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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI  CAPITOLO 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI 1.1 Origine dei terreni I terreni derivano dai processi di alterazione fisica e chimica delle rocce. I processi di al- terazione di natura  fisica o meccanica producono una disgregazione delle rocce in fram- menti di dimensioni ridotte. Questi processi sono legati a fenomeni di erosione delle ac- que, all’azione di agenti atmosferici (gelo, variazioni termiche), all’azione delle piante, degli animali, dell’uomo. I processi di alterazione di natura  chimica o organica decom-  pongono invece i minerali che costituiscono le rocce in particelle di natura colloidale, che costituiscono poi la frazione prevalente dei materiali fini. Questi processi sono legati a fe- nomeni di ossidazione, riduzione ed altre reazioni chimiche generate dagli acidi presenti nell’acqua o prodotti dai batteri. I frammenti di roccia (cioè le particelle, i granuli) derivanti da questi processi di altera- zione vengono poi trasportati (più o meno lontano) e successivamente depositati dal ven- to, dall’acqua e dai ghiacciai; durante la fase di trasporto possono subire ulteriori processi di disgregazione meccanica o di alterazione chimica.  Nella Figura 1.1 è riportata una rappres entazione semplificata de l ciclo di formazione del- le rocce e dei terreni. Se durante le fasi di formazione, trasporto e deposizione intervengon o solo processi fisici, le particelle di terreno avranno la stessa composizione delle rocce di origine; se si hanno anche trasformazioni chimiche si formano altri materiali. L’esempio più importante in ambito geotecnico sono i minerali argillosi, tra i quali i più noti sono caolinite, illite e montmorillonite. Le dimensioni delle particelle, che costituiscono il risultato finale di tutti questi fenomeni, sono molto varie, comprendendo frammenti di roccia, minerali e frammenti di minerali. Figura 1.1 - Rappresentazione semplificata del ciclo di formazione delle rocce e dei terreni 1-1  

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

CAPITOLO 1

ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

1.1 Origine dei terreni

I terreni derivano dai processi di alterazione fisica e chimica delle rocce. I processi di al-terazione di natura fisica o meccanica producono una disgregazione delle rocce in fram-menti di dimensioni ridotte. Questi processi sono legati a fenomeni di erosione delle ac-que, all’azione di agenti atmosferici (gelo, variazioni termiche), all’azione delle piante,degli animali, dell’uomo. I processi di alterazione di natura  chimica o organica decom-

 pongono invece i minerali che costituiscono le rocce in particelle di natura colloidale, checostituiscono poi la frazione prevalente dei materiali fini. Questi processi sono legati a fe-nomeni di ossidazione, riduzione ed altre reazioni chimiche generate dagli acidi presentinell’acqua o prodotti dai batteri.

I frammenti di roccia (cioè le particelle, i granuli) derivanti da questi processi di altera-zione vengono poi trasportati (più o meno lontano) e successivamente depositati dal ven-to, dall’acqua e dai ghiacciai; durante la fase di trasporto possono subire ulteriori processidi disgregazione meccanica o di alterazione chimica.

 Nella Figura 1.1 è riportata una rappresentazione semplificata del ciclo di formazione del-le rocce e dei terreni.

Se durante le fasi di formazione, trasporto e deposizione intervengono solo processi fisici,le particelle di terreno avranno la stessa composizione delle rocce di origine; se si hannoanche trasformazioni chimiche si formano altri materiali. L’esempio più importante inambito geotecnico sono i minerali argillosi, tra i quali i più noti sono caolinite, illite e

montmorillonite.Le dimensioni delle particelle, che costituiscono il risultato finale di tutti questi fenomeni,sono molto varie, comprendendo frammenti di roccia, minerali e frammenti di minerali.

Figura 1.1 - Rappresentazione semplificata del ciclo di formazione delle rocce e dei terreni

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

1.2 Struttura dei terreni

Anche il risultato finale dell’aggregazione delle particelle, che costituisce la struttura delterreno, può essere molto vario ed influenzarne marcatamente il comportamento.

In particolare, i caratteri strutturali del terreno possono essere evidenziati a diverse scale,ossia in termini di:

−   microstruttura

−   macrostruttura

−   megastruttura

Quando si parla di caratteri microstrutturali ci si riferisce alla forma e alle dimensioni deigrani e ai legami esistenti tra le particelle; i caratteri macrostrutturali sono invece quelliosservabili su una porzione di terreno di dimensioni limitate (ad esempio un campione dilaboratorio) e sono costituiti da fessure, intercalazioni, inclusioni di materiale organico,

ecc..; i caratteri megastrutturali sono infine quelli evidenziabili a grande scala, come adesempio giunti, discontinuità, faglie.

Per ora ci limiteremo ad analizzare l’influenza dei caratteri microstrutturali sul compor-tamento dei terreni. In particolare, se pensiamo al terreno come ad un aggregato di parti-celle solide e acqua interstiziale, possiamo facilmente immaginare che in questa miscelaesistano due tipi di interazione:

−  un’interazione di tipo meccanico, dovuta alle forze di massa o di volume

−  un’interazione di tipo chimico, dovuta alle forze di superficie

Sulla superficie esterna di ogni granulo esistono infatti delle cariche elettriche che lo por-

tano ad interagire con gli altri granuli e con l’acqua interstiziale. Quindi, se la superficieesterna è piccola in relazione alla massa, anche le azioni superficiali sono modeste equindi prevalgono le interazioni di tipo meccanico (in tal caso si parla di granuli “inerti”),se la superficie è grande anche le azioni superficiali, e quindi le interazioni di tipo chimi-co, possono diventare importanti, addirittura più importanti di quelle di volume (in questocaso si parla di granuli “attivi”).

Di conseguenza, l’elemento distintivo tra la prevalenza delle forze di volume o delle forzedi superficie è legato essenzialmente alla geometria dei granuli, ovvero alla superficie ri-ferita all’unità di massa, che si definisce superficie specifica:

V

S

M

SS

sp ⋅ρ==  

(Eq. 1.1) 

dove S è la superficie del granulo, M la massa, V il volume e ρ la densità.

Se, ad esempio, prendiamo un grammo di sabbia e sviluppiamo tutte le superfici esternedei grani in esso contenuti, otteniamo che il valore della superficie specifica è dell’ordinedi 10-3÷10-4

 

m2; se invece prendiamo un grammo di argilla “molto attiva” vediamo che lasomma delle aree laterali di tutti gli elementi solidi che questo contiene può esseredell’ordine di 800 m2. È da notare che la superficie specifica di un certo materiale dipende

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

dalla forma e dalle dimensioni delle particelle, come è possibile dedurre dalla definizione(Eq. 1.1) 1. 

Valori tipici della dimensione media e della superficie specifica di sabbie e argille sonoriportati in Tabella 1.

La conseguenza di quanto detto sopra è che nei materiali come le sabbie l’interazione tra igranuli è esclusivamente di tipo meccanico, mentre nelle argille le azioni sono quasiesclusivamente di tipo chimico-fisico.

Tabella 1. Dimensione media e superficie specifica di sabbie e argille

 Dimensione media

[mm]

Superficie specifica

[m2 /g]

SABBIE (forma sub-sferica) 2 mm 2⋅10-4

MINERALI ARGILLOSI (forma lamellare):

MONTMORILLONITE 10-6 fino a 840

ILLITE (0.03 ÷ 0.1)x 10-3 65 ÷ 200

CAOLINITE (0.1 ÷ 4) x 10-3 10 ÷ 20

Dunque, una prima distinzione tra i vari tipi di terreno può essere fatta in base alle dimen-sioni e alla forma delle particelle che li costituiscono, perché questo è un elemento che nedifferenzia notevolmente il comportamento. Dimensioni e forma delle particelle dipendo-no dai minerali costituenti.

Si distinguono così, in primo luogo, i terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie) e formasub-sferica, o comunque compatta, dai terreni a grana fine (limi e argille) e forma ap-

 piattita o lamellare, nei quali i singoli grani non sono visibili a occhio nudo.

I terreni naturali consistono generalmente in una miscela di più tipi di terreno appartenentialle due categorie suddette, a cui può aggiungersi talvolta del materiale organico.

Analizzando un poco più in dettaglio le caratteristiche delle due grandi categorie di terreniche abbiamo appena definito, si può affermare che i terreni a grana grossa sono general-mente costituiti da frammenti di roccia o, nel caso delle particelle più piccole, da singoliminerali o da frammenti di minerali (ovviamente minerali sufficientemente resistenti estabili dal punto di vista chimico, come ad esempio quarzo, feldspati, mica, ecc..).

I materiali meno resistenti danno origine a terreni con grani più arrotondati, quelli più re-

sistenti a granuli più irregolari.Il comportamento dei terreni a grana grossa dipende soprattutto:

−  dalle dimensioni

1In particolare, nell’ipotesi di forma sferica, alla quale si avvicinano ad esempio i grani di una sabbia:

1-3

S = πD2, V = πD3/6, quindi Ssp = 6/ρD. Nell’ipotesi di parallelepipedo appiattito, forma simile a quella del-

le particelle di argilla, di dimensioni BxLxh: S 

2LB + 2Bh + 2Lh, V 

BLh; quindi ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ++

ρ=

L

2

B

2

h

21Ssp  e

se l’altezza h è molto minore delle altre due dimensioni,h

2Ssp ρ

≅ . In conclusione, la S aumenta al dimi-

nuire delle dimensioni e con l’appiattimento delle particelle

sp

 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

−  dalla forma (angolare, sub-angolare, sub-arrotondata, arrotondata) (Figura 1.2)

−  dalla distribuzione granulometrica (Figura 1.3)

−  dallo stato di addensamento dei granuli (Figura 1.4).

 Nel caso dei terreni a grana fine, le in-formazioni relative alla distribuzione ealle caratteristiche granulometriche so-no meno significative. I terreni a granafine sono aggregati di particelle colloi-dali di forma lamella-re, che risultanodalla combinazione di molecole (o uni-tà elementari). Le unità elementari so-no rappresentate da tetraedri (con ato-mo di silicio al centro e ossigeno aivertici) o ottaedri (con atomi di allu-

minio o magnesio al centro e ossidriliai vertici) (Figura 1.5) che si combina-no tra loro per formare reticoli piani(pacchetti elementari). Successivecombinazioni diverse di pacchetti ele-mentari danno origine alle particelle diargilla.

ANGOLARE

ARROTONDATA SUBARROTONDATA

SUBANGOLARE

 Figura 1.2 – Forma delle particelle

A seconda della loro composizione i pacchetti possono stabilire legami più omeno forti tra loro e in relazione a que-sto le particelle di argilla possono avereuno spessore più o meno elevato e i ter-reni possono presentare un comporta-mento meccanico molto diverso tra lo-ro. Ad esempio la caolinite ha unospessore tipico di circa 1µm, ha legami

 piuttosto forti ed è quindi un’argillastabile, con comportamento meccanico

 buono; la montmorillonite, invece, cheha uno spessore di pochi nm (1nm = 10Armstrong = 10-3 µm), ha deboli lega-

mi tra i pacchetti elementari ed un comportamento meccanico scadente e sensibile al di-sturbo perché i legami tendono a spezzarsi (dal punto di vista ingegneristico avere a chefare con questo tipo di materiali è un problema, perché sono molto deformabili e tendonoa rigonfiare in presenza di acqua).

SABBIA BENE ASSORTITA SABBIA POCO ASSORTITA

Figura 1.3 – Tipo di assortimento di una sabbia

SABBIA SCIOLTA SABBIA DENSA  Figura 1.4 – Stati di addensamento di una sabbia 

Il comportamento dei minerali argillosi è fortemente condizionato dalla loro interazionecon il fluido interstiziale, che in genere è acqua. Le unità fondamentali, tetraedri e ottaedriche costituiscono i minerali argillosi, pur essendo complessivamente neutri, hanno carica

 positiva all’interno e negativa sulla superficie esterna.

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

e e

a)  b)

= silicio

e = ossidrili = alluminio, magnesio  Figura 1.5 – Struttura delle particelle colloidali: unità elementari tetraedriche e ottaedriche (a) eloro combinazione in pacchetti elementari (b).

 b)

= ossi eno

a)

Questa caratteristica le porta a stabilire legami molto forti con le molecole d’acqua che,essendo dipolari (poiché, com’è noto, i due atomi di idrogeno, che hanno carica positiva,non sono disposti simmetricamente rispetto all’atomo di ossigeno, carico negativamente),sono attratte elettricamente verso la superficie delle particelle di argilla.

L’acqua che si trova immediatamente a contatto con le particelle diventa perciò parte in-tegrante della loro struttura ed è definita “ acqua adsorbita” (Figura 1.6). Allontanandosidalla superficie delle particelle i legami diventano via via più deboli, finché l’acqua as-

sume le caratteristiche di “ ac-

qua libera” o “ acqua intersti-

 ziale” (Figura 1.7). È da notareche lo spessore di acqua a-dsorbita è approssimativamen-te lo stesso per tutti i mineraliargillosi, ma a causa delle dif-ferenti dimensioni delle parti-

celle, il comportamento mec-canico dell’insieme risultamolto diverso.

H+

H+

Cristallo di m ontmo rillonite (100x1nm)

C ristallo di c aolinite (1 000x100nm)

O-

Acq ua adsorbita

Anche tenendo conto della presenza dell’acqua adsorbita, le particelle di argilla risultano cariche negativamente insuperficie e tendono a manifestare forze di repulsione, alle quali si sommano forze di tipoattrattivo (Van der Walls), legate alla struttura atomica del materiale. Questo fa sì chel’ambiente circostante riesca a condizionare la forma e la geometria strutturale delle argil-le: in particolare, se le particelle sono circondate da un fluido con elevata concentrazionedi ioni positivi (p. es. in ambiente marino), le cariche negative superficiali esterne tende-ranno a neutralizzarsi e quindi l’effetto di repulsione sarà minore e le particelle tenderan-

 Figura 1.6 – Spessore dell’acqua adsorbita per differenti mi-nerali argillosi 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

no ad aggregarsi in strutture più chiuse; al contrario, in un ambiente povero di ioni positi-vi (p. es. in acqua dolce) tenderanno a prevalere le forze di repulsione e si avranno struttu-re più aperte (o disperse).

A conclusione di quanto sopra detto, va anche evidenziato che, mentre nei terreni a grana

grossa i grani sono necessariamente a contatto tra loro e formano un vero e proprio “sche-letro solido”, nei terreni a grana fine le particelle possono anche essere non in diretto con-tatto tra loro, pur conservando il materiale caratteristiche di continuità.

0 5 10 15 20 25 30 35

Distanza dalla superficie della particella (in micron)

PARTICELLA

molecole d’acqua

acquaadsorbita

acquaellicolare

acquaravifica

acqua di ritenzione

ANDAMENTO DELLA FORZA DI ATTRAZIONE

Figura 1.7 – Schema dell’interazione tra particelle d’argilla e molecole d’acqua

TRA PARTICELLA E MOLECOLE D’AC UATRA PARTICELLA E MOLECOLE D’ACQUA 

1.3 Relazioni tra le fasi e proprietà indici

Un terreno è, come già detto, un sistema multifase, costituito da uno scheletro formato da particelle solide e da una serie di vuoti, che possono essere a loro volta riempiti di liquido(generalmente acqua) e/o gas (generalmente aria e vapor d’acqua) (Figura 1.8a). Facendoriferimento ad un certo volume di terreno e immaginando per comodità di esposizione diseparare le tre fasi (Figura 1.8b), e indicati con:

Vs = volume del solido (inclusa l’H2O adsorbita)

VW = volume dell’acqua (libera)

VG = volume del gas

VV = volume dei vuoti (VW+VG)

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V = volume totale (VS+VW+VG)

PW = peso dell’acqua

PS = peso del solido

P = peso totale (PW +PS)si possono stabilire delle relazioni quantitative tra pesi e volumi.

a)  b)

V

VV

VS

VW

VG

PSParticelle

solide

Gas

AcquaPW

P

 

Figura 1.8 – Rappresentazione del terreno come materiale multifase (a) e relazione tra le fasi (b)

In particolare si definiscono:

1.  porosità:  100Vv

V(%)n   ⋅=   (Eq. 1.2)

(n 

0% solido continuo, n 

100% non vi è materia solida)

2. indice dei vuoti: s

v

V

Ve =   (Eq. 1.3)

3. volume  specifico: sV

Vv =   (Eq. 1.4)

Tra le tre grandezze sopra definite, è più comodo utilizzare v ed e rispetto ad n  perché, peri primi due, al variare del volume dei vuoti, varia solo il numeratore del rapporto. Co-munque n, e e v esprimono lo stesso concetto e sono biunivocamente legate tra loro:

v = 1+ e;)100/n(1

)100/n(e−

=  

4. grado di saturazione:  100V

V(%)S

v

wr    ⋅=   (Eq. 1.5)

(Sr =0% terreno asciutto, Sr =100% terreno saturo)

5. contenuto d’acqua:  100P

P(%)w

s

w ⋅=   (Eq. 1.6)

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6. peso specifico dei costituenti solidi: s

ss V

P=γ   (Eq. 1.7)

7. peso di volume: V

P=γ   (Eq. 1.8)

8. peso di volume del terreno secco: V

Psd  =γ  

)0S per V

P ovvero( r  =  

(Eq. 1.9)

9. peso di volume saturo:  V

Psat  =γ  

%)100S per ( r  =  (Eq. 1.10)

10. peso di volume immerso:  wsat'   γ−γ=γ   (Eq. 1.11)

dove γw è il peso specifico dell’acqua (9.81 kN/m3). Il peso di volume γ può assumere va-lori compresi tra γd, peso di volume secco (per Sr  = 0%) e γsat, peso di volume saturo (perSr  =100%).

Spesso si utilizza la grandezza adimensionale Gs = γs/γw (gravità specifica), che rappre-senta il peso specifico dei costituenti solidi normalizzato rispetto al peso specificodell’acqua.

Si osservi che mentre le grandezze n (porosità) ed Sr (grado di saturazione) hanno, espres-

se in %, un campo di esistenza compreso tra 0 e 100, il contenuto d’acqua, w, può assu-mere valori anche superiori a 100 %.

11.  densità relativa:  100ee

ee(%)D

minmax

maxr    ⋅

−−

=   (Eq. 1.12)

dove e è l’indice dei vuoti allo stato naturale, emax ed emin sono rispettivamente gli indicidei vuoti corrispondenti al minimo e al massimo stato di addensamento convenzionali, de-terminati sperimentalmente mediante una procedura standard.

La densità relativa rappresenta un parametro importante per i terreni a grana grossa inquanto permette di definirne lo stato di addensamento; può variare tra 0 e 100%, e la dif-ferenza che compare al denominatore è una caratteristica del terreno, mentre il numerato-re dipende dallo stato in cui il terreno si trova. Con un mezzo ideale costituito da particel-le sferiche di ugual diametro si ha un assetto che corrisponde al massimo indice dei vuoti(reticolo cubico, Figura 1.9a) e un assetto che corrisponde al minimo (reticolo tetraedrico,Figura 1.9b).

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

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 Nel caso di reticolo cubico si han

 

≅ 

46%, nel caso di reticolo tetraedricosi ha n 

≅ 26%.

Ovviamente per un terreno reale, in cui

le particelle hanno forma irregolare edimensioni variabili, la porosità massi-ma può essere maggiore del 46%, e la

 porosità minima può essere inferiore al 26%.

Figura 1.9 – Reticolo cubico (a) e tetraedrico (b) 

 ba

I valori tipici di alcune delle proprietà sopra definite sono riportati nelle Tabelle 1.2 e 1.3.

Tabella 1.2. Valori tipici di alcuni parametri del terreno

n (%) e γd (kN/m3) γ (kN/m3)

GHIAIA  25-40 0.3-0.7 14-21 18-23SABBIA  25-50 0.3-1.0 13-18 16-21

LIMO  35-50 0.5-1.0 13-19 16-21

ARGILLA  30-70 0.4-2.3 7-18 14-21

TORBA  75-95 3.0-19.0 1-5 10-13

Tabella 1.3. Valori tipici del peso specifico dei costituenti solidi di alcuni materiali

γs 

(kN/m3)

SABBIA QUARZOSA  26

LIMI  26.3-26.7

ARGILLE  23.9-28.6

BENTONITE  23

1.3.1 Determinazione del contenuto d’acqua

La determinazione sperimentale di w è piuttosto semplice ed è basata su misure di peso.

Operativamente, si mette una certa quantità di terreno, di cui si vuole determinare il con-tenuto in acqua, w, in un recipiente di peso noto (pari a T) e si pesa il tutto (P 1). Per otte-nere l’evaporazione di tutta l’acqua libera, si pone poi il contenitore con il terreno in for-no ad essiccare (a 105° per 1÷2 giorni a seconda della quantità e del tipo di materiale) e siripesa nuovamente (P2). A questo punto si può ricavare w. La differenza tra le due pesate(P1-P2) rappresenta il peso dell’acqua, Pw, mentre il peso del solido è dato dalla differenzatra P2 e T, ossia:

100TP

PP100

P

Pw

2

21

s

w ⋅−−

=⋅=  

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

Valori tipici di w variano tra il 20% al 30% (massimo) per un terreno sabbioso, tra il 10%e il 15% per argille molto dure, tra il 70% e l’80% per argille molli, anche se, teoricamen-te, come già osservato, può assumere valori superiori al 100%.

Tra le proprietà sopra definite, quelle che risultano indipendenti dalla storia tensionale e

dalle condizioni ambientali che caratterizzano il terreno allo stato naturale, vengono dette proprietà indici.

Tra le proprietà indici possono essere annoverate anche la granulometria e i limiti di At-

 terberg, che verranno definite nei paragrafi seguenti.

1.4 Composizione granulometrica

Il comportamento dei terreni a grana grossa è, come già osservato, marcatamente influen-zato dalle dimensioni dei grani e dalla distribuzione percentuale di tali dimensioni, ovverodalla  granulometria. Per ottenere queste informazioni si ricorre alla cosiddetta  analisi

 granulometrica, che consiste nella determinazione della distribuzione percentuale deldiametro dei granuli presenti nel terreno. L’analisi granulometrica viene eseguita median-te due tecniche:

1.   setacciatura per la frazione grossolana (diametro dei grani maggiore di 0.074 mm)

2.   sedimentazione per la frazione fine (diametro dei grani minore di 0.074 mm)

La setacciatura viene eseguita utilizzando una serie di setacci (a maglia quadrata) e/o cri-velli (con fori circolari) con aperture di diverse dimensioni (la scelta delle dimensioni del-le maglie va fatta in relazione al tipo di terreno da analizzare). I setacci vengono dispostiuno sull’altro, con apertura delle maglie decrescente verso il basso. Una buona curva gra-

nulometrica può essere ottenuta scegliendo opportunamente la successione dei setacci: adesempio ogni setaccio potrebbe avere apertura delle maglie pari a circa la metà di quellosovrastante (esistono anche indicazioni di varie associazioni tecnico-scientifiche, ad es.dell’Associazione Geotecnica Italiana).

 Nella Tabella 1.4 sono riportate le sigle ASTM (American Society Standard Material) el’apertura delle maglie corrispondente (diametri equivalenti) per i setacci che vengononormalmente impiegati nella setacciatura. Il setaccio più fine che viene generalmente usa-to nell’analisi granulometrica ha un’apertura delle maglie di 0.074 mm (setaccio n. 200ASTM); al di sotto dell’ultimo setaccio viene generalmente posto un raccoglitore. Il mate-riale viene prima essiccato, pestato in un mortaio, pesato e disposto sul setaccio superiore.Tutta la pila viene poi fatta vibrare (con agitazione manuale o meccanica), in modo da fa-vorire il passaggio del materiale dalle maglie dei vari setacci. Per i terreni più fini si ricor-re anche all’uso di acqua (in tal caso si parla di setacciatura per via umida).

Alla fine dell’agitazione, da ciascun setaccio sarà passato il materiale con diametro infe-riore a quello dell’apertura delle relative maglie. La percentuale di passante al setaccio i-esimo, Pdi , può essere determinata pesando la quantità di materiale depositata su ciascunsetaccio al di sopra di quello considerato, Pk  (con k = 1,...i), mediante la formula che se-gue:

1-10 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

100P

PPP

T

i

1k k T

di   ⋅−

=∑=

 1-11

 

dove PT è il peso totale del campione dimateriale esaminato.

I risultati dell’analisi granulometricavengono riportati in un diagramma semi-logaritmico (per permettere una buonarappresentazione anche quandol’intervallo di variazione dei diametri èmolto esteso), con il diametro (equiva-lente), D, dei setacci in ascissa e la per-centuale di passante in ordinata ( curva

 granulometrica) (Figura 1.10).

Per i diametri minori di 0.074 mm, cioè per il materiale raccolto sul fondo, si ri-corre all’analisi per sedimentazione. Sitratta di una procedura basata sulla misu-ra della densità di una sospensione, otte-nuta miscelando il materiale all’acquacon l’aggiunta di sostanze disperdenti

 per favorire la separazione delle particel-le, la cui interpretazione viene fatta im-

 piegando la legge di Stokes, che lega la

velocità di sedimentazione di una particella in sospensione al diametro della particella ealla densità della miscela. Eseguendo misure di densità a diversi intervalli di tempo e co-noscendo il peso specifico dei grani è possibile ricavare il diametro equivalente e la per-centuale in peso delle particelle rimaste in sospensione e quindi aventi diametro equiva-

Tabella 1.4 – Sigla ASTM e diametri equivalentidei setacci impiegati per l’analisi granulometrica

 N. ASTM Apertura delle maglie, D

[mm]

4 4.76

6 3.36

8 2.38

10 2.00

12 1.68

16 1.19

20 0.840

30 0.590

40 0.420

50 0.297

60 0.250

70 0.210

100 0.149

140 0.105

200 0.074

Figura 1.10 – Curve granulometriche tipiche per i terreni

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

lente inferiore a quelle sedimentate. Utilizzando questi dati è così possibile completare lacurva granulometrica.

In pratica quella che si ottiene è una curva cumulativa.

La forma della curva è indicativa della distribuzione granulometrica: più la curva è diste-

sa, più la granulometria è assortita. L’andamento della curva viene descritto sinteticamen-te mediante due parametri (che, come vedremo più avanti, vengono impiegati per classifi-care i terreni). Indicando con Dx il diametro corrispondente all’x % di materiale passante(Figura 1.10), si definiscono:

 coefficiente di uniformità: 10

60

D

DU =   (Eq. 1.13)

(U ≥ 1, più è basso più il terreno è uniforme, Figura 1.10)

 coefficiente di curvatura: 1060

2

30DD

DC ⋅=   (Eq. 1.14)

(C esterno all’intervallo 1÷3 indica mancanza di diametri di certe dimensioni ovvero bruschicambiamenti di pendenza della curva granulometrica, Figura 1.10)

1.5 Limiti di Atterberg (o limiti di consistenza)

Come già osservato, il comportamento dei terreni a grana fine è marcatamente influenzatodall’interazione delle particelle di argilla con il fluido interstiziale (acqua), strettamentelegata alla loro composizione mineralogica. Così, per questo tipo di terreni, è importantenon solo conoscere la quantità di acqua contenuta allo stato naturale, ma anche confronta-re questo valore con quelli corrispondenti ai limiti di separazione tra stati fisici particolari(in modo analogo a quanto si fa confrontando l’indice dei vuoti naturale con emax ed emin

 per i terreni a grana grossa).

 Nei terreni argillosi si osserva infatti una variazione dello stato fisico, al variare del con-tenuto d’acqua. In particolare, se il contenuto d’acqua di una sospensione argillosa densaè ridotto gradualmente, la miscela acqua-argilla passa dallo  stato liquido, ad uno  stato

 plastico  (dove il materiale ac-quisisce sufficiente rigidezzada deformarsi in maniera con-

tinua), ad uno  stato semisolido (in cui il materiale comincia a

 presentare fessurazioni) e infi-ne ad uno stato solido (in cui ilterreno non subisce ulterioridiminuzioni di volume al di-minuire del contenutod’acqua). Poiché il contenutod’acqua corrispondente al pas-saggio da uno stato all’altrovaria da un tipo di argilla da un

   C   O   N   T   E   N   U   T   O   D   ’   A   C

   Q   U   Aw

   D   I   M   I   N   U   Z   I   O   N   E   D   E   L miscela fluida

terra-ac ua

SOLIDO

SEMISOLIDO

PLASTICO

LIQUIDOLIMITE LIQUIDO, wL

LIMITE PLASTICO, wP

LIMITE DI RITIRO, wS

terreno secco

Figura 1.11 – Stati fisici del terreno e limiti di Atterberg 

1-12 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

altro, la conoscenza di questi valori può essere utile nella classificazione ed identificazio-ne dei terreni a grana fine. Tuttavia il passaggio da uno stato all’altro non è istantaneo, maavviene gradualmente all’inter-no di un range di valori del contenuto d’acqua. Sono stati

 perciò stabiliti dei criteri convenzionali (Atterberg, 1911) per individuare le condizioni di passaggio tra i vari stati di consistenza. I contenuti d’ac-qua corrispondenti alle condizionidi passaggio, “convenzionali”, tra i vari stati, sono definiti limiti di Atterberg e variano, ingenerale, da un tipo di argilla ad un altro.

Lo schema relativo ai 4 possibili stati fisici e i corrispondenti limiti di Atterberg sono ri- portati in Figura 1.11 Si individuano, in particolare, il limite liquido (o di liquidità), wL,nel passaggio tra lo stato liquido e lo stato plastico, il limite plastico (o di plasticità), w p,tra lo stato plastico e lo stato semisolido (o solido con ritiro), il limite di ritiro, tra lo statosemisolido e lo stato solido (o solido senza ritiro), ws.

Ciascuno dei 3 limiti può essere determinato in laboratorio mediante un’opportuna proce-dura standardizzata.

1.5.1 Determinazione del limite liquido

Il limite liquido, wL, si determina in laboratorio con il cucchiaio di Casagrande (Figura1.12a). Un prefissato volume di terreno, prelevato dal passante al setaccio n. 40(0.42

 

mm), viene mescolato con acqua distillata fino ad ottenere una pastella omogenea.

1-13

L’impasto viene successivamente di-sposto nel cucchiaio, spianandone lasuperficie e praticando poi nella zonacentrale, con un’apposita spatola, un

solco di 2 

mm di larghezza e 8 

mm dialtezza. Con un dispositivo a mano-vella, il cucchiaio viene quindi la-sciato cadere ripetutamente, a inter-valli di tempo regolari, da un’altezza

 prefissata su una base di materialestandardizzato e vengono contati icolpi necessari a far richiudere il sol-co per una lunghezza di 13 mm. Vie-ne poi prelevato un po’ di materialedal cucchiaio e determinato su questo

il valore del contenuto d’acqua.

La procedura viene ripetuta più voltevariando la quantità di acquanell’impasto, in modo da ottenereuna serie di coppie (4 o 5) di valori,numero di colpi-contenuto d’acqua.

I valori del contenuto d'acqua in fun-zione del numero di colpi vengono poi riportati in un diagramma semilogaritmico, Figura1.12b, e interpolati linearmente: il contenuto d’acqua corrispondente a 25 colpi rappresen-ta convenzionalmente il limite liquido, wL.

2 mm

 Numero di colpi

1

wL

8 mm

All’inizioCucchiaio

Utensile

Al termine

105 50

46

47

48

49

10 mm

Base

20

25

30 40

 Figura 1.12 – Cucchiaio di Casagrande (a) e proce-dura sperimentale per la determinazione del limite li-quido (b). 

a)

 b)

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1.5.2 Determinazione del limite plastico

Il limite plastico, w p, è il contenuto d’acqua incorrispondenza del quale il terreno inizia a

 perdere il suo comportamento plastico. Si de-

termina in laboratorio impastando una certaquantità di terreno passante al setaccio n. 40(0.42 mm) con acqua distillata e formandomanualmente dei bastoncini di 3.2 mm(1/8 in.) di diametro. Quando questi cilindretti,che vengono fatti rotolare continuamente suuna lastra di materiale poroso (in modo da per-dere progressivamente acqua), iniziano a fes-surarsi (Figura 1.13), si determina il contenutod’acqua e questo rappresenta il limite plastico,

wP. Generalmente si fanno 3 determinazioni esi assume come wP il valor medio.

≅ 3.2 mm

Figura 1.13 – Determinazione sperimentaledel limite plastico

1.5.3 Determinazione del limite di ritiro

Il limite di ritiro, wS, che ha un interesse molto limitato per le applicazioni in ingegneriacivile e non viene di norma determinato, è il contenuto d’acqua al di sotto del quale unaulteriore perdita di acqua da parte del terreno non comporta nessuna variazione di volu-me. Pertanto, a differenza degli altri due limiti,non è un valore convenzionale, legato alla

 procedura di determinazione, ma ha un precisosignificato fisico. Si determina in laboratorio

su un provino indisturbato che viene essiccato per passi successivi, misurando ad ogni pas-saggio il volume e il contenuto d’acqua. I va-lori del volume vengono riportati in un graficoin funzione del contenuto d’acqua (Figura1.14) e wS  è definito come il contenutod’acqua corrispondente al punto di intersezio-ne tra le tangenti alla parte iniziale e finale del-la curva ottenuta interpolando i punti speri-mentali.

contenuto d’acquawS

  v

  o   l  u  m  e

 

Figura 1.14 – Determinazione sperimentaledel limite di ritiro

1.6 Indici di consistenzaSi definisce indice di plasticità, IP, l’ampiezza dell’intervallo di contenuto d’acqua in cuiil terreno rimane allo stato plastico, ovvero:

IP (%) = wL -wP (Eq. 1.15) 

Tale indice dipende dalla percentuale e dal tipo di argilla e dalla natura dei cationi adsor- biti. Per ogni materiale, l’indice di plasticità cresce linearmente in funzione della percen-tuale di argilla presente, con pendenza diversa in relazione al tipo di minerali argillosi

 presenti (Figura 1.15). La pendenza di questa retta è definita indice di attività:

1-14 

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1-15

CF

II P

a  =   (Eq. 1.16) 

dove CF 

% in peso con diametrod < 0.002 mm. Sulla base dei valori assuntida questo indice i terreni possono essereclassificati inattivi, normalmente attivi, at-tivi.

Figura 1.15 – Indice di attività delle argille

IP

 Attivi  Normalmenteattivi

 Inattivi

Ia= 1.25

Ia= 0.75

CF

Considerando oltre ai limiti di consistenza,anche il contenuto naturale d’acqua, si pos-sono definire l’ indice di liquidità:

P

PL I

wwI

  −=   (Eq. 1.17)

e l’i ndice di consistenza

LP

LC I1

I

wwI   −=

−=   (Eq. 1.18)

L’indice di consistenza, oltre ad indicare lo stato fisico in cui si trova il terreno, fornisceinformazioni qualitative sulle sue caratteristiche meccaniche: all’aumentare di IC aumentala resistenza al taglio del terreno e si riduce la sua compressibilità (da notare anchel’analogia tra IC per terreni a grana fine e Dr  per i terreni a grana grossa).

Una suddivisione dei terreni basata sui valori dell’indice di plasticità e dell’indice di con-

sistenza è riportata nelle Tabelle 1.5 e 1.6 rispettivamente, mentre nella Tabella 1.7 sonoriportati i valori tipici di wL, wP e IP dei principali minerali argillosi.

Tabella 1.5 - Suddivisione dei terreni basata sui valori dell’indice di plasticità

TERRENO IP

 NON PLASTICO  0 - 5

POCO PLASTICO 5 - 15

PLASTICO  15 - 40

MOLTO PLASTICO  > 40

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Tabella 1.6 - Suddivisione dei terreni basata sui valori dell’indice di consistenza

CONSISTENZA  IC 

FLUIDA  < 0

FLUIDO-PLASTICA  0 – 0.25MOLLE-PLASTICA  0.25 – 0.50

PLASTICA  0.50 – 0.75

SOLIDO-PLASTICA  0.75 - 1

SEMISOLIDA (W > WS) O SOLIDA (W < WS) > 1

Tabella 1.7 - Valori tipici di w L ,, wP e I P dei principali minerali argillosi

MINERALE ARGILLOSO  wL (%) wP (%) IP (%)MONTMORILLONITE  300-700 55-100 200-650

ILLITE  95-120 45-60 50-65

CAOLINITE  40-60 30-40 10-25

1.7 Sistemi di classificazione 

I sistemi di classificazione sono una sorta di linguaggio di comunicazione convenzionale

 per identificare attraverso un nome (o una sigla) il tipo di materiale, in modo da fornirneindirettamente, almeno a livello qualitativo, delle indicazioni sul comportamento. In pra-tica, individuano alcuni parametri significativi e distintivi dei vari tipi di terreno in mododa poterli raggruppare in classi e stabilire così dei criteri universali, convenzionali, di ri-conoscimento.

Data l’estrema variabilità dei terreni naturali e le diverse possibili finalità ingegneristiche,non è pensabile di poter creare un unico sistema di classificazione. Per questo motivo, sisono sviluppati nel tempo diversi sistemi di classificazione, che possono essere utilizzati

 per scopi e finalità diversi.

Tuttavia, alcuni aspetti fondamentali accomunano i diversi sistemi di classificazione nella

scelta delle proprietà di riferimento. In particolare tali proprietà:-  devono essere significative e facilmente misurabili mediante procedure standardizzate;

-  non devono essere riferite ad uno stato particolare, ossia devono essere indipendentidalla storia del materiale, dalle condizioni di sollecitazione o da altre condizioni alcontorno.

Per quanto visto fino ad ora, i parametri che possiedono queste caratteristiche sono quelli precedentemente definiti proprietà indici, e riguardano la composizione granulometrica ela composizione mineralogica. I sistemi di classificazione più vecchi sono basati unica-mente sulla granulometria e perciò sono significativi solo per i materiali a grana grossa(ghiaie e sabbie). Tra questi, i più comunemente usati sono riportati in Tabella 1.8.

1-16 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

Tabella 1.8. Alcuni sistemi di classificazione basati sulla granulometria

SISTEMA Ghiaia Sabbia Limo Argilla

MIT 2 0.06 0.002

AASHO 2 0.075 0.002

AGI 2 0.02 0.002

mm mm mm

Essendo i terreni una miscela di grani di diverse dimensioni, una volta determinate le fra-zioni in peso relative a ciascuna classe, il materiale può essere identificato utilizzando itermini delle varie classi come sostantivi o aggettivi, nel modo seguente:

 I termine: nome della frazione granulometrica prevalente,

 II termine: nomi delle eventuali frazioni maggiori del 25%, precedute dal prefisso con, 

 III termine: nomi delle eventuali frazioni comprese tra il 15% e il 25%, con il suffissooso,

 IV termine: nomi delle eventuali frazioni minori del 15%, con il suffisso oso, precedutedal prefisso debolmente.

Se ad esempio da un’analisi granulometrica risulta che un terreno è costituito dal 60% dilimo, dal 30% di sabbia e dal 10% di argilla, esso verrà denominato limo con sabbia de-bolmente argilloso.

Una classificazione che tiene conto solo della granulometria non è tuttavia sufficiente nelcaso di limi e argille, il cui comportamento è legato soprattutto alla composizione minera-logica.

Per questo tipo di terreni si può ricorrere ad esempio al sistema di classificazione propo-sto da Casagrande (1948). Tale sistema è basato sui limiti di Atterberg ed è riassunto inun diagramma (noto come “Carta di plasticità di Casagrande”) (Figura 1.16) nel quale siindividuano sei zone, e quindi sei classi di terreno, in funzione del limite liquido (riporta-to in ascissa) e dell’indice di plasticità (riportato in ordinata). La suddivisione è rappre-sentata dalla retta A di equazione:

IP = 0.73 (wL-20)  (Eq. 1.19) 

e da due linee verticali in corrispondenza di wL = 30 e wL = 50.

Le classi che si trovano sopra la retta A includono le argille inorganiche, quelle sotto laretta A i limi e i terreni organici (a titolo informativo va detto che la presenza di materialeorganico in un terreno può essere rilevata attraverso la determinazione del limite liquido

 prima e dopo l’essiccamento. L’essiccamento provoca infatti nei materiali organici dei processi irreversibili con riduzione di wL; se tale riduzione è maggiore del 75%, il mate-riale viene ritenuto organico).

Esistono poi sistemi che, facendo riferimento sia alla caratteristiche granulometriche sia aquelle mineralogiche, possono essere utilizzati per la classificazione di qualunque tipo diterreno.

1-17 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

In particolare, i due sistemi più comunemente utilizzati e che verranno brevemente de-scritti nel seguito sono il sistema USCS e il sistema HRB (AASHTO, CNR_UNI 10006).

1.7.1 Sistema USCS

1-18

Il sistema USCS (Unified Soil ClassificationSystem), sviluppato originariamente da Casa-grande e successivamente modificato negliUSA, è il sistema più utilizzato per classificare iterreni di fondazione.

Secondo tale sistema, i terreni vengono suddivisiin cinque gruppi principali, due a grana grossa(con percentuale passante al setaccio 200 minoredel 50%): ghiaie (simbolo G) e sabbie (simbolo

S ), tre a grana fine (con percentuale passante alsetaccio 200 maggiore del 50%): limi (simbolo

 M ), argille (simbolo C ) e terreni organici (sim- bolo O). Ciascun gruppo è a sua volta suddivisoin sottogruppi, in relazione ad alcune proprietàindici, secondo quanto indicato nello schema diFigura 1.17.

In particolare i  terreni a grana grossa  vengonoclassificati sulla base dei risultati dell’analisi granulometrica in ghiaie (G) e sabbie (S) aseconda che la percentuale passante al setaccio N. 4 (4.76 mm) sia rispettivamente minore

o maggiore del 50%. Quindi viene analizzata la componente fine del materiale (passanteal setaccio N.200):

   I  n   d   i  c  e   d   i  p   l  a  s   t   i  c   i   t   à ,   P   I   (   %   )

  w

   =   3   0   %

   L

  w

   =   5   0   %

   L

Limite di liquidità, w (%)L

  P  I   =   0

.  7  3  (   w

  -   2  0  )

   L

  L  I  N  E A

  A

02020

20

40

12

3

6

54

40

60

60

80 100

1

2

3

4

5

6

Limi inorganici di media compressibilitàe limi organiciLimi inorganici di alta compressibilitàe argille organicheArgille inorganiche di bassa plasticità

Argille inorganiche di media plasticità

Argille inorganiche di alta plasticità

Limi inorganici di bassa compressibilità

 Figura 1.16 – Carta di plasticità di Casa-grande

Figura 1.17 – Sistema di classificazione USCS  

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

1)  se essa risulta minore del 5% allora si considera solo l’assorti-mento del materiale sul-la base dei valori del coefficiente di uniformità, U, e di curvatura, C (se U

 

4 e1 <C <3, per le ghiaie o U > 6 e 1 <C <3, per le sabbie, allora il materiale si considera

 ben gradato e come secondo simbolo si adotta W, altrimenti si considera poco gradatoe si adotta il simbolo P);

2)  se essa risulta maggiore del 12% allora viene classificata, dopo averne misurato i limi-ti di Atterberg (sul passante al setaccio N. 40), con riferimento ad una carta di plastici-tà derivata da quella di Casagrande con alcune modifiche (Figura 1.18), come limo(M) o argilla (C), che verrà utilizzato come secondo simbolo;

3)  se essa è compresa tra il 5 e il 12% allora verrà classificata sia la granulometria dellafrazione grossolana (ben assortita, W, o poco assortita, P) secondo il criterio mostratoal punto 1) sia la componente fine (M o C) secondo il criterio indicato al punto 2), ot-tenendo così un doppio simbolo (ad es. SW-SM).

I terreni a grana fine vengono classificati

 per mezzo della Carta di plasticità di Casa-grande modificata di Figura 1.18.

Figura 1.18   – Carta di plasticità (Casagrande

modificata) 

1.7.2 Sistema HRB

Proposto dalla Highway Research Board(1942) e successivamente revisionato dallaAmerican Association of State Highway andTrasportation Office (e riportato con qual-che modifica anche nelle norme CNR-UNI)è un sistema di classificazione che viene uti-lizzato principalmente nel campo delle co-struzioni stradali, o comunque per terreniutilizzati come materiali da costruzione.

In base alla granulometria e alle caratteristiche di plasticità, i terreni vengono suddivisi inotto gruppi, indicati con le sigle da A-1 ad A-8, alcuni dei quali (A-1, A-2 e A-7) suddivi-si a loro volta in sottogruppi secondo lo schema riportato in Figura 1.19. I materiali gra-nulari sono inclusi nelle classi da A-1 ad A-3 (con percentuale passante al setaccio 200minore o uguale al 35%), i limi e le argille nelle classi da A-4 ad A-7 (con percentuale

 passante al setaccio 200 maggiore del 35%), mentre la classe A-8 comprende i terreni al-tamente organici.

Per i terreni granulari si considera nell’ordine:−  la percentuale passante al setaccio N. 10

−  la percentuale passante al setaccio N. 40

−  la percentuale passante al setaccio N. 200

e quando disponibili si considerano anche i valori del limite liquido e dell’indice di plasti-cità determinati sul passante al setaccio N. 40.

Per i limi e le argille la classificazione viene fatta solo sulla base dei valori misurati dellimite liquido e dell’indice di plasticità.

1-19 

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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI

 

Il sistema prevede che, per i terreni che contengono un’alta percentuale di materiale fine,venga anche valutato un indice sintetico, detto indice di gruppo, definito come:

I = 0.2 a + 0.005 ac + 0.01 bd,

dove:

a = percentuale passante al setaccio 200 maggiore del 35% e minore del 75%, espressacome numero intero compreso tra 0 e 40,

 b = percentuale passante al setaccio 200 maggiore del 15% e minore del 55%, espressacome numero intero compreso tra 0 e 40,

c = valore del limite liquido maggiore di 40 e minore di 60, espresso come numero interocompreso tra 0 e 20,

d = valore dell’indice di plasticità maggiore di 10 e minore di 30, espresso come numerointero compreso tra 0 e 20.

Valori minori dei limiti inferiori significano a, b, c, o d uguali a zero; valori maggiori deilimiti superiori significano a o b uguali a 40, c o d uguali a 20.

Quando un terreno rientra in più categorie viene attribuito a quella corrispondente ai limiti più restrittivi.

Materiali granulari(passante al setaccio N.200 ≤ 35%)

Limi-Argille(passante al setaccio N.200 ≥   35%)Classificazione generale:

Classificazione di gruppo:

 Analisi granulometrica:

% passante al setaccio:- N.10 (2mm)- N.40 (0.12 mm)- N.200 (0.074 mm)

Limiti di Atterbergdeterminati sul passante alsetaccio N.40 (0.42 mm):- wL (%)- Ip (%)

Indice di gruppo (I):

Materiale costituente:

Materiale come sottofondo:

*Note: Se IP  wL – 30 A-7-5; Se IP  wL – 30 A-7-6

 A-1

 A-1-a A-1-b  A-3

 A-2-4 A-2-5 A-2-6 A-2-7

 A-2 A-4   A-5   A-6   A-7

 A-7-5* A-7-6

≤   50

≤   30≤   15

≤   50≤   25

≥   51≤   10   ≤   35   ≤   35   ≤   35   ≤   35   ≥  36   ≥   36   ≥   36   ≥   36

≤   6 Non

 plastico   ≤   10≤   40

≤   10≥   41

≥   11≤   40   ≥   41

≥  11

≤   40

≤   10   ≤   10≥   41

≥   11≤   40   ≥   41

≥   11

0

Ghiaia (pietrame)con sabbia

0 0   ≤ 4   ≤ 8   ≤ 12   ≤ 16   ≤ 20

SabbiaGhiaia e sabbia

limosa o argillosa Limi Argille

Da eccellente a buono Da buono a scarso

Materiali granulari(passante al setaccio N.200 ≤ 35%)

Limi-Argille(passante al setaccio N.200 ≥   35%)Classificazione generale:

Classificazione di gruppo:

 Analisi granulometrica:

% passante al setaccio:- N.10 (2mm)- N.40 (0.12 mm)- N.200 (0.074 mm)

Limiti di Atterbergdeterminati sul passante alsetaccio N.40 (0.42 mm):- wL (%)- Ip (%)

Indice di gruppo (I):

Materiale costituente:

Materiale come sottofondo:

*Note: Se IP  wL – 30 A-7-5; Se IP  wL – 30 A-7-6

 A-1

 A-1-a A-1-b  A-3

 A-2-4 A-2-5 A-2-6 A-2-7

 A-2 A-4   A-5   A-6   A-7

 A-7-5* A-7-6

≤   50

≤   30≤   15

≤   50≤   25

≥   51≤   10   ≤   35   ≤   35   ≤   35   ≤   35   ≥  36   ≥   36   ≥   36   ≥   36

≤   6 Non

 plastico   ≤   10≤   40

≤   10≥   41

≥   11≤   40   ≥   41

≥  11

≤   40

≤   10   ≤   10≥   41

≥   11≤   40   ≥   41

≥   11

0

Ghiaia (pietrame)con sabbia

0 0   ≤ 4   ≤ 8   ≤ 12   ≤ 16   ≤ 20

SabbiaGhiaia e sabbia

limosa o argillosa Limi Argille

Da eccellente a buono Da buono a scarso

Figura 1.19 – Sistema di classificazione HRB

1-20 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

CAPITOLO 2COSTIPAMENTO 

In alcune applicazioni ingegneristiche, può manifestarsi talvolta la necessità di migliorarele caratteristiche del terreno, sia nelle sue condizioni naturali in sito, sia quando esso èimpiegato come materiale da costruzione (p. esempio per dighe, rilevati, terrapieni, ecc..).

Le tecniche di miglioramento del terreno possono essere di vario tipo, in particolare esi-stono:

-   tecniche di tipo meccanico;

-   tecniche di tipo chimico;

-   tecniche basate sull’induzione di fenomeni di  natura termica o elettrica (che vengonoutilizzate soprattutto in maniera provvisoria).

Altri metodi consistono nell’eliminare o ridurre la presenza dell’acqua (drenaggi); altriancora nel sovraccaricare temporaneamente il terreno prima della realizzazione dell’operain modo da esaurire preliminarmente un’aliquota dei cedimenti (precarico).

Tra i metodi di tipo meccanico riveste particolare importanza il costipamento che consistenell’aumentare artificialmente la densità del terreno, impiegato come materiale per la co-struzione di rilevati stradali e ferroviari, argini, dighe in terra, ecc.., attraversol’applicazione di energia meccanica.

L’obiettivo del costipamento è il miglioramento delle caratteristiche meccaniche del ter-reno, che comporta, in generale, i seguenti vantaggi:

1.  riduzione della compressibilità (e quindi dei cedimenti),2.  incremento della resistenza (e quindi della stabilità e della capacità portante),

3.  riduzione degli effetti che possono essere prodotti dal gelo, da fenomeni di imbibizio-ne o di ritiro (legati alla quantità di vuoti presenti).

Il primo ad occuparsi di questo fenomeno è stato l’ingegnere americano Proctor (1930), ilquale ha evidenziato che il valore della densità secca alla fine del costipamento, ρd = γd/g,è funzione di tre variabili:

−  il tipo di terreno (granulometria, composizione mineralogica, ecc.),

−  il contenuto d’acqua, w , 

−  l’energia di costipamento.

In sito possono essere usate diverse tecniche di costipamento, in relazione alla natura delterreno da porre in opera ed eventualmente alla tipologia dei mezzi di cantiere disponibili.

In laboratorio queste possono essere riprodotte attraverso differenti tipi di prova nellequali il terreno viene disposto in un recipiente metallico di forma cilindrica, a strati suc-cessivi, che vengono via via compattati.

In particolare, esistono quattro differenti tecniche di costipamento e quindi di tipi di pro-va:

2-1 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

1.   prove statiche, in cui il terreno è sottoposto ad una pressione costante per un certo pe-riodo di tempo mediante un pistone con area uguale a quella del recipiente;

2.   prove kneading (to knead = massaggiare), nelle quali il terreno è sottoposto a inter-valli regolari ad una compressione mediante un pistone che trasmette una pressione

nota;3.   prove per vibrazione, in cui il recipiente in cui è contenuto il terreno viene fatto vibra-

re con appositi macchinari;

4.   prove dinamiche o di urto, nelle quali il terreno è compattato con un pestello mecca-nico a caduta libera;

Le prime due tecniche vengono impiegate per terreni prevalentemente fini, le altre due per terreni prevalentemente a grana grossa. Tra le quattro sopra menzionate, le più usatesono quelle dell’ultimo tipo, di cui fanno parte le prove Proctor.

2.1 Prove Proctor

L’attrezzatura per le prove Proctor è costitui-ta da un cilindro metallico di dimensionistandard dotato di un collare rimovibile e daun pestello di diametro pari alla metà di quel-lo del cilindro e di peso prefissato (Foto e Fi-gura 2.1). In relazione alle caratteristichedell’apparecchiatura e alle modalità di esecu-zione, le prove Proctor si distinguono in“standard” e “modificata” (Tabella 2.1).

2-2

L’energia di costipamento della prova modi-ficata, che viene eseguita soprattutto per ter-reni di sottofondo e materiali per pavimenta-zioni stradali e aeroportuali, è superiore aquella della prova standard.

La prova Proctor viene eseguita disponendo astrati una certa quantità di terreno, preventi-vamente essiccato o bagnato, nel cilindro ecompattandolo con il pestello per un numero

 prefissato di colpi (25), assestati in una posi-zione prestabilita. L’operazione viene ripetu-

ta per un certo numero di strati (3 per la standard e 5 per la modificata) fino a riempire ilcilindro poco al di sopra dell’attaccatura col collare (Figura 2.1). Successivamente vienerimosso il collare, livellato il terreno in sommità, pesato il tutto e determinato il contenutod’acqua, prelevando una porzione di terreno dal cilindro.

Foto 2.1 - Eecuzione di una prova Proctor

Mediante il peso, P, e il volume, V, (noti) si ricava il peso di volume, γ,  e, avendo deter-minato w, si può ricavare il peso di volume del secco, γd, ovvero la densità secca(ρd = γd/g, essendo g l’accelerazione di gravità). 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

Guida Pestello Collare rimovibile

Cilindro metallico

2

Figura 2.1 – Attrezzatura utilizzata per le prove Proctor

Si ha infatti (esprimendo w non in %):

)w1(wP

P

V

P

V

P

V

PP

V

Pddd

S

SWSWS+γ=γ⋅+γ=⋅+=

+==γ   (Eq. 2.1) 

Quindi:

w1d+

γ=γ   (Eq. 2.2) 

Tabella 2.1 – Caratteristiche dell’apparecchiatura e modalità di esecuzione della prova Proctorstandard e modificata

Dimensioni del ci-lindro

Dimensionidel pestelloTipo di

 prova Ø[cm]

H[cm]

V[cm3]

Ø[mm]

Peso[kg]

 Numero

degli strati

 Numerocolpi per

strato

Altezzacaduta

 pestello[cm]

Energia dicostipamento

[kg cm/cm3]

Standard

AASHO10.16 11.7 945 50.8 2.5 3 25 30.5 6.05

Modificata

AASHO10.16 11.7 945 50.8 4.54 5 25 45.7 27.5

2-3 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

2.2 Teoria del costipamento

Analizzando i risultati ottenuti in la- boratorio mediante l’esecuzione di prove Proctor è possibile descrivere ilcomportamento del terreno sottopostoa costipamento.

Supponiamo di eseguire la provaProctor (quindi di impiegare la stessatecnica di compattazione e la stessaquantità di energia) su alcuni campio-ni dello stesso terreno (5 o 6) aventidiversi contenuti d’acqua. Se, per cia-scun campione, riportiamo in un gra-fico (Figura 2.2) il valore del peso di

volume del secco (o, indifferentemen-te, della densità secca) ottenuto altermine della prova in funzione delcontenuto d’acqua corrispondente, euniamo i vari punti, otteniamo unacurva, detta “curva di costipamento”  

che presenta un tipico andamento a campana. Il valore del contenuto d’acqua corrispon-dente al valore massimo del peso di volume del secco (detto “maximum”) è indicato co-me “contenuto d’acqua optimum” o “optimum Proctor”.

Maximum

w [%]

d  [kN/m ]

S    a   t   u   r   a   z   i    o  n  e   1   0   0   %   

9   0   %   

Optimum

Figura 2.2 – Curva di costipamento

Va sottolineato che il valore massimo del peso di volume del secco è relativo ad un valore

di energia prefissato e ad una particolare tecnica di compattazione. Quindi, per un datoterreno, l’optimum, il maximum e l’andamento della curva dipendono dall’energia spesa edal metodo di costipamento. I valori tipici del maximum variano intorno a 16÷20 kN/m3,mentre il massimo range di variazione è compreso tra 13 e 23 kN/m3. I valori tipicidell’optimum variano intorno al 10÷20%, mentre il massimo range di variazione perl’optimum è compreso tra il 5% e il 40%.

Per valori bassi del contenuto d’acqua, la resistenza del terreno è alta così che, a parità dienergia di compattazione impiegata, risulterà più difficile ridurre i vuoti e quindi raggiun-gere elevati valori della densità secca; incrementando il contenuto d’acqua, la resistenzadel terreno tende a diminuire, facilitando la rimozione dei vuoti, ed aumenta così il valoredi densità secca raggiungibile fino al maximum ottenuto in corrispondenza del valore dioptimum del contenuto d’acqua; per valori superiori all’optimum, avendo raggiunto unelevato grado di saturazione, le deformazioni avvengono pressoché a volume costante(l’acqua non riesce a filtrare verso l’esterno) e non consentono ulteriori riduzionidell’indice dei vuoti, per cui si riduce anche il valore della densità secca ottenuto.

Se per uno stesso tipo di terreno si utilizza la stessa tecnica di costipamento (p. es. quelladella prova Proctor) variando l’energia (il numero di colpi), si ottiene una famiglia di cur-ve con andamento simile. Al crescere dell’energia aumenta la densità secca massima ediminuisce il contenuto d’acqua optimum. Con contenuti d’acqua superiori all’optimumle diverse curve tendono a confondersi in un’unica linea (Figura 2.3).

2-4 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

Questo significa che per contenuti d’acqua inferiori all’optimum un aumento dell’energiadi costipamento risulta più efficace in quanto riesce ad incrementare la densità secca (cosache può non accadere per contenuti d’acqua superiori all’optimum).

La linea in cui si confondono i tratti

terminali di tutte le curve risulta appros-simativamente parallela alla curva di sa-

 turazione, che può essere determinatacalcolando il valore del peso di volumedel secco corrispondente al contenutod’acqua in condizioni di saturazione.Tale valore dipende solo dal peso di vo-lume del solido γs.

w [%]

S    a   t   u   r   a   z   i    o  n  e   1   0   0   %   

9   0   %   

Linea dei puntidi optimum

Energiacrescente

3

γd 

[kN/m ]

Figura 2.3 – Andamento della curva di costipa-mento al variare dell’energia di costipamento

Infatti:

e1V

V

V

VV/V

V/P

V

P S

S

V

S

S

S

S

SSSd

+

γ=

+

γ===γ

 

(Eq. 2.3) 

se il terreno è saturo (Sr  = 1), con Sr  non espresso in %):

WS

W

W

S

S

S

W

S

V 1w

P

P

P

P

V

V

V

Ve

γ⋅γ⋅=⋅⋅==

  (Eq. 2.4) 

quindi:

W

S

Sd

w1γ

γ⋅+

γ=γ  

(Eq. 2.5) 

 per Sr < 1 (con Sr  espresso non in percentuale) invece:

WS

r W

W

S

S

Sr 

W

S

V 1w

S

1

P

P

P

P

VS

V

V

Ve

γ⋅γ⋅⋅=⋅⋅==   (Eq. 2.6) 

quindi:

W

Sr 

r Sd

wS

S

γ

γ⋅+

⋅γ=γ  

(Eq. 2.7) 

2-5 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

Anche la linea congiungente i vari punti corrispondenti all’optimum perun dato terreno risulta all’incirca pa-rallela alla curva di saturazione; cioè

 per un dato terreno il massimo effettodi costipamento si ha per un certogrado di saturazione.

contenuto d’acqua, w [%]

linea disaturazione

1

2

3

4

5

01.4

   d  e  n  s   i   t   à  s  e  c  c  a ,

    [   M  g   /  m

   ]

      ρ   d

   3

1.6

1.8

2.0

2.2

10 20 30

1. Sabbia ben assortita  con ghiaia e limo2. Miscela di ghiaia,  sabbia, limo e argilla3. Argilla sabbiosa4. Sabbia fine uniforme

5. Argilla molto plastica

 

Figura 2.4 – Curva ottenute per differenti tipi di ter-reno a parità di energia di costipamento

A parità di energia di costipamento, lecurve che si ottengono per differentitipi di terreno sono molto diverse traloro. In particolare si può osservareche (Figura 2.4):

-  la variazione del contenutod’acqua influenza la densità secca

 più per certi tipi di terreno e meno per altri;

-  terreni in cui prevale la frazionefine raggiungono valori di densitàsecca più bassi;

-  le sabbie ben assortite presentanovalori della densità secca più ele-vati di quelle più uniformi e glieffetti del costipamento sono mol-to più marcati;

-   per i terreni argillosi il maximumdecresce all’aumentare della plasticità.

2.3 Costipamento in sito

Per il costipamento deiterreni in sito possonoessere impiegate attrez-zature diverse in rela-zione alle caratteristi-

che e al tipo di terreno eall’energia richiesta peril costipamento. Le tec-niche impiegate posso-no trasmettere al terre-no azioni meccanichedi tipo statico, di com-

 pressione e di taglio, odi tipo dinamico, di ur-to o vibrazione. In baseal prevalere di uno deidue tipi di azioni le at-

Figura 2.5 – Rullo compressore usato per terreni a grana fine

2-6 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

trezzature per il costipamento si suddividono in due classi costituite rispettivamente dai mezzi prevalentemente statici e prevalentemente dinamici.

In particolare, per il costipamento dei terreni a grana fine risultano efficaci solo le attrez-zature della prima classe, mentre per il costipamento dei terreni granulari sono efficaci

soprattutto quelle del secondo tipo. Nei mezzi prevalentemente statici sono compresi i rulli lisci, i rulli o carrelli gommati e irulli a punte (Figura 2.5). I rulli lisci statici compattano per compressione e la loro azioneè limitata alla parte più superficiale di terreno; hanno un peso generalmente compreso trale 2 e le 20 t e trasmettono pressioni dell’ordine di 30÷100 kg/cm su una striscia di uncentimetro di generatrice. I rulli gommati sono costituiti da un cassone trasportato da uncerto numero di ruote gommate; compattano sia con azione di compressione che di taglio

 per mezzo dei pneumatici. Rispetto ai rulli lisci agiscono più in profondità. I rulli a puntesono dotate di protrusioni di varia forma (es. rulli “a piè di pecora”) o di segmenti mobiliche esercitano nel terreno un’azione di punzonamento e di taglio. La loro azione è limitataalla parte più superficiale di terreno.

 Nella classe dei mezzi prevalentemente dinami-ci sono compresi i rullilisci vibranti (Figura2.6), le piastre vibranti ele piastre battenti. I rullivibranti sono analoghi aquelli lisci, ma sono do-tati di pesi eccentrici chegenerano forze verticali

di tipo sinusoidale chemettono in vibrazione ilterreno; in genere sono

 poco efficaci in superfi-cie, per cui nella fase fi-

nale vengono utilizzati senza vibrazione per costipare lo strato più superficiale di terreno.Le piastre vibranti sono formate da una piastra di acciaio sulla quale è posto un motore euna serie di masse eccentriche che generano un moto sinusoidale verticale in grado di sol-levare, spostare e far ricadere la piastra.

Figura 2.6 – Rullo compressore (vibratore) usato per terreni granu-lari

Le piastre battenti consistono in una massa che viene ritmicamente sollevata e lasciata ri-

cadere sul terreno; vengono usate soprattutto per costipare aree di dimensioni ridottequando non possono essere utilizzate altre tecniche di costipamento.

In sito il costipamento viene eseguito disponendo il terreno a strati successivi di qualchedecina di centimetri; la scelta dello spessore e della quantità di energia (numero di pas-saggi con i rulli o di battute con le piastre) dipende dalle caratteristiche del materiale dacompattare. Per i materiali a grana fine (A-4, A-5, A-6, A-7 della classificazione HRB) e

 per i materiali a grana grossa con percentuale elevata di fine (A-2) tale scelta è molto le-gata al valore del contenuto d’acqua; per i materiali a grana grossa (A-1, A-3) la compat-tazione è generalmente poco condizionata dal contenuto d’acqua.

2-7 

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Capitolo 2 COSTIPAMENTO

 

In genere i risultati ottenuti dal costipamento in sito vengono controllati e confrontati conquelli delle prove Proctor (standard o modificata) eseguite in laboratorio. La densità secca(o il peso di volume del secco) ottenuta dal costipamento in sito deve essere generalmenteuna percentuale prefissata (almeno l’85% ÷ 90%) di quella ottenuta in laboratorio. Per de-terminare la densità secca (o il peso di volume del secco) in sito, il procedimento è artico-lato nelle seguenti fasi:

2-8

1.  viene scavata una porzione diterreno e determinato il pesoP e il contenuto d’acqua w;

2.  viene misurato il volume diterreno scavato, V;

3.  viene determinato il peso divolume totale (γ = P/V). Il pe-so di volume del secco può

essere ricavato mediante la re-lazione (2.2) e confrontatocon il valore di γdmax ottenutocon la prova Proctor.

Il punto 2 è quello che presenta lemaggiori difficoltà. A questo sco-

 po i metodi più usati (Figura 2.7)sono:

-  il  metodo della sabbia tarata (figura 2.7a), in cui lo scavo

viene riempito con una sabbiadi caratteristiche note, il cuivolume viene determinato perlettura sul recipiente che con-tiene la sabbia e per pesata;

-  il  metodo dell’olio o dell’ac-

qua (figura 2.7b) in cui il foro viene accuratamente rivestito con una membrana di po-lietilene e successivamente riempito con acqua o olio.

cono

a)

valvola piastra con fo ro

sabbia di caratteristiche note

 

Foglio di polietilene per terren i granulari

 b)

Figura 2.7 – Metodi per la determinazione della densitàin sito

In alternativa a questi metodi può essere utilizzato anche quello del nucleodensimetro, checonsente una misura della densità e del contenuto d’acqua con procedimento non distrut-

tivo ed è basato sulla misura dell’assorbimento di radiazioni nucleari.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-1

CAPITOLO 3

STATI DI TENSIONE NEL TERRENO 

Essendo il terreno un materiale multifase, il suo comportamento meccanico (compressibi-lità, resistenza), in seguito all’applicazione di un sistema di sollecitazioni esterne o, più ingenerale, ad una variazione delle condizioni esistenti, dipende dall’interazione tra le di-verse fasi. Lo studio di questa interazione, che rappresenta un problema estremamentecomplesso, può essere affrontato, in linea teorica, seguendo due tipi di approccio:

−  il primo consiste nell’analizzare il comportamento della singola particella, in relazio-ne alle particelle circostanti ed al fluido interstiziale, e nel determinare la risposta diun elemento di terreno a partire dalla modellazione del comportamento di un insiemedi particelle;

−  il secondo è basato su una trattazione di tipo più integrale, che prescinde dalle vicen-de dei singoli grani e analizza il comportamento globale del mezzo.

Il primo modo di procedere è talmente complesso da risultare di fatto inutilizzabile per leapplicazioni ingegneristiche, cosicché nella pratica, con una pesante semplificazione dal

 punto di vista concettuale, un terreno saturo (salvo diversa indicazione ci riferiremo nelseguito a terreni totalmente saturi d’acqua) viene assimilato a due mezzi continui sovrap-

 posti, ovvero che occupano lo stesso volume, l’uno solido, l’altro fluido. Tale semplifica-zione implica che le proprietà di un elemento di terreno, infinitesimo o finito, siano lestesse, e che si possano estendere anche ai terreni i concetti di  tensione e  deformazione 

 propri dei mezzi continui con le relative notazioni.

 Naturalmente è necessario stabilire una legge di interazione tra le fasi, ovvero tra i duecontinui solido e fluido che occupano lo stesso volume di terreno. Tale legge è il  princi-

 pio delle tensioni efficaci, enunciato da Karl Terzaghi nel 1923.

3.1 Principio delle tensioni efficaci

Le esatte parole con cui Terzaghi enuncia il principio delle tensioni efficaci alla 1a Confe-renza Internazionale di Meccanica delle Terre (Londra, 1936) sono le seguenti:

“The stress in any point of a sectionthrough a mass of soil can be computed from the total principal stresses σ 1 , σ 2 andσ 3 which act at this point. If the voids of thesoil are filled with water under a stress uthe total principal stresses consist of two

 parts. One part u acts in the water and inthe solid in every direction with equal in-tensity. It is called the neutral stress (or the

 pore pressure).

The balance σ 1 = σ 1  –  u, σ ’2 = σ 2  – u, andσ ’3 = σ 3 – u represents an excess over the

“Le tensioni in ogni punto di una sezioneattraverso una massa di terreno possono es-sere calcolate dalle tensioni principali totaliσ1, σ2 e σ3 che agiscono in quel punto. Se i

 pori del terreno sono pieni d’acqua ad una pressione u, le tensioni principali totali pos-sono scomporsi in due parti. Una parte, u,agisce nell’acqua e nella fase solida in tuttele direzioni con eguale intensità, ed è chia-mata pressione neutra (o pressione di pori).

Le differenze σ1’ = σ1 – u, σ’2 = σ2 – u, eσ’3 = σ3  – u rappresentano un incremento

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-2

neutral stress u and it has its seat exclu-sively in the solid phase of the soil. This

 fraction of the total principal stress will becalled the effective principal stress”.

“All measurable effects of a change ofstress, such compression, distortion and achange of shearing resistance, are exclu-sively due to changes in the effectivestresses”.

rispetto alla pressione neutra ed hanno sedeesclusivamente nella fase solida del terreno.Questa frazione della tensione totale princi-

 pale sarà chiamata tensione principale effi-

 cace”.

“Ogni effetto misurabile di una variazionedello stato di tensione, come la compressio-ne, la distorsione e la variazione di resisten-za al taglio è attribuibile esclusivamente avariazioni delle tensioni efficaci”. 

Si osservi che:

−  Terzaghi non attribuisce alcun significato fisico alle tensioni principali efficaci, ma ledefinisce semplicemente come differenza tra tensioni principali totali e pressione in-terstiziale;

−  le tensioni principali efficaci non sono dunque direttamente misurabili, ma possonoessere desunte solo attraverso la contemporanea conoscenza delle tensioni principalitotali e della pressione interstiziale;

−  il principio delle tensioni efficaci è una relazione di carattere empirico (come si de-sume dal fatto che Terzaghi precisa che “Ogni effetto misurabile.....), sebbene sia sta-to finora sempre confermato dall’evidenza sperimentale.

In definitiva per studiare il comportamento meccanico di un terreno saturo ci si riferisce adue mezzi continui sovrapposti e mutuamente interagenti, e si definiscono in ogni punto iltensore delle tensioni totali, il tensore delle  pressioni interstiziali (isotropo) e, per diffe-

renza, il tensore delle tensioni efficaci.Importanti implicazioni del principio delle tensioni efficaci sono:

  una variazione di tensione efficace comporta una variazione di resistenza,

  se non vi è variazione di tensione efficace non varia la resistenza,

  una variazione di volume è sempre accompagnata da una variazione di tensione effi-cace,

  una variazione di tensione efficace non comporta necessariamente una variazione divolume,

  condizione necessaria e sufficiente affinché si verifichi una variazione di stato tensio-nale efficace è che la struttura del terreno si deformi, la deformazione può essere vo-lumetrica, di taglio o entrambe.

Un’interpretazione fisica approssimata del concetto di tensione efficace può essere datanel modo seguente: si consideri una superficie immaginaria (di area trasversale pari ad At)che divida in due parti un elemento di terreno saturo senza sezionare le particelle di terre-no (Figura 3.1).

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-3

Se indichiamo con:

−  Ac l’area dei contatti intergranulari,

−  u la pressione dell’acqua nei pori,

la forza totale verticale, Ft,v , agente sulla su- perficie, è data dalla somma delle componen-ti verticali delle forze trasmesse dai grani incorrispondenza delle aree di contatto e dallarisultante della pressione dell’acqua nei pori,agente in corrispondenza delle zone di con-tatto acqua- superficie, ovvero:

Ft,v = Σ Fi,v + u (At – Ac)  (Eq. 3.1) 

Dividendo tutto per At e indicando con σ = (Ft,v /At), la tensione verticale totale mediasulla superficie considerata, per l’equilibrio in direzione verticale si ha:

σ = Σ Fi,v/At + u (1 – Ac/At).  (Eq. 3.2) 

Posto Σ Fi,v/At = σ’, tensione efficace, e tenuto conto che l’area dei contatti intergranulariè trascurabile rispetto all’area totale (Ac<< At), si ottiene infine:

σ = σ’ + u 

(Eq. 3.3) 

ovvero l’equazione del principio degli sforzi efficaci.

A commento di quanto sopra detto, è opportuno evidenziare che:

−  la tensione efficace, σ’, rappresenta la somma delle forze intergranulari riferita all’areatotale della sezione considerata (quindi una tensione media sulla sezione) e non la

 pressione esistente in corrispondenza delle aree di contatto, che risulta molto maggioredi σ’ (essendo l’area di contatto molto piccola);

−  nel caso dei minerali argillosi, il termine σ’ include anche le azioni elettromagnetiche(di attrazione e repulsione) tra le particelle, che non risultano trascurabili rispetto alle

 pressioni intergranulari; anzi, per argille ad alta plasticità, dove potrebbero anche nonesistere contatti intergranulari, σ’ rappresenta la risultante delle forze di attrazione e direpulsione tra le particelle;

−  l’ipotesi di trascurare il rapporto Ac/At non è sempre valida per tutti i mezzi granulari1

.

1 A titolo di esempio, consideriamo due diversi mezzi granulari: una sabbia omogenea, per la quale si puòragionevolmente assumere un valore molto piccolo di Ac/At ( = 0.01) e un insieme di pallini di piombo, peri quali il valore del rapporto Ac/At è maggiore e vale approssimativamente 0.3 (in quanto a parità di dimen-sioni, forma e tensione totale agente su di essi, la deformabilità risulta più grande per i pallini di piombo conun conseguente aumento dell’area di contatto tra le particelle). Assumiamo inoltre, per entrambi i mezzigranulari: σ = 100kPa e u = 50kPa, e quindi per il principio delle tensioni efficaci σ’ = σ – u = 50kPa. Per lasabbia si ha: Σ Fi,v/At = σ - u (1 – Ac/At) =100 – 50·(1 – 0.01) = 50.5 kPa ≈ σ’ e la pressione verticale mediadi contatto interparticellare è molto elevata e vale: Σ Fi,v/AC = (Σ Fi,v/AT)·(AT / AC) = 50.5/0.01 = 5050 kPa. Per i pallini di piombo invece si ha: Σ Fi,v/At = σ - u (1 – Ac/At) =100 – 50·(1 – 0.3) = 65 kPa ≠ σ’ e la pres-

sione verticale media di contatto interparticellare è molto meno elevata e vale: Σ Fi,v/AC = (Σ Fi,v/AT)·(AT /AC) = 65/0.3 = 216.7 kPa.

67

Figura 3.1 – Schema adottato per l’interpre-tazione del principio delle tensioni efficaci

At 

F1 

F2  F3  F4 F5  F6 

F7 

σ

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-4

Per capire meglio il principio delle tensioni efficaci, consideriamo un recipiente contenen-te della sabbia immersa in acqua (Figura 3.2a), in modo che il livello dell’acqua sia coin-cidente con quello della sabbia (tutti i pori tra i grani sono pieni d’acqua, il terreno è satu-ro).

Se immaginiamo di aggiungere sopra la sabbia uno strato di pallini di piombo (Figura3.2b), si avrà un incremento di pressioni totali, ∆σ, e un conseguente abbassamento, ∆h,del livello superiore della sabbia. In questo caso, i pallini trasmettono le sollecitazioni di-rettamente allo scheletro solido, la pressione dell’acqua all’interno dei pori (pressione in-terstiziale) non cambia, l’incremento di tensione efficace è pari a quello di tensione totale(∆σ’ = ∆σ); la variazione delle tensioni efficaci produce degli effetti sul comportamentomeccanico del terreno e induce dei cedimenti.

Se invece immaginiamo di innalzare il livello dell’acqua (Figura 3.2c), nel recipiente con-tenente sabbia e acqua, si avrà un incremento di pressione totale dovuto unicamente ad unincremento del carico idrostatico, che produce in ciascun punto un analogo incremento

della pressione interstiziale. In questo caso ∆σ = ∆u e ∆σ’ = 0; non avendo variazionidelle tensioni efficaci non si hanno né effetti sul comportamento meccanico del terreno nécedimenti.

(a) (b)

∆h

Pallini di piombo

(c)  

Figura 3.2 – Effetti della variazione delle tensioni totali sulle tensioni efficaci: (a) condizione ini- ziale; (b-c) Eguale incremento di tensione totale, ∆σ  , testimoniato dalla medesima variazione di peso registrata dalla bilancia; (b) ∆σ = ∆σ ’, ∆u = 0 produce l’effetto misurabile del cedimento∆h; (c) ∆σ = ∆u, ∆σ ’ = 0 non si ha alcun effetto misurabile

3.2 Tensioni geostatiche

In molti problemi di ingegneria geotecnica può essere necessario stimare l’effetto che una perturbazione, come ad esempio l’applicazione di un carico in superficie, lo scavo di unatrincea o l’abbassamento del livello di falda, produce sul terreno in termini di resistenza edi deformazione.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-5

A tal fine è necessario prima stimare le variazioni dello stato di sollecitazione indotto dal-la perturbazione nel terreno, e poi applicare la legge costitutiva, ovvero le relazioni che

 permettono di stimare, date le variazioni di tensione, le conseguenti deformazioni, imme-diate e/o ritardate, del terreno. Poiché quasi mai il terreno può essere assimilato ad unmezzo elastico lineare, le deformazioni indotte dalla variazione di stato tensionale dipen-dono anche dallo stato tensionale iniziale del terreno, ovvero precedente alla perturbazio-ne, e dalla storia tensionale e deformativa che il terreno ha subito fino a quel momento.

Perciò è molto importante stimare lo stato tensionale dovuto al peso proprio del terreno( tensioni geostatiche), che di norma corrisponde allo stato tensionale iniziale.

La conoscenza dello stato tensionale iniziale in sito è dunque un punto di partenza fon-damentale per la soluzione di qualunque problema di natura geotecnica.

In assenza di carichi esterni applicati, le tensioni iniziali in sito sono rappresentate dalle tensioni geostatiche  (o litostatiche), ovvero dalle tensioni presenti nel terreno allo statonaturale, indotte dal peso proprio.

Tali tensioni sono legate a molti fattori ed in particolare a:

−  geometria del deposito,

−  condizioni della falda,

−  natura del terreno (caratteristiche granulometriche e mineralogiche, stato di adden-samento o di consistenza, omogeneità, isotropia),

−  storia tensionale (con il termine storia tensionale si intende comunemente la sequen-za di tensioni, in termini di entità e durata, che hanno interessato il depositodall’inizio della sua formazione alle condizioni attuali),

e la loro determinazione è, in generale, piuttosto complessa.Se consideriamo all’interno di un deposito di terreno un generico punto P, con riferimentoad un elemento cubico infinitesimo di terreno, i cui lati sono orientati secondo un sistemadi riferimento cartesiano ortonormale (0,x,y,z) con asse z verticale, lo stato tensionale puòessere definito una volta note le componenti normali, σ, e tangenziali, τ, delle tensioniagenti sulle facce dell’elemento di terreno considerato (Figura 3.3)2. Tali tensioni sonolegate tra loro ed alle componenti dPx, dPy  e dPz  delle forze di volume, presentinell’elemento, attraverso le equazioni indefinite di equilibrio alla traslazione e alla rota-zione:

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=+⋅⋅∂

τ∂+⋅⋅

τ∂+⋅⋅

σ∂

=+⋅⋅∂

τ∂+⋅⋅

τ∂+⋅⋅

σ∂

=+⋅⋅∂

τ∂+⋅⋅

τ∂+⋅⋅

σ∂

0dPdzdydxy

dzdydxx

dzdydxz

0dPdzdydxz

dzdydxx

dzdydxy

0dPdzdydxz

dzdydxy

dzdydxx

zyzxzz

yzyxyy

xzxyxx

 

⎪⎩

⎪⎨

τ=τ

τ=τ

τ=τ

yzzy

xzzx

yxxy

  (Eq. 3.4) 

2 Nella Meccanica dei Terreni sono assunte positive le tensioni normali di compressione e le tensioni tan-

genziali che producono rotazioni orarie rispetto a un punto esterno al piano di giacitura (ovvero che dannoorigine ad una coppia antioraria).

