la settimana n. 12 del 23 marzo 2014

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Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 [email protected] Notiziario locale Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983 23 marzo 2014 E “aprire le porte” vuol dire: accogliere dentro, vuol dire offrirsi al di fuori. Il mondo, tutti abbiamo bisogno di una famiglia “a porte aperte” che accolga il Signore Gesù imparando da Lui un modo di amare che la renda viva affettivamente, sessualmente, comunitariamente, spiritual- mente; che accolga la vita non solo quando nasce ma anche quando presenta difficoltà e i drammi della crescita, per non creare degli emarginati, in quanto denutriti di amore; che accolga i vecchi senza posteggiarli troppo facilmente in istituti; che accolga i poveri aggiun- gendo (“in tante maniere”) un “posto a tavola”. Messaggio per l’anno 1979- Una missione d’accoglienza Don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città è a Roma per partecipare, in qualità di segretario del Capitolo, al Conclave dei Salesiani. Un appuntamento importante per la Congregazione: 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco Il conclave dei Salesiani DI BENEDETTA AGRETTI n questi giorni a Roma si sta tenendo un conclave speciale, quello dei Salesiani. Un’esperienza particolare, un’avventura ricca e impensabile che sta vivendo, in qualità di segretario del Capitolo, don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città. Il Capitolo Generale, come accade in tutte le congregazioni, viene convocato ogni sei anni per pensare e programmare il domani della vita consacrata alla luce dell’esperienza carismatica del proprio santo fondatore, in questo caso don Bosco. Al termine dell’assise, che si concluderà il prossimo 12 aprile, verrà eletto il Rettor Maggiore che guiderà la congregazione nel successivo sessennio. Un compito importante dunque, un impegno allo stesso tempo gravoso ma stimolante, come descrive lo stesso don Gino: «Siamo 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco. Si riflette, si verifica, si sogna, si progetta insieme, cercando di costruire quella comunione necessaria per guardare al futuro. E’ una positiva Babele salesiana, dove oltre le tre lingue ufficiali, inglese, spagnolo e italiano, ci vogliono tanti sorrisi e gesti per riuscire a capirsi. C’è in tutti un grande desiderio di incontro e di dialogo, consapevoli anche dell’unicità del momento». E, proprio nello spirito di don Bosco, il pensiero di questo Capitolo si rivolge ai giovani, maggiormente in un tempo come questo, dove la ricerca della vera felicità viene deviata e ostacolata da tanti idoli inconsistenti. «I giovani oggi - continua don Gino - sono una sfida dentro una cultura dove il primo posto è occupato da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce, superficiale, provvisorio. Come i salesiani possono essere profeti del nuovo che rende nuova la vita? Come essere uomini che illuminano il futuro di tanti giovani? Ci è chiesto di essere audaci e creativi nel ripensare obiettivi, strutture, stile, metodi di educazione e di annuncio della vita. Speriamo di riuscirci». Una sfida non facile, accompagnata da una conoscenza e una consapevolezza della realtà mondiale che non può non far riflettere ... «In questa conoscenza della realtà mondiale, un notevole apporto ce lo offrono le "buonanotti" (che sono i saluti che si danno fra di loro alla sera, in svariate lingue, i partecipanti al Capitolo, che danno l’idea della vastità della Congregazione) si spazia dalla Cina alla Siria, da Haiti al Congo, sono un buon termometro per conoscere il cuore pulsante della Congregazione, con le difficoltà ad essere salesiani con il rischio della vita o con l’entusiasmo di constatare che il piccolo seme sta diventando albero grande, in certe situazioni di frontiera del mondo". «Sento la mia presenza a questo Capitolo - conclude don Berto - come un infinito dono di Dio che chiede la responsabilità di vivere con intensità questa opportunità e poterla poi condividere con tutta la comunità. Un intenso, fraterno e affettuoso saluto a tutti , accompagnato da quel legame nella fede che si esprime nella preghiera». I he la simpatia fosse immediata, reciproca e destinata a cre- scere lo si è capito subito. Sin da quel primo buonasera ge- niale e originalissimo nella sua apparente banalità. Un saluto semplice come quel Pontefice venuto «quasi dalla fine del mondo» e che adesso chiedeva silenzio e invitava a pregare il Padre Nostro e l’Ave Maria. Da allora è stata un’escalation di affetto e sintonia, di feeling come direbbero gli inglesi. Di papa Francesco piace il pollice che si alza in segno di salu- to, le volte in cui rompe il protocollo, lo sguardo sorridente mentre scambia lo zucchetto bianco o indossa il cappello da alpino. Il suo è un vocabolario alla portata di tutti, ricco di esempi e di immagini tratte dalla vita quotidiana. Non è raro sentirlo parlare degli insegnamenti della nonna, e quando un concetto gli sta particolarmente a cuore chiede «per favore» co- me l’amico educato che non vuole disturbare. «Per favore» ri- pete e la gente sa che può credere a chi preferisce l’utilitaria al- l’auto blindata e in piazza San Pietro strappa un sorriso al ma- lato chiedendogli se la moglie cucina bene. Si fida di un «par- roco del mondo» che consiglia i libri che legge, regala le mise- ricordine come un farmacista del- l’anima e alla fine di ogni Angelus augura «buon pranzo» a tutti. Il suo è un linguaggio che pesca a piene mani dalla strada, in cui la soave musicalità dell’italiano si sposa con la rotondità delle «esse» spagnole, confinando se non pro- prio eliminando ogni asprezza di pronuncia. E allora diventa facile imparare concetti complessi come «globalizzazione dell’indifferen- za» o «cultura dello scarto», meno complicato capire che le periferie, geografiche ed esistenziali, non vanno confinate ma messe al cen- tro e che l’ultimo dei poveri è il prediletto del Signore. Valori di sempre, si dirà ed è vero, ma che ripetuti da Bergoglio sembrano ogni volta nuovi. Come il con- tinuo richiamo alla misericordia. Come i frequenti rimandi al- la tenerezza da intendere come capacità di ascolto, di accom- pagnamento, di accoglienza. Agli sposi, papa Francesco racco- manda di imparare ad usare le parole «permesso», «grazie» e «scusa». Con gli anziani sottolinea che la vecchiaia è l’età della sapienza. Ai giovani chiede di non aver paura di fare «passi de- cisivi». Perché solo «l’amore sa colmare i vuoti» e a «volte le la- crime sono gli occhiali per vedere Gesù». Ecco allora che di- venta logico, quasi inevitabile l’invito, rivolto a tutti, ad aprire le porte e uscire da se stessi per incontrare il fratello. Un giorno Bergoglio commentando il suo motto: "Miserando atque eli- gendo", ha detto che gli piace tradurlo in "misericordiando". Un gerundio che in italiano non esiste però profuma di perdo- no, di braccia aperte, di gioia, che non a caso in spagnolo si di- ce alegría. Una parola nuova per arricchire quel dizionario del- la vita che, grazie a Francesco, sta portando aria fresca alla Chiesa. E al mondo. RICCARDO MACCIONI (Da Avvenire del 12 Marzo 2014 - Un anno con Papa Francesco) C Francesco: il suo linguaggio e quella simpatia immediata NELL’ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DEL PAPA IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi

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Page 1: La Settimana n. 12 del 23 marzo 2014

Via del Seminario, 6157122 Livornotel. e fax0586/[email protected]

Notiziario locale Direttore responsabileAndrea Fagioli

Coordinatore diocesanoNicola Sangiacomo

Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

23 marzo 2014

E“aprire le porte” vuol dire: accogliere dentro, vuol dire offrirsi al difuori.

Il mondo, tutti abbiamo bisogno di una famiglia “a porte aperte” cheaccolga il Signore Gesù imparando da Lui un modo di amare che larenda viva affettivamente, sessualmente, comunitariamente, spiritual-mente; che accolga la vita non solo quando nasce ma anche quandopresenta difficoltà e i drammi della crescita, per non creare degliemarginati, in quanto denutriti di amore; che accolga i vecchi senzaposteggiarli troppo facilmente in istituti; che accolga i poveri aggiun-gendo (“in tante maniere”) un “posto a tavola”.

Messaggio per l’anno 1979- Una missione d’accoglienza

Don Gino Berto, parroco edirettore della comunità del Sacro Cuore della nostra città è a Roma per partecipare, in qualità di segretario del Capitolo, al Conclave dei Salesiani.

Un appuntamento importanteper la Congregazione: 220salesiani di 90 ispettorierappresentanti 132 nazioni.Un mosaico di volti, tanti tasselliche insieme esprimono l’unicovolto di don Bosco

Il conclavedei Salesiani

DI BENEDETTA AGRETTI

n questi giorni a Romasi sta tenendo unconclave speciale, quellodei Salesiani.

