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157 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | MARZO 2012 Le nuove linee guida ESC per le sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST: la direzione è chiara, le strade sono molte, le scelte richiedono senso clinico Stefano Savonitto, Matteo Azzarone, Rita Salsi, Giovanni Tortorella S.C. di Cardiologia, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia The 2011 edition of the ESC guidelines on non-ST-segment elevation acute coronary syndromes (NSTE-ACS) maintains the approach strongly based upon risk stratification, following the concept that “the higher the risk of ischemic events, the larger will be the benefit of an aggressive pharmaco-interventional approach”. This concept applies both to the indication and timing of angiography/revascularization and to the choice of concomitant pharmacological therapies. The proofs of efficacy of the most recent drug treatments are solid, but the choice among the several available options and the evaluation of the efficacy/safety ratios in patient subsets require clinical wisdom, especially for the management of the most complex and frail pa- tients. The indication for performing coronary angiography within 24h in high-risk patients would imply ex- tending to NSTE-ACS patients the networks already in place for primary percutaneous coronary interven- tion in ST-elevation myocardial infarction. Key words. Coronary angiography; Coronary angioplasty; Myocardial infarction; Unstable angina. G Ital Cardiol 2012;13(3):157-168 Le linee guida di pratica clinica (LG) hanno una storia recen- te: quelle della cardiopatia ischemica acuta poco più di 10 an- ni (Figura 1). La differenziazione basata sul sopraslivellamento del tratto ST risale alla fine degli anni ’90, ed è stata l’effica- cia della terapia riperfusiva a fare la differenza. Il primo trial ad aver affrontato in maniera organica l’intero spettro delle sin- dromi coronariche acute (SCA) è stato lo studio GUSTO IIb che, al di là dello scopo di dimostrare la superiorità di desirudina verso eparina non frazionata, ha permesso di disegnare chia- ramente le caratteristiche cliniche della popolazione e l’outco- me in relazione al quadro elettrocardiografico alla presenta- zione 1 . In breve, è apparso chiaro nel 1999 che i pazienti sen- za sopraslivellamento del tratto ST (NSTE) sono una popola- zione molto eterogenea, con caratteristiche basali mediamen- te più complesse rispetto a quelli con sopraslivellamento del tratto ST (STE), in cui il valore prognostico incrementale delle elevazioni enzimatiche è più sensibile (più “ripido”) rispetto a quello osservato nello STE 2 e in cui la presenza di sottoslivel- lamento transitorio del tratto ST ha un valore diagnostico e prognostico per gravità della coronaropatia 1,3 . Successivamente a questo studio, la stragrande maggio- ranza delle sperimentazioni cliniche ha affrontato l’una (NSTE) o l’altra (STE) metà della sindrome, portando rapidamente a chiarire il valore assoluto della terapia riperfusiva primaria nel- lo STE 4 e quello di una strategia farmaco-invasiva precoce nello NSTE, soprattutto nei pazienti ad alto rischio 5 . Solo ne- gli ultimissimi anni, e limitatamente alla terapia antitromboti- ca, si è tornati a disegnare studi che hanno affrontato le SCA nel loro complesso 6-9 , ancora una volta con risultati più chia- ri nello STE rispetto allo NSTE. Al di là della definizione diagnostica iniziale, spesso più fa- ticosa rispetto allo STE, e tuttora basata esclusivamente su ECG e troponina (Figura 1 delle LG), i fattori che rendono le SCA-NSTE più difficili nella gestione clinica sono l’età più avan- zata della popolazione e la maggiore prevalenza di diabete, in- sufficienza renale e precedenti eventi coronarici (Tabella 1), così come la minore praticabilità della rivascolarizzazione che, nella maggior parte dei trial attuali, non supera il 60-70% comprendendo rivascolarizzazione percutanea e chirurgica. Un altro aspetto venutosi rapidamente a chiarire (e in parte a risolvere) è stato quello del rischio iatrogeno, evi- dentemente collegato all’età avanzata della popolazione e al- la presenza di copatologie. Probabilmente a causa di questa problematica, i trial eseguiti fino al 2005 hanno mostrato un “early hazard” dell’approccio interventistico che solo nel lun- go termine, e limitatamente ai pazienti a maggior rischio ischemico, ha dimostrato il chiaro vantaggio della rivascola- rizzazione precoce 5 . Solo negli ultimi anni, diremmo soprat- tutto con l’impiego sempre maggiore dell’approccio inter- ventistico radiale, di un impiego “tailored” della terapia an- titrombotica, e del miglioramento delle tecniche chirurgiche in pazienti complessi, appare sempre più evidente il vantag- gio generale di una strategia sistematicamente invasiva nelle SCA-NSTE. © 2012 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 05.12.2011; accettato 06.12.2011. Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Stefano Savonitto S.C. di Cardiologia, Arcispedale S. Maria Nuova, Corso Risorgimento 57, 42123 Reggio Emilia e-mail: [email protected] RASSEGNA

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157G ITAL CARDIOL | VOL 13 | MARZO 2012

Le nuove linee guida ESC per le sindromi coronaricheacute senza sopraslivellamento del tratto ST: la direzione è chiara, le strade sono molte,

le scelte richiedono senso clinicoStefano Savonitto, Matteo Azzarone, Rita Salsi, Giovanni Tortorella

S.C. di Cardiologia, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia

The 2011 edition of the ESC guidelines on non-ST-segment elevation acute coronary syndromes (NSTE-ACS)maintains the approach strongly based upon risk stratification, following the concept that “the higher therisk of ischemic events, the larger will be the benefit of an aggressive pharmaco-interventional approach”.This concept applies both to the indication and timing of angiography/revascularization and to the choiceof concomitant pharmacological therapies. The proofs of efficacy of the most recent drug treatments aresolid, but the choice among the several available options and the evaluation of the efficacy/safety ratios inpatient subsets require clinical wisdom, especially for the management of the most complex and frail pa-tients. The indication for performing coronary angiography within 24h in high-risk patients would imply ex-tending to NSTE-ACS patients the networks already in place for primary percutaneous coronary interven-tion in ST-elevation myocardial infarction.

Key words. Coronary angiography; Coronary angioplasty; Myocardial infarction; Unstable angina.

G Ital Cardiol 2012;13(3):157-168

Le linee guida di pratica clinica (LG) hanno una storia recen-te: quelle della cardiopatia ischemica acuta poco più di 10 an-ni (Figura 1). La differenziazione basata sul sopraslivellamentodel tratto ST risale alla fine degli anni ’90, ed è stata l’effica-cia della terapia riperfusiva a fare la differenza. Il primo trial adaver affrontato in maniera organica l’intero spettro delle sin-dromi coronariche acute (SCA) è stato lo studio GUSTO IIb che,al di là dello scopo di dimostrare la superiorità di desirudinaverso eparina non frazionata, ha permesso di disegnare chia-ramente le caratteristiche cliniche della popolazione e l’outco-me in relazione al quadro elettrocardiografico alla presenta-zione1. In breve, è apparso chiaro nel 1999 che i pazienti sen-za sopraslivellamento del tratto ST (NSTE) sono una popola-zione molto eterogenea, con caratteristiche basali mediamen-te più complesse rispetto a quelli con sopraslivellamento deltratto ST (STE), in cui il valore prognostico incrementale delleelevazioni enzimatiche è più sensibile (più “ripido”) rispetto aquello osservato nello STE2 e in cui la presenza di sottoslivel-lamento transitorio del tratto ST ha un valore diagnostico eprognostico per gravità della coronaropatia1,3.