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-6

y

z

zx

xy

xz

yx

zy

yz

x

y

x

z

O

σ

σ

σ

τ

τ

τ

τ

τ

τ

 Figura 3.3 – Stato tensionale di un elemento infini-tesimo di terreno

 Nel caso di:−   piano di campagna orizzontale ed infinitamente esteso,

−  uniformità orizzontale delle proprietà del terreno (quindi terreno omogeneo od e-ventualmente stratificato, con disposizione orizzontale degli strati),

−  falda orizzontale e in condizioni di equilibrio idrostatico,

si realizza per ragioni di simmetria uno  stato tensionale assial-simmetrico  rispettoall’asse z, in cui in ogni punto il piano orizzontale e tutti i piani verticali sono principali ele tensioni orizzontali sono tra loro uguali, in tutte le direzioni.

Lo stato tensionale totale in un generico punto P può essere dunque univocamente defini-to mediante una tensione totale verticale, σz = σv, e una tensione totale orizzontale, σh =σx = σy (Figura 3.4).

Figura 3.4 – Stato tensionale assial-simmetrico e tensioni geostatiche nel terreno

z

zw 

dP

σ v 

dz z

vv ∂

∂+

σ σ   

σ h

σ h 

hσ   

x

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-7

Le equazioni indefinite dell’equilibrio, (3.4), considerando che le forze di volume sonorappresentate dalla sola forza peso dPz = - dP = - γ  dx dy dz, risultano così semplificate:

⎪⎪

γ=∂

σ∂

=

σ∂=

σ∂

z

0

yx

v

hh

  (Eq. 3.5) 

3.2.1 Tensioni verticali

Integrando l’equazione ottenuta dall’equilibrio in direzione verticale, è possibile ricavareil valore della pressione verticale totale alla profondità z:

∫ γ=σ

z

0v dz)z(

 

(Eq. 3.6) 

Vale la pena evidenziare che le tensioni litostatiche vengono spesso indicate con il simbo-lo “0” a pedice, per sottolineare che si tratta di condizioni iniziali (di partenza per il pro-

 blema geotecnico di interesse).

Se il deposito è omogeneo (γ costante con la profondità) e σv = 0  per z = 0 (assenza di ca-richi verticali sul piano di campagna) e la superficie piezometrica coincide col piano dicampagna (zw = 0) si ha, dall’equazione (3.6):

σvo = γ ⋅ z  (Eq. 3.7) 

dove γ rappresenta il peso di volume saturo fino alla profondità z considerata3.

 Nel caso di deposito costituito da più strati orizzontali caratterizzati da valori di γ diversi(costanti all’interno di ciascuno strato), il valore della pressione verticale totale alla pro-fondità z è dato invece da:

σvo = Σi γi ⋅ ∆zi (Eq. 3.8) 

essendo ∆zi lo spessore dello strato i-esimo compreso entro la profondità z.

È da osservare che anche all’interno di uno stesso strato γ può variare con la profondità

(anche per effetto del solo peso proprio l’indice dei vuoti di un terreno diminuisce al cre-scere della profondità e conseguentemente aumenta il suo peso di volume); in tal caso si èsoliti suddividere il deposito in sottostrati per i quali viene assunto γ costante.

La pressione verticale efficace, σv’, non è invece determinabile direttamente. Una voltadeterminato il valore della pressione verticale totale, σv, è necessario perciò valutare an-

 3 Nel caso in cui la superficie piezometrica sia al di sopra del piano di campagna ad una distanza H, allora latensione verticale totale è data da: σvo = γ z + γw ⋅ H, mentre nel caso in cui sia al di sotto del piano di cam- pagna ad una profondità zw, allora la tensione verticale totale è: σvo = γsat ⋅( z - zw) + γ ⋅ zw , dove γ rappresen-

ta il peso di volume del terreno al di sopra della falda (in genere parzialmente saturo a causa di fenomeni dirisalita capillare) e γd < γ < γsat.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-8

che il valore della pressione dell’acqua nei pori, ossia il valore della pressione interstizia-le, u, in modo da poter applicare l’equazione del principio delle pressioni efficaci (3.3).

In condizioni di falda in quiete, la pressione dell’acqua, u, può essere ricavata una voltanota la posizione della superficie piezometrica, che è per definizione il luogo dei punti in

cui la pressione dell’acqua è uguale alla pressione atmosferica, ua (in pratica la pressionedell’acqua u può essere rilevata utilizzando varie tecniche di misura che verranno descrit-te in uno dei capitoli seguenti).

Poiché convenzionalmente si assume ua = 0, si ha, all’interno di un deposito reale, u >0sotto la superficie piezometrica e u < 0 sopra (specie per terreni coesivi per la presenza difenomeni di risalita capillare). Essendo la determinazione dei valori u < 0 molto incerta, siè soliti assumere u = 0 al di sopra della superficie piezometrica, commettendo consape-volmente un errore che, nella maggior parte dei casi è a favore della sicurezza.

In ciascun punto al di sotto della superficie piezometrica, e in assenza di moto di filtra-zione, la pressione dell’acqua, uguale in tutte le direzioni, è pari al valore idrostatico4, ov-

vero:

u = γw z  (Eq. 3.9) 

essendo z la profondità del punto considerato rispetto alla superficie piezometrica. Pertan-to, avendo assunto un sistema di riferimento con l’asse z verticale discendente e originesul piano campagna, se la superficie piezometrica si trova a profondità zw, il valore della

 pressione interstiziale a profondità z è pari a:

u = 0 per z < zw 

u = γw⋅ (z-zw) per z ≥ zw (Eq. 3.10) 

Ricordando l’espressione generale di σv(3.8), si ha quindi:

σ ’vo = σvo - u = σvo = Σi γi ⋅ ∆zi  per z < zw 

σ ’vo = σvo - u = Σi γi ⋅ ∆zi – γw⋅(z-zw)   per z ≥ zw 

(Eq. 3.11) 

3.2.2 Tensioni orizzontali

Al contrario di quanto accade per le pressioni verticali, la determinazione delle pressioniorizzontali in un deposito risulta incerta, poiché le equazioni che si ricavano dall’equili-

 brio alle traslazioni in direzione orizzontale, (3.5), forniscono σh = costante e quindi non

danno nessuna informazione utile.

 Non essendo pertanto possibile una loro determinazione analitica, è necessario ricorreread evidenze sperimentali. L’osservazione condotta sperimentalmente su depositi di diffe-rente origine e composizione, ha evidenziato che il valore di σ’h dipende, oltre che da:

−  geometria del deposito,

−  condizioni della falda,

4 Infatti nella maggior parte dei casi i vuoti nei terreni sono fra loro comunicanti e quindi sotto falda sono

saturi d’acqua. In alcuni casi ciò non è vero: ad esempio in alcuni terreni di origine vulcanica, come i terrenidi Sarno.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-9

−  e natura del terreno

(analogamente a quanto accade per σ’v), anche dalla storia tensionale del deposito.

Per meglio comprendere l’influenza della storia tensionale del deposito sul valore dellatensione orizzontale, si faccia riferimento ad un caso di sedimentazione in ambiente lacu-stre su un’area molto estesa in direzione orizzontale.

La tensione verticale totale nel punto P (Figura 3.5a), in corrispondenza del piano di cam- pagna, è inizialmente uguale alla pressione interstiziale, quindi la tensione efficace verti-cale risulta nulla. Durante la deposizione, dopo un certo periodo di tempo, il terreno nel

 punto P si trova ad una certa profondità z dal piano di campagna, e una volta raggiuntol’equilibrio sotto l’azione del peso del terreno sovrastante, si osserva che la pressione in-terstiziale è rimasta immutata, mentre per effetto del peso del terreno sovrastante, è au-mentata la tensione verticale totale e con essa, per il principio delle tensioni efficaci, an-che la tensione efficace verticale, σ’v(A).

Il terreno in tale punto ha subito una compressione assiale (ε

z) senza deformazioni laterali(εx = εy = 0), per ragioni di simmetria, essendo il deposito infinitamente esteso in direzio-ne orizzontale. Quindi risulta che la deformazione volumetrica, εv, è legata alla variazionedi altezza ∆H e dell’indice dei vuoti ∆e del terreno dalla seguente relazione:

0

z321vH

H∆−=ε=ε+ε+ε=ε  5  (Eq. 3.12) 

dove6:

00

10

sss0v

s1vs0v

s0v

s1vs0v

0

v

e1

e

e1

ee

V/VV/V

V/VV/V

VV

)VV()VV(

V

V

+

∆−=

+

−=

+

−=

+

+−+=

∆−=ε   (Eq. 3.13) 

da cui quindi risulta che:

00 e1

e

H

H

+∆

=∆

  (Eq. 3.14) 

P

e

σ’ (log)v

∆σ’v

∆e

(A)

A

B

C

a)  b)

(B)

(C)

Figura 3.5 - Sedimentazione in ambiente lacustre (a) e linea di compressione vergine (b)

5 Il segno negativo evidenzia che nella Meccanica dei Terreni vengono considerate positive le diminuzioni

di volume e di lunghezza.6 Si assume che il volume dei solidi Vs rimanga costante nell’ipotesi di incompressibilità dei grani.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-10

Tale fenomeno di deformazione monodimensionale verrà ripreso ed approfondito nel Ca- pitolo 7 e può essere descritto riportando su un grafico in scala semilogaritmica la tensio-ne efficace verticale nel punto P considerato e l’indice dei vuoti corrispondente, raggiuntoal procedere della deposizione del materiale. I valori si dispongono su una retta detta li-

 nea di compressione vergine (linea ABC in Figura 3.5b).

In queste condizioni di deformazioni orizzontali impedite dovute alla particolare geome-tria e simmetria del deposito, l’incremento delle tensioni efficaci orizzontali è sempre

 proporzionale al corrispondente incremento delle tensioni efficaci verticali, secondo uncoefficiente detto  coefficiente di spinta a riposo  (“a riposo” significa in assenza di de-formazioni laterali) e, considerando che per σ’v = 0, σ’h = 0, vale la seguente relazione:

ʹ

vo

ʹ

ho

oK

σ

σ=   (Eq. 3.15) 

In particolare durante la fase di deposizione del materiale, tale coefficiente rimane costan-te al variare della tensione efficace verticale raggiunta e dipende solo dalla natura del ter-reno. In una situazione di questo genere, in cui la tensione efficace verticale geostatica,σ’v0, coincide con la tensione efficace verticale massima sopportata dal deposito in quel

 punto durante la sua storia, si parla di terreno normalconsolidato (o normalmente conso-lidato, indicato con il simbolo NC).

Supponiamo ora che alla fase di sedimentazione segua una fase di erosione (Figura 3.6a),e conseguentemente il deposito nel punto P, raggiunta la situazione rappresentata dal pun-to C in Figura 3.5b, subisca uno scarico tensionale con riduzione della tensione efficaceverticale, fino al valore σ’v(D), e conseguente incremento dell’indice dei vuoti. Riportan-do i valori di tensione efficace verticale raggiunti in funzione dell’indice dei vuoti (Figura3.6b) si osserva che lo scarico non avviene sulla stessa linea di compressione vergine

(corrispondente alla fase di sedimentazione), ma su una retta di pendenza notevolmenteinferiore (linea di scarico), dove a parità di tensione efficace verticale raggiunta, il terre-no presenta, rispetto alla fase di sedimentazione, una struttura più stabile, caratterizzata dauna maggiore resistenza al taglio e da una minore compressibilità (fenomeno di preconso-

lidazione).

In una situazione di questo genere in cui la tensione efficace verticale massima subita daldeposito nel punto considerato, σ’v(C), detta  pressione di preconsolidazione ed indicatacon σ’ p, è maggiore della tensione efficace verticale geostatica, il terreno si definisce  so-

vraconsolidato (indicato con il simbolo OC) e l’entità della sovraconsolidazione, legataall’ampiezza dello scarico e quindi al valore della tensione efficace verticale raggiunta,

σ’v(D), è rappresentata dal  grado di sovraconsolidazione,  OCR (OverConsolidationRatio):

0v

p

ʹ

ʹOCR

σ

σ=   (Eq. 3.16) 

dove la pressione di preconsolidazione σ’ p è usualmente determinata da prove di laborato-rio su campioni indisturbati7.

7 Nel caso in cui la sovraconsolidazione sia di origine meccanica (dovuta cioè a fenomeni di erosione o diinnalzamento del livello di falda) il grado di sovraconsolidazione risulta massimo in prossimità della super-

ficie del deposito e tende all’unità all’aumentare della profondità.

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-11

P

e

σ’ (log)v

DC

E

a)  b)

(C)

(D)

(E)

Figura 3.6 - Fase di erosione e sedimentazione (a) e linea di scarico e ricarico (b)

Al procedere dello scarico tensionale anche la tensione efficace orizzontale si riduce, manon in modo proporzionale alla riduzione della tensione efficace verticale, cosicché il co-efficiente di spinta a riposo, che si indica col simbolo K 0(OC), aumenta al diminuire dellatensione efficace verticale raggiunta (e quindi all’aumentare di OCR).

Infine se il deposito è soggetto a una nuova fase di deposizione, con conseguente incre-mento delle tensioni efficaci verticali a partire dal punto indicato con D in Figura 3.6, ilterreno si muove su una linea pressoché parallela a quella di scarico (linea di ricarico) fi-no al raggiungimento della pressione di preconsolidazione, σ’v(C), raggiunta la quale ilterreno ritorna a comportarsi come un terreno normalconsolidato e a ripercorrere la lineadi compressione inziale.

Il coefficiente K o, può essere valutato a partire dai risultati di alcune prove in sito (chevedremo nei capitoli seguenti). Frequentemente viene stimato per mezzo di relazioni em-

 piriche a partire da parametri di più semplice determinazione (p. es. dalla densità relativa per i terreni a grana grossa o dall’indice di plasticità per terreni a grana fine).

K o  per i terreni normalconsolidati(solitamente indicato col simboloK o(NC)) varia generalmente tra 0.4e 0.8; in genere si hanno valori più

 bassi per terreni granulari, più alti per limi e argille.

Per terreni coesivi NC, le relazioni

empiriche esistenti in letteraturalegano generalmente K o  a I p, conK o  linearmente crescente con I p.Un esempio è riportato in Figura3.7.

Per terreni incoerenti NC esistonoin letteratura correlazioni tra K o  eDR , nelle quali K o decresce al cre-scere di DR . Un esempio è riportatoin Figura 3.8.

Indice di plasticità, I p

Indisturbato

Disturbato o ricostituito in laboratorio   C  o  e   f   f   i  c   i  e  n   t  e   d   i  s  p   i  n   t  a  a  r   i  p  o  s  o ,

   K   0

 

Figura 3.7 – Correlazione tra il coefficiente di spinta ariposo per terreni normalconsolidati, K 0(NC), ottenutoda prove di laboratorio, e l’indice di plasticità, I  p 

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-12

In generale, per tutti i tipi di terre-no, viene spesso utilizzata la se-guente relazione di Jaky semplifi-cata:

dove φ’ è l’angolo di resistenza altaglio (parametro che verrà defini-to nel capitolo relativo alla resi-stenza).

Per terreni sovraconsolidati, K o  può raggiungere valori anche mag-giori di 1, e può essere stimato a

 partire dal valore di K o  del mede-simo terreno normalconsolidato,mediante una relazione del tipo:

K o (OC) = K o (NC)⋅ OCR α  (Eq. 3.18) 

dove α è un coefficiente empirico legato alla natura del terreno.

Per terreni coesivi viene spesso assunto α ≅ 0.5. Esistono in letteratura correlazioni chelegano α a I p, del tipo α = a⋅ I p

-b , in cui α risulta una funzione decrescente di I p.

Per terreni incoerenti la determinazionesperimentale di OCR, che richiede il pre-lievo di campioni indisturbati, non è ge-neralmente possibile. Perciò, anche se e-sistono alcune relazioni empiriche di let-teratura tra α e DR  (un esempio è riporta-to in Figura 3.9), il coefficiente di spintaa riposo in depositi OC di terreno incoe-rente, viene più opportunamente determi-nato mediante prove in sito.

Da quanto sopra detto, lo stato di tensionein un punto di un deposito di terreno o-mogeneo durante un processo di sedimen-

tazione (carico), di successiva erosione(scarico), e infine di nuova sedimentazione (ricarico), è qualitativamente rappresentato inFigura 3.10 a, mentre la variazione del coefficiente di spinta a riposo durante lo stesso

 processo è rappresentato in Figura 3.10 b. In conclusione, in un qualunque punto del de- posito, noto il valore della pressione verticale efficace litostatica, σ’vo, e noto il coeffi-ciente di spinta a riposo, K o, il valore della pressione orizzontale efficace litostatica, σ’ho,

 può essere ricavato mediante la relazione:

 per definizione stessa di K o.

Figura 3.8 – Correlazione tra il coefficiente di spinta ariposo per terreni normalconsolidati, K 0(NC),e la densi-tà relativa, Dr  

K o ≅ 1- sin φ’ (Eq. 3.17) 

Figura 3.9 – Variazione dell’esponente α  con ladensità relativa, Dr  

σ’ho = K o⋅σ’vo  (Eq. 3.19) 

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-13

σ’h0

σ’v0

∆e

A

B

K (NC)0

K (NC)0

C

Carico (NC)

Scarico (OC)

Ricarico (OC)

C

D

K (OC)0

Κ 0

σ’v0

A B

Carico (NC)

Scarico (OC)

Ricarico (OC)

C

D

K (OC)0

Figura 3.10 –Stati di tensione (a) e variazione del coefficiente di spinta a riposo (b) in un deposi-to di terreno omogeneo, durante la fase di sedimentazione (carico), la fase di successiva erosione(scarico) e nuova sedimentazione (ricarico).

Dal valore della pressione orizzontale efficace è possibile poi ricavare il valore della pres-

sione orizzontale totale, sfruttando di nuovo la formulazione del principio delle pressioniefficaci e sommando il valore di u (già calcolato, essendo, come sottolineato in preceden-za, la pressione dell’acqua un tensore sferico, isotropo) a σ’ho, ovvero:

Riassumendo, sotto opportune ipotesi semplificative iniziali, noti:

-  il peso di volume sopra e sotto falda,

-  la posizione della superficie piezometrica,

-  il coefficiente di spinta a riposo,

è possibile definire completamente lo stato tensionale geostatico all’interno di un deposi-to, che normalmente coincide con lo stato tensionale iniziale, la cui conoscenza è, comegià osservato, un punto di partenza indispensabile per la soluzione di qualunque problemageotecnico.

3.2.3 Influenza dell’oscillazione del livello di falda sulle tensioni efficaci

Si consideri un deposito, ipotizzato per semplicità omogeneo, caratterizzato da un peso divolume umido γ , sopra falda, e da un peso di volume saturo, γsat, sotto falda.

a) Supponiamo inizialmente la falda ad una profondità zw1 dal piano di campagna, e de-terminiamo l’andamento delle tensioni totali, efficaci e delle pressioni interstiziali con la

 profondità (Figura 3.11a). In particolare utilizzando la (3.7) si ottiene l’andamento delletensioni verticali totali (nell’ipotesi che il terreno non sia completamente saturo al di so- pra della falda):

⎩⎨⎧

≥⋅γ+−⋅γ=σ

<⋅γ=σ

1w1w1wsat1v

1w1v

zz per z)zz(

zz per z 

mentre dalla (3.10) si ottiene l’andamento delle pressioni interstiziali:

⎩⎨⎧

≥−⋅γ=

<=

1w1ww1

1w1

zz per )zz(u

zz per 0u 

Infine, per differenza, (3.3), si ottiene l’andamento delle tensioni efficaci:

σ ho = σ’ho + u 

(Eq. 3.20) 

a) b)

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-14

⎪⎩

⎪⎨

≥⋅γ+−γ=⋅γ+−γ−γ=

−γ−⋅γ+−γ=σ

<⋅γ=σ

1w1w1w1w1wwsat

1ww1w1wsat1v

1w1v

zz per z)zz('z)zz)((

)zz(z)zz('

zz per z'

 

Supponendo che la falda si abbassi ad un livello zw2 > zw1, l’andamento delle tensioni to-tali, delle pressioni interstiziali e delle tensioni efficaci risulta così modificato (Figura3.11 b):

⎩⎨⎧

≥⋅γ+−⋅γ=σ

<⋅γ=σ

2w2w2wsat2v

2w2v

zz per z)zz(

zz per z 

⎩⎨⎧

≥−⋅γ=

<=

2w2ww2

2w2

zz per )zz(u

zz per 0u 

⎩⎨

≥⋅γ+−γ=σ

<⋅γ=σ

2w2w2w2v

2w2v

zz per z)zz(''

zz per z'

 

Supponendo che il peso di volume del terreno sopra falda sia lo stesso per le due condi-zioni esaminate, la variazione corrispondente delle pressioni totali efficaci e interstiziali èdata da:

⎪⎩

⎪⎨

≥−⋅γ−γ=σ−σ=σ∆

<<−⋅γ−γ=σ−σ=σ∆

<=σ−σ=σ∆

2w2w1wsat1v2vv

2w1w1wsat1v2vv

1w1v2vv

zz per )zz()(

zzz per )zz()(

zz per 0

 

⎪⎩

⎪⎨

≥−⋅γ=−=∆

<<−⋅γ=−=∆

<=−=∆

2w2w1ww12

2w1w1ww12

1w12

zz per )zz(uuu

zzz per )zz(uuu

zz per 0uuu

 

⎪⎩

⎪⎨

≥−⋅γ−γ=σ−σ=σ∆

<<−⋅γ−γ−=σ−σ=σ∆

<=σ−σ=σ∆

2w1w2w1v2vv

2w1w1w1v2vv

1w1v2vv

zz per )zz()'('''

zzz per )zz()'('''

zz per 0'''

 

 p.c

(a)

(a)

(a)( a)

(b)

(b) (b)

( b)

zw1

z

σv

zw2

z

u   σ’v

z

 Figura 3.11 – Effetto dell’abbassamento della falda, al di sotto del piano di campagna, sulletensioni efficaci

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-15

Dalle relazioni precedenti si osserva che, essendo zw2 > zw1 e γsat > γ > γ’ , le tensioni totalie le pressioni interstiziali, tranne che nello strato al di sopra del livello di falda inizialedove rimangono invariate, diminuiscono. La variazione, di entità differente nei due casi, ècostante con la profondità al di sotto del livello finale della falda. Le tensioni efficaci, in-vece, al di sotto del livello di falda iniziale, aumentano provocando nel terreno un incre-mento della resistenza al taglio ed una compressione che ne determina un cedimento.

 b) Supponiamo ora che la variazione del livello di falda avvenga al di sopra del piano dicampagna (Figura 3.12), cioè che la falda si abbassi da una quota h1 rispetto al piano dicampagna ad una quota h2 < h1, mantenendosi sempre al disopra del piano di campagna.

L’andamento delle tensioni totali, efficaci e delle pressioni interstiziali all’interno del de- posito, prima (Figura 3.12a) e dopo l’abbassamento (Figura 3.12b), risulta il seguente:

1wsat1v hz ⋅γ+⋅γ=σ  

)hz(u 1w1 +⋅γ=  

z'' 1v γ=σ  

2wsat2v hz ⋅γ+⋅γ=σ  

)hz(u 2w2 +⋅γ=  

z'' 2v γ=σ  

Quindi la variazione corrispondente delle pressioni totali efficaci e interstiziali è pari a :

)hh( 121v2vv w−⋅γ=σ−σ=σ∆  

)hh(uuu 1212 w −⋅γ=−=∆  

0''' 1v2vv =σ−σ=σ∆  

 p.c

(a)

(a)

(a)

(a)=(b)

(b)

(b)

(b)

h2

z

σv

h1

z

u   σ’v

z

Figura 3.12 – Effetto dell’abbassamento della falda, al di sopra del piano di campagna, sulle ten-sioni efficaci

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Capitolo 3 STATI DI TENSIONE NEL TERRENO

 

3-16

Da cui si osserva che la diminuzione delle tensioni totali è sempre uguale alla variazionedelle pressioni interstiziali e, a parte il primo tratto compreso tra la quota iniziale e finaledella falda dove cresce linearmente con la profondità, è sempre costante. Conseguente-mente la variazione delle tensioni efficaci è sempre nulla, ciò significa che l’abbas-samento della falda in questo caso provoca una diminuzione delle tensioni totali che siscarica interamente sul campo fluido e non modifica il regime delle tensioni efficaci equindi la resistenza al taglio del terreno.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 1

CAPITOLO 4

IDRAULICA DEI TERRENI 

 Nell’affrontare la maggior parte dei problemi di Ingegneria Geotecnica non si può pre-scindere dalla presenza dell’acqua nel terreno.

L’acqua che viene direttamente a contatto con la superficie del terreno, o raccolta da fiu-mi e laghi, tende ad infiltrarsi nel sottosuolo per effetto della gravità e, se si eccettua una

 percentuale trascurabile che si accumula all’interno di cavità sotterranee, la maggior partedi essa va a riempire, parzialmente o completamente, i vuoti presenti nel terreno e le fes-sure degli ammassi rocciosi.

In particolare, nel caso di depositi di terreno, si possono distinguere, al variare della pro-fondità, zone a differente grado di saturazione e in cui l’acqua presente nei vuoti si trova

in condizioni diverse. Partendo dalla superficie del piano campagna e procedendo verso il basso, si possono generalmente individuare (Figura 4.1).

−  un primo strato superficiale di suolo vegetale, detto  di  evapotraspirazione, dovel’acqua di infiltrazione viene parzialmente ritenuta, ma in prevalenza assorbita dalleradici della vegetazione;

−  un secondo strato, detto  di ritenzione, in cui l’acqua presente è costituita principal-mente da una parte significativa dell’acqua di infiltrazione che rimane aderente aigrani ed è praticamente immobile ed è detta  acqua di ritenzione, che comprendel’ acqua adsorbita e l’acqua pellicolare (Figura 1.7).

−  un terzo strato, denominato strato  della frangia capillare, caratterizzato prevalente-mente dalla presenza di acqua capillare, quella che, per effetto delle tensioni superfi-ciali, rimane “sospesa” all’interno dei vuoti, vincendo la forza di gravità.

Al di sotto di queste tre zone, che insieme costituiscono la cosiddetta  zona vadosa, si tro-va la zona di falda (o acquifero).

Il grado di saturazione delle diverse zone dipende principalmente dalle caratteristichegranulometriche e fisiche del deposito, da fattori climatici e ambientali. Fatta eccezione

 per alcune categorie molto particolari di materiali, i vuoti presenti nel terreno sono comu-nicanti tra loro e costituiscono un reticolo continuo, cosicché, generalmente, la zona difalda è completamente satura; la zona vadosa è satura in prossimità della falda per spesso-

ri variabili da pochi centimetri per le ghiaie a decine di metri per le argille e generalmenteha un grado di saturazione decrescente salendo verso il piano campagna. La pressionedell’acqua nella zona vadosa è inferiore a quella atmosferica (per cui la pressione intersti-ziale risulta negativa avendo assunto convenzionalmente, come ricordato nel capitolo 3, la

 pressione atmosferica uguale a zero).

Inoltre, in relazione alla loro permeabilità i diversi tipi di terreno possono consentire più omeno agevolmente il flusso dell’acqua, perciò la presenza di strati a differente permeabili-tà può determinare nel sottosuolo la presenza di diversi tipi di falda. In particolare, si pos-sono individuare (Figura 4.2) le tre condizioni di:

−   falda freatica

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 2

−   falda sospesa

−   falda artesiana

Zona di evapotraspirazione

Zona di ritenzione

   A  c  q  u  a  s  o  s  p  e  s  a

   Z  o  n  a  v  a   d  o  s  a

   Z  o  n  a   d   i   f  a   l   d  a

Frangia capillare

Falda

   A  c  q  u  a   d   i   f  a   l   d  a

 Figura 4.1 – Zone a differente grado di saturazione in un deposito di terreno

Acquifero confinato(falda artesiana)

Falda freatica

Falda sospesa

Infiltrazione

Terreno con permeabilitàmolto bassa

Livello piezometrico

Roccia  

Figura 4.2 – Differenti tipi di falda in un deposito di terreno

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 3

La falda freatica è delimitata inferiormente da uno strato che non permette il flussodell’acqua (o comunque in quantità e velocità trascurabili) ed è delimitata superiormenteda una superficie, detta superficie freatica, in corrispondenza della quale l’acqua si trovaa pressione atmosferica, come si trovasse in un serbatoio aperto.

Immaginando di inserire un tubo verticale aperto alle estremità (piezometro) all’interno diuna falda freatica, ovvero di perforare un pozzo, si osserva che il livello statico raggiuntodall’acqua nel tubo (detto livello piezometrico) è uguale a quello della superficie freatica.

Analoghe considerazioni possono essere fatte riguardo alla falda sospesa, che rispetto alla precedente, risulta delimitata inferiormente da uno strato di estensione molto più limitata.

Si ha una falda artesiana quando l’acqua di una falda freatica viene incanalata tra due stra-ti impermeabili. In questo caso l’acqua racchiusa nello strato permeabile (che ne permetteagevolmente il flusso) si comporta come se si trovasse entro una tubazione in pressione,ossia ha una pressione maggiore di quella atmosferica. Immaginando di inserire un pie-zometro fino a raggiungere la falda artesiana, si osserva un livello piezometrico maggiore

di quello della superficie che delimita superiormente la falda.In generale, l’acqua presente nel terreno può trovarsi in condizioni di quiete o di moto, siaallo stato naturale sia in seguito a perturbazioni del suo stato di equilibrio.

 Nel caso in cui si trovi in condizioni di moto, il flusso può essere stazionario (o perma-nente) oppure non stazionario (o vario), a seconda che i parametri del moto risultino co-stanti o variabili nel tempo.

 Nel moto stazionario la quantità di acqua che entra in un elemento di terreno è pari allaquantità di acqua che esce dallo stesso elemento ( filtrazione in regime permanente). Nelmoto vario la quantità di acqua entrante in un elemento di terreno è diversa da quella u-scente ( filtrazione in regime vario). Se il terreno è saturo, la differenza tra le due quantità

 può produrre il fenomeno della consolidazione (con riduzione dell’indice dei vuoti, o del rigonfiamento, con aumento dell’indice dei vuoti.

Il vettore che caratterizza il moto dell’acqua può essere scomposto in una o più direzioninello spazio, definendo condizioni di flusso mono-, bi-, o tri-dimensionali. Generalmente,nella maggior parte dei casi pratici, si fa riferimento ai primi due tipi.

4.1 Carico totale e piezometrico: il gradiente idraulico

I moti di filtrazione di un fluido avvengono tra due punti a diversa energia (da quello a

energia maggiore a quello a energia minore). In ciascun punto, l’energia è data dallasomma dell’energia cinetica (legata alla velocità del fluido) e dell’energia potenziale (le-gata alla posizione del punto nel campo gravitazionale e alla pressione del fluido).

 Nello studio dei moti di filtrazione è conveniente esprimere l’energia, potenziale e cineti-ca, in termini di carico, o  altezza, che corrisponde all’energia per unità di peso del liqui-do. In particolare, si definiscono:

−   altezza geometrica,  z, la distanza verticale del punto considerato da un piano oriz-zontale di riferimento arbitrario (z = 0),

−   altezza di pressione, u/  w, l’altezza di risalita dell’acqua rispetto al punto considera-

to, per effetto della sua pressione, u

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 4

−   altezza di velocità, v 2 /2g, l’energia dovuta alla velocità, v, delle particelle del fluido

(essendo g l’accelerazione di gravità).

La somma dei tre termini:

g2

vuzH

2

w+γ+=   (Eq. 4.1) 

è denominata carico effettivo (o totale) o altezza totale, mentre il binomio:

w

uzh

γ+=   (Eq. 4.2) 

è detto carico piezometrico.

In virtù del teorema di Bernoulli, si ha che per un fluido perfetto, incomprimibile, in moto permanente, soggetto solo all’azione di gravità, il carico totale è costante lungo una data

traiettoria. Se, con riferimento

allo schema di Figura 4.3viene inserito un campione diterreno, dotato di sufficiente

 permeabilità, all’interno deltubo di flusso nella zona con-trollata dai due piezometri, siosserva che in essi l’acqua ri-sale a quote diverse; ciò si-gnifica che tra i due punti diosservazione si è avuta una

 perdita di carico nel termine h= z + u/γw. Potendo riteneretrascurabili le perdite di cari-co dovute al flusso del-l’acqua in assenza di terreno eosservando che per il princi-

 pio di conservazione dellamassa la velocità media nellevarie sezioni della condottadeve essere costante, la diffe-

renza di altezza d’acqua nei due piezometri, ∆h, è perciò una misura della perdita di ener-

gia totale dovuta al flusso dell’acqua nel terreno, ossia dell’energia spesa dall’acqua pervincere la resistenza al moto opposta dal terreno compreso tra i due punti considerati. I-noltre, poiché nei terreni la velocità di flusso, e quindi l’altezza di velocità, è generalmen-te trascurabile, il carico piezometrico può essere ritenuto rappresentativo dell’energia to-tale nel punto considerato.

Con riferimento ai simboli di Figura 4.3, si definisce gradiente idraulico il rapporto:

L

hi

  ∆=   (Eq. 4.3) 

che rappresenta la perdita di carico per unità di lunghezza del percorso.

Figura 4.3 – Perdita di carico in condizioni di flusso monodi-mensionale in un campione di terreno

Piezometri

L

 A1

2

∆h

w

u

γ 

1  

w

u

γ 

2

 z1 

 z2 

piano di riferimento

carico totale per fluidoideale

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4 - 5

4.2 Legge di Darcy

Poiché il moto di filtrazione fra due generici punti è governato solo dalla differenza di ca-rico, può essere utile identificare un legame tra le caratteristiche del moto (in particolarela velocità), le proprietà del terreno e la perdita di carico.

Darcy, studiando il flusso monodimensionale dell’acqua attraverso strati orizzontali disabbia (in condizioni di moto laminare), osservò che la portata per unità di superficie è di-rettamente proporzionale alla perdita di carico e inversamente proporzionale alla lunghez-za del percorso considerato. In sostanza, con riferimento alla Figura 4.3, tra la portata perunità di superficie, Q/A, che può essere definita velocità apparente (nominale) di filtra-

 zione, v, la perdita di carico, ∆h, e la lunghezza L, vale la relazione:

ik L

hk v

A

Q⋅=

∆⋅==   (Eq. 4.4) 

nota come Legge di Darcy, nella quale k è detto coefficiente di permeabilità.

In termini vettoriali, in condizioni di flusso bi-, e tri-dimensionali:

idraulicocaricoh

hdivk hk v

=

⋅−=∇⋅−=  rr

r

  (Eq. 4.5) 

Considerando che la permeabilità è in generale una caratteristica anisotropa per i terreninaturali, la (4.5) diventa:

zzzz

yyyy

xxxx

ik z

hk v

ik y

hk v

ik x

hk v

⋅−=∂∂

⋅−=

⋅−=∂

∂⋅−=

⋅−=∂∂

⋅−=

 

(Eq. 4.6) 

 Nelle relazioni precedenti, v è una velocità apparente, perché la velocità reale, vr ,dell’acqua nei pori è maggiore, in quanto, come evidenzia la Figura 4.4a, l’area della se-zione attraversata effettivamente dall’acqua (area dei vuoti, Av) è minore dell’area dellasezione A. Quindi se Q è la portata misurata, essa può essere espressa come

vr  AvAvQ   ⋅=⋅=  da cui, osservando che nA

A

v

v v

== , segue:

v = n⋅vr .  (Eq. 4.7) 

È opportuno inoltre osservare che anche il percorso di filtrazione finora considerato, parialla lunghezza L del campione (Figura 4.3), è in realtà apparente, essendo quello reale si-curamente maggiore, come mostrato in Figura 4.4b.

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4 - 6

 

4.3 Coefficiente di permeabilità

Il coefficiente di permeabilità ha le dimensioni di una velocità. Esso è legato alla resisten-za viscosa e frizionale alla filtrazione di un fluido in un mezzo poroso e dipende dalle

 proprietà del fluido (densità e viscosità) e dalle caratteristiche del mezzo poroso ( permea-

 bilità intrinseca). Limitandoci a considerare come fluido intestiziale l’acqua, e poiché ladensità e la viscosità di un fluido sono legate principalmente alla temperatura, che nel ter-reno, salvo gli strati più superficiali o alcune situazioni particolari, varia abbastanza poco,si assume il coefficiente di permeabilità dipendente solo dalle caratteristiche del terreno.

Il campo di variazione del coefficiente di permeabilità dei terreni è enormemente grande,come mostra la Tabella 4.1.

Per i terreni a grana grossa, le cui particelle sono approssimativamente di forma sub-sferica, il coefficiente di permeabilità è influenzato prevalentemente dalla granulometria edall’indice dei vuoti, che determinano la dimensione dei canali di flusso (diminuisceall’aumentare del contenuto di fine e al diminuire dell’indice dei vuoti).

Per i terreni a grana fine sono invece fondamentali la composizione mineralogica e lastruttura, perché questi parametri determinano il tipo di interazione elettrochimica che sistabilisce tra particelle di terreno e molecole d’acqua (ad esempio la permeabilità dellacaolinite è circa 100 volte maggiore di quella della montmorillonite).

Figura 4.4 – Velocità (a) e percorso di filtrazione (b) reali ed apparenti

 ba

Porzione di tubodi flusso idealizzato

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 7

Anche il grado di saturazione influenza sensibilmente la permeabilità; in particolare, seb- bene non si possa stabilire una relazione univoca tra le due grandezze, si può osservareche la permeabilità cresce al crescere del grado di saturazione (Figura 4.5).

Tabella 4.1. Valori tipici del coefficiente di permeabilità dei terreni 

TIPO DI TERRENO  k (m/s)

Ghiaia pulita 10-2

 - 1

Sabbia pulita, sabbia e ghiaia 10-5

 - 10-2

 

Sabbia molto fine 10-6

 - 10-4

 

Limo e sabbia argillosa 10-9

 - 10-5

 

Limo 10-8

 - 10-6

 

Argilla omogenea sotto falda < 10-9 

Argilla sovraconsolidata fessurata 10-8

 - 10-4

 

Roccia non fessurata 10-12

 - 10-10

 

A grande scala la permeabilità di un de- posito dipende anche dalle caratteristichemacrostrutturali del terreno (discontinui-tà, fessurazioni), come evidenziato in

Tabella 4.1 dal confronto tra i valori tipi-ci di k di argille omogenee intatte e argil-le fessurate.

4.3.1 Permeabilità di depositi stratificati

Consideriamo un deposito di terreno co-stituito da n strati orizzontali saturi (Fi-gura 4.6) e indichiamo con:

k h1, k h2, . . . . . .k hn  i coefficienti di per-meabilità in direzione orizzontale dei va-

ri stratik v1, k v2, . . . . . .k vn  i coefficienti di per-meabilità in direzione verticale dei varistrati

H1, H2, . . . . . Hn  gli spessori corrispondenti

H = ΣHi  lo spessore totale del deposito

k H  il coefficiente di permeabilità medio in direzione orizzontale

k V  il coefficiente di permeabilità medio in direzione verticale

Figura 4.5 – Variazione del coefficiente di perme-abilità col grado di saturazione per una sabbia

Grado di saturazione [%]

   C  o  e   f   f   i  c   i  e  n   t  e   d   i  p  e  r  m  e  a   b   i   l   i   t   à   [  m  m   /  s   ]

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 8

 

 Nel caso in cui il depositosia interessato da un motodi filtrazione orizzontale

(Figura 4.6a), cioè paralle-lo all’anda-mento deglistrati ( filtrazione in paral-

lelo), si ha che il gradienteidraulico, i, è lo stesso pertutti gli strati. Se si assumevalida la legge di Darcy(4.4), la velocità di filtra-zione per ogni strato, vi, è

 proporzionale al rispettivocoefficiente di permeabili-

tà, ossia:v1 = k h1 i, v2 = k h2 i,

vn = k hn i

mentre la portata di filtra-zione per ogni strato è parial prodotto della velocitàdi filtrazione per il corri-spondente spessore:

q1 = v1 H1, q2 = v2 H2, 

qn = vn Hn 

La portata di filtrazione totale, Q, data dalla somma delle portate dei singoli strati, è dataanche dal prodotto della velocità media, v, per lo spessore totale del deposito:

Q = Σqi = v H  (Eq. 4.8) 

dove, in accordo con la legge di Darcy, la velocità media di filtrazione, v, è il prodotto delcoefficiente di permeabilità medio, k H, per il gradiente idraulico, i, ovvero v = k H i.

Sostituendo questa espressione nell’equazione (4.8) ed esplicitando i vari termini si ottie-

ne infine l’espressione del coefficiente di permeabilità medio in direzione orizzontale:

H

Hk 

iH

Hv

iH

q

i

vk  ihiiii

H∑∑∑   ⋅

=⋅

⋅=

⋅==   (Eq. 4.9) 

Se il moto di filtrazione avviene in direzione verticale (Figura 4.6b), ovvero ortogonaleall’andamento degli strati si parla di filtrazione in serie. In questo caso, per il principio diconservazione della massa, se il fluido è incompressibile, la portata che attraversa ciascu-no strato è la stessa, quindi, essendo uguale anche l’area attraversata, è la stessa la veloci-tà di filtrazione, v = k v1 i1 = k v2 i2 = . . . . . = k vn in In accordo con la legge di Darcy (4.4),la velocità di filtrazione v può essere espressa come il prodotto del coefficiente di perme-

 

qH

k h1, H1  q1 q2 k h2, H2 

qn k n, Hn 

a)

q

H

k v1, H 1 

k v2, H 2 

k v, H n 

q

b)

Figura 4.6: Filtrazione parallela (a) e perpendicolare(b) ai piani di stratificazione

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 - 9

abilità medio in direzione verticale, k V, per il gradiente idraulico medio, im, dato dalla perdita di carico totale (h) diviso il percorso di filtrazione (H): 

v = k V im = k V (h / H)  (Eq. 4.10) 

Ma la perdita di carico piezometrico, h, è la somma delle perdite di carico in ciascunostrato (pari al prodotto del gradiente idraulico per il relativo spessore) ovvero, esplicitan-do il gradiente idraulico di ciascuno strato:

∑∑ ∑ ∑   ⋅=⋅=⋅==vi

i

iviiii k 

Hv

vHiHhh   (Eq. 4.11) 

Sostituendo questa espressione nell’equazione (4.10) si ottiene infine l’espressione delcoefficiente di permeabilità medio in direzione verticale:

∑=

vi

iV

HH

k   (Eq. 4.12) 

In presenza di terreni stratificati, il valore medio del coefficiente di permeabilità è forte-mente condizionato dalla direzione del moto di filtrazione. Per filtrazione verticale (o piùesattamente ortogonale alla giacitura degli strati) il valore medio è molto prossimo al va-lore minore, ovvero al coefficiente di permeabilità degli strati a grana fine, mentre per fil-trazione orizzontale (o più esattamente parallela alla giacitura degli strati) il valore medioè molto prossimo al valore maggiore, ovvero al coefficiente di permeabilità degli strati agrana grossa.

4.4 Equazione generale del flusso in un mezzo porosoSi consideri un elemento infinitesimo di terreno didimensioni dx dy dz (Figura 4.7), attraversato daun flusso d’acqua. Assumiamo per ipotesi che ilfluido ed i grani di terreno siano incomprimibili, eche pertanto i rispettivi pesi specifici siano costan-ti nel tempo (γw=cost, γs=cost).

Indicando con vx  la componente nella direzionedell’asse x del vettore v

r

, velocità apparente di fil-trazione, la portata in peso d’acqua entrantenell’elemento in direzione x, qex, e quella uscente,qux, nella stessa direzione saranno rispettivamente:

dzdydxx

vvq

dzdyvq

xxwux

xwex

⋅⋅⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ⋅

∂∂

+⋅γ=

⋅⋅⋅γ=

  (Eq. 4.13)

Analoghe espressioni valgono per le direzioni y e z.

 x

z

 y

dxdy

dz

Figura 4.7: Flusso attraverso unelemento di terreno

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -10

Indicando con Pw il peso dell’acqua contenuta nell’elemento di terreno, per la condizionedi continuità la differenza tra la portata in peso d’acqua entrante e quella uscentedall’elemento di terreno sarà pari alla variazione del peso di acqua nell’unità di tempo.

In formula:

( ) ( )t

Pqqqqqq wuzuyuxezeyex ∂

∂=++−++   (Eq. 4.14)

E combinando le l’Eq. 4.13 e 4.14:

t

Pdzdydx

z

v

y

v

x

v wzyxw ∂

∂=⋅⋅⋅⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂+

∂+

∂⋅γ− (Eq. 4.15)

 

Introducendo la legge di Darcy (Eq. 4.6) nell’Eq. 4.15 si ottiene:

t

Pdzdydx

z

h

z

z

hk 

y

h

y

y

hk 

xh

xk 

xhk 

w

z2

2

z

y

2

2

y

x2

2

x

w ∂

∂=⋅⋅⋅

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

⎝ 

⎛ 

∂∂

⋅∂

∂+

∂∂

⋅+

+∂∂

⋅∂

∂+

∂∂

⋅+

+∂∂⋅

∂∂+

∂∂⋅

⋅γ   (Eq. 4.16)

Se la permeabilità è costante lungo ciascuna delle tre direzioni, ovvero se è:

0z

k y

k x

k  zyx =∂

∂=∂

∂=∂

∂   (Eq. 4.17)

l’Eq. 4.16 si semplifica nel modo seguente:

t

Pdzdydx

z

hk 

y

hk 

x

hk  w

2

2

z2

2

y2

2

xw ∂

∂=⋅⋅⋅⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂⋅+

∂⋅+

∂⋅⋅γ   (Eq. 4.18)

 

Per definizione di: contenuto in acqua, w = Pw/Ps, indice dei vuoti, e = Vv/Vs, e grado disaturazione, Sr  = Vw/Vv, si può scrivere:

r swr vwwwsw SeVSVVPwP   ⋅⋅⋅γ=⋅⋅γ=⋅γ=⋅= (Eq. 4.19)

 

La derivata dell’Eq. 4.19 rispetto al tempo è1:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ∂∂

⋅+∂

∂⋅⋅⋅γ=

t

eS

t

SeV

t

Pr 

r sw

w   (Eq. 4.20)

 

1

 Vs e γw sono indipendenti dal tempo.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -11

 poiché il volume totale dell’elemento di terreno è V = dx dy dz, per definizione di indicedei vuoti, e = (V-Vs)/Vs, e quindi Vs = V/(1+e) = dx dy dz /(1+e), si può anche scrivere:

dzdydxt

eS

t

Se

)e1(t

Pr 

r ww ⋅⋅⋅⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ∂∂

⋅+∂

∂⋅⋅

+

γ=

∂  (Eq. 4.21)

 

Sostituendo l’Eq. 4.21 nell’Eq. 4.18, si ottiene l’equazione generale di flusso:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ∂∂

⋅+∂

∂⋅⋅

+=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂⋅+

∂⋅+

∂⋅

t

eS

t

Se

e1

1

z

hk 

y

hk 

x

hk  r 

r 2

2

z2

2

y2

2

x   (Eq. 4.22)

la quale si semplifica nei vari problemi di flusso secondo il seguente schema:

Filtrazione permanente e = costante Sr  = costante

Consolidazione o rigonfiamento e = variabile Sr  = costante=1

Drenaggio o imbibizione e = costante Sr  = variabile

Deformabilità per non saturazione e = variabile Sr  = variabile

Ulteriori semplificazioni si hanno nel caso di isotropia completa (k x = k y = k z = k), e nelcaso di flusso mono-direzionale o bi-direzionale.

4.4.1 Filtrazione permanente in un mezzo omogeneo, isotropo e incompressibile

 Nel caso di filtrazione permanente (e = cost, Sr  = cost.) in un mezzo omogeneo, idrauli-camente isotropo (k x = k y = k z = k) e incompressibile (γw=cost, γs=cost), l’equazione ge-nerale del flusso si semplifica nell’equazione di Laplace:

0z

h

y

h

x

h2

2

2

2

2

2

=⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂∂

+∂∂

+∂∂

  (Eq. 4.23)

 

 Nel caso bidimensionale di moto piano l'equazione di Laplace diviene:

0zh

xh 2

2

2

2

=⎟⎟ ⎠ ⎞⎜⎜

⎝ ⎛ 

∂∂+

∂∂   (Eq. 4.24)

 

La soluzione analitica dell’equazione di Laplace è sempre molto difficile. Attualmente siricorre a soluzioni numeriche con i metodi delle differenze finite o degli elementi finiti, oalle più tradizionali e storiche soluzioni grafiche2.

2  In passato si ricorreva spesso a modelli idraulici e a modelli elettrici basati sull’analogia fra le leggi

dell’idraulica dei terreni e le leggi dell’elettrotecnica.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -12

Infatti, l’equazione di Laplace bidimensionale può essere rappresentata graficamente dadue complessi di curve (le linee di flusso e le linee equipotenziali) che si tagliano ad an-golo retto (rete di filtrazione):

Le linee di flusso sono i percorsi dei filetti liquidi nella sezione trasversale. Esistono infi-

nite linee di flusso ma per disegnare la rete di filtrazione se ne sceglie un numero limitato.Lo spazio tra due linee di flusso successive viene chiamato canale di flusso. In ogni cana-le di flusso scorre una portata costante d’acqua ∆q.

Le linee equipotenziali sono le linee di eguale energia potenziale, ovvero di eguale cari-co idraulico. Anche di linee equipotenziali ne esistono infinite, ma per disegnare la rete difiltrazione se ne sceglie un numero limitato. Quando l’acqua filtra attraverso i pori del ter-reno dissipa energia per attrito, e la distanza fra due linee equipotenziali successive indicain quanto spazio si è dissipata una quantità costante ∆h del carico idraulico.

Le particelle d'acqua scorrono lungole linee di flusso in direzione sempre

 perpendicolare alle linee equipoten-ziali. Pertanto le linee di flusso e lelinee equipotenziali si intersecano adangolo retto. Lo spazio (l’area) deli-mitata da due linee di flusso successi-ve e da due linee equipotenziali suc-cessive è detta campo. Il campo è lamaglia della rete di filtrazione (Figura4.8).

È conveniente costruire la rete di fil-

trazione (ovvero scegliere quali lineedi flusso e quali linee equipotenzialirappresentare) in modo tale che:

−  i canali di flusso abbiano eguale portata ∆q,

−  la perdita di carico fra due linee equipotenziali successive ∆h sia costante,

−  i campi siano approssimativamente quadrati, ovvero che abbiano eguali dimensionimedie (graficamente significa che è possibile disegnare un cerchio interno al campotangente a tutti e quattro i lati curvilinei).

 Noto il carico idraulico totale dissipato, h, e scelto il numero N dei dislivelli di carico i-

draulico tra due linee equipotenziali successive Nhh =∆ , dalla condizione che i campi

siano approssimativamente quadrati,  ba   ∆≅∆ , essendo ∆a la distanza media fra le lineedi flusso e ∆ b la distanza media fra le linee equipotenziali del campo, si ottiene il numero

 N1 di canali di flusso.

Il gradiente idraulico in un campo è:

 b

hi

∆∆

=   (Eq. 4.25)

    ∆    a

∆q

∆ b  

∆ h  

    C   a   n

   a     l   e     d

     i     f     l    u

   s   s   o

Campo

Linee di flusso

Linee equipotenziali

   h

   h -  h ∆

Figura 4.8. Definizione della rete di filtrazione

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -13

la velocità di filtrazione è:

 b N

hk 

 b

hk ik v

∆⋅⋅

=∆∆

⋅=⋅=   (Eq. 4.26)

 

la portata di filtrazione, per ogni canale di flusso, è:

 N

hk 

 b N

ahk avq

  ⋅≅

∆⋅∆⋅⋅

=∆⋅=∆   (Eq. 4.27)

 

e la portata totale è:

 N

 Nhk q NQ 1

1   ⋅⋅=∆⋅=   (Eq. 4.28)

 Le condizioni al contorno, che permettono di tracciare alcune linee equipotenziali e diflusso, sono date da:

−  le superfici impermeabili sono linee di flusso (ad esempio la superficie di uno stratodi argilla, o la superficie verticale di un diaframma impermeabile, etc..),

−  le superfici a contatto con l’acqua libera sono linee equipotenziali, poiché in tutti i lo-ro punti vale la relazione: h = z + u/γw = cost.

4.4.2 Esempio di rete idrodinamica (caso di moto di filtrazione confinato)

A titolo di esempio si consideri il problema rappresentato in Figura 4.9a, dove un dia-framma è stato infisso, per una lunghezza L = 6.0 m, in uno strato di terreno, di spessoreH = 8.6 m e coefficiente di permeabilità k = 5 10-4 m/s, delimitato inferiormente da unostrato di terreno impermeabile. L’altezza di falda, rispetto al piano di campagna, è, a mon-te del diaframma, Hw1, di 4.5 m, mentre a valle, Hw2, è stata ridotta, mediante pompaggio,a 0.5 m.

Il primo passo per la costruzione della rete idrodinamica consiste nel definire le condizio-ni al contorno:

  le superfici AB e CD che delimitano il piano di campagna, sono, in quanto a contattocon l’acqua libera, equipotenziali;

  le superfici BE e CE che rappresentano rispettivamente il lato a monte ed il lato a val-le del diaframma e la superficie FG, che delimita lo strato di terreno impermeabile,sono linee di flusso, in quanto impermeabili.

Poiché le condizioni al contorno della regione interessata dal flusso sono note a priori, si parla di moto confinato.

In genere si assume come quota di riferimento per il calcolo del carico piezometrico il li-vello di falda a valle, da cui risulta che il carico piezometrico è h 1 = 0 in corrispondenzadella superficie equipotenziale CD (la quota geometrica è -0.5 m e l’altezza di pressione è

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -14

0.5 m), ed è h2 = 4 m per la superficie AB (la quota geometrica è -0.5 m e l’altezza di pressione è 4.5 m).

Le linee di flusso saranno tutte comprese tra la superficie FG e la superficie BEC e pos-sono essere tracciate seguendo la procedura suggerita da Casagrande, che consiste nei se-

guenti passi:1)  si traccia una prima linea di

flusso di tentativo (HJ) daun punto della superficieequipotenziale a monte AB,vicino al diaframma, ad un

 punto della superficie equi- potenziale a valle CD (Fi-gura 4.9b); tale linea dovràessere perpendicolare adentrambe le superfici equi-

 potenziali e passare attornoal punto E;

2)  si disegnano le linee equi- potenziali di tentativo tra lelinee di flusso BEC e HJ, inmoda da formare dei campiapprossimativamente qua-drati (Figura 4.8); qualoranon si riesca ad ottenere unnumero intero di quadran-

goli tra BH e CJ la linea diflusso HJ può essere leg-germente spostata;

3)  viene tracciata la secondalinea di flusso di tentativoKL a partire da un puntodella superficie equipoten-ziale AB più lontano daldiaframma rispetto al puntoH, e prolungate le linee e-

quipotenziali precedente-mente disegnate, sempre inmodo da individuare deiquadrangoli curvilinei;

4)  si ripete la procedura de-scritta al punto 3) fino araggiungere la linea di flus-so di confine FG;

5)  al primo tentativo general-mente l’ultima linea di

A

A

F

F

D

D

E

E

a ramma

Piano diriferimento

(b)

G

G

K  H B

B

C

C

J L

(a)

L = 6.0 mH = 8.6 m

H = 4.5 m

h = 0.0 mh = 4.0 m

H = 0.5 mw 1

12

w2

c

Piano diriferimento

Tubo piezometrico

H = 0.5 m

n = 0

1

2

345678

9

0

10

11

12

W2

d

H = 4.5 mu

a

w 1 p

h = 3.3 m p

P

1 2 3 4 5 10 m

Figura 4.9 – Costruzione di una rete idrodinamica: a) se- zione; b) tentativo di prova; c) rete finale

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -15

flusso tracciata interseca la superficie impermeabile FG e per eliminare tale incoeren-za si itera la procedura descritta ai punti precedenti fino a che l’ultima linea di flussotracciata ricada sopra la superficie FG (riducendo la dimensione dei quadrangoli),come mostrato in Figura 4.9c.

Le aree comprese tra l’ultima linea di flusso tracciata e la superficie impermeabile FGnon sono quadrate (canale di flusso non completo) ma il rapporto tra la lunghezza e lalarghezza deve essere all’incirca lo stesso per tutte le aree.

Per tracciare correttamente una rete idrodinamica con questa procedura è opportuno uti-lizzare un numero limitato di linee di flusso (generalmente 4 o 5 canali di flusso).

 Nell’esempio riportato il numero di canali di flusso che è stato ottenuto è N1 = 4.3 e ilnumero di campi delimitati dalle linee equipotenziali, N, è 12, con un rapporto N 1/N =0.36 e una perdita di carico tra due linee equipotenziali successive pari a:

∆h = (h2 – h1)/N = 0.33 m.

 Numerate le linee equipotenziali da valle verso monte con l’indice nd  (che varia tra 0 e12), il carico piezometrico corrispondente a ciascuna linee è pari a nd ∆h.

La portata di filtrazione per ogni canale di flusso è (Eq. 4.27):

∆q = k ∆h = 1.65 10-4 (m3/s)/m

e la portata di filtrazione per unità di lunghezza del diaframma è pari a (Eq. 4.28):

q = N1 ∆q = 7.1 10-4 (m3/s)/m.

La rete idrodinamica permette di calcolare in ogni punto il carico piezometrico ed il gra-diente idraulico. Ad esempio, con riferimento ad un generico punto P (Figura 4.9c), ap-

 partenente alla superficie equipotenziale indicata con nd = 10 e ad una distanza a = -zP =4.3m, dal livello di falda a valle del diaframma, il corrispondente valore del carico piezo-metrico è

h p = nd ∆h = 10⋅0.33 = 3.3 m = z p + u p/γw = -a + u p/γw 

da cui, posto γw = 10 kN/m3, si ricava il valore della pressione interstiziale:

u p = γw (h p –(-a)) = γw (h p +a) = 10 (3.3+4.3) =76 kPa

Il gradiente idraulico nel campo è dato da (Eq.4.25):

iP = ∆h/∆ b = 0.33/2= 0.165 

dove ∆ b≅

2 è la distanza media tra le linee equipotenziali 10 e 11, e 10 e 9, ricavata gra-ficamente in Figura 4.9c. Ovviamente tale valore, e con esso la velocità di filtrazione, va-ria tra un massimo corrispondente al campo di dimensione minima ed un minimo corri-spondente al campo di dimensione massima.

4.4.3 Filtrazione al confine tra terreni a differente permeabilità

Quando il flusso d’acqua attraversa la superficie di separazione tra terreni a differente permeabilità, come avviene ad esempio nelle dighe in terra zonate, le linee di flusso de-flettono, la larghezza dei tubi di flusso e la distanza fra le linee equipotenziali variano, e icampi, inizialmente quadrati, divengono rettangolari. Infatti la portata di ogni tubo di

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -16

flusso, a b

hk aik q   ∆⋅

∆∆

⋅=∆⋅⋅=∆ , deve restare costante. Se passando da un terreno ad un

altro il coefficiente di permeabilità k diminuisce, il rapporto b

a

∆∆

 deve aumentare, ovvero

deve crescere la larghezza del canale di flusso e diminuire la distanza fra due linee equi- potenziali, e viceversa. La legge con cui si modificano le dimensioni dei campi è indicataIn Figura 4.10.

4.4.4  Moto non confinato

Se tutte le condizioni al contorno in cui avviene il moto di filtrazione non sono note a priori, si parla di moto di filtrazione non confinato. In tal caso il problema è molto piùcomplesso in quanto è necessario procedere contemporaneamente alla determinazionedelle condizioni al contorno mancanti e alla risoluzione dell’equazione di Laplace. Situa-zioni di questo tipo si verificano ad esempio nello studio dei moti di filtrazione all’interno

di argini fluviali o dei corpi di dighe in terra; in questi casi la superficie che delimita supe-riormente l’acqua in moto di filtrazione è a pressione atmosferica (coincide con la super-ficie freatica), la sua localizzazione non è nota e può essere determinata con costruzionigrafiche.

4.4.5 Terreni anisotropi

Quanto detto finora si riferisce a terreni con eguale coefficiente di permeabilità in tutte ledirezioni (isotropi dal punto di vista della permeabilità). Spesso i terreni naturali ed anchei terreni messi in opera con costipamento sono anisotropi, ovvero hanno coefficiente di

 permeabilità diverso in direzione orizzontale e in direzione verticale. Per utilizzare le re-

gole di costruzione grafica del reticolo idrodinamico sopra esposte occorre disegnare lasezione della struttura interessata dal moto di filtrazione in una scala orizzontale alterata,

moltiplicando le distanze orizzontali per la quantità:h

v

k . Poiché in genere è k h > k v tale

β

α

∆a

∆b

∆d

∆c

k1

k2<k1

βα

∆a

∆b

∆d

∆c

k1

k2>k1

∆a/∆b = 1

∆c/∆d = tanα/tanβ = k2/k1

 Figura 4.10: Filtrazione tra terreni a differente permeabilità

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -17

trasformazione produce una riduzione delle dimensioni orizzontali. Ad esempio, perk h=9k v, tutte le dimensioni orizzontali devono essere divise per 3. Una volta disegnata larete idrodinamica, per calcolare la distribuzione delle pressioni interstiziali occorre ripor-tare il disegno in scala naturale, ottenendo dei campi non più quadrati.

4.5 Determinazione della permeabilità mediante correlazioni

Per i terreni a grana grossa vengono talvolta impiegate relazioni empiriche che legano kad alcuni parametri relativamente semplici da determinare. Esistono ad esempio graficiche legano il coefficiente di permeabilità al D50, alla densità relativa, Dr , e al coefficientedi uniformità, U, (Figura 4.11) oppure formule, valide per sabbie sciolte, uniformi (U ≤ 5), che forniscono k in funzione di qualche diametro significativo presente nella distribu-zione granulometrica. Tra queste, una delle più usate è la formula di Hazen3:

k = C⋅ (D10)2  (Eq. 4.29) 

dove C è una costante compresa tra 100 e 150 se k è espresso in cm/s e D10 in cm.

Figura 4.11 – Correlazione tra il coefficiente di permeabilità, k, la densità relativa, Dr  e il coef- ficiente di uniformità, U (Prugh, 1959)

3 Si può giustificare l’equazione (4.29) osservando che la permeabilità di un terreno è influenzata maggior-

mente dalla frazione fine, che tende a riempire i vuoti, e quindi dal D10.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -18

La misura sperimentale della permeabilità di un terreno può essere invece effettuata sia inlaboratorio che in sito; tuttavia, essendo la permeabilità un parametro fortemente influen-zato anche dai caratteri macrostrutturali, per i terreni naturali le misure in sito risultanogeneralmente più significative e quindi preferibili, a meno che non si riesca a riprodurrefedelmente in laboratorio le condizioni esistenti in sito, mentre per i terreni utilizzati co-me materiale da costruzione sono significative anche le prove di laboratorio.

Inoltre, ogni metodo di misura ha un campo di applicazione ottimale all’interno di un cer-to range di variazione della permeabilità; di conseguenza il metodo di misura più oppor-tuno deve essere scelto in relazione al tipo di terreno, come è evidenziato nella Tabella4.2.

4.6 Determinazione della permeabilità in laboratorio

Per la misura del coefficiente di permeabilità in laboratorio vengono generalmente usatitre metodi:

a)  il permeametro a carico costante, per k > 10-5

 m/s b)  il permeametro a carico variabile, per 10-8< k < 10-5 m/s

c)  i risultati della prova edometrica (che verrà descritta dettagliatamente nel Capitolo 7), per k < 10-8 m/s

4.6.1 Permeametro a carico costante

La prova con permeametro a carico costante è eseguita generalmente su campioni di ter-reno a grana grossa (ghiaie e sabbie pulite), compattati a diversi valori di densità relativa,

in modo da ottenere una relazione tra la permeabilità e l’indice dei vuoti del terreno esa-minato. La permeabilità in sito viene poi stimata a partire dal valore dell’indice dei vuotiritenuto più rappresentativo del terreno naturale.

Lo schema del permeametro a carico costante è quello indicato in Figura 4.12. Perl’esecuzione della prova viene immessa acqua nel recipiente che contiene il terreno, man-tenendo costante (realizzando degli sfioratori) la differenza di carico, h, esistente tra le e-stremità del campione, ossia il livello dell’acqua nei due recipienti.

La quantità di acqua raccolta in un certo intervallo di tempo, ∆t, è pari a C = Q⋅∆t, essen-do Q la portata immessa.

Poiché il moto è stazionario, con velocità pari a v, risulta C = v A⋅∆t. Supponendo inoltrevalida la legge di Darcy (4.4) e che la perdita di carico si realizzi interamente all’internodel campione di terreno, si ha:

tAL

hk tAik C   ∆⋅⋅⋅=∆⋅⋅⋅=   (Eq. 4.30) 

dove A è l’area della sezione trasversale del campione. Dall’equazione (4.30) si ricava ilvalore di:

tAh

LCk 

∆⋅⋅⋅

=   (Eq. 4.31) 

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -19

 \Tabella 4.2 – Condizioni di drenaggio, tipi di terreno e metodi per la determinazione della per-meabilità

1 10-1  10-2  10-3  10-4  10-5  10-6  10-7  10-8  10-9  10-10  10-11k

(m/s)

G RADO DI  

PERMEABILITÀ alto medio basso

molto

 bassoimpermeabile

 D RENAGGIO   buono povero praticamente

impermeabile

sabbia pulita

e miscele di

sabbia e ghiaia

 pulita

sabbia fine,

limi organici e

inorganici,

miscele

di sabbia, limo

e argilla,

depositi di

argilla

stratificati

T  IPO DI  

TERRENO 

ghiaia pulita

terreni impermeabili

modificati dagli

effetti della

vegetazione e del

tempo

terreni impermeabili

argille omogenee

sotto la zona alterata

dagli agenti

atmosferici

Prova in foro di sondaggio

(misura locale; delicata esecuzione)

Prova di pompaggio

(delicata esecuzione; significativa) M  ISURA DIRETTA DI K  

Permeametro a carico costante

(facile esecuzione)

Permeametro a carico variabile

Facile

esecuzionesignificativa

delicata

esecuzione:

non significativa

delicata esecuzione:

molto poco significativa

Piezometro

Pressiometro

Piezocono

(misura locale; delicata esecuzione)

S TIMA INDIRETTA DI K  

Determinazione

dalla curva granulometrica

(solo per sabbie e ghiaie pulite)

Determinazione

dai risultati

della prova edometrica

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -20

 

Generalmente si effettuano più determi-nazioni considerando differenze di cari-co h e intervalli di tempo ∆t differenti

 per poi adottare un valore medio.

4.6.2 Permeametro a carico variabile

Se la permeabilità del terreno è presu-mibilmente inferiore a 10-5 m/s, la porta-ta e quindi la quantità di acqua raccolta(almeno in tempi ragionevolmente bre-vi) è piccola ed è difficile misurarla ac-curatamente con una prova a carico co-

stante.Si eseguono in questo caso prove con permeametro a carico variabile, in cui la quantità diacqua che fluisce attraverso il campione è determinata attraverso la misura della riduzionedell’altezza di carico, ∆h, in un tubo di piccolo diametro collegato al recipiente che con-tiene il campione (Figura 4.13).

Trascurando la compressibilità dell’acqua, si suppone che, per il principio di conservazio-ne della massa, la quantità di acqua che scorre nel tubicino sia pari a quella che attraversail campione.

Se il livello dell’acqua si abbassa di una quantità dh nel tempo dt, la quantità di acqua chescorre nel tubicino nel tempo dt è pari a -a⋅dh (il segno meno perché il livello dell’acqua

diminuisce), uguale a quella che attraver-sa il campione v⋅ A⋅dt. Supponendo vali-da la legge di Darcy (4.4) e che la perditadi carico si realizzi interamente all’in-terno del campione di terreno, si ha:

k ⋅i⋅A⋅dt = -a⋅ dh

ovvero

dhadtAL

hk    ⋅−=⋅⋅⋅ .

Separando le variabili e integrando si ot-tiene:

∫∫   ⋅⋅=⋅1t

ot

oh

1h

dtL

Akdh

h

1a  

)tt(L

Ak

h

hlna

o1

1

o −⋅=⋅  

da cui:

L Ah

C

Figura 4.12 – Permeametro a carico costante

L A

∆h

a

h0

h1

Figura 4.13 – Permeametro a carico variabile

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -21

( ) ( ) 1

o10

o11

o

o1 h

hlog

ttA

La3.2

h

hln

ttA

Lak 

−⋅⋅

=−⋅

⋅=   (Eq. 4.32) 

Per quanto riguarda la determinazione di k a partire dai risultati della prova edometrica si

rimanda al Capitolo 7, in cui viene descritta la prova e definito il coefficiente di permea- bilità in funzione di uno dei parametri che si determinano mediante tale prova.

4.7 Determinazione della permeabilità in sito

Per la misura del coefficiente di permeabilità in sito si può ricorrere a tre tipi di prove:

a)   prove in pozzetto superficiale

 b)   prove in foro di sondaggio

c)   prove di emungimento

4.7.1 Prove in pozzetto superficiale

Si tratta di prove speditive, di facile esecuzione, che, per contro, hanno un campo di uti-lizzo limitato, in quanto forniscono misure del coefficiente di permeabilità limitate aglistrati più superficiali e si eseguono in genere su terreni che costituiscono opere di terradurante la loro costruzione, aventi permeabilità maggiori di 10-6 m/s, e posti sopra falda.

Il pozzetto è uno scavo di forma circolare o quadrata. La dimensione della sezione in pianta è legata al diametro massimo presente nella granulometria; in particolare il diame-

tro, d, (o il lato, b) del pozzetto deve risultare maggiore di 10÷15 volte il diametro massi-mo presente nella granulometria.

La distanza del fondo del pozzetto dalla falda, H, deve essere pari ad almeno 7 voltel’altezza media (hm o h) dell’acqua nel pozzetto durante la prova, che a sua volta deve ri-sultare maggiore di d/4, per pozzetto circolare (o b/4, per pozzetto a base quadrata).

Lo schema della prova è rappresentato in Figura 4.14.

Esistono due tipi di prova:

-  a carico costante

-  a carico variabile

 Nel primo caso viene immessa nel pozzetto una portata d’acqua costante q, tale che a re-gime il livello d’acqua sia costante; nel secondo caso, dopo avere riempito il pozzetto,viene registrato l’abbassamento del livello dell’acqua nel tempo.

In relazione alla forma del pozzetto e al tipo di prova, vengono impiegate formule semi-empiriche, valide nell’ipotesi di terreno omogeneo e isotropo, con k > 10-6 m/s.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -22

d > 10-15 diametro massimo dei granuli

h > d/4m

 

H > 7 hm

 

Figura 4.14 – Schema della prova in pozzetto superficiale

In particolare, nel caso di pozzetto circolare valgono le seguenti relazioni:

π⋅

⋅= 1

hdqk 

m

  per prova a carico costante  (Eq. 4.33) 

m12

21

h

1

tt

hh

32

dk    ⋅

−⋅=   per prova a carico variabile (Eq. 4.34)

 

mentre nel caso di pozzetto a base quadrata:

3 b

h

27

1

 b

qk 

m2

+⋅

⋅=   per prova a carico costante (Eq. 4.35) 

3 b

h27

 b

h21

tt

hhk 

m

m

12

21

+⋅

⋅+⋅

−=   per prova a carico variabile (Eq. 4.36)

 Nelle Equazioni da (4.33) a (4.36), h1 e h2 sono le altezze dell’acqua nel pozzetto rispetti-vamente agli istanti t1 e t2, e hm = (h1 + h2)/2 è l’altezza media.

4.7.2 

Prove in foro di sondaggio

Le prove in foro di sondaggio possono essere eseguite a varie profondità durante la perfo-razione, oppure a fine foro, sul tratto terminale e forniscono generalmente un valore pun-tuale della permeabilità, limitatamente alla verticale esplorata e alle profondità considera-te. Le pareti del foro devono essere rivestite con una tubazione fino alla profondità a cui sivuole effettuare la misura di permeabilità (Figura 4.15a). Nei terreni che tendono a frana-re o a rifluire il tratto di prova viene riempito di materiale filtrante e isolato mediante untampone impermeabile (Figura 4.15b). Il filtro deve avere una granulometria opportuna,in modo da non influenzare il flusso all’interno del materiale di cui si vuole determinarela permeabilità.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -23

 

h

L

Filtro

D

h1h

2

Q

h

a)  b)

L

Tubo di rivestimento

D

h1h

2

QRivestimento esterno

Tampone impermeabile

Tubazione interna

 Figura 4.15 – Schema della prova di immissione in foro di sondaggio, a carico variabile o co-stante, senza filtro (a) e con filtro (b)

In particolare, deve risultare:

F60/F10 ≤ 2 (materiale uniforme) e 4D15 ≤ F15 ≤ 4D85 

dove Fx sono i diametri del filtro e Dx quelli del terreno indagato.

Le prove in foro di sondaggio si suddividono in:

di immissione (sopra o sotto falda)

−   prove a carico costante

di emungimento (solo sotto falda)

di risalita (solo sotto falda)

−   prove a carico variabile

di abbassamento (sopra o sotto falda)

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -24

Prove a carico costante

 Nelle prove a carico costante viene misurata, a regime, la portata, emunta o immessa, Q,necessaria a mantenere costante il livello dell’acqua nel foro. Il coefficiente di permeabili-tà viene ricavato mediante la seguente relazione:

hFQk ⋅

=  [m/s] (Eq. 4.37)

dove Q [m3/s] è la portata, h [m] il livello dell’acqua nel foro (rispetto alla base del forose la prova è eseguita sopra falda, oppure rispetto al livello di falda se la prova è eseguitasotto falda) ed F [m] un fattore di forma, dipendente dalla forma e dalla geometria dellasezione filtrante ed è riportato in Tabella 4.3 in relazione alle geometrie rappresentate inFigura 4.16.

Tabella 4.3 – Espressioni del coefficiente di forma F per differenti geometrie della sezione filtran-

te (per lo schema geometrico vedi Figura 4.16)

Geometria della sezione Coefficiente di forma F

1. Filtro sferico in terreno uniforme  D2   ⋅π   

2. Filtro emisferico al tetto di uno strato confinato  D⋅π   

3. Fondo filtrante piano al tetto di uno strato confina-to  D2  

4. Fondo filtrante piano in terreno uniforme  D75.2  

5. Tubo parzialmente riempito al tetto di uno strato

confinato ⎟⎟ ⎠

 ⎞

⎜⎜⎝ 

⎛ 

⋅⋅+ v

h

' k 

 D

 L8 

1

 D2

π 

 

6. Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅⋅+

v

h

' k 

 D

 L111

 D75.2

π 

 

7. Filtro cilindrico al tetto di uno strato confinato⎟⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜⎜

⎝ 

⎛ ⎟

 ⎠ ⎞

⎜⎝ ⎛ ++

⋅2

 D

 L31

 D

 L3ln

 L3π  

8. Filtro cilindrico in terreno uniforme

⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜

⎝ 

⎛ ⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ++

⋅2

 D

 L5.11

 D

 L5.1ln

 L3π  

9. Filtro cilindrico attraversante uno strato confinato⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ 

r ln

 L2

0

π   

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -25

D

1   2 3

654

7 8   9

D/2

D D

D

D

L   L

L

D

k’ v 

D

k’ v 

D

L   L

D

r0

 

Figura 4.16 – Geometrie del fattore di forma per il calcolo del fattore di forma F

Prove a carico variabile

Le prove di risalita a carico variabile vengono effettuate prelevando acqua dal foro inmodo da abbassarne il livello di una quantità nota e misurando la velocità di risalita; nelle

 prove di abbassamento viene immessa acqua nel foro in modo da alzarne il livello di una

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -26

quantità nota e viene misurata la velocità di abbassamento. Il coefficiente di permeabilitàviene ricavato mediante la seguente relazione:

( ) 2

1

12 h

hln

ttF

Ak    ⋅

−⋅=  [m/s]

(Eq. 4.38)

dove A [m2] è l’area di base del foro, h1 e h2 sono le altezze agli istanti t1 e t2 rispetto allivello della falda o a fondo foro (se si tratta di prove di abbassamento condotte sopra illivello di falda), F [m] è il fattore di forma precedentemente definito (Tabella 4.3).

Una stima più attendibile del valore del coefficiente di permeabilità può essere eseguitadeterminando la media geometrica dei valori ricavati con prove di risalita (k r ) e di abbas-

samento (k a), ovvero ar  k k k    ⋅= . Infatti, durante le prove di abbassamento, la frazione

 più fine del materiale tende ad essere spinta verso il fondo del foro e la spinta idrodinami-ca tende a comprimere il terreno, facendone diminuire la permeabilità; al contrario, du-rante le prove di risalita, la frazione più fine del materiale tende ad essere asportatadall’acqua e la spinta idrodinamica tende a decomprimere il terreno, facendone aumentarela permeabilità.

Se la permeabilità orizzontale del terreno è diversa da quella verticale (a causadell’orientamento dei grani nella fase di deposizione il coefficiente di permeabilità oriz-zontale, k H, risulta generalmente maggiore, anche di un ordine di grandezza, del coeffi-ciente di permeabilità verticale, k V), il coefficiente k ottenuto da prove in foro di sondag-gio tende a rappresentare il coefficiente di permeabilità verticale, k V, tanto più è ridotta lalunghezza del tratto filtrante L (Figura 4.16-8) rispetto al diametro del foro, D, fino allasituazione limite di sezione piana, L=0 (Figura 4.16-4). Mentre per valori di L/D suffi-

cientemente grandi (L/D ≥ 1.2) si assume che il coefficiente di permeabilità misurato siaquello orizzontale, k H. Per situazioni intermedie (0 ≤ L/D ≤ 1.2) si assume che venga mi-

surato un coefficiente di permeabilità medio VHmedio k k k    ⋅= .

4.7.3 Prove di pompaggio

Le prove di pompaggio vengono eseguite in terreni con permeabilità medio-alta, al di sot-to del livello di falda. Consistono nell’abbassare il livello della falda all’interno di un

 pozzo, opportunamente realizzato, e nel rilevare in corrispondenza di un certo numero di

verticali, strumentate con piezometri, l’abbassamento una volta raggiunto un regime diflusso stazionario (Figura 4.17). Nella fase di emungimento la velocità di abbassamentodel livello diminuisce all’aumentare del volume di terreno interessato dal flusso, fino adun valore prossimo alla stabilizzazione (regime pseudo-stazionario) se la falda non è ali-mentata e si stabilizza se la falda è alimentata. Il raggio di influenza è tanto maggiorequanto maggiore è la permeabilità.

Per una corretta interpretazione della prova è necessario conoscere con buona approssi-mazione la stratigrafia, l’estensione dell’acquifero e le condizioni iniziali della falda, chequindi vanno preventivamente ricavati mediante apposite indagini in sito.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -27

Il pozzo principale, che viene utilizzato per l’emungimento, ha un diametro D compresogeneralmente tra i 200 e i 400 mm; intorno ad esso, nella zona di depressione della falda(a causa dell’andamento caratteristico della superficie piezometrica si parla anche di “co-no di depressione”) vengono disposti una serie di piezometri il cui numero dipende dallaeterogeneità del terreno.

Q

h

h1

r 1

r 2

s1

s2

h2

Pom a sommersaSuperfici equipotenzialiLinee di flusso

Pozzo

Q

a

 b)

c)

Pozzo Piezometri di controllo

Livello piezometrico iniziale

Acquifero confinato

Acquifero non confinato

Pompa sommersa Superfici equipotenzialiLinee di flusso

h

b

h1r 

1

r 2

s1

s2

h2

Piezometri di controllo

Livello piezometrico iniziale

 Figura 4.17 – Disposizione in pianta del pozzo e dei piezometri (a) e schema della prova di pom-

 paggio in acquifero confinato (b) e non confinato (c)

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -28

Per la realizzazione del pozzo viene disposto all’interno del foro un tubo finestrato, conarea delle aperture maggiore del 10% dell’area laterale. Nel tratto di terreno da investiga-re, l’intercapedine tra tubo e terreno è riempita con un filtro di ghiaietto e sabbia con unaopportuna granulometria; nel tratto sovrastante, per evitare l’infiltrazione di acque ester-ne, l’intercapedine è riempita con materiale impermeabilizzante (generalmente argilla o

 bentonite).

