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Ipotesi sui punti materiali Antonella Foligno e Pierluigi Graziani Abstract: Hypothesis on Material Points This article attempts to investigate the development of the concept of material point. We will try to make evident the process – called by Enrico Giusti – of objectification of procedures, according to which new abstract mathematical entities entering the scene before as research tools, then as usefull entities to solve practical problems and finally beco- me authonomous objects with their own theoretical dignity. The first step corresponds to the mechanical - heuristic study on the Centres of Gravity as part of Greek mathema- tics, in particular in the works of the mathematician Archi- medes of Syracuse. The second step is equivalent to the re- discovery, which took place during the Renaissance, of the Archimedean works that allowed the development of the controversy on the deflected balance. The third stage is the one where an abstract mathematical entity starts to be used explicitly as an objet having its theoretical dignity. Key-words: Center of Gravity; Material Point; Objectifica- tion of Procedures 1. Introduzione Il presente contributo intende analizzare il concetto di punto materiale avanzando un’ipotesi su un suo possibile svi- luppo. In particolare la nostra idea è che le astrazioni con- nesse a tale concetto facciano nel loro insieme la loro iniziale comparsa nell’opera di Archimede e che la fase di studio ri- nascimentale delle opere archimedee abbia contribuito al consolidamento di tali astrazioni conducendo, infine, all’e- splicitazione del concetto di punto materiale nelle opere di Newton e di Eulero. L’idea è quella di considerare i punti materiali nell’ambito del fenomeno denominato da Enrico Giusti 1 di oggettualizzazione delle procedure: nuovi oggetti 1 E. GIUSTI, Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici, Bollati Boringhieri, Torino 1999. 075-104 GRAZIANI-CORRIGE_GABBIAITINERARI1_A.qxd 13/01/16 19.43 Pagina 75

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Ipotesi sui punti materiali

Antonella Foligno e Pierluigi Graziani

Abstract: Hypothesis on Material PointsThis article attempts to investigate the development of

the concept of material point. We will try to make evidentthe process – called by Enrico Giusti – of objectification ofprocedures, according to which new abstract mathematicalentities entering the scene before as research tools, then asusefull entities to solve practical problems and finally beco-me authonomous objects with their own theoretical dignity.The first step corresponds to the mechanical - heuristicstudy on the Centres of Gravity as part of Greek mathema-tics, in particular in the works of the mathematician Archi-medes of Syracuse. The second step is equivalent to the re-discovery, which took place during the Renaissance, of theArchimedean works that allowed the development of thecontroversy on the deflected balance. The third stage is theone where an abstract mathematical entity starts to be usedexplicitly as an objet having its theoretical dignity.

Key-words: Center of Gravity; Material Point; Objectifica-tion of Procedures

1. Introduzione

Il presente contributo intende analizzare il concetto dipunto materiale avanzando un’ipotesi su un suo possibile svi-luppo. In particolare la nostra idea è che le astrazioni con-nesse a tale concetto facciano nel loro insieme la loro inizialecomparsa nell’opera di Archimede e che la fase di studio ri-nascimentale delle opere archimedee abbia contribuito alconsolidamento di tali astrazioni conducendo, infine, all’e-splicitazione del concetto di punto materiale nelle opere diNewton e di Eulero. L’idea è quella di considerare i puntimateriali nell’ambito del fenomeno denominato da EnricoGiusti1 di oggettualizzazione delle procedure: nuovi oggetti

1 E. GIUSTI, Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici, Bollati Boringhieri,Torino 1999.

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matematici entrano spesso sulla scena come strumenti di in-dagine, come strumenti dimostrativi o parte di questi (a lorovolta spesso frutto di idee straordinariamente nuove), dive-nendo in un secondo momento – in tutto o in parte – piùespliciti o più diffusi elementi di soluzioni a problemi e infi-ne oggetti di studio in sé e per sé2. Dunque, la questione nonsarà qui quella di rintracciare precursori cui conferire unaindubitabile primogenitura, quanto quella di «chiedersiquando, e in quali dimostrazioni, si sono manifestate quelleidee che più tardi, a volte grazie al lavoro di altri scienziatiattratti proprio dalla potenza dei nuovi metodi dimostrativi,hanno condotto alla scoperta degli oggetti corrispondenti»3.

Iniziamo introducendo il concetto di cui ci occuperemo.Si definisce punto materiale un corpo per il quale le di-

mensioni possono ritenersi trascurabili rispetto al problemain esame e tutte le forze agenti su di esso possono assumersiaventi lo stesso punto di applicazione. Il punto materiale, intal senso, è una astrazione utile nella modellazione matema-tica di alcuni fenomeni. Ad esempio può essere convenienteconsiderare i pianeti del sistema solare modellandoli comepunti materiali, ma sarebbe privo di senso fare lo stesso ri-spetto a un pianeta di cui vogliamo considerare la propriarotazione attorno al suo asse.

Il punto materiale, per usare una bella metafora di Gior-gio Israel, è una sorta di centauro4: convivono, infatti, in es-so due nozioni profondamente eterogenee, da un lato la no-zione di materia-massa che è fisica e rimanda all’estensione;e dall’altro la nozione matematica di punto, che rimanda aun’entità che non ha parti, è quindi un ente idealizzato privodi dimensioni.

Sebbene queste due caratteristiche prese assieme appaia-no problematiche poiché richiamano lo spettro dei parados-si di Zenone, esse di fatto non lo sono. Quando il concetto dipunto materiale emerse come utile e consapevole astrazioneconcettuale, con Newton e Eulero, sia lo sviluppo delle ma-tematiche, che un più disinvolto uso dei concetti in fisica,avevano posto le basi per allevare un tale centauro che in uncerto senso si era celato per lungo tempo, compiendo i suoiprimi passi, nei tecnicismi delle dimostrazioni matematiche.

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2 In generale le tre fasi sono profondamente intrecciate ed è alcune voltedifficile distinguere la prima dalla seconda, e altre volte distinguere la se-conda dalla terza.3 E. GIUSTI, Ipotesi, p. 75.4 Cfr. G. ISRAEL, Lo strano concetto di punto materiale, in M. Emmer (a curadi), Matematica e Cultura, Springer-Verlag, Italia 2007, pp. 11-27.

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Dunque, nonostante il suo aspetto complicato, la fisicamatematica sembra non essersi lasciata spaventare da questocentauro, che invece è stato utilizzato – a volte implicitamen-te a volte esplicitamente – in modo disinvolto, pur cogliendo-ne la complessità5. Un esempio molto bello e interessante diquesto atteggiamento può essere trovato nelle Lezioni di mec-canica razionale di Tullio Levi-Civita e Ugo Amaldi:

Il punto materiale, per ciò che riguarda i caratteri pura-mente cinematici (posizione, traiettoria, velocità, accelera-zione, ecc.), andrà, per la sua stessa definizione, conside-rato come un punto geometrico; ma, di fronte all’azionedelle forze, non cesserà di comportarsi come un corpo na-turale. La semplicità schematica degli aspetti cinematicidei moti di un punto materiale ci permetterà di cogliernele leggi dinamiche fondamentali; e la Dinamica del puntofornirà la base di tutta la meccanica, in quanto [...] le leggidel moto di ogni altro corpo, di cui non sia lecito trascura-re le dimensioni (rispetto a quelle della ragione spaziale incui ha luogo il moto), si possono stabilire, considerandocodesto corpo come un aggregato di punti materiali6.

Questo modo disinvolto di usare un concetto teoretica-mente così complesso è semplicemente a nostro avviso partedi ciò che Albert Einstein identificò con una forma di oppor-tunismo7 dello scienziato.

Vediamo, dunque, la prima fase dello sviluppo del con-cetto di punto materiale mostrando come le astrazioni allasua base possano essere rintracciate all’interno delle rifles-sioni archimedee.

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5 Basti qui ricordare le riflessioni sui punti materiali di H. HERTZ nei DiePrinzipien der Mechanik in neuem Zusammenhange dargestellt, J. A. Barth,Leipzig 1984, tr. it. a cura di A. Zampini, I principi della meccanica delineatiin una nuova forma, Bibliopolis, Napoli 2010; e di L. BOLTZMANN nelle Vorle-sungen über die Prinzipien der Mekanik, I. Theil, J. A. Barth, Leipzig 1987; ein Über die Grundprinzipien und Grundleichungen der Mechanik, 1899, inID., Populäre Schriften, J. A. Barth, Leipzig 1905, pp. 253-307.6 T. LEVI-CIVITA & U. AMALDI, Lezioni di meccanica razionale, Zanichelli, Bo-logna 1929, p. 314.7 A. EINSTEIN, Remarks Concerning the Essays Brought together in this Co-operative Volume, in P. A. SCHILPP (ed.), Albert Einstein: Philosopher-Scienti-st, vol. 7. Evanston, Illilois 1949, pp. 683-684. Più recentemente VincenzoFano ha utilizzato per tale atteggiamento l’espressione opportunismo meto-dologico, sottolineando come essa sia una caratteristica fondamentale pergli sviluppi della fisica matematica moderna, e non posseduta dalla scienzaantica. V. FANO, Archimede e la leva. Il rigore degli antichi e l’opportunismodei moderni. Conferenza tenuta all’interno del convegno “Archimede nel Ri-nascimento”, 13-16 Dicembre 2013, Cesena-Urbino. Il testo della conferen-za apparirà nel 2016 in un volume speciale della rivista Isonomia Epistemo-logica.

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2. Centri di gravità e punti materialiLa nostra ipotesi, dunque, è che le astrazioni alla base del

concetto di punto materiale fossero in una certa ampia misu-ra già pronte e presenti all’interno delle dimostrazioni archi-medee relative ai centri di gravità e che tali astrazioni abbia-no iniziato a costituirsi come concetto autonomo solo a se-guito della riscoperta rinascimentale dei lavori di Archimede.

Iniziamo considerando la riflessione archimedea sui cen-tri di gravità, partendo dal fondamentale lavoro di Archime-de Sull’equilibrio dei piani (EP). Questo testo ci è pervenutodiviso in due libri, il primo dei quali ha sollevato dibattiti re-lativi alla sua originalità. Senza però scendere in tali que-stioni, descriviamo brevemente il contenuto dei due libri.

