maestri catanesi del diritto tra fascismo e repubblica (1935-1950)

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Giuristi al bivio Le Facoltà di Giurisprudenza tra regime fascista ed età repubblicana a cura di Marco Cavina

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Giuristi al bivioLe Facoltà di Giurisprudenza tra regime fascista

ed età repubblicana

a cura di

Marco Cavina

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© 2014 by CLUEBCooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

CLUEBCooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna40126 Bologna - Via Marsala 31Tel. 051 220736 - Fax 051 237758www.clueb.com

Giuristi al bivio. Le Facoltà di Giurisprudenza tra regime fascista ed età repubblicana / a cura di Marco Cavina. – Bologna :CLUEB, 2014

X-355 p. ; ill. ; 27 cm(Centro interuniversitario per la storia delle università italiane : Studi / 24)ISBN 978-88-491-3890-0

Tutti i volumi pubblicati in questa collana sono stati sottoposti a referaggio anonimo da parte di due esperti, seleziona-ti – sulla base delle loro competenze – nell’ambito di un Comitato Internazionale di Referee. Il Direttore della collana èresponsabile del processo.

Redazione a cura di Ilaria Maggiulli

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolodi periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per usodiverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi,Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano,e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

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INDICE

IX MARCO CAVINA, Fra due epurazioni

1 ANTONELLO MATTONE, Il mondo giuridico italiano fra fascistizzazione e consenso: uno sguardogenerale

37 ALBERTO LUPANO, Scienza, conformismo politico e antifascismo nella Facoltà giuridica torinesedalla fine della dittatura alla Repubblica italiana

57 ETTORE DEZZA, La Facoltà giuridica pavese dal fascismo alla repubblica69 MARIA GIGLIOLA DI RENZO VILLATA, La Facoltà di Giurisprudenza della Statale di Milano tra

battute d’arresto e... voglia di ricominciare95 MARIA ROSA DI SIMONE, Giuristi e fascismo all’Università di Trieste

107 PIERO DEL NEGRO, La Facoltà di Giurisprudenza di Padova (1938-1950). I docenti, il quadro isti-tuzionale, le scelte politiche

123 ROBERTA BRACCIA, La Facoltà di Giurisprudenza di Genova tra Fascismo e Liberazione(1938-1950)

141 ELIO TAVILLA, La Facoltà modenese di Giurisprudenza: dalle leggi razziali al rinascimento repub-blicano

159 DAMIGELA HOXHA, Sintomatologia da transito. La Facoltà di Giurisprudenza di Bologna da Um-berto Borsi ad Antonio Cicu

187 FLORIANA COLAO, I giuristi universitari a Siena tra diritto e politica (1938-1958)211 GIUSEPPE MECCA, La Facoltà di Costantino Mortati. Scienza giuridica e insegnamento del diritto

a Macerata tra fascismo ed età repubblicana227 FERDINANDO TREGGIARI, Università e giuristi a Perugia (1925-1945)259 ITALO BIROCCHI, Sul crinale del 1944: Filippo Vassalli e la reinvenzione del ruolo della Facoltà di

Giurisprudenza della Sapienza di Roma dopo la caduta del fascismo273 ILEANA DEL BAGNO, Epurazioni prudenti. Docenti e manuali di diritto nella Napoli liberata307 FRANCESCO MASTROBERTI, La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari e le leggi antie-

braiche

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317 GIUSEPPINA DE GIUDICI, Un’istituzione al bivio: la Facoltà giuridica cagliaritana negli anniQuaranta del Novecento

329 ENZA PELLERITI, Il Governo Militare Alleato e il riordino delle Facoltà di Giurisprudenza degliAtenei siciliani (1943-1944)

339 GIUSEPPE SPECIALE, Maestri catanesi del diritto tra Fascismo e Repubblica (1935-1950)

357 GLI AUTORI

VIII Indice

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Maestri catanesi del diritto tra Fascismo e Repubblica(1935-1950)

Giuseppe Speciale*

Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Ateneo catanese – Giurisprudenza è la Facoltà più antica –, sottola guida del romanista di origine palermitana Cesare Sanfilippo, si impegna, dopo la tragedia e la di-struzione della guerra, per la ricostruzione e lo sviluppo. Non si tratta solo di superare l’emergenza, av-viando il recupero delle sedi e dei laboratori bombardati o danneggiati dagli occupanti liberatori: si trac-cia e si avvia un lucido programma di riorganizzazione che porterà l’Università nel giro di mezzo secoloa incrementare sensibilmente il patrimonio immobiliare, ad un notevole aumento delle iscrizioni, alla co-struzione della nuova Città universitaria nella zona Nord della città. Si disegna e si avvia durante il lun-go rettorato ultraventennale di Cesare Sanfilippo il progetto, portato poi a termine dal successore Ga-spare Rodolico, di sviluppo e recupero del patrimonio edilizio: le Facoltà scientifiche e la nuova isti-tuenda Facoltà di Agraria si allocano nelle nuove strutture della Città universitaria, disegnata da LuigiPiccinato; le Facoltà umanistiche si sistemano in palazzi storici del centro che vengono restaurati e re-stituiti alla città. Proprio negli anni che riguardano il nostro incontro, quindi, l’università torna ad es-sere avvertita come un patrimonio per la città, un patrimonio culturale, ma non solo. Esattamente co-me era avvenuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando era cominciata un’età nuova, di rifonda-zione, per l’Ateneo etneo. E qui merita di fare un passo indietro, per un momento, perché un filo rossounisce gli anni Quaranta ai decenni della fine dell’Ottocento1.

* Per la cortesia, la competenza e l’acribia con cui ormai da oltre dieci anni, e con amicizia, segue le mie ricerche e per igenerosi e sempre puntuali consigli ringrazio il dottor Salvatore Consoli, responsabile dell’Archivio Storico dell’Università de-gli Studi di Catania. Anche grazie al suo aiuto ho potuto costruire il data base a cui attingo le informazioni sugli insegnamentiimpartiti a vario titolo dai docenti dal 1885 al 1960 (cfr. in calce l’estratto relativo al periodo 1935-1950).

1 Per gli aspetti che qui più interessano della storia di Catania e della sua Università nei secoli XIX e XX rinvio a GIUSEP-PE GIARRIZZO, Catania, Roma-Bari, Laterza, 1986, p. 173; a GIUSEPPE BARONE, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913),in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. La Sicilia, a cura di MAURICE AYMARD-GIUSEPPE GIARRIZZO, Torino, Einaudi,1987, p. 191-370, in particolare p. 332-352; a GAETANO ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell’episcopato Dusmet(1867-1894), Acireale, Galatea, 1987; a GIUSEPPE ASTUTO, Crispi e lo stato d’assedio in Sicilia, Milano, Giuffré (Pubblicazio-ni della Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Catania, 4), 1999, in particolare p. 245-263; nonché ai miei:Antologia Giuridica. Laboratori e rifondazioni di fine Ottocento, Milano, Giuffré (Pubblicazioni della Facoltà di Giurispruden-za dell’Università degli Studi di Catania, 175), 2001; Progetti e giuristi a Catania alla fine dell’Ottocento, in I saperi della città,a cura di ENRICO IACHELLO, Palermo, l’Epos (Storia e analisi del territorio, 2), 2006, p. 273-286; L’officina del giurista nell’etàdel positivismo, in Il positivismo italiano: una questione chiusa?, a cura di GIUSEPPE BENTIVEGNA-FRANCESCO CONIGLIONE-GIANCARLO MAGNANO SAN LIO, Acireale, Bonanno, 2008, p. 214-239; Il diritto e le nuove scienze tra feconde intersezioni e in-concludenti commistioni («Rivista di sociologia», «Antologia giuridica», «Il Circolo giuridico»), in Una tribuna per le scienze cri-minali. La ‘cultura’ delle Riviste nel dibattito penalistico tra Otto e Novecento, a cura di LUIGI LACCHÉ-MONICA STRONATI, Ma-

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Il più antico ateneo siciliano (fondato da Eugenio IV nel 1434, cominciò effettivamente ad essere atti-vo un decennio dopo, i primi corsi sono impartiti dal 1444) aveva conosciuto nella prima metà dell’Otto-cento uno dei periodi più bui della sua storia. Il governo borbonico non mostrava interesse, quando nonera apertamente ostile, nei confronti delle sorti del Siciliae Studium Generale, dato che considerava Cata-nia, e in particolare l’università, un covo di massoni antiborbonici. Così, nel 1806, aveva provveduto a pro-muovere, fondare e sostenere con significativi investimenti l’Università di Palermo. In pochi anni l’Ateneocatanese aveva perso il suo primato ed esercitava ormai una capacità di attrazione solo locale, municipale:le iscrizioni erano fortemente diminuite; in seguito ai moti del 1848 alcuni tra i docenti (penso ai Carnaz-za) erano stati allontanati dall’insegnamento per il loro attivismo politico antiborbonico.

Il 1860 segna l’inizio della rinascita. Garibaldi richiama i professori allontanati dall’insegnamento e,con il decreto prodittatoriale n. 274 del 19 ottobre 1860, dispone un finanziamento per i tre atenei si-ciliani di ben sei milioni; riordina gli studi riconoscendo autonomia agli atenei isolani e attribuendo alrettore e ai presidi di Facoltà, ora eletti all’interno delle stesse, la direzione didattica e amministrativa. Ildecreto assegna un contributo di tre milioni a Palermo, un milione e mezzo a Messina e un milione emezzo a Catania, ma solo dopo molti anni, con la legge 384 del 13 luglio 1905, il governo nazionale ono-rerà l’impegno assunto e finalmente si chiuderà l’annosa vicenda.

La classe dirigente locale si impegna direttamente per la rinascita dell’Ateneo, proprio nei primi de-cenni della storia dell’Italia unita, segnati dal dibattito e dai primi interventi legislativi che disegnanol’università del nuovo stato italiano e che mirano a ricondurre ad un unico modello nazionale realtà cheper una lunga tradizione erano profondamente diverse; a fare ordine nei patrimoni delle università; a di-sciplinarne il numero e il livello di importanza; a fissare i termini della libertà di insegnamento e a dise-gnare le guarentigie dei docenti.