Un’esperienza particolare,un’avventura ricca eimpensabile che stavivendo, in qualità disegretario del Capitolo,don Gino Berto, parroco edirettore della comunitàdel Sacro Cuore dellanostra città.Il Capitolo Generale, comeaccade in tutte lecongregazioni, vieneconvocato ogni sei anni perpensare e programmare ildomani della vitaconsacrata alla lucedell’esperienza carismaticadel proprio santofondatore, in questo casodon Bosco. Al terminedell’assise, che siconcluderà il prossimo 12aprile, verrà eletto il RettorMaggiore che guiderà lacongregazione nelsuccessivo sessennio. Un compito importantedunque, un impegno allostesso tempo gravoso mastimolante, come descrivelo stesso don Gino: «Siamo220 salesiani di 90ispettorie rappresentanti132 nazioni. Un mosaicodi volti, tanti tasselli cheinsieme esprimono l’unicovolto di don Bosco. Siriflette, si verifica, si sogna,si progetta insieme,cercando di costruirequella comunionenecessaria per guardare alfuturo. E’ una positivaBabele salesiana, dove oltrele tre lingue ufficiali,inglese, spagnolo e

italiano, ci vogliono tantisorrisi e gesti per riuscire acapirsi. C’è in tutti ungrande desiderio diincontro e di dialogo,consapevoli anchedell’unicità del momento».E, proprio nello spirito didon Bosco, il pensiero diquesto Capitolo si rivolgeai giovani, maggiormentein un tempo come questo,dove la ricerca della verafelicità viene deviata eostacolata da tanti idoli

inconsistenti. «I giovani oggi - continuadon Gino - sono una sfidadentro una cultura dove ilprimo posto è occupato daciò che è esteriore,immediato, visibile, veloce,superficiale, provvisorio.Come i salesiani possonoessere profeti del nuovo cherende nuova la vita? Comeessere uomini cheilluminano il futuro ditanti giovani? Ci è chiestodi essere audaci e creativi

nel ripensare obiettivi,strutture, stile, metodi dieducazione e di annunciodella vita. Speriamo diriuscirci».Una sfida non facile,accompagnata da unaconoscenza e unaconsapevolezza della realtàmondiale che non può nonfar riflettere ...«In questaconoscenza dellarealtà mondiale, unnotevole apporto celo offrono le"buonanotti" (chesono i saluti che sidanno fra di loro allasera, in svariatelingue, i partecipantial Capitolo, chedanno l’idea dellavastità dellaCongregazione) sispazia dalla Cina allaSiria, da Haiti alCongo, sono unbuon termometroper conoscere il cuorepulsante dellaCongregazione, con ledifficoltà ad essere salesianicon il rischio della vita ocon l’entusiasmo diconstatare che il piccoloseme sta diventando alberogrande, in certe situazionidi frontiera del mondo". «Sento la mia presenza aquesto Capitolo - concludedon Berto - come uninfinito dono di Dio chechiede la responsabilità divivere con intensità questaopportunità e poterla poicondividere con tutta lacomunità. Un intenso,fraterno e affettuoso salutoa tutti , accompagnato daquel legame nella fede chesi esprime nella preghiera».

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he la simpatia fosse immediata, reciproca e destinata a cre-scere lo si è capito subito. Sin da quel primo buonasera ge-

niale e originalissimo nella sua apparente banalità. Un salutosemplice come quel Pontefice venuto «quasi dalla fine delmondo» e che adesso chiedeva silenzio e invitava a pregare ilPadre Nostro e l’Ave Maria. Da allora è stata un’escalation diaffetto e sintonia, di feeling come direbbero gli inglesi.Di papa Francesco piace il pollice che si alza in segno di salu-to, le volte in cui rompe il protocollo, lo sguardo sorridentementre scambia lo zucchetto bianco o indossa il cappello daalpino. Il suo è un vocabolario alla portata di tutti, ricco diesempi e di immagini tratte dalla vita quotidiana. Non è rarosentirlo parlare degli insegnamenti della nonna, e quando unconcetto gli sta particolarmente a cuore chiede «per favore» co-me l’amico educato che non vuole disturbare. «Per favore» ri-pete e la gente sa che può credere a chi preferisce l’utilitaria al-l’auto blindata e in piazza San Pietro strappa un sorriso al ma-lato chiedendogli se la moglie cucina bene. Si fida di un «par-roco del mondo» che consiglia i libri che legge, regala le mise-

ricordine come un farmacista del-l’anima e alla fine di ogni Angelusaugura «buon pranzo» a tutti. Ilsuo è un linguaggio che pesca apiene mani dalla strada, in cui lasoave musicalità dell’italiano sisposa con la rotondità delle «esse»spagnole, confinando se non pro-prio eliminando ogni asprezza dipronuncia. E allora diventa facileimparare concetti complessi come«globalizzazione dell’indifferen-za» o «cultura dello scarto», menocomplicato capire che le periferie,geografiche ed esistenziali, nonvanno confinate ma messe al cen-tro e che l’ultimo dei poveri è ilprediletto del Signore. Valori disempre, si dirà ed è vero, ma che

ripetuti da Bergoglio sembrano ogni volta nuovi. Come il con-tinuo richiamo alla misericordia. Come i frequenti rimandi al-la tenerezza da intendere come capacità di ascolto, di accom-pagnamento, di accoglienza. Agli sposi, papa Francesco racco-manda di imparare ad usare le parole «permesso», «grazie» e«scusa». Con gli anziani sottolinea che la vecchiaia è l’età dellasapienza. Ai giovani chiede di non aver paura di fare «passi de-cisivi». Perché solo «l’amore sa colmare i vuoti» e a «volte le la-crime sono gli occhiali per vedere Gesù». Ecco allora che di-venta logico, quasi inevitabile l’invito, rivolto a tutti, ad aprirele porte e uscire da se stessi per incontrare il fratello. Un giornoBergoglio commentando il suo motto: "Miserando atque eli-gendo", ha detto che gli piace tradurlo in "misericordiando".Un gerundio che in italiano non esiste però profuma di perdo-no, di braccia aperte, di gioia, che non a caso in spagnolo si di-ce alegría. Una parola nuova per arricchire quel dizionario del-la vita che, grazie a Francesco, sta portando aria fresca allaChiesa. E al mondo.

RICCARDO MACCIONI(Da Avvenire del 12 Marzo 2014 - Un anno

con Papa Francesco)

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Francesco: il suo linguaggio e quella simpatiaimmediata

NELL’ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DEL PAPA

IL GRANELLOdi senape

di mons. Alberto Ablondi

Page 2: La Settimana n. 12 del 23 marzo 2014

LA SETTIMANA DI LIVORNOTOSCANA OGGI23 marzo 2014II

La parola alla... CARITAS PARROCCHIALE

Seguendo l’esempiodi San Francescouesta è la storia di una lotta”, è

questo il succo del volume diAngèle Lieby “Una lacrima mi hasalvato”, pubblicato dalle Edizioni SanPaolo e scritto con la collaborazione delgiornalista Hervè de Chalendar. Unvolume redatto “perché i malati sifacciano sentire e i medici siinterroghino”, l’avventura dell’autriceinizia lunedì 13 luglio 2009 aStrasburgo, vigilia della festa nazionalefrancese, con un formicolio alle ditadelle mani e un terribile mal di testa. Ilmarito Roy la porta al pronto soccorsodell’ospedale, i medici non capisconocosa abbia e la vogliono dimettere, maAngèle non riesce a deglutire, si sentesoffocare, perde conoscenza, la

intubano e lamettano in comafarmacologico. Hacontinuamente gliocchi chiusi, vivenel buio, vorrebbeparlare ma non ciriesce, dice a sestessa “devoassolutamentemandare unsegnale, ma nonposso né urlare némuovermi”. Sentequello che succedevicino a lei, la voce

dei medici, quelle delle infermiere, ditutti coloro che vengono a farle visita, leparole usuali “solamente due pervolta”, in pratica la credono già morta.Scrive Angèle “Oggi so che è essenzialeparlare anche a chi si crede morto. Oggiso che un malato lasciato solo ècondannato alla morte”. Le medicazioniche le fanno, come quella della puliziadei setti nasali, diventano per lei delletorture insopportabili, sente unainfermiera che dice “francamente nonha senso accanirsi: tirerà presto le cuoia.L’ha detto il primario”, la credonoormai morta, al marito e alla figliaCathy i medici dicono “Bisogna pensarea togliere la spina” e spingono il maritoad andare alle pompe funebri perscegliere la bara. Ma il marito siimpone: “Non accetteremo mai distaccare la spina ad Angèle. Mai,capito?”. E ha ragione, dopo dodicigiorni di permanenza in ospedale alreparto rianimazione, Angèle riesce a farscendere una lacrima sul viso e amuovere il dito mignolo, apre gli occhi,ma resta paralizzata. Da quel momentoè un susseguirsi di eventi positivi, lenti,molto lenti, con il linguaggio del dito edell’occhio fa addirittura intendere almarito, che le sta sempre vicino, chevorrebbe scrivere un libro. Finalmente imedici capiscono quale sia la suamalattia, si tratta della sindrome diBickerstoff, la degenerazione dellamielina che protegge le fibre nervose.Ma bisogna “avere fiducia, credere nelfuturo”, il 14 agosto riesce a sedersi suuna sedia “i progressi fisici generanospesso un miglioramento morale”, il 2settembre le tolgono il respiratoreartificiale, comincia ad assumere il ciboper bocca, ma le ci vogliono “due oreper inghiottire uno yogurt”. Hapurtroppo una ricaduta che le fa dire “lasofferenza è una esperienza solitaria,non si può condividere”, poi imiglioramenti continuano e il 24novembre è trasferita in un nuovocentro ospedaliero dove inizia larieducazione e il 2 dicembre le staccanodefinitivamente la cannula dellatracheotomia, in seguito vienericoverata al centro di riabilitazioneClemenceau , è il 9 dicembre, dice: “houna volontà feroce di migliorare” efinalmente il 21 dicembre le tolgonoanche la gastrostomia, il 23 dicembreriesce a fare trenta minuti di cyclette e ilgiorno dopo torna a casa. Cosa ci vuoldire questo libro? E’ la stessa Angèle chece lo dice: “il mio caso insegna unaimportante lezione: una persona puòessere perfettamente cosciente anche sein apparenza sembra in comairreversibile”. “In realtà il problema èforse che ciò che prova un paziente nonè sempre la maggiore preoccupazionedei grandi medici”. “Con la mia storiaspero di diventare la portavoce dicoloro che non possono comunicare”,“questo libro non ha altra ambizione senon di raccontare la sofferenza dalpunto di vista del maggior protagonista:chi soffre”.

