanno scritto viamail chiedendomi di essere loro mentore. Essereoggetto di tanto interesse è stata per me una bellissi-ma emozione, che mi ha resa ancora più orgogliosadi essere punto di riferimento e modello per la loroesperienza. La mia disponibilità è totale.

La passione che mi spinge quotidianamente a vin-cere la mia sfida mi fornisce la grinta ed energia chemi hanno portato al successo oggi. La strada da per-correre è ancora lunga e l’impegno è incessante.Certo, per chi ha fame e sete di imparare, ascoltare ilracconto di un percorso di un imprenditore che ce l’hafatta, diventa come una lezione di un Professore all’Università. Basta prendere atto, approfondire e met-tere in pratica a prescindere dalla tipologia di prodot-to che si vuole promuovere. Sarebbe bello continuareun percorso dove si possano creare delle sessioni dicoaching, di mentoring, tenute ogni volta da unimprenditore diverso.

Premetto che la quotidianità pone sfide semprenuove ed entusiasmanti, mettendomi alla prova. Ma

la mia più grande spinta è “la passione.” Le difficoltàsono molteplici. Cercare di promuovere e far conosce-re un prodotto nell’era della globalizzazione e del con-sumismo, soprattutto in un periodo storico comequello che ci accompagna, al di là che sia innovativoo meno, non è cosa semplice, a patto che magari nonsi porti avanti un progetto imprenditoriale di secondao terza generazione. Dopo le prime difficoltà dovuteagli insoluti ho deciso, avendo un prodotto di qualità100% Made In Italy, di farlo conoscere all’esteroattraverso i canali tradizionali, i media social networke attraverso fiere internazionali del settore, riscuoten-do fin dall’inizio grande interesse. Questo mi ha per-messo sempre più di migliorare il mio prodotto riu-scendo ad avvalermi anche di collaborazioni esterne edi un ufficio stile. Oggi sono riuscita a portare avantiprogetti, in collaborazione con il mondo accademico,riscuotendo ammirazione anche da enti istituzionaligrazie ai quali talvolta sono stata supportata. I veri epropri alleati sono le persone che mi sono vicine, checredono in me e sono presenti sia direttamente cheindirettamente.

Ho ideato un prodotto innovativo, sempre con ilsupporto dell’Università, riuscendo a fondere assiememoda, ecosostenibilità e fashion. La mia determinazio-ne mi ha portato all’EXPO di Milano. A breve le pre-sentazioni delle S/S 2016 KILESA: dopo il Giappone,ai primi di settembre Parigi. Il resto non si può svela-re… lo scoprirete in seguito.

*Bianca Imbembo, imprenditrice del marchio Kilesa Italia,azienda giovane nella produzione di borse e accessori realizzaticon materiali innovativi. Realizza borse di feltro mediante il rici-clo dal pet, materiale ricavato dalle bottiglie di plastica. E’ tra gliimprenditori che ha partecipato al percorso di mentoring rivolto

alle partecipanti di Vivaio Donna.

Per saperne di più www.kilesaitalia.it

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di Bianca Imbembo*

Nella foto, Bianca Imbembo con una delle sue borse

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La più grande spinta è la passioneLa più grande spinta è la passione

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Raccontare il mio progetto, Selframes, nelcorso dell’incontro di mentoring con leprotagoniste di Vivaio Donna, è statauna esperienza molto emozionante: solopochi mesi fa ero come le altre ad

affrontare lo stesso tipo di percorso, a confrontar-mi con indagini di mercato, modelli di business,realizzazione di prototipi e continui cambi di rottaper trovare l'applicazione migliore del prodotto,valutare critiche e consigli e chiedermi se fossicapace di poter costruire un’impresa su un’idea.Un percorso che ha portato alla costituzione diSelframes srl solo grazie alla collaborazione dipersone che hanno creduto in me e mentori chemi hanno dato esempi di successo con i quali hopotuto confrontarmi. Ero perciò molto impauritanel pormi nella posizione di "mentore" non sapen-do se fossi stata all'altezza del compito, e mi hadato un enorme gioia sapere da molte delle prota-goniste del Vivaio Donna che avevo dato unaspinta a proseguire nell'elaborazione dei loro pro-getti.