Nel 1877 un consorzio per sostenere l’Università di Catania è promosso da comune e provincia ed èistituito con R.D. del 5 aprile 1877 dal ministro Coppino; nel 1885, il 13 dicembre, la legge 3570 pa-reggia l’Università catanese a quelle di prima classe. Per le sorti dell’Ateneo, che rischia di essere mante-nuto tra quelli di seconda classe, si impegnano con successo nelle aule parlamentari i deputati Angelo Ma-jorana, Giuseppe Carnazza Amari (poi anche senatore), Antonino Paternò Castello di San Giuliano e isenatori Salvatore Marchese2 e Salvatore Majorana Calatabiano: tutti, ad eccezione di San Giuliano, pro-fessori (quando non anche presidi della Facoltà giuridica o rettori) nell’Università catanese, membri del-l’élite urbana che ha nell’università uno dei centri in cui meglio riconosce e afferma la propria identitàdi classe dirigente.

Nel ventennio che segue il pareggiamento dell’Università catanese agli atenei di prima classe, cioè dal1885 al 1905, grazie anche al graduale miglioramento delle condizioni economiche dell’università, la Fa-coltà di Giurisprudenza raddoppia il numero dei suoi professori: il numero degli ordinari sale da cinquea dieci, quello degli straordinari da due a cinque. Variano anche il piano degli studi e la distribuzione de-gli insegnamenti nei quattro anni di corso3.

340 Giuseppe Speciale

cerata, EUM, 2012, p. 119-166; Giuristi tra accademia, potere politico, foro, in Catania. La città moderna, la città contempora-nea, a cura di GIUSEPPE GIARRIZZO, Catania, Domenico Sanfilippo Editore S.p.a., 2012, pp. 149-154; Dossier Carnazza: fo-ro, accademia e potere politico dall’Unità al fascismo in Sicilia, in Cultura e tecnica forense tra dimensione siciliana e vocazione eu-ropea, a cura di FRANCESCO MIGLIORINO e GIACOMO PACE, Bologna, Il Mulino, 2013, pp. 239-263.

2 Rettore per un decennio dal 1869, quando fu eletto era professore di Filosofia del diritto. In precedenza aveva professa-to anche discipline economiche. Cfr., di ORAZIO CONDORELLI, Salvatore Marchese (1811-1880) tra diritto, storia ed economia.Appunti per una biografia, in Diritto e religioni, II (2007), eMarchese Salvatore, in Dizionario biografico degli italiani (d’ora inpoi DBI), Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 69 (2007), p. 307-338.

3 SPECIALE, Antologia giuridica, p. 1-27.

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Ho ritenuto necessario riassumere brevemente le vicende ottocentesche e del primo Novecento perchésono convinto che i decenni a cavallo fra i secoli XIX e XX segnano le sorti dell’Ateneo, e della Facoltàdi Giurisprudenza in particolare, per gran parte di tutto il secolo XX. Proprio in quei decenni, infatti,la città vive un momento particolarmente felice: sul piano economico sociale fiorisce la sua vocazionecommerciale e industriale (ancora non si avverte la crisi dello zolfo); sul piano politico è un laboratorioin cui si affermano personalità quali Giuseppe De Felice Giuffrida, Antonino di Sangiuliano, SalvatoreMajorana, Angelo Majorana, Giuseppe Carnazza Puglisi e Giuseppe Carnazza Amari, quasi tutti legatiproprio alla Facoltà di Giurisprudenza.

Esemplare è la vicenda dei Carnazza e dei Majorana4. Entrambe le famiglie hanno avuto un ruolo de-terminante nei moti rivoluzionari preunitari e nel complesso processo di unificazione, entrambe le fa-miglie – forse i Majorana con più consapevolezza e lucidità dei Carnazza –costruiscono le loro fortuneaccademiche, professionali e politiche attraverso un modello educativo aperto ad apporti esterni, agevo-lati per i Carnazza dai matrimoni con donne di area germanica, e attraverso una fitta rete di rapporti col-tivata con sapiente lungimiranza.

I cugini Giuseppe Carnazza Puglisi (Catania, 1834-1910) e Giuseppe Carnazza Amari (Palermo,1837 – Catania, 1911) sono figli di due fratelli, Gabriello (Catania, 1809-1880) e Sebastiano (Catania,1811-1891). Gabriello e Sebastiano hanno lottato per gli ideali repubblicani e unitari, hanno subìto lagalera e l’esilio sotto il regno borbonico, non hanno ceduto alle allettanti lusinghe della dinastia meri-dionale e nel nuovo regno hanno raccolto i frutti della loro battaglia politica: dopo l’unità Gabriello èprocuratore presso la Gran Corte civile di Catania e professore di Diritto costituzionale nell’Universitàetnea, Sebastiano è deputato al parlamento.

Dal matrimonio di Sebastiano con Grazia Amari, sorella di Emerico e di Michele, nasce Giuseppe,personaggio di spicco dell’entourage politico di Antonino di San Giuliano, ordinario di Diritto interna-zionale dal 1880, dal 1884 deputato per quattro legislature nelle file della sinistra moderata, dal 1892senatore, preside della Facoltà giuridica catanese. Gabriello sposa la cugina Venera Puglisi: dalla lorounione nasce Giuseppe Carnazza Puglisi, ordinario di Diritto commerciale dal 1863, deputato, sindacodi Catania, senatore dal 1900, preside della Facoltà giuridica e rettore dell’Università etnea.

Salvatore Majorana Calatabiano (Militello, 1825 – Catania, 1897) – ordinario di Economia politicadal 1865, deputato dal 1866 al 1879, senatore dal 1879, più volte ministro dell’agricoltura nel ministe-ro Depretis – è il capostipite dell’altra dinastia che segna le vicende politiche e accademiche catanesi. An-che Salvatore, come Gabriello e Sebastiano Carnazza, è attivo nei moti rivoluzionari del 1848 tra le file

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4 Sui Carnazza cfr. il mio già citato Dossier Carnazza. Cfr., inoltre, le voci Carnazza Gabriello, Carnazza Puglisi Giuseppe,Carnazza Amari Giuseppe curate le prime due da PATRIZIA DE SALVO e l’altra da STEFANO BRUGNATELLI nel Dizionario bio-grafico dei giuristi italiani (XII-XX secolo) (d’ora in poi DBGI), I-II, diretto da ITALO BIROCCHI [ET AL.], a cura di MARIA LUI-SA CARLINO [ET AL.], Bologna, Il Mulino, 2013, I, p. 454-455 (manca una voce dedicata a Sebastiano). Per i Majorana oltreagli scritti citati, supra, a nota 1, e alla letteratura in ciascuno di essi richiamata, rinvio a GIUSEPPE MAJORANA, Il grand tour.Lettere alla famiglia. 1890, a cura di ANNA MARIA PALAZZOLO, Palermo, Sellerio, 2000, con introduzione di GIUSEPPE GIAR-RIZZO,Una dinastia siciliana, incentrata sulla figura di Salvatore, «costruttore di un ambizioso progetto di dinastia intellettuale»,di Angelo e Giuseppe (p. 13-20). In particolare, per Angelo Majorana, cfr. il volume curato da GIACOMO PACE GRAVINA, Il“giureconsulto della politica”. Angelo Majorana e l’indirizzo sociologico del Diritto pubblico, Macerata, EUM (Biblioteca Giorna-le di Storia costituzionale 6), 2011, con contributi di LUIGI LACCHÉ, Lo stato giuridico e la costituzione sociale. Angelo Majora-na e la giuspubblicistica di fine secolo (p. 23-54), GIUSEPPE BARONE, Tra scienza e politica: Majorana ministro (p. 55-68), FRAN-CESCO MIGLIORINO, Ragione, probità, benevolenza. I miti borghesi di Angelo Majorana, (p. 69-94), GIACOMO PACE GRAVINA,Angelo Majorana: per una fisiologia del Diritto pubblico (p. 95-126), GIORGIO VENINATA, Angelo Majorana deputato di Ragusa(p. 163-171). Cfr., altresì, le voci su Angelo, Dante e Salvatore curate da GIACOMO PACE GRAVINA in DBGI, II, p. 1233-1234. Significativa l’assenza della voce dedicata a Giuseppe, inspiegabilmente dimenticato dalla storiografia, nonostante alcunisuoi interessanti contributi all’esordio della statistica nelle discipline giuridiche.

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dei democratici liberali siciliani. Tra i figli di Salvatore possono qui ricordarsi Giuseppe, Angelo, e Dan-te. Giuseppe (Catania, 1863-1940), è ordinario di Economia politica dal 1893, deputato ai primi del No-vecento, preside per più mandati, rettore dal 1912 al 1918, dal 1924 senatore. Angelo (Catania, 1865 –Roma, 1910) è ordinario di Diritto costituzionale dal 1889, rettore, prosindaco, dal 1897 deputato perquattro legislature tra le file dei liberali, ministro delle finanze e del tesoro nei ministeri Giolitti, Titto-ni e Fortis.

Dante (Catania, 1874-1955), l’ultimo dei Majorana, ordinario di Diritto amministrativo dal 1931,sarà preside della Facoltà dal 1943 al 1944 e rettore dal 1944 al 1947.

Con Dante Majorana arriviamo agli anni che più qui ci interessano seguendo un filo che parte da mol-to lontano e che intreccia i destini della Facoltà giuridica a quelli della classe dirigente cittadina. Spessoprofessori esponenti delle élites catanesi assumono ruoli politici importanti sul piano locale e naziona-le. Altrettanto spesso, professori forestieri – i mezzi di trasporto rendevano praticamente impossibile ilpendolarismo ‘mordi e fuggi’ dei docenti – si radicano nel tessuto catanese, fondano scuole e vivai di gio-vani studiosi e talvolta assumono anche ruoli importanti per la città (Pietro Delogu5 e Federico Cicca-glione6 per l’inizio del Novecento, più tardi, negli anni che qui ci interessano di più, Giuseppe Aulettae Cesare Sanfilippo).