Il primo libro (costituito da 15 proposizioni) tratta deicosiddetti fenomeni di statica geometrica: utilizzando i po-stulati riguardanti la bilancia a bracci uguali, viene dedottala legge della leva. Sono di seguito determinati i centri digravità del parallelogramma, del triangolo e del trapezio. Laproposizione 13, seguita dal corollario numero 14, costitui-sce il cuore dell’argomentazione archimedea, in essa vienedimostrato che il centro di gravità di un triangolo cade sullamediana, questo permette di dedurre che esso debba giacerenel punto in cui le mediane del triangolo si intersecano8. Ilcentro di gravità è, intuitivamente, il punto in cui la massadel corpo è totalmente concentrata.

Il secondo libro si apre con una dimostrazione della leggedella leva in un caso particolare: quando alla bilancia si tro-vino appesi due segmenti di parabola. Si prosegue poi con ladeterminazione dei centri di gravità del segmento di parabo-la e del tronco del segmento di parabola.

Nonostante il testo si occupi dello studio dei baricentri, èdi particolare interesse il fatto che nei due libri non occorraalcuna definizione del termine baricentro (kùntron tou~ bß-rewj) letteralmente “centro del peso” che appare per la pri-ma volta nel quarto postulato. Senza entrare nel dibattitosulle ragioni di tale assenza9, quello che ci sembra si possa

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8 Cfr. A. FRAJESE, Opere di Archimede, UTET, Torino 1974, p. 394.9 Le ragioni per cui Archimede si riferisce al centro di gravità senza maifornirne alcuna definizione precisa possono essere ricondotte alle seguentidue ipotesi: i) è possibile che Archimede, quando scrisse il trattato sull’equi-librio dei piani, assumesse il centro di gravità come un’entità familiare, inquanto la teoria era già stata presentata in precedenza da altri studiosi dimeccanica, o addirittura che fosse un suo trattato – andato poi perduto – adinteressarsi in modo specifico a questa materia. ii) È possibile che il lavoro

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dire osservando le varie definizioni pervenuteci10 di centrodi gravità, è che esse abbiano un legame con il concetto dicentro di sospensione o punto di sospensione ovvero il puntoa cui bisogna sospendere l’asta di una bilancia affinché, datii due pesi, essa rimanga in equilibrio. Lo stesso Archimedein EP I, proposizioni 6 e 7, analizza il concetto di equilibrioper centro di sospensione attraverso la seguenti parole: «segrandezze [commensurabili o incommensurabili che siano],a certe distanze, si fanno equilibrio, anche grandezze ad es-se uguali poste alle stesse distanze si faranno equilibrio»11.Da tali elementi ci sembra si possa ipotizzare, dunque, chel’origine del concetto di centro di gravità sia in parte da rin-tracciarsi nelle procedure di uso delle bilance e che solopian piano tale concetto si sia raffinato geometricamente efisicamente12 proprio a partire dai lavori di Archimede.

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sull’equilibrio dei piani sia un trattato totalmente autonomo, e che la defi-nizione di centro di gravità debba essere concepita come implicita nei po-stulati alla base di questo stesso trattato. E. J. DIJKSTERHIUS sostiene che en-trambi i punti di vista siano validi mentre G. VAILATI nel Del concetto di cen-tro di gravità nella Statica d’Archimede, «Atti della R. Accad. delle Scienze diTorino», 32, (1996-97), pp. 742-758, difende la plausibilità dell’ipotesi i); O.Toeplitz e W. Stein difendono l’ipotesi ii), si veda a proposito W. STEIN, DerBegriff des Schwerpunktes bei Archimedes, «Quellen und Studien zur Geschi-chte der Mathematik, Physik und Astronomie», 1 (1930), pp. 221-244. Perulteriori approfondimenti circa il dibattito sulla nozione di centro di gravitàvedi E. J. DIJKSTERHUIS, (trad. inglese C. Dikshoorn), Archimedes, UniversityPress, Princeton 1987, pp. 289-304.10 Pappo per esempio scrive che il centro di gravità di un corpo «è quel pun-to al suo interno tale che se un corpo viene sospeso da tale punto rimarrànella sua posizione originale» (PAPPUS, Collectionis quae supersunt, InstruxitFridericus Hultsch, Vol. 3, Tom. 1. Berlin 1878). Erone di Alessandria scriveche il centro di gravità o di inclinazione è «il punto da cui se un corpo vienesospeso divide il peso in parti uguali» e lo distingue dal punto di sospensio-ne che è «quel punto nel corpo o non nel corpo da cui se un corpo viene so-speso sarà in equilibrio» (HERON, Mechanics, 1, 24). Eutocio di Ascalona, in-fine, definisce il centro di inclinazione di una figura piana come «quel puntoda cui deve essere sospeso per stare parallelo all’orizzonte» (in Archimedisopera omnia cum commentariis Eutocii, ed. J. L. Heiberg, 3 voll., B. G. Teub-ner, Lipsia 1880-1881). Tra i testi antichi che si occuparono in maniera di-retta del problema della legge della leva, non va dimenticato il Liber Euclidisde ponderoso et levi, attribuito ad Euclide. In questo manoscritto è possibilerintracciare una prova geometrica della legge della leva, indipendente dalladinamica aristotelica e, che fa specifico riferimento alla tesi secondo cui l’ef-fetto del peso P posto all’estremità del braccio della leva (di lunghezza L) èespresso tramite il prodotto P*L. Cfr. A. G. DRACHMANN, Fragments from Ar-chimedes in Heron’s mechanics, «Centaurus», 8 (1963), pp. 91-146; R. MI-GLIORATO, Archimede. Alle radici della modernità tra storia scienza e mito, Di-partimento di Matematica e Informatica Università di Messina, 2013, p. 86.11 A. FRAJESE, Opere di Archimede, p. 393.12 Vedi anche R. MIGLIORATO, Archimede, pp. 84-90.

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In EP I, 6-7, ad esempio, per dimostrare che il centro digravità di una figura dotata di diametro o di asse cade suldiametro o sull ’asse, è sufficiente disporre diapprossimanti13 che abbiano centro di gravità sull’asse14.Nel caso della parabola sembra immediata la sua relazionecon il triangolo, poiché quest’ultimo può essere inscritto nelsegmento di parabola in modo da giungere a un’approssi-mazione tale che la differenza di superficie tra la maggioree la minore delle due figure sia sempre più piccola, fino alquasi completo avvicinamento.

Dal nostro punto di vista, il raffinamento più importantedel concetto di centro di peso appare però solo nel Metododi Archimede. Secondo le ricerche storiografiche più recentiil Metodo risale agli ultimi anni di attività scientifica archi-medea. Esso rappresenta a buon diritto l’opera della matu-rità, l’opera in cui Archimede tira le fila della propria atti-vità matematica dichiarando al destinatario dello scritto,Eratostene di Chio, l’intenzione di volere illustrare in ma-niera dettagliata e rigorosa la sua procedura meccanica, giàutilizzata negli altri trattati e utile a fini dimostrativi. È evi-dente, quindi, l’intenzione archimedea di voler conferireun’interpretazione meccanica a proposizioni di caratterepuramente geometrico. Il carattere puramente meccanicodel suo lavoro mette in luce la dimensione euristica dellesue argomentazioni. Ad esempio, nella lettera a Eratostene,Archimede scrive:

Sapendoti però […] curioso intellettuale, sempre in primafila nella ricerca del sapere e all’occasione in grado di ap-prezzare al meglio le argomentazioni matematiche [..], miè sembrato opportuno esporti in dettaglio per iscritto […]le peculiarità di una particolare procedura, grazie allaquale, una volta assimilata [corsivo mio], sarà agevoleprendere le mosse per essere in grado di stabilire qualcherisultato matematico in virtù di considerazioni meccaniche[corsivo dei curatori]15.

Il Metodo è un trattato elementare volto alla formazionedi un pubblico non iniziato alla materia: Eratostene è l’al-lievo da educare. Rispetto a EP I, II, il Metodo rappresenta

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13 Le approssimanti sono figure che possono essere inscritte o circoscrittealla figura di cui voglio rintracciare il baricentro.14 Vedi la chiara analisi di P. D. NAPOLITANI in Archimede alle radici dellascienza moderna, «I grandi della scienza», 22 (2001), p. 45.15 F. ACERBI, C. FONTANARI, M. GUARDINI, Archimede. Metodo. Nel laboratoriodel genio, Bollati Boringhieri, Torino 2013, pp. 100-101.

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l’emblema teorico della scienza dei baricentri delle figuresolide, l’apice del lavoro teorico di Archimede alla cui base,come ci ricorda Fabio Acerbi16, vi sono tre tecniche mate-matiche: la bilancia virtuale, il procedimento infinitario e ilmetodo di esaustione. Discutere ampiamente le tre proce-dure esula dall’obiettivo di questo contributo. Per rintrac-ciare le dinamiche alla base della formazione del concettodi punto materiale sarà sufficiente soffermarsi sull’applica-zione congiunta delle tre tecniche. La nostra intenzione è,dunque, quella di mostrare, attraverso l’analisi di alcunedelle dimostrazioni archimedee, come i concetti di centrodi gravità e punto materiale condividano alcune essenzialicaratteristiche. Questa operazione ci consentirà di eviden-ziare le principali fasi di sviluppo di questo secondo con-cetto.

Analizziamo, dunque, brevemente le tre procedure. Laprima, la bilancia virtuale, si articola in una «serie diunità deduttive autonome»17. Si procede costruendo unafigura geometrica il cui asse di simmetria viene a essereassociato al braccio della bilancia stessa, il cui fulcro ècollocato nel punto medio di questo asse, e alle cui estre-mità vengono letteralmente traslate sezioni di figure chenecessitano di essere pesate. In seguito si procede ponen-do in proporzione le varie sezioni, per stabilire l’equilibriotra di esse. Sulla base di questa proporzione e della leggefondamentale della leva (precedentemente dimostrata daArchimede) è possibile affermare che, anche per le opera-zioni meccaniche condotte attraverso la bilancia virtuale,«oggetti geometrici si fanno equilibrio a distanze inversa-mente proporzionali alle proprie estensioni [volumetri-che]»18. Terminati questi passaggi, si procede alla ricom-posizione delle figure attorno al proprio baricentro, stabi-lendo così la possibilità di estendere la legge d’equilibrioalle figure ricomposte: se le singole sezioni sono in equili-brio, anche le figure originarie – di cui queste sono parte– lo sono.