Del resto, le protagoniste del Vivaio in maggiorparte si confrontano con prodotti manifatturieri dialta qualità che sono loro stesse a produrre.Quindi, oltre alla difficoltà del costo e tempi diproduzione c'è in più una componente che trovofondamentale: le persone che possiedono grandidoti creative difficilmente sono brave a vendere ilproprio prodotto, quindi la problematica maggiorecredo sia quella di trovare persone con abilitàcommerciali e di marketing con le quali possanocondividere il loro progetto affrontando la sfida daun altro punto di vista.

In generale, penso che portare l'esperienza diimprenditori a chi sta per far nascere un’impresasia uno strumento molto valido, e ho trovato l'in-contro interessantissimo soprattutto per l'inter-vento degli architetti di Sudesign, che con mehanno parlato alle creative. Se potessi aggiungereun tassello al bellissimo incontro, forse avreiampliato la fase del dibattito ascoltando i progettidelle partecipanti in una presentazione alla plateaper poter poi discutere su punti di forza e debo-lezza. A me è successo più volte, durante il per-corso di 012 Factory, a cui ho partecipato, di pre-sentare il progetto e ricevere molti apprezzamenti,ma sono state le critiche che ci spingevano a per-fezionarci.

L’ascolto è fondamentale: nel mio caso, unavolta sviluppato un primo prototipo del sistema eottenuto il brevetto, fase in cui sono stati fonda-mentali i consigli di mio padre, architetto strutturi-sta, che è il mio punto di riferimento e che mi hainsegnato tutto quello che so, il primo momentocruciale per il progetto è stato quando mi sonofatta una semplice domanda dalla complicatissimarisposta: «Come lo vendo?». Mi sono fermataquindi a pensare che la soluzione avrei potuto tro-varla condividendo il progetto con persone che cicredessero a tal punto da rischiare con me eapportare un valore grazie a esperienze e punti divista diversi, una squadra.

In più mi sono resa conto di non avere gli stru-menti per affrontare la gestione di un’impresa edovevo acquisire almeno dei fondamenti per poterintraprendere il percorso.

(continua a pagina 7)

Un percorso fatto di piccoli passiUn percorso fatto di piccoli passidi Roberta Ventrella*

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(segue da pagina 6)

A queste due problematiche è interve-nuta la "soluzione 012 Factory", un incuba-tore di impresa che nella prima fase diavvio del progetto permette alle idee sele-zionate di partecipare a una fase di forma-zione nella quale ho trovato un team diimprenditori, mentori e professionisti chemi hanno dato gli strumenti per avvicinar-mi al mondo dell'impresa, e Lara Bernardicon la quale ho condiviso il percorsonell'Academy di 012 Factory e che ha con-tribuito al progetto dal punto di vista com-merciale e del marketing.

Inoltre, posso contare sulla collabora-zione di un partner commerciale del calibrodella Hiltron srl di Napoli che ha già datoun forte slancio all'attività di prototipazionedei componenti e che sarà al nostro fianconella produzione.

Durante il percorso, in sette anni di svi-luppo del prodotto e in quasi un anno perstrutturare l'impresa, ho dovuto risolvereproblematiche sempre nuove e sempre piùgrandi di me, però, avendo puntato unobiettivo molto grande, ho cercato ditenerlo fisso seguendo il consiglio del piùgrande imprenditore che conosco, mio zio,che ha fondato un impero dal nulla. Luioggi non c'è più e io, quando mi disse que-sta frase non ne afferrai subito il senso, ma oggimi viene in mente ogni volta che mi si pone unproblema e mi dà una forza incredibile: «Percostruire una grande impresa devi fare un piccolopasso avanti a un altro.... un giorno ti guarderaiindietro e vedrai quanto è lunga la strada che haipercorso». Io ragiono così oggi, senza fare passipiù lunghi della gamba, in verticale, risolvendo unproblema alla volta.

Grazie alla vittoria del premio della prima edi-zione di 012Factory è stato possibile costituireSelframes srl che tra un po' sarà iscritta nell'elen-co delle start up innovative, la squadra finalmen-

te è stata definita, un altro passo è fatto e già miguardo indietro e vedo un bel po' di strada, poiguardo avanti e sento l'entusiasmo e tanta vogliadi fare.