Proprio nei decenni a cavallo fra i due secoli la Facoltà di Giurisprudenza aveva cominciato ad aprir-si verso gli apporti esterni di studiosi forestieri che vengono a Catania per aver vinto un concorso a cat-tedra. Biagio Brugi7 è il primo, lo seguiranno negli anni e nei decenni successivi Giuseppe Mazzarella8,Federico Flora9, Nicola Coviello10, Leonardo Coviello11, Federico Ciccaglione12, Benvenuto Griziotti13,

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5 Sul romanista sardo cfr. il mio Antologia Giuridica, ad indic. e la voce curata sul DBGI, I, p. 755: da straordinario nel1881 e da ordinario dal 1886, professa Istituzioni di diritto romano e Diritto romano. Preside dal 1897 al 1899 e rettore neltriennio successivo, fondò e diresse la rivista «Antologia Giuridica».

6 Su Ciccaglione – giunto nel 1896 a Catania da vincitore del concorso a cattedra di Storia del diritto italiano – cfr. la vo-ce curata da ENNIO CORTESE in DBGI, I, p. 534-536.

7 ANTONIO MASI, Brugi Biagio, in DBGI, I, p. 342-345. Dal 1882 al 1884 insegna Istituzioni di diritto romano. Neglianni successivi, ormai docente a Padova, continua a mantenere un forte legame con la città siciliana, testimoniato dalla suacollaborazione alla rivista «Antologia giuridica»: cfr. SPECIALE, Antologia Giuridica, ad indic.

8 Infra. Professa ininterrottamente Etnologia giuridica, dal 1915 al 1923 come libero docente, dal 1924 per incarico, dal1925 per 4 anni da non stabile, dal 1929 da stabile per 2 anni, dal 1931 al 1934 da ordinario. Dal 1935 insegna Storia del di-ritto romano fino al 1956 (dal 1938, anno del pensionamento, con la qualifica di professore onorario); per incarico, per unsolo anno, nel 1943, tiene nuovamente l’insegnamento di Etnologia giuridica; per due anni, dal 1944, Demografia; nel 1946Diritto coloniale; nel 1947 Statistica.

9 MARINA COLONNA, Flora Federico, in DBI, 48 (1997). Da straordinario insegna dal 1905, per 2 anni, Diritto finanzia-rio e scienza delle finanze e, per incarico, nel 1905, Economia politica e, nel 1906, Contabilità di stato.

10 GIOVANNI CHIODI, Coviello Nicola, in DBGI, I, p. 605-607. Giunge a Catania nel 1896, vincitore del concorso a pro-fessore ordinario di Diritto civile. Professò anche, per incarico, Diritto canonico dal 1900 alla morte, Diritto civile interna-zionale dal 1897 al 1901, Diritto e procedura penale nel solo 1902.

11 GIOVANNI CHIODI, Coviello Leonardo, in DBGI, I, p. 604-605. Ordinario di Diritto civile a Messina (vincitore del con-corso a straordinario nel 1900 e a ordinario nel 1903), Palermo e Napoli, a Catania insegnò, per incarico, Diritto civile nel1932 e nel 1933.

12 ENNIO CORTESE, Ciccaglione Federico, in DBGI, I, p. 534-536. Vincitore di concorso a straordinario di Storia del di-ritto italiano, a Catania, nel 1896, tenne per incarico anche gli insegnamenti di Scienza delle finanze e diritto finanziario, dal1897 al 1901, e di Diritto ecclesiastico, dal 1919 al 1921, dal 1923 al 1926, dal 1928 al 1931. Professore emerito dal 1932.

13 SILVIA CIPOLLINA, Griziotti Benvenuto, in DBGI, I, p. 1072-1073. Insegna dal 1915 per 4 anni, da straordinario, Di-ritto finanziario e scienza delle finanze. Svolge un ruolo importante nella fondazione della Scuola di economia da cui poi na-scerà la Facoltà di Economia e commercio.

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Francesco Carnelutti14, Tullio Ascarelli15, Francesco Calasso16, Roberto Ago17 Mario Scerni18, MarioChiaudano19, Giuliano Mazzoni20, Cesare Grassetti21, Guido Astuti22, Rosario Nicolò23, Sergio Sotgia24,Giuseppe Auletta25, Francesco Santoro Passarelli26, Vincenzo Sinagra27, Mario Miele28, Antonio Guari-no29, Luigi Scavo Lombardo30, Pietro Virga31, Pasquale del Prete32, Paolo Biscaretti di Ruffia33, Giorgio

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14 MAURO ORLANDI, Carnelutti Francesco, in DBGI, I, p. 455-459. A Catania, neo vincitore del concorso a cattedra, in-segna Diritto commerciale dal 1912 al 1914.

15 MARIO STELLA RICHTER JR., Ascarelli Tullio, in DBGI, I, p. 108-111. A Catania arriva nel 1929, fino al 1931 insegnaDiritto commerciale (non stabile, stabile e ordinario), solo nel 1929, per incarico, Diritto civile, solo nel 1931, per incarico,Istituzioni di diritto romano.

16 ENNIO CORTESE, Calasso Francesco, in DBGI, I, p. 381-384. A Catania solo nel 1932, da straordinario, insegna Storiadel diritto italiano e, per incarico, Storia del diritto romano.

17 RICCARDO LUZZATTO, Ago Roberto, in DBGI, I, p. 11-15. A Catania per un solo anno, da straordinario, nel 1934 inse-gna Diritto internazionale.

18 SERGIO M. CARBONE, Scerni Mario, in DBGI, II, p. 1824-1825. Dal 1936 per due anni insegna da straordinario Di-ritto internazionale e, nel solo 1937, per incarico, Diritto coloniale.

19 MICHELE ROSBOCH, Chiaudano Mario, in DBGI, I, p. 521-522. Professa Storia del diritto italiano nel 1933 da straor-dinario e nel 1934 da ordinario.

20 IRENE STOLZI,Mazzoni Giuliano, in DBGI, II, p. 1314-1315. Dal 1936 per due anni insegna da straordinario Dirittocorporativo e, nel solo 1937, per incarico, Diritto costituzionale.

21 UGO CARNEVALI, Grassetti Cesare, in DBGI, I, p. 1047-1048. Professa Istituzioni di diritto privato, da straordinario, nel1937. Vedi, infra nota 41.

22 MARIO CARAVALE,Guido Astuti, in DBGI, I, p. 119-121. Insegna Storia del diritto italiano da straordinario nel 1937 e, perincarico, nel solo 1938, Istituzioni di diritto romano e, nel solo 1940 (anno in cui consegue l’ordinariato), Storia dei trattati.

23 Infra.24 ANTONELLO MATTONE, Sotgia Sergio, in DBGI, II, p. 1896. Insegna Diritto commerciale solo per due anni dal 1938,

da straordinario.25 Infra.26 PIETRO RESCIGNO e FRANCESCO ASTONE, Santoro Passarelli Francesco, in DBGI, II, p. 1797-1800. Nel 1930 da stabile

e nel 1931 da straordinario insegna Diritto civile. Negli stessi anni, per incarico, tiene l’insegnamento di Istituzioni di dirittocivile.

27 SIMONE PAJNO, Sinagra Vincenzo, in DBGI, II, p. 1871-1872. Vincitore di cattedra nel 1938, professa, fino al 1940, dastraordinario, Storia e dottrina del fascismo; Diritto corporativo, da ordinario, nel 1941 e nel 1942; per incarico, dal 1939 al1944, Diritto costituzionale, nel solo 1941 Storia e politica coloniale, nel solo 1943 Storia dei trattati e politica internaziona-le. Vedi, infra.

28 Insegna Diritto internazionale, da straordinario, nel 1940 e nel 1941.29 Insegna Storia del diritto romano, da straordinario dal 1942 al 1947, e Diritto romano, da ordinario, dal 1948 al 1949.

Professa, per incarico, Diritto agrario nel 1942, Storia delle dottrine politiche nel 1948, Storia dei trattati e politica interna-zionale nel 1949, Diritto processuale civile dal 1942 al 1949.

30 GAETANO LO CASTRO, Scavo Lombardo Luigi, in DBGI, II, p. 1822-1824. A Catania insegna, per incarico, Diritto ca-nonico, dal 1945 al 1948, e Diritto amministrativo nel 1948. Tiene la cattedra di Diritto ecclesiastico nel 1945 per incarico,dal 1946 da straordinario.

31 GUIDO CORSO, Virga Pietro, in DBGI, II, p. 2052-2053. A Catania insegna Diritto costituzionale (nel 1949, per inca-rico, e nei due anni successivi, da straordinario) e Storia dei trattati e Diritto internazionale, entrambi per incarico, il primonel 1950, il secondo nel 1951.

32 FRANCESCO DE LEONARDIS, Del Prete Pasquale, in DBGI, I, p. 741-742. Insegna Diritto amministrativo (per incarico,nel 1949 e, da straordinario, nel biennio successivo) e, solo per incarico, Diritto coloniale, nel 1949 e nel 1950, e Diritto co-stituzionale italiano e comparato nel 1951.

33 TOMMASO EDOARDO FROSINI, Biscaretti di Ruffia Paolo, in DBGI, I, p. 264-265. A Catania insegna dal 1941 al 1948Diritto costituzionale, per i primi tre anni da straordinario e per gli ultimi cinque da ordinario. Per incarico nel primo e nel-l’ultimo degli anni catanesi professa Diritto costituzionale italiano e comparato, nel terzultimo Storia dei trattati, negli ultimidue Diritto coloniale.

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Cansacchi34, Renato Scognamiglio35, Vincenzo Gueli36, Giuseppe Barile37, Guido Neppi Modona38, Mas-simo D’Antona39, solo per citare alcuni tra quelli che si trasferirono definitivamente a Catania e tra quel-li che vi rimasero solo per un breve periodo.