Successivamente a questo studio, la stragrande maggio-ranza delle sperimentazioni cliniche ha affrontato l’una (NSTE)o l’altra (STE) metà della sindrome, portando rapidamente a

chiarire il valore assoluto della terapia riperfusiva primaria nel-lo STE4 e quello di una strategia farmaco-invasiva precocenello NSTE, soprattutto nei pazienti ad alto rischio5. Solo ne-gli ultimissimi anni, e limitatamente alla terapia antitromboti-ca, si è tornati a disegnare studi che hanno affrontato le SCAnel loro complesso6-9, ancora una volta con risultati più chia-ri nello STE rispetto allo NSTE.

Al di là della definizione diagnostica iniziale, spesso più fa-ticosa rispetto allo STE, e tuttora basata esclusivamente suECG e troponina (Figura 1 delle LG), i fattori che rendono leSCA-NSTE più difficili nella gestione clinica sono l’età più avan-zata della popolazione e la maggiore prevalenza di diabete, in-sufficienza renale e precedenti eventi coronarici (Tabella 1),così come la minore praticabilità della rivascolarizzazione che,nella maggior parte dei trial attuali, non supera il 60-70%comprendendo rivascolarizzazione percutanea e chirurgica.

Un altro aspetto venutosi rapidamente a chiarire (e inparte a risolvere) è stato quello del rischio iatrogeno, evi-dentemente collegato all’età avanzata della popolazione e al-la presenza di copatologie. Probabilmente a causa di questaproblematica, i trial eseguiti fino al 2005 hanno mostrato un“early hazard” dell’approccio interventistico che solo nel lun-go termine, e limitatamente ai pazienti a maggior rischioischemico, ha dimostrato il chiaro vantaggio della rivascola-rizzazione precoce5. Solo negli ultimi anni, diremmo soprat-tutto con l’impiego sempre maggiore dell’approccio inter-ventistico radiale, di un impiego “tailored” della terapia an-titrombotica, e del miglioramento delle tecniche chirurgichein pazienti complessi, appare sempre più evidente il vantag-gio generale di una strategia sistematicamente invasiva nelleSCA-NSTE.

© 2012 Il Pensiero Scientifico EditoreRicevuto 05.12.2011; accettato 06.12.2011.Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.Per la corrispondenza: Dr. Stefano Savonitto S.C. di Cardiologia, Arcispedale S. Maria Nuova,Corso Risorgimento 57, 42123 Reggio Emiliae-mail: [email protected]

RASSEGNA

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S SAVONITTO ET AL

A questa complessità sono chiamate a dare ordine le LGSCA-NSTE recentemente pubblicate dalla Società Europea diCardiologia (ESC)10 e pubblicate contestualmente in italiano suquesto stesso Giornale11. Esse vanno lette tenendo contem-poraneamente presenti le affini LG ESC e American Collegeof Cardiology/American Heart Association per le procedurecoronariche percutanee (PCI), per il bypass aortocoronarico e,più in generale, per la rivascolarizzazione miocardica12-15.

A priori, bisogna ricordare che le raccomandazioni delleLG si basano sull’evidenza disponibile, la migliore essendo ge-nerata da più sperimentazioni cliniche controllate o da meta-nalisi di queste ultime [livello di evidenza (LoE) A]. A voltel’evidenza si basa sui risultati di un solo trial clinico, possibil-mente di dimensioni adeguate (LoE B). Laddove questa evi-denza non esista, si entra nel campo delle raccomandazionibasate sul parere di esperti (LoE C), talora molto ragionevoli,talora arbitrarie. Purtroppo, anche nelle presenti LG, le rac-comandazioni con LoE C hanno ancora molto spazio anchenelle indicazioni di classe I e le aree orfane di evidenza sonoancora prevalenti (Figura 2). Gli studi osservazionali e le ana-lisi di efficacia terapeutica basate sui “propensity score”, chetanto spazio trovano sulle riviste scientifiche nonostante i pro-clami dei relativi Direttori16, vengono di fatto relegate al LoEC (Tabella 2 delle LG).

Figura 1. Sequenza temporale delle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dell’American College of Cardiology/AmericanHeart Association (ACC/AHA) sulla cardiopatia ischemica acuta (NSTE e STE) e la rivascolarizzazione (PCI/CABG).CABG, bypass aortocoronarico; NSTEMI, infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST; PCI, procedura coronarica percutanea;SCA-NSTE, sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST; STEMI, infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST;UA, angina instabile.*Agency for Health Care Policy and Research.

Tabella 1. Confronto con le caratteristiche dei pazienti con infartomiocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e sindromecoronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE)nel registro BLITZ-4 Qualità (Olivari Z. et al., dati non pubblicati).

Caratteristica STEMI SCA-NSTE(n=5854) (n=5852)

Età media (anni) 66 70

Femmine/maschi 29/71 35/65

Diabete 20 31

Ipertensione 53 67

Dislipidemia 33 40

Precedente IMA 8.2 17

Precedente PCI/CABG 10 24

Precedente scompenso 1.3 4.3

Precedente ictus 4.1 5.7

Arteriopatia periferica 5.8 12

Insufficienza renale 4.7 12

I valori sono espressi in percentuale, salvo diversamente indicato.CABG, bypass aortocoronarico; IMA, infarto miocardico acuto; PCI,procedura coronarica percutanea.

159G ITAL CARDIOL | VOL 13 | MARZO 2012

LINEE GUIDA SCA-NSTE

Scopi della presente rassegna sono l’evidenziazione deipunti salienti, la discussione di alcuni aspetti controversi e lacontestualizzazione delle raccomandazioni nella realtà clinicaitaliana. Per facilitare la lettura, abbiamo seguito l’ordine ra-zionale di stesura delle LG.

UNA VERA E PROPRIA RIEDIZIONE

Come denunciato nel titolo e spiegato nelle pagine iniziali deltesto, le LG 2011 sono una vera e propria riedizione che so-stituisce quella pubblicata per la prima volta nel 2000 e ag-giornata nel 2002 e nel 2007. È difficile non vedere impulsialmeno in parte “commerciali” nel ritmo di uscita di questeLG, viste le coincidenze con le introduzioni di nuovi prodottifarmaceutici. Se nell’anno 2000 il motore era multiplo [inibi-tori della glicoproteina (GP) IIb/IIIa + terapia aggressiva + tro-ponina], nel 2002 è stato fatto un aggiornamento ad hoc percentrare la terapia su clopidogrel a seguito della pubblicazio-ne dello studio CURE17, nel 2007 si è “scoperto” l’impatto delsanguinamento e l’importanza di fondaparinux18, e ora nel2011 si decreta che clopidogrel è ”obsoleto” (“da utilizzaresolo quando non disponibili ticagrelor o prasugrel”) sulla ba-se di nuovi prodotti di efficacia provatamente superiore6,8.

La riedizione 2011 riparte dalla fisiopatologia, segnalandol’outcome severo dello NSTE nel lungo termine e la necessitàdi una più aggressiva prevenzione secondaria. Se è vero chenel decennio appena trascorso questa si è soprattutto basatasulla rivascolarizzazione (laddove percorribile) e sull’utilizzo distatine ad alto dosaggio, i dati recenti sulle potenti terapie an-tipiastriniche6,8 e anticoagulanti9 orali mostrano l’efficacia in-crementale di più potenti farmaci antitrombotici, almeno neipazienti a basso rischio emorragico. A questo proposito, leraccomandazioni delle LG valutano le opzioni farmacologichein termini di rapporto rischio/beneficio, senza prendere posi-zione sull’aspetto dei costi, che pure hanno un’importanzacrescente.

DIAGNOSI

Presentazione clinicaLa presentazione ripercorre l’illuminante classificazione diBraunwald19 che, nata per raggruppare le diverse manifesta-zioni cliniche della sindrome in quadri fisiopatologicamente

omogenei, si è poi dimostrata efficace anche dal punto di vi-sta prognostico20,21. Solo tra parentesi viene menzionata unamodalità attualmente molto frequente di SCA-NSTE, ossiaquella in pazienti con recente rivascolarizzazione (soprattuttopercutanea), che invece dovrebbe essere considerata con ele-vato grado di probabilità e indicazione urgente a coronaro-grafia nel sospetto di manifestazione trombotica acuta.