Il tipo di piezometri viene scelto in relazione al tipo di terreno; devono essere in numeronon inferiore a tre, disposti secondo allineamenti passanti per il pozzo (almeno due alline-amenti di cui uno parallelo alla direzione di moto della falda) come mostrato in Figura4.17a.

La distanza tra i piezometri aumenta con legge esponenziale: il primo di ogni allineamen-to viene posto a qualche metro dal pozzo, l’ultimo al limite della zona di influenza(50÷200 m a seconda della permeabilità del deposito).

Come già detto, la prova viene eseguita prelevando acqua dal pozzo mediante un sistema

di pompaggio e misurando il livello piezometrico nel pozzo e nei piezometri fino a chenon si raggiunge una stabilizzazione. Le letture vengono eseguite a intervalli di tempo viavia crescenti (2 min. nelle prime due ore, 5 min. nelle 4 ore successive, 10÷15 min. per ilresto della prova, che dura mediamente 24÷36 ore e anche di più per terreni a bassa per-meabilità).

Le prove di emungimento vengono interpretate tenendo presente che:

-  nel caso di acquifero confinato (falda artesiana) le linee di flusso sono orizzontali e lesuperfici equipotenziali sono cilindri concentrici rispetto al pozzo (Figura 4.17b);

-  nel caso di acquifero non confinato (falda freatica) le linee di flusso (e le superfici e-

quipotenziali) sono curve. In questo caso deve essere posta particolare attenzione alla profondità di installazione dei piezometri, poiché l’altezza di risalita dell’acqua (ocomunque la pressione misurata) corrisponde alla pressione interstiziale della superfi-cie equipotenziale passante per il punto di misura. (Figura 4.17c).

Soluzioni semplificate forniscono l’espressione del coefficiente di permeabilità rispetti-vamente per il caso di acquifero confinato (Figura 4.17b) e non confinato (Figura 4.17c):

)hh(

)r 

r ln(

 b2

Qk 

12

1

2

−⋅

⋅π=  

(Eq. 4.39)

)hh(

)r r ln(

Qk 

21

22

1

2

−⋅

π=  

(Eq. 4.40)

Il valore della permeabilità ricavato con questo tipo di prova è un valore medio relativo alvolume di terreno interessato dal cono di depressione.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -29

4.8 Pressioni di filtrazione e gradiente idraulico critico

Allo scopo di osservare come si modifica il regime delle pressioni (totali, efficaci e inter-stiziali) in un punto del terreno, passando da una condizione in cui il fluido presente nelterreno è in quiete (regime idrostatico), ad una in cui avviene un moto di filtrazione (sup-

 poniamo in regime stazionario), consideriamo uno schema costituito da due recipienticomunicanti, di cui uno contenente solo acqua (serbatoio) e l’altro contenente un campio-ne di sabbia saturo completamente immerso, di altezza h2, con livello dell’acqua sovra-stante la superficie superiore del campione di una lunghezza h1 (Figura 4.18).

In relazione alla posizione relativadel livello dell’acqua nei due reci-

 pienti si possono distinguere trecasi:

 a)   assenza di filtrazione. Se l’ac-qua si trova allo stesso livellonei due recipienti (Figura4.18a) non c’è differenza di ca-rico (ossia di energia) tra due

 punti, A e B, appartenenti alladue superfici libere, per cuil’acqua è in quiete. La pressio-ne verticale totale nel generico

 punto P, a profondità z dall’es-tremità superiore del campione,O, sarà data da:

σz = γsat⋅z + γw⋅h1  (Eq. 4.41)

 b)  e la pressione dell’acqua (pres-sione interstiziale):

u = γw⋅(h1+z) (Eq. 4.42)

 c)   per cui la pressione verticaleefficace vale:

essendo γ’ = γsat -γw 

 d)   filtrazione discendente. Se illivello dell’acqua nel serbatoioè mantenuto più basso di quellonel recipiente che contiene ilcampione, di una altezza h, siha una differenza di carico co-stante che provoca un moto difiltrazione dal recipiente che

w

w

w

w

w

1

1

11

1 2

B

O

h2

h1 B

A

O

P

h

Aa)

 b)

γ  h

γ 

γ 

γ 

γ  (h + h )

h2

h1

A

O

B

h2

h1

P

u

u

z

z

P

0

w

w

1

1 2

γ  h

γ  (h + h - h)

w w

11

h

γ  γ 

u

z

w

w

w

1

1 2

γ  h

γ  (h + h + h)

wγ  z i

γ  z i

c)

Q

u

Q

Q

0

0

Figura 4.18 – Esempio di assenza di filtrazione (a), fil-trazione discendente (b) e ascendente (c) in un campionedi sabbia saturo

σ’z  = σz  – u = γsat⋅z +γw⋅h1 - γw⋅(h1+z) = γ’⋅z

(Eq.4.43)

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -30

contiene il campione verso il serbatoio (da un punto a energia maggiore, A, a un puntoa energia minore, B). La pressione verticale totale nel punto P a profondità z  dall’estremità superiore del campione, O, sarà data anche in questo caso da (Figura4.18b):

σz = γsat⋅z + γw⋅h1  (Eq. 4.44)La pressione dell’acqua nel punto O, all’estremità superiore del campione, per z=0, ègovernata dalla quota del pelo libero nel recipiente e vale uz=0  = γw  h1, mentreall’estremità inferiore, per z=h2, è governata dalla quota del pelo libero nel serbatoioe vale uz=h2 = γw (h2+h1-h). La pressione dell’acqua all’interno del campione varia li-nearmente con la profondità e, nel punto P, alla generica profondità z, vale u = γw (h1+z) – γw (h/h2)z. Il rapporto h/h2 è, per definizione, il gradiente idraulico, per cui si

 può scrivere che nel punto P a profondità z la pressione interstiziale vale:

u = γw (h1+z) – γw i z

e la pressione efficace:σ’z = σz – u = γsat z + γw h1 –  γw (h1+z) +γw i z = (γsat – γw) z – γw i z = γ’ z + γw i z

Ovvero, rispetto al caso precedente di assenza di filtrazione, la filtrazione verticalediscendente ha prodotto una riduzione della pressione interstiziale, γw i z, ed un egua-le aumento di pressione efficace. Il termine γw i z è la pressione di filtrazione.

Allo stesso risultato si perviene ragionando in termini di carico piezometrico comedescritto nel seguito.

Supponendo che la perdita di carico, h, tra i punti A e B appartenenti alle due super-fici libere, avvenga interamente nel campione, e che vari linearmente al suo interno,

la perdita di carico nel tratto OP è pari a zizhh

2

⋅=⋅ .

Quindi zh

hu)hz()

uz(hhh

2w1

w1P0   ⋅=

γ−+=

γ+−−=− , da cui:

ww1w2

w1 zi)hz(zh

h)hz(u   γ⋅⋅−γ⋅+=γ⋅⋅−γ⋅+=   (Eq. 4.45)

La pressione efficace vale in questo caso:

σ’z = σz – u = γsat⋅z + γw⋅h1 - (z + h1)⋅ γw + i⋅z⋅γw = γ’⋅z + i⋅z⋅γw  (Eq. 4.46)

 

e)   filtrazione ascendente. Se il livello dell’acqua nel serbatoio è mantenuto più alto diquello nel recipiente che contiene il campione, di una quantità h, si ha una differenzadi carico costante che provoca un moto di filtrazione dal serbatoio verso il recipienteche contiene il campione (Figura 4.18c).

La pressione totale nel punto P, a profondità z dall’estremità superiore del campione,O, sarà data anche in questo caso da:

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -31

σz = γsat⋅z + γw⋅h1  (Eq. 4.47)

La pressione dell’acqua nel punto O, all’estremità superiore del campione, per z=0, ègovernata dalla quota del pelo libero nel recipiente e vale uz=0  = γw  h1, mentreall’estremità inferiore, per z=h2, è governata dalla quota del pelo libero nel serbatoioe vale uz=h2 = γw (h2+h1+h). La pressione dell’acqua all’interno del campione varia li-nearmente con la profondità e, nel punto P, alla generica profondità z, vale u = γw (h1+z) +γw (h/h2)z. Il rapporto h/h2 è, per definizione, il gradiente idraulico, per cui si

 può scrivere che nel punto P a profondità z la pressione interstiziale vale:

u = γw (h1+z) +γw i z

e la pressione efficace:

σ’z = σz – u = γsat z + γw h1 –  γw (h1+z) - γw i z = (γsat – γw) z – γw i z = γ’ z - γw i z

Ovvero, rispetto al caso precedente di assenza di filtrazione, la filtrazione verticale

ascendente ha prodotto una aumento della pressione interstiziale, γw i z, ed un egualeriduzione di pressione efficace. Il termine γw i z è la pressione di filtrazione.

Allo stesso risultato si perviene ragionando in termini di carico piezometrico comedescritto nel seguito.

Supponendo che la perdita di carico h, tra i punti B e A appartenenti alle due superfi-ci libere, avvenga interamente nel campione, e che vari linearmente al suo interno,

nel tratto PO, la perdita di carico è pari a zizh

h

2

⋅=⋅ .

Quindi zh

h

)hz(

u

h)

u

z(hh 21

w1

w0P   ⋅=+−γ=−γ+−=− , da cui:

ww1w2

w1 zi)hz(zh

h)hz(u   γ⋅⋅+γ⋅+=γ⋅⋅+γ⋅+=   (Eq. 4.48)

La pressione efficace vale in questo caso:

σ’z = σz – u = γsat⋅z + γw⋅h1 - (z + h1)⋅ γw - i⋅z⋅γw = γ’⋅z - i⋅z⋅γw  (Eq. 4.49)

 

Le osservazioni precedenti evidenziano che in presenza di filtrazione, in un punto a pro-

fondità z, la pressione dell’acqua varia di una quantità pari i ⋅z⋅γw, che rappresenta la com- ponente idrodinamica della pressione interstiziale ( pressione di filtrazione). Di conse-guenza la pressione efficace varia della stessa quantità; nel caso di filtrazione discendentela pressione efficace aumenta, mentre nel caso di filtrazione ascendente la pressione effi-cace diminuisce rispetto al casi di assenza di filtrazione. In particolare, la pressione effet-tiva in presenza di filtrazione ascendente è data da σ’z = γ’⋅z - i⋅z⋅γw e si annulla quando ilgradiente idraulico è pari a

ic= γ’/γw  (Eq. 4.50)

detto gradiente idraulico critico.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -32

In questa condizione, se il terreno è privo legami coesivi, si annullano le forze intergranu-lari, si annulla la resistenza del terreno e le particelle solide possono essere trasportatedall’acqua in movimento, dando origine ad un fenomeno progressivo di erosione che con-duce al collasso della struttura del terreno. Tale fenomeno è noto come instabilità idrodi-

 namica (o sifonamento) ed è quello che può manifestarsi ad esempio nel caso di uno sca-vo sorretto da un diaframma. (Figura 4.19). È da notare che essendo γ’≅ γw, il valore di ic è prossimo all’unità.

Si definisce  fattore di sicurezza globale nei confronti del sifonamento il rapporto tra ilgradiente idraulico critico e quello che si ha in esercizio (definito  gradiente di efflusso,iE), ossia:

Essendo il sifonamento un fenomeno improvviso, senza segni premonitori, ed essendodifficile tener conto di fattori quali l’eterogeneità e l’anisotropia del terreno, si adottano

valori alti di FS (generalmente si impone

FS > 4). Nel caso di un diaframma infisso ad una profondità D in un mezzo omogeneo, ilgradiente di efflusso può essere valutato in

 prima approssimazione dividendo la perditadi carico per la lunghezza delle linea diflusso più corta, rappresentata dal percorsodi una particella d’acqua in aderenza al dia-framma, indicato con A-B in Figura 4.19,ovvero, trascurando lo spessore del dia-

framma ed indicando con H la differenza dicarico esistente tra due punti A e B appar-tenenti alle due superfici libere, si può por-re:

iE = H/(H+2D) (Eq. 4.52)

Per determinare un valore del gradiente di efflusso più aderente alla realtà si può ricorrerea diagrammi disponibili in letteratura per vari casi pratici ricorrenti (Figura 4.20).

A titolo di esempio, con lo schema di Figura 4.20, per h/D = 2 e d/D = 1 si ha i e ≅ 0.53.La stima, approssimata per eccesso, ottenuta dall’Equazione (4.52) è:

66.021

2

2D/d

D/h

D2d

hie   =

+=

+=

+=  

Un fenomeno analogo al sifonamento, dovuto alle pressioni di filtrazione al piede di undiaframma, è quello del sollevamento del fondo scavo.

Terzaghi ha osservato che il fenomeno di instabilità si estende a tutta la profondità D diinfissione per una larghezza pari a D/2 e che l’andamento delle sovrapressioni interstiziali(ovvero delle pressioni interstiziali in eccesso rispetto alla pressione idrostatica di valle) èquello riportato in Figura 4.21.

FS = ic/iE  (Eq. 4.51)

.c.

.c.

H

D

A

B

Figura 4.19 – Scavo sorretto da un diaframma

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -33

 

Figura 4.20 – Gradiente di efflusso, iE  , nel caso di uno scavo in un mezzo di spessore infinito (a),nel caso di uno scavo nastriforme in un mezzo di spessore infinito (b), nel caso di una trinceadrenante in un mezzo di spessore limitato (c)

In prima approssimazione, cautelati-

vamente, si assume che il valore del-la sovrapressione al piede del dia-framma sia costante per una larghez-za D/2 e pari ad γw ⋅Hc, dove Hc si ri-cava dall’Eq.(4.52):

ie = H/(H+2D) =Hc/D

e quindi:

Hc = (H D)/(H+2D).

La forza totale di filtrazione che ten-

de a sollevare il cuneo è data da Sw =Hc⋅γw⋅D/2; quando questa uguaglia il peso efficace del cuneo (peso totaledel cuneo meno spinta di Archime-de), dato da W’ = γ’ D D/2, si rag-giungono le condizioni limite di in-stabilità.

Il fattore di sicurezza globale neiconfronti del sollevamento del fondoscavo è definito come rapporto tra il peso efficace del cuneo e la forza di filtrazione chetende a sollevarlo, ossia:

 p.c

. .

D

A

E

H

Hc

γw c

H

D/2

D

Figura 4.21 – Distribuzione delle sovrapressioni al piede di un diaframma in un mezzo di spessore infinito

a)  b)

c)

   G  r  a   d   i  e  n   t  e   d   i  e   f   f   l  u  s  s  o   i   E

   G  r  a   d   i  e  n   t  e   d   i  e   f   f   l  u  s  s  o   i   E

  α 

h/D

 b/D

h/D

0.53

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -34

(è da osservare che in pratica il rapporto Hc/D rappresenta il gradiente di efflusso nel trat-

to infisso, e che quindi l’Eq. 4.53 corrisponde all’Eq. 4.51).Talvolta, nel caso di terreno omogeneo, viene assunto cautelativamente Hc= H/2, inveceche Hc= HD/(H+2D), come risulterebbe, sempre in maniera approssimata, dallo schemadi Figura 4.21.

Per incrementare il valore di FS si possono adottare le seguenti soluzioni:

-  aumentare la profondità di infissione in modo da ridurre il gradiente di efflusso;

-  disporre sul fondo dello scavo in adiacenza al diaframma un filtro costituito da mate-riale di grossa pezzatura in modo da incrementare le tensioni efficaci. In questo caso

2/DH W2/D'FScw

2

⋅⋅γ +⋅γ=   (Eq. 4.54)

dove W è il peso del filtro;

-  inserire dei dreni in modo da ridurre le sovrapressioni.

Se lo scavo è realizzato in un terreno a grana fine, sovrastante uno strato a permeabilitàmolto più elevata, nel tempo che intercorre tra la realizzazione dello scavo e l’instaurarsidel moto di filtrazione, occorre ragionare in termini di pressioni totali: se la forza risultan-te delle pressioni idrostatiche iniziali alla base del cuneo supera il peso totale del cuneo

 può verificarsi il sollevamento. In questo caso il fattore di sicurezza globale è definitomediante il rapporto tra la pressione verticale totale e la pressione interstizialeall’intradosso dello strato di argilla a valle (Figura 4.22):

cwcww H

D'

2/DH

2/DD'

S

'WFS

⋅γ⋅γ

=⋅⋅γ

⋅⋅γ==   (Eq. 4.53)

ww H

DFS

⋅γ⋅γ

=   (Eq. 4.55)

γw w

 H

 p.c.

Hw

D

Sabbia

Sabbia

Argilla NC

 Figura 4.22 - Scavo realizzato in un terreno a grana fine, sovrastante uno strato a permeabilitàmolto più elevata

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -35

4.9 Considerazioni sui problemi di idraulica dei terreni

Per affrontare e risolvere i problemi di ingegneria geotecnica si utilizzano modelli sempli-ficati del sottosuolo, costituiti da strati di terreno omogenei, con superfici di confine bendefinite, cui vengono attribuite proprietà geotecniche medie o caratteristiche. La geome-tria e le proprietà fisiche, idrauliche e meccaniche dei diversi strati di terreno sono stimatein base ai risultati di indagini geotecniche in sito e di laboratorio. Come vedremo nei capi-toli successivi, le indagini geotecniche hanno limiti e incertezze, dovuti alla rappresenta-tività del campione statistico, alla variabilità intrinseca delle proprietà dei terreni, alla im-

 possibilità di riprodurre in laboratorio le reali condizioni in sito, alle incertezze nelle pro-cedure di trasformazione dei risultati sperimentali in proprietà geotecniche, etc.. Pertantoil modello di sottosuolo utilizzato per il calcolo è solo uno schema semplificato della real-tà fisica, sia per quanto riguarda la geometria sia per quanto riguarda le proprietà geotec-niche attribuite ai singoli strati.

Le incertezze del modello hanno effetti molto diversi a seconda del problema geotecnico.

In alcuni di essi, anche scarti considerevoli dei valori reali di una proprietà geotecnica dalvalore medio stimato ed assunto per il calcolo, hanno modesti effetti sul risultato (ad e-sempio, la stima della capacità portante e dei cedimenti di una fondazione, o anche la sti-ma della spinta del terreno su un’opera di sostegno). Ma nei problemi di idraulica del ter-reno, ove è necessario considerare la filtrazione dell’acqua e la distribuzione delle pres-sioni interstiziali nello spazio e nel tempo, anche dettagli geologici minimi, apparente-mente insignificanti e di difficile individuazione con le usuali tecniche di indagine, pos-sono avere un’influenza decisiva, per cui l’uso di un modello semplificato di sottosuolo,che trascuri tali dettagli, può condurre a risultati decisamente errati.

Si consideri, ad esempio, una palancola a sostegno di uno scavo in un deposito di sabbia,

in cui sia presente un sottile strato di argilla. In assenza di falda, e quindi di filtrazione, la presenza dello straterello argilloso e molto poco permeabile, ha un’influenza trascurabilesulla pressione mutua terreno-struttura, e quindi sulla stabilità e sulle deformazioni del si-stema geotecnico. Al contrario, in presenza di falda, se il livello argilloso è al di sopradell’estremità inferiore della palancola ed è continuo, esso intercetta quasi completamentela filtrazione ed altera profondamente la distribuzione delle pressioni interstiziali. Se tut-tavia il livello di argilla non è continuo, ma corrisponde ad una piccola lente, la rete di fil-trazione ne risulta modificata solo localmente. Una verticale di indagine geotecnica (adesempio un sondaggio o una prova penetrometrica) eseguita per la progettazione dellastruttura, può non avere rilevato la presenza del sottile livello argilloso, oppure può averlarilevata ma senza poterne accertare l’estensione e la continuità.

In definitiva, l’intensità e la distribuzione delle pressioni interstiziali in presenza di filtra-zione sono stimate mediante la rete idrodinamica, la cui determinazione è molto incerta eraramente rispecchia le reali condizioni idrauliche del terreno. Per cui l’analisi teorica delcomportamento atteso del modello geotecnico, pur necessaria, deve essere convalidata damisure sperimentali durante la costruzione e in corso d’opera, ed eventualmente variata sele misure sperimentali non confermano le previsioni.

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -36

4.10  Verifiche di sicurezza nei confronti degli stati limite di tipo idrau-lico secondo le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14/01/08)

La progettazione geotecnica eseguita in conformità alle Norme Tecniche per le Costru-zioni (D.M. 14 gennaio 2008) (NTC-08) si basa sul metodo degli stati limite esull’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali. Nel metodo degli stati limite, che pos-sono essere ultimi (SLU) o di esercizio (SLE), vi sono tre categorie di coefficienti parzia-li, da applicare rispettivamente alle azioni o agli effetti delle azioni (A), alle caratteristi-che dei materiali (M) e alle resistenze (R). Essi possono assumere valori diversi ed esserediversamente raggruppati e combinati tra loro in funzione del tipo e delle finalità delle ve-rifiche nei diversi stati limite considerati.

Gli stati limite ultimi di tipo idraulico sono riconducibili ai seguenti due, denominati ri-spettivamente:

UPL (da Uplift) – che comportano la perdita di equilibrio della struttura o del terreno a

causa della sottospinta dell’acqua (fenomeni di galleggiamento di strutture interrate, come parcheggi sotterranei, stazioni metropolitane, etc.. o di sollevamento del fondo scavo), e

HYD (da Hydrodinamic conditions) – in cui si verifica erosione e sifonamento del terrenoa causa di moti di filtrazione dal basso verso l’alto con gradiente idraulico tale da produr-re l’annullamento delle tensioni efficaci.

Gli schemi di rottura delle Figure 4.19, 4.20 e 4.21 sono del tipo HYD, mentre lo schemadi Figura 4.22 è del tipo UPL.

Secondo le NTC-08:

“Per la stabilità al sollevamento deve risultare che il valore di progetto dell’azione insta-

bilizzante Vinst,d , combinazione di azioni permanenti (Ginst,d)  e variabili (Qinst,d) , sia nonmaggiore della combinazione dei valori di progetto delle azioni stabilizzanti (Gstb,d) e del-le resistenze (R d): 

Vinst,d ≤ Gstb,d + R d (6.2.4)

dove  Vinst,d = Ginst,d + Qinst,d  (6.2.5)

Per le verifiche di stabilità al sollevamento, I relativi coefficienti parziali sono indicatinella Tab. 6.2.III. Tali coefficienti devono essere combinati in modo opportuno con quellirelativi ai parametri geotecnici (M2).”

Tabella 6.2.III – Coefficienti parziali sulle azioni per le verifiche nei confronti di stati limite di sollevamento

CARICHI EFFETTO Coefficiente parzialeγF (o γE) SOLLEVAMENTO(UPL)

Favorevole 0.9Permanenti

SfavorevoleγG1

1.1

Favorevole 0.0Permanenti non strutturali

SfavorevoleγG2 

1.5

Favorevole 0.0Variabili

SfavorevoleγQi 

1.5

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -37

Bi x Li

Be x Le

Hw Hi

He

Pw

Pv

U

T

I valori dei coefficienti parziali relativi ai parametri geotecnici sono indicati nella seguen-te Tabella 6.2.II delle NTC08

Tabella 6.2.II – Coefficienti parziali per i parametri geotecnici del terreno

PARAMETRO GRANDEZZA ALLA QUALE

APPLICARE IL COEFFICIENTEPARZIALE

COEFFICIENTE

PARZIALE

( M1 ) ( M2 )

Tangente dell’angolodi resistenza al taglio

tan φ’k   γφ’1.0 1.25

Coesione efficace c’k γc’  1.0 1.25

Resistenza non drenata cuk γcu  1.0 1.4

Peso dell’unità di vo-lume

γ γγ  1.0 1.0

Esempio di verifica al sollevamento di una struttura interrata:Vasca in c.a. (Figura 4.23) immersa in terreno sabbioso saturo. Falda coincidente con il

 piano campagna.

Figura 4.23- Schema della vasca

dati geometrici:He = 3,5 m Be = 5 m Le = 10 mHi = 2,8 m Bi = 4 m Li = 9 mHw = 2,5 m

 pesi specifici di progetto: peso specifico del c.a.: γc.a. = 25 kN/m3  peso specifico dell’acqua.: γw. = 10 kN/m3 

 proprietà geotecniche (valori caratteristici)- peso di volume saturo della sabbia: γsat,k  = 18 kN/m3 

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -38

- angolo di resistenza al taglio: φ’k  = 32°

Verifica nei confronti dello stato limite di sollevamento secondo NTC 08

Area di base: Ab = Be Le = 10 x 5 = 50 m2 Area delle pareti: As = 2 He (Be + Le) = 2 x 3,5 x (5 + 10) = 105 m2 

Valori di progetto delle proprietà geotecniche(si applicano i coefficienti di sicurezza parziali di Tabella 6.2.II colonna M2)- peso di volume saturo della sabbia: γsat,d = γsat,k  / 1.0 = 18 kN/m3 - angolo di resistenza al taglio: φ’d = arctan(tanφ’k  /1,25) = 26,56°

Peso della vasca:Pv = γc.a. (Be Le He – Bi Li Hi) = 25 x (5 x 10 x 3,5 – 4 x 9 x 2,8) = 1855 kN

Peso dell’acqua contenuta nella vasca: Pw = γw Bi Li Hw = 10 x 4 x 9 x 2,5 = 900 kN

Sottospinta idraulica: U = γw He Ab = 10 x 3,5 x 50 = 1750 kN

Forza di attrito di progetto sulle pareti della vasca:T = τm,d Asτm,d = K d tanδd σ’vm K d = 1 – senφ’d = 1 – sen(26,56) = 0,553δd = 0,75 φ’d = 0,75 x 26,56 = 19,92°tanδd = tan(19,92) = 0,362σ’vm = γ’ He / 2 = (18 – 10) x 3,5 / 2 = 14 kPaτm,d = K d tanδd σ’vm = 0,553 x 0,362 x 14 = 2,80 kPaT = τm,d As = 2,80 x 105 = 294,5 kN

Valori di progetto delle azioni instabilizzanti

(si applicano i coefficienti di sicurezza parziali di Tabella 6.2.III)Ginst,d = U γG1 = 1750 x 1,1 = 1925 kNQinst,d (assente)Vinst,d = Ginst,d = 1925 kN

Valori di progetto delle azioni stabilizzanti(si applicano i coefficienti di sicurezza parziali di Tabella 6.2.III)Gstb,d = Pv γG1 = 1855 x 0,9 = 1669,5 kNQstb,d = Pw γQi = 900 x 0 = 0 kN

Valori di progetto delle azioni resistentiR d = T = 294,5 kN

Gstb,d + R d = 1669,5 + 294,5 = 1964 kN > Vinst,d = 1925 kN Verifica soddisfatta.

Riprendendo lo schema della Figura 4.22, che si riferisce al pericolo di sollevamento delfondo di uno scavo realizzato in un terreno a grana fine, sovrastante uno strato a permea-

 bilità molto più elevata, nel tempo che intercorre tra la realizzazione dello scavo el’instaurarsi del moto di filtrazione, l’applicazione delle NTC 08 e quindi dei coefficientidi sicurezza parziali di Tabella 6.2.III, comporta semplicemente di attribuire al coefficien-te di sicurezza globale FS di Eq. 4.55 il valore minimo: FSmin = 1,1 / 0,9 = 1,22

Infatti:

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -39

(Gstab,d + R d) = 0,9 γ D e Vinst,d = Ginst,d = 1,1 γw Hw 

da cui, dovendo risultare: Vinst,d ≤ Gstab,d + R d  ovvero

1,1 γw Hw ≤ 0,9 γ D ne segue: FS = γ D / γw Hw ≥ 1,1/0,9 = 1,22

Per quanto riguarda le verifiche al sifonamento, le NTC-08 recitano:

“ Il controllo della stabilità al sifonamento si esegue verificando che il valore di progettodella pressione interstiziale instabilizzante (uinst,d ) risulti non superiore al valore di pro-getto della tensione totale stabilizzante (σ stb,d ), tenendo conto dei coefficienti parziali del-la Tab. 6.2.IV:

uinst,d ≤ σstb,d  (6.2.6)

 

Tabella 6.2.IV – Coefficienti parziali sulle azioni per le verifiche nei confronti di stati limite di sifonamento

CARICHI EFFETTOCoefficiente parziale

γF (o γE)SIFONAMENTO

(HYD)

Favorevole 0.9Permanenti

SfavorevoleγG1

1.3

Favorevole 0.0Permanenti non strutturali

SfavorevoleγG2 

1.5

Favorevole 0.0Variabili

SfavorevoleγQi 

1.5

Si consideri ad esempio lo schema di Figura 4.24.

Figura 4.24 – Schema per la verifica al sifonamento

Sabbia

Acqua

Acqua

u

∆ h

dw 

dH

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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI

 

4 -40

Al piede del diaframma il valore caratteristico della pressione interstiziale instabilizzantevale:

uinst,k  = γw (d + dw + ∆h)

mentre il valore caratteristico della tensione totale stabilizzante vale:

σstb,k  = γsat d + γw dw = (γ’ + γw) d + γw dw 

Applicando i coefficienti di sicurezza parziali γG1 (rispettivamente sfavorevole per uinst,k  efavorevole per σstb,k ) di Tabella 6.2.IV la verifica in termini di tensioni totali richiede che:

1,3 γw (d + dw + ∆h) ≤ 0,9 [(γ’ + γw) d + γw dw]

ovvero:

1,3 γw ∆h ≤ 0,9 γ’ d – 0,4 γw (d + dw)

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

CAPITOLO 5

MODELLI REOLOGICI 

La reologia è la scienza che studia l’andamento delle deformazioni nella materia sottol’effetto dell’applicazione di un sistema di sollecitazioni. Uno degli obiettivi principali di

questa disciplina è quello di caratterizzare il comportamento meccanico dei materiali me-

diante la definizione di modelli matematici che stabiliscano dei legami tra tensioni, de-

formazioni e tempo (detti legami costitutivi).

Anche nella meccanica dei terreni si ricorre generalmente all’impiego di modelli, ovvero

di schemi più o meno semplificati, per l’interpretazione di fenomeni fisici complessi e per

la previsione del comportamento dei vari mezzi in seguito all’applicazione di un sistema

di sollecitazioni. Un aspetto importante da sottolineare è che un modello reologico non è

legato solo al tipo di materiale, ma anche e soprattutto al fenomeno fisico che lo interessa;

 per questo motivo la scelta del tipo di modello è strettamente dipendente oltre che dal tipo

di materiale, da quello dell’applicazione ingegneristica considerata.

Tra i modelli “classici”, quelli di maggiore interesse nell’ambito della meccanica dei ter-

reni sono:

-  il modello elastico 

-  il modello plastico 

-  il modello viscoso 

che possono essere assunti singolarmente o in combinazione tra loro.

 Nella descrizione dei modelli reologici, riportata nei paragrafi seguenti, verranno adottati

schemi monodimensionali e simboli convenzionali, per renderne più immediata la com- prensione a livello qualitativo. Passando dagli schemi monodimensionali al mezzo conti-

nuo, al concetto di forza si sostituisce quello di tensione e al concetto di spostamento

quello di deformazione.

5.1 Modello elastico

Il comportamento di un corpo è definito elastico se le deformazioni prodotte da un siste-

ma di sollecitazioni scompaiono una volta rimosse tali sollecitazioni. La relazione sforzi-

deformazioni è biunivoca e indipendente dal tempo: una stessa sollecitazione produce

sempre la stessa deformazione anche se applicata ripetutamente.

Il simbolo comunemente usato per rappresentare l’elasticità di un mezzo è una molla, e lo

schema monodimensionale semplificato è quello rappresentato in Figura 5.1 ( schema di

 Hooke).

Se si immagina di applicare una forza F all’estremità libera del carrello e di registrarne lo

spostamento s (Figura 5.1), la relazione tra F ed s è del tipo:

F = f(s)  (Eq. 5.1) 

ed è rappresentata in Figura 5.2.

5 - 1

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

Se f(s) è una funzione lineare (linea

(a) di Figura 5.2), ovvero:

O

K F

s

A

Figura 5.1. - Schema di Hooke per un mezzo elastico

F = K ⋅s 

(Eq. 5.2) 

con K = costante, si parla di  com-

 portamento elastico-lineare, con K

costante elastica del mezzo. Se di-

 pende dal livello di sforzo (o di de-

formazione) raggiunto (curva (b) di

Figura 5.2), si parla di legame ela-

 stico non lineare. La funzione che

rappresenta un legame elastico non

lineare può essere approssimata con

una funzione lineare a tratti, su in-

tervalli opportunamente piccoli del-

lo spostamento.

1

F = K s

F = f(s)F

(a)

(b)

s  Figura 5.2. – Comportamento elastico lineare (a) e nonlineare (b)

Le principali applicazioni geotecni-

che per le quali viene spesso assunta

l’ipotesi di comportamento elastico

del terreno sono:

−  il calcolo delle deformazioni nei

terreni sovraconsolidati;

−  l’analisi della diffusione delletensioni nel terreno;

−  il calcolo delle strutture di fon-

dazione.

5.2 Modello plastico

Il comportamento di un corpo è definito  plastico se, raggiunta una determinata soglia di

sollecitazione, si manifestano deformazioni permanenti (ossia che si conservano anche

una volta rimosse le sollecitazioni) e indipendenti dalla durata delle sollecitazioni applica-te. La relazione sforzi-deformazioni è quindi indipendente dal tempo e non biunivoca: ad

uno stesso valore della deformazione, s, possono corrispondere valori diversi della solle-

citazione, F.

La plasticità di un mezzo può essere rappresentata mediante un pattino ad attrito, secondo

lo schema monodimensionale semplificato rappresentato in Figura 5.3 ( schema di Cou-

lomb). Se si immagina di applicare una forza F all’estremità libera del carrello collegato

al pattino, si osserva che non si hanno spostamenti fino a che la sollecitazione non rag-

giunge un valore limite F*. In corrispondenza di tale valore lo spostamento plastico può

avvenire a forza applicata costante ( mezzo plastico perfetto) (linea (a) di Figura 5.4) op-

5 - 2

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

 pure progredire con aumento del-

la forza applicata (linea (b) di Fi-

gura 5.4) o diminuzione della for-

za applicata (linea (c) di Figura

5.4).

In questi casi si parla, rispettiva-

mente, di mezzo incrudente posi-

 tivamente  o  negativamente. An-

nullando la forza F non si ha al-

cun recupero dello spostamento

accumulato come è possibile os-

servare in Figura 5.5; incremen-

tando nuovamente la forza F il pattino rimarrà fermo nella posizione assunta sotto il cari-

co precedente, fino a che l’intensità della forza applicata non raggiunge il nuovo valore

limite F*, che sarà uguale al precedente per mezzo plastico perfetto, maggiore per mezzo

incrudente positivamente, minore per mezzo incrudente negativamente.

O

F

s

A

Figura 5.3 – Schema di Coulomb per un mezzo plastico

H1

F*

F

H > 0

H = 0

H < 0

(a)

(b)

(c)

s

H1

F*

F

O

AB

C

 ps

s  

Figura 5.4 – Andamento tensioni-deformazioni per un mezzo plastico perfetto (a), incrudente positivamente (b) e negativamente (c).

Figura 5.5 – Deformazione permanente per unmezzo plastico.

La relazione tra lo spostamento plastico, ds p, e l’aliquota di forza che eccede F*, dF

*, è del

tipo:

* p dFH

1ds   =   (Eq. 5.3) 

dove H, detto coefficiente di incrudimento, sarà uguale a zero per mezzo plastico perfet-

to, positivo per mezzo incrudente positivamente, negativo per mezzo incrudente negati-

vamente.

 Nelle applicazioni geotecniche l’ipotesi di comportamento plastico è assunta nella tratta-

zione dei problemi di stabilità, per i quali si fa riferimento alle condizioni di equilibrio li-

mite (capacità portante delle fondazioni, stabilità dei pendii, delle opere di sostegno, ecc..)

5 - 3

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

5.3 Modello viscoso

Il mezzo viscoso è caratterizzato da deformazioni permanenti che si sviluppano con una

velocità legata alla sollecitazione applicata. La velocità di deformazione si annulla

all’annullarsi della sollecitazione. Il simbolo con cui si rappresenta la viscosità di un mez-

zo è lo  smorzatore viscoso  (o ammortizzatore idraulico) costituito da un pistone forato

che scorre in un cilindro pieno di liquido. Lo schema monodimensionale semplificato del

modello è rappresentato in Figura 5.6 ( schema di Newton).

Se si immagina di applicare una forza F all’estremità libera del carrello e di registrarne lo

spostamento s, si osserva una relazione tra F e la velocità di spostamentodt

dss.

= , ossia

(linea (a) di Figura 5.7):

)sf(F.

=  (Eq. 5.4)

 

O

F

s

A

η

η

1

F = sη

F = f(s)F

(a)

(b)

s

Figura 5.6 – Schema di Newton per un mezzo

viscoso

Figura 5.7 – Comportamento di un mezzo

viscoso (a) e di un mezzo viscoso perfetto (b)

Se è una funzione lineare (linea (b) di Figura 5.7), ovvero:)sf(.

.

sηF   ⋅=  (Eq. 5.5)

con η = costante, si parla di  mezzo viscoso perfetto o newtoniano, con η viscosità del

mezzo.

5.4 Modelli reologici complessi

I modelli semplici descritti nei precedenti paragrafi possono essere combinati tra loro per

ottenere in alcuni casi modelli più adatti a schematizzare il comportamento del terreno.

La combinazione può essere fatta in serie o in parallelo.

5 - 4

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

 Nel primo caso lo spostamento risultante è la somma dei singoli spostamenti e la forza è

la stessa per tutti i componenti; nel secondo caso la forza è la somma delle forze nei sin-

goli componenti mentre lo spostamento è lo stesso.

Tra le possibili combinazioni verranno esaminate nel seguito:

−  il modello elasto-viscoso in parallelo (modello di Kelvin –Terzaghi)

−  il modello elasto-plastico incrudente

5.4.1 Modello elasto-viscoso in parallelo (modello di Kelvin –Terzaghi)

Lo schema monodimensionale semplificato che rappresenta questo modello è riportato in

Figura 5.8.

Se Fe rappresenta la forza che agisce sulla molla, Fv quella agente sullo smorzatore, se ed

sv i rispettivi spostamenti, si ha:

F = Fe + Fv (Eq. 5.6) 

s = se = sv (Eq. 5.7) 

Sostituendo ad Fe e Fv  le rispetti-

ve espressioni in funzione s ed

si ottiene:

.

s

O

η

F

s

A

Figura 5.8 – Schema semplificato del modello di Kelvin-Terzaghi

.

sKsF   η+=   (Eq. 5.8) 

Integrando l’equazione preceden-

te nell’ipotesi che lo spostamentoiniziale sia nullo (s(0) = 0) e che

venga applicata istantaneamente

una forza F = Fo, si ha:

)e1(s)e1(K 

F)t(s ritT

t

e

tK 

o−

η−

−⋅=−⋅=  

(Eq. 5.9) 

dove Trit = η/K  è detto tempo di ritardo.

Lo spostamento progredisce nel tempo in funzione delle caratteristiche elastiche e viscose

del mezzo tendendo asintoticamente allo spostamento se che compete alla componente e-

lastica (curva OAC in Figura 5.9).

La derivata dell’Eq. 5.9 è: ritT

t

rit

e

eT

s)t(s

⋅=  e per t = 0 risulta:rit

e

T

s)0t(s   ==  

5 - 5

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

Quindi Trit rappresenta l’ascissa cor-

rispondente al punto di intersezione

tra s = se  e la tangente nell’origine

(indicato con T in Figura 5.9).

s

s

F

A C

OB

T

F0

t

e

t1

Tr i t

 

Figura 5.9 – Andamento nel tempo degli spostamentinel modello di Kelvin-Terzaghi

Se all’istante t1 la forza viene rimos-sa, il ritorno nella posizione origina-

ria è ritardato dalla presenza dello

smorzatore (curva AB in Figura

5.9).

Il modello di Kelvin-Terzaghi è uti-

lizzato nell’interpretazione della teo-

ria della consolidazione edometrica.

5.4.2 Modello elasto-plastico incrudente

Lo schema monodimensionale di questo modello è rappresentato da una molla ed un pat-

tino ad attrito in serie (Figura 5.10). In questo caso, se si immagina di applicare una forza

al carrello lo spostamento sarà inizialmente pari a quello elastico della molla.

Raggiunto il valore di soglia della forza, F

(rappresentato dal punto A in Figura 5.11), i-nizierà a muoversi anche il pattino e l’incremento di spostamento ds del carrello, conse-

guente ad un incremento di forza dF* (rappresentato in Figura 5.11 dal tratto AB), sarà da-

to da:

ds = dse + ds p = λ dF* 

(Eq. 5.10) 

essendo dse e ds p gli incrementi di spostamento che competono rispettivamente alla molla

e al pattino.

Essendo dse = k dF*, con k pari all’inverso della costante elastica del mezzo, K, si avrà:

ds p =ds – dse = (λ−k)dF*  (Eq. 5.11)

Il coefficiente di incrudimento del mezzo sarà dato da:

H = dF*/ds p = 1/(λ-k) (Eq. 5.12)

Con un modello elasto-plastico incrudente si interpreta la compressibilità edometrica dei

terreni sovraconsolidati.

5 - 6

 

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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI

 

O

F

s

A

 Figura 5.10 – Schema semplificato del modello elasto-plastico incrudente

dF*

F*

F ds

 p eds

O

A

B

Cs

ss

1k 

ds

 pse

 Figura 5.11 – Comportamento di un mezzo elasto-plastico incrudente

5 - 7

 

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 1

CAPITOLO 6

PRESSIONI DI CONTATTO E DIFFUSIONE DELLE TENSIONI 

IN UN SEMISPAZIO ELASTICO 

6.1 Pressioni di contatto

Una fondazione superficiale trasmette al terreno il carico proveniente dalla struttura in e-levazione. Le pressioni mutue all’intradosso della fondazione sono dette pressioni dicontatto. La distribuzione delle pressioni di contatto dipende dall’entità e distribuzionedel carico all’estradosso della fondazione, dalla rigidezza della struttura di fondazione edalla rigidezza del terreno di fondazione.

In Figura 6.1 sono qualitativamente rappresentati gli effetti della rigidezza della struttura

di fondazione e della rigidezza del terreno di appoggio sulla distribuzione della pressionedi contatto per fondazioni soggette ad un carico uniforme.

Se la fondazione è priva di rigidezza, ovvero non resistente a flessione, la distribuzionedelle pressioni di contatto è necessariamente eguale alla distribuzione del carico applica-to, e la sua deformata si adatta ai cedimenti del terreno. Se il terreno di appoggio ha egua-le rigidezza sotto ogni punto della fondazione (argilla), il cedimento è massimo in mezze-ria e minimo al bordo, ovvero la deformata ha concavità verso l’alto. Se invece il terrenodi appoggio ha rigidezza crescente con la pressione di confinamento (sabbia), il cedimen-to è minimo in mezzeria e massimo al bordo, ovvero la deformata ha concavità verso il

 basso (Figura 6.1a). Lo schema di fondazione priva di rigidezza si applica, ad esempio,

alle fondazioni dei rilevati.

a) fondazioni

flessibili

b) fondazioni

rigide

c) fondazioni

semi-rigide

schema

su argilla

su sabbia

 p

 p  p

 p

 p

 p

 p

 p

 p

 p

 p

min

m in

min

min

max

max

min

minmax

min

W

q q 

q q 

W

W

W

W

WWW

max

max

max

max

max

W

q q 

W

 

Figura 6.1: Pressioni di contatto e cedimenti per fondazioni superficiali su terreno omogeneosoggette a carico verticale uniforme

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 2

Se la fondazione ha rigidezza infinita, ovvero è indeformabile e di infinita resistenza aflessione, per effetto di un carico a risultante verticale centrata, subisce una traslazioneverticale rigida (cedimenti uniformi). La distribuzione delle pressioni di contatto è sim-metrica per equilibrio e dipende dalla rigidezza del terreno di appoggio. Se il terreno diappoggio ha eguale rigidezza sotto ogni punto della fondazione (argilla), le pressioni dicontatto sono massime al bordo e minime in mezzeria. Viceversa se terreno di appoggioha rigidezza crescente con la pressione di confinamento (sabbia), le pressioni di contattosono massime al centro e minime al bordo (Figura 6.1b). Lo schema di fondazione infini-tamente rigida si applica, ad esempio, a plinti in calcestruzzo, alti e poco armati.

Se la fondazione ha rigidezza finita, il suo comportamento è intermedio fra i due soprade-scritti, ovvero ha una deformata curvilinea ma meno pronunciata di quella della fondazio-ne priva di rigidezza, con concavità verso l’alto o verso il basso a seconda del tipo di ter-reno di appoggio (Figura 6.1c). Lo schema di fondazione di rigidezza finita si applica, adesempio, alle platee di fondazione.

Se il carico proveniente dalla struttura in elevazione (e applicato all’estradosso della strut-tura di fondazione) non è uniforme ma ha comunque risultante verticale centrata, la di-stribuzione delle pressioni di contatto è:

-   per fondazioni flessibili, eguale alla distribuzione del carico applicato,

-   per fondazioni di rigidezza infinita, eguale alla distribuzione per carico uniforme di pari risultante,

-   per fondazioni di rigidezza finita, intermedia ai due casi precedenti1.

6.2 Diffusione delle tensioni nel terreno

La realizzazione di un’opera di ingegneria geotecnica produce un’alterazione dello statodi tensione naturale nel terreno, e quindi deformazioni e cedimenti.

Per stimare i cedimenti è necessario conoscere: a) lo stato tensionale iniziale nel sottosuo-lo, b) l’incremento delle tensioni prodotto dalla realizzazione dell’opera, e c) la relazionefra incrementi di tensione e incrementi di deformazione (legge costitutiva).

Lo stato tensionale iniziale nel sottosuolo corrisponde alle tensioni geostatiche, di cui ab- biamo discusso nel Capitolo 3 .

Per la stima, approssimata, dell’incremento delle tensioni verticali nel sottosuolo, da cui principalmente dipendono i cedimenti in superficie, si fa spesso riferimento al modello di

semispazio omogeneo, isotropo, elastico lineare e senza peso che, pur avendo un compor-tamento per molti aspetti diverso da quello dei terreni reali, fornisce soluzioni sufficien-temente accurate ai fini progettuali.

In particolare, le principali differenze tra il modello del continuo elastico e i terreni reali,sono:

1.  raramente i depositi di terreno reale sono costituiti da un unico strato di grande spes-sore, più spesso sono stratificati, e ogni strato ha differente rigidezza, e/o è presente

1 Ai soli fini del calcolo strutturale delle fondazioni, per la stima della distribuzione delle pressioni di con-tatto, si fa spesso riferimento al modello di Winkler, argomento che esula dal presente corso.

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 3

un substrato roccioso (bedrock) di rigidezza molto superiore a quella degli strati so-vrastanti2;

2.  anche nel caso di terreno omogeneo, la rigidezza dei terreni reali non è costante macresce con la profondità3;

3.  i terreni reali non sono isotropi. Il rapporto tra i moduli di deformazione in direzioneverticale ed orizzontale, Ev/Eh, è di norma maggiore di uno per terreni normalmenteconsolidati e debolmente sovraconsolidati, mentre è minore di uno per terreni forte-mente sovraconsolidati;

4.  l’ipotesi di elasticità lineare può essere accolta solo per argille sovraconsolidate e sab- bie addensate limitatamente a valori molto bassi di tensione, ma non è accettabile pertutti gli altri casi4.

La non corrispondenza fra le ipotesi del modello e la realtà fisica, porta a risultati gene-ralmente inaccettabili in termini di deformazioni calcolate, ma accettabili limitatamentealla stima delle tensioni verticali. Pertanto, con una procedura teoricamente non corretta

ma praticamente efficace e molto comune in ingegneria geotecnica, si utilizzano modellidiversi (leggi costitutive diverse) per risolvere aspetti diversi dello stesso problema. Adesempio, per una stessa fondazione superficiale, si utilizza il modello rigido-

 perfettamente plastico per il calcolo della capacità portante, il modello continuo elasticolineare per la stima delle tensioni verticali indotte in condizioni di esercizio, il modelloedometrico per il calcolo dei cedimenti e del decorso dei cedimenti nel tempo, il modellodi Winkler per il calcolo delle sollecitazioni nella struttura di fondazione, etc...

Il matematico francese Boussinesq, nel 1885, fornì la soluzione analitica del problemacapostipite di tutte le successive soluzioni elastiche: tensioni e deformazioni indotte dauna forza applicata ortogonalmente sulla superficie di un semispazio ideale, continuo,omogeneo, isotropo, elastico lineare e privo di peso.

Con riferimento allo schema di Figura 6.2 le tensioni indotte in un generico punto di talesemispazio, valgono (in coordinate cilindriche)5:

2 Esistono soluzioni elastiche che considerano il terreno stratificato e/o il bedrock. La presenza di un be-drock porta a valori della tensione verticale indotta superiori a quelli del semispazio omogeneo.3 Esistono soluzioni elastiche che considerano il modulo di Young linearmente crescente con la profondità.Tali soluzioni portano a valori della tensione verticale indotta superiori a quelli del semispazio omogeneo.4 Per carichi concentrati l’ipotesi di elasticità lineare conduce a valori infiniti della tensione in corrispon-denza del carico. Non esiste un materiale reale capace di resistere a tensioni infinite. (E d’altra parte anche icarichi concentrati sono solo un’astrazione matematica).5 Con riferimento ad un caso reale, quindi ad un terreno dotato di peso, le tensioni ottenute dalla soluzionedi Boussinesq (e per i casi di seguito considerati) vanno sommate alle tensioni geostatiche preesistenti.

6.2.1  Tensioni indotte da un carico verticale concentrato in superficie (problema di

 Boussinesq)

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 4

 

dove R 2 = r 2+z2 

Si osservi che l’Eq. 6.1, che permette di calcolare latensione verticale indotta, non contiene il coefficientedi Poisson, ν.

La distribuzione delle tensioni verticali su un pianoorizzontale alla profondità z dal p.c. è una superficie di rivoluzione avente forma di unacampana, simile alla curva gaussiana, il cui volume è pari al carico applicato in superficie.Al crescere di z la campana è sempre più estesa e schiacciata. A profondità z=0, la cam-

 pana degenera in una tensione infinita su un’area infinitesima, ovvero nel carico applicatoP. A titolo di esempio in Figura 6.3 sono rappresentate le distribuzioni di tensione vertica-le indotte da un carico concentrato P=100kN alle profondità z = 2m, 5m e 10m.

La distribuzione delle tensioni verticali al variare della profondità z per un assegnato va-lore della distanza orizzontale r dall’asse di applicazione della forza P, è indicata in Figu-ra 6.4. Per r=0, ovvero in corrispondenza del carico applicato, la tensione a profonditàz=0 è infinita per poi decrescere monotonicamente al crescere di z. Per r>0, la pressioneverticale vale 0 alla profondità z=0, poi cresce con z fino ad un valore massimo per poidecrescere tendendo al valore zero. A titolo di esempio in Figura 6.4 sono rappresentate ledistribuzioni di tensione verticale indotte da un carico concentrato P = 100kN alle distan-ze r = 0m, 2m e 5m.

Poiché per l’ipotesi di elasticità lineare è valido il principio di sovrapposizione degli effet-ti, la soluzione di Boussinesq è stata integrata per ottenere le soluzioni elastiche relative a

differenti condizioni di carico applicato in superficie.Le più frequentemente usate nella pratica professionale sono le seguenti.

Con riferimento allo schema di Figura 6.5, le tensioni indotte da un carico verticale distri- buito su una linea retta in superficie sono fornite dalle equazioni (6.5), (6.6), (6.7) e (6.8)(in coordinate cartesiane ed assumendo l’asse y orientato secondo la direzione della lineadi carico):

5

3

zR 

z

2

P3⋅

π⋅⋅

=σ   Eq. (6.1)

( )

( )   ⎥⎦

⎢⎣

+

⋅ν⋅−+

⋅⋅−⋅

⋅π⋅−=σ

zR 

R 21

zr 3

R 2

P

3

2

2r    Eq.(6.2)

( )( )⎥⎦

⎤⎢⎣

+−⋅

⋅π⋅

⋅ν⋅−−=σθ zR 

z

R 2

P212

  Eq. (6.3)

5

2

rzR 

r z

2

P3   ⋅⋅

π⋅⋅

=τ   Eq. (6.4)

6.2.2  Tensioni indotte da un carico verticale distribuito su una linea retta in superficie

P

θ

z

z

σ

σ

ψ

σ

Figura 6.2: Carico concentrato, problema di Boussinesq

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 5

0

4

8

12

-10 -5 0 5 10

r (m)

 

  z   (   k   P  a   )

Z = 2m

Z = 5m

Z = 10m

0

5

10

15

20

0 1 2 3 4 5

 z (kPa)

  z   (  m   )

r = 0m

r = 2m

r = 5m

 Figura 6.3 - Distribuzioni di tensione verticaleindotte in un semispazio alla Boussinesq da uncarico P=100kN alle profondità z = 2m, 5m e10m 

Figura 6.4 - Distribuzioni di tensione vertica-le indotte in un semispazio alla Boussinesq daun carico P = 100kN alle distanze r = 0m, 2me 5m 

dove P’ è il carico per unità di lunghezza, e

R 2 = x2+z2. 6 

6 Si osservi come le tensioni, per evidenti ragioni di simmetria, siano indipendenti da y.

x

x

z

z

x

y

z

σ

σ

σ

P’

 

Figura 6.5 - Carico distribuito su unalinea retta

4

3

z R 

z'P2⋅

π⋅

=σ 

(Eq. 6.5) 

4

2

xR 

xz'P2   ⋅⋅

π⋅

=σ   (Eq. 6.6)

2yR 

z'P2⋅ν⋅

π⋅

=σ   (Eq. 6.7)

4

2

xyR 

zx'P2   ⋅⋅

π⋅

=τ   (Eq. 6.8)

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 6

Con riferimento allo schema di Figura 6.6, le tensioni indotte da una pressione verticaleuniforme su una striscia indefinita sono fornite dalle equazioni (6.9), (6.10), (6.11) e

(6.12) (in coordinate cartesiane ed assumendo l’asse y orientato secondo la direzione dellastriscia di carico).

( )[ ]β⋅+α⋅α+α⋅π

=σ 2cossenq 

z   (Eq. 6.9) 

( )[ ]β⋅+α⋅α−α⋅π

=σ 2cossenq 

x   (Eq. 6.10)

α⋅ν⋅

π

⋅=σ

q 2y   (Eq. 6.11)

( )β⋅+α⋅α⋅π

=τ 2sensenq 

xy   (Eq. 6.12)

 

dove q è il carico per unità di superficie, α  e β sono espressi in radianti, β è negativo per puntisotto l’area caricata.

Con riferimento allo schema di Figura 6.7, le tensioni indotte da una pressione verticaletriangolare su una striscia indefinita sono fornite dalle equazioni (6.13), (6.14) e (6.15) (incoordinate cartesiane ed assumendo l’asse y orientato secondo la direzione della strisciadi carico):

6.2.3  Tensioni indotte da una pressione verticale uniforme su una striscia indefinita

x

x

y

σ

σ

α

β

σ

B

z

Figura 6.6: Pressione uniforme su stri-scia indefinita

6.2.4  Tensioni indotte da una pressione verticale triangolare una striscia indefinita

⎟ ⎠ ⎞⎜

⎝ ⎛  β⋅−α⋅⋅

π=σ 2sen

21

Bxq z  

(Eq. 6.13) 

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡β⋅+⎟

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅−α⋅⋅

π=σ 2sen

2

1

R ln

B

z

B

xq 2

2

21

x   (Eq. 6.14)

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛  α⋅⋅−β+⋅π⋅

=τB

z22cos1

2

q xz   (Eq. 6.15)

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 7

2a'

2ax

z

q

 Fi ura 6.8 - Pressione tra ezia su striscia inde inita

dove q è il valore massimo del carico per unità di superficie, α e β sono espressi in ra-dianti, β è negativo per punti sotto l’area caricata.

x

x

y

z

σ

α

β

σ

2

1

B

 Figura 6.7 - Pressione triangolare su striscia indefinita

Il caso della pressioneverticale trapezia, diuso molto frequente

 poiché corrisponde alcarico trasmesso darilevati stradali, puòessere risolto persovrapposizione dieffetti utilizzando leequazioni delle striscedi carico rettangolaree triangolare.

6.2.5  Tensione verticale indotta da una pressione verticale trapezia su una striscia in-definita

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 8

Se interessa conoscere la tensione verticale in asse al rilevato, con riferimento allo sche-ma ed ai simboli di Figura 6.8, può essere utilizzata, più semplicemente, la seguente e-quazione:

( ) ( )   ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ ⎟

 ⎠ ⎞⎜

⎝ ⎛ ⋅−⎟

 ⎠ ⎞⎜

⎝ ⎛ ⋅

π⋅−⋅=σ   = z

'aarctan'azaarctana

'aaq 2

0xz   Eq. (6.16)

 

Con riferimento allo schema di carico di Figura 6.9, le tensioni verticali indotte in asseall’area caricata possono essere calcolate con la seguente equazione:

( )

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ +

−⋅== 320r z

z

R 1

11q σ     (Eq. 6.17)

mentre per la stima il delle tensioni indotte in corrispondenza di altre verticali si può fareriferimento alla Tabella 6.1 ed alle curve rappresentate in Figura 6.10.

Osservando la Figura 6.10 si puònotare che alla profondità z = 0in corrispondenza delle verticaliinterne all’area caricata (r < R)la

 pressione di contatto è pari alla pressione q agente sull’area cir-colare (fondazione flessibile), incorrispondenza delle verticali e-

6.2.6   Tensione verticale indotta da una pressione uniforme su una superficie circolare

2R

q

z

Figura 6.9 - Pressione uniformesu area circolare

0

1

2

3

4

5

0 0,25 0,5 0,75 1

 z/q

  z   /   R

r/R=0

r/R=0,5

r/R=1

r/R=2

Figura 6.10 - Variazione della tensione verticale indottada una pressione su area circolare per differenti verticali

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 - 9

sterne (r > R) la pressione di contatto è zero, e che in corrispondenza delle verticali sul bordo (r = R) la pressione di contatto è pari alla metà della pressione q.

La soluzione relativa al caso di un’area rettangolare uniformemente caricata è molto im- portante, non solo perché molte fondazioni hanno forma rettangolare, ma anche perché,sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti, permette di calcolare lo stato ten-sionale indotto da una pressione uniforme agente su un’area scomponibile in rettangoli.

Con riferimento allo schema di Figura 6.11, le tensioni indotte dal carico in un punto sullaverticale per uno spigolo O dell’area caricata, posto:

Tabella 6.1: Variazione della tensioneverticale indotta da una pressione suarea circolare per differenti verticali(dati relativi alla Figura 6.10)

( )

( )

( ) 5,02223

5,0222

5,0221

zBLR 

zBR 

zLR 

++=

+=

+=

 

valgono:

6.2.7   Tensioni indotte da una pressione uniforme su una superficie rettangolare

r/R 0 0,5 1 2

z/R σz / q 

0 1,000 1,000 0,500 0,000

0,1 0,999 0,995 0,481 0,000

0,2 0,992 0,977 0,464 0,001

0,3 0,976 0,941 0,447 0,003

0,4 0,948 0,894 0,430 0,006

0,5 0,910 0,840 0,412 0,010

0,6 0,863 0,780 0,395 0,016

0,7 0,811 0,718 0,378 0,022

0,8 0,758 0,664 0,362 0,028

0,9 0,700 0,612 0,346 0,035

1 0,646 0,565 0,329 0,041

1,2 0,546 0,480 0,298 0,052

1,4 0,461 0,408 0,268 0,061

1,6 0,390 0,351 0,241 0,067

1,8 0,332 0,303 0,217 0,071

2 0,284 0,262 0,195 0,073

2,2 0,245 0,228 0,176 0,073

2,4 0,213 0,201 0,158 0,073

2,6 0,186 0,178 0,142 0,071

2,8 0,164 0,158 0,131 0,069

3 0,146 0,141 0,119 0,067

4 0,086 0,082 0,077 0,052

5 0,057 0,054 0,052 0,041

x

z

y

L

B

B

x

y

z

σ

σ

σ

R R 

1

23

x

z

 Figura 6.11- Pressione uniforme su un’arearettangolare

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 -10

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ +⋅

⋅⋅+⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

⋅⋅

⋅π⋅

=σ22

2133

z R 

1

1

zBL

R z

BLarctan

2

q   Eq. (6.18)

⎥⎦

⎢⎣

⋅⋅⋅

−⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

⋅⋅

⋅π⋅=σ3

213

x R R 

zBL

R z

BLarctan2

q   Eq. (6.19)

⎥⎦

⎤⎢⎣

⋅⋅⋅

−⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

⋅⋅

⋅π⋅

=σ3

223

y R R 

zBL

R z

BLarctan

2

q   Eq. (6.20)

⎥⎦

⎤⎢⎣

⋅⋅

−⋅π⋅

=τ3

21

2

2zx

R R 

zB

B

2

q   Eq. (6.21)

Volendo conoscere lo stato tensionale in un punto del semispazio alla profondità z, sullaverticale di un punto M non coincidente con lo spigolo O del rettangolo, si procede per

sovrapposizione di effetti di aree di carico rettangolari, nel modo seguente (Figura 6.12):a) M interno ad ABCD; le tensioni risultano dalla somma delle tensioni indotte in M dalle

4 aree (1), (2), (3) e (4), ciascuna con vertice in M:

)M'CC'D(zM)M'DD'B(zM)M'BB'A(zM)'MC'AA(zM)ABCD(zM   σ  σ  σ  σ  σ     +++= Eq. (6.22)

 b) M esterno ad ABCD; le tensioni risultano dalla somma algebrica delle tensioni indotteda rettangoli opportunamente scelti, sempre con vertice in M:

)''MD'DD(zM)'MC'CD(zM)''MD'BB(zM)'MC'AB(zM)ABCD(zM   σ+σ−σ−σ=σ Eq. (6.23)

 

Può essere talvolta utile valutare anche i cedimenti elastici. L’equazione per il calcolo delcedimento in corrispondenza dello spigolo O dell’area flessibile di carico uniforme q, diforma rettangolare BxL su un semispazio continuo, elastico lineare, omogeneo e isotropo,avente modulo di Young E, e coefficiente di Poisson ν, è la seguente:

C D

 A

M

B A

M

B B'

C D D'

C' D''

1

3 4

2

caso a) caso b)

Figura 6.12 - Esempi di sovrapposizione di aree di carico rettangolari

 A’

D’

C’B’

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI

 

6 -11

 posto ξ = L/B

( ) (   )⎥⎥

⎢⎢

⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜

⎝ 

⎛ 

ξ

ξ++⋅ξ+ξ++ξ⋅

ν−⋅

π⋅

=2

22 11

ln1lnE

1Bq w Eq. (6.24)

L’Eq. 6.24 permette di calcolare il cedimento elastico in qualunque punto della superficie, per sovrapposizione degli effetti, con procedura analoga a quella sopra descritta per il cal-colo delle tensioni verticali.

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 1

CAPITOLO 7

COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA 

La risultante delle deformazioni verticali che si manifestano in un terreno è comunementeindicata con il termine cedimento e di tale grandezza, nella pratica ingegneristica, interes-sa di solito conoscere sia l’entità sia l’evoluzione nel tempo.

I principali meccanismi che contribuiscono allo sviluppo dei cedimenti sono:

−  compressione e inflessione delle particelle di terreno per incremento delle tensioni dicontatto (tale fenomeno produce deformazioni in gran parte reversibili, ovvero elasti-che);

−  scorrimento relativo dei grani indotto dalle forze di taglio intergranulari (tale fenome-

no produce deformazioni in gran parte irreversibili, ovvero plastiche);−  frantumazione dei grani in presenza di elevati livelli tensionali (le conseguenti defor-

mazioni sono irreversibili);

−  variazione della distanza tra le particelle dei minerali argillosi, dovuta a fenomeni diinterazione elettrochimica (le conseguenti deformazioni sono in parte reversibili e in

 parte irreversibili in relazione alle caratteristiche del legame di interazione);

−  compressione e deformazione dello strato di acqua adsorbita (le conseguenti deforma-zioni sono in gran parte reversibili, ovvero elastiche);

In definitiva, le deformazioni (e quindi i cedimenti) conseguono direttamente alla:

1.  compressione delle particelle solide (incluso lo strato di acqua adsorbita);

2.  compressione dell’aria e/o dell’acqua all’interno dei vuoti;

3.  espulsione dell’aria e/o dell’acqua dai vuoti.

Per i valori di pressione che interessano nella maggior parte dei casi pratici, la deformabi-lità delle particelle solide è trascurabile. Inoltre, se il terreno è saturo, come spesso accade

 per i terreni a grana fine, anche la compressibilità del fluido interstiziale (acqua e/o mi-scela aria-acqua) può essere trascurata, essendo trascurabile la quantità di aria presente el’acqua praticamente incompressibile. Pertanto, il cedimento nei terreni è dovuto preva-lentemente al terzo termine ed in particolare all’espulsione dell’acqua dai vuoti1.

Via via che l’acqua viene espulsa dai pori, le particelle di terreno si assestano in una con-figurazione più stabile e con meno vuoti, con conseguente diminuzione di volume.

Il processo di espulsione dell’acqua dai vuoti è un fenomeno dipendente dal tempo (ovve-ro dal coefficiente di permeabilità del terreno), l’entità della variazione di volume è legataalla rigidezza dello scheletro solido.

1 I cedimenti possono essere anche dovuti a costipamento, ovvero all’espulsione di aria da un terreno nonsaturo come conseguenza dell’applicazione di energia di costipamento (vedi capitolo 2), a deformazioni ditaglio a volume costante, che si verificano nei terreni saturi e poco permeabili in condizioni non drenateall’atto stesso di applicazione dell’incremento delle tensioni, o a deformazioni volumetriche a pressione ef-ficace costante, ovvero a creep (viscosità).

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 2

Si distinguono quindi i due concetti di compressibilità e consolidazione.

Compressibilità è la risposta in termini di variazione di volume di un terreno sottopostoad un incremento dello stato tensionale (efficace, in base al principio delle pressioni effi-caci). È necessario studiare la compressibilità di un terreno per stimare le deformazioni

volumetriche ed i conseguenti cedimenti.Consolidazione è la legge di variazione di volume del terreno nel tempo. È necessariostudiare la consolidazione per stimare il decorso delle deformazioni volumetriche e deiconseguenti cedimenti, nel tempo.

Sebbene in linea di principio si possano applicare i concetti di compressibilità e di conso-lidazione sia a terreni granulari che a terreni a grana fine, in pratica interessano soprattuttoquesti ultimi, e particolarmente le argille, perché di norma responsabili di cedimenti mag-giori e di tempi di consolidazione molto più lunghi.

7.1 Compressibilità edometricaLa compressibilità di un terreno viene spesso valutata in condizioni di carico assiale uni-formemente distribuito e di assenza di deformazioni laterali; tali condizioni sono dette “e-dometriche” (dal nome della prova utilizzata per riprodurle, che verrà descritta nel segui-to).

Le condizioni edometriche si realizzano ad esempio nel caso della formazione di un depo-sito di terreno per sedimentazione lacustre (v. anche Capitolo 3 – Tensioni geostatiche), ilcui schema è riportato nella Figura 7.1a. Il terreno è immerso e quindi è saturo (tutti ivuoti sono pieni d’acqua); inoltre, essendo il deposito infinitamente esteso in direzioneorizzontale, per simmetria non sono possibili deformazioni orizzontali.

In corrispondenza di un generico punto P (Figura 7.1a), la pressione efficace verticale (edanche quella orizzontale) cresce gradualmente via via che avviene la sedimentazione eche il punto considerato, viene a trovarsi a profondità maggiori.

P

e

c   σ’ (log)vσ’

(A)

A

BC

D

E

a)  b)

(B)(C)

(E)

(D)

 

Figura 7.1 - Sedimentazione in ambiente lacustre con più cicli di carico e scarico (a) e variazionedell’indice dei vuoti con la pressione verticale efficace (b): A→  B: compressione vergine, B→ C:decompressione, C →  B: ricompressione, B→  D: compressione vergine, D→ E: decompressione. 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 3

Per effetto dell’incremento di tensioni efficaci, il terreno subisce deformazioni volumetri-che, εV, le quali, non essendo possibili deformazioni orizzontali, sono eguali alle defor-mazioni verticali (assiali), εa, ovvero:

a00

v H

H

V

V

ε=

=

=ε   (Eq. 7.1)

essendo V0 e H0 il volume e l’altezza iniziale di un elemento di volume nell’intorno del punto P considerato, ∆V e ∆H le relative variazioni di volume e di altezza.

In Ingegneria Geotecnica, per tradizione, si fa più spesso riferimento alle variazioni di in-dice dei vuoti piuttosto che alle variazioni di volume.

Dalla definizione di deformazione volumetrica e ricordando la definizione di indice dei

vuoti (s

v

V

Ve = ), si desume comunque la relazione:

000 HH

e1e

VV   ∆=

+∆=∆   (Eq. 7.2)

avendo indicato con e0 l’indice dei vuoti iniziale dell’elemento di terreno considerato.

Rappresentando in un diagramma l’indice dei vuoti del terreno in funzione della pressioneverticale efficace, riportata in scala logaritmica, nel caso in cui il deposito sia soggetto a

 più cicli di carico e scarico, ad esempio sedimentazione (A-B), seguita da erosione (B-C),di nuovo sedimentazione (C-D), fino a superare lo strato eroso, poi di nuovo erosione (D-E), si ottiene l’andamento qualitativo rappresentato nel grafico di Figura 7.1b.

In particolare, trascurando il piccolo ciclo di isteresi formato dai tratti BC (scarico) e CB(ricarico), si può osservare che:

-  nelle fasi di primo carico (compressione vergine, tratti AB e BD) il comportamento de-formativo del terreno è elasto-plastico, poiché nella successiva fase di scarico solo una

 parte delle variazioni di indice dei vuoti (e quindi delle deformazioni) viene recupera-ta;

-  i tratti di primo carico appartengono alla stessa retta;

-  nelle fasi di scarico e ricarico (tratti BC, CB e DE) il comportamento deformativo è e-lastico ma non elastico-lineare (il grafico di Figura 7.1b è in scala semilogaritmica);

-  sia in fase di carico vergine che in fase di scarico e ricarico, essendo la relazione e-σ’vrappresentata da una retta in scala semilogaritmica, per ottenere un assegnato decre-

mento dell’indice dei vuoti, ∆e, occorre applicare un incremento di tensione verticaleefficace ∆σ’v tanto maggiore quanto più alto è il valore di tensione iniziale, ovvero larigidezza del terreno cresce progressivamente con la tensione applicata.

La massima pressione verticale efficace sopportata dall’elemento di terreno considerato èdetta pressione di consolidazione (o di preconsolidazione), σ’ p (ad esempio, nel caso diFigura 7.1 la pressione di consolidazione è rappresentata dall’ascissa del punto D del gra-fico. Quando l’elemento di terreno si trova in un punto appartenente alla retta ABD, èsoggetto ad una pressione verticale efficace che non ha mai subito nel corso della sua sto-

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 4

ria precedente, ovvero è soggetto alla pressione di consolidazione; nei tratti BC e DE in-vece è soggetto ad una pressione verticale efficace minore di quella di consolidazione.

Un terreno il cui punto rappresentativo si trova sulla curva edometrica di carico vergine(ABD) si dice normalmente consolidato (o normalconsolidato) (NC), mentre un terreno

il cui punto rappresentativo si trova su una delle curve edometriche di scarico-ricarico(BC, CB, DE) si dice sovraconsolidato (OC).

Il rapporto tra la pressione di consolidazione, σ’ p, e la pressione verticale efficace agente,σ’vo, è detto, come già anticipato nel Capitolo 3, grado di sovraconsolidazione:

ʹ

vo

ʹ

pOCR

σ

σ= .

In conclusione, si può affermare che in condizioni edometriche (e non solo, come vedre-mo più avanti) il comportamento del terreno segue, con buona approssimazione, un mo-dello elastico non lineare – plastico ad incrudimento positivo (vedi Capitolo 5).

La pressione di consolidazione rappresenta la soglia elastica (o di snervamento) del mate-riale. Per valori di tensione inferiori alla pressione di consolidazione (terreno OC) il com-

 portamento è elastico non lineare. Se un terreno NC viene compresso la pressione di con-solidazione, ovvero la soglia elastica aumenta di valore (incrudimento positivo).

La compressibilità dei terreni viene studiata in laboratorio mediante la “prova edometri-ca”, i cui risultati sono comunemente utilizzati per calcolare le deformazioni (e i cedimen-ti) conseguenti all’applicazione di carichi verticali in terreni a grana fine, come verrà illu-strato più in dettaglio nei paragrafi seguenti e nel Capitolo 16 (cedimenti di fondazionisuperficiali).

7.2 Determinazione sperimentale della compressibilità edometrica

Per studiare in laboratorio la compressibilità (e, come vedremo in seguito anche la conso-lidazione) nelle condizioni di carico verticale infinitamente esteso, strati orizzontali, fil-trazione e deformazioni solo verticali (quali quelle presenti ad esempio durante il proces-so di formazione di un deposito per sedimentazione), viene impiegata una prova di com-

 pressione a espansione laterale impedita, detta prova edometrica.

La prova viene di norma eseguita su provini di terreno a grana fine (argille e limi) indi-sturbati (ovvero ricavati in modo da alterare il meno possibile la struttura naturale del ter-

reno in sito. Vedi anche Capitolo 12).I provini, di forma cilindrica e rapporto diametro/altezza (D/H0) compreso tra 2,5 e 4(molto spesso D = 6cm, H0 = 2cm), durante la prova sono lateralmente confinati da un a-nello metallico, di rigidezza tale da potersi considerare indeformabile. L’assenza di de-formazioni radiali (che nello schema di formazione di un deposito descritto precedente-mente consegue alle condizioni di estensione infinita e stratificazione orizzontale) è ga-rantita dal vincolo meccanico costituito dall’anello. La forma schiacciata del provino èmotivata dalle necessità di ridurre al minimo le tensioni tangenziali indesiderate di attritoe di aderenza con la parete dell’anello (che a tal fine viene lubrificata), e di contenere itempi di consolidazione. Sulle basi inferiore e superiore del provino vengono disposti undisco di carta da filtro e uno di pietra porosa, per favorire il drenaggio. L'insieme provino-

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 5

anello rigido-pietre porose è posto in un contenitore (cella edometrica) pieno d'acqua, inmodo da garantire la totale saturazione del provino durante la prova (Figura 7.2).

Le modalità standard di esecuzione della prova prevedono l’applicazione del carico verti-cale N per successivi incrementi, ciascuno dei quali è mantenuto il tempo necessario per

consentire l’esaurirsi del cedimento di consolidazione primaria2

 (in genere 24h).Quindi, diversamente dallo schema di formazione del deposito per sedimentazione, carat-terizzato da un incremento graduale e continuo della pressione verticale (totale ed effica-ce), nella prova edometrica standard la tensione verticale totale è applicata per gradini,con discontinuità. Durante la permanenza di ciascun gradino di carico, viene misurata lavariazione di altezza del provino, ∆H, nel tempo (tale informazione consente di studiarel’evoluzione nel tempo dei cedimenti, ovvero il processo di consolidazione, come verràillustrato nel Paragrafo 7.7). Noto il valore di ∆H è possibile calcolare le deformazioni as-

siali (e volumetriche),0

a H

H∆=ε , e le variazioni di indice dei vuoti (Eq. 7.2),

( )00

e1H

He   +⋅∆=∆ .

I valori della deformazione assiale e/o dell’indice dei vuoti corrispondenti al termine del processo di consolidazione primaria per ciascun gradino di carico3 (o più spesso, per co-modità ma commettendo un errore, corrispondenti al termine delle 24h di permanenza delcarico di ogni gradino), vengono diagrammati in funzione della corrispondente pressione

verticale media efficace,2

'v

D

 N4

A

 N

⋅π

⋅==σ . Collegando fra loro i punti sperimentali si di-

segnano le curve di compressibilità edometrica.

 N

0H

CapitelloAnello edometrico

Pietre porose

Cella edometrica

D

Figura 7.2– Cella edometrica

2 La consolidazione primaria è distinta dalla consolidazione secondaria dovuta a fenomeni viscosi (Par. 7.9).3 Le altezze del provino corrispondenti all’inizio e alla fine del processo di consolidazione primaria, per cia-scun gradino di carico, si determinano mediante opportune procedure descritte nei Paragrafi 7.7.1 e 7.7.2.

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 6

 Nel grafico in scalasemilogaritmica dellaFigura 7.3, è rappresen-tato l’andamento del-l’indice dei vuoti (assedelle ordinate a sini-stra) e della deforma-zione assiale (asse delleordinate a destra) infunzione della pressio-ne verticale media effi-cace, ottenuto speri-mentalmente da una

 prova edometrica stan-dard condotta su un

 provino “indisturbato”di argilla4 (le due curvesono omologhe, inquanto le variabili εa  e∆e sono proporzionali).

 Nel grafico si individuano tre tratti per la fase di carico:

−  un tratto iniziale a debole pendenza (punti 1-2)

−  un tratto intermedio a pendenza crescente (punti 2-5)

−  un tratto finale a pendenza maggiore e quasi costante (punti 5-8).

La curva di scarico (punti 9-11) ha pendenza minore e quasi costante.

Il grafico può essere interpretato, alla luce di quanto detto al paragrafo precedente, tenen-do conto della storia tensionale e deformativa subita dal provino di terreno. Il provino,quando si trovava in sito, era soggetto alla pressione litostatica. Durante il campionamen-to, l’estrazione, il trasporto, l’estrusione dal campionatore, ha subito una serie di disturbi(inevitabili) ed una decompressione fino a pressione atmosferica in condizioni di espan-sione libera5. A causa della decompressione il provino si è espanso e, a parità di contenutoin acqua, è diminuito il grado di saturazione e si sono generate pressioni interstiziali nega-tive (vedi Capitolo 9). Poi è stato fustellato con l’anello metallico della prova edometrica6 e inserito nella cella riempita d’acqua, dove assorbendo acqua in condizioni di espansione

laterale impedita ha in parte rigonfiato. Infine è iniziata la fase di carico. Il tratto inizialedella curva di Figura 7.3 (punti 1-2) corrisponde perciò ad un ricompressione in condizio-

 4 Si osservi che i punti sperimentali hanno passo costante in ascissa. Essendo la scala delle ascisse logarit-mica, ciò significa che gli incrementi di carico sono applicati con progressione geometrica. Nella fase discarico il numero di punti sperimentali è minore (in genere la metà). Il primo gradino di carico è general-mente pari a 25 kPa, l’ultimo gradino deve essere tale da superare abbondantemente la pressione di precon-solidazione (6÷8 σ’c)5 Poiché il disturbo da campionamento è inevitabile, specie per i terreni normalmente consolidati, nessuna prova di laboratorio può riprodurre esattamente le condizioni in sito.

6 Per ridurre il disturbo prodotto dal fustellamento l’anello ha un bordo tagliente con parete interna verticale(vedi Figura 7.2).

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.01 0.1 1 10

Tensione efficace verticale, 'v (Mpa)

   i  n   d   i  c  e   d  e   i  v  u  o   t   i ,  e

1 23

4

5

6

7

89

10

11

Figura 7.3 – Esempio di risultati di prova edometrica

(log) [MPa]

0

5

10

15

20

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 7

ni edometriche che tuttavia segue ad uno scarico (non rappresentato nel grafico) non e-dometrico. Perciò il primo tratto non è rettilineo, e comunque non ha pendenza eguale aquella del ramo di scarico.

Il secondo tratto della curva (punti 2-5) è marcatamente curvilineo e comprende il valore

della pressione di consolidazione in sito, la cui determinazione sperimentale viene dinorma eseguita con la costruzione grafica di Casagrande, descritta nel seguito.

Il terzo tratto della curva di carico (punti 5-8) corrisponde ad una compressione edometri-ca vergine o di primo carico.

Il grafico di Figura 7.3 viene utilizzato per stimare i parametri di compressibilità.

A tal fine, la curva sperimentale di compressione edometrica e-σ’v, in scala semilogarit-mica (Figura 7.3), viene approssimata, per le applicazioni pratiche, con tratti rettilinei adifferente pendenza7 (Figura 7.4); il tratto di ginocchio a pendenza crescente è sostituito

con un punto angolare (punto A),corrispondente alla pressione di con-solidazione, σ’ p.  La pendenza deltratto iniziale è detta indice di ri-

 compressione, Cr , e non è molto si-gnificativo per i motivi sopradetti.La pendenza del tratto successivo alginocchio, ovvero alla pressione diconsolidazione, è detta indice di

 compressione, Cc. La pendenza neltratto di scarico tensionale è dettaindice di rigonfiamento, Cs

8.