Quali sono i professori che più hanno segnato gli anni (1935-1950) che riguardano il nostro incontro40?Se guardiamo al dato oggettivo della continuità possiamo ricordare Orazio Condorelli, Giuseppe

Mazzarella, Cesare Sanfilippo, Giuseppe Auletta, Gaetano Zingali, Dante Majorana, Michele Giorgian-ni, Antonio Guarino, Paolo Biscaretti di Ruffia, Mario Petroncelli, Guglielmo Sabbatini, Carmelo Ca-ristia, Vincenzo Sinagra, Antonio Coniglio, Guido Astuti, Giuliano Mazzoni, Luigi Scavo Lombardo,Rosario Nicolò, Antonio Zangara.

Orazio Condorelli fu allievo, con Angelo Ermanno Cammarata, di Alessandro Levi, e si formò in quel-la fucina di avvocati che era lo studio tenuto da Pietro Delogu, a cui anche i Carnazza delegavano la for-mazione dei loro rampolli, destinati al ruolo di consulenti delle imprese italiane e straniere che prima e do-po la Prima guerra mondiale provvidero nell’isola alla costruzione di ferrovie, di reti elettriche e del gas, edi altre importanti infrastrutture. E ai due maestri, Levi e Delogu, attinse per sviluppare e affinare una suanaturale propensione per la riflessione sul rapporto tra legge, giustizia e organizzazione statuale e per la co-stante attenzione per i profili più direttamente applicativi della dimensione giuridica. In questa sensibili-tà spiccata verso la dimensione ‘fondativa’ e verso la dimensione ‘applicativa’ del diritto – come sottolineanoGiacomo Perticone e Vittorio Frosini, il primo, amico e coetaneo che seguì percorsi formativi distinti, ilsecondo, discepolo – può individuarsi il carattere distintivo della personalità di Condorelli, pervasa da in-tensa umanità. E il giurista, attento sin dai primi studi alle forme e ai fondamenti delle organizzazioni po-litiche (Il nome “stato” in Machiavelli, 1923-1924), con passione civile si impegnerà in ruoli pubblici, nonsolo accademici. Di formazione liberale, fervente monarchico, nel 1930 si iscrive al PNF; da rettore, al-l’avvento della legislazione antiebraica, aveva rassicurato il ministero che nessun docente ebreo era incar-dinato nell’Ateneo catanese (ma di lì a poco si sarebbe sollevato il caso di Cesare Grassetti41 e Azeglio Bem-

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34 FABRIZIO FRACCHIA, Cansacchi di Amelia Giorgio, in DBGI, I, p. 413. A Catania insegna solo nel 1939: da straordina-rio Diritto internazionale e per incarico Diritto costituzionale italiano e comparato.

35 PIETRO ICHINO, Il diritto del lavoro nell’Italia repubblicana: teorie e vicende dei giuslavoristi dalla Liberazione al nuovo se-colo, Milano, Giuffré, 2008, p. 519-543. Dal 1955 al 1959 insegna da ordinario Diritto civile e, per incarico, Diritto del la-voro, secondo la consuetudine della Facoltà catanese di affidare per incarico la cattedra di Diritto del lavoro al professore diDiritto civile.

36 OMAR CHESSA, Gueli Vincenzo, in DBGI, II, p. 1083-1084. GIULIA CARAVALE, Gueli Vincenzo, in DBI, 60 (2003).Giunge da Messina, da ordinario, a Catania nel 1953 e fino al 1960 insegna Diritto costituzionale e da incaricato Diritto co-stituzionale italiano e comparato. Nel 1962 passa a insegnare Diritto amministrativo.

37 FRANCESCO SALERNO, Barile Giuseppe, in DBGI, I, p. 168-170. Dal 1952 al 1957 insegna Diritto internazionale (i pri-mi tre anni, per incarico; il quarto, da straordinario, trasferitosi dalla Facoltà di Economia e commercio; gli ultimi due, da or-dinario). Nel 1952, 1956 e 1957 tiene per incarico anche l’insegnamento di Politica internazionale e storia dei trattati.

38 A Catania per due anni dal 1976 vincitore del concorso a cattedra di Diritto processuale penale.39 BRUNO CARUSO, D’Antona Massimo, in DBGI, I, p. 642-643. Arriva a Catania nel 1980, vincitore del concorso a cat-

tedra, e vi insegna Diritto del lavoro fino al 1986.40 Cfr. la tavola in cui sono indicati analiticamente il ruolo del docente e l’insegnamento impartito nel periodo compreso

tra il 1935 e il 1950.41 Nei confronti di Grassetti era stato aperto un procedimento su denuncia anonima per accertarne le origini e cautelati-

vamente il professore era stato sospeso dall’insegnamento. In ottemperanza a quanto disposto dalla legislazione razziale Gras-setti doveva produrre dei documenti: certificato di nascita e di battesimo del proprio padre Fausto; certificato di buona con-dotta morale e religiosa cattolica proprio e del proprio padre Fausto; certificato di nascita e di cittadinanza del nonno pater-no Giuseppe. Il professore produsse tali documenti ma, nonostante le ricerche condotte in numerosi archivi parrocchiali di

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porad42); nel 1943 si oppone, invano, all’occupazione del rettorato da parte delle truppe angloamericaneche utilizzano il palazzo come loro circolo per gli ufficiali. Arrestato e trattenuto nel campo di concentra-mento di Priolo, viene sostituito da Mario Petroncelli. Rieletto mentre è ristretto a Priolo, la sua nominanon viene confermata dall’Amgot e al suo posto viene nominato Dante Majorana. Turbato dai rivolgi-menti in atto si aggrappa all’istituto monarchico e, nelle file del partito monarchico, di cui sarà vicepresi-dente e presidente nazionale, partecipa all’Assemblea Costituente: nella Commissione dei 75 e nel Comi-tato dei 18 sostituisce Roberto Lucifero solo dall’ottobre del 1947 ed esaurita la fase costituente sarà se-natore e esponente politico locale. Nella commissione dei 75 i suoi interventi sono naturalmente fortementecritici nei confronti della forma di stato, ma costruttivi nelle discussioni che riguardano i diritti di libertàe, in particolare, della libertà dei singoli nell’ambito dei partiti. Ferma la sua opposizione alla disposizioneche vieta il rientro dei Savoia in Italia43.

Maestri catanesi del diritto tra Fascismo e Repubblica 345

Verona e di Modena e del contado di queste città, non trovò l’atto di battesimo del proprio nonno paterno Giuseppe, natonel 1838. In una lettera al ministro dell’educazione scrive in proposito: «Il sottoscritto tuttavia si permette far presente a co-desto ministero onde voglia benevolmente informare il ministero degli interni che è precisamente questa circostanza, cioè lamancanza del certificato di battesimo del nonno paterno Giuseppe, che ha dato origine alla presente istruttoria di accertamentorazza. Infatti, se l’atto di battesimo del nonno paterno fosse stato in possesso del sottoscritto, il sottoscritto medesimo sareb-be senz’altro di razza ariana senza necessità di pronuncia da parte del ministero degli interni (in maiuscoletto nel testo). E infat-ti una volta accertato che Giuseppe Grassetti (nonno dello scrivente) fu cattolico, ne consegue che Fausto Grassetti (padre delsottoscritto) è ariano, in quanto è battezzato prima degli attuali provvedimenti razziali e ne consegue altresì che è pure arianoil sottoscritto, il quale è pure stato battezzato in data anteriore agli attuali provvedimenti razziali (atto di battesimo già prece-dentemente prodotto) e non fu iscritto alla nascita né comunque fu appartenente alla religione ebraica, come del pari non fucirconciso. Ma appunto il problema della appartenenza razziale del sottoscritto sorge precisamente per il fatto che non si è po-tuto trovare a tutt’oggi l’atto di battesimo del nonno paterno. Ma al riguardo il sottoscritto si permette di far presente che laquestione circa l’appartenenza religiosa di esso nonno è, nel caso specifico, ininfluente agli effetti della decisione. Perché an-che a voler fare la peggiore delle ipotesi (sottolineato nel testo), e cioè che il nonno paterno del sottoscritto fosse appartenutoalla religione ebraica, questa è una circostanza di ordine esclusivamente religioso e come circostanza di ordine esclusivamentereligioso non ha influenza sulla razza (sottolineato nel testo). Infatti il sottoscritto ha dato prova della appartenenza in lineaascendente per oltre cinque secoli ininterrottamente alla religione cattolica ed alla razza ariana. Questo è dimostrato dalle in-dagini di archivio compiute dalla famiglia Grassetti sin dal 1303 ai giorni nostri. E risulta così dalla prova documentata giàprodotta, come pure dalla prova, pure prodotta sulla base onomastica secondo le regole ufficialmente accolte dalla araldica edalla archivistica. Ne consegue che la eventuale conversione all’ebraismo di una generazione non può inficiare la appartenenzaalla razza (sottolineato nel testo). Mentre poi è superfluo aggiungere che, dal punto di vista religioso, è sanata dal successivoritorno alla religione cattolica degli ulteriori discendenti».

Agli inizi del 1939 Cesare Grassetti è dichiarato dal Ministero dell’interno non appartenente alla razza ebraica e nei suoi con-fronti viene revocata dal Ministero dell’educazione nazionale la sospensione dall’insegnamento. Cfr. SALVATORE MAZZAMUTO,Ebraismo e diritto dalla prima emancipazione all’età repubblicana, in Gli ebrei in Italia, in Storia d’Italia. Annali 11, t. II, a cura diCORRADO VIVANTI, Torino, Einaudi, 1997, p. 1765-1827. Sul punto, utile anche la lettura dello stesso MAZZAMUTO, I giuristidell’ateneo pisano e la questione ebraica, Jovene, Napoli, 1994 e, per altri profili, GIUSEPPE SPECIALE, Giudici e razza nell’Italia fa-scista, Torino, Giappichelli, 2007, p. 109-114. Cfr. anche UGO CARNEVALI, Grassetti Cesare, in DBGI, I, p. 1047-1048.