Il procedimento tramite sezioni infinitesime, è enunciatonel lemma 11 posto in posizione preliminare nella lettera aEratostene, che recita quanto segue:

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16 Ivi, pp. 62-81.17 Ivi, p. 64.18 Ivi, p. 65.

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Qualora quante si voglia grandezze abbiano, ordinate si-milmente due a due, lo stesso rapporto di altre grandezzeuguali in molteplicità, e le prime grandezze siano in rap-porti quali si voglia rispetto ad altre grandezze – o tutte oalcune di esse –, e le seconde grandezze, siano negli stessirapporti rispetto ad altre grandezze, quelle omologhe, tut-te le prime grandezze avranno, rispetto a tutte quelle inrelazione con esse, lo stesso rapporto che hanno tutte leseconde rispetto a tutte quelle in relazione con esse19.

Questa tecnica pone in rapporto porzioni di figure, e nemostra la proporzionalità iterata, proporzionalità che sussi-ste nuovamente anche tra le figure ricomposte.

Infine, il metodo di esaustione, sebbene sia attribuito nel-la sua formulazione originaria a Eudosso di Cnido, è presen-tato in maniera rigorosa20 solamente in Elementi XII, 2 e inIl Metodo, e permette di determinare l’estensione volumetri-ca di una figura piana o solida. Il fondamento di questa pro-cedura è costituito dal cosiddetto assioma di Archimede –che vediamo utilizzato già in Euclide (Elementi, definizioneIV del Libro V) – secondo cui: «sono dette avere rapporto [oragione] tra loro grandezze che, se ‹ne› sono presi multipli,possono eccedersi tra loro». Attraverso questo assioma sivuol esprimere il procedimento detto di avvicinamento inde-finito21.

Cerchiamo ora di mettere in evidenza il modo in cui Ar-chimede utilizza congiuntamente le tre tecniche matemati-che. Lo faremo analizzando la proposizione numero 4 delMetodo rendendo espliciti alcuni passaggi delle dimostrazio-ni archimedee utili per capire lo sviluppo del concetto dipunto materiale. Proporremo in primo luogo l’originaria

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19 A. FRAJESE, Opere di Archimede, p. 575.20 Cfr. P. D. NAPOLITANI & K. SAITO, Royal Road or Labirinth? Luca Valerio’sDe Centro Gravitatis Solidorum and the beginnings of modern mathematics,«Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche», 24 (2004).21 F. ACERBI, Tutte le Opere di Euclide, Bompiani, Milano 2007, p. 975. Il da-to assioma si trova ancora in Euclide, libro X, proposizione 1 nella seguen-te forma: «fissate due grandezze disuguali, qualora dalla maggiore sia sot-tratta ‹grandezza› maggiore che la metà e da quella restata fuori una mag-giore che la metà, e questo risulti in successione, sarà restata una certagrandezza, che sarà minore della minore grandezza fissata». Mentre lo tro-viamo in Archimede, Sfera e Cilindro (A. FRAJESE, Opere di Archimede, p.18), espresso come segue: «comunque poco un numero reale differisca dal-l’unità, restandone maggiore, è possibile trovare un altro numero reale che,pur essendo anch’esso maggiore dell’unità, ne differisca ancor meno diquanto ne differisca il primo numero».

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versione geometrica della suddetta proposizione numero 4,seguita poi da una ricostruzione di carattere algebrico.

Il segmento di paraboloide è secato da un piano che pro-duce come sezione un segmento di parabola ABG di verticeA, asse AD e base BG La bilancia virtuale è costituita dalbraccio AD che coincide con l’asse della parabola, aventefulcro nel vertice A, ed un secondo braccio QA uguale all’as-se. Il cono ABG è inscritto nel paraboloide mentre il cilindro

BEZG è circoscritto alla parabola stessa. Le sezioni da pesaresono quelle parallele al cerchio di base: nel cilindro il cer-chio-sezione ha diametro MN, nel segmento di paraboloideha diametro XO; entrambi generati a partire da una rettaMN che seca l’asse della parabola in S.

Da qui si procede deducendo la proporzione tra le sezio-ni, per la proprietà caratteristica della parabola, si ha cheAD = QA, vale quindi la proporzione QA : AS = q(MS) :q(SX) (q sta per quadrato su AB). Questa proporzione siestende per transitività ai cerchi-sezione, quindi QA : AS =c(MN) : c(XO) (c sta per cerchio su AB).

Ora siamo in grado di stabilire l’equilibrio tra le sezioni.Come già detto, per la legge fondamentale della bilancia vir-tuale gli oggetti geometrici, ovvero le porzioni di figura, sifanno equilibrio a distanze inversamente proporzionali allaloro estensione. È possibile dedurre che il cerchio di diame-tro MN (costituente una sezione del cilindro), semplicementestandosene al proprio posto, è in equilibrio, rispetto al puntoA (fulcro) con il cerchio di diametro XO (sezione della para-bola) traslato in Q (che rappresenta anche il suo baricentro).

Per concludere, le figure sono “ricomposte” a partire dal-le loro sezioni circolari: il cilindro viene a coincidere con

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Figura 1. Segmento di parabolacon piano di vertice A, circo-scritto da un cilindro con ugualealtezza. Metodo, proposizione 4.Figura tratta da Acerbi (2013).

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quello originario, il segmento di parabola “non è “ricostrui-to” intorno al baricentro Q, ma vi è trasferito in modo “di-sarticolato”: i cerchi che lo compongono si sovrappongonol’uno all’altro, in modo che il baricentro del loro aggregatocoincida con quello di ciascuno preso singolarmente, cioè ilpunto Q. Poiché le singole sezioni sono in equilibrio, anchele figure originarie lo sono22.

Il cuore di questa procedura è costituito dunque dall’ar-gomento geometrico della proporzionalità. Per ogni figuraviene stabilita una proporzione tra, da un lato, sue sezioni esezioni di un’adeguata figura ausiliaria, dall’altro, due retteche coincidono con i bracci della bilancia23. La tecnica so-pra descritta è utilizzata in tutte le proposizioni del Metodocon le variazioni del caso, più o meno complicate a secondadelle figure in gioco. Infatti, in alcune occasioni l’argomentosi fa più articolato in quanto viene introdotta una terza figu-ra ausiliaria di riferimento la quale è scomposta in infinitesezioni e posta come figura di confronto con quella di par-tenza (nella maggior parte dei casi si tratta di un cono). Laricchezza del Metodo archimedeo non ha eguali nella storiadel pensiero matematico antico ed è celebre l’abilità con cuilo scienziato di Siracusa applica l’argomento della propor-zionalità, che abbiamo sopra descritto, nel caso del parabo-loide, nelle proposizioni 12-15 dedicate alla cosiddetta un-ghia cilindrica24.

Per chiarire meglio il ragionamento archimedeo provia-mo ad osservarlo con un lessico matematicamente a noi piùvicino, considerando la stessa dimostrazione attraverso la ri-costruzione di Pier Daniele Napolitani25.

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22 F. ACERBI, C. FONTANARI, M. GUARDINI, Nel laboratorio del genio, pp. 64-66.23 Ivi, pp. 66-67.24 La costruzione dell’unghia cilindra si ottiene nel seguente modo: si con-sideri un prisma retto a base quadrata in cui sia inscritto un cilindro e sitagli il prisma con un piano che passa per il centro del cerchio di una dellebasi del cilindro e per uno dei lati del quadrato della faccia opposta delprisma. Cfr. F. ACERBI, C. FONTANARI, M. GUARDINI, Nel laboratorio del genio,pp. 66-74.25 Cfr. P. D. NAPOLITANI, Archimede alle radici della scienza moderna, pp. 1-55.

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Figura 2. Segmento di parabola suddiviso in infinite sezioni concentriche,circoscritto da un cilindro con uguale altezza. Per la determinazione del“volume” del paraboloide è utile immaginare di concentrare intorno all’e-stremità A della bilancia tutti i cerchi-sezione del paraboloide. Ricostruzio-ne della proposizione 4 del Metodo, tratta da Pier Daniele Napolitani (2001).

Si prenda il paraboloide P (come da Figura 2), con asselungo a e il cilindro circoscritto C, con altezza a, il cui cer-chio di base abbia raggio b. Procediamo sezionando il solidocon un piano in un generico punto x dell’asse: il cerchio-se-zione Px del paraboloide ha raggio y mentre il cerchio-sezio-ne del cilindro Cx ha raggio b. I cerchi stanno tra loro come iquadrati dei raggi, quindi Px : Cx = y2 : b2.

Dati y e b come le ordinate che corrispondono alle ascissex ed a; in una parabola i quadrati delle ordinate sono pro-porzionali alle ascisse stesse, per cui si avrà che y2 : b2 = x : a.

Per transitività avremo che Px : Cx = x : a. Quindi, un ge-nerico cerchio-sezione del paraboloide sta al cerchio-sezionedel cilindro come l’ascissa del punto di sezione sta dell’assedel paraboloide. Fin qui, Archimede ha applicato teoremiben noti in congiunzione con il principio di proporzionalitàgià ampiamente utilizzato anche in EP I, II; ora vedremo inche modo le tecniche meccaniche di cui sopra, vengono ap-plicate per trovare i volumi delle figure interessate, vedremola metodologia di applicazione della bilancia virtuale dove ilbraccio ha lunghezza 2a (due volte l’asse della parabola) edestremi A e B. Immaginiamo di concentrare intorno all’e-stremità della bilancia A tutti i cerchi-sezione del paraboloi-de. Ciascuno di essi fa equilibrio a un singolo cerchio-sezio-ne del cilindro, tutti insieme quindi dovranno fare equilibrioal cilindro intero. Essi faranno equilibrio al cilindro interose e solo se s’immagina che il suo peso sia concentrato intor-

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no al suo centro di gravità e il centro di gravità di un cilin-dro si trova a metà del suo asse. Abbiamo qui due grandezze– letteralmente – appese ai due estremi della bilancia che do-vranno equilibrarsi: nel punto A vi è la massa dei cerchi-se-zione del paraboloide che si trova a distanza a dal fulcro; nelpunto c vi è il cilindro (immaginato con il suo peso concen-trato nel centro di gravità) che si trova a distanza a/2 dal ful-cro. Di conseguenza dato l’equilibrio del sistema, per la leg-ge della leva le due grandezze sono inversamente proporzio-nali alle distanze cui sono poste rispetto al fulcro26.