Valori tipici di Cc sono compresi tra0,1 e 0,8; Cs  è dell’ordine di1/5÷1/10 del valore di Cc. Per unastima approssimata dell’indice dicompressione per argille N.C. si puòricorrere alla seguente relazione:

Per determinare la pressione di preconsolidazione sono state proposte varie procedure, tra

cui la più comunemente utilizzata è quella di Casagrande, che prevede i seguenti passi(Figura 7.5):

1. si determina il punto di massima curvatura (M) del grafico semilogaritmico e - σ'v 

2. si tracciano per M la retta tangente alla curva (t), la retta orizzontale (o), e la retta bi-settrice (b) dell'angolo formato da t ed o

7 Le pendenze nei diversi tratti sono date dal rapporto adimensionale'v10log

e

σ∆

∆ .

8 Sarebbe buona norma fare eseguire in laboratorio un intero ciclo di scarico-ricarico e determinare l’indicedi rigonfiamento come pendenza dell’asse del ciclo di isteresi.

Cc = 0,009 (wL – 10) (Eq. 7.3)

e

σ'v (log)'c

1

1

1

 ACr 

Cs

Cc

Figura 7.4 - Schematizzazione della curva di com- pressione edometrica

σ’ p 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 8

3. l'intersezione di b con la ret-ta corrispondente al tratto ter-minale della curva di primo ca-rico individua la pressione di

 preconsolidazione.

Considerate le difficoltà spessoesistenti nell'individuare il pun-to di massima curvatura, è utileconfrontare sempre il valore diσ' p ottenuto, con i suoi possibili

limiti inferiore e superiore:

−  il primo è rappresentatodall’ascissa del punto diintersezione tra la retta di

ricompressione e quella dicompressione vergine(punto S);

−  il secondo dall’ascissa del punto R a partire dal qualela relazione e-logσ' diventauna retta.

Confrontando il valore della σ’ p, determinato sperimentalmente, con la tensione verticaleefficace σ’v0 (calcolata) esistente in sito alla quota di prelievo del campione, si determinail grado di sovraconsolidazione OCR

La qualità del campione costituisce il requisito più importante per una affidabile determi-nazione delle pendenze e della σ’ p. del deposito in esame (nel punto di prelievo delcampione).

Il disturbo tende infatti a di-struggere in parte o in tutto lastruttura del terreno e le in-formazioni in essa contenute(in particolare la memoriadello stato tensionale), ren-dendo meno pronunciato il

 passaggio dal tratto di ricom- pressione a quello di com- pressione, e alterando le pen-denze rispetto alla curva insito. Per migliorarel’interpretazione della provasi può ricorrere alle costru-zioni di Schmertmann(1955).In Figura 7.6 sonomostrate le curve di compres-

σ’ (log)v 

σ’ p

σ’σ’

e

t

 b

o

 p,min  p,max

M

S

Figura 7.5 – Determinazione della pressione di preconsoli-dazione σ  ’c con il metodo di Casagrande

   I  n   d   i  c  e   d  e   i  v  u  o   t   i ,  e

log ’σ

Curva di compressione“in sito”

Provino indisturbato

e

0.4 e

σ σ’ (= ’ )

Provino disturbato

Provino ricostituito

0

0

v0 c

Figura 7.6 – Effetto del disturbo sulla curva di compressibilitàedometrica

σ’v0 (= σ’ p)

B

v

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 - 9

sione edometrica di tre provini della stessa argilla con differente grado di disturbo e lacurva di compressione in sito.

È stato osservato che, indipendentemente dal grado di disturbo le tre curve convergono inun punto che corrisponde ad un indice dei vuoti pari al 40% del valore iniziale. È pertanto

ragionevole assumere che anche la curva che si riferisce alle condizioni in sito passi daquel punto. Schmertmann (1955) ha proposto di definire la curva di compressione in sitonel modo seguente:

 per terreno NC (Figura 7.7):

1.  si determina l’indice dei vuoti naturale del provino in sito, e0, (in base al contenutonaturale in acqua, wn, ed al peso specifico dei costituenti solidi, γs,) e si prolunga lacurva sperimentale di compressione fino ad un valore dell’indice dei vuoti pari al40% del valore naturale (punto B);

2.  si stima la pressione verticale efficace geostatica alla profondità di estrazione delcampione, σ’v0, che per terreno NC coincide con la pressione di consolidazione, σ’ p;

3.  si disegna il punto A di coordinate (σ’v0, e0);

4.  si traccia la retta AB che corrisponde alla migliore stima della curva di compressibili-tà in sito.

 per terreno OC (Figura 7.8):

1.  si esegue un programma di carico della prova edometrica comprendente un ciclocompleto di scarico-ricarico a partire da una pressione superiore alla pressione diconsolidazione (presunta)9, e si determina l’indice di rigonfiamento Cs come penden-za dell’asse del ciclo di isteresi, CD;

9 Se il terreno è fortemente sovraconsolidato e durante la prova edometrica non è superata la pressione diconsolidazione, si ottiene una curva priva di tratti rettilinei che spesso viene male interpretata ed attribuita adisturbo o a errore di sperimentazione.

   I  n   d   i  c  e   d  e   i  v  u  o   t   i ,  e

A

B

log ’σ

Curvasperimentale

Curva in sito“corretta”

e

0.4 e

0

0

σ σ’ (= ’ )v0 c

   I  n   d   i  c  e   d  e   i  v  u  o   t   i ,  e

A

E

D

log ’σ

Curvasperimentale

(fase di ricarico)

Curva in sito“corretta”

e

0.4 e

0

0

∆e

σ’ σ’v0 c

C

B

Figura 7.7: Costruzione di Schmertmann perterreno NC  

Figura 7.8: Costruzione di Schmertmann per terreno OC  

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -10

2.  si determina l’indice dei vuoti naturale del provino in sito, e0, e si prolunga la curvasperimentale di compressione fino ad un valore dell’indice dei vuoti pari al 40% delvalore naturale (punto B);

3.  si stima la pressione verticale efficace geostatica alla profondità di estrazione del

campione, σ’v0;4.  si disegna il punto A di coordinate (σ’v0, e0);

5.  si stima la pressione di consolidazione, σ’ p, con il metodo di Casagrande;

6.  si traccia dal punto A una retta di pendenza Cs fino al punto E avente ascissa σ’ p (A-E);

7.  si traccia la retta EB;

8.  la spezzata AEB corrisponde alla migliore stima della curva di compressibilità in sito

I valori sperimentali della deformazione assiale, εa, e dell’indice dei vuoti, e, ottenuti al

termine del processo di consolidazione primaria per ciascun gradino di carico, possonoessere rappresentati anche in grafici in scala naturale (e non semilogaritmica). Nella Figu-ra 7.9 sono rappresentati i punti e le curve corrispondenti alla prova di Figura 7.3 (ovvia-mente anche in questo caso le due curve sono omologhe). La rappresentazione in scalanaturale rende ancor più evidente la non linearità e l’aumento di rigidezza al crescere del-la tensione applicata.

Dalla curva (σ’v – εa) di Figura 7.9 si definiscono i seguenti parametri di compressibilitàche, a differenza di Cc e di Cs, sono dipendenti dal campo di tensione cui si riferiscono:

−  il coefficiente di compressibilità di volume:

'v

avm σ∆ε∆=   [F-1 L2] (Eq. 7.4)

 

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 3.50

Tensione efficace verticale, 'v  (MPa)

   I  n   d   i  c  e   d  e   i  v  u  o   t   i ,  e   [  -

12

3

4

5

6

7

89

10

11

 

Figura 7.9: Risultati della prova di Figura 7.5 rappresentati in scala naturale

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -11

−  e, il suo reciproco, il modulo edometrico:

a

'v

vm

1M

ε∆

σ∆==   [F L-2] (Eq. 7.5)

Dalla curva (σ’v – e) di Figura 7.9 si definisce:

−  il coefficiente di compressibilità:

'v

v

ea

σ∆

∆=   [F-1 L2] (Eq. 7.6)

 

e valgono le relazioni:

M

1

e1

am

o

vv   =

+=   (Eq. 7.7)

( ) 'v

c

0

C

e13,2M   σ⋅

+⋅=   (Eq. 7.8)

 

Valori orientativi di M, in funzione di Ic, per terreni coesivi sono riportati in Tabella 7.1.

Tabella 7.1 - Valori orientativi di M per terreni coesivi (nel campo dei valori di σ  ’v più frequenti per i problemi di ingegneria geotecnica)

Ic  0-0,5 0,5-0,75 0,75-1 > 1

M (MPa) 0,2-4 4-12 12-30 30-60

7.3 Calcolo del cedimento totale di consolidazione primaria

Utilizzando i parametri appena definiti e determinabili mediante la prova edometrica è possibile calcolare il cedimento di uno strato di terreno al quale è applicato un carico uni-formemente distribuito ∆σv, nel caso in cui possa ritenersi soddisfatta l’ipotesi di defor-mazione monodimensionale.

In pratica il comportamento dello strato viene assimilato a quello di un provino sottoposto

ad una prova edometrica (Figura 7.10), assumendo che i parametri di compressibilità del-lo strato siano uguali a quelli determinati per il provino.

Ricordando che in condizioni edometriche:

oo e1

e

H

H

+∆

=∆

  (Eq. 7.9) 

Il cedimento ∆H sarà dato da :

ee1

HH

o

o ∆⋅+

=∆   (Eq. 7.10) 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -12

σ’ (log) 

σ’

e

v0

0

v

v0

v0

vc

c

∆e

 C 1

1

σ’   σ ∆σ’ +

(σ’ , e )

 ∆σ∆H

0

v

H

C

 

Figura 7.10 – Schema per il calcolo del cedimento di consolidazione primaria di uno strato diterreno coesivo

dove Ho è l’altezza iniziale dello strato, eo è l’indice dei vuoti iniziale e ∆e la variazionedell’indice dei vuoti, conseguente all’applicazione del carico, che può essere ricavata dairisultati della prova edometrica.

Facendo riferimento al grafico e-logσ’v si può infatti osservare che nel caso più generaledi terreno sovraconsolidato (assumendo Cr  = Cs):

'

c

v'vo

c'

vo

'c

s logClogCeσ

σ∆+σ⋅+

σ

σ⋅=∆   (Eq. 7.11) 

da cui consegue:

]logClogC[e1

HH

'c

v'vo

c'vo

'c

so

o

σ

σ∆+σ⋅+

σ

σ⋅⋅

+=∆

  (Eq. 7.12) 

Se il carico applicato è tale da non far superare la σ'c, si ha invece:

'vo

v'vo

s logCe σ

σ∆+σ

⋅=∆ 

(Eq. 7.13) 

e quindi:

]logC[e1

HH

'vo

v'vo

so

o

σ

σ∆+σ⋅⋅

+=∆   (Eq. 7.14) 

Se il terreno invece è normalconsolidato:

'vo

v'vo

c logCeσ

σ∆+σ⋅=∆   (Eq. 7.15) 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -13

e quindi

]logC[e1

HH

'vo

v'vo

co

o

σ

σ∆+σ⋅⋅

+=∆   (Eq. 7.16) 

In alternativa ai parametri Cc e Cs, si può fare riferimento al coefficiente di compressibili-tà di volume mv, o al modulo edometrico M, o al coefficiente di compressibilità av:

vv0

ovovvo a

e1

H

MHmHH   ⋅σ∆⋅

+=

σ∆⋅=⋅σ∆⋅=∆   (Eq. 7.17) 

tenendo conto del fatto che tali parametri dipendono dal livello di tensione e quindi vannoscelti opportunamente in funzione dell'intervallo tensionale significativo per il problemain esame.

 Nella pratica, soprattutto in presenza di strati di elevato spessore e non omogenei, è op-

 portuno per una stima migliore del cedimento, suddividere lo strato in più sottostrati, e-ventualmente differenziando i parametri di compressibilità del terreno (laddove siano di-sponibili un certo numero di prove edometriche eseguite su provini estratti a differenti

 profondità). Il cedimento complessivo dello strato risulta essere così espresso:

∑=   σ

σ∆+σ⋅+

σ

σ⋅⋅

+=∆

n

1i'ci

vi'voi

ci'voi

'ci

sioi

oi ]logClogC[e1

HH   (Eq. 7.18) 

oppure:

∑∑==

⋅σ∆⋅+

=⋅σ∆⋅=∆n

1ivivi

oi

oin

1ivivioi )a

e1

H()mH(H   (Eq. 7.19) 

dove le pressioni ed i parametri di compressibilità sono riferiti alla mezzeria di ciascunodegli n sottostrati, di spessore H0i.

 Nell’ipotesi di carico, q, applicato in superficie, uniformemente distribuito ed infinita-mente esteso, il conseguente incremento della tensione verticale totale, ∆σv, che comparenelle Eq. 7.10 – 7.18, è costante sia in direzione orizzontale che al variare della profonditàed è pari al carico applicato (∆σv = q). Nel caso in cui il carico sia distribuito su una su-

 perficie di dimensioni limitate (rispetto allo spessore dello strato) il valore di ∆σv si ridu-ce al crescere della profondità e varia in direzione orizzontale; tale incremento può esseredeterminato con riferimento alla teoria dell’elasticità (vedi Capitolo 6) in funzione dellageometria della superficie di carico. In prima approssimazione, nel caso di carico q uni-formemente distribuito su un’area rettangolare, il valore di ∆σv può essere stimato al va-riare della profondità z, ipotizzando che il carico si diffonda con un rapporto 2:1 (Figura7.11). Alla profondità z risulta, quindi:

( ) ( )zBzL

BLq )z(v +⋅+

⋅⋅=σ∆   (Eq. 7.20) 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -14

 

1

2

z

vi

Impronta di carico

L + z

z/2

∆σ

L

z

B

L

z/2

 Figura 7.11 – Schema semplificato per il calcolo della diffusione delle tensioni

 Nelle Eq. 7.17 e 7.18 il valore dell’incremento di pressione verticale, ∆σvi, è riferito allamezzeria di ciascun sottostrato.

7.4 Consolidazione

Come già evidenziato nei paragrafi precedenti, l’applicazione di un sistema di sollecita-zioni induce nel terreno un sistema di distorsioni (cambiamenti di forma) e/o di deforma-zioni (variazioni di volume).

Essendo i terreni mezzi particellari costituiti da grani solidi e vuoti, con i grani solidi pra-ticamente incompressibili, ogni variazione di volume di un elemento di terreno corrispon-de ad una variazione del volume dei vuoti. Inoltre, se il terreno è saturo, ovvero se tutti ivuoti sono riempiti d’acqua, essendo l’acqua praticamente incompressibile, una variazio-ne di volume comporta un moto di filtrazione dell’acqua interstiziale: in allontanamentodall’elemento di terreno se il volume si riduce, in entrata nell’elemento se il volume au-menta.

Il processo di espulsione dell’acqua dai pori avviene quando, per effetto del carico appli-cato, si genera, all’interno di un certo volume di terreno, un campo di sovrapressioni in-terstiziali, ∆u, variabile da punto a punto. La conseguente differenza di carico idraulico,rispetto alle condizioni di equilibrio, provoca l’instaurarsi di un flusso dell’acqua in regi-me transitorio dai punti a energia maggiore verso i punti a energia minore, e in particolareverso l’esterno della zona interessata dall’incremento delle pressioni interstiziali (Figura7.12).

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -15

Come già osservato nell’intro-duzione di questo Capitolo, viavia che l’acqua viene espulsadai pori, le particelle di terrenosi deformano e si assestano inuna configurazione più stabile econ meno vuoti, con conseguen-te diminuzione di volume.

La  velocità  di questo processodipende dalla permeabilità delterreno. L’entità della variazio-ne di volume, dipende dalla ri-gidezza dello scheletro solido,cioè dalla struttura del terreno.

Escludendo le sollecitazioni dinatura dinamica e riferendosi quindi solo al caso di carichi statici o quasi statici, nei terre-ni a grana grossa (ghiaie e sabbie), a causa della loro elevata permeabilità (k > 10 -6 m/s),l’espulsione dell’acqua è praticamente istantanea e quindi anche la deformazione volume-trica. Nel caso dei terreni a grana fine (limi e argille), invece, a causa della loro scarsa

 permeabilità (k <10-6 m/s) l’espulsione dell’acqua dai pori con dissipazione delle sovra- pressioni interstiziali, e quindi la deformazione volumetrica, risulta differita nel tempo.Questo fenomeno, caratterizzato da un legame tensioni-deformazioni-tempo, viene indi-cato con il termine consolidazione.

7.5 Consolidazione edometricaSi consideri un deposito di terreno sabbioso, saturo e sotto falda, infinitamente esteso edelimitato superiormente da una superficie piana. Ad una certa profondità sia presenteuno strato orizzontale di argilla di spessore costante H e infinitamente esteso.

Supponiamo che su tutta la superficie del deposito venga istantaneamente applicata una pressione verticale uniforme p (Figura 7.13). In ogni punto del semispazio si produce i-stantaneamente un incremento di tensione verticale totale ∆σv = p. Per ragioni di simme-tria non possono esservi deformazioni orizzontali.

 Nella sabbia, molto permeabile, si manife-

stano (quasi) immediatamente deforma-zioni verticali (e volumetriche), con il re-lativo cedimento del piano campagna:l’incremento di tensione totale determina(quasi immediatamente) un eguale incre-mento della tensione efficace (sopportatadallo scheletro solido), mentre l’acqua ineccesso filtra rapidamente in direzioneverticale e la pressione interstiziale (prati-camente) non varia. I grani si deformano esi addensano con riduzione dei vuoti, e

Figura 7.12 – Campo di sovrappressioni generato in unterreno a grana fine in seguito all’ applicazione di un cari-co

u + u0 ∆

u0

 

p

      ∆    σ     v 

    =

     p 

Figura 7.13 - Schema di carico edometrico

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -16

quindi di volume. Si dice che la sabbia costituisce un sistema aperto.

 Nell’argilla, poco permeabile, la filtrazione avviene molto più lentamente e tutto il feno-meno, sopra descritto per la sabbia, è molto rallentato.

La teoria della consolidazione edometrica10 (ovvero monodimensionale) di Terzaghi af-

fronta il problema della determinazione dei modi e dei tempi in cui si svolge tale fenome-no.

Per introdurre la teoria della consolidazione monodimensionale è utile riferirsi allo sche-ma meccanico rappresentato in Figura 7.14: un cilindro indeformabile pieno di acqua con-tenente un pistone a tenuta idraulica collegato ad una molla a comportamento elastico li-neare. Si assume che l’acqua sia incomprimibile. Il pistone è attraversato da un condottoche termina in una valvola che, se aperta, lascia filtrare una portata d’acqua limitata. Unmanometro misura la pressione dell’acqua all’interno del cilindro. La valvola è inizial-mente aperta e la pressione idrostatica dell’acqua è assunta come zero di riferimento. Altempo t=t1 la valvola viene chiusa e contemporaneamente è applicata una forza verticale

Q sul pistone. Poiché l’acqua non può filtrare, il pistone non ha cedimenti, la molla non sicomprime e quindi non sostiene alcun carico. Il carico applicato Q è equilibrato da un in-cremento della pressione dell’acqua, che viene registrata dal manometro, pari a ∆uw(t1) =Q/A, essendo A la sezione retta del cilindro. Al tempo t=t2  la valvola viene aperta el’acqua, per effetto della pressione, inizia a filtrare verso l’esterno nei limiti consentitidalle caratteristiche della valvola. Alla progressiva diminuzione di volume occupatodall’acqua corrisponde un progressivo cedimento del pistone e quindi un progressivo ac-corciamento della molla ∆l(t). Tale accorciamento è proporzionale alla forza sostenutadalla molla. Al generico istante ti>t2 la forza Q è equilibrata in parte dalla reazione dellamolla, QM, e in parte dalla sovrapressioni residua dell’acqua, QW:

A)t(u)t(lK )t(Q)t(QQ wWM   ⋅∆+∆⋅=+=   (Eq. 7.21) 

in cui si è indicato con K la costante elastica della molla. Il manometro registra una pro-gressiva diminuzione della pressione dell’acqua nel tempo.

Al tempo t = t7 il processo si esaurisce. La molla sostiene per intero il carico Q, la sovra- pressione dell’acqua si è interamente dissipata.

Quanto appena descritto rappresenta in maniera semplificata ciò che accade in un terrenocoesivo durante il processo di consolidazione edometrica: inizialmente il sovraccarico ap-

 plicato è sopportato quasi esclusivamente dall’acqua interstiziale. Gradualmente l’acqua

viene espulsa dai pori, con filtrazione verticale, e il carico viene trasferito allo scheletrosolido che si comprime, con conseguente aumento delle pressioni effettive. Alla fine del processo di consolidazione tutte le sovrapressioni interstiziali si sono dissipate e il so-vraccarico totale applicato è interamente sopportato dallo scheletro solido (cioè intera-mente equilibrato da un incremento delle pressioni verticali efficaci).

10 Si osservi che la prova edometrica riproduce quasi esattamente le condizioni di carico e di vincolo de-scritte e rappresentate in Figura 7.13.

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -17

Valvola

Pressione

ChiusoAperto

Q

Tempo

0

0t

   Q

   (   t   )

1t

2t

3t

4t

5t

6t

7t

   i

   W

   S  o  v  r  a  c  c  a  r   i  c  o    Q

   (   t   )   i

   M

0t

1t

2t

3t

4t

5t

6t

7t

Figura 7.14 – Modello meccanico di elasticità ritardata

Un altro, più completo modello meccanico, utile a introdurre la teoria della consolidazio-ne edometrica è quello proposto da Terzaghi e rappresentato in Figura 7.15. Esso consistein un recipiente cilindrico contenente una serie di pistoni forati, eguali fra loro, separati damolle di eguale rigidezza, e riempito d’acqua. Ciascuna zona di interpiano in cui risultasuddiviso il recipiente tramite i pistoni è collegata ad un tubo aperto per la misura del ca-rico piezometrico. Applicando un incremento di pressione ∆σ (rispetto alla pressione esi-stente in condizioni di equilibrio) si osserva che questo è istantaneamente sopportatodall’acqua. L’altezza di risalita dell’acqua in tutti i piezometri nell’istante di applicazione

del carico (t=0) è data da ∆σ/γw. La differenza di carico idraulico innesca una filtrazioneverticale ascendente verso la superficie a pressione atmosferica. Col passare del tempo la

 pressione dell’acqua nelle varie zone si riduce gradualmente, ed entrano in compressionele molle, a partire dalla parte più alta del recipiente. Al generico istante di tempo t in undato interpiano, la pressione dell’acqua e l’altezza d’interpiano saranno inferiori rispetto aquelle dell’interpiano sottostante. Il processo continua finché, dopo un tempo relativa-mente lungo, la sovrapressione dell’acqua in tutte le zone si sarà interamente dissipata e ladistanza di interpiano sarà eguale (la pressione interstiziale assume il valore esistente pri-ma dell’applicazione del sovraccarico in condizioni di equilibrio, i dischi si sarannoavvicinati della quantità corrispondente alla pressione sopportata dalle molle).

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -18

Con riferimento allo schema diFigura 7.15 si osservi chel’area del rettangolo ABCD è

 proporzionale al carico totaleapplicato Q=∆σ Ar  (essendo Ar  l’area della sezione retta del re-cipiente) e che ad un genericoistante di tempo (ad esempiot=t2) l’area ABCE è proporzio-nale alla quota parte di Q so-stenuta dalle molle, mentrel’area AED è proporzionale al-la quota parte di Q sostenutadall’acqua.

L’isocrona AE riferita all’asse

AD rappresenta la distribuzione delle sovrapressioni interstiziali con la profondità, e rife-rita all’asse BC la distribuzione delle tensioni verticali sulle molle. Se le molle sono adelasticità lineare, e quindi vi è proporzionalità tra tensioni e deformazioni, l’area ABCD è

 proporzionale al cedimento finale, l’area ABCE è proporzionale al cedimento avvenuto altempo t=t2, l’isocrona AE riferita all’asse BC rappresenta la distribuzione delle deforma-zioni verticali al tempo t=t2.

 Negli schemi sopra descritti, le molle rappresentano lo scheletro solido, l’acqua nel cilin-dro rappresenta l’acqua che riempie i pori, i fori sui pistoni rappresentano la permeabilitàdel terreno.

7.6 Teoria della consolidazione edometrica

La teoria della consolidazione edometrica di Terzaghi si basa sulle seguenti ipotesi sem- plificative:

1.  consolidazione monodimensionale, cioè filtrazione e cedimenti in una sola direzione(verticale);

2.  incompressibilità dell’acqua (ρw = cost.) e delle particelle solide (ρs = cost.);

3.  validità della legge di Darcy;

4.  terreno saturo, omogeneo, isotropo, con legame sforzi deformazioni elastico lineare, a permeabilità costante nel tempo e nello spazio;

5.  validità del principio delle tensioni efficaci.

La teoria è sviluppata a partire dall’equazione generale di flusso (Capitolo 4, Eq. 4.22):

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ∂∂

⋅+∂

∂⋅⋅

+=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂∂

⋅+∂∂

⋅+∂∂

⋅t

eS

t

Se

e1

1

z

hk 

y

hk 

x

hk  r 

r 2

2

z2

2

y2

2

x   (Eq. 4.22)

che nelle ipotesi suddette diviene:

Figura 7.15 - Modello meccanico di Terzaghi

∆u’

∆σ’γw 

γw 

C

D

E   ∆σ/γw 

B

A

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -19

t

e

e1

1

z

hk 

o2

2

∂∂

+=

∂  (Eq. 7.22) 

Postot

e

t

e 'v

'v   ∂

∂σ⋅

∂σ

∂=

∂ e ricordando la definizione del coefficiente di compressibilità:

'v

v

ea

∂σ

∂−=

  (Eq. 7.23) 

si ha, essendo per ipotesi di elasticità lineare av = cost:

tz

h

a

)e1(k  'v

2

2

v

o

∂σ−=

∂∂+

  (Eq. 7.24) 

Se poi il carico piezometrico h viene espresso come somma dell’altezza geometrica, z, edell’altezza di pressione, u/γ

w, e la pressione a sua volta viene espressa come somma del

termine dovuto alla pressione dei pori in regime stazionario, u p (in condizioni di equili- brio prima dell’applicazione del sovraccarico) e di quello dovuto all’eccesso di pressionedei pori conseguente all’applicazione del sovraccarico, ue, si può scrivere, con riferimentoallo schema di Figura 7.16:

w

e p )uu(zh

γ

++=   (Eq. 7.25 

e osservando che la distribuzione delle pressioni in regime stazionario, u p è lineare con la profondità z, per cui la derivata seconda di u p rispetto alla profondità è zero, si ha:

2e

2

w2

2

zu1

zh

∂∂⋅

γ=

∂∂

 

(Eq. 7.26) 

Essendo per il principio delle pressioni efficaci (Capitolo 3, Eq. 3.3):

σ’v = σv – u = σv –(u p+ue) risulta:

t

u

ttev

'v

∂−

σ∂=

σ∂ 

(Eq. 7.27) 

 p∆

z

0

zw

Z + 2Hw

zw isocrona all’istante t = 0

Pressione dei pori

   P  r  o   f  o  n   d   i   t   à

isocrona ad un generico istante t

u (z) p

u (z,t)e

u0

2H

Sabbia

Sabbia

Argilla u(z,t)

u(z,t)=u (z) + u (z,t) p e

 Figura 7.16. – Distribuzione delle pressioni neutre con la profondità durante il processo di con-solidazione in condizioni edometriche

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -20

 

e supponendo che il sovraccarico applicato, σv, sia costante nel tempo si ha:

t

u

t

e'v

∂−=

∂σ 

(Eq. 7.28) 

L’equazione di continuità si riduce quindi alla seguente espressione:

t

u

z

u

a

)e1(k  e2e

2

vw

o

∂=

⋅γ

+  (Eq. 7.29) 

Il termine:

vvwvw

o

cm

a

)e1(k 

=⋅γ=⋅γ

+

  [L2

/T] 

(Eq. 7.30) 

è chiamato coefficiente di consolidazione verticale e può essere determinato elaborando irisultati della prova edometrica secondo le procedure che verranno descritte nel Paragrafo7.8. Utilizzando l’Eq. 7.30, dopo avere ricavato dalla prova edometrica anche il coeffi-ciente di compressibilità di volume, mv (Paragrafo 7.2), è possibile ottenere una stima delcoefficiente di permeabilità k del terreno: k = cv·mv·γw 

Ovviamente, potendo determinare tanti valori di cv e di mv, quanti sono i gradini di caricoapplicati al provino, si possono ottenere altrettanti valori del coefficiente di permeabilità.In genere si assume come valore più rappresentativo per il terreno in sito quello corri-

spondente al gradino di carico entro cui ricade la tensione litostatica valutata alla profon-dità di estrazione del provino.

Con la definizione di cv (Eq. 7.30), l’equazione differenziale della consolidazione mono-dimensionale di Terzaghi diventa:

t

u

z

uc e

2e

2

v ∂

∂=

∂ 

(Eq. 7.31) 

dove )t,z(uu ee  =  rappresenta, come già detto, il valore dell’eccesso di pressione inter-

stiziale nel punto a quota z, e al tempo t dall’istante di applicazione del carico.

Vengono definite le due variabili adimensionali:

H

zZ =   (Eq. 7.32) 

2v

vH

tcT

  ⋅=  (chiamato fattore di tempo)  (Eq. 7.33) 

con H altezza di drenaggio, pari cioè al massimo percorso che una particella d’acqua devecompiere per uscire dallo strato (nel caso di strato doppiamente drenato è pari alla metàdell’altezza dello strato, nel caso di strato drenato da un lato solo è pari allo spessoredell’intero strato).

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -21

L’equazione (7.35) può essere così riscritta:

v

e2e

2

T

u

Z

u

∂=

∂  (Eq. 7.34) 

La soluzione dell’equazione 7.34 dipende dalle condizioni iniziali e dalle condizioni alcontorno (due condizioni per z e una per t), in particolare dalle condizioni di drenaggio(da un solo lato o da entrambi i lati) e dalla distribuzione iniziale della sovrapressione ue con la profondità z (isocrona iniziale), che, nel caso di consolidazione determinata da uncarico infinitamente esteso applicato in superficie (condizione edometrica), è uniforme.

Sotto le ipotesi edometriche (Figura 7.16) di:

−  isocrona iniziale costante con la profondità (per t=0 ue= uo, ∀z)

−  superfici superiore e inferiore perfettamente drenanti (per z=0 e z=2H u e= 0, ∀t≠0) lasoluzione risulta esprimibile in serie di Taylor come:

v2TMm

0m

ove e)MZ(sin

Mu2)T,Z(u   −∞=

=∑=

  (Eq. 7.35) 

dove: )1m2(2

M   +π

= .

Tale soluzione, che permette (per ogni z e t) di calcolare )t,z(u e  noto cv, si trova usual-

mente diagrammata in termini di grado di consolidazione Uz, definito come rapporto tra lasovrapressione dissipata al tempo t e la sovrapressione iniziale uo, cioè:

o

e

o

eoz

u

)t,z(u1

u

)t,z(uuU   −=

−=   (Eq. 7.36)

 

in funzione del fattore di tempo Tv (noto una volta noto cv).

Un diagramma tipico Uz = f(Z,Tv) è riportato in Figura 7.17.Da tale soluzione si può os-servare che:

−  subito dopo l’applicazione del carico si ha un gradiente idraulico elevato alle estremitàche si riduce progressivamente verso l’interno dello strato (e nel tempo);

−  in mezzeria il gradiente dell’eccesso di pressione è sempre nullo, cioè non vi è alcunflusso attraverso il piano orizzontale a metà dello strato.

In base a quest’ultima osservazione si ha che il piano di mezzeria può essere consideratoimpermeabile e pertanto la soluzione può essere estesa anche al caso in cui si abbia unostrato drenato solo ad una estremità, come nel modello meccanico di Figura 7.15, ponen-do attenzione alla definizione di altezza di drenaggio che in questo caso è pari all’altezzadello strato.

La soluzione dell’equazione della consolidazione monodimensionale fornisce il decorsonel tempo delle sovrapressioni interstiziali, ma può essere utilizzata anche per la previsio-ne del decorso dei cedimenti nel tempo dell’intero strato. Infatti nella maggior parte deicasi pratici non interessa conoscere il valore del grado di consolidazione Uz  in un dato

 punto dello strato di terreno, ma piuttosto il valore del grado di consolidazione mediodell’intero strato raggiunto dopo un certo periodo di tempo dall’applicazione del carico.

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -22

Grado di consolidazione, Uz

A(T )v

A = Area totale del graficot

Grado di consolidazione medioU = A(T )/Am v t

(T )v

   Z  =  z   /   H

 Figura 7.17 – Grado di consolidazione U  z in funzione del fattore di tempo, Tv, e di z/H (Taylor,1948)

Il grado di consolidazione medio dell’intero strato in termini di sovrapressione interstizia-li, corrispondente ad un certo fattore di tempo, Tv, ossia ad un certo istante, t, è dato da:

dzu

)t ,z(uu

H2

1U

H2

0   0

e0 ⋅−

= ∫   (Eq. 7.37) 

Osservando che durante il processo di consolidazione le pressioni efficaci variano dellastessa quantità delle pressioni interstiziali, con segno opposto, e che, per l’ipotesi di ela-sticità lineare, la deformazione verticale è direttamente proporzionale alla pressioni verti-cale efficace:

f f v0

e0 )t,z(

M

)t,z(M)t,z('

u

)t,z(uu

εε

=ε⋅

ε⋅=

σ∆σ∆

=−

  (Eq. 7.38) 

si ha che il grado di consolidazione medio in termini di sovrapressione interstiziale, U,(rapporto tra la sovrapressione dissipata al tempo t e la sovrapressione totale iniziale)coincide con il grado di consolidazione medio in termini di cedimento, Um, definito comerapporto tra il cedimento al tempo t, s(t), che per definizione è l’integrale delle deforma-zioni verticali al tempo t, e il cedimento finale totale, sf :

f

H2

0f

ms

)t(sdz)t ,z(

H2

1UU   ==⋅ε

ε⋅== ∫   (Eq. 7.39) 

ed è questa l’informazione che generalmente interessa nei casi pratici (interessa conoscerel’aliquota del cedimento totale che si è realizzata dopo un certo tempo dall’applicazionedel carico).

Si può osservare che nei grafici Uz-Tv, il valore di Um corrispondente ad un certo tempoadimensionalizzato Tv, rappresenta il rapporto tra l’area, A(t), compresa tra la linea Uz=0e la relativa curva di Tv e l’area totale del grafico, At, (quella compresa tra le linee Uz=0 e

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -23

Uz=1). Ad esempio in Figura 7.17 il rapporto tra l’area tratteggiata e l’area totale del gra-fico rappresenta il grado di consolidazione medio corrispondente ad un fattore di tempoTv = 0.05.

Le soluzioni del grado di consolidazione medio Um in funzione del fattore di tempo Tv si

trovano diagrammate o tabulate per diversi andamenti dell’isocrona iniziale (costante,triangolare, etc.). In tabella 7.2 e in Figura 7.18 sono riportate le soluzioni relative al casodi isocrona iniziale costante con la profondità (con ascissa in scala lineare e logaritmica).

Esistono anche espressioni analitiche che forniscono una stima approssimata della solu-zione per il caso di isocrona iniziale costante con la profondità, ad esempio:

36

m

6m

v63

v

3v

mU1

U5.0T;

5.0T

TU

⋅=

+=   (Brinch-Hansen)  (Eq. 7.40) 

%60U per (%))U100log(933.0781.1T

%60U per U

4

T;T

2U

mmv

m2

mvv

m

>−−=

≤⋅π

=

π

⋅=

  (Terzaghi) (Eq. 7.41) 

[ ] 357.06.5m

2m

v179.08.2

v

5.0

v

m

U1

U4T;

T41

T4

U−

⋅π

=

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ π⋅

+

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ π⋅

=

  (Sivaram & Swamee)

(Eq. 7.42)

Tabella 7.2. – Valori tabulati della soluzione dell’equazione U m = f(T v) per il caso di isocrona i-niziale costante con la profondità

Um  10 20 30 40 50 70 90 95

Tv  0.0077 0.0314 0.0707 0.126 0.196 0.403 0.848 1.129

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

Fattore di tempo, Tv

   G  r  a   d  o   d   i  c  o  n  s  o   l   i   d  a  z   i  o  n  e  m  e   d   i  o ,

   U  m    [   %

   ] 0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0.001 0.01 0.1 1 1

Fattore di tempo, Tv

   G  r  a   d  o   d   i  c  o  n  s  o   l   i   d  a  z   i  o  n  e  m  e   d   i  o ,

   U  m    [   %

   ]

Figura 7.18 - Diagrammi della soluzione dell’equazione U m = f(T v) per il caso di isocrona inizia-le costante con la profondità, con ascissa in scala lineare (a) e logaritmica (b)

Se fossero verificate le ipotesi della teoria della consolidazione, le curve sperimentali in prova edometrica cedimento – tempo, per qualunque terreno e per qualunque carico ap- plicato, dovrebbero essere eguali, a meno di fattori di scala, alle curve teoriche adimen-

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -24

sionali Um = f(Tv). Infattif 

m s

)t(sU   =  è proporzionale al cedimento s(t) e

2v

vH

tcT

  ⋅=  è pro-

 porzionale al tempo t. I fattori di scala sono caratteristici dei diversi terreni e devono esse-re determinati sperimentalmente. In particolare occorre determinare il cedimento di

consolidazione edometrica finale, sf , la lunghezza del percorso di drenaggio H, e il coeffi-ciente di consolidazione, cv.

In realtà le ipotesi alla base della teoria non sono ben verificate per i terreni reali, comediscuteremo in seguito, ma l’accordo fra le curve adimensionali teoriche e quelle speri-mentali è accettabile per gradi di consolidazione non superiori al 60%.

A questo punto è opportuno conoscere come si può determinare il coefficiente di consoli-dazione, cv, (parte essenziale del fattore di scala) l’unico parametro che nella soluzionedell’equazione della consolidazione tiene conto delle proprietà del terreno. Per la sua de-terminazione si utilizzano i risultati della prova edometrica.

7.7 Determinazione sperimentale del coefficiente di consolidazione ver-ticale

Come abbiamo visto al paragrafo 7.2 la prova edometrica standard è eseguita applicandoincrementi successivi di carico, mantenuti costanti fino all’esaurimento del fenomeno diconsolidazione (e oltre). Durante tale periodo si rilevano i cedimenti del provino nel tem-

 po11.

I valori osservati dell’altezza del provino sono generalmente diagrammati secondo duemodalità:

-  in funzione del logaritmo del tempo,-  in funzione della radice quadrata del tempo.

Gli andamenti tipici dei grafici che si ottengono nei due casi sono rappresentati nelle Fi-gure 7.19a e 7.19b.

Dai diagrammi così ottenuti è possibile determinare, relativamente a ciascuno dei gradinidi carico applicati, il coefficiente di consolidazione, cv, mediante una delle due proceduredi seguito descritte.

7.7.1   Metodo di Casagrande

Si applica al grafico tempo (log)-altezza del provino (Figura 7.19a), nel quale si assumedi poter distinguere un primo tratto, AB, corrispondente al processo di consolidazione e-dometrica primaria, e un secondo tratto lineare, BD, corrispondente alle deformazioni vi-scose (la consolidazione secondaria di cui parleremo in seguito).

11 Normalmente vengono prese misure di abbassamento a intervalli di tempo via via crescenti (10’’, 20’’,30’’, 1’, 2’, 5’, 10’ etc..)

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -25

 

Figura 7.19 – Andamento dell’altezza del provino (2H) durante la consolidazione edometrica in funzione del logaritmo del tempo (a) e della radice quadrata del tempo (b)

Ovviamente tale suddivisione è del tutto arbitraria, in quanto un’aliquota del cedimentoviscoso si sovrappone al cedimento di consolidazione primaria nel tratto iniziale dellacurva, mentre nel tratto finale, oltre al cedimento di consolidazione secondaria sarà pre-sente anche una componente (seppure trascurabile) del cedimento di consolidazione pri-maria.

Come già detto, per poter interpretare il fenomeno reale mediante il modello teorico diTerzaghi, occorre sovrapporre e far coincidere la curva teorica adimensionale Um=f(Tv)con la curva sperimentale, allo scopo di determinare i fattori di scala.

Il primo passo del metodo consiste nell’individuare, mediante una procedura convenzio-nale, le altezze del provino corrispondenti all’istante iniziale e alla fine del processo diconsolidazione primaria.

L’origine (zero corretto) delle deformazioni può essere ricavata osservando che la rela-zione tra grado di consolidazione medio, Um, e fattore di tempo, Tv, (e quindi la relazionetra cedimenti e tempo), per valori di Um < 60% (Eq. 7.41), è con buona approssimazioneuna parabola ad asse orizzontale. Il tempo risulta cioè proporzionale al quadrato del ce-

dimento, ossia, considerati due istanti, t1 e t2, e i relativi cedimenti, S(t1) e S(t2) (tali cheUm <60%), vale la relazione:

2

1

2

1

t

t

)t(S

)t(S=

  (Eq. 7.43) 

Di conseguenza, scelto un tempo t1 sufficientemente piccolo e assunto t2 = 4t1, risulta dal-la (7.41) che S(t2) = 2 S(t1); quindi, con riferimento alla Figura 7.19a, se il segmento PRmisura il cedimento all’istante t1 (dove P, che rappresenta l’origine delle deformazioni, èincognito), il segmento PT, che misura il cedimento all’istante t2 , dovrà essere il doppiodi PR. Di conseguenza ribaltando il segmento RT rispetto al punto R si trova il punto P e

a)

2 Hi 

2 Hf  

2 Hi 

2 H90 2 Hf  

t = 0

2 H

 b)

2 H

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -26

quindi, sull’asse delle ordinate, l’altezza 2Hi, corrispondente all’inizio della consolidazio-ne primaria (Um = 0%)12.

L’altezza del provino al termine del processo di consolidazione primaria (Um= 100%),2Hf  , è invece ottenuto, sempre con riferimento alla Figura 7.19a, dall’intersezione della

retta CD, relativa al tratto finale della curva, con la retta EB tangente alla curva nel puntodi flesso F.

Mediante la relazione:

2H50 = (2Hi + 2Hf )/2  (Eq. 7.44) 

si determina quindi l’altezza corrispondente alla metà del processo di consolidazione, ov-vero l’altezza media di drenaggio H50.

Dalle tabelle (o tramite le relazioni) che forniscono Um in funzione di Tv, si ricava poi ilfattore di tempo adimensionale che corrisponde ad un grado di consolidazione medio del50% (ad esempio dalla relazione di Terzaghi si ottiene Tv = 0.197).

Sostituendo i valori sopra determinati nella definizione del fattore di tempo Tv (Eq. 7.33),è possibile infine ricavare il coefficiente di consolidazione verticale, cv, tramite la seguen-te relazione:

7.7.2   Metodo di Taylor

Il metodo di Taylor viene applicato facendo riferimento al diagramma √t-altezza del pro-vino (Figura 7.19b), in cui si nota che i punti sperimentali nel tratto iniziale della curva siallineano approssimativamente lungo una retta (essendo, come già osservato, il tempo

 proporzionale al quadrato del cedimento per valori di Um < 60%). L’autore della procedu-ra ha inoltre evidenziato che l'ascissa, t90, corrispondente al 90% del cedimento di conso-lidazione primaria, 2Η90, è pari a 1.15 volte il valore dell’ascissa corrispondente alla stes-sa ordinata sulla retta interpolante i dati sperimentali. Quindi, una volta diagrammati glispostamenti in funzione di √t e tracciata la retta interpolante i punti iniziali (corrisponden-ti a Um < 60%), si disegna la retta con ascisse incrementate del 15% rispetto a quella in-terpolante; dall'intersezione di quest’ultima con la curva sperimentale, punto C, si ricava

√t90, ossia la radice del tempo corrispondente al 90% della consolidazione primaria e, proiettato sull’asse delle ordinate, l’altezza 2H90 corrispondente.

In questo caso, l’altezza di inizio consolidazione 2H i è determinata prolungando la rettainterpolante fino ad incontrare l’asse delle ordinate, punto O, e l’altezza corrispondentealla fine del processo di consolidazione è data da:

12 La procedura è necessaria perché l’asse delle ascisse è in scala logaritmica e quindi non contiene il tempot=0. Inoltre per i primi gradini di carico si possono avere abbassamenti per assestamento della piastra di ca-rico e, se il provino non è completamente saturo, una deformazione istantanea per compressione ed espul-sione delle bolle d’aria eventualmente presenti all’interno del provino.

50

250

v t

197.0Hc

  ⋅=   (Eq. 7.45) 

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -27

)H2H2(10

9Hi2H2 if f    −⋅+=   (Eq.7.46) 

L’altezza media di drenaggio, H50, è determinata anche in questo caso a partiredall’altezza corrispondente alla metà del processo di consolidazione (Eq. 7.44).

Dalle tabelle (o tramite le relazioni) che forniscono Um in funzione di Tv, si ricava poi ilfattore di tempo adimensionale che corrisponde ad un grado di consolidazione medio del90% (ad esempio dalla relazione di Terzaghi si ottiene Tv = 0.848).

Sostituendo i valori sopra determinati nella definizione del fattore di tempo Tv (Eq. 7.33),è possibile infine ricavare il coefficiente di consolidazione verticale, cv, tramite la seguen-te relazione:

90

250

v t

848.0Hc

  ⋅=   (Eq. 7.47) 

7.8 Validità e limiti della teoria della consolidazione edometrica

La teoria della consolidazione edometrica si basa sullo schema di carico e di vincolo(condizioni al contorno) rappresentato in Figura 7.13 (strati orizzontali, carico applicatouniforme e infinitamente esteso) che comporta l’assenza di deformazioni orizzontali e ilflusso solo verticale dell’acqua. Le condizioni al contorno della prova edometrica ripro-ducono fedelmente tale schema, che ha il vantaggio della semplicità essendo monodimen-sionale.

Talvolta lo schema corrisponde bene alle condizioni stratigrafiche e geotecniche del de- posito ed alla causa perturbatrice (ad esempio un abbassamento uniforme del livello pie-zometrico, oppure un riporto strutturale di spessore costante o, più in generale, un manu-fatto che trasmette al terreno un carico uniformemente distribuito di estensione moltomaggiore dello spessore dello strato compressibile), ma altre volte no.

Se ad esempio l’area di carico è di dimensioni piccole rispetto allo spessore dello stratocompressibile, l’incremento di tensione verticale non può essere assunto costante con la

 profondità (vedi Capitolo 6), le deformazioni di taglio non sono zero e quindi si hannocedimenti istantanei anche a deformazione volumetrica nulla, la filtrazione avviene anchein direzione orizzontale, etc.

Ma anche quando lo schema stratigrafico e geotecnico corrisponde bene alle condizioni alcontorno ed il fenomeno è unidirezionale, la soluzione di Terzaghi è solo approssimata poiché non sono verificate alcune ipotesi base. In particolare:

−  il legame tensioni deformazioni è marcatamente non lineare, come messo in evidenzadai grafici delle Figure 7.3, 7.9, etc. ;

−  la permeabilità del terreno varia nel tempo, durante il processo di consolidazione, perché diminuisce l’indice dei vuoti;

−  è trascurata la componente viscosa delle deformazioni.

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Capitolo 7 COMPRESSIBILITÀ E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA

 

7 -28

Per potere comunque utilizzare la soluzione di Terzaghi, si ipotizza che il terreno abbia uncomportamento lineare e permeabilità costante nell’ambito di ogni gradino di carico, eche le deformazioni viscose abbiano inizio solo quando la consolidazione edometrica è ingran parte esaurita.

Per ogni gradino di carico, sfruttando solo la parte iniziale della curva sperimentale alloscopo di escludere le deformazioni viscose, si possono determinare i corrispondenti valoridi cv, av, e k, e utilizzare nelle applicazioni i valori di tali proprietà determinati per la

 pressione iniziale e l’incremento di pressione più prossimi a quelli reali. Se le ipotesi diTerzaghi fossero verificate, si otterrebbero gli stessi valori di cv, av, e k per tutti i gradinidi carico, poiché tali grandezze sarebbero indipendenti dalla pressione.

7.9 Consolidazione secondaria

La curva teorica della consolidazione edometrica di Terzaghi prevede, nella parte termi-

nale, un asintoto orizzontale. Le curve sperimentali s(t) mostrano invece un asintoto incli-nato. Tale differenza, più o meno marcata a seconda del tipo di terreno, è dovuta alle de-formazioni viscose dello scheletro solido. Deformazioni che avvengono anche a pressioneefficace costante, e quindi anche (ma non solo) a consolidazione primaria esaurita. La

 pendenza dell’asintoto inclinato nel piano semilogaritmico e-logt, è detto indice di com- pressione secondaria:

tlog

eC

∆∆

=α   (Eq. 7.48) 

Valori di riferimento dell’indice di compressione secondaria, per alcuni tipi di terreno,sono riportati in Tabella 7.3:

Tabella 7.3 - Valori indicativi del rapporto C α  /C c 

Terreno C 

 /Cc 

Argille tenere organiche 0,05 ± 0,01

Argille tenere inorganiche 0,04 ± 0,01

Sabbie da 0,015 a 0,03

Come osservato nel Paragrafo 7.2 le curve di compressibilità edometrica nei piani e-logσ’v, e-σ’v, e εa-σ’v si ottengono in genere collegando i punti sperimentali ricavati dallemisure effettuate al termine del periodo di applicazione di ciascun incremento di carico(di solito 24h). Sarebbe quindi più corretto depurare gli abbassamenti misurati dalla com-

 ponente viscosa, in sostanza utilizzando come altezza finale del provino l’altezza 2Hf  cor-rispondente al 100% di consolidazione edometrica. L’errore che si commette non è co-munque particolarmente rilevante.

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

CAPITOLO 8

ANCORA SULLA CONSOLIDAZIONE 

8.1 Introduzione Nel capitolo 7 è stata illustrata la teoria della consolidazione monodimensionale di Terza-ghi, che permette di stimare il tempo necessario alla dissipazione delle sovrapressioni in-terstiziali, e quindi al verificarsi dei cedimenti di consolidazione, nell’ipotesi di strati o-rizzontali di terreno saturo e omogeneo, e di incremento della pressione verticale totaleistantaneo, uniforme e infinitamente esteso. Tali condizioni di carico si verificano in pra-tica quando lo spessore dello strato che consolida è piccolo rispetto all’estensionedell’area di carico, come ad esempio in seguito alla messa in opera di un riporto struttura-le di altezza costante e grandi dimensioni planimetriche, oppure in seguito ad un abbas-samento generalizzato e uniforme del livello di falda. Consolidazione monodimensionale

vuol dire filtrazione e deformazioni solo in direzione verticale, e quindi assenza di cedi-menti in condizioni non drenate, ovvero all’istante di applicazione del carico.

In questo capitolo ci proponiamo di considerare condizioni di carico più generali e reali-stiche e le tecniche utilizzate, nella pratica professionale, per accelerare il processo diconsolidazione.

Se il carico applicato è distribuito su una striscia di larghezza B e di lunghezza indefinita,lo stato di deformazione è piano, la filtrazione avviene in due dimensioni, il bacino deicedimenti è cilindrico, sono possibili deformazioni di taglio e quindi vi sono cedimentianche a volume costante, in condizioni non drenate. Se il carico applicato è distribuito suun’area di dimensioni ridotte e confrontabili, ad esempio un’area circolare, quadrata o ret-

tangolare, lo stato di deformazione, la filtrazione e il bacino dei cedimenti sono tridimen-sionali, sono possibili deformazioni di taglio e quindi vi sono cedimenti anche a volumecostante, in condizioni non drenate.

La durata del processo di consolidazione dipende quindi anche dalla forma e dalle dimen-sioni dell’area di carico. A titolo di esempio, in Figura 8.1 sono messe a confronto le cur-ve che indicano il tempo necessario perché si realizzi l’80% della consolidazione per tredifferenti condizioni di carico e quindi di drenaggio (area di carico infinita ⇒ filtrazionemonodimensionale, striscia di carico ⇒ filtrazione bidimensionale, area di carico circola-re ⇒ filtrazione tridimensionale) e per differenti dimensioni dell’area di carico, al variaredello spessore dello strato che consolida (per cv = 1 m2/anno).

La stima dei tempi di consolidazione mediante la teoria monodimensionale di Terzaghi ènon solo quasi sempre in eccesso, poiché sono trascurati gli effetti della forma e delle di-mensioni dell’area di carico, ma è anche molto incerta, molto più incerta, ad esempio, diquanto non sia la stima dell’entità del cedimento di consolidazione edometrica. Se infattilo strato di argilla che consolida è intercalato da sottili livelli continui di sabbia, la cui

 presenza può sfuggire all’indagine geotecnica, il cedimento è sostanzialmente invariato,ma i tempi di consolidazione possono essere fortemente ridotti. Viceversa se una sottile e

 piccola lente di sabbia è intercettata nell’indagine geotecnica e falsamente interpretata

8 -1

 

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

come un livello continuo e drenante, la stima del tempo di consolidazione può risultareerrata per difetto.

Quando è possibile e giustificato dall’importanza dell’opera da realizzare, è utile monito-rare i cedimenti reali nel tempo, durante e subito dopo la costruzione, allo scopo di identi-

ficare e tarare con le misure sperimentali eseguite in vera grandezza un modello geotecni-co interpretativo del fenomeno in atto, da utilizzare per la previsione del comportamentofuturo.

Carico infinitamente esteso

1-D

Drenaggio e deformazione in questa direzione

Tempo di consolidazione (anni)

   S  p  e  s  s  o  r  e   d  e   l   l  o  s   t  r  a   t  o   d   i   t  e  r  r  e  n  o   (  m   )

2-D

Striscia di caricoArea di carico

circolare

3-D

B D

 

Figura 8.1. Effetto sui tempi di consolidazione della forma e delle dimensioni dell’area di carico(U m = 80%; cv = 1 m2 /anno) 

8.2 Consolidazione durante la costruzione

La teoria della consolidazione di Terzaghi assume che il carico totale ∆σ sia applicato i-

stantaneamente (al tempo t = 0) e mantenuto costante nel tempo fino all’esaurirsi dellaconsolidazione. In realtà il carico viene applicato gradualmente, in modo anche disconti-nuo e talvolta non monotòno, durante le varie fasi di costruzione. Una soluzione sufficien-temente accurata può ottenersi assumendo che l’intero carico sia istantaneamente applica-to al tempo corrispondente alla metà del periodo di costruzione, ma se quest’ultimo èmolto lungo (dell’ordine di anni) può essere utile prevedere il decorso dei cedimenti neltempo durante e dopo il periodo di costruzione.

Per tenere conto dell’applicazione non istantanea del carico e della consolidazione duran-te la costruzione si può utilizzare un semplice metodo grafico empirico.

8 -2

 

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

Si suppone che il carico totale sia applicato in modo linearmente variabile nel tempo. Ingenerale potrà esservi una prima fase di lavoro che prevede uno scavo di sbancamento, equindi una riduzione delle tensioni, seguita dalla costruzione e quindi da un incrementodelle tensioni fino al valore massimo, al termine del periodo di costruzione, che poi simantiene costante (Figura 8.2).

Durante la fase di scavo possono avvenire dei rigonfiamenti, che potrebbero anche esserestimati ma che di norma hanno poco interesse poiché lo scavo sarà portato fino alla pro-fondità di progetto. In genere si assume che il processo di consolidazione abbia inizio altempo t1, che corrisponde al ripristino dello stato tensionale iniziale, quando cioè il caricototale applicato compensa il peso del terreno scavato.

8 -3

Il procedimento grafico per tracciare la curva cor-retta tempo – cedimenti èil seguente (Figura 8.2):

1.  si disegna la curva “i-stantanea” tempo – ce-dimenti a partire daltempo t = t1, assuntocome origine dei tem-

 pi, come se il carico to-tale ∆σ  fosse stato ap-

 plicato per intero e inmodo istantaneo;

2.  si assume che al tempo

t2, ovvero al terminedel periodo di costru-zione, il cedimento perconsolidazione (puntoB) sia pari al valoreche sulla curva istanta-nea corrisponde altempo t=t2/2 (punto A),

e si trasla della quantità t2/2 la porzione della curva istantanea relativa a valori di tmaggiori di t2/2. In sostanza si fa l’ipotesi che per tempi superiori a t2, ovvero dopo lafine della costruzione, il decorso dei cedimenti nel tempo corrisponda a quello che si

sarebbe avuto per un’applicazione istantanea e totale del carico al tempo t2/2;

Sbancamento

t

t

tt

t tO

A

C

E

D

B

tempo

∆σ

   C  e   d   i  m  e  n   t  o

   C  a  r   i  c  o

tempo

curvacorretta

curvaistantanea

Costruzione Esercizio

1

1/2

1/2

2

2

2

Figura 8.2. Costruzione grafica della curva corretta di consoli-dazione

3.  per determinare la prima parte della curva corretta si procede come segue:

a)  si sceglie un generico istante di tempo t < t2;

 b) si determina il cedimento sulla curva istantanea per il tempo t/2 (punto C);

c)  si disegna una retta orizzontale da C fino al punto D, corrispondente al tempo t2;

d) si uniscono con una retta i punti O (origine degli assi) e D;

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

e)  si assume che il punto E appartenente alla retta OD, con ascissa t, sia un punto dellacurva corretta tempo – cedimenti;

f)  si ripete la costruzione per diversi valori di t, e si collegano i punti E ottenuti conuna curva.

8.3 Accelerazione del processo di consolidazione mediante precarico

Quando il tempo stimato di consolidazione è giudicato troppo lungo, è possibile ridurloapplicando un sovraccarico aggiuntivo temporaneo (precarico). Poiché il sovraccarico èspesso realizzato con un riporto di terreno, la tecnica del precarico è molto utilizzata perle opere in terra e nei lavori stradali1. Il principio di funzionamento del precarico è mo-strato in Figura 8.3.

Supponiamo di poterci riferi-re a condizioni edometriche(strato orizzontale normal-

mente consolidato di spessoreH0, carico uniforme applicatoistantaneamente, filtrazionemonodimensionale con altez-za di drenaggio H, coefficien-te di consolidazione verticalecv).

s f  

 A

t

pf 

p s

s fs 

t s  t 1 

s s 

Figura 8.3: Accelerazione del processo di consolidazionemediante precarico

La curva tempo – cedimentiindicata con la lettera A è ot-

tenuta calcolando il cedimen-to edometrico finale sf  dovutoal solo carico finale di proget-to pf  con l’equazione:

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

σ

+σ⋅

+⋅=

'0v

f '

0v

0

C0f 

 plog

e1

CHs   (Eq. 8.1)

e applicando la teoria della consolidazione di Terzaghi, ovvero le equazioni:

f vm s)T(U)t(s   ⋅=  e 2vv HtcT   ⋅=   (Eq. 8.2)

La curva A rappresenta il decorso dei cedimenti nel tempo in assenza di precarico.

Supponiamo che alla consegna dell’opera, o comunque dopo un assegnato tempo t1, sidebba essere già manifestato il cedimento sf  (o una gran parte di esso). Per accelerare il

8 -4

1 Di norma il contratto d’appalto fissa i termini di consegna dell’opera da realizzare. Supponiamo ad esem- pio che si debba consegnare un rilevato stradale, finito, entro una certa data. La pavimentazione deve essererealizzata a cedimenti assoluti e differenziali esauriti, pena la formazione di avvallamenti e la continua rot-tura del manto stradale durante l’esercizio.

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

 processo di consolidazione si può decidere di applicare un sovraccarico temporaneo di in-tensità ps per un periodo di tempo ts. Molto spesso ts (ovviamente minore di t1) è condi-zionato dai tempi necessari per le lavorazioni, e quindi è un dato di progetto, mentrel’incognita è l’intensità del precarico ps. Introducendo nell’equazione:

2v

vH

tcT   ⋅=   (Eq. 8.3)

il tempo ts, si determina il valore del fattore di tempo Tv e quindi il corrispondente valoredel grado di consolidazione medio Um al tempo ts, che è pari sia al rapporto ss/sf  che alrapporto sf /sfs. Noto il valore di Um è pertanto possibile calcolare il cedimento finale diconsolidazione edometrica sfs che si avrebbe sotto il carico applicato di intensità (pf  + ps):

sfs = sf /Um (Eq. 8.4)

Applicando in modo inverso l’equazione per in calcolo del cedimento edometrico si de-termina l’intensità del carico (pf  + ps) (e quindi l’intensità di ps) che, mantenuto in essere

 per un tempo ts, produce il cedimento sf :

( )( )

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⋅=+

+⋅

110 p p c

0

0

fs

C

e1

H

s

'0vsf    σ     (Eq. 8.5)

Dopo tale tempo, eliminando il precarico, non si registreranno ulteriori cedimenti, inquanto il cedimento avvenuto sf  corrisponde al cedimento edometrico finale del carico fi-nale permanente pf .

La tecnica del precarico può essere utilizzata anche per sovraconsolidare il terreno di fon-dazione, se il tempo di permanenza è tale da produrre cedimenti maggiori di s f , e quindi

 per migliorarne la resistenza e la rigidezza.

8.4 Accelerazione del processo di consolidazione mediante dreni vertica-li

Un’altra tecnica per accelerare il processo di consolidazione consiste nell’inserire nel ter-reno dreni verticali disposti ai vertici di una maglia regolare, quadrata o triangolare, di la-to inferiore alla massima lunghezza di drenaggio H.

Come abbiamo visto nel Capitolo 7, il tempo necessario perché avvenga la consolidazioneedometrica è proporzionale al quadrato della massima lunghezza di drenaggio:

2

v

v Hc

Tt   ⋅=   (Eq. 8.6)

Inserendo dreni verticali nel terreno si permette all’acqua di filtrare anche in direzione o-rizzontale fino al dreno più vicino, ovvero si riduce la lunghezza del percorso di drenag-gio, si sfrutta la maggiore permeabilità del terreno in direzione orizzontale, si fa avvenireun processo di consolidazione tridimensionale, ottenendo in tal modo una molto più rapi-da dissipazione delle sovrapressioni neutre e quindi una forte accelerazione dei tempi diconsolidazione (Figura 8.4).

8 -5

 

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

In passato i dreniverticali erano rea-lizzati con pali di

sabbia, infissi o tri-vellati, di diametrodw= 0,2÷0,5 m e in-terasse 1,5÷6,0 m,talvolta rivestiti conuna calza di juta odi geosintetico. Og-gi più frequente-mente si utilizzanodreni prefabbricatidi tipo diverso (di

cartone, con animain plastica e guainadi cartone, di geo-

tessile, di corda), messi in opera a percussione o per infissione lenta di un mandrino.

rilevato strato drenante

argilla molle

sabbia

dreni verticali

Figura 8.4: Schema di impiego dei dreni verticali

I dreni prefabbricati hanno sezione lamellare (larghezza a = 60÷100 mm, spessore b = 2÷5 mm), e se ne calcola il diametro equivalente con l’equazione:

r e

de

dw

 

Figura 8.5: Schema diconsolida ione radiale

( )π+⋅

= ba2

d w   (Eq. 8.7)

Per il dimensionamento del sistema di dreni verticali occor-re considerare la consolidazione radiale. Con riferimentoallo schema di Figura 8.5, si considera un cilindro di terre-no con superficie esterna impermeabile e un dreno centrale.Le ipotesi sono le stesse della teoria della consolidazioneedometrica di Terzaghi, a parte la direzione del flusso:

1.  terreno omogeneo,

2.  parametri di compressibilità e di permeabilità costantidurante il processo di consolidazione,

3.  deformazioni solo verticali e filtrazione solo radiale,4.  deformazioni piccole rispetto all’altezza del cilindro che

drena.

L’equazione della consolidazione radiale (che corrispondeall’Eq. 7.31 della consolidazione edometrica) è la seguente:

t

u

u

u

1c e

2e

2e

h ∂

∂=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

∂+

∂⋅⋅   (Eq. 8.8)

8 -6

 

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

in cui

wv

hh m

k c

γ⋅=   (Eq. 8.9)

è il coefficiente di consolidazione per flusso in direzione orizzontale (in genere ch > cv acausa dell’anisotropia della permeabilità e della struttura stratificata in direzione orizzon-tale dei terreni naturali, ma spesso sia per la maggiore difficoltà di determinazione speri-mentale di ch, sia perché il disturbo dovuto alla messa in opera dei dreni prefabbricati ri-duce la permeabilità orizzontale e quindi ch, si assume ch = cv).

Analogamente a quanto già visto per la consolidazione edometrica, anche per la consoli-dazione radiale si definisce il fattore di tempo adimensionale:

2e

hr  d

tcT

  ⋅=   (Eq. 8.10)

e il grado di consolidazione radiale medio, Ur , che rappresenta il rapporto tra il cedimen-to di consolidazione radiale al tempo t e il cedimento di consolidazione totale, e che puòessere calcolato con la seguente equazione approssimata (Figura 8.6):

75,0)nln(F

100F

T8exp1100

s

)t(s(%)U r 

f r 

−=

⋅⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    ⋅−−=⋅=

  (Eq. 8.11)

in cuiw

e

d

dn =  è il rapporto tra il diametro del cilindro, de, e il diametro del dreno, dw.

Il diametro equivalente del cilindro di terreno che drena, de, è assunto pari al diametro delcerchio di area eguale all’area di influenza del dreno, per cui:

 per disposizione a quinconce, con maglia triangolare equilatera di lato s (Figura 8.7a):

s05,1s3

6d e   ⋅≅⋅

⋅π=   (Eq. 8.12)

 per disposizione a maglia quadrata di lato s (Figura 8.7b):

s13,1s4

d e   ⋅≅⋅π

=   (Eq. 8.13)

Il grado di consolidazione medio complessivo, U, in un processo combinato di consolida-zione verticale e radiale, si determina con la seguente equazione (Carrillo, 1942):

( ) )U100(U100100

1100(%)U r v   −⋅−⋅−=   (Eq. 8.14)

in cui si sono indicati con Uv(%) e con Ur (%) rispettivamente i gradi di consolidazionemedi dei processi di filtrazione verticale e radiale.

L’eq. 8.14 si applica per un dato valore del tempo t, cui corrispondono due differenti va-lori di Tv e di Tr , e quindi due differenti valori di Uv e di Ur .

8 -7

 

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Capitolo 8 A NCORA SULLA CONSOLIDAZIONE

 

Molto spesso le due tecniche per accelerare il processo di consolidazione sopradescritte(precarico e dreni verticali) vengono utilizzate simultaneamente.

0

20

40

60

80

100

0.01 0.1 1

fattore di tem po, Tr

  g  r  a   d  o   d   i  c  o  n  s  o   l   i   d  a  z   i  o  n  e  m  e   d   i  o ,

   U

  r   (   %   )

n=5

n=10

n=40

n=100

 Figura 8.6: Grado di consolidazione medio,U r  , in funzione del fattore di tempo, T r  , perconsolidazione radiale

Figura 8.7: Disposizione di dreni a quinconcecon maglia triangolare equilatera (a) e a ma-glia quadrata (b)

a) b)

8 -8

 

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-1

CAPITOLO 9RESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI 

9.1 IntroduzionePer le verifiche di resistenza delle opere geotecniche è necessario valutare quali sono glistati di tensione massimi sopportabili dal terreno in condizioni di incipiente rottura.La resistenza al taglio di un terreno in una direzione è la massima tensione tangenziale, τ  f ,che può essere applicata alla struttura del terreno, in quella direzione, prima che si verifi-chi la “rottura”, ovvero quella condizione in cui le deformazioni sono inaccettabilmenteelevate.La rottura può essere improvvisa e definitiva, con perdita totale di resistenza (come av-viene generalmente per gli ammassi rocciosi), oppure può avere luogo dopo grandi de-formazioni plastiche, senza completa perdita di resistenza, come si verifica spesso nei ter-reni.

 Nella Meccanica dei Terreni si parla di resistenza al taglio, perché in tali materiali, a cau-sa della loro natura particellare, le deformazioni (e la rottura) avvengono principalmente

 per scorrimento relativo fra i grani.In linea teorica, se per l’analisi delle condizioni di equilibrio e di rottura dei terreni si uti-lizzasse un modello discreto, costituito da un insieme di particelle a contatto, si dovrebbe-ro valutare le azioni mutue intergranulari (normali e tangenziali alle superfici di contatto)e confrontarle con i valori limite di equilibrio. Tale approccio, allo stato attuale e per i ter-reni reali, non è praticabile.Per la soluzione dei problemi di meccanica del terreno è tuttavia possibile, in virtù del

 principio delle tensioni efficaci, riferirsi al terreno saturo (mezzo particellare con gli spazi

fra le particelle riempiti da acqua) come alla sovrapposizione nello stesso spazio di duemezzi continui: un continuo solido corrispondente alle particelle di terreno, ed un conti-nuo fluido, corrispondente all’acqua che occupa i vuoti interparticellari. In tal modo è

 possibile applicare anche ai terreni i ben più familiari concetti della meccanica dei mezzicontinui solidi e della meccanica dei mezzi continui fluidi.Le tensioni che interessano il continuo solido sono le tensioni efficaci, definite dalla diffe-renza tra le tensioni totali e le pressioni interstiziali:

u'    −= σ σ    (Eq. 9.1) 

A queste, in base al principio delle tensioni efficaci, è legata la resistenza al taglio dei ter-reni.

9.2 Richiami sulla rappresentazione di un sistema piano di tensioni

Se per un punto O all’interno di un corpo si considerano tutti i possibili elementi superfi-ciali infinitesimi diversamente orientati, ossia appartenenti alla stella di piani che ha cen-tro in O, le tensioni su di essi (cioè la tensione risultante e le componenti normale σ  e tan-genziale τ  all'elemento superficiale considerato) variano generalmente da elemento a ele-mento. In particolare è possibile dimostrare che esistono tre piani, fra loro ortogonali, sucui agiscono esclusivamente tensioni normali. Questi tre piani sono detti  principali, e letensioni che agiscono su di essi sono dette tensioni principali. Generalmente, la tensione

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-2

 principale maggiore (che agisce sul piano principale maggiore π 1) è indicata con σ 1, latensione principale intermedia (che agisce sul piano principale intermedio π 2) è indicatacon σ 2, la tensione principale minore (che agisce sul piano principale minore π 3) è indica-ta con σ 3 (Figura 9.1).

In particolari condizioni di simme-tria due, o anche tutte e tre, le ten-sioni principali possono assumerelo stesso valore. Il caso in cui le tretensioni principali hanno eguale va-lore è detto di tensione isotropa: incondizioni di tensione isotropa tuttii piani della stella sono principali ela tensione (isotropa) è eguale intutte le direzioni. Quando due delletre tensioni principali sono uguali

lo stato tensionale si definisce  as- sial-simmetrico e tutti i piani dellastella appartenenti al fascio che ha

 per asse la direzione della tensione principale diversa dalle altre due,sono piani principali (e le relativetensioni sono uguali). Poiché spes-so gli stati tensionali critici per iterreni interessano piani normali al

 piano principale intermedio, ovvero piani appartenenti al fascio avente

 per asse la direzione della tensione principale intermedia σ 2 (Figura 9.1), è possibile igno-rare il valore e gli effetti della tensione principale intermedia σ 2 e riferirsi ad un sistema

 piano di tensioni.Osserviamo adesso come variano le tensioni sui piani del fascio avente per asse la dire-zione della tensione principale intermedia, al variare dell’inclinazione del piano. In Figura9.2a sono disegnate le tracce dei due piani principali maggiore π 1 e minore π 3, e di un ge-nerico piano π  del fascio avente inclinazione θ   rispetto alla direzione del piano principalemaggiore.Si consideri l’equilibrio di un elemento prismatico di spessore unitario (problema piano) eforma triangolare, con i lati di dimensioni infinitesime (per rimanere nell’intorno del pun-

to considerato), paralleli ai due piani principali e al piano π . (Figura 9.2b).Le condizioni di equilibrio alla traslazione in direzione orizzontale e verticale:

0sindlcosdlcosdl

0cosdlsindlsindl

1

3

=⋅⋅+⋅⋅−⋅⋅

=⋅⋅−⋅⋅−⋅⋅

θ τ θ σ θ σ 

θ τ θ σ θ σ 

θ θ 

θ θ   

impongono che le tensioni tangenziale τ θ  e normale σ θ  sul piano π   valgano:

( )   θ σ σ σ σ 

θ σ σ 

τ 

θ 

θ 

2313

31

cos

2 sin2

⋅−+=

⋅−

=  (Eq. 9.2) 

 Figura 9.1 – Tensioni e piani principali per il punto O

σ

σ

σ

σ

σσ

π

π

π

O

1

1

1

2

2

2

3

3

3

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-3

σ

σ

σ

σ

dl

τ

σ

θ

θθ

θ

Piano principale maggiore, π

Piano principale minore π

Piano π

O3

3

1

1

1

3

a)  b)

 

 Figura 9.2 - Tensioni indotte dalle due tensioni principali, σ 1 e σ 3 , su un piano inclinato di θ  ri-

 spetto a π 1.

In un sistema di assi cartesianiortogonali di centro O e assi X eY (Figura 9.3), sul quale vengonoriportate lungo l’asse X le tensio-ni normali, σ , e lungo l’asse Y letensioni tangenziali, τ   (piano diMohr), le equazioni (9.2) rappre-sentano un cerchio di raggio  R = ( σ 1  – σ 3 )/2  e centro C[( σ 1  +

σ 3 )/2; 0], detto  cerchio di Mohr,che è il luogo delle condizioni ditensione di tutti i piani del fascio.Per disegnare il cerchio, con rife-rimento alla Figura 9.3a, occorre

 prima posizionare i punti A e Bsull’asse X, in modo tale che isegmenti OA ed OB siano pro-

 porzionali, nella scala prescelta,rispettivamente alle tensioni

 principali minore, σ 3, e maggio-

re, σ 1, e poi tracciare il cerchio didiametro AB. Tale cerchio è illuogo degli stati di tensione ditutti i piani del fascio. Sul cerchiodi Mohr è utile definire il concet-to di  polo  o origine dei piani,come il punto tale che qualunqueretta uscente da esso interseca il

cerchio in un punto le cui coordinate rappresentano lo stato tensionale agente sul pianoche ha per traccia la retta considerata.

O C

3

3

1

1

A B

D

a

E

Y

X

σ

σ

σ

τ

θ

θ

θ2θ

O CA

 polo

Tensione sul pianoorizzontale

Tensione sul piano inclinato dirispetto all’orizzontale

α

B

D

E

P

Y

X

α

σ

σ

 b)

 Figura 9.3 Cerchio di Mohr (a) e polo (b)

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-4

Ad esempio se il piano principale maggiore (su cui agisce la σ 1) è perpendicolare all’asseY, il polo è rappresentato dal punto A( σ 3 ,0), cioè un piano del fascio inclinato di un ango-lo θ  rispetto al piano principale maggiore interseca il cerchio in un punto D, le cui coordi-nate rappresentano le tensioni normale e tangenziale sul piano considerato. Viceversa, se

il piano principale minore (su cui agisce la σ 3) è perpendicolare all’asse Y, il polo è rap- presentato dal punto B( σ 1 ,0). Se per individuare l’orientazione dei piani del fascio assu-miamo come riferimento i piani verticale ed orizzontale, non necessariamente coincidenticon i piani principali, il polo, P, è individuato dall’intersezione col cerchio di Mohr dellaretta orizzontale condotta dal punto, D, che ha per coordinate la tensione normale e tan-genziale sul piano orizzontale; un generico piano del fascio inclinato di un angolo α  ri-spetto all’orizzontale (Figura 9.3b), interseca il cerchio di Mohr in un punto, E, le cui co-ordinate rappresentano le tensioni normale e tangenziale sul piano considerato.Con riferimento alla Figura 9.3a, si può dimostrare che le equazioni (9.2) rappresentanoquello che è stato definito come cerchio di Mohr:

tensione tangenziale: θ σ σ 

θ τ θ 

2 sin2

2 sin DC  DE  31 ⋅−

=⋅==  

tensione normale:( )   θ σ σ σ 

θ σ θ σ σ θ 2

313

233

cos

cosABcosADAEOAOE

⋅−+=

=⋅+=⋅+=+== 

9.3 Criterio di rottura di Mohr-Coulomb

In base al principio delle tensioni efficaci “Ogni effetto misurabile di una variazione dello

 stato di tensione, come la compressione, la distorsione e la variazione di resistenza al ta-

 glio è attribuibile esclusivamente a variazioni delle tensioni efficaci”.

Dunque la resistenza del terreno, che a causa della natura particellare del mezzo, è una re-

sistenza al taglio, deve essere espressa da una relazione (criterio di rottura) del tipo:( )'σ τ   f  f   =

  (Eq. 9.3) 

Il più semplice ed utilizzato criterio di rottura per i terreni, è il criterio di Mohr-Coulomb:( ) 'tan''c'tanu'c f ,nf    φ σ φ σ τ    ⋅+=⋅−+=

   per σ ’ > 0  (Eq. 9.4) 

in base al quale la tensione tangenziale limite di rottura in un generico punto P di una su- perficie di scorrimento potenziale interna al terreno è dato dalla somma di due termini: il primo, detto  coesione  c’ , è indipendente dalla tensione efficace normale alla superficieagente in quel punto, ed il secondo è ad essa proporzionale attraverso un coefficiented’attrito tanφ ’ . L’angolo φ ’  è detto angolo di resistenza al taglio.

 Nel piano di Mohr l’equazione (9.4) rappresenta una retta (Figura 9.4), detta retta invi-luppo di rottura, che separa gli stati tensionali possibili da quelli privi di significato fisicoin quanto incompatibili con la resistenza del materiale. Nel piano τ−σ ’ , lo stato di tensio-ne (che per semplicità di esposizione considereremo piano) nel punto P, corrispondentealla rottura, sarà rappresentato da un cerchio di Mohr tangente all’inviluppo di rottura(Figura 9.4). Un cerchio di Mohr tutto al di sotto della retta inviluppo di rottura indica in-vece che la condizione di rottura non è raggiunta su nessuno dei piani passanti per il pun-to considerato, mentre non sono fisicamente possibili le situazioni in cui il cerchio diMohr interseca l’inviluppo di rottura. Si osservi che in base alle proprietà dei cerchi diMohr risulta nota la rotazione del piano di rottura per P (ovvero del piano su cui agiscono

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-5

la tensione efficacenormale σ ’ n,f   e la ten-sione tangenziale τ  f )rispetto ai piani prin-cipali per P (ovverorispetto a quei piani sucui agiscono solo ten-sioni normali e le ten-sioni tangenziali sonozero).In particolare l’angolofra il piano di rotturaed il piano su cui agi-sce la tensione princi-

 pale maggiore σ ’ 1,f   è

 pari a ( π  /4 + φ ’/2)1

.

Infatti, con riferimento alla Figura 9.4, si considerino i valori degli angoli del triangoloFDC:DFC = φ’, FDC = π/2, FCD = π – 2θf  Poiché la somma degli angoli di un triangolo è π, ne risulta: θf  = φ’/2 + π/4

8.3.1 Osservazioni sull’inviluppo di rottura

In relazione a quanto esposto nei pa-ragrafi precedenti è opportuno evi-denziare che:-  il criterio di rottura di Mohr-

Coulomb non dipende dalla ten-sione principale intermedia; siosservi infatti la Figura 9.5 cherappresenta lo stato tensionale inun punto in condizioni di rottu-ra. Essa dipende dai valori diσ’1,f   e di σ’3,f , che definisconodimensioni e posizione del cer-chio di Mohr tangente alla retta

di inviluppo di rottura, ed è in-dipendente dal valore di σ’2,f .

1 Si osservi inoltre che la tensione τ  f  non è il valore massimo della tensione tangenziale nel punto P, la quale

è invece pari al raggio del cerchio di Mohr: ( )'3

'1max 2

1σ σ τ    −⋅= , è associata ad una tensione normale che è

 pari al valore medio delle tensioni principali maggiore e minore: ( )'3

'1

'

2

1σ σ σ    +⋅=m  ed agisce su un piano

ruotato di π/4 rispetto al piano su cui agisce la tensione principale maggiore σ ’ 1,f  e quindi di φ’/2 rispetto al piano di rottura.