42 Azeglio Bemporad, senese, nato nel 1875, ma catanese d’adozione per avere iniziato e concluso la sua carriera di astro-nomo nell’osservatorio catanese, nel 1904 venne a lavorare come assistente presso l’osservatorio di Catania; dal 1912 al 1932diresse l’osservatorio di Capodimonte; dal 1933 fece ritorno a Catania per dirigerne l’osservatorio. Bemporad, accademico deilincei, legò il suo nome al Catalogo astrofotografico per la zona di Catania, nonché a complessi metodi di calcolo con la com-pilazione di tavole logaritmico-trigonometriche e di tavole per la determinazione del tempo ben presto universalmente adot-tate. Nel 1938 il suo essere ebreo gli costò il pensionamento coatto senza diritto alla liquidazione, la privazione dell’alloggioper sé e la famiglia, l’umiliante e bruciante rifiuto alla richiesta di poter continuare a lavorare anche solo a titolo personale egratuito alla redazione del tanto apprezzato Catalogo astrofotografico. La sua nuova casa verrà bombardata dagli inglesi, la mo-glie morirà di crepacuore e non potrà assistere alla reintegrazione del marito nel grado e nelle funzioni che avverrà all’iniziodel 1945. Bemporad stesso morirà prestissimo nel febbraio del 1945 e alla figlia non sarà concessa nessuna pensione perchémaggiorenne, ancorché nullatenente e senza lavoro. Cfr. GIUSEPPE SPECIALE, L’identità violata: gli ebrei in Sicilia, in Culturadella vita e cultura della morte nella Sicilia del ’900, Firenze, Giunti (Quaderni di Synaxis, 15), 2002, p. 197-211.

43 Una facile e completa consultazione degli interventi in Assemblea costituente è disponibile sul sito legislature.camera.it.

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Di Cesare Sanfilippo come rettore si è già detto. IURA, Rivista Internazionale di Diritto Romano e An-tico, fondata con Antonio Guarino nel 1950, è l’eredità più importante che lo studioso di Diritto romanoha lasciato, insieme con il manuale di Istituzioni che ha segnato l’esordio negli studi giuridici per gene-razioni di studenti e con una scuola di studiosi che la rete di relazioni di IURA ha contribuito a far co-noscere e apprezzare.

Condorelli e Sanfilippo per le scelte che riguardano la Facoltà si confrontano con Giuseppe Auletta.Cosentino, a Roma, dove si laurea nel 1934 sotto la guida di Alfredo Rocco e Giancarlo Fre, conosce Tul-lio Ascarelli, attraverso la lettura delle lezioni da questi dettate a Catania nei primi anni Trenta (in queglianni concorsi e trasferimenti avevano portato a Catania, oltre che Ascarelli, anche Nino Levi44, FrancescoCalasso, Francesco Santoro Passarelli, Guglielmo Sabatini: quest’ultimo è l’unico che vi resterà a lungo). Au-letta è affascinato da Ascarelli e lo sceglie come maestro, nasce un rapporto di amicizia che si rafforza neglianni trascorsi a Padova (Ascarelli insegna Diritto della navigazione). Libero docente nel 1937, nel 1939,quando già Ascarelli ha lasciato l’Italia per le leggi razziali, è nella terna dei vincitori del concorso alla cat-tedra di Diritto commerciale bandito da Cagliari e nel 1941, dopo un biennio trascorso in Sardegna, si tra-sferisce a Catania, dove occupa la cattedra lasciata, solo dopo due anni (1938-39 e 1939-40) di perma-nenza a Catania, dall’allievo di Mossa Sergio Sotgia – che nel 1936 aveva dato alle stampe il prezioso stu-dio, continuazione della monografia del 1930, sull’apparenza giuridica –, e rimane fino alla fine della car-riera, coronata dalla nomina ad emerito, se si fa eccezione per l’a.a. 1957-58 in cui è chiamato a Napoli atenere l’insegnamento di Istituzioni di diritto privato. A Catania nella sua lunghissima carriera (da emeri-to ha tenuto corsi fino alla fine degli anni Ottanta) ha professato Diritto commerciale, Diritto civile, Di-ritto di navigazione, Diritto processuale civile, Istituzioni di diritto privato. Con Giorgianni, Guarino eSanfilippo fonda gli «Annali del Seminario giuridico», rivista ancora attiva, e da preside, in carica per piùdi vent’anni, e da direttore del Seminario giuridico guida e coordina l’attività didattica e l’aggiornamentodella Biblioteca. Avvia all’attività di ricerca un numero cospicuo di giovani che approda alla carriera uni-versitaria. Auletta, sulla scia di Vivante e Ascarelli, è sempre attento alla dimensione storica del diritto com-merciale e proprio a questa si richiama per evidenziare la sostanziale continuità del diritto commercialequando si giunge all’unificazione del diritto privato: al 1937 risale Il contratto di società commerciale e al 1942La risoluzione per inadempimento, i principali lavori degli anni che qui interessano. In questi stessi anniprende avvio la redazione di corsi di lezione che, anche grazie ai successivi interventi apportati con NicolòSalanitro, hanno contribuito alla formazione di generazioni di giuristi. Il segno di Auletta era l’austerità chesi accompagnava a sentimento religioso e impegno nel sociale.

Dalla Calabria, da Reggio, qualche anno prima di Auletta era giunto a Catania, a ventiquattro anni, vin-citore del concorso alla cattedra di Diritto civile, Rosario Nicolò, laureatosi a Messina. A Catania insegnaDiritto civile, Diritto commerciale e Diritto agrario e resterà solo pochi anni, fino al 1939, per trasferirsi aPisa e poi a Napoli e a Roma (dove sarà preside della Facoltà di Giurisprudenza dal 1966 al 1980). Ma pro-prio negli anni catanesi comincia a collaborare con Filippo Vassalli alla delicata e complessa redazione delnuovo codice. In questa funzione Nicolò, per le sue straordinarie capacità, anche di relazione, assume unruolo che Stefano Rodotà, sulla base di testimonianze di Dino Grandi, Enrico Redenti e alti funzionari delMinistero della giustizia, non ha esitato a definire come secondo soltanto a quello di Vassalli. Le stesse abi-lità e la stessa attitudine a cogliere gli aspetti più delicati di tutte le questioni e una notevole capacità di per-suasione faranno di lui uno dei più importanti (Rodotà scrive il più importante) avvocati civilisti d’Italia45.

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44 ELOISA MURA, Levi Nino, in DBGI, II, p. 1178-1179. A Catania per due anni, dal 1929, da non stabile e, poi, da sta-bile, insegna Diritto e procedura penale.

45 STEFANO RODOTÀ, Nicolò Rosario, in DBGI, II, p. 1435-1438.

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Con Nicolò a Catania nel 1936 si laurea il ragusano Michele Giorgianni, solo di cinque anni piùgiovane del maestro. Nel 1942 è già ordinario e, dopo la pausa della guerra e della partecipazione alla lot-ta partigiana che lo conduce in carcere, torna a Catania dove rimane sino al 1955. Insegna Diritto civi-le, Diritto internazionale, Diritto del lavoro, Diritto della navigazione. Nel 1955 si trasferisce a Bologna,nel 1960 a Napoli, nel 1963 a Roma.

Con Nicolò, Giorgianni avverte i limiti del formalismo dogmatico e con crescente consapevolezza lanecessità di un adeguamento del diritto civile alle nuove ragioni imposte dalle nuove realtà economico-sociali. Ancor più che in Auletta, in Nicolò e Giorgianni si avverte la necessità di una nuova stagione deldiritto civile46.

Un altro calabrese, Giuseppe Mazzarella, negli anni a cui stiamo guardando è già fuori ruolo, macontinua ad insegnare, con il singolare status di professore onorario, non emerito, invitato dalla Facol-tà, fino al 1958, anno in cui muore novantenne. Mazzarella si è trasferito a Catania sul finire dell’Otto-cento e, affascinato dalle novità positiviste, ha abbandonato lo studio del diritto romano che coltivavada libero docente, per intraprendere lo studio delle lingue indiane antiche e studiare direttamente le fon-ti giuridiche del diritto indiano. Tra il 1903 e il 1930 si impegna in uno studio sui fondamenti degli or-dinamenti indiani, sugli elementi irriduttibili degli ordinamenti giuridici, i cui risultati fissa in una co-lossale opera di 16 volumi. Mazzarella appartiene a quella generazione di studiosi della Facoltà che piùavvertì il vento positivista: penso a Enrico Cimbali, il civilista che gridò l’insufficienza del codice civilee la necessità di andare oltre; a Biagio Brugi, che seppe unire alla sensibilità del romanista la consapevo-lezza della necessità di apertura verso il nuovo; a Vadalà Papale, in certi momenti smarrito nel vortice po-sitivista; a Giuseppe Majorana, impegnato da giurista a conoscere e utilizzare la statistica. Sono studio-si che avevano ascoltato l’appello di Salvioli:

Siamo ormai arrivati – scrive Giuseppe Salvioli nel 1885 – a un momento in cui si può con piena sicurez-za affermare che la vittoria ottenuta dalla ricerca positiva nel campo delle scienze naturali ha già irradiato isuoi benefici effetti su quelli delle scienze morali, sociali e giuridiche. La rivoluzione […] sopra i metodi distudio ha definitivamente sostituito all’idea il fatto, all’induzione la sola deduzione. Gli elementi delle teo-rie non sono più delle concezioni, ma dei gruppi di fatti, di osservazioni e di esperienze; e le teorie stessenon sono che la formola che le riassume sotto una denominazione o una legge più o meno concisa […] Unnuovo concetto del diritto è stato fecondato […] Perché difatti si potesse riconoscere come il diritto non èuna scienza teorica ma un processo organico e naturale il quale cresce e si sviluppa come gli idiomi, le re-ligioni e le letterature, poiché si credesse che il diritto non uscì come Minerva armata dalla fronte di Gio-ve, non è una norma assoluta o un’istituzione generica, ma un organismo prodotto da una serie di fatti edi esperimenti, legato alla società alle abitudini ai costumi e alla costituzione stessa di ogni nazione, all’in-dole dei luoghi, privo perciò di un’esistenza isolata e indipendente, era necessario che nel dominio dellescienze morali prevalessero altri metodi di ricerca e si abbandonassero i concetti a priori in favore dell’os-servazione e dell’analisi47

e che si erano impegnati nello studio di progetti che non approdarono mai a concrete riforme dell’ordi-namento e che mostrano, accanto ad una certa lucidità nell’esame dei dati, un’ingenuità nella proposi-zione delle soluzioni48.