ElettrocardiogrammaViene ricordata l’importanza del monitoraggio continuo ECGa 12 derivazioni al fine di cogliere le modificazioni dinamicheinsite nel concetto di instabilità: bene fanno le LG a richiamaretale concetto, noto da almeno 25 anni22, ma raramente con-siderato nella strutturazione delle nostre Chest Pain Unit or-mai basate unicamente sul parcheggio in attesa del secondovalore di troponinemia. È possibile che le alterazioni dinami-che del tratto ST abbiano perso parte del loro valore pro-gnostico nell’era corrente della rivascolarizzazione sistematica,ma sicuramente mantengono un importante valore diagno-stico e nella determinazione del timing della coronarografia.

MarkerViene chiarito bene il ruolo delle troponine ultrasensibili, cheè quello della più precoce diagnosi: nei pazienti a presenta-zione precocissima, un secondo dosaggio a 3h porta la sen-sibilità a 100%23. Il problema rimane la specificità per SCA,dato che le troponine ultrasensibili possono essere elevateanche in condizioni croniche (cardiopatia ischemica cronica,soggetti anziani e persino in soggetti privi di rilevanti mani-festazioni di malattia), per cui rimane importante la valuta-zione di una evolutività, e il valore delle differenze di livello(Δ) non è tuttora definito. In maniera molto ragionevole, il testpoint-of-care viene riconosciuto (almeno come test di esclu-sione) per condizioni in cui il laboratorio di analisi non sia di-sponibile h24.

EcocardiogrammaPer anni considerato strumento poco sensibile ai fini diagno-stici, viene invece considerato utile in Pronto Soccorso/ChestPain Unit. Nella pratica clinica, il riscontro di alterazioni di ci-nesi anche sfumate in sede concordante con alterazioni elet-trocardiografiche dubbie può essere di grande utilità per con-fermare (ma non per escludere) la diagnosi di ischemia. L’eco-stress viene considerato utile e sicuro in pazienti con ECG nor-male e senza elevazione di troponina. La risonanza magneti-ca nucleare e la scintigrafia vengono considerate potenzial-mente utili, ma raramente disponibili in tempo adeguato.L’angio-tomografia viene considerata per la diagnosi di esclu-sione in pazienti a basso rischio.

Angiografia coronaricaLa coronarografia rimane ovviamente il gold standard, ancheper le immediate ripercussioni terapeutiche e ne viene sug-gerito l’approccio radiale, tranne che nei pazienti emodina-micamente instabili.

STRATIFICAZIONE DI RISCHIO

Viene ribadita la necessità di stratificazione di rischio imme-diata basata sulle caratteristiche cliniche ed elettrocardiogra-fiche (valore quali-quantitativo delle alterazioni del tratto ST).

Figura 2. Distribuzione delle raccomandazioni per classe (I, II, III)e livello di evidenza (A, B, C).

Il test ergometrico viene considerato solo pre-dimissione in pa-zienti con diagnosi non conclusiva e senza recidive di dolore.Viene suggerito il valore prognostico (oltre che diagnostico)del monitoraggio continuo del tratto ST, del tutto da verificarein epoca di rivascolarizzazione (vedi sopra).

Grande rilevanza è attribuita al valore prognostico dei da-ti biochimici, espandendo lo sguardo rispetto al precedenteapproccio troponinocentrico. Pur mantenendo i valori di tro-ponina tutta la loro utilità diagnostica, si suggerisce un’attentavalutazione dei valori glicemici (meglio se glicemia a digiunodopo la dimissione), della creatininemia (sempre meglio sti-mare la velocità di filtrazione glomerulare) e del peptide na-triuretico cerebrale (BNP). Non viene detto in questo puntoche l’emocromo all’ingresso fornisce importantissime infor-mazioni sia prognostiche che, soprattutto, ai fini delle scelteterapeutiche. Alla proteina C-reattiva ad alta sensibilità vieneattribuito valore prognostico, soprattutto nei pazienti tropo-nina-negativi, ma non diagnostico nei confronti della SCA.

Soprattutto dopo i risultati dello studio TIMACS24, vieneraccomandato l’uso di score di rischio. Sebbene quelli piùsemplici andrebbero preferiti per la maggiore immediatezzad’uso, il più complesso GRACE risk score (GRS)25,26 viene con-sigliato per il migliore potere discriminante (specie se in asso-ciazione al dosaggio di BNP), e anche perché derivato da unapopolazione di “all comers”. Oltre agli score di rischio perl’outcome “ischemico”, viene raccomandato l’impiego diquelli di rischio emorragico27, anch’essi di complessità tale darichiedere l’utilizzo di calcolatore. È nostra opinione che que-sti abbiano soprattutto valore didattico e di ricerca, e che unastima basata su età, funzione renale, peso corporeo, terapiaantitrombotica e modalità dell’approccio interventistico possaguidare efficacemente le scelte terapeutiche. Le LG ricono-scono che gli score di rischio emorragico disponibili sono deltutto basati sull’approccio percutaneo femorale e andrebberorivalutati in popolazioni ad approccio prevalentemente radia-le, quali quelle europee.

TRATTAMENTO

Le maggiori novità terapeutiche riguardano l’ingresso di nuo-vi farmaci antitrombotici, con raccomandazioni basate sullenuove evidenze derivate dai recenti trial clinici. Il problema èl’integrazione di queste strategie farmacologiche che, inseri-te nelle diverse (per modalità e timing) opzioni interventisti-che, giunge a prospettare almeno un centinaio di diversepossibilità di approccio, tanto che qualcuno ha argutamenteconiato il termine di “acute confusional syndrome” cometraduzione di “ACS”. Un aspetto difficilmente districabile dal-le analisi dei trial terapeutici è l’efficacia relativa delle terapienella gestione della fase acuta rispetto alla prevenzione se-condaria. Questa distinzione, chiaramente definita in alcunistudi9 ma meno in altri6,8, dovrebbe aiutare a discriminarequanto potentemente inibire la trombosi in fase acuta piut-tosto che nel follow-up, con le prevedibili conseguenze so-prattutto in termini di sanguinamento. Quest’ultimo è piùprevedibile in fase acuta (per lo più in sede di cateterismo eretroperitoneale), ma meno nel follow-up (per lo più a sedegastroenterica e urologica per i farmaci antipiastrinici, maanche cerebrale per gli anticoagulanti). Anche in termini dicosti, il rapporto potenza/durata non è chiaramente definitonelle LG.

Farmaci antipiastriniciLa strategia attuale prevede la combinazione di due-tre far-maci con diverso grado di inibizione piastrinica (Figura 3 del-le LG).

AspirinaA seguito dello studio CURRENT-OASIS 77 è finalmente defi-nita la dose cronica di 75-100 mg, ponendo fine a una dia-triba transatlantica durata decenni. Questo trial di amplissimedimensioni ha chiaramente definito che in pazienti con SCA,e indipendentemente dall’approccio interventistico, dosi piùelevate non producono beneficio clinico e sono foriere di unmaggiore sanguinamento gastroenterico. Viene suggerita lapossibilità di desensibilizzazione nei pazienti con anamnesi al-lergica, ma senza voce bibliografica di riferimento: le indi-chiamo noi28,29.