Utilizzando le precedenti analisi è possibile finalmenteevidenziare il legame tra il concetto di centro del peso equello di punto materiale. Ricordiamo che in fisica moder-na e, più precisamente, nel campo della meccanica, è dettopunto materiale un corpo materiale puntiforme, cioè tale chepossano essere trascurate le sue dimensioni geometriche ri-spetto ai suoi spostamenti e alle sue eventuali rotazioni epossa essere individuata la sua posizione in base alle coor-dinate di un punto geometrico27. È necessario anzitutto ca-pire se esista o meno una differenza concettuale tra la no-zione di baricentro geometrico – che Archimede introducein EP I, II – e il centro di gravità che troviamo invece nelMetodo. La determinazione del baricentro interessa proble-mi teorici concernenti l’equilibrio di figure geometrichepiane e solide. Al contrario il centro di gravità, sebbene na-sca anch’esso in relazione a problemi di carattere geometri-co, viene ad essere determinato tramite una procedura mec-canica: triangoli, parabole, cilindri, coni e cubi sono trattaticome fossero corpi materiali rigidi le cui masse possono es-sere pensate come concentrate in un unico punto che pren-de il nome di centro del peso. Questa tecnica meccanica èconsiderata propedeutica rispetto al metodo geometrico di-mostrativo rigoroso; lo stesso Archimede al termine dellaproposizione 1 del Metodo, prepara Eratostene all’incontrocon una tecnica che ha solo valore euristico e, sarà utile perricercare in un secondo momento la dimostrazione geome-trica rigorosa. Egli afferma che:

Ciò non risulta per niente dimostrato in virtù di quanto ap-pena detto, ma suggerisce che la conclusione sia vera; perquesto motivo, vedendo che la conclusione non risultava

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26 Ivi, pp. 50-51.27 P. NOLAN, Fondamenti di Fisica. Meccanica, Onde, Termodinamica, Elet-tromagnetismo, Ottica, (tr. it. di A. Suvero), Zanichelli, Bologna 1996.

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dimostrata, ma sospettando che fosse vera, misi a punto ladimostrazione in stile geometrico diffusa in precedenza28.

Poiché Il Metodo si interrompe con la proposizione nu-mero 15, non sappiamo se Archimede avesse mai inviato aEratostene l’ulteriore sezione complementare in cui veniva-no presentate le dimostrazioni geometriche. L’operazione diArchimede, il punto delicato della sua tecnica, consiste nelpassaggio dallo studio delle singole sezioni dei due oggetti ri-gidi che si stanno confrontando, allo studio delle sezioni im-maginate collettivamente raccolte intorno a un punto – ilcentro di gravità. L’intuizione di Archimede consiste nel con-siderare il paraboloide come un corpo opportunamente sud-diviso in infinite sezioni concentriche. Questa intuizione sipone in netto contrasto con il contesto della geometria grecaclassica: espressioni come ‘suddivisione in infinite sezioni’sono considerate problematiche in quanto esse fanno torna-re alla mente il problema del continuo geometrico29.

L’operazione che Archimede compie nel Metodo, la tecni-ca di astrazione meccanica utilizzata per determinare il volu-me dei corpi geometrici che sono posti in proporzione e pe-sati come fossero corpi rigidi materiali, rappresenta una no-vità assoluta. Questa tecnica, permette alla matematica clas-sica di affacciarsi alla considerazione di rapporti puramentequantitativi fra le grandezze astraendo da alcune loro carat-teristiche. Gli oggetti rigidi sono trattati, dunque, parimentia ciò che chiamiamo punti materiali, ovvero entità astratteche possono essere traslate liberamente lungo i bracci diuna bilancia – definita virtuale e realizzata a sua volta daelementi geometrici piani – per essere pesate. Il centro digravità diventa così uno strumento speculativo astratto utilea rappresentare in maniera semplificata i corpi geometrici.

La nostra idea è che Archimede nelle dimostrazioni consi-derate sta di fatto preparando il terreno per l’introduzione diuna serie di astrazioni matematiche che convergeranno pianpiano nel moderno concetto di punto materiale, astrazioniche richiedono una buona dose di opportunismo metodologi-co che Archimede sembra saper miscelare al rigore matemati-co. Si ricordi il modo in cui Archimede sposta le sezioni dellefigure in modo che nella bilancia finale non si trovino più i

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28 F. ACERBI, C. FONTANARI, M. GUARDINI, Nel laboratorio del genio, p. 109.29 Secondo la teoria continuista lo spazio e i corpi materiali sono considera-ti come infinitamente divisibili, ovvero il processo di suddivisione in partipuò procedere indefinitamente. Cfr. T. HOLDEN, The Architecture of Matter.Galileo to Kant, University Press, Oxford 2004, pp. 79-131.

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due solidi di partenza, bensì nel punto A c’è la massa dei cer-chi-sezione del paraboloide; e nel punto C c’è il cilindro, im-maginato con il suo peso concentrato nel centro di gravità30.

Ovviamente, come abbiamo sostenuto all’inizio di questolavoro, la questione non è qui quella di rintracciare precur-sori cui conferire una primogenitura, ma chiedersi quando,e in quali dimostrazioni, si siano manifestate quelle idee chepiù tardi, a volte grazie al lavoro di altri scienziati attrattiproprio dalla potenza dei nuovi metodi dimostrativi, hannocondotto alla scoperta degli oggetti matematici corrispon-denti. Al fine di considerare proprio tali sviluppi, dirigeremola nostra attenzione all’Umanesimo Rinascimentale, periodocaratterizzato dalla riscoperta delle opere archimedee e nelquale a nostro avviso le astrazioni alla base del concetto dipunto materiale hanno attraversato una ulteriore fase di svi-luppo. Nel periodo rinascimentale italiano, infatti, si diedeampio spazio al lavoro di traduzione, correzione, commentoe ampliamento degli scritti antichi a carattere scientifico ein particolare a quelli di Archimede. Non è possibile qui of-frire una esauriente analisi dei trattati di meccanica di auto-ri come Leonardo Da Vinci (1452-1519), Francesco Mauroli-co (1494-1575), Federico Commandino (1509-1575), Guido-baldo del Monte (1545-1607), Luca Valerio (1552-1618) eGalileo Galilei (1564-1642). Rivolgeremo la nostra attenzio-ne essenzialmente al Liber Mechanicorum di Guidobaldo delMonte e cercheremo di dare ragione alla nostra ipotesi di la-voro rintracciando in Guidobaldo una importante tappa diconsolidamento delle astrazioni alla base del concetto dipunto materiale. Una più ampia analisi del nostro problemacon riferimento ai lavori degli altri autori sopra citati saràoggetto di un nostro successivo lavoro, qui ci limiteremo aoffrire solamente un piccolo quadro di contorno al testo diGuidobaldo che aiuti il lettore a comprendere il rapportodella scienza rinascimentale con i lavori archimedei.

3. Lo sviluppo rinascimentaleCome ricordano Enrico Gamba e Vico Montebelli nel loro

volume Le Scienze a Urbino nel tardo Rinascimento, fu proprionel Cinquecento che gli studiosi presero per Archimede unavera e propria infatuazione. Nell’ambito delle DisciplineMathematiche si attendeva l’incontro di geometria e meccani-ca, e Archimede viene quindi a riempire un vuoto di cui c’eragià consapevolezza, vuoto che né Aristotele, né altri potevano

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30 P. D. NAPOLITANI, Archimede alle radici della scienza moderna, p. 55.

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colmare31. Archimede è l’uomo per cui costruire macchine estudiare meccanica, o i fenomeni idrostatici, è un’operazionematematica. Egli rappresenta la sintesi ideale delle qualitàteoriche e applicative proprie del matematico, in lui theoria epratica, conoscenza e operazione sono momenti correlati32. IlRinascimento rappresenta il momento in cui la matematicaentra in contatto con la materia, in cui matematica e filosofianaturale raggiungono uno straordinario livello di maturazioneche aprirà le porte alla meccanica razionale. Dal punto di vistametodologico si accentua la tendenza all’impostazione geome-trica delle dimostrazioni, mentre dal punto di vista contenuti-stico si assiste allo sviluppo della cosiddetta scientia de ponde-ribus (scienza dell’equilibrio) – la quale si occupa dei problemidella statica e in particolare del concetto di centro di gravità33.