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46 FRANCESCO ASTONE, Giorgianni Michele, in DBGI, I, p. 1004-1006.47 GIUSEPPE SALVIOLI, Il metodo storico nello studio del diritto civile italiano (prolusione al corso di storia del diritto nell’uni-

versità di Palermo a.a. 1884-85), «Il Circolo giuridico», 16 (1885), p. 83-105.48 RENATO TREVES, La sociologia del positivismo italiano, «Quaderni di sociologia», 29/2 (1980-1981), p. 184; ID., La so-

ciologia del diritto in Italia, «Rivista internazionale di filosofia del diritto», serie III, 63 (1966), p. 409-435, in particolare p.

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Segno del nuovo interesse per gli studi di diritto comparato, condotti anche con un approccio attentoai profili etnoantropologici, proprio a Catania Giuseppe Mazzarella impartisce l’insegnamento di Etno-logia giuridica (e a Catania negli anni Venti sarà istituita, prima in Italia, proprio la cattedra di Etnolo-gia giuridica)49.

Mazzarella è considerato un originale, un eccentrico, al pari del suo campo di studio. La sua opera,di recente rivalutata in Italia, in quegli anni è apprezzata solo all’estero. La Facoltà si avvale dell’anzianoprofessore onorario (non emerito!) per impartire anche insegnamenti relativi a corsi che ormai, dopo lafine del regime, non sono più appetibili: insieme a corsi di Storia del diritto romano, Etnologia giuridi-ca e Statistica, il vecchio professore tiene il corso di Demografia (dall’etichetta della disciplina con la ca-duta del regime è stato nel 1943 eliminato il riferimento alle razze) e di Diritto coloniale50.

Corsi questi ultimi, ora considerati poco importanti, ritenuti quasi una fastidiosa corvée, sino a qual-che anno prima, invece, contesi per il prestigio che attribuivano agli occhi del regime e, pertanto, ap-pannaggio dei professori più legati al fascismo: Gaetano Zingali, Vincenzo Sinagra, Vincenzo Zangara.

Gaetano Zingali, di Francofonte, laureatosi a Bologna, vince il concorso a cattedra di Statistica a Ca-tania nel 1925 e continua il suo insegnamento fino al 1935, anno in cui passa alla cattedra di Scienzadelle finanze e diritto finanziario (fino al 1964). Professerà anche Statistica e demografia generale e De-mografia comparata delle razze, Demografia51.

Agli interessi per la statistica, che sviluppa anche con studi sul campo, per la demografia e per lescienze delle finanze si aggiunge l’attivismo politico. Nei primi anni del fascismo è membro del diretto-rio provinciale fascista siracusano; dal 1927 al 1929 – anni cruciali e delicatissimi per il fascismo cata-nese che si concludono con la esautorazione del potente ministro Gabriello Carnazza (morto nel 1927)– è segretario federale del PNF etneo; dal 1929 al 1939 è deputato; dal 1929 al 1943 siede nel Consi-glio superiore di statistica. Sospeso dall’Amgot, internato a Padula tra il 1943 e il 1945, sottoposto al pro-cesso di epurazione, Zingali nel 1958 siederà nel Consiglio superiore della magistratura. Sul piano scien-tifico i suoi interessi nel dopoguerra si spostano decisamente sul diritto tributario regionale e nazionalee allo studio del diritto tributario avvia un gruppo di giovani.

Vincenzo Sinagra, favarese laureatosi a Napoli, negli anni Trenta insegnò come incaricato Diritto co-stituzionale a Napoli e tentò invano due concorsi a cattedra. Nel 1939, anno in cui dà alle stampe a Ca-tania La teoria generale dello Stato Fascista, vince finalmente il concorso alla cattedra di Storia e dottrinadel fascismo e si stabilisce a Catania dove insegnerà anche Diritto costituzionale, Storia e politica colo-niale, Diritto corporativo, Storia dei trattati e politica internazionale, fino a quando l’Amgot, nel 1943,gli impedirà di continuare l’attività didattica. Nel novembre dello stesso anno il provvedimento è revo-cato e nel 1944, vincitore di un concorso a cattedra di Diritto del lavoro, si trasferisce a Palermo, dove

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409-419. A parere di Treves, le aspre critiche e le condanne che Croce e Gentile muovevano, pur con modi e motivazioni di-verse, nei confronti della sociologia, contribuirono in modo determinante, a causa del prestigio e della influenza dei due filo-sofi nella cultura italiana, a far sì che «i cultori della sociologia venissero ben presto indiscriminatamente considerati come de-gli studiosi superficiali e inconcludenti, come dei personaggi anacronistici». Esemplare per Treves è l’indifferenza con cui ven-ne accolto nel 1916 il Trattato di sociologia di Pareto e il silenzio che avvolse l’opera di Giuseppe Mazzarella. Sul rapporto traantropologia, sociologia e scienza giuridica, sulle strategie discorsive della giuspubblicistica italiana, con riferimento alla con-cezione individualista e organicista, e ai concetti di individuo, popolo, nazione, cfr. PIETRO COSTA, Lo stato immaginario. Me-tafore e paradigmi nella cultura giuridica italiana fra ottocento e novecento, Milano, Giuffré (Per la storia del pensiero giuridicomoderno, 21), 1986, p. 10-63.

49 SPECIALE, Antologia giuridica, ad indic.50 Cfr., supra, nota 8.51 ERNESTO DE CRISTOFARO, Zingali Gaetano, in DBGI, II, p. 2091-2092.

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insegnerà Diritto del lavoro fino alla morte, nel 1973. Sinagra è tra i docenti catanesi il più autentica-mente e sinceramente fascista. Ritiene che la rivoluzione del 1922 abbia instaurato un nuovo regime chetrova il suo fulcro nella corporazione, attraverso la quale si coinvolgono nella gestione della res publica igruppi e le associazioni. Il principio corporativo, cardine della originale dottrina politica fascista, giusti-fica il carattere autoritario dello stato ed esalta la nuova concezione del diritto, tutta sostanziale e per nien-te formale. Alla comprensione dei principi che reggono l’ordinamento – scrive nel 1942 ne I principi ge-nerali del diritto fascista e la loro determinazione concreta – non si giunge adottando stereotipiche archi-tetture formali, ma guardando al fine politico che l’ordinamento intende raggiungere. Con la caduta delfascismo e il trasferimento a Palermo Sinagra si dedicherà esclusivamente al diritto del lavoro52.

Più complessa la vicenda umana e accademica di Vincenzo Zangara: laureatosi a Roma in Giurisprudenzae a Firenze in Scienze politiche, dal 1935 – anno in cui vince il concorso a cattedra in Diritto costituziona-le con il Saggio sulla sovranità del 1932 – al 1937 insegna a Catania da straordinario per essere chiamato al-la fine del 1937 ad insegnare la stessa disciplina nella Facoltà di Scienze politiche della Sapienza. Vicesegre-tario nazionale del PNF dal 1937, nel 1940, per dissidii con il Duce, gli viene ritirata la tessera del Partitoe con un provvedimento del Ministero dell’educazione nazionale è trasferito d’ufficio all’Università di Mo-dena senza insegnamento e destinato a «studi speciali». Sottoposto al processo di epurazione, incarcerato perquasi un anno, non volle avvalersi dell’amnistia e fu assolto ben due volte dalla Corte d’Assise per non avercommesso il fatto e perché il fatto non sussiste. Riprende l’insegnamento solo nel 1955 in seguito a due pro-nunce – la prima rimasta senza esito – del Consiglio di Stato che annullano il trasferimento da Roma a Mo-dena. Zangara chiede di tornare a Catania dove rimarrà fino al 1971, anno in cui sarà richiamato nella suaFacoltà romana, in cui rimarrà fino al 1978 quando sarà nominato emerito all’unanimità. Come testimo-niato e sottolineato da Vittorio Emanuele Orlando, che fu uno dei suoi maestri, le convinzioni politiche diZangara non ne influenzavano le opere, pure dedicate in alcuni casi allo studio del partito fascista: il Parti-to unico e il nuovo stato rappresentativo in Italia e in Germania (1938) e Il partito e lo Stato (1935). Può quiricordarsi quanto rileva Augusto Barbera nella voce che ha curato per ilDizionario Biografico dei Giuristi Ita-liani che negli anni dell’insegnamento catanese successivi al reintegro si realizza per la prima volta in Italialo sdoppiamento di cattedra tra due docenti, Zangara, appunto, e Gueli53.