*startupper, fondatrice di Selframes srl

Per saperne di più http://selframes.com/

Nelle foto dell’articolo,

Roberta Ventrella e i suoi prodotti

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Sono un architetto, madre di due splendi-de bambine, da sempre appassionata almondo del design, in particolare ai pro-dotti per l’infanzia. Sin dai primi anni divita delle mie figlie, ho cercato, attraver-

so il vivere quotidiano, ditrasferire loro la creatività ele abilità tipiche della miaprofessione. Convinta chel’educazione dei bambinisia l’unica possibilità diassicurare loro un futuromigliore, utilizzo il giococome veicolo di sensibi-lizzazione e trasmissionedi valori etici, storici eculturali, che devonodiventare parte inte-grante di un nuovovivere sociale piùrispettoso della realtà,sia umana cheambientale, che ci cir-conda.

Spesso i mieiinsegnamenti si sonotrasformati, e conti-nuano tutt’ora a tra-

sformarsi, in un magnificoscambio di esperienze, fatte di approcci e di

modalità espressive diverse. In particolarmodo, i disegni delle mie bambine, a partiredai graffiti realizzati (spesso sulle pareti dicasa) durante i loro primi anni di vita, fino a

quelli più elaboratie fantasiosi,hanno sempre dipiù attratto lamia attenzione inquanto espres-sione di un uni-verso che, nellasemplicità deitratti, rivela ilmondo in unachiave di lettu-ra diversa,sinteticamen-te chiara epoetica.

Da questointeresse è natal’idea di trasfor-mare i disegnidei bambini inoggetti reali.Ho iniziato per

gioco, realizzando deipupazzi di pezza con le fattezze dei perso-

naggi da loro disegnati e successivamente, stimo-lata dagli scenari fantastici rappresentati dalla mia

primogenita, hodeciso di crearegli amiciimmagiNati, unalinea di prodotti“disegnati” daibambini.

Oggetti natida immagini(giocattoli,complementidi arredo,arredi), pro-gettati e rea-lizzati contecniche etecnologie scelte inbase alle esigenze costruttive dell’og-getto, sia innovative che artigianali, fondendo inuovi saperi digitali con quelli della tradizione eutilizzando materiali ecofriendly, per ridurre l’im-patto dei prodotti sull’ambiente e sensibilizzare lenuove generazioni ai temi del riuso e della sosteni-bilità.

Il gioco fatto con le mie bambine ha cambiato ilmio modo di progettare. Ora, quando mi commis-sionano un nuovo progetto, cerco di immaginarecosa ha pensato il baby designer mentre lo dise-

gnava, e, attraversol’esperienza e la crea-tività che caratteriz-zano la mia attività diarchitetto, trasformouna fantasia bidimen-sionale, fatta di colorie tratti spesso incerti,in una realtà tridi-mensionale tangibile.

E’ un lavoro moltostimolante in cui miaffiancano la sensibi-lità e le sapienti manidell’artista napoletanaTeresa Cervo.Insieme abbiamo rea-lizzato diversi oggetti,come, ad esempio,un comodino in legnoispirato al disegno diuna casa su un alberoo, in occasione di un

evento d’arte, un intero giardino popolato da per-sonaggi e creature fantastiche in cui crescevanorigogliosi fiori di cartapesta. Attualmente ho incantiere diversi progetti che riguardano il mondodell’infanzia, a breve consultabili sul sito www.ara-cataca.it.

Nelle foto, gli oggetti di Esmeralda

di Esmeralda Addabbo

Così trasformo i disegni dei bambini in oggettiCosì trasformo i disegni dei bambini in oggetti

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MAGAZINE attualità & cultura

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LUGLIO 2015 - ANNO VII n. 27

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Il mio nome è Lucia De Luca, nata a Napoli40 anni fa, moglie e mamma di tre piccoligioielli. Ho lavorato per diversi anni in farma-cia, mi occupavo del reparto dermocosmeti-co, successivamente ho avuto la possibilità di

lavorare come promoter e beauty consultant perdiverse aziende farmaceutiche. Nel tempo liberocercavo costantemente di non trascurare la miagrande passione: quella della creatività.Coniugando le due cose ho compreso che crearegioielli mi appagava moltissimo, ho scelto dilasciare il lavoro per dedicarmi esclusivamente aquesto.