Gianni Giovangiacomo

SERRA CLUB: LA CONFERENZA DEL TEOLOGO DON RAFFAELLO SCHIAVONE

«I divorziati bussano alle porte della Chiesa»a oltre trent’anni all’interno della Chiesae su interesse diretto dei Papi

l’argomento sui divorziati risposati hasuscitato un dibattito molto contrastato.Proprio per questo alla luce della richiesta diPapa Francesco di trovare strade innovativeche non scardinino il principiodell’indissolubilità del matrimonio, ilPresidente del Serra Club di Livorno, PaoloLugetti, ha invitato il teologo don RaffaelloSchiavone, docente di Teologia Morale pressol’Istituto di Scienze Religiose Niccolò Stenonedi Pisa a fare chiarezza su una questione chesta interrogando le coscienze di molti.Tanteinfatti sono state le persone che hannoaffollato la sala Alberto Ablondi dellaParrocchia della Leccia, di cui don Schiavoneè parroco.“Il titolo della dibattito è menzognero”ha esorditodon Raffaello, in quanto i divorziati, specie quelli chehanno subito il divorzio non sono mai stati esclusidalla Chiesa; pertanto si deve parlare per alcuni casidi esclusione dalla partecipazione ai sacramenti,cosa questa ben diversa dall’esclusione piena dallaChiesa. La Chiesa è una comunità dove ciascuno sisente al suo posto e nella Preghiera eucaristica vi èun’espressione dedicata ai “figli dispersi”, quindi idivorziati non devono sentirsi degli allontanatiperché “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.Pertanto è quanto mai necessario come dice PapaFrancesco porre l’attenzione alle periferie non sololocali ma anche esistenziali e i divorziati purtroppovivono questa esperienza e bisogna accompagnare e

non condannare il fallimento dell’amore. Lesituazioni sono diversissime e anche i teologi stannoriprendendo in considerazione il fatto che purrestando il matrimonio sacramentale indissolubile inquanto rappresenta l’amore di Cristo per la Chiesa, eil coniuge che rimane fedele è testimone dell’amorecrocifisso di Cristo che rimane fedele finoall’abbandono e alla morte, non va dimenticato chela legge è fatta per l’uomo e non viceversa. Già nel1981 Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolicaFamilaris consortio trovandosi di fronte ad unprogressivo aumento di divorzi, ritenendola unapiaga che purtroppo si andava allargando anche inambito cattolico, esprimeva come “ La Chiesa,istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini, e

soprattutto i battezzati, non può abbandonarea se stessi coloro che –già congiunti colvincolo matrimoniale sacramentale- hannocercato di passare a nuove nozze. Perciò sisforzerà, senza stancarsi di mettere adisposizione i suoi mezzi disalvezza…;sappiano i pastori per amoredella verità ben discernere le situazioni”.Papa Francesco riprendendo il magistero deisuoi predecessori, nel proporre al sinodo deivescovi il questionario di 38 domande, vuolea livello collegiale cercare nuove risposte chenon si basino sull’autoritarismo ma voglionoessere una riflessione sulla differenza tradottrina e disciplina e dunque capire comeagire con i divorziati risposati. Ecco che inattesa di ulteriori pronunciamenti, vi sonodegli atteggiamenti da assumere quali quello

di non colpevolizzare, ma di accogliere con unapastorale integrata senza ghettizzare.Va data moltaattenzione cura alle coppie in crisi e soprattuttoaiutare le giovani coppie a celebrare nella pienaconsapevolezza le nozze e tutti infine devono cercarela maternità nella Chiesa che cerca di mostrare ilvolto di Dio innamorato dell’uomo e che lo sostieneanche nei momenti di difficoltà.Il dibattito che è seguito è stato molto vivace e donRaffaello con la chiarezza e la precisione che locontraddistingue è riuscito a presentare l’attenzionedella Chiesa a questi temi con un discernimento cheè ben lungi da quanto molto spesso i mass media cipropongono.

Monica Cuzzocrea

D

Una lacrimami ha salvato

DI FABIO FIGARA

un punto di riferimentostorico per gli abitantidel quartiere, un luogoin cui, in linea con i

principi francescani, poteravere una paroladi conforto, unsostegno moralee materiale. Agliinizi furono laCompagnia di S.Vincenzo de’Paoli e il gruppodelle “Damedella Carità” adoffrire sostegnoagli indigenti,poi furonodirettamente iFrancescani dellaParrocchia conalcuni volontari,come PieroFunari, a gestirevestiario e pacchialimentari. E,ancora oggi, la Caritas di S.Trinità offre aiuto a più di 60famiglie, circa 170 utenti.«Una volta al mese, per tregiorni, ci occupiamo delladistribuzione del paccoalimentare - spiega CarloTobia, referente della Caritasparrocchiale - composto spessoda un litro d’olio, un pacco dizucchero, uno di caffè, latte,pasta, pelati o conserve, sepossibile biscotti, e altro.Sappiamo bene che un paccoal mese, per famiglie che, avolte, arrivano ad esserecomposte da sei individui, èpoco, ma non possiamooperare diversamente:purtroppo importanti Entiquali Agea e Banco Alimentare,a causa della riduzione deifondi, si trovanoimpossibilitati a far pervenire a

È

tutti i punti di riferimentocome il nostro quanto offertonegli anni passati. E ciò limitafortemente le nostre capacitàd’intervento».La crisi economica incide cosìsulle possibilità delle Caritas,che però risultano sempre piùaffollate. Se prima erano glistranieri a bussare alla portadella Parrocchia, adesso moltiItaliani si recano in Caritas,vincendo paura e vergogna nelvoler usufruire di un serviziosimile. «Quando ho iniziato, circaquattro anni fa, insieme alprecedente parroco seguivamouna ventina di famiglie: poi lasituazione è peggioratanotevolmente, in particolaredal secondo semestre delloscorso anno. Inoltre, ciò chepreoccupa maggiormente, è

l’affollamento“italiano”: circametà dellefamiglie cheaiutiamo sonolivornesi».Anziani chenonraggiungono lafine del mese, eche spessomantengonofigliquarantennidisoccupati,

“esodati” che non hanno piùl’età da lavoro ma che nonpossono raggiungere lapensione, disoccupati con figlia carico e individui conproblemi ditossicodipendenza: un quadrochiaro di una realtà non solodi quartiere ma che abbraccial’intera città. E per affrontare tale emergenzagli operatori volontarichiedono ai parrocchiani didare una mano. «Oltre alleofferte ricevute dai frati -continua Tobia - siamo riusciti,grazie ai catechisti, asensibilizzare i ragazzi e lefamiglie di questi per laraccolta alimentare: ognidomenica i giovani delle classidel catechismo consegnanoalla Caritas uno o più generialimentari, che contribuiscono

a mantenere attivo il serviziodi distribuzione. E poiabbiamo un’iniziativa con ilsupermercato “Dico”, la “spesanel cesto”, e prossimamentedovrebbe iniziareun’importante collaborazioneanche con il vicino “Conad”.Stiamo anche pensando diriprendere un vecchioprogetto, l’ “Armadio deipoveri”, di cui si occupavano leDame della Carità, per ladistribuzione di indumenti perbambini. Questo è unmomento di necessità estrema:chi ha da offrire di più nonpuò tirarsi indietro». Ma non è tutto: a breve laCaritas di S. Trinità inaugureràun Centro di Ascolto nei vicinilocali parrocchiali, in cuioffrire assistenza e consulenzaper varie situazionid’emergenza e di degradosociale. Gli operatori stannoattualmente frequentando icorsi appositi nelle aule dellaCaritas di via Donnini.«È un servizio fondamentale -commenta padre MarioGiovacchini, parroco di S.Trinità - e proprio per questosarebbe auspicabile unincremento di volontari e unamaggiore coesione con le altreattività parrocchiali: in questomodo si crea una comunità inaiuto dei fratelli bisognosi».

Da cinquant’anni,in piazza Gavi, sonoattivi numerosi serviziper aiutare i parrocchianiin difficoltà

I volontari della Caritas della parrocchiaSS.ma Trinità: Bardi Antonella,Bargelli Maria Paola,Bianchi Alida,Borsellini Anna,Cuzzocrea Giovanni,De Batte Bruno, GelliFranco e Gabriella,Lepori Carla,TobiaCarlo,Tolotti Mirella

TESTIMONIAngèle Lieby

Page 3: La Settimana n. 12 del 23 marzo 2014

LA SETTIMANA DI LIVORNO TOSCANA OGGI23 marzo 2014 III

CONOSCIAMO IL TEAM DIMusic city

Una squadraaffiatata che crede in un grandesogno!