Mario Petroncelli arriva a Catania nel 1934 – da straordinario, due anni dopo consegue l’ordina-riato – probabilmente anche per le relazioni accademiche del suo maestro, Vincenzo Del Giudice, chea Catania aveva insegnato dal 1913 al 1918 per incarico e nel 1923 come professore ancora non sta-bile. Apre la stagione degli ecclesiasticisti degli anni che qui interessano che prosegue con Luigi Sca-vo Lombardo, Giuseppe Olivero e Luigi De Luca. Del maestro Del Giudice è erede anche per un cer-to suo radicalismo cattolico, particolarmente evidente nelle sue relazioni alle Settimane sociali dei cat-tolici (un componente permanente del comitato delle settimane era Giuseppe Auletta): di Del Giu-dice devono però ricordarsi anche gli scontri con Gemelli e i dinieghi alle autorità ecclesiastiche el’adesione al manifesto Croce che gli costò l’esclusione dalle commissioni di concorso e dall’iscrizio-ne al PNF. Rettore nel 1943, nominato dall’Amgot che non aveva convalidato l’elezione di Condo-relli avvenuta mentre questi era ristretto nel campo di Priolo, Petroncelli lascerà Catania nel 1944 perNapoli. Negli anni catanesi, oltre che per gli studi sulla dottrina canonistica intorno agli edifici diculto, deve ricordarsi la sua attività di autore di fortunati manuali di ecclesiastico e canonico e di va-lentissimo avvocato matrimonialista e rotale54. Ma a Catania ha più fortuna la scuola romana di Sca-

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52 Cfr., supra, nota 27.53 AUGUSTO BARBERA, Zangara Vincenzo, in DBGI, II, p. 2082-2083.54 VALERIO TOZZI, Petroncelli Mario, in DBGI, II, p. 1564-1565.

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duto e Jemolo, maestri del romano di origini siciliane Luigi Scavo Lombardo che nel 1945 giunge aCatania, appunto, essendo stato stabilizzato dall’Amgot a Messina nel 1943. Vincitore della cattedranel 1946 rimane a Catania fino al 1949 quando si trasferisce a Parma e da qui a Bologna nel 1955.Da Messina a Catania a Parma lo segue il suo allievo più anziano, Gaetano Catalano (ci saranno poiFrancesco Finocchiaro, Mario Condorelli e Gaetano Lo Castro), che poi tornerà a Catania da liberodocente nel 1958 per passare a Palermo da ordinario nel 1963. A Scavo Lombardo il merito di averesostenuto e dimostrato il lungo e complesso lavorio attraverso il quale gli elementi etici tipici che ca-ratterizzano il concetto di buona fede nell’ambito del diritto canonico assumono rilievo nell’espe-rienza giuridica anche in ambiti propri del diritto civile55.

Del professore di Diritto e procedura penale Guglielmo Sabatini, cui sopra abbiamo fatto cenno,docente a Catania dal 1932 al 1949, deve ricordarsi la rivista «La scuola penale unitaria», che, come«La scuola penale umanista» fondata a Catania nel 1927 da Vincenzo Lanza, ma con maggior succes-so rispetto a quest’ultima, tentava il superamento della dicotomia tra scuola positiva e scuola classicae preconizzava, tra l’altro, il superamento della distinzione tra imputabili e non imputabili. Sabatiniè con Mazzarella, tra tutti i docenti che qui si ricordano, forse anche per mere circostanze anagrafi-che, il meno lontano dalle istanze positivistiche che erano affiorate nella cultura giuridica alla finedell’Ottocento. Forse anche in una prospettiva evoluzionista può spiegarsi la sua intuizione di una fu-tura confederazione europea56.

Paolo Biscaretti di Ruffia, allievo di Santi Romano, vincitore del concorso a cattedra nel ’39, giungea Catania nel ’41 e vi rimane sino al ’49, quando si trasferisce a Pavia e da lì nel ’62 a Milano. A Cata-nia succede a Giorgio Cansacchi. Durante gli anni catanesi, in cui Biscaretti professa anche Diritto co-loniale e Storia dei trattati, cade la collaborazione col Ministero della costituente, attivo per meno didue anni nel 1945 e nel 1946, e la pubblicazione – nella collana che accoglieva libri che servivano a pre-parare l’avvento della costituzione tra cui il celebre e critico Cos’è la costituzione di Jemolo – di due vo-lumi, uno dedicato alla Costituzione dell’Irlanda, l’altro a quella del Sudafrica. Del 1946 è Lo stato de-mocratico moderno, nucleo fondamentale del manuale di diritto costituzionale in cui mette a fuoco la con-cezione del diritto pubblico italiano come parte integrante della civiltà giuridica europea e delle ‘demo-crazie classiche’. L’impegno di internazionalisti nell’insegnamento di Diritto costituzionale non è solo diCansacchi: anche Mario Miele, straordinario per due anni a Catania dal 1940 e Carmelo Caristia (an-che lui eletto, come Condorelli, all’Assemblea costituente e membro della Commissione dei 75), nelcorso della loro carriera, professano anche alcune materie di ambito costituzionalistico.

Nella cattedra di Storia del diritto italiano coperta da Federico Ciccaglione fino al 1932, dopo il pas-saggio di Francesco Calasso nell’anno 1932/1933 (del ’33 è la prolusione sul Diritto comune), di Ma-rio Chiaudano e di Guido Astuti, dal 1937 al 1941, si avvicendano Matteo Gaudioso57 e Riniero Zeno,la cui produzione scientifica è essenzialmente rivolta a studi di storia locale.

Pasquale Del Prete copre l’insegnamento di Diritto amministrativo negli anni dal 1949 al 1952 chesegnano il passaggio dalla stagione segnata da Dante Majorana a quella guidata da Eugenio CannadaBartoli.

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55 Cfr., supra, nota 30.56 SERGIO LORUSSO, Sabatini Guglielmo, in DBGI, II, p. 1762-1763. Sabatini, da ordinario, dal 1932 al 1938 insegna Diritto

e procedura penale e dal 1939 al 1948 Diritto penale (dal 1946 da emerito). Professa anche, per incarico, Diritto ecclesiastico (nel1932, 1933 e 1944), Diritto processuale civile (nel 1941 e 1942), Procedura penale (dal 1938 al 1947 con esclusione del 1943).

57 MANLIO BELLOMO, Gaudioso Matteo, in DBGI, I, p. 961.

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Interrompo qui l’elenco dei nomi e delle carriere. Come i giuristi di cui abbiamo parlato si comporta-rono di fronte alle scelte che quegli anni tormentati imponevano? Tra l’impresa coloniale e la svolta raz-ziale si registra il maggiore consenso verso il fascismo, effimero, considerate le sorti della guerra, in Sici-lia finita prima che nel resto d’Italia; restano i nuovi codici ed emerge la nuova struttura costituzionaledello stato. Nell’esperienza giuridica valgono ancora le preoccupazioni elencate nel 1939 da Calaman-drei nelle conclusioni de La relatività del concetto di azione:

Progressivo affievolimento del diritto soggettivo, fino a ridursi a un interesse occasionalmente protetto; al-largamento del diritto amministrativo a scapito del diritto civile; assorbimento del processo civile nella giu-risdizione volontaria o nella giustizia amministrativa; aumento dei poteri discrezionali del giudice; anneb-biamento dei confini non solo tra diritto privato e diritto pubblico, ma anche tra diritto sostanziale e di-ritto processuale; discredito crescente non solo delle codificazioni, ma della stessa legge intesa come normagenerale ed astratta, preesistente al giudizio; aspirazione sempre più viva al diritto del caso per caso – tuttiquesti sono gli aspetti di una crisi che il processualista segue con ansietà nel suo specchio: nel quale si ri-flette, tradotto in formule di teoria, il vasto travaglio del mondo58.

Direi che i giuristi attivi a Catania, da Nicolò ad Auletta, da Petroncelli a Scavo Lombardo, solo percitarne alcuni, ciascuno con la propria sensibilità, da maestri o da onesti artigiani, lavorano per aprire al-la scienza del diritto nuovi orizzonti. Si è accennato al prezioso e impegnato lavoro del giovane profes-sore Nicolò, allo sforzo di ricostruzione di Auletta imperniato su una forte sensibilità storica per tra-ghettare senza traumi il diritto commerciale dal regime precedente a quello imposto dall’unificazione deicodici. Sui problemi aperti dalla stagione costituente si è accennato al contributo appassionato e intel-lettualmente onesto di Condorelli, comunque politicamente perdente, ma lungimirante in alcuni pas-saggi che riguardano i partiti politici. Meno incisivi, più di routine, gli interventi di Caristia che sem-brano esaurirsi in rilievi dimaquillage costituzionale59. Sul problema della costituzionalizzazione dei Pat-ti Lateranensi Scavo Lombardo riconduce, sia pure con equilibrio e moderazione, il regime pattizio en-tro l’ambito della libertà religiosa e di associazione sancite nella Carta. Alcuni dei docenti catanesi (Ago,Astuti, Gueli), sono coinvolti e impegnati nella complessa attività costruttiva della Commissione per stu-di attinenti alla riorganizzazione dello Stato presieduta da Ugo Forti, il giurista napoletano di originiebraiche, liberale e monarchico, allontanato dall’università per le leggi razziali, a cui Ivanoe Bonomi,presidente del Consiglio, con il consenso di Pietro Nenni, ministro per la Costituente, si rivolge per lapredisposizione di studi per la nuova organizzazione statale60. I professori che più si erano esposti con ilfascismo, Sinagra (che aveva vinto la cattedra di Dottrina del fascismo) e Zingali (federale dei critici eduri anni del fascismo postcarnazziano) si concentrano esclusivamente nelle loro attività professionali digiuslavorista il primo e di tributarista il secondo. Zangara, il vicesegretario nazionale dissidente, torneràdopo un periodo di quarantena all’ombra dell’Etna, nell’Ateneo della capitale.

Non può tacersi, per concludere, di un docente trentenne che dal 1937-38 tenne corsi di Storia del-le dottrine politiche, Storia dei trattati e politica internazionale, Dottrina dello Stato, Diritto costitu-zionale italiano e comparato. Palermitano, antifascista, nel 1933 aveva organizzato un colpo di mano a

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58 PIERO CALAMANDREI, La relatività del concetto di azione, «Rivista di diritto processuale civile», 1 (1939), p. 24-46, cita-to in ALESSANDRO GALANTE GARRONE, Amalek. Il dovere della memoria, Milano, Rizzoli, 1989, p. 144-145.