ClopidogrelA seguito dei risultati superiori ottenuti con prasugrel e tica-grelor6,8, l’utilizzo di clopidgrel viene ora raccomandato solonei casi in cui non siano disponibili, o siano controindicati, idue nuovi inibitori del recettore piastrinico P2Y12. Viene final-mente tracciato con chiarezza il rapporto rischio/beneficio diquesto farmaco con la seguente sentenza che citiamo inte-gralmente: “Treating 1000 patients resulted in 21 fewer car-diovascular deaths, MIs, or strokes, at the cost of an excessof seven patients requiring transfusion and a trend for fourpatients to experience life-threatening bleeds”. Come si vede,il rapporto rischio/beneficio di clopidogrel è ben lungi dall’es-sere rassicurante, e l’eccesso di rischio emorragico e di mor-talità in pazienti a basso rischio ischemico è stato recente-mente definito da analisi colpevolmente tardive dello studioCHARISMA30,31. A 10 anni dalla pubblicazione di CURE17 ePCI-CURE32, si può ora dire serenamente che la pressioneesercitata dalle precedenti LG per un impiego immediato diclopidogrel (dose da carico consigliata in Pronto Soccorso“nell’attesa” di definizione diagnostica) non era basata suevidenze: nella globalità dello studio CURE solo una piccolaminoranza dei pazienti veniva sottoposta a rivascolarizzazio-ne, e la mediana del tempo alla PCI era di 10 giorni in PCI-CURE, con un beneficio non significativo nei primi 7 giorni ditrattamento, ma solo nel lungo termine. La maggiore effica-cia di un aumento di dose (600+150 mg) nei pazienti sotto-posti a PCI osservata nello studio CURRENT-OASIS 77 è plau-sibile, ancorché osservata nel contesto di un’analisi basata suvariabili post-randomizzazione la cui validità era stata prece-dentemente negata dallo stesso chairman dello studio33. Taledoppia dose è associata a un aumento del rischio di sangui-namento [hazard ratio (HR) 1.26] e di trasfusioni (HR 1.28).Infine, va considerato che tanto il rischio di sanguinamentoquanto l’efficacia clinica con clopidogrel sono direttamente le-gati al livello di inibizione piastrinica in corso di trattamento:i pazienti con elevato livello di inibizione avranno una mino-re incidenza di eventi ischemici, ma sono maggiormente espo-sti a manifestazioni emorragiche, e viceversa quelli con elevataattività piastrinica in corso di terapia34. L’utilizzo di test di re-attività piastrinica o di test genetici per ottimizzare la terapiacon clopidogrel ha finora dato esiti deludenti35,36: numerosistudi sono attualmente in corso, soprattutto in considerazio-ne del fatto che, laddove dimostratasi farmacologicamente ef-ficace, la terapia a lungo termine con clopidogrel ha costi de-cisamente minori rispetto a quella con prasugrel e ticagrelor.

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S SAVONITTO ET AL

PrasugrelLe LG chiariscono bene che il metabolita attivo di questo far-maco è chimicamente simile a quello di clopidogrel, ma chela sua generazione è più efficace per via di un metabolismopiù semplice. Nel trial TRITON-TIMI 386 complessivamente,benefici maggiori si sono osservati nei pazienti diabetici37 e inquelli con infarto miocardico con sopraslivellamento del trat-to ST (STEMI), soprattutto in termini di riduzione dell’inciden-za della trombosi di stent38 e di eventi ricorrenti successivi al-la prima recidiva39. Nei 10 074 pazienti con SCA-NSTE arruo-lati nello studio TRITON-TIMI 38, in cui il farmaco era som-ministrato dopo la coronarografia o comunque entro 1h do-po la PCI, il beneficio clinico è stato completamente attribui-bile a una riduzione del rischio di susseguente infarto. Si sen-te la mancanza di una pubblicazione separata dei dati relati-vi alla popolazione NSTE, che costituisce il 75% della popo-lazione dello studio. In termini di sanguinamento, le LG sot-tolineano opportunamente che l’eccesso di sanguinamento ri-spetto a clopidogrel è interamente attribuibile all’esposizioneprolungata al farmaco. Le LG attribuiscono una raccomanda-zione di classe IB all’utilizzo di prasugrel in pazienti con SCA-NSTE sottoposti a PCI che non siano già in trattamento conaltri inibitori del recettore P2Y12, specialmente se diabetici.Altre indicazioni ragionevoli sono in pazienti che abbiano avu-to una recidiva o una trombosi di stent in corso di terapia conclopidogrel. Il rischio emorragico va stimato a priori, esclu-dendo i pazienti con precedenti episodi ischemici cerebrali.

TicagrelorQuesto inibitore del recettore P2Y12, di imminente commer-cializzazione in Italia, rappresenta una reale “new entry” nelpanorama farmacologico. A differenza di clopidogrel e prasu-grel, non è una tienopiridina e non è un profarmaco. Inoltre,non è un bloccante irreversibile delle piastrine. Queste carat-teristiche rendono ticagrelor estremamente interessante dalpunto di vista farmacologico, seppure con effetti meno noti neltrattamento a lungo termine su vaste popolazioni. Nello stu-dio PLATO8, ticagrelor è stato confrontato con clopidogrel inun ampio spettro di pazienti con STEMI e SCA-NSTE, indipen-dentemente dal successivo trattamento con PCI. I dati sonostati pubblicati sia nella popolazione complessiva dello studio,che separatamente nei pazienti candidati a strategia invasiva40

che nei pazienti con STEMI41, che in quelli trattati conservati-vamente42, che in quelli trattati con bypass aortocoronarico43,ma non nella popolazione generale con SCA-NSTE. Comples-sivamente, la popolazione era molto diversa da quella tratta-ta con prasugrel nello studio TRITON44, per cui i confronti trai due farmaci sono improponibili. Ticagrelor ha significativa-mente ridotto del 16% l’endpoint primario rispetto a clopido-grel: nella popolazione con SCA-NSTE si è osservata una si-gnificativa superiorità nei pazienti con troponina elevata, manon in quelli con troponina normale. Il dato più eclatante èstato la riduzione della mortalità cardiovascolare e globale,particolarmente impressionante a carico dei pazienti che, nelcorso dello studio, sono andati incontro a bypass aortocoro-narico. Lo spettro di eventi avversi va aldilà di quelli tipici deifarmaci antipiastrinici, e le controindicazioni prudenziali nonappaiono molto diverse da quelle evidenziate per prasugrel perun aumento significativo dei sanguinamenti non correlati achirurgia45. L’efficacia chiaramente dimostrata in pazienti nonrivascolarizzati (una popolazione alquanto eterogenea) offreun’arma in più nei pazienti con malattia in fase terminale.

Sospensione dei farmaci antipiastrinici per interventi chirurgiciLe LG dedicano un capitoletto specifico a questo argomento,chiarendo l’importanza di non sospendere la doppia antiag-gregazione tranne che negli interventi a maggior rischio emor-ragico, quali i redo-bypass o i bypass complessi associati a chi-rurgia valvolare: in questo caso si consiglia di considerare op-zioni “ponte” come quella con anti-GPIIb/IIIa a breve duratad’azione46,47. D’altra parte, viene fornito uno schema con ledurate consigliate della sospensione degli inibitori del P2Y12,non molto diverse tra i tre farmaci. Viene raccomandato unapproccio multidisciplinare (cardiologo-chirurgo-anestesista)alla pericolosa e impegnativa gestione di questi pazienti. An-che in questo caso, si lamenta la mancanza di chiare eviden-ze se non quelle osservazionali di una elevata incidenza dimorte e infarto perioperatorio nei casi in cui venga sospesala terapia antiaggregante, tanto maggiore quanto minore è ladistanza tra la SCA e l’intervento chirurgico. Le casistiche(non randomizzate) di pazienti trattati con protocolli ad hoce approccio collegiale hanno invece avuto risultati del tutto fa-vorevoli anche nei casi precoci ad elevata complessità chirur-gica47.