DI FABIO FIGARA

utto è cominciatoquando Tony Mazzone,chitarrista Jazz torinesedi fama e fondatore

dell’attività, chiede all’amicoVanni Draghetti, titolare diuno studio commerciale,musicista e collezionista dichitarre e bassi elettrici, diprendere la gestione delnegozio che per più diquarant’anni ha portato il suonome. Inutile rifletterci, ladecisione è già presa: un paiodi telefonate ad altrettantiamici amanti della musica,Andrea Leonardi e ValterRomagnoli, oggi socinell’attività, continuando cosìuna tradizione decennale, ediventando "Music City". «Per noi è stato un grandeonore e un immenso privilegiopoter gestire questo negozio,un punto di riferimento incittà, e non solo, per tutti gliappassionati di musicacome noi - spiegaAndrea, liberoprofessionista ma anchevoce e chitarra del duo"TrentaCorde" -Considerando il rispettoche abbiamo per Tonystesso, che continua avenire in negozio e asuonare con noi ognigiovedì, abbiamopreferito rispettarlo,subentrando "in punta dipiedi", senza fare slogane appendere cartelli consopra scritto "nuovagestione". Vogliamovivere in continuità conl’operato di questogrande musicista».Il subentro ha permessodi evitare una lungatrafila burocratica, e ilnome rappresenta ormaiuna garanzia di qualità;ma non tutto è stato cosìsemplice. «Sicuramenteabbiamo dovuto guadagnarcila fiducia di clienti e fornitori,i quali conoscevanopersonalmente Tony da anni eche, da un anno a questa parte,hanno dovuto relazionarsi conla nostra società: ciò hacomportato un grandeimpegno e un cospicuoinvestimento, ma oggipossiamo dirci soddisfatti,dato che siamo riusciti aguadagnarci la stima di tutti ea tessere rapporti dicollaborazione importanti conaltri esperti del settore, comeRenato Napoli e Brilli diStagno». La crisi economica e leesigenze di mercato hannoperò imposto diverse strategieper rimanere ai massimi livelli.«Oggi tutto il mondo dellamusica è in pasto al web -continua Andrea - molti

T

vendono tramite internet,spesso con prezzi fuorimercato, e senza avere spese digestione come noi. E dato chela crisi ha colpito anche iconsumi del nostro settore,abbiamo deciso di dedicarcimaggiormente alla vendita diarticoli per la scuola, offrendolezioni di musica econcordando convenzionimirate, interessandoci così alsettore Start-up, cioè seguendodalle basi chiunque vogliaavvicinarsi al mondo dellamusica. Posso dire che siamouna squadra molto affiatatache crede in un grande sogno!»

E infatti, con la collaborazionedell’Associazione "Palladio",vengono offerte lezioni dimusica individuali, anche abambini. «Tony ha semprepuntato molto sullaformazione, e oggi cerchiamodi fare altrettanto - spiegaMaurizio Montanari,insegnante di pianoforte etastiere, già collaboratore nellaprecedente gestione - Gli oraridelle lezioni sono molto liberi,e sono decisi di volta in voltaper venire incontro alleesigenze di tutti. Gli strumentiche si insegnano, e si vendono,maggiormente sono le chitarre

classiche, le tastiere, iviolini, i fiati e qualchebatteria».Ma nel negozio èpossibile trovare ancoraqualche rarità. «In vetrinaabbiamo esposto unaGretch, una chitarraappartenuta al chitarristadei Camaleonti - raccontaGabriele Draghetti,

collaboratore - un Basso EB01Gibson della metà degli anni’60 e una chitarra acusticaamericana Superstone deglianni ’30 con il cartellinooriginale ancora legato!"Una parte dei locali è stataoggi adibita a sala per piccoliconcerti. "É una grandepassione che portiamo avantinon senza sacrifici - spiegaVanni - ma, nonostante siatrascorso solo un anno dalla"riapertura", abbiamo avutogià grosse soddisfazioni, comeavere ospiti cantanti emusicisti di fama».È possibile rimanereaggiornati sulle attività delnegozio posto sugli Scali degliOlandesi 2/10 visitando lapaginawww.facebook.com/pages/Music-City o cercando su Google+"Music City Livorno".

Tre amici hanno raccolto la sfida di gestire il negoziodi musica «Tony», all’insegna di una grandepassione e continuando una tradizionepluridecennale. Nonostante la crisi economica

A cura dell’associazione livornese DoRe-Miao, a gennaio è partito il corso per la for-mazione di operatori volontari di pet the-rapy all’interno degli istituti di pena, in col-laborazione con la Casa Circondariale“Don Bosco”, il Cesvot, la Provincia e il Cifdi Pisa

cani hanno il grande pregio di inse-rirsi in vari contesti, seppur difficili

come la realtà carceraria.» arbara Bellet-tini, presidente dell’Associazione “DoRe Miao”, introduce così il corso di for-mazione “scodinzolando”, rivolto a vo-lontari attivi, formatori ed educatori vo-lontari di OO.VV. ed aspiranti volontariper applicare i principi della pet-the-rapy all’interno degli istituti di pena. Lapet-therapy è una terapia gentile cheprevede il coinvolgimento di animalida compagnia per supportare il recupe-ro di persone con disagio psico-fisico oin situazioni di fragilità, come appuntole persone detenute. Numerose espe-rienze dimostrano ampiamente l’effettopositivo della pet-therapy come coadiu-vante delle terapie educative, cliniche efarmacologiche ed è da tempo acquisi-to, che il rapporto con gli animali gene-ra benefici psico-fisici, facilita la socia-lizzazione e la comunicazione, sviluppail senso di responsabilità, riattiva abilitàvolte al recupero dell’autostima e dimi-nuisce l’aggressività.L’idea è nata dopo un periodo di speri-mentazione da parte degli istruttori di Do Re Miao all’interno della Casa Cir-condariale “Don Bosco” di Pisa.«Tutto è cominciato proponendo uncorso di chitarra e danze etniche all’in-terno della struttura carceraria - conti-nua Barbara - considerata la rispostapositiva al percorso formativo musicale,abbiamo pensato di provare con “Sco-dinzolando”. Ed è stato un successo, pernoi, ma soprattutto per i detenuti che vihanno collaborato».Soddisfatto il direttore del carcere pisa-no Fabio Prestopino, intervenuto all’i-naugurazione del corso. «Purtroppo lasituazione degli istituti di pena italiani ègravissima - spiega - anzitutto per il pro-blema del sovraffollamento, che causasituazioni di disagio notevoli sia per chideve scontare una pena, sia per il perso-nale che vi lavora. E poi gli effetti dellaspending review si sentono ogni gior-no: mancano carta igienica, spazzolini emolti altri beni di primaria necessità.Fortunatamente la Toscana è una terra“ricca di volontari”, esperti e capaci co-me i ragazzi di Do Re Miao che, congrande professionalità, hanno saputocomprendere tale difficile realtà, con ri-sultati sorprendenti. Ogni attività che siinizia in carcere è una scommessa: e lo-ro, l’hanno vinta».E con notevoli risultati: per tutto il pe-riodo in cui è durata l’attività, è stataevidenziata una regressione dell’aggres-sività in soggetti abituati a delinquere.«Noi vorremmo che il carcere fosse tra-sparente, non chiuso in sé stesso comesta purtroppo accadendo. E facendo ilvolontariato all’interno di esso ci si puòrendere conto che anche persone cheabbiano effettuato delitti efferati sianopur sempre esseri umani, con un passa-to e un futuro davanti.»Il corso, iniziato a fine gennaio, permet-terà ai volontari di acquisire le capacitàper favorire il processo di autostima, re-sponsabilità e socializzazione tra le per-sone detenute, il personale di custodia etutti i soggetti a vario titolo coinvoltitramite le Attività Assistite dagli Anima-li (A.A.A.), in particolare con l’ausiliodei cani. Le attività di Do Re Miao non sifermano qui, ma continuano con altriprogetti con la Facoltà di Veterinaria diPisa, e promuovendo attività di ludoagility, sportive e di educazione con ibambini, nonché in case di riposo.

Fabio Figara

L’associazionelivornese DoReMiao

Se gli animalirendono «liberi»

Nelle foto: in alto da sx VanniDraghetti, Gabriele Draghetti,Maurizio Montanari e AndreaLeonardi; Sotto due punti delnegozio con le chitarre e altristrumenti in vendita o in riparazione

Considerando il rispetto che abbiamo per Tony , che continua a venire in negozio e a suonare con noi ogni giovedì, abbiamo preferito subentrare «in punta di piedi»

Un’agendadi speranzaper Livorno

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LA SETTIMANA DI LIVORNOTOSCANA OGGI23 marzo 2014IV

VENERDÌ 21 MARZONella mattina, udienze laici in vesco-vado19.00 vespri e lectio divina in semina-rio21.15 consiglio pastorale diocesano invescovado

SABATO 22 MARZO11.00 S. Messa per i Cavalieri Costanti-niani alla chiesa di S. Caterina18.00 S. Messa e cresime alla parroc-chia della SS.ma Trinità

DOMENICA 23 MARZO11.00 S. Messa e cresime alla parroc-chia di S. Stefano a Castelnuovo dellaMisericordia

LUNEDÌ 24 MARZO9.30 in vescovado, incontro con i diri-genti scolastici

MARTEDÌ 25 MARZONella mattina, udienze clero in vesco-vado18.00 il Vescovo, a Firenze, partecipaall’ordinazione episcopale di mons.Stefano Manetti, nuovo vescovo diMontepulciano