59 Una facile e completa consultazione degli interventi in Assemblea costituente è disponibile sul sito legislature.camera.it.60 Sulla storia della Commissione cfr. Alle origini della Costituzione italiana. I lavori preparatori della “Commissione per stu-

di attinenti alla riorganizzazione dello stato” (1945-1946), a cura di GIANFRANCO D’ALESSIO, Bologna, Il Mulino, 1979, in par-ticolare p. 15-30 e la letteratura ivi citata. Nello stesso volume sono riprodotti i verbali dei lavori della Commissione che pro-dusse una Relazione all’Assemblea Costituente, articolata in tre volumi, pubblicata a Roma nel 1946 per i tipi di Failli.

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San Marino, sventato dalla polizia. Finito in carcere si era finto pazzo e aveva scontato quasi due anni dipena in un manicomio giudiziario. Nel 1937 la pubblicazione di tre volumi sul Sistema di dottrina delfascismo gli procura a Catania l’incarico di insegnamento di Dottrina dello stato. Nella sua opera, benaccolta nelle riviste di regime, una scrittura fluida e accattivante cela interi inserti di opere marxiste e pro-pugna idee in contrasto con la propaganda. Agente dei servizi segreti inglesi, compie azioni di sabotag-gio nei confronti delle truppe naziste in Sicilia e guida una formazione partigiana anarchica in Toscana.Ha contatti con il partito comunista durante il 1943-45. Ambiguo come solo le coscienze inquiete pos-sono esserlo, riservato e schivo, i suoi corsi sono seguiti con grande interesse dai giovani catanesi. Neglistessi mesi in cui si prepara lo statuto dell’autonomia siciliana, il capo dell’Esercito volontario per l’in-dipendenza siciliana, il professore Antonio Canepa, muore in un conflitto a fuoco (o un agguato?) coni carabinieri vicino a Randazzo il 17 giugno 194561.

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61 Su Canepa, cfr. almeno, GIORGIO REBUFFA, Canepa Antonio, in DBI, 18 (1975); NICOLA TRANFAGLIA,Mafia, Politicae affari 1943-2008, Bari-Roma, Laterza, 2008 (19921) ad indic.; di SALVATORE BARBAGALLO, Antonio Canepa. Ultimo atto eL’uccisione di Antonio Canepa: un delitto di Stato? Atti e documenti, entrambi editi ad Acireale nel 2012 per i tipi di Bonanno.Descrive la complessità del personaggio e il mistero della sua fine LEONARDO SCIASCIA ne L’Ora del 19 luglio 1965, nella ru-brica Quaderno da lui curata nel quotidiano palermitano: in uno scritto autobiografico di Canepa Sciascia legge un gioco mi-stificatorio:«Questo giuoco mistificatorio, di mistificazioni che escono una dall’altra come scatole cinesi, è in parte frutto deltemperamento di Canepa e in parte dettato dalla contingente necessità di dire e non dire, di dare ambiguità a certe afferma-zioni che nel 1940, diciottesimo dell’era fascista, potevano essere pericolose. Sotto le dichiarazioni di ortodossia fascista Ca-nepa infatti velava l’affermazione di principi democratici: “Veramente grande è colui che sa ascoltare con paziente serenità leargomentazioni di un avversario…Sono tre le virtù, immensamente rare, che sole valgono a conciliare l’uomo con se stesso ecol mondo: la tolleranza, la moderazione, la semplicità…Questa guerra, come tutte le guerre, è un giuoco temerario nel qua-le i veri interessi dei popoli non hanno parte…”: e quando il suo immaginario biografo gli domanda se crede che dalla guer-ra sorgerà l’ordine nuovo, sbandierato dai nazi-fascisti, recisamente risponde di no. Questa stessa ambiguità è nel suo volu-minoso Sistema di dottrina del fascismo, attraverso il quale riesce a far passare tanta dottrina allora proibita, tanto pensiero “ere-tico”. Il ritratto che vien fuori dall’autobiografia è quello di un uomo fondamentalmente romantico ed anarchico, effettual-mente autodidatta (e con tutta la confusione e presunzione dell’autodidatta), ma con pronunciate venature illuministiche.Parlando della sua formazione dice di aver esumato il Dictionnaire philosophique di Voltaire e persino gli scritti di Bayle; e ve-ramente in quegli anni, autori come Bayle e Voltaire erano così scarsamente frequentati che a buon diritto può dire di averliesumati». Sulla vita del professore, continua Sciascia, «finita l’avventura sanmarinese, Canepa si diede a scalare la cattedra uni-versitaria con uguale spirito di beffarda avventura: nel giro di tre mesi buttò giù il ponderoso Sistema di dottrina del fascismo,suscitando la diffidenza del massimo organo di stampa dei fascisti, che vi notava la fede fascista ridotta a una aridissima cate-goria kantiana, e il consenso dei cattedratici, che invece vi riconoscevano esattezza metodologica. Successivamente pubblica-va uno studio sulla organizzazione del partito fascista che incontrava il consenso dei dottrinari e dello stesso Popolo d’Italia chelo aveva attaccato per il Sistema: per cui, giovanissimo, si trovò incaricato per la storia delle dottrine politiche prima nell’Uni-versità di Palermo e poi in quella di Catania. Aveva capito, come già i comunisti, che ai giovani antifascisti meglio convenivaoperare dal di dentro. Forse in questo periodo, intorno al 1940, egli ebbe modo di stabilire contatti col servizio segreto ingle-se: persone degne di fede, che gli furono vicine fin dal suo arrivo all’Università di Catania e per tutto il periodo della guerra edell’azione indipendentista, assicurano che questi contatti ci furono, e si concretarono in azioni di sabotaggio in Sicilia. E cre-diamo che dalle stesse fonti provengano le informazioni che Filippo Gaja offre nel suo L’esercito della lupara. Gaja dice anziche dopo un’azione di sabotaggio condotta contro l’aeroporto di Gerbini, Canepa passò nel nord d’Italia per svolgere una mis-sione; e precisamente intorno a Firenze ebbe a partecipare, nei primi del ’44, ad elezioni partigiane. Ma comandanti partigia-ni della Toscana, da noi interpellati, lo escludono; a meno che, come ci ha detto uno di loro, Canepa non sia stato uno di que-gli elementi di collegamento dei servizi inglesi, i quali si muovevano da una formazione all’altra con assoluta autonomia e sen-za mai entrare in effettiva confidenza coi partigiani. Il che può essere appunto il caso. Certo è, comunque, che nell’estate del’44 Canepa è di nuovo in Sicilia: indipendentista ma, afferma il Gaja, con la tessera del Partito Comunista in tasca. Afferma-zione questa, non comprovata da alcun documento o testimonianza, anche se sono indubitabili gli intendimenti effettiva-mente rivoluzionari, di rivoluzione sociale, che il Canepa portava dentro il Movimento Indipendentista. Prima la Sicilia indi-pendente, diceva Canepa; e poi o le terre o le teste. Ma a rimetterci la testa fu proprio Antonio Canepa, teorico e guerriglierodella rivoluzione indipendentista siciliana…». A proposito del mistero che circonda le circostanze in cui Canepa morì Scia-scia conclude: «… a rimetterci la testa fu proprio Antonio Canepa, teorico e guerrigliero della rivoluzione indipendentista si-ciliana. Il 17 giugno 1945, alle porte di Randazzo, una pattuglia dei carabinieri intimò l’alt a un motofurgoncino, proveniente

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È una storia ancora tutta da chiarire come molte altre della Sicilia, in cui è difficile individuare edistinguere il ruolo di mafia, politica, servizi segreti italiani e stranieri, ceti agrari.

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da Cesarò, guidato da Giuseppe Amato (oggi consigliere comunale di Catania per il PSIUP), con a bordo Canepa. Nino Ve-lis, Carmelo Rosano, Nando Romano e il giovanissimo Giuseppe Giudice. La sequenza del fatto, ansiosa e veloce, non risul-ta del tutto chiara dal ricordo dei protagonisti: Amato ricorda di aver visto un carabiniere tirar giù dal furgoncino il ragazzoGiudice e di aver poi sentito il primo sparo; Velis ricorda invece prima lo sparo, forse da parte di Canepa contro i carabinie-ri. Discordanza abbastanza comprensibile, se si considera che Amato vide la scena voltandosi per un momento indietro e Ve-lis l’aveva invece di fronte. La differenza del punto di vista tra Canepa e Amato fu d’altra parte, con tutta probabilità, quellache segnò il tragico destino di Canepa, Rosano e Giudice: perché Amato sapeva di aver già guadagnato la curva, mentre Ca-nepa vedeva ancora la pattuglia dei carabinieri. Sarebbero bastati un paio di metri ancora, e sarebbero stati fuori tiro; ma Ca-nepa battè sulla spalla di Amato, che era il segnale stabilito perché si fermasse; Amato si fermò, sentì uno sparo e poi il gridodi Canepa: “Perché sparate, che bisogno c’è di sparare?”, il che vuol dire che erano stati i carabinieri a sparare il primo colpo,forse per intimidazione. Poi seguirono altri scoppi, uno dei quali fu quello della bomba a mano che Canepa portava in tascae che gli dilacerò la coscia (la bomba, evidentemente, fu colpita da una pallottola). A questo punto Velis che scappava per icampi e Romano e Giudice a terra, colpiti, Amato si lanciò col furgoncino nella discesa verso Randazzo, portando Rosano ago-nizzante e Canepa ferito. Alle prime case abbandonò il furgoncino, raccomandando alla gente di portare in ospedale i feriti.E così fu fatto: ma Rosano arrivò morto, e Canepa vi morì dissanguato. Pare che carabinieri e medici fossero convinti di ave-re tra le mani dei banditi. E che i carabinieri non si siano dati a preoccuparsi molto (o forse se ne preoccuparono anche trop-po), lo dice il fatto che Romano, che era soltanto ferito, fu portato al cimitero di Giarre per essere seppellito; e soltanto la so-lerzia del becchino evitò la raccapricciante conseguenza. Così, fortuitamente o deliberatamente, lo Stato italiano scese al pri-mo compromesso con la destra indipendentista».

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La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Catania (1935-1950)

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