In questo contesto trova luogo il dibattito relativo la con-troversia dell’equilibrio che si sviluppa appunto a partire dalXIV secolo34. Tale controversia cerca di rispondere alla do-

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31 Le ragioni per cui Archimede è visto come l’unica figura che può riempi-re “un vuoto di cui c’era consapevolezza” può essere rintracciata nella diret-ta connessione tra la sua opera e quella del matematico Euclide. Il lavoroeuclideo costituisce l’emblema del modo di procedere tipico della matema-tica classica, esso fa uso delle proposizioni primitive per dedurre man ma-no teoremi e risolvere problemi senza esplicitare applicazioni pratiche dialcun genere. Al contrario di Euclide, Archimede, pur conservando l’anda-mento di sintesi proprio degli Elementi (poiché nelle sue opere egli fa uso diproposizioni primitive, assunzioni e lemmi per procedere verso una com-plessità crescente), non rifiuta regole di misura e applicazioni concrete del-la matematica. Quella di Archimede è una matematica che mette in mostrala sua capacità di essere uno strumento di modellazione della realtà fisica.Cfr. A. FRAJESE, Opere di Archimede, pp. 11-15.32 E. GAMBA & V. MONTEBELLI, Le scienze a Urbino nel tardo Rinascimento,Quattroventi, Urbino 1988, p. 69.33 Va ricordato che la nozione di centro di gravità risultava essere scono-sciuta agli autori di formazione aristotelica, in quanto la tradizione filosofi-ca araba e latino-medievale non conosceva ancora le opere archimedee re-lative agli studi di statica. Alcune di queste, infatti, e in particolare quelle danoi qui prese in considerazione, furono tradotte per la prima volta in latinosolo nel 1269 da Guglielmo di Moerbeke. Per maggiori approfondimenticfr. R. PISANO, Brief historical notes on the theory of centres of gravity, Attidel convegno «The Global and the Local: The History of Science and theCultural Integration of Europe. Proceedings of the 2nd ICESHS», Cracovia,Polonia, 6-9 Settembre 2006, pp. 934-941.34 In questo periodo la tradizione dinamica aristotelica – riscoperta già nelperiodo latino e tardo-medievale, cui fa capo la nozione di gravitas secundumsitum – si incontra con la statica archimedea solo allora in una qualche mi-sura riscoperta. Il testo di riferimento aristotelico è le Questiones Mechani-cae. Cfr. E. Nenci (a cura di), Bernardino Baldi, In Mechanica Aristotelis pro-blemata exercitationes, Max Planck Research Library for the History and De-velopment of Knowledge, 4, Berlin 2011; R. PISANO, Brief historical notes onthe theory of centres of gravity.

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manda se una bilancia a bracci uguali che viene deflessadalla sua posizione di equilibrio orizzontale, sia in grado diritornare o meno al suo stato di origine. Proprio all’internodelle riflessioni su tale problema possiamo trovare, a nostroavviso, tracce del processo di consolidamento e autonomiz-zazione del concetto di punto materiale. Sarà, infatti, pro-prio nell’ambito dei problemi di equilibrio statico e, a parti-re da problemi di tipo pratico piuttosto che teorico, nelle di-mostrazioni relative l’equilibrio delle bilance, che il concettodi punto materiale, via le riflessioni sui centri di gravità, ac-quisterà sempre più autonomia e dignità teorica.

Quello che qui prenderemo in considerazione è, come ab-biamo anticipato, il contributo di Guidobaldo del Monte aldibattito. Tuttavia, per collocare adeguatamente le sue ri-flessioni, riteniamo opportuno tratteggiare brevemente il lo-ro sfondo culturale.

Nel XVI secolo, tra i primi a riferirsi al concetto di bari-centro archimedeo fu Leonardo da Vinci, che lo utilizzò neisuoi lavori sui congegni meccanici e, successivamente neglistudi relativi l’equilibrio della bilancia deflessa35. È solopresso le corti di Venezia e di Urbino, permeate di umanesi-mo, ma allo stesso tempo attente all’applicazione praticadella matematica, che si avranno i più importanti sviluppidella fase di riscoperta delle scienze antiche. Presso la cortedel Duca di Urbino, considerata l’origine dell’umanesimomatematico rinascimentale36, lo studioso che rappresenta almeglio la tradizione matematica antica è Federico Comman-dino il quale si occupò di tradurre, correggere, commentaree ampliare i testi di matematica greca. Ad esempio, la tradu-zione in volgare degli Elementi di Euclide fatta dal Com-mandino (pubblicata a Urbino nel 1575) può senza dubbioessere considerata l’opera che inaugurerà la stagione delladivulgazione del sapere matematico anche tra il pubblico dinon esperti37. Commandino fu tra i primi a interessarsi si-stematicamente alle opere di Archimede fino a pubblicare

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35 Cfr. J. RENN & P. DAMEROW, The Equilibrium Controversy. Guidobaldo delMonte’s Critical Notes on the Mechanics of Jordanus and Benedetti and theirHistorical and Conceptual Background, Max Planck Research Library for thehistory and development of knowledge, 2, Berlin 2012, p. 58.36 Per approfondimenti sull’Umanesimo Matematico cfr.: P. L. ROSE, TheItalian Renaissance of Mathematics: Studies on Humanists and Mathemati-cians from Petrarch to Galileo, Droz, Ginevra 1975.37 Cfr. V. GAVAGNA, La tradizione euclidea nel Rinascimento, Accademia Raf-faello, Urbino 2009, pp 1-10, fascicolo allegato alla ristampa anastatica di F.COMMANDINO, De gli Elementi d’Euclide libri quindici, Domenico Frisolino,Urbino 1575.

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nel 1565 il Liber de centro gravitatis solidorum. Questo ma-noscritto nasce in origine come opera di chiarificazione auna delle proposizioni più importanti dei Galleggianti di Ar-chimede, già precedentemente tradotta da Moerbeke con unlatino oscuro e grammaticalmente problematico. Comman-dino fu in grado, non solo di tradurre i Galleggianti corretta-mente, ma – grazie all’opera aggiuntiva – riuscì a colmarnele lacune dimostrative e concettuali relative la legge della le-va. “Dato che le uniche determinazioni di centro di gravitàche ci siano pervenute dall’antichità si riferiscono solo a fi-gure piane, Commandino decise di fornire agli studiosi untrattato sui centri di gravità dei solidi – poliedri, prismi, pi-ramidi e coni, oltre che del paraboloide”38.

L’opera commandiniana ereditava dalla scienza archime-dea non solo il metodo di determinazione del centro di gra-vità di ogni figura (definito come il punto rispetto al quale leparti di un corpo hanno uguale momento39), ma anche ilmetodo di approssimazione utile a dimostrare che il centrodi gravità di una figura giace sul suo asse o diametro (il seg-mento che unisce il vertice con il centro di gravità della basepiana). Da qui Commandino fu in grado di mostrare in chemodo fosse possibile circoscrivere o inscrivere la figura pre-sa in esame con figure dalla dimensione crescente così darendere la differenza tra la figura inscritta e quella circo-scritta arbitrariamente piccola40.

Se Commandino è ricordato per il rigore filologico dellesue traduzioni, e per aver imposto l’opera di uno dei piùgrandi scienziati mai esistiti come una pietra miliare su cuifondare la ricerca matematica, il suo coevo Francesco Mau-rolico, formatosi da autodidatta a Messina, inserito anch’e-gli nell’elenco dei grandi restauratori del Cinquecento, otten-

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38 P. D. NAPOLITANI, Archimede alle radici della scienza moderna. Ricordiamoche nel Rinascimento si era a conoscenza dell’esistenza dell’Equilibrio deiPiani I e dei Galleggianti, ma non di EP II che si occupa proprio delle figuresolide.39 E. GAMBA & V. MONTEBELLI, Le scienze a Urbino nel tardo Rinascimento, p.67. Il significato che Commandino attribuisce al termine momento non èquello attuale, quella del matematico di Urbino è solo una definizione di ti-po qualitativo, che cercava di esprimere la diversa efficacia del peso nellebilance e nella leva. Sarà Galileo nel 1595-1597, a definire il momentum co-me la grandezza variabile data al prodotto della massa dell’oggetto per lasua velocità.40 Come osserveremo, sarà Luca Valerio a studiare questa proprietà alla ba-se della tecnica di approssimazione, ovvero la monotonicità delle figure inquestione, il fatto che le sezioni delle figure decrescono gradualmente dallabase verso il vertice.

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ne in vita un successo marginale in quanto i suoi studi ar-chimedei furono pubblicati solamente postumi. Fortunata-mente la sua eredità intellettuale rimase viva e operativagrazie all’amico gesuita Cristoforo Clavio (1537-1612). Lapiù grande opera di Maurolico e l’esempio più straordinariodelle sue innovazioni, è il De Momentis aequalibus (Admiran-di Archimedis Syracusani monumenta omnia mathematica),una vasta rielaborazione dell’Equilibrio dei Piani, pubblicatosolamente nel 1685. Costituito da quattro libri il De Momen-tis offre una nuova dimostrazione di determinazione delcentro di gravità del paraboloide di rotazione, indipendenteda quella di Commandino (che non sembra conoscere anco-ra)41, basata sulla nozione di momento. Maurolico non si li-mita a tradurre le opere archimedee, ma punta a individuarenel materiale classico su cui lavora le linee portanti, quelleche possano permettere di raggiungere una trattazione il piùunitaria possibile. Napolitani opportunamente descrive il la-voro di Maurolico nel seguente modo:

Il De Momentis non solo non è un’edizione dell’Equilibriodei piani, non è nemmeno un suo ampliamento, una spe-cie di parafrasi allargata. È il risultato di una meditazioneprofonda sui frammenti della statica greca e del pensierodi Archimede che sfocia in una nuova interpretazioneesplicita dell’equilibrio, del concetto di centro di gravità,del rapporto fra l’interpretazione “fisica” della bilancia ela sua modellizzazione matematica42.

In questo modo viene messa in evidenza la raffinata eoriginale opera matematica di Maurolico, la quale segna ilpassaggio da una nozione qualitativa di momentum – checercava di esprimere la diversa efficacia del peso nelle bilan-ce e nella leva – a una nozione di tipo geometrico-quantitati-vo. Maurolico utilizzò le sue conoscenze matematiche perintegrare e rigorizzare i lavori archimedei, evitando di la-sciare lacune dimostrative nei suoi manoscritti.

Nonostante i lavori appena descritti, fu Guidobaldo delMonte, allievo di Commandino, a pubblicare il più influentetesto di meccanica rinascimentale risalente al 1577 dal titoloLiber Mechanicorum. Egli fu militare, ingegnere e scienziatoper certi versi paragonabile alla figura dello stesso Archime-de. Il manoscritto di del Monte è considerato la continuazio-ne della tradizione greca e fu il primo trattato di meccanica

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41 Cfr. P. D. NAPOLITANI, Archimede alle radici della scienza moderna, p. 19.42 Ibidem.

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ad assumere un ruolo di rilievo all’interno della controversiadell’equilibrio. Con il Liber Mechanicorum Guidobaldo aspi-ra a qualcosa di più che a una semplice traduzione e risco-perta dei testi antichi. Egli non era solo interessato alla de-scrizione delle tecniche antiche, piuttosto si occupa di svi-luppare in modo deduttivo l’eredità tecnico-meccanica di Ar-chimede. Il Liber Mechanicorum, che poi fu tradotto in vol-gare da Filippo Pigafetta nel 1581, può essere consideratocome l’opera che al meglio tratta della conoscenza meccani-ca cinquecentesca, una meccanica il cui interesse è soprat-tutto rivolto alla statica, disciplina che bene si applica allascienza delle macchine o macchinismo.