MERCOLEDÌ 26 MARZO10.00 in occasione della visita pastora-le al VI vicariato, visita ai malati dellaparrocchia di S. Ranieri a Guasticce21.15 incontro con la consulta missio-naria diocesana in vescovado

GIOVEDÌ 27 MARZO10.00 a Camaiore, consiglio dei vesco-vi allo Studio Teologico interdiocesa-no21.15 incontro con l’ufficio famiglia egli animatori dei corsi per fidanzati

VENERDÌ 28 MARZONella mattina, udienze laici in vesco-vado12.00 cerimonia della posa della pri-ma pietra del nuovo complesso par-rocchiale Beata Madre Teresa di Cal-cutta

SABATO 29 MARZO11.00 S. Messa per la festa di S. Disma(vedi box in pagina)16.00 Convegno diocesano "Carità ala carte? No! Dimensione dell’azioneecclesiale" presso il nuovo centro cari-tas Sorgenti di Carità in Via Donnini

DOMENICA 30 MARZO9.45 S. Messa e cresime alla chiesa del-la SS.ma Trinità (Cappuccini)14.30 incontro con i genitori dell’ACdi Pisa al Santuario di Montenero18.30 S.Messa e ammissione agli ordi-ni sacri di Lorenzo Bianchi e ClaudioVotino, alla chiesa di San Sebastiano

Agenda del VESCOVO

Diocesi informa

“Ci sono storie che meritano di essere raccontate perché narrano di uo-mini che cambiano per sempre la nostra vita, illuminano la nostra esi-stenza e danno un senso nuovo a tutto ciò che siamo”.

Sarà rappresentata al PalaModigliani di Livorno (doveva andarein scena lo scorso 9 Gennaio ma per alcuni problemi era stata an-nullata) l’Opera Musical dal titolo "KAROL WOJTYLA La VeraStoria": un viaggio intenso e commovente che ripercorre lastraordinaria ed imperdibile vita di un Uomo, ancora molto di-stante da quel destino unico che lo avrebbe portato a conquistareun posto nella storia e a meritare un trono nell’alto dei Cieli. Gliepisodi personali della vita di Karol Wojtyla si intrecciano con lepagine drammatiche ed indelebili della storia dell’umanità.

La colonna sonora originale dell’Opera Musical è stata affidata al-l’artista internazionale Noa che ha lavorato a questa entusia-smante esperienza, assieme al suo direttore musicale e chitarristaGil Dor e ai Solis String Quartet.

La storia di Karol Wojtyla è narrata in centoventi minuti divisi indue atti in cui la visione registica di Duccio Forzano, eclettico ecreativo regista della televisione italiana, ha reso l’intera Operacome un amalgama, unica e singolare, tra la musica, il testo e l’a-zione scenica.

La narrazione comincia da quell’evento drammatico che avrebbevoluto cambiare la storia dell’Uomo destinato a cambiare la sto-ria degli uomini: 13 maggio 1981 Piazza San Pietro.

I ricordi del Santo Padre, sospeso tra la vita e la morte, riaffioranoe lo cullano in quel sottile istmo di tempo, riportandolo semprepiù indietro nella memoria sino alla sua infanzia, alla natia Wa-dowice perché, come ha scritto Lui stesso: "da qui è cominciatotutto: è cominciata la vita, è cominciata la scuola, gli studi, è co-minciato il teatro...e il sacerdozio."Con un susseguirsi di suggestivi ed emozionanti flashback, rivi-viamo l’intensa storia umana e spirituale di Karol Wojtyla. Gliepisodi più significativi del suo passato prendono vita sulla sce-na: il piccolo Lolek rivede l’adorata madre "Emilia", l’eroico fra-tello "Edmund", il devoto padre "Karol".

Questi i prezzi dei biglietti con offerte per le parrocchie

Prezzi Interi:platea euro 46,001° anello euro 36,502° anello euro 28,753° anello euro 23,00

Promo biglietto singoloplatea euro 42,001° anello euro 33,002° anello euro 26,003° anello euro 22,00

Promo gruppi (con un minimo di 15 persone)platea euro 30,00 + 2,00 come contributo alla parrocchia1° anello euro 23,00 + 1,50 come contributo alla parrocchia2° anello euro 18,00 + 1,00 come contributo alla parrocchia3° anello euro 15,00 + 1,00 come contributo alla parrocchiainfo line è 392 4308616

BREVI DALLA DIOCESIBorgo di Magrignano:Posa della prima pietra della nuova chiesa

VENERDÌ 28 MARZO ALLE 12.00Presso il Borgo di Magrignano, cerimoniadella posa della prima pietra del nuovocomplesso parrocchiale "Beata Madre Te-resa di Calcutta" (ingresso da via della Pa-dula)

Run4lifeSABATO 29 MARZO ALLE 10.00Ritrovo presso il Gazebo della TerrazzaMascagni, camminata di 3km e corsa di 6km, per aiutare i bambini del CaritasBaby Hospital di Betlemme

KAROL WOJTYLA La Vera Storia

NEL 450° ANNIVERSARIO DELLA MADONNA DI MONTENERO

“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”

FESTA DI SAN DISMAProtettore dei detenutiSABATO 29 MARZO ALLE 11.00 Santuario di Montenero S. Messapresieduta da mons. SimoneGiusti

In quest’occasione sarà presentatoil libro dal titolo "L’altra libertà"Premio Nazionale "EmanueleCasalini" 12ma edizione- Bollate2013

SABATO 28 MARZO ALLE 21.00

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LA SETTIMANA DI LIVORNO TOSCANA OGGI23 marzo 2014 V

VI. LA PREGHIERA È LUCE PER L’ANIMA(Dalle Omelie di san GiovanniCrisostomo, vescovo. Om. 6 sullapreghiera; p. G 64, 462-466)

1. LA PREGHIERA COMUNIONE CON DIOLa preghiera, o dialogo con Dio,è un bene sommo. È, infatti, unacomunione intima con Dio. Co-me gli occhi del corpo vedendola luce ne sono rischiarati, cosìanche l’anima che è tesa versoDio viene illuminata dalla luceineffabile della preghiera. Deveessere, però, una preghiera nonfatta per abitudine, ma che pro-ceda dal cuore. Non deve esserecircoscritta a determinati tempiod ore, ma fiorire continuamen-te, notte e giorno.

2. IL RICORDO DI DIONon bisogna infatti innalzare ilnostro animo a Dio solamentequando attendiamo con tutto lospirito alla preghiera. Occorreche, anche quando siamo occu-pati in altre faccende, sia nellacura verso ipoveri, sia nelle altreattività, impreziosite magari,dalla generosità verso il prossi-mo, abbiamo il desiderio e il ri-cordo di Dio, perché, insaporitodall’amore divino, come, da sa-le, tutto diventi cibo gustosissi-mo al Signore dell’universo.Possiamo godere continuamen-te di questo vantaggio, anzi pertutta la vita, se a questo tipo dipreghiera dedichiamo il piùpossibile del nostro tempo.

3. LUCE DELL’ANIMALa preghiera è luce dell’anima,vera conoscenza di Dio, media-trice tra Dio e l’uomo. L’anima,elevata per mezzo suo in alto fi-no al cielo, abbraccia il Signorecon amplessi ineffabili. La preghiera funge da augustamessaggera dinanzi a Dio, e, nelmedesimo tempo, rende felicel’anima perché appaga le sueaspirazioni. Parlo, però, dellapreghiera autentica e non dellesole parole. Essa è un desiderareDio, un amore ineffabile chenon proviene dagli uomini, maè prodotto dalla: grazia divina.Di essa l’Apostolo dice: «Nonsappiamo pregare come si con-viene, ma lo Spirito stesso inter-cede per noi con gemiti inespri-mibili» (Rm 8, 26b). Se il Signo-re dà a qualcuno tale modo dipregare, è una ricchezza da valo-rizzare, è un cibo celeste che sa-zia l’anima; chi l’ha gustato si ac-cende di desiderio celeste per ilSignore, come di un fuoco ar-dentissimo che infiamma la suaanima.

4. PREPARA LA PREGHIERAAbbellisci la tua casa di mode-stia e umiltà mediante la praticadella preghiera. Rendi splendidala tua abitazione con la luce del-la giustizia; orna le sue pareticon le opere buone come di unapatina di oro puro e al posto deimuri e delle pietre preziose col-loca la fede e la soprannaturalemagnanimità, ponendo sopraogni cosa, in alto sul fastigio, lapreghiera a decoro di tutto ilcomplesso. Così prepari per ilSignore una degna dimora, cosìlo accogli in splendida reggia.Egli ti concederà di trasformarela tua anima in tempio della suapresenza.

VII. LA CARITÀFRATERNA DEVECONFORMARSIALL’ESEMPIO DI CRISTO(Dallo «Specchio della carità» disant’Aelredo, abate. Lib. 3, 5; PL195, 582)

1. CONTEMPLARE LA PAZIENZA DI CRISTONon c’è niente che ci spinga adamare i nemici, cosa in cui con-siste la perfezione dell’amorefraterno, quanto la dolce consi-derazione di quella ammirabilepazienza per cui «Egli, il più bel-lo dei figli dell’uomo» (Sal 44,3) offrì il suo bel viso agli sputidei malvagi.Lasciò velare dai malfattori que-gli occhi, al cui cenno ogni cosaubbidisce. Espose i suoi fianchiai flagelli. Sottopose il capo, chefa tremare i Principati e le Pote-stà, alle punte acuminate dellespine. Abbandonò se stesso al-l’obbrobrio e agli insulti. Infinesopportò pazientemente la cro-ce, i chiodi, la lancia, il fiele e l’a-ceto, lui in tutto dolce, mite, eclemente. Alla fine fu condottovia come una pecora al macello,e come un agnello se ne stette si-lenzioso davanti al tosatore enon aprì bocca (cfr. Is 53, 7).