Oc’

D

3,f 

f f 

τ

σ’σ’

σ’

τ

ϕ’

θ = π/4+ϕ 

’/2

A

inviluppo di rotturatraccia del pianodi rottura

F C B

1,f σ’

n,f 

 Figura 9.4 – Criterio di rottura di Mohr-Coulomb

c’

3,f 

2,f 

τ

σ’σ’

ϕ’

C B

σ’

σ’

1,f 

  Figura 9.5 – Il criterio di rottura di Mohr-Coulomb

non dipende dalla tensione principale intermedia, σ ’ 2 

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-6

-  i parametri di resistenza al taglio c’  e φ ’  non sono caratteristiche fisiche del terreno,ma sono funzione di molti fattori, fra cui: storia tensionale, indice dei vuoti, livello ditensione e di deformazione, tipo di struttura, composizione granulometrica, tempera-tura etc..

-  l’inviluppo a rottura può presentare c’  = 0;-  l’inviluppo di rottura reale non è necessariamente una retta; spesso tale approssima-

zione è accettabile solo in un campo limitato di tensioni. Pertanto nella sperimenta-zione di laboratorio occorre indagare sul campo di tensioni prossimo allo stato ten-sionale in sito.

Occorre poi considerare una importantissima conseguenza della seguente asserzione del principio delle tensioni efficaci: “la variazione di resistenza al taglio è attribuibile esclu-

 sivamente a variazioni delle tensioni efficaci”. Quando in un terreno interviene una alte-razione delle tensioni totali, a causa di carichi, positivi o negativi, applicati in superficie oin profondità, risultano conseguentemente alterate le pressioni interstiziali e le tensioni ef-ficaci, ed ha inizio un processo di filtrazione in regime transitorio (consolidazione).

 Nei terreni a grana grossa, molto permeabili, tale processo è pressoché istantaneo (sistemaaperto), cosicché alle variazioni di tensione totale corrispondono immediatamente analo-ghe variazioni di tensione efficace mentre le tensioni interstiziali rimangono inalterate(condizioni drenate). Dunque, noto lo stato tensionale iniziale, è sufficiente conoscere en-tità e distribuzione degli incrementi di tensione (totale = efficace) indotti dal carico appli-cato per poter valutare la resistenza al taglio disponibile in ogni punto dell’ammasso (na-turalmente se sono noti i parametri di resistenza al taglio).Invece nei terreni a grana fine, poco permeabili, non sono generalmente note né l’entitàné l’evoluzione nel tempo delle variazioni di pressione interstiziale e di tensione efficaceconseguenti ad una variazione di tensione totale prodotta dai carichi applicati2. Possiamosolo dire che, se il terreno è saturo, all’istante di applicazione del carico le deformazioni

volumetriche sono nulle (sistema chiuso, condizioni non drenate o a breve termine), men-tre possono esserci deformazioni di taglio. Solo dopo che si sarà esaurito il processo diconsolidazione e le sovrapressioni interstiziali si saranno dissipate, le tensioni efficaci equindi la resistenza al taglio si saranno stabilizzate sul valore finale (condizioni drenate oa lungo termine).Conseguentemente, mentre per i terreni a grana grossa la resistenza al taglio, e quindi lecondizioni di stabilità, non variano nel tempo dall’applicazione del carico, ciò avviene peri terreni a grana fine. In particolare se durante il processo di consolidazione le tensioni ef-ficaci crescono, anche la resistenza al taglio progressivamente cresce e le condizioni distabilità più critiche sono a breve termine. Se invece durante il processo di consolidazionele tensioni efficaci decrescono anche la resistenza al taglio progressivamente decresce e le

condizioni di stabilità più critiche sono a lungo termine. Per tale motivo, ad esempio, seun rilevato è stabile subito dopo la costruzione lo sarà anche in futuro, ma se la parete diuno scavo è stabile subito dopo la sua esecuzione non è affatto detto che lo sarà anche do-

 po un certo tempo.

2 In alcuni casi semplici tali variazioni sono note. Abbiamo visto ad esempio che in condizioni di carico e-dometrico (compressione con espansione laterale impedita) all’istante di applicazione dell’incremento ditensione verticale totale corrisponde, nei terreni saturi, un eguale incremento di pressione neutra, mentre latensione efficace rimane invariata e non si manifesta alcuna deformazione (né volumetrica né di taglio).

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-7

9.4 Coefficienti di Skempton

Si consideri un elemento di terreno poco permeabile, saturo e sotto falda all’interno di undeposito omogeneo con superficie del piano campagna orizzontale. Per simmetria cilin-drica le tensioni geostatiche verticale e orizzontali sono tensioni principali e le tensioni

 principali orizzontali sono tra loro uguali (stato tensionale assial-simmetrico). Si suppon-ga che la tensione verticale corrisponda alla tensione principale maggiore σ1 e quelle o-rizzontali alla tensione principale minore σ3. Per definizione in un tubo piezometrico po-sto alla profondità dell’elemento l’acqua risalirebbe fino alla profondità del livello di fal-da (Figura 9.6a).Supponiamo che un carico, applicato in modo istantaneo in superficie, produca istantane-amente, nell’elemento di terreno considerato, un incremento assial simmetrico dello statotensionale totale, ovvero un incremento ∆σ 1 della tensione principale maggiore (vertica-le), un incremento ∆σ 3 della tensione principale minore (orizzontale) e, di conseguenza,un incremento ∆u della pressione interstiziale, testimoniato da un innalzamento del livellodell’acqua nel piezometro della quantità ∆u/ γ 

w (Figura 9.6b).

Possiamo pensare di scomporre l’incremento dello stato tensionale totale in due parti (Fi-gura 9.6c):-  una prima parte di incremento delle tensioni isotropo, ovvero agente in modo eguale

in tutte le direzioni, di intensità ∆σ 3;-  e una seconda parte di incremento deviatorico, ovvero agente solo in direzione verti-

cale, di intensità (∆σ1 – ∆σ3).Indichiamo con ∆ub l’incremento di pressione interstiziale causato dall’incremento di ten-sione totale isotropa ∆σ 3, e con ∆ua  l’incremento di pressione interstiziale causatodall’incremento di tensione totale deviatorica ( ∆σ 1 - ∆σ 3 ). Naturalmente dovrà essere:

∆u = ∆ub +∆ua  (Eq. 9.5) 

Indichiamo con B il rapporto fra l’incremento di pressione interstiziale ∆ub e l’incrementodi tensione totale isotropa ∆σ 3 che ne è stata causa:

3σ ∆

∆= bu

 B   (Eq. 9.6) 

Analogamente indichiamo con  Ā  il rapporto fra l’incremento di pressione interstiziale ∆ua e l’incremento di tensione totale isotropa ( ∆σ 1 - ∆σ 3 ) che ne è stata causa:

)( 31   σ σ    ∆−∆

∆= au

 A   (Eq. 9.7) 

u/γw =

σ3

σ1

a)

∆ γu/w

∆σ3

∆σ1

 b)

∆ γu / b w

∆σ3

∆σ3 +

∆ γu /a w

0

∆σ1−∆σ

3

c)

  Figura 9.6 - a) Stato iniziale; b) incremento istantaneo dello stato di tensione; c) scomposizione

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9-8

 Ne risulta che l’incremento di pressione interstiziale ∆u può essere calcolato, noti i para-metri B ed  Ā , con la relazione:

( )313   σ σ σ    ∆−∆⋅+∆⋅=∆  A Bu   (Eq. 9.8) 

ovvero, avendo posto A = Ā/B, con la relazione:

( )[ ]313   σ σ σ    ∆−∆⋅+∆⋅=∆  A Bu 

(Eq. 9.9) 

I parametri  B,  A  (e  Ā ) sono detti parametri delle pressioni interstiziali o  coefficienti di

Skempton e possono essere determinati in laboratorio con prove triassiali consolidate nondrenate (Paragrafo 9.7.2).

9.41 Il coefficiente B

Se l’elemento di terreno è saturo (S r =1), assumendo trascurabile la compressibilitàdell’acqua, l’applicazione di un incremento di tensione totale isotropa ∆σ   in condizioninon drenate non produce alcuna deformazione (né volumetrica né di distorsione) e quindi,in base al principio delle tensioni efficaci, non produce neppure variazioni di tensione ef-

ficace (∆σ ’ = 0).Pertanto, per un terreno saturo, risulta:∆σ = ∆σ’ + ∆u = ∆u,ovvero B = ∆u/∆σ = 1Se invece l’elemento di terreno fosse del tutto privo di acqua interstiziale (Sr   = 0),l’applicazione di un incremento di ten-sione totale isotropa ∆σ  produrrebbeuna deformazione volumetrica (isotropase lo scheletro solido è isotropo) e uneguale incremento di tensione efficace

(∆σ’ = ∆σ).Pertanto, per un terreno secco, risulta:∆σ = ∆σ’ + ∆u = ∆σ',  ∆u =0ovvero B = ∆u/∆σ = 0.

 Nei casi intermedi, ovvero per terreni parzialmente saturi, risulta:∆σ = ∆σ’ + ∆u, ∆σ' > 0, ∆u > 0,ovvero 0 < B = ∆u/∆σ < 1.Il parametro  B  dipende dal grado disaturazione dei terreno, con una legge

non lineare e variabile da terreno a ter-reno, qualitativamente rappresentata inFigura 9.7.

9.4.2 Il coefficiente A

Se l’elemento di terreno è saturo, come abbiamo visto risulta B = 1, per cui i parametri A e  Ā =A·B coincidono. Per un dato terreno, il loro valore non è unico, come per il parame-tro B, ma dipende dallo stato tensionale iniziale e dall’incremento di tensione deviatorica.

0

Grado di saturazione, Sr 

   C  o  e   f   f   i  c   i  e  n   t  e   B   d   i

   S   k  e  m  p   t  o  n

0

0.2

0.2

0.4 0.6 0.8 1.0

0.4

0.6

0.8

1.0

  Figura 9.7 – Tipica variazione del coefficiente B di

Skempton con il grado di saturazione S r  

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-9

Il valore assunto dal parametro  A in condizioni di rottura è indicato con  A f , che pertantorappresenta il rapporto tra l’incremento di pressione interstiziale in condizioni non drenatea rottura, ∆u f , e il corrispondente valore dell’incremento di tensione deviatorica totale( ∆σ 1 – ∆σ 3 ) f . Il valore di  A f  dipende da numerosi fattori, il principale dei quali è la storia tensionale,ovvero il grado di sovraconsolidazione OCR. Per le argille normalmente consolidate(OCR = 1) A f  ha valori usualmente compresi tra 0,5 e 1, mentre per le argille fortementesovraconsolidate (OCR > 4) A f  assume valori negativi.

In Figura 9.8 è mostrata una tipica va-riazione di  A f   con OCR  per un’argilla.È importante notare il significato fisicodi  A, e riflettere sulle sue conseguenzenel comportamento meccanico delleopere geotecniche: un valore positivo

di  A significa che la pressione intersti-ziale nel terreno cresce con la tensionedeviatorica totale, mentre al contrariose A è negativo la pressione interstizia-le decresce. Occorre tuttavia sottolinea-re il fatto che i valori di A f , generalmen-te riportati in letteratura e nei rapportigeotecnici di laboratorio, non possonoessere utilizzati per valutare gli incre-menti di pressione interstiziale in con-dizioni di esercizio, poiché si riferisco-

no a condizioni di tensione differenti.

9.5 Apparecchiature e prove di laboratorio per la determinazione dellaresistenza al taglio

La resistenza al taglio dei terreni può essere determinata (o stimata) con prove di labora-torio e con prove in sito. Le due categorie di prove sono fra loro complementari, nel sensoche presentano vantaggi e limiti di tipo opposto, come già è stato detto a proposito delladeterminazione sperimentale del coefficiente di permeabilità, e come sarà meglio chiaritoin seguito quando si tratteranno le prove in sito.L’analisi dei risultati delle prove di laboratorio si presta bene allo studio delle leggi costi-

tutive, poiché le condizioni geometriche, di vincolo e di drenaggio dei provini sono bendefinite, il percorso di carico e/o di deformazione è imposto e controllato, il terreno su cuisi esegue la prova è identificato e classificato. I principali limiti delle prove di laboratoriosono invece da ricercarsi nella incerta rappresentatività del comportamento in sito, sia peril ridottissimo volume di terreno sottoposto a prova sia perché durante le operazioni dicampionamento, trasporto, estrusione e preparazione dei provini si produce inevitabil-mente un disturbo tale che essi non sono mai nelle stesse condizioni in cui si trovavano insito.

1

Grado di sovraconsolidazione, OCR 

   C  o  e   f   f   i  c   i  e  n   t  e   A

   d   i   S   k  e  m  p   t  o  n

   f

-0.5

2 3 8 10 20

0

0.5

1.0

4 6

  Figura 9.8 – Tipica variazione del coefficiente A f  di

Skempton con il grado di sovraconsolidazione OCR

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-10

Esistono molte apparecchiature e prove di laboratorio per la determinazione della resi-stenza al taglio dei terreni. In questa sede esamineremo soltanto le più semplici e diffuse:la prova di taglio diretto e le prove triassiali standard.

9.6 La prova di taglio direttoLa prova di taglio diretto è la più antica, la più intuitiva e la più semplice fra le prove dilaboratorio per la determinazione della resistenza al taglio dei terreni. Essa può essere e-seguita su campioni ricostituiti di materiali sabbiosi e su campioni indisturbati o ricosti-tuiti di terreni a grana fine.Una rappresentazione schematicadella cella dell’apparecchiatura èmostrata in Figura 9.9. La prova siesegue su almeno tre provini, chein genere hanno sezione quadratadi lato 60÷ 100 mm e altezza 20÷ 40

mm. La dimensione massima deigrani di terreno deve essere alme-no 6 volte inferiore all’altezza del

 provino, per cui sono escluse leghiaie e i ciottoli, salvo che non sidisponga di apparecchiature spe-ciali, molto grandi.

Il provino è inserito in un telaio metallico a sezione quadrata diviso in due parti da un piano orizzontale in corrispondenza della semialtezza, ed è verticalmente compreso tra

due piastre metalliche nervate e forate, oltre ciascuna delle quali vi è una carta filtro eduna piastra di pietra porosa molto permeabile.Attraverso una piastra di carico è possibile distribuire uniformemente sulla testa del pro-vino una forza verticale di compressione. Il tutto è posto in una scatola piena d’acqua che

 può essere fatta scorrere a velocità prefissata su un’apposita rotaia. La metà superiore deltelaio metallico è impedita di traslare da un contrasto collegato ad un anello dinamometri-co (per la misura delle forze orizzontali T  applicate), cosicché il movimento della scatola

 produce la rottura per taglio del provino nel piano orizzontale medio.La prova si esegue in due fasi. Nella prima fase viene applicata in modo istantaneo e man-tenuta costante nel tempo una forza verticale N  che dà inizio ad un processo di consolida-zione edometrica.

Durante la prima fase si misurano gli abbassamenti nel tempo del provino, controllando intal modo il processo di consolidazione e quindi il raggiungimento della pressione vertica-

le efficace media A

 N n  ='σ  , essendo A la sezione orizzontale del provino. La durata della

 prima fase dipende dalla permeabilità del terreno e dall’altezza del provino. Nella seconda fase si fa avvenire lo scorrimento orizzontale relativo, δ , a velocità costantefra le due parti del telaio producendo il taglio del provino nel piano orizzontale medio.Durante la fase di taglio si controlla lo spostamento orizzontale relativo e si misurano laforza orizzontale T( δ  ), che si sviluppa per reazione allo scorrimento, e le variazioni di al-

  Figura 9.9 – Cella per la prova di taglio diretto

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-11

tezza del provino. La velocità di scorrimento deve essere sufficientemente bassa da nonindurre sovrapressioni interstiziali. A tal fine la velocità può essere scelta in modo inver-samente proporzionale al tempo di consolidazione della prima fase. A titolo puramenteindicativo, le velocità di scorrimento sono dell’ordine di 2 10

-2 mm/s per terreni sabbiosi e

di 10-4 mm/s per i terreni a grana fine.La prova va continuata fino alla chiara individuazione della forza resistente di picco T  f  (Figura 9.10.a) o fino ad uno spostamento pari al 20% del lato del provino, quando non si

 possa individuare chiaramente un valore di picco della resistenza.

τ

σ

σ’

σ’

σ’

σ’

σ’

σ’

τ

τ

τ

τϕ’

Spostamento, δ

a)

3n

2n

1n

1n 2n 3n

1f 

2f 

3f 

c’

 b)

 

 Figura 9.10 - Determinazione della resistenza a rottura, τ  f  (a) e dei parametri di resistenza al ta-

 glio (b) da prova di taglio diretto.

La tensione efficace normale a rottura σ ’ n,f  = σ ’ n e la tensione tangenziale media a rotturasul piano orizzontale,

 A

T  f  f   =τ  ,3 sono le coordinate di un punto del piano di Mohr appar-

tenente alla linea inviluppo degli stati di tensione a rottura.Ripetendo la prova con differenti valori di N  (almeno tre) si ottengono i punti sperimenta-li che permettono di tracciare la retta di equazione:

'tan''   φ σ τ    ⋅+= c f    (Eq. 9.10) 

e quindi di determinare i parametri di resistenza al taglio c’  e φ ’  (Figura 9.10b).I valori di N , e quindi di pressione verticale, devono essere scelti tenendo conto della ten-sione verticale efficace geostatica.

I principali limiti della prova di taglio diretto sono:-  l’area A del provino varia (diminuisce) durante la fase di taglio,-  la pressione interstiziale non può essere controllata,-  non sono determinabili i parametri di deformabilità,-  la superficie di taglio è predeterminata e, se il provino non è omogeneo, può non

essere la superficie di resistenza minima.

3 In realtà l’area su cui distribuisce la forza resistente di picco T  f  a rottura sarà inferiore a quella iniziale A per effetto dello scorrimento relativo delle due parti del provino.

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-12

Se la prova è condotta a velocità troppo elevate per consentire il drenaggio si ottiene unasovrastima di c’  e una sottostima di φ ’ . L’esecuzione di prove di taglio diretto “rapide nondrenate” è fortemente sconsigliata, poiché la rapidità della prova non è comunque suffi-ciente a garantire l’assenza di drenaggio ed i risultati non sono interpretabili né in terminidi tensioni efficaci né in termini di tensioni totali.

9.7 L’apparecchio e le prove triassiali standard

Le prove triassiali standard sono eseguite, con modalità diverse, su campioni ricostituiti dimateriali sabbiosi e su campioni indisturbati o ricostituiti di terreni a grana fine per de-terminarne le caratteristiche di resistenza al taglio e di rigidezza. Nel seguito si considere-ranno solamente le prove di compressione su terreni saturi. Differenti modalità di prova(ad esempio per estensione) o prove su terreni non saturi sono possibili ma richiedono ap-

 parecchiature più complesse e, allo stato attuale, non sono di routine.In Figura 9.11 è rappresenta-to lo schema di un apparec-chio per prove triassiali stan-dard. I provini di terrenohanno forma cilindrica conrapporto altezza/diametrogeneralmente compreso tra 2 e 2.5. Il diametro è di norma35 o 50mm. Poiché il diame-tro deve essere almeno 10 volte maggiore della dimen-sione massima dei grani,

 prove triassiali su terrenicontenenti ghiaie o ciottolinon sono possibili salvo di-sporre di apparecchiaturespeciali di grandi dimensio-ni.Lo stato tensionale a cui èsoggetto un provino durante una prova triassiale è di tipo assial-simmetrico e rimane taledurante tutte le fasi della prova, quindi le tensioni principali agiscono sempre lungo le di-rezioni assiale e radiali del provino.Il provino, la cui preparazione richiede procedure diverse a seconda della natura del terre-

no, è appoggiato su un basamento metallico all’interno di una cella di perspex. Tra il ba-samento e il provino è posto un disco di materiale poroso molto permeabile, protetto daun disco di carta filtro che evita l’intasamento dei pori. Anche superiormente al provino è

 posto un disco di carta filtro ed una pietra porosa, sopra la quale è appoggiata una piastracircolare di carico. La superficie laterale del provino è rivestita con una membrana di lat-tice di gomma, molto flessibile ed impermeabile, stretta con guarnizioni di gomma (O-ring) al basamento inferiore ed alla piastra di carico superiore. Talvolta tra la superficielaterale del provino e la membrana di lattice di gomma sono poste strisce verticali di cartafiltro. La cella di perspex è riempita d’acqua che può essere messa in pressione esercitan-do così uno stato di compressione isotropa sul provino.

 Figura 9.11 – Cella per prove triassiali di tipo standard

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-13

Il provino risulta idraulicamente isolato dall’acqua interna alla cella di perspex, ma in col-legamento idraulico con l’esterno, poiché sia il basamento che la piastra di carico sono at-traversati da condotti collegati con sottili e flessibili tubi di drenaggio. La carta filtro di-sposta sulla superficie laterale del provino ha la funzione di facilitare il flusso dell’acquadal provino all’esterno. I tubi di drenaggio possono essere anche utilizzati per mettere in

 pressione l’acqua contenuta nel provino ( contropressione interstiziale o back pressure), o possono essere chiusi e collegati a strumenti di misura della pressione dell’acqua.Il tetto della cella è attraversato da un’asta verticale scorrevole (pistone di carico, Figura9.11) che può trasmettere un carico assiale al provino attraverso la piastra di carico.

In definitiva con l’apparecchio triassiale standard è possibile:o  esercitare una pressione totale isotropa sul provino mediante l’acqua contenuta nella

cella;o  fare avvenire e controllare la consolidazione isotropa del provino misurandone le

variazioni di volume, corrispondenti alla quantità di acqua espulsa o assorbita attra-

verso i tubi di drenaggio;o  deformare assialmente il provino a velocità costante fino ed oltre la rottura misu-rando la forza assiale di reazione corrispondente;

o  misurare il volume di acqua espulso o assorbito dal provino durante la compressio-ne assiale a drenaggi aperti;

o  controllare le deformazioni assiali del provino, determinate dalla velocità di avan-zamento prescelta della pressa, durante la compressione assiale;

o  misurare la pressione dell’acqua nei condotti di drenaggio (che si suppone egualealla pressione interstiziale uniforme nei pori del provino) quando la compressione,isotropa o assiale, avviene a drenaggi chiusi,

o  mettere in pressione l’acqua nei condotti di drenaggio, e quindi creare una eguale

 pressione interstiziale nel provino.

 Nell’interpretare i risultati delle prove si ipotizza un comportamento deformativo isotropodel terreno.Le prove triassiali standard sono condotte secondo tre modalità:o   prova triassiale consolidata isotropicamente drenata (TxCID),o   prova triassiale consolidata isotropicamente non drenata (TxCIU),o   prova triassiale non consolidata non drenata (TxUU).

Per ciascuno dei tre tipi di prova il provino è inizialmente saturato mediante la contempo-ranea applicazione di una tensione isotropa di cella e di una poco minore contropressione

dell’acqua interstiziale4. In tal modo le bolle d’aria eventualmente presenti nel provinotendono a sciogliersi nell’acqua interstiziale.La verifica dell’avvenuta saturazione viene fatta mediante la misura del coefficiente  B diSkempton: a drenaggi chiusi si incrementa la pressione di cella di una quantità ∆σ   e simisura il conseguente aumento di pressione interstiziale, ∆u. Se il rapporto ∆u/ ∆σ , ovvero

4 Teoricamente la pressione di cella e la back pressure dovrebbero essere eguali, in modo da non produrrevariazioni di tensione efficace. In pratica si applica una pressione di cella lievemente maggiore della con-tropressione interstiziale per evitare che si accumuli acqua fra la membrana e la superficie laterale del pro-vino.

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-14

il coefficiente B, risulta pari ad 1, il provino è saturo (in pratica si ritiene sufficiente  B >

0.95), se invece risulta B < 0.95 il provino non è saturo. Pertanto, per favorire la satura-zione, si incrementano della stessa quantità i valori di pressione di cella e di contropres-sione interstiziale (in modo da mantenere costante la pressione efficace di consolidazio-ne), e si ripete la verifica dell’avvenuta saturazione eseguendo una nuova misura di B.

9.7.1 Prova triassiale consolidata isotropicamente drenata (TxCID)

Dopo avere eseguito la saturazione, la prova si svolge in due fasi. Nella prima fase il provino saturo è sottoposto a compressione isotropa mediante un in-cremento della pressione di cella, a drenaggi aperti fino alla completa consolidazione. La

 pressione di consolidazione, σ ’ c, è pari alla differenza fra pressione di cella (totale), σ c, econtropressione interstiziale, u0. Il processo di consolidazione è controllato attraverso lamisura nel tempo del volume di acqua espulso e raccolto in una buretta graduata, che vie-ne diagrammato in funzione del tempo (Figura 9.12).

 Nella seconda fase, ancora a drenaggi aperti, si fa avanzare il pistone a velocità costante e

sufficientemente bassa da non produrre sovrapressioni interstiziali all’interno del provino.La velocità può essere scelta in modo inversamente proporzionale al tempo di consolida-zionedella prima fase. Durante la secondafase è controllata la variazione neltempo dell’altezza del provino, esono misurate:-  la forza assiale esercitata dal pi-

stone-  la variazione di volume del pro-

vino.

Tali misure permettono di calcolare,fino ed oltre la rottura del provino:-  la deformazione assiale media,

ε a,-  la deformazione volumetrica

media, ε v, (e quindi anche la de-formazione radiale media, ε r   =

( ε v – ε a ) / 2,-  la tensione assiale media, σ a, (e

quindi anche di tensione deviatorica media, σ a – σ r  = σ ’ a – σ ’ r , essendo σ r  la pressioneradiale che rimane costante durante la prova).I risultati della prova sono di norma rappresentati in grafici ε a - ( σ a – σ r  ), e ε a – ε v (Figura9.13).Poiché durante la fase di compressione assiale la pressione di cella σ c e la pressione inter-stiziale u0 rimangono costanti (e quindi anche la pressione radiale totale σ r  = σ c) e poichénon si sviluppano sovrappressioni interstiziali, essendo la prova drenata, allora rimane co-stante anche la pressione radiale efficace, σ ’ r , che corrisponde alla tensione efficace prin-cipale minore (σ ’ r  = σ ’ 3), mentre cresce la tensione efficace assiale media, σ ’ a, che corri-sponde alla tensione efficace principale maggiore (σ ’ a = σ ’ 1).

 Figura 9.12 – Variazione di volume di un provino che

consolida in cella triassiale, in funzione del tempo

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-15

È dunque possibile seguire l’evoluzione nel tempo del cerchio di Mohr corrispondente al-lo stato tensionale del provino fino ed oltre la rottura (Figura 9.14).

La prova deve essere eseguita su almeno tre provini a differenti pressioni di consolidazio-ne.

σ’

σ − σ’ ’

ε

ε

a)

 b)

a

a

v

3f 3c

2c

1c

σ’

σ’

σ − σ’ ’a r 

a r (σ − σ’ ’ )

2f a r (σ − σ’ ’ )

1f a r (σ − σ’ ’ )

 

 Figura 9.13 - Risultati di prove TxCID: a) diagrammi ε a – ( σ ’ a – σ ’ r  ); b) diagrammi ε a - ε v 

O

τ

σ’σ’f 

ϕ’

σ’ = σ σ’ = ’ σ’r  c 3f  1f  

 Figura 9.14 - Evoluzione dei cerchi di Mohr durante la prova TxCID

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-16

I cerchi di Mohr a rottura dei tre provini sono tangenti alla retta di equazione:( ) 'tan'''tan'   φ σ φ σ τ    ⋅+=⋅−+= cuc f    (Eq. 9.11) 

che rappresenta, per il campo di tensioni indagato, la resistenza al taglio del terreno (Figu-ra 9.15).

O

τ

σ’σ’f 

ϕ’

c’

  Figura 9.15 – Determinazione dei parametri di resistenza al taglio da prove triassiali TxCID e

TxCIU

L’esecuzione della prova TxCID richiede un tempo tanto maggiore quanto minore è la permeabilità del terreno, ed è pertanto generalmente riservata a terreni sabbiosi o comun-que abbastanza permeabili.

9.7.2 Prova triassiale consolidata isotropicamente non drenata (TxCIU)

Anche questa prova, una volta eseguita la saturazione, si svolge in due fasi, la prima dellequali è identica a quella della prova TxCID.

Al termine della prima fase, e quindi a consolidazione avvenuta (ad una pressione di con-solidazione, σ ’ c, pari alla differenza fra la pressione di cella, σ c, e la contropressione in-terstiziale, u0), vengono chiusi i drenaggi isolando idraulicamente il provino che, essendosaturo, non subirà ulteriori variazioni di volume.

 Nella seconda fase, a drenaggi chiusi e collegati a trasduttori che misurano la pressionedell’acqua nei condotti di drenaggio e quindi nei pori del provino, si fa avanzare il pistonea velocità costante, anche relativamente elevata.Durante la seconda fase è controllata la variazione nel tempo dell’altezza del provino, esono misurate:-  la forza assiale esercitata dal pistone,-  la variazione di pressione interstiziale all’interno del provino.Tali misure permettono di calcolare, al variare del tempo fino ed oltre la rottura del provi-no:-  la deformazione assiale media, ε a,-  la tensione assiale media, σ a, (e quindi anche la tensione deviatorica media, σ a – σ r  =

σ ’ a – σ ’ r , essendo σ r  la pressione radiale),-  il coefficiente A di Skempton.

I risultati della prova sono di norma rappresentati in grafici ε a - ( σ a – σ r  ), e ε a – ε v (Figura9.16).

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-17

σ’

σ − σ’ ’

ε

∆u

a)

 b)

a

a

3f  3c

2c

1c

σ’

σ’

σ − σ’ ’a r 

a r (σ − σ’ ’ )

2f a r (σ − σ’ ’ )

1f a r (σ − σ’ ’ )

 

 Figura 9.16 - Risultati di prove TxCIU: a) diagrammi ε a – ( σ ’ a – σ ’ r  ); b) diagrammi ε a - ∆u

In questo tipo di prova, durante la fase di compressione assiale la pressione di cella σ c ri-mane costante (e quindi anche la pressione radiale totale σ r  = σ c), mentre la pressione in-terstiziale u, inizialmente pari a u0, varia. Di conseguenza variano sia la tensione efficaceassiale media, σ ’ a = σ a – u, che corrisponde alla tensione efficace principale maggiore(σ ’ a = σ ’ 1), sia la pressione radiale efficace, σ ’ r  = σ c – u, che corrisponde alla tensioneefficace principale minore (σ ’ r  = σ ’ 3), ed è possibile seguire l’evoluzione nel tempo delcerchio di Mohr corrispondente allo stato tensionale del provino fino ed oltre la rottura,sia in termini di tensioni totali che in termini di tensioni efficaci.Infatti, se si rappresentano i cerchi a rottura sul piano di Mohr in termini di tensioni totalie si traslano di una quantità pari alla pressione interstiziale misurata a rottura, u f , si otten-gono i cerchi corrispondenti in termini di tensioni efficaci (Figura 9.17).

La prova viene eseguita su almeno tre provini a differenti pressioni di consolidazione.La retta inviluppo dei cerchi di Mohr a rottura dei tre provini, in termini di tensioni effi-caci, che consente di ricavare i parametri c’ e φ’, ha equazione (9.11) e rappresenta, per ilcampo di tensioni indagato, la resistenza al taglio del terreno (Figura 9.15).

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-18

Se la prova è interpre-tata in termini di ten-sioni totali, il valore arottura dello sforzo di

taglio, f 

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    −

231

  σ σ 

,

rappresenta la resi-stenza al taglio nondrenata cu  (Figura9.17).Poiché i tre provinivengono consolidatisotto tre diversi valoridi pressione, σ ’ c, ri-sultano diversi tra loro anche i valori di cu.Se il terreno è normalmente consolidato si ha c’ = 0 in termini di tensioni efficaci, mentre

in termini di tensioni totali il rapporto'c

uc

σ  è costante.

Per un dato terreno e a parità di pressioni di consolidazione, i risultati delle prove TxCIU,interpretati in termini di tensioni efficaci, sono sostanzialmente analoghi ai risultati delle

 prove TxCID. Pertanto esse sono generalmente riservate a terreni argillosi o comunque poco permeabili, per i quali l’esecuzione di prove TxCID richiederebbe tempi molto lun-ghi.

9.7.3 Prova triassiale non consolidata non drenata (TxUU)

È consigliabile che anche questa prova sia eseguita previa saturazione dei provini, sebbe-ne spesso ciò non avvenga. Anch’essa si svolge in due fasi.

 Nella prima fase, dopo avere chiuso i drenaggi, il provino è sottoposto a compressione i-sotropa portando in pressione il fluido di cella al valore assegnato di pressione totale σ c.Se il provino è saturo, e quindi il coefficiente  B di Skempton è pari ad 1, il volume del

 provino non varia e l’incremento della pressione di cella (totale) comporta un uguale au-mento della pressione interstiziale, mentre le tensioni efficaci non subiscono variazioni equindi non varia la pressione efficace, σ ’ c.

 Nella seconda fase, a drenaggi ancora chiusi, si fa avanzare la pressa su cui si trova la cel-la triassiale a velocità costante, anche piuttosto elevata.

Durante la seconda fase è controllata la variazione nel tempo dell’altezza del provino, edè misurata la forza assiale esercitata sul provino, mentre di norma non è misuratol’incremento di pressione interstiziale.Tali misure permettono di calcolare, al variare del tempo, fino ed oltre la rottura del pro-vino:-  la deformazione assiale media, ε a,-  la tensione assiale media, σ a, (e quindi anche la tensione deviatorica media, σ a – σ r =

σ ’ a – σ ’ r , essendo σ r  la pressione radiale).

τ

σ’,σσ’f  σ’ σ’σ σ

u

c

Cerchio di Mohr in tensioni efficaci

u

3f 3f  1f 1f  

Cerchio di Mohr in tensioni totali

 Figura 9.17 - Evoluzione dei cerchi di Mohr durante la prova TxCIU

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-19

La prova viene eseguita sualmeno tre provini a diffe-renti pressioni totali dicella. Poiché la pressioneefficace di consolidazionedei tre provini è la stessa,i cerchi di Mohr a rotturadei tre provini nel pianodelle tensioni totali avran-no lo stesso diametro equindi saranno inviluppatida una retta orizzontale diequazione (Figura 9.18):

Se si misurasse la pressione interstiziale a rottura per i tre provini e si traslassero i cerchidi Mohr di una quantità pari alla pressione interstiziale misurata a rottura per ciascuno diessi, si otterrebbero cerchi coincidenti in termini di tensioni efficaci.Le prove TxUU sono di norma eseguite su provini ricavati da campioni “indisturbati” diterreno a grana fine, e la resistenza al taglio in condizione non drenate, cu, che si ricavadalle prove è dipendente, a parità di terreno, dalla pressione efficace di consolidazione insito.Occorre tuttavia tenere presente che durante le operazioni di prelievo, trasporto, estrazio-ne dalla fustella, formazione dei provini, il terreno subisce comunque un disturbo inelimi-nabile.In particolare, anche se il campione fosse prelevato con la massima cura, non è fisicamen-te possibile ripristinare in laboratorio contemporaneamente lo stato tensionale e deforma-tivo del campione in sito.Si consideri infatti lo stato di tensione di un elemento di argilla satura in sito, le tensionigeostatiche, nelle solite ipotesi assialsimmetriche, sono:

0'000

'00

0'00

u K u

u

vhh

vv

+⋅=+=

+=

σ σ σ 

σ σ   (Eq. 9.13) 

Dopo l'estrazione, a pressione atmosferica, le tensioni totali si annullano. Ciò equivale adapplicare incrementi di tensione totale eguali e contrari alle tensioni totali preesistenti,ovvero:

)()(

)(

0'000

'0

0'0

u K u

u

vhh

vv

+⋅−=+−=∆

+−=∆

σ σ σ 

σ σ   (Eq. 9.14) 

La pressione interstiziale diviene negativa (ovvero inferiore alla pressione atmosferica), eassume il valore:

00   <∆+= uuu   (Eq. 9.15) 

τ

σ’f  σ’ σσ’ σ

u

Cerchi di Mohr in tensioni efficaci

u

3f 

3f 1f  1f 

Cerchi di Mohr in tensioni totali

σ’,σ

  Figura 9.18 – Risultati di prove TxUU su provini saturati e a dif-

 ferenti pressioni totali di cella ( σ c )i 

uc=τ    (Eq. 9.12) 

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-20

La variazione di pressione interstiziale ∆u può essere stimata con la relazione di Skem- pton (1954):

( )[ ]hvh  A Bu   σ σ σ    ∆−∆⋅+∆⋅=∆   (Eq. 9.16) 

Se l'argilla è satura B = 1, dunque risulta:( )   ( ) ( ) ( ) =+⋅++−⋅++⋅−=−⋅+= 0

' 0v00

' 0v0

' 0v0hvh u K u Au K  Au   σ σ σ σ ∆σ ∆σ ∆∆  

[ ] 00' 0v u A ) A1(  K    −+−⋅⋅−=   σ   

(Eq. 9.17) 

Dunque la pressione interstiziale u dopo l’estrazione vale:

( )[ ] 010'00   <+−⋅⋅−=∆+=  A A K uuu vσ    (Eq. 9.18)

 

Il valore del parametro A (che varia con la deformazione) è quello che corrisponde al ter-mine del processo di estrazione ed è differente dal valore a rottura A f .

Dopo l'estrazione lo stato tensionale del campione è molto variato:-  le pressioni totali sono nulle,-  le pressioni efficaci sono isotrope e pari a:

[ ] A A K u vhv   +−⋅⋅=−== )1(0'0

''σ σ σ    (Eq. 9.19) 

Poiché la tensione geostatica efficace media vale:

( )3

21 0'0

'  K vm

⋅+⋅= σ σ 

  (Eq. 9.20) 

eguagliando le equazioni (9.19) e (9.20) si verifica che la pressione isotropa efficace in prova TxUU corrisponde alla tensione geostatica efficace media in sito, e quindi che laresistenza al taglio non drenata di prova corrisponde con buona approssimazione alla resi-stenza al taglio non drenata in sito, per A = 1/3.

 Nel campione di argilla estruso la tensione interstiziale negativa ( suzione) produce ungradiente idraulico dall'esterno verso il centro, e una filtrazione che altera il contenuto inacqua locale. La parte interna del campione può avere contenuto in acqua anche del 4% superiore alla parte più superficiale.In un terreno saturo contenuto in acqua e indice dei vuoti sono proporzionali, dunque nonè fisicamente possibile ripristinare in laboratorio contemporaneamente lo stato tensionalee deformativo del campione in sito.Se i provini di terreno sono sottoposti a prova TxUU senza averli preventivamente satura-ti, l’applicazione della pressione di cella, anche se a drenaggi chiusi, determina un incre-mento delle pressioni efficaci (essendo B<1), una riduzione di volume, poiché l’aria con-tenuta nei vuoti è molto compressibile, e un aumento del grado di saturazione.L’inviluppo a rottura, in termini di tensioni totali, risulterà curvilineo per basse pressionidi confinamento e orizzontale per le pressioni più elevate, per le quali il terreno risulteràsaturo (Figura 9.19).

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-21

τ

σ  Figura 9.19 - Risultato di prove TxUU su provini non saturati

9.7.4 Prova di compressione semplice o prove di compressione con espansione laterale

libera (ELL).

La prova di compressione con espansione laterale libera può essere eseguita solo su terre-ni a grana fine. I provini hanno la forma e le dimensioni dei provini per le prove triassiali.La prova consiste nel produrre la rottura del provino per compressione assiale medianteun pistone fatto avanzare a velocità costante e piuttosto elevata.Il provino non è avvolto da membrana e non è compresso in direzione radiale.Durante l’esecuzione della prova si controlla nel tempo la variazione di altezza del provi-no e si misura la forza assiale esercitata dal pistone.

Il cerchio di Mohr a rotturanel piano delle tensioni to-tali è tangente all’originedegli assi, in quanto la ten-

sione totale principale mi-nore è nulla (ovvero è la pressione atmosferica) (Fi-gura 9.20).Sebbene non vi sia alcuna

 barriera fisica (membrana)che impedisca il drenaggio,l’elevata velocità di defor-mazione e la ridotta perme-abilità del terreno fanno sìche le condizioni di prova

siano praticamente nondrenate, per cui il risultato

che si ottiene è lo stesso che si avrebbe con una prova TxUU su un provino non saturato ea pressione di cella pari a zero.La pressione assiale totale media a rottura è indicata con qu, e nell’ipotesi di terreno satu-ro, e quindi di inviluppo a rottura in termini di tensioni totali rettilineo e orizzontale, risul-ta:

uu cq   ⋅= 2   (Eq. 9.21) 

O

τ

σσ’f 

c = q /2

q

uu

u

 

 Figura 9.20 – Cerchio di Mohr a rottura per prova di compres- sione con espansione laterale libera

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-22

I principali vantaggi della prova consistono nella sua rapidità e semplicità di esecuzione, equindi nel suo basso costo.

9.8 Resistenza al taglio di terreni a grana grossa

I terreni a grana grossa saturi non cementati non hanno coesione per cui sono spesso indi-cati col termine “terreni incoerenti”. Le sabbie parzialmente sature possono presentareuna debole coesione apparente (che consente di costruire i castelli di sabbia). Le sabbie ele ghiaie cementate hanno coesione.Con le usuali tecniche di campionamento non è quasi mai possibile prelevare nei terreni agrana grossa non cementati, campioni idonei alla preparazione di provini “indisturbati”

 per prove meccaniche di laboratorio. Pertanto i risultati delle prove di laboratorio, anchese condotte su provini di sabbia ricostituiti alla stessa densità del terreno in sito, non sonorappresentativi del comportamento meccanico del terreno naturale in sito. Di norma si ri-tiene più affidabile stimare la resistenza al taglio di sabbie e ghiaie in sito sulla base deirisultati di prove in sito.Le prove di laboratorio sono tuttavia utili sia per determinare la resistenza al taglio di ter-reni sabbiosi da impiegare come materiale da costruzione, sia per lo studio delle leggi co-stitutive.Durante una prova di resistenza meccanica di laboratorio (ad esempio di taglio diretto otriassiale drenata), il comportamento di due provini della stessa sabbia ma con differenteindice dei vuoti (ovvero con differente densità relativa) può essere sensibilmente diverso.In Figura 9.21 sono qualitativamen-te mostrati i diversi comportamentidi un provino di sabbia sciolta e diun provino della stessa sabbia ma

 più addensato, sottoposti ad una prova triassiale drenata alla stessa pressione di confinamento.Il provino di sabbia sciolta presentaal crescere della deformazione as-siale ε a:-  un graduale aumento della resi-

stenza mobilizzata (σ ’ 1-σ ’ 3) finoa stabilizzarsi su un valore mas-simo che rimane pressoché co-stante anche per grandi deforma-

zioni,-  una progressiva e graduale dimi-

nuzione del volume (e quindidell’indice dei vuoti) con tenden-za a stabilizzarsi su un valoreminimo, cui corrisponde un indi-

 ce dei vuoti critico, ecrit , che ri-mane pressoché costante anche

 per grandi deformazioni.

σ − σ’ ’

ε

ε

e

e

a

Sabbia densa

Sabbia densa

1

crit

3

a

a

Sabbia sciolta

Sabbia sciolta

 b)

 Figura 9.21 – Comportamento meccanico di due pro-

vini della stessa sabbia diversamente addensati in pro-

va TxCID per eguale pressione efficace di confinamen-

to

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-23

Il provino di sabbia densa, invece, presenta al crescere della deformazione assiale ε a:-  una curva di resistenza con un massimo accentuato, corrispondente alla condizione di

rottura, e un valore residuo, per grandi deformazioni, pressoché eguale al valore di re-sistenza mostrato dal provino di sabbia sciolta,

-  una iniziale, piccola diminuzione di volume (e quindi di indice dei vuoti), seguita daun’inversione di tendenza per cui l’indice dei vuoti supera il valore iniziale e tende allostesso valore di indice dei vuoti critico, ecrit .

In sostanza, il provino di sabbia densa, rispetto a quello di sabbia sciolta:-  è più rigido,-  ha una maggiore resistenza di picco,-  ha eguale resistenza residua,-  aumenta di volume per grandi deformazioni, mentre il provino di sabbia sciolta dimi-

nuisce di volume,-  ha lo stesso indice dei vuoti critico, ovvero la stessa densità relativa per grandi defor-

mazioni.Un modello semplice e intuitivo che può giustificare il diverso comportamento deforma-tivo volumetrico è il seguente.Consideriamo un insieme di sfere eguali e acontatto. La disposizione che corrisponde almassimo indice dei vuoti è quella in cui icentri delle sfere sono i nodi di un reticolocubico. La disposizione che corrisponde alminimo indice dei vuoti è quella in cui icentri delle sfere sono i nodi di un reticolo

tetraedrico. Nel primo caso lo scorrimentofra due parti dell’insieme implica una dimi-nuzione di volume, nel secondo caso unaumento, come si può osservare dalla Figu-ra 9.22.Il valore dell’indice dei vuoti critico, che di-scrimina fra comportamento deformativovolumetrico dilatante e  contrattivo, non è però una caratteristica del materiale ma dipen-de dalla pressione efficace di confinamento, per cui un provino di sabbia di una data den-sità relativa può avere comportamento dilatante a bassa pressione efficace di confinamen-to e contrattivo ad alta pressione efficace di confinamento.

Per una sabbia che presenta un massimo nelle curve tensioni – deformazioni si possonodefinire due diverse rette di inviluppo della resistenza, ovvero due angoli di resistenza altaglio: l’ angolo di resistenza al taglio di picco (a rottura), ϕ ’  P , e l’ angolo di resistenza al

 taglio residuo  (per grandi deformazioni), ϕ ’  R5  (Figura 9.23). A seconda del problema

geotecnico in studio, l’ingegnere dovrà scegliere di utilizzare l’uno o l’altro valore.

5 L’angolo di resistenza residuo può essere determinato in laboratorio con prove di taglio diretto con più ci-cli di carico e scarico, poiché la semplice corsa della scatola di taglio non è sufficiente a produrre grandispostamenti.

T

T

- V/V∆

 N

 N

 Figura 9.22 - Modello per spiegare il compor-

tamento deformativo volumetrico dei mezzi

 granulari

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-24

  Figura 9.23 – Resistenza al taglio di picco e residua di una sabbia densa

I principali fattori che influenzano, in misura quantitativamente diversa, l’angolo di resi-stenza al taglio di picco dei terreni sabbiosi sono:-  la densità,-  la forma e la rugosità dei grani,-  la dimensione media dei grani,-  la distribuzione granulometrica.Orientativamente il peso relativo dei fattori sopraelencati sul valore dell’angolo di resi-stenza di picco di un terreno incoerente è indicato in Tabella 9.1.

Tabella 9.1: Peso relativo dei fattori che influenzano il valore dell’angolo di resistenza al taglio

di picco ϕ ’ di un terreno a grana grossa

ϕ’ = 36° + ∆φ’1  + ∆φ’2  + ∆φ’3  + ∆φ’4  Densità ∆φ’1   sciolta

media

densa

- 6°0°

+ 6° Forma e rugosità dei grani ∆φ’2   spigolo vivi

mediaarrotondati

molto arrotondati

+ 1°0°

- 3°- 5°

 Dimensione dei grani ∆φ’3   sabbia

 ghiaia fine ghiaia grossa

+ 1°+ 2° Distribuzione granulometrica ∆φ’4  uniforme

media

distesa

- 3°0°

+ 3°

9.9 Resistenza al taglio di terreni a grana fine

I terreni a grana fine (limi e argille) saturi e normalmente consolidati, alle profondità diinteresse per le opere di ingegneria geotecnica, presentano di norma indice di consistenza,

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Capitolo 9 R ESISTENZA AL TAGLIO DEI TERRENI

 

9-25

 I c < 0.5 e coesione efficace c’ = 0. La curva tensioni-deformazioni presenta un andamen-to monotono con un graduale aumento della resistenza mobilizzata fino a stabilizzarsi suun valore massimo che rimane pressoché costante anche per grandi deformazioni, analogoa quello mostrato in Figura 9.13, dove il valore massimo della resistenza raggiunto cresceal crescere della pressione efficace di confinamento.

L’angolo di resistenza altaglio ϕ ’   è inferiore aquello dei terreni a granagrossa e dipende dai mi-nerali argillosi costituentie quindi dal contenuto inargilla, CF , e dall’indicedi plasticità,  I  P   (Figura9.24).

I terreni a grana fine so-vraconsolidati presentanodi norma indice di consi-stenza,  I c  > 0,5, coesioneefficace c’ > 0.

La curva tensioni-deformazioni presenta un massimo accentuato, corrispondente alla con-dizione di rottura, e un valore residuo, per grandi deformazioni. A parità di pressione effi-cace di confinamento la resistenza al taglio di picco dei terreni a grana fine cresce con ilgrado di sovraconsolidazione; a parità del grado di sovraconsolidazione e per lo stesso ti-

 po di terreno, la resistenza al taglio di picco cresce al crescere della pressione efficace diconfinamento, mentre il picco nella curva sforzi-deformazioni risulta sempre meno accen-

tuato fino ad ottenere un andamento monotono, tipico di terreni normalconsolidati.L’angolo di resistenza al taglio residuo è indipendente dalla storia dello stato tensionale, equindi dal grado di sovraconsolidazione, OCR.

 Figura 9.24 – Dipendenza dell’angolo di resistenza al taglio delle

argille dall’indice di plasticità

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

CAPITOLO 10

TERRENI INSATURI 

10.1  Richiami Nel Capitolo 1 abbiamo visto che:

-  I terreni sono mezzi particellari costituiti da una fase solida (le particelle minerali), dauna fase liquida (generalmente acqua, ma talvolta anche altri liquidi) e da una fase gas-sosa (generalmente aria e vapor d’acqua ma talvolta anche altri gas).

-  Le molecole d’acqua possono essere libere di muoversi nei vuoti interparticellari (ac-qua interstiziale) oppure essere aderenti alla superficie delle particelle solide di terrenoa causa di legami elettrochimici (acqua adsorbita).

-  In un deposito di terreno naturale, sede di falda freatica, si riconoscono zone a diffe-

rente grado di saturazione. In particolare, procedendo dal piano campagna verso il bas-so, si distingue la zona vadosa, sopra falda, che a sua volta si suddivide in zona di eva-

 potraspirazione, zona di ritenzione e frangia capillare, e la zona sotto falda. Se i vuotinel terreno sono fra loro comunicanti (come avviene quasi sempre), il terreno nella zo-na sotto falda è saturo d’acqua, mentre quello nella zona vadosa può essere saturo, par-zialmente saturo o secco.

-  La pressione dell’acqua sotto la falda freatica è superiore alla pressione atmosferica,mentre sopra il livello di falda è inferiore alla pressione atmosferica.

10.2  CapillaritàSe l’acqua nel terreno fosse soggettaalla sola forza di gravità, il terreno so-

 prastante il livello di falda sarebbecompletamente asciutto, salvo perl’acqua adsorbita e per l’acqua di per-colazione delle precipitazioni atmosfe-riche, mentre in realtà esso è saturo fi-no ad una certa altezza al di sopra dellivello di falda e parzialmente saturo

nel tratto superiore.

Figura 10.1: Risalita capillare in un tubo di vetro

Per comprendere le cause di tale fe-nomeno è utile introdurre il concetto di

 capillarità.

Se si immerge l’estremità di un tubo divetro di piccolo diametro nell’acqua, si

 può osservare che l’acqua risale neltubo fino ad un’altezza che dipendedal diametro del tubo, e che la superfi-

10 - 1

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

cie di separazione fra l’acqua e l’aria nel tubo è concava (Figura 10.1).

La superficie di separazione aria-acqua, a causa di forze di attrazione molecolare, si com- porta come una membrana elastica in uno stato uniforme di tensione, soggetta a differenti pressioni dalla parte del liquido e dalla parte del gas.

La colonna d’acqua di altezza hc, detta altezza di risalita capillare, è come sostenuta dallamembrana (menisco) tesa sulla parete del tubo capillare.

Indicando con T [FL-1] il valore della tensione superficiale della membrana, con α l’angolo di contatto del menisco con la parete verticale del tubo, e con r il raggio del tubocapillare, per l’equilibrio in direzione verticale, si ha:

α⋅γ⋅⋅

= cosr 

T2h

wc   (Eq. 10.1) 

La pressione dell’acqua nei punti 1 e 2(Figura 10.1) è pari alla pressione at-

mosferica, convenzionalmente assunta pari a zero, mentre nel tubo capillare la pressione dell’acqua è negativa (ovve-ro inferiore alla pressione atmosferica),varia linearmente con l’altezza e nel

 punto 3 assume il valore minimo uw = -hc  γw. La forma concava del menisco,ovvero della superficie di separazioneacqua-aria, è dovuta al fatto che la

 pressione atmosferica dell’aria, ua, èsuperiore alla pressione dell’acqua, u

w,

e quindi “gonfia” la membrana

La componente verticale T cosα  dellatensione superficiale determina unostato di compressione assiale nel tubodi vetro, la componente radialeT⋅senα determina uno stato di com-

 pressione circonferenziale (Figura10.2).

Con riferimento alla Figura 10.3 il caso

(a) mostra la risalita capillare all’in-terno di un tubo di vetro pulito.

10 - 2

L’altezza hc  relativa al caso (a) puònon essere raggiunta a causa della limi-tata altezza del tubo capillare, comemostrato nel caso (b). Se il tubo di ve-tro non ha diametro costante ma pre-senta delle sbulbature, l’altezza di risa-

lita capillare è diversa a seconda che il processo sia di imbibizione o di essiccamento. Nelcaso (c) si vede come la presenza di un bulbo di raggio maggiore di quello del tubo capil-

 

Figura 10.2: Compressione indotta dalla tensionesuperficiale

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

lare (r 1 > r) limiti l’altezza di risalita hc; al contrario nel caso (d) il processo di svuotamen-to è controllato dal raggio r del tubo e non da quello r 1 del bulbo.

Imbibizione

Essiccamento

 Figura 10.3 - Effetti dell’altezza e del raggio sulla risalita capillare

 Nei terreni avviene un fenomeno analogo. I vuoti costituiscono un sistema continuo dicanali tortuosi e a sezione variabile lungo i quali l’acqua risale dal livello di falda fino adaltezze diverse, cosicché il terreno risulta saturo fino ad una certa altezza e parzialmentesaturo nel tratto superiore. La tortuosità, la rugosità e la dimensione delle pareti dei canalinel terreno dipendono dalla natura, dalla forma, dalle dimensioni, dalla distribuzione gra-nulometrica e dallo stato di addensamento delle particelle solide di terreno. Questi stessifattori, e in modo diverso a seconda che il processo sia di imbibizione o di essiccamento,

determinano l’altezza di risalita capillare nel terreno. Il caso (e) di Figura 10.3 mostra lecondizioni di un terreno imbibito per risalita capillare.

Un’espressione empirica approssimata dell’altezza di risalita capillare hc (in cm) nei ter-reni è la seguente:

10

Sc De

Ch

⋅=

  (Eq. 10.2) 

in cui e è l’indice dei vuoti, D10 è il diametro efficace (in cm) e CS è una costante empiricadipendente dalla forma dei grani e dalle impurità delle superfici, il cui valore è compresotra 0,1 e 0,5 cm2. Valori indicativi dell’altezza di risalita capillare sono riportati in Tabella

10.1.In un terreno parzialmente saturo sono possibili tre differenti condizioni di saturazione:

a)  condizione di saturazione a isole d’aria, caratteristica di gradi di saturazione elevati(Sr  > 85%), in cui la fase gassosa non è continua ma è presente in forma di bolle d’aria;

 b)  condizione di saturazione a pendolo, caratteristica di gradi di saturazione molto bassi,in cui la fase liquida non è continua ma è presente solo nei menischi in corrispondenzadei contatti interparticellari; in tale condizione l’acqua nelle zone di contatto fra i graniforma menischi in modo analogo a quanto avviene in un tubo capillare, producendouno stato di compressione fra i grani (Figura 10.2).

10 - 3

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

c)  condizione di saturazione mista, caratteristica di gradi di saturazione intermedi, in cuicoesistono, in zone diverse del terreno, le due condizioni di saturazione precedenti.

Tabella 10.1: Valori indicativi dell’altezza di risalita capillare

Terreno D10 

(mm)

 h c

(m)

Ghiaia 0,82 0,05

0,11 0,80

0,03 1,60Sabbia

0,02 2,40

Limo 0,006 3,60

Argilla 0,001 >10,0

10.3  Suzione

I mezzi fluidi, acqua e aria, essendo privi di resistenza al taglio, sono caratterizzati da unostato di tensione sferico.

Come già detto, in un terreno parzialmente saturo, a causa della tensione superficiale, la pressione dell’acqua nei pori (uw) risulta sempre inferiore alla pressione dell’aria nei pori(ua). La differenza tra la pressione dell’aria, che in condizioni naturali è pari alla pressione

atmosferica, e la pressione dell’acqua nei pori è detta suzione di matrice:s = (ua – uw)  (Eq. 10.3) 

dove:

uw < ua < 0, da cui s > 0

e posto ua = 0, risulta s = uw

Un terreno non saturo posto a contatto con acqua libera e pura a pressione atmosfericatende a richiamare acqua per effetto della suzione totale, ψ.

La suzione totale, ψ, ha due componenti: la prima componente è la suzione di matrice, s,

di cui si è già detto, associata al fenomeno della capillarità, la seconda componente è la suzione osmotica, π, dovuta alla presenza di sali disciolti nell’acqua interstiziale e quindialla differenza di potenziale elettro-chimico tra l’acqua interstiziale e l’acqua libera:

π+=ψ s   (Eq. 10.4) 

In definitiva (Figura 10.4):

-  la suzione totale, ψ, è la pressione negativa (ovvero inferiore alla pressione atmosferi-ca) cui deve essere soggetta l’acqua pura in modo da essere in equilibrio, attraverso

10 - 4

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

una membrana semipermeabile (permeabile cioè alle sole molecole d’acqua ma non aisali) con l’acqua interstiziale;

-  la suzione di matrice, s, è la pressione negativa cui deve essere soggetta una soluzioneacquosa identica in composizione all’acqua interstiziale, in modo da essere in equili-

 brio, attraverso una membrana permeabile con l’acqua interstiziale;-  la suzione osmotica, π, è la pressione negativa cui deve essere soggetta l’acqua pura

in modo da essere in equilibrio, attraverso una membrana semipermeabile con una so-luzione acquosa identica in composizione all’acqua interstiziale.

Terreno insaturo,acqua con sali

Membranasemipermeabile

Flusso per

suzione totale, Ψ

Acqua pura

Terreno insaturo,acqua con sali

Membranasemipermeabile

Flusso persuzione di matrice, S

Acquacon sali

Acqua con sali

Membranasemipermeabile

Flusso per

suzione osmotica, Π

Acqua pura= +

Figura 10.4 –Componenti della suzione totale

La suzione osmotica è presente sia nei terreni saturi che nei terreni parzialmente saturi, evaria con il contenuto salino dell’acqua, ad esempio come conseguenza di una contamina-zione chimica, producendo effetti in termini di deformazioni volumetriche e di variazionidi resistenza al taglio

Tuttavia la maggior parte dei pro- blemi di ingegneria geotecnica checoinvolgono terreni non saturi sonoriferibili a variazioni della suzionedi matrice, come ad esempio gli ef-fetti della pioggia sulla stabilità dei

 pendii o sui cedimenti delle fonda-zioni superficiali.

Contenuto d’acqua, w (%)

Suzione totale

   S  u

  z   i  o  n  e

   (   k   P  a   )

Suzione di matriceSuzione osmotica

Suzione di matrice + osmotica

In Figura 10.5 sono messe a con-fronto le variazioni di suzione tota-le, ψ, suzione di matrice, s, e suzio-ne osmotica, π, con il contenuto inacqua, w, di un’argilla: si osservache π  rimane pressoché costante alvariare di w, e quindi per un asse-

 

Figura 10.5 - Misure della suzione totale, osmotica e dimatrice su un argilla compatta

10 - 5

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

gnata variazione di contenuto in acqua ∆w si ha ∆ψ ≈ ∆s.

10.4  Misura della suzione

Per la misura della suzione di matrice in sito si utilizzano i tensiometri. Il tensiometro ècomposto da un tubo avente ad una estremità una punta in materiale ceramico poroso, edall’altra un serbatoio sigillato contenente acqua. La punta del tensiometro è infissa nel ter-reno (Figura 10.6). L’acqua contenuta nel tubo, per effetto della suzione, filtra attraversola ceramica porosa e determina una depressione nel serbatoio dell’acqua, rilevabile con unmanometro. La pressione di equilibrio del sistema corrisponde alla suzione nel terreno.

Figura 10.6 – Modalità di installazione di un tensiometro: per profondità fino a 1.5 m (A) e mag-giori di 1.5 m (B)

Il metodo è semplice, ma il campo di misura della suzione è limitato a circa 80-90 kPadalla possibilità di cavitazione dell’acqua nel tensiometro.

Esistono diverse tecniche di misura della pressione negativa dell’acqua (manometri ac-qua-mercurio, trasduttori elettrici di pressione, etc..), poiché in generale gli strumenti dimaggiore sensibilità hanno tempi di risposta più lunghi.

10.5  Curve di ritenzione

La curva di ritenzione idrica (SWRC = Soil Water Retention Curve) definisce la relazio-

ne fra la suzione di matrice e una misura della quantità di acqua presente nel terreno, che può essere opportunamente scelta fra:

-  il contenuto d’acqua in peso: ( ) 100P

P%w

s

w ⋅=  

-  il contenuto d’acqua in volume: nSV

Vr 

w ⋅==θ  

10 - 6

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

-  il grado di saturazione: ( ) 100V

V%S

v

wr  ⋅=  

La curva di ritenzione idrica è generalmente rappresentata in un piano semilogaritmico,avente in ascissa il valore della suzione e in ordinata il valore della variabile di misura

della quantità d’acqua nel terreno.

La forma tipica di una SWRT è rappresentata in Figura 10.7. Al crescere della suzione siindividuano tre differenti parti della curva.

 Nella prima parte (boundary effect zone), per i valori più bassi di suzione, il terreno è sa-turo e un aumento di suzione non produce diminuzioni significative del grado di satura-zione. La prima parte ha termine per quel valore della suzione che corrisponde alla for-mazione delle prime bolle d’aria nei pori più grandi del terreno. Tale valore, detto “di en-trata dell’aria” (air-entry value), è indicato con il simbolo (ua – uw) b, o anche ψ b.

 Nella seconda parte, detta di transizione (transition zone), al crescere della suzione la

quantità d’acqua nel terreno si riduce sensibilmente e la fase liquida diviene discontinua. Nella terza parte infine, detta residua di non saturazione (residual zone of unsaturation), agrandi incrementi di suzione corrispondono piccole riduzioni della quantità d’acqua nelterreno. Il valore della suzione corrispondente al passaggio dalla seconda alla terza partedella curva, ovvero alla quantità d’acqua residua, è indicato con il simbolo ψr .

Suzione (kPa)

Valore di entratadell’aria

Particelle

Acqua

Aria

Aria

ψ

   G  r  a   d  o   d   i  s  a   t  u  r  a  z   i  o  n  e ,   S

    (   %   )

  r

ψr 

 

Figura 10.7 – Curva di ritenzione idrica e differenti fasi di desaturazione

È stato osservato che, indipendentemente dall’ampiezza delle tre zone, tutti i terreni ten-dono ad un grado di saturazione zero per valore di suzione pari a circa 106 kPa (Figura10.8).

10 - 7

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

Suzione kPa

   G  r  a   d  o   d   i  s  a   t  u  r  a  z   i  o  n  e

 ,   S    (   %

   )

  r

 Figura 10.8 – Curve di ritenzione idrica per 4 differenti tipi di terreno

La forma della curva di ritenzione dipende dalla dimensione dei pori e quindi dalla com- posizione granulometrica e dallo stato di addensamento del terreno.

I terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie), che hanno pori interconnessi e di grandi dimen-sioni, sono caratterizzati da bassi valori di ψ b  e ψr , e da una curva ripida nella zona ditransizione. I terreni a grana fine (argille), le cui particelle hanno elevata superficie speci-fica e quindi forti legami elettro-chimici con le molecole d’acqua, sono caratterizzati daalti valore della suzione di entrata dell’aria, ψ b, e da una minore pendenza della curva di

ritenzione nella zona di transizione. Inoltre, per i terreni argillosi, spesso non è definibilela quantità d’acqua residua, e quindi il valore di ψr .

Per la formulazione matematica delle curve di ritenzione idrica è spesso utilizzato il con-tenuto in acqua volumetrico normalizzato:

r s

θ−θ

θ−θ=Θ

  (Eq. 10.5) 

in cui

θs è il contenuto in acqua volumetrico corrispondente al terreno saturo, e

θr  è il contenuto in acqua volumetrico residuo. 

Se si assume θr  = 0, risulta Θ = Sr . 

Fra le numerose equazioni proposte per la modellazione delle curve di ritenzione idrica, ledue seguenti richiedono la definizione di un solo parametro:

a) Equazione di Brooks e Corey (1964):

10 - 8

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

α−

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

ψψ

=Θ b

  per 1 b

≥ψψ

 

1=Θ    per   1 b <ψ

ψ 

(Eq. 10.6) 

il parametro α è un indice di distribuzione della dimensione dei pori con valori general-mente compresi tra 0,2 e 2.

 b) Equazione di Van Genuchten semplificata (1978):

m

m1

1

 b

1

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

ψ

ψ+=Θ  

(Eq. 10.7) 

in cui il parametro m ha valori generalmente compresi tra 0,6 e 0,75.Durante un processo di riduzione del contenuto in acqua dalle condizioni sature, e quindidi aumento della suzione, il terreno segue una curva di ritenzione, detta  curva principale

 di essiccamento (main drying), diversa rispetto alla curva di ritenzione che il terreno se-gue nel processo inverso di aumento del contenuto in acqua, e quindi di riduzione dellasuzione. Quest’ultima curva, detta  curva principale di imbibizione  (main wetting), nonraggiunge la completa saturazione del terreno, perché una certa quantità di aria (residualair content ) rimane comunque intrappolata nei vuoti del terreno (Figura 10.9).

Le due curve principali delimitano i possibili stati del terreno. I percorsi da una all’altradelle curve principali ( scanning curves) sono pressoché reversibili.

Suzione (kPa)

   G

  r  a   d  o   d   i  s  a   t  u  r  a  z   i  o  n  e ,

   S    (   %

   )

  r

Valore di entratadell’aria

Curva principaledi essiccamento

Contenuto d’ariaresiduo

Curva principaledi imbibizione

 

Figura 10.9 – Curve principali di essiccamento e di imbibizione per un argilla in termini di gradodi saturazione

10 - 9

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

10.6  Flusso dell’acqua nei terreni non saturi

Come abbiamo già visto nel Capitolo 3, il flusso dell’acqua nei terreni (saturi e non satu-ri) è determinato dalla differenza di altezza idraulica, o altezza totale h:

g2vuzh

2

w

w

⋅+

γ+=

 

(Eq. 10.8) 

in cui z è l’altezza geometrica, uw/γw è l’altezza di pressione, e v2/2g è l’altezza di velocità(di norma trascurabile). Con riferimento alla Figura 10.10 l’altezza totale del punto A èmaggiore dell’altezza totale del punto B, e quindi l’acqua si muoverà da A verso B in ra-gione del gradiente idraulico fra i due punti.

Piezometro

( > 0)

( < 0)

B

zB

u /w wγ

u /w wγ

z = 0

 p.c.

A

Tensiometro

zA

hB

hA

Figura 10.10 - Gradiente di carico in un terreno non saturo

 Nei terreni non saturi, come nei terreni saturi, vale la legge di Darcy, ma il coefficiente di permeabilità è fortemente dipendente dalla suzione:

( ))(k k )(k 

ik v

r s ψ⋅=ψ

⋅ψ=  (Eq. 10.9) 

in cui:

k s è il coefficiente di permeabilità (all’acqua) del terreno saturo, e

k r (ψ) è la conducibilità idraulica relativa, adimensionale, con valori compresi tra 0 e 1.

Alcune delle equazioni proposte per descrivere analiticamente la variazione della condu-cibilità idraulica relativa con la suzione o con il contenuto volumetrico in acqua sono leseguenti:

a) modello esponenziale (Gardner, 1958)

( ) )aexp(k r  ψ⋅=ψ  (Eq. 10.10) 

in cui a è un coefficiente con valori compresi tra 0,002cm-1  (terreni a grana fine) e0,05cm-1 (terreni a grana grossa);

10 - 10

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

 b) modello di Gardner (1958)

( )

( )

nr 

a1

1k 

ψ−⋅+

=ψ  (Eq. 10.11) 

c) modello di Davidson et al. (1969)

( ) ( )]exp[k  sr  θ−θ⋅β=ψ  (Eq. 10.12) 

d) modello di Mualem (1976) e Van Genuchten (1978)

( )

2m

m

15,0

r  11k 

 ⎠

 ⎞

⎝ 

⎛ Θ−−⋅Θ=Θ  

(Eq. 10.13) 

 Nelle Figure 10.11a e 10.11b sono rappresentate le curve sperimentali di variazione delcontenuto volumetrico in acqua e del coefficiente di permeabilità con la suzione per tredifferenti terreni.

 b)a)

Figura 10.11 - Curve sperimentali di variazione del contenuto volumetrico in acqua (a) e del co-efficiente di permeabilità (b) con la suzione per tre differenti terreni.

10.7  Resistenza al taglio di terreni non saturi

Vi sono due differenti approcci per stimare la resistenza al taglio di un terreno non saturo.Il primo utilizza la definizione di tensione efficace per terreni non saturi, σ’, originaria-mente proposta da Bishop (1959):

( ) ( )waa uuu' −⋅χ+−σ=σ   (Eq. 10.14) 

10 - 11

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

in cui:

ua  pressione dell’aria nei pori,

uw  pressione dell’acqua nei pori,

(ua – uw) suzione di matrice,χ   parametro che assume il valore 1 per terreno saturo e il valore 0 per terreno secco.

Secondo tale approccio, la resistenza al taglio di terreni non saturi può essere determinata,come per i terreni saturi, sulla base di due parametri di resistenza al taglio efficace, c’ eφ’, e di una unica variabile di tensione, σ’, nel modo seguente:

( )[ ] 'tanuu)u('c waaf  φ⋅−⋅χ+−σ+=τ   (Eq. 10.15) 

Il parametro χ può essere stimato con l’equazione (Khalili e Khabbaz, 1998):

1=χ   per ( ) ( ) bwawa uuuu −≤−  

( )( )

55,0

 bwa

wa

uu

uu−

⎥⎦

⎤⎢⎣

−=χ    per   ( ) ( )

 bwawa uuuu −>− 

(Eq. 10.16) 

in cui (ua – uw) b corrisponde al valore della suzione di matrice per il quale si iniziano aformare bolle d’aria nel terreno (air entry value).

Un diverso approccio è quello di Fredlund e Rahardjo (1993), secondo il quale la resi-stenza al taglio dei terreni non saturi è funzione di tre parametri di resistenza e di due va-

riabili di tensione, nel modo seguente:

( ) ( )  bwa

'a

'f  tanuutanuc φ⋅−+φ⋅−σ+=τ   (Eq. 10.17) 

in cui φ b è l’angolo di resistenza al taglio per variazione di suzione di matrice, (ua – uw),inferiore all’angolo di resistenza al taglio, φ’, associato alla variazione di tensione norma-le netta (σ – ua).

La resistenza al taglio non varia linearmente con la suzione, ovvero l’angolo φ b non è co-stante ma decresce al crescere della suzione. La determinazione sperimentale dell’(Eq.

10.17) richiede l’esecuzione di prove di laboratorio sofisticate, costose, inusuali e moltolunghe, specie per terreni a grana fine il cui coefficiente di permeabilità è molto basso.Inoltre la variabilità di tanφ b con la suzione richiede che le prove siano eseguite nel cam-

 po di tensione atteso in sito. Pertanto, per evitare la determinazione sperimentale diretta,sono state proposte relazioni empiriche per la stima indiretta di tanφ b.

Öberg e Sällfors proposero di stimare il valore di tanφ b per limi e sabbie insature nel mo-do seguente:

'tanStan r  b φ=φ   (Eq. 10.18) 

10 - 12

 

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Capitolo 10 TERRENI INSATURI

 

Vanapalli et al. proposero di stimare il valore di tanφ bcon la seguente relazione:

Θ⋅φ=φ 'tantan  b  (Eq. 10.19) 

L’equazione (10.17) rappresenta un piano tangente ai cerchi di Mohr a rottura (Figura

10.12).

Figura 10.12 – Criterio di rottura di Mohr-Coulomb generalizzato per i terreni non saturi

L’intersezione del piano di inviluppo a rottura con il piano (ua – uw) –  τ, è una curva rap- presentata in Figura 10.13 (la curva è una retta se si assume tanφ b = cost) di equazione:

σ-ua

τ

c’

c’

 b

 b(u -u ) tg

a w f   φ

   S   u   z    i

  o   n  e    d    i

    m  a   t   r    i  c

  e ,     (     u

  -   u    ) 

  a

   w

φ

φ’

φ’

φ

( )  bwa

' tanuucc φ⋅−+=   (Eq. 10.20) 

Figura 10.13 –Intersezione del piano di inviluppo a rottura con il piano (ua – uw) – τ  

 b

 b

c = c’+ (u -u ) tga w f 

  φ

(u -u ) tga w f 2

  φ

(u -u )a w f 1

(u -u )a w f 2

(u -u )a w f 3

τ

c’

Suzione di matrice, (u -u )a w

c1

 bφ

c2

c3

10 - 13

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

CAPITOLO 11

STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO 

11.1  Percorsi tensionali (stress paths)

11.1.1  Percorsi tensionali efficaci (ESP) e totali (TSP) nei piani s’-t e s-t

Lo stato tensionale in un punto di un mezzo continuo solido in condizioni assialsimmetri-che, come è stato mostrato nel Capitolo 9, è rappresentato nel piano di Mohr ( σ, τ) da uncerchio avente il centro sull’asse delle ascisse (Figura 11.1a). Se si considera un sistema

 piano di assi cartesiani in cui l’asse delle ascisse è il parametro di tensione:

( )2

s 31   σ+σ=   (Eq. 11.1) 

e l’asse delle ordinate è il parametro di tensione:

( )2

t 31   σ−σ=   (Eq. 11.2) 

al cerchio nel piano di Mohr corrisponde biunivocamente un punto A nel nuovo sistemadi riferimento (Figura 11.1b). Sovrapponendo i due sistemi di riferimento il punto A coin-cide con il vertice del cerchio di Mohr. Il vantaggio di tale rappresentazione consiste nelfatto che è possibile, mediante una linea continua nel piano s-t, rappresentare una succes-sione continua di stati tensionali, ovvero un percorso tensionale. Il vertice del cerchio diMohr sta al percorso tensionale come un fotogramma sta ad un filmato.

 Nel caso dei terreni i percorsi tensionali possono essere definiti con riferimento sia alletensioni totali (TSP = Total Stess Path) sia alle tensioni efficaci (ESP = Effective StressPath).

Applicando il principio delle tensioni efficaci si ha:

s = s’ + u  e t = t’ (Eq. 11.3) 

Utilizzando i percorsi tensionali è possibile descrivere la successione continua nel tempodegli stati tensionali totali ed efficaci di un provino di terreno durante l’esecuzione delle

 prove geotecniche assialsimmetriche standard di laboratorio che sono state descritte neicapitoli precedenti.

a)  I percorsi tensionali totale (TSP) ed efficace (ESP) di compressione e consolidazioneisotropa (prima fase delle prove triassiali TxCID e TxCIU) sono rappresentati dasegmenti rettilinei sull’asse delle ascisse (t = 0). Per semplicità di esposizione si sup-

 pone che gli stati tensionali iniziali totale ed efficace, rispettivamente rappresentati dai punti A e A’, siano isotropi e che la pressione interstiziale iniziale sia zero, cosicché i punti A ed A’ risultano coincidenti. Nel piano delle tensioni totali il segmento AB è percorso in modo istantaneo all’atto di applicazione dell’incremento di pressione iso-tropa di cella (Figura 11.2). Nel piano delle tensioni efficaci il segmento A’B’ è per-

  11 – 1

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

corso nel tempo Tc necessario affinché avvenga la consolidazione. Al tempo T = Tc ladistanza BB’ indica il valore della contropressione interstiziale BP ( Back Pressure).

O

A

t

s

τ

σσ3

a)

σ1

(σ1-σ

3)/2

(σ1+σ

3)/2

 b)

(σ1+σ

3)/2

O   σ3

(σ1+σ

3)/2

A

O

Percorso tensionale

Figura 11.1: Corrispondenza fra i cerchi di Mohr e i punti nel piano s-t

 b)  I percorsi tensionali totale (TSP) edefficace (ESP) di compressione econsolidazione isotropa (prima fasedelle prove triassiali TxCID eTxCIU) sono rappresentati da seg-menti rettilinei sull’asse delle a-scisse (t = 0). Per semplicità di e-sposizione si suppone che gli statitensionali iniziali totale ed efficace,

rispettivamente rappresentati dai punti A e A’, siano isotropi e che la pressione interstiziale iniziale siazero, cosicché i punti A ed A’ risul-tano coincidenti. Nel piano delletensioni totali il segmento AB è

 percorso in modo istantaneoall’atto di applicazione dell’incremento di pressione isotropa di cella (Figura 11.2).

 Nel piano delle tensioni efficaci il segmento A’B’ è percorso nel tempo Tc necessarioaffinché avvenga la consolidazione. Al tempo T = Tc la distanza BB’ indica il valoredella contropressione interstiziale BP ( Back Pressure).

A s,s’

t

B.P.

A’ B’ B

Figura 11.2 – Percorsi tensionali nei piani s-t e s’-t per compressione isotropa

c)  I percorsi tensionali efficace (ESP) e totale (TSP) di un provino di terreno normal-mente consolidato sottoposto a prova di compressione e consolidazione edometrica aincrementi di carico sono mostrati in Figura 11.3. I punti A e A’, coincidenti, indicanogli stati tensionali, rispettivamente totale ed efficace, prima dell’applicazionedell’incremento di carico, ∆ p. I punti B e B’, coincidenti, indicano gli stati tensionali,rispettivamente totale ed efficace, al termine del processo di consolidazione. Sia i

 punti A e A’ che i punti B e B’ appartengono alla retta K 0, passante per l’origine degliassi ed avente equazione:

11 – 2

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

( )( )

'sK 1

K 1t

0

0 ⋅+

−=

 

(Eq. 11.4)

 Nel piano delletensioni efficaci ilsegmento A’B’ è

 percorso nel tempoT = Tc  necessarioaffinché avvengala consolidazione.

 Nel piano delletensioni totali ilsegmento AC è

 percorso istanta-

neamente all’at-todell’applicazionedell’incremento dicarico (T = 0),mentre il segmento CB è percorso nel tempo T = Tc necessario affinché avvenga laconsolidazione. Ad un generico istante di tempo durante il processo di consolidazionei punti rappresentativi dello stato tensionale efficace e totale sono rappresentati da due

 punti, V e V’, con la stessa ordinata, rispettivamente sul segmento A’B’ e CB, e la lo-ro distanza rappresenta il valore della pressione interstiziale.

A

B

s,s’

t

u(t)45°

TSP

∆ ∆s = p

 ( ) p1+k   ∆

 ( ) p1-k   ∆

 ( ) p1-k   ∆

2

2

2

  E  S  P T   S   P   

A’

B’

V’V

αk 0 0 0

 = arctg[(1-K )/(1+K )]

(T = 0) (T = 0)

 0

 00

 0

 0

(T = T )c

C

∆s’ =

∆t =

∆s -∆s’ =

Figura 11.3 – Percorsi tensionali nei piani s-t e s’-t per compressioneedometrica

11 – 3

d)  I percorsi tensionali efficace (ESP) etotale (TSP) di un provino di terreno

nella fase di compressione di una prova triassiale consolidata isotropi-camente e drenata (TxCID) sonomostrati in Figura 11.4. Durante la

 prova in condizioni drenate non in-sorgono sovrapressioni interstiziali ei percorsi ESP e TSP risultano coin-cidenti (o traslati di una quantità parialla contropressione interstiziale ap-

 plicata), rettilinei ed inclinati di 45°rispetto all’asse orizzontale s’.

e)  I percorsi tensionali efficace (ESP) etotale (TSP) di un provino di terreno nella fase di compressione di una prova triassialeconsolidata isotropicamente non drenata (TxCIU) sono mostrati in Figura 11.5. Du-rante la prova in condizioni non drenate insorgono sovrapressioni interstiziali positiveo negative in dipendenza del rapporto di sovraconsolidazione e del livello di deforma-zione. Il percorso TSP è rettilineo e inclinato di 45° rispetto all’asse orizzontale s. Il

 percorso ESP è invece curvilineo. Nelle Figure 11.5a e b sono qualitativamente mo-strati i percorsi tensionali TSP ed ESP per provini di argilla con differente rapporto disovraconsolidazione. La distanza dei punti B e B’ corrispondenti agli stati di tensione

s,s’

t

45°

B.P.