Inibitori della glicoproteina IIb/IIIaAldilà dell’osservazione, sostanziata da metanalisi, che questifarmaci riducono significativamente (HR 0.74) l’incidenza dimorte e infarto solo nei pazienti sottoposti a PCI, le LG pren-dono una posizione forte contro l’utilizzo upstream di anti-GPIIb/IIIa, sostanzialmente a seguito dei risultati dello studioEARLY ACS48 che però ha seri problemi metodologici che èopportuno commentare. In questo studio, l’endpoint prima-rio era un inusuale composito di morte, infarto, ischemia ri-corrente che richieda rivascolarizzazione urgente o bailouttrombotico entro 96h, mentre il più tradizionale composito dimorte e infarto a 30 giorni (su cu si basano in genere le LG)era definito come endpoint secondario. Lo studio prevedevadi arruolare 10 500 pazienti, ma dopo un’analisi ad interimche dimostrava un abbondanza di endpoint primari, lo Stee-ring Committee ha ridotto la dimensione del campione a9500 pazienti, con conseguente perdita di potenza sul prin-cipale endpoint secondario di morte e infarto a 30 giorni. I ri-sultati a 30 giorni sono presentati nella Tabella 2 che mostrachiaramente quanto la riduzione della dimensione campiona-ria abbia penalizzato la potenza sull’endpoint a 30 giorni. Leanalisi di sottogruppo a 30 giorni mostrano una riduzione si-gnificativa dell’incidenza di morte e infarto con l’approccio up-stream nei pazienti troponina-positivi. Non fosse stata opera-ta tale scelta arbitraria, ora le LG darebbero un’indicazione diclasse I alla terapia upstream con anti-GPIIb/IIIa (a breve du-rata d’azione). Anche in questo studio, in cui circa il 40% deipazienti sottoposti a PCI ha ricevuto eptifibatide in sala diemodinamica, il beneficio della strategia upstream è statocompletamente a carico dei pazienti sottoposti a PCI, senzaeffetto nei pazienti trattati medicalmente o sottoposti a by-pass. È più che altro per questo motivo che un trattamentoroutinario con anti-GPIIb/IIIa prima della coronarografia nonappare raccomandabile, mentre le stesse LG suggeriscono(classe IIa) tale strategia in pazienti ad alto rischio in cui si pre-ferisca non usare gli inibitori del recettore P2Y12 prima di co-noscere l’anatomia coronarica. Opportune raccomandazionivengono date su come gestire l’emostasi in pazienti che deb-bano sottoporsi a bypass aortocoronarico urgente dopo la

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LINEE GUIDA SCA-NSTE

somministrazione di anti-GPIIb/IIIa. In pratica, i pazienti chesiano in terapia con piccole molecole possono andare a chi-rurgia anche immediata, in quanto il loro effetto è completa-mente cessato entro la fine dell’intervento (è questo il tempoche conta), mentre quelli che hanno ricevuto abciximab (co-sa alquanto improbabile) dovrebbero attendere 24-48h o es-sere sottoposti a trasfusioni di piastrine fresche. Nel comples-so, a nostro parere, la strategia di impiegare una piccola mo-lecola senza anti-P2Y12 e di procedere a coronarografia entro24h nei pazienti ad alto rischio permette una immediata pro-tezione antischemica ed una estrema flessibilità di gestione.

AnticoagulantiAl momento attuale, l’impiego di anticoagulanti nei pazienticon SCA-NSTE è limitato alla fase acuta. Per il prossimo fu-turo, la disponibilità di nuovi anticoagulanti orali bloccanti delfattore X attivato, che si sono dimostrati efficaci, ancorché conun sensibile rischio emorragico9, potrebbe offrire nuove pos-sibilità per la prevenzione secondaria in pazienti ad alto rischioischemico e basso rischio emorragico. Il concetto che si evin-ce molto chiaramente dal complesso degli studi è che la do-se anticoagulante deve essere contenuta al minimo misurabi-le, soprattutto in associazione alle terapie antipiastriniche49. Lastoria dello sviluppo di rivaroxaban, in cui la fase II è stata con-dotta con maggiore precisione rispetto a quella di altri farmacidella stessa categoria, è esemplificativa. La durata dell’anti-coagulazione è raccomandata fino alla fine della PCI nei pa-zienti trattati invasivamente e fino alla dimissione in quellitrattati conservativamente.

FondaparinuxCome nell’edizione 200750, le LG prendono una decisa posi-zione a favore dell’impiego di questo farmaco, questa voltaanche in associazione alla PCI. In quest’ultimo caso, come di-mostrato dallo studio FUTURA/OASIS-851, bisogna sommini-strare una dose di eparina non frazionata intraprocedurale (85U/kg, 60 U con anti-GPIIb/IIIa): la raccomandazione IA vieneattribuita in base al profilo di efficacia e sicurezza più favore-vole, soprattutto per una bassa incidenza di sanguinamentoe l’univocità della dose di anticoagulante che protegge dal ri-schio di sovradosaggio.

EnoxaparinaLe LG si lanciano in una lunga revisione dei controversi datidi confronto tra eparina non frazionata ed eparine a basso pe-

so molecolare, denunciando che la maggior parte degli studie delle metanalisi sono non contemporanee, con scarso ri-corso all’approccio invasivo. Sottolineano che il trial più con-temporaneo e numeroso52 è stato viziato da un mostruosotasso di sanguinamento (sia TIMI che GUSTO), di gran lungasuperiore a quanto riscontrato in trial e registri contempora-nei, verosimilmente causato da un’errata gestione degli anti-coagulanti nell’intero studio. La dose di enoxaparina dovreb-be seguire il protocollo dello studio STEEPLE53 che però deri-va da pazienti stabili. È probabile che l’impego estensivo del-l’approccio radiale riduca sensibilmente il rischio di sanguina-mento. Nel caso si inizi la terapia anticoagulante con enoxa-parina, il cambio di anticoagulante durante PCI è fortementesconsigliato. L’enoxaparina è raccomandata (IB) quando nonsia disponibile il fondaparinux.

BivalirudinaAl tempo della pubblicazione di queste LG, l’unico studiocondotto in pazienti con SCA-NSTE era lo studio ACUITY54,con somministrazione del farmaco upstream e upgrading del-la dose durante PCI55. In contrasto con quando raccomanda-to per enoxaparina, le LG suggeriscono che il crossover a bi-valirudina intraprocedurale in pazienti trattati con eparina nonfrazionata o enoxaparina si è dimostrato sicuro. I risultati del-lo studio ISAR-REACT 4, pubblicato dopo queste LG, potreb-be espandere l’utilizzo intraprocedurale di bivalirudina, so-prattutto in associazione ai nuovi inibitori del recettoreP2Y12

56. L’impiego di un singolo anticoagulante e di una sin-gola molecola antipiastrinica ad azione rapida e potente (siaessa orale o parenterale) appare la strategia più sicura, con ul-teriore definizione della terapia una volta chiarite le opzioni in-terventistiche. Ribadiamo che nella popolazione con SCA-NSTE tutti i trial e i registri su decine di migliaia di pazienti di-mostrano che la quota di pazienti gestibili con PCI è compresatra 50% e 70%, il che indica i limiti di una strategia farmaco-logica unicamente mirata a creare condizioni ideali per la PCI.

RIVASCOLARIZZAZIONE

Nella Tabella 9 delle LG vengono riproposti in maniera sem-plificata i criteri che indicano un approccio invasivo e precisa-mente la dimostrazione di infarto miocardico senza soprasli-vellamento del tratto ST tramite variazioni della ripolarizza-zione all’ECG ed elevazione fasica dei livelli di troponina, ol-tre a condizioni generali che prefigurino un elevato rischio di

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Tabella 2. Incidenza di eventi avversi cardiaci maggiori a 30 giorni nello studio EARLY ACS48 (vedi testo per spiegazioni sulla potenza statisti-ca dello studio).