2. PERDONARE I NEMICIChi al sentire quella voce mera-vigliosa piena di dolcezza, pienadi carità, piena di inalterabilepacatezza: «Padre, perdonali»non abbraccerebbe subito i suoinemici con tutto l’affetto? «Pa-dre», dice, «perdonali» (Lc 23,34). Che cosa si poteva aggiun-gere di dolcezza, di carità ad unasiffatta preghiera? Tuttavia egliaggiunse qualcosa. Gli sembròpoco pregare, volle anche scusa-re, «Padre, disse, perdonali, per-ché non sanno quello che fanno». E invero sono grandi peccato-ri, ma poveri conoscitori. Perciò«Padre, perdonali». Lo crocifig-gono, ma non sanno chi croci-figgono, perché «se l’avessero co-nosciuto, giammai avrebberocrocifisso il Signore della gloria»(1 Cor 2, 8); perciò «Padre, per-donali». Lo ritengono un tra-sgressore della legge, un presun-tuoso che si fa Dio, lo stimanoun seduttore del popolo.

3. AMARE I NEMICI È PIENEZZA DELL’AMORE«Ma io ho nascosto da loro ilmio volto, non riconobbero lamia maestà». Perciò: «Padre,perdonali, perché non sannoquello che fanno». Se l’uomovuole amare se stesso di amoreautentico non si lasci corrompe-re da nessun piacere della carne.Per non soccombere alla concu-piscenza della carne, rivolgaogni suo affetto alla dolcezzadel pane eucaristico. Inoltre perriposare più perfettamente esoavemente nella gioia della ca-rità fraterna, abbracci di veroamore anche i nemici. Perchéquesto fuoco divino non intiè-pidisca di fronte alle ingiustizie,guardi sempre con gli occhi del-la mente la pazienza e la paca-tezza del suo amato Signore eSalvatore

VIII. LATRASFIGURAZIONESUL MONTE TABOR(Dai «Discorsi» di san Leone Ma-gno, papa.Disc. 51, 3-4. 8; PL 54,310-311. 313)

1. IL SIGNORE MANIFESTA LA SUA GLORIAIl Signore manifesta la sua glo-ria alla presenza di molti testi-moni e fa risplendere quel cor-po, che gli è comune con tuttigli uomini, di tanto splendore,che la sua faccia diventa simileal fulgore del sole e le sue vestiuguagliano il candore della ne-ve. Questa trasfigurazione, senzadubbio, mirava soprattutto a ri-muovere dall’animo dei disce-poli lo scandalo della croce, per-ché l’umiliazione della Passio-ne, volontariamente accettata,non scuotesse la loro fede, dalmomento che era stata rivelataloro la grandezza sublime delladignità nascosta del Cristo.

2.TUTTI PARTECIPI DELLA GLORIA DEL SIGNOREMa, secondo un disegno nonmeno previdente, egli dava unfondamento solido alla speran-za della santa Chiesa, perché tut-to il Corpo di Cristo prendessecoscienza di quale trasformazio-ne sarebbe stato oggetto, e per-ché anche le membra si ripro-mettessero la partecipazione aquella gloria, che era brillata nelCapo.Di questa gloria lo stesso Signo-re, parlando della maestà dellasua seconda venuta, aveva detto:« Allora i giusti splenderannocome il sole nel regno del Padreloro» (Mt 13, 43). La stessa cosaaffermava anche l’apostolo Pao-lo dicendo: «lo ritengo che lesofferenze del momento presen-te non sono paragonabili allagloria futura, che dovrà essere ri-velata in noi» (Rm 8, 18). In unaltro passo dice ancora: «Voi in-fatti siete morti e la vostra vita èormai nascosta con Cristo inDio. Quando si manifesterà Cri-sto, vostra vita, allora anche voisarete manifestati con lui nellagloria» (Col 3, 3. 4).

3. LE TESTIMONIANZEMa, per confermare gli apostolinella fede e per portarli ad unaconoscenza perfetta, si ebbe inquel miracolo un altro insegna-mento. Infatti Mosè ed Elia, cioèla legge e i profeti, apparvero aparlare con il Signore, perché inquella presenza di cinque perso-ne si adempisse esattamente,quanto è detto: «Ogni cosa sia ri-solta sulla parola di due o tre te-stimoni » (Mt 18, 16).Che cosa c’è di più stabile, di piùsaldo di questa parola, alla cuiproclamazione si uniscono inperfetto accordo le voci dell’An-tico e del Nuovo Testamento e,con la dottrina evangelica, con-corrono i documenti delle anti-che testimonianze? Le paginedell’uno e dell’altro Testamentosi trovano vicendevolmente con-cordi, e colui che gli antichi sim-boli avevano promesso sotto ilvelo viene rivelato dallo splen-dore della gloria presente. Per-ché, come dice san Giovanni:«La Legge fu data per mezzo diMosè, la grazia e la verità venne-ro per mezzo di Gesù Cristo»(Gv l, 17). In lui si sono com-piute le promesse delle figureprofetiche e ha trovato attuazio-ne il senso dei precetti legali: lasua presenza dimostra vere leprofezie e la grazia rende possi-bile l’osservanza dei comanda-menti.

4. RINVIGORITELA VOSTRA FEDEAll’annunzio del Vangelo si rin-vigorisca dunque la fede di voitutti, e nessuno si vergogni dellacroce di Cristo, per mezzo dellaquale è stato redento il mondo.Nessuno esiti a soffrire per lagiustizia, nessuno dubiti di rice-vere la ricompensa promessa,perché attraverso la fatica si pas-sa al riposo e attraverso la mortesi giunge alla vita. Avendo egliassunto le debolezze della no-stra condizione, anche noi, sepersevereremo nella confessionee nell’amore di lui, riporteremola sua stessa vittoria e consegui-remo il premio promesso.Quindi, sia per osservare i co-mandamenti, sia per sopportarele contrarietà, risuoni sempre al-le nostre orecchie la voce del Pa-dre, che dice: «Questi è il mio Fi-glio prediletto, nel quale mi so-no compiaciuto: Ascoltatelo»

Dal terzo fascicolo dei Quader-ni di Santa Giulia, a cura dimons. Mauro Peccioli. Adatta-mento dalla seconda letturadell’Ufficio delle Letture dellaLiturgia delle Ore secondo ilRito Romano, Tempo di QUA-RESIMA

Una fede da coltivarecon la preghiera e la carità

SPUNTI DI RILFESSIONE: TERZA DOMENICA DI QUARESIMA.........

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LA SETTIMANA DI LIVORNOTOSCANA OGGI23 marzo 2014VI

Pane, Casa,Lavoro eEducazioneLe intenzioni della CaritasDiocesana per la raccolta della Quaresima di Carità 2014

er il Vescovo di Livorno èstato un momento di

piacevole intrattenimento coni piccoli “Angels” di Nugola-Parrana S. Martino e irappresentanti dell’oratorio“Don Bosco” di Marina di Pisa,le due squadre che si sonoaffrontate, il giorno seguente,nell’incontro, valevole perl’accesso alle fasi successivedella “Junior TIM Cup - IlCalcio negli oratori”, il nototorneo di calcio a 7 promossoda Centro Sportivo Italiano,TIM e Lega Serie A per i giovaniunder 14, che vedeprotagonisti gli oratori delle 15città le cui squadre militanonella Serie A TIM 2013-2014. «È fondamentale promuoverelo sport all’interno delleParrocchie - ha spiegato Mons.Giusti - catechesi e attivitàsportiva devononecessariamente andare di paripasso, perché gli oratori sianoanche dei luoghi didivertimento. Sto spingendomolto in questa direzione,perché ci sia un’offerta ampiae, soprattutto, annuale,riconfermando le attività giàben radicate comeAmichiamoci. Già con ilProvveditore scolastico, inaccordo con Coni, Uisp eovviamente Csi, abbiamodeciso di valutare l’apertura dipalestre e attrezzaturescolastiche inutilizzate nel

pomeriggio, per far sì che iragazzi livornesi che hanno giàraggiunto i 14 anni possanousufruire di tali spazi perintrattenersi e praticare attivitàsportiva dilettantistica extrascolastica». Perché la fascia dietà più “a rischio” è proprioquella compresa nel periodo dipassaggio tra scuole medieinferiori e superiori, in cuialcuni sono riusciti a rientrarein squadre o circuiticompetitivi legati allefederazioni nazionali, mentretutti gli altri, trovandosi esclusida questo sistema, sonoabbandonati sotto l’aspettodell’attività ludico-motoria.Inoltre è molto più alto ilrischio che molti giovani siritrovino a trascorrere ipomeriggi in strada, senza

finalità e senza principi che,invece, lo sport trasmette.«La fascia di disagio si allargagiorno dopo giorno - haspiegato Carlo Faraci,presidente regionale del Csi,intervenuto per l’occasione - edobbiamo intervenireimmediatamente,promuovendo sempre nuoveiniziative e coinvolgendo leParrocchie. Manifestazionicome la Junior Tim Cup, inaccordo con la Lega CalcioSerie A Tim, ci riempiono disoddisfazione. Su Livornoabbiamo avuto una buonatradizione, interrotta per varievicissitudini: proprio perquesto mi sento di ringraziareil Vescovo per l’nteresse chedimostra verso l’attivitàsportiva».