Come abbiamo anticipato, all’interno del Liber Mechani-corum troviamo un buon esempio del contesto in cui l’astra-zione di punto materiale compie un nuovo passo verso ilcompletamento del suo processo di oggettualizzazione. Nel-lo specifico è il problema della bilancia deflessa che offrel’occasione per un tale sviluppo. In modo sempre piùprofondo nell’analisi geometrica applicata ai problemi dimeccanica si realizza l’operazione per la quale i corpi ma-croscopici sono astratti a semplici punti geometrici di cui èpossibile studiare il movimento.

Con tale obbiettivo in mente analizziamo, dunque, le pro-posizioni II e III del Liber Mechanicorum di Guidobaldo.

Nella Proposizione II si osserva (Figura 3) una bilancia ilcui centro di sospensione C, è posto sopra il baricentro D delsistema dei pesi. Se la bilancia viene deflessa dalla sua posi-zioni di equilibrio orizzontale, essa ritornerà alla posizionedi origine in quanto il baricentro, sollevato dalla posizione Dalla posizione G, tenderà a occupare la posizione più bassa equindi a ritornare in D43.

93Ipotesi sui punti materiali

43 Ivi, pp. 229-230.

Figura 3. Bilancia con centro di sospensioneC posto sopra il baricentro del sistema dei duecorpi A e B. Liber Mechanicorum, proposizio-ne II. Tratta da Gamba & Montebelli (1988).

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Proposizione II: La bilancia egualmente distante dall’oriz-zonte, il cui centro stia sopra la detta bilancia, e che habbia ipesi eguali nelle estremità, e egualmente distanti dal perpendi-colo, se da cotale sito sarà mossa, e nell’istesso di nuovo la-sciata, ritornerà, e ivi resterà.

Sia la bilancia AB in linea diritta egualmente distantedall’orizzonte, il cui centro C sia sopra la bilancia, e sia CDperpendicolo, il quale sarà a piombo dell’orizzonte: e la di-stanza DA sia eguale alla distanza DB: e siano i pesi in ABeguali, i centri della gravezza de’ quali siano nei punti AB.Muovasi da questo sito la bilancia AB come in EF, dopo sialasciata. Dicioche la bilancia EF ritornerà in AB distanteegualmente dall’orizzonte, e iui rimarrà. Hora perchioche ilpunto C stà immobile mentre la bilancia si muove, il puntoD venirà a descrivere una circonferenza di cerchio il cui dia-metro sarà CD. Per la qual cosa co’l centro D, e lo spazio CDdescrivasi il cerchio DGH. Et perché CD sempre stà à piom-bo della bilancia, mentre la bilancia sarà in EF, la linea CDsarà in CG si fattamente, che CG venga ad essere à piombodi EF: e conciosia che AB sia divisa in due parti eguali nelpunto D, e i pesi in AB siano eguali, sarà etiandio il centrodella gravezza della magnitudine composta di questi duecorpi AB nel mezzo, cioè in D: e quando la bilancia, insiemeco i pesi sarà in EF, sarà parimente G il centro della gravez-za della magnitudine composta di essi AB: e percioche CGnon è a piombo dell’orizzonte, la grandezza de i pesi EF nonrimarrà in questo sito, ma si moverà in giù secondo il centrodella gravezza sua, che è in G, per la circonferenza GD, fin-che si faccia à piombo dell’orizzonte, cioè finche CG ritorniin CD. Et quando CG sarà in CD, la linea EF (perche semprestà ad angoli retti con CG) sarà in AB, nel quale sito sarà fer-ma. La bilancia dunque EF ritornerà in AB, la quale è di-stante egualmente dall’orizzonte, e iui rimarrà, che bisogna-va dimostrare.

Se nella dimostrazione precedente viene presentato il co-siddetto equilibrio stabile della bilancia, con un ragiona-mento analogo di tipo deduttivo, Guidobaldo dimostra nel-la Proposizione III l’equilibrio instabile della bilancia quan-do il centro di sospensione è sotto il baricentro del sistema(Figura 4).

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Proposizione III: La bilancia egualmente distante dall’oriz-zonte, che habbia nelle estremità pesi eguali, e egualmente lon-tani dal perpendicolo, essendo collocato il centro di sotto, ri-marrà in questo sito. Ma se indi sarà mossa, e lasciata a bas-so, si moverà secondo la parte piu bassa.

Sia la bilancia AB in linea diritta, egualente distante dal-l’orizzonte, il cui centro C sia di sotto alla bilancia, e sia CDil perpendicolo, il quale sarà a piombo dell’orizzonte, e la di-stanza AD sia eguale alla distanza DB, e siano in AB pesieguali, i centri della gravezza de’ quali siano ne’ punti AB.Dico primieramente che la bilancia AB starà ferma in questosito. Hor percioche AB si divide in parti eguali nel punto D,e i pesi posti in AB sono eguali, segue, che il punto D sia ilcentro della gravezza della magnitudine composta di ambe-due i corpi messi in AB; e il CD che sostiene la bilancia stà àpiombo dell’orizzonte: adunque la bilancia AB in questo sitorimarrà ferma. Ma da questo sito movasi la bilancia AB co-me in EF, e lascisi dapoi. Dico che la bilancia EF si moveràdalla parte dello F. Et percioche il CD stà sempre à piombodella bilancia, mentre la bilancia sarà in EF verrà ad essereanche i CD in CG à piombo della gravezza, il quale mentre simove descriverà la circonferenza del cerchio DGH, il cuimezzo diametro è CD, e il centro C. Ma perche CG non stà àpiombo dell’orizzonte, la grandezza composta se i pesi EFnon rimarrà in questo sito, ma secondo il centro della suagravezza si moverà in giù per la circonferenza GH. La bilan-cia dunque EF si moverà in giù dalla parte dello F, che biso-gnava mostrare.

Guidobaldo risolve dunque il problema dell’equilibrio in-stabile considerando che, se si sposta la bilancia dalla suaposizione orizzontale, il baricentro rimane fisso, «per cui

95Ipotesi sui punti materiali

Figura 4. Bilancia con centro di so-spensione C posto sotto al baricentrodel sistema dei due corpi A e B. Liber Mechanicorum, proposizione III.Tratto da Gamba & Montebelli (1988).

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per la diffinitione del centro della graveza»44, la bilancia re-sterà dove si trova45. La trattazione da parte di Guidobaldodel problema è senz’altro la più corretta che ci sia pervenutadal periodo rinascimentale.

Proprio lo studio delle precedenti dimostrazioni consentedi rendere evidente il modo disinvolto con cui del Monte uti-lizza astrazioni teoriche nel campo dei problemi pratici,astrazioni che ci sembra costituiscano il contesto in cui haluogo lo sviluppo ulteriore del concetto di punto materiale.La nostra idea è che alla base del Liber Mechanicorum vi èl’operazione secondo cui i corpi posti in equilibrio all’estre-mità dei bracci della bilancia sono pensati come corpi privi didimensione, ovvero puntiformi, e soggetti a possibili movi-menti. Giustificazioni a questa interpretazione possono esse-re rintracciate proprio nelle dimostrazioni appena viste, do-ve «[…] la grandezza composta de i pesi EF non rimarrà inquesto sito, ma secondo il centro della sua gravezza si mo-verà in giù per la circonferenza GH […]». Guidobaldo a no-stro avviso compie qui un processo di astrazione teorica affi-ne a quello soggiacente al concetto di punto materiale. Egliimmagina infatti, che non siano più dei corpi macroscopici amuoversi fisicamente lungo i bracci della bilancia, ma piutto-sto che siano i centri di gravità dei corpi, ovvero dei punti, amuoversi. Una tale operazione svincola i corpi materiali dal-le proprietà dimensionali permettendo cosi di considerarlicome se fossero semplici punti (materiali) in movimento.

In questo rinnovato quadro di ricerche si collocano i la-vori di Luca Valerio e Galileo Galilei e, complessivamente,possiamo certamente dire, si pongono le basi per la nascitadella rivoluzione scientifica moderna.

Il matematico Valerio, allievo a Roma di Cristoforo Cla-vio, che con molta probabilità fu influenzato dai lavori diMaurolico proprio per la comunanza dei rapporti con il ge-

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44 F. PIGAFETTA, Le Mechaniche dell’Illustriss. Sig. Guido Ubaldo De’ Marchesidel Monte: Tradotte in volgare dal Sig. Filippo Pigafetta: Nelle quali si contienela vera dottrina di tutti gli istrumenti principali da mover pesi grandissimicon picciola forza, Pesaro 1581. Ricordiamo che nella Proposizione I del Li-ber Mechanicorum tradotto in volgare da Pigafetta il centro della gravitàviene definito nel seguente modo: «il centro di gravità di ciascuna figura so-lida è quel punto posto dentro, d’intorno al quale le parti di momenti egualida ogni parte si fermano. Peroche se per tale centro sarà condotto un pia-no, che seghi in qual si voglia modo la figura, sempre la dividerà in partiche peseranno ugualmente».45 Cfr. E. GAMBA & V. MONTEBELLI, Le scienze a Urbino nel tardo Rinasci-mento, p. 231.

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suita, rappresenta un’eccezione nel panorama rinascimenta-le, in quanto fu in grado di costruire un enorme edificio diteoremi validi per una grande classe di figure, che egli rag-gruppò sotto due categorie: circa axim e circa diametrum. Lasuddivisione delle figure geometriche in classi gli permise didiscostarsi dal sistema ad hoc46 che già Commandino avevausato ereditandolo da Archimede. Se Maurolico fu in gradodi sviluppare un insieme di teoremi utili a determinare i cen-tri di gravità di ogni classe di figure, piane o solide che fosse-ro, solo con il De centro Gravitatis solidorum (1604) di Vale-rio sarà possibile raggiungere quel tipo di riflessione mate-matica che assume la tendenza a rendere generale la tecnicadimostrativa47 attraverso cui ottenere un corpus di teoremigenerali sui centri di gravità delle varie classi di figure48.