Somministrazione Somministrazione OR (IC 95%) pprecoce provisional

di eptifibatide di eptifibatide(n=4722) (n=4684)

Morte o infarto 11.2% 12.3% 0.89 (0.79-1.01) 0.079Morte 2.8% 2.6% 1.10 (0.86-1.41) 0.46Infarto miocardico 9.5% 10.6% 0.88 (0.77-1.01) 0.073Morte, infarto e ischemia ricorrentea 12.5% 13.8% 0.89 (0.79-1.01) 0.065Ischemia ricorrentea 2.4% 2.9% 0.80 (0.62-1.03) 0.083

IC, intervallo di confidenza; OR, odds ratio.atale da richiedere rivascolarizzazione urgente.

recidive od outcome negativo nel follow-up (GRS elevato, dia-bete, insufficienza renale, disfunzione ventricolare sinistra epregresse rivascolarizzazioni). Questo approccio deriva da uninsieme di trial randomizzati e metanalisi che però hannoescluso i pazienti più instabili con evidenza di ischemia po-tenzialmente catastrofica.

Timing dell’angiografiaIn confronto alle LG del 200750, passano da 3 a 4 le catego-rie di timing all’angiografia (Figura 6 delle LG):

• invasiva immediata: idealmente entro 2h nei pazienti conangina refrattaria, scompenso refrattario, aritmie sostenu-te o instabilità emodinamica. In questa strategia, in cui laprobabilità di bypass aortocoronarico urgente è più pro-babile, viene giustamente suggerito il trattamento upstreamcon tirofiban o eptifibatide fino a che non vengano (rapi-damente) chiarite le modalità di rivascolarizzazione;

• invasiva precoce: entro 24h nei pazienti più stabili, ma conGRS >140 o con almeno uno dei fattori di alto rischiosummenzionati. Questa nuova raccomandazione derivadai risultati dello studio TIMACS24;

• invasiva: preferibilmente entro 72h nei pazienti con GRS<140 e almeno uno dei fattori di rischio summenzionati;

• conservativa: pazienti che non abbiano alterazioni ische-miche dell’ECG, non elevazione enzimatica, non ricorren-ze di sintomi durante l’ospedalizzazione e basso score dirischio, dovrebbero essere sottoposti a test di ischemia etrattati secondo le LG della cardiopatia ischemica stabile.Quest’ultima categoria comprende più che altro pazientiin cui la diagnosi di SCA è dubbia o pazienti con anginaa bassa soglia, ingravescente o di recente insorgenza se-condo la storica classificazione di Braunwald19.

Se si vuole offrire a tutti i cittadini lo stesso livello di as-sistenza, indipendentemente dalla vicinanza a un centro in-terventistico, questo approccio, razionale e basato su buonaevidenza sperimentale, implica la necessità di estendere alleSCA-NSTE le reti organizzate per l’angioplastica primaria nel-lo STEMI. L’evidente emergenza clinica nel caso di approccioinvasivo immediato (veramente raro nella nostra esperienza)implica l’attivazione immediata dell’emodinamica in un cen-tro Hub, e il trasferimento immediato dai centri Spoke. I ca-si candidabili alla strategia invasiva precoce possono essere

facilmente gestiti durante la settimana, ma implicano unaprecisa riorganizzazione della rete nel fine settimana. Le ul-time categorie di pazienti rientrano tranquillamente nell’at-tuale gestione della maggior parte delle reti dell’infarto. Nel-la provincia di Reggio Emilia è attiva dal 2000 una rete perl’infarto miocardico che comprende 5 ospedali Spoke oltre al-l’Hub provinciale dell’Arcispedale S. Maria Nuova. Tale rete ef-fettua circa 250 PCI primarie all’anno nello STEMI, e 500procedure urgenti in pazienti con SCA-NSTE. La distribuzio-ne dei tempi all’angiografia nei pazienti provenienti dai cen-tri Spoke rispetto a quelli con ricovero iniziale presso il cen-tro Hub è riportata nella Figura 3. È evidente che, pur in unsistema esperto e in grado di garantire un trattamento omo-geneo nella PCI primaria57, i pazienti con SCA-NSTE inizial-mente ricoverati in centri Spoke subiscono un significativo ri-tardo di trattamento rispetto a quelli del centro Hub. In duedegli ospedali Spoke della nostra rete esiste una unità di te-rapia intensiva cardiologica, mentre negli altri tre il cardiolo-go è presente nelle ore diurne e in rotazione con gli interni-sti nelle guardie. Poiché la procedura di diagnosi e stratifica-zione di rischio è meno evidente nelle SCA-NSTE rispetto al-lo STEMI, l’applicazione delle tempistiche raccomandate dal-le LG implicherebbe verosimilmente un upgrading quali-quan-titativo dell’assistenza cardiologica nei centri Spoke, o un by-pass selettivo dei centri Spoke nei casi più evidenti, cosa at-tualmente problematica per ovvie carenze strutturali e di trai-ning del 118. Bisogna sottolineare che anche il successivo tra-sferimento presso i centri di Cardiochirurgia (laddove il cen-tro Hub ne sia sprovvisto), che si verifica nel 10-20% dei ca-si, dovrà essere effettuato con protocolli ben definiti e con-divisi di tempi, modalità di trasferimento e terapie farmaco-logiche concomitanti.

Modalità di rivascolarizzazioneIn assenza di studi randomizzati che confrontino PCI e bypassaortocoronarico in pazienti con SCA-NSTE, viene raccoman-dato di usare nei pazienti stabilizzati gli stessi criteri consigliatiper la cardiopatia ischemica stabile58. Nei pazienti instabili conmalattia multivasale, si raccomanda la PCI urgente della le-sione considerata colpevole (non sempre evidente nella SCA-NSTE): ragionevolmente, tale decisione non presuppone unariunione del cosiddetto Heart Team (cardiologo, emodinami-sta, cardiochirurgo). Tuttavia, nei pazienti appartenenti ai due

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Figura 3. Distribuzione percentuale dei ritardi dall’ammissione in ospedale al-la coronarografia nel centro Hub e nei 5 centri Spoke dell’AUSL di Reggio Emi-lia dopo ricovero per sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento deltratto ST (periodo dal 1/1/2011 al 31/10/2011).

terzili superiori del SYNTAX score, in cui i meriti relativi di PCIe bypass aortocoronarico sono incerti o a favore del bypass,le modalità del successivo completamento di rivascolarizza-zione dovrebbero essere decise collegialmente in base a cri-teri clinici, angiografici e all’esperienza del centro. Relativa-mente al timing di un eventuale bypass aortocoronarico, in as-senza di evidenze viene ragionevolmente suggerito un diffe-rimento di 48-72h dopo una PCI della lesione culprit. Tutta-via, i tempi potrebbero allungarsi nel caso il paziente sia sta-to pretrattato con un inibitore P2Y12 e richiedere strategiefarmacologiche “ponte” con anti-GPIIb/IIIa a breve duratad’azione nel caso che la PCI eseguita sulla lesione colpevoleabbia caratteristiche di alto rischio trombotico.

SOTTOGRUPPI DI PAZIENTI E PATOLOGIECONCOMITANTI

In assenza di studi specifici atti a definire le migliori strategieterapeutiche nelle principali categorie cliniche di pazienti, leLG si affidano in maniera esplorativa alle analisi di sotto-gruppo dei principali trial o metanalisi, ma soprattutto al con-cetto che “maggiore è il rischio, maggiore sarà il beneficio”.Questo approccio, l’unico al momento perseguibile, lascia co-munque incertezze nelle decisioni quotidiane per due princi-pali motivi. Il primo deriva dalla frequente coesistenza nel sin-golo paziente di più categorie: ad esempio una donna dia-betica di 78 anni (non infrequente) dovrà essere valutata inquanto donna (nessuna dimostrazione di efficacia da approc-ci aggressivi e maggiore rischio emorragico), in quanto dia-betica (efficacia preferenziale di un approccio farmaco-invasi-vo aggressivo e rischio emorragico non aumentato) o in quan-to anziana (non beneficio apparente da approccio aggressivoe maggiore rischio emorragico)? Il secondo deriva dalla ge-nerale consensualità del rischio e del beneficio di un approc-cio aggressivo: i pazienti che potenzialmente trarrebbero mag-gior beneficio sono quelli a maggior rischio iatrogeno. Que-sta ambiguità della decisione clinica nei pazienti a maggior ri-schio costituisce la linea di demarcazione tra la buona clinica,che sa “gestire” i casi ad alto rischio, e atteggiamenti azzar-dati o arrendistici. Le LG sposano genericamente l’approccioaggressivo, suggerendo una certa prudenza nell’utilizzo deifarmaci antitrombotici più potenti.