E proprio per l’occasione,insieme al presidente del Csi diLivorno Gianni Zanazzi, èstato consegnato a Mons.Giusti il “Discobolo al meritoCSI”, un riconoscimento cherappresenta uno dei più altiattestati di stima per tutticoloro che nel corso degli annihanno generosamentededicato un’ampia parte dellaloro vita all’Ente dipromozione ed ai suoi ideali,favorendone lo sviluppo epromuovendo la sua propostasportivo-educativa.Il giorno seguente, il 16 marzo,allo stadio “Armando Picchi”di Livorno, si è tenuto così ilpre-gara tra le due squadre.L’incontro, svoltosi in un climadi amicizia e cordilità,all’insegna del vero spiritosportivo, ha visto la vittoria del“Don Bosco” e il conseguenteaccesso alle fasi successivedella competizione.Quest’anno, in occasione delsettantesimo anniversario dellafondazione del Csi, sonopreviste moltissimemanifestazioni su tutto ilterritorio nazionale. In Toscanail prossimo appuntamento èper il 10 e 11 maggio, a Firenze;manifestazioni di rilevanzaregionale verranno organizzateanche nella nostra città. Aseguire, il 7 giugno, l’incontrocon Papa Francesco a Roma.

Fabio Figara

P

«Abbiamo deciso di organizzarequesto torneo per ricordare unuomo amante dello sport ma che,soprattutto, aveva una grandeattenzione per coloro che vivonosituazioni di disagio». Spiega cosìl’iniziativa Pier paolo Sardi,capogruppo del comitato livornesedel Cisom, il Corpo Italiano diSoccorso dell’Ordine di Malta. Il Cisom intende così ricordare unuomo che, nato a Milano, si èsempre sentito livornese e che haculminato la sua brillante carrierain Marina, fatta di passione e distudio, ricoprendo dal 2007 al 2010l’incarico di Comandante Generaledel Corpo delle Capitanerie diPorto. In tale periodo mostrandolungimiranza e attenzione ai piùdeboli, ha firmato un protocollod’intesa che permette oggi a sanitarie logisti del CISOM di prestare laloro opera a bordo dellemotovedette della Guardia Costieranella difficile attività a favore deimigranti a Lampedusa.«Il Trofeo “Memorial AmmiraglioRaimondo Pollastrini”, donato daMaria Gloria Giani Pollastrini, ècomposto da due gironi da 4squadre con formula “all’italiana”,senza partita di ritorno, con iniziomartedì 18. Si svolgerà sui campi de“Le 5 querce”, in collaborazionecon Promosport, per i 4 martedìsuccessivi, culminando con le finaliche si terranno la Domenica dellePalme. La coppa verrà assegnataalla squadra che vincerà per trevolte il torneo, in modo da dareuna continuità negli anni». I fondi raccolti dai supporters deltorneo saranno devoluti al ProgettoLjubljù, organizzato dalRaggruppamento Toscana delCISOM e dalla Delegazione diFirenze dell’Ordine di Malta. Ilprogetto permetterà ad un gruppodi bambini dai 7 ai 14 anni,provenienti dalla zona contaminataprossima alla tristemente notacentrale atomica di Chernobyl, ditrascorrere un mese presso unastruttura in provincia di Livorno.Durante la permanenza i bambinibielorussi verranno sottoposti adesami sanitari tra cui il più rilevanteè quello alla tiroide. Ancor oggiinfatti il contatto con l’ambienteradioattivo o l’ingerimento di cibicontaminati causa alla popolazionebielorussa l’insorgere di moltepatologie, tra cui tumori eleucemie. La permanenza peralmeno un mese l’anno lontanodalle zone contaminate abbatte inpercentuali superiori al 60%l’insorgere di dette malattie.Al torneo parteciperanno le squadredi CISOM- Corpo Italiano diSoccorso dell’Ordine di Malta,Croce Rossa Italiana,Misericordia Antignano -Montenero, Società Volontaria diSoccorso, Capitaneria di Porto -Guardia Costiera di Livorno,volontari Paracadusti del ColMoschin, Corporazione Piloti delPorto di Livorno e GruppoOrmeggiatori e Barcaioli diLivorno. «Il torneo crea ancheun’occasione per conoscersi tra ivari operatori del settore divolontariato di soccorso - concludeSardi - in questo modo potremmoin futuro collaborare tutti pergestire emergenze e situazioni arischio, traendone grandebeneficio».

F.F.

Dopo la presentazione ufficiale nei locali della Parrocchia Nostra Signora di Lourdes con i giocatori del Livorno Calcio, monsignor Giusti ha incontrato le due squadrepartecipanti al pre-gara di Livorno-Bologna

cco le intenzioni di Carità per questaQuaresima 2014, il ricavato, inviatodalle Parrocchie, dai singoli, dagruppi o altre realtà ecclesiali, andrà

esclusivamente a beneficio dei bisogni quiindicati. Grazie di tutto quello che potretefare.

Lo staff della Caritas

PANE: PERCHÉ NESSUNO MANCHIDELL’ESSENZIALEnel corso del 2013 grazie al progetto “ilPane Quotidiano” sono state raggiunte2.231 famiglie e i minori interessati sonocirca un migliaio. Sono 27 le parrocchieinserite nel progetto e il valore dei benidistribuiti lo scorso anno ammonta a23.400 Euro circa di cui 7.700 Euroriguardano distribuzioni straordinarie persoddisfare impellenti nuove necessità.

CASA: PERCHÉ RESTI SEGNO DELLA FAMIGLIAnel corso del 2013 il sostegno economicoalle famiglie ha dato buoni risultati: ilprogetto Caritas “contrasto povertà” haraggiunto circa 250 nuclei familiari. Lepersone interessate sono dunque oltre 450e di queste 115 sono minori. Il percorso dicontributo economico messo in atto si èstrutturato sia a sostegno delle spese di

affitto sia asostegno delpagamento delleutenze domestiche.Sono statiimpiegati in questoprogetto quasi16.000 Euro divisiequamente nelledue tipologie disostegno.

LAVORO: PERCHÉ NESSUNO PERDA LA DIGNITÀGrazie al progetto“Borse Lavoro” al 31 dicembre 2013 sonostate attivate 13 borse lavoro andate per lopiù a buon fine (9/13) indirizzate apersone che hanno avviato con Caritas illoro progetto di vita in un’ottica diriscoperta e attivazione delle risorsepersonali nonché autonomia economica.Questa possibilità si è resa possibile graziead un contributo/finanziamento di circa30.000 Euro.

EDUCAZIONE: PERCHÉ RESTI SALDA LA SPERANZAIl centro di aggregazione “CantiereGiovani” è rivolto a ragazzi di etàcompresa tra 9 e 16 anni ed è incentrato su

attività di recupero scolastico oltre che diattività ludico-ricreative volte a favorire loscambio tra pari nonché la socializzazionetra i partecipanti.Nel corso del 2013 il servizio ha visto lapartecipazione di circa 80 minori alcunicon partecipazione sporadica, mentre altriinseriti in un percorso più assiduo ecostante. Giornalmente il centro ospita 25ragazzi e il servizio copre 5 pomeriggi asettimana. Nel corso dello scorso anno sistima che il servizio sia costato circa53.000 Euro per lo svolgimento delleattività ordinarie a cui poi si sommano leattività di “centro estivo” e “soggiornoestivo” che l’associazione organizza graziealla partecipazione dei Salesiani.

E

Un torneospeciale

«Catechesi e attivitàsportiva devono procedere insieme!»

Il sorteggio dei gironieliminatori del 1° Torneodi calcio a 5 in memoriadell’Ammiraglio RaimondoPollastrini

PICCOLI CALCIATORI INCONTRANO IL VESCOVO

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LA SETTIMANA DI LIVORNO TOSCANA OGGI23 marzo 2014 VII