B’

C’ C

B

   E  S   P

   T  S   P

Figura 11.4 – Percorsi tensionali nei piani s-t e s’-

t per compressione drenata

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

isotropa iniziale rispettivamente totale ed efficace rappresenta la contropressione in-terstiziale BP. Per un provino normalmente consolidato (Figura 11.5a) la pressione in-terstiziale cresce durante la compressione ed il percorso ESP si allontana curvando

 progressivamente verso sinistra dal segmento rettilineo e inclinato a 45° parallelo al percorso TSP (sovrappressione interstiziale sempre positiva e crescente).

Per un provino fortemente sovraconsolidato (Figura 11.5b) la pressione interstizialedurante la compressione inizialmente cresce e poi decresce, fino a valori inferiori aquello iniziale, il percorso ESP curvilineo si svolge inizialmente a sinistra e poi a de-stra del segmento rettilineo e inclinato a 45° parallelo al percorso TSP.

s,s’

t

45°

B.P.∆u

B’

a)

C’ C

B

      E      S

      P

   T  S   P

s,s’

t

45°

B.P.∆u

B’

 b)

C’ C

B

   E   S   P

   T  S   P

 Figura 11.5 – Percorsi tensionali nei piani s-t e s’-t per compressione non drenata: a) ter-reno normalmente consolidato; b) terreno fortemente sovraconsolidato.

11.1.2  Percorsi tensionali efficaci (ESP) e totali (TSP) nei piani p’-q e p-q

I percorsi tensionali che utilizzano i parametri di tensione s, s’ e t sopra introdotti hanno il

vantaggio di essere immediatamente comprensibili, poiché è facile collegare ad un gene-rico punto del percorso tensionale il corrispondente cerchio di Mohr e, anche mentalmen-te, visualizzarlo. Tuttavia i parametri s, s’ e t non hanno un preciso significato fisico. Esi-stono altri modi, meno intuitivi ma più corretti, per rappresentare i percorsi tensionali as-sialsimmetrici. In particolare nel seguito saranno utilizzati i parametri invarianti di tensio-ne:

 tensione media totale:3

2 p 31   σ⋅+σ

=   (Eq. 11.5) 

 tensione media efficace: u p

3

2' p

'3

'1 −=

σ⋅+σ=

 

(Eq. 11.6) 

 tensione deviatorica: 1'3

'131'q q    σ−σ=σ−σ== (Eq. 11.7) 

I parametri s, s’ e t ed i parametri p, p’ e q sono legati dalle seguenti relazioni biunivoche:

11 – 4

1 Per stati tensionali tridimensionali i parametri di tensione p , e q hanno la forma:

( )

( ) ( ) ( )[ ] 5,0213

232

221

321

2

1q 

3

1 p

σ−σ+σ−σ+σ−σ⋅=

σ+σ+σ⋅=  

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

3

ts p   −=   (Eq. 11.8) 

3

t's' p   −=   (Eq. 11.9) 

t2q    ⋅= 

(Eq. 11.10) 

6

q  ps   +=   (Eq. 11.11) 

6

q ' p's   +=   (Eq. 11.12) 

2

q t =   (Eq. 11.13) 

 per cui tutto quanto è stato detto con riferimento ai piani s-t ed s’-t può essere trasferito e

tradotto nei corrispondenti piani p-q e p’-q.In generale (Figura 11.6) a incrementi delle tensioni principali maggiore e minore rispet-tivamente pari a ∆σ1 e a ∆σ2=∆σ3:

nel piano s-t corrisponde un segmentodi percorso tensionale di lunghezza:

s-t s - t

τ, t

σ, sO

∆ L   α

∆t

3∆σ 1∆σ

∆s

Figura 11.6 – Percorsi tensionali nei piani s-t e σ -τ  

2L

23

21

ts

σ∆+σ∆=∆   −  

(Eq. 11.14) 

e pendenza:

31

31tstan

σ∆+σ∆σ∆−σ∆=α   −   (Eq. 11.15) 

mentre nel piano p-q corrisponde un segmento di percorso tensionale di lunghezza:

3123

21q  p 141310

3

1L   σ∆⋅σ∆⋅−σ∆⋅+σ∆⋅⋅=∆   −   (Eq. 11.16) 

e pendenza:

31

31q  p 2

)(3tan

σ∆⋅+σ∆

σ∆−σ∆⋅=α   −   (Eq. 11.17) 

e quindi in particolare:

 per compressione isotropa (∆σ1 = ∆σ3 = ∆σ):

nel piano s - t : tanασ∆=∆   −tsL s-t = 0  (Eq. 11.18) 

nel piano p - q : σ∆=∆   −q  pL   tanα p-q  = 0  (Eq. 11.19) 

 per compressione monoassiale (∆σ1 = ∆σ, ∆σ3 = 0):

11 – 5

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

nel piano s - t :2

L ts

σ∆=∆   −   tanαs-t = 1  (Eq. 11.20) 

nel piano p - q : σ∆⋅=∆   − 3

10L q  p   tanα p-q  = 3 

(Eq. 11.21) 

11.2  Stato critico

11.2.1  Introduzione

 Nei capitoli precedenti sono stati affrontati separatamente, con modelli semplici e schemielementari diversi, i problemi relativi alla deformabilità ed alla resistenza dei terreni.

In questo capitolo, dopo avere esposto la teoria dello Stato Critico come quadro interpre-

tativo generale del comportamento dei terreni saturi, si introdurrà un modello matematicoun poco più complesso ma più generale (il modello Cam Clay Modificato) per la previ-sione quantitativa di tale comportamento.

I parametri di tale modello possono essere ricavati dai risultati delle prove geotecnichestandard di laboratorio, già esposti e commentati nei capitoli precedenti. Tali risultati ver-ranno pertanto richiamati ed inquadrati in un’ottica unitaria.

Le prove geotecniche standard di laboratorio per la determinazione del comportamentomeccanico dei terreni sono le prove triassiali e le prove di compressione edometrica, en-trambe assialsimmetriche. Salvo indicazione contraria, nel seguito assumeremo che latensione assiale σa corrisponda alla tensione principale maggiore σ1, e che la tensione ra-

diale σr  corrisponda alle tensioni principali intermedia e minore, eguali fra loro, σ2 = σ3.

 Nel seguito, per descrivere lo stato di tensione ed i percorsi tensionali si utilizzeranno i parametri p, p’ e q.

Per descrivere lo stato di deformazione, di un provino cilindrico di altezza iniziale H0,diametro iniziale D0 e volume iniziale V0, si utilizzeranno i parametri:

 deformazione assiale:0

1a H

H∆=ε=ε   (Eq. 11.22) 

 deformazione radiale:0

3r 

D

D∆=ε=ε   (Eq. 11.23) 

 deformazione volumetrica:0

31r av V

V22

  ∆=ε⋅+ε=ε⋅+ε=ε   (Eq. 11.24) 

 deformazione deviatorica o distorsione: ( ) ( )31r as 3

2

3

2ε−ε⋅=ε−ε⋅=ε   (Eq. 11.25) 

La deformazione deviatorica è definita nel modo sopra scritto affinché valga la relazione:

sv3'32

'21

'1 dq d' pddd   ε⋅+ε⋅=ε⋅σ+ε⋅σ+ε⋅σ   (Eq. 11.26) 

11 – 6

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Come parametro indicativo dello stato di addensamento del terreno verrà utilizzato il vo-

lume specifico, v, che è per definizione il rapporto tra il volume totale di un elemento diterreno, V, e il volume occupato dalle particelle solide, VS.

Risulta pertanto per definizione:

)e1(V

V

v S +== 

(Eq. 11.27) 

e

00v v

dv

e1

ded   −=

+−=ε   (Eq. 11.28) 

Analizziamo i risultati delle prove geotecniche standard su provini di argilla ricostituiti inlaboratorio, già esposti e commentati nel Capitolo 9, rappresentando i percorsi di carico inuno spazio tridimensionale definito dalla terna di assi cartesiani ortogonali p’-q-v.

11.2.2 

Compressione isotropa drenata (prima fase delle prove triassiali standard), lineadi consolidazione normale (NCL) e linee di scarico-ricarico (URL)

 p’

 p’

v

B

A

A

C

C

D

DB

Figura 11.7 - Percorso di carico dicompressione (e decompressione) iso-tropa drenata nei piani p’-q e p’-v

Il percorso efficace di carico si svolge interamen-te sul piano p’-v (ovvero sul piano q = 0). La cur-va sperimentale, che potremmo ottenere per puntiincrementando (o riducendo) gradualmente la

 pressione di cella e attendendo per ogni gradinodi carico l’esaurirsi del processo di consolidazio-ne isotropa, è qualitativamente indicata in Figura

11.7. La stessa curva, rappresentata in un pianosemilogaritmico (Figura 11.8a), può essere sche-matizzata con segmenti rettilinei (Figura 11.8b).

La principale ipotesi semplificativa adottata nel passaggio dalla curva sperimentale a quellaschematica consiste nell’avere sostituito al picco-lo ciclo di isteresi sperimentale del percorso discarico-ricarico il suo asse, ovvero nell’avere as-sunto un comportamento deformativo volumetri-co elastico (variazioni di volume interamente re-versibili).

La retta ABD è detta linea di consolidazione

 normale (NCL), ed ha equazione:

0q 

)' pln(v

=

⋅λ− Ν=  (Eq. 11.29) 

Il parametro Ν è il valore dell’ordinata (volume specifico) del punto sulla NCL che ha perascissa p’=1 (e quindi ln(p’) = 0) e dipende dal sistema di unità di misura adottato. Il pa-rametro λ è la pendenza della NCL ed è adimensionale. 

11 – 7

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

La retta BCB è una delle infinite, possibili linee di scarico e ricarico (URL), ed ha equa-zione:

0q 

)' pln(vv

=

⋅κ−=   κ  (Eq. 11.30) 

Il parametro vκ è il valore dell’ordinata (volume specifico) del punto su quella specificalinea di scarico-ricarico che ha per ascissa p’=1 (e quindi ln(p’) = 0), dipende dal sistemadi unità di misura adottato ed è biunivocamente riferito all’ascissa del punto B (Figura11.8b), definita pressione di consolidazione, p’c, dalle seguenti relazioni, ottenute impo-nendo l’appartenenza del punto B sia alla NCL che alla linea di scarico-ricarico:

( ) 'c plnv   ⋅κ−λ− Ν=κ   (Eq. 11.31) 

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡κ−λ

− Ν=   κv

exp p 'c  

ln p’

v

B

A

a)

C

D

 p’ (ln)

v

1

1

1

-κκ

 N

v

B

A

 b)

C

c

D

 p’

Figura 11.8 - Curva sperimentale (a) e curva schematizzata (b) del percorso di carico di com-

 pressione (e decompressione) isotropa drenata nel piano semilogaritmico ln p’-v 

Il parametro κ è la pendenza della linea di scarico-ricarico isotropo ed è adimensionale.

Un provino, al cui stato tensionale, p’0, corrisponda un punto su una linea di scarico-ricarico, è isotropicamente sovraconsolidato (OC). Il rapporto di sovraconsolidazione iso-tropa è:

'0

'c

0 p

 pR   =   (Eq. 11.33) 

R 0 non è eguale al rapporto di sovraconsolidazione edometrica, OCR, ma è ad esso legatodalla relazione:

OCR K 21

K 21R 

 NC0

OC0

0   ⋅⋅+

⋅+=

  (Eq. 11.34) 

Il risultato sperimentale di un percorso di carico isotropo in condizioni drenate con più ci-cli di scarico-ricarico a pressione di consolidazione crescente può essere schematicamenterappresentato come in Figura 11.9: i segmenti corrispondenti a ciascun ciclo di scarico-

  11 – 8

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

ricarico, rettilinei nel piano semilogaritmico, hanno la stessa pendenza – κ e, naturalmente,diversi valori di vκ e di p’c.

In definitiva, rammentando gli schemi dei modelli reologici elementari presentati nel Ca- pitolo 5, si può affermare che i risultati sperimentali sopra descritti possono essere ben ri- prodotti da un modello elastico non lineare – plastico a incrudimento positivo.

Infatti:

a.  il comportamento deformativo è (quasi) elastico, ovvero il percorso è reversibile, lun-go le linee di scarico-ricarico;

 b.  lungo tali linee il comporta-mento è non lineare, in quan-to il percorso è rettilineo nel

 piano semilogaritmico (equindi curvilineo nel pianonaturale);

 p’(ln)

v

1

1

1

 N

vκ 1

B1

A

C1

 p’c 1

1-κ

1-κ

B2

B3

C2

C3

vκ 2

vκ 3

 p’c 2

 p’c 3

Figura 11.9 - Schematizzazione di un percorso di carico

isotropo drenato con più cicli di scarico-ricarico a pressione di consolidazione crescente

c.  il comportamento è elasto- plastico lungo la linea di con-solidazione normale (NCL);

d.  la pressione media efficace diconsolidazione isotropa, p’c, èla soglia di tensione oltre laquale si manifestano defor-mazioni plastiche (irreversibi-li), ovvero è la tensione disnervamento;

e.  l’incrudimento è positivo poi-ché la deformazione plasticaavviene a pressione di conso-lidazione crescente.

11.2.3  Pressione efficace media equivalente, p’e 

La pressione efficace media equivalente di un elemento di terreno A caratterizzato dai pa-rametri p’A, q A  e vA è la pressione p’eA del punto sulla linea di consolidazione normale(NCL) avente volume specifico vA (Figura 11.10). La pressione efficace media equivalen-

te vale dunque:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ

−= A'

eA

v Nexp p   (Eq. 11.35) 

La pressione efficace equivalente non varia nei percorsi tensionali non drenati, che av-vengono a volume costante, mentre varia nei percorsi tensionali drenati, durante i quali sihanno deformazioni volumetriche.

11 – 9

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

 p’(ln)

 p’

v

1-λ

 N

v   AA

A

A

A

A eA

eA

N   C   L  

 p’ p’

v

v

A

   N  C   L

 p’   p’

a)   b)

Figura 11.10 - Definizione di pressione efficace equivalente nel piano lnp’-v e nello spazio p’-v-q

11.2.4  Compressione con espansione laterale impedita (compressione edometrica), lineadi consolidazione edometrica (linea K 0) e linee di scarico-ricarico edometriche

Dalle condizioni al contorno della prova edometrica (compressione assialsimmetrica conespansione laterale impedita) si desume:

( ) )K 1(q ;K 213

' p

;0

0'10

'1

'10

'3

'2

1v32

−⋅σ=⋅+⋅σ

=

σ⋅=σ=σ

ε=ε=ε=ε

 

(Eq. 11.36) 

Se il terreno normalmente consolidato, K 0 è costante e il percorso tensionale nel piano p’-q è rettilineo, passa per l’origine degli assi, ed ha equazione, (linea K 0) (Figura 11.11 a):

( )( )0

0

K 21

K 13' pq 

⋅+

−⋅⋅=

  (Eq. 11.37) 

In Figura 11.11 b è mostrato l’andamento della linea K 0 al variare di K 0 da cui si può os-servare che non potendo essere K 0 < 0 (altrimenti si avrebbe una tensione σ’3 < 0 e quindidi trazione), dalla Eq. 11.37 la retta che delimita gli stati tensionali possibili per il terrenosul piano p’-q ha equazione: q = 3 p’.

 Nel piano p’-v il percorso tensionale è del tutto simile a quello della compressione isotro-

 pa e, analogamente ad esso, può essere schematizzato nel piano semilogaritmico con trattirettilinei definiti dalle seguenti equazioni (Figura 11.12):

 per la linea di compressione edometrica vergine:

' pln Nv 0   ⋅λ−=   (Eq. 11.38) 

 per le linee di scarico-ricarico edometriche:

' plnvv0K    ⋅κ−=   (Eq. 11.39) 

11 – 10

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

 p’

1

1

3

K = 00

K = 10 

K > 10

0 < K < 10

   L   i  n  e  a    K   0

 p’

(Compressione isotropa)

a) b)

Figura 11.11 - Traccia della linea K 0 nel piano p’-q per un terreno normalmente consolidato

( )( )0

0

K 21K 13

⋅+−⋅

 p’(ln)1

1

1

 N0

c,edo

K 0v

B

A

L  i   n  e  a   K   0   

C

D

 p’

L  i   n  e  a   N   C   L  

 N

Figura 11.12 - Traccia della linea K 0  nel pianolnp’-v per un terreno N.C. e di una linea di scari-co-ricarico in condizioni edometriche

Si osserva che la proiezione della lineaK 0 sul piano ln  p’-v è parallela alla lineadi consolidazione isotropa normale(NCL), e che le proiezioni sul pianolnp’-v delle linee di scarico-ricarico incondizioni edometriche sono parallelealle linee di scarico-ricarico in condizio-ni di carico isotropo.

Il parametro vK0 è biunivocamente riferi-

to alla pressione di consolidazione edo-metrica p’c,edo (ascissa del punto B di Fi-gura 11.12), dalle seguenti relazioni ot-tenute imponendo l’appartenenza del

 punto B sia alla linea K 0 che alla linea discarico-ricarico in condizioni edometri-che:

 Nel Capitolo 7 abbiamo visto come i risultati della prova edometrica siano abitualmenterappresentati nel piano log σ’v-e, e che in tale piano la pendenza della linea di compres-

sione edometrica vergine sia l’indice di compressione Cc e la pendenza delle linee di sca-rico sia l’indice di rigonfiamento Cs. Valgono dunque le relazioni:

( )   ( )'edo,c0K   plnv

0⋅κ−λ− Ν=   (Eq. 11.40) 

⎥⎦

⎤⎢⎣

κ−λ

− Ν= 0K 0'

edo,c

vexp p

  (Eq. 11.41) 

11 – 11

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

λ⋅=⋅λ= 303,210lnCc   (Eq. 11.42a) 

e (solo approssimativamente poiché durante lo scarico varia OCR e dunque varia K 0):

κ⋅=⋅κ= 303,210lnCs   (Eq. 11.42b) 

A differenza della linea di consolidazione normale (NCL) che si sviluppa sul piano q = 0,la linea K 0 si sviluppa nello spazio a tre dimensioni p’-q-v (Figura 11.13).

 p’ 1

Linea K 0

Linea NCL

v  Figura 11.13 - Rappresentazione delle linee NCL e K 0 nello spazio p’-q-v

( )( )0

0

K 21

K 13

⋅+−⋅

 

11.2.5  Compressione triassiale drenata di argilla N.C. (prova TxCID) e linea di statocritico (CSL)

Il percorso tensionale efficace di un provino di argilla N.C. in una prova di compressionetriassiale drenata standard consiste di due fasi: la prima di compressione isotropa lungo lalinea NCL, fino alla pressione di consolidazione isotropa p’c, la seconda di compressioneassiale in condizioni drenate a pressione di confinamento costante. In quest’ultima fase, alcrescere della deformazione assiale εa (la prova è condotta a deformazione assiale control-lata) la tensione deviatorica q cresce progressivamente fino ad un valore massimo q f  poi si

mantiene circa costante. La curva sperimentale εa – q è ben rappresentata da una relazioneiperbolica del tipo:

a

a

 baq 

ε⋅+

ε=

  (Eq. 11.43) 

Il volume decresce progressivamente fino ad un valore minimo, poi si mantiene circa co-stante (Figura 11.14). Il percorso tensionale corrispondente alla fase di compressione as-siale, AB, ha come proiezione sul piano p’-q un segmento rettilineo con pendenza 3:1, dal

 punto A di coordinate (p’c - 0) al punto B, corrispondente alla condizione di rottura, di

11 – 12

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

coordinate (p’f - q f ), e nel piano p’-v ha origine nel punto A sulla linea NCL e termina nel punto B sottostante la linea NCL.

Infatti durante la fase di compressione risulta che σ’3 = σ’r   = σ’c = cost e quindi ∆q =∆(σ’1 – σ’3) = ∆σ’1 e ∆ p’ = ∆(σ’1 + 2σ’3)/3 = ∆σ’1/3 e quindi:

33/'

'

' p

1

1

=σ∆σ∆

=∆∆

 

(Eq. 11.44) 

A

B

a)  b)

c)

B

 p’

εv

εa

A

A

B

B

3

1

 p’

v

 p’c

 p’f 

q f 

 

Figura 11.14 - Percorsi tensionali di compressione drenata su un provino di argilla N.C.

Se tre provini della stessa argilla isotropicamente consolidati a pressioni diverse sono por-tati a rottura in condizioni drenate si ottengono i risultati mostrati in Figura 11.15. Si os-serva in particolare che:

o  le tre curve εa – q hanno la stessa forma e, normalizzate rispetto alla pressione diconsolidazione p’c, sono (quasi) coincidenti;

o  la deformazione volumetrica durante la compressione assiale varia in modo presso-ché eguale per i tre provini, aumentando lievemente al crescere della pressione di

consolidazione;o  i punti B rappresentativi dello stato finale dei tre provini giacciono su una linea, det-

ta di Stato Critico (CSL), la cui equazione è:

'f f 

'f f 

 plnv

 pMq 

⋅λ−Γ=

⋅=  (Eq. 11.45) 

11 – 13

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

A = A = A1 2 3

A1

A1

B1 B1

a)  b)

c)

 p’

εv

εa

 p’

N   C   L  C   S  L  

  C  S   L

v

M1

q f 1

q f 2

q f 3

B2

B3

B = B = B1 32

B1

 p’c 1

A2

A2

B2

B2

A3

A3

B3

B3

 p’f 3

 p’c 2

 p’c 3

 p’f 2

 p’f 1

vf 1

vf 2

vf 3

Figura 11.15 - Risultati di prove TxCID su provini della stessa argilla N.C. consolidati a pressio-ni diverse

La relazione equivale al criterio di rottura di Mohr-Coulomb per terreni N.C.

che, nel Capitolo 8, avevamo scritto nella forma:

'f f   pMq    ⋅=

''nf  tan φ⋅σ=τ   (Eq. 11.46) 

L’angolo di resistenza al taglio da considerare è quello che corrisponde alla condizione distato critico, φ’cs, ovvero alla condizione in cui, al crescere della deformazione assiale ri-mangono costanti tensione deviatorica, q f , e deformazione volumetrica, εv.

Il parametro M è funzione dell’angolo di resistenza al taglio allo stato critico, φ’cs, e dellemodalità di prova. Infatti se il provino è portato a rottura per compressione assiale a ten-sione efficace di confinamento costante, ovvero con le modalità standard descritte nel Ca-

 pitolo 8, la tensione principale maggiore è la tensione assiale, mentre le tensioni principali

intermedia e minore coincidono entrambe con la tensione radiale:

'r 

'2

'3

'a

'1

σ=σ=σ

σ=σ  (Eq. 11.47) 

quindi:

'r 

'a

'3

'1'

f 'r 

'af 

'3

'1f 

3

2

3

2 p

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    σ⋅+σ=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    σ⋅+σ=

σ−σ=σ−σ=

  (Eq. 11.48) 

11 – 14

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

e ricordando che è:

'cs

'cs

'3

'1

sen1

sen1

φ−

φ+=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

σ

σ  (Eq. 11.49) 

si ha:

( )( )

( )( )

  =

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡+⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

φ−

φ+

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

φ−

φ+⋅

=+σσ

−σσ⋅=

σ⋅+σ

σ−σ⋅===

2sen1

sen1

1sen1

sen13

2/

1/3

2

3

 p

q MM

cs

cs

cs

cs

f 'r 

'a

f 'r 

'a

f 'r 

'a

f 'r 

'a

'f 

f c  

( )( ) '

cs

'cs

f 'cs

'cs

'cs

'cs

sen3

sen6

sen22sen1

sen1sen13

φ−

φ⋅=

φ−+φ+

φ+−φ+⋅=  

(Eq. 11.50) 

c

c'cs M6

M3sen

+⋅=φ   (Eq. 11.51) 

Se invece il provino è portato a rottura per estensione assiale, ovvero aumentando la ten-sione efficace di confinamento a tensione efficace assiale costante, la tensione principaleminore è la tensione assiale e le tensioni principali intermedia e maggiore, coincidenti,sono la tensione radiale:

'a'3

'r 

'2

'1

σ=σ

σ=σ=σ  (Eq. 11.52)

 

quindi:

'a

'r 

'3

'1'

f 'a

'r f 

'3

'1f 

3

2

3

2 p

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    σ+σ⋅=⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    σ+σ⋅=

σ−σ=σ−σ=

  (Eq. 11.53) 

( )( ) '

cs

'cs

f 'r 

'a

f 'a

'r 

'f 

f e sen3

sen6

2

3

 p

q MM

φ+

φ⋅=

σ⋅+σ

σ−σ⋅===

  (Eq. 11.54) 

e

e'cs M6

M3sen−⋅=φ

  (Eq. 11.55) 

11 – 15

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Una conseguenza importante è che,mentre l’angolo di resistenza al taglioallo stato critico φ’cs è lo stesso per com-

 pressione e per estensione, la pendenzaM della linea di stato critico nel piano

 p’-q non è la stessa. In particolare, poi-ché Me  < Mc, per lo stesso terreno e a

 parità di pressione efficace media, latensione deviatorica a rottura in esten-sione è minore che in compressione (Fi-gura 11.16).

 p’

q    C  S   L

C  S  L 

Mc

Me

1

(a)

(b)

1

Figura 11.16 – Linea di stato critico nel piano p’-q in caso di rottura per compressione assiale e dirottura per estensione assiale

I punti B corrispondenti alla condizionedi stato critico giacciono su una linea lacui proiezione sul piano p’-v è una curvache, rappresentata nel piano semiloga-ritmico, diviene una retta parallela alla

linea NCL.In Figura 11.17 sono rappresentate le li-nee NCL e CSL.

 p’ 1

M

CSL

 NCL

v

 

Figura 11.17 – Rappresentazione delle linee NCL e CSL (indicata convenzionalmente con una dop- pia linea) nello spazio p’-q-v

Il percorso tensionale nello spazio p’-q-v durante la fase di compressione drenata si svol-ge su un piano, detto piano drenato, rappresentato in Figura 11.18.

11 – 16

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

A

A’

B’

B p’ 1

3

CSL

Piano drenato

 NCL

v  

Figura 11.18 - Piano drenato e percorso tensionale efficace di una prova TxCID nello spazio p’-q-v 

11.2.6   Compressione triassiale non drenata di argilla N.C. (prova TxCIU) e superficie di Roscoe

La prova di compressione triassiale consolidata non drenata standard consiste di due fasi:la prima di compressione e di consolidazione isotropa, la seconda di compressione assialein condizioni non drenate a pressione di confinamento costante. In quest’ultima fase, alcrescere della deformazione assiale εa (la prova è condotta a deformazione assiale control-lata) il volume del provino (saturo) non varia, la tensione deviatorica q e la pressione in-terstiziale crescono progressivamente fino alla condizione di stato critico.

In Figura 11.19 sono rappresentati i risultati di una prova TxCIU su un provino di argillasatura N.C. portato a rottura in presenza di una contro pressione interstiziale iniziale (BP= u0).

In Figura 11.20 sono mostrati i risultati che si possono ottenere da una serie di tre proveTxCIU su provini della stessa argilla satura N.C. consolidati a pressioni diverse.

11 – 17

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

A

B

     T    S

     P      E      S      P

a)  b)

c)

B

 NCL

 p,p’

∆u

uf 

∆uf 

εa

A

A’

B

3

1

 p’

v

 pc p

q f 

B’

B’

A’ p’

c p’

u0

u0

Figura 11.19 - Percorsi tensionali di compressione non drenata su un provino di argilla satura N.C.

     T    S     P   3

E     S     P    

3      

A = A = A1 

2 3

A1

A2

B’1

B’2

B’3

A’1

A’2

A’1B’1

a)  b)

c)

 p,p’εa

 p’

N  C  L C  S L 

  C  S   L

v

M1

q f 1

q f 2

q f 3

B1

 

 p’f 3

v0 1

B2

 

B3

 

∆u

∆uf 1

∆uf 2

∆uf 3

∆uf 2

∆uf 3

B1

B1

B2

B2

B3

B3

A’2

A’3

B’2

B’3

A3

A’3

v0 2

v0 3

 p’f 2

 p’f 1

∆uf 1

Figura 11.20 - Risultati di prove TxCIU su provini della stessa argilla satura N.C. consolidati a pressioni diverse

11 – 18

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Dall’esame delle Figure 11.19 e 11.20 si desume che:

o  la tensione deviatorica q cresce progressivamente con la deformazione assiale εa fi-no ad un valore massimo q f  e poi si mantiene circa costante,

o  la deformazione avviene a volume costante (εv = 0) e con progressivo incrementodella pressione interstiziale (∆u) fino ad un valore massimo , ∆uf , crescente con la

 pressione di consolidazione,

o  i percorsi tensionali totali (TSP) sono rettilinei ed hanno pendenza 3:1,

o  i percorsi tensionali efficaci (ESP) sono curvilinei ed hanno la stessa forma,

o  la distanza tra ESP e TSP rappresenta la pressione interstiziale u,

o  i punti rappresentativi dello stato tensionale efficace iniziale (A’) sono sulla linea diconsolidazione normale (NCL),

o  i punti rappresentativi della condizione di rottura (B’) sono sulla linea di stato criti-co (CSL).

Il percorso tensionale nello spazio p’-q-v durante la fase di compressione non drenata sisvolge su un piano parallelo al piano p’-q, detto  piano non drenato, rappresentato in Fi-gura 11.21.

A

A’

B’

B p’

CSL

ESP

Piano non drenato

 NCL

v  Figura 11.21 - Piano non drenato e percorso tensionale efficace di una prova TxCIU

In una prova triassiale non drenata su un provino saturo non si hanno variazioni di volu-me. Pertanto il volume specifico iniziale v0 è anche il volume specifico a rottura:

'f f 0  plnvv   ⋅λ−Γ==   (Eq. 11.56) 

ovvero:

11 – 19

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ

−Γ= 0'

vexp p

  (Eq. 11.57) 

e

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ−Γ

⋅Μ=⋅Μ= 0'f f 

vexp pq 

 

(Eq. 11.58) 

La resistenza al taglio in condizioni non drenate dei terreni a grana fine, cu, che, come ab- biamo visto nel Capitolo 9, viene utilizzata per le verifiche di stabilità in termini di ten-sioni totali è pari alla metà della tensione deviatorica a rottura, dunque:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ−Γ

⋅Μ

== 0f u

vexp

22

q c

  (Eq. 11.59) 

Per un dato terreno i parametri Μ, Γ e λ sono costanti, quindi cu dipende soltanto dal vo-lume specifico v0. Per un terreno saturo è:

wG1e1v s ⋅+=+=  (Eq. 11.60) 

dunque la resistenza al taglio in condizioni non drenate, cu, di una stessa argilla satura di- pende unicamente dal suo contenuto in acqua w.

Tutti i percorsi tensionali efficaci, di prove drenate e non drenate, che dalla linea di con-solidazione normale (NCL) pervengono alla linea di stato critico (CSL) giacciono su unasuperficie nello spazio p’-q-v, detta Superficie di Roscoe, che limita il dominio degli statitensionali possibili (Figura 11.22).

Tale affermazione può essere visualizzata normalizzando i percorsi tensionali drenati enon drenati dalla NCL alla CSL di provini saturi normalconsolidati rispetto alla pressioneefficace equivalente, che rimane costante nei percorsi non drenati, ed è invece variabile inquelli drenati. In tal modo nel piano p’/p’e-q/p’e  tutti i percorsi coincidono in un’unicacurva che rappresenta la Superficie di Roscoe normalizzata (Figura 11.23).

11 – 20

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

 p’

CSLSuperficie di Roscoe

 NCL

v  Figura 11.22 - Superficie di Roscoe

q/p’e

CSL

Superficie di Roscoe normalizzata

 NCL

 p/p’e  

Figura 11.23 - Superficie di Roscoe normalizzata

11 – 21

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

11.2.7   Compressione triassiale drenata di argilla O.C. (prova TxCID) e condizione dirottura

Se un provino di argilla satura è isotropicamente consolidato, ad una pressione efficace p’c, e poi isotropicamente decompresso in condizioni drenate, fino ad una pressione effi-cace p’0 in modo da divenire fortemente sovraconsolidato, ed è infine sottoposto a com-

 pressione drenata, esso mostra un comportamento tensionale e deformativo durante la fa-se di compressione del tipo di quello descritto in Figura 11.24.

Si può osservare che la condizione di rottura non coincide con la condizione di stato criti-co. Infatti la curva εa-q presenta un massimo (q f ) a rottura (punto B), poi decresce fino astabilizzarsi su un valore minore (q cs) che corrisponde allo stato critico (punto C).

Il volume del provino prima diminuisce, poi aumenta, supera il valore iniziale e infinetende a stabilizzarsi.

La curva εa-εv presenta tangente orizzontale ⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ =

ε

ε0

d

d

a

v  nei punti C e D che corrispondo-

no al valore q = q cs, e un flessomaxa

v

d

d⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

ε

εnel punto B che corrisponde a q = q f .

La proiezione del percorso tensionale efficace (ABC) nel piano p’-q ha pendenza 3:1.

 Nel tratto AB fino alla rottura il percorso è ascendente, nel tratto BC è discendente.

A

A

D

D

B

B

C

C

a) b)

d)

 p’

εv

εa

A

A

B

C = D

B

C

D

q ESP

3

1

 p’

v

 p’0

 p’0

 p’f 

 p’f 

q f 

q f 

εa

q c s

q c s

 p’c

vD

vA

vB

vC

c)

 Figura 11.24 - Comportamento di un provino di argilla satura fortemente sovraconsolidato in

 prova TxCID

11 – 22

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

 Nel piano p’-v il punto A rappresentativo dello stato iniziale si trova su una curva di sca-rico-ricarico. La proiezione del percorso tensionale efficace (ABC) nel piano p’-v ha tan-gente orizzontale nei punti C e D.

Se tre provini della stessa argilla satura con differenti rapporti di sovraconsolidazione iso-tropa sono portati a rottura in condizioni drenate si ottengono i risultati mostrati in Figura

11.25. Si osserva in particolare che:o  se il punto rappresentativo dello stato iniziale del provino nel piano p'-v è sotto la

CSL (punto A1), esso è fortemente sovraconsolidato (provino n. 1),

o  un provino fortemente sovraconsolidato ha un deviatore a rottura (q f ) molto mag-

giore del deviatore allo stato critico (q cs), e manifesta un  comportamento dilatante (aumento di volume),

o  se il punto rappresentativo dello stato iniziale del provino nel piano p'-v è sotto la NCL ma sopra la CSL, esso è debolmente sovraconsolidato (provino n. 2),

o  un provino debolmente sovraconsolidato ha un deviatore a rottura (q f 

) poco maggio-

re o eguale al deviatore allo stato critico (q cs

), e manifesta un comportamento con-

 traente (diminuzione di volume),

o  se il punto rappresentativo dello stato iniziale del provino nel piano p'-v è sulla NCL, esso è normalmente consolidato (provino n. 3),

o  un provino normalmente consolidato ha un deviatore a rottura (q f ) eguale al deviato-

re allo stato critico (q cs

), e manifesta un comportamento contraente (diminuzione di

volume),

o  i punti rappresentativi delle condizioni di rottura (B) di provini con eguale pressione

di preconsolidazione (punti A sulla stessa linea di scarico-ricarico) giacciono su unaretta (linea inviluppo a rottura) distinta dalla CSL relativamente ai provini sovracon-solidati (punti B1 e B2), e sulla CSL per il provino normal-consolidato (punto B3),

o  i punti rappresentativi delle condizioni ultime (C) giacciono sulla CSL,

La linea inviluppo a rottura, per i terreni sovraconsolidati, ha equazione:

' pmq q  f f    ⋅+=   (Eq. 11.61) 

Tale retta, che rappresenta il luogo dei punti di rottura per le argille sovraconsolidate, cor-risponde nello spazio p’-q-v ad una superficie piana detta Superficie di Hvorslev.

 Nel Capitolo 9 abbiamo visto che l’inviluppo a rottura in termini di tensioni efficaci perun’argilla sovraconsolidata ha equazione:

'tan'c 'nf    φ⋅σ+=τ   (Eq. 11.62)

 

che può essere scritta anche nella forma (Figura 11.26):

( )   ( )'sen'gcot'c

22

1 f '3

'1

f '3

'1   φ⋅⎥

⎤⎢⎣

⎡φ⋅+

σ+σ=σ−σ⋅   (Eq. 11.63) 

11 – 23

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Dalla Eq. 11.61, essendo

11 – 24

q f  = (σ’1 – σ’3)f  

e

 p’f  = (σ’1 + 2σ’3)f / 3,

si ottiene sostituendo:

( )   ( )3

2mq  f 

'3

'1

f '3

'1

σ+σ⋅+=σ−σ  

da cui, svolgendo i calcoli, si ottie-ne:

m3

q 3

m3

m23f 

'3f 

'1 −

+−

+σ=σ  

(Eq. 11.63a)

Dalla Eq.11.63 invece si ricava:

( ) ( )   ⋅'φ⋅+φ⋅σ+σ=σ−σ cos'c2'senf '3

'1f 

'3

'1

 

e quindi:

'sin1

'cos'c2

'sin1

'sin1f 

'3f 

'1 φ−

φ+

φ−φ+

σ=σ  

(Eq. 11.63b)

a)

 b)

 p’

 p’

N  C  L 

U R L 

C  S  L 

  C  S   L

v

M

Linea di inviluppoa rottura

m

1

1

A2

A2

A1

A1

B2

B2

B1

B1

C1

C1

A3

A3

B3

B3

 p’c

 p’0 2

 p’0 1

D1

D1

Figura 11.25 - Risultati di prove TxCID su provini del-la stessa argilla con differenti rapporti di sovraconso-lidazione isotropa e linee di inviluppo a rotturaEguagliando la (11.63a) e la

(11.63b) si ottiene:

'sin1

'sin1

m3

m23

φ−φ+

=−

(Eq. 11.63c)

e

'sin1

'cos'c2

m3

q 3

φ−

φ

=−  

(Eq. 11.63d)

OO’

c’

c’ ctg ’φ

1

1

τ

σ’φ’

inviluppo di rottura

C   σ’3

3

σ’

( ’ + ’ )/2σ σ

Figura 11.26 – Criterio di rottura di Mohr-Coulomb

Dalla (11.63c) si può ricavare m:

'sin3

'sin6m

φ−φ

=   (Eq. 11.63e)

ed andando a sostituire nella (11.63d) si ricava q:

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

'sin3

'cos'c6q 

φ−φ

=   (Eq. 11.63f)

da cui si ottengono le corrispondenze:

'sen3

'sen6m

'sen3

'cos'c6q 

φ−φ⋅

=φ−

φ⋅⋅=

  (Eq. 11.64) 

Imponendo la condizione che i terreni non possano sostenere tensioni di trazione ( )0'3 ≥σ  

si ha che per σ’3 = 0, q = σ’1 – σ’3 = σ’1 e p = (σ’1 + 2σ’3)/3 = σ’1/3, cioè q = 3 p’. Si de-duce che la linea inviluppo a rottura, come mostrato anche in Figura 11.11 b, è limitata asinistra dalla retta di equazione:

' p3q    ⋅=   (Eq. 11.65) 

11.2.8   Compressione triassiale non drenata di argilla O.C. (prova TxCIU) e superficie di Hvorslev.

Se un provino di argilla satura è isotropicamente consolidato, poi isotropicamente decom- presso in condizioni drenate in modo da divenire fortemente sovraconsolidato, e infinesottoposto a compressione non drenata, mostra un comportamento tensionale e deformati-vo durante la fase di compressione del tipo di quello descritto in Figura 11.27.

Si osserva che la curva εa-q è monotona (non presenta un picco), l’incremento di pressio-ne interstiziale ∆u è inizialmente positivo, poi diviene negativo (comportamento dualedella curva εa-εv della prova TxCID).

Se tre provini della stessa argilla satura con differenti rapporti di sovraconsolidazione iso-tropa sono portati a rottura in condizioni non drenate si ottengono i risultati mostrati inFigura 11.28.

In Figura 11.29 sono messi a confronto i percorsi tensionali efficaci di due provini dellastessa argilla egualmente sovraconsolidati e sottoposti a rottura in condizioni drenate enon drenate. Si può osservare che la tensione deviatorica a rottura per il provino non dre-nato è nettamente maggiore.

In Figura 11.30 sono invece messi a confronto i percorsi tensionali efficaci di tre provinidella stessa argilla con differente rapporto di sovra consolidazione isotropa ed eguale vo-lume specifico iniziale portati a rottura in condizioni non drenate. Si può osservare che i

 percorsi si svolgono sullo stesso piano v = cost e pervengono allo stesso punto della lineadi stato critico.

11 – 25

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

A

a)  b)

d)

+

+

-

-

 p,p’

∆u

εa

AA’

A

BB’

B

TSP

ESP

ESP

N   C   L  

U R L 

3u

∆u u0

1

 p’

v

 p0

u0

uf ∆u

 p’0

 p’0

 p’f 

εa

q c s

q c s

 p’c

v0

c)

 Figura 11.27 - Comportamento di un provino di argilla satura fortemente sovraconsolidato in

 prova TxCIU

a)

 b)

 p,p’

 p’

N   C   L  

U  R L 

C   S   L  

  C  S   L

v

MLinea di inviluppoa rottura

m

1

1

A2

A2

A1

A1

B2

B2

B1

B1

A3

A3

B3

B3

 p’c

OCR = p’1 c

/p’ = 60 1

 p’0 2

 p’0 1

OCR = p’2 c

/p’ = 1.50 2

OCR3

= 1

 Figura 11.28 - Risultati di prove TxCIU su provini della stessa argilla con differenti rapporti disovraconsolidazione isotropa e linee di inviluppo a rottura

11 – 26

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

AA

BE

D

F

D

E F

C

C E

a) b)

 p,p’εa

A

D BC

F

N  C L 

C S L 

URL

 p’

v

M

 C  S  L

m

1

1

 p’0

 p’0

q c s u

q c s

 p’c

v0

c)

q f 

q f u

BC

 Figura 11.29 - Confronto fra i percorsi tensionali efficaci di due provini della stessa argilla e-gualmente sovraconsolidati e sottoposti a rottura in condizioni drenate (TxCID) e non drenate(TxCIU)

a)

 b)

 p’

 p’

N   C   L  C   S   L  

  C  S   L

v

M1

A2

BC

B

C

A2

A1

A1

A3

A3

 Figura 11.30 - Percorsi tensionali efficaci di tre provini della stessa argilla con differente rap-

 porto di sovra consolidazione isotropa ed eguale volume specifico iniziale portati a rottura incondizioni non drenate

In Figura 11.31a sono rappresentate nello spazio p’-q-v le tre superfici (di Roscoe, diHvorslev e il piano limite di rottura per trazione) che assieme formano la Superficie di

Stato, la quale delimita il volume degli stati di tensione possibili.

11 – 27

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Anche per la superficie di Hvorslev e per il piano limite di trazione, come per la superfi-cie di Roscoe, si può dare una rappresentazione normalizzata nel piano p’/p’e-q/p’e (Figu-ra 11.31b). In particolare la superficie di Hvorslev normalizzata è una retta di equazione:

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅+=

'e

'e  p

' phg

 p

q   (Eq. 11.66)

 

ovvero:

' ph pgq  'e   ⋅+⋅=   (Eq. 11.67) 

Essendo, per definizione:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ−

=v N

exp p 'e   (Eq. 11.68) 

ed imponendo la condizione di appartenenza della CSL alla superficie di Hvorslev:

' pMq    ⋅=  CSL ' plnv   ⋅λ−Γ=   (Eq. 11.69)

si ottiene il valore della costante g:

e quindi l’espressione analitica della superficie di Hvorslev:

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅−=

'e p

' p)hM(g   (Eq. 11.71)

 

' phv

exp)hM(q    ⋅+⎟ ⎠

 ⎞

⎜⎝ 

⎛ 

λ

−Γ⋅−=  

(Eq. 11.72) 

Dall’Eq. (11.72) si desume che la resistenza al taglio di un’argilla sovra-consolidata satu-ra è somma di due termini i quali, oltre ad essere funzione delle costanti materiali (Μ, h,Γ, λ) sono:

o  il termine, , proporzionale alla pressione efficace media e corrispondente alla re-sistenza per attrito;

' ph ⋅

o  il termine, ( )   ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ λ−Γ

⋅−v

exphM , dipendente dal volume specifico (ovvero dall’indice

dei vuoti, ovvero dal contenuto in acqua) e corrispondente alla resistenza per coesio-ne.

11 – 28

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

11 – 29

q/p’

CSL

g

e

e

h1

Superficie di RoscoeSuperficie di Hvorslev

 NCL

 p/p’

 b)

 p’

CSLSuperficie di Roscoe

Superficie di Hvorslev

Piano limite di trazione

Piano limite di trazione

 NCL

v

 Figura 11.31 - Rappresentazione assonometria (a) e normalizzata (b) della Superficie di Stato

11.3  MODELLO CAM CLAY MODIFICATO (CCM)

11.3.1  Parete elastica (o Dominio elastico)

Si definisce parete elastica (o  dominio elastico) nello spazio p’-q-v una superficie cilin-drica avente come direttrice una linea di scarico-ricarico e come generatrice una retta pa-rallela all'asse q, limitata dalla superficie di stato (Figura 11.32).

Un punto appartenente ad una parete elastica può muoversi liberamente su di essa provo-cando solo deformazioni elastiche.

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Un punto appartenente ad una parete elastica può spostarsi su un'altra parete elastica soloraggiungendo prima la superficie limite e muovendosi anche su di essa. Nel percorso sullasuperficie limite si producono deformazioni plastiche (Figura 11.33).

 p’

CSLSuperficie di Roscoe

Superficie di Hvorslev

Pareteelastica

 NCL

URL

v  

 p’

CSL

 NCL

A

B

B’

C

C’

v

Figura 11.32 - Parete elastica Figura 11.33 - Percorso da una parete e-lastica ad un’altra parete elastica

Alla luce di quanto detto, tenuto conto che il percorso tensionale efficace (ESP) di una prova di compressione triassiale non drenata (TxCIU) si svolge interamente sul piano non

drenato (v = cost), nel caso di provino isotropicamente sovraconsolidato, il cui punto rap- presentativo iniziale è quindi situato su una linea di scarico-ricarico appartenente ad una parete elastica, la parte iniziale (elastica) del percorso è il segmento intersezione fra il piano non drenato e la parete elastica (Figura 11.34).

Tale segmento nel piano p’-q è verticale, e quindi, non variando p’, non variano i parame-tri elastici (K, G) ed il comportamento è elastico lineare.

Analogamente, tenuto conto che il percorso tensionale efficace (ESP) di una prova dicompressione triassiale drenata (TxCID) si svolge interamente sul piano drenato

( 3' p

q =

∆∆

), nel caso di provino isotropicamente sovraconsolidato, il cui punto rappresenta-

tivo iniziale è quindi situato su una linea di scarico-ricarico appartenente ad una parete e-lastica, la parte iniziale (elastica) del percorso è il segmento intersezione fra il piano dre-nato e la parete elastica (Figura 11.35). Tale segmento nel piano p’-q ha pendenza 3:1, equindi, variando p’ variano i parametri elastici (K, G) ed il comportamento è elastico nonlineare.

11 – 30

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

A

B C

 p’

CSLPiano non drenato

Parete elastica NCL

URL

v URL

A

B

C p’ 1

3

CSL

Piano drenato

 NCL

v

Parete elastica

 Figura 11.34 - Percorso tensionale efficace in

 prova TxCIU di un provino di argilla isotropica-mente sovraconsolidato (AB = percorso elastico;

 BC = percorso elasto-plastico)

Figura 11.35 - Percorso tensionale efficacein prova TxCID di un provino di argilla iso-tropicamente sovraconsolidato (AB = percor-so elastico; BC = percorso elasto-plastico)

11.3.2  Curva di plasticizzazione

11 – 31

 Nello spazio delle tensioni esiste unacurva, detta di curva di plasticizzazione ( yield curve), che separa gli stati di ten-sione che producono risposte elastichedagli stati di tensione che produconorisposte plastiche. Evidenze sperimenta-li indicano che per i terreni la formadella curva di plasticizzazione nellospazio delle tensioni p’-q è approssima-tivamente ellittica.

 Nel modello CCM tale curva è rappre-sentata da un’ellisse F di equazione:

( ) 0M

q  p' p' pF

2

2'c

2 =+⋅−=   (Eq. 11.72)

Mc

A

A - Stato di tensione elastico

B - Inizio della plasticizzazione

C - Stato elasto-plastico

B

C Curva di plasticizzazione

iniziale

Curva di plasticizzazione

espansa

 p’ p’ /2c

 p’c

Figura 11.36 - Curva di plasticizzazione iniziale e suaespansione in un percorso di carico per compressione

L’asse maggiore dell’ellisse corrisponde alla pressione di preconsolidazione p’c, l’asse

minore vale2

 pM

'c⋅  (Figura 11.36).

Considereremo nel seguito la curva di plasticizzazione per compressione, e quindi M =Mc, ma analoghi concetti valgono anche per estensione, nel qual caso l’asse minoredell’ellisse è più piccolo (essendo Me < Mc).

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Se lo stato di tensione di un elemento di terreno è rappresentato da un punto interno allacurva di plasticizzazione iniziale (ad es. punto A di Figura 11.36) la risposta del terreno èelastica.

Se lo stato di tensione è rappresentato da un punto sulla curva di plasticizzazione iniziale(ad es. punto B) ogni incremento di tensione che comporti un movimento verso l’esterno

della curva è accompagnato da deformazioni elasto-plastiche e da un’espansione della su- perficie di plasticizzazione cosicché il punto rappresentativo dello stato di tensione per-mane sulla curva di plasticizzazione (punto C). Se il percorso dal punto C si muove versol’interno vi saranno deformazioni elastiche, poiché la curva di plasticizzazione si è espan-sa e la regione elastica è divenuta più grande.

Alla luce dei concetti espressi sul percorso tensionale efficace di un provino di argilla iso-tropicamente sovraconsolidato (che è inizialmente elastico e che quindi nel tratto inizialesi svolge sulla parete elastica associata alla pressione di preconsolidazione), nonché sullaforma ellittica della curva di plasticizzazione, tali percorsi nelle prove di compressionetriassiale standard, secondo il modello Cam Clay Modificato (MCC), sono quelli schema-ticamente rappresentati nelle Figure 11.37, 11.38, 11.39 e 11.40.

Se il punto di intersezione tra il percorso tensionale efficace e la curva di plasticizzazioneiniziale ha ascissa maggiore di p’c/2 (ovvero è nella metà destra dell’ellisse) si ha, durantela fase di compressione assiale, un’espansione dell’ellisse, se invece il punto di interse-zione ha ascissa minore di p’c/2 (ovvero è nella metà sinistra dell’ellisse) si ha una con-trazione dell’ellisse.

ESP

CSL

1

3

a) b)

d)

 p’   ε1

v

q f  q 

c)A

B

C

E

F

D

C

B

A

F

 p’0

 p’f 

A A

B B

CC

F F

D

E

 p’

v

vf 

 p’c

 NCL

CSL

ε1  

Figura 11.37 - Risultati previsti dal modello CCM di una prova TxCID su un provino di argilladebolmente sovraconsolidato

11 – 32

 

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

TSP

CSL

13

a) b)

d)

 p’,p   ε1

q f 

q f 

c)A

BC

F

u0

F

F

ED

CB

A

 p’0

 p’f 

A

A

BB C

F

CD

E

 p’

v

v = vA f 

 p’c

 NCLCSL

ε1

∆u

 Figura 11.38 - Risultati previsti dal modello CCM di una prova TxCIU su un provino di argilladebolmente sovraconsolidato

ESP

CSL

13

a) b)

d)

 p’   ε1

q f 

q c s

c)A

B

C

F

F

F

D

C

B

A

 p’0

A

A

B

BC

F

C D

 p’

v

 p’c

 NCLCSL

ε1

εv

 p’ /2c

 

Figura 11.39 - Risultati previsti dal modello CCM di una prova TxCID su un provino di argilla fortemente sovraconsolidato

11 – 33

 

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

Con riferimento alla Figura 11.40, ovvero al comportamento previsto dal modello per unacompressione non drenata di un provino di argilla satura fortemente sovraconsolidato, siosserva che il percorso tensionale efficace fino al raggiungimento della curva di plasticiz-zazione, ovvero fino al valore di picco q f  della tensione deviatorica è verticale (elastico-lineare). Dunque sostituendo nell’equazione di F a p’ il valore di pressione media efficaceiniziale p’0 si ha:

( ) 0M

q  p p p

2

2f '

c'0

2'0   =+⋅−  

(Eq. 11.73) 

e risolvendo per q f :

2R  per c21R  pMq  0u0'0f    >⋅=−⋅⋅=   (Eq. 11.74)

 

TSP

ESP

CSL

13

a) b)

d)

 p’,p   ε1

q f 

q c s

c)

B

B

C

C

F

F

F

F

D

B

A

C

 p’0

A

A

C B

B

C

F

D

 p’

v

 p’c

 NCLCSL

ε1

∆u

∆uc s

∆uc s

∆uf 

∆uf 

 p’ /2c

Au

0

Figura 11.40 - Risultati previsti dal modello CCM di una prova TxCIU su un provino di argilla fortemente sovraconsolidato

11.3.3  Il calcolo delle deformazioni

 Le deformazioni volumetriche

L’incremento di deformazione volumetrica totale dεv può in generale essere scomposto indue parti: la prima elastica (reversibile) dεv

e e la seconda plastica (irreversibile) dεv p:

11 – 34

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

 pv

evv ddd   ε+ε=ε   (Eq. 11.75)

 

Consideriamo un provino di terreno isotropicamente consolidato in cella triassiale ad una pressione efficace media p’c  e quindi decompresso isotropicamente fino alla pressionemedia efficace p’0, come rappresentato dal percorso tensionale ODA in Figura 11.41. Es-

so risulterà sovraconsolidato con rapporto di sovraconsolidazione isotropa:

'0

'c

0  p

 pR   =   (Eq. 11.76) 

La curva di plasticizzazione i-niziale è l’ellisse che ha per as-se maggiore il segmento OD. Il

 provino venga poi sottoposto acompressione assiale drenata(TxCID).

ESP

CSL

s

v

 p p

 p

s

v

q,ε

 p’,εA

BC

F

E1

3

DO

d εd ε

d ε

 p’  p’

A

B

CF

D

E

 p’

v NCL

CSL

0 c

Figura 11.41 - Determinazione delle deformazioni plastiche

 b)

a)

Il suo ESP inizia nel punto A edè rettilineo con pendenza 3:1.Fino a quando il percorso ten-sionale non raggiunge il puntoB, e quindi è interno alla curvadi plasticizzazione iniziale, ilcomportamento è elastico. Dal

 punto B il terreno inizia ad ave-re deformazioni elasto-plasti-che.

Consideriamo l’incremento ditensione corrispondente al trattoBC dell’ESP. Esso produceun’espansione della superficiedi plasticizzazione come mo-strato nella Figura 11.41a.

La variazione (negativa) di volume specifico totale del provino per tale incremento di ten-sione vale, con riferimento alla Figura 11.41b, vale:

)vv()vv()vv()vv(v BDDEECBC   −+−+−=−=∆   (Eq. 11.77) 

in cui

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅κ=−

'C

'E

EC  p

 plnvv

  (Eq. 11.78) 

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅λ=−

'E

'D

DE  p

 plnvv   (Eq. 11.79) 

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ ⋅κ=−

'D

'B

BD p

 plnvv

  (Eq. 11.80) 

11 – 35

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

La pressione p’E è la pressione efficace media di consolidazione della superficie di plasti-cizzazione espansa. Per passare dall’incremento di volume specifico all’incremento di de-formazione volumetrica si utilizza la relazione: ∆εv = - ∆v/v0.

L’incremento di deformazione volumetrica elastica può essere calcolato con la relazione:

'K 

' p

de

v

∆=ε

 

(Eq. 11.81) 

Poiché le costanti elastiche (modulo di deformazione cubica K’, modulo di Young, E’, emodulo di taglio, G) non sono costanti ma proporzionali alla pressione media efficace p’,il valore di K’ da utilizzare è quello che corrisponde al valore medio di p’ nell’intervallo∆ p’, ed è dato dall’equazione:

κ⋅

= 0'm v p

'K   

(Eq. 11.82) 

La parte plastica dell’incremento di deformazione volumetrica si può infine ottenere perdifferenza:

evv

 pv ddd   ε−ε=ε   (Eq. 11.83) 

In condizioni non drenate, essendo zero la deformazione volumetrica totale, risulterà: pv

ev dd   ε−=ε   (Eq. 11.84)

 

 Le deformazioni deviatoriche

Per determinare le deformazioni deviatoriche si fa l’ipotesi che, per un generico incre-mento di tensione (dp’, dq), l’incremento di deformazione plastica sia un vettore con

direzione normale alla

 pdε

curva del potenziale plastico, e che quest’ultima coincida con lacurva di plasticizzazione F (ipotesi di normalità – legge di flusso associata) (Figura11.41).

Per determinare la direzione normale alla curva di plasticizzazione si differenzial’equazione della curva di plasticizzazione F (Eq. 11.72) rispetto alle variabili p’ e q:

0M

dq q 2'dp p'dp' p2dF

2'c   =⋅⋅+⋅−⋅⋅=   (Eq. 11.85) 

da cui, si ricava la direzione tangente alla curva:

( )q 2 M' p2 p'dpdq 

2'

c⋅ ⋅⋅−=

 

(Eq. 11.86) 

e quindi la direzione normale alla curva:

( ) 2'c M p' p2

q 2

dq 

'dp

⋅−⋅⋅

=−   (Eq. 11.87) 

L’incremento di deformazione plastica totale ha due componenti: l’incremento di de-formazione volumetrica plastica – di cui abbiamo detto come calcolare il valore, e

 pdε pvdε

  11 – 36

 

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Capitolo 11 STATO CRITICO E MODELLO CAM-CLAY MODIFICATO

 

l’incremento di deformazione deviatorica plastica . Il rapporto fra la componente de-

viatorica e la componente volumetrica è la direzione del vettore incremento di deforma-zione plastica totale, ovvero la direzione normale alla curva di plasticizzazione, dunque:

 psdε

( )'

c

2 p

v

 pS

 p' p2M

q 2

d

d

dq 

'dp

−⋅

⋅=

ε

ε=−  

da cui

( ) pv'

c2

 ps d

 p' p2M

q 2d   ε⋅

−⋅⋅

=ε   (Eq. 11.88) 

La componente elastica dell’incremento di deformazione deviatorica può essere calcolatacon la teoria dell’elasticità:

G3

dq d e

s ⋅=ε   (Eq. 11.89) 

Per quanto già detto il valore di G da utilizzare è quello che corrisponde al valore mediodi p’ ed è dato dall’equazione:

)1(2

)21(v p3G 0

'm

ν+⋅κ⋅

ν⋅−⋅⋅⋅=   (Eq. 11.90) 

11 – 37

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

CAPITOLO 13

SPINTA DELLE TERRE 

La determinazione della spinta esercitata dal terreno contro un’opera di sostegno è un problema classico di ingegneria geotecnica che, ancora oggi, nonostante l’enorme am- pliamento delle conoscenze, viene affrontato utilizzando due teorie “storiche”, opportu-namente modificate e integrate alla luce del principio delle tensioni efficaci: la teoria diRankine (1857) e la teoria di Coulomb (1776). Entrambi i metodi assumono superfici discorrimento piane, ma per effetto dell’attrito fra la parete e il terreno, le reali superfici discorrimento sono in parte curvilinee, ed risultati che si ottengono applicando i metodiclassici, specie per le condizioni di spinta passiva (resistente) sono spesso non cautelativi.È pertanto opportuno riferirsi, almeno per il calcolo della spinta passiva, al metodo di Ca-quot e Kérisel (1948) che è il più noto e applicato metodo fra quelli che assumono super-

fici di scorrimento curvilinee.

13.1  Teoria di Rankine (1857)

Si consideri un generico puntoA alla profondità Z in un depo-sito di terreno incoerente (c’ =0), omogeneo e asciutto (o co-munque sopra falda), avente pe-so di volume γ  costante con la

 profondità, e delimitato supe-riormente da una superficie piana e orizzontale (Figura13.1).

Z

A

v0

v00h0

σ γ’ = Z

σ σ’ = K ’

 

Figura 13.1 – Tensioni geostatiche in un deposito di terrenoomogeneo, incoerente, delimitato da una superificie piana eorizzontale

Per ragioni di simmetria lo statotensionale (geostatico) è assial-simmetrico. La pressione inter-stiziale è zero (terreno asciutto),

 per cui le tensioni totali ed effi-caci coincidono.

 Nel punto A:-  la tensione verticale σ'v0 è staticamente determinata dalla condizione di equilibrio alla

traslazione in direzione verticale, e vale: σ'v0 = γZ;

-  la tensione orizzontale σ'h0 è eguale in tutte le direzioni, non è staticamente determina-ta, e vale: σ'h0 = K 0 σ'v0.

Il coefficiente di spinta a riposo, K 0, può essere misurato sperimentalmente o più spessostimato con formule empiriche1. 

13 – 1

 1

Per la stima del coefficiente di spinta a riposo, K 0, sono state proposte diverse equazioni empiriche, comegià visto nel Capitolo 3, le più note e utilizzate delle quali sono:

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Poiché di norma K 0  è minore di 1, la tensione verticale σ'v0  corrisponde alla tensione principale maggiore σ'1, mentre la tensione orizzontale σ'h0  corrisponde alla tensione principale minore σ'3. Per simmetria assiale la tensione principale intermedia σ'2 è egualealla tensione principale minore σ'3.

Sia la tensione verticale σ’v0 che la tensione orizzontale σ’h0 valgono zero in superficie(Z=0) e variano linearmente con la profondità Z, rispettivamente con gradiente γ  e congradiente K 0 γ.

Assumiamo che il terreno abbia resistenza al taglio definita dal criterio di rottura di Mohr-Coulomb:

'  tan'   φ⋅σ=τ (Eq. 13.1) 

13 – 2

 

In Figura 13.2 è rappresentato nel piano di Mohr il cerchio corrispon-dente allo stato tensionale geostatico

nel punto A e la retta inviluppo arottura.

Supponiamo ora di inserire, a sini-stra e a destra del punto A, due pare-ti verticali ideali, cioè tali da nonmodificare lo stato tensionale nelterreno (Figura 13.3). Alla generica

 profondità z, sui due lati di ciascuna parete, si esercita la tensione oriz-

zontale efficace σ'h0 = K 0 γ z.

Cerchio O

σ’

φ’

τ

σ’h0

σ’v0

Figura 13.2 – Stato tensionale geostatico nel punto A 

La spinta orizzontale S0 (risultante delle tensioni orizzontali efficaci) presente sui due latidi ciascuna parete, dal piano di campagna fino ad una generica profondità H, vale:

02

H

0

'0h0 K H

2

1dzS   ⋅⋅γ⋅=⋅σ= ∫   (Eq. 13.2) 

La profondità Z0 della retta di applicazione di S0, vale:

H3

2

S

dzz

Z0

H

0

'0h

0   ⋅=

⋅⋅σ

=∫

 

(Eq. 13.3) 

( )'sen1) NC(K 0   φ−≅ per terreni NC:

e per terreni OC: 5,000 OCR ) NC(K )OC(K    ⋅≅

Per avere un’idea anche quantitativa dei valori di K 0 si consideri che per φ’=30°, applicando le equazionisopra scritte si stima: per OCR = 1 (terreno normalmente consolidato) K 0 ≈ 0,50 per OCR = 2 (terreno debolmente sovraconsolidato) K 0 ≈ 0,71 per OCR = 4 (terreno mediamente sovraconsolidato) K 0 ≈ 1,00 per OCR = 10 (terreno fortemente sovraconsolidato) K 0 ≈ 1,58ovvero, in un terreno NC la tensione geostatica orizzontale σ’h0 è circa la metà di quella verticale, per OCR

= 4 lo stato tensionale geostatico è isotropo, mentre per OCR > 4 la tensione geostatica orizzontale σ’h0 di-viene tensione principale maggiore.

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

che corrisponde alla profondità del baricentro dell’area triangolare del diagramma di pres-sione orizzontale di altezza H e base K 0 γ H.

Supponiamo ora di allontanare gradualmente le due pareti (Figura 13.4). Nel punto A permangono condizioni di simmetria, per cui le tensioni verticale ed orizzontali sono an-

cora principali. La tensione verticale σ’v0 = γZ non varia, mentre la tensione orizzontaleefficace si riduce progressivamente.

H

S

K Hγ

A

h0σ’

h0

0

0

0

σ’Z = 2/3 H

K Hγ0

A

v0

ha

σ’

σ’

Figura 13.3 – Spinta a riposo  Figura 13.4 – Condizione di spinta attiva

Il cerchio di Mohr, rappresentativo dello stato tensionale in A, si modifica di conseguen-za: la tensione principale maggiore σ’1 = σ’v0 rimane costante, mentre la tensione princi-

 pale minore σ’3 si riduce progressivamente dal valore iniziale σ’h0 al valore minimo com- patibile con l’equilibrio, σ’ha, detta  tensione limite attiva, che corrisponde alla tensione principale minore del cerchio di Mohr tangente alla retta di inviluppo a rottura (Figura13.5).Il raggio del cerchio di Mohr dellostato di tensione limite attiva èR = ½ (σ’v0-σ’ha), ed il centro è aduna distanza dall’origine

Cerchio OCerchio A

σ’

φ’

π ϕ/4+ ’/2

τ

τ

σ’ha h0 σ’

v0

C

F

R   

O σ’

Figura 13.5 – Stato tensionale attivo (limite inferiore)

OC = ½ (σ’v0+σ’ha).

Considerando il triangolo rettangoloOFC (Figura 13.5), si ha:

( ) ( ) 'sen2

1

2

1

'senOCFCR 

'ha

'0v

'ha

'0v   φ⋅σ+σ⋅=σ−σ⋅

φ⋅== 

'0v

2'0v

'ha

'0v

'ha

2

'

4tan

'sen1

'sen1

)'sen1()'sen1(

σ⋅⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π=σ⋅

φ+φ−

φ−⋅σ=φ+⋅σ

 13 – 3

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Il rapporto:

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π=

φ+φ−

=2

'

4tan

'sen1

'sen1K  2

A   (Eq. 13.4) 

è detto coefficiente di spinta attiva.Dunque si può scrivere:

'voA

'ha K    σ⋅=σ   (Eq. 13.5) 

La tensione tangenziale critica, il cui valore τf  è l’ordinata del punto F di tangenza delcerchio di Mohr con la retta di inviluppo a rottura, agisce su un piano che forma un ango-

lo di ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π2

'

4 con la direzione orizzontale (Figura 13.5). In condizioni di rottura per rag-

giungimento dello stato di equilibrio limite inferiore (spinta attiva), il terreno inizia ascorrere lungo questi piani (Figura 13.6).

Z

A

A

v0

ha

σ’

τ 

σ’ σ’

π φ/4+ ’/2

π φ/4+ ’/2

 Figura 13.6 – Piani di scorrimento nella condizione di spinta attiva 

La spinta orizzontale SA  presente suilati interni di ciascuna parete ideale,dal piano di campagna fino ad una ge-nerica profondità H (Figura 13.7), va-le:

S

ha

A

σ’

A

K HγA

Z = 2/3 HA

H

Figura 13.7 – Diagramma delle tensioni efficaci o-rizzontali in condizione di spinta attiva 

A2

H

0

'hAA K H2

1dzS   ⋅⋅γ⋅=⋅σ= ∫

 

(Eq.13.6) 

Poiché anche in questo caso il dia-gramma di pressione orizzontale ètriangolare, la profondità ZA della rettadi applicazione di SA vale:

0A ZH3

2Z   =⋅=   (Eq. 13.7)

13 – 4

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Se si suppone ora di avvicinare le due pareti verticali ideali, alla destra ed alla sinistra del punto A, la tensione verticale efficace non subisce variazioni mentre quella orizzontale progressivamente cresce fino al valore massimo compatibile con il criterio di rottura diMohr-Coulomb (Figura 13.8).

In tali condizioni la tensione verticaleefficace, corrisponde alla tensione principale minore, σ’v0 = σ’3, e quellaorizzontale, detta  tensione limite pas-

 siva, σ’hp, alla tensione principale mag-giore, σ’hp = σ’1 (Figura 13.9).

A

v0

hp

σ’

σ’

Figura 13.8 – Condizione di spinta passiva 

Procedendo in modo analogo a quantogià fatto per la condizione di spinta at-tiva, si ottiene:

'

0v

2'

0v

'

hp 2

'

4tan'sen1

'sen1

σ⋅⎟ ⎠

 ⎞

⎜⎝ 

⎛    φ

+

π

=σ⋅φ−

φ+

=σ  

(Eq. 13.8)

Il rapporto:

A

2P K 

1

2

'

4tan

'sen1

'sen1K    =⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π=

φ−φ+

=  

(Eq. 13.9)

è detto coefficiente di spinta passiva.

Cerchio O

Cerchio P

φ’π φ/4- ’/2τ

τ

σ’

C

F

R   

Oσ’

hpσ’

v0Cσ’

h0

Figura 13.9 – Stato tensionale passivo (limite superio-re)

Le tensioni tangenziali critiche agi-scono su piani che formano un ango-

lo di ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π2

'

4 con la direzione oriz-

zontale (Figura 13.9). In condizionidi rottura per raggiungimento dellostato di equilibrio limite superiore(spinta passiva), il terreno inizia ascorrere lungo questi piani (Figura13.10).

La spinta orizzontale SP  presente sui lati interni di ciascuna parete ideale dal piano dicampagna fino ad una generica profondità H (Figura 13.11), vale:

P2

H

0

'hPP K H

2

1dZS   ⋅⋅γ⋅=⋅σ= ∫   (Eq. 13.10) 

Poiché anche in questo caso il diagramma di pressione orizzontale è triangolare la pro-fondità ZP della retta di applicazione di SP, vale:

0P ZH3

2Z   =⋅=   (Eq. 13.11) 

13 – 5

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

I coefficienti di spinta attiva, K A, e passiva, K P, rappresentano i valori limite, rispettiva-mente inferiore e superiore, del rapporto tra le tensioni efficaci orizzontale e verticale:

P'0v

'h

A K K    ≤σ

σ≤

  (Eq. 13.12) 

In particolare il valore del coefficiente di spinta a riposo, K 0, è compreso tra il valore diK A e quello di K P.2

 

Z

A

A

v0

hp

  f

f    

σ’

  τ 

σ’

σ    ’    

π φ/4 - ’/2

π φ/4 - ’/2

Figura 13.10 – Piani di scorrimento nella condizione di spinta passiva 

S

hp

P

σ’

A

K HγP

Z = 2/3 HP

H

Figura 13.11 – Diagramma delle tensioni efficaci orizzontali in condizione di spinta passiva 

2 Utilizzando per la stima di K 0 le equazioni empiriche viste in precedenza si può constatare che i valori diK 0 sono molto più prossimi al limite inferiore K A che al limite superiore K P.A titolo di esempio per φ’ = 30° si stima: K A = 0,333; K 0 = 0,5; K P = 3

13 – 6 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

13.1.1  Osservazioni sperimentali sull’effetto del movimento della parete sul diagrammadi pressione orizzontale

La distribuzione delle pressioni orizzon-tali dipende dal movimento della parete.

In Figura 13.12 sono qualitativamentemostrati i diagrammi di pressione oriz-zontale contro una parete rigida in fun-zione del movimento della parete. Inol-tre, è stato sperimentalmente osservato(Tabella 13.1 e Figura 13.13) che le de-formazioni di espansione necessarie perfar decadere la pressione orizzontale dalvalore σ’h0, che corrisponde allo statoindeformato, al valore limite inferiore

σ’ha, sono piccole, e comunque moltoinferiori alle deformazioni di compres-sione necessarie per far elevare la pres-sione orizzontale dal valore σ’h0, al va-lore limite superiore σ’hp. Pertanto è

 buona norma riferirsi all’angolo di resi-stenza al taglio di picco per il calcolodella spinta attiva, ed all’angolo di resi-stenza al taglio a volume costante (ovve-ro per grandi deformazioni) per il calco-lo della spinta passiva.

13 – 7

 

13.1.2  Effetto dell’inclinazione dellasuperficie del deposito

Pressione orizzontale

Rotazione rispetto alla testa

AttivaPassiva

K  K  p a K 0

Pressione orizzontale

Rotazione rispetto al piede

AttivaPassiva

K  K  p a K 0

Pressione orizzontale

Traslazione uniforme

AttivaPassiva

K  K  p a K 0

Figura 13.12 – Diagrammi di pressione orizzonta-le contro una parete rigida. Dipendenza dai mo-

vimenti della parete

Se il deposito di terreno incoerente (c’ =0), omogeneo e asciutto, avente peso divolume γ  costante con la profondità, èdelimitato superiormente da una superfi-cie piana, inclinata di un angolo β < φ’rispetto all’orizzontale, le tensioni prin-

cipali non corrispondono più alle tensio-ni verticale ed orizzontali.

Si consideri un concio di terreno di lar-ghezza b e altezza Z, delimitato inferiormente da una superficie parallela al piano campa-gna e lateralmente da due superfici ideali verticali (Figura 13.14). Per ragioni di simme-tria, le risultanti delle tensioni che agiscono sulle due superfici laterali sono due forze S,eguali ed opposte, aventi la stessa retta d’azione inclinata dell’angolo β sull’orizzontale.

Consideriamo l’equilibrio del concio:

-  le forze S si elidono l’una con l’altra e non intervengono nelle equazioni di equilibrio;

-  il concio ha peso W = γ Z b; la forza W è verticale;

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

-  la base del concio ha lunghezza l = b/cosβ;

-  la risultante delle tensioni normali alla base del concio vale: N = W cosβ ;

-  la risultante delle tensioni tangenziali alla base del concio vale: T = W sen β;

-  la tensione normale alla base del concio vale: σ’n =N/l = γ Z cos2

 β;-  la tensione tangenziale alla base del concio vale: τ =T/l = γ Z sen β cos β.

Tabella 13.1: Entità delle rotazioni della parete per raggiungere la rottura (con riferimento aisimboli di Figura 13.13)

 Rotazione Y / HTerreno

 Decompressione

(Stato attivo)

Compressione

(Stato passivo)

Incoerente denso 0,001 0,020Incoerente sciolto 0,004 0,060

Coesivo consistente 0,010 0,020

Coesivo molle 0,020 0,040

 Nel piano di Mohr il punto Q di coordi-nate σ’n  – τ  rappresenta la tensione a-gente sul piano di base del concio, alla

 profondità Z inclinato dell’angolo β  ri-spetto all’orizzontale. Il punto Q appar-tiene ad una retta di equazione τ  = σ’tan β (Figura 13.15).

Rotazione del muro, Y/H

Stato passivo

Sabbia densa

Sabbia densa

   R  a  p  p  o  r   t  o   t  r  a  p  r  e  s  s   i  o  n  e  o  r   i  z  z  o  n   t  a   l  e

  e  v  e  r   t   i  c  a   l  e ,

   K

Stato attivo

Sabbia sciolta

Sabbia sciolta

Sabbia compatta

0

a

 p

Figura 13.13 – Effetti del movimento della parete

sulla pressione orizzontale esercitata da sabbia

Il segmento OQ = γZ cos β  = σ’v0  rap- presenta la tensione verticale sul pianoalla base del concio.

Tutti i cerchi di Mohr passanti per il punto Q e sottostanti alla retta di invi-luppo a rottura di equazione τ = σ’ tanφ’

rappresentano stati di tensione alla pro-fondità Z compatibili con l’equilibrio.

Lo stato di tensione limite inferiore (attivo) e lo stato di tensione limite superiore (passi-vo) alla profondità Z sono rappresentati dai cerchi A e P di Figura 13.16.

I segmenti OA e OP (essendo A e P il polo dei relativi cerchi) sono rispettivamente il va-lore minimo, in condizioni di spinta attiva, ed il valore massimo, in condizioni di spinta

 passiva, della tensione, inclinata dell’angolo β  sull’orizzontale, agente sulla superficieverticale alla profondità Z (il piano verticale non è principale, su di esso insistono unatensione normale ed una tensione tangenziale).

13 – 8

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

l

β

Z

WS

S

T

 N

 

φ’

β

τ

σ’O

Q

σ γ β’ = Z cosn

2

τ = γ β βZ sen cos

Figura 13.14 – Condizione di equilibrio inun semispazio omogeneo, incoerente e a-sciutto delimitato da una superficie piana e

inclinata

Figura 13.15 – Stato di tensione sul piano alla basedel concio

φ’

β

τ

σ’O

Q

A

E

B

P

Cerchio P

Cerchio A

C  Figura 13.16 – Stati di tensione limite in un deposito di terreno incoerente in pendio

Le spinte attiva, SA, e passiva, SP, sono le forze limite di equilibrio agenti su una pareteverticale e inclinate dell’angolo β rispetto all’orizzontale, corrispondenti alle rispettive a-ree dei diagrammi di pressione.

Si consideri il cerchio A:

β⋅=

β⋅⋅γ⋅⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ +−

+=+=β⋅⋅γ=

−==σ

cosOCOB

cosZABOB

ABOB

ABOBBQOBcosZOQ

ABOBOA

'a

'

a

( ) ( ) 222222 sen'senOCsenOC'senOCBCACAB

senOCBC

'senOCR ECAC

β−φ⋅=β⋅−φ⋅=−=

β⋅=

φ⋅===

 

13 – 9

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

β⋅⋅γ⋅

 ⎠

 ⎞

⎝ 

⎛ 

φ−β+β

φ−β−β=

=β⋅⋅γ⋅⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜

⎝ 

⎛ 

β+−φ−+β

β+−φ−−β=β⋅⋅γ⋅

⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜

⎝ 

⎛ 

β−φ⋅+β⋅

β−φ⋅−β⋅=σ

cosZ

'coscoscos

'coscoscos

cosZcos1'cos1cos

cos1'cos1coscosZ

sen'senOCcosOC

sen'senOCcosOC

22

22

22

22

22

22'a

 

Da cui:

0vA'a 'K    σ⋅=σ   (Eq. 13.13) 

essendo: 

⎟⎟⎟

 ⎠

 ⎞

⎜⎜⎜

⎝ 

⎛ 

φ−β+β

φ−β−β=

22

22

A

'coscoscos

'coscoscosK   

La spinta attiva, dal piano di campagna fino alla profondità Z, è data da: 

(Eq. 13.14) 

A

2

A K 2

ZcosS   ⋅⋅β⋅γ=   (Eq. 13.15)

 

Analogamente, considerando il cerchio P, si ottiene:

0vP' p 'K    σ⋅=σ  

essendo: (Eq. 13.16) 

⎟⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎜

⎝ 

⎛ 

φ−β−β

φ−β+β=22

22

P'coscoscos

'coscoscosK   

La spinta passiva dal piano di campagna fino alla profondità Z risulta: 

(Eq. 13.17) 

P

2

P K 2

ZcosS   ⋅⋅β⋅γ=   (Eq. 13.18)

Per la condizione di spinta a riposo, staticamente indeterminata, si assume in genere:

)sen1()'sen1()sen1(K K  0i,0   β+⋅φ−=β+⋅=   (Eq. 13.19) 

13 – 10

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

13.1.3  Effetto della coesione

O

c’

φ’

τ

σ’C

F

σ’ σ’3 1

c’tan ’ϕ

σ σ’ + ’1 3

2

Figura 13.17 – Stato tensionale di equilibrio limite per unterreno dotato di coesione e di attrito

Se il deposito di terreno asciutto,omogeneo e delimitato da unasuperficie orizzontale è dotato

anche di coesione oltre che di at-trito, ovvero ha resistenza al ta-glio definita dal criterio di rotturadi Mohr-Coulomb:

'tan''c   φ⋅σ+=τ   (Eq. 13.20) 

Le relazioni che legano le tensio-ni principali per uno stato tensio-nale di equilibrio limite sono le

seguenti (Figura 13.17):

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π⋅⋅+⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π⋅σ=σ

2

'

4tan'c2

2

'

4tan 2'

3'1   (Eq. 13.21) 

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π⋅⋅−⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π⋅σ=σ

2

'

4tan'c2

2

'

4tan 2'

1'3   (Eq. 13.22) 

Pertanto, in condizioni di spinta attiva, quando la tensione orizzontale corrisponde allatensione principale minore e la tensione verticale a quella maggiore, si ha:

AA2'

a,h K 'c2K Z2

'

4tan'c2

2

'

4tanZ   ⋅⋅−⋅⋅γ=⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π⋅⋅−⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π⋅⋅γ=σ   (Eq. 13.23) 

Poiché il terreno non ha resistenza a trazione, l’equazione soprascritta è valida per Z > Zc,essendo Zc la profondità critica per la quale risulta σ’ha = 0:

A

cK 

'c2Z

⋅γ

⋅=   (Eq. 13.24) 

mentre per Z < Zc si assume σ’h = 0.