Fin da piccola ho sempre avuto la passione pertutto ciò che si poteva creare e trasformare, dopoaver provato diverse tecniche creative, sono stataconquistata dai bijoux. Per questo, da circa treanni ho cominciato a interessarmi a questo fanta-stico mondo della tessitura di perline, creando imiei primi bijoux da autodidatta. Sto cercandoora di trasformare quello

che è nato come un hobby in un lavoro che miconsente di dare sfogo alla creatività. Amo speri-mentare di continuo nuove tecniche e materiali,alla continua ricerca di novità che mi permettanodi creare gioielli unici, per ogni donna.

Per il momento mi diverto a partecipare amostre mercatoche si svolgonoin diversi postidella Campania.Oggi faccio partedelle 70 donnecreative sceltedal vivaiodonna, il pro-getto delComune diNapoli–Assessorato alLavoro e alleattivitàProduttive. Perpromuoverel’occupazione esostenere lacreazioned’impresefemminili.

Per saperne di piùhttps://www.facebook.com/lucia.deluca.904

di Lucia De Luca

In foto, i bijoux di Lucia

Quando un hobby diventa lavoroQuando un hobby diventa lavoro

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La mia è una storia un po' particolare,forse ha a che fare col nome che i mieiscelsero per me: Teresa Nuvola. Che si èrivelato profetico, poiché mi ricordaperennemente di tendere alla leggerez-

za, di fluire, e di non avere paura dei cambia-menti.

In ogni modo, chiamatelo coraggio, intra-prendenza, chiamatela anche fortuna, ma devodire che fino a ora nella vita non mi sono maiannoiata...

Ma andiamo con ordine.Sono nata a Napoli, classe 1987; ho accetta-

to di seguire studi classici solo a patto di poterfrequentare lo studio della scultrice napoletanaPaola Margherita: da lei le basi di disegno, pit-tura e scultura, attraverso lei ho appreso unmodo di guardare e organizzare la realtà, in leiritrovo ancor oggi il modello di ciò che per mesignifica "essere un artista".

Poi ci sono stati gli anni dell'università alloI.E.D. Fashion design di Roma, dove ho potutosperimentare la mia creatività ed entrare a con-tatto con il pazzo mondo della moda.

Appena finita la triennale fui presa primacome stagista, poi come stilista per l'aziendaitaliana Relish S.r.l., dove ho potuto imparare lamoda dei grandi numeri, e da cui mi sono licen-

ziata dopo un anno, scambiando una probabilevita da “donna in carriera” con un biglietto disola andata per l'Australia, per inseguire unsogno, perché non condivido l'idea che creareun’estetica sia solo una questione di business.

A dispetto di tutti quelli che giudicavano lamia idea folle, posso dire che quel viaggio èstata una delle esperienze di crescita più impor-tanti della mia vita; mi ha portata fino in Indiae Taiwan, e, fra i mille svariati lavori che mi ècapitato di fare durante quell'anno e mezzo, hocollaborato anche con una designer indipenden-te australiana, "Sissi Design" totalmente auto-prodotta; da lì la voglia di continuare a impara-re per rendermi autonoma in tutte le fasi dellacreazione di un abito, che mi ha spinta infine atornare a Napoli, patria internazionale della sar-toria.

Racconto i fatti quali sono, ribadisco che lavita è sempre stata generosa con me, maanche che per una forma forse di iperattivismole situazioni me le sono sempre andate a cerca-re: così una volta a casa (e tanto spaesata) hoconosciuto una sarta, Rosina Mosca, mia odier-na socia, che ha deciso di trasmettermi la suaarte.

(continua a pagina 11)

Quello che conta

è il viaggio

Quello che conta

è il viaggio

di Teresa Nuvola

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(segue da pagina 10)

E, per tre anni, grazie alle conoscenze arti-gianali acquisite (e talvolta alla sua supervisio-ne) ho potuto iniziare a farmi conoscere qualestilista indipendente, in primis con un bandocomunale vinto: “il corner dell’artista”.