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! L’APPROFONDIMENTO STORICO a cura di don Luca Bernardo Giustarini

l 15 marzo alla “VillaMayer” di Montenero , Ca-sa Madre delle Piccole Fi-glie di San Giovanni Gual-

berto, il Padre Abate Generaledei Vallombrosani Don Giu-seppe Casetta ha aperto ilCentenario della Nascita delcompianto Abate Don Giusep-pe Zambernardi.Il P. Abate era nato a Santa Ca-terina, in provincia di Grosse-to, nel comune di Roccalbe-gna, nella Diocesi di Pitiglia-no-Sovana-Orbetello, il 15marzo 1914 da onesti genitoriPasquino e Maria Grazioli. Glifu messo al santo fonte batte-simale il nome di Loris.Grazieal Parroco di Vallerona DonGiovanni Miglionico il piccoloLoris entrò nel probandato an-nesso al Santuario di Monte-nero e nel 1933 rivestì l’abitomonastico e gli fu messo il no-me di don Giuseppe; il giova-ne don Giuseppe emetteva lasua Professione Monasticanella Basilica Vallombrosanadi Santa Prassede Roma il 14ottobre 1934, ricevette,semprein S.Prassede, l’OrdinazionePresbiterale per le mani delServo di Dio il Vescovo Raf-faello Carlo Rossi CardinalePrete di S.Prassede dell’Ordinedei Carmelitani Scalzi. Dopol’Ordinazione SacerdotaleDon Giuseppe venne mandatoal Probandato di Montenerocome padre Maestro per unventennio, poi a Vallombrosacome P.Priore, nel 1959 dinuovo a Montenero come pa-dre Priore e nel 1962 comeAbate. L’Abate di Monteneronel 1971 veniva eletto AbateGenerale e nel 1975 fondava aVallombrosa le Piccole Figliedi San Giovanni Gualberto.Nel 1977,scaduto da AbateGenerale,Don Giuseppe si de-dicò sino alla morte,avvenutail 21 giugno 2010 a VillaMayer,completamente alle suePiccole Figlie di S.GiovanniGualberto.Ecco l’elenco dei lavori ese-guiti nel complesso monasti-co di Montenero dall’abateZambernardi, il cui motto,che precedeva ed accompa-gnava queste opere, spingen-dolo a non fermarsi, era:SEMPRE DI PIU’ PER LEI :-Gelleria PIO XII, attuale saladelle confessioni;-le sale del nuovo parlatorioper i monaci;-la Cappella del Crocifisso-le due piccole cap-pelle di S.Benedettoe S.Scolastica;-la Galleria dei Co-muni Toscani;-restauro delle anti-che Gallerie;-il monumentaleOrgano a canne nelSantuario;-il chiostro di S.Gio-vanni Gualberto,laBiblioteca,la Fore-steria-lo Studium di SanBenedetto ed il nuo-vo Seminario Mona-stico;-la Sala del Pellegri-no:-la Farmacia del Mo-nastero;-il consolidamentodel Sacro Colle e lasua straordinaria er-borazione;-i cippi della Reden-zione ed il Piazzaledelle Beatitudini-le Grotte;-il locale Monteroso;-il locale Villa Azzurra;-i locali “Vecchie Scuole” per ipellegrini;-i locali “Vecchia Caserma”.-l’Atrio del Santuario ed la si-stemazione del SagratoInfine il personale interessa-mento dell’Abate Zambernar-di per la costruzione dellaStrada Panoramica ed il gran-de parcheggio nel Viale Gio-vanni XXIII.

I Nel centenario della nascita di don Giuseppe Zambernardi,Abate Generale Emerito deiMonaci Vallombrosani OSB e Fondatore delle Piccole Figliedi San Giovanni Gualberto

Il suo motto: «Sempre di più per Lei»

Un ricordo del padre Abateredo non siastato facile,per chi haavuto a che

fare con lui, vivere estabilire un rapportoumano, che andasseoltre o ignorasse ilruolo che rivestiva,nel quale esprimevala sua fortepersonalità e forsegran parte della suavocazione. Cosìalmeno è capitato ame negli oltrecinquant’anni in cuila mia vita si èintrecciata, più omeno intensamente,con la sua.Ero un ragazzino – oggiforse si direbbe bambino– quando fui portato daimiei genitori e dalparroco del mio paese quia Montenero, inprobandato, dove lui, donGiuseppe, ancora giovanesacerdote, era giàresponsabile della nostraformazione, come “padremaestro”: così nei quattroanni della mia esperienzanel seminario minore lochiamavo, lo consideravo,lo vedevo. Da parte mia,un atteggiamento dirispettoso timore; daparte sua, un’attenzionevigile, responsabile, chenon indulgeva aconfidenze o a‘cedimenti’, mai offerti emai cercati. Queldistacco, quella mancanzadi confidenza con noiragazzi facevano partedel suo stile personale dirapportarsi e sicuramente

anche di metodieducativi, presenti allorain ogni ambiente - acominciare dalla famiglia- improntati alla severitàe non immuni daautoritarismo opaternalismo. In lui peròtutto questo, anche negliaspetti, che nei decenniseguenti sarebbero statimessi in discussione e in

crisi, non era mai poverodi umanità, perchésostanzialmente fondatoed espresso su criteri dionestà, di rigore morale,di correttezza e digiustizia.Lo vedevamo lontano,non perché assente oseparato da noi, maperché troppo grande,troppo alto perchépotessimo confrontarcicon lui o prenderlo comeesempio concreto,raggiungibile, di vita.Ricordo l’impressione cheprovammo quando, unavolta, durante una suaassenza prolungata, ci fudetto di fare un po’ diordine e puliziastraordinaria nella suacamera. Ben nascostosotto il materassovedemmo uno strumentometallico di penitenza chelui assai probabilmenteusava… Anche questo,

che esprimeva unascelta di vitaimprontata allaausterità, insiemealla sua pietànella preghiera ealla serietà con cuitrattava Dio e laVergine Maria, cidiede la misuradella sua staturaspirituale e perciòdella credibilitàdella suatestimonianza inquanto sacerdotee monaco. Erasevero e a volte lasua severità cisembravaesagerata, maiperò ingiusta,fruttod’improvvisazioneo di antipatia, maidettata dall’umoredel momento o dalnon saperdominare lesituazioni anchepiù impreviste.

D’altra parte ogniragazzo, poi, tende atrasgredire, a farla franca,a rivendicare una suaautonomia che,soprattuttonell’adolescenza, spessoassume carattere dicontestazione. Nella vitadel probandato non sisfuggiva a queste regole.Ricordo la storia dei

capelli… Era abitudineche i capelli fosserotagliati a zero. Noi ragazzivedevamo che diversimonaci sacerdoti nonrispettavano questaregola e avevano chiomepiù o meno fluenti. Cosìun giorno ci rifiutammo,tutti, di tagliarceli.Eravamo a quei tempiuna sessantina. L’Abatedel tempo fece la vocesevera e ci punì,privandoci per un annodel bicchiere di vinoconcesso nei giorni difesta. Il padre maestro,pur nella sua severità,capì la nostracontestazione e assunsenella sfida unatteggiamento neutrale,che noi apprezzammomolto. Già siaddensavano all’orizzontele turbolenze degli anni’60.Il padre maestro passòcome priore nella casamadre di Vallombrosa epoi, proprio agli inizi diquel decennio, tornòcome abate a Montenero.Così ebbe modo diesprimere il suo ‘genio’imprenditoriale, ereditatocertamente dallafamiglia. Furono quelli glianni in cui la nostrapiccola congregazione,dovunque lui si trovasse,si trasformava in cantiere.Il che naturalmentecontinuò e s’incrementòquando, nel 1971, fueletto abate generale.Proprio quando fuinvestito di questamassima responsabilità,mi diede l’opportunità diriavvicinarmi a lui e diseguirlo molto da vicino,in pratica come segretarioe accompagnatore nellesue continue, inarrestabiliiniziative. Mi affidò ilcompito di maestro deinovizi e giovani professie anche di incaricatodell’ospitalità. Furono glianni in cui cominciò amuoversi per dar vita poialla nuova congregazionedelle Piccole Figlie di sanGiovanni Gualberto. Inmolte cose, durantequegli anni di vitainsieme a Vallombrosa,ebbi modo diassecondarlo, dicollaborare con lui, di

stargli vicino. Nonpotevo nonriconoscergli uncoraggiostraordinarionell’intraprendereiniziative e nelportarle avanti condeterminazione ecompetenza, cosìcome sarebbe statodifficile non vedere inlui un’autorevolezzadi fronte a tutto e atutti, che non trovavoin nessun’altrapersona con la qualeavevo modo diincontrarmi nellacerchia ristretta diconoscenze e di

rapporti umani che quelmonastero offriva.C’erano anche cose di luiche non condividevo.Ricordo la discussionemolto accesa cheavemmo, una volta,tornando in macchina daun viaggio che ci avevaportato a San VittorinoRomano e a SantaPrassede… Ladiscussione – che avevacome argomento propriolo stile educativo dellaformazione monastica -proseguiva da troppotempo e non se ne venivaa capo, anzi si accaloravasempre più e stavamo pergiungere al monastero,dove naturalmente sisarebbe interrotta, manon conclusa. Lui midisse di fermare lamacchina, di cercare unapiazzola di sosta,entrando un po’ nellaforesta: lì avemmo mododi continuare ladiscussione e diterminarla. Quandoaccadevano cose comequesta, la mia stima perlui cresceva, perchédimostrava di non temereil confronto.Temeva ilsilenzio, il rifiuto deldialogo, e credo invecefosse grato verso chi nonglielo negava. Il suoatteggiamento forse nonincoraggiava i più aprestarvisi, ma se ilghiaccio si rompeva, ci siaccorgeva che la personasapeva dire le sue ragionie non rifiutava diascoltare e comprendereanche quelle altrui.Sono grato al Signore peressere stato compagno divita per tanto tempo, siapure a grande distanza,della sua straordinariafigura di uomo, disacerdote e di monaco. Laserietà e l’impegno concui ha svolto gli incarichia lui affidati nella nostrafamiglia monasticameritano certamente unamemoria imperitura.A me piace ricordarlo neisuoi aspetti più umanidove, accanto a limiti edebolezze, ho trovato unagrande ricchezza che loha fatto grande e preziosoai miei occhi.

Don AlessandroParadisi

C

Nelle foto: in alto l’abate, sotto 1970 l’arcivescovo diSiena Mons Castellano visita le opere in costruzione delSantuario e poi l’abate con Giovanni Paolo II durante lavisita del Papa al Santuario del 1982

Al di là del ruolo

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LA SETTIMANA DI LIVORNOTOSCANA OGGI23 marzo 2014VIII