Per il calcolo della spinta attiva e della profondità di applicazione si fa riferimento al dia-gramma di Figura 13.183. 

In condizioni di spinta passiva, quando la tensione orizzontale corrisponde alla tensione principale maggiore e la tensione verticale a quella minore, si ha:

PP2'

 p,h K 'c2K Z2

'

4tan'c2

2

'

4tanZ   ⋅⋅+⋅⋅γ=⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π⋅⋅+⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π⋅⋅γ=σ   (Eq. 13.25) 

Per il calcolo della spinta passiva e della profondità di applicazione si fa riferimento aldiagramma di Figura 13.19:

13 – 11

 3 Nella fascia di spessore Zc il terreno sarà interessato da fessure verticali di trazione che possono riempirsi

di acqua, ad esempio per la pioggia. Si tiene conto di tale possibilità considerando, per il calcolo della spin-ta, anche un triangolo di pressione idrostatica di altezza Zc e base γw Zc.

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

P2

P2,P1,PP K Z2

1ZK 'c2SS)Z(S   ⋅⋅γ⋅+⋅⋅⋅=+=   (Eq. 13.26) 

⋅⋅+⋅

= )Z(S

Z

3

2S

2

ZS

)S(ZP

2,P1,P

P   (Eq. 13.27)

 

Z

2c’

γ K 

2 c’ K   

σ’ (Z)

Z =

S’

S

A

W

ha

C

Ca

a

2/3 (Z - Z )

γ Ζcw

 

Z

2 c’ K   

σ’ (Z)

S’P,1

P,2

hp

 p

2/3 Z

Z/2

S’

Figura 13.18 – Diagramma di spinta attiva in

un terreno dotato di coesione e attrito

Figura 13.19 – Diagramma di spinta passiva in

un terreno dotato di coesione e attrito

 Nel caso in cui, in presenza di unterreno coesivo, si faccia riferi-mento a condizioni non drenate (come quelle che possono verifi-carsi immediatamente dopo l’ese-cuzione di uno scavo o la costru-zione di un’opera di sostegno), perdeterminare la spinta attiva e pas-

siva bisogna applicare il criterio dirottura di Mohr-Coulomb (Eq.13.20) in termini di tensioni totali(ϕ = 0, c = cu) e le tensioni limiteattiva e passiva diventano rispetti-vamente (Figura 13.20):

τ

σσ’f  σ σ σ

ϕ = 0

cu

h,a v0 h,p

 Figura 13.20 – Stati pensionali limite attivo e passivo

 per un terreno coesivo in condizioni non drenate

u0vha c2−σ=σ  (Eq. 13.28) 

u0vhp c2+σ=σ   (Eq. 13.29) 

13 – 12

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

13.1.4  Terreni stratificati

Se il deposito di terreno è costituito da strati orizzontali omogenei, la spinta totale eserci-tata sulla parete verticale è la somma dei contribuiti di ciascuno strato. Il generico strato i-esimo, di spessore Hi, fra le profondità Zi-1 e Zi, costituto da un terreno avente peso di vo-

lume γi  e resistenza al taglio: , eserciterà contro la parete verticale idealeuna spinta S

'i

'i tan'c   φ⋅σ+=τ

i pari all’area del diagramma delle pressioni orizzontali nel tratto di sua com- petenza, applicata alla quota del baricentro di tale area (Figura 13.21).

H1 1

H 2

Hi

2

i

i-1

i+1

σ’ha

Z

S’A,i

σ’ (Z )ha i-1

σ’ (Z )ha i

σ’hp

Z

S’P,,i

σ’ (Z )hp i-1

σ’ (Z )hp i

Figura 13.21 – Spinta attiva e passiva in un terreno a strati orizzontali omogenei

La tensione verticale agente al tetto dello strato i-esimo, alla profondità Zi-1, vale:

∑−

=−   ⋅γ=σ

1i

1 j j j1i

'0v H)Z(   (Eq. 13.30)

La tensione verticale agente alla base dello strato i-esimo, alla profondità Zi, vale:

ii1i'

0vi'

0v H)Z()Z(   ⋅γ+σ=σ   −   (Eq. 13.31)

Il diagramma delle pressioni orizzontali in condizioni di spinta attiva è un trapezio avente:

altezza Hi,

 base minore 0K c2K )Z()Z( i,A'ii,A1i

'0v1i

'ha   ≥⋅⋅−⋅σ=σ   −− ,

e base maggiore 0K c2K )Z()Z( i,A'ii,Ai

'0vi

'ha   ≥⋅⋅−⋅σ=σ  

Poiché il terreno non ha resistenza a trazione:

-  se i valori di σ’ha(Zi-1) e di σ’ha(Zi), calcolati con le formule precedenti, risultano en-trambi minori di zero lo strato non esercita alcuna spinta,

13 – 13

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

-  se il valore di σ’ha(Zi-1), calcolato con la formula precedente, risulta minore di zero peril calcolo della spinta si considera il diagramma di pressione positiva triangolare4 (ov-vero si assume σ’ha(Zi-1) = 0).

Il diagramma delle pressioni orizzontali in condizioni di spinta passiva è un trapezio a-

vente:altezza Hi,

 base minore i,P'ii,P1i

'0v1i

'hp K c2K )Z()Z(   ⋅⋅+⋅σ=σ   −− ,

e base maggiore i,P'ii,Pi

'0vi

'hp K c2K )Z()Z(   ⋅⋅+⋅σ=σ  

13.2  Teoria di Coulomb (1776)

Molto prima di Rankine, il problema della determinazione della spinta esercitata dal ter-reno su un’opera di sostegno era stato affrontato dall’ingegnere militare francese Cou-lomb con un metodo basato sull’equilibrio delle forze in gioco.

Si consideri una parete di altezza H che sostenga un terrapieno di sabbia omogenea e a-sciutta.

Per semplicità di esposizione assumiamo, per il momento, le seguenti ipotesi:

1.  assenza di attrito tra parete e terreno,

2.   parete del muro verticale,

3.  superficie del terrapieno orizzontale,

4.  terreno omogeneo, incoerente e asciutto, con peso di volume γ e resistenza al taglio:

τ = σ’ tanφ’

5.  superficie di scorrimento piana.

Per determinare il valore della spinta attiva, PA, limite inferiore dell’equilibrio, suppo-niamo di traslare gradualmente la parete verso l’esterno fino a produrre la rottura del ter-reno. La rottura si manifesta, nell’ipotesi di Coulomb, con il distacco di un cuneo di terre-no ABC che scorre verso l’esterno e verso il basso su una superficie di rottura piana e in-clinata di un angolo η sull’orizzontale, incognito (Figura 13.22). Il cuneo ABC trasla nel-la posizione A’B’C’.

In condizioni di equilibrio limite le forze che agiscono sul cuneo, rappresentate nel poli-gono delle forze di Figura 13.23, sono:

-  il peso proprio η⋅⋅γ⋅= cotH2

1W 2 , che agisce in direzione verticale,

-  la risultante R delle tensioni normali e tangenziali sulla superficie di scorrimento, che èinclinata di un angolo φ’ rispetto alla normale alla superficie AC, con componente tan-gente diretta verso l’alto, ovvero tale da opporsi al movimento incipiente del cuneo,

13 – 14

4

 In entrambi i casi, nelle zone non compresse in direzione orizzontale si dovrà tenere conto della spinta e-sercitata dall’acqua di percolazione.

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-  e la spinta attiva PA, che agisce in direzione orizzontale per l’ipotesi di assenza di attri-to tra parete e terreno.

H

H

η

φ’

W

A

A’

B’

B

AP

tan ηC

C’

η−φ’W

AP

 

Figura 13.22 – Cuneo di spinta attiva di Coulomb Figura 13.23 – Poligono delle forzerelativo al cuneo di spinta attiva diCoulomb

Per l’equilibrio è:

( ) )(f 'tancotH2

1)'tan(WP 2

A   η=φ−η⋅η⋅⋅γ⋅=φ−η⋅=   (Eq. 13.32)

Per determinare il valore di η che corrisponde alla condizione di equilibrio limite attivo,

ηcrit, e quindi PA, occorre fare la ricerca di massimo5

 della funzione f(η), che può esserecondotta per via grafica o numerica, imponendo la condizione: 0

PA =η∂

∂.

Così facendo si ricava il valore critico dell’angolo η, che risulta:

2

'

4crit

φ+

π=η   (Eq. 13.33)

Sostituendo il valore critico di η nell’equazione di PA si ottiene infine:

A222

A K H2

1

2

'

4tanH

2

1P   ⋅⋅γ⋅=⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π⋅⋅γ⋅=   (Eq. 13.34)

L’espressione trovata coincide con quella di Rankine.

Analogamente, per determinare il valore della spinta passiva, PP, limite superioredell’equilibrio, supponiamo di traslare gradualmente la parete verso l’interno fino a pro-durre la rottura del terreno. La rottura si manifesta, nell’ipotesi di Coulomb, con il distac-

 

13 – 15

5 Si tratta di una ricerca di massimo (e non di minimo) della funzione f(η), poiché si ricerca il valore di η corrispondente al cuneo critico, ovvero al cuneo che richiede il valore più alto di PA per l’equilibrio limiteinferiore. Se si immagina, partendo ad esempio dalla condizione a riposo, di ridurre progressivamente la

forza P, quando si perviene al valore PA si manifesta la rottura con la formazione del cuneo inclinatodell’angolo ηcrit sull’orizzontale.

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

co di un cuneo di terreno ABC che scorre verso l’interno e verso l’alto su una superficiedi rottura piana e inclinata di un angolo η  sull’orizzontale, incognito (Figura 13.24). Ilcuneo ABC trasla nella posizione A’B’C’.

In condizioni di equilibrio limite le forze che agiscono sul cuneo, rappresentate nel poli-

gono delle forze di Figura 13.25, sono:

H

H

ηφ’

W

AA’

B’

B

PP

tan η

C

C’

 

η+φ’

W

PP 

Figura 13.24– Cuneo di spinta passiva Coulomb Figura 13.25– Poligono delle forzerelativo al cuneo di spinta passiva diCoulomb

-  il peso proprio η⋅⋅γ⋅= cotH2

1W 2 , che agisce in direzione verticale,

-  la risultante R delle tensioni normali e tangenziali sulla superficie di scorrimento, che

è inclinata di un angolo φ’ rispetto alla normale alla superficie AC, con componentetangente diretta verso il basso, ovvero tale da opporsi al movimento incipiente del cu-neo,

-  e la spinta attiva PP, che agisce in direzione orizzontale per l’ipotesi di assenza di attri-to tra parete e terreno.

Per l’equilibrio è:

( ) )(f 'tancotH2

1)'tan(WP 2

P   η=φ+η⋅η⋅⋅γ⋅=φ+η⋅=   (Eq. 13.35)

Per determinare il valore di η che corrisponde alla condizione di equilibrio limite passivo,ηcrit, e quindi P p, occorre fare la ricerca di minimo della funzione f(η), che può essere

condotta per via grafica o numerica, imponendo la condizione: 0PP =η∂

∂.

Così facendo si ricava il valore critico dell’angolo η, che risulta:

2

'

4crit

φ−

π=η   (Eq. 13.36)

Sostituendo il valore critico di η nell’equazione di PP si ottiene infine:

13 – 16

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

P222

P K H2

1

2

'

4tanH

2

1P   ⋅⋅γ⋅=⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ+

π⋅⋅γ⋅=   (Eq. 13.37)

L’espressione trovata coincide con quella di Rankine.

H

η

β

λ

δ φ’

W

R A  P

Figura 13.26 – Cuneo di spinta attiva di Coulomb (terra- pieno e parete inclinati,presenza di attrito tra terreno emuro, terreno incoerente)

Le ipotesi semplificative inizial-mente introdotte, eccetto l’ipotesidi superficie di scorrimento piana,

 possono essere rimosse, a costo diuna soluzione analitica più com-

 plessa o a costo di rinunciare allasoluzione analitica per una solu-zione grafica o numerica.

Si considerino, ad esempio gli

schemi delle Figure 13.26 e 13.27,che rappresentano i cunei di spintaattiva e passiva nelle seguenti ipo-tesi:

-   parete di altezza H inclinata diun angolo λ sulla verticale,

-  terrapieno omogeneo e incoerente delimitato da una superficie inclinata di un angoloβ sull’orizzontale,

-   presenza di attrito tra parete e terreno, con coefficiente d’attrito tanδ,

-  superficie di scorrimento piana.

H

η

β

λ

δ

φ’

W

P P 

Figura 13.27 – Cuneo di spinta passiva di Coulomb (terrapieno e parete inclinati, presenza di at-trito tra terreno e muro, terreno incoerente)

Sviluppando il calcolo analitico, con riferimento ai simboli delle figure, si ottiene

-   per la condizione di spinta attiva:

13 – 17

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

A2

A K H2

1P   ⋅⋅γ⋅=   (Eq. 13.38)

 

( )

( )  ( ) ( )

( ) ( )

22

2

A

coscos

'sen'sen1coscos

'cos

K ⎥⎦

⎤⎢⎣

β−λ⋅δ+λβ−φ⋅φ+δ

+⋅δ+λ⋅λ

λ−φ

=   (Eq. 13.39)

 

- e per la condizione di spinta passiva:

P2

P K H2

1P   ⋅⋅γ⋅=   (Eq. 13.40)

( )

( )   ( ) ( )( ) ( )

2

2

2

P

coscos'sen'sen1coscos

'cosK 

⎥⎦⎤⎢

⎣⎡

β−λ⋅δ−λβ+φ⋅φ+δ−⋅δ−λ⋅λ

λ+φ=  

(Eq. 13.41)

In Figura 13.28 è schematicamente rappresentato il caso per la condizione di spinta attivanell’ipotesi, ancor più generale, di :

-   parete non verticale,

-  terreno dotato di coesione e di attrito (τ = c’ + σ’ tanφ’),

-  superficie del terrapieno inclinata,

-  resistenza per adesione ed attrito all’interfaccia parete-terreno (τ = ca + σ’ tanδ),

-  fessure di trazione nella fascia superiore di terreno (per la condizione di spinta atti-va)6. 

La soluzione può essere ricercata per via grafica, con la costruzione di Culmann rappre-sentata in Figura 13.29, o numerica.

Per lo spessore della zona di trazione si assume:

La teoria di Coulomb è più versatile della teoria di Rankine, poiché permette di risolverecondizioni geometriche e di carico generali ed è alla base del più diffuso metodo pseudo-statico di calcolo della spinta in condizioni sismiche.

A

a

cK 

'c

c1'c2

Z ⋅γ

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ +⋅⋅

=  (Eq. 13.42)

 

13 – 18

6

 Come già detto, nelle fessure di trazione può infiltrarsi acqua di percolazione, per cui è opportuno conside-rare anche la conseguente spinta idrostatica aggiuntiva.

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

W

A

F

E

B

C’ = c’ BC

A a

D

 C a

Zc

  C   ’

δA  P

η

φ’

β

C = c BC  

W

 C a

  C   ’

A  P

 Figura 13.28 – Cuneo di spinta attiva di Coulomb (terrapieno e parete inclinati,presenza di attri-to tra terreno e muro, terreno coesivo)e poligono delle forze

Z

Linea di Culmann

Poligono delle forze(su una sezione)

c

 C

 C

 a

  C   ’

  C   ’

φ’

Diagramma delle forze

 Figura 13.29 – Costruzione di Culmann

13.3  Teoria di Caquot e Kérisel

Sia la teoria di Rankine che quella di Coulomb ipotizzano superfici di scorrimento piane.Tale ipotesi non è verificata a causa dell’interazione fra la parete dell’opera di sostegnoed il terreno. In Figura 13.30 sono mostrati gli effetti dell’attrito parete-terreno sulla for-ma della superficie di scorrimento, per i casi di:

a)  spinta passiva, con movimento del cuneo di terreno verso l’interno e verso l’alto ri-spetto al movimento del muro (δ < 0).

 b)  spinta attiva, con movimento del cuneo di terreno verso l’esterno e verso il basso ri-spetto al movimento del muro (δ > 0);

I casi a) e b) possono essere confrontati con le soluzioni di Coulomb per la spinta attiva e

 passiva.13 – 19

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

H

A

a)

B

C

DH/3

A’ π φ/4 - ’/2

π φ/2+ ’

δP 

π φ/4 + ’/2

π φ/2 - ’

δ

H

H/3

A  P

B

D

A CA’

 b)

Figura 13.30 – Effetto dell’attrito parete-terreno sulla forma della superficie di scorrimento, nelcaso di spinta passiva (a) e attiva (b)

La soluzione fu ottenuta per via nume-

rica da Caquot e Kérisel (1948) accop- piando le teorie di Rankine e di Bous-sinesq, ed è riportata in grafici e tabellein termini di coefficienti di spinta alvariare degli angoli di resistenza al ta-glio φ’, di attrito parete-terreno δ, diinclinazione della parete rispetto allaverticale λ, e di inclinazione del pianoche delimita il terrapieno rispettoall’orizzontale β, con la convenzionesui segni indicata in Figura 13.31.

+λ +δ

 Figura 13.31 – Convenzione sui segni delle variabi-li angolari nelle Tabelle di Caquot and Kérisel

13.3.1  Dipendenza di K  A e K P dall’angolo δ  

Il valore di δ non può superare il valore di φ’, poiché in tal caso si formerebbe una pelli-cola di terreno solidale alla parete e lo scorrimento avverrebbe internamente al terrenocon coefficiente di attrito tanφ’. I coefficienti di spinta K A e K P crescono con continuità daδ = +φ’ a δ = -φ’. Il segno di δ dipende, come abbiamo detto, dal movimento verticale re-lativo fra la parete e il terreno. In generale:

-  in condizioni di spinta attiva, il terreno si abbassa rispetto alla parete e δ risulta com-

 preso tra +φ’ e 0,-  in condizioni di spinta passiva, il terreno sale rispetto alla parete e δ risulta compreso

tra 0 e -φ’.

In genere, ma in modo più o meno arbitrario, si assume δ = φ’/4 per pareti in muratura oin cemento armato intonacate, e δ compreso tra 2/3φ’ e φ’/2 per pareti in muratura o incemento armato non lisciate.

A titolo di esempio in Tabella 13.2 sono riportati i valori di K A e di K P al variare di δ perφ’=30°, β = 0° e λ = 0°. Si può osservare che in condizioni di spinta attiva il coefficienteK A  varia poco, ovvero è poco influenzato dalla rugosità della parete. In condizioni di

spinta passiva invece la dipendenza del coefficiente K P da δ è molto sensibile.13 – 20

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Tabella 13.2 - Soluzione di Caquot e Kérisel: Coefficienti di spinta K  A e K P al variare di δ  perφ ’=30°, β  = 0° e λ  = 0°

|δ| 30° 20° 10° 0°

K  A 0,31 0,30 0,30 0,33K P 6,56 5,25 4,02 3,00

13.3.2  Dipendenza di K  A e K P dall’angolo β  

Il valore dei coefficienti di spinta sia attiva che passiva cresce con β, poiché aumenta ilvolume di terreno coinvolto nella rottura. A titolo di esempio in Tabella 13.3 sono riporta-ti i valori di K A e di K P al variare di β per φ’ = 30°, λ = 0°, δ = φ’ in condizioni di spintaattiva e δ = -φ’ in condizioni di spinta passiva. Si osservi che il caso β = +φ’ = 30° in con-dizioni di spinta attiva (δ = φ’) corrisponde al caso particolare dell’equilibrio limite infe-

riore di Rankine, poiché la spinta PA risulta parallela alla superficie libera e, analogamen-te, in condizioni di spinta passiva (δ = -φ’) corrisponde al caso particolare dell’equilibriolimite superiore di Rankine.

Tabella 13.3 - Soluzione di Caquot e Kérisel: Coefficienti di spinta K  A e K P al variare di  β  perφ ’=30°, λ  = 0°, δ  = +φ ’ in condizioni di spinta attiva e δ  = -φ ’ in condizioni di spinta passiva.

 β -30° -18° 0° +18° +30°

K  A 0,232 0,257 0,308 0,409 0,866

K P 0,84 2,85 6,56 11,8 16,1

13.3.3  Dipendenza di K  A e K P dall’angolo λ  

13 – 21

In condizioni di spinta attiva, il coefficiente K A  si riduce fino ad annullarsi quando

l’angolo λ decresce gradualmente dal valore ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    φ−

π=λ

2

'

4, corrispondente all’inclinazione

dei piani di scorrimento di Rankine, al valore ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛  φ−π

−=λ '2

, che corrisponde all’angolo di

naturale declivio.

In condizioni di spinta passiva, il coefficiente K P  cresce molto rapidamente quando

l’angolo λ diminuisce dal valore ⎟ ⎠ ⎞⎜

⎝ ⎛    φ+π=λ

2'

4, corrispondente all’inclinazione dei piani di

scorrimento di Rankine, al valore2

π−=λ , che corrisponde ad una fondazione superficia-

le. A titolo di esempio, in Tabella 13.4 sono riportati i valori dei coefficienti di spinta K A e K P al variare di λ per β = 0°, φ’ = 30°, δ = + φ’ in condizioni di spinta attiva e δ = - φ’ incondizioni di spinta passiva.

In Tabella 13.5 sono riportati i valori dei coefficienti di spinta K A (prima riga) e K P (se-conda riga) al variare dell’angolo di resistenza al taglio φ' e del rapporto δ/φ’ per terrapie-no orizzontale (β = 0°) e parete verticale (λ = 0°). Come già detto, nella maggior parte deicasi pratici, si assume che il rapporto δ/φ’ sia positivo in condizioni di spinta attiva e ne-

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

gativo in condizioni di spinta passiva. Si osserva che al crescere dell’angolo di resistenzaal taglio φ’ il coefficiente di spinta attiva K A decresce lentamente, mentre il coefficiente dispinta passiva cresce molto rapidamente.

Tabella 13.4 - Soluzione di Caquot e Kérisel: coefficienti di spinta K  A e K P al variare di λ  perφ ’=30°, β  = 0°, δ  = +φ ’ in condizioni di spinta attiva e δ  = -φ ’ in condizioni di spinta passiva.

λ 60° 45° 30° 15° 0° -15° -30° -45° -60° -90°

K  A - - 0,5 0,412 0,308 0,203 0,109 0,039 0 -

K P 0,8 1,65 2,80 4,4 6,56 9,5 13,6 19,2 27 52

13.3.4  Dipendenza di K  A e K P dall’angolo φ ’ e dal rapporto δ/φ ’

Tabella 13.5 - Soluzione di Caquot e Kérisel: Coefficienti di spinta K  A (prima riga) e K P (secondariga) al variare dell’angolo di resistenza al taglio φ ' e del rapporto |δ φ ’|  per terrapieno orizzon-tale ( β  = 0°) e parete verticale (λ  = 0°)

 / 

φ ’ 5° 10° 15° 20° 25° 30° 35° 40° 45° 50°

0,81 0,65 0,53 0,44 0,37 0,31 0,26 0,22 0,19 0,161

' =

φδ

 1,26 1,66 2,20 3,04 4,26 6,56 10,7 18,2 35,0 75,0

0,81 0,66 0,54 0,44 0,36 0,30 0,25 0,20 0,16 0,13

3

2

' =

φδ

 1,24 1,59 2,06 2,72 3,61 5,25 8,00 12,8 21,0 41,0

0,82 0,67 0,56 0,45 0,37 0,30 0,25 0,20 0,16 0,13

3

1

'  =φδ

  1,22 1,52 1,89 2,38 3,03 4,02 5,55 8,10 12,0 19,0

0,84 0,70 0,59 0,49 0,41 0,33 0,27 0,22 0,17 0,130

' =

φδ

 1,19 1,42 1,70 2,04 2,46 3,00 3,70 4,60 5,80 7,50

13.3.5  Confronto con la soluzione di Coulomb

Il metodo di Coulomb ipotizza e impone la forma della superficie di scorrimento piana.Pertanto i valori di PA e di PP, rispettivamente ottenuti dalle condizioni di massimo e di

minimo, limitatamente alla forma imposta della superficie di scorrimento, non sono ilmassimo ed il minimo assoluti, ovvero per qualunque ipotetica forma della superficie discorrimento. Pertanto i valori dei coefficienti di spinta attiva che si stimano con il metododi Coulomb sono sempre inferiori ai valori stimati con il metodo di Caquot e Kérisel, cheipotizza una superficie di scorrimento curvilinea, e analogamente i valori dei coefficientidi spinta passiva che si stimano con il metodo di Coulomb sono sempre superiori ai valoristimati con il metodo di Caquot e Kérisel. Le differenze minori si osservano proprioquando risulta minore la differenza fra le superfici ipotizzate. Nel caso di spinta attiva,nella maggior parte dei casi pratici, ovvero per β, λ e δ positivi, le differenze sono mode-ste. Nel caso di spinta passiva invece le differenze possono essere molto sensibili, e poi-ché in genere la spinta passiva è una forza resistente, non è cautelativo calcolarla con il

metodo di Coulomb.13 – 22

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Inoltre, come già fatto osservare, poiché le deformazioni necessarie per mobilitare la spin-ta passiva sono molto grandi, il valore di progetto dell’angolo di resistenza al taglio non è,come nel caso di spinta attiva, il valore di picco, ma piuttosto il valore critico, a volumecostante.

13.4  Spinta dovuta alla pressione interstiziale

Le teorie sulla spinta delle terre che abbiamo esaminato si riferiscono a terreni asciutti ocomunque non sotto falda e quindi con acqua nei pori non in pressione (si ricorda checonvenzionalmente e per semplicità si assume in genere che l’acqua nei pori possa avere

 pressione solo positiva, ovvero maggiore della pressione atmosferica. Si assume chel’acqua presente nei terreni sopra falda sia a pressione zero).

Se un terreno è anche solo parzialmente sotto falda, la spinta totale esercitata contro una parete sarà somma di due forze: la prima forza è la spinta esercitata dal terreno, valutata

con le formule sopra citate, utilizzando le tensioni verticali efficaci7

, la seconda forza è laspinta esercitata dall’acqua interstiziale. Quest’ultima si calcola integrando il diagrammadelle pressioni interstiziali.

La presenza di acqua in pressionecontro una parete di sostegno delterreno determina un forte incre-mento della spinta totale, pertanto,ove possibile, è sempre opportunorealizzare opere di drenaggio a tergodell’opera allo scopo di abbattere il

livello di falda. Nel caso particolare, ma frequente,di falda freatica alla profondità Zw (Figura 13.32) si ottiene:

0)Z(u   =   per Z < Zw

)ZZ()Z(u ww   −⋅γ=   per Z ≥ Zw

Se vi è differenza tra il livello dell’acqua a monte e a valle dell’opera di sostegno, e vi èfiltrazione sotto e intorno alla parete, la pressione interstiziale dovrebbe essere determina-ta in base al reticolo idrodinamico, come descritto nel Capitolo 4. Tuttavia, nel caso diterreno omogeneo, un approccio ragionevole e semplificato consiste nell’assumere che ilcarico idraulico vari linearmente come mostrato in Figura 13.33. La differenza di carico

 piezometrico tra monte e valle è:

Z 3

γ  (Z-Z )

Sw

w

w

w

wZ

1 (Z + 2Z)

 Figura 13.32 – Spinta idrostatica

( )2www ZZ

2

1)Z(S   −⋅⋅= γ    (Eq. 13.43)

)ZZ2(31)ZZ(

31Z)S(Z www   +⋅=−⋅−=   (Eq. 13.44)

 

13 – 23

7

 Le tensioni verticali efficaci, per il principio delle tensioni efficaci, si ottengono sottraendo le tensioni in-terstiziali alle tensioni verticali totali.

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

∆h = (h + k – j),

il percorso di filtrazione è

L = (h + d – j) + (d – k) = (h + 2d –j – k),

il gradiente idraulico è:i = ∆h/L = (h + k – j) / (h + 2d – j – k)

(Eq. 13.45)

Percorso difiltrazione

Pressione dell’acqua totale

h

u b

d

 j

u b

Pressione dell’acqua netta

Figura 13.33 – Schema semplificato della pressione dell’acqua su una parete in presenza di fil-trazione

 Nel tratto di monte del percorso la filtrazione è discendente e comporta una riduzione del-la pressione interstiziale rispetto alla condizione idrostatica. Nel tratto di valle la filtrazio-ne è ascendente e comporta un aumento della pressione interstiziale rispetto alla condi-zione idrostatica. Al piede della parete (supponendo che il suo spessore sia trascurabilerispetto alla lunghezza del percorso di filtrazione) la pressione interstiziale vale:

)i1()k d()i1() jdh(u ww b   +⋅−⋅γ=−⋅−+⋅γ=   (Eq. 13.46)

13.5  Incremento della spinta attiva dovuta a carichi applicati sul terra-pieno

13.5.1  Pressione verticale uniforme ed infinitamente estesa sulla superficie del deposito.

Una pressione q verticale, uniforme ed infinitamente estesa sulla superficie di un depositodelimitato da un piano orizzontale produce in ogni punto del semispazio un incrementocostante della tensione verticale ∆σ’v0 = q ed un incremento costante della tensione oriz-

zontale ∆σ’h = K q (Figura 13.34), avendo indicato con K il coefficiente di spinta che, a13 – 24

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

seconda dello stato di deformazione orizzontale, assume valori compresi tra K A e K P. Neconsegue che:

-  le tensioni verticale ed orizzontali continuano ad essere le tensioni principali,

-  il diagramma delle tensioni orizzontali è trapezio,

-  la spinta orizzontale S presente su una parete ideale dal piano di campagna fino ad unagenerica profondità H, è l’area del diagramma di pressione orizzontale e può esserecalcolata come somma dell’area rettangolare di base Kq e altezza H, e dell’area trian-golare di base K γ H e altezza H:

2HK 2

1HqK )(S)q(SS   ⋅γ⋅⋅+⋅⋅=γ+=   (Eq. 11.47)

-  la profondità della retta di applicazione della componente S(q) è H/2, la profondità del-la retta di applicazione di S(γ) è 2H/3, dunque la profondità della retta di azione di S è:

SH3

2)(S2

H)q(S)S(Z ⋅⋅γ+⋅=   (Eq. 11.48)

 

q

q

Z

σ ‘

γ  Z

v0

q

K q

Z

σ ‘

Κ γ  Z

h

Figura 13.34 – Effetto di una pressione verticale uniforme ed infinitamente estesa

13.5.2  Carichi concentrati sulla superficie del deposito

Se, in condizioni di spinta attiva, sulla superficie del deposito delimitato da un piano oriz-zontale agiscono carichi che possono essere schematizzati come puntuali o come distri-

 buiti su una linea parallela al muro, di intensità piccola (minore del 30%) rispetto allaspinta attiva, l’incremento di pressione orizzontale può essere valutato con le formule in-dicate in Figura 13.35, ottenute da Terzaghi (1954) modificando empiricamente le equa-zioni di Boussinesq. Se i carichi sono molto elevati o hanno una diversa distribuzione, oc-corre utilizzare il metodo del cuneo di Coulomb.

13 – 25

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

   V  a   l  o  r   i   d   i  n  =  z   /   H

Valori di (H/Q )σ

Carico lineare

Carico lineare Q

Per 

Per 

Per 

Per 

Risultante

Diagramma delle pressioni relativo al casodi carico lineare Q(equazione di Boussinesq modificata sperimentalmente)

Sezione a - aDiagramma delle pressioni relativo al casodi carico puntiforme Q(equazione di Boussinesq modificata sperimentalmente)

Carico puntiforme

h L

L

L

Valori di (H /Q )σh

2

P

P

P

Carico puntiforme Q

Figura 13.35 – Pressioni orizzontali su una parete in condizioni di spinta attiva dovute a ca-richi concentrati sulla superficie orizzontale del terrapieno

13.6  Effetto del costipamento meccanico del terrapieno

Molto spesso, ad esempio per la costruzione di strade, il terrapieno retrostante un’opera disostegno è costituito da un terreno incoerente asciutto, messo in opera in strati successivi,costipati con rullo compressore per aumentarne la densità e quindi la rigidezza e la resi-stenza. Tale tecnica produce uno stato di coazione nel terreno ed un conseguente aumento

delle pressioni orizzontali nella condizione di spinta attiva.13 – 26

 

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Capitolo 13 SPINTA DELLE TERRE

 

Se l’azione esercitata dal rullo compressore può essere schematizzata con un carico di in-tensità p distribuito lungo una linea parallela alla parete, e se il terreno viene messo in o-

 pera in strati di piccolo spessore, per tenere conto dell’effetto di costipamento, si può as-sumere come diagramma di pressione orizzontale sul muro quello indicato in Figura13.36.

La profondità critica è:

Il valore del carico p, dipende dai mezzi impiegati per il costipamento, e in particolare dal peso statico e dalle dimensioni del rullo, e dalla eventuale azione vibratoria che si assumeequivalente ad un incremento di peso.

γ⋅π⋅

⋅= p2

K Z Ac   (Eq. 13.49)

Z

Z

σ’

σ σ’ = K ’

σ σ’ = K ’

h

c

c

h

ha

hp

v

v

A

P

 Figura 13.36 – Effetto del costipamento sul diagramma di spinta attiva

13 – 27

 

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

CAPITOLO 15

CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI 

La fondazione è quella parte della struttura che trasmette il carico dell’opera al terrenosottostante. La superficie di contatto tra la base della fondazione e il terreno è detta pianodi posa. In base al rapporto tra la profondità del piano di posa (D), rispetto al piano dicampagna, e la dimensione minima in pianta (B), si definiscono, in accordo con quanto

 proposto da Terzaghi:

o  superficiali le fondazioni in cui il rapporto D/B è minore di 4;

o  profonde le fondazioni per le quali il rapporto D/B è maggiore di 10;

o  semi-profonde le fondazioni con D/B compreso tra 4 e 10.

Per quanto riguarda il meccanismo di trasferimento del carico al terreno, le fondazionisuperficiali trasmettono il carico solo attraverso il piano di appoggio, le fondazioni pro-fonde e semi-profonde trasferiscono il carico al terreno sia in corrispondenza del piano diappoggio che lungo la superficie laterale.

In questo capitolo la trattazione sarà limitata al caso delle fondazioni superficiali.

Per garantire la funzionalità della struttura in elevazione, il sistema di fondazioni devesoddisfare alcuni requisiti; in particolare, il carico trasmesso in fondazione:

1.  non deve portare a rottura il terreno sottostante;

2.  non deve indurre nel terreno cedimenti eccessivi tali da compromettere la stabilità e la

funzionalità dell’opera sovrastante;3.  non deve produrre fenomeni di instabilità generale (p. es. nel caso di strutture realiz-

zate su pendio);

4.  non deve indurre stati di sollecitazione nella struttura di fondazione incompatibili conla resistenza dei materiali.

15.1  Capacità portante e meccanismi di rottura

Il primo punto è quello che riguarda la verifica di stabilità dell’insieme terreno-

fondazione, ovvero la determinazione della capacità portante (o carico limite, qlim), cherappresenta la pressione massima che una fondazione può trasmettere al terreno prima chequesto raggiunga la rottura.

Per introdurre il concetto di capacità portante immaginiamo di applicare ad un blocco dicalcestruzzo appoggiato su un terreno omogeneo un carico verticale centrato e di misurareil valore del cedimento all’aumentare del carico. Se riportiamo in un grafico la curva cari-

  15 – 1

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

co-cedimenti, osserviamo che il suo andamento1 è diverso in relazione allo stato di adden-samento (o alla consistenza, se si tratta di terreno coesivo) del terreno (Figura 15.1).

In particolare, si ha che:

−  a parità di carico, il cedimento del blocco è tanto maggiore quanto minore è la densità

relativa (o quanto minore è la consistenza);

−   per valori elevati della densità relativa (o della consistenza), in corrispondenza del ca-rico di rottura, il blocco collassa, mentre per valori bassi della densità relativa (o dellaconsistenza) il cedimento tende ad aumentare progressivamente ed indefinitamente.In questo caso la condizione di rottura è individuata da un valore limite convenziona-le del cedimento.

Alle diverse curve carico-cedimenti corrispondono diversi meccanismi di rottura che pos-sono ricondursi a tre schemi principali (Figura 15.1):

1.  rottura generale

2.  rottura locale3.  punzonamento

 per ciascuno dei quali si svilup- pano, nel terreno sottostante lafondazione, superfici di rotturacon diverso andamento. Variandola profondità del piano di posa siosserva che l’andamento dellacurva carico-cedimenti si modifi-ca e in particolare all’aumentaredella profondità del piano di posasi può passare da una condizionedi rottura generale ad una di rottu-ra locale e ad una per punzona-mento.

Per quanto riguarda i tre meccani-smi di rottura sopra menzionati, è

 possibile osservare che nel casodi terreno denso (o compatto) i

 piani di rottura si estendono fino a

raggiungere la superficie del pia-no campagna (rottura generale),nel caso di materiale sciolto (o poco consistente) le superfici di rottura interessano solo lazona in prossimità del cuneo sottostante la fondazione e non si estendono lateralmente

Figura 15.1: Meccanismi di rottura

1 A rigore, l’andamento del grafico riportato nella Figura 15.1a) si riferisce a condizioni di deformazionecontrollata e non di carico controllato.

15 – 2

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

(rottura locale); nel caso di materiale moltosciolto (o molle) le superfici di rottura coinci-dono praticamente con le facce laterali del cu-neo ( punzonamento).

Figura 15.2: Meccanismi di rottura di fon-

dazioni superficiali su sabbia 

Attualmente non si dispone di criteri quantita-tivi per individuare a priori il tipo di meccani-smo di rottura, anche se esistono indicazioni alivello qualitativo per identificare il tipo di rot-tura più probabile (un esempio per terreni in-coerenti è riportato in Figura 15.2). Ad oggi,non sono reperibili in letteratura soluzioni ana-litiche per lo studio del meccanismo di rotturalocale, mentre esistono numerose soluzioni a-nalitiche per la stima del carico limite per loschema di rottura generale.

15.2  Calcolo della capacità portante

I due principali studi teorici per il calcolo della capacità portante, dai quali deriva la mag-gior parte delle soluzioni proposte successivamente, sono stati condotti da Prandtl (1920)e Terzaghi (1943), per fondazione nastriforme (problema piano) utilizzando il metododell’equilibrio limite. Entrambi schematizzano il terreno come un mezzo continuo, omo-geneo e isotropo, a comportamento rigido plastico e per il quale vale il criterio di rotturadi Mohr-Coulomb.

15.2.1 

Schema di Prandtl

Prandtl ipotizza l’assenza di attrito tra fondazione e terreno sottostante e quindi che la rot-tura avvenga con la formazione di un cuneo in condizioni di spinta attiva di Rankine (incui le tensioni verticale ed orizzontale sono principali, la tensione verticale è la tensione

 principale maggiore, la tensione orizzontale è la tensione principale minore) le cui faccerisultano inclinate di un angolo di 45°+ϕ/2 rispetto all’orizzontale, essendo ϕ   l’angolo diresistenza al taglio del terreno (Figura 15.3). Il cuneo è spinto verso il basso e, in condi-zioni di equilibrio limite, produce la rottura del terreno circostante secondo una superficiedi scorrimento a forma di spirale logaritmica, con anomalia φ (zona di taglio radiale). Taleipotesi consegue al fatto che in condizioni di rottura le tensioni sulla superficie di scorri-mento sono inclinate per attrito di un angolo φ rispetto alla normale, e quindi hanno dire-zione che converge nel polo A della spirale logaritmica. A sua volta la zona di taglio ra-diale spinge il terreno latistante e produce la rottura per spinta passiva. Il cuneo ADF è incondizioni di spinta passiva di Rankine (le tensioni verticale ed orizzontale sono principa-li, la tensione verticale è la tensione principale minore, la tensione orizzontale è la tensio-ne principale maggiore), è delimitato da superfici piane inclinate di un angolo di 45°- φ/2rispetto all’orizzontale, e scorre verso l’esterno e verso l’alto.

15 – 3

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Figura 15.3: Schema di Prandtl per il calcolo della capacità portante

B D

E A F

G

B

45°- ϕ/2

45°+ϕ/2

DC

q = γ⋅D

L =

Cuneo rigidodi terreno

Superficie di scorrimento aforma di spirale logaritmica

Zona passiva di Rankine

 piano campagnaG

B D

E A F

B

45°- ϕ/2

45°+ϕ/2

q = γ⋅D

 piano campagna

Piano di fon-dazione

Superficie di scorrimento aforma di spirale logaritmica

L =

Come caso particolare, per φ = 0 il cuneo sottostante la fondazione ha le pareti inclinate a45°, la zona di taglio radiale è limitata da una superficie circolare (spirale logaritmica adanomalia 0) e la zona passiva ha piani di scorrimento inclinati a 45°.

15.2.2  Schema di Terzaghi

Il meccanismo di rottura di Terzaghi ipotizza (secondo uno schema più aderente alle con-dizioni reali) la presenza di attrito tra fondazione e terreno. In questo caso il cuneo sotto-stante la fondazione è in condizioni di equilibrio elastico, ha superfici inclinate di un an-golo φ rispetto all’orizzontale, e penetra nel terreno come se fosse parte della fondazionestessa. (Figura 15.4).

Figura 15.4: Schema di Terzaghi per il calcolo della capacità portante

B

C A

B

q

 p

c

 p p p PPPP   ++=

  γ

 

Cuneo rigido

di terreno

B D

C E A F

G

B

45°- ϕ/2ϕ 

DPiano difondazione

Zona passiva

di Rankine

 piano campagna

Superficie di scorrimento aforma di spirale logaritmica

L =

q=γ⋅D

Pp

ϕ

c⋅ AB

  15 – 4

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

È da osservare che la presenza di un cuneo intatto, sotto la fondazione, è in accordo conl’evidenza che le superfici di rottura non possono interessare l’elemento rigido di fonda-zione.

Secondo entrambe le teorie, il terreno sovrastante il piano di fondazione contribuisce alla

capacità portante solo in virtù del proprio peso, ma è privo di resistenza al taglio; pertantonel tratto FG della superficie di scorrimento non vi sono tensioni di taglio.

Con riferimento agli schemi delle Figure 15.3 e 15.4, relativi al caso di una fondazionenastriforme, è possibile evidenziare che il carico limite dipende, oltre che dalla larghezzadella fondazione, B, e dall’angolo di resistenza al taglio, φ , del terreno:

−  dalla coesione, c;

−  dal peso proprio del terreno, γ, interno alla superficie di scorrimento;

−  dal sovraccarico presente ai lati della fondazione, che, in assenza di carichi esterni sul piano campagna, è dato da q = γ⋅D (Figure 15.3 e 15.4).

 Non esistono metodi esatti per il calcolo della capacità portante di una fondazione super-ficiale su un terreno reale, ma solo formule approssimate trinomie ottenute, per sovrappo-sizione di effetti, dalla somma di tre componenti da calcolare separatamente, che rappre-sentano rispettivamente i contributi di: (1) coesione e attrito interno di un terreno privo di

 peso e di sovraccarichi; (2) attrito interno di un terreno privo di peso ma sottopostoall’azione di un sovraccarico q; (3) attrito interno di un terreno dotato di peso e privo disovraccarico. Ogni componente viene calcolata supponendo che la superficie di scorri-mento corrisponda alle condizioni previste per quel particolare caso. Poiché le superficidifferiscono fra loro e dalla superficie del terreno reale, il risultato è approssimato.L’errore comunque è piccolo e a favore della sicurezza.

La soluzione, per fondazione nastriforme con carico verticale centrato, è espressa nellaforma:

qclim  Nq Nc NB2

1q   ⋅+⋅+⋅⋅γ⋅=   γ   (Eq. 15.1) 

dove Nγ, Nc, Nq sono quantità adimensionali, detti fattori di capacità portante, funzionidell’angolo di resistenza al taglio φ e della forma della superficie di rottura considerata.

Per i fattori Nc ed Nq, relativi rispettivamente alla coesione e al sovraccarico, esistono e-quazioni teoriche, mentre per il fattore Nγ, che tiene conto dell'influenza del peso del ter-reno, la cui determinazione richiede un procedimento numerico per successive approssi-

mazioni, esistono solo formule empiriche approssimanti.Confrontando le equazioni proposte da vari Autori per il calcolo dei fattori di capacità

 portante si osserva un accordo quasi unanime per i fattori Nc ed Nq, mentre per il fattore Nγ sono state proposte soluzioni diverse2. Le equazioni più utilizzate per la stima dei fat-tori di capacità portante sono le seguenti:

2 A titolo di esempio:( )φ γ    ⋅⋅−= 4,1tg)1 N( N q   ( Meyerhof, 1963)

15 – 5

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Il valore dei fattori di capacità portan-te cresce molto rapidamente conl’angolo di resistenza al taglio (Figura15.5). È pertanto molto più importan-te, per una stima corretta della capaci-tà portante, la scelta dell’angolo di re-sistenza al taglio che non l’utilizzo diuna o l’altra delle equazioni propostedai vari Autori.

Come caso particolare, per ϕ = 0, ov-vero per le verifiche in condizioni nondrenate di fondazioni superficiali suterreno coesivo saturo in termini ditensioni totali, i fattori di capacità portante assumono i valori:

1

10

100

1000

0 10 20 30 40 50

  ( ° )

   F  a   t   t  o  r   i   d   i  c  a  p  a  c   i   t   à  p  o  r   t  a  n   t  e

Nq

Nc

 Νγ

Figura 15.5: Fattori di capacità portante perondazioni su er iciali

)24

(tge N 2tgq

φ+

π=   ϕ⋅π

  (Eq. 15.2) 

φ⋅−= ctg1 N N qc   (Eq. 15.3)

)   φ⋅−⋅=γ tg1 N2 N q   (Eq. 15.4)

 Nq = 1,

 Nc = 5,14

 Nγ = 0.

15.2.3  Equazione generale di capacità portante di fondazioni superficiali

 Nelle applicazioni pratiche, per la stima della capacità portante di fondazioni superficiali,si utilizza la seguente equazione generale, proposta da Vesic (1975):

γγγγγγ   ⋅⋅⋅⋅⋅⋅⋅γ⋅+

+⋅⋅⋅⋅⋅⋅+⋅⋅⋅⋅⋅⋅=

g bids NB'2

1

g bids Nqg bids Ncq qqqqqqcccccclim

  (Eq. 15.5)

In cui, si è indicato con:

sc, sq, sγ, i fattori di forma;dc, dq, dγ, i fattori di profondità;

ic, iq, iγ, i fattori di inclinazione del carico;

 bc, bq, bγ, i fattori di inclinazione della base;

φ γ  tg)1 N(5,1 N q   ⋅−⋅=   ( Hansen, 1970)

φ γ  tg)1 N(2 N q   ⋅+⋅=   (Vesic, 1973)

15 – 6

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

gc, gq, gγ, i fattori di inclinazione del piano campagna;

B’ la larghezza equivalente per carico eccentrico.

Fattori di forma e di profondità

L’equazione originale di Terzaghi è ottenuta con riferimento ad un striscia indefinita dicarico, in modo da poter considerare il problema piano. Le fondazioni reali hanno invece,spesso, dimensioni in pianta confrontabili, e quindi la capacità portante è influenzata daglieffetti di bordo. Si può tener conto, in modo semi empirico, della tridimensionalità del

 problema di capacità portante attraverso i fattori di forma, il cui valore può essere calcola-to con le formule indicate in Tabella 15.1.

Tabella 15.1: Fattori di forma (Vesic, 1975)

Forma della fondazione sc sq sγ 

Rettangolarec

q

 N N

'L'B1   ⋅+   φ⋅+ tan

'L'B1  

'L'B4,01   ⋅−  

Circolare o quadratac

q

 N

 N1+   φ+ tan1   0,6

I fattori sc ed sq, rispettivamente associati alla coesione e al sovraccarico latistante, sonomaggiori di 1 poiché anche il terreno alle estremità longitudinali della fondazione contri-

 buisce alla capacità portante, mentre il fattore sγ, associato al peso proprio del terreno difondazione, è minore di 1 a causa del minore confinamento del terreno alle estremità.

Se si vuole mettere in conto anche la resistenza al taglio del terreno sopra il piano di fon-dazione, ovvero considerare la superficie di scorrimento estesa fino al piano campagna(segmento FG delle Figure 15.3 e 15.4), si possono utilizzare i fattori di profondità indica-ti in Tabella 15.2. Tuttavia, poiché il terreno sovrastante il piano di fondazione è moltospesso un terreno di riporto o comunque con caratteristiche meccaniche scadenti e inferio-ri a quelle del terreno di fondazione, l’uso dei fattori di profondità deve essere fatto concautela.

Inclinazione ed eccentricità del carico

Molto spesso le fondazioni superficiali devono sostenere carichi eccentrici e/o inclinati.

Per tenere conto della riduzione di capacità portante dovuta all’eccentricità del carico siassume che l’area resistente a rottura sia quella porzione dell’area totale per la quale il ca-rico risulta centrato. In particolare, per una fondazione a base rettangolare di dimensioniB x L, se la risultante dei carichi trasmessi ha eccentricità eB nella direzione del lato mi-nore B ed eccentricità eL nella direzione del lato maggiore L, ai fini del calcolo della ca-

 pacità portante si terrà conto di una fondazione rettangolare equivalente di dimensioniB’xL’ rispetto alla quale il carico è centrato, essendo:

B’= B–2eB (Eq. 15.6)

  15 – 7

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

L’= L–2eL (Eq. 15.7)

Anche l’inclinazione del carico riduce la resistenza a rottura di una fondazione superficia-le. A seconda del rapporto fra le componenti, orizzontale H e verticale V, del carico larottura può avvenire per slittamento o per capacità portante.

Le equazioni empiriche per fattori di inclinazione del carico ritenute più affidabili sonoindicate in Tabella 15.3.

Si osservi che data una fondazione con carico inclinato si può definire un dominio di rot-tura nel piano H-V, e pervenire al collasso per differenti moltiplicatori del carico, e in par-ticolare:

1) per aumento di V ad H costante,

2) per aumento di H a V costante,

3) per aumento proporzionale di H e di V (a H/V costante).

Occorre quindi di volta in volta considerare le condizioni di carico possibili più sfavore-voli.

Inclinazione della base e del piano campagna

Se la struttura trasmette carichi permanenti sensibilmente inclinati può essere talvolta conveniente rea-lizzare il piano di posa della fonda-zione con un’inclinazione ε rispettoall’orizzontale (Figura 15.6). In talcaso la capacità portante nella dire-zione ortogonale al piano di posa

 può essere valutata utilizzando ifattori di inclinazione del piano di

 posa indicati in Tabella 15.4.B

ε

Q

Figura 15.6: Piano di posa e/o piano di campagnainclinato

Se il piano campagna è inclinato diun angolo ω  rispetto all’orizzonta-le (Figura 15.6), la capacità portan-te può essere valutata utilizzando ifattori di inclinazione del piano dicampagna indicati in Tabella 15.5.

Tabella 15.2: Fattori di profondità (Vesic, 1975)

15 – 8

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Valore diφ  

d c d q d γ 

1'B

D≤  

'B

D4,01   ⋅+  

φ = 0

argilla

satura incondizio-

ni nondrenate

1'B

D>   ⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ⋅+'B

Darctan4,01

1 1

1'B

D≤   ( )

'B

Dsen1tan21 2 ⋅φ−⋅φ⋅+  φ > 0

sabbia eargilla incondizio-ni drenate

φ⋅

−−

tan N

d1d

c

qq  

1'B

D>   ( )   ⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ ⋅φ−⋅φ⋅+'B

Darctansen1tan21 2

1

Tabella 15.3: Fattori di inclinazione del carico (Vesic, 1975)

Terreno ic iq iγ 

φ = 0

argilla satura incondizioni non

drenate

cu  NcLB

Hm1

⋅⋅⋅⋅

−  1 1

c > 0, φ > 0

argilla in condi-zioni drenate

φ⋅

−−

tan N

i1i

c

qq  

1m

'gcot'cLBV

H1

+

⎥⎦

⎤⎢⎣

φ⋅⋅⋅+−

 

1m

'gcot'cLBV

H1

+

⎥⎦

⎤⎢⎣

φ⋅⋅⋅+−

 c = 0

sabbia-

m

V

H1   ⎟

 ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛  −  

1m

V

H1

+

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛  −  

ϑ⋅+

ϑ⋅=2

B

2L

senm

cosmm

  L

B1

L

B2

mB

+

+=  

B

L1

B

L2

mL

+

+=  

θ è l’angolo fra la direzione delcarico proiettata sul piano di fon-dazione e la direzione di L

Tabella 15.4: Fattori di inclinazione del piano di posa (ε  < π  /4) (Hansen, 1970)

bc bq bγ 

φ tan N

 b1 b

c

qq ⋅

−−   ( )2tan1   φ ε  ⋅−   ( )2tan1   φ ε  ⋅−  

Tabella 15.5: Fattori di inclinazione del piano campagna (ω  < π  /4, ω  < φ ) (Hansen, 1970)

15 – 9

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

gc gq gγ 

φ tan N

g1g

c

qq ⋅

−−   ( )   ω⋅ω− costan1 2

 ωcos

gq 

15.3  Scelta dei parametri di resistenza del terreno

Il calcolo della capacità portante deve essere effettuato nelle condizioni più critiche per lastabilità del sistema di fondazione, valutando con particolare attenzione le possibili con-dizioni di drenaggio. Tali condizioni dipendono com’è noto dal tipo di terreno e dalla ve-locità di applicazione del carico.

 Nel caso dei terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie), caratterizzati da valori elevati della

 permeabilità (k ≥ 10-5

 m/s), l’applicazione di carichi statici3

 non genera sovrapressioni in-terstiziali; pertanto, l’analisi è sempre condotta con riferimento alle condizioni drenate, intermini di tensioni efficaci.

 Nel caso di terreni a grana fine (limi e argille), a causa della loro bassa permeabilità, salvoil caso di applicazione molto lenta del carico, si generano sovrapressioni interstiziali chesi dissipano lentamente nel tempo col procedere della consolidazione.

Pertanto per i terreni a grana fine è necessario distinguere un comportamento a breve ter-mine, in condizioni non drenate, ed uno a lungo termine, in condizioni drenate. L’analisi(a lungo termine) in condizioni drenate può essere effettuata in termini di tensioni effica-ci. Tale tipo di approccio può essere impiegato anche nelle analisi (a breve termine) in

condizioni non drenate, ma per la sua applicazione è richiesta la conoscenza delle sovra- pressioni interstiziali, ∆u, che si sviluppano durante la fase di carico. Poiché, di fatto, ladefinizione delle ∆u in sito è un problema estremamente complesso, l’analisi in condizio-ni non drenate è generalmente effettuata, nelle applicazioni pratiche, in termini di tensionitotali, con riferimento alla resistenza al taglio non drenata corrispondente alla pressione diconsolidazione precedente l’applicazione del carico.

Le condizioni non drenate sono generalmente le più sfavorevoli per la stabilità delle fon-dazioni su terreni coesivi, poiché al termine del processo di consolidazione l’incrementodelle tensioni efficaci avrà prodotto un incremento della resistenza al taglio.

15.3.1  Analisi in termini di tensioni efficaci (condizioni drenate)

 Nelle analisi di capacità portante in termini di tensioni efficaci, la resistenza del terreno èdefinita mediante i parametri c’ e φ’ (il criterio di rottura è espresso nella forma τ = c’ +σ’ tg φ’) e i vari termini e fattori della relazione generale (Eq. 15.5), devono essere calco-lati con riferimento a questi parametri.

3 L’applicazione di carichi dinamici e ciclici può causare un accumulo significativo delle pressioni intersti-ziali anche in terreni sabbiosi

15 – 10

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

In presenza di falda si deve tener conto dell’azione dell’acqua, sia nella determinazionedel carico effettivamente trasmesso dalla fondazione al terreno sia nel calcolo della qlim.

In particolare, nel calcolo del carico trasmesso dalla fondazione al terreno deve essereconsiderata la sottospinta dell’acqua agente sulla porzione di fondazione immersa, mentre

il carico limite deve essere valutato in termini di pressioni efficaci. In particolare, riferen-dosi per semplicità alla relazione di Terzaghi, si ha:

q'

c''

2lim  Nq Nc NB2

1q   ⋅+⋅+⋅⋅γ⋅=   γ   (Eq. 15.8)

dove q’ rappresenta il valore della pressione efficace agente alla profondità del piano di

 posa della fondazione e il peso di volume immerso del terreno presente sotto la fonda-

zione. Nel calcolo dei fattori di capacità portante viene utilizzato il valore di φ’ del terreno presente sotto la fondazione.

'2γ

Ipotizzando la presenza di falda in quiete, i casi possibili sono 4:

a)  Il pelo libero della falda si trova a profondità maggiore di D+B.

In questo caso la presenza della falda può essere trascurata.

 b) Il pelo libero della falda coincide con il piano di posa della fondazione (Figura 15.7a).

In questo caso , essendo γDq 1' ⋅γ= 1  il peso umido (o saturo) del terreno al di sopra

del piano di posa della fondazione.

c)  Il pelo libero della falda si trova a quota a al di sopra del piano di posa della fondazio-ne (Figura 15.7b).

In questo caso , essendo rispettivamente γ( ) aaDq '11

' ⋅γ+−⋅γ= 1 il peso umido (o satu-

ro) e il peso immerso del terreno al di sopra del piano di posa della fondazione.'1γ

d) Il pelo libero della falda si trova a quota d<B sotto il piano di posa della fondazione(Figura 15.7c).

In questo caso , essendo γDq 1' ⋅γ= 1 il peso umido (o saturo) del terreno al di sopra

del piano di posa della fondazione, mentre il termine diventaB'2 ⋅γ   ( )dBd '

22   −⋅γ+⋅γ

 

Figura 15.7: Influenza della posizione della falda sul calcolo della capacità portante b)

B

D

c)

B-dB

D

da

a)

D

B

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

15.3.2  Analisi in termini di tensioni totali (condizioni non drenate)

 Nelle analisi di capacità portante in termini di tensioni totali, la resistenza del terreno èdefinita convenzionalmente mediante il parametro cu (il criterio di rottura è espresso nellaforma τ  = cu), che, contrariamente a c’ e ϕ’, non rappresenta una caratteristica del mate-

riale, ma un parametro di comportamento. In questo caso, i fattori di capacità portantevalgono: Nγ = 0, Nc = 5.14, Nq = 1 e il carico limite è dato quindi da:

q0c0c0c0c0c0ulim gqg bidsc14,5q   ⋅+⋅⋅⋅⋅⋅⋅=   (Eq. 15.9)

essendo q = γ1D la pressione totale agente sul piano di posa della fondazione, e avendoindicato con il pedice 0 i fattori correttivi per φ = 0.

È opportuno evidenziare che per l’analisi in termini di tensioni totali, l’eventuale sotto-spinta idrostatica dovuta alla presenza della falda non deve essere considerata.

15.3.3  Effetto della compressibilità del terreno di fondazione

Le soluzioni teoriche per la determinazione della capacità portante di fondazioni superfi-ciali con il metodo all’equilibrio limite si riferiscono al meccanismo di rottura generale(Figura 15.1), e assumono che il terreno non si deformi ma che i blocchi che identificanoil cinematismo di rottura (Figure 15.3 e 15.4) abbiano moto rigido. Quando tale ipotesi èlontana dall’essere verificata, ovvero per terreni molto compressibili, argille molli e sab-

 bie sciolte, il meccanismo di rottura è locale o per punzonamento. Un metodo approssi-mato semplice, suggerito da Terzaghi, per tenere conto dell’effetto della compressibilitàdel terreno di fondazione sulla capacità portante consiste nel ridurre di 1/3 i parametri di

resistenza al taglio, ovvero nell’assumere come dati di progetto i valori:c*= 0,67 c e tanφ*= 0,67 tanφ 

Per il calcolo della capacità portante di fondazioni superficiali su sabbie mediamente ad-densate o sciolte (DR  < 0,67) Vesic (1975) propose di utilizzare un valore di calcolo ridot-to dell’angolo di resistenza al taglio, secondo l’equazione:

( )   φ⋅⋅−+=φ tanD75,0D67,0tan 2R R 

*  (Eq. 15.10)

 

15.4  Capacità portante di fondazioni su terreni stratificati

La determinazione della capacità portante di fondazioni su terreni stratificati è un proble-ma di non facile soluzione, per il quale non esistono quindi trattazioni teoriche di sempli-ce impiego.

Se l’importanza dell’opera non è tale da giustificare l’uso di metodi numerici avanzati(per esempio metodi agli elementi finiti), si ricorre generalmente all’applicazione dischemi e formule approssimate.

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

In presenza di terreni stratificati, se lo spessore misurato dal piano di fondazione dellostrato di terreno su cui appoggia la fondazione è maggiore di B, il terreno può considerar-si omogeneo.

 Nell’ipotesi che tale circostanza non sia verificata, i casi che possono presentarsi sono i

seguenti:1.  Fondazione su terreni dotati di sola coesione

1.1  strato superiore meno resistente di quello inferiore

1.2  strato superiore più resistente di quello inferiore

2.  Fondazione su terreni dotati di attrito e coesione

2.1  strato superiore meno resistente di quello inferiore

2.2  strato superiore più resistente di quello inferiore

Generalmente nei casi 1.1 e 2.1 si ricorre, se possibile all’asportazione dello strato più su-

 perficiale ed eventualmente ad una sua sostituzione con materiale compattato. Qualora ciònon sia possibile, si può comunque calcolare cautelativamente la capacità portante assu-mendo come parametri di resistenza quelli relativi allo strato più superficiale.

 Nel caso 1.1, se lo strato superficiale è di spessore limitato si può mettere in conto ancheil contributo alla resistenza dovuto allo strato sottostante, utilizzando nell’espressione diqlim per fondazioni nastriformi (qlim = cNc + γD) la seguente formula per Nc:

14.5c14.5B

d1.5 N r 

1sc,   ≤+=   (Eq. 15.11)

dove d1 rappresenta lo spessore dello strato più superficiale al di sotto del piano di fonda-

zione, B la larghezza della fondazione e cr = c2/c1, essendo c1 e c2, rispettivamente, il valo-re della coesione dello strato più superficiale e di quello sottostante. Per 0.7 ≤ cr  ≤ 1 il va-lore di Nc,s deve essere ridotto del 10%.

 Nel caso 1.2 la capacità portante di una fondazione nastriforme di larghezza B può esserecalcolata utilizzando lo schema di una fondazione ideale di larghezza B+d1 appoggiatasullo strato inferiore (ipotizzando cioè che il carico si diffonda nello strato superiore dispessore d1 con un rapporto 2:1).

 Nel caso 2 si possono calcolare per la stratificazione un angolo di resistenza al taglio eduna coesione equivalenti nel seguente modo:

−  si determina la profondità H= 0.5 tg(45° + ϕ1/2)⋅Bcon ϕ1 angolo di resistenza al taglio relativo allo strato superiore;

−  se H > d1 si determina il valore di ϕ equivalente da utilizzare nel calcolo di qlim come:

( )H

dHd 2111   ϕ⋅−+ϕ⋅=ϕ  

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

con ϕ2 angolo di resistenza al taglio relativo allo strato inferiore;

−  in modo analogo si ricava c equivalente.

15.5  Dal carico limite al carico ammissibileIl carico ammissibile qamm è calcolato dividendo il carico limite qlim per un coefficientemaggiore di 1, chiamato fattore di sicurezza FS, che viene introdotto per tener conto dellavariabilità del terreno, dell’affidabilità dei dati e delle incertezze insite nel modello adot-tato e nella stima dei carichi.

Generalmente il coefficiente di sicurezza viene applicato solo alla pressione limite netta,ossia al carico che va ad aggiungersi a quello già presente alla quota del piano di fonda-zione. In pratica:

q

FS

qqq lim

amm   +−

=   (Eq. 15.10)

Il valore così ottenuto deve risultare maggiore del carico di esercizio qes.

In alternativa, se è noto il carico di esercizio qes trasmesso dalla fondazione al terreno, ilcoefficiente di sicurezza può essere calcolato mediante la relazione:

qq

qqFS

es

lim

−−

=   (Eq. 15.11)

e questo valore deve risultare maggiore del limite imposto dalla normativa.

 Nel caso di fondazioni con carico eccentrico, per il calcolo strutturale dell’elemento difondazione, si fa in genere l’ipotesi semplificativa che, in condizioni di esercizio e quindi

 per carico molto minore della capacità portante, la pressione di contatto struttura di fon-dazione-terreno sia lineare, e che il terreno non abbia resistenza a trazione.

 Ne consegue che il diagramma delle tensioni di contatto viene calcolato con le formuledella presso flessione per sezioni non reagenti a trazione.

Ad esempio, se per semplicità di esposizione si considera una fondazione continua di lar-ghezza B soggetta ad un carico verticale N per unità di lunghezza con eccentricità e (Fi-gura 15.8):

-  se la risultante ricade all’interno del nocciolo d’inerzia, ovvero se risulta e < B/6, il

diagramma è trapezio e le tensioni alle estremità valgono: ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛    ⋅

±⋅=σ

σ

B

e6

1B

 N

min

max

 

-  se invece la risultante è esterna al nocciolo d’inerzia, ovvero se risulta e > B/6, la se-

zione è parzializzata e il diagramma è triangolare, con base ⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛  −⋅= e2

B3B* e tensione

massima, all’estremità compressa( )e2B

 N

3

4max ⋅−

⋅=σ .

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

B

e

σmin σmax 

e < B/6

B

e

σmax 

e > B/6

B*

Figura 15.8: Schema delle pressioni di contatto in condizioni di esercizio per fondazioni concarico eccentrico.

 

Il coefficiente di sicurezza per la verifica di capacità portante, trascurando il carico già presente alla quota del piano di fondazione, sarà il rapporto fra la forza verticale massimacon eccentricità e, al limite dell’ equilibrio: Qlim = qlim (B – 2e) e la forza verticale di eser-

cizio, con pari eccentricità N: N

QFS lim=  

È buona norma tuttavia progettare le fondazioni superficiali in modo che la sezione sia in-teramente compressa, almeno per i carichi di lunga durata.

La scelta del coefficiente di sicurezza rispetto alla rottura di fondazioni superficiali (che potremmo anche definire coefficiente di ignoranza), come sempre per le opere geotecni-che, è operazione delicata e complessa, poiché sono molte e di diversa origine le incertez-ze con cui viene determinato il valore di riferimento. Vi sono incertezze nella definizionedel modello geotecnico (stratigrafia, spessore e geometria degli strati, variabilità delle ca-ratteristiche geotecniche, affidabilità delle indagini geotecniche eseguite, etc..), incertezzelegate al metodo di calcolo (leggi costitutive, ipotesi sul meccanismo di collasso, utilizzodi relazioni empiriche, etc..), incertezze legate ai carichi applicati, alla loro probabilità di

evenienza e alla persistenza nel tempo, etc).La normativa italiana ancora vigente (D.M. 11/03/1988) richiede come limite inferiore delcoefficiente di sicurezza globale rispetto alla rottura di fondazioni superficiali, un valore

 pari a 3 per le fondazioni di manufatti in generale, e pari a 2 per le fondazioni delle operedi sostegno.

Le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC-08), come già detto, utilizzano il me-todo degli stati limite ed i coefficienti di sicurezza parziali da applicare rispettivamente

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

alle azioni o agli effetti delle azioni (A), alle caratteristiche dei materiali (M) e alle resi-stenze (R).

Le NTC-08, al § 6.4.2 Fondazioni superficiali, recitano:

“ La profondità del piano di posa della fondazione deve essere scelta e giustificata in re-

lazione alle caratteristiche e alle prestazioni della struttura in elevazione, alle caratteri-stiche del sottosuolo e alle condizioni ambientali.

 Il piano di fondazione deve essere situato sotto la coltre di terreno vegetale nonché sottolo strato interessato dal gelo e da significative variazioni stagionali del contenutod’acqua.

 In situazioni nelle quali sono possibili fenomeni di erosione o di scalzamento da parte diacque di scorrimento superficiale, le fondazioni devono essere poste a profondità tale danon risentire di questi fenomeni o devono essere adeguatamente difese.

6.4.2.1 Verifiche agli stati limite ultimi (SLU)

 Nelle verifiche di sicurezza devono essere presi in considerazione tutti i meccanismi distato limite ultimo, sia a breve sia a lungo termine.

Gli stati limite ultimi delle fondazioni superficiali si riferiscono allo sviluppo di meccani-smi di collasso determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno e al raggiun-gimento della resistenza degli elementi strutturali che compongono la fondazione stessa.

 Nel caso di fondazioni posizionate su o in prossimità di pendii naturali o artificiali deveessere effettuata la verifica anche con riferimento alle condizioni di stabilità globale del

 pendio includendo nelle verifiche le azioni trasmesse dalle fondazioni.

 Le verifiche devono essere effettuate almeno nei confronti dei seguenti stati limite:

-  SLU di tipo geotecnico (GEO)-  collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno

-  collasso per scorrimento sul piano di posa stabilità globale

-  SLU di tipo strutturale (STR)

-  raggiungimento della resistenza negli elementi strutturali,

accertando che la condizione (6.2.1)4 sia soddisfatta per ogni stato limite considerato.

 La verifica di stabilità globale deve essere effettuata secondo l’Approccio 1:

-  Combinazione 2: (A2+M2+R2)

tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici e nella Tabella 6.8.I per le resistenze globali.

 La rimanenti verifiche devono essere effettuate, tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tab. 6.2.I, 6.2.II e 6.4.I, seguendo almeno uno dei due approcci:

 Approccio 1:

4 Ed ≤ R d

  15 – 16

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

-  Combinazione 1: (A1+M1+R1)

-  Combinazione 2: (A2+M2+R2)

 Approccio 2:

(A1+M1+R3). Nelle verifiche effettuate con l’approccio 2 che siano finalizzate al dimensionamentostrutturale, il coefficiente γ  R non deve essere portato in conto. 

Tabella 6.2.I – Coefficienti parziali perle azioni o per l’effetto delle azioni 

CARICHI EFFETTO

Coefficiente

Parziale

γF (o γE)

EQU( A1 )

STR

( A2 )

GEO

Favorevole 0,9 1,0 1,0

Permanenti Sfavorevole γG1 1,1 1,3 1,0

Favorevole 0,0 0,0 0,0Permanenti non strutturali

SfavorevoleγG2

1,5 1,5 1,3

Favorevole 0,0 0,0 0,0Variabili

SfavorevoleγQi

1,5 1,5 1,3

Tabella 6.2.II – Coefficienti parziali per i parametri geotecnici del terreno 

PARAMETRO GRANDEZZA ALLA QUALE

APPLICARE IL COEFFICIENTEPARZIALE

COEFFICIENTE

PARZIALE

( M1 ) ( M2 )

Tangente dell’angolodi resistenza al taglio

tan φ’k    γφ’ 1,0 1,25

Coesione efficace c’k    γc’1,0 1,25

Resistenza non drenata cuk    γcu 1,0 1,4

Peso dell’unità di vo-lume

γ γγ 1,0 1,0

Tabella 6.8.I – Coefficienti parziali per le ve-rifiche di sicurezza di opere di materialisciolti e di fronti di scavo 

COEFFICIENTE ( R2 )

γR  1,15

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Tabella 6.4.I – Coefficienti parziali γ  R  per le verifiche agli stati limite ultimi di fondazioni superficiali

VERIFICACOEFFICIENTEPARZIALE ( R1 )

COEFFICIENTEPARZIALE ( R2 )

COEFFICIENTEPARZIALE ( R3 )

Capacità portante γR  = 1,0 γR  = 1,8 γR  = 2,3

Scorrimento γR  = 1,0 γR  = 1,1 γR  = 1,1

6.4.2.2 Verifiche agli stati limite di esercizio (SLE)

Si devono calcolare i valori degli spostamenti e delle distorsioni per verificarne la com- patibilità con i requisiti prestazionali della struttura in elevazione (§§ 2.2.2 e 2.6.2), nelrispetto della condizione (6.2.7)5.  Analogamente, forma, dimensioni e rigidezza dellastruttura di fondazione devono essere stabilite nel rispetto dei summenzionati requisiti

 prestazionali, tenendo presente che le verifiche agli stati limite di esercizio possono risul-tare più restrittive di quelle agli stati limite ultimi.” 

15.5.1  Esempi di verifiche geotecniche di fondazioni superficiali secondo la normativaitaliana ancora vigente (D.M. 11/03/1988) e secondo le nuove Norme Tecniche

 per le Costruzioni (NTC-08)

Esempio 1 

Eseguire  le verifiche allo Stato Limite Ultimo  (SLU) di una  fondazione superficiale quadrata  in 

c.a. su argilla molle. (Per semplicità si trascura la presenza del pilastro che trasmette il carico alla 

fondazione). 

Dati 

(il pedice k indica il valore caratteristico, il pedice d indica il valore di progetto): 

Carico permanente verticale centrato trasmesso alla fondazione: Gk = 270 kN 

Carico variabile verticale centrato trasmesso alla fondazione: Qk = 70 kN 

Spessore della fondazione: s = 0,5 m 

Lato della fondazione: B = 2,75 m 

Profondità del piano di posa della fondazione: D = 1 m 

Gk , Qk

Ds

B x B

Profondità della falda freatica da p.c.: Dw = 0 m 

Peso specifico del c.a.: γca,k = 25 kN/m3

Peso specifico dell’acqua: γw,k = 10 kN/m3 

Peso di volume del terreno: γk = 18 kN/m3 

Angolo di resistenza al taglio del terreno: φʹk = 20° 

Coesione del terreno: cʹk = 4 kPa 

Resistenza al taglio non drenata del terreno: cu,k = 30 kPa 

5 Ed ≤ Cd  dove Ed è il valore di progetto dell’effetto delle azioni e Cd è il prescritto valore limite dell’effettodelle azioni. Quest’ultimo deve essere stabilito in funzione del comportamento della struttura in elevazione.

15 – 18

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Verifiche di capacità portante secondo la precedente Normativa (D.M. 11/03/1988) 

Si assumono i valori caratteristici come valori di calcolo 

a) in condizioni a breve termine, non drenate, il calcolo è eseguito in termini di tensioni totali 

Fattore di sicurezza: FS = (qlim  ‐q) / (qes  ‐q) ≥ 3 Capacità portante totale netta: (qlim  ‐q) = Nc0 cu sc0 

Fattore di capacità portante a  breve termine: Nc0 = (2 + π) = 5,142 Fattore di forma a  breve termine: sc0 = 1,2 

Pressione totale latistante: q = γ D = 18 kPa 

(qlim  ‐q) = Nc0 cu sc0 = 185,1 kPa 

Peso totale della fondazione e del terreno sovrastante: Gfond,k = B2 [(D  ‐ s) γk + s γca,k ] = 162,6 kN 

Pressione totale trasmessa dalla fondazione: qes = (Gk + Qk + Gfond,k) / B2 = 66,5 kPa 

FS = (qlim  ‐q) / (qes  ‐q) = 3,82 > 3  verifica soddisfatta 

b)  in condizioni a lungo termine, drenate, il calcolo è eseguito in termini di tensioni efficaci 

Fattore di sicurezza: FS = (qlim  ‐qʹ) / (qes  ‐qʹ) ≥ 3 Capacità portante efficace: qlim = cʹ Nc sc + qʹNq sq + 0,5 γʹ B Nγ sγ 

Angolo di resistenza al taglio: φʹ = φʹk = 20° = 0,349 rad 

Peso di volume immerso del terreno: γʹ = γ  ‐ γw = 8 kN/m3 

Fattori di capacità portante:  Fattori di forma:  Pressione efficace latistante: 

Nc = 14,835  sc = 1,431  qʹ = γʹ D =8 kPa 

Nq = 6,399  sq = 1,364 

Nγ = 3,930  sγ = 0,6 

qlim = cʹ Nc sc + qʹNq sq + 0,5 γʹ B Nγ sγ = 180,7 kPa 

Peso immerso della fondazione e del terreno sovrastante: Gʹfond,k = Gfond,k  ‐ γw B2  D = 87,0 kN 

Pressione efficace trasmessa dalla fondazione: qes = (Gk + Qk + Gʹfond,k) / B2 = 56,5 kPa 

FS = (qlim  ‐qʹ) / (qes  ‐qʹ) = 3,56 > 3  verifica soddisfatta 

Verifiche secondo le Norme Tecniche per le Costruzioni  ‐2008 

Verifiche  allo  stato  limite ultimo  (SLU) dellʹinsieme  fondazione‐terreno  (GEO)  (Verifiche di 

capacità portante) 

Sono eseguite le verifiche allo SLU di tipo geotecnico (GEO) nei confronti del collasso per carico 

limite dellʹinsieme fondazione‐terreno,  tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati 

nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.4.I. 