Ho poi curato e realiz-zato i costumi per“INcorpoREO”, perfor-mance di teatro-danzadel regista FrancescoColaleo, all’interno delFringe festival, nellasuggestiva location deltunnel Borbonico.

Ho potuto sviluppa-re ”SILK road”, la miaprima collezione sar-toriale, iniziando cosìa farmi una piccolaclientela che non homai smesso di cura-re.

Avendo familia-rità con l’India, hoiniziato una colla-borazione free-lance nei mesi

estivi per il brand di modaPositano “Colori di Mare”, che mi ha por-

tata a contatto con la realtà industriale produt-tiva indiana, nonché mi ha permesso di viaggia-re ed esplorare ancora il sud-est asiatico.

Per l’inverno mi sono lanciata, con un altrogiovane stilista, Federico Pinna, e un lungimi-

rante negoziante di via Bisignano, nella gestio-ne di un piccolo atelier sartoriale, finché nonsono dovuta ripartire per l’india.

Tornata, grazie anche alle competenzeacquisite partecipando al progetto”VivaioDonna”, ho deciso che è arrivato ilmomento di investire su dime, di internalizzare tutte leesperienze fatte, fermarmi ecercare una sintesi: mette-re su un atelier-sartoria,attraverso cui lanciare unalinea di abiti personalizza-bili in tessuti e dettagli apartire da un campionariobase. Così, io e la miaamica sarta Rosina, chedi anni ne ha 75, ma dicerto non ha smesso dicrederci, abbiamo affit-tato un altro localeadiacente al suo labo-ratorio, a Via Sedile diPorto100, per metteresu uno show-room eun atelier.

Ora la strada è tutta insalita, e la storia non so come andrà afinire, ma ho sentito dire che è il viaggio quelloche conta, no?

Per saperne di piùhttps://www.facebook.com/teresa.nuvola?fref=ts

Teresa Nuvola

e la sua ultima collezione "Naturalia"

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Ho sempre un leggero imbarazzo nel rac-contare la storia del mio progetto, per-ché “Affar-t moda e accessori” è lo spec-chio della mia personalità e delle mieidee. Sin da bambina, cresciuta tra stof-

fe e cotoni, ho iniziato acucire. Un po’ per distin-guermi dagli altri, perso-nalizzando tutti i mieiindumenti, un po’ percreatività e voglia diinventare, ho realizzato lemie prime creazioni.

Prima per me, poi perle mie figlie e le mie sorel-le. Così tutto è cominciato.Tagliare, trasformare, uti-lizzare e riutilizzare qual-siasi materiale per crearequalcosa di nuovo e insoli-to, qualcosa di unico.

Poi, spronata dalla miafamiglia e dalla voglia diosare, ho deciso di racco-gliere le mie creazioni inuna vera e propria lineadi moda, che sapesseinterpretare fedelmente i

miei ideali. E nel2010 il progettoAffar-t inizia aprendere forma.

Trasformare ilconcetto dimoda=spreco inmoda=utile, que-sto lo scopo. Nasceuna linea di abbi-gliamento, acces-sori e bijoux chemira a essere unmarchio di ricono-scimento per letecniche di tra-

sformazione, ridefi-nizione e rinnovo didiversi materiali dainserire nel settoredella moda.Modelli e materialiinnovativi cheinsieme propongo-no capi e prodottisempre nuovi eoriginali, purricercando undesign elegante esobrio. Perchénella moda, oltrealla tendenza,può esserci

anche un valore aggiunto,

la sostenibilità.Ed è al valore

della sostenibilitàche Affar-t devegran parte deglisviluppi succes-sivi del proget-to, che dal2014 cessa diessere unasemplice lineadi moda perdiventareTransformation Design, un ser-vizio alle imprese e ai creativi di ogni tempo.Affar-t, infatti, si rivolge anche a artigiani, nego-zianti o chiunque abbia necessità di trasformarela propria attivi-tà per reinvesti-re un capitalegià speso (comegiacenze dimagazzino,merci in esube-ro o scarto datrasformare, rin-novare e vende-re nella propriaattività), otte-nendo così unanuova opportu-nità di guada-gno. Ma è ancheuna possibilità formativa da spendere nel sociale,rivolta a tutti coloro che desiderano acquisire letecniche sartoriali e di riciclo creativo.