Pazienti anzianiIn assenza di dati specifici, le LG suggeriscono un’attenta va-lutazione delle caratteristiche cliniche del singolo paziente,delle copatologie e dell’aspettativa di vita. Viene raccoman-dato un utilizzo mirato e personalizzato della terapia anti-trombotica e un’accurata valutazione del rapporto rischio/be-neficio. Nel complesso, l’atteggiamento pare leggermente piùcauto rispetto a quello tenuto nel 2007. Dopo la stesura del-le LG, la recentissima pubblicazione del follow-up a 5 annidell’aggregato degli studi FRISC II, ICTUS e RITA-3 (cosiddet-ta FIR Collaboration) ha mostrato un beneficio significativo(morte e infarto) solo nelle classi di età da 65-75 e >75 anni(quest’ultima però con età media di 76 anni) e solo per quan-to riguarda gli uomini. Nessun beneficio è stato evidenziatoper i pazienti di età <65 anni59. I dati recenti dell’Italian ElderlyACS study (età media 82 anni) dimostrano un chiaro benefi-cio di una strategia precocemente invasiva nei pazienti conelevati livelli di troponina all’ingresso, anche in questo caso

con privilegio del sesso maschile (Savonitto S. et al., dati nonpubblicati).

DonneRicordata la differenza nelle caratteristiche basali (soprattuttoetà più avanzata), il miglior outcome rispetto agli uomini nel-l’età avanzata e il maggior rischio di sanguinamento, le LGsposano il partito dell’approccio non differente rispetto agliuomini, specialmente nei casi con elevati livelli di troponina al-la presentazione, cosa che sembra di poter condividere nellapratica clinica.

DiabeteA causa del maggior rischio di base, viene raccomandata unastrategia decisamente aggressiva. Per quanto riguarda il con-trollo glicemico, i dati sull’approccio all’iperglicemia in faseacuta sono non conclusivi e si è dimostrata soprattutto peri-colosa l’ipoglicemia. Per la fase acuta, viene raccomandato dimantenere la glicemia entro limiti prudenziali (tra 90 e 180-200 mg/dl). Permane l’indicazione a preferire il bypass aorto-coronarico alla PCI, nonostante che i dati derivino tutti da stu-di nella cardiopatia ischemica cronica. Nella PCI gli stent me-dicati sono da preferire agli stent metallici. Per l’approccioantitrombotico, si indica che l’approccio non dovrebbe esse-re diverso nei pazienti diabetici rispetto ai non diabetici: perquanto riguarda gli anti-P2Y12, viene indicata la superiorità diprasugrel e ticagrelor rispetto a clopidogrel nei pazienti dia-betici, senza eccesso di sanguinamento. Tuttavia, l’utilizzo diquesti due farmaci viene raccomandato in maniera indipen-dente dallo stato diabetico. Viene tolta l’indicazione routina-ria ad anti-GPIIb/IIIa in upstream. Sulla base di una recentemetanalisi Cochrane60, che ha mostrato l’incidenza trascura-bile dell’evento, viene finalmente tolto l’allarme per l’acidosilattica con metformina e la necessità di sospendere tale far-maco prima dell’angiografia.

Insufficienza renaleIn base al maggior rischio ischemico, e nonostante la man-canza di specifica evidenza, viene raccomandato un tratta-mento aggressivo, facendo particolare attenzione al rischioemorragico dei farmaci antitrombotici. Vengono sollevati dub-bi sulla reale necessità di un ricorso routinario a eparina nonfrazionata, che nelle precedenti edizioni era raccomandata inquesti pazienti: fondaparinux viene indicato come sicuro edefficace. Si segnala che ticagrelor si è dimostrato più efficacedi clopidogrel, ma con maggiore rischio emorragico nel lun-go termine. Nella totale assenza di evidenze sperimentali, leraccomandazioni relative ai farmaci non vengono fatte con ilsistema del grading, ma fornendo una tabella con le precau-zioni e gli aggiustamenti delle dosi.

Scompenso cardiaco Anche in questo caso, in assenza di dati specifici, vengono in-corporate le evidenze relative a post-infarto e scompenso car-diaco.

AnemiaL’outcome peggiore osservato nei pazienti anemici viene ra-gionevolmente attribuito alle patologie concomitanti. Vieneraccomandato un approccio conservativo alle trasfusioni, chevengono generalmente indicate solo per livelli di emoglobi-nemia <7 g/dl e avendo come obiettivo 9-10 g/dl. In genera-

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le, tranne che nei casi con grave instabilità ischemica, l’origi-ne dell’anemia andrebbe chiarita prima di iniziare la terapiaantitrombotica e di eseguire la coronarografia con le conse-guenti decisioni relative all’eventuale rivascolarizzazione.

SanguinamentoQuesto problema viene trattato diffusamente, come nelle LGprecedenti. Il registro GRACE mostra che l’incidenza è in ri-duzione, sia per una maggiore attenzione al problema cheper il maggiore impiego di accesso vascolare radiale. L’impres-sione generale è che, a differenza di quanto verificato per al-tri aspetti, l’incidenza di sanguinamento sia riportata in misu-ra maggiore nei trial che nei registri e nella pratica clinica cor-rente. Il disagio diffuso nei confronti della varietà di definizio-ni (GUSTO, TIMI, OASIS, PLATO, STEEPLE, ACUITY, ecc.) è re-centemente sfociato in un ulteriore tentativo di giungere a unadefinizione “universale” da impiegare sia nei trial che a scopoepidemiologico, quella dell’Academic Bleeding Consensus(ABC) Multidisciplinary Working Group61. Inoltre, se l’impiegodi trasfusioni viene impiegato come misura del sanguinamen-to, sarebbero opportune indicazioni condivise alle trasfusioni,che invece differiscono grandemente perlomeno dai due latidell’Atlantico (incidenza di gran lunga maggiore negli StatiUniti, soprattutto a seguito di bypass aortocoronarico, e nonsolo per un impiego di dosi maggiori di aspirina)62. Viene op-portunamente rafforzato il concetto che non deve preoccupa-re solo il sanguinamento acuto, ma anche quello a lungo ter-mine, sia per quanto riguarda l’impiego di clopidogrel31 che re-lativamente all’impiego dei farmaci più efficaci, quali prasugrele ticagrelor. Viene raccomandato l’impiego in fase acuta degliinibitori della pompa protonica. Il problema dell’antagonizza-zione degli effetti dei farmaci antipiastrinici nel caso di emor-ragia o di necessità di intervento chirurgico urgente viene trat-tato superficialmente, non essendo fatta la fondamentale di-stinzione tra farmaci a legame irreversibile (a basse concen-trazioni plasmatiche, antagonizzabili mediante trasfusioni diconcentrati piastrinici) e farmaci a legame reversibile (elevateconcentrazioni plasmatiche, non antagonizzabili da trasfusio-ni piastriniche, sebbene a durata minore dell’inibizione).

TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE

Le LG fanno riferimento alle precedenti LG europee e ameri-cane sulle SCA e sulla prevenzione secondaria. Potendo con-tare sul patrimonio degli studi classici di prevenzione secon-daria con aspirina, betabloccanti, inibitori dell’enzima di con-versione dell’angiotensina (ACE) e statine, e trascinando inambito SCA-NSTE le evidenze nel post-infarto e nello scom-penso cardiaco, quello del trattamento a lungo termine èl’ambito in cui le evidenze sono maggiori e i livelli di racco-mandazione più nobili (IA e IB). Viene inoltre raccomandatol’invio in riabilitazione per i pazienti con multipli fattori di ri-schio, al fine di favorire un approccio multifattoriale alla ri-duzione del rischio globale. Esistono buone evidenze (riportatedalle LG) a dimostrazione che i pazienti che aderiscono in ma-niera estensiva alle misure di prevenzione secondaria hannouna migliore prognosi. A questo proposito, bisogna tener pre-sente che le principali misure terapeutiche di modifica dellostile di vita e farmacologiche finora adottate sono basate sul-l’estrema sicurezza d’impiego. Questo vale soprattutto perbetabloccanti, ACE-inibitori e statine che dovrebbero essere

somministrati a tutti i pazienti indipendentemente dal rischiodi base, pur attendendosi un maggior beneficio in quelli adalto rischio. L’eccesso di rischio iatrogeno associato all’impie-go dei risparmiatori di potassio (riducibile contenendo le do-si e aumentando la sorveglianza nei pazienti con insufficien-za renale) è giustificato dalla popolazione ad alto rischio in cuisono indicati (scompenso cardiaco). Per quanto riguarda i far-maci antitrombotici si entra invece in un’area molto più criti-ca, a causa del sensibile rischio emorragico che va accurata-mente valutato caso per caso. La stessa aspirina ha un rap-porto rischio/beneficio problematico nei pazienti anziani, so-prattutto di fronte a un’anamnesi di ulcera gastrica63. Perquanto riguarda clopidogrel, il rischio emorragico è sensibile31

ed è verosimile che il beneficio a lungo termine dimostratonello studio CURE sia in gran parte a favore dei pazienti sot-toposti a PCI32. La necessità di una doppia terapia antiaggre-gante oltre i 6 mesi dopo impianto di stent coronarico è sta-ta messa in dubbio dai risultati recenti dello studio PRODIGY,dimostrando che la prosecuzione oltre tale limite espone inu-tilmente a un maggiore rischio emorragico (Valgimigli M. etal., dati non pubblicati). Per quanto riguarda i nuovi farmaciantipiastrinici6,8 e anticoagulanti9, essi sono tutti portatori diun significativo rischio emorragico, per cui l’impiego andrà de-ciso caso per caso dopo attenta valutazione di tale rischio edel dimostrato beneficio. Questi farmaci potrebbero tuttaviafornire un’arma in più nei pazienti senza opzioni di rivascola-rizzazione a causa di una malattia coronarica diffusa o perchéhanno esaurito le opzioni di rivascolarizzazione42.

MISURE DI PERFORMANCE

Come in altre occasioni64, viene raccomandata la valutazionecontinua dell’aderenza alle misure indicate dalle LG, in quan-to la maggiore aderenza alle raccomandazioni è associata amigliore outcome. L’effettuazione di registri territoriali affida-bili (questo è il punto!) che documentino in maniera puntua-le e ripetuta o continua (questo è un altro punto) alcuni pas-saggi gestionali (caratteristiche basali, tempi, farmaci, riva-scolarizzazione) e l’outcome almeno a 6-12 mesi viene rac-comandata come mezzo di miglioramento continuo della qua-lità. Come dimostrato nel caso delle LG americane, il presup-posto della validità delle raccomandazioni, molte delle qualicon LoE C, andrebbe verificato65. Il concentrare la ricerca pro-spettica su aree orfane di evidenza permetterebbe di ridurrela quota di raccomandazioni basate sul buon senso e il giu-dizio di esperti66.

Il metodo basato sui registri spontanei può essere perse-guito dalle società scientifiche. Il registro BLITZ-4 Qualità (Oli-vari Z. et al., dati non pubblicati), il più recente di quelli con-dotti dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalie-ri (ANMCO) sulle SCA, costituisce un esempio mirato allo stu-dio delle misure di performance (Tabella 3)67-70. Questo tipo diregistri, considerati affidabili per l’esecuzione ad hoc da partedei cardiologi aggiustata con un sistema puntuale di queries,richiede uno sforzo ulteriore da parte di personale medico e in-fermieristico già oberato e non garantisce la continuità neces-saria alla pianificazione sanitaria. Le rilevazioni basate sui datiamministrativi, in atto in alcune Regioni, richiedono task forcespecialistiche che verifichino l’aderenza dei dati amministrativialmeno con le diagnosi principali: laddove effettuati, tali con-trolli hanno dato esiti sorprendentemente approssimativi.

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CONCLUSIONI

Le LG costituiscono un formidabile condensato di dati efonti bibliografiche gratuite utili soprattutto a chi approc-cia un argomento clinico non centrale alla propria espe-rienza. Gli esperti nei singoli campi trovano spesso discu-tibili le raccomandazioni di livello C, e anche quelle di clas-se III, che spesso vengono disattese. Tutte le LG iniziano ofiniscono con la raccomandazione di considerare che essesono basate sull’evidenza disponibile e l’applicazione alsingolo caso clinico deve essere basata sull’esperienza e sulbuon senso. La qualità e l’assenza di conflitto di interessida parte degli esperti sarebbero auspicabili. L’ultima è unachimera, in quanto il clinico veramente esperto finisce sem-pre, e giustamente, per essere coinvolto come sperimen-tatore nei trial clinici sponsorizzati dall’industria o a fun-gere da consigliere per le stesse aziende (e come potreb-be essere altrimenti?). La prima condizione richiederebbeche gli esperti designati dalle Società Scientifiche naziona-li fossero veramente esperti della materia specifica, piut-tosto che scelti su base politica o meglio, che essi fosseropiuttosto designati dai working group sulla base della pro-

vata esperienza nell’area specifica e del curriculum scienti-fico.

RIASSUNTOL’edizione 2011 delle linee guida ESC sulle sindromi coronaricheacute senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE) ribadiscel’approccio fortemente basato sulla stratificazione di rischio, se-guendo il concetto che “maggiore è il rischio di eventi ischemici,maggiore sarà il beneficio di un approccio farmaco-invasivo aggres-sivo”. Tale concetto vale sia per l’indicazione e il timing dell’angio-grafia/rivascolarizzazione che per la scelta delle terapie farmacolo-giche concomitanti. Le documentazioni di efficacia e rischio delle piùrecenti terapie farmacologiche sono solide, ma la scelta tra le nu-merose opzioni disponibili e la valutazione dei rapporti tra efficaciae tollerabilità nei vari sottogruppi di pazienti richiedono attento giu-dizio clinico, soprattutto nella gestione dei pazienti più complessi efragili. L’indicazione a eseguire la coronarografia entro 24h nei pa-zienti a maggior rischio implicherebbe una estensione della reted’emergenza per l’angioplastica primaria nell’infarto miocardico consopraslivellamento del tratto ST anche ai pazienti con SCA-NSTE.

Parole chiave. Angina instabile; Angiografia coronarica; Angio-plastica coronarica; Infarto miocardico.

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Tabella 3. Registri sulla gestione delle sindromi coronariche acute in Italia.

BLITZ-167 BLITZ-268 BLITZ-369 IN-ACS Outcome70 BLITZ-4(2003) (2006) (2010) (2011) (Olivari Z. et al.,

dati non pubblicati)(2011)

N. centri 296 275 332 41 163N. pazienti 1959 1888 6986 5892 11 706STEMI/NSTEMI 65/35 0/100 40/60 40/60 50/50Durata follow-up 30 giorni 30 giorni Intraospedaliero 12 mesi 6 mesi

NSTEMI, infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST; STEMI, infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST.

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