La Normativa richiede che venga seguito almeno uno dei due approcci: 

Approccio 1: 

‐ Combinazione 1: (A1+M1+R1) ‐ Combinazione 2: (A2+M2+R2) 

Approccio 2: 

(A1+M1+R3) 

Deve essere rispettata la condizione: Ed ≤ Rd ovvero Rd / Ed ≥ 1 

La verifica geotecnica  (GEO) allo stato  limite ultimo  (SLU) con  lʹApproccio 1  ‐ Combinazione 1 

differisce dalla verifica con  lʹApproccio 2  solo nei coefficienti parziali  γR da applicare alla resi‐stenza R. Poiché  i valori di  γR dellʹApproccio 2  (R3)  sono maggiori di quelli dellʹApproccio 1  ‐

15 – 19

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Combinazione 1  (R1)  (vedi Tabella 6.4.I), questʹultima verifica  è  sempre meno cautelativa della 

precedente e può essere omessa. 

a)  in condizioni a breve termine, non drenate, il calcolo è eseguito in termini di tensioni totali 

Approccio 1 – Combinazione 2  (A2+M2+R2) Sono  invariate  le azioni permanenti, incrementate  le azioni variabili (A), ridotti  i parametri geo‐

tecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto dell’azione: Ed = γG (Gk + Gfond,k) + γQ Qk

γG = 1 (da Tabella 6.2.I colonna A2) γQ = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A2) Ed = 523,6 kN 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2

Capacità portante totale di progetto: qlim,d = Nc0 cu,d sc0 + qd 

Resistenza al taglio non drenata di progetto: cu,d = cu,k /γcuγcu = 1,4 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

cu,d = 21,4 kPa Pressione totale latistante la fondazione di progetto: qd = (γk / γγ ) D 

γγ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

qd = 18 kPa 

qlim,d = Nc0 cu,d sc0 + qd = 150,2 kPa 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2 = 1136,0 kN 

Resistenza di progetto del sistema geotecnico: Rd = R / γR γR = 1,8 (da Tabella 6.4.I colonna R2) Rd = R / γR = 631,1 kN 

Ed ≤Rd  523,6 < 631,1  verifica soddisfatta

Rd / Ed = 1,205 

Approccio 2 (A1+M1+R3) 

Sono incrementate le azioni (A), invariati i parametri geotecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto dell’azione: Ed = γG (Gk + Gfond,k) + γQ Qk

γG = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A1) γQ = 1,5 (da Tabella 6.2.I colonna A1) Ed = 667,4 kN 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2

Capacità portante totale di progetto: qlim,d = Nc0 cu,d sc0 + qd

Resistenza al taglio non drenata di progetto: cu,d = cu,k /γcuγcu = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

cu,d = 30,0 kPa Pressione totale latistante la fondazione di progetto: qd = (γk / γγ ) D 

γγ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

qd = 18 kPa 

qlim,d = Nc0 cu,d sc0 + qd = 203,1 kPa 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2 = 1535,9 kN 

Resistenza di progetto del sistema geotecnico: Rd = R / γR γR = 2,3 (da Tabella 6.4.I colonna R3) 

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Rd = R / γR = 667,8 kN 

Ed ≤Rd  667,4 < 667,8  verifica soddisfatta

Rd / Ed = 1,001 

b)  in condizioni a lungo termine, drenate, il calcolo è eseguito in termini di tensioni efficaci 

Approccio 1 – Combinazione 2  (A2+M2+R2) 

Sono  invariate  le azioni permanenti, incrementate le azioni variabili (A), ridotti  i parametri geo‐

tecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto dell’azione: Ed = γG (Gk + Gʹfond,k) + γQ Qk

γG = 1 (da Tabella 6.2.I colonna A2) γQ = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A2) Ed = 448,0 kN 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2

Capacità portante efficace di progetto: qlim,d = cʹd Nc sc + qʹd Nq sq + 0,5 γʹd B Nγ sγ 

Coesione efficace di progetto: cʹd = cʹk/γcʹ

γcʹ = 1,25 (da Tabella 6.2.II colonna M2) cʹd = 3,2 kPa 

Tangente dellʹangolo di resistenza al taglio caratteristico: tanφʹk = 0,364 

Tangente dellʹangolo di resistenza al taglio di progetto: tanφʹd = tanφʹk / γφʹ

γφʹ = 1,25 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

tanφʹd = 0,291 

Angolo di resistenza al taglio di progetto: φʹd = 0,283 rad = 16,2° 

Peso di volume immerso del terreno di progetto: γʹd = γʹk / γγ γγ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

γʹd = 8 kN/m3

Fattori di capacità portante:  Fattori di forma: 

Nc = 11,792  sc = 1,376 Nq = 4,433  sq = 1,291 

Nγ = 1,999  sγ = 0,6 

Pressione efficace latistante di progetto: qʹd = γʹd D = 8 kPa 

qlim,d = cʹd Nc sc + qʹd Nq sq + 0,5 γʹd B Nγ sγ = 110,9 kPa 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2 = 838,8 kN 

Resistenza di progetto del sistema geotecnico: Rd = R / γR γR = 1,8 (da Tabella 6.4.I colonna R2) Rd = R / γR = 466,0 kN 

Ed ≤Rd  448,0 < 466,0  verifica soddisfatta

Rd / Ed = 1,040 > 1 

Approccio 2 (A1+M1+R3) 

Sono incrementate le azioni (A), invariati i parametri geotecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto dell’azione: Ed = γG (Gk + Gʹfond,k) + γQ Qk

γG = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A1) γQ = 1,5 (da Tabella 6.2.I colonna A1) Ed = 569,1 kN 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Capacità portante efficace di progetto: qlim,d = cʹd Nc sc + qʹd Nq sq + 0,5 γʹd B Nγ sγ 

Coesione efficace di progetto: cʹd = cʹk/γcʹγcʹ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) cʹd = 4,0 kPa 

Tangente dellʹangolo di resistenza al taglio caratteristico: tanφʹk =0,364 

Tangente dellʹangolo di resistenza al taglio di progetto: tanφʹd = tanφʹk / γφʹ

γφʹ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

tanφʹd = 0,364 

Angolo di resistenza al taglio di progetto: φʹd = 0,349 rad = 20° 

Peso di volume immerso del terreno di progetto: γʹd = γʹk / γγ γγ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

γʹd = 8 kN/m3

Fattori di capacità portante:  Fattori di forma: 

Nc = 14,835  sc = 1,431 

Nq = 6,399  sq = 1,364 

Nγ = 3,930  sγ = 0,6 

Pressione efficace latistante di progetto: qʹd = γʹd D = 8 kPa qlim,d = cʹd Nc sc + qʹd Nq sq + 0,5 γʹd B Nγ sγ = 180,7 kPa 

Resistenza del sistema geotecnico: R = qlim,d x B2 = 1366,6 kN 

Resistenza di progetto del sistema geotecnico: Rd = R / γR γR = 2,3 (da Tabella 6.4.I colonna R3) Rd = R / γR = 594,2 kN 

Ed ≤Rd  569,1 < 594,2  verifica soddisfatta

Rd / Ed = 1,044 > 1 

Verifiche allo Stato Limite di Esercizio (SLE) 

La Normativa italiana (NTC) impone di calcolare gli spostamenti e le distorsioni per verificarne la 

compatibilità con i requisiti prestazionali della struttura in elevazione nel rispetto della condizio‐

ne Ed ≤Cd , in cui Cd è il prescritto valore limite dellʹeffetto delle azioni, da stabilire in funzione del comportamento della struttura in elevazione. 

Secondo  lʹeurocodice EC7  il  calcolo  dei  cedimenti deve  essere  eseguito  assumendo  coefficienti 

parziali per le azioni pari a 1 e  i valori caratteristici dei parametri di deformazione sia  in condi‐

zioni non drenate che in condizioni drenate. 

Esempio 2 

Eseguire le verifiche allo Stato Limite Ultimo (SLU) della fondazione superficiale a  base quadrata 

di una struttura alta, leggera e soggetta a significative azioni orizzontali accidentali schematizzata 

in Figura. 

Dati (il pedice k indica il valore caratteristico, il pedice d indica il valore di progetto): 

Carico permanente verticale centrato trasmesso alla fondazione: Gvk = 600 kN 

Carico accidentale orizzontale trasmesso alla fondazione:Qhk = 300 kN 

Quota di applicazione del carico orizzontale: h = 10 m 

Spessore della fondazione: s = 2 m 

Lato della fondazione: B = 5,5 m 

Profondità del piano di posa della fondazione: D = 2 m 

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7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Falda freatica assente 

Peso specifico del c.a.: γca,k = 24,5 kN/m3

Terreno di fondazione costituito da sabbia e ghiaia di media densità 

Peso di volume del terreno: γk = 20 N/m3 

Angolo di resistenza al taglio: φʹk = 35° 

Coesione del terreno: cʹk = 0 kPa Angolo dʹattrito fondazione terreno: δk = 0,75 φʹk = 26,25° 

Verifiche  di  stabilità  secondo  la  precedente Nor‐

mativa (D.M. 11/03/1988) Si assumono i valori carat‐

teristici come valori di calcolo 

Verifica alla traslazione sul piano di posa 

Il rapporto fra lʹazione resistente nella direzione del‐

lo  slittamento  e  lʹazione  orizzontale  massima  tra‐

smessa  in  fondazione deve risultare non  inferiore a 

1,3. Per il calcolo dellʹazione resistente di attrito alla  base 

della  fondazione  si  trascura  la  spinta  passiva  sul 

fronte verticale del  blocco di fondazione e si assume 

come  angolo  di  attrito  fondazione‐terreno  lʹangolo 

di resistenza al taglio allo stato critico. 

Peso  del  blocco  di  fondazione: Gfond,k  =  B2  s  γca,k  = 1482,3 kN 

Coefficiente dʹattrito: tanδk = 0,493 Azione  resistente: RH =  (Gfond,k + Gvk)  tanδk = 1026,9 

kN 

B x B

h

D

Qhk

Gvk

Azione orizzontale massima: Qhk = 300 kN 

Fattore di sicurezza alla traslazione: FSTR = 3,42 > 1,3 

la verifica alla traslazione è soddisfatta

Verifica al ribaltamento 

Il rapporto fra il momento delle azioni stabilizzanti e quello delle forze ribaltanti rispetto al lembo 

anteriore della  base non deve risultare minore di 1,5. 

Azioni al piano di appoggio: 

Azione verticale: V = Gfond,k + Gvk = 2082,3 kN 

Azione orizzontale: H = Qhk = 300 kN 

Momento: M = H (h + D) = 3600 kN m 

Eccentricità: e = M/V = 1,73 m 

Momento delle forze stabilizzanti: Mstab = V B/2 = 5726,2 kN m 

Momento delle forze ribaltanti: Mrib = M = 3600 kN m 

Fattore di sicurezza al ribaltamento: FSRIB = 1,59 > 1,5  la verifica al ribaltamento è soddisfatta

 

Verifica di capacità portante 

Larghezza equivalente: Bʹ = B  ‐2e = 2,04 m 

Area equivalente: Aʹ = B x Bʹ = 11,23 m2 

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7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Pressione latistante la fondazione: q = γD = 40,00 kPa 

Capacità portante: qlim = cʹ Nc sc dc ic  bc gc + q Nq sq dq iq  bq gq + 0,5 γ Bʹ Nγ sγ dγ iγ  bγ gγ 

per φʹ = φʹk = 35° = 0,611 rad 

Fattori di capacità portante:  Nc = 46,124  Nq = 33,296  Nγ = 45,228 

Fattori di forma:  sc = 1,268  sq = 1,260  sγ = 0,851 

Fattori di profondità:  dc = 1,257  dq = 1,249  dγ = 1,000 Fattori di inclinazione:  ic = 0  iq = 0,821  θ = 0°  iγ = 0,702 

m = mL = 1,271 

Fattori di inclinazione del piano di posa = 1 

Fattori di inclinazione del piano campagna =1 

Capacità portante: qlim = 2272,9 kPa 

Fattore di sicurezza:  FS = qlim Aʹ / V = 12,26 > 3  la verifica di capacità portante è soddisfatta 

Verifiche secondo le Norme Tecniche per le Costruzioni  ‐2008 

Verifiche allo Stato Limite Ultimo (SLU) 

Verifica allo stato limite di equilibrio come corpo rigido (EQU) (Verifica al ribaltamento) 

Ai fini della verifica al ribaltamento le azioni verticali sono favorevoli e le azioni orizzontali sfa‐

vorevoli 

Vd = γG1 Gv,k + Gfond,k γG1 = 0,9 (da Tabella 2.6.I colonna EQU) Vd = 2022,3 kN 

Hd = γQ Qh,k γQ = 1,5 (da Tabella 2.6.I colonna EQU) Hd = 450 kN 

Resistenza di progetto: Rd = Vd B/2 = 5561,2 kN m 

Azione di progetto: Ed = Hd (h + D) = 5400 kN m 

Ed ≤Rd  5400,0 < 5561,2  verifica soddisfatta 

Rd / Ed = 1,030 

Verifiche allo stato limite di scorrimento sul piano di posa (GEO) (Verifica alla traslazione) 

Approccio 1 – Combinazione 2 (A2+M2+R2) 

Sono  invariate  le azioni permanenti, incrementate le azioni variabili (A), ridotti  i parametri geo‐

tecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto dell’azione: Ed = γQ Qhk

γQ = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A2) Ed = 780,0 kN 

Coefficiente dʹattrito di progetto: tanδd = tanδk / γφʹ

γφʹ = 1,25 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

si applica a tanδ il coeff. parziale per tanφʹ:  tanδd = 0,395 Valore di progetto della resistenza (Rd):  (Gfond,k + Gv,k/γG1)/γR γG1 = 1 (da Tabella 6.2.I colonna A2) γR = 1,1 (da Tabella 6.4.I colonna R2) 

15 – 24

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

Rd = 1893,0 kN 

Ed ≤Rd  780,0 < 1893,0  verifica soddisfatta

Rd / Ed = 2,427 > 1 

Approccio 2 (A1+M1+R3) 

Sono incrementate le azioni (A), invariati i parametri geotecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) Valore di progetto dell’azione: Ed = γQ Qhk

γQ = 1,5 (da Tabella 6.2.I colonna A1) Ed = 450,0 kN 

Coefficiente dʹattrito di progetto: tanδd = tanδk / γφʹ

γφʹ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

si applica a tanδ il coeff. parziale per tanφʹ:  tanδd = 0,493 Valore di progetto della resistenza (Rd):  (Gfond,k + Gv,k/γG1)/γR γG1 = 1 (da Tabella 6.2.I colonna A1) γR = 1,1 (da Tabella 6.4.I colonna R3) Rd = 1893,0 kN 

Ed ≤Rd  450,0 < 1893,0  verifica soddisfattaRd / Ed = 4,207 > 1 

Verifiche  allo  stato  limite ultimo  (SLU) dellʹinsieme  fondazione‐terreno  (GEO)  (Verifiche di 

capacità portante) 

Approccio 1 – Combinazione 2 (A2+M2+R2) 

Sono invariate  le azioni permanenti, incrementate le azioni variabili (A), ridotti  i parametri geo‐

tecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto del carico verticale: Vd = γG (Gvk + Gʹfond,k) 

γG = 1 (da Tabella 6.2.I colonna A2) Vd = 2082,3 kN 

Valore di progetto del carico orizzontale variabile: Hd = γQ Qhk γQ = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A2) Hd = 390,0 kN 

Valore di progetto del momento alla  base: Md = Hd (h + D) = 4680,0 kN m 

Eccentricità di progetto: ed = Md / Vd = 2,2 m 

Larghezza equivalente di progetto: Bʹd = B  ‐2ed = 1,00 m 

Area equivalente di progetto: Aʹd = B x Bʹd = 5,53 m2

Valore di progetto dellʹangolo di resistenza al taglio: tanφʹd = tanφʹk / γφʹ

γφʹ = 1,25 (da Tabella 6.2.II colonna M2) 

tanφʹd = 0,560  φʹd = 0,511rad = 29,26° Pressione latistante la fondazione: q = γD = 40,00kPa 

Capacità portante di progetto: qlim,d = cʹNc sc dc ic  bc gc + q Nq sq dq iq  bq gq + 0,5 γ Bʹ Nγ sγ dγ iγ  bγ gγ 

per φʹ = φʹd = 29,26° = 0,511rad 

Fattori di capacità portante:  Nc = 28,422  Nq = 16,921  Nγ = 17,837 

Fattori di forma:  sc = 1,109  sq = 1,102  sγ = 0,927 

Fattori di profondità:  dc = 1,344  dq = 1,324  dγ = 1,000 

Fattori di inclinazione:  ic = 0  iq = 0,682  θ = 0°  iγ = 0,554 

15 – 25

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Capitolo 15 CAPACITÀ PORTANTE DELLE FONDAZIONI SUPERFICIALI

 

m = mL = 1,846 

Fattori di inclinazione del piano di posa = 1 

Fattori di inclinazione del piano campagna = 1 

Capacità portante: qlim,d = 673,5 kPa 

R = Aʹd qlim,d = 3722,5 kN 

Valore di progetto della resistenza:  Rd =  R/γR 

γR = 1,8 (da Tabella 6.4.I colonna R2) Rd =  2068,0  kN 

Vd = Ed ≤Rd  2082,3 > 2068,0  verifica non soddisfatta 

Rd / Ed = 0,993 < 1 

Approccio 2 (A1+M1+R3) 

Sono incrementate le azioni (A), invariati i parametri geotecnici (M) e ridotta la resistenza ( R ) 

Valore di progetto del carico verticale:  Vd = γG (Gvk + Gʹfond,k) 

γG = 1,3 (da Tabella 6.2.I colonna A1) Vd = 2706,9 kN 

Valore di progetto del carico orizzontale variabile: Hd = γQ Qhk γQ = 1,5 (da Tabella 6.2.I colonna A1) Hd = 450,0 kN 

Valore di progetto del momento alla  base: Md = Hd (h + D) = 5400,0kN m 

Eccentricità di progetto: ed = Md / Vd = 1,99 m 

Larghezza equivalente di progetto: Bʹd = B  ‐2ed = 1,51 m 

Area equivalente di progetto: Aʹd = B x Bʹd = 8,31 m2

Valore di progetto dellʹangolo di resistenza al taglio: tanφʹd = tanφʹk / γφʹ

γφʹ = 1 (da Tabella 6.2.II colonna M1) 

tanφʹd = 0,700  φʹd = 0,611 rad = 35,00° 

Pressione latistante la fondazione: q = γD = 40,00 kPa 

Capacità portante di progetto: qlim,d = cʹNc sc dc ic  bc gc + q Nq sq dq iq  bq gq + 0,5 γ Bʹ Nγ sγ dγ iγ  bγ gγ 

per φʹ = φʹd = 35,00° = 0,611rad 

Fattori di capacità portante:  Nc = 46,124  Nq = 33,296  Nγ = 45,228 

Fattori di forma:  sc = 1,198  sq = 1,192  sγ = 0,890 

Fattori di profondità:  dc = 1,243  dq = 1,235  dγ = 1,000 

Fattori di inclinazione:  ic = 0  iq = 0,723  θ = 0°  iγ =0,603 

m = mL = 1,785 

Fattori di inclinazione del piano di posa = 1 

Fattori di inclinazione del piano campagna = 1 

Capacità portante: qlim,d = 1418,1 kPa 

R = Aʹd qlim,d = 11778,7 kN 

Valore di progetto della resistenza: Rd =  R/γRγR = 2,3 (da Tabella 6.4.I colonna R3) Rd = 5121,2 kN 

Vd = Ed ≤Rd  2706,9 < 5121,2  verifica soddisfatta 

Rd / Ed = 1,892 > 1 

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

CAPITOLO 18

STABILITÀ DEI PENDII 

18.1  Frane

18.1.1  Fattori e cause dei movimenti franosi

Per frana si intende un rapido spostamento di una massa di roccia o di terra il cui centro digravità si muove verso il basso e verso l’esterno.

I principali fattori che influenzano la franosità sono:

•  fattori geologici, ovvero caratteri strutturali (faglie e fratturazioni), giacitura, scistosità,associazione e alternanza fra i litotipi, degradazione, alterazione, eventi sismici e vul-

canici;•  fattori morfologici ovvero pendenza dei versanti;•  fattori idrogeologici, ovvero circolazione idrica superficiale e sotterranea, entità e di-

stribuzione delle pressioni interstiziali;•  fattori climatici e vegetazionali, ovvero alternanza di lunghe stagioni secche e periodi

di intensa e/o prolungata piovosità, disboscamenti e incendi;•  fattori antropici, ovvero scavi e riporti, disboscamenti e abbandono delle terre.

Le cause dei movimenti franosi possono essere distinte in cause strutturali o predispo-nenti, prevalentemente connesse ai fattori geologici, morfologici e idrogeologici, e incause occasionali o determinanti (o scatenanti), prevalentemente connesse ai fattori cli-

matici, vegetazionali, antropici ed al manifestarsi di eventi sismici o vulcanici.Il movimento franoso si manifesta quando lungo una superficie (o meglio in corrispon-denza di una “fascia” di terreno in prossimità di una superficie) all’interno del pendio, letensioni tangenziali mobilitate per l’equilibrio (domanda di resistenza) eguagliano la ca-

 pacità di resistenza al taglio del terreno. Ciò può avvenire per un aumento della domandadi resistenza, per una riduzione della capacità di resistenza o per il manifestarsi di en-trambi i fenomeni. Un aumento della domanda di resistenza può essere determinato da unincremento di carico (dovuto ad esempio alla costruzione di un manufatto o ad un eventosismico), o da un aumento dell’acclività del pendio (dovuta ad esempio a erosione o sban-camento al piede). La riduzione della resistenza al taglio può essere dovuta ad un incre-mento delle pressioni interstiziali (per effetto ad esempio di un innalzamento della falda odella riduzione delle tensioni di capillarità prodotti dalla pioggia) o per effetto di fenome-ni fisici, chimici o biologici.

Per l’innesco e l’evoluzione di un fenomeno franoso è molto importante la dipendenzadella resistenza al taglio dall’entità della deformazione, ovvero la curva tensioni-deformazioni del terreno, ed i valori di resistenza al taglio di picco e residua. Infatti ladomanda e la capacità di resistenza lungo la superficie di scorrimento potenziale sono va-riabili, e quando in una parte di essa viene superata la resistenza di picco e la capacità re-sistente decade ad un valore residuo, si verifica una ridistribuzione degli sforzi con par-ziale trasferimento della domanda ad un’altra parte, meno sollecitata, della superficie discorrimento (fenomeno di rottura progressiva). Pertanto, in condizioni di equilibrio limite

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

del pendio, il valore medio pesato della resistenza al taglio mobilitata lungo la superficiedi scorrimento è intermedio tra la resistenza di picco e la resistenza residua.

18.1.2   Nomenclatura di un movimento franoso

 Negli schemi di Figura 18.1 sono indicate le parti fondamentali di un movimento franoso.

In particolare in Figura 18.1a sono indicati, la nicchia di distacco, che è la zona superioredella frana, con una caratteristica forma "a cucchiaio", l’alveo di frana, che è la porzioneintermedia, e il cumulo di frana, che è la parte terminale della frana, di forma convessa erilevata rispetto alla superficie topografica preesistente.

I numeri di Figura 18.1b indicano rispettivamente: 1. il coronamento, 2. la scarpata prin-cipale, 3. la testata o terrazzo di frana, 4. le fessure trasversali, 5. la scarpata secondaria,6. il terrazzo di frana secondario, 7. la zona delle fessure longitudinali, 8. la zona dellefessure trasversali, 9. la zona dei rigonfiamenti trasversali e, a valle, delle fessure radiali,

10. l’unghia del cumulo di frana e, infine, 11. il fianco destro.

 

1

a)

2

3

456

x

L

y

7

11

8 c

c

c

  Z o n a 

 d  i  a c c u

 m u  l o

  L

910

  Z o n a 

 d  i  d  i s t a

 c c o

 S u p e r f  i c  i e

  d  i  r o t

 t u r a

  P  i e g  a

 S u p e r f  i c  i e

  d  i  s e p

 a r a z  i o n e

Z o n a  d i  d i s t a c c o 

C u m u l o  d i  f  r a n a 

   A    l   v

  e  o    d    i    f   r

  a   n  a

 b)

Figura 18.1 - Nomenclatura delle parti di un movimento franoso 

18.1.3  Classificazione dei movimenti franosi

I movimenti franosi possono essere caratterizzati da diverse forme della superficie di

scorrimento e da diversi meccanismi di rottura.L’individuazione dell’andamento della superficie di rottura (effettiva o potenziale) e delcinematismo di collasso è importante per la scelta del metodo di analisi più appropriato edegli eventuali interventi di stabilizzazione e di mitigazione degli effetti. Per questo moti-vo sono stati proposti diversi sistemi di classificazione delle frane tra i quali il più noto eutilizzato è il sistema di Varnes (1978), che distingue sei classi fondamentali:

18 – 2

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

crolli (falls): caratterizzati dallo spostamento dei materiali in caduta libera e dal successi-vo movimento, per salti e/o rimbalzi, dei frammenti di roccia (Figura 18.2). Generalmentesi verificano in versanti interessati da preesistenti discontinuità strutturali ( faglie e  pianidi stratificazione) e sono, di nor-ma, improvvisi con velocità di ca-duta dei materiali elevata. La franadi crollo avviene in pareti subver-ticali di roccia, dalle quali si stac-cano blocchi di materiale che pre-cipitano al piede della scarpata.Cause determinanti sono le escur-sioni termiche (gelo e disgelo),l’erosione alla base, le azioni si-smiche e le azioni antropiche.

Figura 18.2 – Frana di crollo

ribaltamenti (topples): movimentisimili ai crolli, determinati dallestesse cause e caratterizzati dal ri-

 baltamento frontale del materialeche ruota intorno ad un punto al disotto del baricentro della massa. Imateriali interessati sono general-mente rocce lapidee che hanno su-

 bito intensi processi di alterazionee/o che presentano delle superficidi discontinuità (faglie o superfici

di strato). Le frane per ribaltamento(Figura 18.3) si verificano di normanelle zone dove le superfici di stra-to risultano essere sub-verticali (a)o lungo le sponde dei corsi d’acqua

 per scalzamento al piede (b).Figura 18.3 - Frane di ribaltamento.

scorrimenti  (slides): in base alla forma della superficie di scorrimento si distinguono inscorrimenti rotazionali e scorrimenti traslativi (Figura 18.4). Lo  scorrimento rotazionale 

Figura 18.4 - Frane di scorrimento rotazionale (a) e traslazionale (b)

 b)a)

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

avviene in terreni o rocce dotati di coesione e si sviluppa lungo una superficie general-mente concava, che si produce al momento della rottura del materiale. La parte inferioredel cumulo di frana tende ad allargarsi e dà luogo spesso a frane di colamento. Lo  scorri-

 mento traslazionale invece consiste nel movimento di masse rocciose o di terreni, lungouna superficie di discontinuità poco scabrosa e preesistente disposta a franapoggio. Le

 principali cause degli scorrimenti sono le acque di infiltrazione, le azioni antropiche e iterremoti.

espansioni laterali  (lateral spreads): so-no movimenti complessi, a componenteorizzontale prevalente, che hanno luogoquando una massa rocciosa lapidea e frat-turata giace su un terreno dal comporta-mento molto plastico (Figura 18.5).

colamenti  ( flows): sono movimenti fra-

nosi, anche molto estesi, che si verificanonei terreni sciolti (Figura 18.6). La super-ficie di scorrimento non è ben definibile,la velocità è variabile da punto a puntodella massa in frana, talvolta è molto ele-vata con conseguenze catastrofiche. Il materiale in frana ha il comportamento di un fluidoviscoso e segue l’andamento di preesistenti solchi di erosione che ne costituisconol’alveo.

Figura 18.5 - Espansioni laterali

Figura 18.6 - Colamenti Figura 18.7 – Fenomeni franosi complessi

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

fenomeni complessi (complex): sono combinazioni di due o più tipi di frane precedente-mente descritte, ad esempio: crollo di roccia e colata di detrito, scorrimento rotazionale eribaltamento, scorrimento traslativo di blocchi e crollo di roccia, etc.. (Figura 18.7).

18.2  Analisi di stabilità dei pendii

I metodi di analisi della stabilità dei pendii più diffusi ed utilizzati nella pratica professio-nale sono metodi all’equilibrio limite, che ipotizzano per il terreno un comportamento ri-gido – perfettamente plastico. Si immagina cioè che il terreno non si deformi fino al rag-giungimento della condizione di rottura, e che, in condizioni di rottura, la resistenza al ta-glio si mantenga costante e indipendente dalle deformazioni accumulate. Da tale ipotesi,fortemente semplificativa, consegue che: a) la rottura si manifesta lungo una superficienetta di separazione tra la massa in frana e il terreno stabile, b) la massa in frana è un

 blocco indeformato in moto di roto-traslazione rigida, c) la resistenza mobilitata lungo la

superficie di scorrimento in condizioni di equilibrio limite è costante nel tempo, indipen-dente dalle deformazioni e quindi dai movimenti della frana, e ovunque pari alla resisten-za al taglio, d) non è possibile determinare né le deformazioni precedenti la rottura, nél’entità dei movimenti del blocco in frana, né la velocità del fenomeno.

Inoltre la maggior parte dei metodi di verifica della stabilità dei pendii considerano il pro- blema piano (cioè ipotizzano che la superficie di scorrimento sia di forma cilindrica condirettrici ortogonali al piano considerato), analizzando di norma una o più sezioni longi-tudinali del versante e trascurando gli effetti tridimensionali.

Ulteriori ipotesi semplificative, diverse da un metodo all’altro, sono necessarie per rende-re il problema staticamente determinato (come si vedrà nel Paragrafo 18.6), cosicché a pa-

rità di geometria e di caratteristiche fisico-meccaniche del terreno, il risultato dell’analisi,in termini di superficie di scorrimento critica (superficie per la quale il rapporto fra resi-stenza disponibile e resistenza mobilitata assume il valore minimo) e di coefficiente di si-

 curezza  (rapporto fra resistenza disponibile e resistenza mobilitata), non è unico ma di- pende dal metodo adottato.

 Nonostante tutto però, l’affidabilità dei risultati dipende quasi esclusivamente dalla cor-retta schematizzazione del fenomeno e dalla scelta dei parametri di progetto che, proprioa causa della scarsa aderenza alla realtà fisica del modello costitutivo adottato per il terre-no, devono essere fissati con grande attenzione e consapevolezza.

Occorre poi distinguere i pendii naturali dai pendii artificiali, non solo e non tanto perchéi volumi in gioco e le condizioni di carico sono spesso molto diversi, o perché alcuni me-todi di analisi sono più adatti allo studio della stabilità degli uni o degli altri, ma perché ègeneralmente molto diversa la conoscenza qualitativa e quantitativa della geometria su-

 perficiale e profonda, e delle proprietà fisico-meccaniche dei terreni.

 Nei pendii artificiali (ad esempio i fianchi dei rilevati stradali, degli argini o delle dighein terra) quasi sempre la geometria è semplice e nota, i terreni sono materiali da costru-zione omogenei ed hanno caratteristiche fisico-meccaniche note, poiché corrispondentialle specifiche di capitolato, lo schema bidimensionale (problema piano) è aderente allarealtà fisica, poiché si tratta di opere con una dimensione di gran lunga prevalente rispettoalle altre due e con variazioni graduali della sezione trasversale, le condizioni di carico

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

 possono variare rapidamente nel tempo, ad esempio per gli argini al variare del livello delfiume, o per le dighe al variare del livello di invaso.

I pendii naturali invece sono di norma caratterizzati da una morfologia superficiale e pro-fonda complessa, da una grande variabilità spaziale delle caratteristiche fisico-

meccaniche dei terreni, e di norma da una meno rapida variazione delle condizioni di ca-rico (salvo le azioni sismiche). Le indagini geologiche, idrogeologiche e geotecniche, lacui estensione ed approfondimento devono essere commisurati, in termini anche econo-mici, all’importanza, alle finalità, all’estensione ed alla gravità del problema in studio edalla fase di progettazione, possono solo fornire un quadro approssimato e parziale dellarealtà fisica.

 Nel caso degli scavi le condizioni sono talora, in un certo senso, intermedie, poiché la ge-ometria superficiale è ben definita, ma il terreno di cui è costituito il pendio è naturale, equindi può essere caratterizzato anche da forte variabilità spaziale, le condizioni di carico,legate ai tempi e ai modi di realizzazione dello scavo e di permanenza dello scavo aperto,

 possono variare sensibilmente nel tempo.

18.3  Pendii indefiniti

Lo schema di pendio indefinito è applicabile al caso di frane di scorrimento allungate, incui l’influenza delle porzioni di sommità e di piede è trascurabile. La stabilità delle coltridi terreno alluvionale o detritico, di piccolo spessore rispetto alla lunghezza della frana,

 poste su un terreno di fondazione più rigido è di norma trattata con riferimento allo sche-ma di pendio indefinito.

18.3.1  Pendio indefinito di terreno incoerente asciutto

Consideriamo inizialmente il caso di un pendio indefinito di terreno omogeneo, incoeren-te e asciutto, con resistenza al taglio datadall’equazione: τf   = σ’ tanφ’. In Figura18.8 sono rappresentate le condizioni diequilibrio di un generico concio di terre-no delimitato da due superfici verticali eda un piano di base appartenente alla po-tenziale superficie di scorrimento, paral-lelo alla superficie del pendio. Per sim-

metria le tensioni sulle facce laterali delconcio sono eguali e opposte, quindi leazioni risultanti hanno la stessa rettad’azione parallela al pendio, stessa dire-zione, stesso modulo, e verso opposto.Pertanto si elidono a vicenda e non inter-vengono nelle equazioni di equilibrio.

W

β

 T=W sin

N=W cos

W

Figura 18.8 - Schema di pendio indefinito incoe-

rente asciutto

Il fattore (o coefficiente) di sicurezza FS 

è in generale il rapporto tra la capacità di resistenza, C, e la domanda di resistenza, D:

D

CFS =   (Eq. 18.1) 

18 – 6

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

 Nel caso in esame, considerando l’equilibrio alla traslazione lungo la superficie di basedel concio, inclinata di un angolo β rispetto all’orizzontale si ha che:

-  C è la forza di taglio massima disponibile alla base del concio:

'tancosW'tan NTC f    φ⋅β⋅=φ⋅==  

-  D è la forza di taglio necessaria per l’equilibrio: β⋅== sinWTD  

dunque:

βφ

=β⋅

φ⋅β⋅==

tan

'tan

sinW

'tancosW

D

CFS   (Eq. 18.2) 

In condizioni di equilibrio limite 1FS =   e dunque: 'max   φ=β  

Si può osservare che:

-  la condizione di equilibrio limite si verifica per β = φ’,-  la superficie di scorrimento è parallela al pendio,-  la condizione di equilibrio è indipendente dalla profondità della superficie di

scorrimento,-  l’unico parametro geotecnico necessario per valutare il coefficiente di sicurezza FS è

l’angolo di resistenza al taglio φ’.

È inoltre da sottolineare che:-  nelle verifiche di sicurezza è opportuno assumere φ’ = φ’cv, avendo indicato con φ’cv 

l’angolo di resistenza al taglio a volume costante, ovvero allo stato critico,-  nei pendii naturali può aversi β > φ’ per effetto di capillarità, leggera cementazione,

radici, altezza limitata del pendio.

18.3.2  Pendio indefinito di terreno incoerente totalmente immerso in acqua in quiete

Si consideri l’equilibrio del concio diterreno omogeneo, incoerente etotalmente immerso in acqua in quieteindicato in Figura 18.9.

In questo caso oltre alle forze presentinel caso di terreno incoerente asciutto

(Paragrafo 13.3.1), agisce sul conciouna spinta dell’acqua, risultante delle pressioni idrostatiche agenti sulle pareti, che risulta verticale e direttaverso l’alto, pari al peso specificodell’acqua per il volume del concio.Per l’equilibrio è pertanto sufficientefare riferimento al peso immerso (oefficace) del concio, che vale:

Livello d’ac ua

d

a

β

Figura 18.9 - Schema di pendio indefinito immerso inacqua in quiete

da''W   ⋅⋅γ=  

18 – 7

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

essendo wsat'   γ−γ=γ   il peso di volume immerso del terreno e avendo assunto uno

spessore unitario del concio nella direzione ortogonale al piano del disegno.

Poiché per un pendio indefinito il peso del concio è ininfluente sul valore del fattore disicurezza, anche nel caso di pendio totalmente immerso in acqua in quiete il fattore di

sicurezza vale:

βϕ

=tan

'tanFS   (Eq. 18.3) 

come per il caso di pendio asciutto.

18.3.3  Pendio indefinito di terreno omogeneo con filtrazione parallela al pendio

Lo schema di pendio indefinito con filtrazione parallela al pendio (Figura 18.10) è spessoutilizzato per verificare la stabilità di una coltre di terreno, relativamente permeabile e di

spessore quasi costante, su un substrato roccioso o comunque di terreno non alterato, poco permeabile e stabile, allorché in seguito a prolungate piogge diviene sede di un moto difiltrazione parallelo al pendio. L’altezza della falda viene messa in relazione alla durata eall’intensità della pioggia, ed al coefficiente di assorbimento del terreno. 

La resistenza al taglio del terreno vale: 'tan''cf    φ⋅σ+=τ ,

ed il fattore di sicurezza è:τ

τ= f FS

Facendo riferimento alla Figura 18.10 e indicando con γ il peso di volume medio del ter-reno sopra falda e con γ

sat il peso di volume del terreno saturo (sotto falda), la componente

del peso normale alla base del concio è:

( )[ ]   β⋅⋅γ⋅+γ⋅−=β⋅= coszmm1cosW N sat  

la lunghezza della base del concio è:β

=cos

1l ,

dunque la tensione normale alla base del concio vale:

( )[ ]   β⋅⋅γ⋅+γ⋅−=σ 2sat coszmm1

La componente del peso parallela alla base del concio è:

( )[ ]   β⋅⋅γ⋅+γ⋅−=β⋅= sinzmm1sinWT sat  

dunque la tensione di taglio alla base del concio vale:

( )[ ]   β⋅β⋅⋅γ⋅+γ⋅−=τ cossinzmm1 sat .

In questo caso è inoltre possibile osservare che la risultante delle pressioni interstiziali a-genti sulle due facce verticali del concio è uguale ed opposta e che lungo la base inferiorela distribuzione delle pressioni interstiziali è uniforme e la pressione interstiziale vale:

β⋅γ⋅⋅=⋅γ= 2www coszmhu

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

Figura 18.10 - Schema di pendio indefinito con filtrazione parallela al pendio

β

mz 

Quindi l’espressione generale per il fattore di sicurezza risulta:

( )[ ]( )[ ]   β⋅β⋅⋅γ⋅+γ⋅−

φ⋅β⋅⋅γ⋅+γ⋅−+=

τφ⋅−σ+

=cossinzmm1

'tancosz'mm1'c'tan)u('cFS

sat

2

  (Eq. 18.4) 

Se si assume, come ipotesi semplificativa e cautelativa, oltreché molto spesso realisti-

ca, , risulta:0'c =[ ]

[ ]   βφ

⋅γ⋅+γ⋅−γ⋅+γ⋅−

=tan

'tan

m)m1(

'm)m1(FS

sat

  (Eq. 18.5) 

se poi, per semplicità e senza grave errore, si assume γ = γsat (anche perché molto spesso ilterreno sopra falda è saturo per risalita capillare e per infiltrazione dell’acqua piovana),risulta:

( )βφ

⋅γ

γ⋅−γ=

tan

'tanmFS

sat

wsat  (Eq. 18.6) 

 Nel caso particolare di m = 1 (falda coincidente con il piano campagna) si ottiene:

βφ

⋅γγ

=tan

'tan'FS

sat

  (Eq. 18.7) 

Poiché il rapportosat

'

γγ

 è circa pari a 0,5, ne consegue che la presenza di un moto di fil-

trazione parallelo al pendio con livello di falda coincidente con il piano campagna riduceil coefficiente di sicurezza ad un valore che è circa la metà del coefficiente di sicurezzadel pendio asciutto o immerso in acqua in quiete.

18 – 9

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

18.4  Pendii di altezza limitata

Per le verifiche di stabilità di pendii di altezza limitata con metodi all’equilibrio limite, siconsidera l’equilibrio di una massa di terreno delimitata da una superficie di slittamentodi forma nota (molto spesso circolare o a forma di spirale logaritmica). La resistenza altaglio disponibile, C, e quella mobilitata, D, sono calcolate impiegando solo le equazionidi equilibrio statico ed il criterio di rottura di Mohr-Coulomb. Il coefficiente di sicurezzaè definito come il rapporto C/D ed è assunto costante lungo tutta la superficie di scorri-mento potenziale.

I metodi di calcolo della stabilità possono essere utilizzati in modo diretto o inverso, ov-vero:

-   per stimare il coefficiente di sicurezza di un pendio stabile, si fissa la geometria super-ficiale e profonda, si attribuiscono valori di progetto ai parametri geotecnici, si ipotizzal’entità e la distribuzione delle pressioni interstiziali, e si determinano per tentativi ilcoefficiente di sicurezza e la superficie di scorrimento critica (ricordando che perquest’ultima si intende la superficie cui è associato il minimo valore del rapporto fraresistenza disponibile e resistenza mobilitata);

-  se invece la frana è in atto o è avvenuta, la superficie di scorrimento è nota o sperimen-talmente determinabile, e le equazioni di equilibrio consentono di determinare, postoFS = 1, la resistenza al taglio media in condizioni di rottura lungo la superficie di scor-rimento.

18.5  Pendii artificiali

Come già è stato detto, i pendii artificiali, ovvero realizzati dall’uomo con la costruzionedi un’opera in terra o con scavi, sono caratterizzati in genere da una morfologia elementa-re e, nel caso di opere in terra, da terreni omogenei. Inoltre l’ipotesi di bidimensionalitàdel problema è molto spesso ben verificata, poiché la lunghezza del rilevato o dello scavoè di norma molto maggiore dell’altezza, e quest’ultima è costante o varia gradualmente.Pertanto i metodi all’equilibrio limite per la verifica della stabilità di pendii artificiali con-siderano un blocco unico di terreno omogeneo, geometricamente definito dalla superficietopografica e dalla superficie di scorrimento potenziale. Una volta fissata la forma dellasuperficie di scorrimento, tali metodi si prestano a soluzioni adimensionali.

 Nell’ambito dei pendii artificiali, occorre tuttavia distinguere tra pendii di rilevato e pen-

dii di scavo. Nel primo caso si ha di norma una differenza tra il terreno naturale di fondazione e il ter-reno artificiale di costruzione del rilevato. La messa in opera del rilevato, determina nelterreno di fondazione un incremento delle tensioni totali e induce un processo di consoli-dazione, più o meno rapido a seconda della permeabilità del terreno. Pertanto occorre as-sociare alla verifica di stabilità del pendio anche la verifica di capacità portante a breve ea lungo termine del terreno di fondazione.

 Nel corpo dei rilevati stradali le pressioni interstiziali sono, di norma, nulle (o negative) ela verifica di stabilità del pendio può essere svolta in termini di tensioni efficaci.

 Nel corpo dei rilevati arginali e delle dighe in terra le pressioni interstiziali variano con le

condizioni di carico idraulico nello spazio e nel tempo. In condizioni di moto di filtrazio-

  18 – 10

7/17/2019 GeoTecnica APPUNTI

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

ne assente o stazionario è possibile misurare o calcolare la distribuzione delle pressioniinterstiziali e svolgere l’analisi di stabilità in termini di tensioni efficaci. In condizioni dimoto di filtrazione transitorio, ad esempio dopo uno svaso rapido, se il terreno è poco

 permeabile, la distribuzione delle pressioni interstiziali è difficilmente determinabile el’analisi di stabilità viene svolta in termini di tensioni totali, con riferimento alla resisten-za al taglio non drenata relativa alla pressione di consolidazione iniziale. Tale condizioneè la più critica, poiché viene a mancare la pressione dell’acqua che sostiene il pendio (equindi aumenta la domanda di resistenza), mentre si assume invariata la capacità di resi-stenza. Nel tempo, col dissiparsi delle sovrapressioni interstiziali, la resistenza al taglio, equindi il coefficiente di sicurezza tenderanno a crescere.

 Nel caso di pendii di scavo, l’analisi di stabilità presenta in genere maggiori incertezze acausa della variabilità del terreno naturale che costituisce il pendio. Per scavi sotto falda sidetermina un moto di filtrazione ascendente e sono pertanto necessarie le verifiche al si-fonamento e di stabilità del fondo scavo.

Se si esegue uno scavo in un terreno sotto falda, ad esempio per realizzare le fondazionidi un fabbricato, e si mantiene asciutto il fondo dello scavo per permettere le lavorazioni,si produce un’alterazione dello stato tensionale del terreno circostante. In particolare letensioni totali si riducono via via che procede lo scavo, mentre le pressioni interstiziali ele pressioni efficaci variano con tempi che dipendono dalla permeabilità del terreno. Per-tanto il fattore di sicurezza del pendio, ovvero il rapporto tra capacità e domanda di resi-stenza, FS = C/D, varia nel tempo, ed il periodo durante il quale possono prodursi frana-menti dopo la realizzazione di uno scavo sotto falda, ovvero il momento critico di minimovalore di F, dipende dalla natura del terreno.

 Nei terreni granulari molto permeabili (sabbie e ghiaie) la falda assume la posizione diequilibrio via via che procede lo scavo (fasi 1, 2, 3 di Figura 18.11), ovvero non solo le

 pressioni totali, ma anche le pressioni interstiziali ed efficaci variano in tempo reale, e ilmoto di filtrazione è, istante per istante, in regime stazionario. Pertanto le condizioni distabilità sono indipendenti dal tempo (condizioni drenate) e le verifiche di stabilità posso-no e devono essere eseguite in termini di tensioni efficaci, previa valutazione del reticoloidrodinamico.

Piano di campagna

SCAVO

Fase 1

Livello di faldainiziale

Fase 2

Fase 3

Figura 18.11 - Fasi di uno scavo

18 – 11

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

Invece, nei terreni a grana fine poco permeabili (limi e argille), durante lo scavo a causadella variata distribuzione delle tensioni nascono sovrapressioni interstiziali che non pos-sono dissiparsi rapidamente. Le condizioni di stabilità sono dipendenti dal tempo, e poi-ché difficilmente si conosce l’evoluzione delle pressioni interstiziali in regime di filtra-zione transitorio, le verifiche di stabilità devono essere eseguite sia per condizioni nondrenate a breve termine (in tensioni totali), sia per condizioni drenate a lungo termine (intensioni efficaci). In linea generale, la condizione più critica per la stabilità è a lungo ter-mine. Infatti a causa dello scarico tensionale prodotto dallo scavo si ha una diminuzioneistantanea della domanda di resistenza, mentre le tensioni efficaci, e quindi la capacità diresistenza, si riducono lentamente con il dissiparsi delle sovrapressioni interstiziali nega-tive. Pertanto il coefficiente di sicurezza diminuisce gradualmente, ed un fronte di scavo,inizialmente stabile, può collassare dopo un certo tempo. Le verifiche di stabilità a brevetermine sono di norma eseguite per scavi solo temporaneamente non sostenuti.

18.5.1  Analisi di stabilità di un pendio omogeneo nell’ipotesi di superficie di scorrimento piana (metodo di Culmann)

Il metodo di Culmann per l’analisi di stabilità di un pendio omogeneo di altezza limitataconsidera le condizioni di equilibrio di un cuneo di terreno delimitato da una superficie discorrimento piana (in analogia al metodo di Coulomb per la determinazione della spintadelle terre). Evidenze sperimentali e analisi teoriche dimostrano che, salvo casi particola-ri, l’ipotesi di superficie di scorrimento piana non è realistica né cautelativa, tuttavia con-sente una trattazione semplice del problema, utile a comprendere lo spirito dei metodiall’equilibrio limite globale.

Si consideri il pendio indicato in Figura 18.12, avente altezza H, angolo di pendio β  ri-

spetto all’orizzontale, e costituito da un terreno omogeneo con peso di volume γ e resi-stenza al taglio espressa dall’equazione di Mohr-Coulomb: τf  = c + σ tanφ.

Assumiamo come potenziale superficie di scorrimento il piano AC, inclinato di un angoloθ sull’orizzontale, che individua il cuneo ABC.

Il peso del cuneo ABC, vale:

H

β θA

B C

 

Figura 18.12 - Cuneo di Culmann

( )θ⋅β

θ−β⋅⋅γ⋅=

⋅⋅γ⋅=⋅⋅γ⋅=

sensen

senH

2

1

(cotH2

1BCH

2

1W

2

2 =β−θ )cot

(Eq. 18.8)

Le componenti normale, N, e tangenziale, T,di W rispetto al piano AC, valgono:

( )

( )β

θ−β⋅⋅γ⋅=θ⋅=

θ⋅θ⋅β

θ−β⋅⋅γ⋅=θ⋅=

sen

senH

2

1senWT

cossensen

senH

2

1cosW N

2

2

 

(Eq. 18.9)

La tensione normale media, σ, e la tensione tangenziale media, τ, sul piano AC valgono:

18 – 12

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

( )

( )

θ⋅β

θ−β

⋅⋅γ⋅=⎟ ⎠ ⎞⎜

⎝ ⎛ 

θ==τ

θ⋅β

θ−β⋅⋅γ⋅=

⎟ ⎠

 ⎞⎜⎝ 

⎛ θ

==σ

sensen

sen

H2

1

senH

T

AC

T

cossen

senH

2

1

sen

H

 N

AC

 N

  (Eq. 18.10)

Il coefficiente di sicurezza del pendio, FS, è il rapporto tra la resistenza al taglio e la ten-sione tangenziale mobilitata per l’equilibrio lungo la superficie di scorrimento potenzialeAC:

( )

( )

( )   θφ

+θ⋅β−θ

⋅γ

=

=θ⋅

βθ−β

⋅⋅γ⋅

φ⋅θ⋅β

θ−β⋅⋅γ⋅+

φ⋅σ+=

τ

τ=

tan

tan

sengcotgcot

1

H

c2

sensen

senH

2

1

tancossen

senH

2

1c

tancFS

2

 

(Eq. 18.11) 

Per c = 0 l’Eq. 18.11 diviene:θφ

=tan

tanFS , ovvero la condizione di equilibrio limite si ha

 per θ = θcrit = φ.

In presenza di un terreno dotato di coesione (c > 0), per determinare l’angolo θcrit che in-dividua la superficie di scorrimento potenziale critica, ovvero quella superficie cui è asso-

ciato il minimo valore di FS, si impone eguale a zero la derivata dell’Eq. 18.11 rispetto aθ: 0

FS=

θ∂∂

, e si risolve per θ.

 Ne risulta un’equazione di secondo grado in tanθcrit:

 posto: t = tanθcrit

at2 + bt + c = 0 (Eq. 18.12)

in cui

2gcotAa   β+=   con

φ⋅γ−=

tanH

c2A

 b = 2 (A-1) cotgβ

c = 1 – A

Sostituendo il valore ottenuto di θcrit nell’Eq. 18.11 si ottiene il valore del fattore di sicu-rezza FS.

L’altezza critica, Hcr , ovvero la massima altezza del pendio compatibile con l’equilibrio,si ottiene imponendo FS = 1, e risulta:

18 – 13

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

( )⎥⎦

⎤⎢⎣

φ−β−φ⋅β

⋅γ⋅

=cos1

cossenc4Hcr    (Eq. 18.13) 

Se l’analisi è svolta in termini di tensioni totali ed il terreno è saturo, la resistenza al taglio

vale , per cui l’altezza critica di uno scavo in argilla a breve termine, in condizioninon drenate, risulta:

uf  c=τ

( )β−β

⋅γ

⋅=

cos1

senc4H u

cr    (Eq. 18.14) 

e il piano di scorrimento è inclinato di:

θcr  = β/2 

(Eq. 18.15) 

e, nel caso particolare di scavo in parete verticale (β = 90°), si ottiene:

γ

=u

cr 

c4

H θcr  = 45° 

(Eq. 18.16) 

Il metodo di Culmann (come il metodo di Coulomb per la spinta delle terre) si presta asoluzioni grafiche basate sulla costruzione del poligono delle forze, e può essere utilizzatoanche per geometrie del pendio più complesse e irregolari, e in presenza di carichiconcentrati o distribuiti sulla superficie.

18.5.2  Carte di stabilità di un pendio omogeneo nell’ipotesi di superficie di scorrimentocircolare

Per l’analisi di stabilità di un pendio omogeneo con metodi all’equilibrio limite globale siricorre in genere alla più realistica ipotesi di superficie di scorrimento circolare. Conriferimento agli schemi di Figura 18.13, se la superficie di scorrimento critica interseca il

 pendio al piede o lungo la scarpata, la rottura è detta di pendio (slope failure), e si possono avere i casi di cerchio di piede (toe circle) e di cerchio di pendio (slope circle).Se invece il punto di intersezione è ad una certa distanza dal piede del pendio, la rottura èdetta di base (base failure) ed il corrispondente cerchio è detto medio (midpoint circle).

Taylor (1937) ha affrontato analiticamente il problema della stabilità di un pendioomogeneo, con geometria regolare e di altezza limitata, fornendo soluzioni adimensionalie carte di stabilità di impiego semplice e immediato. Il terreno ha peso di volume γ, eresistenza al taglio τ  = c + σ  tanφ. Il caso di pendio costituito da materiale puramentecoesivo (γ = γsat, φu = 0, τ = cu) è applicabile per la verifica a breve termine di pendii diargilla omogenea satura non fessurata in condizioni non drenate. Il caso di pendiocostituito da materiale dotato di coesione e attrito è applicabile alle verifiche a brevetermine di terreno argilloso non saturo (γ < γsat, φu > 0, τ = cu + σ tanφu), e a lungo terminedi terreni coesivi sovraconsolidati in assenza di pressione interstiziale (φ' > 0, u = 0, τ = c’+ σ tanφ’).

Altri Autori hanno considerato casi più complessi che mettono in conto gli effetti sullastabilità di un sovraccarico uniformemente distribuito sulla sommità del pendio, dellaresistenza al taglio variabile con la profondità, dell’inclinazione della superficie a monte,della filtrazione e della sommergenza, delle fessure di trazione, di superfici di scorrimento

a forma di spirale logaritmica, etc., ma tali soluzioni richiedono numerose tabelle e/o

18 – 14

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

grafici, ed è allora preferibile utilizzare i metodi delle strisce che, con la diffusione dei programmi di calcolo automatico, non hanno più lo svantaggio del lungo tempo dicalcolo.

Stabilità a breve termine di pendii in argilla omogenea saturaPer la verifica di stabilità a breve termine, in condizioni non drenate, di un pendioomogeneo, con geometria regolare e di altezza limitata, costituito da argilla satura avente

 peso di volume γ e resistenza al taglio costante con la profondità, τf  = cu, si utilizza lasoluzione di Taylor (1937).

Lo schema geometrico di riferimento è indicato in Figura 18.14, ove a solo titolo diesempio, è rappresentata una rottura di base ed il corrispondente cerchio medio.

Il tipo di rottura e la posizione del cerchio critico dipendono, come è possibile desumeredalla Figura 18.15, dall’inclinazione β del pendio e dal fattore di profondità nd, che è il

rapporto adimensionale fra la profondità H1  di un eventuale strato rigido di base el’altezza H del pendio.

A) R OTTURA DI PENDIO 

CERCHIO DI PIEDE  CERCHIO DI PENDIO 

B) R OTTURA DI BASE 

Figura 18.13 - Schemi di rottura di un pendio omogeneo di altezza limitata consuperficie di scorrimento circolare

18 – 15

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

Figura 18.14 - Schema geometrico di riferimento per la soluzione di Taylor

Figura 18.15 - Carta di stabilità di Taylor per pendii di terreno dotato di sola coesione

In condizioni di equilibrio limite l’altezza critica del pendio vale:

γ⋅= u

sc

c NH (Eq. 18.17)

Il fattore di stabilità, Ns, adimensionale, dipende dalla geometria del problema ed èdeterminabile con il grafico di Figura 18.15, ove è indicato anche il tipo di rottura che sidetermina.

In condizioni di equilibrio stabile, il coefficiente di sicurezza FS, vale:

H

c N

H

HFS u

sc

⋅γ⋅==   (Eq. 18.18)

Dall’osservazione del grafico di Taylor, si desume che:

   per un pendio a parete verticale (β  = 90°) il fattore di stabilità vale 3,85, ovvero

l’altezza critica èγ

⋅= uc

c85,3H , inferiore al valore che si è ottenuto con l’ipotesi di

superficie di scorrimento piana ⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

γ⋅= uc

c4H ;

   per angolo di pendio β > 53° il cerchio critico è sempre di piede;

   per angolo di pendio β < 53° il cerchio critico può essere di piede, medio o di pendio aseconda della profondità dello strato rigido di base;

  in assenza di uno strato compatto di base, ovvero per nd = ∞, vi è un’altezza critica

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛ 

γ⋅= u

c

c52,5H che comunque non può essere superata, indipendentemente dal

valore di β.

18 – 16

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

Stabilità di un pendio di terreno omogeneo dotato di coesione e attrito

La soluzione di Taylor per un pendio di terreno omogeneo dotato di coesione e attrito è basata sul metodo del cerchio d’attrito, schematicamente illustrato in Figura 18.16. Il

raggio della superficie di scorrimento potenziale è indicato con R. Il cerchio d’attrito èconcentrico alla superficie circolare di scorrimento ed ha raggio R senφ. Ogni lineatangente al cerchio d’attrito che interseca la superficie di scorrimento, forma con lanormale ad essa un angolo φ. Pertanto in ogni punto della superficie di scorrimento, ladirezione della tensione mutua (somma dello sforzo normale e della tensione tangenzialedovuta all’attrito), in condizioni di equilibrio limite, forma un angolo φ con la normalealla superficie ed è tangente al cerchio d’attrito. Per un assegnato valore di φ  l’altezzacritica del pendio è data dall’equazione:

γ⋅=c

 NH sc   (Eq. 18.19) 

Il valore del fattore di stabilità Ns è funzione degli angoli β e φ (Figura 18.20).

Cerchio di attrito

Superficie di

scorrimento circolare

W = peso del terrenoc = coesione risultanteP = forza risultante

  = angolo di resistenza al taglio

  = inclinazione del pendio

φ

β

 

   S

  c

   F  a   t   t  o  r  e   d   i  s   t  a   b   i   l   i   t   à ,   N

  =

   H

   /  c

      γ

 Inclinazione del pendio, (°)β  

Figura 18.16 - Schema del metodo del cerchiod’attrito

Figura 18.17 - Carta di stabilità di Taylor per pendii di terreno dotato di coesione e attrito

18.6  Pendii naturali – Metodi delle strisce

Per le verifiche di stabilità dei pendii naturali, spesso caratterizzati da una complessa eirregolare morfologia superficiale e profonda, e da una forte variabilità delle condizionistratigrafiche e geotecniche, si ricorre, nell’ambito dei metodi all’equilibrio limite, aicosiddetti metodi delle strisce.Dopo avere scelto e disegnato una o più sezioni longitudinali del pendio in base alla mas-sima pendenza e/o ad altre condizioni critiche come la presenza di strutture o infrastruttu-re, di discontinuità morfologiche o geologiche, o anche dei segni che indicano un movi-mento avvenuto, come fratture e rigonfiamenti, si ipotizza una superficie cilindrica discorrimento potenziale, S, e si suddivide idealmente la porzione di terreno delimitato da S

18 – 17

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

e dalla superficie topografica in n conci mediante n-1 tagli verticali (Figura 18.18), nonnecessariamente di eguale larghezza, ma tali che l’arco di cerchio alla base di ciascuno diessi ricada interamente in un unico tipo di terreno.

Immaginiamo di estrarre il

concio i-esimo e di rappresen-tare le forze che agiscono su diesso in condizioni di equilibrio(Figura 18.19).

Il concio ha larghezza ∆xi, e peso Wi. La corda dell’arco dicerchio alla base è inclinata diun angolo αi  sull’orizzontale.E’i  e Xi, sono le componentinormale e tangenziale della

forza mutua tra i conci, bi è laquota di applicazione di E’i ri-spetto alla superficie di scor-rimento. Ui è la risultante delle

 pressioni interstiziali sulla superficie di separazione fra i conci i ed (i+1). N’i  e Ti  sono lecomponenti normale e tangenziale della reazione di appoggio del concio sulla superficie

di scorrimento, ai è la distanza del pun-to di applicazione di N’i  dallo spigoloanteriore, e U b,i  è la risultante delle

 pressioni interstiziali alla base del con-cio.

 Terrenotipo 1 

1

 

Livello dell’acqua 

1

n-1 

23

 Terrenotipo 2 

Superficie S

Figura 18.18 - Schema di suddivisione di un pendio in strisce

∆  x i 

i  i-1 

α i 

b i 

a i 

E’  i 

U i 

X i 

W i 

 T i 

N’  i 

E’ i-1 

Ui-1 

Xi-1 

U b,i 

Figura 18.19 - Geometria del concio i-esimo e for- ze agenti su di esso

Le ipotesi generalmente ammesse daquasi tutti i metodi delle strisce sono:

1.  stato di deformazione piano (ovverosuperficie cilindrica e trascurabilitàdegli effetti tridimensionali),

2.  arco della superficie di scorrimentoalla base del concio approssimabilecon la relativa corda,

3.  comportamento del terreno rigido-

 perfettamente plastico e criterio dirottura di Mohr-Coulomb,

4.  coefficiente di sicurezza FS eguale per la componente di coesione e perquella di attrito, e unico per tutti iconci, ovvero:

( )'i

'iii

fii tan Nl'c

FS

1

FS

TT   ϕ⋅+∆⋅⋅==

  (Eq. 18.20) 

18 – 18

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

essendoi

ii cos

xl

α

∆=∆ .

Analizzando le forze agenti sul concio (Figura 18.22) si osserva che:

−  il peso Wi del concio e le risultanti Ui e U bi delle pressioni interstiziali sono determina- bili, essendo nota la geometria del concio (αi, ∆xi e quindi ∆li) e le caratteristiche geo-metrice e geotecniche del pendio

−  la forza di taglio Ti è determinabile, nota la forza normale N’i, dalla Equazione (18.20).

e quindi, il bilancio del numero di incognite e di equazioni di equilibrio del sistema èquello indicato in Tabella 18.1.

Poiché il numero delle incognite, (5n – 2), è superiore al numero delle equazioni di equi-librio, pari a 3n, il sistema è indeterminato.

Per ridurre il numero delle incognite e rendere il sistema determinato, è necessario intro-

durre alcune ipotesi semplificative.I diversi metodi delle strisce differiscono sulle ipotesi semplificative assunte. I due piùsemplici e più diffusi metodi delle strisce sono il metodo di Fellenius ed il metodo di Bi-shop semplificato.

Tabella 18.1 - Numero delle incognite e delle equazioni di equilibrio nel metodo delle strisce

 Incognite Equazioni di equilibrio

1 FS n 0V =Σ  

n 'i N   n 0H =Σ  

n-1 'iE   n 0M =Σ  

n-1 'iX  

n ai  

n-1 bi  

n. tot. 5n-2 3n

Un’ipotesi comune a molti metodi, fra cui i metodi di Fellenius e di Bishop descritti nei paragrafi successivi, ma non a tutti, è l’ipotesi di superficie di scorrimento circolare, suf-ficientemente ben verificata quando non vi siano condizioni stratigrafiche e geotecniche

 particolari.

Se si accetta tale ipotesi, il coefficiente di sicurezza risulta pari al rapporto fra momentostabilizzante e momento ribaltante rispetto al centro della circonferenza.

Sn

1i i

n

1i fi

M

M

T

TFS   ==

∑∑

=

=  (Eq. 18.21) 

in cui:

18 – 19

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

[ ]∑∑   ϕ⋅+∆⋅⋅=⋅==

n

1

'i

'ii

n

1ifiS tan Nl'cr Tr M   (Eq. 18.22) 

∑∑   α⋅⋅=⋅==

n

1ii

n

1iiR  senWr Tr M

 

(Eq. 18.23) 

e pertanto:

[ ]

α⋅

ϕ⋅+∆⋅==

n

1ii

n

1

'i

'ii

S

senW

tan Nl'c

M

MFS   (Eq. 18.24) 

Le forze interne Xi e Ei non intervengono perchécostituiscono un sistemaequilibrato.

F2

F1

F3

F4

αi

Direzione normale alla superficie discorrimento

Figura 18.20 - Poligono delle forze agenti sul concio i-esimo

Consideriamo il poligonodelle forze che agisconosul concio i-esimo (Figura18.23):

 bi'i4

i3

1ii1ii2

1iii1

U NF

TF

)UU()EE(F

)XX(WF

+=

=

−+−=

−−=

−−

 

18.6.1   Metodo di Fellenius

Il più antico e più semplice metodo delle strisce è il metodo di Fellenius, detto anche me-todo svedese o ordinario, che è caratterizzato dalla seguente ulteriore ipotesi semplificati-va: per ogni concio la risultante delle componenti nella direzione normale alla superficiedi scorrimento delle forze agenti sulle facce laterali è nulla.

Con riferimento al poligono delle forze di Figura 18.20, l’equazione di equilibrio nella di-rezione normale alla superficie di scorrimento è:

18 – 20

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

[ ] [ ]  bi'ii1ii1iii1iii

4i2i1

U Nsen)UU()EE(cos)XX(W

FsenFcosF

+=α⋅−+−+α⋅−−

=α⋅+α⋅

−−−

 

 per l’ipotesi del metodo di Fellenius è:

( ) ( )[ ] 0sen)UU(EEcosXX i1ii1iii1ii   =α⋅−+−+α⋅−−   −−−  ne risulta:

 bi'iii U NcosW   +=⋅   α    (Eq. 18.25)

da cui:

i biii biii'i lucosWUcosW N   ∆⋅−⋅=−⋅=   α α    (Eq. 18.26)

avendo ipotizzato una distribuzione uniforme, u bi, delle pressioni interstiziali alla base delconcio.

L’espressione del momento stabilizzante diventa:[ ] [ ]∑∑   ϕ⋅∆⋅−α⋅+∆⋅⋅=ϕ⋅+∆⋅⋅=

n

1

'ii biiii

n

1

'i

'iiS tan)lucosW(l'cr tan Nl'cr M   (Eq. 18.27)

e quindi il coefficiente di sicurezza è:

[ ]

α⋅

ϕ⋅∆⋅−α⋅+∆⋅==

n

1ii

n

1

'ii biiii

S

senW

tan)lucosW(l'c

M

MFS

 

(Eq. 18.28)

Il coefficiente di sicurezza calcolato è relativo alla superficie di scorrimento potenzialeconsiderata. Il valore minimo di FS corrisponde alla superficie di scorrimento potenzialecritica e deve essere determinato per tentativi, come vedremo nel seguito. Il metodo diFellenius è in genere conservativo, poiché porta ad una sottostima del coefficiente di sicu-rezza rispetto ai valori stimati con altri metodi più accurati.

18.6.2  Metodo di Bishop semplificato

Il metodo di Bishop semplificato è attualmente il più diffuso ed utilizzato fra i metodi del-le strisce.

Esso è caratterizzato dalla seguente ulteriore ipotesi semplificativa: per ogni concio la ri-sultante delle componenti nella direzione verticale delle forze agenti sulle facce laterali ènulla.

Con riferimento al poligono delle forze di Figura 18.20, l’equazione di equilibrio nella di-rezione verticale è:

i bi'iii1iii

i4i31

cos)U N(senT)XX(W

cosFsenFF

α⋅+=α⋅−−−

α⋅=α⋅−

 

 per l’ipotesi del metodo di Bishop semplificato è:

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

0)XX( 1ii   =−   −  

ne risulta:

i bi'iiii cos)U N(senTW   α⋅+=α⋅−  

ed essendo:

( )

ii bi

i

ii

'i

'ii

'ii

luU

cos

xl

tan NlcFS

1T

∆⋅=

α

∆=∆

ϕ⋅+∆⋅⋅=

 

ne segue:

ii

i

i

'

ii

'

i

'

ii

i'

ii coscos

x

u Nsentan Ncos

x

cFS

1

W   α⋅⎟⎟ ⎠

 ⎞

⎜⎜⎝ 

⎛ 

α

⋅+=α⋅⎟⎟ ⎠

 ⎞

⎜⎜⎝ 

⎛ 

ϕ⋅+α

⋅⋅−  

e sviluppando:

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    α⋅ϕ+⋅α

α⋅∆⋅⋅−∆⋅−=

FS

tantan1cos

tanxcFS

1xuW

 Ni

'i

i

ii'iiii

'i   (Eq. 18.29)

[ ]∑

⎢⎢⎢⎢⎢

⎜⎜⎝ 

⎛    ⋅α+⋅α

⋅ϕ⋅∆⋅−+∆⋅=n

1 ii

'iiiii

'iS

FS

tantan1cos

1tan)xuW(xcM

 

(Eq. 18.30)

[ ]

α⋅

⎥⎥

⎥⎥⎥

⎢⎢

⎢⎢⎢

⎟⎟ ⎠

 ⎞⎜⎜⎝ 

⎛    ϕ⋅α+⋅α

⋅ϕ⋅∆⋅−+∆⋅

==n

1ii

n

1'

iii

'iiiii

'i

S

senW

FS

tantan1cos

1tan)xuW(xc

M

MFS

(Eq. 18.31)

La soluzione è ricercata per via iterativa fissando un primo valore di tentativo per FS. 

Il coefficiente di sicurezza calcolato è relativo alla superficie di scorrimento potenzialeconsiderata. Il valore minimo di FS corrisponde alla superficie di scorrimento potenzialecritica e deve essere determinato per tentativi.

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

18.6.3  Ricerca della superficie circolare di scorrimento potenziale critica

Quando si studiano le condizioni di stabilità di un pendio naturale che non ha avuto mo-vimenti significativi, e che quindi non presenta tracce di intersezione tra la superficie discorrimento e la superficie topografica, la superficie di scorrimento critica, ovvero la su-

 perficie cui è associato il minimo valore del coefficiente di sicurezza, deve essere deter-minata per tentativi.

Se, tenuto conto delle condizioni stratigrafiche e geotecniche del pendio, si ritiene plausi- bile l’ipotesi di superficie di scorrimento circolare, la circonferenza critica è determinataquando se ne conoscano la posizione del centro ed il raggio.

Se il calcolo è svolto a mano, il numero di superfici che possono essere analizzate è ne-cessariamente ridotto, ed inoltre si preferirà utilizzare il metodo di Fellenius rispetto almetodo di Bishop semplificato, poiché il calcolo del coefficiente di sicurezza conquest’ultimo metodo richiede un procedimento iterativo per ogni superficie considerata.Tuttavia molto spesso le condizioni morfologiche, stratigrafiche e geotecniche del pendio

sono tali che, con un minimo di buon senso e di esperienza, anche con un numero ridottodi tentativi si riesce ad individuare la superficie di scorrimento critica.

Attualmente la diffusione dei programmi di calcolo automatico ha eliminato il problemadella lunghezza e della laboriosità del calcolo numerico, sebbene siano sempre necessariesperienza e buon senso per definire i confini del campo di ricerca.

La procedura di ricercadella superficie circola-re critica e del relativocoefficiente di sicurez-za è illustrata in Figura18.21.

Eseguendo l’analisi distabilità per un certonumero di cerchi aventilo stesso centro e diver-so raggio, e diagram-mando i coefficienti disicurezza ottenuti infunzione del raggio siottengono dei punti che

appartengono ad unalinea che presenta unminimo. Tale valore è ilcoefficiente di sicurez-za minimo associato al centro comune dei cerchi considerati.

Terreno di riempimentosabbioso

Centro della superficiedi scorrimento

Cerchio critico

Argilla soffice

(d)

(c)

(b)

(a)

Figura 18.21 - Procedura per la determinazione della superficiecircolare di scorrimento critica e del coefficiente di sicurezza

Ripetendo la procedura per diversi centri di cerchi disposti ai nodi di un reticolo a magliarettangolare o quadrata, si otterrà un piano quotato, di cui si potranno tracciare le linee dilivello che descrivono una porzione di superficie tridimensionale. Se tale superficie pre-senta un minimo, il punto corrispondente al minimo avrà come coordinate planimetrichele coordinate del centro della superficie circolare critica e come quota il coefficiente di si-

curezza del pendio.

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

Se la superficie presenta più minimi relativi significa che esistono più superfici critiche discorrimento potenziale.

18.6.4  Effetti tridimensionali

La maggior parte dei metodi di verifica della stabilità dei pendii considerano il problema piano, ovvero assumono una geometria cilindrica trascurando gli effetti tridimensionali.Tale ipotesi è generalmente ben verificata per i pendii artificiali ma non per i pendii natu-rali. Se si esegue la verifica di stabilità per la sezione più critica, corrispondente in generealla sezione longitudinale in asse alla frana, il coefficiente di sicurezza ottenuto è una sot-tostima del valore reale.

Un metodo approssimato per tenere conto degli effetti tridimensionali, è il seguente:

Si considerano n sezioni longitudinali parallele equidistanti, e per ciascuna di esse si cal-cola il coefficiente di sicurezza minimo FSi, che risulta associato ad un’area Ai di terreno

in frana potenziale. Il coefficiente di sicurezza globale del pendio è stimato conl’equazione:

∑∑   ⋅

=i

ii

FS

AFSFS   (Eq. 18.32)

 

18.7  Scelta del coefficiente di sicurezza

La scelta del valore del coefficiente di sicurezza da utilizzare nelle verifiche di stabilità

dei pendii richiede un giudizio critico da parte dell’ingegnere geotecnico, poiché sonomolti i fattori di cui tenere conto. Occorre infatti considerare:-  l’affidabilità del modello geotecnico, ovvero dello schema stratigrafico di riferimento e

della caratterizzazione meccanica dei terreni,-  i limiti del metodo di calcolo, ovvero delle ipotesi semplificative ad esso associate,-  le conseguenze di un’eventuale rottura,-  la vulnerabilità delle strutture e delle infrastrutture, la cui funzionalità potrebbe essere

compromessa anche da movimenti che hanno luogo con coefficienti di sicurezza supe-riori ad 1 (stato limite di servizio),

-  il tempo, ovvero se la stabilità del pendio deve essere assicurata per un breve oppure per un lungo periodo di tempo.

La Normativa Italiana ancora in vigore (D.M. LL.PP. 11/03/88) prescrive che: “ Nel casodi terreni omogenei e nei quali le pressioni interstiziali siano note con sufficiente attendi-bilità, il coefficiente di sicurezza non deve essere minore di 1,3. Nelle altre situazioni ilvalore del coefficiente di sicurezza da adottare deve essere scelto caso per caso, tenutoconto principalmente della complessità strutturale del sottosuolo, delle conoscenze delregime delle pressioni interstiziali e delle conseguenze di un eventuale fenomeno di rottu-ra.”

Le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC-08) sono ancor meno specifiche inmerito alle verifiche di sicurezza dei pendii naturali. Infatti al § 6.3.4. – Verifiche di sicu-rezza, esse recitano:

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

“ Le verifiche di sicurezza devono essere effettuate con metodi che tengano conto della forma e posizione della superficie di scorrimento, dell’assetto strutturale, dei parametrigeotecnici e del regime delle pressioni interstiziali.

 Nel caso di pendii in frana le verifiche di sicurezza devono essere eseguite lungo le super-

 fici di scorrimento che meglio approssimano quella/e riconosciuta/e con le indagini. Negli altri casi, la verifica di sicurezza deve essere eseguita lungo superfici di scorrimen-to cinematicamente possibili, in numero sufficiente per ricercare la superficie critica allaquale corrisponde il grado di sicurezza più basso.

Quando sussistano condizioni tali da non consentire una agevole valutazione delle pres-sioni interstiziali, le verifiche di sicurezza devono essere eseguite assumendo le condizio-ni più sfavorevoli che ragionevolmente si possono prevedere.

 Il livello di sicurezza è espresso, in generale, come rapporto tra resistenza al taglio di-sponibile, presa con il suo valore caratteristico, e sforzo di taglio mobilitato lungo la su-

 perficie di scorrimento effettiva o potenziale.

 Il grado di sicurezza ritenuto accettabile dal progettista deve essere giustificato sulla ba-se del livello di conoscenze raggiunto, dell’affidabilità dei dati disponibili e del modellodi calcolo adottato in relazione alla complessità geologica e geotecnica, nonché sulla ba-se delle conseguenze di un’eventuale frana.” 

A titolo indicativo, se la conoscenza delle condizioni stratigrafiche e geotecniche è buona,e le conseguenze di una eventuale rottura non sono particolarmente drammatiche, per leverifiche di stabilità di scavi o di pendii naturali “a priori”, ovvero se non si è manifestatala frana, si può adottare un coefficiente di sicurezza compreso tra 1,3 e 1,4 in relazione almetodo di calcolo impiegato, mentre per le verifiche di stabilità “a posteriori”, ovvero do-

 po che si è manifestata la frana, e quindi si conosce la superficie di scorrimento e si utiliz-za la resistenza al taglio residua del terreno, potranno essere adottati coefficienti di sicu-rezza minimi compresi tra 1,2 e 1,3.

Valori maggiori dei coefficienti di sicurezza devono essere utilizzati per opere quali le di-ghe in terra, che comunque dovranno essere costantemente monitorate durante le varie fa-si di esercizio.

18.8  Criteri di intervento per la stabilizzazione delle frane

Per stabilizzare una frana in atto, o comunque per aumentare il coefficiente di sicurezza di

un pendio, FS, che, come è stato detto, è il rapporto tra la capacità di resistenza lungo lasuperficie di scorrimento potenziale critica, C, e la domanda di resistenza, ovvero la resi-stenza necessaria per l’equilibrio, D, occorrono interventi volti a produrre un aumento diC, o una diminuzione di D, oppure entrambe le cose.

Sebbene qualunque intervento richieda un’analisi del fenomeno in atto, o temuto, sia dal punto di vista tipologico, sia dal punto di vista morfologico e plano-altimetrico, sia perciò che riguarda i litotipi coinvolti e le loro caratteristiche geotecniche, sia per quanto ri-guarda le condizioni idrogeologiche, è innanzitutto necessario distinguere tra interventid’urgenza e interventi definitivi.

Se è richiesto un intervento di urgenza, perché la frana è in atto e costituisce minaccia in-

combente a persone o a beni, fatta salva la necessità di richiedere l’evacuazione della zo-

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

na a rischio, occorre raccogliere il maggior numero di informazioni esistenti o disponibiliin breve tempo, e predisporre quelle misure rapide ed economiche che, pur non essendorisolutive, portano ad una riduzione del rischio, o comunque non lo accrescono. Ad esem-

 pio, non rimuovere l’accumulo al piede che, col proprio peso, produce un momento stabi-lizzante, eliminare le zone di ristagno dell’acqua piovana facilitandone invece il ruscella-mento, ripristinare l’efficienza di canalette e fossi di guardia, sigillare le fratture per limi-tare le infiltrazioni di acqua piovana, etc..

Per progettare un intervento di sistemazione definitivo è necessario svolgere tutte le inda-gini, geologiche, geofisiche, geotecniche, topografiche, e mettere in opera tutti gli stru-menti (piezometri, inclinometri, estensimetri, basi topografiche), necessari per chiarirel’estensione e la cinematica del fenomeno.

Poiché in genere il costo delle indagini rappresenta una parte piccola rispetto al costocomplessivo dell’intervento di stabilizzazione di una frana, e poiché in assenza di dati af-fidabili il progettista tende ad assumere ipotesi molto cautelative che comportano un so-vradimensionamento delle opere da realizzare, non è conveniente risparmiare sulle inda-gini (naturalmente purché siano ben programmate ed eseguite). È inoltre sempre opportu-no prevedere indagini e controlli durante e dopo la realizzazione delle opere, compresa lamessa in opera di strumentazione adeguata, per verificare le ipotesi di progetto, l’efficaciadell’intervento eseguito e controllare il decorso dei movimenti nel tempo, prolungando ilmonitoraggio per almeno un intero ciclo stagionale dopo il termine dei lavori.

Dopo avere raccolto tutte le informazioni necessarie, si definisce il modello geotecnico,ovvero lo schema fisico meccanico interpretativo del fenomeno, e si procede alla verificadi stabilità del pendio, nelle condizioni precedenti l’intervento di stabilizzazione, con imetodi della geotecnica (fra cui, ma non solo, quelli all’equilibrio limite visti ai paragrafi

 precedenti). Se la frana è avvenuta si può eseguire un’analisi a ritroso (back analysis), ov-

vero si impone che per la superficie di scorrimento reale (se individuata) e nelle condizio-ni idrogeologiche esistenti al momento della frana, risulti FS = 1, si ricava il valore mediodella resistenza al taglio a rottura, e lo si confronta con il valore desunto dalle prove di la-

 boratorio.

La prima fase della progettazione è finalizzata ad individuare i fattori che maggiormenteinfluenzano la stabilità del pendio, ed alla selezione, scelta e verifica dell’efficacia dei

 possibili interventi di stabilizzazione. In Tabella 18.2 sono elencati i criteri di scelta e i principi fisici dei provvedimenti possibili. Essi possono essere suddivisi in due grandi ca-tegorie generali: i provvedimenti volti a ridurre la domanda di resistenza, D, e quelli voltiad aumentare la capacità di resistenza, C.

Limitandoci ad una sommaria disamina dei provvedimenti per la stabilizzazione di mo-vimenti franosi in terreni sciolti, nella prima categoria sono compresi:

-  la riprofilatura del pendio, ovvero la modifica della superficie topografica con riduzio-ne della pendenza, alleggerimento della sommità e/o appesantimento del piede del

 pendio. Interventi di questo tipo hanno efficacia per movimenti franosi di tipo rotazio-nale non molto profondi;

-  l’inserimento di opere di sostegno passive, quali muri, terra armata, paratie, pali, reti-coli di micropali e pozzi, al piede della frana, con lo scopo di trasferire la spintadell’ammasso a strati più profondi e stabili. Possono essere impiegati solo per frane dispessore modesto.

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Capitolo 18 STABILITÀ DEI PENDII

 

 Nella seconda categoria rientrano:

-  le opere per la disciplina delle acque superficiali, come fossi e cunette di guardia, fa-scinate, inerbimenti e rimboschimenti, che hanno lo scopo di ridurre le infiltrazioni diacqua dalla superficie e quindi le pressioni interstiziali, e di aumentare la resistenza al

taglio del terreno più superficiale, anche per mezzo delle “armature” costituitedall’apparato radicale delle piante. Tali interventi hanno efficacia solo per stabilizzarela coltre più superficiale di terreno;

-  le opere di drenaggio superficiali e profonde (trincee drenanti, pozzi drenanti, drenisuborizzontali, cunicoli e gallerie drenanti, elettroosmosi) hanno lo scopo di ridurre le

 pressioni interstiziali e quindi accrescere le pressioni efficaci e la resistenza al tagliodel terreno. Sono i provvedimenti più diffusi ed efficaci per la stabilizzazione dellamaggior parte dei movimenti franosi profondi. In zone urbanizzate occorre verificarel’entità e gli effetti dei cedimenti di consolidazione indotti dall’abbassamento del livel-lo di falda;

-   piastre e travi che, per mezzo di tiranti di ancoraggio pretesi, comprimono il terrenoaumentando le tensioni normali, e quindi la resistenza al taglio, lungo la superficie discorrimento;

-  altri interventi finalizzati al miglioramento delle caratteristiche meccaniche del terreno,quali iniezioni di miscele chimiche o cementizie, trattamenti termici come congela-mento o cottura, etc.., i quali sono utilizzabili solo in casi particolari.

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