Infine fu Galileo, allievo e amico di Guidobaldo, a pubbli-care l’opera49 contenente i più importanti risultati fisico-ma-tematici relativi allo sviluppo della modena nozione di cen-

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46 La geometria classica prevedeva che per ogni figura si avesse a disposi-zione un metodo specifico per determinare il centro di gravità. Con le no-vità introdotte da Luca Valerio e, con la suddivisione delle figure in dueclassi, le figure circa axim e circa diametrum, la geometria subì un avanza-mento che ne determinò l’avvicinarsi a quella che oggi è considerata ALgeometria moderna. Quest’ultima considera classi generali di figure defini-te in conformità a una classe di proprietà. Cfr. P. D. NAPOLITANI & K. SAITO,Royal Road or Labirinth?, pp. 67-124.47 Come evidenziato da NAPOLITANI e SAITO in un certo senso gli oggetti dellamatematica greca sono definiti attraverso una procedura e in quanto talisono oggetti specifici non generalizzabili (Ibidem). Non esistendo oggettigenerali, NAPOLITANI (Archimede alle radici della scienza moderna, p. 96) sot-tolinea che la matematica greca non ha metodi generali, ma solo tecnichericorrenti. Per un matematico moderno un’ellisse è il luogo degli zeri di unaequazione di secondo grado; per un matematico greco invece l’ellisse è l’og-getto determinato da un piano che taglia un cono incontrandone tutte le ge-neratrici. Mentre per noi, dunque, la proprietà in un certo senso preesisteall’oggetto, per un matematico greco solo una volta determinato l’oggetto,es. l’ellisse, ne possiamo studiare le proprietà. Il passaggio dalla prospettivagreca a quella moderna si ottenne proprio attraverso le ricerche di Luca Va-lerio sui centri di gravità. Commandino aveva chiarito che per dimostrare ilcentro di gravità di una figura piana dotata di diametro o di asse basta po-terla approssimare con figure il cui centro di gravità cada sull’asse o suldiametro. Come evidenziato dallo studio citato di NAPOLITANI e SAITO, Vale-rio si pose la domanda “data una figura dotata di diametro, quali proprietàdevo supporre per poter costruire le approssimanti necessarie?”. Valerio in-dividuò tale proprietà (la monotonia), che gli consentiva di utilizzare certetecniche dimostrative, e la trasformò nella definizione delle figure “digra-danti intorno a un diametro o intorno a un asse”, definizione che gli assicu-rava l’esistenza di figure approssimanti.48 Cfr. P. D. NAPOLITANI & K. SAITO, Royal Road or Labirinth, pp. 67-124.49 G. GALILEI, Theoremata circa centrum gravitatis appendice ai Discorsi so-pra due nuove scienze, (a cura di F. Brunetti), UTET, Torino 1996.

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tro di gravità50. La grandezza dell’opera di Galileo è, in unacerta misura, una filiazione diretta della riscoperta della ma-tematica antica, legata alla scuola commandiniana e alleopere di impronta pratica di Niccolò Tartaglia. Questi aspet-ti, congiunti alla forte presenza d’illustri uomini di scienzanelle potenti corti delle città più fiorenti del Cinquecento,permisero il formarsi di un ambiente culturale in cui la ma-tematica antica rigorosa si alleò con gli sviluppi delle artimeccaniche.

4. L’ultima faseLe tappe scandite nelle ricostruzioni precedenti ci hanno

permesso di mettere in risalto il modo in cui la matematicarinascimentale sia riuscita a creare il giusto corredo di ma-teriali, tecniche e metodologie per compiere il salto verso lafisica matematica moderna. La grandezza degli studiosiconsiderati consistette nell’aver lavorato – con rigore mate-matico e opportunismo metodologico – al consolidamentodi una fisica teorica costituita da importanti astrazioni tracui certamente quelle alla base del nostro caso di studio: ilconcetto di punto materiale51.

Fino alla fine del ’700 il dibattito sull’equilibrio rimarràvivo e il suo rapporto con i diversi rami della meccanica sifarà sempre più forte. Se lo studio dell’equilibrio era in pre-cedenza legato solo agli studi di statica, o si limitava al cam-po della cinematica, mano a mano anche la dinamica en-trerà in contatto con la stessa statica. L’interesse sarà rivoltoalle cause della perdita di equilibrio dei sistemi di corpi po-sti su una bilancia, alle forze che agiscono in situazioni dicaduta dei gravi, alla natura ontologica della gravità o dell’e-nergia attribuita ai corpi in movimento. La dinamica aristo-telica, mantenutasi viva fino al tardo Medioevo, credeva er-roneamente che per mantenere in movimento un corpo invelocità costante fosse necessaria l’applicazione di una forzae credeva anche che il moto dei corpi fosse dovuto a un po-tere di auto-movimento insito nella loro natura, ovvero chela causa della caduta di un corpo fosse innata rispetto allasua pesantezza e che fosse una proprietà naturale dei corpi

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50 Aggiunti in appendice ai Discorsi sopra due nuove scienze solo nel 1638, iTheoremata costituiscono un’opera giovanile risalente al periodo 1585-1587.51 Abbiamo qui limitato, per semplicità e brevità, la nostra analisi al Mecha-nicorum Liber di Guidobaldo, che come abbiamo sottolineato fu probabil-mente il più influente testo di meccanica rinascimentale, ma è nostra ideache la posizione di del Monte sia più una regola, condivisa da molti studiosirinascimentali, che una eccezione.

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stessi. La considerazione dell’esistenza di una causa che fos-se esterna e indipendente dal moto stesso, non era contem-plata. Il rinnovato interesse verso le cause del movimento,che trova la sua applicazione nell’ambito della scienza dell’e-quilibrio, portò alla teorizzazione della dottrina dell’impetus.Con molta probabilità questa dottrina fu introdotta da Gio-vanni Buridano (1295-1358) secondo cui applicando unaforza a un corpo si trasferisce a esso un impeto che gli con-sente di continuare a muoversi con velocità costante se nonè frenato da ostacoli o dalla resistenza del mezzo. A causadella resistenza del mezzo in cui il corpo si muove, la sua ve-locità decresce gradualmente. L’esistenza dell’impetus sem-bra essere la causa per cui la caduta naturale dei corpi ac-quisisce accelerazione indefinitamente. Fu Buridano ad ap-plicare questa teoria, insieme con tutte le sue conseguenze,non solo ai corpi terresti, ma anche a quelli celesti. Non è uncaso, dunque, che tra il XVI e XVII secolo sarà proprio incampo astronomico che si otterranno i migliori risultati de-rivanti dall’applicazione congiunta degli studi di statica conquelli di dinamica, risultati che confluiranno nei lavori diGiovanni Keplero (1571-1630) prima e di Isaac Newton(1642-1727) poi. Sembra, ad esempio, esserci una filiazionediretta tra gli studi di Buridano e quelli concernenti l’astro-nomia di Giovanni Keplero, filiazione che passa attraversole innovazioni teoriche introdotte in fisica astronomica dafigure quali ad esempio Nicola d’Oresme (1323-1382) – allie-vo di Buridano – Nicola Cusano (1401-1464), Niccolò Coper-nico (1473-1543) e Giambattista Benedetti (1530-1590). Apartire proprio dalla teoria dell’impetus, Keplero rigorizzò lanozione di inerzia – teorizzata da Benedetti – che in fisicaesprime la tendenza di un corpo a conservare il suo stato diquiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non inter-venga una forza esterna a modificare tale stato52.

L’estensione delle nuove scoperte dal campo dell’astrono-mia a quello della meccanica e viceversa si avrà soprattuttocon Newton che sarà il primo a introdurre la nozione dimassa in meccanica, e le sue leggi del moto rappresentano ilculmine degli sviluppi della fisica-matematica avvenuti traXVI e XVII secolo. In questi secoli la matematica procedeverso la fase propedeutica alla nascita della moderna mecca-

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52 Cfr. R. DUGAS, A History of Mechanics, Dover Publications, New York,Inc. 1988; M. JAMMER, Concepts of Mass in Contemporary Physics and Philo-sophy, University Press, Cambridge 1961; M. JAMMER, Concepts of Force: astudy in the foundations of dynamics, University Press, Cambridge 1957.

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nica razionale. Quest’ultima affronta lo studio del movimen-to dei corpi prescindendo da altri fenomeni evolutivi quali adesempio quelli termici, chimici o elettromagnetici53. Per riu-scire a descrivere un’estesa varietà di corpi naturali, fluidi,solidi rigidi o deformabili, la moderna fisica matematica fauso di astrazioni concettuali – derivanti da un rigoroso crite-rio di approssimazione e semplificazione che si è sviluppatonel corso di tutta la storia della meccanica. Il momento diapplicazione della nozione di massa in ambito dinamicorappresenta il culmine di questo processo di astrazione con-cettuale, in quanto la dinamica dei corpi rigidi comprende lapossibilità di analizzare il comportamento degli stessi corpiastraendo dalle loro dimensioni. Il germe dell’idealizzazio-ne del concetto di punto materiale non sarà tuttavia resoesplicito, completandosi così il suo processo di oggettualiz-zazione, fino ai lavori più tardivi apparsi tra Seicento e Set-tecento: in primo luogo proprio di Isaac Newton e poi diLeonhard Euler (1707-1783).

Nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, pub-blicati nel 168754, nella Definizione VIII, Vis centripetaequantitas motrix est ipsius mensura proportionalis motui,quem dato tempore generat, Newton scrive, ad esempio,quanto segue:

Uti pondus majus in majori corpore, minus in minore; inq;corpore eodem majus prope terram, minus in caelis. Hæcvis est corporis totius centripetentia seu propensio in cen-trum & (ut ita dicam) pondus, & innotescit semper per vimipsi contrariam & aequalem, qua descensus corporis impe-diri potest. Hasce virium quantitates brevitatis gratia nominare licet vi-res absolutas, acceleratrices & motrices, & distinctionis gra-tia referre ad corpora, ad corporum loca, & ad centrum vi-rium: Nimirum vim motricem ad corpus, tanquam cona-tum & propensionem totius in centrum, ex propensionibusomnium partium compositum; & vim acceleratricem ad lo-cum corporis, tanquam efficaciam quandam, de centro perloca singula in circuitu diffusam, ad movenda corpora quæin ipsis sunt; vim autem absolutam ad centrum, tanquamcausa aliqua præditum, sine qua vires motrices non propa-gantur per regiones in circuitu; sive causa illa sit corpus ali-quod centrale (quale est Magnes in centro vis Magneticæ velTerra in centro vis gravitantis) sive alia aliqua qua non ap-

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53 Cfr. A. D’ANNA & P. RENNO, Elementi di Meccanica Razionale, CUEN, Na-poli 1995, pp. 1-2.54 I. NEWTON, Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, London 1697.

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paret. Mathematicus saltem est hic conceptus. Nam viriumcausas & sedes physicas jam non expendo. Est igitur vis acceleratrix ad vim motricem ut celeritas admotum. Oritur enim quantitas motus ex celeritate ducta inquantitatem Materiæ, & vis motrix ex vi acceleratrice ductain quantitatem ejusdem materiae. Nam summa actionumvis acceleratricis in singulas corporis particulas est vis mo-trix totius. Unde juxta Superficiem Terrae,, ubi gravitas ac-celeratrix seu vis gravitans in corporibus universis eademest, gravitas motrix seu pondus est ut corpus: at si in regio-nes ascendatur ubi gravitas acceleratrix fit minor, ponduspariter minuetur, eritq; semper ut corpus in gravitatem ac-celeratricem ductum. Sic in regionibus ubi gravitas accele-ratrix duplo minor est, pondus corporis duplo vel triplo mi-noris erit quadruplo vel sextuplo minus. Porro attractiones et impulsus eodem sensu acceleratrices &motrices nomino. Voces autem attractionis, impulsus velpropensionis cujuscunq; in centrum, indifferenter et pro semutuo promiscue usurpo, has vires non physice sed Mathe-matice tantum considerando. Unde caveat lector ne perhujusmodi voces cogitet me speciem vel modum actioniscausamve aut rationem physicam alicubi definire, vel cen-tris (quae sunt puncta Mathematica) vires vere et physicetribuere, si forte aut centra trahere, aut vires centrorum essedixero.

Successivamente, quello che può considerarsi come il piùardito tra i matematici del XVIII secolo, Leonardo Eulero,scrisse la Mechanica55 col preciso intento di costruire – permezzo di assiomi, definizioni e deduzioni logiche – unascienza della meccanica che fosse razionale e con la qualemostrare il carattere apodittico della meccanica newtonia-na. Lo schema euleriano s’impose in tutti i problemi in cuile dimensioni dei corpi e i moti delle sue parti risultano es-sere trascurabili rispetto ad altri fenomeni più significativi.Proprio nello Scholium numero 98 della Mechanica di Eule-ro il concetto di punto materiale fa la sua comparsa piùesplicita e consapevole:

Istae motus leges, quas corpus sibi relictum vel quietemvel motum continuando observat, spectant proprie ad cor-pora infinite parva, quae ut puncta possunt considerari. In

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55 L. EULERO, Mechanica sive motus scientia analytice exposita. AuctoreLeonhardo Eulero academiae imper. scientiarum membro et matheseos su-blimioris professore. Tomus I. Instar supplementi ad commentar. acad.scient. imper. Petropoli: Ex typographia academiae scientiarum. A. 1736.Reperibile sia il volume 1 (E15) che il volume 2 (E16) presso “The Euler Ar-chive”, http://eulerarchive.maa.org/.

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corporibus enim finitae magnitudinis, quorum singulaepartes alios habent motus insitos, quaelibet pars quidemhas leges observare conibitur, quod autem non semperpropter corporis statum fieri potest. Corpus igitur ipsumeum sequetur motum, qui ex singularum partium conati-bus componitur, isque adhuc ob insufficientiam principio-rum non potest definiri, sed haec tractatio ad sequentiaest differenda. Diversitas igitur corporum suppeditabit no-bis operis divisionem primariam. Primo enim contempla-bimur corpora infinite parva seu quae tanquam punctaspectari possunt. Deinde corpora finitae magnitudinis ag-grediemur ea, quae sunt rigida neque figuram suam muta-ri patiuntur. Tertio agemus de corporibus flexibilibus.Quarto de iis, quae extensionem ex contractionem admit-tunt. Quinto plurium corporum solutorum motus examinesubiiciemus, quorum alia impediunt, quin motus suospossint, ut conantur, absolvere. Sexto vero de motu fluido-rum erit agendum. De his vero corporibus non solum vi-debimus, quomodo sibi relicta motus continuent; sedpraeterea inquiremus, quomodo ea a causis externis scili-cet potentiis afficiantur. Denique in his omnibus disquisi-tionibus magnam inferet varietatem status corporum velliber vel non liber. Per statum non liberum hic intelligo,quando corpora impediuntur, quo minus in ea directioneprogrediantur, qua conantur; cuiusmodi est motus corpo-rum pendulorum, quae, quia non possunt directe, uti co-nantur, descendere, oscillationes efficiunt. Ex quo intelli-gitur statum liberum esse, quando corpora nullum inve-niung impedimentum in quamvis plagam progrediendi, inquam tum ex propria vi, tum a potentiis sollicitata ten-dunt. Apparet igitur, quibus de rebus in Mechanica sitagendum, et quam sint multa, quae etiam nunc nequidemsunt libata. Nam praeter motum punctorum, quae adhucsunt tractata, tam pauca sunt, ut fere omnia demum inve-nire et ex principiis derivare necesse sit. Incipio igitur amotu punctorum liberorum a potentiis quibuscunque sol-licitatorum, quia, quos sibi ipsa relicta sequantur motus,hoc capite iam est ostensum. Hanc ob rem primum istumTomum motui punctorum libero destinavi, in sequente ve-ro punctorum motum non liberum pertractare constitui;in quorum utroque, quae occurrent, cum ex his iam tradi-tis, tum ex sequentibus principiis methodo analytica sumderivaturus56.

Il lavoro di rigorizzazione della meccanica intrapreso daEulero fu condotto a termine dal suo allievo più prometten-te Joseph Louis de Lagrange (1736-1813) la cui Mècaniquieanalytique, apparsa nel 1788, costituisce un compendio di

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56 L. EULER, On-line: http://eulerarchive.maa.org/pages/E015.html.

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tutte le branche della meccanica, dalla statica all’idrostaticae dalla dinamica all’idrodinamica. Con quest’opera Lagran-ge, oltre a fornire una puntuale introduzione storica, riuscì aportare a termine il lavoro di sistematizzazione e organizza-zione della meccanica e dei suoi fondamenti, perfezionando-ne il linguaggio matematico analitico57. Il lavoro congiuntodei due matematici francesi permise alla meccanica di rag-giungere la sua attuale struttura.

5. ConclusioniIl punto materiale diventa così, finalmente, un ente di ti-

po analitico generatosi dall’astrazione di alcuni aspetti deicorpi materiali e prescindendo dalle caratteristiche specifi-che dei singoli sistemi. L’astrazione metodologica di puntomateriale non si cela più dietro le dimostrazioni, ma vieneliberamente ed esplicitamente utilizzata in una fisica teoricache si serve di opportuni strumenti matematici al fine di fa-cilitare i calcoli. Il punto materiale diviene un elementarestrumento della meccanica razionale che consente di descri-vere il comportamento dinamico e cinematico di un’ampiavarietà di corpi. L’efficacia dei metodi messi in campo daglistudi sull’equilibrio ha fatto sì che un nuovo oggetto mate-matico fosse generato alla fine di un lungo processo di ogget-tualizzazione partito dalla meccanica archimedea per giun-gere, attraverso la meccanica rinascimentale, ai lavori diNewton ed Eulero58.

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57 Cfr. R. DUGAS, A History of Mechanics, pp. 332-349.58 Contemporaneamente al dibattito che abbiamo cercato di delineare nelpresente contributo, e parallelamente allo sviluppo e rigorizzazione assio-matica della meccanica newtoniana, nasce la cosiddetta tradizione mona-dologica, la quale ripropone il problema dei punti materiali, sebbene sottoun’altra prospettiva. Se nell’ambito della fisica-matematica si utilizza unatale astrazione e le si conferisce una propria dignità e autonomia in mododa rendere più precisa l’argomentazione fisico-matematica; nel contestomonadologico si usa la presente nozione con accezione totalmente differen-ze: l’esigenza è quella di indagare la natura degli elementi di cui i corpi checi circondano sono composti, e la struttura dello spazio che tali corpi ospi-ta. I lavori ad esempio di Gottfried Leibniz (1646-716), Ruggiero GiuseppeBoscovich (1711-1787) e Immanuel Kant (1724-1804) diedero il via a questatradizione ontologica. Lo sviluppo ottocentesco della fisica atomica ha poiofferto l’occasione per il confronto delle varie riflessioni-tradizioni sui puntimateriali: caso esemplare sono I principi della meccanica di H. R. HERTZ(1857-1894). Per comprendere alcuni sviluppi novecentesci e contempora-nei del dibattito in questione rimandiamo ai recenti lavori di F. ARNTZENIUS,Is quantum mechanics pointless?, «Philosophy of Sciences», 70 (2004), pp.1447-1457; F. ARNTZENIUS, Gunk, topology and measure, in D. De Vidi, M.

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RingraziamentiDesideriamo ringraziare Stefano Bordoni, Claudio Calo-

si, Enrico Gamba, Harvey R. Brown, Vico Montebelli e Vin-cenzo Fano per aver discusso con noi le varie sezioni di que-sto lavoro. I loro consigli e le loro critiche ci hanno permes-so di raffinare le nostre analisi.

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Hallett, P. Clark (ed.) Logic, Mathematics, Philosophy. Vintage Enthusiasms.Essays in Honor of John L. Bell, Springer, Dordrecht, Haidelberg, London,New York 2011, pp. 327-343; C. FIELD, Consistent quantum mechanics ad-mits no mereotopology, «Axiomathes», 24 (2014), pp. 9-18.

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