Affar-t èallora unalinea di moda,ma al contem-po un’occasio-ne di rinnovoe trasforma-zione dellapropria attivi-tà, come pureun laboratoriodi formazione.

Affar-t nonè altro chel’arte di Raffa,un’arte chenon dimentical’opportunitàdi un affare.

Per saperne di piùhttps://www.facebook.com/profile.php?id=100005406976411

di Raffaela Pastore

Nelle foto, le creazioni di Raffa

L’arte di Raffa, moda ecosostenibileL’arte di Raffa, moda ecosostenibile

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Questa è la mia storia: mi chiamoSabrina Santoro, sono nata a Napoli esin da piccola ho sempre avuto passio-ne e attitudine alla pittura (mia madremi raccontava che a 3 anni vinsi un

concorso). Infatti, ricordo da sempre me stessacon fogli e pennelli in mano a creare mondi imma-ginari. A 11 anni persi mio padre e cominciò unperiodo di ristrettezze economiche, tanto che ilsogno dell'arte lo accantonai e frequentai un istitu-to commerciale.

Ma il bisogno di trasformare in forme e colori lamia interiorità era impellente e, finite le scuolesuperiori, mi iscrissi allaAccademia di Belle Arti,pagandomi tasse e spesecon borse di studio efacendo copie di paesaggiantichi per gallerie e mer-canti. Terminati gli studi colmassimo dei voti, pensaiche dovevo immediata-mente inventarmi qualcosaper lavorare, e poiché erosempre stata affascinatadalla pittura murale (scrissila tesi sulle tecniche pittori-che della pittura pompeia-na), e in quel periodo(metà anni ‘90) si affaccia-va nel mondo dell'arreda-mento e dell'architetturad'interni l'interesse per il"trompe-l'oeil" ovvero pit-tura che inganna l'occhio(finte finestre o balconi sulmare, sulla campagna, pro-spettive dipinte che allargano gli spazi di unambiente dando l'illusione della profondità) ebbiun' idea: dipinsi sulle pareti di casa mia alcunitrompe-l'oeil. Li feci fotografare da un professioni-sta, realizzai un piccolo catalogo e con questo

giravo per negozi di arre-damento e studi di archi-tettura.

Da qui cominciai aottenere i primi "lavoriveri" e il mio catalogocominciò ad arricchirsi difoto e la mia esperienza diprofessionalità. Inoltre,cominciavo a sviluppareanche una capacità psicolo-gica di comprendere velo-cemente i clienti e le loroesigenze, in modo da pro-gettare insieme a lorodipinti in cui riconoscesseroanche una parte di sé. Enon c'è stata una volta incui non fossi stata gratifi-cata dalla loro soddisfazio-ne (e in cui non abbia rice-

vuto il compenso pattuito). A un certo punto, dopo aver lavorato e accolto

per diversi anni i clienti a casa, ho avvertito l'esi-genza di avere uno spazio di lavoro indipendenteda quello abitativo, e dopo un periodo di ricercaabbastanza faticoso (perché niente di ciò chevedevo mi piaceva), trovai uno locale per me bel-lissimo, in un palazzo storico nel cuore del centrostorico di Napoli, dove ancora (dopo 15 anni) ho ilmio laboratorio.

Qui, crocevia di visitatori provenienti da tanteparti del globo, ho conosciuto anche tanti personag-gi stravaganti e artisti stranieri, e ho avuto l'idea dicreare oggetti che potessero essere un ricordo diNapoli, ma in una maniera più artistica dei souvenirdi massa: uova e sfere in legno di varie dimensioni,dipinte a gouache con vedute della Napoli classica.Il mio laboratorio è in via B. Croce 12, PalazzoFilomarino. Venitemi a trovare. Cell: 389 5141722.Mail: [email protected]

Metti Napoli su un uovoMetti Napoli su un uovo

Nelle foto, i lavori di Sabrina

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di Sabrina Santoro